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MEMORIE
DELLA
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REALE ACCADEMIA
DELLE S C I E IX Z E
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DI TORINO
SERIE SECONDA
Tomo XXXIV.
TORINO
EB-IVEANNO IjOESGKCEB.
Libraio della R. Accademia delle Scienze
MDCCCI.XXXIII
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MEMORIE
DELLA REALE ACCADEMIA
DELLE S C I E IV Z E
DI TORINO
MEMORIE
DELLA
REALE ACCADEMIA
DELLE SCIENZE
DI TORINO
SERIE SECONDA
Tomo XXXH'.
TORINO
E R. IS/I A KT KT O L O E S G H E R.
Libraio della R. Accademi.') delle Scienze
M D e e e I. X X X 1 1 1
PROPRIETÀ LETTERARIA
Torino, STAMPERIA REALK.
VII
I]\IDICE
Elenco degli Accademici residenti , Nazionali non residenti , Sti-anieri e Cor-
rispondenti PAG. IX
Mutazioni avvenute nel Corpo Accademico dopo la pubblicazione del pre-
cedente volume » XXIX
CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE
E MTCRALI
Fenomeni di polarizzazione cromatica in aggregali di corpi bìri-
frangenti ; di Giuseppe Basso pag. 3
Sui terreni strali ficali di Argenterà (Valle della stura di Cuneo);
Memoria paloontologico-geologica del Dottore Alessandro PoiiTls . . » 25
Studio comparativo del tratto ottico e dei coipi genicolati nell'uomo,
nella scimmia e nei mammiferi inferiori; del Dottore Ferruccio
Taktikeri '-• 101
Contributo allo studio della pelle degli urodeli (Salaniandrina,
Euproctns e Sperlepes); Memoria di Mario Lessona ■ 125
Studi sulla riflessione cristallina ; di Oiuseiipe Hasso » 137
Monografia dM genere Casuarius Briss. ; di Tommaso Salvadoki . » 1 73
/ molluschi dei terreni terziarii del Piemonte e della Liguria ;
descritti da Luigi Bellardi * 219
IX
ELENCO
ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON UESIDENTI
STRANIERI E CORRISPONDENTI
AL 1° GENN'AIO MDCCCI.XXXIII
Presidente
Ricotti (Ercole), Senatore del Regno, Maggiore nel R. Esercito, Pro-
fessore emerito della R. Università di Torino, Presidente della Regia Depu-
tazione sovra gli studi di Storia jiatria , Socio della R. Accademia delle
Scienze di Monaco in Baviera, Gr. Ufliz. *, Gr. Cord, e, Cav. e Cons. ^, 0■
VICE-PRESIDEi^TE
RicHELMY (Prospero), Professore emerito di Meccanica applicata nella
Scuola d'Applicazione per gl'Ingegneri, Socio della R. Accademia di Agri-
coltura, Comm. * e ©.
Tesoriere
Vice -Tesoriere
Manno (Barone D. Antonio), Membro e Segretario della R. Deputazione
sovra gli studi di Storia Patria , * e Conmi. ©.
Serie II. Tom. XXXIV. 2
CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE
E NATURALI
Direttore
Delponte (Giovanni Battista), Dottore in Medicina e in Chirurgia, Pro-
fessore Onorano di Botanica nella R. Università, Socio della R. Accademia
di Affricoltura, Ufiiz. *, e Comm. e.
*a
Segretario Perpetuo
SoBRERo (Ascanio), Dottore in Medicina ed in Chirurgia, Professore
emerito di Chimica docimastica nella Scuola d'Applicazione per gli Ingegneri,
Membro del Collegio di Scienze fisiche e matematiche. Presidente della
R. Accademia di Aericoitura, Comm. *, ^, Uftiz. ©.
ACCADEMICI RESIDENTI
SoBRERO (Ascanio), predetto.
RicHEi.MY (Prospero) , predetto.
Delponte (Giovanni Battista) , predetto.
Genocchi (Angelo), Professore di AnaHsi infinitesimale nella R. Università,
Uno dei XL della Società ItaHana delle Scienze, Socio della R. Accademia
dei Lincei, Comm. 4», Uftiz. ©; #.
Lessona (Michele), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore e Direttore
de' -Musei di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparata della R. Università,
Socio delle RR. Accademie di Agricoltura e di Medicina di Torino, Ufliz. *,
Comm. o.
DoRNA (Alessandro), Professore d'Astronomia nella R. Università, di Mec-
canica razionale nella R. Militare Accademia , Socio Corrispondente del
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere , della R. Accademia dei Lincei ,
Direttole del I! Osservatorio astronomico ili Torino, *, Uftiz. ©.
XI
Salvadori (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chirurgia, Vice-
Direttore del Museo Zoologico della R. Università di Torino , Professore di
Storia naturale nel R. Liceo Cavour di Torino, Socio della R. Accademia di
Agricoltura di Torino, della Società Italiana di Scienze Naturali. dellAcca-
demia Gioenia di Catania, Membro Corrispondente della Società Zoologica di
Londra, dell'Accademia delle Scienze di Nuova- York , della Società dei Na-
turalisti in Modena , della Socielà Reale delle Scienze di Liegi , della Reale
Società delie Scienze Naturali delle Indie Neerlandesi e della British Orni-
thological Union, e Socio Straniero onorario del Nuttall Ornithological Club,
e Membro onorario della Società Ornitologica di Vienna, ©.
GossA (Alfonso), Dottore in Medicina, Professore di Chimica minerale
presso il R. Museo Industriale Italiano, e di Chimica docimastica nella R. Scuola
d'Applicazione degli Ingegneri in Torino, Socio della R. Accademia dei Lincei,
Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio dell'Accademia Gioenia
di Catania, della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Corrispondente del
R. Istituto Lombardi) di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze,
Lettere ed Arti, e dell'Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze naturali di
Nap(di, Uffiz. *, Comm. ©, e dell'O. di. Catt. di Sp.
Bruno (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, ma-
tematiche e naturali. Professore di Geometria descrittiva nella R. Università, *.
Berruti (Giacinto), Direttore del R. Museo Industriale Italiano, e del-
rOliicina governativa delle Carte- Valori, Ufliz. *, e Comm.©, dell O. di Fran-
cesco Giuseppe d'Austria, della L. d'O. di Francia, e della Rejmbblica di
S. Marino.
CuRiONi (Giovanni), Profes.sore di Costruzioni e Vice-Direttore della Scuola
d'Applicazione degli Ingegneri, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche,
matematiche e naturali della R. Università, Socio della R. Accademia di Agri-
coltura, Socio Corrispondente delia II. Accademia di Scienze. Lettere ed Arti
di Lucca, Socio Corrispondente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed
Arti di Palermo, *, e Comm. ©.
Succi (Francesco), Capitano nell'Arma d'Arlii^licria. Professore di Meccanica
superiore nella R. Università, e di Matematiche applicate nella Scuola d Ap-
plicazione delle Armi di Artiglieria e Genio, Uno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Socio Corrispondente della 11. Accademia dei Lincei e del
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, *, Ulliz. ©.
Bellardi (Luigi), Conservatore delle collezioni paleontologiche presso il
Museo di Geologia della K. Università degli studi, Prof, di Storia naturale al
Liceo Gioberti, Ufliz. *, Cav. e, e dell'O. di Cristo del Portogallo, .Membro
di varii Istituti scientifici, ecc.
XII
Basso (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche e
inatematiclie, Prof, di Fisica matematica nella R. Università, ©.
D'Ovidio (Dolt. Enrico), Prof. Ordinario d'Algebra e Geomelria analitica,
incaricati) di Geometria superiore, e Rettore della R. Università di Torino,
Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Socio Cor-
rispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio dell'Acca-
demia Pontaniana , ecc. , * , Uffiz. & .
BizzozKiio (Giulio), Professore e Direttore del Laboratorio di Patologia
generale nella R. Università di Torino, Socio delle RR. Accademie di Medicina
e di Agricoltura di Torino, Socio Corrispondente del Regio Istituto Lombardo
di Scienze e Lettere, ecc., *, e.
Ferraris (Galileo), Ingegnile, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze
fisiche, matematiche e naturali della R. Università di Torino, Socio della
R. Accademia di Agricoltura di Torino, Prof, di Fisica tecnica nel R. Museo
Industriale Italiano, e di Fisica nella R. Scuola di Guerra, ©.
Naccari (Andrea), Dottore in Matematica, Socio Corrispondente dell'Istituto
Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Professore di Fisica sperimentale nella
R. Università di Torino, ©.
Mosso TAngclo), Dottore in Medicina e Chirurgia, Prof di Fisiologia nella
R. Università di Torino, Socio della R. Accadeuìia de Lincei, della R. Ac-
cademia di Medicina di Torino, e Socio Corrispondente del R. Istituto Lonì-
bardo di Scienze e Lettere, *, ©.
ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI
S. E. Ménabrèa (Conte Luigi Federigo), Marchese di Val Dora, Senatore del
Regno, Professore emerito di Costruzioni nella R. Università di Torino, Dottore
in Diritto civile nella R. Università di Oxford, Luogotenente Generale, Amba.scia-
tore di S. M. a Parigi, Primo Aiutante di campo Generale Onorario di S. M.,
Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio della R. Accademia
tic' Lincei, Membro Onorario del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere,
del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, ecc.; C. O. S. SS. Ps. ,
Gr. Cord, e Cons. *, Cav. e Cons. ^, Gr. Cr. C), ©, dee. delia Med. doro
al Valor Militare, Gr. Cr. dell'O. Supr. del Serafino di Svezia, dell' O. di
S. Alessandro di JNevvski di Russia, di Dannebrog di Dan., Gr. Cr. dellO. di
Torre e Spada di Portogalli», dell'O. del Leone Neerlandese , di Leop. del
Belg. (Caleg. Militare), della Probità di Sassonia, della Corona di Wurtemberg,
e di Carlo 111 di Sp., Gr. Cr. dell'O. di S. Stefano d'Ungheria, dell'O.
Kin
di Leopoldo d'Austria , di quelli della Fedeltà e del Leone di Zòhringen
di Baden, Gr. Gr. deli Ordine del Salvatore di Grecia, Gr. Cr. dell'Ordine di
S. Marino, Gr. Gr. degli Ordini del Nisham Àhid e del Nisham Ifiigar di
Tunisi, Coimn. dell'Ordine della L. d O. di Francia, di Cristo di Portogallo,
del Merito di Sassonia, ecc., ecc.
Sella (Quintino) , Membro del Consiglio delle Miniere , Uno dei XL
della Società Italiana delle Scienze, Corrispondente dell'Istituto di Francia
(Accademia delle Scienze, Sezione di Mineralogia), Presidente della R. Acca-
demia dei Lincei. Gr. Cord. * e ©, Gav. e Gons. ^, Gr. Cord, degli O.
di S. Anna di R., di Leop. d'A. , deU'.^quiia Rossa di Prussia, di Carlo III
di Spagna, della Concez. di Port. , del Mejidié di Turchia, e di S. Marino.
Brioschi (Francesco), Senatore del Regno, Professore dldraulica, e Di-
rettore del R. Istituto tecnico superiore di Milano, Uno dei XL della Società
Italiana delle Scienze, Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia
delle Scienze, Sezione di Geometria) , e delle Reali Accademie delle Scienze
di Berlino, di Gottinga, ecc. , Socio della R. Accademia dei Lincei , delle So-
cietà Matematiche di Londra e di Parigi, del R. Istituto Lombardo di Scienze
e Lettere, delia Reale Accademia delle Scienze di Napoli, dell'Accademia delle
Scienze di Bologna, ecc., Gr. Ufliz. *, (S; ^. Comm dell'O. ili Gr. di Port.
Govi (Gilberto), Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di
Napoli, Membro del Comitato internaziimale dei Pesi e delle Misure, Socio
della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze e dellAc-
cademia Pontaniana di Napoli, e della R. Accademia d'Agricoltura di Torino,
Ufliz. *; #, Comm. ©, e della L. d O. di Francia.
MoLESCHOTT (Jacopo), Scuatorc del Regno, Professore di Fisiologia nella
R. Università di Roma, Professore Onorario della Facoltà Mcdico-Chirnrsica
della R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Medicina di Torino,
Socio Corrispondente delle Società per le Scienze mediche e naturali a lloorn,
Utrecht, Amsterdam, Batavia, Magonza, Lipsia, Cherhourg, degh Istituti di
Milano, Modena, Venezia, Bologna, delle Accademie Medico-Chirurgiche in
Ferrara e Perugia, Socio Onorario della Medicoì'um Societas Bohemicorum
a Praga, della Société méilicale allemande a Parigi, della Società dei Natura-
listi in Modena, dellAccademia Fisio-medico-statistica di Milano, della Patho-
logical Societj di S. Louis, della Sociedad antiopoloj ica Espahola a Madrid,
della Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano di Romagna, Socio
dell'Accademia Veterinaria Italiana, del Comitato Medico-Veterinario Toscano,
della Société li. des Sciences Médicales et Naturelles de Bruxelles, Socio Stra-
niero della Società Olandese delle Scienze a Harlem , Socio fondatore della
Società Italiana d'Antropologia e di Etnologia in Firenze, Membro Ordinario
dell'Accademia Medica di Roma, Comm. * e ©.
Cannizzaro (Stanislao), Senatore del Regno, Professore di Chimica ge-
nerale nella R. Università di Roma, Uno dei XL della Società Italiana delle
Scienze, Socio della Reale Accademia dei Lincei, Comm. *, Ulliz. e»; ce.
Bf.tti (Enrico), Professore di Fisica matematica nella R. Università di Pisa,
Direttore della Scuola normale superiore, Uno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Socio della R. Accademia dei Lincei, Comm. *, Gr. UfViz. e; ^.
Scacchi (Arcangelo^, Senatore del Regno, Professore di Mineralogia nella
R. Università di Napoli, Presidente della Società Italiana delle Scienze delta
dei XL, Presidente del R. Istituto d Incoraggiamento alle Scienze naturali di
Napoli , Segretario della H. Accadeuìia delle Scienze Fisiche e Matematiche
di Napoli, Socio della R. Accademia dei Lincei. Comm. *. Gr. Ufiìz. e>; ^.
Bam.ada 1)1 S. Robert (Conte Paolo), Uno dei XL della Società Italiana
delle Scienze, Socio della R. Accademia dei Lincei.
ScHiAPARFXLi (Giovanni), Direttore del K. Osservatorio astronouiico di
Milano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio del R. Istituto
Lombardo di Scienze e Lettere, della li. Accademiadei Lincei, dell'Accademia
Reale di Napoli e dell'Istituto di Bologna, Socio Corrispondente dell Istituto
di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Astronomia), delle Accademie
di Monaco, di Vienn;i, di Berlino, di Pietrohorgo , di Stoclvolina, di Upsala,
della Società de'NaluidIisli di Mosca, e della Società astronomica di Londra,
Comm. *, ©; #; Comm. dell' O. di S. Stanislao di Russia.
ACCADEMICI STRANIERI
Dumas (Giovanni Battista), Segretario Perpetuo dell Accademia delle
Scienze dell'Istituto di Francia, Gr. Cr. della L. d'O. di Francia, a Parigi.
Hei.mholtz (Ermamio Luigi Ferdinando), Professore nella Università di
Heidelberg, Socio Corrispondente dell Istituto di Francia (Accademia delle
Scienze, Sezione di Fisica generale), a lieìTino.
Dana (Giacomo), Professore di Storia naturale a New Haven, Socio Cor-
rispondente dcir Istituto di Francia (.Accademia delle Scienze, Sezione di Ana-
tomia e Zoologia).
Hofmann (Guglielmo .Augusto), Prof di Chimica, Membro della R. Acca-
demia delle Scienze di Berlino, della Società Reale di Londra, Coriisp»:n-
dente dell'Istituto di Francia (Accademia dt-lh' Scienze, Sezione di Chimica),
a Berlino.
XV
Chevreul (Michele Eugenio), Membro dell'Istituto di Francia, Gr. Cr.
della L. d'O. di Francia, a Parigi.
Hermite (Carlo) , Membro dell'Istituto di Francia, Uffiz. della L. d'O. di
Francia, a Parigi.
Joule (James) Prescott , della Società Reale di Londra.
Weierstrass (Carlo), Professore di Matematica. nell'Università di Berlino.
Thomson (Guglielmo), dell'Istituto di Francia, Professore di Filosofia
naturale nell'Università di Glasgow.
m
Gegenbaur (Carlo), della R. Accademia Bavarese delle Scienze, Pro-
fessore di Anatomia nell'Università di Heidelberg.
XVI
CORRISPONDENTI
SEZIONE
DI MATEMATICA PURA E ASTRONOMIA
Gautier (Giovanni Alfredo), Professore ili Aslronoinia . Ginei'ra
Plantamour (Emilio), Professore d'Astronomia . Ginevra
De Gasparis (Annibale), Professore d'Astronomia nella
R. Universitù di iSapoli
Tardy (Placido), Professore di Calcolo infinitesimale nella
R. Università di Genova
BoNcoMPAGNi (D. Baldassare), dei Principi di Piombino . Roma
Cremona (Luigi), Professore di Matematiche superiori nella
R. Università di Roma
Cantur (Maurizio), Professore di Matematica nell'Uni-
versità di Heidelberg
ScHWARz (Ermanno A.) , Professore di Matematica nel-
l'Università di Gottinga
Klein (Felice). Professore di Matematica nell'Università di Lipsia
Pergola (Emanuele), Proléssore di Analisi superiore nella
R. Università di Napoli
Beltrami (Eugenio), Professore di Fisica matematica e
di Meccanica supcriore nella \\. Università di Pavia
Casorati (Felice), Professore di Calcolo infinitesimale e
di Analisi superiore nella R. Università di Pavia
DiNi (Ulisse), Professore di Analisi superiore nella R. Uni-
versità di Pisa
SEZIONE
DI MATEMATICA APPLICATA
E SCIENZA DELI,' INGEO NERE CIVILE E MILITARE
CoLLADON (Daniele , Professure di Meccanica .... Ginevra
LiAGRE (J. B.), Segretario Perpetuo della R. Accademia
delle Scienze del Belgio; alla Scuola militare ìi la Cambre Arf/Zc? (Bruxelles)
TunAZZA (Domenico), Professore di Meccanica lazionalc
nella \\ Università di Pmlova
XVII
Narducci (Enrico) , Bibliotecario della Biblioteca Ales-
sandrina di Roma
PiSATi (Giuseppe). Professore di Fisica tecnica nella
Scuola d'Applicazione per gì Ingegneri in Roma
Sano (Edoardo), Socio e Segretario della Società di
Scienze ed Arti di Edimhorgo
Clausius (Rodolfo), Professore nella Università di . . Bonn
Castiguano (Alberto), Ingegnere, Capo Sezione presso la
Società delle Strade Ferrate A. I Milano
SEZIONE
DI FISICA GENERALE E SPERIMENTALE
Weber (Guglielmo), della Società Reale delle Scienze di Gottinga
Sabine (Edoardo), della Società Reale di Londra
Fechner (Gustavo Teodoro) Lipsia
Blaserna (Pietro), Professore di Fisica sperimentale nella
R. Università di Roma
KoHLRAustH (Federico) , Professore neir Università di IFiirtzburg
Jamin (Giulio Celestino), delllstiliito di Francia. . . Parigi
CoRNU (Maria Alfredo), dell'Istituto di Francia . . Parigi
Felfci (Riccardo) , Professore di Fisica sperimentale nella
R. Università di Pisa
Rossetti (Francesco), Professore di Fisica sperimentale
nella R. Università di Padova
ViLLARi (Emilio), Professore nella R. Università di . . Bologna
RoiTi (Antonio), Professore nell Istituto di studi superiori
pratici e di perfezionamento di ... Firenze
SEZIONE
DI CHIMICA GENERALE ED APPLICATA
BoNJEAN (Giuseppe) Cìuunbéry
Plantamour (Filippo), Professore di Chimica .... Ginevra
WiLL (Enrico), Professore di Ciiimica Giessen
BuNSEN (Roberto Guglielmo). Professore di Chimica . Heidelberg
Marignac (Giovanni Carlo), Professore di Chimica . . Ginevra
Péi.igot (Eugenio Melciiiorre), dell'Istituto di Francia . Parigi
Wi'RTz (Adolfo), dell'Istituto di Francia Parigi
Berthei.ot (Marcellino), dell Istituto di Francia . . . Parigi
Serie II. Tom. XTCXIV. ;
XVIII
Patkrnò (Emanuele), Prolessore di Chimica nella Regia
Università di Palermo
KòRNKR (Guglielmo), Professore di Chimica organica nella
R. Scuola superiore d'Agricoltura in Milano
Friedei. (Carlo) , dell' Istituto di Francia Parigi
Fresemus (Carlo Remigio), Professore a ìViesbaden
SEZIONE
DI MINERALOGIA, GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA
Meneghini (Giuseppe), Profossore di Geologia, ecc. nella
R. Università di Pisa
Studer (Bernardo) , Professore di Geologia .... Berna
De Komnk (Lorenzo Guglielmo) ^'^a'
De Zigno (Achille) , Uno dei XL della Società italiana
delle Scienze Padova
Favre (Alfonso), Professore di Geologia Ginevra
KoKSCHAROW (Nicola) Di, dell'Accademia Imperiale delle
Scienze di Pietroborgo
Ramsay (Andrea), della Società Reale di Londra
Struver (Giovanni), Professore di Mineralogia nella Regia
Università di Roma
RosENBUSCH (Enrico), Professore di Petrografia nell" Uni-
versità di Strasborgo
NoRi)ENSKiòi-D (Adolfo Eurìco) , della R. Accademia delle
Scienze di Stoccolma
Datjbrkk (Gabriele Augusto), dell'Istituto di Francia, Di-
rettore della Scuola Nazionale delle Miniere a Parigi
ZiRKEL (Ferdinando), i^rofessore di Petrografia a . Lipsia
Des Cloizeaux (Alfredo Luigi Oliviero) Legra?ìi), del-
l'Istituto di Francia Parigi
Capellini (Giovanni), Professore nella R.- Università di Bologna
Stoppani (Antonio), Professore nell'Istituto di studi su-
periori pratici e di perfezionamento in Firenze
SEZIONE
DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETALE
Cesati (Vincenzo), Professore di Botanica e Direttore
dell'Orlo Botanico della R. Università di Napoli
Trkvisan de Saint-Leon (Conte Vittore), Corrispondente
del H. Istituto Lombardo Milano
XIX
Candolle (Alfonso De), Professore di Botanica . . . Ginevra
BoissiER (Pietro Ed.), Botanico, della Società di Fisica
e Storia naturale di Ginei-ra
Gennari (Patrizio), Professore di Botanica nella R. Uni-
versità di . . Cagliari
TuLASNE (Luigi Renato), deiTIstituto di Francia . . . Parigi
Caruel (Teodoro), Professore di Botanica nell'Istituto di
studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze
GiBELLi (Giuseppe), Professore di Botanica nella R. Uni-
versità di Bologna
Ardissone (Francesco), Professore di Botanica nella Regia
Scuola superiore d'Agricoltura in Milano
SEZIONE
DI ZOOLOGIA, ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPAEATA
Franceschi (Giovanni) , Professore nella K. Università di Bologna
RiJppEi. (Edoardo), Segretario della Società Senckenber-
giana di Scienze naturali in Francoforte ilì\.
De Selys Longchamps (Edmondo) ^^''^^
BuRMEiSTER (Ermanno), Direttore dei Museo pubblico di Buenos Aires
l^Hir.ippi (Rodolfo Armando) Santiago (Chili)
ScHr,E(;KL (Ermanno), Direttore del Museo di ... . Leida
De Cigalia (Conte Giuseppe), Protomedico onorario, nel-
l'isola di Santorino
OvvEN (Riccardo), Direttore delle Collezioni di Storia na-
turale al British Muséum Londra
KoELi.iKER (Alberto), Professore di Anatomia e Fisiologia TT ilrtzburg
De-Siebold (Carlo Teodoro), Professore di Zoologia e
Anatomia comparsita nellUniversità di Mo/ioco (Baviera)
Stannius (Armando) Rostock
MiLNE Edwarlis (Henri), dell'Istituto di Francia . . Parigi
Ercolani (G. lì.) , Direttore della Scuola di Veterinaria,
e Professore di Patologia generale e speciale ed Anatomia
patologica nella Scuola medesima Bologna
Golgi (Camillo), Professore di Istologia, ecc., nella Regia
Università di Pa\-ia
Haeckel (Ernesto), Professore nel! Universitii di . . . Jena
xz
CLASSE DI SCIENZE MORAll, STORICHE E FILOIOGICHE
Direttore
Fabuetti (Ariodanle), Professore di Archeologia greco-romana nell;i Regia
Università, Direttore del Museo di Anlicliilà. Socio Corrispondente dell Isti-
tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Socio della Reale
Accademia dei Lincei, Membro Corrispondente del R. Istituto Lombardo di
Scienze e Lettere, dell'Accademia di Archeologia , Letteratura e Belle Arti di
Napoli, della R. Accademia della Crusca, dell" Accademia Lucchese di Scienze,
Lettere ed Arti , e dell'Istituto di Corrispondenza archeologica , Professore
Onorario dellUniversità di l'erugia. Presidente della Società di Archeologia
e Belle Arti per la Provincia di Torino, UflTiz. *, Comm. ©; ^, Cav. della
Leg. d'O. di Francia, e C. O. IL del Brasile.
Segretario Perpetuo
GoRREsio (Gaspare), Senatore del Regno, Prefetto della Biblioteca Na-
zionale, già Professore di Letteratura orientale nella R. Università di Torino,
Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle
Lettere), Socio della R. Accademia de' Lincei, Socio della Reale Accademia di
Scienze e Lettere di Palermo, della R. Accademia della Crusca, ecc. , Membro
Onorario della Reale Società Asiatica di Londra, ^ ice-Presidente della So-
cietà di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Comm. *, Gr.
Uffiz. e; #, dell' O. di Guadai, del Mess., e dell' O. della Rosa del Brasile,
Uffiz. ^lla L. d'O. di Francia, ecc.
ACCADEMICI RESIDENTI
Ricotti (Ercole) , predetto.
GoRRESio (Gaspare), predetto.
Fabretti (Ariodante) , predetto.
Pkyron (Bernardino), Professore di Lettere, Bibliotecario Onorario della
Biblioteca Nazionale di Torino , Comm. * .
XXI
Vallauri (Tommaso), Senatore dei Regno, Professore di Letteratura
latina nella Regia Università, Membro della R. Deputazione sovra gli studi
di Storia patria , Socio Corrispondente della R. Accademia della Crusca ,
del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, e dell'Accademia Romana
di Archeologia, Comm. *, Gav. dell'Ordine di S. Gregorio Magno.
Flechia (Giovanni), Professore di Storia comparata delle lingue classiche
e neolatine e di Sanscrito nella R. Università, Socio della R. Accademia dei
Lincei, Utliz. *, Comm. ©; #.
Glaretta (Barone Gaudenzio), Dottore in Leggi, Socio e Segretario della
R. Deputazione sovra gli sludi di Storia Patria, Membro della Società di
Archeologia e Belle Arti e della Giunta conservatrice dei monumenti d Anti-
chità e Relle Arti per la Provincia di Torino, Comm. *, e ©.
Bianchi (Nicomede), Senatore del Regno, Soprantendente degli Archivi
Piemontesi, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria delle
antiche Provincie e della Lombardia , Membro Corrispondente delie Deputa-
zioni di Storia patria delle Provincie Modenesi, delle Provincie della Toscana,
dell'Umbria e delle Marche, Membro Onorario della Società storica Svizzera,
delia R. Accademia Palermitana di Scienze e Lettere, della Società Ligure di
Storia patria , delia R. yVccademia Petrarca di Scienze , Lettere ed Arti in
Arezzo, deli Accademia Url)inate di Scienze, Lettere ed Arti, dei R. yVteneo
di Berganu) . e delia R. Accademia Paioritaua di Messina , Or. Uffiz. * ,
Comm. ®, e Gr. Uffiz. dellO. di S. Mar.
Promis (Vincenzo), Dottore in Leggi, Biiiliotecario e Conservatore del
Medagliere di S. M., Membro delia R. Deputazione sovra gii studi di Storia
patria. Membro e Segretario della Società d'Archeologia e Belle Arti per la
Provincia di Torino, Ispettore degli scavi e monumenti d'antichità in Torino, *,
Uflìz. © , Cjr. Ufiiz. dell' 0. di Francesco Giuseppe d'Austria.
Rossi (Francesco), Adiutore al Museo d'Antichità, Professore d Egittologia
nella R. Università, Membro ordinario dell'Accademia orientale di Firenze, ©.
Manno (Barone D. Antonio), predetto.
Bollati Barone di Saint-Pierre (Federigo Emanuele), Dottore in Leggi,
Direttore dell'Archivio di Stato, detto Camerale, Consigliere d'Amministrazione
nel R. Economato generale delle antiche Provincie, Membro della R. De-
putazione sopra gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la Lom-
bardia , Socio Corrispondente della Società Ligure di Storia Patria, della
Società Colombaria Fiorentina, della R. Deputazione di Storia patria per le
Provincie della Romagna, e della Società per la Storia di Sicilia, Uffiz. *, ©
XXII
S( HiAPARF.i.u ;'Liiii;i;, Dullore aggregato. Proiessorc eli Storia aiUira. e
Presiti^ della Faiollà «li I.elleri> p Fil. sofia nella H. Università di Toiino,*^
Comiu. a.
Pezzi Domenico )» Dottoro aggregato e Professore straordinnrin nella
Facoltà di Lettere e Filosofia della R. Lniversità di Torino, fs.
Ff.rkkro (Ermanno) . Doltoie in (ìinrispruden/a, Dottore aggregato alla
Facoltà di Lettere e Filosofìa nella R. 1 niversitfi di Torino. Proiessorc di
Storia militare nell'Accademia Militare. Membro della Regia Deputazione sovra
gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la Lombardia , e della
Società d'Airheologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Membro Cor-
rispondente della R. Deputazione di Storia patria per le Provincie di Ro-
magna, e dell Imp. In-ilitulo Archeologico Germanico,
©,
Carle (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Giurisprudenza,
Professore della Filosofia del Diritto nella R. Università di Torino, Comm. ©.
Nani (Cesare), Dottore aggregato alla Facoltà di Giuiisprudenza, Profes-
di Storia del diritto nella R. Università di
Deputazione sovra gli studi di Storia patria, e.
sere di Storia del diritto nella R. Università di Torino. Membro della Regia
Bakco (Giambattista ), Dottore in Lettere ed in Filosofia, Preside del
R. Liceo G. B. Bercarìa in Mondovì.
ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI
Caritti ih Cantogno (Barone Domenico), Consigliere di Sialo, Membro
della R. Deputazione sovra gli studi di Storia pati'ia. Socio e Segretario della
R. Accademia dei Lincei, Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze
Neerlandese, Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Mo-
naco in Baviera, della R. Accademia Lucchese, della Ponlaniaiia ili Napoli,
Socio Onorario dellAteneo di Scienze. Lettere ed Arti di Bergamo, ecc.,
Membro del Consiglio degli Archivi, Gr. Ulìiz. *, Comm. ©, Cav e Cons. ^, Gr.
Cord. deirO. del Leone Neerlandese e dell'U. d'is. la Cali, di Sp. e di S. Mar.,
Gr. Ulìiz. delio, di Leop. del B., ddl'O. del Sole e del Leone di Persia,
e del Mejidic di ?.' ci. di Turchia, (ir. Comm. dellO. del Salv. di Gr. , ^cì:.
.\m\ri (Michele;, Senatore del Regno, Profe.ssore emerito dellLniversità di
Palermi) e del R. Istituto di studi superiori di Firenze; Dottore in Filosofia
e Lettere dcHUiiiversità di Leida e di Tubinga; Socio della Reale Accademia
dei Lincei in Roma, dello RR. .Accademie delle Scienze in Monaco di Ba-
viera e in Copenhagen; .Socio Straniero dell i.slitulo di Francia (Accademia
delle Iscrizioni e Belle Xellere), Socio Corrispondente dell'Accademia delle
Scienze in Palermo, della Crusca, dellTstituto \ enelo, della Società Colom-
baria in Firenze, della R. Accademia d'Archeologia in Napoli, dell'Accademia
XX!1[
di Scienze, Lettere ed Arti in Lucca e in Modena, della R. Deputazione di
Storia patria per le Provincie Parmensi, di quella per le Provincie Toscane,
dell'Umbria e delle Marche, delle Accademie Imperiali di Pietroborgo e di
Vienna; Socio Onorario della R. Società Asiatica di Londra, delle Accademie
di Padova e di Gottinga; Presidente Onoraiio della Società Siciliana di Storia
patria e Socio Onorario della Ligure, della Veneta e della Società storica di
Utrecht; Gr. Uffiz. *, e Gr. Cr. ©, C;iv. e Gens. ^.
Reymond (Gian Giacomo), già Professore di Economia politica nella
Regia Università, * .
Rrrci (Marchese Matteo), Uffiz. *, a Firenze.
Mfnervini (Giulio), Bibliotecario e Professore Onorario della Regia Uni-
versità di Napoli, Segretario generale Perpetuo dell'Accademia Pontaniana.
Socio Ordinario della Società R. di Napoli, Socio della R. Accademia dei
Lincei, Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni
e Belle Lettere) , della R. Accademia delle Scienze di Berlino, ecc. , Ufliz. 4i ,
e Comm. e, Cav. della L. d'O. di Francia, dell'Aquila Rossa di Prussia, di
S. Michele del Merito di Baviera, ecc.
De Rossi (Comm. Giovanni Battista), Socio Straniero dell'Istituto di Francia
(Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), e della R. Accademia delle
Scienze di Berlino e di altre Accademie, Presidente della Pontificia Acci^-
demia Romana d'Archeologia.
Canonico (Tancredi), Senatore del Regno, Professore, Consigliere della
Corte di Cassazione di Roma e del Consiglio del Contenzioso diplomatico,
Ufiìz. *, e Comm. ©.
Cantù (Cesare), Membro etlettivo del R. Istituto Lombardo. Sopranten-
dente deuli Archivi Lombardi, Socio dell'Accademia della Crusca, della R. Ac-
cademia dei Lincei, dell'Accademia di Madrid, Corrispondente dell'Istituto di
Francia e d'altri, Gr. Ufliz. *, e Comm. ©, Cav. e Cons. #, Comm. dell' O.
di C. di Port. , Gr. Ulìiz. dellO. della Guadalupa, ecc.. Officiale della Pubbfica
Istruzione e della L. d'O. di Francia, ecc.
Tosii (D. Luigi), Abate Benedittino Cassinese, Socio Ordinario della Società
Reale delle Scienze di JNapoli.
Berti (Domenico), Ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio, Depu-
tato al Parlamento nazionale. Professore emerito della H. Università di Roma
e di Bologna,, Socio della R. Accademia dei Lincei, Socio Corrispondente della
R. Accademia della Crusca e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti,
Gr. Uffiz. *, Gr. Cord. ©: ^.
XXIV
ACCADEMICI STRANIERI
MoMMSEN (Teodoro), Professore <li Arclieologia nella R. Università e
Membro ilella R. \cca<lc;nia delle Scienze di Berlino, Socio Corrispondente
deiristituln di Francia 'Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere).
MuLLKR (Massimiliano), Professore di Letteratura straniera nell'Università
di Oxford, Socio Straniero dell'Istituto ili Francia (Accademia delle Iscri-
zioni e Belle Lettere).
MiGNET (Francesco) Augusto Alessio, Membro dell' Istituto di Francia
(Accademia Francese) e Segretario Perpetuo dell'Accademia delle Scienze
morali e politiche. Or. Uffiz. della L. d'O di Francia.
Renikr (Leone), Membro dell" Istituto di Francia (Accademia delle Iscri-
zioni e Belle Lettere), Utfiz. della L. d'(X di Francia.
Eggf-r (Emilio), Professore alla Facoltà di Lettere di Parigi. Membn^ del-
r Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lellere), Uffiz della
L. d U. di Francia.
Bancroft (Giorgio), Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia
delle Scienze morali e politiche), a fVashington.
De VVitte (Barone Giovanni Giuseppe Antonio Maria), Membro dell'Isti-
tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), a Parigi.
Gregorovius (Ferdinando), Membro della R. Accademia Bavarese delle
Scienze in Monaco.
Ranke (Leopoldo), Membro Straniero delflslituto di Francia (Accademia
delle Scienze morali e politiche), della R. Accademia delle Scienze di Berlino.
XXV
CORRISPONDENTI
Franceschi-Ferrucci (Catterina), Coirispondente della
R. Accademia della Crusca P'«<'
SiLORATA (Pietro Bernabò), Pro!., (]onim Roma
WiTTE (Cario), Professore nell'Università di ... . Halle
Michel (Francesco) Bordeaux
Negri (Barone Cristoloro), Console generale di i' Classe,
Consultore legale dei Ministero per gli affari esteri . . . 7 orino
Reumont (Alfredo Di), Corrispondente dell'Istituto Ve- ( Horcette
neto di Scienze, Lettere ed Arti \*P'^^"> ^xisgr!»"»:
Poh (Baldassarre), Socio del Reale Istituto Lombardo. Milano
Krone (Giulio) Fieima
Sanguinetti (Abate Angelo), delia R. Deputazione sovra
gii studi di Storia |)atria Geno^-a
Giuliani (P. Giambattista), Professore nel R. Istituto di
studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze
Ghampoi.lion-Figeac (Amato) P'
'ungi
Laboui.aye (Edoardo), dell'Istituto di Francia .... Parigi
' Henzen (Guglielmo) ^^ma
Boissieu (Alfonso De) Lione
Wieselkr (Federico) Gottinga
Adriani (P. Giambattista), della R. Deputazione sovra gli
studi di Storia patria (Iwrusco
Daguet (Alessandro) \ Neucìidtel
^ ' (Svizzera)
Lepsius (Riccardo), della H. Accademia delle Scienze di Berlino
Serie II. Tom. XXXIV. ^
XXYI
PtRKENS (Francesco) Parigi
Regnier (Adolfo), dell'Istituto di Francia Parigi
Odorici (Federico), Prefetto della Biblioteca nazionale di Milano
Campoiu (Marchese Giuseppe) Modena
Hauli.kvili.k (Prospero De) Brusselle
' Krf.hl (Ludolfo) Dresda
LiNATi (Conto Filippo) Palina
JouRDAi.N (Carlo), deiristitiiLu di Francia Paiigi
Renan (Ernesto), dell' Tslitiilo di Francia Parigi
Rendu (Eugenio) Parigi
Paj.ma ni Cesnola (Conte Luigi) ISew-York
SouRiNDRO MoHUN Tagore Calcutta
CoMPARETTi (Domenico), Professore nell'Istituto di studi
superiori pratici e di perfezionamento in Firenze
Vili, ARI (Pasquale, id. id Firenze
GiESEBRECHT (Guglielmo), dcllAccadcmia Bavarese delle
Scienze in Monaco
Vannucci (Atto), Senatore del Regno, Socio della Reale
Accademia dei Lincei Firenze
De Leva (Giuseppe), Professore di Storia moderna nella
R. Università di Padova
GozzADiNi (Giovanni), Senatore del Regno Bologna
J{a\m.inson (Giorgio), Professore nella Università di . Oxfoid
Sybel ( Enrico Carlo Ludollo ni ) , Direttore dell'Ar-
chivio di Stato in Bellino
Gachard (Luigi Prospero), Socio della K. Accademia delle
Scienze del Belgio Brujcelles
Garrucci (P. Ralfaele), della C. d. Ci Boma
FioREr.Li (Giuseppe), Senatore del Regno Boma
Ascoli (Isaia Graziadio), Professore nella R. Accademia
scientifico-letteraria di Milano
Bruzza (P. Luigi), Barnabita Boma
Curtius 'Ernesto^. Professore nell'Università di . . . Berlino
XXVIl
BiRCH (Samuele), Conservatore delle Antichità orientali, ecc.,
e delle Collezioni etnografiche del Museo Britannico in . Londra
Weber (Alberto), Professore nell'Università di . . . Berlino
WiTHNEY (Guglielmo), Prolessore nel Collegio Yale New Haven
Mamiani (Terenzio), Senatore del Regno Roma
Lampertico (Fedele), Senatore del Regno Padova
Serafini (Filippo), Professore di Diritto romano nella H.
Università di ^'''*<<
WAr.LON (Alessandro), Segretario perpetuo dell'Istituto di
Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) . . . Parigi
Taine (Ippolito), deiristituto di Francia Parigi
BoNATEixi (Francesco), Professore di Filosofia teoretica
nella R. Università di Padova
RiAM- (Conte Paolo), dell'Istituto di Francia . . . Parigi
Curtius (Giorgio), Professore di Filologia greca nell'Uni-
versità di Lipsia
XXIX
MUTAZIOIVI
avvenute nel Qorpo yìcccudernico
dcbl ±' Jìprile i^&i al i° G-ennaio ié ^ 3
ELEZIONI
Mamiam (Terenzio) , eletto il 3 Aprile 1881 a. Corfispondenfe delÌR Classe
di Scienze morali, storiche e filologiche.
Lampertico (Fedele), id. id. id.
SERAFiNf (Filippo), id. id. id.
Wallon (Enrico Alessandro) id. ici.. id.
Bluntschli (Gio. Gaspare), id. id id.
Taine (Ippolito Adolfo), id. id. id.
Weierstrass (Carlo), eletto il 29 Maggio 1881 a Socio Straniero della
Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Mos.so (Angelo), eletto il dì 11 Dicembre 1881 a Socio Nazionale re-
sidente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Nani (Cesare) , eletto il di 8 Gennaio 1882 a Socio Nazionale residente
della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche.
Barco (Giambattista) , id. id. id.
BoNATELLi (Francesco), eletto il 5 Febbraio 188;? a Corrispondente della
Classe di Scienze morali, storiche e lilologiclie.
RiANT (Conte Paolo), id. id. id.
Curtius (Giorgio) , id. id. id.
Clausius (Rodolfo), eletto il 12 Marzo 1882 a Corrispondente della Classe
di Scienze fisiche , matematiche e naturali.
Castigmano (Alberto), id.
ViLLARi (Emdio), id.
RoiTi (Antonio), id.
Friedel (Carlo), id.
Fresenius (Carlo Remigio) , id.
Capellini (Giovanni), id.
Stoppam (Antonio) , id.
Thomson (Guglielmo), eletto il 3i dicembre 1882 a Socio Straniero della
Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Gegenbaur fCarloì , id. id. id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
id.
\xx
MORTI
' ?4 Marzo 18S).
Dei.esse (Achille), dell' Istituìo di Francia, Coi-ìisporulente della Classe
di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
13 Luglio 1881.
GiRAUD (Carlo), dell'Istituto di Francia, Cori-ispoiidente della Classe di
Scien7e morali, storiche e fdolotjichc.
13 .Vgoslo 1881.
Sei.mi (Francesco), Professore di Chimica farmaceutica nella R. Università
di Bologna , CorrispoTidente della Classe di Scienze fisiche , matematiche e
naturali.
21 Ollobrp 1881.
Bi.uNTScHLi (Giovanni Gaspare), Piofessore nell'Università di Heidelberg,
Conispotidente della Classe di Scienze uiorali, storiche e filologiche,
?1 Dicembre 1881.
DuLAURiER (Edoardo), tlelT Istituto di Trancia, Conispondentc della Classe
di Scienze morali, storiche e filolot;iclie.
H Gennaio 1882.
LoNGPÉRiER (Enrico Adriano) Puevost De, Membro dell'Istituto di
Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Socio Straniero della
Classe (li Scienze morali, storiche e filologiche.
n Gciinnio 1882.
ScHWAN (Teodoro), Professore di Fisiologia neir Università di Liegi, Socio
CorrisiMtndentc dell" Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di
Medicina e (ìliirurgi.i) , Socio Stiaìiicro della TJasse «li Scien7e fisiche, mate-
matiche e naturali.
XXXI
24 Gennaio 1882.
SioTTO-PiNTOR (Giovanni), Nobile Cagliaritano, Senatore del Regno, Pre-
sidente Onorario di Corte di Cassazione, Gr. Uflìz. *, Comna. ©, ecc., Socio
Nazionale residente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche.
8 Febbraio 1882.
Decaisne (Giuseppe), Membro dell' Istituto di Francia (Accademia delle
Scienze, Sezione di Botanica), Corrispondente della Classe di Scienze fisiche,
matematiche e naturali.
18 Marzo 1882.
Gakovagmo (Santo), Professore di Botanica e Direttore del Laboratorio
crittogamico e dell'Orto Botanico della R. Università di Pavia, Corrispondente
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
20 Aprile 1882.
Darwin TCarlo , Membro della Società Reale di Londra, Socio Straniero
della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
8 Ciiugno 1882.
CoRNAi.iA (Emilio) , Direttore del Museo civico e Professore di Zoologia
applicata nella R. Scuola superiore di Agronomia di Milano, ecc., Socio Na-
zionale non residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
23 SclleinbiT 1882.
Wììhlk.r (Federico). Professore all'Università di Gottinga, Socio Stra-
niero dell'Istituto di Francia, Corrispondente della Classe di Scienze fisiche,
matematiche e naturali.
i Ottobre 1882.
Betti (Salvatore), Segretario Perpetuo dell'Accademia Romana di S. Luca,
Corrispondente della Glasse di Scienze morali, storiche e filologiche.
;
SCIENZE
FISICHE E MATEMATICHE
Serie II. Tom. . XXXIV.
FENOMENI
DI
POLARIZZAZIONE CROMATICA
ìd aggregati di eorpi birìfrangenti
GIUSEPPE BASSO
Adunanza del 5 Dicembre 1880
La teoria dei fenomeni dovuti al passaggio della luce attraverso corpi birìfrangenti si
fonda sull'ipotesi, per cui si ammette che, in questi corpi, l'elasticità dell'etere abbia
valori differenti nelle varie direzioni.
Gli svolgimenti analitici di tale teoria, dovuti specialmente a Fresnel, Haidinger,
Caucht, Senarmont. Heissek. Gkailich, Sang ed a parecchi altri, condussero a risultati
che rendono pienamente ragione di molte proprietà ottiche dei corpi cristallizzati e met-
tono in evidenza le relazioni esistenti fra queste proprietà e quelle che dipendono dalla
loro geometrica costituzione.
Però . i lavori compiuti finora in questo campo riguardano , per la maggior parte ,
l'esame dei fenomeni presentati da cristalli isolati o da lamine biriirangenti. Il caso di
agglomerazioni regolari di piccoli elementi birifrangenti . ciascuno dei quali agisca come
un cristallino isolato , ma pure si colleghi con molti altri consimili , formando con questi
un sistema sensibilmente continuo . non venne ancora , che io sappia , studiato espressa-
mente dal ])unto di vista ottico. Eppure gli aggregati di corpicciuoli cristallizzati si trovano
assai abbondanti nel regno minerale e possono anche artificialmente prodursi con facilità ;
anzi, sono già abbastanza conosciute alcune delle condizioni generali che normalmente si
verificano nella formazione di cosi fatti aggruppamenti. Si collegano appunto con questo
argomento certi fatti studiati dapprima da Komé de l'Isle, da Hauy e da Haidinger ('),
i quali fatti condussero poi alla scoperta delle leggi sull'emitropia; le osservazioni
microscopiche di Ekemberg , di Poggendorff e di Frankenheim (") e le recenti
scoperte del Prof. A. Scacchi ('") sulla poliedria e sulla polisimmetria dei cristalli.
(') Bultetin (De Férussac) des Sciences naturelUs et de Geologie; 1827, tom. 1 et suiv.
(**) Poggendorf's Annalen, 1835-36; Biblioth. Vninerselle ; 1836.
(•*") Mem. delle R. Accademia delle Scienze di Torino, 1862; Atti dell'Accademia delle Scienze
di Napoli, 1863.
4 FENOMENI PI POI-AKIZZAZIONE CROMATICA
Io mi accingo col presente lavoro ad uno studio analitico e sperimentale dei fenomeni
ottici proprii degli aggi'uppamenti regolari di cristalli. Per ora mi restringo al caso in
<;ui un fascio di luce, parallela o convergente , polarizzata rettilineamente, è ricevuto iu
un polariscopio analizzante, dopo di aver attraversata una certa forma di aggregati cri-
stallini, a cui do il nome di sisfewn raggiato.
Si consideii in un circolo un raggio qualunque, e lungo di esso si immaginino disposti
in gran numero corpuscoli hirifrangenti. eguali in ispecie ed in dimensioni, e tutti orientati
in modo da avere i loro assi di elasticità ottica rispettivamente paralleli. Lungo molti altri
raggi dello stesso circolo siano altre file di corpuscoli hirifrangenti eguali ai primi e disposti
allo stesso modo: cosicché sia identica per tutti l'orientazione degli assi ottici per rispetto
ai corrispondenti raggi del circolo. Ad un aggruppamento cosi costituito di molti elementi
cristallini do il nome di sixfrmn r/tgginto.
È chiaro che ciascuno degli elementi che costituiscono un sistema raggiato si com-
porta, rispetto alla luce che lo attraversa, come farebbe un piccolo cristallo isolato, e che
il complesso di tutti gli elementi ha press'a poco la forma d'una sottile piastrella circolare
compresa fra due piani i)aralleli.
Suppongasi ora che la luce del sole o d'altra sorgente venga inviata da uno specchio
verso un polarizzante, come sarebbe lui prisma di Jsicol ; all'uscita da questo la luce, po-
larizzata in un certo piano, passi attraverso ad una lente o sistema di lenti L convergente,
il cui asse intendo rappresentato da OL nella fig. 1'. Normalmente a <iuest'asse, e ad
una distanza conveniente da L . sia disposto in seguito un sistema raggiato, che sup-
l>ongo sia com))reso fra i piani di trai(^e AA. JiJi ed abbia il suo centro di figura O
sull'asse 0 L. '
Emergendo dalla lente L. la luce giungerà alla faccia AA del sistema raggiato e quella
che cade sopra un elemento m qualunque del sistema si potrà considerare come costituita
da un fascetto nni «li raggi sensibilmente paralleli, la cui direzione in generale varia se
si passa da un elemento ad un altrfi.
Ciascuno di questi fascetti. dopo l'uscita dal sistema raggiato, suppongo che incontri
ed attraversi una nuova lente, o sistema />' convergente, il cui asse sia pure OL. Se con-
duciamo pel centro ottico 1J la iJ M parallela a mn. vediamo che i raggi costituenti il
fascette» III» formano in 3/ una immagine reale dell'elemento w. (-osi nel piano Pf focale
principale della lente Ij avremo un cDuiplesso di fochi reali, di cui ciascuno corrisponde
ad un determinato punto del sistema raggiato ; perciò questo complesso di fochi si deve
considerare t;ome l'immagine reale del sistema stesso.
Sui)pongo infine che quest'immagine venga osservata attraverso ad un sistema oculare,
iigente come microscojìio semplice, e che fra quest'oculare e l'occhio deiros.servatore sia
interposto un polariscopio analizzante . rappresentato ancora . se vuoisi . da un prisma di
Nicol.
Le modificazioni che la luce subisce ed i fenomeni che debbono risultare dalle condi-
zioni ottiche ora descritte . si possono agevolmente sottoporre ad esame . (|uando si segua
PER GIUSEPPE BASSO 5
la via tracciata da Fresnel (*) nella sua teoria della polarizzazione cromatica. Questo ora
farò, incominciando dal caso in cui il sistema raggiato è formato da elementi birifrangenti
ad un solo asse ottico.
II.
Sistemi raggiati uììiassi.
Lungo la direzione qualunque nm (fig. 1') si propaga un'onda polaiizzata rettili-
neamente, di cui una porzione ristrettissima, e perciò sensibilmente piana, giunge ali "ele-
mento m del sistema raggiato. Essa attraversa quest'elemento sdoppiandosi in due onde
rifratte. La distanza fra i piani AA e BB essendo piccolissima . fra queste due onde ,
di cui una è ordinaria e l'altra straordinaria, non ha luogo sensibile separazione. Le loro
intensità si possono rappresentare . in virtù della legge di Malus, con cos*p per l'or-
dinaria e con sen"(5 per la straordinaria: essendo ,3 l'angolo che la sezione principale del-
l'elemento birifrangente situato in m fa col piano di polarizzazione dell'onda incidente, ed
assumendo come unità l' intensità di quest'ultima.
Le stesse due onde birifratte escono poi dal piano BB polarizzate, luna nella sezione
principale dell'elemento e l'altra nel piano normale . e si propagano ambedue ancora in
direzione sensibilmente parallela a /.' w ; però si sarà stabilita fra i li'o moti vibratori!
una certa differenza di fase, che in ogni caso si j)otrà determinare. Si sa che questa diffe-
renza di fase non viene poi alterata dal jìassaggio delle due onde attraverso alla lente L' ,
mercè la quale formasi in M l'immagine reale dell'elemento birifrangente ni. Cosi la
stessa differenza di fase non è punto modificata dall'azione del sistema diottrico che ho
supposto esistei-e al di là del piano PP e che fa l'ufficio di microscopio.
Ma, per giungere all'ocschio. i due moti lumiriosi birifratti debbono ancora attraver-
sare l'analizzatore . che immagiiio sia un |)risnia di Nicol. Chiamando « l'angolo che la
sezione principale di questo prisma fa col piano di polarizzazione primitivo, è chiaio che
l'onda ordinaria d'intensità cos'f> dà nello analizzatore due onde: cioè, una d'intensità
cos* fi cos" (|3 — a) polarizzata nella .sezione principale dell'analizzatore, ed un'altra, pola-
rizzata nel piano normale, d'intensità cos'|3sen'(('3 — a). Analogamente si hanno, generate
dall'onda straordinaria sen'/3. le due nuove onde. sen'|3 sen'{p— a) e sen'|5 cos'(|5 — ot),
polarizzate, luna parallelamente e l'altra normalmente alla sezione piincipale dell'anji-
lizzatore.
Dalla sovrapposizione delle due onde parziali, che sono polarizzate nella sezione prin-
cipale dell'analizzatore, risulta un'onda unica, della quale non abbiamo ad occuparci per-
chè, se l'analizzatore è un Nicol, esso ha per effetto di sopprimerla. Giunge solamente
all'occhio il moto luminoso che è polarizzato normalmente alla sezione principale dell'a-
nalizzatore; esso risulta dalla interferenza delle due onde che, considerate separatamente,
avrebbero le intensità:
cos' (3 sen' (|5 — a) e sen* (5 cos' (^ — a) .
(*) Annalts de Chimie et de Physiqtie, 2« sèrie, t. XVII, Legons d'Optique-physique, par E. Vbbdbt;
t. II.
6 FENOMENI PI POLARIZZAZIONE CROMATICA
La teoria delle interferenze, com'è noto, dà l'espressione dell'intensità luminosa do-
Tuta alla sovrapposizione di due moti vibratori!, polarizzati nello stesso piano ed aventi la
stessa lunghezza / d'onda. Se le intensità dei due moti componenti sono separatamente ^/
e q', e se fra di essi esiste una differenza A di cammino, l'intensità del moto risultante è:
27rA
j=p' + q*+2pqcos-
l
Nel nostro caso i valori assoluti di ^ e 5 sono cos|3 sen(|3 — a) e sen|3cos(|3 — a). Ma,
271^
per giudicare del loro segno, si osservi che, essendo espressa da sen — — - la velocità di vi-
brazione alla fine del tempo t per l'onda incidente, ed essendo 2' la durata della vibrazione
intiera , le velocità che, nello stesso istante , si hanno per le due onde oidinaria e straor-
,. . . . , , 2nt „ 2nt
dinana , sono rispettivamente rappresentate da + cos p sen — — • e — sen p sen -— - .
Perciò, nel nostro caso, si deve ritenere:
jj = cos |3 sen (j3 — «) . ? = — sen |3 cos (|3 — a) .
Ponendo questi valori nella espressione di j . la si riduce facilmente alla forma seguente :
n 'T A
j ="sen^ a + sen 2 p sen 2 (|3 — a) sen' — - .
Intendendo noi di impiegare la luce ordinaria bianca, per la quale si hanno ad un tempo
moltissimi valori differenti di /, l'intensità della luce che l'occhio riceve dal punto M si
potrà scrivere:
/=:sen'a + sen2/3sen2 (/3 — «)2sen*— - . (1)
La direzione m n , secondo la quale si propaga il moto luminoso attraversante in m il
sistema raggiato e formante poi l'immagine M dell'elemento birifrangente che ha attra-
versato, faccia colla OL l'angolo i. Cliiamisi p la distanza OM, e rf la lunghezza OL' ,
cioè, prossimamente , la distanza focale principale della lente L' . Si avrà :
tang*=£. (2)
Infine, sia © l'angolo che il piano passante per l'asse 0 0' e per il punto M, cioè
il piano della figura, fa col piano di polarizzazione primitivo.
Per determinare l'intensità 7 in ogni punto della immagine del sistema raggiato,
situata nel piano P P e veduta attraverso l'oculare ed il Nicol analizzatore, devesi pre-
ventivamente cercare la differenza A di cammino che si è stabilita fra l'onda ordinaria e
la straordinaria quando esse attraversarono il sistema raggiato, di cui chiamerò e la
grossezza. La quantità A è diversa per i diversi elementi del sistema, giacche questi sono
attraversati dalla luce con obliquità differenti e, per conseguenza, per tratti di lunghezze
diverse : inoltre, per uno stesso elemento , la quantità A dipende dalla diversa velocità di
propagazione dell'onda ordinaria e della straordinaria, ed anche dalla differenza dei cam-
mini percorsi prima di [ìenetrare nel sistema.
Di tutto ciò si tiene conto anche nei ragionamenti che si fanno studiando i noti feno-
meni presentati dalle lamine birifrangenti continue ; perciò mi limito qui a ricordare che
PER GIUSEPPE BASSO 7
tali ragionamenti, pure applicabili al caso nostro, conducono all'equazione :
A = f sen 2 (cot r — cot »•') . (3)
essendo r. r gli angoli di rifrazione ordinaria e straordinaria corrispondenti all'angolo i
d'incidenza.
Gli angoli r, r si trovano applicando le note leggi relative alla doppia rifrazione nei
mezzi uniassi. Siano a, h rispettivamente il semiasse polare ed il semidiametro equato-
riale dell'elissoide . che è superficie d'onda in questi mezzi; queste due quantità rap-
presentano pure i reciproci degli indici di rifrazione ordinaria e straordinaria. Si sa che,
essendo Q l'angolo che l'asse ottico del mezzo fa colla normale all'onda straordinaria,
quest'ultima si propaga colla velocità u data dall'equazione:
,/ = ff'-(a*-i'/)cos*6 . (4)
L'onda ordinaria si propaga colla velocità h indipendente da 5. Si hanno perciò le
^^^^^^'^■- ^ur=.bsen, (5)
sen r' = « sen > (6)
È pur facile il vedere che esiste la relazione :
cos6=cosòcosr -l-senòsenr cosw . (7)
in cui 5 p l'angolo ihe l'asse ottico, nell'elemento birifrangente che si considera, fa coll;i
normale al sistema raggiato; e u è l'angolo compreso fra due piani condotti per questa
stessa normale al sistema e passanti, l'uno per l'a-s-se ottico e l'altro per la normale al-
l'onda straordinaria attraversante l'elemento.
Vedesi come, mediante le formole precedenti, si possa sempre calcolare l'espressione
di A per ogni elemento del sistema e quindi la corrispondente intensità di luce inviata
all'occhio dell'osservatore. Il calcolo si potrebbe instituire. sotto forma generale, per un
sistema raggiato comumjue costituito : però riescirà più chiaro e , per le verificazioni
sperimentali, anche pii"! utile il trattare soltanto quei casi particolari che si avverano in
natura e che si possono effettivamente studiare sopra certe forme di aggregati cristallini.
Riguardo ai sistemi iinia.ssi conviene esaminare distintamente i seguenti tre casi :
1° (;aso — Jri ogni i-Ununto l'assi' ottico sin normaìp al piano del sistemai'
raggiato.
Il piano d'incidenza per l'elemento qualunque m (v. fig. P) contiene l'asse ottico del-
l'elemento stesso. Perciò si ha: a
P = ? '■
l'angolo ò è nullo; e siccome nei cristalli uniassi la normale all'onda straordinaria giace
nel piano d'incidenza, l'angolo i) è pure nullo.
La (7) dà: -
* cos&^=co8r.
Dalle (4) e (tì) si ricava :
SGIl T
«' — (o ' — 6*) cos' r' ~ — :—r . donde :
sen ?
cos'r
1 — a' sen' i
l-(a'-6')8en'« '
S FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA
ossia : r- : -
, yl — a seii i
cot r ^^
b sen i
Dalla (5) si ha :
l/l —b-sent
cot r = - — ; ;
b sen t
epperciò, sostituendo nella (3), ne ricaveremo:
A = U^\-b'sen'i-yi-a'sen'i) •
L'angolo i essendo sempre piccolissimo, si può, svolgendo in serie, sostituire a questa
espressione di A la seguente approssimata :
A = e — — - — sen i . od ancora :
26
a--b' .
''='-2bir^ '
P
poiché si ha prossimamente : seni=:— .
L'intensità luminosa / per un punto qualunque M, la cui posizione è in ogni caso
determinata dalle quantità p e y, si può subito scrivere ricorrendo alla espressione gene-
rale (1). In tal modo si ha:
/ = sen'a + sen2a5sen2 (y — a)2sen*K — ^ fi' .
L'espressione cosi trovata ci permette di determinare immediatamente :
1" I luoghi incolori, cioè i luoghi dei punti che, nella immagine che si osserva
sul piano P P. appariscano semplicemente bianchi o neri, sempre quando s'adoperi luce
ordinaria ;
2° I luoghi isocromatici, cioè i luoghi dei punti che, nella stessa immagine, appa-
riscono illuminati da un eccesso di luce semplice di un determinato colore.
I punti appartenenti ai luoghi incolori sono cosi collocati che, per essi, l'intensità /
è indipendente dalle singole lunghezze d'onda che entrano nella luce impiegata. Ciò esige
che si annulli il secondo termine della precedente espressione di I, cioè che si abbia:
sen 2 y sen 2 (i» — a) = 0 .
la quale condizione si sdoppia nelle due :
sen2a5 = 0, sen2(s — a) = 0.
n 3;:
La prima di queste è soddisfatta per valori di o eguali a 0, —, n , —— , e la seconda per
valori di f eguau aa, a + — , a-\-n, v.-\ .
Vedesi subito a quali apparenze ottiche corrispondono questi risultati. Osservando il
sistema raggiato nelle condizioni d'illuminamento precedentemente adottate, esso ci appa-
risce, generalmente, attraversato da due croci biancastre , i cui otto rami s incontrano nel
PEK GIUSEPPE BASSO 9
centi-0 del sistema, e che hanno tutti la stessa intensità sen'or. Ju una delle croci due
rami sono paralleli e gli altri due normali al piano di polarizzazione primitivo, il quale,
come si sa, è normale alla sezione principale del Nicol polarizzante. Della seconda croce
due rami giacciono nella sezione principale del Nicol analizzatore e gli altri due sono a
questa nonnali.
Facendo girare intorno all'asse dell'apparato il Nicol analizzatore in modo che l'an-
golo 7. vada aumentando, la prima delle dette croci rimane ferma e si sposta la seconda;
intanto va crescendo per entrambe l'intensità luminosa, la quale diventa massima quando
le croci si sovi-appongono. Allora si avrà una sola croce bianca, e questo accadrà quando
saranno parallele le sezioni principali dei due Nicol. Se facciamo invece diminuire l'an-
golo a . le due croci scemeranno man mano d'intensità , fino a diventar oscure quando si
abbia a =; 0 ; allora si avrà una sola croce nera, ed i due Nicol avranno le loro sezioni
principali disposte ortogonalmente. Se si mantengono in quest'ultima posizione i Nicol, e
si fa gù-are nel suo piano il sistema raggiato, la croce nera resta evidentemente immobile.
I luoghi isocromatici , corrispondenti ad un determinato colore semplice di lunghezza
d'onda /, sono evidentemente linee circolari concentriche al sistema raggiato. I loro raggi
sono dati dai valori di p che rendono l'espressione sen'?:-^ — p^ massima ovvero
2bld' '
minima, secondochè il prodotto sen2p.sen2(y — a) è positivo ovvero negativo.
Pongasi adunque : , « , •>
'2bW ^ 2'
intendendo che n sia numero intero . si avrà :
11 raggio del circolo isocromatico d'un dato ordine è adunque direttamente propor-
zionale alla radice quadrata della lunghezza d'onda che si considera ed inversamente pro-
porzionale alla radice quadrata della grossezza del sistema raggiato. Se i due Nicol si
tengono incrociati, cioè se si rende « nullo, il prodotto sen 2 y . sen 2 (o — a) è semi^re
positivo ; perciò nell'espressione ora trovata di p si deve intendere che n sia dispari e per
conseguenza i cerchi isocromatici di vario colore sono disposti come lo sono negli anelli
colorati di Newton visti per riflessione. Coi Nicol paralleli, essendo <^=— , il suddetto
ù
prodotto è sempre negativo ; w dev'essere numero pari e si ha lo stesso ordine di colori
che negli anelli di Newton ossei-vati per trasmissione.
Tutto ciò che si è trovato fin qui intorno ai sistemi raggiati , il cui piano è normale
all'asse ottico dei singoli elementi, è affatto analogo a ciò che avviene per una lamina
uniasse taghata normalmente al proprio asse quando la si studia alla luce convergente.
Tale analogia era facilmente prevedibile.
2° Caso — In ogni elemento del sistema raggiato l'asse ottico sia diretto
lungo il semidiametro corrispondente.
Il piano d'incidenza contiene ancora l'asse ottico per ciascun elemento e ne è per
Serie II. Tom. XXXIV. b
1 0 KKSOMEXl ni rOI.AIilZZAZlOXF. CROMATICA
conseguenza sezione principale; si ha cioè: p^=9- — Inoltre vedesi che si ha: ''^-^ "^
u = Q. Introducendo queste condizioni nelle equazioni (4). (6). (7). se ne ricava:
E siccome si ha sempre :
sostituendo nella (3) si ha :
che si può anche scrivere:
,
yi-6'sen-»
n sen i
cot r :
. 1
yi — b'sen'i
b sen i
1 \
«v
se si tiene conto della piccolezza fh /. e ritenendo anche qui:
sen?^'- .
a
Adunque l'intensità luminosa / in un punto (jualunque {p, rp) del sistema raggiato,
((uale si vede attraverso al Nicol analizzante, è :
/:= sen' a + sen 2 e; . sen 2
,,-«,.™.,^(i-!)(,-l^r
Appaiisce dalla forma di quest'espressione di / che, per ciò che riguarda i luoghi inco-
lori, tutto ciò che nel caso precedente osservammo si ripete pure in questo. — Si hanno
anche qui. in generale, due croci incolore, le quali si riducono ad una sola quando le
suzioni i)rincipali dei due Nicol sono [)arallele ovvero oitogonali. La crnc# incoloi-a
appaiisce bianca coi Nicol paralleli e nera coi Nicol incrociati.
Ma per ciò che si riferisce ai luoghi isocromatici, nel caso attuale, si hanno condizioni
e leggi diverse da quelle trovate nel caso precedente. I luoghi isocromatici, corrispondenti
ad una particolare lunghezza / d'onda, sono ancora linee circolari concentriche al sistema
raggiato. Per ottenere i valori f> dei loro raggi bisogna ora ricorrere all'equazione:
l\h n}\
1 *V'\_»
nella quali- i> (■ un numero intero arbitrario, coll'obbligo però di assumerio pari in cerii
casi e dispari in certi altri, analogamente a ciò che s'f> visto nello studio del sistema rag-
giato normale all'asse.
l\h n' 2
Ponendo per brevità:
l'equazione i^recedeute diventa:
„ i ] L. I = M, donde rica vasi ;
PER GIUSEPPE BASSO 1 1
Dallo esame di quest'espressione di p i-isulta subito sotto (juali condizioni può il
sistema raggiato ammettere o non l'esistenza di anelli isocromatici; vedesi pure che le
leggi relative alla disposizione di tali anelli sono diverse da quelle trovate pel caso del
sistema raggiante normale all'asse ottico.
La determinazione dei cerchi isoci'omatici, nel caso che ora studiamo, si può anche
dedun-e, in modo indù-etto, dai noti fenomeni di polarizzazione cromatica presentati da
lamine birifrangenti continue. Una lamina uniasse, le cui facce siano parallele all'asse
ottico, sia attraversata da un fascio convergente di luce polarizzata, e questa venga in
seguito sottoposta all'azione di un analizzatore. Si trova facilmente che le linee isocroma-
tiche in questo caso sono iperboli, aventi tutte per assi una retta parallela ed una per-
pendicolare all'asse ottico del cristallo. Assumendo il primo come asse delle x, ed il
secondo come asse delle y, l'equazione delle iperboli isocromatiche si può mettere sotto la
forma:
- , 2cr-(q~n)
bx^ — atf = ^ ,
hq
nella quale si conservano a tutte le lettere le designazioni precedentemente adottate.
L'asse reale delle iperboli coincide con quello delle x, ovvero con quello delle ij, secon-
dochè la quantità è positiva ovvero negativa. Ora, nel sistema raggiato che si vuole
esaminare, tutti gli elementi che si trovano lungo uno stesso diametro hanno il loro asse
ottico nella stessa direzione e si possono considerare come formanti una sola laminetta
strettissima, la cui lunghezza è parallela all'asse ottico. Le linee isocromatiche per questa
laminetta si riducono adunque agli elementi di iperboli che sono adiacenti ai vertici di
queste. Ciò potendosi ripetere per ogni altro diametro del sistema raggiato, si scorge
che i raggi p dei circoli isocromatici di tale sistema altro non sono che i semiassi reali
delle iperboli precedentemente considerate. Se, p. es., l'asse reale è quello delle x.
facendo y=^ 0 nell'ultima equa^one, si ricava: '
^=tP
2 (</-«)
n
espressione identica a quella prima trovata per i raggi dei circoli isocromatici.
3° Caso — Per ogni elemento dei sisìfema raggiato l'asse ottico giaccia nel
piano del sistema e sia normale al semidiametro corrispondente.
Il piano d'incidenza ò, in ogni punto, perpendicolare all'asse ottico e, perciò, anche
alla sezione principale : quindi si ha :
Questa condizione, introdotta nella espressione generale della intensità / luminosa, ci dà
ancora :
/=8en'a+sen2^.sen2(yipa)Zsen'— — .
il
Vedesi che, per ciò che riguarda i luoghi incolori, tutto procede come nei due casi pre-
cedenti.
12 FENOMENI ni POLARIZZAZIONE CROMATICA
I luoghi isocromatici per una data lunghezza l d'onda sono cerchi concentrici pei
<[uali è soddisfatta la condizione:
essendo n un numero pari quando i due Nicol si tengono paralleh e dispari se questi si
tengono incrociati.
Per valutare la (luantità A devesi osservare che ora si ha :
2 2
Dalla (7) si ricava:
cos5 = 0 :
o dalla (4)
M= a .
Quindi le (5) e (6) danno .
l/r^TTsen^ , l/l— fl'sen'/
cot r = , cot r = .
hseni nsen/
le quali espressioni, sostituite nella (3), conducono alla seguente:
A = -Jl^ (a }/l-6"senS:- b]/] -a'sen»/) .
Tenendo conto della piccolezza di sen /. che si può ritenere eguale a 3- , si può scrivere
a
ancora: , ,. , ,, ,
ab 2 <r ■
Per avere l'espressione del raggio p di uno qualunque dei circoli isocromatici coni-
Npondenti alla lunghezza / d'onda, basterà sostituiie l'espressione ora trovata di A nel-
A n
l'equazione già ricordata - = — , e ricavarne la p.
l u
Ritenendo clie si abbia anche qui :
2.^1 Iv
si ottiene cosi :
\ qab
nella quale forinola si compendiano le leggi lelative alla disposizione de^li anelli isocro-
matici.
111.
Sistemi raggiati Massi.
Lo studio analitico dei sistemi mggiati composti di elementi birifrangenti biassi sa-
rebbe piuttosto comphcato. <]uando lo si volesse svolgere in tutta la sua generalità.
Sarebbe allora indispeasabile tener conto, per ogni elemento birifrangente. delle direzioni
PEK GIUSEPPE BASSO 1 3
dei suoi tre assi di elasticità ottica. Alla equazione (4). la quale, pei mezzi uniassi. dà li
velocità u di propagazione dell'onda |straordinaria. bisognerebbe sostituire la nota equa-
zione di elasticità :
cos'X cos'u cos'v
-5 i+ > .8 + -i i=0 (8)
nella quale «, h, e sono i coefficienti di elasticità ottica, e /.. [i, y sono gli angoli che la
normale ad una delle due onde rifratte fa cogli assi elastici. Le velocità di propagazione
di queste onde rifratte sarebbero espresse dai valori di u che l'equazione stessa fornisce.
Molte delle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti relativamente ai sistemi uniassi
non sarebbero più applicabili al nuovo caso. Le due onde birifratte. nelle quali si sdoppia
l'onda polarizzata incidente quando attraversa un elemento qualunque del sistema biasse,
non si possono più distinguere in ordinaria e straordinaria, poiché né l'una. né l'altra di
esse, segue le leggi della rifrazione ordinaria.
Si giungerebbe tuttavia a risultamenti prossimi al vero . quando si a.s.sumesse ancora
come onda ordinaria quella delle due che, nel suo propagarsi, meno si allontana dalle
leggi di C.\RTKSio : allora si potrebbe considerare come sezione principale il piano di pola-
rizzazione di tale onda. Però le .sezioni principali corrispondenti ai diversi raggi non pas-
serebbero più tutte per una medesima retta: mentre, in un mezzo birifrangente uniasse
passano })er l'asse ottico tutte le sezioni principali. Inoltre, nei mezzi biassi. più non esi-
stono direzioni che godano di tutte le proprietà caratterizzanti l'asse ottico: si sa che
quelle designate con tal nome altro non sono che gli assi di rifrazione conica intema.
Importa però lo avvertire che gli aggruppamenti cristallini, quali effettivamente si
presentano in natura, si riduconf) ijuasi sempre ad avere disposizioni particolari e molto
semplici, per ciò che riguarda l'orientazione dei loro a.ssi. Per questa r;igione lo esame
teorico dei fenomeni presentati da un sistema raggiato biasse . nel quale i tre assi di ela-
sticità proprii fli ciascun elementf» facessero angoli qualunque col semidiametro corrispon-
dente e col piano del sistema stesso, non presenterebbe molto interesse per l'Ottica fisica.
K d" altronde mio intendimento di dare a questi miei studi tale indii-izzo , che permetta ,
almeno qualche volta, verificazioni e controlli sperimentali. — B:i,sterà adunque ch'io mi
restringa, per i sistemi raggiati bia,ssi. a considerare quei casi in cui, nei fenomeni di po-
larizzazione cromatica, si possano avere ancora luoghi incolori e luoghi isocromatici, ana-
logamente a ciò che si é visto per i sistemi di clementi uniassi.
A queste ultime condizioni un sistema raggiato biasse soddisfa solo quando i suoi ele-
menti sono così disposti da comportarsi, per certe direzioni di i-aggi. a guisa di corpuscoli
birifrangenti uniassi. Ciò succede tutte le volte che, per ogni elemento del sistema, il piano
d'incidenza è perpendicolare ad uno dei tre assi di elasticità ottica. Volendo procedere
nel modo più chiaro ed ordinato si dovramio considerare in tutto sei casi particolari e
distinti, come risulta dalle seguenti considerazioni.
Siano sempre a. h. e i coefficienti di elasticità ottica d'un cristallino (jualunque ap-
partenente al sistema e. per conseguenza, siano . — . - le velocità di propagazione
a 0 r
del moto luminoso nelle direzioni dei tre assi elastici. Per fissar le idee si supponga :
«>ft>f . S'intende sempre presa come unità la velocità della luce all'esterno del cristallo.
14- FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA
Si consideri un sistema raggiato tale che, per ogni suo elemento, l'asse (e) d' elasti-
cità minima sia normale al piano del sistema e l'asse (o) di elasticità massima giaccia
lungo il semidiametro corrispondente. S'inunagini la superficie d'onda avente il suo centro
nell'intemo dell'elemento che si considera. Il piano d'incidenza, corrispondente a questo
elemento, taglia la superficie d'onda secondo una sezione la quale, come si sa, è costi-
tuita da un circolo di raggio i e da una dissi concentrica di semiassi a e e, diretti rispet-
tivamente secondo l'asse di elasticità minima e quello di elasticità massima.
Applicando la regola di Huyohexs, estesa alla detenuinazione dei raggi rifratti nei
mezzi biiùfrangenti biassi, si scorge che il fascetto di luce polarizzata, attraversante un
elemento qualunque del sistema , dà luogo a due fascetti birifratti. dei quali uno è
ordinario, e l'altro straordinario, giace tuttavia nel piano d'incidenza. Le cose adunque
avvengono ancora come se gli elementi del sistema fossero uniassi.
Se l'asse (e) di elasticità minima fosse ancora normale al piano del sistema, ma, lungo
ogni semidiametro di questo, giacesse l'asse (6) di elasticità mediana, il piano d'incidenza
per ogni elemento determinerebbe nella superficie d'onda una sezione costituita da un cir-
colo di raggio a e da un'elissi di semiassi h e e disposti rispettivamente lungo l'asse
di minima e quello di mediana elasticità. Dei due fascetti birifratti che hanno attraversato
un elemento qualunque, uno è ancora ordinario e l'altro, quantunque straordinario, giace
sempre nel piano d'incidenza.
Con ragionamenti analoghi applicati ad ogni altro caso in cui il piano d'incidenza
contenga due dei tre assi di elasticità, si scorge che possono esistere sei disposizioni di-
stinte di sistema raggiati biassi, i quali, riguardo alla polarizzazione cromatica, danno
luogo a fenomeni analoghi a quelli presentati dai sistemi uniassi.
Tratterò parti tamente di ognuna di queste sei disposizioni.
1* — L'asse di minima elasticità sia per ogni elemento normale al piano
del sistema raggiato, e l'asse di massima elasticità giaccia lungo il semidiametro
corrispondente.
Le considerazioni precedenti ci autorizzano a servirci ancora della formola (1) per
valutare 1 intensità / in un punto qualunque del sistema raggiato visto attraverso l'ana-
lizzatore. E ciò, tanto in questo caso, come in ciascuno degli altri cinque che ci restano
ad esaminare. Basterà sostituire all'angolo ^ il f, cioè l'angolo che il semidiametro del
sistema passante pel punto d'intensità / fa col piano primitivo di polarizzazione. Perciò
si avrà nel nostro caso ancora il medesimo complesso di luoghi incolori che già trovammo
per i sistemi raggiati uniassi; si avrà cioè una croce nera quando si tengono i Nicol in-
crociati, ed una croce bianca quando questi sono paralleli.
Che nei sistemi raggiati biassi debba prodursi il fenomeno delle croci incolori si può
talvolta desumere dalle note leggi di polarizzazione cromatica per lamine cristallizzate
continue. Mi basti far vedere ciò in un solo caso speciale.
Se si taglia in un cristallo biasse una lamina le cui facce siano normali all'as-se di
minima ehisticità, e si osserva questa lamina mediante la disposizione ottica fin «lui adot-
tata, essa presenta un sistema di linee incolore ben determinate, purché l'angolo che
ciascun asse ottico fa coli asse suddetto sia abbastanza piccolo. Tale sistema consiste in
quattro rami di iperbole, e giova ricordare in qual modo essi sono disposti. Per il centro
PER GirSEPPF BASSO 15
ottico lì , nella figura 1', couducasi Tasse di minima elasticità, che incontrerà in 0 il
piano FT focale della lente i': indichiamo colle lettere A ^ Ti '\ punti in cui questo
piano è incontrato dalle rette U A , L'B rappresentanti le direzioni apparenti degli assi
ottici. Intendiamo per flirezione apparente d'un asse ottico la direzione che un raggio lu-
minoso deve avere nell'aria afiìnchè. penetrando nel cristallo, si rifranga secondo lasse
ottico. Conducansi nello stesso piano PP, per il punto 0, la parallela e la perpendico-
lare al piano primitivo di polarizzazione. Si sa (') che queste due rette sono gli assintoti
di una iperbole incolora, della quale un ramo passa pel punto A e l'altro pel punto B.
Inoltre, se per O conduciamo nel piano PP la perpendicolare e la parallela alla sezione
principale dell'analizzatore, si hanno gli assintoti d'un'altra iperbole incolora, di cui un
ramo passa ancora per A e l'altro per B.
Se però il piano di polarizzazione primitivo è perpendicolare o parallelo alla sezioni»
principale dell'analizzatore, le due iperboli si riducono ad una sola, che può essere raji-
presentata dall'equazione :
essendo presa per asse delle x la traccia del piano di polarizzazione primitivo ed essendo
Ci, fi le coordinate ortogonali del punto A. È noto ancora che l'angolo 12 compreso fra uno
degli assi ottici e l'asse di minima elasticità è determinato dalla relazione:
senQ
e che, essendo (i l'angolo d'incidenza del raggio che attraversa la lamina secondo l'asse
ottico, si ha :
epperciò : sen 'i»
Passiamo ora a considerare il nostro sistema raggiato. Un suo elemento qualunque
ip.'f) si può paragonare ad una piccolissima porzione d'una lamina normale all'asse di
minima elasticità ed il cui asse di elasticità massima è diretto secondo il diametro (e) del
sistema. Per (jnesta laminetta elementare gli assi ottici giacciono nel piano condotto pel
diametro (f) normalmente al piano del sistema ; per conseguenza i punti ^ e i? si tro-
vano sul diametro corrispondente dell'immagine osservata sul piano PP nella fig. 1'.
Indicando con M la posizione quivi occupata da tale immagine, si ha evidentemente :
(1 ì/a--h*
/; \ (I — r'
Ma si lia pure : ^^^ j^^^^^ ^^^ j^^^^
Perciò l'equazione della iperbole incolora per la laminetta. la cui immagine è in M. si
può scrivere : d* a^ — ò»
./• « = sen ffi COS 05 -i —z r .
' b ff — e
essendo in 31 l'origine delle coordinate.
(") Vedi E. Verdet - Optique Physique, voi. 11. pag. i6.')
16 FENOMENI DJ POLARIZZAZIONE CROMATICA
Trasportando l'origine nel punto O. l'equazione della stessa iperbole diventa:
(x— /3COS(f-)(2/ — |Osen9)=senycos9 -j— — — .
11 punto il/ essendo il centro della iperbole, non fa parte della linea incolora corri-
spondente; ma siccome l'ultima equazione è soddisfatta per i valori:
j- ^ p cos ip . y = P sen y ,
purché si abbia :
senycosy = 0 ,
ne segue che nel sistema raggiato appartengono a linee incolore tutti i punti e soltanto i
punti, pei quali y è nullo oppure retto. In altri termini, resta confermato che si ha, come
sistema di linee incolore, una croce i cui bracci sono paralleli e perpendicolari al piano
primitivo di polarizzazione.
I luoghi isocromatici per una determinata lunghezza / d'onda sono circoli concen-
A n
trici, i cui raggi si trovano ricorrendo alla solita condizione : — = - .
La determinazione di A si fa ricorrendo alla equazione (8) di elasticità, nella quale
si deve porre nel nostro caso:
- TT n
e ricordando che:
A=:esen«(cotr — cotr') , sen r = m' sen / , senr' = M"sen« ;
dove u, u" sono i valori reali di u che soddisfanno l'equazione di elasticità. Così si ottiene
agevolmente :
A = ^ (a j/1 -/>'seu' i-b yi - e' sen' /) •
Introducendo le semplificazioni giustificate dalla piccolezza di sen/ e ponendo
p
sempre: sen/^*" , si avrà per l'espressione del raggio di un circolo isocromatico:
y e(aò-c') '
p = d
si ricordi che :
_2e{a-b)
*~ ^l ■
2' — L'asse di minima elasticità essendo ancora normale al piano del sisteìtta
raggiato, giaccia lungo il semidiametro di questo l'asse di elasticità mediana.
Si può evidentemente passare dal caso precedente a questo scambiando semplicemente
a in 6 e dando al numero n arbitrario tale segno che permetta alla p di essere reale. S
ha quindi :
y e(ab-c*)
PER GIUSEPPE BASSO 17
Basteranno semplici permutazioni di lettere e l'avrertenza di scegliere conveniente-
mente il segno di n per ottenere immediatamente le espressioni di p conispondenti a cia-
scuna delle quattro disposizioni che si possono ancora presentare. Le passo rapidamente
in rassegna.
3' e 4" — L'asse di massima elasticità sia normale al piano del sistema.
Ponendo : , 2e (h — c)
q = — ; — ; — . SI avrà :
h e l
A/cl(n + q) 1
n+q) ,._A/^''(9~n)
€(a* — bc)
secondochè luvgo ogni semidiametro del sistema è diretto l'asse di minima, ovvero
quello di mediana elasticità.
5" e 6" — Sia normale al piano del sistema l'asse di elasticità mediana.
Ponendo :
, 2 e (a — e)
^ ^~~acl '
8Ì ottiene :
_ l/a/(g"— w)
f- j/ e(ac-b')
se l'asse di massima elasticità è diretto lungo i semidiametri. Si ha invece :
f e{ae —
-q)
quando in tale direzione si trova l'asse di minima elasticità.
Per le diverso specie di mezzi birifrangenti i coefficienti di elasticità possono avere
valori tali da rendere il prodotto « e maggiore o minore di Ir. Affinchè l'espressione di p
sia sempre reale, in ciascuno dei due ultimi casi dovrà il numero n essere talvolta positiva
e talvolta negativo.
IV.
Il concetto astratto di elementi birifrangenti, cosi aggi'uppati fra di loro da costituire
ciò che io chiamo un sistema raggiato, si ha effettivamente, quantunque non sempre con
perfetta regolaiità , in aggregazioni di piccoli cristalli. Di queste ci offrono esempi molte
specie minerali e se ne possono ottenere delle fogge svariate provocando artificialmente
la cristallizzazione di composti chimici convenientemente scelti. Questa facoltà posseduta
da molte sostanze di assumere, cristallizzando, la forma raggiata dipende da modi , non
ancora ben definiti nella loro generalità, di esercitarsi delle azioni molecolari. È impor-
tante uu'osservazioue che a questo riguardo fa il Prof. A. Scacchi (*) nello studio del
(*) Memorie della R. Accademia delle Sciense di Torino, XXI, 18G2.
Serie IL Tom. XXXIV.
] 8 KKXOMEXI I»I POLARIZZAZIONE CROMATICA
t'enomeno. da lui scoperto, della policdria dei cristaili, per cui molte volte uhm facoi.i
piana di un cristallo trovasi sostituita da una superficie poliediica, cioè da un complesso
di faccette piane facenti fra loro angoli molto ottusi. Giova che io (jui rijiorti lo parole
stesse dell'illustre mineralogo :
« Tra i fatti più owii che troviamo in molte s))ecie di cristalli si è la loro maniera
di disporsi gli uni a lato degli altri, in guisa che. convergendo in un punto, finiscono dalla
parte opposta divergenti come raggi. Talvolta sembra chiaro che molti cristalli si siano in
tal modo aggruppati ; altra fiata sembra piuttosto che le parti dello stesso cristallo da
una banda si dilatino e dall'altra si restringano. Dall'uno all'altro caso non credo vi sia
reale differenza. E (ine) che importa avvertire è che per talune specie, come per l'arago-
iiite, pel mesotipo. per la stilbite. per la prenite e per molte altre, la disposizione rag-
giante dei cristalli è loro carattere abituale e quasi distintivo; mentre altre specie, o non
mai 0 assai di rado, si trovano avere la medesima disposizione. Discorrendo della poliedria
delle facce li della Phillipsite abbiamo mostrato come esse deviano convergendo vei-so il
centro del cristallo e come a questa loro qualità vada unita l'altra di unirsi i cristalli in
gruppi, la qual cosa è naturale conseguenza della prima ; dap])oichè se sulle facce polie-
driche di un cristallo primitivo che ha cominciato ad ingrandii-si. si attaccheranno altri
novelli cristallini, questi si troveranno con i loro assi di tanto divergenti dagli assi dello
stesso nome del primo cristallo per quanto le facce di questo erano deviate dalla loro po-
sizione regolare. Avanzandosi l'ingrandimento dei secondi cristalli, ancor essi poliedrici, gh
altii cristalli che vi si attaccheianno si troveranno situati con raddoppiata divergenza
dal cristallo primitivo: e così per gli altri, finché duri l'ingrandimento e vi sia spazio da
potersi congiungere ncrvelli cristallini sulle facce dei precedenti ->.
<• Fra le produzioni artificiali i cristalli ortogonali di paratartrato acido di soda for-
niscono uno dei più rilevanti esenqìi di aggi'uppamenti raggianti. In essi, dal mezzo delle
facce B che sono poliecb-iche. si partono altri minori cristalli divergenti, e (jualche cosa
di somigliante si rinviene tra le produzioni naturali nei cristalli eli baritina disposti a
rosette. Quando (juesti aggruppamenti si manifestano semjìlici è facile persuadersi che essi
altro non siano si^ non l'unione di due o più cristalli congiunti per le loro facce polie-
driche. Ma nello stes.so paratartrato acido di soda ortogonale, il più delle volte i grup-
])etti di facce poliedriche simo assai più stretti, a guisa di mezze sfere composte di folte
lamine raggianti; ed ai medesimi non potendosi attribuire diversa origine di quelli di più
semplice composizione, si giunge alla naturai conseguenza che la poliedria sia la cagione
l>rinci])ale. se non la .sola, della disposizione raggiante dei cristalli >>.
Essendomi lìroposto di sotto])ori-e anche ad esame sperimentale i fenomeni di pola-
lizzazione cromatica negli aggruppamenti cristallini che. più o men(j, si accostano al tipo
teorico di sistema raggiato, ho dovuto innanzi tutto cercare mezzi ed artifizii per ottenere
artificialmente cristallizzazioni di tal fatta disposte per osservazioni microscopiche. Ho
passato per ciò in rivista molti conqxtsti chimici lasciandone evajiorare a secco le solu-
zirmi in piccole quantità ed esaminandone al microscopio i residui ottenuti. Cosi potei
riconoscere ([uali sostanze sono meglio disposte a dare aggregazioni cristalline di foiina
raggiata e mi sono specialmente fermato su quelle, delle quali sono abbastanza noti i
cajatteri ottici e cristallografici pei- jiennettere. almeno in certi casi, la verificazione ilelle
leggi teoriche esposte precedentemente.
PER GIUSEPPE BASSO 19
Do qui la lista dei nomi delle principali sostanze da me finora esaminate, e vi unisco
qualche indicazione bibliografica sufficiente per potere, quando ciò sia opportuno, rintrac-
ciare gli elementi numerici caratteristici di ciascuna di esse.
Cristalli romboedrici.
1. Nitrato sodico Des Cloizeaitx; Annales dcs Mines, t. XI (1857).
2. Ioduro di cadmio .... Id. Id. Id.
3. Ioduro di piombo .... Id. Id. Id.
4. Cloruro di stronzio . . . Makignac. Id. t. IX e t. XI.
Cristalli dimctrici ortogonali.
5. Prussiato giallo potassico . Des Cloizeaux: Annales des Mines, t. XI.
6. Fosfato ammonico .... Id. Id. Id.
7. Solfato di nichelio .... Id. Id. Id.
8. Urea Id. Id. Id.
Cristalli trimetrici ortogonali.
9. Mannite Fkankenheim ; zur Krystallkunde ; Charakteristilc
der Krystalle.
10. Tartrato acido di potassio Id. Id. Id.
11. Bicarbonato sodico. . . . WlRTZ ; Bictionnaire de Chimie, etc.
12. Deutoclorui'o di mercurio. Id. Id.
13. Nitrato di alluminio ... Id. Id.
14. Nitrato di cadmio .... Rammelsberg ; V. Bictionnaire de Chimie, etc,
di WURTZ
15. Solfato potassico biasse . Des Cloizeaux; Ann. des Mines, t. XI.
16. Nitrato potassico Id. Id. t. XIV.
17. Solfato di zinco Id. Id. t. XI e t. XIV.
18. Solfato ammonico .... Id. Id. t. XIV.
19. Citrato sodico Id. Id. Id.
20. Cloruro di rame Id. Id. Id.
21. Bicromato potassico ... Id. Id. t. XI.
22. Solfato di magnesio . . . Mitscherlich ; De Senarmont, ^«wa/cs de CAw»>
et Physique, 3' Sèrie, t. XXXIII.
23. Proto carbonato sodico . . Haidinger, Rammelsberg, Marignac; Annales des
Mines, t. XII.
24. Cloruro di bario Marignac ; Mémoires de la Societé Physique ,
t. XIV, 1' partie.
25. Ossalato acido di ammonio De la Provostaye ; Annales de Chimie et Phy-
sique (3), t. IV.
FENOMENI DI FOI.AEIZZAZIONE CROMATICA
Cristalli trimetri ci wonoclini.
26. Acido tartarico De la Provostate; Annalcs de Chimi e et Phy-
sique, (2) t. XXXI et {■^) t. III.
27. Nitrato di stronzio .... Des Cloizeaux. Annales des Mines. t. XI.
28. Acido ossiilico Id. Id. Id.
29. Borato sodico Id. Id. Id.
30. Iposolfito sodico Id. Id. Id.
:n. Solfato di manganese. . . Id. Id. t. XIV.
32. Acetato di piombo .... Id. Id. Id.
33. Zuccaro di canna .... Id. Id. Id.
Cristalli trimrtrici triclini.
34. Solfato di rame Des Cloizeaux; Annales des Mines. t. XI.
Le sostanze ora enumerate furono trattate tutte con un procedimento semplicissimo
ed uniforme, allo scopo di ottenerne agglomerazioni cristalline di foggia costante e facile in
ogni caso a riprodursi. Di ciascuna di esse si preparò una soluzione poco concentrata nel-
l'acqua; solo per il deutocloruro di mercurio e per lo zuccaro di canna preferii adoperare
l'alcool come solvente. Mossa una goccia della soluzione su d'una laminetta di vetro, la
lasciavo evaporare spontaneamente , ovvero . per accelerare alquanto la evaporazi(me,
posavo la lamina bt-n orizzontale su d'uno strato di sabbia scaldato a moderata teni^
peratura. Io procurava così di ottenere sul vetro una crosticina molto sottile, poco com-
patta e quasi pellucida della sostanza da studiare. Questa preparazione collocavasi sul
portaoggetti di un buon microscopio polarizzante deH'tìflicina R. Fle.ss di Berlino, che il
Prof. 6. Si'EZIA ha messo gentilmente a mia disposizione. Potevasi così osservare con in-
grandimento conveniente la cristallizzazione formatasi sulla laminetta ed era agevole stu-
diare gli effetti di polarizzazione cromatica, sia per luce parallela come per luce convergente.
Alcune delle sostanze da me osservate ed indicate di sopra non mi diedero mai ag-
gregazioni di minuti cristalli con forma raggiatii ; altre invece presentarono la forma rag-
giata costantemente ed in modo abbastanza regolare ; da molte infine ottenni lo stesso-
fenomeno sovente, ma non scniiprc; oppure lo ottcìini in mudo imiìcrfetto ed incom-
pleto. Notati !• scipiti i corpi, nei <iuali la forma raggiata si può j)rodurri' con co-
stanza o regolarità, la verificazione delle leggi teoriche precedentemenU^ stabilite esigeva
che io mi ponessi in grado di studiare, coll'osservazione microscopica, le jìarticolarità
relative, sia ai luoghi incolori, come ai luoghi isocromatici. Però mi occupo, in questo
lavoro, solamente di ciò che riguarda i luoghi incolori e la loro disposizione nei casi
j)iii interessanti, cioè (juando le sezioni principali dei due Xicol sono parallele od ortogonali.
Le osseiTazioni delle linee isocromatiche ottenute per polarizzazione sono, in generale,
molto difficili , ed esigono speciali precauzioni. Ordinariamente esse non sono visibili
quando s'impiega luce ordinaria o bianca e devesi far uso di luce monocromatica: infatti.
PEK GIUSEPPE BASSO 21
i punti nei quali un certo colore presenta il massimo d'intensità, posseggono ad un
tempo l'intensità minima per un altro colore la cui lunghezza d'onda è pochissimo
differente da quella del primo ; perciò le colorazioni sono per ordinario insensibili. Per
altra parte, le forme raggiate microscopiche essendo sottilissime, esigono per la produzione
di linee isocromatiche l'impiego di luce convergentissima. E anche probabile che non si
possano ottenere veri anelli completi a cagione della non uniformità di grossezza e della
imperfetta identità di orientazione radiale negli elementi cristallini costituenti l'aggregato.
Passando in rassegna i corpi che, cristallizzando per evaporazione della loro soluzione,
presentano aggruppamenti analoghi a sistemi raggiati, trovo che essi si possono distin-
guere nelle seguenti tre categorie principali.
— r Categoria —
Ogni gruppo è formato da cristallini prismatici lunghi e sottili, i quali, partendo da
un centro comune, si dispongono come raggi di un cerchio. La figura 2* rappresenta
questa forma di aggruppamento raggiato, quale si scorge al microscopio impiegando luct>
naturale; essa è la riproduzione dal vero di una preparazione ottenuta colla maniìife.
Parecchie fra le sostanze da me esaminate danno spesso gruppi cristallini che offrono
(questa apparenza; debbo citare principalmente l'acido tartarico, il tartrato d'ammonio,
l'ossalato acido di ammonio, l'iposolfito di sodio, il cloruro di stronzio, il cloruro di
i-ame, il solfato di rame ed il bicromato potassico. Non sempre però si ottengono sistemi
raggiati o stelle compiute ; sovente gli aghi prismatici non divergono da un punto o da
un cristallino centrale, ma sono tangenti per una loro estremità ad una curva di piccola
estensione, la quale apparisce in tal modo come l'inviluppo delle rette rappresentanti la
maggior dimensione dei cristallini. Però sono prodotti gli stessi fenomeni ottici, cosi dalle
stelle (complete e regolari come dalle stelle parziali o dai ))ennacchi divergenti nel modo
anzidetto. I luoghi incolori sono quali la teoria ci ha indicati : essi si riducf)no ad
una croce bianca o luminosa quando si fa l'osservazione coi Nicol paralleli e ad una
croce nera od oscura se questi si tengono incrociati. — Nell'un caso e nell'altro i bracci
della croce sono paralleli e perpendicolari alle sezioni principali dei Nicol. È specialmente
colla disposizione dei Nicol incrociati che il fenomeno della croce, caratteristiro dei
sistemi raggiati birifrangenti, appare più manifesto e spesso anche molto elegante.
La figura 3' rappresenta appunto, visti al microscopio coi Nicol incrociati, i gnippi di
mannite che, nella fig. 2', sono quali appaiono alla luce naturale. Facendo girare nel suo
piano la preparazione o comun(iue spostandola, ciascun braccio di croce in ogni stella cri-
stallina conserva inalterata la sua direzione, cioè in tutte le croci un braccio si man-
tiene parallelo alla sezione principale del Nicol polarizzante e l'altro parallelo alla
sezione principale del Nicol analizzatore.
— 2' Categoria —
Un'altra disposizione di forma raggiata si ottiene da alcune fra le sostanze che ho
studiato e fra di esse primeggia il bicarbonato sodico. Preparata una soluzione nell'acqua
di questo sale e versatane una goccia sul vetro da microscopio, devesi lasciare che questa
22 FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CKOMATICA
Spontaneamente si evapori, o, se la si vuole riscaldare alquanto, fa d'uopo che l'elevazione
di temperatura sia cosi moderata da non determinare la parziale decomposizione del sale
e la sua trasformazione in protocarbonato sodico. Esaminata al micioscoi)io la macchietta
hianca residua, si osservano talvolta fasci di sottilissimi cristalli prismatici, paralleli f
poco divergenti . e porgenti l'apparenza di covoni ; altre volte si hanno laminette isolate
presentanti figure di rombo molto allungato, simili alla forma ordinaria degli aghi da
bussola. Però, molto più spesso e, si può dire, normalmente, si hanno eleganti aggruppa-
menti di cristalli minutissimi che in complesso presentano l'aspetto di stelle a raggi non
tutti uguali.
Non è facile discemere chiaramente il modo di riunione degli elementi cristallini in
una stella di bicarbonato sodico, a cagione dell'estrema tenuità degli elementi stessi. Panni
tuttavia che essi siano per ordinario aghetti rombici, disposti in tante file divergenti da un
centro ben detcrminato ; gli aghetti componenti ciascuna fila hanno dii-ette nel senso di
questa le loro diagonali maggiori e ciascuno si salda al successivo per un vertice comune.
Oltre le file principali, che costituiscono i semidiametri del sistema raggiato, si staccano
da qualche punto di esse altre file secondarie che formano delle ramificazioni; queste, che
si scorgono nettamente alla luce polarizzata , non hanno mai direzione molto diversa da
quella dei semidiametri del sistema e perciò non uuocouo sensibilmente alla produzione
dei fenomeni ottici proprii dei sistemi raggiati.
A giudicar bene delle posizioni relative degli elementi cristallini in una stella di bicar-
bonato sodico , giova paragonare una di queste a quelle che si ottengono da certi sali
deliquescenti, fra cui ho segnatamente notato il nitrato di cadmio. Ottenuta per evapo-
razione a dolce calore una macchietta molto sottile di quest'ultima sostanza, e portatala
al microscopio, essa ci apparisce costituita in gran parte da forme raggiate, di cui ciascun
raggio è appunto formato da ima serie di cristallini minutissimi ed acuminati agli estremi,
per i quali essi successivamente si attaccano. Ma la deliquescenza del sale non tarda a
disfare il delicato edifizio ; ben presto ciascun raggio del gi'uppo cristallino si scinde in
frazioni minutissime ; queste prendono la forma di laminette oblunghe coi vertici estremi
arrotondati e vanno rapidamente impiccolendosi per isquagliamento.
La fig. 4" rappresenta un gruppo di stelle di bicarbonato sodico , quale si vede al
microscopio polarizzante colle sezioni principali dei Nicol ad angolo retto. La croce nera
vi è molto netta, e presenta le varie particolarità, già spiegate precedentemente , che di-
stinguono questo fenomeno ottico nei sistemi raggiati birifrangenti.
— 3" Categoria —
Ona terza disposizione di elementi cristallini, che si può ancora collegare coi sistemi
raggiati, almeno per ciò che riguarda i fenomeni di polarizzazione cromatica , ho riscon-
trato in certi composti chimici, e specialmente nel solfato di tnaìiganese e nel solfato di
zinco. Sono conosciute (*) alcune proprietà singolari di questi due sali, relative al loro
sistema di cristallizzazione. Il solfato di manganese, mantenuto al di sotto di (i°cent., ha
sette molecole d'acqua ed è monoclino; fra i G" e i 25° circa ha sole cinque molecole
(*) Vce'gasi ppp cs. : Gi-undtage der modernen l'hemie , vou D' Eugeu SiLL.
PER GIUSEPPE BASSO 23
d'acqua ed è triclino ; al di sopra di questa temperatura esso non possiede più che quattro
molecole d'acqua e ridiventa monoclino. Similmente, il solfato di zinco, al di sotto
di 30°, possiede 7 molecole d'acqua ed appartiene al sistema trimetrico o del prisma
romboidale retto: a temperatui-e alquanto superiori a questa, ha sei molecole d'acqua ed
è monoclino.
Come in queste due sostanze il sistema cristallografico cambia anche per variazioni
poco notevoli di temperatura . così l'esame microscopico dei gi'uppi cristallini, che da ess ■
si ottengono coll'adottato procedimento, conduce al riconoscimento di forme facihnent >
mutevoli, singolari e svariate. Mi limito per ora ad esporre ciò che riguarda le apparenza ^
ottiche. La lieve crosticina che si ottiene evaporando una goccia di solfato di manganesi'
sciolto nell'acqua presenta al microscopio un intreccio di cristalhni più o meno sviluppali
e di varie forme, ma quasi sempre, e segnatamente verso l'orlo rilevato della crosticina,
osservansi molte piastrelle aventi figura circolare o qua.si. In altri termini, si hanno molti
dischetti press'a poco circolari ; spesso vi si notano lievi fenditure, che possono essere ret-
tilinee, dirette radialmente e formanti angoli al centro eguali, oppure circolari, e sonn
allora concentriche al disco. Tali fenditure danno ad ogni disco un asjìetto che ricorda
quello di una sezione trasversale in un tronco d'albero. La figura 5" rappresenta un gru|)-
petto di questi dischi di solfato di manganese, quale si osserva al microscopio polaiizzante
coi Nicol incrociati.
11 Prof. A. C'ossa, in un .suo studio microscopico sulla diorite di Cessato nel Biel-
lese ('), avvert'i l'esistenza di certe concrezioni radiate di colore giallo scuro, interposte
fra lamine di clorite, le quali, a cagifine della loi'f> forma lenticolare . egli chiamò sferoi-
doliti. Lo stesso nostro Collega ebb(^ la cortesia di donarmi una preparazione pre.sentante
alcuni di questi corpuscoli e di aggiungere al dono utili indicazioni per il loro studio: al
microscopio polarizzante essi hanno una particolare rassomiglianza coi dischetti ottenuti
artificialmente col solfato di manganese e manifestano precisamente i fenomeni principali
dei sistemi i-aggiati. Ed api>unto nel lavoro ora citato il Prof. Cossa scrive le parole
seguenti :
« Osservando la preparazione ( degli sferoidoliti ) coi Nicol incrociati, apparisce una
croce nera, le cui braccia sono parallele alle direzioni dei piani di polarizzazione dei
.Vicol : il rimanente della lamina è chiazzata di rosso sopra un fondo giallo. Quando si
muove la preparazione in un piano orizzontale, lasciando invariati i Nicol . la croce nera
non cambia punto di posizione rispetto alle sezioni principali dei Nicol . quantunque aji-
parentemeiite sembi'a che faccia un movimento in direzione contraria a quella che si fa
subire al pn^parato. Facendo girare il Nicol analizzatore, la croce nera si sposta nella
stessa direzione del .Nicol , però con velocità di rotazione di valore metà » .
Anche quest'ultima particolarità si può considerare come prevista dalla teoria dei
fenomeni propiii dei sistemi raggiati. Infatti essa equivale a questo . che partendo
dalla posizione dei Nicol incrociati, se si gira il prisma analizzante d'un angolo elemen-
tare dx , il punto che sul sistema raggiato conserva costante la sua intensità / si
sposta angolarmente della quantità - d x . Che ciò debba avvenire si può dimostrare
(*l Sulla diorite quarzifera porfiroide di Cassato nel Biellesc; Aui dHln R. Accademin de' Lincei ^
tom. Ili, serie 2'.
24 FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA - PER GIUSEPPE BASSO.
ricorrendo all'espressione generale deirintensità /, quale >i trova a pag. 8, relativa ad
un punto qualunque ( » , ^) del sistema raggiato. Si differenzii quest'espressione di /
ritenendo come invariabili a e y ; se si pone : d 7= 0 e : a i= 0 , si ottiene subito :
^ 2
L'analogia che si riscontra fra il modo di comportai'si dei sistemi i-aggiati in genere
(e più specialmente delle piastrelle discoidali del solfato di manganese) o quello degli
sferoidoliti delle rocce dioritiche di Cossato , si ripete ancora per altri aggregati di cor-
puscoli che non sono più veri elementi cristallizzati birifrangenti. Il sig. Des Cloizeaux .
nella sua Memoria sull'impiego del microscopio polarizzante (') , ricorda che Beewsteu
diede il nome di .sali circolari a certe sostanze artificiali che. quantunque appartengano
al sistema cubico, pure per la loro struttura fibrosa presentano fenomeni aualoglii a quelli
della croce. Però questa pseudocroce cangia di posizione girando il corpo che la mani-
festa ed è visibile soltanto quando s'impiega luce parallela, mentre non si palesa in modo
sensibile colla luce convergente. Tracce di croce al microscopio polarizzante presentano
pure alcune sostanze colloidi , i grani di fecola e certe concrezioni calcari.
dono ancora a notarsi certe forme raggiate che Vogeslang cliiama cristalliti e che
egli ha studiate nel solfo, nel carbonato calcare, nelle scorie artificiali e nelle rocce ve-
trose artificiali. Quantunque queste aggi-egazioni siano probabilmente formate da cor-
puscoli monorifrangenti che il Vogeslang stesso chiama glohuliii, pure s'illuminano leg-
germente al microscopio polarizzante coi Nicol incrociati, e manifestano la tendenza a
produiTe i fenomeni dei sistemi raggiati.
Infine, Michel Lé\y, in una Memoria sui diversi modi di struttura delle rocce erut-
tive studiate al microscopio col mezzo di lastre sottili (**), dice di aver osservato appa-
renze ottiche analoghe alle precedenti nelle scorie tratte dai crogioli di fusione nella
fabbrica d'acciaio di Ermont (Seine-et-Oise). Queste scorie, tempestate di piccoli globuli
di acciaio fuso, si comijortano alla luce polarizzata come il vetro perfettamente omo-
geneo; ma intorno a ciascun globulo metallico, quando si tengano i Nicol colle loro
sezioni principali ortogonali, apparisce una zona con tracce di croce nera simile a quella
data dagli sferoidoliti. Queste apparenze, che si osservano in mezzi non cristallizzati e
natuj'almente isotropi, non si possono attribuire verosimilmente ad altro che ad azioni
di compressione o di distensione analoghe a quelle che, com'è notissimo, imprimono al
vetro ordinario caratteri transitorii di bii'ifrangenza.
(•) AnnaUs des Mines , 1864.
(••; Ib. 1875.
(^cc<xd. lK^ JiAVe.Sc. di %otiiiv. (3ùiòòeyÀxSc.J"i:>. ^XhcLl.Sez'ie 2*^ A3oiitoXX\/Vy
Fiii. 22
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SUI
TERRENI STRATIFICATI
DI ARGENTERÀ
(VA.LX.E DELLA. STURA- DI CinSTEO)
MEMORIA PALEONTOLOGICO -GEOLOGICA
DEI,
Dott. ALESSANDRO PORTIS
Adunama del 30 Gennaio 1881
PARTE PRIMA
Nell'Agosto 1879 il Cav. Michelotti mi consegnava, per studiarli, alcuni fossili da
lui raccolti nell'alta valle della Stura di Cuneo e precisamente alla sommità della mede-
sima, nella località detta Le Grangie, a dieci minuti a monte dell'alpino villaggio di
Argenterà e ad un'ora a valle dal confine italo-francese della Maddalena. I fossili erano
da lui stati cercati allo scopo di venir una volta in chiaro, studiandoli e determinandoli ,
suir età da assegnarsi al famoso calcare dolomitico affiorante in cotanti punti nelle Alpi
occidentali , e che già fu oggetto di numerosi lavori e menzioni dei Professori Gastaldi e
Michelotti.
Dopo essersi fermato qualche tempo lassù , e dopo aver raccolte varie impronte , mi
aveva il Michelotti consegnato il frutto delle sue ricerche incoraggiandomi a continuarle
e dandomi all'uopo tutte le necessarie indicazioni sulla località. La ricerca e la raccolta
di materiale fossilifero che proseguii alla mia volta e nello stesso hanco per un mese di
seguito nel 1879 e per un altro mese nel 1880, non furono così abbondanti come avrei
potuto sperare, avuto riguardo al tempo impiegato ; ebbero però per risultato di fornire
alquanti fossili iìno ad un certo punto deteraiinabili.
Raccolto sul luogo tutto quanto parveini aver appartenuto ad estinti organismi ,
cercai nel passato anno di determinare i fossili componenti l'insperato tesoro onde potermi
fare una giusta idea sull'età del banco al quale essi appartenevano e dopo questa delle
roccie circostanti. Farmi esser giunto allo scopo prefissomi, e mi affretto quindi a parte-
cipare altrui e la lista ragionata dei fossili trovati , e le conseguenze che parmi doverne
logicamente dedurre.
11 banco fossilifero in questione fu da me nell'alta valle della Stura segu'ito dal
punto di affluenza del Rio di Eoburent colla Stura (mezz'ora di strada al disopra di
Bersezio), dove comincia a mostrarsi sulla sinistra della valle e sporge al disopra delle
Serie II - Tom. XXXIV. d
26 SUI TEKKENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
balze che verticalmente scendendo limitano il piano di azione del torrente , lino al vil-
laggio di Argenterà ; dietro il villaggio di Argenterà, ed oltre il villaggio per più chilometri
fino al confine italo-francese della Maddalena ; inoltre dallo stesso affluente per tutto il
vallone di Roburent fino al confine francese, e finalmente giacimenti ancor fossiliferi dello
stesso calcare vennero trovati in più punti del vallone di Pourriac.
Il banco o meglio i banchi che presentemente ci occupano constano di calcare deci-
samente stratificato, quantunque non sempre siano l'un dall'altro discernibili i successivi
strati, appoggia ora sulle roccia triasiche in stratificazione discordante, ora concordante-
mente sulle roccie del Dogger , e sopporta in stratificazione or concordante ed or discor-
dante altri calcari molto più nettamente stratificati ed a strati sottili e difi"erenti dai
precedenti per la loro tinta grigio-chiara , ma ancor più per le reliquie organiche che
contengono.
Le località in cui ho trovato maggior copia di fossili son le seguenti: 1° L'affluente
di Koburent nella valle di Stura all'estremità meridionale del contraff'orte separante il
vallone dalla arteria principale. 2" Qualche punto isolato nel vallone stesso di Koburent;
3° la frana scendente dal banco fossilifero all'abitato delle Grangie (la più ricca in fos-
sili) ; 4° l'enorme frana discendente dalle roccie Mortier al piano della Maddalena ; e 5" i
prati della G oretta nel vallone di Pourriac. Per tutto il resto della loro estensione cono-
sciuta ed indicata, i banchi si mostrano ancor fossiliferi e soltanto le condizioni di con-
servazione meii favorevole impediscono di estranie e studiarne gli organismi.
E poiché ho ricordate le condizioni di conservazione, non sarà fuor di proposito che
io le accenni. Gli organismi che rimasero racchiusi in questo calcare, hanno, come per lo
più avviene in tal caso, perduta la loro intima struttura e fu la sostanza lor propria sosti-
tuita da calcare spatico quasi altrettanto ricco in particelle carboniose quanto il materiale
avviluppante. A cagione di ciò nella roccia esposta agli agenti atmosferici e per conse-
guenza un poco alterata e di tinta più cliiara, molto di rado avviene il poter scorgere se
un frammento di roccia contenga fossili o no. Egli è cercando il mio materiale in tempo di
pioggia, allorché i calcari assumevano una bella tinta nera, che io riuscivo a trovar qualche
cosa, spiccando i fossili per tinta alcunché più chiara sul fondo scuro che li attorniava.
Sezioni microscopiche e macroscopiche praticate attravei-so a più frammenti, quantunque
non presentanti allo estemo traccie di fossili, mi diedero poi un'idea della straordinaria
quantità di organismi che vissero in quella località e che colle loro spoglie contribuirono
precipuamente o quasi esclusivamente alla fondazione di questo banco.
I fossili più grandi, si trovano impastati nella massa calcarea, donde è difficilissimo
l'estrarli , in frammenti più o men numerosi , e divisi sovente in più parti da fessure
riempite di spato; né in istato men frammentario si ritrovano i fossili più piccini; in alcuni
pochi e rari casi solamente succede che l'alterazione atmosferica corroda la roccia rispet-
tando fino ad un certo punto i fossili contenuti; questi in tal caso sporgono per un
tratto fuor della roccia e possono allora mostrare o no la loro superficie esterna. Solo in
questi casi, come ben si comprende, venne fatto di poter spingere la determinazione fino
alla specie ; quasi sempre le determinazioni portate innanzi col solo mezzo delle sezioni
(quando possibile , praticate secondo una o più direzioni date , ma il più delle volto for-
tuite) non arrivavano che alla distinzione del genere e questo ancora con una non esigua
dose di incertezza ; ma di queste farò special menzione nel corso del mio lavoro parlando
PER ALESSANDRO POKTIS 27
delle singole famiglie e dei singoli generi sulla determinazione dei quali esistono a mio
credere maggiori dubbi.
Eicorderò ancora come l'esistenza di fossili nel banco calcareo di Argenterà sia cosa
già da lungo tempo nota , avendone già fatta menzione i principali fra quelli che si occu-
parono della geologia delle nostre Alpi, ma che appunto il cattivo stato di lor conserva-
zione abbia fino ad ora impedito di trarne le conseguenze desiderabili. Spero con questa
mia nota, quantunque incompleta, poter contribuire positivamente alla classificazione del
banco in questione, e passo quindi alla descrizione dei singoli fossili.
VERTEBRATI
PESCI
Per lungo tempo ho invano cercato un qualunque rappresentante di questa classe,
solo, dopo aver finito tutto quanto lo spoglio del materiale raccolto per due anni, mi
trovai ricco di due avanzi ben poco meritevoli per sé, ma accolti con gioia perchè mi
servivano, l'uno principalmente, a constatare una classe della quale non mi avrei potuto
spiegar la mancanza frammezzo ad una si copiosa fauna.
Genere Strophodus.
Questo pesce si è rivelato per uno de' suoi denti ben caratteristici e facilmente
riconoscibili. Il dente sgraziatamente incompleto appartiene alla serie principale della gola
dell'animale, misura nim. 11 di larghezza per mm. 30 di lunghezza e mm. 10 di massimo
spessore. Ha la forma solita di parallelei>ipedo a base rettangola ed a superficie superiore
subcilindrica. Sulla superficie masticante stessa si osservano colla lente le rugosità che
la caratterizzano, ma minutissime ; e nella superficie di frattura sono visibili i prismi dello
smalto. Il dente è del resto quasi tutto impastato nella roccia dalla .quale è impossibile
estrarnelo.
Col rinvenimento di questo dento ho pertanto confermata l'induzione della possibile
presenza di Cestraciontidi fra mezzo ad una fauna ricchissima di ct)ralli e di altri animali
inferiori a scheletro calcareo.
Il genere Strophodus conosciuto fossile dai ten-eni triassici a tutti i terreni cretacei
presenta un relativamente gi-ande sviluppo nei ten-eni giurassici specialmente, nei superiori.
Nel calcare a Terebratula Diphya di Trento lo Zittel cita di questo genere lo S. Tri-
dentinus Zitt. fonna gigantesca, i cui denti possedono fino a 51""" di lunghezza per 24
di larghezza, (Vedi Zittel Faune der Aeltere cephalopodenfiihrenden Tiihonhiìdungen
in Supplement zur Falaeontographica, Cassel 1870, pag. 24, Tav. l,fig. 2). Nel calcare
a Teiebratula janitor di Favara ne cita il Gemmellaro due specie ; l'una : lo S. subre-
ticulatus Ag., l'altra: lo S. nebrodensis Gemm. (G. G. Gemmellaro, Studi paìconto-
logici sulla fauna del calcare a Terebrattila janitor del Nord di Sicilia, parte 1*,
fase. 1°, pag. 9-10, Tav. 1, fig. 3.5-5G). Lemenc invece non ne ha ancor fornito, benché
non vi manchino le reliquie di altri pesci di generi affini. Il dente di Strophodus delle
Gl'angle, allontanandosi di molto dalla specie tii'olese. presenta la massima analogia con
28 SUI TEKKENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
quelli dati dal Gemmellaro sotto il nome di S. subreticulatus tanto nella fonna , che
nell'onianientazione della superficie triturante, che nelle dimensioni, specialmente con
quelli rappresentati, fig. 3G-37-38, per modo che sarei inclinato a considerarlo come
appartenente a questa specie.
Dietro un esemplare frammentario appartenente ancora alla serie principale, usato
dalla masticazione e riconosciuto posteriormente, sarei autorizzato ad ammettere nel calcare
di Argenterà la presenza ancora della seconda specie siciliana : lo S. nebrodensis, essendo
il dente in questione molto più appiattito e sottile del precedente, e differendone pui-e,
per quanto si possa riconoscere, nel non parallelismo dei maggiori lati cosi da accostarsi
molto agli esemplari rappresentati a Tav. 1, fig. 48-55 dal Gemmellaro.
Cololiti.
La seconda traccia che attribuii a pesci è ben più dubbiosa e meno importante
della precedente, essa consiste in un mucchietto di escrementi (o di contenuto di inte-
stina), quali compaiono in molti terreni e specialmente negli schisti litografici di So-
lenhofen e che vengono tutti assieme compresi nel nome generico di cololiti. Essi ricoprono
una superficie di un centimetro quadrato circa e sono tutti a frammenti ricurvi da 2 a
3"° di lunghezza e sottilissimi. Li ho arbitrariamente considerati come escrementi di
pesce, niente impedisce però che possano anche provenù-e da crostacei, dei quali pure
abbiamo d'altronde trovati avanzi.
Crostacei.
Dempodi Anomuri.
? Gen. Prosopon H. v. Meyer (1) an BoUna Et.
Nella campagna del 1880 mi venne fatto di riscontrare nella località delle Grangie
un avanzo di crostaceo consistente in una chela molto ben distinguibile come tale, ma tanto
più difficile ad esaminarsi in quanto che essa e quasi per intero racchiusa nella roccia, dalla
quale non è possibile estrarla senza correr grave rischio di perderla. La piccola porzione
che ne appare e che ho potuto per un certo tratto ingrandh-e, mostra distintamente
l'articolazione del dito mobile e la quasi totale lunghezza del medesimo (12°""), nonché
l'indice fisso e porzione della parte allargata della chela. Le due dita che non sono
visibili che di fianco, paiono leggermente cui-vate Luna verso le altre, massime il fisso
dove la curvatura si osserva oltreché sulla superficie opponibile , anche sulla esterna .
Tutta la porzione visibile della chela é uniformemente ricoperta da fittissima e minuta
granulatura, la quale si va facendo ognor più minuta a misura che ci accostiamo alla
estremità delle dita: finalmente sul dito mobile sono osservabili ad 1 e a 2 terzi
della totale lunghezza del dito due forellini, i (inali attravei-sano il guscio calcareo
ed hanno un diametro di '/j di millimetro.
(t) Vedi oltre agli altri lavori anteriori e posteriori dello stesso autore: H V. Meyer: Die Pro-
soponiden oderdie l'amilie der Masìunìirebsg in Paìaeontograjjhica , Vi'1.7, pag 183, 1861. — Vedi inoltre:
A.Rkuss, Xur henntniss fossiler Krabben. Dcnlischrf. d. k. Àhad. d. "Wiss. 3u Wi<;n, Voi. 17, 1859, p. 1
e seg., Tav. 24.
PER ALESSANDRO PORTIS 29
La relativa cortezza e robustezza di questa chela, nonché il modo di sua orna-
mentazione porterebbero a credere che essa appartenne ad un crostaceo brachiuro od
anomuro. È noto però quanto la prima di queste due classi sia scai'samente rappre-
sentata nei terreni secondarii essendone incerti gli avanzi in terreni anteriori alla creta ,
mentre la seconda si è già, con relativamente abbondanti avanzi, manifestata in più
depositi fossiliferi dell'epoca giurassica dimostrando come a quell'epoca essa già pos-
sedesse un'abbastanza vasta distribuzione geografica. Molti dei rappresentanti giuras-
sici di questa classe (specialmente di giacimenti della Germania e dell'Austria) vennero
riferiti al genere Prosopon H. V. Meyer od a' suoi sottogeneri, le cui specie però non
sono finora conosciute che pel loro cefalotorace, poche essendo le altre parti di organismo
state finora .trovate (particolaraiente chele e qualche traccia di anelli addominali) e queste
sempre isolato per modo da non poterle con sicurezza accostare ad alcuna specie. Alcuni
altri rappresentanti di crostacei giurassico-superiori (particolarmente di località francesi),
vennero riferiti al genere Bolina dallo Etallon ( 1 ) , e di queste conosconsi esemplari più
completi e parti diverse riferibili ad un medesimo individuo. Ora io mi accontenterò di
far notare come l'ornamentazione osservabile sul fossile di Argenterà ricordi tanto quella
che si riscontra sul cefalotorace di alcune specie siciliane del genere Prosopon (Pr. Etallon
Gemm. e Pr. Keussi Gemm. (2), come quella che è visibile sulle chele dei calcari a Pro-
sopon di Oerlingen (3) , ma che la forma generale del pezzo consei-vato molto più si
accosti a quella della Bolina Girodi Et. (loc. cit., pag. 168, Tav. 4. fig. 9), colla quale
concorda pure nel sistema di ornamentazione, nelle proporzionali dijnensioni e nella di-
sposizione delle singole parti , per modo che io sarei molto più inclinato a riferire a
(questo secondo genere il crostaceo fossile che ci lasciò in Argenterà questa unica traccia.
Abbiamo esempi di prosoponidi nei principali giacimenti giurassico-superiori collocati
esternamente ai piedi delle Alpi, no abbiamo nella estremità N. 0. della Francia, no ab-
biamo nell'Hannover ed in Sicilia. 11 genere Bolina discende fin nel giura bruno-inferiore,
ha però maggiore sviluppo nel giura-bianco ed è limitato a minor numero di giacimenti ;
abbia per conseguenza l'individuo nostro appartenuto all'uno od all'altro di questi generi,
cosa che con una sola chela è difficile di definire , noi abbiamo un indizio di più per rife-
rire il terreno in cui venne trovato a periodi posteriori almeno al lias e anteriori almeno
ai primi strati crostacei formatisi.
CEFALOPOBI
Ordine dei Dibranchiatl
Genkki Belemnites e Loligo.
La numerosa famiglia dei beleinnitidi non fu finora rappresentata nel calcare di
Argenterà che da povere traccie e da insignificanti frammenti di belemnite. La natura
del mare locale poco profondo e limpido non era invero consentanea alla vita di (luesta
(1) Etallon, Description des Cruslacc'es fossiles de la Haute Savoie et du Haut-Jura. Bull. Soc. géol.
d.France, Voi. 16, Sér. 2» l^5.', pag 1(J0 et suiv.
(2) Gemmbllaro, Sludi Paleont. s. cale, a T. janitor d. N. d. Sicilia, Parte )", pag. 12-14, Tav. 2,
fig. 50-54.
(3) Quenstedt. Ver Jura, pag 779.
30 Sn TERRENI STRATIFICATI PI ARGENTERÀ
famiglia di animali. Dobbiamo pertanto accontentarci di segnalare il poco stato trovato
durante la campagna del 1880 e cbe si riduce: 1° ad un frammento di beleranite che vidi
in posto nel calcare del vallone di Roburent, ma che si trovava cotanto guasto da non
esser quasi più riconoscibile, ed oltracciò in posizione tale da non essere stato possibile
l'estrarnelo e il trasportarlo meco: e 2° ad una impronta della quale sarà necessario far
breve cenno.
Sulla scoperta superficie di uno strato del calcare nero delle Grangie. il mio cugino
Cav. Carletti, che prendendo diletto gi-andissimo agli studi paleontologici era venuto
meco a rifrugare la località, trovava una impronta lanciforme della lunghezza di mm. 100
per 24 di massima larghezza. Questa impronta , che a prima vista pareva essere stata
lasciata da una bolemnite lanciforme che vi fosse stata primitivamente adagiata e poi
distrutta, apparve in seguito dovere invece la sua origine ad un ossicino interno di un
cefalopodo vicinissimo per organizzazione, più che a tutti i loliginidi giurassici, al genere
Loligo vivente.
L'impronta, le cui dimensioni abbiamo date, è rotta alla sua parte anteriore, della
quale si può dall'analogia indurre non manchi che brevissima parte. La forma è. lo di-
cemmo pure, astata: da una estremità posteriore aiTotondata e di G"™ di larghezza, i bordi
esterni divaricano comprendendo un angolo di 30" fino a SS"™ dalla estremità stessa, dove
il fossile assume la massima sua larghezza di 24°""; di l'i, abbracciando un angolo uguale
alla metà del precedente, tornano i due margini del fossile a convergere sino alla distanza
di 85"° dall'estremità posteriore . punto in cui la larghezza del fossile non supera i IS""",
i margini tornano di qui ad allontanarsi con un angolo più aperto fino al punto di rot-
tura del fossile ove esso misura 1 7""" di larghezza. Nella parte sua posteriore il margine
destro presenta lievissime traccie di strie di accrescimento non discernibili che colla lente
ed un'attenzione gi-andissima, e non vi è osservabile alcuna stria d'altro sistema: la parte
media longitudinale del fossile è come rigonfiata di più verso la linea mediana, meno verso
i margini, il che ci dimostra che l'impronta si modella sulla superficie interna o ventrale
dell' ossicino di cefalopodo, e che questa superficie relativamente piana secondo la sezione
longitudinale era invece leggermente curva secondo la trasversale e che sulla linea me-
diana, a giudicarne dalle esigue traccie lasciate, non vi dovea esistere che una costa ben
poco svilujipata.
Finalmente per compiere la descrizione di questo fossile dirò, come a partire da
45""" dall'estremità posteriore, si osservi presso la linea mediana, ma più verso sinistra
una specie di grossa protuberanza piano-convessa a contorni irregolarmente elittici delle
dimensioni massime di IS""" secondo la linea mediana, e di T"" secondo la trasversale.
Quantunque la roccia che forma questo tubercolo non si presenti per nulla differente dalla
circostante, jinr tuttavia la fonua, dimensione e jiosizione sua mi porterebbero a credere
di aver dinanzi il riempimento della boi-sa ad inchiostro , la quale abbia tanto lungo
tempo resistito da obbligare la roccia in via di formazione a modellarsi pure su di se
stessa.
La mancanza di un fiagmocono e di un rostro, e la forma generale dell'osso, ci
portano ad escludere le famiglie delle Belemnitiili e delle Teutidi e a collocare il fossile in
questione nella famiglia dei Loliginidi, che è d'altronde già rappresentata nel lias superiore
col genere Loligo stesso e nel giura superiore col genere Leptoteuthis. Fra i diversi generi
PER ALESSANDRO POETIS 31
della famiglia la forma della conchiglia fossile mi porterebbe a scegliere di preferenza il
genere Loligo, il quale verrebbe così, con una specie di Argenterà, ad acquistare un rap-
presentante anche nel terreno giurassico superiore.
Ordine dei Tctralranchiati.
Genere Ammonites.
N. 1 Ammonites cf. miitahilis Sow.
La cagione che impedi la vita dei Belemnitidi ad Argenterà valse pure per le Ammo-
nitidi. Fino ad ora non ho potuto trovare che quattro imperfettissime impronte di Ammo-
nite, 0 meglio quattro piccoli frammenti di impronta. Di questi 0 più preciso, quantunque
piccolissimo, è perfettamente riconoscibile presentare l'impronta di parte di un anfratto ;
non vi si scorge che porzione di un lato e del bordo sifonale. Tutti i caratteri necessari
alla classificazione di un'Ammonite qui mancano, e io non sono ridotto che al solo criterio
dell'ornamentazione esterna della conchiglia, consistente, per Tesemplare che ho dinanzi,
in costoline alquanto flessuose ripiegantisi alquanto sul bordo sifonale. Se esse poi conti-
nuino per tutto il bordo sifonale, senza interruzione o no, se esse variino accostandosi
all'ombellico, non mi è dato saperlo mancandomi le parti corrispondenti dello anfratto:
contuttociò, avuto riguardo alla regolarità e direzione di queste costoline ed alla forma
del bordo sifonale che indica una concliiglia compressa ma non carenata, bensì con bordo
sifonale rotondo , e ad anfratti , il cui maggiore spessore è presso al bordo ombilicale ,
panni, non andar molto errato accostando la conchiglia che lasciò questa impronta ali 'Am-
monites mutabilis Sow. (1).
Per ciò che si riferisce all'ornamentazione esteriore, questa specie, allorché si incontra
in esemplari intieri, oltre all'esser compressa, non carenata e a dorso (bordo sifonale)
tondeggiante, presenta ancora sui lati dogli anfratti e presso il bordo ombilicale coste
poco numerose (16 a 18), sporgenti e corte, le quali, cessando quasi subito, son sostituite
per più della metà del lato dell'anfratto da piccole coste flessuose (0 per ognuna delle
coste primitive), le quali si estendono fino ai fianchi del dorso dove esse s'interrompono
totalmente lasciando un solco liscio sulla linea mediana, lascio da parte i caratteri tratti
dalla bocca e dall'ombellico, come quelli non aventi importanza di sorta nel caso mio
particolare.
La specie in questione caratterizza in Francia il terreno Kimmeridgiano . come
pure in Inghilten-a, mentre nella Germania meridionale caratterizzerebbe il giura bianco
medio [Wcisser y Quenst.), in nessuna però delle località ove incontrasi questa specie essa
discende al di sotto del Coralliano quantunque la sua vera posizione sia per la maggior
parte dei casi più in su nel Kimmeridgiano. Un'altra specie poi di Ammoniti, la quale pre-
senta nell'ornamentazione gi-andissima analogia con quella di Argenterà che presentemente
ci occupa, si è l'Ammonites Gazolae Cat. del Veronese, rinvenuta nella calcarea rosso-
ammonitica che colà rappresenta il giura superiore (2).
(t) SowERBT, Minerai Conchology, Voi. 4, pag. 145, Tav. 405 — Orbigny Pai. Fr. Terr. Jur.,
V. l,p 55-2, Tav. 214 - Quenstedt. Jiira, pag.621, Tav. 77, fig.2.
(2) Vedi Catullo, Prodromo di geognosia paleozoica delle Alpi Venete. Modena, 1847, p. 136,
Tav. 11, %. 5.
32 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
N. 2 Ammonites sp. ind.
Un secondo frammento di ammonite trovato ad Argenterà non mostra che un fram-
mento di bordo sifonale lungo al più un 1 7 mm. e largo 1 0 ; in questo non distinguo che
una serie di costoline le quali attraversano il bordo aiTotondato stesso senza interrompersi
o variare in alcun modo ; di ogni altro carattere non vi ha traccia di sorta : il frammento
li ha tutti perduti. Su dati cosi meschini è impossibile lo stabilire un ravvicinamento a
qualcuna delle specie conosciute ; rammenterò solo che la stessa forma di bordo sifonale ,
congiunta allo stesso metodo di ornamentazione trovo più specialmente neirAmmonites
eupalus, Orb. {Pai. Fr. Terr. Jurass. , Voi. 1, p. 555, Tav. 217) che in Francia
riscontrasi nel ten'eno Kimmeridgiano , nell' Ammonites (Stephanoceras) Cannizzaroi ,
Gemmell. Studi geoì. sulla fauna a Terebratuìa janitor del Nord di Sicilia, Parte 1\
pag. 45, Tav. 9, fig. 9-11 e neWAtiiììionites (Feri spimi ci es) sp. ind. dello stesso autore
(pag. 44 e Tav. (ì, fig. 5-G) ambedue queste ultime ammoniti appartengono al ten-eno
Titonico od al Kimmeridgiano, ed io quantunque labbia riferito dapprima all'Ammonites
(Perisphinctes) eupalus, sarei tuttavia imbarazzato nel definire se l'esemplare che sta in
mia mano si accosti piuttosto a questa che a quella delle tre specie nominate, non po-
tendo nemmen scorgere i limiti del bordo sifonale e dovendomi per conseguenza acconten-
tare della parte mediana del medesimo.
Noi troviamo ancora nella calcarea rosso-ammonitica delle Alpi venete una Ammonite
che ricorda molto il presente frammento, ed è l'Ammonites contiguus Cat. (Vedi Catullo,
seconda Appendice alla precedente memoria, Luglio 1847, pag. 12, Tav. 13, fig. 4).
N. 3 Ammonites {Oppelia) Lithograj)Mca Opp (1).
L'unico cattivo avanzo di questa specie fu, come quello della seguente, raccolto du-
rante la campagna del 1880. Esso consiste in un frammento di roccia che rinvenni isolato
fra i detriti e che non presenta altro di visibile che una porzione lunga un sei centimetri
del bordo sifonale di una Ammonite. Impossibile la minima osservazione dei fianchi o di
altra parte di conchiglia. Sul bordo sifonale sono osservabili nettamento due file longitu-
dinali di piccoli tubercoletti separati fra loro da distanza eguale alla lunghezza dei tubercoli
stessi. Di queste due file, luna più rilevata è la mediana, Tal tra un po' )iiù depressa è una
delle laterali : simmetrica a questa si scopre dall'altra parte della mediana una terza fila
di nodi, quest'ultima però interrotta da successive rotture non è a prima vista ben discer-
nibile, e solo l'attenta osservazione la fa scoprire.
Il modo di ornamentazione di questa Ammonite ci ricorda più che tante altre l'Oppelia
lithographica Opp., la quale però parmi abbia i tubercoli che compongon le tre carene ad
una relativamente maggior distanza fra loro, questo però in ben piccola projiorzione.
Ravvicino questa terza specie di Ammoniti di Argenterà alla specie or nominata, ba-
sandomi sull'unico carattere osservabile (lo spessore d(-l bordo sifonale e la sua curvatui-a
corrispondendo essi pure) non stupirei però che individui meglio conservati e presentanti
maggior facilitil di determinazione, abbiano in tempo awenii-e ad esser liferiti a specie
anche lontanissime da quella cui io la accostai.
(1) Vedi ZiTTEL, Fauna d. Aelt. Cephalopodenfuer. TUhonb.ìSlO, p.69, T. 4, f. 31.
PER ALESSANDRO PORTIS 33
N. 4 Ammonites {Perispliinctes) Aìhertinus Catullo (1).
L'ultimo, ed altrettanto che gli altri incompleto esemplare di Ammoniti, consiste in un
frammento d'impronta (colla sua contrimpronta) che ho scoperto nello spaccare un fram-
mento di roccia da cui volevo liberare un calice di corallo. Il frammento ha una lunghezza
di 2 '/^ cm. e presenta piccola porzione di un fianco della conchiglia ornato di alcune
coste, le quali non si può nemmen ben accertare se si sdoppino verso il bordo sifonale^
quantunque ciò paia molto probabile, né pure puossi ben verificare come terminino verso
la sutui'a.
La piccola porzione conservata non presentando sufficienti caratteri atti alla determi-
nazione, ho pur qui dovuto accontentarmi di riferirlo con tutte le possibili riserve ad una
specie con cui ha grossolanamente comune l'abito esterno che è l'Ammonites (Perisphin-
ctes) Albertinus Catullo, già riscontrata nei terreni giurassici superiori delle Alpi lombarde
e che potrebbe benissimo venir riscontrata in terreni isocroni delle Alpi marittime.
MOLLUSCHI GASTEROPODI
Ordine dei Prosobranchii.
Genere Nerinaea.
Le numerose sezioni praticate in diversi frammenti di calcare mi hanno portato a
scoprire in esso questo genere di gasteropodi eminentemente caratteristico pei terreni
secondarii. Le conchiglie di questo genere sono relativamente frequenti nel calcare di
Argenterà e si lasciarono finora dietro il solo carattere delle pieghe boccali dividere in
4 specie:
N. 1 Nerinaea Bruntrutana Thurm. (2).
Un frammento della lunghezza di 30""° appartenente alla sommità della conchiglia
e mostrante per sezione naturale l'interno dei due suoi più grossi anfratti fu da me ripor-
tato alla N. Bruntrutana: 5 pieghe boccali di cui 3 columellari e 2 labraU sono visibili
in questo frammento ; è pur facile colla lente il vedere come la piega columellare supe-
riore e la inferiore siano per lo meno bifide, probabilmente anche la media, ma in grado
minore, così pure è decisamente bifida, per lo meno, la piega superiore labrale, semplice
la inferiore. Per queste condizioni si avvicina alla specie or nominata, come vi si accosta
pure per la grossezza della columella che mostra una certa tendenza a divenir ombilicata
verso la parte sua anteriore. Dell'angolo d'apertura della conchiglia non posso dir gran
cosa, stante le deformazioni sopravvenute posteriormente per la spatizzazione, parmi però
(1) ZiTTEL, Fauna d.Aelt. Tithonhild JSIO p. 104, T. 10, f. 1.
(2) Thurmann, i/(!(/!a«n 6run<>-u(onf7, pag. 94, Tav.7, fig.39. — D'Orbigny, Pa^ Franf. Terr. Jurass.,
Voi. 2, pag. 154, Tav. 283, fig. 4-5. — Vedi anche perla Nerinaea subbruntrutana: D'Archiac, Descrip.
Géolog.du dèpart.de l'Aisne, Mem.Soc.Geol.de France, Voi. 5, pag. 382 (del volume), Tav. 30, fig. 11*.
— D'Orbigny, Pai. Frane., Voi.?, pag.Qt, Tav. 254, fig. 12.— Per la N. carpatica Zeuschn. Thurman
et Etallon, Lcthaea bruntrutana , pag. 95, Tav. 7, fig. 4U. — Per la N. pseudo-bruiitrutana Gemm.,
Ge.mmellaro, Studi pahiontologici sulla fauna del calcare a Terebratula janitor del nord di Sicilia,
Parte 2, pag. 1 2. Tav. 2 bis, fig. 6-7. — Zittel, die Gasteropoden der Stramberger Schichlen, in Paleontolo-
gische Mitlheilungen pag. 351, Tav. 41, fig. 23->5. 1873.
Serie II - Tom. XXXIV. D *
34 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
che in generale non vi sia molta differenza da quello della specie di Porrentray. Così pure
non ho potuto vedere in alcun frammento la superficie estema e studiarne per conseguenza
romamentazione ; però dalla sezione normale longitudinale che tengo innanzi parmi aver
potuto rilevare che ogni anfratto sia provvisto inferiormente di un forte bordo, mentre i
suoi due terzi anteriori sarebbero scavati ed, aggiungerei, lisci. In tutti questi caratteri
concorderebbe completamente colla N. bruntrutana (1). mentre fra le due specie che più
si assomigliano a quest'ultima, la V o N. subbruntrutana D'Orb. concordando per la
disposizione delle pieghe boccali, si distacca dalla Nerinea di Argenterà pella mancanza
del bordo inferiore ad ogni anfratto , e la 2" o N. Carpathica Zeusch. (2) avrebbe un
angolo d'apertura maggiore ed anfratti più corti.
Oltre all'esemplare in questione tengo, provenienti dalla medesima località, altri 4 o
5 frammenti di minor importanza, che dopo aver sezionati in direzioni diverse ho riferito
alla presente specie.
La N. bruntrutana si riscontra in Francia e Svizzera colla N. carpathica nel terreno
Giurassico superiore e specialmente nel Kimmeridgiano, mentre la N. subbruntrutana D'Orb.
si riscontra in Francia presso alla sommità del terreno Giurassico medio (Dogger dei
Tedeschi).
N. 2 Nerinaea n. sp.
Due sezioni longitudinali, l'una naturale, l'altra da me praticata, mostraronmi carat-
teri tali da doverle separare dalla specie precedente e considerarle come una 2*. Nessuna
delle due sezioni mostra l'estremità o la bocca della conchiglia, ma entrambe ne appar-
tengono agli anfratti mediani ; esse appartengono ad una Nerinea di forma pressoché cilin-
drica, avendo un angolo d'apertura piccolissimo. La forma e le dimensioni esterne della
conchiglia la avvicinerebbero assai alla Nerinaea implicata D'Orb. (3) o anche alla N. ba-
cillus D'Orb. (4), differisce però da entrambe per aver la columella perforata in tutta la
sua lunghezza da un ombellico, che in uno dei frammenti che ho dinanzi, assume fino a
5°"° di diametro su 12""" dell'intiero diametro della conchiglia, mentre le due specie
or nominate non mostrano traccia di ombellico. Anche nel numero e nella disposizione
delle pieghe boccali nella specie di Argenterà incontransi analogie e differenze colle due
specie in questione.
Nella specie di Argenterà mi fu dato osservare 6 pieghe boccali, di cui tre columellari
e tre labrali; delle tre columellari: la superiore allungata semplice ed obliquamente
(1) DifTorirebbe però dalle figure dell' Orbigny per il bordo posteriore che ho detto esistere ad
ogni anfratto, bordo, che nella N. bruntrutana figurata dall'Orbignv, loc.cit.,si troverebbe invece ante -
riormente o dalla figura di Thurmann od l^ltallon che non lo indica mi anteriormente né posto-
riorinontc, non facendo nel testo monzione che di « Tours plans, lisses li''g"'rement séparus par la suture
(Loc. cit. pag. 91).
(2) La Nerinea che Thurmann ed Ktallon chiamano Carpatica Zeuschn che è appunto quella che
mi serve di b ise in questo confronto , ma Che è diversa dalla vera N. Carpatica Zeuschn, viene più
tardi l'iferita alla N. pseudo-bruntrutana, per conseguenza i rapporti eie differenze che ho detto esistere
tra la N. di Argenterà e le N. subbruntrutana e carpathica debbono essere invece intesi esistere tra la
N. di Argenterà e le N. subbruntrutana e pseudo-bruntrutana.
(3) U'OBBio.NY, Pai Fratif. Verr. Jur.\o\.,2, pag. B2, Tav. 251, fig. 4-7.
(4) D'Orb., Loc. cit., pag. 84, Tav. I>52, fig. 3-6.
PER AI-ESSANDRO POKTIS "35
rivolta allo ingiù, semplice la media, quasi trifida l'inferiore ; delle tre labrali la superiore
semplice, la seconda trifida e pur trifida la inferiore. Nelle due specie dell'Orbigny
oltre che la piega superiore labrale è almeno bifida, la serie columellare consta di quattro
pieghe, una superiore semplice che non ha rappresentanti nella specie che ci occupa, una
seconda bifida corrispondente alla superiore nostra e due altre che corrispondono nella
posizione e nella forma rispettivamente colla media ed inferiore della specie di Argenterà.
La forma esterna degli anfratti (che potei verificare per due sole porzioni d'anfratto di
una delle sezioni descritte e per un terzo frammento di conchiglia isolato posterior-
mente e misurante 6 centimetri di lunghezza) si mostra, come già accennai, abbastanza
simile a quella delle N. implicata e bacillus, però quasi più simile alla 2' di esse, essendo
essi leggermente scavati nella lor metà inferiore (boccale), nel loro assieme però gli anfratti
costituiscono una conchiglia sottile allungatissima, quasi cilindrica e liscia. Questa specie
di Nerinea appare contemporaneamente nella località delle Grangie, donde provengono i
due esemplari che servirono alla descrizione quanto nella località fossilifera della Goretta
(in individui molto più mal conservati e quasi completamente spatizzati) e probabilmente
anche nel calcare del vallone di Eoburent, dove non ne ho trovato che un solo esemplare,
il quale per essere stato esposto ad una potente forza diretta secondo l'asse della conchiglia
e rotto per conseguenza in diversi frammenti, risaldati poi da anelli frapposti di spato
calcare, non offri colla sezione dati sufficienti alla propria determinazione. Pare però dietro
la forma generale esterna, che essa debba appartenere alla stessa specie rappresentata dai
due esemplari delle Grangie.
La N. implicata e la N. bacillus sono entrambe state raccolte in Francia in giaci-
menti appartenenti ai piani mediani del terreno Giurassico medio (Dogger).
È duopo infine che io aggiunga, come nei ten-eni titonici inferiori del nord della Si-
cilia compaia un rappresentante di queste forme bacilliformi di Nerinea nella N. Som-
nambula, Gemm. (1), specie essa pure bacilliforme e notevolmente ombilicata, ma alcun
poco più conica della specie di Argenterà, e munita di pieghe boccali più semplici e in
minor numero che per gli esemplari che presentemente ci ocupano.
N. 3 Nerinaea ci. haciìlus D'Orb.
Nella località fossilifera della Goretta ho nel 1880 riscontrata una terza specie di
Nerinea, alla quale, meglio che per le due precedenti, si adatta la descrizione della N. ba-
cillus del D'Orbigny. La conchiglia di cui tengo scarsi esemplari è allungatissima, liscia,
bacilliforme e non ombilicata. La sezione longitudinale dimostrò la presenza di 8 pieghe,
5 columellari e 3 labrali. Delle columellari la superiore è semplice e nella sezione, tuber-
coliforme, la seconda rivolta allo ingiù e' bifida, trifida la terza rivolta essa pui'e obliqua-
mente allo ingiù, quasi quadrifida la quarta, la quinta invece semplicissima ed appena
visibile nella sezione (di questa quinta non vi ha traccia nelle figure della N. bacillus del-
l'Orbigny (2)). Le pieghe labrali son tutte tre rivolte in senso orizzontale un po' inclinato
(1) Gemmellaro (i. G., Prima appendice agli studi paleontologici sulla fauna a Terebratulajanitor
del Nord dMa Sicilia in Atti dell'Accademia Gioenia di St.Nat.in Catania, Ser. 3, Voi. 12, 1878, p. 106,
Tav. A, fig. lU-11.
^2) Pai. Frani-., Terr. Jur Voi.?, p.84. T 252, f. 3-6.
36 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
in giù e tutte, specialmente la media, almen bifide, sovente trifide (nella N. bacillus Orb.
è invece la piega inferiore quella maggiormente sviluppata): dalla disposizione delle pieghe
nella presente specie ne viene che il varco libero in ogni anfratto sia ridotto ad una stretta
fessura collocata quasi verticalmente ed offrente allo indentro ed allo infuori strette rami-
ficazioni. La solida columella occupa quasi la metà del diametro della conchiglia. Quan-
tunque il numero e disposizione delle pieghe boccali ed il volume della columella non
corrispondano ancora esattamente con quanto si osserva nella N. bacillus d'Orb., tuttavia
la riferisco per ora a questa specie aspettando a separamela allorché conoscendone con-
chiglie intere, io potrò più sicuramente giustificare il mio asserto.
N. 4 Nerinaca n. s}).
Un frammento di calcare che presentava un' impronta offrente una qualche analogia
colla valva grande di una Cranio, sezionato, dimostrò contenere invece un frammento di
una Nerinea diversa dalla specie precedente. Il frammento di conchiglia lungo, 8°" largo 9,
non mostra che la sezione di un solo anfratto ; anche qui la columella è probabilmente
ombilicata come nella specie precedente ; non son però sicuro di questo fatto. Le pieghe
boccali mostrano però grandissima differenza in numero e disposizione da quelle della
specie precedente ; abbiamo qui in tutto 4 pieghe boccali, 2 columellari e 2 labrali. Delle
columellari 1 "inferiore mostrasi un po' allargata, la superiore semplice : delle labrali trifida
è la inferiore, semplice la superiore. Non parlo della forma esterna, che non potei verifi-
care, parmi però aver anch'essa dovuto essere cilindroide, lungliissima e liscia come nella
specie precedente. Ne mi stupirei se con fossili ulteriormente trovati venissi a constatare
esser questa specie nient'altro che un qualche esemplare della specie precedente in cui
qualche piega fosse stata per una causa qualunque durante la vita dell'animale obliterata
o durante la fossilizzazione scomparsa, che, malgi-ado le differenze citate, la cavità del-
l'anfratto dell'una specie richiama per la sua forma alla mente la cavità dell'anfratto
dell'altra.
N. 5 Nerinaca n. sjy.
Alla superficie di qualche frammento di calcare alterato dalle intemperie potei vedere
e colla lente osservare alcune piccole conchiglie della lunghezza di 5 ""^ al più. Taluna
comparve anche nelle numerose sezioni microscopiche fatte. La forma loro e la presenza
osservata di traccio di pieghe boccali mi persuasero a collocarle fra le Nerinee sia come
giovani individui, sia più facilmente come una quinta specie della località che presente-
mente ne occupa. Infatti, da quanto ho potuto osservare parmi che per la lor forma ge-
nerale queste concliigliette si accosterebbero alla N. bruntrutana, differirebbero però dalla
medesima : 1° per la columella proporzionatamente molto più sottile, 2° perla presenza di
4 sole pieghe boccali, di cui 2 columellari (la N. bruntrutana ne ha 3) e 2 labrali.
Entrambe le pieghe columellari paiono complicate, la superiore trifida, l'inferiore bifida,
entrambe le labrali invece paiono semplici, 3" per la relativa minor lunghezza degli
anfratti. Aggiungerò che questa specie differisce dalla N. Lorioli Zitt. ( 1 ) per aver
(1) ZiTTBL, Die Gasteropoden der Stramherger Schichten in PalaeotU. Mitth. 2**' Band , 3*« Abth.,
pag.360, Tav. 41, fig. 26-29.
PER ALESSANDRO PORTIS 37
un maggior angolo d'apertura della conchiglia e per la disposizione delle pieghe boccali,
avendone questa, come si è detto, due columellari e due labrali, mentre la N. Lorioli ne
avrebbe tre columellari ed una sola labrale; così pure differisce per maggior angolo d'a-
pertura dalla N. Roemeri Pliilipp. (1) e per non avere quest'ultima che due pieghe colu-
mellari per una labrale e gli anfratti relativamente più lunghi. Non ho trovato in lette-
ratura cenno di alcuna specie che raggiunga solamente le dimensioni accennate per questa
(5"""), nella quale ho per altro potuto ben distinguere e studiare ben 7 anfratti, d'altra
parte ben conoscendo le gi-andi variazioni che possono succedere nel passaggio dallo stato
giovanile allo adulto, sia nelle pieghe boccali come nella forma degli anfratti , egli è
colla massima riserva che io proporrei di considerar come nuova specie (minuta) la
piccola Nerinea che non raramente si riscontra nel banco calcareo di Argenterà.
N. 6 Nerinaea sp.
Prima di chiudere il genere Nerinea menzionerò una 6* specie di questo genere, la
quale non si è rivelata che con un solo frammento quasi informe trovato alla Goretta.
Esso ci rivela una conchiglia di forma conica più aperta che la N. bruntrutana, di cui
parlai, con anfratti scavati nella metà, e raggiungente dimensioni medie, poiché il fram-
mento presenta una sezione di 20 """ di diametro e non pare appartenere all'ultimo
anfratto. Per la scarsità del materiale, non ho potuto ottenerne una sezione longitudinale
soddisfacente, non la posso quindi accostare preferibilmente ad alcuna specie. Solo mi
accontento di segnalare questo frammento per mostrare come il genere Nerinaea oltre ad
essere diffuso numericamente, presentava anche una certa qual varietà di specie. Fra
queste dominavano decisamente le specie bacilliformi.
Genere Chemnitzia.
Chemnitzia ? sp.
Una sezione microscopica fatta per cercar forarainiferi mostrò fra gli altri microfossili
la sezione della conchiglia di un gasteropode alla quale erano stati per effetto del leviga-
mento tolti tutti i caratteri necessari alla distinzione del genere (non parliamo della
specie) : di più la sezione aveva incontrata obliquamente la conchiglia, di modo che nem-
manco era visibile l'asse della medesima, e la forma della cavità degli anfratti rimaneva
alterata (potei però osservarvi l'assenza completa di pieghe boccali). Gli è per conseguenza,
con tutte le risei-ve che appoggiandomi alla forma di ciò che rimane, oso proporre un
nome per questa conchiglia, accostandola ai generi Acteonina e Chemnitzia, credendo però
doverla con maggior probabilità considerare come appartenente ad una delle forme turri-
culate di questo ultimo genere.
Genere Natica.
Natica, sp. ind.
Riguardo come appartenente a questo genere una sezione naturale di conchiglia tro-
vata nel 1879 alle Grangie, offrente due anfratti eccentrici e contigui, i quali mal trove-
(2) GoLDF., Petref. Germ., Voi. 3, pag. 43, Tav. 176 , fig. 5. — Quknst. , Jura, pag. 769, Tav. 94,
fig. 21-23.
38 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
rebbero collocamento in qualsiasi altro genere. Per la parte solamente rappresentata che
ne rende dubbiosissima la determinazione anche generica, l'importanza di questo fossile è
affatto secondaria o meglio nulla, ho creduto però non doverlo trascurare per far per
quanto possibile esatta la lista dei fossili della località, sperando che anche i generi dub-
biosi vengano ulteriormente con più fortunate ricerche accertati.
Nel successivo anno 1880 mi venne fatto di trovare un altro esemplare di gastero-
podo, il quale, quantunque non offrisse più alcun dubbio sul genere a cui dovesse essere
riferito (al genere Natica), pur tuttavia non è ancor sufficientemente liberabile dalla ganga
da permettere una determinazione specifica. Appartenne ad una specie di media grandezza
presentando sezioni di 45 °"° di diametro ed ebbe forma eminentemente globosa, dimo-
strando in tal modo non appartenere alla stessa specie dell'esemplare precedentemente
trovato. La sua superficie esterna poi pare sia stata ornata di piccole strie parallele.
MOLLUSCHI ACEFALI
Ordine delle Myacee.
Genere Pholadomya.
Nella collezione geologica delle Alpi fatta dal Prof. Sismonda ho trovato fra i pochi
fossili stati raccolti nel 1845 nel banco calcareo in questione, tre conchiglie che dal Pro-
fessore Bellardi vennero allor determinate come Pholadomye: di esse fu già fatta men-
zione in precedenti lavori si del Sismonda (1) come del Gastaldi (2). Questi tre fossili son
ridotti in un miserrimo stato e certamente non si può per la determinazion loro andar a
più sottile distinzione che quella del genere.
H materiale proprio della conchiglia manca completamente ed i fossili ridotti a mo-
delli conservano alla lor superficie traccia dell'ornamentazione esterna del guscio ; essa
consisteva, a quanto si rileva da due degli esemplari , in strie radiali ed in strie concen-
triche e probabilmente era diversa nei due esemplari che la mostrano, essendo nell'uno le
coste radiali più rade, e sottili e frequenti le strie concentriche, avvicinandosi per conse-
guenza alla Ph. nodosa Goldfuss (vedi Petref. Gerì»., Parte 2% pag. 2G8, Tav. 156.
fig. 5) della formazione giurassica del Wurtemberg, che ricorda anche nell'abito generale;
mentre nell'altro esemplare le coste radiali sou forti e spesse, lasciando fra l'una e l'altra
un intervallo largo tanto come la costa ; e le strie concentriche, .sono solamente sensibili per
le interruzioni che cagionano alle coste radiali ridotte cos'i a file continue di nodi : questa
forma ricorda molto e in questo carattere e nella sua forma troncata anteriormente la
Ph. Murchissoni Sow., varietas Truncato cordata Goldf. (Prfref Gemi., Voi. 2, pag. 205,
Tav. 155, fig. 2 n-b della formazione oolitica inferiore della Germania occidentale e
meridionale). Il terzo esemplare poi non conservò traccia di ornamentazione, e nessuno dei
tre era tanto completo da poterne trarre misure sufficientemente approssimative.
(1) Classificazione dei terreni stratificati delle Al/ii Ira il Monte Bianco e la Contea di Niua. Metn.
della R. Acc. della Scienie di Torino, Seria U, Voi. 12, I8n2, pag 21 [dell'estratlo; — Lettre à Elie de
Beaumnnt in Bull, de la Soc.Oéol de France, Voi."), Serio 2, 1848, pag. 412.
(2) In: Alcuni fossili paleozoici dell- Aljii Mantnmi: e dell'Appennino ligure, stxtdia'i da G. Miche-
lotti, Mem. dell' Acc. de' Lincei, Classe di Scienze Fie. Mat e ^at., Serie 3, Voi. I, 1877, pag. 18 (del-
restratto).
PER ALESSANDRO PORTIS 39
Un quarto modello riferibile al genere Pholadomya fu ancora trovato nel 1880.
Minima ne è però l'importanza.
Genere Panopaea.
Nelle ricerche da me fatte sul luogo mi venne poi fatto di trovare un quinto fram-
mento di conchiglia diverso dalle due precedenti specie ed appartenente per quanto pare
al genere Panopaea. L'esemplare trovato, che ho posteriormente estratto dalla roccia
per tutta la porzione ancor conservata, appartenne alla valva sinistra d'un individuo di
ggmm ^ lunghezza, per 23 di altezza e forse 18 di spessore a valve riunite. La con-
chiglia era evidentemente beante dalla parte sua posteriore, forse anche alcun poco
all'anteriore, a bordo inferiore regolarmente dittico, a guscio sottile ed ornato di strie,
senza alcuna traccia di angoli e coste radiali di accrescimento abbastanza sentite. Il
cardine suo andò perduto. Ancora qui stimo prudente il fermarmi alla sola constatazione
del genere.
Ordine deììp Vencracec.
Genere laocardìa.
Se io non ebbi la fortuna di trovare fossili appartenenti a questo genere . esso fu
però constatato dal Prof, Bellardi nel materiale raccolto dal Sismonda e di cui già parlai.
Abbiamo in tutto una sola valva sinistra di cui non si può scorgere che in parte la
superficie esterna.
L'Isocardia in questione era cortissima , più larga che lunga ed una forte carena
arrotondata discondente verticalmente dall'apice alla base separava nettamente il campo
boccale dallo anale dando all'animale intero un gi-audissimo spessore. La superficie estema
della conchiglia è ricoperta da fine strie radiali collocate fittamente l'una presso l'altra in
modo da lasciar fra loro uno spazio minore della larghezza di ciascuna di esse. L'uncino è
molto ben svilupjìato, spirale e rivolto all'indietro.
Non mi arrischio di avvicinar questo fossile ad alcuna delle specie conosciute.
Ordine delle Ostreacee.
Genere Lima.
N. 1. Lima sp.
Il materiale raccolto dal Sismonda contiene ancora un frammento di modello intemo
di conchiglia presentante la metà inferiore col bordo basale di una valva sinistra di Lima :
almeno tale la si può arguire dal poco che avanza, e tale la determinò il Bellardi allorché
essa venne trovata. Anche qui, mancando tutto quello che possa condurre ad un riavvici-
namento specifico qualsiasi, mi contento della constatazione del genere.
N. 2 Litnn cf. Picteti Et. (1).
Al genere Lima dobbiamo, oltre al precedente, riferire ancora un secondo esemplare
raccolto nel 1880 ed anch'esso in istato molto scoraggiante. Esso dimostra però di aver
(1) Thurm ed Etallon, Leth. Brunir., pag.238, Tav. 32, fig.7.
40 SUI TERREN'I STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
appartenuto ad una spncie molto più piccola che la precedente, ed aver avuta la conchi-
glia ornata di costoline presso a poco raggianti , subeguali , rotonde e separate da inter-
valli minori della grandezza loro ; sulle costoline si scopre ancora qualche traccia di strie
concentriche, è impossibile però scoprirne delle radiali. Anche per questa Lima è sparito
il cardine od il bordo inferiore, quindi impossibile una determinazione più che approssi-
mativa.
Ritengo però questa specie per quanto vi ha ancora di osservabile siccome molto
vicina alla L. Picteti Et. propria nella Svizzera occidentale del terreno coralliano supe-
riore.
Genere Pecten.
Ho trovato ad Argenterà due piccoli campioni riferibili a questo genere, due altri
furono raccolti dal Sismonda: in questi quattro campioni parvemi ravvisare i rappresen-
tanti delle tre seguenti specie.
Pecten articulatus Schlot. secondo Goldfuss (1).
Ho raccolto assieme, come appartenenti a questa specie, due valve di Pettine raccolte
l'una dal Sismonda, l'altra da me. Esse presentano ad un dipresso le stesse dimensioni,
e per la forma loro e la natura delle coste loro presentano grandissima analogia col Pecten
articulatus dato dal Goldfuss (loc. cit.), e più ancora con quello dato da Pillet e Fro-
mentel come proveniente dal calcare della Montagnole presso Lomenc. Le due valve in
questione sono entrambe valve destre e misui-ano l?"""" di lunghezza per 19°"° di lar-
ghezza. Lo spessore loro tocca pochi millimetri, come si vede sono ancora dei piccoli in-
dividui della specie. Dei tubercoli scagliosi che dovevano in vita ornare le coste, non si
scorgono or più che lievissimi avanzi. Solo in uno degli esemplari ho potuto veder traccia
dell'orecchietta anteriore, nell'altro sono invisibili entrambe. Tai quali sono però, questi
avanzi, si scostano grandemente dal Pecten articulatus figurato dal Thurmann nella
Lethaea Bruntrutana (loc. cit.) principalmente per la maggior finezza e numero delle coste,
come pure per la minore proporzionale lunghezza . mentre invece paiono molto accostarsi
al P. erctensis Gemm. e di Blas. (loc. cit.), cosa che del resto è ben naturale avendo già
i suUodati Autori segnalata la grande analogia che passa tra la specie ultima nominata
e il P. articulatus.
Una terza valva di Pettine raccolta successivamente venne pur da me riferita alla
specie che ne occupa, quantunque per la sua maggiore lunghezza in proporzione dell'al-
tezza, e per la disposizione delle coste radiali sue, ricordi alcun poco anche il P. subtex-
torius Munster (2).
H Pecten articulatus e il P. subtextorius si riscontrano nelle assise superiori del
(1) Vedi GbLDFUSs, Pelref. Germ., 1834-40, •2'« Tli., pag. 47, Tab.90, fig. IO. — Quensteot, Der Jura
pag.7r)4, Tav 1)2, fig. II.— Tuurm. od Et., Leth. Btunti-ut., pag. 25", Tav. '.W, tìg. 2 — Pillet et Fro-
MBNTEL, Descriplion de la colline de Lemenc sur Chainbénj. Chimhàry I87.S, Meni, de l'Acnd. de Savoie,
pag. 75; Tsv. 8, fig. 40, pag. 131, Tav. 14, fig. 21.— Vedi anello Gemmellaro e Di Blasi, Pettini del
Tilonio inferiore del Nord della Sicilia in Alti dell' Acc. Gioenia di Se. Naturali in Catania, Voi. 'J, Serie 3,
pag. 8, Tav. 1 , per il l'ecten erctensis.
(2) Vedi GoLDF.; loc. cit., p. 48, Tav. 00, fig. 11.
^ PER ALESSANDRO PORTIS 41
giura bianco nella Germania meridionale e, lasciando dubbio l'esemplare figurato dal
Thurmann, si riscontra di nuovo certamente nel terreno Titonico di Lemenc: mentre la
vicinissima forma P. erctensis si riscontra nel Titonico inferiore del nord della Sicilia.
N. 2 Pectrn subpunctatus Miinst. (1).
Il secondo Pettine stato raccolto dal Sismonda era dame stato dapprima riportato alla
specie precedente : ulteriori osservazioni mi indussero a staccamelo e ad avvicinarlo alla pre-
sente specie di cui presenta i caratteri per quanto almeno mi è dato di vedere : è di nuovo
una piccola valva isolata cui mancano le orecchiette, la cui superficie esterna manca in
più punti e che misura 10"™ di lunghezza per 10°°" di larghezza. E ima forma come la
precedente, pochissimo rigonfia, ma ne differisce per esser proporzionalmente più lunga e
per aver le sottili costoline che Tadoniano più staccate, in modo da lasciar fra l'una e
l'altra uno spazio maggiore che la costolina, e più Liscie : non potei vedere come si dispo-
nessero negli spazi intercostali le ornamentazioni concentriche. Il Pillet nella descrizione
citata della colUna tli Lemenc stabilisce, a pag, 132, Tav. 14, fig. 20, una nuova specie
cui dà appunto il nome di Subpunctatus. Questa forma ha, per quanto mi è dato ricavare
dalle descrizioni e figure, molto maggiori affinità col P. articulatus e col P. erctensis di cui
si parlò precedentemente, che non colla specie Miinsteriana quale vien data dal Goldfuss.
Certamente però esso non ha molta analogia coli' individuo di Argenterà riferito al P. sub-
punctatus. e ciò appunto per quei caratteri che ho dianzi citati come distinguenti le due
specie, specialmente i rapporti, diversi nelle due specie, fra la lunghezza e la larghezza.
Nella campagna del 1880 potei trovare anch'io tre o quattro imperfettissime valve
attribuibili a questa specie, dalle quali ])erò non ho ottenuto alcun ulteriore dettaglio.
Il Pecteu subpunctatus Miinst. si riscontra come il precedente nel sud della Ger-
mania ed in Savoia alla sommità del giura bianco (Malm). Fra i molti Pettini raccolti dal
Gemmellaro in Sicilia non ne vidi alcuno che lo rappresenti, lo stesso dicasi per quelli
finora studiati della Sardegna.
N. 3 Pecten nionsheliardensis Ctjn (2).
Ho attribuito a questa specie un frammento di impronta di valva da me stato tro-
vato ad Argenterà. Per la natura ed ornamentazione delle coste, di cui non sono visibili
che 7 od 8 (è questo l'unico carattere conservato), parvemi dover accostare il Pettine cui
hanno appartenuto alla specie or nominata, quantuncjue io non ritenga questa determi-
nazione che jìer una semplice probabilità che potrebbe venir distrutta dalla scoperta del-
l'intiera valva.
Anche il Pecten monsbeliardensis si trova in Isvizzera ed in Savoia abbastanza
comune nel piano Kimmeridgiano.
Un successivo esame di questo fossile in confronto col Pecten Kochati Lor. (3),
(1) Vedi GoLDK., loc.cit., pag. 48, Tav. 90, fig. 13. — Pillet et Frome.ntel, loc. cit., pag 29, Tav.4,
fig. 8.
(2) Vedi Thurmann ed Etallon, Op. cit., pag. 2rii, Tav-S.^, fig. 5.
(3) LoRlOL, Descrip. des foss. de l'ool. corali, de VEt. Valangien et Urgonien dti mont Salì've in
Favre : Recherches géologiques dans les parlies de la Savoie, Piémont et Suisse voisines du moni Diane,
•Genève, 1867, Voi. 1, pag. 336, Atlas PI. B, fig. 1-2.
Serie II - Tom. XXXIV. d»*
42 SUI TEERENl STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
suscitò nella mia mente il dubbio non avessi coU'individuo di Argenterà piuttosto dinanzi
questa specie di Pettine (dello stesso orizzonte geologico della precedente). Le ragioni che
mi impedirono dai)prima di riferire l'esemplare in questione al P. nionsbeliardensis, mi
impediscono pure di risolvere questo mio posteriore dubbio in certezza.
^V. 4 Prcten giganteus Mttnst. (1).
Prima di abbandonare il genere Pecten è di mestieri che ricordiamo una f[uarta
specie affatto diversa dalle precedenti e che si è resa nota con un frammento di valva tro-
vato nel 1880. Da questo frammento si può scorgere come la conchiglia fosse subcirco-
lare. abbastanza sottile e munita di costole radiali in piccolo numero, regolari, aiTotondate
e separate da intervalli pure arrotondati e quasi delle stesse dimensioni. Manca il cardine
e mancano le orecchiette! per ciò che riguarda l'ornamentazione esterna ho verificata la
presenza di poche strie di accrescimento, e negli intervalli fra l'una e l'altra costa, di fine
strie radiali molto marcate.
La specie cui appartenne questo frammento pare sia appunto il P. giganteus Jliinster
o molto prossima a quella, ricorda pure fra le altre il P. subfibrosus D'Orb. (2).
Il P. giganteus Muust. si è finora trovato nella Germania meridionale in terreni
appartenenti al Giura superiore e corrispondenti al Coralliano.
Genere Spondylus.
Spotìdyltis rf. rrlafiis Goldf. (3).
Oltre al genere Pecten, abbiamo pure, della stessa famiglia dei Pettinidi, un altro
rappresentante nel calcare di Argenterà: esso consiste di un solo frammento di una gi'ossa
conchiglia, della ijiiale non presenta che la parte inferiore di una valva con abbastanza
ben conservato il bordo inferiore della medesima. La forma di quest'ultimo e, per quanto
arguir si possa, generale della conchiglia, il di lei spessore e l'ornamentazione consistente
in costole radiali subeguali e press'a poco uguali anche agli spazi interposti, mi fan col-
locare la conchiglia in questione (in mancanza di meglio) presso allo Spondylus velatus
Goldf., con cui, per quanto è visibile, concorda nella figura e nella desci'izione.
Lo S. velatus Goldf. è già stato trovato in molti dei giacimenti fossiliferi giurassico-
saperiori della Germania meridionale.
Genere Ostrea.
Ostreri sp. iial.
In un frammento di roccia è visibile parte dell'interno di una valva di ostrea alte-
rata dalla spatizzazione e poi dagli agenti atmosferici non ci serve che alla constatazione
del genere d'altronde comunissimo nei bassi fondi giurassici.
|I) Vedi UoLDF., Petref Germ., Voi. 2, pag. 18, Tav. 90, fig. 14.
(2) Vedi GoLDP., loc. cit.pag.46, T.90, fig. 6 (fibrosus). — Tburm ed Et., Lelh. bntnt., pag. 254,
Tav.36, f.l.
(3) Vedi Goldf., loc. cit,, pag. 94, T. lOS, fig. 4.
PER ALESSANDRO POETIS 43
Genere Exogyra.
Exogyra cf. spirai is Goldf (1).
Alcuni massi del calcare di Argenterà sono quasi completamente costituiti da una
lumachella di piccole conchiglie cementate intimamente fra loro, intrecciate e frantumate.
EgU è si può dire impossibile il poter estraiTe un individuo intero da quel piccolo banco
consolidato di ostriche, pur tuttavia mi è riuscito di poter avere un 10 o 12 modelli in-
terni e qualche traccia di valve : quantunque variabilissime nella forma loro in modo da
non trovar due individui perfettamente simili, pur tuttavia non parmi dover ammettere
la presenza di più di una specie, e questa apparterrebbe al genere Exogyra, e sarebbe più
che ad altre simile all'È, spiralis, per quel tanto almeno che se ne scorge. L'Exogyra di
Argenterà si avvicina pure all' E. reniformis Goldf. quasi tanto come alla prima, ma con
esemplari così imperfetti come quelli che ho potuti ottenere non si può sciogliere il dubbio
a quale delle due specie sicuramente appartenga, per conseguenza le ho dato il nome della
specie che più le si accosta nell'abito generale.
Tanto l'Exogyi'a spiralis quanto la reniformis sono per tutte le regioni che circon-
dano il versante nordico delle Alpi caratteristiche delle più alte assise del giura superiore
e si incontrano in esse frequentemente ed in numero stragrande di individui insieme
associati.
Genere Patella.
Non se n'è finora riscontrata che una sola di piccolissime dimensioni di forma conica
■ben pronunziata, ma con apice distrutto e non affatto determinabile specificamente.'
Per finirla coi lamellibranchi, dirò d'avere ancora dinanzi una diecina di frammenti
appartenenti a questa classe di molluschi pei quali però sarebbe arrischiato un qualsiasi
generico accostamento.
BKACHIOPODI
Terehratuìidi.
Genere Terebratula.
Le Terebratule non sono infrequenti nel calcare di Argenterà. Alcune verniero già
raccolte dal Prof. Sismonda nel 1845, e di queste appunto fu fatto cenno nel suo lavoro
citato sulla classificazione dei terreni stratificati delle Alpi tra il monte Bianco e la Contea
di Nizza, e venne data la figura nel JhiU. de in Soc. Géol. de Francr, ser. 2, Voi. 5,
1848, pag. 412. Venivano allora nominate, oltre le T. (Rhynchonella) , tetrahcdra,
V. Buch. e Concinna Sow. , le specie seguenti : T. perovalis Sow. , T. globata Sow. , T. biplicata
Sow., T. biplicata var. inflata v. Buch.. Altre due specie erano, sebbene non citate, state
rinvenute, portavano in collezione l'indicazione di T. orbicularis Sow. e T. sp. della fami-
(1) Vedi GoLDK , Op. cit., Parte 2, pag. 33, Tav. 6, fig. 4. — Que.nstedt, v/ttra, pag. 752, Tav. 91,
fig 31-32 - Th. et Er., Op. cit.. pag. 24 (Ostrea , Tav. 39, fig. 73. — Quenstedt, Handb. d. Petref.
Ed. 1867, pag. 600, Tav. 51, fig 35.— Pillet et From., Op.cit., pag. 132, Tav. 14, flg. 22-23. — Vedi
ancora por la E. reniformis Goldf: Goldk , Op.cit., pag. 34, Tav 86, fig. 6-7.
44 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
glia delle Jugatae, v. Buch. A (questo materiale aggiunsi quello da me stato raccolto nella
località e sottoposi il tutto ad una nuova determinazione, aiutata da alcuni fra i lavori
pubblicati su corrispondenti terreni delle regioni che ci attorniano. Il risultato fu di avere
dinanzi 1 7 specie di Brachiopodi, fra cui 1 4 appartenenti al genere Terebratula e sotto-
generi Waldheiraia e Terebratulina 0 al genere Rhynchonella ed uno al genere Crania.
X. 1 Terebratula Sìqìrajureiisis Th. (1).
Questa specie tengo rappresentata da quattro incompleti esomiilari, di cui due già
raccolti dal Sismonda (coli "indicazione appartenenti alla famiglia delle Jugate, v. Buch) (2).
e due raccolte ultimamente da me. Questi esemplali, quantunque un po' più piccoli in
generale, conispondono abbastanza alla descrizione ed alla figura che ne danno i due
citati Autori.
La T. suprajui'ensis è caratteristica, come lo indica il proprio nome, dei tenoni giu-
rassici superiori, a partire dal coralliano superiore : difl'ondendosi ed acquistando in numero
di varietà e di individui nel Kimmeridge, (3) per diminuire in seguito di voliune e di
quantità nel Portland.
N. 2 Terebratula bieskidettsis Zeuschn. (4).
Anche questa specie è rappresentata da esemplari trovati prima dal Prof. Sismonda
e da altri da me rinvenuti. Questa specie che in Isvizzera è abbastanza variabile si presenta
da noi un po' più costante sia nel volume, che nella forma, almeno tanto posso dire dei
C individui che, oltre ad alcuni frammenti, ho dinanzi e che presentano ad un dipresso
gli stessi caratteri che li fanno avvicinare piuttosto alla varietà meno rigonfia figurata dai
citati Autori nelle figure 2 a, b, e, che alle seguenti <1, r, f.
Questa specie, più rara della precedente ed avente una minor estensione verticale, si
incontra in Isvizzera alla sommità del teiTcno coralliano presso al limite suo col Kim-
meridge.
'o^
N. 3 Terebratula nrbrodensìs Gemm. (5).
Questa specie stabilita dal Gemmellaro nel terreno titonico del nord della .Sicilia
venne pur da me trovata nel conùspondcnte teiTeno di Argenterà. Non ne ho che due ben
guasti esemplari, i quali, pei pochi caratteri ancor conservati, paiono dover essere riferiti
a questa specie.
(I) Vedi Thurm, e.l Et , Op.cit., pag. 283, T;iv.4l, fìg. I .
'2) Vodi Essai iV une classification et d'une d escri ption des tercbratules , par Leopold de Buch.
Traduit <le l'.Mlemand par H. Le Cocq ; Mem. de la Soc. gèol. de France, \" Séiio, T. 3"", 1838, 1" Parile,
pag. 201 et suiv.
(3) Por la donominazione dei terreni e dei piani seguo per la più gran parte il gran quadro pub-
blicato dal Renevier nel 1874 nel Bull, de la Soc. Vaud. d. Se. Nat., N°' 70, 71 et 72, Lausanne.
(4) Vedi Tii. ed Et., Op. cit., p 284, T. 41 , fìg. 2. — .\. Favre, Op. cit., p. 340, Tav. B, fig. 7. — E Favbe,
Description des fossiles des couches Tithoniques d<'s Alpes Fribourgeoises. Mém. de la Soc. Paléont. Suisse,
Vol.O. 1879, pag.53, Tav. 4, fig O-IO (della memoria).
{.')) Vedi Studi PaUont. sulla fauna del cale, a T.janitor del N. di Sicilia, Parte 3«, 1871, pag. 7,
Tav. 2, fig.3-4.
PER ALESSANDRO PORTIS 45
N. 4 Tercbratula hisuffarcinata Schloth. (1).
La Terebratula bisuffarciuata caratteristica dei terreni immediatamente inferiori al
Kimmeridge, e del Kimmeridge stesso venne pure ritrovata nel banco fossilifero di Ar-
genterà. In tutto ne ho dinanzi un individuo incompleto ed un frammento di un secondo,
entrambi vennero raccolti dal Prof. Sismonda, ed il migliore venne da lui figm-ato nel
1848 (loc. cit.) sotto la designazione di T. biplicata Sow. var. Inflata. v. Buch. Essendosi
più tardi la specie di Sowerby riconosciuta come composta di specie diverse, a me tocca
ricordare come la specie di Argenterà si avvicini piuttosto alla T. bisuffarciuata Zeusch.
Dalla T. bisuffarciuata lo Zittel ed il Gemmellaro separarono la T. pseudobisuffarcinata,
la quale però, parmi abbia colla specie di Argenterà minore relazione clie la vera bisuf-
farcinata.
Questa specie godrebbe, tenendosi talora nel giura medio, ma il più sovente nelle
assise superiori della formazione oolitica e particolarmente in piani corrispondenti al Kim-
meridgiano, di una grandissima estensione geogi'afica. trovandosi in Ingliilterra, nel mezzodì
della Germania, in Francia e Savoia, ed or nelle Alpi marittime, essendo rappresentata
ad Oriente ed a Mezzogiorno dalla pseudobisuffarcinata Gemm.
N. 5 Ttrcltraiula cnrpathira Zitt. (2).
Gli esemplari rappresentanti ad Argenterà questa specie furono raccolti in numero
di 2 dal Prof. Sismonda, e portavano in un con un esemplare della T. suprajurensis la
designazione di: T. della famiglia delle Jugatae. Toltone 1" esemplare appartenente al-
l'altra specie parvemi di dover accostare i due rimanenti alla Terebratula carpathica
dello Zittel quantunque non avessi ancor a mano il lavoro originale dello stesso Autore,
ma mi dovessi servire del disegno degli individui di Lemenc riferito a questa specie e coi
quali perfettamente concordano.
La T. carpathica rappresenta tanto a Strainberg quanto a Lemenc il terreno titonico.
.V. 6 Terebratula nucleata Schloth.? (3).
Di due esemplari della collezione Sismonda. che dapprima mezzo rinchiusi nella
roccia avevo attribuito alla T. Moravica (Glocker sp.), dopo averli completamente estratti,
l'uno v(Miiie riferito alla T. bisuffarciuata, l'altro alla T. nucloata Schloth. alla quale
ultima riferii poi ancora 2 imperfetti individui raccolti nella campagna 1880. Essa almeno
concorda colla descrizione e colle figure date dal Pillet per le Terebratule di Lemenc
(I) VeJi Bull. Soc.geol.de Fr.,1 Sei-, Voi. 5, 1818, la Tav. a pag. 4|-2, fig. 1 1 a h ;T. biplicata Sow.
[var. inflata v. Buch]) — Quenst., Jura, pag. 648, Tav. 79, fig 17-19. — Pillet et From., Op. cit., pag. 31,
Tav. 4, fig. 10-11 e pag. GO. — Vedi anche per la T. pseudo-biauffarcinata Gemm. Op. cit., p. 9, Tav. 2,
fig. 7.— Inoltre Sow., Min. Condì., Voi. 5, pag.53, Tav. 437, fig. 23. Voi 1, pag. 201, Tav. 90. - L. v.
Buch., Op. cit., pag. 2'..'0.
(2| Vedi Zittel, Aelt. Tithonbild. ÌSl^, pag. 255, Tav. 38, fig. 6-8. — Pillet et From., Op.cit., p.79,
Tav. 9, fig 24-26 — E. Favre, Faune tithonique des Alpes Fribourgeoises, pag. 52.
(3) Vedi Pillet et From., Op.cit., pag. 56, Tav. 6, fig. 16-19.— Vedi pure perla T. moravica Tu.
ed Et., Op.cit., pag 286, Tav. 41, fig. 8 — Favre A., Op. cit., pag. 339, Tav. B, fig. 6. — Gemmelu,
Op.cit., pag. 9-10, Tav.2, fig.8-13.— Pillet et From., Op.cit, pag. 78, Tav. 9, fig. 9- 14, Tav. 1 1, fig. 6.
46 Sri TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
riferite a questa specie, invece non ha alcuna relazione con quelle riferite dal Quenstedt
alla stessa specie e da lui descritte, pag. 038 e figurate Tav. 70, fig. 12-11).
L'esemplare in questione ha, come quelli di Lemenc, una forma subpentagonale più
lunga che larga a superficie liscia, gran valva molto rigonfiata, e piccola valva molto più
appiattita, bordo diritto in tutto il suo percorso e ad uncino non molto ricurvato (il del-
tidio pochissimo sviluppato). Questa specie è. come ricordai, i)ropria al terreno titonico di
Lemenc e può benissimo essersi diffusa fin nelle Alpi marittime ad Argenterà.
iV'. 7 TerehraUila hiUiemrnsis Gemm. (1).
Ho cosi nominati tre individui di Terebratula provenienti dall 'Argenterà ed ivi rac-
colti dal Sismonda, nella cui raccolta si trovavano sotto le denominazioni di Terebratula
biplicata Sow. var. lata, e di Terebratula globata, come pure tre individui da me colà
raccolti. Tutti hanno una forma assai rigonfia, tanto la piccola che la gran valva piuttosto
convesse. Il seno frontale della gran valva è abbastanza sviluppato e stretto, la commes-
sura flessuosa, facendo ai fianchi una curva, la cui convessità è rivolta vei"so la piccola
valva ed alla fronte due laterali concave vei"S0 la stessa piccola valva, ed una mediana
concava verso la grande. L'apice poco sviluppato è curvato sulla piccola valva e attra-
versato da una piccola apertiu'a. Il delticlio pare affatto nascosto. Le valve paiono poi
ancora marcate da oscure ripiegature, da poche e sottili lineo di accrescimento e da mi-
nutissime strie radiali. Nel loro abito generale gli individui di Argenterà presentano ol-
treché alla specie nominata una certa analogia colla T. formosa Suess del monte Salève
(vedi Favre, Eech. gc'ol. d. 1. Savoie, Pieni., Siiisse vois. du moni JBìanc, Voi. 1,
pag. 341, Tav. B, fig. 8), dalla quale differiscono per minor sviluppo delle pieghe longi-
tudinali e per minor lunghezza.
La Terebratula Billiemensis, che in numerosi esemplari si riscontra nel titonico infe-
riore di Sicilia, può aver avuto con tutta probabilità anche rappresentanti nelle Alpi
marittime e della Savoia.
X. 8 Terebratula himernensia Cìemm. (2).
Attribuisco a questa specie propria del titonico inferiore di Sicilia un individuo di
Argenterà da me riscontrato nella collezione Sismonda fra gli individui appartenenti alla
Terebratula biplicata (var. inflata). L'individuo è come gli altri non molto ben conser-
vato, anzi in più modi ripiegato e guasto, per modo che gli è sol dubbiamente che io lo
riferisco alla specie in questione.
N. fi Terehratnla Parandieri Et. (3).
Iliferi.sco pur colla massima riserva alla T. Parandieri 3 individui da me trovati ad
Argenterà, e la cui determinazione non fu fatta che dietro l'abito generale esterno, essendo
gli esemplari mancanti delle parti necessarie ad una buona e scientifica determinazione.
(l; Vedi (ìe.mmei.i... Op. oit., pag. 16, fit'. lO-Cl
(2) Velli (Iemm., Op.cit., pag. 17, Tav. 4, fig. 1.
(3) TH.ed Kt., Op.cit., pag. 288, Tav. 42, fig. 1.
PER ALESSANDRO POKTIS 47
La T. Parandieri si incontra in piccolo numero di individui nel piano coralliano
della Svizzera, per conseguenza di poco inferiormente alle specie precedenti.
N. 10 Tfrehratula globata Sow. (1).
Uno degli individui raccolti ad Argenterà dal Sismonda e riferiti alla T. globata
Sow. (non però quello raffigurato sotto tal nome in Bnlì. d. ì. Soc. Géoì., 1848, Tav. A,
pag. 411, fig. 9, che venne da me riferito alla Terebratula rupicola Zitt.), pare vera-
mente appartenere a questa specie, quantunque le due pieghe della piccola valva paiano
risalire più in su che negli individui figurati dal Sowerby, avendo la loro origine presso
all'apice della valva. Del resto è una piccola forma fortemente rigonfia, a bordo for-
temente sinuoso massime dal lato frontale e con apice forte e fortemente carenato.
Essendo l'esemplare ridotto, come per quasi tutte le altre specie, a modello interno,
non ho molti indizi sopra la striatura della conchiglia, panni però che le strie concentriche
di accrescimento dovessero essere ben poco sentite.
La Terebratula globata Sow. gode in Inghilterra di una grandissima estensione stra-
tigrafica abbracciando tutto il giura superiore al lias fino al coralliano.
N. 11 Tprebratula Euthymi Pictet (2).
Una bella piccola forma mi venne pur fatto di riscontrare ad Argenterà, ed è la
Terebratula Euthimi Pictet. Sventuratamente non ne possiedo ancora che un solo difet-
toso individuo, pur tuttavia sono in esso ben distinte : nella gran valva le due gi'osse pieghe
dorsali collo stretto solco mediano, e nella piccola sono meno visibili le tre pieghe carat-
teristiche della specie. La commessura delle due valve è lateralmente sinuosa pella metà
superiore colla convessità rivolta alla piccola valva: meno nella metà inferiore; nel bordo
frontale essa non par che leggerissimamente sinuosa verso la metà. La gran valva è mar-
cata da forti linee concentriche di accrescimento che rendono nodosi gli apici delle pieghe.
L'apice è fortissimo e molto i-ipiegato sulla gran valva.
Se i ravvicinamenti indicati dal Pillet son esatti, cosa di cui non dubito, questa specie
oltre all'esser stata trovata nei terreni Titonici e Kimmeridgiani, osservata nelle regioni
appai-tenenti al versante nordico delle Alpi, e a gran parte del Giura, verrebbe coU'indi-
viduo di Argenterà d' or innanzi indicata anche in terreni di egual età collocati al di qua
delle Alpi.
N: 12 Terebratula cf. Boiiri Zeuschn (3).
La Terebratula Bouei Zeuschn, la quale è già stata raccolta in alcuni classici giaci-
menti Titonici, pare debba pxire esser rappresentata nel calcare di Argenterà, giacché due
frammenti stati trovati nella campagna 1880 nello spaccare alcuni massi dello stesso cal-
care, paiono più che ad ogni altra, dover essere accostati a questa specie.
(1) Vedi Sow., Op. cit , Voi. 5, pag. 51, Tav. 436, fig. 1.
(2) Velli PiLLET et From., Op.cit., pag. 78, Tav. 9, fig. 18-20. - E. Favre, Description des fossiles
des couches Tithoniqufs des Alpes Fribourgeoises. Mim.de la Soc. paléont. Suisse, Voi. 6, IS'Q, pag. 50,
Tav. 5, fig. 3 (ilella memoria).
(3) Vedi ZiTTEi., Fauna d. Aeìt. cephal. fuehr "fit. Bild., pag. 131, Tav. 13, fig. 15-24.— E. Favre,
Faune lithon. des Alpes Fribourg. 1819, pag. 51.
48 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
N. 1-^ Tcrphrnfvìa ivitis Suess (1)
Oltre la precedente e la seguente, le ricerche fatte nel 1880, hanno pur condotto a
ritrovar la presente specie la cui determinazione però può esser incertissima per esser basata
su due molto meschini esemplari che non offiiiono altro che la forma generale esterna,
questa ancora in alcune parti visibilmente alterata.
Se la presenza della Terebratula mitis fosse per Argenterà accertata, vi avremmo una
nuova specie titonica caratteristica sendosi tanto a Stramberg quanto a Favarotta in Si-
cilia trovate in depositi Titonici ben accertati.
N. 14 Terebratula BìUinehi Suess (2).
La T. Biliraeki Suess. essa pure caratteristica dei giacimenti Titonici dei Carpati,
delle Alpi e di Sicilia, non è finora rappresentata nel giacimento che ci occupa, che con
4 individui tutti ancora giovanissimi, il più grande dei quali non arriva ancora ad un
centimetro di larghezza. Essi però paion portare i caratteri della specie ed accostarsi , più
che ad altri, agli individui di simili dimensioni descritti e figurati da E. Favre e prove-
nienti da Riondanaiie.
N. 15 Terebratula sjì. (3).
Il Sismonda, nella già citata lettera ad K. de Beaumont, inserta per sunto nel Bol-
lettino della Società Geologica di Francia . presenta nella fig. 8 una nuova Terebratula
referendola alla T. perovalis Sow. Ho esaminato diligentemente i due esemplari che nella
collezione portano questo nome (fra cui l'originale della figura), li ho paragonati alle figure
originali del Sowerby, ma non posso assolutamente adattarmi a considerarli come apparte-
nenti a questa specie. Dirò di più, finora in nessuno dei giacimenti giurassici superiori che
ci attorniano ho scorto ima forma analoga a (i|uella che ho dinanzi, per modo che, con
tutto il rispetto dovuto a chi prima di me si occupò di questi fossili, dovetti rassegnarmi a
considerarlo come una nuova specie.
La citata figura del Sismonda è esattissima e ci presenta una Terebratula (non cono-
scendone rinterno non oso affermare sia una Waldheimia, come il suo abito estemo me la
fa suppon-e) allungatissima (mm. 29) in proporzione della sua larghezza (mm. 11) e del
suo spessore (mm. (i) a piccola valva più rigonfia della grande e ad essa unita con una
commessura pressoché diritta in tutto il circuito della conchiglia. Questa Terebratula è
come appuntita alla sua estremità frontale ed è visibilmente asimmetrica in ambidue gli
esemplari che ho dinanzi, la superficie delle valve, oltre a traccie di lievi pieghe longitudi-
nali sensibili al tatto, mostra pure alcune linee concentriche di accrescimento e finissime
strie longitudinali.
(1) Vedi (Jemmkli.aro, Sludi paleotit.s. fauna a T. janilor d. S. d. Sicilia, Parto 3*, 1871, pag 13,
Tav. 3, fig. 4
^2) Vedi ZiTTEL, Fauna Aell. Tit. 7?t'W., pag. 138, Tav. 14, fig 9.— Gemmellabo, Faujia a lerebr.
janilor J. N. d. Sicilia, pag. 13, Tav. 3, fig. Ti-O. — .li. Favre, Couches Tithon. d. Alpes Frib., pag. 53,
Tav. 5, fig. 4-5.
(3) Vedi Bult.\8lS, Tav., p.411, fig.8.- Sow., Op. cit., VoL 5, p.5l, Tav. 431, flg.2-3.
PER ALESSANDRO POETIS 49
L'apice anch'esso fortemente asimmetrico è forte, molto ricurvato sulla piccola valva
e portante un'apertura relativamente assai grande senza che sia visibile traccia di deltidio.
Come dianzi accennai, non saprei avvicinarla ad alcuna delle specie giurassiche a me
note, se non fosse un poco la seguente.
X. 16 T. (Wnìrìheimia) ilrlrmontlana Opp. (1).
Ho riferiti a questa specie, oltre a parecchi frammenti. 7 esemplari di cui 2 apparte-
nenti alla collezione Sismonda. Tutti e 7, quantunque presentanti fra loro piccole differenze,
si accostano pei caratteri loro esterni alla specie oppeliana. Tutti son leggermente asim-
matrici, non nel grado però della specie precedente dalla quale differiscono pure per minor
proporzionale lunghezza, presenza di carene laterali all'apice e maggior convessità dell'in-
tiera conchiglia.
La Waldheimia delemontiana trovasi nella catena del giura, nei teiTcni immediata-
mente inferiori al Kimmeridge.
N. 17 T. (TcrebratuUna) substriata Schlot. (2)
Non ho che un piccolo incompleto individuo riferibile a questa graziosissima specie
propria del Titonico di Stramberg, Nattheira e Lemenc. È facilmente riconoscibile ai suoi
caratteri esterni unici conservati.
Genere Rhynchonella.
N. 1 Rhynchonella senikonstans Et. (3).
I due esemplari di Kynchonella che nella citata lettera del Sismonda erano stati rife-
riti alla T. (Khynchonella) concinna Sow, paionmi, dopo un nuovo accurato esame delle
parti conservate in confronto colle figure del Sowerby, appartenere piuttosto alla Rh. semi-
constans Et. almeno colla descrizione e figura della medesima concordano essi, a quanto
pare, completamente.
La Rh. semiconstans si incontra nel Giura superiore. Svizzera, nei banchi immedia-
tamente inferiori al piano Kimmeridgiano.
N. 2 Rhynchonella Thurnianni Bronn (4).
La Rh. Thurmanni che si incontra comunemente nei terreni Giurassici superiori (Co-
ralliano inferiore di Thurmann) della Svizzera occidentale e della Francia orientale, pare
sia anche rappresentata da noi, ciò almeno secondo due individui ultimamente raccolti, i
cui riconoscibili dettagli consuonano colla descrizione datane dal Thurmann.
(1) Vedi Th. e.l Et., Op. cit., pag. 'J89, Tav. 42, fig. 2 C ? — Quenstedt, Jura, pag.747, Tav.91,
fig. 13-1 1.
(2) PiLLET et From., Op.cit., pag.58, Tav. 4, fig. 24-25, pag.82, fig. 29-30.
(3) Vedi Sow., Op.cit.. Voi. 1, pag 192, Tav. 85, fig. 6. — TH.ed Et., Op. cit., pag. 290, Tav. 42,
fig. 4. Bull. Soc. geul. Fr., 1848, Tav., pag. 411, fig. 7 (T. concinna).
(1) Vedi ZirTEL, Fauna d. Aelt.tUhonbild., pag.147, Tav. 14, fig. 29-31.
Serie II- Tom. XXXIV. d***
50 SUI TERKESI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
N. 3 Rhynchonclìa Hoheneggrri Suess (1).
Non è finora stata riconosciuta alle Grangie che per due frammenti mal conservati e
molto investiti dalla roccia.
Questa specie, la cui presenza alle Grangie ha ancor bisogno di conferma, trovasi del
resto nei giacimenti Titonici tipici dei Carpazi quali Stramherg e Rogoznik.
N. 4 Rhynchonelld copili afa Zitt. (2).
Questa specie, abbastanza riconoscibile per la sua esterna scoltura, si rese pur mani-
festa con iliversi frammenti comparsi mentre estraevo dalla roccia gli altri fossili. La forma
e struttura di questi frammenti e la loro ornamentazione portano a credere che abbiano
realmente appartenuto alla Eh. capillata Zitt. la quale gode d'altronde di una grande
estensione geografica abbracciando quasi tutta la regione mediterranea dell'Europa occi-
dentale.
N. 5 jRhynchoneUa cf. tatrica Zeuschn. (3).
Un solo frammento molto guasto di Rhvnchonella ricorda questa specie per il poco
visibile di sua forma e più pel modo di sua scoltiu-a; è però molto incerto che vi appartenga.
La Rh. tatrica si riscontrerebbe secondo lo Zittel assai raramente, e per lo più in
valve separate (come per Argenterà), nel giacimento titonico di Rogoznik.
N. 6 Bliinchonclht trlralicdrit Sow. (4)
Questa specie è rappresentata dai tre esemplari raccolti nel 1845 dal Sismonda, il
migliore dei quali fu (ristorato) rappresentato noUa citata tavola. A me non occorse dap-
prima di trovare alcun individuo né di questa specie, ne della R. semiconstans, era per con-
seguenza per me una fortuna il poter completare col materiale del Sismonda il catalogo
delle specie fossili di Argenterà da me raccolto. Successivamente però raccolsi ancora un
paio di esemplari riferibili alla presente specie , nonché tutti i rappresentanti delie altre
specie citate di Rhynclionella.
La Rh. tetrahedra sarebbe in Ingliilterra e Germania caratteristica piuttosto del lias
e della formazione giurassica inferiore, sarebbe per conseguenza in opposizione completa
con tutte le altre specie finora trovate; frattanto io non jìosso negare che questa deter-
minazione di brachiopodi da me fatta è in molti casi dubbiosa assai, causa il cattivo stato •
generale di conservazione, per modo che se trovando altri individui meglio conservati verrà
forse da una parte ridotto il numero delle specie da me citate, può anche darsi che gli
individui che furono riferiti a quest'ultima specie di Rinconella vengano invece riferiti a
qualche; altra specie che meglio che la Rh. tetrahedra si armonizzi col restante della
fauna del banco di Argenterà.
(1) Vedi ZiTTEL, Aell., tilhonbitd., pag 149, Tav. \ i, fijj 38-41. — Gemmellaro, Fauna a Ter.janitor
d. N. d. Stcilta, pag. 28, Tav. 4, fig. 16. — E. Favre, Couches tUhoniques des Alpes fribourg., pag. 61 , Tav. Xì,
flg rM3.
(2) Vedi Zittel, Aelt Tilhonbild , pag. 147, Tav. M, fig 3'2.
(3) Vedi Sow., Op cit., Voi. I, pag. 191, Tav. 83, fig. 4.— Bull. Soc.Geol.d.Fr , 1818, Tav , p.411,
flg. 6.
(4) Vedi Thurm e Etall., Leth. Brunir., pag. 291, Tav. 42, fig. 6.
PER ALESSANDRO PORTIS 51
Genere Crania.
Crania corallina Quenst. (1).
Sopra un frammento di roccia in cui gli agenti atmosferici han messa a nudo una
certa quantità di fossili, ho ravvisata una piccola (3 "'"') valva superiore di Crania. Essa
non presenta che la superficie esterna la quale è ornata da una serie (in tutto 1 8) di coste
raggianti da un punto eccentrico alla conchiglia che venne distrutto, lasciando così pene-
trare il guardo nell'interno della conchiglia. Non vi si scorge però altro che una piccola
lamella calcarea longitudinale che pare a mo' di sette dividesse in due il campo interno
della valva. Farmi dover riferire questo esemplare di Crania alla C. corallina di Quenstedt,
colla quale ha qualche relazione.
In un paio di individui trovati in seguito su di un secondo frammento di roccia potei
assicurarmi (avendo dinanzi l'interno della valva inferiore) della presenza delle Cranie in
Argenterà.
BKIOZOI
Dopo la mia campagna del 1879, così ero costretto a dire, parlando dei Briozoi :
Questi sono finora scarsamente rappresentati nella fauna di Argenterà ; la piccolezza loro
e la natura del calcare eminentemente alterato dalla spatizzazione li fanno molto facil-
mente sfuggire alla osservazione; per conseguenza quantunque io non abbia finora raccolti
che due esemplari rappresentanti due diverse famiglie di Briozoi (Berenicea e Cellepora),
vista la natura della fauna rimanente di Argenterà e del bassofondo in cui essa viveva,
son certo che la classe fu molto più copiosamente, tanto per riguardo al numero dei generi
che a quello degli individui, rappresentata in questo mare.
E le mie previsionisi avverarono. La campagna del 1880 portò la scoperta (princi-
palmente nella locaUtà delle Grangie) di una quantità notevole di Briozoi. Ai due generi
citati dovetti aggiungerne altri 8 o 10, ed ho certezza che altri ancora si aggiungeranno
successivamente.
Ecco intanto questi primi.
N. 1 Genere Diastopora Lamx.
Una unica colonia fogliforme strettamente addossata ad un frammento di roccia
venne attribuita a questo genere, le cellule vi son difficili.ssimaraente visibili e paiono essere
state cilindriche.
N. 2 Genere Berenicea Lamx.
Berenicea densata Et. (2).
Il genere Berenicea è rappresentato in Argenterà sia da colonie, di cui una isolata
costituente una lamina irregolarmente elittica (maggior diametro 10""") ondulata e spessa
a quanto pare circa un millimetro. La colonia si mostra costituita da una miriade di in-
dividui minutissimi disposti irregolarmente in strie radianti a un di presso dal centro della
(1) Quenstedt, Jura, pag.749, Tav.9l, fig. 19. — Pillet et Fro.m., Op. cit., pag.83, Tav. 10, fig.5.
(2) Vedi Th. ed Et., Op, cit., pag. 29;', Tav. 42, fig. 10.
52 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
colonia ed aventi una posizione inclinata dalla faccia inferiore alla superiore ed al bordo
della colonia.
Gli intervalli fra una stria e l'altra son minori del diametro di ciascuna cellula.
Quasi ogni cellula ha la sua faccia superiore, corrosa per modo che non ho potuto deter-
minare la forma e posizione dell'apertura loro, parmi però abbia dovuto essere a un di
presso temiinale.
Questo briozoo corrisponderebbe, secondo il mio modo di vedere, abbastanza alla de-
scrizione (la figura non è gran che utilizzabile) che fa rfjtallon della Berenicea densata
alla quale l'ho riferito.
N. 3 Genere Entalophora Lamx.
La presenza di questo genere è stata determinata, quantunque in assai dubbio modo,
basandosi sopra un unico frammento di colonia che dovetti sezionare onde poterlo ricono-
scere. Avrebbe dimensioni abbastanza utilizzabili, ma è i)rofondamente spatizzato, e quindi
inetto ad uno studio ulteriore. La forma della colonia e l'ordinamento delle celle rendono
probabile che si tratti del genere Entalophora.
N. 4 Genere Terebellaria Lamx.
Questo genere è abbondantissimo nei calcari di Argenterà. Tanto alle Grangia che
alla G oretta, che nel vallone di Roburent vi costituisce piccole colonie di 2 a 5""" di
dimensioni, le quali talora risaltano molto nettamente in bianco sul fondo scuro circostante,
ed hanno allora un aspetto ceroide nel (juale nettamente si scopron le celle, oppure sono
come annegate in un calcare omogeneo finissimo che non presenta altra differenza da quello
costituente il fossile che nella sua maggior alterabilità agli agenti esterni ed allora riesce
impossibile 1' esame microscopico in individui freschi . che solo vien reso un po' più facile
dalla alterazione della roccia per cui rendonsi di nuovo evidenti alcune delle celle.
N. 5 Genere Fascicularia M. Edw.
Riferisco a questo genere una grossa colonia solida le cui celle a più piani raggiano
da un centro comune. Quantumiue non abbia potuto vedere la superficie di questa colonia
la sezione che ne ho ottenuta risi>onde abbastanza all'ordinamento che si osserva in molte
specie di ijnesto genere. Non fu finora trovato che nel giacimento della Goretta.
N. 6 Genere Ceriopora Goklf. S. str.
Questo elegantissimo briozoo ha grandissima jiarte nella fauna di Argenterà (jiarti-
colarmente le Grangie). Si costituì su colonie scarsamente dendroidi dove il fusto è costi-
tuito da successivi strati sovrapposti di celle che sono questa volta molto ben distinguibili
quantunque guasti, iiicordano molto per la forma e disposizione degli strati i fossili pa-
leozoici descritti dal Goldfuss sotto il nome di Calamopora infundibulifera var. gracilis e
C. spongites (1) <iuantunque in molto minori jiroporzioni.
Del genere Ceriopora ho già potuto constatare la presenza di due specie, luna den-
droide 0 quasi ed a cellule poliedriche ricordante le due specie sovraindicate del Goldfuss,
(1) 00LDFU33, Petref. Q:rm.. Voi. I, pag. 79-81, Tav.27, fig.5, Tav. 28, fig.1.
PER ALESSANDKO PORTI S 53
l' altra come mespiliforme ed a cellule più cilindriche accostantesi molto di più a quella
che il Ooldfuss chiamò Ceriopora diadema (1).
N. 7 Genere Radiopora D'Orb.
Constatato, benché con non sufficiente sicurezza, per mezzo di un unico esemplare del
giacimento delle Grangie.
N. 8 Genere Heteropora Bl.
Questo genere è nel giacimento delle Grangie quasi altrettanto diffuso quanto il
genere Ceriopora. Ci si manifesta con colonie ramifonni ad una o due ramificazioni e nelle
quali sono ancora sufficientemente distinguibili le singole cellule a cono allungato partenti
dal centro del ramo e dirette in curva alla superficie dove presentano una sezione circolare.
Non fu finora possibile il distinguere più di una specie.
N. 9 Genere Stomatopora Bronn — an Tubipora.
Una colonia che ricorda eccessivamente i Chaetetes delle epoche paleozoiche venne
pur ritrovato alle Grangie ; consiste di un fascio di tubilli sottilissimi collocati in posizione
radiale o quasi, Tuno accosto dell'altro. A differenza dei Chaetetes paleozoici, i tubilli hanno
ciascuno lor propria parete che si unisce a diverse altezze con le adiacenti per mezzo di
sottili lamine calcaree.
Quantunque io abbia riferito questo fossile al genere Chaetetes non tacerò che esso
per una parte si accosta immensamente al genere precitato Fascicularia per le lamine cal-
caree menzionate, come nella Fascicularia, e jiiù ancora al genere Stomatopora jierchè mi
parve aver osservate aperture circolari a diverse altezze nei tubilli. Per altra parte ricorda
pure vivamente il genere di coralli Tubipora, il quale come ha rappresentanti molto vicini
in alcuni dei generi paleozoici potrebbe benissimo aver nel giura rappresentanti che appar-
tenessero al genere stesso. Sta intanto il fatto, che, collocati l'uno accosto dell'altro il fossile
in questione ed un frammento di Tubipora purpurea sia molto difficile lo stabilire fra i due
differenze altre che specifiche.
N. 10 Genere Cellepora Fabr.
Una piccola colonia di figura elittica, il cui maggior diametro sia di 2""" e mezzo,
denudata dal calcare circostante, gi-azie alle intemperie, rappresenta in Argenterà questo
genere.
I singoli individui componenti questa colonia erano l'uu dall'altro perfettamente
separati, avendo ciascuno la sua propria parete calcarea in forma di cartoccio con un'a-
pertura terminale o quasi. Gli individui medii o più vecchi eran disposti verticalmente
alla superficie inferiore della colonia, i più giovani invece inclinati con un angolo sempre
crescente verso il centro della superficie superiore, per modo che essa appar molto più
piccola della base e tutta tempestata fittissimamente dalle aperture dei singoli individui,
in disposizione inversa cioè a quanto si osserva nel genere cretaceo Discoflustellaiia, dove
la colonia diventa convessa colle aperture in fuori, mentre nel nostro fossile essa divente-
((} Loc.cit., pag. 39, Tav. 11, fig. 12.
54 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
rebbe concava colle apertui-e in dentro. Le aperture stesse o piuttosto le sezioni interne
degli invogli individuali appaiono colla lente essere state generalmente esagonali quan-
tunque alcune si mostrino anche con un maggiore o minor numero di lati. La colonia
intera poi non e aderente ad alcun altro fossile, cosa questa di importanza affatto secon-
daria, potendo benissimo essersene posteriormente staccata.
Di questi Celleporidi vennero successivamente trovate altre piccole colonie in gran nu-
mero, tutte però in quello strano stato di mummificazione o piuttosto di annegamento in
un materiale calcareo quasi ceroso ed avente gli stessi caratteri ottici del materiale del
fossile di cui riempie (qualunque benché minimo meato, come accennai pel genere Tere-
bellaria , per cui riesce impossibile il determinare la presenza di im tale fossile nel
materiale fresco, dovendosi invece servii-e di materiale già eroso, in cui sia già stata eli-
minata parte di questo calcare infiltratosi posteriormente.
Tanto le Cellepore che le Terebellai-ie formano in questo stato dei corpicciuoli sub-
sferici od elissoidici, di dimensioni variabili fra i 2 ed i 7""" di massimo diametro, di un
calcare cereo a prima vista perfettamente amorfo e spiccante in bianco sul nero fondo
della roccia.
Accanto a questa è visibile un'altra colonia di minori dimensioni, ma molto meno
1)en conservata, della quale non si può dir con certezza se appartenga allo stesso genere.
Queste colonie ricordano quelle descritte dal Quenstedt (1), quantunque gli individui ne
siano di gran lunga più grandi.
N. 11 e 12 Generi Eschara e Retepora.
Più volte mi venne fatto, nelle numerose sezioni microscopiche fatte, di osservare
organismi i quali mi ricordavano i generi Eschara e Ketepora. Intanto non essendomi mai
capitate colonie di questi generi fra mani prima della preparazione, le sezioni che ne
vennero fatte furon sempre in direzioni fortuite e non atte a fornire indicazioni al)bastanza
sicure da potere stabilii-e con sufficiente i)robabilità il genere cui esse avevano appartenuto.
ECHINODERMI
A malgrado di un mese di continua ricerca non erami stato possibile nel 1879 di
constatar questa classe altrimenti che con Radioli fornitimi in istato tale da rendere
irriconoscibili i loro ornamenti esterni e da obbligarmi a fermarmi alla constatazione della
classe. Le ricerche fatte nel 1880 hanno fornito qualche cosa di più; qualche guscio o
modello intemo di guscio è comparso alla luce, e qualcuno si potè interamente liberar
dalla roccia. Fra questi parvemi aver riconosciuti i generi seguenti:
ECHINOIDEI REGOLAllI
Famigìin dei Cid aridi
Genere Rhabdocidaria Desor.
Tre 0 quattro Echini che ho potuto liberar dal calcare circostante vennero riferiti al
genere Hhabdocidaris : il più completo di questi individui lia una forma sferoidale legger-
ai) Jura, pag. 665, Tav. 81, fig 72.
PER ALESSANDRO PORTIS 55
mente elittica, con un diametro di 1 7""" al massimo , i suoi campi ambulacrali strettis-
simi non contengono che due file longitudinali di gi-anulazioni, ed erano leggerissimamente
sinuosi; i campi interambulacrali son 5 volte almeno altrettanto grandi che gli ambulacrali
e cospersi di rade e relativamente grossissime pustole radiolari, che erano, a quanto pare,
superiormente denticolate e perforate ; la bocca non è consei'vata, sola una piccola porzione
del suo peristoma, dimostra come questo fosse rotondo ed intero. L'apparecchio apicale è
pure scomparso e solo breve apertura alla sommità della corona ne indica la posizione.
Se collocai questi Cidaridi nel genere predetto, gli è perchè mi pai-ve aver osservato un
canaletto incavato fra i due pori di ciascun paio ambulacrale. Il più grande individuo
riferito a questo genere non misurava più di 4 centimetri di diametro, tutti poi paionmi
aver dovuto appartenere a giovani individui. Ne per questo, né per alcuno dei successivi
generi mi arrischio ad un ravvicinamento specifico, causa la quasi assoluta mancanza dei
dettagli di ornamentazione della superficie , senza la quale , troppo facile saria prendere
abbaglio.
Genere Acrosalenia.
Vi riferisco tre perisomi, dei quali uno incom])letissimo, uno sezionato trasvei'sal-
mente ed il terzo mostrante parte dell'esterno. Fn quest'ultimo ho potuto osservare un
peristoma intagliato, dei campi ambulacrali leggermente ondulati ed un po' più larghi
che pel precedente genere, due file di granulazioni fra una fila e l'altra di doppi pori .
nonché il solco fra i pori di ciascun jìaio. Nei campi interambulacrali: di nuovo due
file di grosse pustole radiolari che paiono essere state alla lor sommità liscie ed iiiq)er-
forate. L'appareccliio apicale sconosciuto, il diametro massimo del perisoma può esser
stato di 32""°. Come si vede dalla descrizione, fra i caratteri distintivi del genere non ci
son i-imasti che quello della intagliatura del peristoma e l'altro della maggior largliozza
dei campi ambulacrali, nonuliè della presenza di granulazioni di media grandezza fra
l'una e l'altra serie di doppi pori. Aggiungerò aniiora che questi non paion raggiungere il
peristoma. L'apparecchio apicale che fornirebbe caratteri sicuri è, il ricordai, mancante.
Genere Hemicidaris.
Credo dover ammettere la presenza di un terzo genere di Cidaridi appoggiandomi
sopra un franuncnto di individuo raccolto allorché non ne era visibile che una gran
piastra interambulacrale e che libei'ai poi alquanto dalla roccia. Di questo . che ha un
diametro di circa 45™'", mancano tanto il peristoma che il disco apicale e non è visibile
che porzione della periferia della corona. Questa molto rigonfiata e quasi sferica , con
campi ambulacrali assai stretti, ma di cui non si può ben vedere il genere di orna-
mentazione ; i campi interambulacrali muniti ancora di enormi pustole radiolari, netta-
mente denticolate e perforate, circondate da una vasta areola e attoi'iio a questa una
grandissima quantità di pustoline graniformi. Quantunque qui debba arrestare la mia
descrizione per mancanza di dati, risulta però bastantemente la distanza che corre fra
il presente ed i precedenti Cidaridi, e se realmente quest'ultima corona descritta non
appartiene al genere Hemicidaris in stretto senso, egli è però certo che essa vi si accosta
grandemente e che ad ogni modo non appartiene ai due generi precedentemente segnalati.
56 SUI TERRENI SRTATIFICATI DI ARGENTERÀ
l)ue individui poi non presentanti che tavole isolate, furono riconosciuti appartenere
ai Cidaridi senza poterne però precisare ulteriormente il genere.
Radioli.
Per completare la serie dei Cidaridi di Argenterà occorre ancora che io parli dei
Kadioli, dei quali alcuni vennero già scoperti fin dal 1879, altri, e diversi per forma,
e copiosi per numero, vennero raccolti nel 1880. In questi Kadioli, benché di varia
dimensione, doltbiamo riconoscere essenzialmente due tipi: Tuno di Kadioli cilindrici
esili, anzi spiniformi ed a superficie liscia; di questi ne tengo fra gli altri uno che
misurava intero la lunghezza di 30""", con la sua articolazione, ed il suo collo ben con-
servati, la superficie un po' corrosa, e Testremità infranta, ma improntata sulla roccia.
La forma e costituzione di questi Kadioli sarebbero indizi a supporre la presenza dei
Salenidi nel banco calcareo che ci occupa; infatti abbiamo già nella descrizione dei Pe-
risomi indicata appunto la presenza del genere Acrosalenia, il quale assume in questo
modo un doppio grado di probabilità. Il secondo tipo ci offre dei Kadioli bacilliformi.
ma visibilmente più corti e più sostenuti, misurando la loro sezione, nel corpo, fino a
4"™ di diametro. La superficie di questi Kadioli è ornata di granulazioni acute, appiattite
liarallelamente alla lunghezza del Kadiolo e nello stesso senso ordinate in file quasi inin-
teiTotte, passando successivamente per lieve depressione Luna nell'altra granulazione. I
solchi che scoiTono tra l'una e l'altra di queste serie di granulazioni son più larghi che
ciascuna e si mostrano nel loro fondo finamente striati, sempre ancora in senso longitu-
dinale. Questi Kadioli hanno esatti rappresentanti, si nelle dimensioni che nella forma e
nella esterna granulazione, in quelli stati trovati a Dat e dal Favre accostati alla C. Blu-
menbachi. dei quali è fatta menzione a pag. 63 e data la figura, Tav. 5, fig. 19 della
Faune Tifhoniquc dcs Aìpes frihourgroiscs. Anche per questo secondo tipo abbiamo la
stessa controprova che ebbimo pel primo, infatti il modo di ornamentazione di questi
Radioli troviamo in primo luogo nei pretti Cidaridi e più limitato anche nei Diadematidi.
Ecco iiertanto che noi dopo aver segnalate le corone di Khabdocidariti e di Hemici-
dariti, troviamo una grande abbondanza di Kadioli i quali appartengono al primo di
questi generi o ad un suo affluissimo, oltre a qualcuno che può essere con sufliciente pro-
babilità riferito al secondo.
ECHINODERMI IRREGOLARI, ATELOSTOMI
Disasterini.
Mefaporhinus roiiicrits? Catullo (1).
Riferisco provvisoriamente ai presenti genere e specie un unico esemplare di Echi-
noderma, il quale per la porzione che ne è stata messa a nudo si manifesta appar-
tenente agli irregolari e più specialmente aver analogie coi Jletaporinidi, e ciò molto
(1) CoTTBAii Pai. Frant. Echinod. irrcg. 18')7, pag. 28, Tav. 1; 1874, pag. ri04 - Zittel, Fauna
d. aeU. rUhonb.. pag. 151, Tav. 15, fi^. 1-4 — l'iLLETiet Kiiomentel, Descr. yeol. et paleont. de
Lemenc, pag. :J3. Tav. 4, fig. X'4-20i pag. 87, Tav. lu, fig. 27-28 - V.. Favre, Faune Tithonique dis
Alpes Fribourgeoises, pag. 65, Tav. 5, fig. '2i-'i'X
PEK ALESSANDRO PORTIS 57
più per l'abito generale, che non per caratteri definiti e visibili, essendo esso come gli
altri fossili in uno stato di conservazione veramente pessimo. L'esemplare in questione
appartenne ad un giovane individuo, e non misurava più di 14""° di lunghezza, essendo
notevolmente compresso dai lati, per cui il diametro trasversale vien ridotto a soli O"™.
Impediti dai piani di sfaldatura del calcare, non son più visibili che pochissimi dei tuber-
coli di articolazione delle spine e questi uniformemente e raramente sparsi sulla superficie.
La superficie posteriore appare anche qui troncata. Quantunque altro non sia possibile
di ricordare, essendo scarsissimi i dettagli conservati, esso rassomiglia molto al M. con-
vexus quale ci vien figurato non tanto dal Cotteau, quanto dal Zittel, dal Pillet e
Fromentel e dal Favre, i quali tutti trovarono la presente specie in giacimenti pretta-
mente Titonici od a questi per l'epoca di formazione corrispondenti.
Asteroidei.
Sphaeraster Quenst. sp. (1).
Quelle piastrelline calcari più o meno esagonali che vengono in tanta quantità rac-
colte nel Giura superiore di Streitberg e che ricevettero varii e diversi nomi dai diversi
autori, i quali vanno però d'accordo in riconoscere in essi articoli mediani della faccia
superiore di Eclùnodermi Asteroidi, si riscontrano pure ad Argenterà in quantità sufliciente
a ricoprire intere lastre di calcare. Esse san per lo più mal conservate, di piccole dimen-
sioni, esagonali e liscie, salvo qualcuna che mostra ancora al centro traccia di un tubercolo
per l'articolazione della spina. Seguendo l'esempio dato dallo Zittel nel suo Nitoi-o ma-
nuale di Paleontologia, senza ulteriormente dilungarmi sulla loro origine, le ho riferite
al genere Sphaeraster Quenst. il loro stato di conservazione non permettendo l'aggiunta
di un nome specifico.
Esse sono accompagnate da piastre del bordo di Asteroidi ; forse, si appartenevano a
vicenda? In queste masse di frammenti, ove tutto è insieme confuso, non è possibile il
constatarlo.
Crinoidei.
Gen. Apiocrinus.
Un' unica volta potei, per mezzo di una sezione microscopica fatta dal Prof. Spezia
per osservare i Cristalli di Albite e di Quarzo rac('hiusi nel calcare, aver dinanzi la sezione
di un fossile che considerai come un articolo di stilo di un Apiocrinus : la sezione era
capitata parallelamente alle faccie dell'articolo e vicinissimo all'una di esse, per modo che
vi si potea scorgere il caratteristico disegno della faccia articolare, simile affatto a quello
degli Apiocrhii. Come tale la indicò per conseguenza il Prof. Spezia nella sua relazione (2)
sopra questi minerali e sul loro giacimento in una roccia fossilifera. Tuttavia io son ancor
(1) Vedi QuENSTEDT, Jura , pag. 585, Tav. 73, fig. 91; pag. 650, Tav. 80, fig. 23-47; pag. 725,
Tav. 88, fig. 31-52 — Goldf. , Op. cit. , pag. 210, Tav. 63, fig. 63, fig. 7-9 — Zittel, Handb. d.
Palaeont. Miinchen 1879, pag. 457.
(2 Spezia. Sul Calcare albitiftro dell'Argenterà iCuneo) in Atti della R. Acc. di Torino. Voi. 15,
1880, adunanza del 20 giugno (pag. 4, Tav. 1, fig. 1 dell'estratto).
Serie II - Tom. XXXIV. H
58 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
Oggi nel dubbio se abbia da conservare alla detta sezione questa determinazione, o non
abbia a considerarla come la sezione normale di un calice di Turbinolia, della quale ho
già rinvenuto altri esemplari. La natura intima del fossile, che in altri casi sarebbe di
grande aiuto a risolvere il problema, qui non serve, essendo stata distrutta dalla spatiz-
zazione. Da qualunque parte però sia per essere la verità, noi possiamo altrimenti dimo-
strare la presenza ad Argenterà tanto dei Crinoidei che delle Turbinolie.
Entrochi.
Alcuni frammenti di calcare compatti e neri si mostrano così fittamente tempestati
di articoli di crinoidi da costituire un vero calcare ad Entrochi. Essi sono intimamente
collegati al calcare che li avviluppa, cosicché ne per denudazione, ne per alcun mezzo
meccanico fu mai possibile il poterne isolare alcuno. Hanno perduta l'ornamentazione
di tutta la lor superficie e non appaiono nelle faccio di rottura o di levigamento del calcare
che come chiazzettine bianche spruzzate sovra un fondo nero. Ammessa quindi la pre-
senza di Crinoidei nel mare che occupò la regione in discorso , rimane a sapersi da quali
generi essi fossero rappresentati.
CELENTERATI
Esacoralli (1).
Il mare di Argenterà, oltre ad aver fornito condizioni adatte alla vita ed allo
sviluppo delle Terebratule, delle Nerinee e dei Briozoi, offerse pure tutte le condizioni fa-
vorevoli al prosperare dei Corallarii i quali vi fiorirono in quantità piuttosto notevole, per
quanto se ne possa giudicare dalli avanzi a noi trasmessi. Numerosi erano i polipai ce-
spitosi e, nelle acque tranquille, all'ombra degli scogli da essi formati, crescevano i delicati
calici dei Corallarii individuali, questi per lo più in minor numero e di piccole dimensioni.
Se cerchiamo di conoscere a quali famiglie e generi abbiano questi Corallarii appartenuto,
ci troviamo più che mai arrestati dalla solita difficoltà che finora fu d' intoppo alla
precisa determinazione dei fossili, vale a dire dalla oltremodo progredita spatizzazione
del calcare. Infatti, se a prima vista si può dire con certezza di avere un polipaio fra mani,
poiché i singoli calici pieni di calcare bianco spiccano nettamente sul fondo nero avvilup-.
pante, allorché vuol andar più oltre, si accorge l'osservatore che questo calcare bianco
che riempie il calice, ha sovente fatta perdere la traccia delle lamine mesenteriali di
cui non sempre é dato scoprire il numero, mai la natura, ha assorbita la columella, ha
cancellata ogni traccia di parete e di epitccio. Le preparazioni con acqua acidulata, le
sezioni microscopiche e macroscopiche, hanno talora portato per conseguenza la scoperta
(lì 11 Professore A. D. Achiardi ha reoenteniente pubblicata uua sua memoria {Coralli Giurassici
deWItnlia settentrionale. Atti della Soc. Tose, ili Se. Nat. Voi. 4, fase, i", 188', tav. t-4 estratto) in cui
vengono illustrati i Corallarii di varie provincie dell'Italia superiore compresovi anche Mentono. Sarebbe
stato mio desiderio mettere le mie detei-minazioni in acccordo con questo importante lavoro, ma quan-
tunque ne abbia diligentemente esaminate le d'scrizioni e le figure e quantunque di passaggio per Pisa
abbia potuto esaminare diruttamonte gli originali, non fu possibile, per i già troppo lamentati difetti
di conserva/.ione, sorprendere fra i Corallari descritti dal Prof. D'Achiardi e i miei la minima relazione
e ricavarne alcuna conseguenza.
PER ALESSANDRO PORTIS 59
di qualche calice ancor conservato, talora hanno avuto effetto affatto negativo, sovente
son rimaste senza risultato; quindi, nella relativamente grande quantità di CoralU che
vissero nel banco delle Grangie, ben pochi sono i generi che potei finora riconoscere.
EccoU intanto.
ASTREIDI
Tribù delle Litìiophylliaceae E. et H.
N. 1 Genere Montlivaultia Lamx.
Questo genere di Coralli distinto dalla sua forma, dal suo epitecio spesso e dai suoi
setti numerosi e denticolati si trova nel calcare di Argenterà, in relativa abbondanza alle
Grangie, scarso alla Goretta, ne ancor lo ravvisai nel vallone di Roburent. Ne avrei dinanzi
almeno due specie, tuttedue di piccole dimensioni (diametro del calice 10-20 mm.) distin-
guibili per la differenza di sviluppo dei setti dei diversi cicli e fors'anco una terza di
dimensioni alquanto più grandi (30 mm.) che non è che in parte conservato e che si trova
ora nella collezione del cav. Rovasenda.
lo aveva già finito il capitolo dei Coralli, quando mi capitò fra mani un frammento
di calcare portante ancor le traccie di un grosso calice di un Corallario che doveva avere
almeno 5 centimetri di diametro, un grandissimo numero di setti e un fortissimo epitecio
e che pare avere avuto la massima relazione col genere Montlivaultia. Il suo stato di con-
servazione non mi ha permesso un ulteriore ravvicinamento.
N. 2 Genere Cyathophyllia From.
Non ho che un solo imperfettissimo esemplare che consiste in una sezione trasversale
di un calice, formatasi per l'azione degli agenti atmosferici sulla roccia nella quale il
fossile è compreso. Il calice ajìparteneva ad un corallo isolato ed aveva, a quanto pare,
una forma cilindrica a sezione tondeggiante, leggermente elittica, con un maggior diametro
di 1 4 mm. La muraglia è sottilissima, percorsa da sottili coste e rivestita, a quanto pare,
da sottile epitecio. I setti molto numerosi, sottili, solidi e subeguali, vanno fin presso la
columella ; se ne contano 4 cicli completi, un quinto ciclo è pur esso molto facilmente
discernibile, ma i setti non son più ugualmente sviluppati che pei procedenti, essi sono
ridotti a, piccole laminette poco allontanantisi dalla muraglia ed alternanti con ciascun
setto dei precedenti cicli. Di pali non vi è traccia, vi è invece una columella solida molto,
ben sviluppata ed a sezione elittica.
Quali dimensioni abbia avuto in lunghezza questo calice e come terminasse inferioi'-
mente è impossibile il constatarlo, da quanto però son venuto dicendo parmi avere suffi-
cienti indizi per collocare questo Corallario fossile nel genere Cyathophyllia From.
Questo fossile ricorda superficialmente il Trochocyathus Canavarii d'Ach, (1) princi-
palmente nella disposizione dei setti, una minuta osservazione fa però riconoscere in questo :
1° la mancanza di paluli; 2" la natura solida della columella; 3° la natura solida, non
(1) Meneqhini e D'Achiardi, Nuovi fossili Titanici di Monte Primo e di Sanvicino neW Appennino
centrale; in Atti della Soc. Tose, di Se. Nat., Voi. 4, Tav. lu, fig. 9, (dell'estratto pag. II).
60 SUI TERRENI STRATIFICATI HI ARGENTERÀ
perforata dei setti ; 4° finalmente la presenza di numerosi dissepimenti (traverses) in qual-
cuno dei loculi intermesenteriali.
Stimo precipitato il dare un nome specifico ad un avanzo così incompleto.
N. 3 Generk Leptophyllia Eeuss.
Anche il genere Leptophyllia è abbastanza abbondante tanto nel giacimento di
Grangie che in quel di G oretta.
Son per lo più calici che han perduta gran parte del loro muro e nei quali è facile
riconoscere i setti numerosi e sottili e l'assenza completa di columella, han dimensioni
variabili tra 10 e 15 mm. di altezza e 10 e 12 di diametro, non vi si scopre traccia di
epitecio, ma traccie ben marcate di coste. Anche per questo genere è probabile la pre-
senza di almeno due specie.
N. 4 Genere Calamophyllia E. et H.
Ho trovato e riferisco a questo genere un frammento che mi mostra l'esterno di alcune
celle coralline assieme aggruppate, vi osservo un muro leggermente costato, con quelle
espansioni cordoniformi che li circondano ad altezza diversa in più punti del loro percorso
ed anche traccie di epitecio. L'interno dei calici è qua.siper tutti distrutto dalla spatizzazione
quindi iuosservabile, solo due o tre calici fanno eccezione mostrando numerose lamine
mesenteriali sottili ed assenza completa di paluli e columella. Le cellule hanno una lun-
ghezza assai considerevole (fino a 50 e 60 mm.), e una sezione presso a poco circolare del
diametro di 3-4 mm. Più che altro ricordano apjiunto il genere Calamophyllia, come
ma in minor grado, il ricordano altri Coralli di cui parlerò in seguito ai generi Stylina
e Stylohelia.
Non ho di questa Calamophyllia trovato che l'esemplare in questione al giacimento
delle Grangie e questo ancora molto profondamente alterato. Kicorderò come il genere
Calamo])hyllia sia molto diffuso nel Giura supcriore e che come vedremo abbia rappre-
sentanti tanto al Cliaberton che al Mont-Salève. Sarebbe però desiderabile il poter stabilire
anche una identità specifica tra i Coralli di queste ti-e località, cosa questa che non pare
debba così presto avverarsi.
N. 5 Genere Techosmilia E. et H.
Ne furono trovati diversi esemplari tanto alle Grangie che alla Goretta. Si presentano
quai calici talora isolati, tal altra aggrup])ati a duo, a tre con muro relativamente sottile
(son per lo più sezioni) ed un forte strato epitecalc, lamine sottili ed assai numerose, più
o meno accostantisi al centro dove manca la columella. Gli individui di questo genere
hanno grandissima importanza in questo calcare alcuni massi del quale (specialmente
Goretta) ne sono affatto pieni.
N. t; Genere Cladophyllia E. et H.
Ho trovato fra il materiale raccolto ad Argenterà due frammenti di calici di Coral-
larii in condizioni di conservazione identiche al Corallo trattato nel genere precedente. Anche
PER ALESSANDRO PORTIS 61
qui un calice normalmente sezionato in un colla roccia incassante dagli agenti atmosferici ;
anche qui impossibile il dire con sicurezza la forma estema del fossile e se esso fosse libero
0 fisso e la sua lunghezza. Contentandoci delle parti conservate, diremo dunque che la
sezione si mostra circolare con un diametro di mm. 22 circa. La muragha doveva essere
fortissima (almeno 3-4 m.) lievemente e raramente costata allo esterno e rivestita di sottile
epitecio, delle lamine mesenteriali son chiaramente visibili 4 cicli completi, esse son molto
regolari e sottili, quelle del 2° ciclo subeguali a quelle del primo, poi un po' meno svilup-
pate quelle del 3" ed ancor meno quelle del 4°, in progressione decrescente regolarissima.
Non mi fu possibile il vedere se abbia margine denticolato o liscio, di pali non si scorge
traccia, assenza completa di columella, così pure paion mancare i dissepimenti.
Avuto riguardo ai caratteri accennati e considerando che col non potersi osservare
quale fosse la natura primitiva della muraglia e dei setti e se il calice fosse isolato od
appartenente ad un polipaio (dendroide), resta l'imbarazzo della scelta tra gli Astreidi col
genere Cladophyllia e i Turbinolidi col genere cretaceo Desmophyllum (1); credo però, visto
il piccolo sviluppo delle coste, di poter attribuire il fossile in questione, al primo genere
citato anziché al secondo, tanto più se si considera che il genere Cladophyllia è da lungo
tempo conosciuto nel Giura superiore, mentre per ammettere l'esistenza del genere Dermo-
phyllum in un terreno in cui non venne finora trovato, ci vorrebbero almeno campioni in
migliore stato di conservazione dei miei.
N. 7 Genere Baryphyllia From.
Questo genere non mancando alle Grangie è però specialmente sviluppato alla Goretta,
ove forma dei frammenti talora relativamente grandi, ma tanto guasti e confusi da rendere
ben sovente indistinguibili i calici. Anche ricorrendo alle sezioni ho avuto pochissimo aiuto
nella determinazione che ne è rimasta mal sicura.
Tribù delle Faviacre.
N. 8 Genere Favia Oken.
Non ho di riferibili a questo genere che 3 o 4 frammenti provenienti dalle Grangie
e non facilmente determinabili.
Tribù delle Cladocaraceae.
N. 9 Genere Cladocora Ehrbrg.
11 genere Cladocora ha numerosi individui che lo rappresentano specialmente alla
Goretta. Son piccoli polipai dendroidi, portanti piccol numero di celle cilindriche con
calici rotondi piccoli e parete costata ; per la cattiva conservazione non si possono bene
osservare le particolarità dei setti, si nota però la presenza di paluli e di una columella
negli esemplari corrosi.
(1) MiLN. Edrs. et Haime, Rech. sur les Polipiers récents et fossiles (Desmophyllum Stockesi), Voi. 1°,
pag. 255, Tav. 7, fig. 12.
62 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
N. 10 Genere Goniocora E. et H.
Riferii con tutte le riserve a questo genere 4 o 5 esemplari oscurissimi e che si
dimostrarono refrattarii a tutti i mezzi di studio. Provengono dalla Ceretta ed uno dalle
Grangie.
EUSMILINE
Tribù delle Trocìiosmiliaceae
N. 11 Genere Plesiosmilia Milasch.
Consiste in un solo calice malmenato delle Grangie, che mostra alcuni dei caratteri
del genere e pel quale sono ancora in dubbio sio non l'abbia da attribuire piuttosto al
genere Epismilia, col quale presenta pure alcune analogie.
N. 12 Genere Azosmilia E. et H.
I pochi calici che ho attribuiti a questo genere, provengono quasi tutti dalla Goretta.
Mostrano per lo più l'interno del calice o sezioni trasversali, nelle quali sono osservabili:
un forte muro avvolto in un forte epitecio , un gran numero di setti congiungentisi colla
columella appiattita, periferia del calice leggermente elittica. Pare che la forma loro sia
stata di cono allungato e alla sommità, quasi cilindrica, non potei però osservarne alcuno
abbastanza completamente.
Tribù delle SfiUnncene.
N. 13 Genere Stylina Lam.
In 2 frammenti di calcare bigio-cupo, vidi trasparire i bianchi calici dei singoli
individui. Uno di essi, l'esemplare il meglio conservato di tutta la raccolta di Argenterà,
ha qualcuno dei calici abbastanza ben conservati (rotondi, e di 2,5 mm. di diametro) da
potervi colla lei^te osservare una ben sviluppata columella solida con assenza di paluli. Le
lamine mesenteriali sono abbastanza ben distinte e, pare, liscie ; ne potei contar 1 2 di primo
ordine e vedere che fra l'una e l'altra ve n'era almeno una di secondo. Ogni calice ha una
parete propria, sporgente dal polipaio il quale viene, a quanto pare, composto dalle singole'
celle e da oscure coste che si protendono dall'una all'altra cella, continuandosi nell'in-
terno del calice colle lamine mesenteriali. Alcune celle toccansi direttamente per la
parete, ma sono il minor numero. Disposizioni analoghe alle or descritte potei osservare
per mezzo di sezioni microscopiche per tre o quattro calici dell'altro frammento nominato;
li ho ora riferiti entrambi allo stosso genere Stylina.
n materiale di questo genere quantunque successivamente aumentato di nuovi cam-
pioni raccolti nei giacimenti di Grangie e di .Goretta, non è sufficiente perchè io possa
decidere se si tratti di specie nuova o già conosciuta, mi contenterò di far osservare che
questo genere si trova pur rappresentato da una molto simile forma al Mont-Salève (1)
(1) Patri, op. cit. (Stylina htrta, Edw. et Haime), pag. 352, Tav. B, flg. 14.
PER ALESSANDRO PORTIS 63
presso Ginevra e come questo sia un punto di analogia di più tra le faune delle due
località.
I polipai del genere Stylina oltreché al banco delle Grangie sono comuni nel giaci-
mento di Goretta, ove compongono or da soli, or con altri Coralli, massi aventi talora più
decimetri di diametro.
N. 14 Genere Columnastraea E. et E.
Nello stesso frammento dianzi accennato come U più felicemente osservabile, ho
scorto due o tre calici insieme aggruppati, i quali paiono appartenenti ad un genere diverso
dal precedente, essi se ne diversificherebbero per aver le lamine numerosissime, sottili,
sporgenti al di sopra della parete della cella e continuantisi per conseguenza visibilmente
nelle coste che univano fra lor le celle, oltracciò , attorno alla columella sottile e quasi
invisibile , è osservabile una forte corona di paluli sviluppatissimi. Questi calici sono
alquanto più grandi che quelli riferiti al genere Stj'Una, misurando 4,5 mm. di diametro,
anch'essi son rotondi o leggermente elittici. 11 genere cui meglio si accosterebbero questi
pochi individui corallini sarebbe il g. Columnastraea, finora non ancor conosciuto che
nella Creta, con tutto ciò faccio considerare che gli è appunto caratteristico dei giacimenti
Titonici questo comparir di animali Cretacei in una fauna generalmente Giurassica ; 2° che
il genei-e Columnastraea ha una quantità di generi aflinissimi che già vivono, e nel Giura,
e in tempi anteriori ; 3° finalmente, che la pochezza e la cattiva conservazione dei residui
osservati, rende molto incerta la determinazione fatta per cui potrebbe darsi benissimo si
trattasse qui di un altro genere.
I polipai di questo genere non son finora stati trovati che nel banco fossilifero delle
Grangie ; mancano alla Goretta.
N. 15 Genere Stylohelia From. an Calamophyllia.
Styìohelia nianiillata From. (1).
I Corallarii riferiti a questa specie formano tanto nel banco delle Grangie e delle
roccie Mortier, quanto in quello del vallone di Roburent, quanto in quel della Goretta, la
massa principale dei rappresentanti della classe , essi vi si trovano talora in massi di
più decimetri cubici nei quali ogni traccia di intima organizzazione è sparita. Questi
appunto, comò già accennai , maggiormente imbarazzano poiché dopo che ci si è per-
suasi che si ha dinanzi mi Gorallario riesce impossibile qualunque ulterior cognizione.
I calici piccolissimi, 2 mm. di diametro al più, tondeggianti, sono stati riempiti di
calcare apatico bianco, nel quale si è perduta ogni traccia delle lamine mesenteriali e
della columella, quindi impossibile il dire quali parti sieno state presenti e quali no;
pare che i singoli individui fossero uniti in un polipaio massiccio per mezzo delle pareti
spesse e fuse insieme, almeno è impossibile distinguere nel calcare nero del fondo una
traccia qualunque di separazione fra l'uno e l'altro individuo, del resto, né levigature, né
sezioni microscopiche, né preparazioni con acqua acidula, han mai portato alla scoperta
(I) PiLLET e From, loc. cit., pag. )03, Tav. 13, fig. 2.
64 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
di una singola porzione eli calice un po' ben conservata. Egli è solamente ripassando la
lista dei fossili di Lemenc, che mi venne fatto di trovare nella Stilohelia maniillata
From. un fossile che allo esterno si presentava precisamente come i Corallari fossili di
Argenterà. Anche là la conservazione di questi fossili non fu in niente favorevole al loro
studio e ci si dovette accontentare di una determinazione sommaria.
Può ben darsi che Lemenc (fase di Vigne Droguet) ed Argenterà rappresentando due
banchi di Corallo del medesimo mare Giurassico fossero abitati da specie anche identiche.
Successivamente però, confrontando questi fossili colle descrizioni e figure del genere
Calamophyllia, mi è sorto il dubbio non si potessero essi fors'anco avvicinare a quest'ultimo
genere; con esso concordano nell'avere le singole cellule molto allungate, dicotome e scor-
renti come parallelamente, talor persino confondendosi ; per le ragioni dette pria non si
possono avere altri dettagli, è certo però che essi fossili debbono esser vicinissimi all' uno
e all'altro di questi generi. Ricorderò ancora come appunto il genere Calamophyllia compaia
secondo il Loriol nella Oolite Coralliana del monte Saléve coUa specie C. Stockesi Edw.
et Haim. e come sia molto probabilmente una specie di Calamophyllia quella che abbonda
nel calcare del Chaberton e di cui vennero raffigurati più esemplari dal Michelotti nella
nota del Gastaldi: Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi Marittime e dell'Appennino
Ligure (1); e nell'altra: Sui fossili del Calcare dolomitico del Chaberton studiati
da G. Michelotti (2), e che certamente non appartengono al genere Cyathophyllum.
Famiglia delle Oculinidi.
N. 16 Genere Fsammohelia From.
Non ho trovato di appartenente a questo genere che un grazioso piccolo frammento
di polipaio (alle Grangie) mostrante alcuni calici ancor relativamente conservati e dei quali
si poteva osservare la forma rotonda, i sottili e relativamente poco numerosi setti (essendo
molto piccoli quelli dei cicli successivi al primo) e la presenza di una piccola columella; i
calici sono poi e.ssi stessi scavati nella massa generale del C'enenchima. Della forma esterna
del polipaio nulla di osservabile. Questo genere manca finora alla Ceretta ed alle roccie
Mortier.
N. 17 Genere Enallohelia E. H.
Questo genere è rappresentato con scarsi avanzi tanto alla Ceretta che alle Grangie.
È per lo più malissimo conservato, ma la disposizione dei calici sul polipaio, la forma di
questo secondo e qualche raro calice che si è potuto esaminare, lo fauno sufficientemente
distinguere.
N. 18 Oculina (s. ext).
Appartenenti alla famiglia delie Oculinidi, ma genericamente indeterminabili si tro-
yano ancor qua e là sparsi per la roccia alcuni frammenti di polipaio che F esame micro-
(1) Memorie deW Accademia dei Lincei, Classe matematiche. Roma 1877, Serie 3", V<i|. 1. Tav. I.
(2; Boll, dil R. ComU. Geol. Anno 1875. N. 11-12 (pag. 6-8, fig. 4, M. 7, 15, 16, 19 dell'estratto).
PER ALESSANDRO PORTIS 65
scopico ci obbliga a collocare iu questa prossimità ma che per lo più sono estremità di rami
mancanti di calici.
Famiglia delle Bàsmidi.
Tribù delle Trochocyathaceae.
K 19 Genere Trochocyathus? E. et H.
In questo genere colloco un Corallario manifestatosi con porzione di calice in una
sezione microscopica. Questo calice di cui non potrei nemanco dire se fosse di un individuo
isolato od associato, mancando la parete, misura internamente 3 min. di diametro e doveva
aver lamine mesenteriali molto ben sviluppate, sottili e rare non essendo visibili che le 6 del
1° ciclo ben sviluppate e forti, e poi più ridotte quelle appartenenti al 2°, più ancora
quelle appartenenti al 3". Di un quarto ciclo non ho potuto scorgere traccia, né pure potei
scorgere traccia di columella, né orientarmi sullo spessore e sulla natura della muraglia. Su
cosi pochi dati credo impossibile il precisare a (juale speciale sezione di Coralli possa appar-
tenere questo fossile. Debbo però ricordare che una disposizione di setti analoga alla
descritta si riscontra nel Trochocyathus truncatus Zitt. (1) di Stramberg dove però son
sensibili il doppio di setti che per la specie di Argenterà essendo bene ed ugualmente svi-
luppati quelli del 1" e 2° ciclo e molto meno poi (come nel caso nostro per minor numero
di cicli) quelli di 3° e 4" ordine. Ma là abbiamo una columella che qui o manca o fu
cancellata nella spatizzazione. Egli é quindi colla più grande riserva che riporto questo
fossile al genere Trochocyathus.
Softofawiglia Turhinolinne.
N. 20 Turbinolia — (an Trochocyathus?).
In un gran munero delle sezioni praticate per lo studio microscopico della roccia di
Argenterà comparvero sezioni di calici isolati di Corallarii di piccolissime dimensioni. Uno
venne anche trovato sopra un frammento di roccia corroso dalle intemperie. Son piccoli
calici, aventi una forma conica più o men regolare, che non giungono a mm. 2 di dia-
metro al più, con una parete distintamente costata. Nellintemo pare sia stata presente
e ben sviluppata una columella solida, le lamine abbastanza numerose, ben sviluppate
e sottili superano la parete della quale formano le coste. Non ho potuto constatar la
presenza di paluli, nemmeno potei assicurarmi che mancassero; così pure non potei assi-
cm-armi della natura massiccia o perforata della parete e dei setti : son per conseguenza in
dubbio a quale dei due generi sopra indicati io l'abbia da rifem-e.
N. 21.
Prima di lasciare la famiglia delle Turbinolidi debbo ancor ricordare un ultimo Coral-
lario manifestatosi in un frammento di roccia in cui col mezzo di acidi avevo cercato far
(J) ZiTTKL, Die Fauna der Aelt. Cephalopodenfuehrenden TUhonbildwngen, Cassel 1870, pag. 164,
Tav. 15, fig. 20 n e 6.
Serie II - Tom. XXXIV. i
66 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
spiccare uii grosso esemplare di Ellipsactinia. Anche qui non mi sono avanzati che 6 a 7
calici di piccole dimensioni (la lor sezione tondeggiante ed un po' elittica ha 3 mm. di dia-
metro) sparsi per il frammento e molto mal conservati. La muraglia che si è più o man
confusa colla roccia circostante ha dovuto esser spessa ; se costata o no, se rivestita o no di
epitecio impossibile il distinguere. Sono ancor visibili i setti, i quali erano sottili, subeguali
(almeno per quelli visibili, che appartengono ai tre primi cicli) e giungevano presso il centro.
Può darsi che nell'anello calcareo spatico che io considero come la muraglia, vi fossero
oltre a questo anche setti meno sviluppati appartenenti al quarto ciclo; non ne è però visi-
bile alcuna traccia. Esaminando minutamente il centro di questi piccoli calici oserei affer-
mare la presenza di una columella che non potrei dire se solida o foliacea o bacilliforme,
e forse, ma con molto minor sicurezza, anche quella di una corona di paluli. Farmi che
per lo più gli individui fossero isolati ; in un solo caso credo d'aver osservato due individui
attaccati ad uno stesso piede. In complesso la sezione di questo Corallario ricorda iiuella della
Caryophyllia primaeva Zitt. (1) del Titonico di Rogoznik di cui ha molto minori dimensioni ?
Io chiudo qui la serie dei Corallarii sco{)erti in Argenterà, ricordando come siano
appunto questi Turbinolidi i Corallari appartenenti alla categoria dei cos'i detti Coralli
di gran fondo, i quali assieme a molti dei già citati generi di Coralli monozoici, vissero
nel bacino formato dai Coralli banchiferi e da loro protetti. Essi assunsero nel banco
corallifero di Argenterà dimensioni non molto considerevoli, tali però che son sufficienti
a farne discernere e constatare la loro esistenza, e fino ad un certo punto le loro relazioni
di parentela cogli altri Corallari della medesima epoca (2).
CELENTERATI
Ottocoralli.
Sono nei giacimenti di Argenterà molto più scarsi che non gli Esacoralli riducendosi
ai seguenti:
Famiglia delle Elioporidi.
N. 1 Genere Heliopora Blv.
Riferisco con tutte le possibili risei-ve a questo genere alcuni piccoli frammenti di
polipaio mostranti alla lente traccie di piccoli calici quasi senza lamine affondati in un
cenenchima celluloide. Può darsi non si tratti che di un qualche Corinide alterato.
Famiglia delle Gorgonidi.
N. 2 Genere Gorgonia (s. ext.).
È uno dei più strani fossili che io mi abbia trovato alla tìoretta. È una espansione
calcarea dendroide distesa su di un frammento di calcare e misurante ben 1 0 mm. di lun-
(1) Vedi ZiTTBL, Fauna d. Aelt. Ceph. Tith. Bild., pag. 165, Tav. 38, fig. 4?-43.
(2) Vedi por una breve e succinta sistematica dei Coralli, ed in generale degli animali inferiori
tossili, i fascicoli già pubblicati del nuovo trattato dello Zittkl: Handbuch der Palaeontologie , 8».
Mùnchen 1876-80 e seg.
PER ALESSANDRO PORTIS 67
ghezza per 3 di larghezza massima. Ha disposizione simile più che ad altro ad una penna
partendo, come in quella, disticamente da un fusto o calamo mediano delle barbatelle cal-
caree solide, rivolte allo infuori e suljeguali alcune delle quali misurano fin 40 mm. di lun-
ghezza per 1 mm., talor meno, di spessore. Il calamo mediano è esso pur sottilissimo
(1,5 mm ) e leggermente contorto. Con somma pena mi paiTe poter scorgere alla base
qualche piccola apertura a mo' quasi di calice ; alla sommità invece parmi che le pinnule
vadano man mano assottigliandosi e si colleghino per mezzo di espansioni laterali calcaree
staccantisi ad angolo retto o quasi. A parte ciò, la forma e disposizione di questo fossile
ricorda molto vivamente da una parte alcune specie del vivente genere Pterogoi'gia, il
quale ha però, come è noto, scheletro per la maggior parte corneo, quindi non con-
servabile, e dall'altra alcuni dei fossili descritti dal Goldfuss sotto il generico nome di
Gorgonia (1), e delle quali alcune vennero più tardi allogate fra i Briozoi.
Ora possono darsi due probabilità : 1' che un rappresentante Giurassico del genere
Pterogorgia avesse scheletro in gran parte calcareo, quindi fossilizzabile e che quindi ne
provenisse il fossile in questione; avremmo in favore di questa ipotesi la forma generale del
fossile e la disposizione delle impressioni calicinali che credo avervi osservate. 2'' Invece il
fossile apparterrebbe ad un Briozoo come molte delle Gorgonie del Goldfuss e avremmo
per ciò il fatto che parvemi aver osservato della relazione di una coli 'altra pinnula in
modo da formare una specie di maglia rettangolare la quale potrebbe rappresentar lo
scheletro di una qualche Keteporide o Fotiestellide. L'interna struttura del fossile che ci
potrebbe dare qualche poco di luce è affatto perduta e ci dobbiamo per conseguenza ac-
'contentar di questa provvisoria collocazione del medesimo fra due diversi stipiti di ammali.
Idrozoi.
Tuhularine.
Gli Idrozoi hanno in questo calcare fossilifero uno sviluppo relativamente considere-
vole; su quasi tutti i frammenti di roccia da qualche tempo esposti all'atmosfera sporgono
infine corpi globulari di colore nerastro e di piccole dimensioni i quali, esaminati colla
lente ed al microscopio, si svelano come avanzi di organismi appartenenti a questo tipo.
Altri compaiono per mezzo delle sezioni e del trattamento negli acidi e ben sovente
si può fino ad un certo punto osservare la loro intima struttura, cosa di prima neces-
sità anche per una superficiale api)rossimazione ad un genere. Quantunque numerosis-
simi sieno gli individui trovati appartenenti alle Tubularie, tuttavia son essi a raccogliersi
in un piccolo numero di generi e di specie, né io credo averne alcun tralasciato ridu-
cendo a 4 il numero dei generi di Idrozoi fossiH nel banco di Argenterà.
Genere Thalaminia Steinm (2).
In un frammento di roccia è abbastanza visibile la sommità di una piccola colonia
a sezione circolare il cui diametro non arriva a 5 mm. Quantunque non sia la sua forma
(1) Nella Pelrefacta Germaniue, Voi. I, Tav. 7.
(2) Vedi SrEiNM, Ueber fossile Hyiroioen atts der Familie der Corinidenj in Palaeontographica.
Band 2,5, 1878, pag. 112, Tav. 1, fig. 8-9. — Zittel, Handb. der Pai., pag. 283.
08 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
estema gran che conservata, pur tuttavia essa ofifre abbastanza analogia con quelle raffi-
gurate dal Goldfuss (1). specialmente con quella rappresentata alla figura 9Ì>. In essa son
visibili numerose lamine disposte radialmente al centro, spesse forse un decimo di milli-
metro e tutte attraversate da una parte all'altra da numerosi canali. La disposizione delle
lamine e dei canali concordano, a quanto è dato di vedere, colla descrizione e figure
date dallo Steinmann, non così le dimensioni che son di gran lunga inferiori a quelle da lui
indicate e che molto più si accordano con quelle che si potrebbero avere dalle colonie figu-
rate dal Goldfuss. Comunque la cosa sia, è certo che questo fossile è strettamente legato
al genere Thalaminia del quale può benissimo essere: tanto una specie diversa della Th.
Cottaldina, quanto una più giovane colonia.
Egli è di grande importanza il trovar qui questo genere finora non rinvenuto che in
giacimenti Giurassici suj)eriori o Cretacei inferiori, poiché, se dai descritti fossili abbiamo
già jìotuto arguire ad una fauna precipuamente Giui-assica superiore con qualche traccia di
abito Cretaceo ; da questo e dai seguenti generi, per la loro distribuzione geologica limita-
tissima, potremo con tanto maggior sicurezza trarre argomento a confermare i già ottenuti
risultati.
Genere Sphaeractinia Steinm.
Frammezzo alle numerose colonie d'Idrozoiche vissero al volger dell'epoca Giurassica
nel bacino di Ai'geutera. la maggior j)arte perdettero assolutamente la intima struttura del
loro scheletro, mentre altre non l'haimo perduta che in parte e queste servono a spiegarci •
l'origine delle numerose piccole masse di calcare cristallino, aventi forme esteme tondeg-
gianti più 0 men regolari, che in tanta quantità compaiono in ogni microscopica sezione
che venga praticata in questo calcare.
Yeniamo ai fatti : In una sezione microscopica praticata attraverso ad un globulo
elittico di calcare bianco grasso e del diametro di 2 millimetri, che dapprincipio appa-
riva completamente amorfo, potei scoprire da un lato traccie ancora dell'antica organizza^
zione. L'elissoide si ora formato per successivo accrescimento attorno ad un corpo estraneo
che nella sezione era visibile come un frammento di calcar nero di forma irregolare ed il
di cui maggior asse non aveva la minima visibile relazione coll'asse maggiore della colonia.
Attorno attorno a questo corpo si scorgono (talora inteiTotti dal medesimo) successivi sottili
strati di cellule di forma ad un di presso cubica, separate ciascuna dalle contigue nello
stesso piano e da quelle delli strati anteriori e successivi da una sottil parete calcarea. La
sezione viene così ad acquistare l'aspetto, che dirò con una frase non mia, di un nniro di
mattoni. Non vi potei però scorgere traccia di canali radiali , ne osservare la natura
della parete esterna del fossile. Successivamente e colla guida di questa prima sezione
ho scoperti organismi simili in molte altre sezioni e jiarimente trovai nella roccia altri
fossili dello stesso genere con dimensioni molto più grandi cioè giungenti fino ad un cen-
timetro di diametro. Essi si presentano nel calcare grigio nero come piccole masse bianche
o nere sferoidali e non offrenti, nemmanco esaminati con una forte lente, traccia alcuna di
organizzazione. Per scoprirla bisogna sottoporre una sottile sezione di questi corpi ad un
(l) Pelref. Oerm. , voi. I, pag. 38-39, Tav. 11, fig. 9-10.
PER ALESSANDRO PORTIS 69
ingrandimento di almeno 60 diametri, essendo poi molto più comodo lo studiarla e descri-
verla ad un ingrandimento di 250. Fossili di egual natui-a ed organizzazione furono già
trovati nel Giura superiore di Streitberg e vennero descritti dallo Steinmann (1) sotto il
nome di Sphaeractinia. L'unica specie però che egli ne descrive, la S. diceratina, ha dimen-
sioni tanto esterne che interne assai maggiori. Così, se i suoi esemplari oscillano nelle
dimensioni dell'intiera colonia fra i 20 ed i 60 millimetri, i miei stanno invece fra i 2 ed
i 12 ; se negli esemplari di Streitberg la distanza ft-a una lamina e Taltra (ciò, che io ho
chiamato le dimensioni delle cellule cubiche) sta tra gli estremi 0,3 e 0,5 mm., in quelli
di Argenterà non arriva a 0,1 di mm.
Tanto negli uni poi che negli altri, la disposizione generale è la stessa, uno scheletro
composto di lamine concentriche separate da spazi interlaminari più grandi che le lamine
stesse, divisi da colonne disposte verticalmente in cellule irregolarmente cubiche. Sono
intanto portato a tener distinta, come diversa da quella di Streitberg , la Sphaeractinia
fossile di Argenterà.
IDROCORALLINE
Genere Ellipsactinia Steinm.
Per mezzo di preparazioni con acqua acidula e di sezioni microscopiche, son pure
venuto a constatare la presenza di questo genere. Cousistono i fossili a questo appartenenti
in masse irregolarmente tondeggianti di calcare bianco-rossastro, spiccanti, nelle prepa-
razioni fresche , molto bene sul calcare nero che le avviluppa da ogni parte e dal quale è
quasi impossibile estrarneli. Le maggiori dimensioni osservate nelle colonie di t[uesto
genere raggiungono fino ai 4 centimetri ; queste maggiori colonie sono però già (juasi tutte
spartite in lobi, solamente le minori hanno una forma sferoidale. Sezioni microscopiche
normali esaminate con piccolo ingi'andi mento (60 diametri) mostrano distintamente lo
scheletro composto tli una serie di lamine concentriche avvolgenti un corpo estraneo e
separate da spazi interlaminari di uno spessore eguale o minore di ciascuna lamina. Le
lamine si presentano nelle sezioni normali con bordi iiTegolari e punto paralleli, sono
frequentemente saldate alle superiori ed alle inferiori per mezzo di riawicinamenti o di
colonnette calcaree rendendo così concamerati gli spazi interlaminari. Esaminata colla
lente, la superficie estema di una lamina, si mostra come leggermente zigi-inata ed ondulata
e portante qua e colà grossi ( qualche decimo di millimetro ) tubercoli calcarei tondi ed
avanzi della lamina superiore nei punti in cui le era in diretto contatto. IVattanto debbo
ai cambiamenti avvenuti in seguito alla spatizzazione il non poter assolutamente scorgere
l'apertura dei canali che necessariamente dovevano attraversare ciascuna lamina e dei
quali neppur più si vede col microscopio il percorso.
Le mie osservazioni mi portano intanto a riferire questi fossili al genere Ellipsactinia
stabilito or son pochi anni dallo Steinmann (2) per Idi'ozoi fossili trovati nel Giura supe-
riore di Streitberg associati ad esemplari del genere precedente. Anche qui però parmi non
(1) Vedi lavoro citato, pag. H6.
(2) Steimann., Ice. cit., pag. 118, Tav. 3".
70 SUI TERRENI STBAtlFICATI DI ARGENTERÀ
dover stabilire identità specifica colla Ellipsactinia descritta dallo Steinmann. Infatti
anche ijui come pel genere precedente si osserva fra gli esemplari dell'una e dell'altra
località una differenza nelle dimensioni degli elementi dello scheletro tutta in disfavore
dei fossili di Argenterà. Anche <iui le lamine son molto più sottili e per conseguenza molto
più ravvicinate, quindi minore sviluppo dei tubercoli che si slancino verticalmente da una
lamina all' altra e tanto minor sviluppo dei canali radiali in guisa da renderli o invisibili
o molto più facilmente cancellabili col movimento dovuto alla spatizzazione. Anche l'or-
dinamento concentiico delle lamine diventa men regolare, essendo molto più frequenti le
adesioni di ciascuna lamina colla superiore e colla inferiore e bastando l'intoppo di un
benché minimo corpo estraneo a disturbare lo sviluppo delle lamine in quel punto e per
conseguenza a produrre soluzioni di continuità che si manifestano nel progressivo accre-
scimento coi vani frapposti alle digitazioni degli esemiìlari più grossi e più vecchi. La
Ellipsactinia di Argenterà è, in somma, specie ben diversa dalla E. elliptica di Streitberg.
Faccio intanto notare questa associazione di generi con specie corrispondentisi tanto
a Streitberg come ad Argenterà, associazione che ci si è già manifestata per tutti gli
Idrozoi che abbiamo finora passati in rivista.
Genere Porosphaera Steinm.
Prima di lasciare gli Idrozoi mi sia permesso il far menzione di un ultimo genere
che panni aver riscontrato tra i fossili di Argenterà. In alcune delle sezioni fatte attraverso
a corpi che all'esterno mi parevano appartenere al genere Sphaeractinia , incontrai poi
una struttura dello scheletro ben diversa da quella caratteristica di quest' ultimo genere.
Per una forma generale del fossile ad un di presso sferoidale, del diametro di 10 mm.,
si riscontrano internamente lamine ordinate concentricamente l'una sull'altra bens'i, ma
molto confusamente : le lamine sono altrettanto grandi che gli spazi interlaminari e son
congiunte ciascuna colla sovra e sottostante per mezzo di una quantità di colonne o
meglio trammezzi regolarmente disposti che tornano (come nel genere Spaeractinia ) a
dividere gli spazi interlamellari in una quantità di cellule contigue.
Si osservano però dal genere Sphaeractinia le differenze ; 1° che le cellule hanno un
diametro presso a ]ioco uguale allo spessore delle lamine e dei tramezzi interlaminari ;
2° che i tramezzi sono molto più vicini , più regolarmente collocati , e inspessiti verso i .
j)unti di contatto colle lamine superiori ed inferiori; 3° che le cellule risultanti vengono
per la natura delle lamine e dei tramezzi a ricevere una forma sferoidica e non più cubica ;
4° finalmente e conseguentemente alle 3 differenze precedenti, che l'intiera massa viene ad
assumere un aspetto reticolato in cui per l'uguaglianza delle dimensioni dei vani (coloriti
in nero), con (juclle delle pareti (qui colorite in bianco), non si riesce più a distinguere
subito gli elementi dello scheletro dalle cavità, e solo posteriormente osservando come le
cellule 0 concamerazioni siano per lo più isolate entro la massa di calcare bianco cristal-
lino che le circonda, le isola e le dispone in strati, si viene a stabilire la disposizione dello
scheletro, che trovammo a prima vista cos'i ben discernibile nel genere Spbaoractinia.
Come nei generi precedenti non potei «lui osservare traccia di canale scoriente in
qualsiasi senso, e cos\ pure i miei tentativi di ossei-vazione della superficie esterna son
rimasti senza risultato. Tenendomi pertanto al finquì osservato ed avuto riguardo alle
PER ALESSANDRO POKTIS 71
differenze, che il fossile in questione presenta colla Sphaeractinia di Streitberg e con
quella di Argenterà debbo concliiudere : o trattarsi di una terza specie del medesimo
genere o più facilmente di una specie appartenente ad un genere diverso. E questo sa-
rebbe per me, dalla desciizione dell' autore, e dal poco profitto che trarre posso dalle
figui'e, il genere Porosphaera Steinm. (1).
Gli è bensì vero che il genere Porosphaera è sin ora solamente conosciuto come Cre-
taceo inferiore , ma quanto a me risolverei, questa come ho già risolta una precedente dif-
ficoltà di simil genere con dire che anche ammettendo fosse certa la mia determinazione :
1° il genere Porosphaera, che non è stabilito e conosciuto che da due anni appena, può benis-
simo aver rappresentanti Giurassici cui la non conoscenza del genere abbia finora impedita
una adeguata classificazione ; 2° che una identica distribuzione geologica l'hanno altri
fossili della stessa elevatezza organica e del resto affinissimi che pur li accompagnano ;
3° è appunto caratteristico delle faune Titoniche, questo incontrarsi di qualche genere
finor conosciuto come Cretaceo per entro una fauna di aspetto generalmente Giurassico.
Segue CELENTERATI
Classe delle Spugne.
Fra i numerosi ordini ultimamente stabiliti dallo Zittel (2) in questa classe, nessuno
di quelli, comprendente spongiali a scheletro siliceo, ha fin qui rivelata la sua presenza nel
banco fossilifero che ho preso a trattare ; tutta la piccola fauna appartenente a questa classe
che ho potuto scoprire, e radunare in questa località, tutta fin qui appartiene al 7° ed
ultimo ordine dello Zittel, a quello cioè delle spugne a scheletro calcareo , Calcispongiae
Blaind. Tutte le spugne fin qui raccolte sono malissimo conservate, e solo coll'aiuto della
forma estema e della posizione delle bocche e delle cavità viscerali riferite ai rispettivi
generi. Eccole intanto.
CALCISPONGIE
Genere Peronella Zitt. (3).
Il genere Peronella è rappresentato nel calcare di Argenterà nelle quattro località
di Grangie, Goretta, roccie Mortier e Koburent da individui piuttosto numerosi apparte-
nenti a quanto ])are ad una sola specie o tutt" al più a due.
Ogni individuo è alto per lo più 2 centimetri, regolarmente cilindrico per la sua mas-
sima parte superiore (diam. 10 mm.), e distintamente pedicolato inferiormente. Esso consta
di una spessa parete circolare di 3,5 mm. di spessore circondante una cavità viscerale che
discende giù fin presso alla estremità pedicolare e che non presenta alla sua superiore
apertui-a alcun restringimento boccale. Lo scheletro constava o doveva constare di grossi
(1) Steimann, loc. cit., pag. 121, Tav. 3, fìg. 8-12.
(2) Zittel, Studien ueber fossile Sponqien, fase. 1 , 2, 3. Abh. d. k. Bayr. Akad. d. Wiasensch., 2* ci.,
1877, Bd 13. — Zur Stammesgeschichte der fossile Spongien. Festschr. d. Phil. Fac. in Munchen zum
50 jàhr. Doctoi'-Jubil. des Prof. V. Siebold. Munchen 1878 — Handb. d. Palaeonlologie, pag. 127 e seg.
(3) ZiTTKL, Ueber fossile Spongien, Fase. 3, pag. 30, Tav. 12, fìg. 4-6.
72 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
fasci irregolari di spiculf calcaree iasieme saldate ; frattanto, per effetto della sopravvenuta
spatizzazione, per quante sezioni io abbia osservato al microscopio, non mi fu dato più di
scoprii' traccia di spicule ; anche i granili fasci avevano perduta la caratteristica natura della
lor superficie, e non erano più visibili che fasci rosariformi di calcare cristallino a superficie
più o men liscia, tutti contorti e fra loro intrecciati o meglio saldati. Similmente non potei
più scoprire se gli individui fossero alla base rivestiti di epitecio; parvemi di no, alla sommità
non lo erano sicuramente. Come già feci osservare, la mas.sima parte degli individui sono
isolati, alcuni però paiono saldati alla base a gruppetti di 2-4 o 5 individui, comunicando
allora inferiormente le cavità viscerali dei diversi corpi. Può darsi che gli individui isolati
da una parte, e quelli associati dall'altra appaiiengano a due specie, non lo credo però molto
probabile non potendosi, oltre all'accennata, rilevar alcuna differenza di costruzione o di
forma. Tutti invece concordano nella forma esterna colla Peronella Bronnii Miìnster sp. (1),
che abbonda noi Giura medio e superiore del Mezzodì della Germania, ed alla quale io li
riferisco.
Genere Corynella Zitt. (2).
A questo genere riferisco un unico frammento di Spongiale calcareo, a cui per la levi-
gatura son riuscito a scoprire la cavità viscerale, la natura della spessissima parete e le se-
zioni dei canali che in diverso modo attraversano quest'ultima. Lo scheletro si componeva di
grossi fasci calcarei irregolari, attorcigliati e saldati, i quali presso alla cavità visce-
rale si son fusi in una sola massa calcareo-cristallina bianca, ove esse non son più riconosci-
bili che per l'estremità sporgenti. A giudicarne dalle <limensioni del frammento rimastomi
l'intiero spongiale doveva avere un disco superiore di almeno 25 mm. di diametro, im-
possibile il dedurne l'altezza. Pare che manchi un epitecio e che i canali attraversanti la
parete termimno più suddivisi e fini nelle esterne porosità della medesima. La costituzione
insomma del fossile mi indica il suo posto nel genere Corynella, la pochezza però del mate-
riale conservato , mi impedisco di dargli un nome specifico. Anche il genere Corynella ha
nel Giura uno sviluppo considerevole e quasi tutti i giacimenti spongiferi di quest'epoca ne
contengono. Trovasi alle Grangie ed alla Goretta.
Genere Stellispongia D'Orbigny (3).
Di questo genere non ho dinanzi che un piccolissimo numero di esemplari, uno dei
quali ancor abbastanza ben conservato da mostrare la forma esterna mespiliforme con breve
e grosso pedicolo, vi son visibili ancor le traccio di un osculo superiore terminale e di un
secondo laterale (jier la restante porzione laterale, non mi è possibile il verificare essendo
ancor aderente la roccia). L'osculo superiore, poco profondo, porta ancor traccia delle aper-
ture dei canali deferenti e di alcuni dei canali afferenti. Di questi ultimi si vedono ancor
alcune aperture sparse per la superficie esterna. Questo spongiale era, a quanto pare.
(1) Vedi GoLDPuss, Petref. Gemi., Voi. 1", pag. 91, Tav. 33, fig. 9 (Scyphia).
(2) ZiTTBL, Fase cit., pag. 35.
(3. ZiTTEL, Fase, cit., pag. 39 (129). Handb. d. Palaeotuologie, pag. 192.
PEE ALESSANDRO POKTIS 73
vestito di un epitecio, almeno ne trovai traccia presso alla base. L'esame microscopico su
individui di questo genere non mi palesò che la solita confusione di fasci (più piccoli che
pei generi precedenti) , calcarei attorcigliati, saldati, irregolarissimi e mancanti di una
intima struttura per la cristallizzazione del materiale. Anche qui se credo ancor possibile
la distinzione generica del fossile stimo però impossibile una giusta determinazione spe-
cifica, dalla quale per conseguenza mi astengo. Località : Grangie e Goretta.
Genere Oculospongia From. ? (1).
Riferisco a questo genere uno Spongiale piccolissimo (poco più di un centimetro)
trovato ad Argenterà, il quale, colla costituzione microscopica pressappoco eguale a quella
degli altri Spongiali calcarei della stessa località, mostra un piccolo disco convesso attra-
versato verticalmente dalle aperture di 5 cavità viscerali intemantisi nella massa fibrosa
dello Spongiale che pare fosse rivestito di un epitecio.
Il genere Oculospongia è finora solamente conosciuto come Cretaceo: tuttavia il mio
fossile pare si accosti più a questo che ad altro genere, d' altronde abbiamo già più volte
nel corso di questo mio lavoro incontrata e rimossa questa diflScoltà. Località : Grangie.
Geneke Elasmostoma From. ? (2).
Lo Spongiale che ho riferito a questo genere si presenta sotto l'aspetto di una espan-
sione fogliforme di uno spessore variabile fra gli 8 e i 10 mm., costituito dei soliti elementi
microscopici (sempre tenuto conto delle modificazioni avvenute per il metamorfismo del ma-
teriale), e con una superficie superiore ed inferiore rivestite di uno strato corticale liscio e
sottile. Nella superficie superiore questo strato corticale è traforato da una quantità di
osculi piccolissimi, tondeggianti (0,2 mm. di diametro), sparsi irregolarmente ed a quanto
pare abbastanza profondi. In una sezione fatta ho ravvisate traccie di una grossa cavità
viscerale eccentrica, cilindrica (2,5 mm. di diametro) collocata immediatamente sotto al
detto strato corticale, ma di cui allo estemo non appare traccia di sorta. Lo Spongiale intero
(di cui non possiedo che un frammento) , aveva figura irregolarmente tondeggiante con un
diametro di 30 mm. al più, e la cavità viscerale di cui ho parlato dista dalla periferia di soli
■5 mm. : forse ve ne eran parecchie in simile posizione ? Anche qui la forma e la costituzione
del fossile mi hanno indotto a riferirlo ad un genere finora solamente Cretaceo, ma valga
per questo come pel precedente genere ciò che abbiam detto altre volte in simili casi.
Località: Grangie.
PROTOZOI
Rizopodi.
Ordine dei Foraminiferi.
I Foraminiferi si sono copiosamente sviluppati nel tranquillo mare frapposto ai banchi
coralliferi di Argenterà. Pressoché ogni sezione microscopica osservata, me ne faceva di-
(1) ZiTTEL, Fase, cit, pag. 43 (133).
(2) Vedi ZiTTEL. Fase. cit.
Serie II - Tom. XXXIV.
74 SUI TEEKEXl STRATIFICATI DI AKGENTl^KA
scernere parecchi, già, qualche frammento di Calcare se ne mostrava quasi interamente
composto. Nella grande quantità di animali di quest'ordine scoperti nella roccia, non mi
fu però mai dato di poterne isolare alcuno e quindi di poterne vedere la superficie. Tutte
le mie determinazioni furono per conseguenza fatte sulla configurazione di sezioni quali
fortuitamente avvenivano sezionando la roccia in varie direzioni. Oltracciò la spatizzazione
che alterò cosi profondamente tutti gli altri fossili, non rispettò neppure i Foraminiferi,
distruggendone o confondendone il guscio per modo che della natura del medesimo poco
più o nulla se ne riconosce, e rendendo cosi impossibile la distinzione dei generi che con
analoga forma esterna, appartengono in un caso agli imperforati, nell'altro ai perfo-
rati. In qualche caso (come per le Glanduline e le Saccamine) rese dubbio se si trattasse
di un corpo organico o di una formazione pisolitica, dubbio che ho creduto di aver risolto
trovando migliaia di questi globuli, fra uno o due che parevano aver conservata traccia di
una oscura concamerazione, ma che non è ancor di pianta rimosso. Allorché i Foraminiferi
sono un po' meglio conservati, essi si presentano sul fondo bigio nero del Calcare circostante
con una parete molto più oscura e con le cavità interne ripiene di Calcare bianco spatico,
in mezzo al quale, quando ancor conservate, spiccano pure in nero le pareti inteme. Solo
in due o tre individui di Foraminiferi in numero, su migliaia di riconosciuti, mi fu dato
scorgere ancora traccia di perforazioni attraversanti le pareti, per tutti gli altri le ho
trovate, come dissi, inevitabilmente cancellate.
Or, tenuto conto di questa difiicoltà, son ben lungi dall'esser sicuro di aver scoperto
tutti i generi di Foraminiferi contenuti in questo Calcare, mi accontento pertanto di qui
enumerare i generi della cui esistenza sono convinto (1).
Nella famiglia delle Cornuspiridi parmi avere incontrato i generi Saccamitìu e
Trochammina.
Nella famiglia delle Lagenidi ho ravvisati i generi Vaginulina, Cristellaria (con
più specie), Robulina, Frondi calar la, Gìandulina? (in grandissima quantità).
Nella famiglia delle Globigerinidi i generi Glohigprina, Orbulina? Tfxtuìaria.
Pulvintiìina (frequentissima), Planorbuliiia.
Finalmente dal regno animale saltando nel vegetale parmi avere nelle sezioni micro-
scopiche fatte, incontrato non sovente individui di Xnvicula.
Il Calcare di Argenterà non è che una Lumachella composta di tutti i generi precitati
di fossili con pochissimo materiale cementante, il quale proviene dagli stessi organismi
scomposti e non fa che riempire i meati da essi lasciati. La classe di animali clic in (|uesta
(I) Per la denomi nazioDe dei generi mi son servito principalmente dei seguenti lavori che più
facilmente mi erano a mano : D'Orbiu.vt, Foraminiftres Fussites du bassin Teitiaire de Vienna, Paris
1846. — Bornema.nn I. G. Ueber die Lias Formation in der umgegend von GóUingen und ihre orga-
nischen Einschlùsse, Berlin 1854. — TERnv^yi, Recherches sur les Forainitiifères du Lias et du sist. Oot.
de la MosdU. Metz 18Ó8-I874, in-S". — Sur les h'oraminif^res du Bajocien de la Af oselle , Paris 1877.
— ScHWAOER, Saggio di una classi/ica tione dei Foraminiferi. Boll, del Comit. geol. Ital. Roma 1877.
— ZiTTEL, HandOuch der Palaeonlologie, Mùnchen 1876, pag. 61 e seg.
PER ALESSANDRO PORTIS
75
Lumachella ha la maggiore importanza e forma, per cosi dire, il fondo del quadro in ogni
sezione microscopica è quella dei Foraminiferi. — Dopo vengono i Brachiopodi dei quali
per ogni dove si incontrano frammenti di guscio. Seguono ancora abbondantissimi gli
Esacoralli, ed ancora abbondanti ma già senza importanza qual materiale primo della
Lumachella divengono le Calcispongie. Una classe ancor importante per certe parti del
materiale è quella delle Idromeduse ; a queste succedono in ordine sempre decrescente i
Gasteropodi ridotti a pochi generi con mediocre sviluppo individuale e numerico, i Lamel-
libranchi ancor più ridotti e finalmente i Cefalopodi scarsissimi. Scarsissimi pure i Ver-
tebrati.
Egli è naturale l'ammettere che tutto il carbonio accumulato in tanti organismi
contemporaneamente viventi ed affollati in si breve spazio , non abbia potuto essere
esportato o distillato colla stessa rapidità con cui avveniva la generazione e la morte
dei singoli organismi, ma che pur liberandosene alquanto, la maggior parte avesse a
restare rappresa e impigliata in mezzo alla massa calcarea che in grande abbondanza
veniva pur prodotta e rapidamente accumulata. Egli è perciò che il Prof. Spezia nelle sue
ricerche sul materiale xilbitifero che io gli avevo fornito, avendo sciolti in acido diversi
frammenti di questo Calcare, ne ottenne una notevole quantità di carbone non ancora
modificato tanto come l'Antracite, ma piii simile alla Lignite ed al Litantrace, e che am-
bidue riteniamo come carbone di origine animale. Finalmente una eguale origine attri-
buisco ai bei cristallini bipiramidati di Quarzo, che lo stesso Professore ottenne pure in
(juantità grandissima unitamente al carbone. Fra gli organismi citati, benché calcarei,
moltissimi ve ne sono che hanno parti dello scheletro silicee; oltracciò posso benissimo
supporre la presenza di Spugne e di Foraminiferi a scheletro interamente siliceo, e che lo
scheletro loro, disciolto per un agente qualsiasi, si sia poi ridepositato in cristalli nello
stesso materiale calcareo entro cui era impigliato.
Dei cristalli di Albite poi, parlerò in seguito.
Kiassiumiamo intanto la lista dei fossili fin qui menzionati :
Vertebrati, 1 genere, 2 specie.
1. Strophodus sp. - S. subreticulatus Ag.
2. Strophodus sp. - S. nebrodensis Gemm.
Crostacei, idi genere.
S. Bolina sp.
Cefalopodi 3 generi 6 specie.
4. Belemnites sp.
5. Loligo sp.
(ì. Ammouites cf. mutabilis Sow.
7. Ammonites sp. (1) - A. Eupalus D'Orb.
8. Ammonites (Oppelia) Lithographica Opp.
9. Ammonites (Perisphinctes) Albertina Ca-
tullo.
Gasteropodi, 4 generi, 9 specie.
10. Nerinaea Bruntrutana Thurm.
11. Nerinaea 1" n. sp. - N. bacillus D'Orb.
12. Nerinaea cf. bacillus D'Orb.
13. Nerinaea 2' n. sp.
14. Nerinaea 3^ n. sp. - N. Lorioli Zitt. -
N. Koemeri Phil.
15. Nerinaea 4* n. sp.
(I) Per alcune delle specie che ho lasciate senza nome in questa lista, ho posto accanto preceduto
da un — il nomo della specie a cui senza doverla riferire l'ho confrontata od avvicinata nel corso di
questo mio lavoro. Così pure ho fatto seguire il nome di una o più fra le località dove la stessa specie
o dove, e queste tra ( ), una prossima rappresentante era pur stata trovata.
76
SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
16. Chemnitzia sp.
17. Natica 2 sp. indeterminate.
18. Patella sp.
Lamellibeaxchi, 8 generi, 13 specie.
19. Pholadomya sp. - Ph. nodosa Goldf.
20. Pholadomya 2" sp. - Ph. Murchissoni
Sow. \'ar. truncato-cordata Goldf.
21. Isocardia sp.
22. Panopaea sp.
23. Lima sp.
24. Lima cf. Picteti. Porrentruy.
25. Pecten articulatus Schloth. Porren-
truy, Lémenc.
26. Pecten subpunctatus Miinst. Streit-
berg, Lémenc.
27. P. monsbeliardensis Ctj. Porrentruy,
Mont-Salève.
28. P. giganteus Munst. Streitbe'rg.
29. Spondylus cf. velatus Goldf. Streit-
berg.
30. Ostraea sp.
31. ExogjTa cf. spiralis Goldf. Porren-
truy. Streitberg, Lémenc.
Beachiopodi, 3 generi e 24 specie.
32. Terebratula suprajurensis Th. Por-
rentruy.
33. T. bieskidensis Zeuschn. Porrentruy,
Lémenc, Mont-Salève.
34. T. nebrodensis Gemm. Xord di Si
ci li a.
35. T. bisufifarcinata Schl. Lémenc, (Nord
di Sicilia).
36. T. Carpathica Zitt. Lémenc, Kogoz-
nik, Maudens.
37. T. nucleata Schlot. Lémenc. (Por'
rentruy, N. di Sicilia, Mont-
Salève).
38. T. Billiemensis Gemm. Nord di Si
cilia, (Mont-Salève).
39. T. Himeraensis Gemm. Nord di Si
cilia.
40. T. Parandieri Et. Porrentruy.
41. T. globata Sow.
42.
43.
44.
45.
46.
47.
48.
49.
50.
51.
52.
53,
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
61.
62.
63.
64.
65.
{]ù.
67.
68.
69.
70.
71.
72.
73.
74.
75.
T. Euthrmi Pict. Lémenc, Dai.
T. Bouei Zeuschn. Rogoznik.
T. mitis Suess. Stramberg. N. di
Sicilia.
T. Bilimeki Suess. Stramberg, Dat.
N. di Sicilia.
T. n. sp.
T. ( Waldheimia ) Delemontiana Opp.
Porrentruy.
Terebratulina substriata Schloth. Lé-
menc.
Ehinchonella semiconstans Et. Por-
rentruy.
Eh. Thurmanni Bromi. Porrentruy.
Rh. Hoheneggeri Suess. Stramberg,
Nord di Sicilia.
Eh. cf. Tatrica Zeuschn. Rogoznik.
Eh. capillata Zittel. Dat, Eogoz-
nik, Stramberg, N. di Sicilia.
Eh. tetrahedra Sow.
Crania corallina Quenst. Lémenc.
Briozoi 1 3 generi.
Diastopora sp.
Berenicea densata Et. Porrentruy
Entalophora sp.
Terebellaria sp.
Fascicularia sp.
Ceriopora 2 sp.
Eadiopora sp.
Heteropora sp.
Stomatopora sp.
Cellepora sp.
Eschara? sp.
Eetepora ? sp.
Tubipora? sp.
Echinodermi, 7 generi.
Ehabdocidaris sp.
Acrosalenia sp.
Hemicidaris sp.
Metaporhinus sp.
Sphaeraster sp.
Àpiocrinus sp.
Entrochus sp.
PEB ALESSANDEO POKTIS
77
Idkozoi, 3 generi.
99. Thalaminia sp. — T. crispa Goldf.
sp. (Streitberg).
100. Sphaeractinia sp. - S. diceratina Steinm.
(Stramberg).
101. Ellipsactinia sp. - EUipsoidaea Steinm.
(Stramberg).
Calcispongie, 5 generi.
102. Peronella Bronnii? Goldf.
103. Corynella sp.
104. Stellispongia sp.
105. Oculospongia? sp.
106. Elasmostoma? sp.
FoEAMiNJFERi 1 2 generi e numerose specie.
Coralli Zoantaeii ed Alcionaeii,
23 generi.
76. Montlivaultia 2 sp.
77. Cyathophyllia sp.
78. Leptophyllia 2 sp.
79. Calamophyllia sp.
80. Thecosmilia sp.
81. Cladophyllia sp.
82. Baryphyllia sp.
83. Faviasp.
84. Cladocorasp.
85. Goniocora sp.
86. Plesiosmilia sp.
87. Axosmilia sp.
88. Stylina sp. - Stylina hirta Edw. et H.
(Mont-Salève).
89. Columnastiaea sp.
90. Stylohelia sp. — St. mamillata From.
Le me ne.
91. Psammohelia sp.
92. Enallohelia sp.
93. Oculina sp.
94 Trochocyatus sp. — Tr. truncatus
Zitt. (Kogoznik).
95. Turbinolia sp.
96? Caryopyllia sp. - C. primaeva Zitt.
(Kogoznik).
97. Heliopora sp.
98. Gorgonia sp.
Abbiamo cosi in tutto quasi un centinaio di generi ed in questi una certa quantità
di specie più o men bene riconosciute.
Come si è potuto vedere nel corso della enumerazione dei singoli generi e specie
io mi sono assolutamente astenuto dal traire dalla presenza di un genere o di una specie
conseguenze sulla età del terreno in cui essi erano rinchiusi, questa conseguenza che
appoggiata alla presenza di un sol fossile per lo più mal determinabile avrebbe potuto
esser falsa oppure dar motivi a forti dubbi, appoggiata invece all'esame di tutta la
fauna, ancorché mal conservata, acquista un certo carattere di sicurezza che non è più
cosi facilmente contestabile. Infatti se le Ammoniti nou determinabili o poco, non ci
indicano precisamente la zona in cui il banco fossilifei'O deve essere collocato, ci tirano
però già, coi soli indizi di loro presenza, fuori di tutto il gruppo dei terreni primarii e
questo è già molto quando si consideri che appunto fossili compagni ai nostri, ma trovati
in altre parti delle Alpi occidentali, furono ritenuti per primari. Dimostrato colle Ammo-
niti che ci troviamo nella cerchia dei terreni secondari, il genere Nerinsea, colla sola sna
presenza ben dimostrata, ci indica non trattarsi nel caso nostro ne di Trias ne di Lias, ma
107.
Saccamina.
108.
Trochammina.
109.
Vaginulina.
110.
Cristellaria.
111.
Robulina.
112.
Frondicularia.
113.
Glandulina.
114.
Globigerina.
115.
Orbulina.
116.
Textularia.
117.
Pulvinulina.
118.
Planorbulina.
78 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
l)ensì di terreni da collocarsi fra il Giura medio e la Creta superiore. Ma sappiamo che il
principale sviluppo del genere Nerinsea coincide nell'Europa meridionale colle assise su-
periori del terreno Giurassico ; d'altronde delle specie rinvenute, una si lascia riferire ad
una specie già conosciuta come appartenente al piano Kimmeridiano. le altre quantunque
nuove hanno incontestabili rapporti con specie di egual età. Saltando di pie pari i generi
Chemnitzia, Natica e Patella, nel nostro caso poco sicuri, abbiamo il genere Pholadomya
che benché già comparso nell'epoca Liassica, tuttavia ha il suo più grande sviluppo nel
Giura superiore ; e i pochi rapporti osservabili negli individui di Argenterà, tutti sono per
specie appartenenti od al Giura medio od al supeiiore. Similmente il genere Pecten è
rappresentato con 3 specie che si lascian direttamente riportare a specie Kimmeridiane e
con una quarta che mal conservata, pur tuttavia molto ricorda specie della stessa età.
Saltiamo il genere Spondylus troppo scarso fin qui : anche il genere Exogyra caratteristico
dei terreni Giurassici in generale, vien in Argenterà trovato con una forma affatto carat-
teristica dei piani superiori di questi terreni ; sopra 16 specie di Terebratule, nientemeno
di 1 5 si riscontrano nei diversi giacimenti Kinimeridiani o Titonici del resto di Europa,
quantunque poche di esse abbian già vissuto anche in epoche anteriori, sopra sei specie di
KhjTichonella cinque sono proprie del Giura superiore, l'altra quantunque comparsa prima,
si trova pur nel Giura; e il genere Crania ci presenta una specie conosciutissima ed
appartenente agli strati superiori del Giura. Non voglio dare troppa importanza ai Briozoi.
però debbo far notare come appunto il grande sviluppo che vediamo a prendere a
questa classe di animali, sia nel numero dei generi che in quel delle specie e delli indi-
vidui, ci indicano prossima l'epoca Cretacea nella quale appunto toccarono l'apogeo del
loro sviluppo i generi trovati in Argenterà. Ne possiamo trascurare gli Echinodermi che
ci mostrano alcuni generi i quali appunto nei tempi intermediari al Giura ed alla Creta
raggiunsero il massimo di importanza. Veniamo ai Coralli : trascuriamo gli Alcionari e
occupiamoci dei soli Zoantari. Son tutti Esacoralli ; le specie non son più tutte ricono-
scibili ma i generi son tutti che o cominciarono a vivere nel Giura e specialmente nel
Giura superiore o in quell'epoca raggiunsero l'apogeo del loro sviluppo. I rapporti che
si mostrano in questi Coralli son tutti marcatamente per specie Giurassiche superiori (1)
già talor anche per specie Cretacee.
Ed allora passiamo in un altro campo di considerazioni : Gli autori che si sono occu-
pati dello studio del terreno Titonico, lo han considerato come una fase di passaggio
avvenuta al cadere dell'epoca Giurassica, e proseguitasi anche mentre nelle contrade Setten-
trionali di Europa, si era già cominciata a svolgere la fauna Cretacea. Per conseguenza
pur durando in generale nei giacimenti Titonici l' impronta Giurassica della fauna, vi
si associano di già qualche genere e specie Cretacei. Questa mescolanza caratterizza
appunto i terreni Titonici: essa è men sensibile nei giacimenti Titonici più antichi come
sarebbero appunto quelli posti ad Occidente delle Alpi, al Nord della Sicilia, in alcuni
punti dei Carpazi; è più sensibile invece nei Titonici superiori, come sarebbero altri
(I) Non posso passare sotto silenzio l'analogia di fauna corallina esistente tra il giacimento di
Argenterà e quello di S'-Michel (Meuse) analogia che salta immediatamente agli occhi ^benché non si
poaaa rigorosamonte e sciontificameiittì finnr stabilire) allorché si compara il complesso delle forme
cespitose della piiina località con quelle dell'altra, a quanto almeno posso indurne dalle descrizioni e
figure date dal Michelin neWIconographie loophitologique . Paris I8J0-47, in-4», pag. 88-93, Tav. 19-21.
PER ALESSANDRO PORTIS 79
giacimenti dei Carpazi medesimi o delle Alpi Meridionali. Per noi adunque è importante
il far notare, che l'aspetto della fauna di Argenterà che, per gli animali superiori ai
Coralli, si era mostrato decisamente Giurassico superiore ; per i Briozoi e per i Coralli,
mostra una qualche tendenza alla fauna Cretacea, e che tale tendenza torniamo a veri-
ficare negli Idrozoi, dove di quatti'o generi trovati, due sono finora conosciuti come esclu-
sivamente Giurassico-superiori , uno come Giurassico superiore ad un tempo e Cretaceo
inferiore, e l'altro esclusivamente Cretaceo, ed ancor più nelle Spugne dove, di cinque
generi stabiliti, l'uno è incerto e non merita ne teniamo conto, un secondo era finora
conosciuto come non anteriore al periodo Cretaceo , mentre gli altri erano diffusi tanto
nel Giura superiore quanto nella Creta.
Appoggiato a queste considerazioni, io non esito a considerare il giacimento di Argen-
terà, siccome Titonico. Considerato poi che l'aspetto della fauna di questo giacimento si
dimostra ancor prevalentemente Giurassico superiore, mentre i tipi Cretacei sono in gran-
dissima minoranza, corrispondendo per conseguenza principalmente colla Facies a Coralli,
Gasteropodi e Brachiopodi del Titonico inferiore, sarei di opinione di considerare pure
questo giacimento come rappresentante nelle Alpi Marittime il Titonico inferiore stesso.
E risultato dalla discussione dei singoli fossili una analogia grandissima tra la
fauna di Argenterà da una parte, e quella del Sud della Germania, principalmente di
Streitberg (Spenge ed Idrozoi) (1); e di Porrentruy (Brachiopodi). La fauna di Argenterà
ha di nuovo analogie grandissime coi giacimenti Giurassico-superiori posti all' Occidente
del tratto delle Alpi compreso fra il Monte Bianco ed il Moncenisio; infatti molte specie
di Coralli e di Brachiopodi sono comuni ai giacimenti di Argenterà e di Lémenc da una
parte , di Argenterà e del Mont-Salève dall' altra. Qualcuna delle specie di Argenterà,
ma poche, son pur comuni al giacimento Titonico di Kogoznik (2), e le Ammoniti di Argen-
terà ricordano forse quelle delle Alpi Venete. Finalmente, la fauna di Argenterà ha, per
ciò che riguarda i Brachiopodi, ancora stretti rapporti colla fauna Titonica inferiore del
Nord della Sicilia mentre la presenza e lo sviluppo dei Briozoi ne costituiscono la parte
caratteristica. Tutti questi rapporti colle sopraindicate faune risultano chiaramente dalle
note poste in seguito a ciascun nome tanto nel corso della discussione, quanto nella lista
dei fossili.
Un fatto è però ancor degno di esser notato , ed è che tra i numerosi fossili di
cui ho fatto cenno siccome trovati in Argenterà, non sia ancora occorso di trovarne alcuno
il quale bene o male ricordasse o la T. Diphia o la T. Janitor. Ella è nota la grande
importanza che hanno questi due Brachiopodi nella stratigi-afia dei terreni Titonici, e che
in molti casi la collocazione di qualche terreno, nel grujìpo superiore od inferiore dei
terreni Mediterranei, dipenda dalla presenza dell'una o dell'altra di queste due specie.
Le considerazioni che abbiamo fatte precedentemente sulle relazioni esistenti tra la fauna
di Argenterà e quelle di Mont-Salève e di Sicilia, ci inducono da una parte a considerare
(1) Colle faune di Stramberg e di Lémenc presenta la fauna di Argenterà ancora una grandissima
analogia nell'aspetto generale, essendo come quelle una facies a Cefalopodi, Gasteropodi, Bivalvi e Coralli
assieme riuniti.
(2) La fauna di Rogo/;iuk non può aver con quella di Argenterà che ben poche specie comuni
essendo quella di mare profond ) e quindi ricca di Cefalopodi, questa invece di basso fondo e ricca per
conseguenza di Coralli associati e di Brachiopodi.
m) sn TEREBNI STKATIFICATI DI ARGENTERÀ
il giacimento di Argenterà siccome contemporaneo a queste ultime, cioè a collocarlo nel
Titonico inferiore (strati di Kogoznik, etage du Calvaire a Lémene), opinione questa che
vieu confermata d'altra parte dalla concordanza di molte specie del giacimento in questione
con quelle di classici giacimenti appartenenti al Coralliano della Sveria, della Franconia
e della Svizzera. Anzi io partirei da questa associazione della facies Mediterranea o Tito-
nica con quella dell'Europa media per considerare Argenterà come una stazione di confine
tra le due facies e dove esse per conseguenza appaiono associate. Già si conosce come
questo confine corra nelle Alpi OccidentaU parallelamente al piede estemo delle mede-
sime, passando per il Mont-Salève, Chamberg e Grenoble.
Una nuova vera stazione di confine la riscontriamo così ad Argenterà, di dove
jìartendo, possiamo scorgere la formazione Giurassico-superiore, unitamente ad altre più
recenti, prendere non secondaria parte nelle grandi masse stratificate che costituiscono le
Alpi Marittime.
Accennata così la mia opinione che trattisi per Argenterà di terreni corrispon-
denti al Titonico inferiore, e prima di parlare di alcuni banchi che regolarmente sotto -
e sovrastanno al banco fossilifero di questa località, passiamo ad esaminare alcune opinioni
state espresse in proposito dai Maestri che mi precedettero, voglio dire dal Sismonda
e dal Gastaldi.
Del banco fossilifero di Argenterà, non trovo ancora cenno nella memoria del Sismonda
sui terreni stratificati delle Alpi (1), dove però vengono già dati dettagli su terreni della
Cima di Pourriac, di cui avremo a riferire in seguito. Troviamo già citato invece lo stesso
banco nelle: Xofizip sulla costituzione geologica delle Alpi piemontesi dello stesso
autore (2) ed in una lettera da lui scritta il 26 maggio 1848 ad E. de Beaumont (3).
dove i fossili sono considerati come Liasici e, nelle Notizie, vengono paragonati con quelli
che si incontrano all'origine della valle della Tinea (pag. 81) e di cui parleremo in se-
guito, nella Lettera, insieme a quelli incontrati al Perron des Encombres, ancora riferiti
al Lias. D'allora in poi la località di Argenterà diviene pel Sismonda giacimento Lia^ico.
sul quale insiste più volte, riportandone dapprima i fossili nella lista a pag. 88 delle
stesse Notizie, poi citandola nella Classificazione dei terreni stratificati delle Alpi tra
il Monte Bianco e la Contea di Nizza (4) a pag. 21 e 67. In questo lavoro il Calcare del
•Tan banco fossilifero di Argenterà viene unito al Calcare di Yillet e considerato siccome
sincrono di quello del Colle du Chardonnet (5), du Bonhomme e des Encombres, località
tutte che dietro i fossili raccolti, vengono considerate appartenenti al « Terreno Antraci-
toso inferiore (parte superiore) » e rappresentanti il Lias superiore. Le stesse affermazioni
vengono fatte nella Lettera ad E. de Beaumont letta alla Società Geologica di Francia
nella seduta del 7 maggio 1855 (6) eJ al Calcare di Villette, e per conseguenza paralle-
(1) Mem. della R. Acc. d. Se. di Torino, Serie 2«, Voi. 3°, 1841 (letta nell'adunanza 15 dicembre 1839).
(2) Mem. della R. Acc.d. Se. di Tonno, Serie 2'. Voi. 9". 18J8 (adunanza 19 gennaio 1845) pag. 72.
(3) Bull. Soc. Geol. de Frane*. Voi. 5, Ser. 2. IBIS, pag. 410.
(4) Mem. Acc. di Torino, S.TÌe 2", Voi. 12, 1852.
(5) Per questa importante località non sarà inopportuno il citar di nuovo il lavoro originalo di
IC De Beaumont : Sur un ginemenl de V^gélatix fussiles et de GrophUe situé au Col du Chardonnet
(ITnulex AtpesJ. Anniiles des Sciences nalurelles. Tome \r<, 1828, pag. 353.
(6; Vedi Bull. -Soc Oc'ol. de France,'^' Ser., Voi. 12, 1855, pag. 635. In questa seduta venne inoltre
dal Gaudry fatto u» esatto riassunto dello stato della questione .dei Calcari Alpini a quel momento,
PEK ALESSANDRO PORTIS 81
lizzati con quel di Argenterà, vengono successivamente aggiunti i giacimenti fossiliferi del-
l'Esseillon (1) e della Magdelaine in Savoia (2). Siccome però il Calcare « des Encombres »
e du Bonhomme era stato unito coi Calcari « del Brian^onnais » (3), ne veniva di naturai
conseguenza che tutti i nominati giacimenti, compresi quello di Argenterà e quello « del-
l'Esseillon » venivano compresi nella immensa zona dei « Calcari » che, attribuiti al Lias
superiore ed inferiore , si estendevano attorno al piede Francese delle Alpi Occidentali,
a partire dall'estremità Meridionale del Massiccio del Monte Bianco e anivando fino alle
sorgenti della Tinca nelle Basse Alpi (4). Frattanto però questo vasto mantello dei
« Calcari del Brian^onnais » veniva esso stesso scomposto, riconoscendovisi i rappresen-
tanti di varii gruppi , e ai margini del medesimo incontrandosi, principalmente verso
Francia, giacimenti assai posteriori. Cosi trovo che già nel 1844, il Rozet faceva risal-
tare le condizioni particolari delle roccie di Yizille dove la formazione « Antracitica »
veniva nettamente ricoperta dai « Calcari a Belemniti » (considerati come Liassici) e questi
da altri Calcari compatti, simili a quello della Porte de Trance (5) e che questi Calcari
venivano diligentemente classificati nella formazione Colitica superiore in confronto coi
sottostanti e coi Xeocomiani sovrastanti dal Chamousset (6). Successivamente nel 1855
Rozet accentua ancora quanto disse nel 1844, allargando il territorio occupato dai
« Calcari simili a quelli della Porte de Prance », ed estendendolo nella valle dell' Ubaye
fino al Confine Italiano, sostenendo infine questa sua opinione con l'appoggio di fossili
trovati in più località delle Basse Alpi (7). Così nel bel mezzo di questo vasto dominio
del « Calcare del Brian(;onnais » , comincia il Lory a distinguerci nel Calcare stesso una
questione a cui molto si attacca la nostra speciale, nonché delle pubblicazioni fino allora fattesi al
riguardo.
(1) ìsole sur le calcaire fossilifere du fori de V Esseillon prh de Mudane \ extrait de lettre de
M. le Prof. A. Sismonda à M. E. De Beaumont. Compt. rend. de l'Acad. d. Se. de Paris- seance 19
septembre 1859, Voi. 49. Vedi pure Nuore osservazioni geologiche sulle Roccie antracitifere delle Alpi
del Comm. A. Sismonda. Mem. d. Acc. di Torino, Serie 2*, Voi. 24, IB67 pag. (della memoria) 20.
(2) Leltres sur la Conslitution Géolugique de quelques parties de la Savoie, adressi^es par M. le
Prof. A. Sismonda à M. E. Dk Beaumo.nt. Extr. du compte-rendu de l'Acad. d. Se. de Paris. Séances
du 26 octobie et 7 décembre 1857.
(3) Vedi SciPioN Gras, Introduction à un essai sur la Conslitution Géologique des Alpes CentraUs
de la France et de la Savoie. Bui. Soc. GJol. de Franco, Ser. 2, Voi. 1", pag. 690 (pag. 70i e seg.).
Lory, Nouveaux documents sur i:s Gr^s de la Maurienne et des Hautes Alpes Bull. Soc. Géol. Fr.
Voi. 17, Ser. 2^ pag. 179, e pag. 481. 18tì0 — Loby, Nouveaux détails sur un Gisement de Nummulites
en Maurienne et considérations sur l'usage des caraclh-es stratigraphiques dans les Alpes. Lokt,
Note sur la Constiluiion strvtigrvphique de la Haute Maurienne, stesso Boll., Voi. 18, pag. 34 (pag. 41
44, 45l e pag. 47 Lettre de M. Favre à M. De Verneuil sur le mème sujet — e pag. 742 Lory, Compte-
rendu de la course de Modane à Bramans et au fori de V Esseillon. Réunion extraordinaire a Saint- Jean
de Maurienne (pag. 749). — Lory, Coupes et cortes géologiques du Brian ponn ais : stesso Boll., Voi. 20
1803, pag. 233, pi. 3 o 4. — Vignet, Noie sur une Coupé du Calcaire du Briangonnois: stesso Boll.
Voi. 23. 1865, pag. 181 — e pag 482 Lory. Communication surla Carle Géologique de la Maurienne
et de la Tarantaise par Lory et Vallbt (pag. 493, Tav. 10).
(4) Vedi Bull. Soc. Géol de France, Voi. 12, 2» Ser., pag. 204-254, PI. 9 e 10. — Rozet, Mémoire
géologique sur les Alpes Franfaises.
(5) Bull. Soc. Géol. de France, Voi f ",2» Ser., pag. 651 . Réunion extraordinaire à Chambéry, pag. 652,
e discussione, pag. 6'i9. — RjZet, Sur quelques parties des Aliies Dauphinoises.
(6) Sur les Caractìres et l'indépendance des lerrains Jurassiques et Néocomiens de la Savoie. Stesso
Volume, pag. 787.
(7) Rozet, Mémoire géologique sur les Alpes Francaises: Bull. Soc. Geol. de France, VoL 12 2" Ser.
1855, pag. 2ll4 e seg. (pa-.227); vedi pura la seguente nota di Scipiom Gbas, Sur la Conslitution Géo-
logique du terrain anthracifère alpin et les différences qui le séparent du terrain Jurassique, a pag. 255
dello stesso Volume.
Serie II - Tom. XXXIV. t.
82 Sri TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
certa qual complessività contenendo, col concorso dei terreni rappresentanti le sue due
facies principali (Lias compact et Lias sc/»s<f «a^, fossili delle epoche dall'Infralias sino al
Lias superiore (1), ed il Vignet ci divide tutta questa immensa pila di Calcari in 4 gruppi,
facendoci notare la relazione che passa fra i Calcari del 4" gruppo (costituenti il vertice)
del Chabertou ed i Calcari dell' Esseillon (2). Frattanto insorgono dubbi sulla contempo-
raneità del Calcare dell'Esseillon con quelli des Encombres, specialmente dopo la scoperta
fatta del terreno Nummulitico di Mont Kicher (3), i quali, dopo alcuna discussione, portano
il Lory, pur ritenendolo nelle roccia e Calcari del Briangonnais, a considerarlo come
Triassico (4). Vi sarebbe per conseguenza qui aperta contraddizione fra i risultati del
Vignet e del Lory, l'uno ritenendo questo giacimento come Lias superiore e fors'anco Ooli-
tico inferiore, l'altro come Triassico. I « grès antracitiferi » venivano frattanto dal Gastaldi
come di conseguenza, collocati fra i terreni Paleozoici ; e nei terreni ad essi inferiori veni-
vano collocati i Calcari di Rivara , Levoue , Lessolo , Montaldo Dora che bordano il piede
delle Alpi in Piemonte (•)). Ma con questi Calcari veniva per analogia di struttura confuso
il Calcare della sommità del Chabertou, il quale, come quello del Chinivert dal 1850,
già dal 1872 cominciava ad offiire qualche traccia di fossili non ancora determinabili (6)
ed insieme ad esso i Calcari del Monginevi-o, di Villarodin e dell'Esseillon. Ma nel 1875
i Calcari (detti dolomitici) del Chaberton. del Chinivert ecc. vengono nettamente separati
dalle pietre verdi su cui giacciono, ed in opposizione al Loiy, portati: neW orizzonte infe-
riore del paleozoico', a questa decisione conduce specialmente la determinazione dei fossili
trovati nella campagna precedente al Chaberton, fatta dal Michelotti, secondo il quale i
predetti fossili sono decisamente di abito Paleozoico (7). Altri fossili provenienti da
diverse località delle Alpi Marittime vennero pure confinati per lo meno nel Siluriano,
e di naturai conseguenza anche le roccie che U contenevano (8). Io ho già a pagina 63 di
questa mia Nota, parlando dei generi Stylohelia e Calamophyllia, fatta notare la gi-ande
relazione che passa fra le specie di Corallarii di Argenterà e quelle del Mont^Salève e fra
quelle del Mont-Salève e quelle descritte dal Michelotti e provenienti dal Chabei-ton
e da Vernante ; ora non mi resta più, per chiudere questa già un po' lunga rivista, che
(llXoRV, Carie et Conpes gcologiques du Brianfonnais ; Bull. Soc. Geol. de France, Voi. 20, Ser. "2*,
pag. m, f863.
(2) Vignet, Note sur un* Coupé des Calcaires du Brianconnais : Bull. Soc. Geol. de France, Voi. 23,
Ser. 2', pag. 178, 1866.
(3 Vedi Réunion extraordinaire de la Soc. Geol. de France a Saint-Jean de Maurìenne ; Boll.,
Voi. 18, Ser. 2', 1861, pag 742; Course de Modane à Bramans et au fort de VEsseillon (pag. 7-19) —
e pag. 47 e 34 stesso Voi. le note citate di Favrk e Lory — e Voi. 17, pag. 177 l'altra nota già citata
di LoBY. — Favre, Note sur le Terrain Triasique de la Savoie, suivi d'une lettre de M. Ch. Lory sur
le tnème sujet. Arch. d. Se de la Bibl Univ.de Genove, Mai 1867, page 54.
(i) Bull. Soc. Geol. de Fi-ance,yo\ 1", Ser. 3«, 1873, pag l'66 : Lory, Ohservations sur tes Alpes Graies
et Cottiennes. — Lory, Dcscrip. Geol. du Dauphine, 1860, pag. .VJO e seg.
(Ti) Gastaldi, Studi Geologici sulle Alpi Occidentali in .Memorie del R. Comitato Geologico d'Italia.
VoL 1°, 1871, pag. 20 e seg.
(6) Atti della R.Acc.d. Sciente di Torino, Voi. 7"; 1872; Gastaldi, Deux mots surla Geologie des
Alpes Cottiennes (pag. 3, 15 e 17 dell'estratto) — in Moinorie del R. Com. Geol., voi. 2": Gastaldi,
Studii geologici stUle Alpi Occidentali, F'arte 2", 1874, (pag. 39 della .Memorial.
(7) Gastaldi, Nota .<rui fossili del Calcare dolomìtico del Chaberton (Alpi Cozie) studiati da G. Miche-
lotti. UoU. del R. Comit. Geol., anno 187.^ N° 11-12 (pag. 8 dell'estratto) e stessa nota in Voi. 3°,
Serio 2*, 1876 degli Atti della R. Acc. dei Lincei.
(S", Gastaldi, Su alcuni fossili Paleoioici delle .ilpi marittime e dell' Appennino Ligure, studiati da
0. MicuELOTTi. Mera, della CI. di Se. Fis. .Mut. Nat. della R. Acc. dei Lincei, Serie 3*, Voi. 1", 1877.
PER ALESSANDRO POKTIS 83
dire che l'opinione che i Calcari del Chaberton e delle valli di Macra e di Stura come
pure dell'Appennino Ligure appartenessero al Siluriano, venne successivamente dal Gastaldi,
in seguito alle ossei-vazioni paleontologiche di Meneghini, Zittel e Giimbel, quasi com-
pletamente corretta, accostandosi Egli alla opinione del Lory, che il « Calcare del BrianQon-
nais » fosse di epoca Liassica bensì, ma allargandola nel senso che esso potesse contenere
in sé, e inferiormente, anche i rappresentanti dei Terreni inferioii al Lias (1). In tal modo
si andava accostando alla verità, e vi si accostava tanto più quando ammetteva la presenza
di « lembi Giurassici » attorno al margine dell'elissoide granitico del Mercantoui- i^uasi a
contatto col Gneiss (Su alcuni fossili paleozoici, ecc. pag. 18 dell'estratto); quantunque
egli facesse ben notare, subito dopo, che la roccia contenente i fossili in quest'ultima
regione era ben differente dal « Calcare Dolomitico » di cui era stata si lunga questione.
Ora i risultati ottenuti dallo studio del Calcare fossilifero di Ai'geutera, dal confronto
di questo giacimento con quanto vien riferito sui classici giacimenti del Mont-Salève (2),
di Aix e Chambéry (3), di Grenoble (4), ed in generale della Porte de France (5), dalla
rivista che siamo venuti facendo sulla storia del Calcare del Brian^onnais (6), princi-
palmente dai dati del Rozet e del Chamousset, mi porterebbero a così esprimere la
mia opinione: Il Calcare Fossilifero di Argenterà appartiene, come in generale il Calcare
della Porte de France, al Titonico inferiore. II Calcare della Porte de France per con-
seguenza oltre ad estendersi, secondo Pillet e Pictet, dal Mont-Salève fino a Grenoble,
oltrepassa ancor questa località, e passando per Vizille con una gi-ande curva attorno
al Monte Viso, e cambiando la natura della roccia ma non il contenuto fossilifero, ])assa
alla sommità della Valle dell' Ubaye e di là per la sommità della Valle della Stui-a entra
in Italia. Oltre a questa striscia il Calcare della Porte de France ne forma una seconda,
che sovrapponendosi ai « Calcari del Brian^onnais » si manifesta con divei-si lembi compresi
finora nel tratto tra la Valle dell'Are e quella della Vermenagna, e dei quali i principali
sono quello dell'Esseillon e di Villarodin, quello del Chaberton, quello del Cliinivert,
quello di Argenterà, dove incontrerebbe la prima striscia, e finalmente quello di Vernante
(del quale ultimo non avendo visti i fossili non sarei affatto sicuro) (7).
(1) Gastaldi, Sui rilevamenti Geologici falli nelle Alpi Piemonlesi durante la campagna del 1877.
R. Acc. dei Lincei, Classi! di Se. Fis., Mat. e Nat., Voi. T, Ser. 3\ 1878.
(2) A. Favrk, Rjcheixhes dans les Paijs voisins du Moni Blanc, Voi. 1", pag. 236. Le Mont-Salh)e,
descrisione geologica e Loriol, Descrizione paleontologica, Atlas l'I. A e B. — LoRY, Sur quelques
faits de la slruclure des Massifs Centraux des Alpes. Bull. Soc. Uéol. de France, Voi. 1", Sér. 3«, 1873,
pag. 397.
(3) Pillet, Descriplion gc'ologique des environs d'Aix (Savoie) : Ména. Acad. Imp.de Savoie, 2* Sér..
Voi. 3°, 1859. — Pillet, Descriplion géol. des Environs de Chambéry: Acad. Sav., VoI.8°, 1865. — I'illet,
Carles géologiques ; Acad. Sav., Voi. 8", 1865. — Pillkt, VÈtage Tithonique à Lémenc (Savoie) ; .\rchives
des Sciences de la Bibl. Univ. de Genève, 1871. — Pillet et Fromentel, Descriplion géologique et
paléontol. de la colline de Lémenc sur Chambéry ; Móm. de l'Acad. de Savoie, VoL 18, 1875, con Atlante.
(4) Lory, Sur le Gisemenl de la Terebralula diphya dans les Calcaires de la Porte de France aux
environs de Grenoble el de Chambéry; Bull. Soc. G,;ol. Frane. 2' Sér., Voi. 23, pag. 516 e nota di
Hesert, pag. 521, 186(3.
(5) PicTBT, Notice sur les Calcaires de la Porle de France el sur quelques Gisements voisins; Archives
des Sciences de la Bibliothèque Universelle de Genève, 1867. — Pictet, Elude provisoire des Fossiles
de la Porte de France, d'Aisy et de Lémenc; Mélanges Paléontologiques, 4"' partie, 1868.
(6) Mi son perciò molto servito delle indicazioni del Fournet in Détails concernants l'Orographie
et la Geologie de la partie des Alpes comprises enlre la Suisse et le Comté de Sice; Mém. de l'Acad.
des Se, Belles Lett. et Arts de Lyon, 1863 (pag. 74 e seg.).
(7) Potrebbe darsi il caso chea Vernante avessimo invece dinanzi un giacimento prettamente Cretaceo.
g4 SII TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
Allo scopo di confermare questa opinione , ho di nuovo sottoposti i fossili del
Chaberton, già descritti dal Michelotti, ad accurato esame e in essi ho trovato una
grandissima quantità di Coralli tutti quanti, per ciò che permette di vedere lo stato
odierno di conservazione, riferibili al genere Calamophyllia, come ho già detto più avanti.
Vidi che i presunti Entomostraci, ecc. altro non erano che sezioni longitudinali eviden-
tissime di Terebratule e che infine vi si potevano trovar traccie di Calcispongie del
genere Peronella ; anche la roccia contenente i fossili nelle due località presenta, checché
ne sia stato detto prima, grandissima analogia sia nel colore che nella struttura, che
nello stato e modo di consei-vazione dei fossili, tanto che io non esito a considerare Cha-
berton (sommità) come un secondo Campo Corallifero dell'epoca Giurassica in cui invece
del genere Stylohelia aveva la prevalenza di sviluppo il genere Calamophyllia (con specie
vicinissime alla C. Stokesi del Mont-Salève), il quale vi costituiva ammassi poderosissimi
frammezzo ai quali vivevano e trovavano condizioni adatte una infinità di Terebratule,
qualche Calcispongia ed alcuni Echinodermi appartenenti all'ordine dei Crinoidei.
Un altro banco corallino pure con sviluppo prevalente del genere Calamophyllia,
sorgeva nella località che ora venne innalzata alla sommità del Chinivert, almeno così
ne lasciano arguire i pochi Polipai fossili sin qui trovati in una roccia presentante con
quelle delle due citate località grandissime analogie fisiche.
E finalmente: le località del Forte dell' Esseillon sono anche fossilifere, ma i fossili
fin allora colà trovati non furono determinati con sicurezza; però i Generi colà trovati
ed incertamente collocati paiono compaiire anche in Argenterà, e la roccia presenta di
nuovo lo stesso preciso aspetto che la roccia di Argenterà, e come quella è gremita di
cristalli neri di Albite che restano, come residuo mescolati ad una grandissima quantità
di una polvere nera carboniosa, allorché il Calcare (che come quello di Argenterà non
si può chiamar dolomitico) viene disciolto in acido cloridrico.
Ho detto al principio di questa mia nota che il banco calcareo di Argenterà giaceva
in stratificazione pressoché concordante sopra un potente banco di Anidrite (ed aggiun-
gerò ora e di Camiolo) : senza ulteriormente diffondermi sulla età che si volle attribuire
ai Gessi, età che dovette sempre esser rilevata per mezzo di quella delle roccie incassanti,
mancando essi stessi di fossili, dirò solamente che la stessa giacitura dei Calcari Fossiliferi
per rispetto ai sottostanti Gessi si osserva unitamente alla stessa struttura fisica e chimica
dei Gessi stessi, tanto al Chinivert, quanto al Chaberton, quanto all' Esseillon e a Villa-
rodin; che varie sono le Roccie che sottostanno ai Gessi e Camioli nelle varie località,
essendo qua Calcari, là Serpentini e più in là Talcoschisti. Ma dappertutto si rileva
questa associazione di Gessi alla base e di Calcari Fossiliferi probabilmente Giurassico-
superiori superiormente. Che questi Gessi e Carnioli debbano veramente avere nna
imiìortanza geognostica? e che lasciato di rappresentare il Trias, come pria si creJova.
delibano oggi passare a rappresentare il principio dell'epoca Titonica e a separarla dalle
precedenti e principalmente dalla Liassica? Io conosco questa associazione in località
troppo circoscritte e non ancor ben sincronizzate . espongo questa mia ipotesi basata
sulla osservazione di pochi fatti accertati, spero che quando ne avrò raccolta una mag-
giore copia potrò accertarla.
PER ALESSANDRO PORTIS 85
PARTE SECONDA
Io ho finora esaminato il banco fossilifero di Argenterà in modo aflfatto isolato
e pei soli Materiali Paleontologici che esso conteneva. È d'uopo ora che io parli dei
rapporti che esso presenta coi Terreni sovrastanti e con quelli sottostanti, e di cui non
feci che troppo brevemente menzione nelle prime pagine di questa mia Nota. A questo
studio si presenta favorevolissimo il vallone di Pourriac che dal colle di questo nome
mena alla Stura un rio : il primo affluente di destra del rio Maddalena, a cui si immette
sotto all'abitato delle Grangie e che da questo punto porta il nome di Stura. Il vallone di
Pourriac è una vasta fessura che attraversa una grandissima quantità di strati di diversa
età, in direzione obliqua a quella dei teiTeni stessi e pressoché normale al primo tratto
della Valle della Stura che, come avi'emo a dire, non è altro che un'altra fessura offrente
però condizioni affatto diverse da quella di Poumac. Se adunque tiiiamo una linea
dalla cima di Pourriac pel vallone di Pouniac, il colle di S. Martino, le roccie Ciaussis,
il vallone di Koburent ed il colle della Scaletta e la seguiamo nel senso indicato, avremo
dalle due parti, ma più specialmente a destra, una stupenda sezione di terreni.
Appoggiandoci al Gneiss che occupa la sommità della valle della Tinea, troviamo
sul suolo Francese a 100 metri al disotto del confine Italico ossia dal vertice del Colle
di Pourriac uno straterello di materiale roccioso verde, che ad una superficiale osserva-
zione ci si rivela per un Tufo Porfirico eguale a quello di cui avremo a discorrere con rnsig-
gior diffusione più oltre quando avrem raggiunto il sommo del vallone di Eoburent. Questo
materiale è decisamente stratificato e frapposto regolarmente al Gneiss, ed al Calcare
Liassico che vi ti appoggia. Non sporge che per una lunghezza di una quarantina di metri,
e non vien attraversato che per 3 o 4 metri. Ha l'inclinazione del sovrastante Calcare,
di 35" ad ore 0,1 2\ e sarei portato a considerarla come il prodotto di una eruzione
avvenuta in seno al mare al primo aprirsi dell'epoca Liassica. Alla Boccia Porfirica verde
si appoggia un potente complesso di Calcari aventi l'inclinazione predetta, un colore
grigio nerastro , una struttura passante per un' infinità di gradazioni insensibili dalla
terrosa alla compatta ed alla schistosa, ed in generale un tatto abbastanza ruvido e gra-
noso proveniente da grande quantità di silice frappresa. Questi Calcari estesi da Est
ad Ovest formano tutta la Rocca dei Tre Vescovi, il Colle di PouiTiac il promontorio
del Baraccone di Pourriac, si immettono nel vallone di Colombart, di cui formano tutta
la parete Settentrionale, fin sotto Ferrière alla immessione del Kio di Colombart nella
Stui-a. Questi Calcari vengono attraversati nel piano della nostra sezione per un 650
a 700 metri senza che la lor massa possa venire petrograficamente divisa in gruppi
minori. Sappiamo però, e di certo, che il loro complesso rappresenta la serie dal Lias
inferiore al Giura Dogger medio (Oxfordiano).
86 SVI TERRENI STRATIFICATI ì)l ARGENTERÀ
In fatti in due località del vallone di Colombart, cioè presso all'origine sua ed ai
prati della Serre, vennero trovati dal Micbelotti, dal Eoasenda, dal Bruno, e da me
numerosi sebben mal conservati esemplari di Ammoniti che tempo fa vennero determinati
dallo Zittel appartenenti allo A. Spiratissimus Quenst. (1), e di Bclemniti appartenenti al
gruppo dei Paxillosi: dietro determinazione ancora del prelodato Zittel. Inoltre dall' anno
scorso tengo in mia mano un campione trovato dal Micbelotti, che pare porzione di un calice
di un Crinoide, forse di un Pentacrino, vista la molteplice dicotomia delle sue braccia,
ma di cui stante la cattiva e piccola porzione consei-vata, non si può guarentire l'identità.
Se tutti assieme trovammo alla base di questi Calcari dei fossili Liassici, a me avvenne
(juesta scorsa estate di trovar ju-esso la lor sommità un paio di esemplari cattivi, ma
riconoscibili di un'altra specie di Ammonite, cioè dell'A. plicatilis Sow. (2). L'uno di essi
anzi misiu'erebbe intero 1 8 cm. di diametro, ma è grandemente deformato, avendo acqui-
stata una forma elittica ed essendo stato molto schiacciato parallelamente ai lati. Or l'Am-
monites ])licatilis, attorno al piede Settentrionale delle Alpi e fin nel dipartimento delle
alte Alpi, si trova nei terreni Giurassico-medii che caratterizza giungendo fino all'Oxfor-
diano superiore; di più per tutta la potenza di questi Calcari si riscontrano, come me ne
potei assicurare, di tratto in tratto frammenti e traccie di Belemniti. e non si osserva in
tutto il percorso traccia alcuna di dislocazione.
Se adunque in questa pila di Calcari troviamo che essi si son formati senza inteiruzione,
l'un di seguito all'altro, se alla base vi troviamo fossili Liassico-inferioii ed alla sommità
fossili Giurassico-medii o superiori, quantunque non possiamo ulteriormente separare i
gruppi siamo forzati ad ammettere che la serie intera rappresenta il complesso dei ten-eni
formatisi dal cominciare dell'epoca Liassica fino al chiudersi dell'epoca Giui'assico-media,
al finire del periodo Oxfordiano. Lo stesso fatto si osserva anche nel versante Francese delle
Alpi dove, dice il Lory {Bescription géologique du Dauphine, 1 860): « Les assises inférieui'es
de l'étage Oxfordien reposent sur les assises supérieures du Lias sans (jue l'on puisse dis-
tinguer entre elles un gi-oupe de couches qui représente nettement le groupe Oolitique
inférieur, nous admettrons donc que ce groupe qui est déjà si réduit ou mème complè-
tcment supprimé à Crussol et à Privas manque d'une maniere generale dans les Alpes. . .»
pag. 54. Cos'i pure a pag. 105 dopo aver parlato dei pochi fossili Liassici delle Alpi,
conchiude nei limiti di questo terreno : « On volt d'après cela qu'il serait diflacile dans
l'état actuel de nos connaissances de partager en plusieurs étagcs distincts l'ensemble
des schistes argilo-calcaires (jui forment le teirain du Lias, l'aspect des roches est le
mème sur tonte l'enorme épaisseur de ce terrain ; les fossiles qu'on y trouve paraissent
indiquer, sur divers points l'existence des trois étages qu'on distingue habituellement dans
le Lias, mais ces fossiles sont trop rares pour iiu'il soit possible de reconualtre et de
tracer les limites respectives de ces trois étages ». Cos"i pure a pag. 245 come dii'ò in ap-
presso.
Una maggior grassezza dei Calcari neri che si attraversano, nonché qualche più fre-
fl) Vedi il più volte citato lavoro del compianto Gastaldi: Sui Rilevamenti Geologici nelle Alpi
Piemontesi durante la campagna del 1877 ; ]>Rg. 6 dell'estratto.
(2) Vedi O'Orh., Pai. Franc.-Ten: Jurass., Voi. 1°, pag. óU9, Tav. 191-192. — Pillet et Frombntbl,
Lémenc, pag. 23, Tav. I, fìg. 7-8.
PER ALESSANDRO POKTIS 87
quente traccia di fossili nei Calcari, ci rende avvertiti allorché noi progrediamo discendendo
il vallone di Pourriac o dal Colombart ascendendo alle Lose, che noi siamo esciti dalla prima
serie di terreni stratificati per entrare in una seconda. I Calcari appartenenti a questa se-
conda serie segnati sulla cartina in giallo e colla lettera T, son neri, su di essi risaltano in
bianco traccie di fossili ; son stratificati a grossi banchi e si accostano petrograficamente e
paleontologicamente ai Calcari che, pel loro contenuto organico , ho alle Grangie ed alla
Goretta discusso ed avuto di mira nella prima parte di questo mio lavoro. Essi vengono
attraversati dalla linea, segnata AC, di sezione per un 250 metri. Anche il loro andamento
si è sensibilmente modificato. L'inclinazione che alla base dei Calcari della prima serie era
di 35° ad ore 0.12°, si è nella prima e seconda serie, senza che da strato a strato
successivo, cessasse menomamente la concordanza, insensibilmente modificata sino ad
essere alla sommità dei Calcari della seconda serie di 39° ad ore 3,7°.
Con tutto il complesso di questi Calcari rappresentanti il Titonico inferiore e medio,
aggiunto al complesso precedente, noi abbiamo nella località scelta rappresentato tutto il
Giura (1) che noi ora abbandoniamo per entrare, discendendo il vallone di Pourriac
0 dal Colombart facendo gli ultimi trenta metri di salita del contrafforte delle Lose,
attraversando la cresta del medesimo e ancora i primi trenta metri di discesa del
versante Settentrionale, in una terza serie di Calcari essi pure stratificati, ma più recenti.
1 Calcari di questa terza serie segnata sulla cartina con tinta neutra e colla lettera C,
sono attraversati dalla linea AC Ai sezione per una lunghezza di metri 600, hanno tinta
variabile dal grigio scuro al grigio chiaro ed al biancastro, son nettamente stratificati in
banchi potenti da uno a tre decimetri e tanto più ben discernibili, in (pianto che un banco
è per lo più di tinta diversa dal precedente e dal successivo ; riposano concordantemente
sui Calcari Titonici , però pervengono a modificar essi pure gradatamente le condizioni di
inclinazione che risulta di 34° ad ore 2,10° per gli strati superiori, se la misuriamo
entro il vallone di Pourriac , ma che varia, per ripetuti ripiegamenti in vario senso, e di
valore, e di orientazione, allorché la osserviamo alla sommità delle Lose dove è di 20° ad
ore 0,10°, od al Colle del Piano dove ha ripreso ad un di presso il valore e l'orientazione
che aveva in Pourriac.
In questi Calcari seguibili sui due fianchi del vallone di Pourriac dove si scorgono
(1) La sezione dei terreni giurassici fin qui seguita concorda nei grandi tratti colla sezione gene-
ralo riferita dal Lory (op. cit.) a pag. 31-40 (Plateau calcaire juiassique du nord de l'isòre) e concorda
con quella vicinissima a noi della valle del Drao, di cui dice a pag. 2-15: « En partant du Drac pour
<c gagner les hauteurs du bassin de la Gresse ou celles du Ti-iàves, ou encore celles du col de Bayard
« à rOuest de la route de Gap, on traverse une suite do couches qui se recouvrent toutes successive-
II mont; on passe dea schistes à Bélemnites du Lias (il Lias schistoso), à des couches qui conimencent
<i à renformor des A.ramonites caractéristiques de l'ótage Osfordien et on s'eleva de proche en proche
« jusqu'à la grande assise du Calcaire compacte de la Porte do Franco », che il Lory colloca invece
che nel Coralliano ancora nell'Oxfordiano. Quest'enunciato viene poi ampiamente sviluppato nelle sus-
seguenti pagine 245-270.
Quanto poi ai torroni Giurassici affatto superiori, vogliamo noi con alcuni chiamarli Titonici o con
altri Coralliani, tolti pochi punti e brevi striscio sparsi principalmente nella regione deU'lsère e citati
a pag. 38-44 e pag. 271 -■-'76, essi vengono dal Lory affatto esclusi dalla costituzione della catena cen-
trale delle Alpi, così esprimendosi a pag. 276 l'egregio .\utoro: ii Quant aux localitt^s plus rapprochées
f de l'intérieur des Alpes je n'en connais aucune qui prósente des traces de l'ótage Corallien « . Anche
G. De MonTiLLET (Prudrome d'une Geologie de la Savoie, Genève 1855, a pag. 27) nega la presenza del
Giura superiore nell'interno delle Alpi : « Le corallien ne pénètre pas dans les Alpes » .
88 SUI TERRENI STRATIFICATI PI ARGENTERÀ
come immensi nastri discendenti obliquamente dal monte al rivo, ed obliquamente risalenti
sull'altro versante, non potei per qualche tempo scoprir traccia di fossili. Poi ne incontrai,
e fu un'impronta lasciata dall'essersi liberato dall'alveolo che lo racchiudeva un Brachio-
podo, forse una Ehynchonella indeterminabile. Dopo esser giunto ripetutamente ed in
diversi punti sulla faccia degli strati , ne trovai qualcuno di più, ed anzi con una certa
abbondanza. Erano dessi però per la maggior parte Fucoidi consistenti in cilindri di
roccia, forti men di un centimetro, e lunghi talora un decimetro, talvolta dritti, tal altra
più o meno attorcigliati, sovente isolati, sovente insieme congiunti a più, a più ; alcuni
massi ne eran zeppi, altri ne mostravano scarse traccie, nessuno però ne era affatto sprov-
visto. Questo enorme sviluppo di Fucoidi , mi risvegliava alla memoria , quanto avevo
visto in altri teiTeni, quantunque di epoca diversa, e principalmente nel classico giacimento
a Tartarughe di Solothurn. Non bastandomi però questi fossili di generi comuni a molti
teiTCìii, nei quali sono rappresentati da specie poco distinguibili fra loro e sovente pocliis-
simo distinte, mi diedi a rompere quanto incontravo, e ad attentamente esaminare le
sezioni degli strati su cui passavo finche riuscii a trovar di meglio : la mia attenzione fu
ad un tratto richiamata su di una sezione di una conchiglia che riconobbi a prima vista
per una grossa Ippurite.
Dopo questa ne ho incontrate molf altre specialmente nei massi caduti dall' alto,
tutte però erano allo stato di sezioni trasversali, sole poche volte, mi avvenne di trovare
ancor traccie della valva superiore, però anche questa fu posta fuor di dubbio. Le
migliori sezioni così trovate nei massi vennero da me raccolte e portate poi a Torino :
mi occorreva intanto trovarne qualcuna nello strato in posto. Dopo di aver ancora.
per questo scopo, diligentemente perlustrato il mio campo, sul promontorio che separa il
Rio della Toussia dal Rio di Pourriac, dove gli strati calcarei mi affioravano fra l'erba
sotto ai piedi per qualche tratto, potei trovare qualche grosso individuo ancora nella posi-
zione che aveva dovuto avere in vita, vale a dire impiantato verticalmente (per rispetto
s'intende alla posizione primitiva orizzontale dei singoli strati), nel limo calcareo or tra-
sformato in solida roccia. Non fu più cosi facil cosa allorquando si trattò di pren-
derne qualcuno per portar meco. La lunga esposizione agli agenti atmosferici, aveva cosi
alterato e fracellato il Calcare spatico, che ne costituisce la spessa conchiglia che esso
saltava in pezzi al minimo urto comunicato alla roccia a benché notevole distanza.
Non fu che dopo ripetuti tentativi che mi riusci di mettere assieme i 10 o 12 fram-
menti soli, in cui era andata una Ippuritide più felicemente estratta e numerarli ed
os,servarne sul campo la giusta posizione per rifarla poi con comodo e colla a Torino.
Sono in questo modo certo di trovarmi nel terreno Cretaceo (più innanzi vedremo come
questi terreni Cretacei non siano immediatamente posteriori al Titonico. quindi non possano
rappresentare la Creta iufeiiore), ma mi fu impossibile lo spingere più oltre la divisione in
giuppi. Gli strati son tutti quanti l'uno all'altro simili, tutti contengono gli stessi fossili
(Fucoidi ed Ippuritidi) egualmente ripartiti: i Fucoidi in grandissima quantità, gli Ippuritidi
in molto minor immero. Fra gli Ippuritidi scoperti è ben evidente il genere Hippurites stesso,
di cui ho innanzi alcune sezioni trasversali ; mi son pur procurato un grosso esemplare del
genere Radiolites, sventuratamente però esso oltre all'esser quasi completamente spatizzato.
si trovò lungo tempo allo affioramento dello strato ed è profondamente eroso dalle intem-
perie e dai Licheni tanto da renderlo a prima vista irriconoscibile. Per mezzo di una sezione
PER ALESSANDRO PORTIS 89
longitudinale credo pur d'aver messo in saldo il genere Caprina, almen la forma delle due
valve mostra con questo genere grandissima analogia. Quanto a specie, nessuna è finora
determinabile ; dirò solo che gli individui del genere Hippurites si presentano quasi sempre
in gruppi di più individui insieme saldati e che l'individuo appartenente al genere Radiolites
ha una immensa espansione laterale massiccia che, forse estendendosi tutto allo intomo
della valva, gli dava una forma di cono tronco, ma di cui non si possono ben stabilire i
limiti antichi.
Mi basta l'aver posto in sodo questi generi, di per se stessi sono già sufficienti a dimo-
strarci che in (questo teiTeno abbiamo dinanzi una delle fasi Mediterranee del periodo
Cretaceo, le cui corrispondenti, altrove, sono piuttosto confinate nei piani superiori del
periodo Cretaceo, e che per la località di Pourriac e di Argenterà sarei portato a credere
abbia durato ininteirottamente e senza mai cambiar di facies dal cominciare del Gault,
al cominciare del periodo Eocenico.
Gli stessi generi di Ippuritidi, che ivi primi si svolsero, vi trovarono condizioni adatte
al loro svolgimento e si riprodussero ascendendo di strato in strato, man mano che questi
venivano depositandosi. I fossili appartenenti alla famiglia degli Ippuritidi non furono i
soli a svolgersi in (juei mari : Belemiiiti vennero pure incontrate in quelle località, tanto
dal Sismonda (che collocò questi strati nel Giurassico superiore), quanto dal Gastaldi e da
me. Io vi ho pur già scoperto un individuo indeterminabile di Ehynchouella ed, alle Barri-
cate, un Trochite e forse una Panopaea.
I terreni Cretacei superiori, che a quanto rilevo dall'opera del Lory e dalla Carta
Geologica di Francia, sono assai ben rajipresentati nei dipartimenti Francesi prossimi alla
località nostra da piccoli lembi, alcuni dei quali, vicini.ssimi al confine Italiano, se non pos-
sono ancor venire utilmente comparati col nostro, aggiungono però forza alla possibilità che
(gualche lembo possa venire scoperto anche sul suolo Italiano, dove era stato finora ignoto
tutto il complesso Cretaceo (astrazion fatta dell'Ammonite rotolata della Grotta del Ban-
dito, citata dal Gastaldi).
Progredendo nella nostra linea di sezione e discendendo il vallone di Pourriac. allorché
dopo aver per 600 metri tagliata la serie dei Calcari Cretacei, ci accostiamo al Pio di
Piedejun, i terreni di qua e di là del vallone cambiano d'aspetto. Gli strati, poco prima
di questo livo, cominciano a div(>ntar i)iù sottili e raddrizzati. L'osservazione diretta colla
bussola, mi ha data una inclinazione di 52" ad ore 2 per Pourriac. mentre, causa i già
citati ripiegamenti in vario senso, essa è di 35" ad ore 22,5°, se osservata sul versante
settentrionale presso la sommità delle Lose e di 39° ad ore 2, 12" se osservata sugli strati
affioranti nella Stura in faccia a Bei-sezio. Il Calcare che compone questi strati, diventa
schistoso e terroso, di un colore grigio-opaco e, se lo si esamina dal punto di vista Paleon-
tologico, invece degli scarsi e mal conservati avanzi di Ippuriti e dei numerosi Fucoidi degli
strati avanti citati , ci presenta una straordinaria ricchezza di fossili , appartenenti per lo
più alla famiglia delle Nummulitidi (1), fra le quali già in un rapido sguardo potei distin-
(1) I numerosi fossili che compaiono in questa località e presso Preinardo faraone unitamente ai
fossili cretacei, allorché avrò raccolto sufficiente materiale, probabilmente l'oggetto di un prossimo
lavoro, in cui ceiclierò di fare spiccare le relazioni che essi offrono coi fossili dei corrispondenti terreni
affioranti nella Contea di Nizza.
Serie II - Tom. XXXIV. »
90 Sri TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
guere specie appartenenti alle due sezioni delle Assiline e delle vere Nummuliti. Non
mancano però i rappresentanti di altri tipi di animali, e già qualche Gasteropodo, analogo
per forma ai Ceritii ed alle Melanie, si è manifestato per mezzo di sezioni naturali e
numerose Bivalvi e copiosi Coralli appartenenti a varie famiglie ed a varii generi, fra cui
largamente rappresentato il genere Tlirochocyathus, ci han già forniti molti calici isolati
e molti polipai composti. Questi Schisti calcarei che in alcuni punti passano a vere ardesie,
come al confluente del rio della Tussia col rio di Poui-riac donde procurai vemssero utiliz-
zate industrialmente, hanno piccolissima potenza, non essendo attraversate che per una
sessantina di metri; riposano concordantemente sui sottostanti Calcari Cretacei (la diffe-
renza di direzione e d'inclinazione, manifestandosi fra i Calcari Cretacei e gli strati Nummu-
litici e fra questi ed i successivi di macigno senza salti, ma progressivamente di strato in
strato) (1) da cui poco nettamente possono venir separati e si estendono (lall'Enchastraye,
di cui formano la sommità, in una striscia che raggiunge ed attraversa il rio di Pourriac.
risale il contrafforte opposto, costeggia verso Nord tutta la costa delle Lo>.e ed il Monte
Incanaux e, alla estremità Nord di questo, cambia di direzione e rimane scoperto per gran
tratto, formando colla faccia dei suoi strati il versante Settentrionale di questa punta, fino
a raggiungere Bersezio (2).
Gli stessi Calcari Eocenici sopportano in Pourriac (quindi avanzando nel discendere
il vallone) una potentissima formazione di Arenarie (inclinate di 43° ad ore 2,10" se
misurate in Pourriac, di 34" ad ore 22,5" se misui-ate alle Lose), segnate nella annessa
Carta con tinta verde-pomo e la lettera M. Queste Arenarie attraversate dalla linea AC di
sezione per una lunghezza di ben due chilometri, constano di una roccia quasi interamente
silicea, non mostrando che traccie di effervescenza allorché vengono toccate con acidi,
e son costituite talora in strati sottilissimi (1-2 cm.), separati da straterelli ancor più
sottili, micacei. carl)oniosi e come fangosi. I loro elementi sono allora per lo più finissimi
e contengono numerose pagliette micacee. Il più sovente invece constano di banchi che
raggiungono uno e talora due metri di potenza, a grossi elementi per lo più solidamente
impastati ed irriconoscibili, dei quali raramente se ne scorgono ancora i contomi, e sono
allor ciottolini di 1 fino a 5 cm. di diametro: la Mica nei materiali di questa seconda
varietà scompare o se ne incontrano insignificanti traccie e gli elementi son quasi tutti
quarzosi accompagnati da quantità insignificanti di materie ferrugino.se. Queste Arenarie
siano esse a grandi banchi od a sottili strati, ma più (luoste ultime, sono ricchissime di
fossili vegetali, particolarmente (dirò meglio unicamente) Kquiseti, di cui si incontrano
frequenti sulle superficie degli strati gli internodii membranosi riconoscibilissimi. Molto
più di rado avviene di incontrar qualche frammento di Cauli : qualcuno però si è potuto
raccogliere. Sovente una maggior quantità di questi Vegetali, si confuse in una vernice
carboniosa sulla faccia superiore di uno strato ed in essa non è più quasi visibile traccia
di organizzazione, tolto forse (jualcuno dei già citati dischi membianacei più resistenti
i quali ci possono svelar l'origine della sostanza carboniosa stessa.
Altri fossili non furono per anco trovati in questa Arenaria se facciamo astrazione
il) Vedi per analoghi rapporti stratigrafici iii vicini puuti dolle stesso .Alj.i .Mai iltiiiie la conclusioni
del Pehez ; Sui Limiti geognostici del terreno Cretaceo nelle Alpi Marittime in Atti dell'ottava riunione
degli Scienziati Italiani in Genova. Sez. di Geologia, Seduta 23 sett, 1846,
(2) È segnata nella cartina con vrrde-cu|'0 e colla lettera N.
PER ALESSANDRO PORTIS 91
da qualche impronta lasciata, passando, dal piede di qualche Uccello o di qualche Anfibio,
impronte delle quali già feci menzione in una mia precedente nota (1). sotto i nomi di
Ornitichnites Argenterae e di Saurichnites Pourriaci o da qualche rarissimo NemertUitp.
I banchi di Arenaria vengono tagliati fin presso al punto di afiluenza del Eio della
Goretta, il quale appunto nel suo ultimo tratto scorre sulla faccia superiore inclinata
e da lui denudata del supremo strato della pila di Arenarie che abbiamo finora seguita :
Anche queste Arenarie giacciono , come già accennammo, in stratificazione concordante
sugli strati a Nummuliti, come questi giacevano concordantemente sui supremi strati
Cretacei ; ma, volendo seguire la nostra sezione , noi siamo interrotti propriamente al
punto di confluenza del rio della Goretta da uno dei fatti che più di frequente si
incontrano nella stratigrafia pratica e che qui ci si presenta in tutta la sua semplicità,
voglio dire da un salto accompagnato da ripiegamento.
Gli strati che succederebbero ai descritti di Arenaria son di nuovo calcarei e non
visibili che per la parte collocata più presso la Cresta dell'Enclausette. tutta la parte
inferiore essendo ricoperta da materiale detritico in quantità immensa proveniente dalla
rottui-a 0 meglio dallo stritolamento degli strati stessi. Presso la (.'resta suddetta osservasi
però ancora che il materiale calcareo in questione è distintamente stratificato, che riposa
discordantemente sugli strati di Arenaria che interrompe in più punti, avente una incli-
nazione inferiormente di una cinquantina di gradi ad ore 0,5° superiormente e accostantesi
alla verticale che oltrepassa verso la cresta di ben poca cosa. Questi Calcari sono identici
petrograficamente a (juei che abbiamo già incontrati presso al confine e che dicemmo
rappresentanti assieme l'intiero complesso dal Lias inferiore fino all'Oxfordiano. Quan-
tunque non abbia in essi incontrati fossili, son però portato a credere che essi rappre-
sentino ancor questo stesso complesso e ciò tanto dalla natura del materiale, quanto dai
rap])orti di stratificazione colle roccie superiori fossilifere di cui passiamo immediata-
mente ad occuparci, non senza jjerò aver aggiunto prima sul conto di questi Calcari che
essi vengono tagliati dalla nostra linea di direzione AC per un tratto di una cinquantina
di metri e che nella nostra Cartina vennero contrassegnati collo stesso colore e la stessa
lettera L dei Calcari della prima serie.
A questi Calcari sovrastaimo altri i quali sono identici petrograficamente e paleonto-
logicamente con quelli della seconda serie, vale a dire costituiscono un ricchissimo giaci-
mento fossilifero dal quale i-i(!avai molti e preziosi fra i fossili descritti nella prima parte
di questo mio lavoro. Essi sono di consueto stratificati in grossi banchi i quali seguono tutti
gli accidenti di stratificazione del materiale sottostante, vale a dire inclinati dapprima di un
50" a Nord, van via via avvicinandosi alla verticale fino a superarla e ad airovesciarsi oltre
a quella presso la cresta dell' Enclausette , dove la linea di direzione li taglia ancora come i
precedenti per una cinquantina di metri. Questi Calcari essendo indubbiamente Titonici, ne
vien per conseguenza che i Calcari lor concordantemente sottostanti sieno più antichi, ed
essendo questi petrograficamente simili a quei che in ben prossima località rappresentano i
terreni Giurassici inferiori e medii, vien naturale la conclusione che probabilmente gli uni e
gU altri appartengano ad una stessa e medesima epoca.
(1) Sopra alcune impronte eoceniche di Vertebrati. .\tti della R. .\cc. delle Scienze di Torino,
Voi. 15, 18S0, pag. 221.
92 SUI TERHEXI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
Oltrepassati gli strati Titonici la linea di direzione AC taglia ancora per un centinaio
di metri dei Calcari che rappresentano stratigraficamente e petrograficamcnte quelli che
abbiamo pur già anteriormente trovati, che nominammo della terza serie e che dietro le
Ippuriti contenute abbiamo determinati Cretacei; anclie questi Calcari in basso inclinati in un
senso son poi in alto ravvicinati alla verticale e poi arrovesciati a C. Oltre questo incidente
anzi essi non son già interrotti come quei della prima e seconda serie, ben più, essi si allun-
gano per un certo tratto distendendosi oltre il jiunto di rovesciamento ed essendo man mano
ad uno per volta ti'ovati poi dalla frastagliatura della vetta dell'Enclause.
Infine a questi strati Cretacei succede ancora una trentina o quarantina di metri di
Calcari Nummulitici ripiegati essi pure nettamente a C e che sono identici con quei della
quarta serie dinanzi riscontrata. In cotal modo abbiamo sulla sinistra del vallone di Pour-
riac, e solo da questa parte, una esatta rijietizione delle serie di teireni anteriormente incon-
trate ; per un disturbo di stratificazione che non posso che limitarmi a constatare senza
spiegazione, questi terreni ci si presentano raddrizzati, rovesciati, laminati e con una com-
plessiva potenza di gran lunga inferiore a quella che già imparammo a conoscere per gli
stessi terreni ; inoltre essi si estendono, nel territorio Italiano, dal confine fino in fondo al
vallone di Pouiriac dove si affondano sotto al materiale detritiro e poi morenico, senza che
dall'altra parte del vallone l'andamento generale stratigrafico sia stato menomamente tur-
bato poiché noi là in faccia alla accennata dislocazione ti'oviamo il limite tra il Macigno
Eocenico di cui parlammo ed un sesto terreno di cui passiamo ora a parlare e che adagian-
dosi da un lato del vallone concordantementc sul Macigno stesso, dall'altro lato si adagia
ancora concordantementc sopra la sottile pila di strati Nummulitici che abbiamo segnato
come ripetizione della prima e ne segue tutte le accidentalità, come tentai di accennare nella
unita sezione. La sezione nostra che, dopo avere oltrepassati per la seconda volta gli strati
mummulitici, bo diretta dal punto C al punto B allo scopo di incontrar possibilmente
tutti i terreni della località, scon-e per due nuovi chilometri su di un complesso di materiali
a volta a volta: Calcare, Macigno e Scbisto decisamente stratificati ed estendentisi sul suolo
Italiano: dal colle della Maddalena e dalla serra di Ventassuso lungo il rio della Maddalena,
attraverso il rio di Pourriac e lungo la Stura sul versante Settentrionale della montagna
delle Lose fino al Pra de Mulaz dove si assottiglia lasciando traspam- sotto di se dapprima
il Macigno di cui si ò già parlato e poi il Nunimulitico. Questi materiali giacciono, come
abbiam già detto, a sinistra del vallone di Pourriac direttamente sul Nuuimulitico di cui
seguono tutti gli accidenti, essendo i loro strati inferiori ])ure per un certo tratto cajiovolti.
poi man mano va scomparendo nei successivi strati ogni traccia di questo sconvolgimento.
e gli strati superiori finiscono poi per essere nettamente inclinati di 45° ad ore 2. come
potei verificare a N. 0. del lago della Maddalena, di 28° ad ore 1,4". alla cresta di Ven-
tassuso ed ai Combaiassi e di 32' ad ore 4,10", alla cima del Poni. La faccia superiore
dell'ultimo strato di questo complesso forma e limita pure il velante Setteiitrionale della
serra di Ventassuso che appare quindi con una regolare pendenza; e inferiormente presso alle
Qrangie la frastagliatura delle testate degli strati dà origine ai piccoli promontori che in
tempi poco da imi remoti vennero utilizzati costruendovi sopra i Baracconi a difesa dei
valichi della Maddalena e di Pourriac.
Sulla destra del rio di Pourriac infine il complesso di strati che or ci occupa, copre con-
cordantcmente il Macigno Eocenico avendo una pendenza di 30" ad ore 3 e, come alla
PER ALESSANIiKO POKTIS 93
sinistra, forma colla sua faccia superiore parte del versante settentrionale della Lose a cui
conferisce una regolare inclinazione.
Questo complesso di strati la cui potenza effettiva è quasi di un chilometro, vien nello
schizzo annesso contrassegnato con tinta verde-giallognola e colla lettera F. Lo considero
come rappresentante il Flisch degli Svizzeri e dei Tedeschi, infatti vi si accordano: e la
posizione stratigi'afica e i pochi fossili trovati. Questi sono finora tutti vegetabili e coni^i-
stono in numerosissimi esemplari di Helniivthoidaea laht/rhìfhicn Heer_ che ho raccolti tanto
per tutta la superficie del versante di Ventassuso. quanto in diversi giacimenti lungo il
taglio di Pourriac ed in esemplari, pure assai belli sebben men copiosi di Fucoidi apparte-
nenti per la maggior parte al Chondrites intricatus Sterno, e al Ch. Targionii Sterni), con
poca probabilità di trovar altre specie molto numerose. Negli alternanti strati di Macigno
si trovano ancor traccie di Equiseti indeterminabili.
11 rio della Maddalena e la prima parte della Stura che incontriamo al limite Setten-
trionale di questo terreno rappresentante del Flisch percorrono una fessura prodottasi in
strati continui che siano stati sollevati parallelamente da forze agenti su diversi punti della
loro estensione. Quindi chi scende il fh/ilwrg del rio della Maddalena vede a destra la faccia
superiore degli strati Eocenico-superiori ed a sinistra le testate degli infimi strati di una suc-
cessiva pila, è ili una parola rigettato da teiTeni di una relativa vicinanza ai nostri tempi ad
altri molto più antichi e deve per raggiungere ancora una volta i terreni Eocenici, risa-
lire una serie ancor più lunga della precedente.
Dietro (al Nord) del villaggio di Argenterà e strettamente addossate allo abitato, si
innalzano per una ventina di metri gli orridi dii'upi denominati Le Balze, tagliati per lo più
verticalmente, superabili in pochi punti, dai quali si staccano talor massi del volume
di più metri cubi, la caduta dei quali die talor occasione a registrare luttuosi avveni-
menti. Queste Balze, che è dato seguire dall'affluente del rio di Roburent fino alle Roccie
Mortier, e di là. non più cosi facilmente, fino al confine Francese son costituite di un Calcare
compatto, grigio screziato o venato, pochissimo alterabile agli agenti atmosferici , quindi
producente un potente scalino che sporge allo infuori degli altri Calcari più teneri, e confu-
samente stratificato in j)otentissimi banchi inclinati di 2 2 "ad ore 22 (esaminato alla estre-
mità S. E. del contrafforte che separa il vallon di Roburent dalla Valle di Stura) o di 22°
ad ore 1,8° (esaminato ai Combala.ssi in prossimità del Poggio di San Martino); son na-
scosti da immensa copia di materiale Morenico e da detriti rocciosi e sopportano alla
sommità una piccola quantità di Gesso ed Anidrite come appunto si scorge alla Gippiera
al taglio della nuova Strada Nazionale ed a poclii metri al Nord della stessa cappella di-
roccata di San Martino, fabbricata come tutte le Case di Argenterà e delle Grangie a spese
di questo strato Ma torniamo al nostro Calcare: Mi giuoco lo stesso tiro che i Calcari
cretacei ; dapprima assenza completa di fossili malgi'ado che . a causa dello imbarazzo
che tale assenza mi cagionava, io ne percorressi il massiccio in ogni senso e \i arrivassi
sopra da ogni dù'ezione. Poi un giorno mi si rivelò un unico articolo che poteva essere di
un Crinoide. poi altri parecchi che stavolta non vi era più dubbio a]>partenevano allo
Encrinus liliiforuiis, poi migliaia e migliaia dei medesimi ed infine massi che ne erano
quasi intieramente costituiti.
Questa fortunata scoperta coincideva, per riguardo al tempo, con una visita che mi
aveva fatta sul luogo il Prof. Bruno di Mondovì il quale aveva, alcuni anni addietro, a^-
94 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
3Ìeme al Prof. Gastaldi, trovato alla Scaletta lo stesso Encrinus e sulle coi indicazioni io
l'avevo pure colà trovato (in quali condizioni vi si trovi dirò in seguito) ; ma anche il
Bruno era abbastanza incerto sull'età da assegnarsi al Calcare delle Balze : la scoperta in
esso deW'Fìì cri» US ìiliiformis, della quale lo posi a parte e che gli mostrai sul luogo,
troncò ogni dubbio e mi autorizza ora a collocare questo Calcare nei piani superiori del
Trias e a considerarlo come rappresentante il Muschelkalk.
Successivamente trovai ancora grandi masse di un organismo, probabilmente di un
qualche Stromatoporide , il quale per la grande importanza e il grande sviluppo che pare
abbia acquistato in questo terreno, ha risvegliato in alto grado il mio interesse e fa
presentemente l'oggetto di uno studio speciale; finalmente parmi di essere sulle traccia
di qualche Gh'roporclla.
n Calcare delle Balze è nello schizzo annesso segnato con tinta giallo d'ocra e colle
lettere T. M. ha minore sviluppo al SO. della sua zona di estensione e maggiore al
Nt). essendo colà attraversato dalla nostra linea CB di direzione per un tre o quattro cento
metri. Sopporta, come già annunziai, un poco potente strato di Anidrite e Selenite (vi si
trova qualche minuto e ben sviluppato cristallo di Selenite ) segnato con punteggiatura
rossa e colla lettera g. esagerato sulla Carta per renderlo visibile, ed al quale si può tener
dietro dalla Gippiera sopra l'antico casotto doganale fin oltre il rio Kivet. Abbandonati i
Gessi che sono in qualche punto accompagnati da Carnioli. noi ci inoltriamo nei Calcari
'J'itonici delle Grangie identici con quei che abbiamo già menzionati alla Rocca dei Tre
Vescovi, a Pourriac e Lose ed alla Goretta, segnati nella Carta collo stesso colore e lettera e
che per U loro abbondante contenuto di Organismi Fossili furono lungamente trattati nella
prima parte di (juesto lavoro. Questi Calcari vengono attraversati dalla linea CB di sezione
per una sola ([uarantina di metri se ci bmitiamo alla superficie: affondandosi però il piano
di sezione non li abbandona ])er un 1500 metri. Infatti se consideriamo l'andamento
stratigrafico di questi Calcari, vediamo, e ciò riesce evidentis.simo nella salita al colle
del Tinetto e fu da me riportato nella annessa sezione, vediamo dico, come i banchi abbiano
una inclinazione di 30° ad ore 2.8". Questa inclinazione riene ad un tratto cambiata in
:i3° ad ore 14, per riassumere poi dall'altro versante del vallone di Roburent una
orientazione pressoché eguale alla primitiva : ne risultano così formati dapprima una
conca la cui linea mediana si trova giacente presso a poco nel piano verticale abbas-
sato lungo lo spartiacque delle roccie Mortier . ed una sella o volta la cui anticlinale
percorre il thalwcij del vallone di Roburent. ha parte mediana di questa volta fu rotta
ed esportata ; non ne rimangono . di ([ua e di là del vallone e riconoscibili a chi il
percorra longitudinalmente, che le due gambe dello anticlinale stesso riconoscibili alla
direzione o])posta degli strati. I Calcari Titonici delle Grangie adunque sporgono lungo
una linea diretta da NO. a SE. nel vallone della Maddalena e nella alta Valle di
Stura, dove si adagiano in stratificazione discordante sui sottostanti Calcari ad Encrinus
ìli una lista che ha circa due chilometri di larghezza alle due estremità, e che verso il
mezzo si biforca circondando o , dirò meglio , sop]iortando un massiccio di un altro
tiirreno di epoca più recente.
Questo consiste in Calcari a strati sottili, idontici petrograficaraente con quelli già
due volte incontrati nella nostra sezione e stati considerati come Cretacei. Paleontologica-
mente. ])aiono confermare la collocazione loro con questi Calcari cretacei, avendovi trovate
PER ALESSANDRO PORTIS 95
oscure traccie che paionmi dover essere riferite ad Ippuriti. Tanto il Prof. Sismonda in
altri tempi, quanto io nell'ultima estate, vi abbiamo trovate delle Belemniti « tronconate »
ed indeterminabili specificamente , quantunque vi abbia già trovati i rappresentanti di
almen due sezioni (Paxillosi ed Hastafi), non si trovano in grande quantità, ma quasi in
ogni escursione mi riesciva di metter la mano addosso a qualcuna. Abbiamo adunque
questi Calcari qui affioranti per la terza volta , come una quarta li troviamo alle Barri-
cate, ma in ogni località noi li vediamo in condizioni stratigrafiche differenti.
Infatti, alle roccie Mortier ed al Tinetto, è verificabile come esse non ricoprano che
per lieve potenza il sottostante Calcare Titonico ( che abbiam detto presentare in questa
linea la sinclinale della conca descritta) sul quale e nel quale si adagiano empiendo la
conca stessa coi loro strati inclinati verso i due pioventi del contrafforte, di cui formano
la sommità, a mo' dei due pioventi di un tetto.
Abbiamo quindi nello stesso piano: al disopra l'anticlinale degli strati Cretacei, al
disotto la sinclinale dei Titonici, la conca fonnata da questi sendo stata riempita da quelli.
Questi rapporti poco chiari allorché il contrafforte vien tagliato dal percorso CB lo
diventano invece molto di più sul percorso AB e si mostrano poi evidentissimi a clii segua
il percorso che sulla carta ho indicato colle lettere DE.
Per finirla con questi Calcari Cretacei mi occorre ancora render noto un fatto di
grande importanza. Ho già parlato dei rapporti esistenti fra i fossili scoperti nel Calcare
delle Grangie e quelli trovati nel Calcare del Chaberton. e che io sia inclinato a credere
sincroni questi terreni. Aggiungo ora come il sig. Bottan, che già aveva accompagnato a
Clavières ed al Chaberton il prof. Gastaldi ed il llichelotti, recatovisi ancora nell'estate
1880 vi abbia trovato un frammento di roccia che, avuto in comunicazione dal prof. Mi-
chelotti, scopersi con gioia essere identico, quanto ai suoi caratteri e.'iterni e per il modo
di alterabilità agli agenti atmosferici, col Calcare da me studiato al Tinetto, ed anzi soj)-
portare come quello una porzione di Belemnite che si potrebbe benissimo confondere con
quelle del Tinetto. In una parola i due Calcari collocati l'uno accosto dell'altro non si
distinguono in modo alcuno fra loro e paion esser due frammenti di uno stesso ed identico
masso. E ad aggiungere probabilità alla cosa il contenuto organico dell' uno ha con
quello dell'altro comunanza di Genere e di Sezione, peccato manchi la determinabilità
della specie. Non conosco finora in quali rapporti si trovi col Chaberton questo Calcare
relativamente all'altro, ma proponendomi di andarli ad accertare sul terreno, son pur
già lieto di constatare come si accentui la probabilità di poter trovare a notevole distanza
(per terreni accidentati come le Alpi Occidentali) i rappresentanti di alcune delle sezioni
riscontrate in Argenterà.
Ritorniamo alla nostra antica linea CB di direzione. Essa ha, come già dicemmo
attraversato per una quarantina cU metri il Calcare Titonico delle Grangie; attraversa
ora per un 800 metri le roccie cretacee e per altrettanti ancora il Titonico di Koburent;
portandosi poi ora presso il lago incontra dapprima un giacimento Eocenico ricchissimo
di fossili, specialmente Coralli. Bivalvi, che è contemporaneo col Nummulitico di Pourriac
e Bersezio, ed al quale ho assegnato sulla Carta lo stesso colore e la stessa lettera.
Questo terreno Eocenico, in strati sottili, adagia concordant emente, a quanto parvemi. sul-
l'inferiore Calcare Titonico, vien attraversato dalla linea nostra di direzione BC per men
di un centinaio di metri e vien discordantemente ricoperto da potenti banchi di una
Qg SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
roccia che : ha in basso l'aspetto di Quarzite compatta, più in su di (luarzite gi-anulosa,
più in su assume Feldspato in grani rari e minuti che van rapidamente aumentando di
quantità e volume fin che la roccia finisce per presentarcisi sotto l'aspetto di un con-
glomerato di Quarzo e Feldspato e numerosi altri minerali secondari, fra cui il Corindone :
In questo cosidetto conglomerato i cristalli di Feldspato, rossi per posteriore alterazione
ra<«nungono talor il volume di un uovo di gallina e spiccano sulla massa restante a gi-ossi
elementi bianchi e verdi fornendoci cos'i una roccia brillantissima sebbene in questo stato
pochissimo tenace. Quale sarà l'origine di questa roccia? Sarei portato a credere essa non
sia che il materiale vulcanico emesso a grande profondità sottomarina jirima dell'emissione
della lava che nel caso nostro sarebbe una roccia porfirica di un bel color rosso che nella
stessa località ho trovata stratificata al disopra della roccia in ijuestione, con una ])otenza
di metri 20 ed una inclinazione di 47" ad ore 1,7": e che ben merita colla sotto- e la
sovrastante di essere studiata a parte. Finalmente al disopra di questo, che per ora chia-
merò ancor Poi-fido, si adagia concordantemente un'altra roccia porfirica a grana più
fina e di color verde e che io considererei come il Tufo N'ulcanico formatosi per mezzo
del materiale sciolto vomitato dal Vulcano dopo l'emissione della Lava, e sottoposto ad
una grande pressione; questo materiale avrebbe una potenza di 60 ad 80 metri e forma
colle due roccia preaccennate il fondo e parte dei pioventi del valloncino ove giace il
maggior lago di Koburent. Il bacino di quest'ultimo è pienamente scavato in queste tre
roccie porfiriche che lo incorniciano, che prendon parte ciascuna alla sua formazione e che
\i si avanzan fin dentro a mo' di piccoli contrafi'orti. Premuto dal tempo non potei osser-
vare verso SE. l'estensione di questo apparato vulcanico, il quale dall'altra si inoltra ancor
per gran tratto sul suolo Francese. Ricordo anc(Ji-a come un Tufo Poi-firico verde abbiamo
incontrato al sommo della valle della Tinca al colle di Pourriac, i)unto di jìartenza
della nostra sezione, e come potrebbero benissimo aver reciproca relazione questi due
Tufi Porfirici non separati che da una distanza di 8 chilometri, massime allorquando
si osservi che il Tufo Portìrico in una delle località sottostà direttamente al Lias e nel-
l'altra ad un terreno che, come vedremo, deve esser portato ad un'epoca più recente
di quella che ne indichino i suoi fossili. E per finirla affrontiamo ancor quest'ultimo
Calcare che forma a Nord il limite della nostra sezione e che costituisce il massiccio
della Scaletta. È stratificato concordantemente alle sottostanti roccie i)oi'firiche, ed in
esso trovarono, il prof. Gastaldi ed il Bruno, gli articoli dello stilo di Encrinus liliiformis.
Era naturale lo ammettere che il terreno che li conteneva ajjpartenesse al Muschelkalk.
del quale l'Encrinus è fossile affatto caratteristico. ]mr sono ora forzato ad ammettere
che il terreno in (questione sia posteriore al Muschelkalk e contemporaneo al Lias o ad
un teiTeno ancor più recente.
Infatti, sulle indicazioni del prof. Gastaldi, trovavo bensì l'Encrinus; ma osservavo
altresì che l'Encrinus non vi si trovava per cosi dire che di seconda mano. In una parola
il Calcare della Scaletta è un Brecciato e gli strati son composti di elementi angolosi
di Calcare di varia natura e varia tinta intimamente saldati da un cemento calcareo
compatto di tinta jiiìi chiara ed avente ad un dipresso la stessa alterabihtà degli elementi
che racchiude. Alcuni i)oi degli elementi contengono o sono esclusivamente composti di
articoli (anzi per la più gran parte minutissimi franinicnti degli articoli stessi) di Encrinus
del (juale non si incontra alcuna traccia nel cemento che impasta gli clementi della
PER ALESSANDRO POKTIS 97
Breccia. Sono adunque portato a credere che uel mar Triassico vissero gli Encrini (e lo
vedemmo alle Balze dove sono in posto) e formarono coi loro avanzi immensi depo-
siti di roccia, che questa roccia già pienamente formata fu in un tempo successivo
sfracellata e riutilizzata alla formazione di nuovi strati, i quali, benché finora non fossi-
liferi per se stessi, contengono invece, per usurpazione, fossili che , esaminati in buona
fede, sono fallaci e porterebbero a fallaci conseguenze.
Forsechè la roccia Porfii-ica che abbiamo veduto in Pouniac sottostare concordan-
temente al Lias e qui sottostare ancor concordantemente a questi Calcari debba servii'ci
d'indizio per collocar nel Lias ancor questi ultimi ? Io mi accontento di lasciar irrisolta
la questione, e per conseguenza invece di assegnare a questi Calcari il colore che ho
assegnato a quelli considerati come appartenenti al Lias e Giura medio, preferii assegnar
loro quello già scelto pei Calcari ad Encrini delle Balze di Argenterà. Solamente debbo
avvertire che in questo caso comunanza di colore indica solo comunanza di fossili, non
comunanza di età. Al Colle della Scaletta tronco^ la mia sezione che rimase già abba-
stanza complessa osservando come in e-ssa per ben tre volte vengano ad incontrarsi gli
stessi teri'eni, ed in condizioni semjire diverse ed immensamente istruttive, e come la
maggior parte di questi teiTeni abbiano con se portato il Jlateriale Fossilifero necessario
a distinguerli, se non abbondante, almen per lo più sufficiente.
Prima di finire, due parole ancora sul Terreno Glaciale che. pi-r l'interesse dovuto
agli altri terreni più antichi, ho affatto escluso dalla Cartina delle località.
Traccie di antichi ghiacciai sou pochissimo discernibili nel vallone della ^Maddalena
dovendosi anco il laghetto di (jucsto nome considerare come prodotto dallo sbarramento
del Vallone per mezzo dei detriti del Rio des Parties. i quali finiranno in breve unitamente
a quei di un superiore torrentello e di quel di Ventassuso per colmare il lago stesso.
Qualche lembo di ghiaccio avrà pur fatto discesa dal Becco della Signora e qualche
insignificante traccia deve trovarsi a monte della Maddalena e questo è il tutto. Foi-se
del mateiiale morenico che troviamo al poggio di San Martino qualche piccola parte
vien da questo vallone ed è quella che si trova sulla sommità del poggio, mentre tutto il
resto è prodotto dell'attività glaciale del vallone di Pouniac.
In questo secondo vallone troviam lungo tutto il thaltveg traccie evidenti del
passaggio glaciale e dap]irima, ad un chilometro a valle del Baraccone, due o tre serie di
collinette concentriche ed in miniatura che sbarrano l'alto vallone e che già sostennero un
laghetto, or ricolmato, ma ancor peifettamente riconoscibile alla livellazione del terreno.
Proseguendo nella discesa troviamo qua e là frequenti i ciottoli striati, ma più sj)ecial-
mente sotto al promontorio Cretaceo della Tussia la roccia costituente il fondo del val-
lone è in più punti lisciata e striata. Il successivo Macigno Eocenico ha fornito al
Ghiacciaio una immensità di materiale trasportabile, non ha però ricevuto traccia ricono-
scibile dal suo passaggio. A partir dal rio della Goretta e fino al poggio di San Martino
seguiamo senza interruzione la Morena Laterale Sinistra sviluppatissima, indistinguibile
dalla Morena Profonda iinialzantesi fino a 40 ed a 50 metri sul thalwpg del vallone, in
più punti tagliata e scoscesa or dal Pouniac, or dai suoi affluenti e costituita di un'im-
mensità di ciottoli striati, levigati , angolosi e fi-ammentam di ogni volume e di ogni
sostanza impastati in un cemento argilloso di colore azzurro-cenerognolo e di una
enorme resistenza agli agenti esterni. Giunta al piede del Poggio di San Martino questa
Serie IL Tom. XXXIV.
98 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ
Morena Sinistra si ripiega ad angolo retto e forse più, prendendo la direzione della
prima parte della Valle della Stura, costituendo il fondo su cui è fabbricata la Frazione
delle Grangie e proseguendo oltre, ma senza essere più visibile che col mezzo di profondi
intagli (come a tal uopo servirono le trinciere pei « torniclietti » della nuova strada)
essendo mascherata da uno immenso cumulo di materiale franato e trasportato dai nu-
merosi ed ancor più capricciosi torrentelli che precipitano dal versante sinistro della
valle e non ricomparendo che un buon tratto al disotto di Bersezio dopo aver disceso
il cono del Kio di Stiracul.
Le traccie della Morena Laterale Destra son di ben altro genere, essendo stata espor-
tata la parte profonda, non rimase che la parte superiore ; Questa, la corrispondente parte
della Sinistra e la Frontale son rappresentate da immensi blocchi del Macigno Eocenico
citato nella sezione, collocati: da una parte sul versante Orientale delFEnclause, ma in molto
maggior numero sulla faccia Meridionale del poggio di San Martino e dall'altra sull'acuta
costa che limita a destra il vallone, in posizioni e luoghi che non hanno molto di rassicurante
sulla stabilità del loro equilibrio. Debbo a questo proposito notare che i più belli di
questi massi hanno appunto dovuto sparà'e nello scorso anno. Il materiale che li costituiva,
possedeva «lualità troppo ricercate, perchè non venisse impiegato come materiale di
costruzione dei murazzi a sostegno della Strada Nazionale passante per l'Argenterà. Le
mine e gli scalpelli lianno sacrificato alcune centinaia di questi massi. Pochi superstiti
di piccole dimensioni sono rimasti. Speriamo che ugual sorte non sarà serbata ai loro
compagni di destra, separati come essi sono da un profondo e stretto vallone che ne
rende costoso il trasporto e collocati in sito tale che non è presumibile possa in prossimi
tempi servir di base ad una costruzione qualsiasi.
L'estremità Nord del vallone di Pomriac e la sommità della Valle della Stura.
sono poi occupati dai Depositi di Ciottoli di foimazione contemporanea dei rivi e torrenti
che li percoiTono: di formazione pure contemporanea sono i Travertini di Ventassuso
e di Combalunga.
Kiassumendo, ecco la serie dei terreni incontrati nella sezione finora descritta
1. Gneiss. 12. Flisch.
2. Tufo porfirico. 13. Calcari a Encrini.
3. Calcari rappresentanti il Giura Nero 14. Gessi.
e il Bruno. 15. 3 Calcari Titonici.
4. Calcari Titonici. 16. 3 Calcali Cretacei.
5. Calcari Cretacei. 17.4 Calcari Titonici.
3 Calcari Eocenici.
2 Porfidi e Tufi Porfirici.
Calcari a Encrini più recenti del Trias.
In fondo allr valli e valloni.
Morene ed Enatici.
Materiale di trasporto contemporaneo
e Travertini.
6.
Calcari Eocenici.
18,
7.
Macigno Eocenico.
19,
8.
2 Calcari rappresentanti il Giura Nero
e il Bruno.
20,
9.
2 Calcari Titonici.
21
10.
2 Calcari Cretacei.
22
11.
2 Calcari Eocenici.
PER ALESSANDRO PORTIS 99
Egli è tempo finalmente di raccogliere quanto son venuto fin qui esprimendo in una
forse un po' lunga disserta2done e concretarlo in pochi punti.
I risultati adunque fino ad ora ottenuti, sono i seguenti :
1° Le roccie che costituiscono le Balze dietro Argenterà sono Fossilifere ed
appartengono al Muschelkalk ;
2° È probabile che i Gessi e Camioli, che loro sovrastanno, appartengano pure al
Muschelhalk ; ad ogni modo, non son qui sufficienti a servire quale Orizzonte Geogno-
stico a stabilire il limite fra i terreni Triassici ed i sovrastanti:
3° Il Calcare della Scaletta, benché contenente gli stessi organismi che quel delle
Balze, non gli è contemporaneo ;
4° La roccia fossilifera di Argenterà o delle Grangie, che finora era stata attri-
buita al Lias, appartiene al Giura superiore e corrisponde al piano Titonico inferiore;
5" Essa si adagia regolarmente sulle roccie del Lias e del Dogger, che se ne
distinguono paleontologicamente ;
6° Alla lioccia Calcarea Fossilifera di Argenterà, si sovrappone discordantemente
il Calcare Ippuritico , che finora era stato escluso dalla composizione delle Alpi e che si
frammette al Titonico ed al Nummulitico;
7° Il terreno Eocenico si sovi-appone direttamente ai terreni Cretacei e consta di
tre formazioni nettamente distinte , cioè : una inferiore Calcareo-schistosa ricchissima in
Nummuliti , una media di Arenarie ad Equiseti , ed una superiore di Macigno, Schisti
Calcarei e Schisti Argillosi a Fucoidi ;
8° Al terreno Eocenico non sovrastanno che depositi appartenenti all'epoca Gla-
ciale ed alla Contemporanea.
Torino, in ottobre 1880.
C\c.;^.ih''^h:l<e S^ a. -T^.n..... n\v..>r A, S, 'Jufnlcii. .>^..<' S''Km.,.. XXXIV,
A^,^-^'ii,~>^^mr.lcLjaU,^^ <.-. .)...!.■.. li .1. Clr,,.-,.I.-..T lì„„r,,rh, ^rfjli rx.M,.Unl,J, lnr„fr,mmPa.TS..tampnin,ìmadÌ0.
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STUDIO COMPARATIVO
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TRUTTO OTTICO E DEI CORPI lìENICOlìTI
NELL'UOMO, NELLA r^CIMMlA
E NEI MAMMIFERI INFERIORI
Dott. FERRCCCIO TARTIFERI
Letta ed approvata nell'adunanza 29 Maggio 1881
Uno dei punti più oscuri die tuttora esista nella conoscenza delle vie ottiche si
riferisce al modo di comportarsi di quella porzione del tratto che trovasi suhito sopra
il peduncolo cerebrale, ove cessando di essere cordone compatto si spennella in fasci
di fibre frammezzati da sostanza cinerea.
Nei primati sembrava non potesse venir contraddetta la concorde asserzione degli
anatomici che il corpo genicolato esterno fosse il primo ganglio che incontra il tratto
ottico, quando recentemente il Verga descrive un nuovo ammasso di sostanza cinerea
(ganglio cordato), che prima del grigio del corpo pfifìcolato laterale si interporrebbe
alle fibre ottiche.
Nei mammiferi inferiori poi le cose, benché non siano state ancora controverse,
sono ciononostante molto oscure : in essi speciale sarebbe la conformazione dell'origine
apparente del tratto ; questo nel più dei casi non assumerebbe tutti que' rapporti che si
osservano nei primati ; il pulvinar thalami non esisterebbe che in alcuni e solo in
condizioni rudimentali. Struttura poi e rapporti del tutto eccezionali avrebbe quella
formazione che nel loro cervello rappresenterebbe il corpo genicolato esterno àéiVuomo
e della scimmia. I pochi anatomici che di questa formazione fanno parola, sono tutti
concordi nel considerare come tale quella grossa eminenza (1) più o meno piriforme ri-
coperta dal tratto ottico, posta avanti e all'esterno delle eminenze higemine anteriori e
ampiamente adiacente al talamo ottico.
(I) Questa eminenza sembra da alcuni Autori, di quelli che non parlano del corpo genicolato
esterno, esser designata come parte del talamo ottico, dico sembra poiché le figure e le indicazioni
sono in alcuni poco chiare (Vedi Stieda - Studien ùber das centrale nercensystem der Vògel und
Sauyethiere. Leipzig, 1868. Tav. 2, fig. 41 , 42, 43, 44. Topo = e Lussana e Lemoigne: Fisiologia dei
centri nervosi encefalici. Padova 1871. Voi. 1, fig. 233, 234, 235 = Lepre - pecora. — Panizza - Os-
servazioni sul nervo ottico. Mem. dell' Istit. Lombardo, 1855. Tav. IX, fig. 4 cane, fig. 6 cavallo.
102 STUDIO COMPAKATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
Le sole ricerche microscopiche che io conosca, comprovanti questa corrispon-
denza, non furono fatte che pochi anni indietro dal Forel (1) sotto la dilezione del
Meynert.
Esse naturalmente dovevano tendere soprattutto ad escludere che la detta eminenza
rappresentasse il pulvinar timi ami dei primati.
Il pulvinar , dice il Forel , è la continuazione posteriore ed estema dello strato
superiore (oberes Lager) dell'estremiti, posteriore del talamo.
Esso perciò non può trovarsi sopra le parti situate più all'indietro e all'infuori
come sarebbero i corpi genicolati. Se adunque la parte designata nelle figure '5, 7, 8 (2)
come corpo genicolato esterno sta evidentemente sullo strato superiore del talamo non
può essa in nessuna guisa corrispondere al pulvinar.
Di più questo si assottiglia dall'avanti verso l'indietro mentile la parte in discorso
si assottigUa invece dall'indietro all'avanti.
Di più infine la sostanza del pulvinar viene attraversata dalle braccia delle emi-
nenze hi (/emine.
E contro la facile ma grave obbiezione che il corpo genicolato estemo dei mam-
miferi non avrebbe più la struttura caratteristicamente stratificata dei primati, risponde
ammettendo che le fibre nei piccoli mammiferi siano poco visibili per il piccolo spessore
della guaina midollare e poco numerose per il piccolo sviluppo delle ii-radiazioni degli
emisferi in questi corpi genicolati esterni.
Con ciò sembrava chiusa la via a nuove ricerche.
Io, in un lavoro (3) pubblicato due anpi indietro, dovei parlare incidentalmente
del corpo genicolato esterno dei mammiferi. Trovando cosi concordi gli osservatori ,
nella designazione di questa parte, e sembrando ancora a me abbastanza verosimili le
conclusioni che questi avevano tratto dall'anatomia macroscopica comparativa, credei
poter accettare le risultanze dei loro studi senza bisogno di instituire speciali osserva-
zioni microscopiche.
Non ostante l'identità dei risultati che gli osservatori (4) trassero dagli studi ana-
tomici comparativi, non ostante l'accuratezza delle ricerche di anatomia microscopica
di un valente osservatore quale il Forel, purtuttavia, come il presente studio ci porterà
a concludere, si fu sinora lontani dal vero ; quanto nei mammiferi inferiori si designò
come corpo genicolato esterno o superiore , o anteriore appartiene invece nella sua
massima parte al talamo ottico ; la formazione clie realmente corrispondo al corpo geni-
colato laterale dei primati, non è stata ancora ne osservata ne descritta (5).
Le indagini per cui io giunsi a determinarla, furono occasionate dall'avere osser-
vato che questo cos'i detto corpo genicolato esterno dei mammiferi inferiori (fig. 7
e 6, P-hCGA) non presentava ovunque la stessa tessitura né per rispetto alla quantità
(1) Forel — Beitràge lur Kenntniss des Thalamus opticus und der ihm umgebenden Gebilde bei
den Sàìigelhieren. Zurich, 1872.
(2) Forel — Loc. cit. Tav. 2.
(3) Tartukeri — Le eminenie bigemine anteriori ed il tratto ottico della talpa europea. Riv.
gperìm. di Freniatria e Med. legale, 1878, pag 22.
(4) 'Iratiiilet, Lonqet, Inzani o Lemoigne, Luys, Krausk, Gudden, Huqoenin
(5) Tahtukeri — / corpi genicolati dei mammiferi studiati nei loro rapporti colle fibre del tratto
ottico e nelle loro forme cellulari (Com. prev. fatta al Congresso di Freniatria di Reggio Kmilia, 1880.
PEL DOTI. FERRUCCIO TARTUFERI 103
e disposizione delle fibre nervose, ne per rispetto alla forma delle cellule gangliari, mentre
invece il corim genicolato esterno o laterale dei primati (fig. 14, 15) ha ovunque la
stessa tessitura e le stesse fonne cellulari.
METODO DI INDAGINE.
Nelle presenti ricerche mi trovai nella necessità di esaminare serie non interrotte
di sezioni successive del tratto ottico a partire dai peduncoli sino alle eminenze bigemine
anteriori. Il tratto (e le parti da lui ricoperte) venne sezionato trasversalmente, longi-
tudinalmente ossia parallelamente al suo margine anteriore ; obliquamente ossia tras-
versalmente all'asse mesencefalico. Molte sezioni vennero fatte col microtomo.
Per determinare il decorso delle fibre nervose usai soluzioni diluitissime ('/eooo. Vioooo)
di acido osraico secondo il mio metodo.
Per determinare le forme delle cellule nervose mi servii della colorazione nera
(Golgi), metodo preziosissimo al quale, benché poco diffuso e da poco scoperto, pure già
spetta l'incontestabile vanto di avere apportato alla conoscenza della fina anatomia del
tessuto nervoso un contributo tale che nessuno dei metodi finora conosciuti può meno-
mamente vantare.
KICERCHE DI ANATOMIA MICROSCOPICA.
Porco. — Osservando attentamente il (ratto ottico nella sua porzione nastriforme
a livello del corpo (/micolafo posteriore (1), vediamo che si può considerare come diviso
in due fasci per una leggera solcatura (vedi schema 6°, S) che qui comincia e che decorre
obliqua verso l'alto e l'avanti sulla superficie anteriore estema déìVEminenza talamo-
genicolata (2). Questa solcatura, talora evidentissima, ha una grande importanza
poiché costituisce, come vedremo, Vìoiiro accenno per cui all'esterno e macroscopica-
mente possano in modo approssimativo delimitarsi parti sottoposte di tessitura molto
differente.
Se facciamo una sezione trasversa del tratto un poco al di sotto del corpo genicolato
posteriore vediamo che esso è nastriforme e che l'area di sezione delle sue fibre può
per la solcatura sopra accennata (fig. 1 , S) distinguersi in due aree secondarie quasi
di eguale lunghezza, una anteriore, l'altra posteriore rappresentanti le rispettive sezioni
dei due fasci in cui il tratto può, come dicemmo, considerarsi diviso.
Le linee limitanti il contorno estemo di queste aree secondarie sono leggerissi-
mamente curve, ma ben presto (più in alto), la linea limitante il contorno dell'area po-
steriore diventa notevolmente curva sia rispetto a quello e, e prima era. sia rispetto
al contorno dell'altra.
(1) Chiamo nei mammiferi inferiori corpo genicolato posteriore , quello corrispondente al corpo
genicolato interno o mediale dei primati.
(2) Designo con questo nome, per ragioni che esporrò in appresso, l'eminenza sin oggi erronea-
mente ritenuta corrispondente al corpo genicolato laterale od esterno dei primati.
104 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
Procedendo iu alto colle sezioni vediamo già a livello della parte inferiore del
corpo genicolato posteriore come al di sotto delle due menzionate porzioni del tratto
esistano formazioni diverse. Al disotto del fascio anteriore e della porzione anteriore
del fascio posteriore esiste xinarea di sostanza mista (fig. 1,C6A). I fascetti che vi si
osservano, sono come le fibre del tratto sezionate trasversalmente e formano in corri-
spondenza del fascio anteriore una serie ordinata parallela alla superficie e posta nella
linea d'unione del quarto esterno coi tre quarti interni dell'area. Più all'indentro (nei
tre quarti interni), vi sono rari ed isolati fascetti che tendono a formare un'altra serie
analoga alla precedente. Al di sotto della porzione anteriore del fascio posteriore si
vedono sezioni trasverse di fascetti separati da poco grigio interposto e che si confondono
con (luelle dei fascetti che all'interno limitano l'area mista sopra descritta.
Al di sotto poi della porzione posteriore del fascio posteriore, immediatamente al
davanti del corpo genicolato posteriore e con questo confinante si vede la sezione di una
formazione prevalentemente grigia, che appare come un'area chiara a forma ili virgola
molto incui'vata con la punta in avanti (fig. 1. P).
Essa è prevalentemente costituita di sostanza giigia e con i metodi comuni si vede
risultare di grosse cellule come vescicolaii.
Presenta, tra le altre fibre nervose che l'attraversano, distintissimo un ordine (se-
zionato per trasverso in sezioni trasverse), che divide quasi esattamente iu due parti la
sua estremità appuntita. Più in alto quest'area grigia si estende in avanti, e quando
la sua estremità anteriore ha raggiunto la solcatura, allora si mostra romboidale con
gli angoli arrotondati.
Non si vedono più allora i fascetti posti tra essa e l'area mista, la quale cos'i
risulta solo della sua porzione anteriore, di quella cioè ove esiste l'ordine di fascetti
parallelo alla superficie.
Nella fig. 2 si vedono chiaramente questi dettagli nella pecora.
Procedendo in alto si vede che l'area grigia, conservando la sua forma romboidale
ad angoli arrotondati, continua ad estendersi verso l'avanti : Varca mista va conseguen-
temente sempre più accorciandosi e finisce per scomparire. La solcatura diviene sempre
meno profonda ed un'unica curva finisce per limitare all' esterno la sezicme del tratto.
L'angolo anteriore dell'area grigia si mostra iliviso in due da una serie di sezioni tras-
verse di fibre nervose.
Cavallo. — Il fratto ottico è sviluppatissimo. Esso ben presto si appiattisce e
diventa nastiiforme.
Facendo un taglio trasverso sul peduncolo pi-osso il margine superiore, aiiparisce
come un'area molto allungata di sezioni trasverse di fibre nervose stipate che poggiano
direttamente sulle fibre peduncolari.
Presso l'estremità inferiore del corpo genicolato posteriore, forma il rivestimento
midollare di un'rtr^rt di .fostanjsa mista, i cui fascetti nervosi tendono, come nel ]iorco.
a disporsi in serie parallele alla linea esterna di contorno, la quale qui già comincia
a divenire curva.
All'estremità inferiore del corpo genicolato posteriore persiste la detta arra
di sostanza mista, ma posteriormente a lei tra essa e corpo genicolato posteriore
comincia come nel porco ad apparire un'orca prevaìentenìriite grigia reniforme ricoi)erta
PEL DOTI. FERRUCCIO TART^FERI 105
nella sua porzione esterna dalle fibre del tratto , e composta di cellule nervose di
apparenza vescicolare abbastanza grosse e di fascetti di fibre nervose tra loro paralleli.
Quest'area grigia ci appare sempre maggiore man mano che procediamo in alto
colle sezioni, poiché la sua estremità anteriore si arrotonda, si ingrandisce e si spinge
verso l'avanti. Ella così assume forma di virgola la cui punta sia volta verso lindietro,
la testa, il davanti. — Il lato concavo è ricoperto dalle fibre del tratto.
Varrà vìistu per l'ingrandimento dell'area grigia viene spinta verso l'avanti e
diminuisce proporzionatamente di lunghezza. Quando è scomparsa troviamo la linea di
contorno della sezione del tratto molto convessa a al di sotto di lui esiste da sola
l'area prevalentemente grigia.
Nel cavallo in una parola abbiamo, senza notevoli differenze, le stesse immagini
che nel porco.
Pecora. — ■ Anche nella pecora la formazione mista ha forma di lamina, ed
assume colla formazione grigia gli stessi rapporti che nel porco e nel cavallo.
Coniglio. — Il tratto ottico subito in vicinanza del chiasma comincia ad ap-
piattirsi, diviene poi nastriforme: un fascetto di fibre ad esso apparentemente appar-
tenenti, e costituenti il suo margine posteriore, si approfonda tra i due fasci del pe-
duncolo cerehrale, il resto forma (in gran parte) uno strato di corteccia M'cminema
talamo-genicolata.
Se l'osserviamo in sezioni tra-> verse successive a partire dal fascio superiore del
jicduncolo lo vediamo dapprima costituire un'area di fibre nervose un poco schiacciata,
diretta all'avanti e all'esterno, il cui asse maggiore sta al minore all'incirca come 3:1.
Procedendo in alto quest'area mostra la linea supei-ficiale di contorno sempre più
convessa ed in una sezione fatta a livello della parte inferiore del corpo genicolato
posteriore abbiamo l'immagine disegnata nella fig. 3. Qui il complesso delle sezioni della
maggior parte delle fibre del tratto ha appunto forma di C (fig. 3. T 0). Al di sotto
di questo C esiste una formazione di sostanza mista caratterizzata dalla disposizione
dei fascetti di fibre nervose (fig. 3, CGA). Vi è un ordine di grossi fascetti vicino alla
corteccia midollare, come nel maiale, nel cavallo e nella pecora. Più in dentro si vedono
per solito quando la sezione è esattamente trasversale, due ordini di piccoli fascetti, il
più esterno dei quali si continua coU'estreraità anteriore del C, il più interno coU'estre-
mità posteriore. Quest'ultimo ordine serve a tracciare nettamente il limite tra Varca mista
in discorso ed un'area grigia (fig. 3, P) analoga a quella descritta nei mammiferi pre-
cedenti, e che i\\ù comincia ad apparire. Essa è popolata da cellule nervose relativamente
grosse e che in preparati coloriti con soluzioni osmiche diluitissime appaiono (per cos'i dire)
come chiari vacuoli rotondeggianti, mentre neWarca mista, sempre collo stesso metodo,
appariscono , per solito poco distintamente . piccole cellule nervose in mezzo ad un'ab-
bondante sostanza informemente e grossolanamente granulosa tinta in bruno-verdastro
dall'acido osmico (1).
Fascetti nervosi diretti verso l'interno traversano l'arra grigia. Questi fascetti
vengono sezionati esattamente per traverso in sezioni leggermente oblique in basso e
in dentro ; essi sono disseminati abbastanza regolarmente in mezzo alla sostanza grigia,
(1) Queste differenze di tessitura, che eoa soluzioni oamiclie diluitissime si appalesano tra la for-
mazione mista 6 la formazione grigia , si osservano in tutti i mammiferi da me esaminati.
Serie II. Tom. XXXIV. o
] Oti STI'DIO COMPAEATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
mai trovansi gli uni vicini agli altri disposti in serie più o meno parallele alla linea
di contomo dell'eminenza.
In sezioni fatte più in alto si ha l'immagine della figura 4. L'area wisia (fig. 4,C G A)
ha conservato all'incirca le stesse dimensioni, l'area grigia (fig. 4, P) è divenuta invece
un poco maggiore. Se la sezione è un poco obliqua si vede che i fascetti che formano
l'estremità posteriore della sezione del tratto costituiscono uno stesso ordine con quelli
che traversano 1" arra grigia . e lo stesso si nota per i piccoli fascetti che dividono
quest'ultima à-^Warra mista.
Procedendo in alto Varca prevalentemente grigia (fig. 5, P) diviene rotondeggiante,
si ingrandisce sempre più e viene a porsi immediatamente sotto alle fibre posteriori del
tratto (ùg. 5,T0) tra il corpo genicolato posteriore e l'area mista. Quest' ultima impic-
colisce proporzionatamente, viene spinta verso l'avanti ed in questa sua porzione terminale
risulta (fig. 5,CGA) di una corteccia midollare fornita dal tratto e di un ordine di grossi
fascetti separati da grigio interposto. Una regolare serie di piccoli fascetti di fibre ner-
vose la separa nettamente dall'areia grigia. Questo netto limite fra le due formazioni
vedesi anche molto distintamente in sezioni trasverse verticali all' asse mesencefalico
(vedi fig. 7).
Scompai-sa l'area mista, il tratto riveste unicamente l'ar<'(( preialenteì)te»tr grigia.
la quale rappresenta la sezione di (quell'ammasso di sostanza grigia che costituisce come
nei mammiferi precedenti la massima parte dellVwi/nen^a talamo-genicolata.
Se ora osserviamo sezioni fatte in un piano parallelo al margine anteriore del tratto
vediamo che ([uesto, giunto al margine superiore Ac\ peduncolo, si divide in due porzioni
(fig. 6). una compatta, supei-ficiale (fig. <;. TO) che forma imo strato di corteccia All'emi-
nenza talamo-genicolata; una profonda suddivisa in tanti fascetti che si dispongono
parallelamente fra loro. Questi fascetti sono scarsi e diradati nell' orm grigia (fig. fi, P),
abbondantissimi e stipati nell'arra mista (fig. 0, CGA).
Confrontando fra loro le diverse immagini che si lianno nelle sezioni fatte in diversi
piani, deduciamo che la formazione mista ha presso a poco la forma della metà di
una pera torta attorno il suo asse maggiore, in modo che la faccia convessa della sua
estremità globosa (che ò presso il margine superiore del peduncolo), sia volta verso l'esterno
ed un poco verso l'indietro, la faccia convessa della sua estremità appuntita vei"so l'avanti
ed un poco verso l'esterno.
L'area grigia conisponderebbe poi alla sezione di una formazione prevalentemente
grigia presso a poco piriforme, la cui punta sia in basso profondamente al di dietro
dell'arca mista e avanti il corpo genicolato posteriore, e la parte rigonfiata in alto
tutt'affatto superficiale.
Si spiega così il limite curvo che in sezioni parallele al margine anteriore del
tratto si osserva tra le due formazioni (vedi fig. li).
Lepre. — La formazione mista e la formazione grigia hanno la stessa forma
e gli stessi rapporti clie nel coniglio.
Cavia. — F^a formazione mista e la formazione grigia hanno gli stessi rap-
porti clic negli animali precedenti : rispetto alla forma occupano un posto intei-medio
al porco ed al coniglio.
Cane. — 11 tratto ottico presenta in corrispondenza del peduncolo una leggera
PEL DOTT. FERRUCCIO TARTDFERI 107
solcatura cl.e si prolunga in alto e che lo divide apparentemente in due fasci.
Osservando la superficie laterale ieìVeniin'"ma talamo-genicolata vediamo che il suo
orlo, che in alto limita posteriormente il solco della tenia dell'ippocampo, in basso
si dirige divenendo meno acuto verso il mezzo dell' eminenza. Considerando questo
orlo abbiamo la delimitazione di un'eminenza a forma di virgola, come nel porco per
la solcatura che menzionai.
In sezioni trasverse il tratto dapprima ci apparisce come un'area ovale allungata
con estremità rotondeggianti: la linea del contorno esterno è nel mezzo rientrante per
la solcatura sopranotata (fig. 8).
In appresso le estremità dell'area si appuntiscono ed essa assume una leggeris-
sima cui-va sigmoidea. Al di sotto della concavità anteriore del sigma comincia ad
osservarsi sostanza cinerea molto ricca di fibre nervose (fig. 9. CGA).
La curva sigmoidea ben presto scompare e il complesso delle sezioni delle fibre del
tratto assume prima la forma di C, poi si trasforma in semicerchio. Lo spessore di
questo semicircolare rivestimento midollare va sempre più diminuendo, mentre invece
aumenta la sostanza mista (fig. 10, CGA) contenuta nella sua concavità.
Le cellule nervose che popolano quest'area di sostanza mista coi metodi comuni
appaiono spesso indistinte ; i fascetti a loro interposti tendono a disporsi parallelamente
alla superficie. Essi sono wo//o vicini gli uni agli altri ed al rivestimento midollare;
vanno gradatamente diminuendo di dimensioni verso l'interno, i più grossi perciò come
negli animali precedenti sono i più periferici.
Questa vicinanza dei fascetti tra loro e alla corteccia midollare fa si che piuttosto
difficile sia 1' ottenere sezioni in cui chiaramente si osservi la loro disposizione ; per
osservar ciò è necessario che essi siano sezionati esattamente per traverso.
Quest'area di sostanza mista rivestita dal tratto ottico corrisponde per le sue con-
nessioni, per i suoi rapporti e per la sua struttura a quella descritta collo stesso nome
nel porco, nel coniglio. ...
Procedendo in alto colle sezioni vediamo che al di sotto del rivestimento midollare
immediatamente al davanti del corpo genicolato posteriore comincia ad apparire un' area
chiara (fig. 11 , P ) risultante prevalentemente di cellule nervose piuttosto grosse e con
diluite soluzioni osmiche appaiono come chiari vacuoli. L'area mista conseguentemente
all'apparizione deW a rea grigia viene a trovarsi anteriormente (fig. 11, CGA); di-
venta ovale e finisce per scomparire rapidamente. Scomparisce nel punto ove la cresta
dell'eminenza talamo-genicolata comincia a dirigersi verso l'interno e l'indietro. Osser-
vando la fig. 1 1 vediamo come l'area mista anche macroscopicamente possa all'ispezione
molto bene essere delimitata nella sua parte terminale.
L'area grigia va bruscamente aumentando di volume e finisce ben presto per co-
stituire da essa sola l'eminenza talamo-genicolata. In essa (fig. 12, D) si osservano
serie di fibre nervose corrispondenti a quelle notate nel porco (vedi fig. 1) fornite molte
di sottile guaina midollare, che nelle parti inferiori le danno un'apparenza come stra-
tificata. Questa apparenza però è molto differente da quella che abbiamo nell'ar^'a mista
di tutti i mammiferi. Qui la stratificazione è data da fibre nervose fornite da spesse
guaine midollari, che si tingono intensamente in bruno coU'acido osmico ; di più sono
riunite in fascetti piuttosto grossi vicini fra loro e che formano molte serie parallele
jOg STliDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
alla superficie. Nella formazione grigia invece le fibre che danno T apparenza stra-
tificata sono in numero molto minore, più delicate e si tingono pallidamente coU'acido
osmico: di più non formano mai grossi fascetti. ma si dispongono in serio, su linee ir-
regolarmente ondulate e non parallele al contorno della formazione.
Questa apparenza stratificata della formazione grigia mi sembra facilmente spie-
gabile, quando si consideri la fig. 6.
Le fibre del tratto che vanno nell'interno della formazione grigia sono m parte
derivazione di quelle che si spennellano nell'interno della formazione mista. Siccome
questa ha struttura stratificata, cos'i analoga struttura dovrà avere anche nel suo prin-
cipio la formazione giigia.
Gatto. — Nel gatto abbiamo presso a poco le stesse immagini che nel cane.
Riassumendo possiamo dire che nei mammiferi inferiori:
r il tratto ottico (1) cessa di essere cordone compatto per costituire una for-
mazione da me provvisoriamente designata col nome di formazione mista.
2° Questa formazione di sostanza mista ha perifericamente un rivestimento
midollare : nel suo intenio fascetti di fibre nervose disposti più o meno parallelamente
alla superficie.
•ó" Le fibre nervose della formazione mista provengono in massima parte (2)
dal tratto ottico.
4" Questa formazione mista è immediatamente contigua al margine superiore
del peduncolo cerebrale ed è in parte al di sotto, in parte al davanti della forma-
eione grigia.
5° La formazione grigia consta prevalentemente di sostanza cinerea.
6° Il tratto ottico forma un rivestimento midollare alla formazione grigia ed
invia fibre nervose anche nel suo intemo.
7" La formazione grigia si immette tra corpo genicolato posteriore e forma-
zione mi.ita.
Quale è il .significato anatomico della formazione mista e della formazione
grigia 2
La soluzione di tale quesito non può evidentemente esserci fornita che da osser-
vazioni comparative fatte sul cervello dei primati, ossia su cervelli che presentano il
più completo differenziamento morfologico.
Se noWiiomo o nella scimmia studiamo il fratto ottico in sezioni trasverse suc-
cessive dal basso all'alto, vediamo clie esso dapprima forma un cordone compatto di
fibre nervose rotondeggiante. In seguito viene a perdere questa sua compattezza ed in
corrispondenza della metà circa dei peduncoli là ove comincia quella solcatura che
(1) In altro lavoro, cho tra breve pubblicherà, parlerò di quelle porzioni del tratto che trovasi sui
poduncoli cerobrali, e sul tither cinereiim. non che dei risultati sperimentali che nelle vie ottiche, e
nei centri visivi ebbi dopo l'enucleazione elei bulbo oculare.
(2) Non si può evidentemente escludere, anzi ciò ò molto probabile per alcuni fatti che si hanno
dopo l'onucloaziono del bulbo oculare, che alle fibre del tratto se ne aggiungano altre che sorgono
dalle cellule gangliari della formazione o che provengono da altre parti (corteccia?).
PEL DOTT. FERRUCCIO TARTl'FERl 109
delimita la così detta radice al corpo genicolato interno, troviamo (fig. 13) che i suoi
fascetti centrali sono tra loro distanti per sostanza grigia interposta, mentre i fascetti
periferici formano un completo e spesso rivestimento midollare allarea mista centrale (1).
Procedendo più in alto, la sostanza grigia interposta va gradatamente aumentando con-
servandosi sempre piuttosto povera di fibre nervose verso l'esterno; i fascetti maggiori
a cui è interposta sono disposti in tre o più serie parallele tra loro e alla superficie ;
lo strato di rivestimento diventa relativamente sottile (fig. 14 e 15).
Questa formazione di sostanza mista costituisce nel cervello dei primati quanto si
designa come corpo genicolato esterno o laterale.
Lo spennellamento del tratto ottico e quindi la formazione del corpo genicolato
esterno può anclie vedersi macroscopicamente facendo molti piccoli tagli in modo da avere
una superficie irregolare di sezione in cui le fibre àaWottico appaiono nel loro decorso.
La superficie di sezione cosi ottenuta guarda in Ìjusso: all'esterno ed un poco in avanti,
in alto: all'esterno (2).
Nella fig. IG è disegnata la proiezione del complesso della superficie di sezioni
fatte con questo fine ; in esse .si V(ìd(i cliiaramento (in isj)ecial modo quando si faccia
uso di mia forte lente), come le fibre del tratto parte licoprano il corpo genicolato
esterno (fig. 10, C'GE), parte vi penetrino e vi si spennelUno.
Nella figura in discorso si nota inoltre come il corpo genicolato esterno sia im-
mediatamente adiacente al margine superiore del jìcduncolo cerebrale (Pe) e al di sotto
del pulvinar tìialanii (P).
Queste connessioni e questi rapporti di contiguità possono anche vedersi in altri
tagli come nella fig. 17. Questa rappresenta la jjroiezione di una convessa superficie
di sezione formata dall'insieme di piccole superficie di sezioni piane. In basso essa guarda
in basso ed in avanti; nel mezzo guarda in avanti ed all'esterno: in alto in avanti
ed in alto. Qui vediamo che nel corpo genicolato esterno appaiono lamine midollari
curve ed ondulate, mentre nella figura precedente si nota invece un pennello di fibre.
Ciò è dovuto alla differente direzione del taglia e alla struttura stratificata del corpo
genicolato esterno. Nella fig. 10 questo è sezionato secondo il piano AB (fig. 15).
nella fig. 17 secondo il piano CD (fig. 15).
Se ora facciamo delle sezioni successive parallele ad un piano tangente le estre-
mità superiori dei due corpi genicolati ed obliquo indietro, in basso e all'indentro,
abbiamo nelle sezioni fatte un poco sotto la loro metà, l'immagine della fig. 18; in
(1) 11 Verga, in una comunicazione preventiva fatta al 2" Congresso della Società Freniatrica ita-
liana in Aversa nel settembre del 1877, descrisse un nuovo ganglio ilei tratto ottico che chiamò jranp/io
delle fettucce ottiche o ganglio cordato. Esso si troverebbe in prossimità dei corpi genicolati, sarebbe
triangolare, avrebbe la base in dietro, l'apice in avanti, lo sono dolente non poter confermare questa
osservazione, perchè costantemente ho veduto tanto in serie complete di sezioni trasverse successive
del tratto ottico , quanto in sezioni longitudinali , che il primo ammasso di sostanza grigia, che ."fi
frappone alle fibre del tratto, facendone così cessare la sua compattezza, appartiene (vedi fig. 13) al
corpo genicolato esterno.
Quanto poi al nucleo ottico del Talamo del Wagner ( Ueber den Urspnmg der Schnervenfasem
im menschlichen Gehirn, Dorpat 1862), esso, come notò il Meynert , non è che il corpo genicolato
esterno, benché le figure datene siano per me poco chiare perchè non complessive.
(2) La profondità del solco che separa la così detta radice al corpo genicolato interno, dal fascio
dell'ottico che va al corpo genicolato esterno e da quest'ultimo, è variabile nei diversi individui, onde
la superficia di così complesse sezioni non potrà essere costantemente rivolta nella identica direzione.
110 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
sezioni fatte più in alto appare (fig. 19) tra corpo genicolato esterno e corpo geni-
coìnto interno un'area (fig. 19 P) di sostan2a prevalentemente grigia che va brusca-
mente aumentando verso l'alto, mentre i corpi genicolati diminuiscono (fig. 20) e fi-
niscono per scomparire. Quest'area grigia non è altro che il pulrinar thaìaml. Questo
fatto e cioè l'immissione del piiìvinar tra corpo genicolato esteino ed interno può
anche vedersi macroscopicamente. Nella Scimniia basta un taglio trasverso verticale (vedi
fig. 21 P), nell'uomo un taglio concavo o meglio due tagli verticali, l'uno diretto verso
l'indentro, l'altro verso l'avanti e l'esterao in modo da formare un angolo ottuso (vedi
fig. 22). Perchè questa ossei-vazione sia molto dimostrativa bisogna scegliere quei cer-
velli nei quali il corpo genicolato esterno è molto inferiore rispetto all'interno, e non
bisogna ( per ragioni che appaiiranno in appresso) . approfondarsi molto coi tagli.
Quest'ultimo inconveniente si può lamentare un poco nel preparato da cui fu tratta
la fig. 22.
Riassumendo possiamo dire che nei primati :
1° Il tratto ottico cessa di essere cordone compatto per formare il corpo ge-
nicolato esterno o laterale.
2° n corjjo genicolato esterno ha perifericamente un rivestimento midollare :
nel suo intemo fascetti di fibre nei"vose disposti in serie tendenti a disporsi parallela-
mente tra loro e alla supei-ficie.
3° Tutte queste fibre nervose provengono, nella loro maggior parte, dal tratto
ottico (1).
4° Il corpo genieolnto esterno è immediatamente contiguo al margine superiore
del peduncolo cerebrale ed è posto sotto e all'esterno del pulvinar.
5" Il pulvinar thalami consta prevalentemente di sostanza cinerea.
6° Il tratto ottico forma un rivestimento midollare al pulvinar od invia fibre
nervose anche nel suo intemo.
7° TI pulvinar thalami si immette tra il corpo genicolato interno o mediale
e il corpo genicolato esterno o laterale.
Errerebbe di molto chi credesse che i rapporti menzionati tra corpo genicolato
esterno, corpo genicolato interno e pulvinar appaiano subito cos'i chiari ed evidenti
come io li esposi; la loro esatta determinazione costituì anzi la parte più indaginosa
delle presenti ricerche, perchè variando il piano di sezione si ottengono immagini tra
loro molto diverse e che appaiono l'una coU'altra inconciliabili. Per poter giungere alle
conclusioni esposte io fui obbligato di eseguire serie di sezioni successive nelle direzioni
le più variate e tener esattissimamente conto del piano di sezione e giovarmi dell'ispe-
zione macroscopica di questo.
Parlerò (lui solo delle immagini che furono per me le più difficili ad essere chia-
rite, trovando le altre facile spiegazione in quanto sono per dire.
(1) Anche per il corpo genicolato esterno dei primati vale quanto dissi per la formazione mista
dei mammiferi.
PEL DOTI. FERRrCCIO TARTUFEUI
HI
Se facciamo un poco sopra la rilevatezza del corpo genicolato esterno sezioni oblique
in basso ed all'indentro (schema 1 . 25). ovvero sezioni trasversali orizzontali, in modo
Schema 1 "
REKI
però che il piano di sezione sia un poco obliquo in alto all'esterno ed in avanti, nelle
prime abbiamo l'immagine della fig. 25, nelle seconde quella della fig. 20.
Con sezioni successive, ovvero con sezioni macroscopiche trasverse orizzontali com-
binate a sezioni verticali dii'ette all'avanti e all'esterno, si dimostra che l'area strati-
ficata (fig. 25. OGE: fig. 2('>, CGE). è parte del corpo gruiroìafo rstrmo. Questo
adunque verrebbe a trovarsi o all'interiio del puliinar o nel mezzo della sostanza di
questo sempre profondamente. E cos'i i rapporti tra i corpi gitticoUtti ed il pulvinar
thalami sarebbero in tutto differenti da ijuelli clie sopra esposi. Che ciò in realtà non
sia si dimostra facendo dei tagli (schema T 27, 28. 29. 30) fondamentalmente tras-
versi verticali, ma leggermente obliqui in alto, in avanti ed all'esterno.
Nei più posteriori di questi tagli vediamo limma^ne della fig. 27, nei succes-
sivi (fig. 28) vediamo come l'estremità superiore del corpo genicolato esterno si in-
curvi verso l'esterno al di sotto del pulvinar, approfondandosi apparentemente nella
sostanza di questo, ma separatane costantemente da limite netto (1).
Dopo ciò è facile l'interpretazione delle esposte immagini, poiché i tagli nei quali
abbiamo l'apparenza che il corpo genicolato esterno si trovi all'interno, o in mezzo
alla sostanza del pulvinar sono tutti leggermente (fig. 28 Z-Z) obliqui in alto e al-
l'esterno. Ci rendiamo anche ragione del perchè nei tagli tangenti le estremità supe-
riori dei corpi gi'ìiicolnti ed obliqui in basso, in dietro e all'interno (fig. 20 e 19,
fig. 28 X-Y) otteniamo il genicolato esterno superficiale, e tra esso e corpo genico-
lato interno il jìulvinar.
Un altro punto che merita di essere chiarito ci vien dato daUa così detta radice
interna dell'ottico, o radice al corpo genicolato interno. In trattati di anatomia dei
centri nervosi, anche recenti, si afferma che il tratto ottico è per una profonda solcatura
(fig. 13, 14, 15 So e schema 1° So) diviso m due fasci, Yuno esterno (schema 1° RE) :
radice esterna o al corpo genicolato esterno: V altra interna (schema 1" RI) o al corpo
(I) Questo apparente approfondamento del corpo genicolato esterno nella sostanza Ae\ puhinur
in parecclii cervelli io l'ho veduto quasi insignificante ; quello designato nella fig. 2S è il massimo
da me osservato.
112
STIDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO F.CC.
gpnicoìntn ivtprno. Questa distinzione se era giustificabile per gli anatomici antichi oggidì
deve definitivamente abbandonarsi, poiché non regge alla più grossolana osservazione mi-
croscopica. Questa cosi detta radice interna dell'ottico non è che una parte del corj)o
genicolato esterno ; difatti ha la stessa struttura stratificata, e. come vedremo, le stesse
forme cellulari; né tra essa e quanto si designa come corj'o genicolato externo esiste, in
qualunque dii-ezione le sezioni si facciano, limite alcuno di demarcazione. Per convincersi
di ciò basta dare uno sguardo alle fig. 14 e 15 che rappresentano l'immagine di una
sezione trasversa del corpo genicolato esterno e della cosi detta radice interna dell'ottico.
Le fibre dal tratto che vanno al corpo genicolato interno non formano un cor-
done distinto, ma appartengono probabilmente alle fibre superfieiali di rivestimento del
corpo genicolato sterno. Di queste fibre supei-ficiali le mediali rivestii-ebbero il corpo
genicolato interno, le laterali il pulvinar per andare le une e le altre a terminare
nello eminenze higemine anteriori. Di fatti , come si vedrà in appresso . le fibre
inteme della corteccia midollare del corpo genicolato esterno sembrano connettersi
colle cellule gangliari di questo.
Che poi esistano fibre del tratto clie decorrenti profondamente vadano al corpo
genicolato interno è molto probabile perchè molti anatomici l'afi'ermano. io però non
potrei dirlo con sicurezza perchè uon ho fatti bene accertati, né d'altra parte voglio
dare gran valore in questioni cosi diificoltose ad apparenze spesso ingannevoli.
Chiarite per tal modo le dubbiezze che da taluno potevano venire accampate come
obbiezioni, dal raffronto delle conclusioni da me ricavate dallo studio del tratto ottico
dei mammiferi inferiori con (luelle dedotte dallo studio del tratto dei primati:
Mammiferi inferiori.
1° Il tratto ottico cessa di essere cor-
done compatto per costituire una forma-
zioTie da me provvisoriamente designata col
nome di formazione mista.
2" Questa formazione di sostanza mi-
sta ha perifericamente un rivestimento mi-
doUai'e, nel suo interno fascetti di fibre
nervose disposti più o meno parallelamente
alla superficie.
3" Le fibre nervose della formazione
mista provengono in massima parte dal
tratto ottico.
4° Questa formazione mista è immedia-
tamente contigua al margine superiore del
2>ednvenìo eirelirale od ò in parte al di
sotto, in parte al davanti della formazione
grigia.
5" La formazione grigia consta pre-
valentemente di sostanza cinerea.
6* Il tratto ottico forma un rivesti-
mento midollare alla formazione grigia
ed invia fibre nervose nel suo interno.
7° La formazione grigia si immette
tra corpo genicolato posteriore e forma-
zione mista.
Primati.
1° 11 fratto ottico cessa di essere cor-
done compatto per formare il corpo ge-
nicolato esterno o laterale.
2" Il corjìo genicolato esterno ha pe-
rifericamente un rivestimento midollare .
nel suo interno fascetti di fibre nei-vose
disposti in serie tendenti a disporsi pa-
rallelamente tra loro e alla superficie.
3" Tutte queste fibre nervose proven-
gono, nella loro maggior parte, dal tratto
ottico.
4° Il corpo genicolato esterno è im-
mediatamente contiguo al margine supe-
riore del peduncolo cerebrale ed è posto
in parte sotto , in parte all'esterno del
pulvinar thalami.
5" Il pai vi no r consta prevalentemente
di sostanza cinerea.
0* Il tratto ottico forma un rivesti-
mento midollare al pulvinar ed invia fibre
nervose nel suo interno.
7° Il pulvinar si immette tra corpo
genicolato interno o mediale, ed il corpo
genicolato esterno o laterale.
PEL DOTT. FERRUCCIO TARTUFERI 113
possiamo dedurre, fondandoci sull'uguaglianza di connessioni, di rapporti e di struttura :
1" che la forina.^ione grigia rappresenta nel cervello dei maniniiferi inferiori
il pulvinar thalami dei primati.
2° che la formazione mista nel cervello dei mammiferi inferiori costituisce
ciò che nel cervello dei primati si disegna come corpo genicolato esterno, o laterale.
3° che il tratto ottico nella sua porzione soprapeduncolare si comporta ugual-
mente ed assume gli stessi rapporti fondamentali sia nei primati che nei mammiferi.
Oltreché dall'identità di tessitura, di rapporti e di connessioni la esposta corrispon-
denza di significato anatomico viene anclie convalidata da osservazioni di morfologia
cellulare.
EICERCHE DI MORFOLOGIA CELLULARE.
Queste vennero fatte, come dissi, con il metodo della colorazione nera del Golgi
e le forme che io do sono esattissimamente copiate colla camera lucida di Oberhauser
da preparati che conservo.
Non ostante che per più di un anno abbia durato in variati tentativi, pure debbo'
confessare che ne' mammiferi inferiori non mi riusci ancora di ottenere la reazione molto
estesamente come avrei desiderato. Tuttavia, siccome la determinazione del significato
anatomico àeM' eminenza talamo-genicolata che io faccio non poggia solo su argomenti
di morfologia cellulare, e siccome d'altra parte ottenni forme cellulari somigliantissime
a quelle del pulvinar e del corpo genicolato esterno dell'uomo .^^olo e costantemente
quando la reazione era meglio riuscita, così non volli indugiare di più a pubblicare
il presente studio.
L'esattezza con cui ritrassi le immagini delle cellule gangliari mi dispensa da una
lunga descrizione che d'altra parte riuscirebbe difficile, inutile ed oscura.
Le forme àel pulvinar thalami dell'uomo (fig. 1, 2) hanno corpo irregolare, talora
tendente al triangolare, talora rotondeggiante abbastanza indipendente dal numero e
grossezza dei prolungamenti protoplasmatici. Questi sono numerosissimi ed esili ed il
loro tronco di origine comincia a dividersi dicotomicamente in prossimità del corpo cel-
lulare. Le forme complete da me ossei-vate nella parte deWeminenza talamo-genicolata
che io dimostrai corrispondere al puhinar hanno gli stessi caratteri (fig. 3, 4, 5).
Nel corpo genicolato esterno dell'uomo (fig. 6, 7) abbiamo perifericamente im-
mediatamente vicino al rivestimento midollare del tratto serie ordinate di cellule ner-
vose a corpo presso a poco triangolare od a cuore. Da un angolo del triangolo sorgo
il prolungamento c.ilinder aiis talora da solo, talora insieme ad un esile processo pro-
toplasmatico. Quest'angolo fornito del prolungamento nervoso è costantemente rivolto
(e ciò vale anche per le cellule meno periferiche) verso l'esterno, ossia verso le fibre
del tratto ottico che rivestono il corpo genicolato. I prolungamenti nervosi delle cellule
più superficiali sono a contatto delle fibre nervose di rivestimento. È perciò molto
probabile la supposizione che le cellule in discorso si connettano con i cilindri assili
delle fibre interne della corteccia midollare.
Dal lato del triangolo opposto al prolungamento nervoso e dagli altri due angoli
sorgono robusti prolungamenti protoplasmatici.
Serie 11. Tom. XXXIV. p
114
STUDIO COMPAKATJVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
Più internamente vedonsi talora in sezioni trasverse forme come alla fig. 8. Siffatte
forme per me sono probabilmente uguali alle precedenti, e la diversità apparente dipende
da che sono vedute non da lato ma obliquamente.
Le fig. 9, 10, 11, 12 mostrano che le forme cellulari che popolano la parte del-
l'eminenza talamo genicolata che io dimostrai costituire il vero corpo genicolato an-
teriore dei mammiferi appartengono allo stesso tipo delle precedenti.
Nel corpo genicolato interno e posteriore {yeàì fig. 13, 14, 15) abbiamo forme cellu-
Itui il cui corpo non ha forma a sé, indipendente, ma è subordinata al numero e alla
grossezza dei processi protoplasmatici che da esso sorgono. Questi nascono con ima base
conica e non si suddividono come nel piUvinar dicotomicamente in prolungamenti esili
ed uniformi ma presentano un grosso tronco principale da cui, spesso allo stesso livello,
sorgono prolungamenti secondari conici pur essi alla loro origine.
Oltre di ciò, stando alle reazioni avute, io troverei di caratteristico in confronto
alle cellule del pulvinar la maggior ricchezza di prolungamenti. A chi ripeterà queste
indagini di morfologia, piuttosto difficoltose, io consiglio di non formulare il suo giu-
dizio che dopo avere osservato un grande numero di cellule per potere con sicurezza
discemere i caratteri tipici di quelli accidentali.
DIFFERENZIAMENTO MORFOLOGICO
I corpi genicolati dei primati sono disposti su di un piano perpendicolare al-
l'asse mesencefalico e debbonsi conseguentemente distinguere in corpo genicolato in-
terno 0 mediale e in corpo genicolato esterno o laterale.
Schema 2°.
l'KIlvuri.
CGE Corpo genicolato esterno o laterale.
COI Corpo genicolato interno o mediale.
Nei mammiferi inferiori invece, come risulta da quanto esposi, i due corpi geni-
colati trovansi su di un piano verticale leggermente obliquo verso l' indietro e l' in-
dentro, onde in essi dobbiamo distinguere un corpo genicolato anteriore (corrispondente
PEL DOTI. FERRUCCIO TARTl'FERI
115
all'esterno dei primati), ad un corpo genicolato posteriore (corrispondente all'interno
dei primati).
Schema
MAMMIFERI INFERIORI.
CGA Corpo genicolato anteriore corrispondente all'esterno dei primati.
CGP Corpo genicolato posteriore corrispondente all'interno dei primati.
Un esame comparativo del corpo genicolato esterno (primati), ed anteriore (mam-
miferi inferiori), ci fa concludere che esso nella sua più semplice espressione consta di
una lamina di sostanza mista dovuta allo sprnneUamento del tratto ottico, e ca-
ratterizzata dalla tendenza dei suoi fascetti di fibre nervose a disporsi in serie
parallele alla linea di contorno del rivestimento midollare di corteccia.
Questa lamina è piana ed ha il suo asse quasi antero-posteriore nella pecora, nel
porco, nel cavallo, ecc.
È leggermente incurvata con la convessità esterna nel coniglio, nel lepre. . .
È fortemente incurvata con la concavità esterna (in sezioni trasverse orizzontali) ,
nella scimmia.
Nell'uomo è sigmoidea (in sezioni trasverse orizzontali), incurvata con la convessità
esterna (in sezioni parallele ad un piano tangente le estremità superiori dei due corpi
genicolati).
Schema 4».
PFCORA
CONIGLIO
SCIMMIA
PORCO
LEPRE
(sei. oriti.)
CAVALLO
CANE
(sexioiii parallele
eslreniilà super^
corpi geoicolari )
Il corpo genicolato esterno dei primati forma una rilevatezza abbastanza bene
delimitata per cui è distinguibile alla semplice inspezione.
Il corpo genicolato anteriore dei mammiferi invece non si rivela chiaramente che
per l'osservazione microscopica ; i suoi limiti esterni sono, e solo in alcuni animali, ap-
pena accennati. Non formando esso adunque una rilevatezza a se, ma confondendosi con
il tubercolo posteriore del talamo ottico in una sola eminenza piriforme, non potremo
per i caratteri macroscopici parlare separatamente né di un corpo genicolato ante-
riore ne di un pulvinar thalami. Conseguentemente io mi credo autorizzato di pro-
porre di chiamare l'eminenza formata dalla loro unione : Eminenza talamo-genicolata.
116
STUDIO COMPARATIVO DKI. TRATTO OTTICO ECC.
Per rintracciare ora la causa alla quale è dovuta la diversità della conformazione
estema e dei rapporti apparenti che riscontriamo tra i corpi genicolati dei primati e
quelli dei mammiferi inferiori, dobbiamo porre mente ai seguenti fatti.
1" La solcatura tra, corpo genicolato estimo (corpo genicolato estimo \iiii così
detta radice interna dell'ottico), e pulvinar è nell'MOWfO adulto posta orizzontalmente,
mentre nei mammiferi inferiori essa è obliqua verso il basso e lindietro.
2° Il corpo genicolato esterno dei primati ha nella sua faccia estema una
profonda solcatura (1).
[1 corpo genicolato anteriore ilei uiamniiferi non ha nella sua faccia esterna al-
cuna solcatura.
3° In una sezione trasversa verticale un poco obliqua in alto, in avanti e al-
l'esterno si osserva il corpo genicolato esterno approfondarsi (apparentemente) rispetto
ad un piano orizzontale nel pulvinar.
4° Il corpo genicolato internu dei primati non è allo scoperto in tutta la
sua periferia, ma è ricoperto del pulvinar nel suo terzo anteriore.
5° Tra pulvinar thalami, eminenze higemine anteriori e corpo genicolato in-
terno esiste nei primati una profonda solcatura in cui decorrono le fibre del tratto ottico.
Nei mammiferi inferiori invece tra le dette parti o non vi è solcatura o leg-
gerissima, ed il tratto decorre tutto allo scoperto.
6° 1 corpi genicolati rispetto all'asse mesencefalico sono nei primati distin-
guibili in estemo ed interno ; nei mammiferi inferiori in anteriore e posteriore.
Poiché in questi fatti si compendiano tutte le diversità di conformazione e di rap-
porti apparenti che i corpi genicolati presentano nella serie dei mammiferi, così sarà
ragionevole il ritenere come causa la più verosimile di esse, quella che le chiarisce tutte e
facilmente. L'unica ipotesi che io veda fornita di tali caratteri consiste nell'ammettere un
ruotamento del pulvinar thalami e del corpo genicolato esterno verso il di dietro ed
il basso.
Schema 5°.
MAMMIFEBI IMFERIORI.
P. l'alvinar thalami.
N. Emiuenze bigeinine anteriori.
CGI. Corpo genicolato intorno.
COR. Corpo genicolato posteriore.
CGE. (lorpo genicolato esterno.
CGA. (^orpo genicolato anteriore.
PRIMATI.
TO. Tratto ottico.
BP. Braccio congiuntivo posteriore.
T. Porzione terminale i macroscopi-
camente) del ti alto (braccio con-
giuntivo anteriore nei primati).
Pe. Peduncolo cerebrale.
La tinca punteiir/iatti nello schema dei prinmli indica la solcatura esistente tra braccio congiuntivo anteriore, eorpu
genicolato interno e cosi ilcUa rodici; interna dtWntliru ^porzione interna del corpo genicolati! esterno/ da una parte, pul-
vinar e corpo genicolato esterno {porzione esterna^ dall'altra parte. La linea punteggiala nello schema dei maminiferi in-
feriori indica il luogo corrispondente alla solcatura dei primati.
(I) Solcatura che nell'anatomia macroscopica iti dice delimitare il corpo genicolato esterno dalla
radice interna dell'otticu
PEL POTT. FERRUCCIO TARTUFERI 117
Effetti di questa rotazione sarebbero tutte le notate differenze, e cioè :
La posizione che rispetto all'asse mesencefalico assumono i corpi genicolati.
La solcatura del corpo genicolato esterno.
La profonda solcatura tra pidvinar, corpo genicolato interno e nates.
È cosi ancora che facilmente spieghiamo come solo nelle sezioni oblique in basso,
all'indieti-o e all'esterno dei primati abbiamo le stesse apparenze che nelle trasverse
dei mammiferi inferiori: come il corpo genicolato esterno appaia approfondarsi nel
pulvinar. A quest'ultimo riguardo non è necessario ammettere un ruotamento nel pul-
vinar indipendente da quello del corpo genicolato esterno, ammettere cioè che il corpo
genicolato esterno ruoti colla sua metà estema attorno ad un asse verticale verso il
di dietro, ed il pulvinar ruoti indipendentemente e successivamente verso il di dietro ed
il basso, poiché l'approfondarsi del corpo genicolato esterno in quest'ultimo non è che
apparente e non esiste nelle sezioni fatte nel piano corrispondente al trasverso orizzon-
tale dei mammiferi inferiori (1).
La causa ultima di questa rotazione potrebbe forse risiedere nel maggior numero
delle fibre del sistema di proiezione del primo ordine del Meynert.
Il differenziamento massimo dei primati viene collegato al differenziamento mi-
nimo dei ruminanti, dei solipedi e dei pachidermi per differenziamenti intermedi che
osserviamo negli altri mammiferi.
Nella pecora il tratto ottico voluminoso nastriforme con uno spesso strato di cor-
teccia riveste il corpo genicolato posteriore (2) e 1" eminenza talamo-genicolata. Il
corpo genicolato posteriore è appena appariscente, esso insieme dÀVcmincma talamo-
genicolata forma una superficie pianeggiante essendo pochissimo marcate le solcature tra
eminenza talamo-genicolata e nates , tra E. talamo-genicolata e corpo genicolato
posteriore. Il tratto ottico decorrerà perciò completamente allo scoperto. I due corpi
genicolati trovansi in un piano leggennente obliquo (quasi parallelo) rispetto all'asse
mesencefalico.
Nel coniglio il tratto ottico riveste ugualmente V eminenza talamo-genicolata. 11
corpo genicolato posteriore è molto sporgente, il suo asse maggiore è verticale. Le sol-
cature tra corpo genicolato posteriore eA eminenza talamo-genicolata, tra eminenza
talamo-geni col at<i e nates sono più profonde che nella pecora. Il tratto però decorre
sempre allo scoperto. I due corpi genicolati sono in un piano leggermente obliquo ri-
spetto all'asse mesencefalico.
1,1) Se anche nei casi più esagerati ,fig. 28) facciamo sezioni secondo il piano xy ossia corrispou
dente al piano trasverso orizzontale dei mammiferi inferiori , non avranno il ricoprimento del corpo
genicolato esterno per parte del pulvinar, ed il primo anche nei primati sarà sempre allo scoperto.
(2) L'orlo posteriore del tratto ottico della pecora è un poco differente da quello degli altri mam-
miferi, non per formazioni eccezionali, ma per lo sviluppo maggiore di alcuni fasci di fibre. 11 fascio
ottico peduncolare del tuber si vede (all'ispezione) sorgere alla superfìcie del tuber con un'espansione
a zampa d'oca, procedere in alto costituendo 1' orlo posteriore del tratto. Non si immette come nel
coniglio colla sua massima parte di fibre tra i fasci peduncolari, ma appare che vi si immetta solo in.
piccola porzione, la maggior parte continua a procedere in alto sul fascio superiore del peduncolo
costituendo sempre l'orlo posteriore del tratto ottico. Al margine superiore peduncolare le sue fibre
si voltano in alto e in dietro, e si espandono a zampa d'oca sul corpo genicolato posteriore. Alla su-
perficie di questo si confondono con le fibre del tratto propriamente detto. Non può poi escludersi che
a questi due ordini di fibie se ne aggiunga un terzo proveniente dal brachium coniunctivum posterius.
1 1 8 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
Nel cane (manifestissimamente in taluni casi) troviamo il tratto diviso da una
leggera solcatura che comincia in corrispondenza dei peduncoli cerebrali, onde esso può
considerarsi come apparentemente diviso in due fasci. 11 corpo genirolnto posteriore è
moltissimo sporgente : il suo asse maggiore ò obliquo in basso e all'esterno. La sommità
àQWeminenzd talamo -genicolata sorpassa di molto il corpo genicolato posteriore e le
nates. Tra corpo genicolato posteriore ed eminenza talamo-genicolata esiste una solca-
tura abbastanza profonda che si prolunga trasversalmente indentro immediatamente al
davanti del margine anteriore delle nutrs. La porzione terminale del tratto decorre perciò
non in una superficie rivolta in alto e leggermente all' indietro come nella pecora e
nel coniglio, ma in alto e fortemente all' indietro. I corpi genicolati sono in un piano
molto obliquo rispetto all'asse mesencefalico (vedi fig. 9, 10. 11).
Un differenziamento intermedio importantissimo l'osserviamo nel Delfino. In questo
mammifero i corpi genicolati sono disposti come nei primati in un piano fondamen-
talmente perpendicolare all'asse mesencefalico. Nel delfino questo piano è esattamente
trasversale, mentre nei primati è leggermente diretto verso il dietro e l'esterno. La
sommità àeW eminenza talamo-genicolata sorpassa di molto, come nei primati, le
nates ; e tra loro esiste un ampio angolo nel lato anteriore (superficie posteriore del
pulvinar), e nel fondo dal quale decorrono allo scoperto le fibre apparentemente ter-
minali del tratto. Nel delfino così abbiamo un grado di ruotamento dei corpi geni-
colati uguale a quello dei primati; il pulvinar avrebbe ruotato verso l'indietro. ma
non avrebbe completato il ruotamento verso il basso , invece perciò di quella profonda
solcatura che nell'uomo esiste tra nates, brachium coniunctivum imsterius , corpo
genicolato interno e pulvinar, qui esiste un ampio angolo. Rassomiglianza maggiore e
più dimostrativa non potrebbe desiderarsi.
Altri punti di ravvicinamento potrà probabilmente trovare chi avrà la fortuna di
avere cervelli di individui appartenenti agli ultimi sottordini dei quadrumani, come a
quello degli arctopitheci, e dei prosimi.
Adunque — le solcature più o meno profonde tra corpo genicolato interno e
eminenza talamo-genicolata, tra eminenza talamo-genicolata e nates;
la posizione più o meno obliqua o perpendicolare rispetto all'asse mesencefalico
del piano in cui trovansi i corpi genicolati ;
il sorpassamento del cor}to genicolato interno e delle nates per parte della
eminenza talamo-genicolata ;
la solcatura del tratto ottico ;
l'obliquità dell'asse maggiore del corpo genicolato interno;
costituiscono altrettanti punti ili ravvicinamento tra il completo differenziamento dei pri-
mati e quello rudimentale di alcuni ruminanti (pecora).
Che realmente debbasi dar valore ai fatti sui quali io baso questo ravvicinamento
e conseguentemente che questo non sia artificioso , potrei dimostrarlo con vari argo-
menti; mi limito qui a notare conio un maggiore o minor grado dei differenziamento
sopranotato corris])onda ad una morfologia cerebrale più o meno complessa e ad un
minore o maggiore sviluppo dei centri sensitivi.
PEL DOTT. FERRUCCIO TARTUFERI
119
Di fatti se confrontiamo il Tolume delle eminenze bigemine anteriori (centri sen-
sitivi dell'apparato della visione) con quello del talamo ottico, troviamo che le prime sono-
sviluppatissime nella pecora, nel porco, nel cavallo. . . ;
meno sviluppate nel cane e nel gatto ;
pochissimo sviluppate nel delfino.
Lo sviluppo perciò dei centri sensitivi dell'apparato visivo sta in ragione inversa
del differenziamento mentovato. Sappiamo d'altra parte che il grande sviluppo dei centri
sensitivi in genere (l/ulhi olfattori, eminenze bigemine. . . ) caratterizzano i cervelli degli
ordini inferiori, ed in questi cervelli appunto noi trovammo il minimo differenziamento.
I due anelli estremi della catena oltreché per fatti di anatomia comparativa ven-
gono collegati tra loro anche emhriologicamente.
Nel feto umano (G mesi?) i corpi genicolati sono allo stesso livello. Siccome
la così detta radice interna dell'ottico è parte, come dissi, del corpo genicolato esterno,
così la solcatura tra corpo genicolato laterale e pulvinar non sarà orizzontale come
nell'adulto, ma obliqua in basso e allintemo, meno obliqua però che nei mammiferi
inferiori, e perciò le sezioni che nel feto corrispondono alle trasverse dei mammiferi
saranno rispetto all'orizzonte meno oblique che nell'adulto. Restando costante l'angolo
che forma il piano di sezione col piano passante attraverso la detta solcatura, pos-
siamo porre i seguenti schemi :
Schema «°.
UOMO ADULTO.
Pu Pulvinar thalami.
CGE Corpo genicolato esterno.
CGA Corpo genicolato anteriore.
CGI Corpo genicolato interno.
CGP Corpo genicolato posteriore.
FETO UMANO.
MAMMIFEHI mFERIORI.
TO Tratto ottico.
Pe Peduncolo cerebrale;
S Solcatura tra corpo genicolato esterno
u anteriore, e pulvinar.
P Piano (li sezione.
Mi faccio dovere di rendere qui pubblicamente i miei più vivi ringraziamenti al-
l'illustrissimo Prof. Golgi e all'illustrissimo Prof. Bizzozero per le cortesie usatemi ; e
colgo quest'occasione per rendere a quest'ultimo speciali grazie per la somma genti-
lezza con cui mi accolse nel suo laboratorio.
Torino, M. 1880.
120 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
Tutte le presenti figure furono da me con scrupolosa esattezza disegnate, su prepa-
rati che conservo, per mezzo del prisma o della camera lucida di Oberhauser.
Fig. l . Immagine di una sezione orizzontale trasversa di un' ewinema talamo^
genicolata di porco "/, .
» 2. Immagine di una sezione orizzontale trasversa leggermente obliqua in basso
e in dietro di un eminenza talamo-genicolata di pecora "/, .
> 3. Immagine di una sezione orizzontale trasversa di un' eminenza talamo-
genicolata di coniglio fatta in corrispondenza della parte inferiore del
corpo genicolato intemo '/, .
» 4. Immagine di una sezione trasversa orizzontale di un' eminenza talamo-
genicolata di coniglio fatta più in alto deUa precedente '/, .
» 5. Immagine di una sezione orizzontale trasversa di ìia' eminenza talamo-
genicolata di coniglio fatta più in alto della precedente y, .
» 6. Immagine di una sezione di xm'eminenza talamo-genicolata di coniglio fatta
secondo la* direzione delle fibre del tratto ottico '/, .
> 7. Immagine di una sezione di un eminenza talamo-genicolata di coniglio fatta
in un piano perpendicolare all'asse mesencefalico "/, .
» 8. Immagine di una sezione trasversa orizzontale del tratto ottico di un cane
in vicinanza del corpo genicolato posteriore 2 '/'/^ circa.
» 9, 10, 11, 12. Immagini di sezioni successive trasverse orizzontali di un'emi-
nenza talamo-genicolata di cane 2 '/i/l circa.
» 13. Immagine del principio à&\ corpo genicolato esterno di una scimmia (cer-
copithecus cynosurus).
» 14. Immagine di una sezione orizzontale trasversa del corpo genicolato estemo
di una scimmia (cercopithecus cynosurus) fatta in corrispondenza della
metà. Ingrandita '/, .
PEL DOTT. FEKRUCCIO TAKTUFERI 121
Fig. 15. Immagine eli una sezione trasversa orizzontale del corpo genicolato estemo
di un uomo fatta in corrispondenza della metà circa. Ingi-andita.
» 16, 17. Immagine di sezioni del corpo genicolato esterno di un nomo fatte se-
condo la direzione delle fibre del tratto ottico. Grandezza naturale.
» 18, 19, 20. Immagini di sezioni successive dei corpi genicolati di un uomo fatte
parallelamente ad un piano tangente le loro estremità superiori. Gran-
dezza naturale.
» 21. Immagine della superficie di sezione di un taglio verticale trasverso in cor-
rispondenza della estremità anteriore delle iintrs in una scimmia (cercopi-
thecus cìjnosurus) , grandezza naturale.
» 22. Immagine delle superficie di due sezioni incontrantesi ad angolo ottuso in
con-ispondenza dei corpi genicolati di un uomo, gi-andezza naturale.
» 23, 24. Immagini di sezioni fatte secondo un piano passante per la estremità
superiore esterna del corpo genicolato estemo ed inclinato verso l'interno
senza però raggiungere il corpo genicolato in temo. Uomo, grandezza na-
turale. Vedi schema 1°, linee 23-24.
» 25. Immagine di una sezione fatta sul puìvinàr thalami in un piano obliquo
in basso e all'indentro sopra l'estremità esterna del corpo genicolato esterno
Uomo, grandezza naturale. Vedi schema 1°. linea 25.
» 26. Immagine di una sezione fatta sul ptitcinar thalami un poco sopra la ri-
levatezza del corpo genicolato esterno in un piano orizzontale trasverso un
poco obliquo in alto, all'esterno ed in avanti. Uomo, grandezza naturale.
» 27, 28, 29, 30. Immagini di sezioni trasverse verticali leggermente oblique in
alto, in avanti e all'esterno del ptilvinur e dei due corpi genicolati. Uomo,
grandezza naturale. Vedi schema \°, linee 27. 28, 29, 30.
TO Tratto ottico.
CGA Corpo genicolato anteriore (Tartuferi) corrispondente all'esterno dei primati.
CGP Corpo genicolato posteriore, corrispondente all'interno dei primati.
P Pulvinar thalami , o tubercolo posteriore del talamo nei mammiferi inferiori.
F P T Fascio peduncolare trasverso dell'Inzani e Lemoigne.
S Solcatura esistente nella superficie laterale dell' eminenza talamo-genicolata
del porco.
Serie li. Tom. XXXIV. Q
122 STVDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC.
FPTO Costituisce la sezione trasversa di un fascetto di fibre del tratto che appare
macroscopicamente nel suo decorso distintissimo dopo l' enucleazione del
Ijulljo.
RI Indica quanto erroneamente si designa nei pruuati come radice interna del
tratto ottico o radice al corpo genicolato interno. Essa , come è facile il
vedere, non è che parte del corpo genicolato estemo.
Sb-cp Strato Inanco-cinereo profondo delle ìuifrs (fig. 4. porzione laterale inferiore;
fig. 5. porzione mediana).
6C Grigio centrale o dell'acquedotto di Silvio.
Ce Cappa cinerea delle ìHites.
Sb-cs Strato liianco-cinereo superficiale.
Pe Peduncolo cerelìrale.
T- Tubercolo medio del talamo ottico. In tutti i mammiferi il talamo può dividersi
per le apparenze macroscopiche in tre tubercoli: uno anteriore, uno medio,
uno posteriore (}}>iìvlnnr). Il posteriore diviene evidentissimo dopo l'enuclea-
zione del bullio oculare.
ST SMn trriììiìì(iìi>< (Henle).
A-M Asse mesencefalico.
CGE Corpo genicolato esterno o laterale dei primati.
CGI Corpo genicolato interno o mediale dei primati.
BCA Brachi um roniimcthmm anterius (primati) o fibre del tratto ottico apparen-
temente terminali. Corrispondono alle fil)re designate con T nei mammiferi
inferiori (vedi schema 5°).
AS Acquedotto di Silvio.
E A Eminenza bigemina anteriore o nates.
IH. Terzo ventricolo.
C g Commissura grigia.
SO Solcatura, che nell'anatomia macroscopica si dice (erroneamente) delimitare
la radice interna dell'ottico (rad. al corpo genicolato intemo), dalla radice
esterna (rad. al corpo genicolato esterno). Come invece dimostrano le fig. 14,
!.'■>, 18, 22 questa pretesa radice non è che parte del corpo genicolato
laterale.
PEL I>OTT. FERRUCCIO TARTUFERI. 123
MORFOLOGIA CELLULARE.
Fig. 1. Cellula nervosa del j9M'«'«Mrtr thalami àaW uomo.
» 2. Id. id. id.
» 3, 4. Coniglio. Cellula nervosa della parte AeW eminenza talamo-genicolata da
me dimostrata corrispondente 2X indrinar Ag\\.'uoìiio.
* 5. Gatto. Id. id.
> 6, 7, 8. Cellule gangliari del corpo genicolato esterno deir«o>«o.
» 9, 10, 11,12. Cellule gangliari del mio corpo genicolato anteriore del coniglio.
Nelle fig. 10, 11 la reazione non è completa.
» 13, 14, 15. Cellule gangliari del corpo genicolato posteriore Gatto.
In tutte queste figure Pcx indica il prolungamento cilinder-axis ; nella
figura 8 indica un precipitato probabilmente formatosi nel punto di
origine del prolungamento nervoso.
Le fig. 1, 2, 3, 13, 14, 15 sono state disegnate colla camera lucida di
Oberhauser - 4 Hartnack - tubo chiuso - sul tavolo.
Le altre colla camera lucida di Oberhauser - 2 Verick - tubo chiuso -
sul tavolo.
(ficcete. !>\ ^f D cCfc Se. D l%c^lv^ . CU.^.^^ D-i. S<y. %^ . e J^G^. Sc^cx^ 2^^ 1?ov^^o XXXIV
Dottor Ferruccio Tarluferi dis.
Tonno. LiL SalussoKa
ì
Tav. U
Dottor Ferruccio TartuÌ"erA dia
Torino, Lìt. Salussolia
125
CONTRIBUTO ALLO STUDIO
DELLA
PELLE DEGLI URODELI
(SaUroandrina, Euproetus e Sperlepes)
MEMORIA
MARIO LESSONA
Letta nell'adunanza del i" Maggio I88t
Proponendomi io qui di esporre il risultamento delle mie ricerche istologiche sulla
pelle di alcuni tritouidi propri esclusivamente del nostro paese, e lasciando in disparte
ogni considerazione di sistematica, brevissima sarà la rassegna di quanto venne fatto sino
ad ora in proposito intorno a questi animali, e limitata a poche recenti pubblicazioni.
Il primo che si sia fermato sulla confonnazione della pelle della Salamancbina per-
spicillata è R. Wiedersheim (1), che nella monografia intorno a questa specie vi dedica
un cenno in cui ricorda lo spessore dell'epidermide già menzionato dal Eamorino (2),
nota il grande numero di ghiandole cutanee, descrivendone brevissimamente e figurandone
l'apertura estema del condotto escretore, segnala la mancanza di vere parotidi, come pure
la presenza dei tubercoli delle estremità, i quali attribuisce esclusivamente allo ispessirsi
dell'epidermide in questi punti.
Più importanti sono le ricerche del Leydig. il quale già nella sua monografia sul te-
gumento degli anfibi (3) notava alcune particolarità intomo alla pelle di questo urodelo,
e specialmente sulla natura delle papille del derma, e piii tardi, ritornando sull'argomento,
a proposito degli organi dei sensi degli urodeli (4), in una breve ma esatta descrizione
mette in cliiaro alcune particolavità non menzionate dal Wiedersheim, cioè gli ispessimenti
della cuticola, e le papille del derma entro cui sono contenuti certi particolari corpicciuoli.
(1) Salamandrina perspicillata und Gtrolriion fusctis. Annali del Museo civico di Genova, 1875.
(2) Appunti sulla storia naturale della Salamandrina perspicillata. Genova, 1863.
(3) Ueber din alUjenioinen Bi;dehungcn der Amphibien. Archiv. f. miki'Osk. .\nat., VoLXll, 1876.
(4) Die Hautdecke und Hautsinnesorgane der Vrodelen. Morphologisches Jahrbuch, Voi. Il, 1876
126 CONTRJBUTO ALI-0 STUDIO DELLA PELLE DEGLI URODELI
Dello Euproctus non si occupò altri che il Wiedersheini, il quale in una monografia
sullo E. rusconii (1) consacrò alcune pagine alla descrizione della pelle; primo egli notò
le singolari papille epidermiclie che appaiono esternamente come tanti tubercoletti vi-
sibili ad occhio nudo; inoltre distinse nell'epidermide 1', cuticola e l'epidermide propria-
mente detta; quanto alle ghiandole, egli ne descrive una sola forma, notando solo diffe-
renze di dimensioni ; una sezione della pelle è figurata nella tavola che accompagna il testo,
ma a dir vero poco se ne può ricavare. Sulla pelle dolio Fiijtrocfux scrisse recentemente
il professore (ìiglioli (2), ma solo dal punto di vista sistematico, e. dovendo i-itornare di
nuovo su questo argomento, rimando ad altro punto Tesame dei l'isultamenti ottenuti da
questo naturalista.
Intorno allo Speri rpcs non trovo nella letteratura batracologica ni una indicazione,
e il Wiedersheim non ne tratta nella già citata monografia, limitandosi quivi ad illustrare
la ghiandola sottomascellare, su cui più estesamente si diffonde nel suo lavoro posteriore
intorno alle ghiandole del capo degli anfibi (3).
Epidermide. Da tempo è noto come lepidermide degli anfibi, non solo allo stato
larvale ma anche negli adulti, presenti produzioni cuticolari che si presentano in vario
modo e segnatamente in forma di lamine ispessite : così nella Salamandrina furono già
osservate e figurate dal Leydig , il quale riconobbe anche come di natura cuticolare
certi corpicciuoli rotondeggianti , emisferici , giallicci e splendenti , rivolti in basso ;
queste formazioni sono diffuse per gran parte della superficie del corpo, e corrispon-
dono particolarmente ai rialzi papillari della cute; oltre a ciò, io osservai nella superficie
palmare delle estremità, così della mano come del jìiede. delle formazioni particolari,
le quali producono sullo strato più esterno delle cellule dello strato corneo una scoltura
quale è rappresentata nella figura 1 , dove in a si vedono degli ispessimenti roton-
deggianti, i quali appaiono fra le cellule epidermiche, e che sono perfettamente distinti
dai già menzionati corpi emisferici del Leydig , che si trovano sulle papille cutanee ,
poiché, a differenza di questi, non sono emisferici, e non si colorano affatto sotto alla
azione delle sostanze coloranti, che agiscono invece intensamente su questi.
Formazioni cuticolari quali sono descritte dal Leydig per la Salamandrina .si osser-
vano perfettamente nell'epidermide degli Euproctus, e in duo maniere diverse nelle due
specie del genere: nella superficie palmare delle estremità dello E. ruscau/i (pìatij-
crphalati) lo strato esterno dello strato corneo appare come formato da una serie di cellule
poligonali o grossolanamente aiTotondate, con nucleo granuloso ben distinto, non in con-
tatto l'una coU'altra ma separate da un intervallo che consta di sostanza intercellulare,
sopra cui si sovrappone come un reticolo costituito da corpi rotondeggianti, posti per lo
più in prossimità dei nuclei delle cellule sottostanti e collegati apparentemente da sottili
filamenti: questo reticolo trae origine appunto dagli isjìessimenti laminiformi (fig. 2, a) ed
emisferici (fig. 2, h) della cuticola. Al di fuori della superficie palmare delle estremità
all'opposto non ebbi ad osservare formazioni cuticolari né sui grossi tubercoli nella cui
formazione ha parte essenziale lo strato inferiore della epidermide, ne sulle papille più
(1) Bemerhunr/en sur Anutomie des Euproctus rusconii. Annali del Mii.-ieo civico di Genova. Itì75.
(2) Nota Sitile specie italtane del genere Euproctus. Annali del Museo civico di Genova, 1878, 2.
{^) Die Kopfdriisen drr geschraiìsten Amphibien und die Glnndida ivlermaxillans der Amirtn.
ZeiUchrifl fur Wiss. Zool. Voi. XXVII, lt<7t;.
PI BIAKIO LESSONA 127
superficiali, di cui dirò in particolare più avanti. Nello E. niontanus invece su tutta la
superficie del dorso l'epidermide, la quale presenta una notevole analogia con quella della
Salamandrina, è provveduta degli ispessimenti emisferici che caratterizzano quest'ultima.
Nello Spcrlepcs finalmente riconobbi nella superficie palmare delle estremità produzioui
analoghe a quelle teste menzionate dello JEuprocttis.
Esternamente la cute appare nella Salamandrina bitorzoluta e provveduta di nume-
rosi minuti tubercoletti cupuliformi (fig. 4) i quali diiferiscono essenzialmente da quelli
degli Euprociits perchè comspondono ciascuno ad una papilla del derma, come ci di-
mostra la figura 7. L'epidermide (fig. 7, a) consta di parecchi strati di cellule, in
numero per lo più di cinque a sette o otto, e più in speciali regioni del corpo: queste cel-
lule sono piuttosto grosse, con nucleo rotondeggiante, granuloso, provvedute di ciglia ri-
gide, resistenti. Perfettamente evidente è la distinzione di esse nei due strati mucoso e
corneo ; quest'ultimo è costituito di scaglie omogenee, splendenti, di aspetto corneo, sal-
date fra loro : il massimo sviluppo dello strato corneo epidermico si presenta nella porzione
mediana della superficie inferiore della coda, che si mostra in forma di una carena la
quale si estende dall'apice della coda sin presso all'apertura cloacale (fig. 4. a) ; questa
carena nella sezione trasversa appare in forma di una scaglia semplice, larga, alta, in cui
non è possibile distinguere traccia della fusione degli elementi che concorsero a formarla ;
qui inoltre manca ogni formazione cuticolare. Anche nel tubercolo della mano (fig. 10) e
del piede (fig. 11) l'epidermide presenta uno spessore alquanto maggiore che non sia
quello del resto del corpo, ma tuttavia non è esatta 1' affermazione del '\\ iedersheim,
il quale ad essa esclusivamente attribuisce queste formazioni : certamente qui non si
ha da fare, come nota lo stesso autore, con alcunché di corrispondente alla ghiandola del
pollice degli anuri maschi, ma io potei accertarmi mediante numerosi tagli verticali come
oltre allo ispessimento della epidermide partecipino alla produzione di questi tubercoli le
ghiandole che vi sono più grosse e talora agglomerate in un certo numero, come pure la
musculatura cutanea qui più robusta.
Ho figurato queste formazioni cutanee sebbene ciò abbia già fatto il Wiedersheim
nella sua citata monografia, perchè la figura che ne da (1) è inesatta al tutto.
Nell'epidermide si trova frequentemente diffuso in maggiore o minor quantità del
pigmento il quale costantemente è bruno o nero, e si trova soltanto in quei tratti del
corpo che appaiono neri ; ma là dove la tinta è chiara o rossa non si trova mai pigmento
nell'epidermide.
Particolarità molto più notevoli che non la specie precedente ci presenta l'epider-
mide degli Eìiproctiis, di cui la pelle esaminata semplicemente dall'esterno e ad occhio
nudo attrae l'attenzione pel suo singolare aspetto. Nello E. ruscoiiii la regione dorsale
del corpo si mostra provveduta di numerose papille di color bianco , le quali spiccano
particolarmente negli individui colorati in bruno carico o in rosso ruggine, i quali a dir
vero sono molto meno numerosi degli altri : anche in questi tuttavia le papille spiccano
perfettamente sul fondo generale del corpo, e specialmente sulle macchie di tinta più ca-
rica che si estendono ai due lati della linea mediana dorsale, che si estende dal capo al-
l'origine della coda, è più chiara del resto del dorso, ed è costantemente sprovveduta di
(1) Salamandrina, ecc., fig. 121.
128 CONTKIBUTO ALLO STUDIO DELLA PELLE DEGLI l'RODELI
cotali papille; queste poi sono più numerose verso i fianclii, e mancano totalmente nella
regione ventrale, come pure nella superficie intema delle estremità. Nello E: montanus
invece la pelle, parimente sul dorso, è provveduta di minutissimi tubercoletti rotondi, più
fitti che non nel caso precedente, dello stesso colore del resto del corpo, e quindi malage-
volmente discenùbili ad occhio nudo, per modo che la pelle appare quasi liscia, o almeno
finamente granulosa: le figure 5 e G, che rappresentano due tratti della pelle di quelle due
specie disegnati colla lente, mostrano a colpo d'occhio la differenza che passa tra loro.
Questa differenza poi appare molto più spiccata mercè la sezione verticale della pelle la
quale ci mostra la costituzione di queste singolari formazioni.
Nella epidermide dello E. rusconii io distinguo tre strati , che sono il corneo e
il mucoso (fig. 8, a e e) cui si aggiunge un terzo strato interposto fra essi, il quale io, per
analogia con quello che fu riconosciuto nell'uomo, chiamerò strato lucido. Queste tre
parti dell'epidermide presentano tra loro notevoli differenze non solo per la posizione ma
anche per la qualità e il numero degli elementi onde risultano. Lo strato corneo è costi-
tuito di cellule irregolarmente esagonali (fig. 13, a), appiattite, sottilissime, larghe, con
nucleo distinto, aderenti immediatamente l'una all'altra ; si possono riconoscere qui par-
ticolari formazioni papillari, le quali comspondono alle papille dello strato mucoso epi-
dermico; esternamente alle papille lo cellule dolio strato corneo si presentano nel loro
aspetto normale; verso il mezzo e nel centro emergono in una eminenza cufìuliforme al-
cune cellule nucleate come le esterne, ma più spesse, con nucleo meglio distinto e granu-
loso, e che si colorano molto più intensamente sotto all'azione dei reagenti. Lo strato
corneo è costituito da pochissimi strati di cellule che appaiono nella sezione ti'asversa sot-
tilissimi, trasparenti, fiuasi splendenti, e pocliissimo sensibili all'azione delle sostanze
coloranti, e sulle papille esso appare come un velo diafano sovrapposto al tubercolo
sottostante. Questo aspetto che presenta lo strato corneo lo fece considerare inesat-
tamente dal A\'iedersheim (1) siccome una produzione cuticolare, che risulta, cito le
parole dell'autore, « aus einem einschiclitigen , grossen, poligonalen Plattenepithels
mit deutlich gi-anulirten, rundlichen Kenien ! ».
Immediatamente sotto allo strato corneo si trova lo strato lucido (fig. 8, li), che
per parecchi caratteri differisce dal reticolo malpigliiano sottostante. Esso consta di un
solo strato di cellule nucleate quadrangolari, a sezione in forma di un rettangolo irregolare,
rigonfio verso il mezzo in corrispondenza del nucleo, clie aderisce pei suoi lati più brevi alle
cellule prossime; questi elementi si distinguono oltreché per la forma anche per l'attitudine
che hanno a colorirsi intensamente, molto più delle cellule del reticolo malpighiano,
anche di quelle che stanno in contatto o in prossimità del derma : questo strato lucido è
distinto su tutta l'epidermide, ma si presenta meglio spiccato e apparente nelle papille.
Lo strato mucoso dell'epidermide consta di pochi strati di cellule poligonali o rotondeg-
gianti, le più basse, provvedute tutte di un nucleo granuloso, e sovrapposte regolarmente
per modo che la cute appare esternamente liscia nei tratti compresi fra le papille già ri-
petutamente menzionate. Queste constano di otto o dieci strati di cellule e sulla loro
maggiore larghezza ne comprendono al più una ventina, per modo che gli strati orizzon-
tali decrescono rapidamente in numero dal basso verso l'alto: nei pochi strati cellulari
(1) Euproclut, pp. 55.", 55T^i/
DI MARIO LESSONA 129
inferiori che formano come la radice della papilla, questa non presenta differenze di sorta
dal resto dell" epidermide ; negli strati superiori poi le cellule sono più grosse di quelle
del reticolo malpighiano delle altre regioni dell'epidermide, mostrandosi come grossi corpi
poliedrici, con nucleo granuloso, conservando questa forma poliedrica sino a contatto dello
strato lucido.
Rispetto alla significazione di queste formazioni non posso che accettare pienamente
l'aifermazione del Wiedersheim. il quale ne riconobbe la vera natura dichiarandole pro-
duzioni esclusivamente epidermiche e senza rapporto alcuno con organi di senso cutanei,
come si sarebbe indotti a credere a prima vista pensando alla vita in gran parte acqua-
tica di questo urodelo. Prima di lasciare questo argomento debbo aggiungere come nella
divergenza di opinione ft-a il Gene e il Bonaparte intorno alla ])resenza o meno delle
papille epidenniche nel girino ( 1 ) abbia ragione il secondo di (juesti autori in quanto che
in più di una dozzina di girini dello E. ruscon/i in diversissimo stadio di sviluppo io
potei riconoscere come carattere assolutamente costante la mancanza di tubercoli sugli
individui ancora provveduti di branchie : anzi, sebbene io non abbia mai trovato un adulto
colla pelle liscia, sono tuttavia indotto a credere che l'apparire delle papille epidenniche
segua qualche tempo dopo la metamorfosi; poiché in un girino colle In-ancliie (juasi inte-
ramente atrofizzate non ne trovai traccia. Per (juanto ho potuto osservare 1 "epidermide
non è sede di depositi di pigmento, il quale nell'adulto e nel girino è limitato al derma.
Diversa per aspetto e per conformazione è la epidermide dello is. wniitanus da
quella della specie precedente, per la sua maggiore senqdicità contraddistinta dalla man-
canza dello strato lucido già menzionato, e pel diverso rapporto che intercede fra i due
strati onde risulta. Mentre nello E. rusconi/ lo strato corneo è teuuissimo, traspa-
rente, costituito da cellule larghe e sottili, nel nwntnnu.t si presenta analogo a quello
della Salamandrina, risultando (fig. 9. a) di gi-osse scaglie parimente saldate e di aspetto
corneo, che col loro sovi-apporsi danno origine ai tubercoletti onde appare rivestita la
pelle: (lueste papille epidermiche sono pertanto costituite da tre o (juattro scaglie larghe,
spesse, entro a cui, ad eccezione della più esterna, pei-siste un nucleo che si fa sempre
più visibile a mano a mano che si procedo verso lo strato mucoso; un'altra analogia
colla Salamandrina consiste in ciò che queste papille sono fre(iuentemente attraversate
dal condotto escretore di una ghiandola che va ad ajn-irsi al vertice di esse, ciò che
non ha mai luogo pei gi'ossi tubercoli dello E. riisconii. Un pigmento bruno si trova
abbondantemente diffuso nelle scaglie esteme dell'epidermide per tutta la supei-ficie dor-
sale, colorita in grigio-ferro carico o in bruno-ruggine più o meno intonso. Lo strato
mucoso (fig. 9, //) comprende pochi strati di cellule grosse, rotondeggianti od ovoidi, con
nucleo distintamente granuloso, le quali appaiono similmente conformate per tutto lo spes-
sore dello strato stesso. Queste cellule non sono, come le scaglie dello strato corneo, infil-
trate di pigmento, ma questo vi si mostra in forma di cellule distinte, isolate (fig. 9, d).
(juali si trovano nel derma, ma molto meno abbondanti.
L'epidermide nello Sprrìejìrs è sottile, delicata, trasparente, e costituita da uno
strato corneo che appare fornito da un solo strato di cellule sottili, larghe, nucleate, le
(inali aderiscono strettamente per tutta l'estensione della pelle allo sti-ato sottostante, per
(1) "Wiedersheim, Euprocius. p. 557.
Seeie li. Tom. XXXIV.
130 CONTRIBUTO ALLO STIDIO DELLA PELLE DEGLI URODELI
modo che appaiono nella sezione trasvei-sale come una lamella di aspetto vitreo sovrap-
posta alle cellule dello strato mucoso. Queste sono rotonde, grosse, trasparenti, con nucleo
"ranuloso {&". 14. /') e si succedono in numero di un paio di strati dalla lamella esterna
sino al derma. Lo strato corneo non è mai pigmentato. mentre il reticolo sottostante è
sede di un abbondante pigmento (fig. 14, rf) . che appare in forma di cellule stellate
isolate, distanti l'una dall'altra, oppure ammassate in maggior numero, ma però general-
mente distinguibili Tana dall'altra : ((uesta pigmentazione più abbondante si osserva sul
dorso, il quale è colorato, negli individui di Sardegna che io esaminai, in un debole bruno
ruggine : nei fianchi è ^liù scarsa, e manca affatto sul ventre.
Dekiia. Il derma presenta nelle quattro specie di cui ho studiato la pelle molto
maggiore uniformità che non l'epidermide, e quindi, non avendovi trovato nulla di ri-
marchevole, mi limiterò a darne un cenno complessivo. Gli strati limitanti superiore e
inferiore, costituiti regolannentc di connettivo molle, sono relativamente poco sviluppati,
e in uno strato relativamente sottile, che scorre orizzontalmente oppure sinuosamente
(Sperìepcfi). Rialzi papillari si osservano nel derma in due maniere distinte nella Sala-
mandrina. cioè in forma di papille contenenti una ghiandola, e di papille minori, in cui
si alloga un corincciolo piriforme chiaro di cui la base sta affondata nel pigmento, e l'apice
emerge verso l'epidermide, per modo che tutta (questa fra i grossi tubercoli del derma si
vede agevolmente una punteggiatura chiara: il Leydig (1. e), che primo osservò e descrisse
questi corpi, si mostrò dubbioso intorno alla loro natura e tende a considerarli siccome
terminazioni nervee : intorno a ciò non posso dare un parere perchè nelle mie osservazioni
non riuscii che a constatare quanto fu già riconosciuto dal menzionato autore. Nello
strato limitante superiore si espande una rete di capillari sanguigni estesissima, che cir-
conda in ogni senso le ghiandole ; parimente grossi tronchi nervei scorrono fra le ghian-
dole ai muscoli della parete delle quali mandano diramazioni.
Il pigmento si trova nello strato limitante superiore e corrisponde a (juei punti
della pelle che macroscopicamente appaiono colorati (figg. 7, 8, 9. 14, il). Delle quattro
specie di pigmento, che Leydig distingue nella pelle degli anfibi (1), una è rappresentata
in tutte le specie di cui parla, e due nella Salamandrina. e sono il pigmento bruno o
nero di gran lunga il più diffuso così negli urodeli come negli anuiù, e il giallo o ranciato.
A proposito di questo il Leydig lo accenna dubitativamente come la causa del color rosso
intonso della supei-ficie inferiore della coda e delle zampe della Salamandrina: dall'esame
di individui relativamente freschi e di altri che avevano soggiornato a lungo nell'alcool
mi convinsi che veramente il rosso splendente che colora questo grazioso animaletto di-
pende da un pigmento di natura adiposa e che scompare sotto all'azione dell'alcool, quale
appunto è il pigmento della seconda specie di Leydig ; quanto alla tinta e all'intensità,
(juali non si trovano in nessun altro anfibio, non è che una quistionc di grado, e nel girino
io potei osservare, accanto a numerosissime cellule pigmentali stellate di color nero, altre
di color giallo [ìaglierino. le quali, più semplici nella forma delle altre, e labili sotto al-
l'azione dell'alcool, rappresentano evidentemente nella larva le sferule rosse dello adulto.
Il ])igm(!nto bruno si presenta in vario modo distribuito a seconda delle diverse
parti del corpo: manca totalmente solo in quei punti che microscopicamente appaiono
bianclii nella Salamandrina e nelle altre forme sulla regione ventrale del corpo.
(1) AUijemeinen B^dichunijen , p. liO.
TU MAKIO J.ESSONA 131
In ogni caso tuttavia il dorso è la sede della più abbondante pigmentazione del derma,
che è anche accompagnata da quella dell'epidermide là dove il corpo appare più intensa^
mente colorato: in nessun caso tuttavia, contro a (juanto afferma il ^\iedersheim (1) e
ripete da lui il Leydig (2) nel cenno bibUogi-afico che da intorno al lavoro di questo
autore, che assegna come sede del pigmento il derma pel tronco e l'epidermide pel capo e
per la nuca, io non ho mai osservato, in ninna parte del corico, una pigmentazione della
epidermide non accompagnata da una maggiore o minore abbondanza del pigmento nel
derma; anzi l'intensità del colore bruno o nero della epidermide è costantemente in ra-
gione diretta dello sviluppo dello strato pigmentale che le sta sotto, per modo che là dove
l'epidermide appare fortemente colorata in bruno o in nero, anche negli strati più esterni,
persino nelle scaglie supei-ficiali. il pigmento del corio si ammassa intorno allo strato
molle limitante di esso in modo da nasconderlo affatto, e si interpone come una massa
uniforme nera . opaca fra l'epidermide e lo strato delle fibre orizzontali più profonde
nel derma. Meno abbondante ma tuttavia in generale notevolmente diffuso e il pigmento
dermico nello Euproctus ruaconii, in cui tuttavia manca, come del resto anche nel
suo congenere e nello Spcrìrpr^. sul ventre : appare quasi come un reticolo iier lo unirsi
dei prolungamenti delle cellule che sono qui abbondantemente ramificate, e solo nei punti
(li tinta più carica si condensa in una massa opaca : cellule isolate sono rare, e limitate
ai fianchi, là dove il colore passa dal bruno del dorso al bianco del ventre e vanno de-
crescendo in numero e in dimensioni fino a che scompaiono. Regioni di transizione di
((uesta sorte non si trovano nella Salamandrina. in cui, come accanto ad una macchia
nerissima sta uno spazio bianco, cos'i, nella sezione, a lato di una papilla fortemente colo-
rata in nero sino allo strato corneo, ve ne ha una perfettamente incolora. Nello E. mon-
tanus il pigmento è piuttosto scai-so. e non mai cosi agglomerato come nella specie
precedente ; solo verso il mezzo del dorso esso appare nella sezione raccolto in una
striscia continua : ai due lati del dorso e ai fianchi si mostra soltanto in cellule isolate.
Nello Sperìrpcs pai-imente è relativamente abbondante soltanto sul dorso. Per quanto
riguarda la sua distribuzione nel derma nel senso dell'altezza, noterò soltanto come esso
in ogni caso non si trovi che nello strato limitante superiore, ne scenda mai sino a rag-
giungere lo strato limitante inferiore, il quale ne è costantemente privo : nella Salaman-
(h-iua tuttavia . seguendo l'arcatura della papilla e avvolgendo la giiiandola nella sua
superficie superiore, scende lungo la ghiandola, sino alle fibre orizzontali : nello Euproctus
rusconii si abbassa talora lungo le fibre verticali clic collegano i due strati limitanti in
basso e in alto, ma non raggiunge mai lo strato delle fibre orizzontali ; negli altri casi
finalmente è semi)re sul confine fra il denna e l'epidermide, che talora copre nella sua
])orzione più profonda.
La pelle aderisce più o meno allo strato più superficiale dei muscoli, e nella Sala-
mandrina tale adesione giunge a tal punto che riesce malagevolissimo, specialmente sul
dorso e alla coda, il separamela; sotto al derma stanno muscoli striati longitudinali
(fig. 7, (/), e in certi punti si vedono far capo adesso numerose fibre parimente striate.
Anche negli Euproctus, e segnatamente nel rusconii, la pelle entra in stretto rapporto
col primo strato muscolare, da cui tuttavia si può separare non malagevolmente.
(1) Salamandrina, p. IGl.
fj) Bauldiiche der VrudeUn , p. 303.
132 COKTKIBIIO ALLO 6TIDI0 DELLA PELLE ULULI IKOHELl
Nel derma esistono parecchie forme ghiandolari, a condotto escretore, che nella
varietà in cui si presentano si possono ridurre atre principali, distinte siccome niucipare,
rolloidi compo.itr e colloidi srmjtlici : queste ultime sono limitate al genere Euproctus.
mentre le altre si trovano nelle ipiattro specie che io esaminai. Le ghiandole mucipare
(tigg. 7, 8 e 9 ^, e fig. 3) coastano di un sacculo limitato da coimettivo, e contenente
due sorta di cellule: protoplasmatiche, nelle parti più alte e superficiali (tìg. Iti. a) e
mucipure (fig. 1(3, //) nelle parti più profonde e interne: il sacculo presenta un divei-so
spessore, ma io non el)l)i mai ad osservarvi fibre muscolari, che si trovano invece costan-
temente presenti nelle altre due forme di gliiandole. Il condotto escretore delle gliiandole
mucipai-e. come anche (luello delle altre, sbocca alla supei-ficie dell'epidermide attraver-
sando quest'ultima quasi verticalmente. Queste gldandole corrispondono per la forma a
quelle che il Leydig alloga nella prima categoria delle sue f/hùnulolr yramli rotondf (1);
io allogo qui anche quelle piccole ghiaudolette parimente l'otonde ed egualmente con-
formate, ma molto \n\i piccole che si trovano abbondanti in varie regioni del corpo e
che sono rappresentate in d nella figui-a 18. Per quanto è della loro diffusione, noterò
soltanto che sono molto più rare delle seguenti, ma tuttavia dift'use a tutta la super-
ficie del corpo.
Le ghiandole che io chiamo colloidi composte (tìg. 7) constano di una membrana
connettiva, splendente (tìg. 1."», e) in cui si osservano nuclei allungati, i quali spettano a
cellule muscolari lisce, che si dii)art(nio raggiatamente dallo sbocco ghiandolare, come
si può riconoscere da sezioni orizzontali della cute spennellate o meglio fatte dopo esportata
l'epidemiide. Questi muscoli lisci sono carattere costante delle gi'osse ghiandole colloidi
di tutti i batraci. 11 contenuto consta di due parti: la minore, laterale o superiore, cioè
verso lo sbocco, è formata di cellule ben costituite (fig. 1 5) granulose, talora somiglianti
ulh- mucipare, ed è limitata verso l'altra da una linea netta, che non raramente appare
comò una lunga cellula nucleata (fig. 15); la parte maggiore consta di cellule a nuclei
più grossi delle in-ecedenti . costituite da una massa colloide che rappresenta il loro
protoplasma con unito il secreto della cellula stessa ; sono, in una parola, le cos'i dette
celìuìc yiydììti del Leydig (2). Spesso parecchi di questi corpi composti si fondono in
gi'umi iiTegohui. lucenti, in cui si notano talora dei vacuoli (fig. 5, /'). Si possono se-
guire facilmente i passaggi di cellule ben conformate a cellule giganti per tal modo che,
specialmente nella Salamauchiua, si può gi-adatamente passare da una di queste ghiandole
composte costituita quasi esclusivamente di cellule ben conformate ad una che appare
siccome quasi piena di una massa unica giallognola o verdiccia, sparea di nuclei verso la
periferia, con qualche cellula mucipariforme spinta contro alla parete.
Verso lo sbocco finalmente si osservano cellule allungate (fig. 15, h), che menano nel
condotto escretore. Queste ghiandole sono molto più grosse delle precedenti, e stanno,
nella Salamandrina. entro ai rialzi papillari della cute, al vertice di cui vanno quasi
sempre a sboccare col loro condotto escretore diritto, più o meno allungato a seconda
dello spessore della epidermide: in alcuni rari casi tuttavia si può riconoscere come l'a-
pertura del tulio ghiandolare sia jìosta lateralmente nella pai)illa. più o meno distante
;i) AUgemeinen Redechungen, p. 81.
(2) Uber die Molcht d,-r luOrtlunnlj. Fauna, Ar. f. Saturg., 1867, p. 249.
DI MARIO LESSONA 133
dal vertice (1). Nelle altre specie queste ghiandole, che negli Euproctus sono in gran
parte sostituite dalle colloidi semplici, posano semplicemente sullo strato orizzontale del
derma, e si aprono regolarmente alla superficie della pelle che nello Spcrìrpcs presenta
generalmente una infossatura in corrispondenza della ghiandola.
Finalmente le ghiandole che chiamo colloidi semplici appartengono alla categoria
delle ghiandole grandissime di Leydig. e differiscono dalle precedenti per ciò che il loro
contenuto è costituito esclusivamente dalle cosi dette cellule giganti, senza che vi si trovi
traccia di cellule mucipariformi : al di fuori di ([uesta proprietà non differiscono dalle
precedenti nella intima tessitm-a, ed essendo inoltre notissime, siccome già descritte in
molti altri anfibi anuri e urodeli, non mi ci intrattengo oltre, solo notando come esse siano
numerosissime (fig. 8 e 9, /') nello Euproctns, dove sono sparse per tutta la superficie
del dorso e dei fianchi, ad eccezione della linea mediana dorsale.
Le diverse sorta di ghiandole sopra enumerate variano natui-almente nel loro rap-
porto a seconda delle varie regioni del corpo: di queste è particolarmente importante
quella che sta dietro all'angolo delle mascelle, in cui la pelle è provveduta della cosi detta
parotide, che appare esternamente come un rigonfiamento o tumescenza dipendente dalla
presenza di un ammasso di follicoli ghiandolari. Keceiiti osservazioni intonio agli Euproctus
italiani hanno sollevato una questione cui merita di essere consacrata qualche parola.
Studiando comparativamente V Euproctus di Corsica con altri di Sardegna il Giglioli
venne alla conclusione che si tratti di due specie distinte, che chiamò E. niontanns
Savi (Corsica) ed E. rusconri Gene (Sardegna) : la ragione di questi nomi è data dal
Giglioli nel lavoro già citato e ad esso rimando il lettore desideroso di più ampi ragguagli.
I caratteri distintivi più importanti delle due specie sono la presenza di una parotide
nel montanus e la mancanza di essa nel rusconil e cute liscia con piccoli tul)ercoli
in questo, e granulosa in quello : inoltre differenze nella colorazione, nelle dimensioni e
nella forma del tubercolo fibolare della femmina. Di questi caratteri gli ultimi non
hanno grande valore, e mercè Tesame di un certo numero d'individui di Sardegna potei
convincermi come la stessa specie presenti differenze di colore e di dimensione notevolissime.
All'opposto la struttura della pelle è molto diversa, e dopo la descrizione minuta che
ne ho dato non ho bisogno di insistere su ciò ; parimente valevolissimo e il carattere
della parotide. Nella tìg. 18 si vede il capo dello E. niontanns e il carattere distintivo
principale delle due specie appare per tal modo evidente che rende superflua ogni de-
scrizione. Sezionata verticalmente (tìg. 1 9) la parotide appare costituita da due o tre
strati di ghiandole colloidi semplici ammassate in grande quantità, e grosse come non si
osservano in ninna altra parte del corpo : non mi fermo a descriverla perchè non potrei
che ripetere quanto si può leggere in ogni manuale di erpetologia sulla parotide della
Salamandra, del rospo, ecc. Corrispondente allo aspetto esterno è nello E. ntsconii la
struttura della pelle alla regione parotidea, cioè eguale a quella di tutto il resto del
corpo, tanto che non sarebbe possibile riconoscerla nella sezione. Il Savi, che aveva ri-
conosciuto le parotidi nello Euproctus di Corsica, che fu da lui descritto col nome di
Mcgapterna montana, dice che sono propoi'zionatamente più piccole di quelle della Sala-
raandi'a terrestre , e costituite da un piccolo numero di follicoli ; per quanto posso
(1) Talora poi iu un solo rialzo stanno due ghiandole, por lo più di diversa natura.
134 CONTRIBl'TO ALLO STI'DIO DELLA PELLE DEGLI l KODELI
riconoscere dall'esame dei tre individui che ho a mia disposizione e dei quali due sottoposi
all'esame microscopico, questa afifermazione del Savi è errata, e VEuproctus di Cor-
sica ha una parotide tanto sviluppata almeno, relativamente alle dimensioni del corpo,
quanto la Salamandra comune, e costituita da un grande numero di follicoli ghiandolari
potentemente sviluppati : debbo aggiungere tuttavia che per questo riguardo vi debbono
essere notevoli differenze individuali, perchè in uno dei due individui che io ho esa-
minato la parotide è molto più grossa, spessa e comprendente un maggior numero di
strati di ghiandole che non nell'altro. Da quanto precede emerge come realmente le specie
italiane di Euprocius siano due, una di Sardegna e una di Corsica, e non abbia ra-
gione d'essere il dubbio emesso in proposito dal De Betta (1). il quale del resto non
reca in sostegno di questa sua opinione nessun argomento di fatto ne osservazioni proprie.
Prima di terminare, aggiungerò una parola sulla ghiandola sotto mascellare dello
Sperìrpes (fig. 21). Il Wiederslieim (2), che pel primo la osservò, la considera siccome
indubbiamente analoga delle jiarotidi e delle ghiandole laterali della Salamandra, e al-
trove (3) la dichiara una ghiandola mucipara nel pieno senso della parola: questa se-
conda affermazione è perfettamente esatta, e distrugge la precedente, in quanto che ninno,
credo, considera la parotide siccome una ghiandola mucipara. Del resto lo stesso "\Vie-
dersheim ne riconobbe la struttura e la rappresentò in una specie affine nella fig. 9
(tav. II) del suo lavoro sulle ghiandole cefaliclie, ciò che ne renderebbe superflua una
nuova. All' opposto ho figurato la ghiandola quale appare esaminata collo ingrandi-
mento di una lente ordinaria perchè la figura del Wiederslieim (Kopfdriisen, tav. I, fig. 2)
è inesatta al tutto.
1) Nuota serie di note erpetologiche , ecc. Atti Ist. Yen., ser, V, voi. V, 1877.
(2) Salamandrina perspicillata. Opera citata, p. 179.
(3) Die Kopfdriisen der Amphibien, p. 42.
DI MARIO LESSONA 135
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
Fig. 1. Strato corneo deUepidermide della supei-ficie palmare della uiauo nella Sala-
mandrina persp. : a , produzioni cuticolari.
» 2. Strato corneo dell' epidermide della superficie palmare della mano nello
Euproctus rusconii: «, ispessimenti laminiformi cuticolari; b, ispessimenti
cuticolari rotondeggianti.
» 3. Strato corneo dell" epidermide dello Euproctus montanus : a , ispessimenti
cuticolari.
» 4. Carena caudale della Salam. persp., in n.
y 5. Superficie della pelle nello Eupr. rase.
» 6. » » » » niont.
» 7. Sezione vert. della pelle nella Salam. prrsp.: a, scaglie epidermiche esterne;
b, strato corneo; e, derma; rf, pigmento; e, ghiandola mucipara; /, ghian-
dola colloide; g, muscoli.
» 8. Sez. vert. della pelle nello Eupr. rusc. : a. strato corneo dell'epidermide;
b, strato lucido: e. reticolo malpighiano; d, pigmento; r, ghiandola muci-
para: /', ghiandola colloide semplice; g, derma.
» 9. Sez. vert. della pelle dello E. montanus: a, scaglie dello strato corneo dell'e-
pidermide; b, reticolo malpigliiano ; d. cellule pigmentali; e, f, g, come
nella fig. precedente.
» 10. Mano di Sai. prrsp. : a, tubercoli.
» 11. Piede » » » ».
» 12. Msmo ài Eupr. rusconii': a, tubercolo.
» 13. Papilla dello strato corneo dell'epidermide dello Eupr. rusc: a, cellule dello
strato piano ; b. cellule del vertice della papilla : e, strato amorfo interposto.
» 14. Sez. vert. della pelle dello Sjìrrìrprs fuscus : a, strato corneo dell'epidermide ;
b, reticolo malpigldano; e, derma; (/, cellule pigmentali.
» 15. Ghiandola colloide composta della pelle della Sai. persp. : a, epidermide:
b, fibre del derma; e. invoglio della ghiandola; d, nuclei delle cellule mu-
scolari; e, cellule mucipariformi ; /", cellule giganti; g, condotto escretore,
h, cellule allungate che conducono in questo.
K^tj M. LESSONA - CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA PELLE DEGLI LKODELI.
Fig. 16. Ghiandola mucipara : a. cellule protoplasmatiche ; h, cellule mucipare.
» 17. Sezione orizzontale di una gliiandola colloide composta.
» 18. Testa di Euproctus : 1. montanus, 2. rusconii.
» 19. Sez. della parotide dello Eupr. moni.: a, cellule muscolari della parete della
ghiandola che convergono raggiatamente verso il condotto escretore : h, cel-
lula gigante; e, nucleo della stessa: d. piccole ghiandole mucipare; e, timo.
» 20. Parotide di Eupr.: a, follicoli ghiandolari; h, timo.
» 21. Ghiandola sottomascellare dello 'Sper/epe.9 /"«scw*.
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137
STUDI
SULLA
RIFLESSIONE CRISTALLINA
GIUSEPPE BASSO
Memoria letta ed approvata nell'adunanza del i.? Novembre iS8t
PARAGRAFO PRIMO
PRELIIIIIL4RI.
Le modificazioni di varie specie che subisce un elemento d'onda luminosa nel
passaggio da un mezzo trasparente in un altro si possono razionalmente investigare
applicando i principii della Meccanica ai postulati che costituiscono il sistema delle
ondulazioni. Appartiene a questa sorta di studi la ricerca delle leggi secondo cui si
opera la rifieshioue del moto luminoso alla superficie d'un mezzo qualunque diafano,
sia esso isotropo o sia birifrangente. Una teoria affatto generale , fondata su basi
inconcusse e confermata sperimentalmente nelle sue conseguenze, non venne finora su
quest'argomento compiuta.
Io mi propongo iu questo lavoro di trattare il problema della riflessione ;illa super-
ficie dei mezzi birifrangenti , se non iu tutta la sua generalità , almeno in modo da
giungere a conclusioni applicabili ai casi particolari più importanti e meglio atti a
subire il controllo della sperienza.
Per maggiore chiarezza credo conveniente premettere un rapido cenno sullo stato
attuale della questione facendo brevi considerazioni sui principali lavori teorici che in
questa parte già possiede l'Ottica matematica.
Serie IL Tom. XXXIV. s
138 STUDI SnXA RIFLESSIONE CRISTALLINA
Lavori di A. Fresnel (').
Agostino Fresnel ammette come postulato fondamentale , che nei diversi mezzi
isotropi l'etere abbia la stessa elasticità, ma cambii di densità. Ciò gli permette di
determinare il rapporto che passa fra le masse di due cilindri eterei i quali appartengono
ciascuno ad uno dei due mezzi separati dalla superficie riflettente, insistono su d'uno
stesso elemento di questa superfcie ed hanno altezze rispettivamente eguali alle lun-
ghezze d'onda corrispondenti ai due mezzi. La conoscenza di questo rapporto gli serve in
seguito per stabilire l'equazione esprimente il principio di conservazione delle forze vive.
Un'altra equazione Fresnel si procura applicando il principio, che egli chiama di
continuità, alle componenti, parallele alla superficie riflettente, delle velocità vibra-
torie {*') proprie del moto incidente, del riflesso e del rifratto.
In qualunque piano trovisi "polarizzato il moto incidente, la prima delle dette equa-
2doni è sempre la stessa ; la seconda invece è diversa , secondochè il moto incidente è
polarizzato parallelamente ovvero perpendicolarmente al piano d'incidenza. In ogni caso
poi dal detto sistema di equazioni si deduce l'esjn-essione della intensità della luce riflessa
e l'espressione che dà l'azimut del suo piano di polarizzazione, essendo noti l'angolo
d'incidenza, l'angolo di rifrazione comspondente e l'angolo che il piano di polarizza-
zione del moto incidente fa col piano d'incidenza.
La teoria meccanica della riflessione della luce si può adunque ritenere come pie-
namente costituita da Fresnel per ciò che riguarda i mezzi isotropi. Tale teoria subì
in modo soddisfacente la prova dell'esperienza per molti e svariati casi particolari. Basti
ricordare i lavori sperimentali di Augusto Seebeck ("") aventi lo scopo di verificare la
nota legge di Brewster, le sperienze dello stesso Fresnel ("") sulla rotazione impressa
al piano di polarizzazione dalla riflessione e dalla rifrazione, le ricerche fotometriche
di Arago ( ) sull'intensità della luce naturale riflessa e le più precise misure calorime-
triche di La Provostaye e Desains ( ).
Ma se il mezzo riflettente è anisotropo o birifrangente, i principii accolti da Fresnel
non valgono più da soli a determinare le leggi teoriche della liflessione. Ciò risulta
immediatamente dalle seguenti due considerazioni :
l" Ogni onda elementare incidente generando, oltre ad un'onda riflessa, anche
due onde rifratte generalmente distinte, il principio della consei-vazione delle forze vive
vuole che il moto (forza viva) del raggio incidente si ripartisca fra il raggio riflesso
ed i due raggi rifratti comspondenti ; ora 1' equazione che traduce questo principio
doviebbe contenore i rapporti di certe masse eteree che i semplici postulati di Fresnel
sono impotenti a fornire ;
[*) Annales de Chimie et de Physique, serie 2, voi. XVII e XLVI ; - Oeuvres complèles, t. 1,
pag. 640 e 767.
'*•) Chiamo velocità vibratoria nel moto vibratorio rettilineo dell'etere la velocità massima della
vìbrazioue, cioè quella che anima la particella eterea passando per la sua posizione di equilibrio.
(•»•) Annali di Puggendorf; XX, 37.
(*♦♦•) Oeìivres complèles; 1, 640.
( ) Comptes rendtis, etc; XXX, pag. 365 e 42ri.
(*"•••) Annales de Chimie et de Physique ; serie 3, XXX.
PER GIUSEPPE BASSO 139
2* Ammettendo pure che si sappia stabilire l'equazione delle forze vive sorge
un'altra difficoltà. Chiamiamo 1, v, u, v, i-ispettivamente le velocità vibratorie dell'onda
incidente, dell'onda riflessa e delle due onde rifratte. Siano inoltre a, a', ci', a, gli
angoli che queste quattro velocità vibratorie fanno colla traccia del piano d'incidenza
sulla superficie piana riflettente, e ^, /3', [l>" . |5, gli angoli che le medesime fanno colla
normale al piano d" incidenza. Il principio di continuità . inteso nel senso datogli da
Fresnel, permette di scrivere le equazioni :
cos a -\- r cos «' = u cos a + ?', cos a^
(«)
cos ^ + V cos |3' = M cos j3'' + U^ COS |3, .
Inoltre, essendo i l'angolo d'incidenza, 5 e (i gli angoli che col piano d'incidenza
fanno rispettivamente il piano di polarizzazione della luce incidente e quello della luce
riflessa, è facile il vedere che si ha :
cos a = cos / sen S
o
3S 0
COS p = cos
(6) {
cos a := cos I sen <li
cos j5' = cos ó .
Ora, quando siano noti i e 6 che determinano le condizioni della luce incidente,
gli angoli «", (3", c^.^ , p, si potranno in ogni caso determinare ricorrendo alle leggi
conosciute della rifrazione doppia. Servendoci delle quattro equazioni (b) possiamo ancora
scrivere le (n) sotto la forma seguente :
1 cos / (sen 6 + v sen •-/<) = n cos «" + ?/, cos a,
( cos S + r cos (|» = «« cos fi" + «, cos (3, .
(«).
Nelle due equazioni (<l)^ ed in quella delle forze vive entrano lo quantità v, u,
ti e (f, nella cui determinazione sta appunto la risoluzione del problema proposto.
Vedesi cos'i che, per rendere il problema determinato, si esigerebbe una nuova
equazione, distinta dalle tre ora indicate. Questa quarta equazione si potrebbe ottenere
subito quando il principio di continuità si potesse applicare in modo completo, cioè
quando, invece di restringerlo alle sole componenti delle velocità vibratorie che sono
parallele alla superficie riflettente , lo si estendesse anche alle componenti normali
a questa superficie. In tal caso , chiamando 7 e 7, gli angoli che colla normale
alla superficie riflettente fanno lo due velocità vibratorie rifratte, angoli che in ogni
questione particolare si sanno determinare, si avrebbe la nuova equazione :
((■) sen i (sen Q + v sen '^) = u cos 7 + ?', cos 7, .
Ma è facile il vedere che la introduzione dell'equazione (e) non h. legittima e. che
anzi, in certi casi particolari, conduce a risultati assurdi. Consideriamo, p. es., il caso
della luce incidente polarizzata perpendicolarmente al piano d'incidenza, appartenendo la
superficie riflettente ad un cristallo uniasse, il cui asse ottico sia normale alla superficie
stessa. Per ragione di simmetria sarà pure perpendicolare al piano d'incidenza il piano
J40 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
di polarizzazione del raggio riflesso ; cioè, essendo ^ = 4 . sarì^ V^^ ^ " 2 ' ^°°^*^®'
per le note leggi della rifrazione doppia, nel caso attuale il raggio rifratto ordinario
trovasi estinto, cioè si ha : u = 0 . Ed infine si sa pure che le linee di vibrazione stra-
ordinaria giacciono nella sezione principale, per cui sarà /3,=— e cos7, = sena,.
Cosi le due equazioni {n)^ si riducono ora alla sola seguente :
cos / (1 + «) = «1 cos a, ,
e la (e) diventa:
sen i {ì + v) = M, sen a, .
Kisulta manifesta la incompatibilità di queste due ultime equazioni.
Si conclude che il procedimento puro e semplice di Fresnel, in qualunque modo
intendasi esteso il principio di continuità, non serve a risolvere il problema della rifles-
sione cristallina.
Lavori di A. Cauchy.
Ne' lavori precedentemente accennati è trattato il solo caso delle vibrazioni ret-
tilinee e trasversali alla linea di propagazione del moto : di più si ammette implici-
tamente, senza dimostrazione, che alla superficie di separazione di due mezzi si compia
bruscamente e senza transizione il mutamento di velocità e di direzione nei moti riflesso
e rifratti. Ora una teoria completa della riflessione dovi'ebbe essere tale che tutte le
leggi generali della propagazione di moti eterei qualunque scaturissero esclusivamente
dai postulati fondamentali clie definiscono la costituzione deirctere.
Le basi di una teoria siffatta pose appunto Agostino Cauchy in una serie di studi
analitici (*) fra cui è pur compreso l'esame della riflessione cristallina. Di tali studi
sarebbe malagevole fare un riassunto succinto e chiaro ; pel mio scopo basterà che ne
accenni brevissimamente l'indole ed i caratteri principali.
Si consideri un sistema di punti materiali di pochissimo spostati dalle loro posi-
zioni di equilibrio stabile e sollecitati da forze che tendono continuamente a ricondurveli.
Kiferendo tali punti a tre assi ortogonali e per uno qualunque di essi essendo x, y, e
le coordinate della sua posizione d'equilibrio, alla fine del tempo qualunque t gli spo-
stamenti a, fi, y del punto, computati parallelamente agli assi, sono le parti reali di
tre variabili immaginarie, rispettivamente eguali ai prodotti di tre costanti immaginarie
per una stessa esponenziale. L'esponente di quest'ultima, pure immaginario, è una fun-
zione lineare di x, y, z, t. Perciò, indicando con a , [i , 7 queste tre variabili imma-
ginarie, che Cauchy chiama gli spostamenti simbolici, corrispondenti agli spostamenti
effettivi a, |3, 7, si ha :
oc — Ae
ux+vy + toM—st
7= Ce"
Hx + vy+ wz — st
(*) Comples rendits eli:., 18.18, tom. 7, pag. 983 e seguenti, fino al tomo 31 dal 1850.
Mémoire.i do l'Acadénie des Sciences, 1800, toni. 22.
PEK GIUSEPPE BASSO 141
dove le costanti A, B, C, «, v, w, s sono in generale immaginarie. L'esponenziale
g"x+>y+w-^-st gì pu5 decomporre in un binomio della forma:
u'x + v'y + w'z—s't , (a"r + i'"!/ + n>''; — J("()i
e +e
nel quale il primo termine reale è il modulo, ed il secondo termine si riduce ad una
esponenziale trigonometrica di cui l'argomento è u"x + v"y -\- w z — s't .
In questo stesso binomio le quantità reali u'. v', w', s', u" , v'\ iv'\ s" soddisfanno
alle condizioni :
Il = u' + u i
V = V + v" i
w r=w' -\-tv' I
s = .?' + s" i .
Secondo l'usato, i è una delle radici quadrate dell'unità negativa.
Ciò posto, si può facilmente dimostrare che la propagazione del moto attraverso
il sistema si fa per onde piane, tutte parallele al piano invariabile che, all'origine del
tempo, è rappresentato dall'equazione :
II" X 4- v" y + V) ,ì ^ 0 .
Sono pure piane e giacenti in piani paralleli le orbite dei singoli punti materiali, ma
questi loro piani non sono necessariamente paralleli al piano invariabile delle onde.
Affinchè il moto eccitato in un punto del sistema sia durevole e persistente, è
necessario che il modulo, a cui è proporzionale lo spostamento effettivo, sia indipendente
dal tempo : cioi' si deve avere :
.s' = 0 .
Se poi si considera il moto in quanto si propaga da punto a punto, vedesi jìui'e che
esso va procedendo senza affievolimento, solo quando il modulo sia indipendente dalle
coordinate ; il che esige che si abbia :
«' ^ 0 , V =z 0 , ((;' = 0 .
Quando queste tre costanti, od alcuna fra esse, non siano nulle, rampifzz.i, dfllo spo-
stamento, e per conseguenza l'intensità dell'onda luminosa ove trattisi di moto etereo,
andrà variando insieme alla posizione dell'onda. Anzi, se all'origine del tempo il piano
dell'onda passa per l'origine delle coordinate, da tale istante in poi l'ampiezza del moto
considerato sull'onda che si va propagando, decrescerà in progressione geometrica, mentre
la distanza del piano d' onda dal piano primitivo andi'à crescendo in progressione
aritmetica.
Da questi ragionamenti trasse il Cauchy la necessità di ammettere la possibile
esistenza di due sorta di raggi luminosi, cioè dei raggi visibili, costituiti da moti eterei
per i quali il modulo anzidetto è costantemente eguale all'unità, e dei raggi evanescenti ,
cioè che si spengono rapidissimamente, anche a distanze piccolissime od insensibili dalla
origine dello scuotimento ; questi secondi risultano da moti eterei per i quali l'ampiezza
di vibrazione dipende da una funzione esponenziale delle coordinate. La convenienza di
142 STUDI SULLA EIFLESSIONE CRISTALLINA
introdurre la considerazione di tali raggi evanescenti era già stata segnalata da Giorgio
Green nel 1837.
Passando ora allo studio della riflessione alla supei-ficie di un mezzo trasparente
di costituzione qualunque, supponiamo piana la superficie riflettente ; prendiamola come
piano delle y z , e facciamo giungere su di essa, sotto l'angolo dincidenza I, un raggio
determinante come piano dincidenza il piano delle x y .
Siano ancora a, (3, y gli spostamenti effettivi, computati parallelamente ai tre assi,
di una particella eterea del raggio incidente alla fine del tempo t , e siano a , ^ , y
gli spostamenti simbolici corrispondenti. La esponenziale che caratterizza il moto inci-
dente si può rappresentare con :
2 ;r cos / . 2z sen I . 2n .
essendo : i( = — -, i ■ v = -, ' . *' = -~ * •
T esprime la durata di vibrazione e / la lunghezza d'onda.
Affine di avere tante equazioni, quante sono necessarie e sutìicienti per rendere
determinato il problema della riflessione, è necessario ammettere che dal raggio inci-
dente vengano generati due raggi riflessi, di cui uno visibile e l'altro evanescente e tre
raggi rifratti, dei quali due siano visibili e possano talvolta ridursi ad un solo ed il
terzo sia evanescente.
Le quantità analoghe alle a. [j, y, u del raggio incidente vengano designate con
per il raggio nflesso visibile :
per il raggio riflesso evanescente :
«.
0
1^-
y, «
a,.
r^^
V. «.
f/
r^'
v' «
a"
f
y" u
1
(3/
'h ".
\
per i due raggi rifratti visibili :
per il raggio rifratto evanescente.
Ogni spostamento simbolico sia designato, come già sì è fatto dianzi, colla lettera desi-
gnante il corrispondente spostamento effettivo, alla quale si sovrapponga un tratto
orizzontale.
Sei equazioni fondamentali vengono immediatamente ottenute da Cauchy appli-
cando il principio di continuità agli spostamenti simbolici, cioè scrivendo che: la somma
drqìi spostamenti simbolici di ciascima specie, corrispondenti ai diversi raggi che
si propagano in ciascun me:zso, conserva lo stesso valore quando si jmssa da una
pnrtr nlì'dltrn della superficie riflettente per un tratto di lunghezza infinitesima.
Si ha cos'i:
■z + a, — z' — a"= a, — a,
v + -/.-7'-y"=7'.-7.
U {'■/. — 7.,) — t( or' —u' C/."=uJ tXg — UtUf
« ( 7 - 7. ) — "' 7' — "' 7 "= "/ 1' — "e 7' •
PER GIUSEPPE BASSO 143
La trasversalità delle vibrazioni nel raggio incidente e nel raggio riflesso conduce
alle due equazioni seguenti:
il X -+- r [ì =1 0 ,
Infine per il raggio riflesso evanescente si ha ancora:
Combinando convenientemente le equazioni precedenti, se ne ottengono le seguenti
quattro :
V + 'A- '/-'/' = '' '
u{y — '/,) — "7 — " '/' — yt' («-H a, — a— a") .
nelle quali s'intende:
Adunque la risoluzione completa delle questioni relative alla riflessione della luco
in generalo è subordinata alla conoscenza di tre quantità, X (coefliciente di elitticità),
ju, V, le quali derivano dalla considerazione dei raggi evanescenti, ma che, generalmente
parlando, non si sanno valutare. Questa essenziale difficoltà è superabile, parzialmente
od in tutto, in certi casi molto particolari. Così, per un cristallo uniasse, non dotato
di potere rotatorio, o tagliato perpendicolarmente all'asse ottico, si trova facilmente:
«■ = 0 . ^' = 0 , 7 — 0 ' 7^=^ '
e per conseguenza y = 0.
Pei mezzi isotropi, oltre a queste ultime condizioni, si ha ancora:
ed applicando la teoria ili Cauchy al caso di un raggio polarizzato parallelamente o
perpendicolarmente al piano d'incidenza, si ricade sulle note formolo di Fresnel.
Vedesi che la teoria sulla riflessione di Cauchy, indipendentemente dall'alto pregio
analitico che la distingue, non è d'indole tale da piegarsi alle veiificazioni sperimen-
tali e non può. per conseguenza, essere guida sicura negli studi di ottica fisica.
1 44 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
Lavori di F-E. Neumann , di J. Mac-Cullagh
e di A. Cornu.
Verso la fine dell 'anuo 1835 F-E. Neuiuann presentò all'Accademia delle Scienze
di Berlino una sua Memoria, che venne in seguito riprodotta altrove ('), sulla ricerca
teorica delle leggi, secondo cui la luce è riflessa e rifratta alla superficie separante
due mezzi trasparenti. Due anni dopo. James Mac-CuUagh lesse sullo stesso argo-
mento (") all'Accademia delle Scienze di Dublino un suo lavoro, il quale, quantunque
concepito indipendentemente da quello di Neumann. e perciò condotto con procedimento
di forma diversa, parte tuttavia dagli stessi principii. Questi giova qui ricordare som-
mariamente.
Il principio di continuità o, come lo chiama Mac-Cullagh, àeìV equivalcma delle
vibrazioni da una parte e dall'altra della superficie riflettente viene, come già si notò,
ammesso da Fresnel soltanto per le velocità vibratorie che si computano parallelamente
a questa superficie ; esso non si potrebbe estendere alle componenti normali delle ve-
locità, senza che ciò conduca ad equazioni in certi casi incompatibili.
Questa incompatibilità sparisce quando si ammette che in ogni raggio luminoso
le vibrazioni rettilinee sono parallele, e non più normali, al piano di polarizzazione.
Perciò uno dei principii su cui fondasi la teoria di Neumann e di Mac-Cullagh è ap-
punto (questo, che : il piano di polarizzazione per un raggio polarizzato rettilinea-
mente passa per la direzione del raggio e contiene le linee di vibrazione.
Inoltre, per giungere a formole generali le quali, applicate al caso di mezzi iso-
tropi, coincidano con quelle di Fresnel e coi risultati sperimentali, dovettero Neumann
e Mac-Cullagh fare quest'altra ipotesi, che: l'etere sia egualmente denso in tutti i
mezzi e diversamente elastico secondo la varia natura di questi.
Si applichi il principio della continuità completa alle componenti delle velocità
vibratorie secondo tre assi, i quali possono essere : la traccia del piano d'incidenza
sulla faccia riflettente, la normale a questa faccia e la normale al piano d'incidenza.
Esso fornisce immediatamente tre equazioni nelle quali figurano, oltre le velocità vi-
bratorie diretta, riflessa e due rifratte , anche gli angoli che determinano le direzioni
delle quattro specie di vibrazione e l'angolo d' incidenza. Per ciò che riguarda gli
angoli che cogli assi formano le direzioni delle due vibrazioni rifratte . si possono
agevolmente dedurre i loro valori dalle note leggi della dojipia rifrazione.
L'na quarta equazione si ottiene applicando il princijìlo di conservazione delle
forze vive. In essa entrano le espressioni di due masse eteree, corrispondenti ai due
raggi rifratti . lo quali ricevono contemporaneamente il moto vibratorio inviato dal-
l'unità (li ma'^sa eterea corrispondente al raggio incidente. L'ipotesi dell'eguaglianza
di densità nell'etere di ambi i mezzi permette di sostituire sempre ai rapporti ili tali
masse quelli dei relativi volumi, i (juali ultimi si possono facilmente calcolare.
(•) Journal d-^ Mathématiqxies pures et nppHquées, di J. Liouville, Tom. VII; Ottobre 1842.
^•• Id. li. Tom. VII, Giugno 1842.
PER GIUSEPPE BASSO 145
Si ha cosi in definitiva un sistema di quattro equazioni che ci può dare, in
yalore ed in direzione, la velocità vibratoria del moto riflesso oltre ai valori delle ve-
locità vibratorie rifratte. Però è importante avvertire che i lavori sperimentali di Fizeau,
i quali pongono fuori dubbio l'influenza dello stato di riposo o di moto dei mezzi
ponderali sui fenomeni ottici che vi si producono, ci obbligano a ripudiare assoluta-
mente l'ipotesi dell'eguaglianza di densità dell'etere nei diversi mezzi. Invero questa
ipotesi non si potrebbe giustificare se non supponendo pure che, nel muoversi dei
corpi, l'etere che vi è contenuto non si mova con essi affatto, oppiu'e ne sia integral-
mente trasportato. Ora le esperienze di Fizeau dimostrano che i mezzi ponderali in
moto trascinano seco una parte del loro etere, lasciando immota solo quell'altra parte
clie occuperebbe un egual volume di spazio vuoto.
n Prof. A. Cornu trattò pure della riflessione cristallina in lavori dei quali duolmi
di non aver potuto prendere cognizione, se non per i riassunti che se ne pubblicarono
nei Resoconti dell'Accademia delle Scienze di Parigi. Nel primo di questi (*) l'A. adotta
completamente le idee di Mac-CuUagh e riesce a traiTe dalle espressioni analitiche
trovate dal Mac-Cullagh, alcuni eleganti teoremi che si possono enunciare sotto forma
puramente geometrica e dei quali alcuni si possono considerare come un'applicazione
delle ricerche di Chasles sui fasci dei piani omogi-afici. In un secondo lavoro (*") il
Prof. Cornu ritoma ai postulati di Fresnel, ammettendo con questi una diversa den-
sità dell'etere nei differenti mezzi e la perpendicolarità del piano di polarizzazione alle
linee di vibrazione. Ammette pure il principio di continuità per le componenti delle
velocità vibratorie parallele alla superficie riflettente ; ma alle due equazioni che questo
principio gli fornisce, ne aggiunge una terza, la quale dice che v'ha equivalenza fra
le quantità di moto per le componenti delle velocità vibratorie che sono normali
alla superficie riflettente.
Bene si scorge, e lo avverte l'Autore stesso, quanto siavi di arbitrario e di in-
giustificato nell'aggiunta di questa quarta equazione, quantunque essa renda il pro-
blema determinato e permetta di arrivare a risultati che coincidono iim quelli di
Fresnel quando si discende al caso dei mezzi isotropi.
Terminando questo rapido cenno sui principali lavori teorici intorno alla rifles-
sione cristallina, credo di poter conchiudere, non essere sperabile che si possa costruire
una teoria su questa parte dell'Ottica matematica, se i principii su cui essa si fonda
sono incompatibili con quelli ammessi da Fresnel pei mezzi isotropi. Io cercherò nelle
pagine seguenti di dimostrare che, dando ai postulati di Fresnel un carattere di mag-
gior generalità, d'altronde giustificato dalle nozioni che si hanno sulla costituzione dei
corpi cristallizzati, si può giungere a determinare completamente le condiv:ioui d'in-
tensità e di polarizzazione per la luce riflessa alla superficie dei mezzi anisotropi.
(•) Comptes rendus etc. Tom. 60, 1865.
(*•) Comptes rendus etc, Tom. 63, 1866.
Serie II. Tom. XXXIV.
14t) STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
PARAGRAFO SECONDO
Conservazione delle forze vive eteree
alla superficie che separa due mezzi trasparenti.
Un raggio polarizzato rettilineamente è costituito dal moto yibratorio rettilineo
che si propaga attraverso l'etere in una determinata direzione, per modo che le linee
di vibrazione, trasversali alla linea di propagazione, giacciano tutte in uno stesso piano.
Non esiste fenomeno ottico, dal cui esame direttamente si possa riconoscere quale po-
sizione abbia, per un raggio polarizzato, il piano che contiene tutte le linee di vibra-
zione rispetto a quell'altro piano che dalle esperienze è indicato come piano di polarizza-
zione. Però l'interpretazione di molte leggi, specialmente riguardanti la doppia rifrazione,
sarebbe assai difficile se non si ammettesse che questi due piani sono fra loro perpen-
dicolari. Cosicché si })uò ritenere che l'ortogonalità del piano di polarizzazione rispetto
a quello delle vibrazioni è dimostrata, quantunque in modo indiretto, da fatti impor-
tanti, fra i quali cito solo il seguente. L'esperienza prova che il raggio ordinario at^
traversante un cristallo uniasse è polarizzato nella sezione principale di questo. Ora,
la velocità di propagazione del raggio ordinario essendo la stessa in ogni direzione, col
cambiare di quest'ultima le hnee di vibrazione dell'etere debbono formare un angolo
costante coU'asse ottico del cristallo. Ma le linee di vibrazione sono normali al raggio ;
perciò non potranno mantenere invariato il loro angolo coU'asse mentre la direzione
del raggio cambia , se non a patto che esse siano normali all' asse stesso. Le linee
di vibrazione sono adunque normali ad un tempo al raggio ed all'asse; e, questi due
giacendo nella sezione principale che è pure piano di polarizzazione, il piano che le
contiene è anche normale allo stesso piano di polarizzazione. Questa conclusione si può
estendere a (jualunque caso, perchè tutti i raggi polarizzati, qualunque sia la causa
della loro polarizzazione, godono delle stesse proprietà e sono egualmente costituiti.
Ciò premesso, si esamini il passaggio del moto etereo dal vuoto in un mezzo
ponderale che può essere rappresentato da un cristallo birifrangente.
Presa sulla superficie del cristallo una porzione q piccolissima ed arbitraria, si
consideri tale porzione come sezione comune di quattro fascetti luminosi , diretti se-
condo i raggi incidente, riflesso e i due rifratti. Si limitino questi fascetti in modo
che. per ciascuno di essi, la lunghezza sia eguale alla lunghezza d'onda del moto cor-
rispondente, e si considerino le quantità di etere contenute nei quattro prismetti che
così ne risulteranno. Essendo i l'angolo d'incidenza, r e (S gli angoli di rifrazione per
i due raggi birifratti, / la lunghezza d'onda pel moto incidente, /'. ì' le lunghezze
d'onda pei moti rifratti, i volumi dei quattro prismetti sono rispettivamente :
/ 5 COSI , {^cosi , r^cosr , l'gcosp ,
poiché le loro sezioni rette sono:
q co8 « , q 008 i , q cos r , q cos f) .
PER GIUSEPPE BASSO 147
In ciascuno dei quattro prismi il moto vibratorio, in un certo istante, varia di
fase da sezione a sezione retta, ed in maniera che in tutto il prisma siano rappre-
sentate contemporaneamente tutte le fasi possibili di vibrazione. Inoltre questi prismi
eterei sono tali che il tempo impiegato dal moto luminoso a propagarsi lungo ciascuno
di essi è lo stesso per tutti, ed è uguale alla durata di vibrazione che si indicherà con T.
E siccome il moto riflesso ed i due moti rifratti altro non sono che il risultato della
trasformazione integrale avvenuta nel moto incidente, il principio di conservazione delle
forze vive esige che la forza viva, la quale in un istante qualunque anima la massa
eterea del prisma corrispondente al moto incidente eguagli la somma delle forze vive
che, nello stesso istante, animano le masse eteree degli altri tre prismi, corrispondenti
al moto riflesso ed a due moti rifratti.
Proponiamoci di calcolare ciascuna di queste quattro forze vive. Prendasi come
unità la velocità vibratoria incidente ; e si intenda sempre per veìocità vibratoria
nel moto vibratorio rettilineo dell' etere la velocità massima della vibrazione , cioè
quella che anima la particella vibrante quando passa per la sua posizione d'equilibrio.
Le particelle eteree, che sono situate sulla base del prismetto incidente più lontana
dalla supei'ficie riflettente, sono animate, alla fine del tempo t qualunque, da una
velocità che si può esprimere con
sen— ,
Invece le particelle che occupano una sezione retta situata alla distanza x da quella
base avranno la velocità comune
sen2nj---^ .
Sia 5 la densità dell'etere libero. La forza viva dello straterello di grossezza dx adia-
cente alla sezione considerata è:
' t x\
qècQsi- dx • sen* 2 ;r | — — y 1
e la forza viva di tutto il prisma si otten-à integrando rispetto a a; da zero fino a l ;
cosicché essa sarà :
^cosildx sen* 2 tt | — — - 1 .
qo
Se chiamasi F la velocità vibratoria propria del moto riflesso , sarà
■2nt
Fsen-
la velocità che alla fine del tempo t anima l'etere che si trova alla base del prisma
corrispondente e la forza viva totale di questo prisma sarà manifestamente:
F'^^cosi I dx?,ea2n i ™ — r )
148 STUDI SULLA KIFLESSIONE CRISTALLINA
La ricerca delle forze vive che si riferiscono ai due moti rifratti presenta speciali
difficoltà. Invero , noi non possiamo concepire la costituzione dell'etere in un mezzo
birifrangentc omogeneo come si fa per quella dell'etere libero o dell'etere contenuto
in un mezzo isotropo.
L' omogeneità di un sistema di punti materiali può essere di due specie. H
sistema è omogeneo in senso assoluto quando , condotta attraverso di esso una retta
in qualunque direzione , essa incontra sopra una lunghezza arbitraria a un numero n
di punti equidistanti, il qual numero non cambia col cambiare della direzione della
retta ; in tal caso il rapporto - è costante per tutte le rette e per tutti i punti
n
d'una retta qualunque.
Nell'etere libero o appartenente ad un mezzo monorifrangente omogeneo, i fe-
nomeni luminosi si fanno appunto in modo da obbligarci ad ammettere in esso l'omo-
geneità in senso assoluto. La velocità di propagazione del moto etereo è allora la stessa
per tutte le direzioni; la densità dell'etere è necessariamente costante e per conseguenza
è naturale che si accolga il postulato di Fresnel, secondo cui la densità dell'etere può
essere rappresentata dall'inverso quadiato della velocità di propagazione del moto.
Non cos'i avviene per le masse eteree imprigionate nei mezzi birifrangenti e nei
cristalli in genere. La omogeneità di questi corpi, e per conseguenza anche l'omoge-
neità dell'etere inchiusovi, va intesa in senso ristretto. Devesi cioè immaginare che le
particelle eteree incontrate da una retta condotta in qualunque direzione trovinsi bensì
a distanze successivamente eguali : ma che la distanza fra due successive particelle cambii
di valore col variare della direzione secondo cui la retta attraversa il cristallo. Gli
studi di Delafosse. di Bravais, di Beer. ecc. (') intomo alla struttura intema dei cri-
stalli ci permettono di farci un concetto abbastanza preciso della costituzione che si
può attribuire all'etere nei mezzi anisotropi omogenei.
Nell'interno d'uno di questi mezzi prendasi un punto 0 qualunque e conducasi
per esso una retta quahmciue. Il modo di distribuzione dell'etere lungo questa retta
varia colla sua direzione, ed esiste nella massa un numero grandissimo di punti, vici-
nissimi fra loro, intomo a ciascuno dei quali l'etere è disposto allo stesso modo che
intorno al punto O. Chiamando, come altri fanno, pìinti nnnìoghi questi pimti che hanno
proprietà identiche, risulta da ciò che ora si è detto che, se per due punti analoghi
si conducono rette parallele, lungo di queste la materia eterea si trova distribuita alla
stessa maniera.
Si considerino ora due punti analoghi 0 e vi. tali che non si trovi altro punto
analogo sulla retta che li congiunge. Prolungando (juesta retta in ambi i sensi . si
troverà su di essa un numero grandissimo di punti, tutti analoglìi e tali che la di-
stanza fra due qualunque successivi è sempre eguale & OA.
Fuori della retta ora considerata prendasi un altro punto analogo B qualunque,
ma tale che fra 0 e JB e sulla loro congiungente non si trovi altro punto analogo.
Sulla retta indefinita OB ai troveranno pure in numero grandissimo punti analoghi
e tali che la distanza di due successivi qualunque è uguale alla O U.
(*) Traile de Crislallographie Géométriqut et Physique, par K. Mallard, Tomo 1'
PER GIUSEPPE BASSO 149
Se per i singoli punti analoghi distribuiti lungo la retta indefinita OA condu-
ciamo le parallele ad OjB e per i singoli punti analoghi della indefinita OB con-
duciamo le parallele alla OA, abbiamo nel piano OAB Ma reticolo, le cui maglie
sono parallelogi-ammi eguali a quello che ha per lati contigui OA, OB. I vertici di
questi parallelogrammi rappresentano tanti punti analoghi e nel loro piano non ne
esistono altri fuori di essi.
Immaginiamo ancora che lo stesso piano si muova parallelamente a se stesso fino
ad incontrare un altro punto analogo C, tale che fra A e C, sulla loro congiungente,
non ve ne siano altri. Sulla retta AC indefinita si hanno moltissimi punti analoghi
equidistanti e la distanza fra due successivi è uguale & OC. l piani paralleli al primi-
tivo OAB. condotti per i singoli punti analoghi della OC contengono tutti reticoli
eguali, i cui vertici o nodi rappresentano tutti i punti analoghi esistenti nello spazio.
Il sistema si può dunque considerare come un reticolo a tre dimensioni, le cui
maglie sono parallelepipedi similmente orientati e tutti eguali a quello che ha per
spigoli contigui OA, OB, OC. I vertici di tali parallepipedi o nodi del reticolo
tengono il posto di tutti i punti analoghi da cui il sistema è costituito.
Siffatta formazione di un sistema omogeneo di particelle o punti materiali è
adottata generalmente per ispiegare la struttura dei corpi cristallizzati e per interpre-
tarne le leggi geometriche. Ora è ben ragionevole ammettere che la massa eterea, con-
tenuta in ognuno di questi corpi, presenti una somigliante disposizione di particelle,
almeno per quella sua parte che è solidale al corpo, cioè che viene da questo trascinato
con sé in caso di movimento, siccome risulta dalle ricerche sperimentali del Fizeau. Così
s'intende come un elemento d'onda attraversando un cristallo, scuota nel suo propa-
garsi i successivi strati di un fascetto etereo, la cui densità può essere diversa secondo
la sua varia direzione. Non v'ha dunque difficoltà, perchè si estenda anche al moto
luminoso nei cristalli il principio ammesso da Fresnel pei mezzi isotroj)i, cioè che si
assuma sempre come rappresentante la densità dell'etere lungo una data linea l'invei-so
quadrato della velocità di propagazione del moto lungo la linea stessa.
Dalle note leggi della rifrazione doppia si può sempre avere l'espressione della
velocità di trasmissione del moto luminoso in un mezzo birifrangente, qualunque sia
la sua direzione.
Esamino subito il caso più importante, cioè quello dei cristalli uniassi. Dei due
raggi rifratti che nascono da im raggio incidente qualunque, l'ordinario si propaga
con velocità costante per tutte le direzioni ed eguale al reciproco dell'indice di rifra-
zione ordinaria ; il raggio straordinario si propaga con velocità variabile colla direzione
di propagazione. Adunque la massa totale d'etere contenuta in un cristallo uniasse si
compoi-ta, in quanto alla trasmissione dei due moti rifratti, come farebbero due masse
compenetrantisi ma distinte ; una di queste , omogenea in senso assoluto , sarebbe il
veicolo del moto rifratto ordinario; l'altra, omogenea in senso ristretto, cioè assimilabile
ad un reticolo a tre dimensioni a maglie eguali parallelepipede, trasmetterebbe il moto
rifratto straordinario.
Sia presa come unità la velocità della luce aUo esterno del cristallo, cioè la
velocità del raggio incidente. — Siano a, 6 le velocità di propagazione rispettiva-
mente nella direzione trasversale e nella direzione parallela all'asse ottico del cristallo.
150 STUDI SULLA KIFLESSIONE CRISTALLINA
La velocità con cui si trasporta ogni elemento d'onda ordinaria sarà, sempre eguale a -.
E chiamando IT la velocità di propagazione di un' onda straordinaria elementare , si
sa che essa è determinata dalla relazione :
U^=^ a — (a — ì/) cos* Q ,
dove Q. è l'angolo che fa coU'asse ottico la normale all'elemento d'onda straordinaria.
Chiamando ò' , 5" le deasità diverse che, per le' considerazioni precedenti, si deb-
bono attribuire all'etere del cristallo, secondo che esso si presta alla propagazione del
moto ordinario, ovvero a quella dello straordinario, si avrà, in vii'tù del principio più
sopra ricordato (') :
Ora possiamo esprimere, anche per i due raggi lif ratti, la forza viva conispon-
dente ai due prismi eterei, attraverso i quali si propagano durante il tempo T della
vibrazione i moti ordinario e straordinario. Per il moto ordinario , devesi considerare
il prisma di volume l'q cos r e di densità — . Un suo straterello, parallelo alle basi,
di grossezza dx e distante della quantità x dalla base più vicina alla superficie ri-
frangente, è costituito da particelle eteree, la cui velocità alla fine del tempo t, è
rappresentata da:
«.sen2 7t If — f
essendo ?i, la velocità vibratoria propria del moto ordinario. La massa dello strate-
rello essendo:
èqcosr ,
la sua forza viva sarà data da:
Ìl^-..sen.2.(i-;)
Per avere la forza viva di tutto il prisma basta integrare rispetto a x da zero
fino a /', cosicché la sua espressione sarà:
Sqì
fM/cosrf / / .r\
-^^^J./..sen'2.(^-p)
Le stesse considerazioni si ripetono per il prisma etereo di volume l qcosp ,
attraverso il quale si propaga, nel tempo T, il moto rifratto straordinario. Si troverà
per espressione della forza viva che gli corrisponde : '
(•) Nei lavori intrapresi da Augusto Seebeck {Annali di Poggendorf, tomo XX) in continuazione
delle ricerche di Brewster intorno agli angoli di polarizzazione delle sostanze cristallizzate, l'Autore
deduce pure la densità dell'etere dalla velocità di propagazione; ma assume per ambi i raggi rifratti
la stessa densità ; il che non è ammessibile.
PER GIUSEPPE BASSO 151
l"
essendo u^ la velocità vibratoria propria del moto straordinario.
Si può scrivere ora l'equazione che esprime la conservazione delle forze vive,
considerando che il moto incidente si trasforma integralmente nel moto riflesso e nei
due moti rifratti. Tale equazione, soppresso in tutti i termini il fattore 5q, sarà:
{ i
cos i iclx sen* 2 ni Tf, — -, I = F' cos / j dx sen' 2 t: I -^ — - 1
o o
;• i"
M'cosr/, i^ I i x\ M.'cosp r . i« / ^ ^\
+ -^^^jdxsen2n[---.) + ^jdx^n2ni^--j.,y
u O
L'equazione si semplifica immediatamente se si osserva che nell'integrale del primo
membro, che è identico al primo integrale scritto nel secondo membro si può porre:
x = ly,
e si ha :
I f?:rsen*2 7r/ - — - \=^\ f^ysen*2 7i/ - —y\-
o o
E ponendo successivamente: x:^ l'y nel secondo integrale che entra nel secondo
membro e x^ l"y nel terzo integrale del secondo membro , si ottiene :
ìdxsen^2nl-—^,j — l'\ rfysen* 2;t / - — (/ 1 ,
ì d X sen 2n 1- — ^\ = l" J dysen^2nl- — yj ■
Sostituendo nell'equazione, essa si riduce subito alla forma seguente:
_ l'u*cosr Z'm/coso
o' il
od ancora:
cos^
n ^,. ^'ycosr l'cosp
Notisi ora che, b essendo il reciproco dell'indice di rifrazione ordinaria, si ha:
sen ri' . lì
b = : — - , epperciò : — , = - .
sen il Ib b
l"
Inoltre, il rapporto — è uguale al rapporto fra le velocità di propagazione del
152 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
raggio straordinario e del raggio incidente. Ma il modo rifratto straordinario che, iu
un certo istante, parte dal punto d'incidenza, si trova dopo l'unità di tempo distri-
buito sulla superficie elissoidica di Huygheiis, cosicché il cammino percoi-so nell'unità
di tempo del raggio straordinario è uguale alla lunghezza L della retta che unisce
il punto d'incidenza col punto in cui l'elissoide di Huyghens tocca il piano dell'onda
elementare straordinaria. Si avrà dunque
la lunghezza L sapendosi in ogni caso calcolare col mezzo della costruzione di Huyghens.
Perciò l'equazione delle forze vive si può presentare sotto la forma:
^, , cos »• , L cos p , , , ,
cos/(i-r^)=-^»;+-jp^«; (!)■
PARAGRAFO TERZO
Relazioni generali fra le velocità vibratorie
dei moti incidente, riflesso e rifratti.
Data una superficie separante l'etere libero da un mezzo trasparente qualunque
isotropo od anisotropo, la si consideri nell'atto in cui essa riflette e rifrange il moto
luminoso. Le particelle eteree che le sono vicinissime al di fuori del mezzo vibrano
in virtù del moto incidente e del moto riflesso ; le particelle , pui'c vicinissime alla
superficie, ma nell'interno del mezzo, vibrano iu virtù dei due moti rifratti. Ora le
velocità vibratorie delle prime e le velocità vibratorie delle seconde debbono fra loro
differire d'una quantità estremamente piccola rispetto ai loro valori assoluti. Infatti,
se la loro differenza fosse dello stesso ordine di grandezza che compete alle velocità
stesse, le forze elastiche che si svilupperebbero nella massa eterea diventerebbero gi'au-
dissime rispetto a quelle che realmente agiscono ed istantaneamente , cioè in un tempo
estremamente breve, ridui-rebbero <iuelle differenze ad essere insensibili.
Si può ((uindi, por ogni fenomeno di riflessione e di rifrazione, accogliere il prin-
cipio di continuità di Fresnel e ritenere che le velocità vibratorie incidente e liflessa
da una parte e le velocità vibratorie rifratte dall' altra . quando si proiettino lungo
una stessa linea , sono tali che la somma delle due primo non differisce sensibilmente
dalla somma delle due ultime.
Devesi però avvertire, come fece il Fresnel stesso, che tale principio è vero, in
generale, soltanto per le componenti delle velocità parallele alla superficie riflettente.
Ciò dipendo da che la triisvei-salità delle vibrazioni lispetto alla linea di jìropagazione
trac seco per conseguenza che la trasmissione delle onde luminose attraverso alla
suporfici(> potrebbesi ancora effettuare , quand' anche si producesse una discontinuità
qualunque nel senso longitudinale. E questo il caso inverso di quello presentatoci
PER GIUSEPPE BASSO 153
dalla trasmissione del suono dall'aria nell'acqua. In quest'ultimo il moto vibratorio
è longitudinale rispetto alla linea di propagazione , ed il principio di continuità non
è necessariamente vero se non per le componenti delle velocità vibratorie normali
alla superficie dell'acqua. Invero, gli è appunto e soltanto in questa direzione normale
che, durante la propagazione del moto, si produce sull'acqua una pressione costante
e continua e per nulla influirebbero su tale propagazione i movimenti . in virtù
dei quali le particelle vibranti dell' aria tendessero a scivolare lungo la supei-ficie
dell'acqua stessa.
Il principio di continuità , nel senso da noi adottato , si applica al caso della
riflessione cristallina dando luogo a due relazioni distinte fra le velocità vibratorie,
incidente, riflessa e rifratte. Infatti, se si considerano due direzioni ortogonali qua-
lunque, giacenti sulla superficie del cristallo, ciascuna delle quattro velocità vibratorie
si proietta sopra ciascuna delle direzioni così scelte e, per ciascuna di questa, esiste
l'eguaglianza fra la somma delle proiezioni delle velocità incidente e riflessa e la somma
delle proiezioni delle due velocità riù'atte.
Prendasi, per comodità, una delle dette due direzioni parallela al piano d'inci-
denza. Sia d l'angolo che il piano di polarizzazione della luce incidente fa col piano
d'incidenza. Proiettando la velocità vibratoria incidente, che si assunse come unità,
lungo la traccia del piano d'incidenza sulla faccia riflettente e lungo la normale allo
stesso piano d'incidenza, si trova facilmente che la prima proiezione vale cosisene
e la seconda cosO.
Siano ancora v, v le componenti della velocità V vibratoria riflessa, rispettiva-
mente parallela e nonnaie al piano d'incidenza: saranno vzq%ì e v' i valori delle
proiezioni di V lungo le due direzioni scelte precedentemente. Infine siano a, . ,3, i
coseni degli angoli che la velocità ?i, ordinaria rifratta fa colla traccia del piano di
incidenza sulla faccia riflettente e colla normale al piano d'incidenza ; saraimo a, u, ,
^,M, le componenti della «<, che dobbiamo considerare. Analogamente, per il moto
rifratto straordinario, avremo le componenti a^w^, ^^u^ della velocità vibratoria u
essendo «^ , |3^ i coseni degli angoli che la u^ fa colle note due direzioni.
Si hanno subito le due equazioni:
cos i (sen ^ -\-v) — ii,a.^-^ u^ a.^ \
alle quali si può aggiungere la seguente:
r'=ze;'+y'' (3).
Gli angoli , i cui coseni sono rappresentati da a, , a, , |3, , /3^ si possono de-
terminare ricorrendo a leggi note della doppia rifrazione. Si sa infatti che il raggio
ordinario è sempre polarizzato nella sezione principale; perciò la linea di vibrazione
nel moto ordinario è normale al piano che contiene il raggio ordinario e lasse ottico.
Per il raggio straordinario si sa pure che la linea di vibrazione è parallela alla in-
tersezione del piano dell'onda elementare straordinaria col piano che passa per il
raggio straordinario e l'asse ottico. È dunque possibile determinare in ogni caso le
Serie II. Tom. XXXIV. ^
154 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
direzioni della velocità u, , «, vibratorie rifratte e per conseguenza anche le quan-
tità a,, a,, P,, ^^ che ne dipendono.
Le due equazioni (2) aggiunte alla (1) delle forze vive basterebbero a risolvere
il problema della riflessione cristallina, cioè a procurarci i valori di v, v' , quando
si conoscefese ancora una nuova relazione fra le velocità vibratorie rifratte. Se ciò fosse,
si avrebbero quattro equazioni fondamentali, fra cui si potrebbero eliminare le incognite
ausiliarie u, , m, e cosi si avrebbe modo di esprimere v , v' per mezzo delle sole
quantità che sono i dati del problema, cioè di /, 5 e delle costanti che dipendono
dalla specie del mezzo cristallino e dalla disposizione della sua faccia riflettente.
Or bene, una relazione fra n, e u^ ci è indicata da quelle stesse considerazioni
razionali che conducono alla notissima legge di Malus intomo alla ripartizione della
quantità di luce rifratta fra il raggio ordinario e lo straordinario. Cliiamiamo (p l'angolo
che il piano di polarizzazione del moto incidente fa colla sezione principale, cioè col
piano del raggio incidente e dell'asse ottico. La velocità vibratoria incidente, eguale
all'unità, si può concepii'e sostituita dalle sue due componenti, cos © normale e sen <p
parallela alla sezione principale. Se tutto il moto incidente penetrasse nel mezzo biri-
frangente, se cioè non ci fosse riflessione, la velocità vibratoria », ordinaria sarebbe
precisamente eguale a cos y e sarebbe eguale a sen y la velocità ìt^ straordinaria.
Dovendosi tener conto dell'esistenza del moto riflesso, si potrà scrivere:
«, = h cos f , «1= k sen ^ ,
essendo h , k minori dell'unità.
Una teoria completa sulla propagazione della luce dovrebbe poter fornire le espres-
sioni di h e di k per mezzo degli elementi caratteristici del mezzo e dell'angolo di inci-
denza. Le ricerche finora eseguite su quest'argomento non bastano a ciò fare; però non
h
è difficile indicare un valore approssimato del rapporto - . Rigorosamente parlando , i
A
due termini di tale rapporto sono diseguali, poiché, come osserva il Fresnel (*), l'ela-
sticità del mezzo birifrangente non essendo la stessa nelle due direzioni della vibra-
zione ordinaria e della straordinaria, le componenti sen a e cos o della velocità vibratoria
incidente non si scindono in egual misura nella luce riflessa e nella trasmessa. Tuttavia
è anche manifesto che, nei cristalli che esistono in natura, la birefrangenza essendo
sempre molto debole, il rapporto di h a k non può differire notevolmente dall'unità.
A ciò si aggiunga che la legge di Malus intomo alle intensità relative dei raggi
ordinario e straordinario suppone appunto l'eguaglianza di /j e di k. Ora, le dehcate
esperienze di Arago verificano in modo assai soddisfacente questa legge e si possono
(juindi ritenere come una conferma a posteriori dell'ipotesi :
h = k .
Noi assumeremo come vera quest'uguaglianza ed avremo le relazioni :
u,=^h cos f I
hsen <p
(4)
(*) Oe-uvres complete! d'Augustin Fresnel { Tome deuxième, pag. 282.
PEK GIUSEPPE BASSO 155
L'angolo «p dipende dalla disposizione della faccia riflettente del cristallo e si può
sempre determinare nel modo seguente:
Sia XOY (fig. V) la faccia riflettente, OZ la sua normale dentro il cri-
stallo, 0 il punto d'incidenza, 0 S il raggio incidente, OAla, direzione dell'asse ottico.
Sia OM la, proiezione dell'asse OA sul piano XY. Chiamisi 7 l'angolo AOZ del-
l'asse ottico colla normale alla faccia riflettente e w l'angolo MOX che la proiezione
dell'asse ottico sulla faccia riflettente fa colla traccia 0 X del piano d'incidenza sulla
stessa faccia. Considerando la superficie sferica di raggio tino e di centro in 0, si ha
il triangolo sferico 3fAB rettangolo in M nel ([uale i lati A 31 e 31 B hanno rispet-
tivamente per ampiezze - — 7 e a. Perciò sarà :
cos y cos 7
cos .4 J5 = cos w sen 7 , sen 3IBA = 7^ = , / , ^ »- ■
' seaAB y l—cos 0 sen 7
Inoltre nel triangolo sferico SAB l'angolo SBA ha per valore -+3IBA ,
il lato SB vale - + «' ed il lato AB è determinato dall'espressione di cos^Z? ora
dà
trovata. Si può dunque calcolare l'angolo sferico in -S' che chiamerò 9', e si avrà:
cos <a cos i — cot 7 sen /
cot o ^ •
sena
Finalmente si osservi che si ha :
9 = 5 — 9' ;
essendo sempre 5 l'angolo compreso fra il piano di polarizzazione del raggio incidente,
ed il piano d' incidenza. In ogni caso adunque 1' angolo 9 si può considerare come
conosciuto.
Le equazioni fondamentali della riflessione cristallina si possono ora scrivere di-
rettamente. Ponendo per semplicità:
M^^., i^=^— ^ (5)
b cos r V cos %
e tenendo conto della (3) e delle due (4), l'equazione (1) che esprime la conserva-
zione delle forze vive diventa:
l_(t,'4.t,'') = /t'(i)fcos'9 + iVsen*9) (6).
Le due equazioni (2) che esprimono il piincipio di continuità si trasformano nel
modo seguente:
cos i (sen 5 + f ) = /» (a, cos 9 + a, sen 9)
(7)
cos 5 + w'= A (|3j cos 9 + |3j sen 9)
Le condizioni del moto riflesso essendo completamente determinate quando si
conoscono i valori di v e di z;', bisognerà servirci delle tre equazioni (6) , (7) e
(8)
156 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
considerarri h come incognita ausiliaria. Pongasi per brevità:
5^= . (a, cosffi + a.sencs) (
cos ( ' *
Kz= |3, cos y + p» sen y ]
Si ayranno le tre equazioni fondamentali:
1 — (w*+ v ) = /»' (If cos' 9 + JVsen* y)
i&xi6+v=^hH \ (9)
Siccome nella prima di queste tre equazioni le v e v appaiono alla seconda
potenza, si potrebbe temere una duplicità di soluzione, la quale non sarebbe conforme
alla natura dei fenomeni. È facile però il vedere che ciò non ha luogo. Infatti, rica-
viamo dalle due ultime delle (9) le espressioni di « e di v' , quadriamole e som-
miamole. Avremo:
v^+ 1;' *= 1+ ;»' (fl'+ Z') - 2 7i (fl-sen e + ^cos (? ) ,
ossia:
1_ («,'+2;'*) = 2h (Hsen Q + .^cos Ù) ~h^{H'+K") .
Sostituendo nella prima delle (9) e sopprimendo il fattore h comune ai due
membri, si ha:
h{Mcos"cp + Nsenf + H"+ K") = 2 (If sen 6 + Kcos6) .
Si ricavi di qui h e si sostituisca in ciascuna delle due ultime (9). Si avrà:
t; ( JJf cos'y +iVsen»a)+S''+Z') = sen 6 {n=-—K')+ 2 ^Zcos 6— senfi (Mcos'f+Nsentp) ;
v'iMcos'f+Nseiì^cp+H^+K^) — cos 0 {K"—H^)+ 2HKsen fi— cos 0 (3Icos^a+Nsen' f) .
Donde :
_ 2HKcos6-senO{Mcos''<p +Nsen(p—H'+K')
, 2i/Zsen5-cos5(JHcos>+iV'sen*(p + ir— JS:')
Jlf cos' rf + iysen'y -^-W+K' •■■ K I-
Le espressioni (10), (11), di v di v' risolvono completamente il problema, poiché
l'intensità J della luce riflessa, essendo uno l'intensità della luce incidente, è data da :
T > ■ ■'
e chiamando ^ l'angolo che il piano di polarizzazione del raggio riflesso fa col piano
d'incidenza, è facile vedere che si ha:
V
tang ò= -, .
VER r.IUSEPPE BASSO 15 7
PARAGRAFO QUARTO
Verificazioni.
Una teoria sulla luce riflessa dai mezzi birifrangenti sarebbe immediatamente da
rigettarsi quando, introdotte nelle formole a cui essa conduce le condizioni che ridu-
cono il mezzo birifrangente a mezzo isotropo, si ottenessero risultati discordi da quelli
di Fresnel, i quali hanno ricevuta in molte guise la sanzione sperimentale. Perciò gio-
verà applicare, a modo di verificazione, le formole dei paragrafi precedenti ad alcuni
casi particolari, e precisamente a quelli che si possono far rientrare nella teoria della
riflessione sui mezzi isotropi.
Superficie riflettente parallela all'asse ottico ;
casi di rifrazione uniradiale.
Sia SO (fig. 2") il raggio incidente ed 0 il punto d'incidenza. Sia 0 X la
traccia del piano d' incidenza sulla faccia riflettente ed OA la. direzione dell' asse
ottico. Questa giace nella faccia riflettente e fa colla 0 X un angolo AO Xz:^ a. Siano
infine 0 Z normale alla faccia ed 0 Y perpendicolare a 0 Z ed a 0 X.
Prendasi lungo 0 X, a partire da 0, OT = : e, considerata l'elissoide di
sen t
Huyghens, sia M(x, y, z) il punto in cui questa è tangente al piano condotto per T
parallelamente a OY. La direzione del raggio straordinario è , come si sa , rappre-
sentata da 0 i)f e la lunghezza 0 M h appunto la quantità L che entra nella seconda
delle equazioni (5) e che devesi innanzi tutto calcolare.
Applicando il solito procedimento della Geometria analitica , del quale sarebbe
inutile dar qui lo sviluppo, si ottengono le coordinate del punto M espresse nel modo
seguente :
a' 6' P' sen e «'è'Osen/ 1 /, n'b'F'
y=Tr^ — 5rs-^ ' ^ = «1/1 +
Q'-FF- ' '-Q'-FF- ' *-"|/l-r^"_pp' '
" ' F = a^ cos' a + ?/ sen^ a
F'=z a^ sen' co + // cos' a
^=:(a^— ò')sena)C0S M .
Da ciò si ricava:
essendo :
7? = 6'(6'-a')cos'<i) .
Così si può calcolare immediatamente l' angolo M 0 Z, cioè 1' angolo di rifra-
zione straordinaria che nella seconda delle equazioni (5) è indicato con p. Si ha:
z a l/ 1 — F' sen' /
COS(S=— —
ya^+B
sen i
158 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
Essendo sempre U la velocità di propagazione dell'elemento d'onda straordinaria
e ricordando che, in generale, si ha:
Z7'= n— {a— h*) cos' Q ,
ci resta a calcolare l'angolo 0 che la normale all'onda straordinaria in M fa coll'asse
ottico. Perciò si osservi che questa normale giace nel piano d' incidenza X Z e che
si confonde colla ON perpendicolare alla T T', essendo questa TT' la traccia sul
piano X Z del piano tangente in 31 alla elissoide di Huyghens. Perciò si vede che:
0T' =
j/l— P'sen'?:
e che:
a sen ? a sen i
COS NO X:
Y i 4- (a»— P' ) — sen' i V' 1 -+- («'— i') cos* co sen' i
Inoltre risulta dalla iigura che l'angolo tiiedro in 0, i cui angoli piani NOX
e AOX comprendono il diedro retto di spigolo OX, ha il terzo angolo piano NO A
eguale appunto a Ù , mentre si ha AOX=: w. Perciò sarà :
a cos w sen i
cos
Q. = cos a cos NO X = ■
y' 1 + {«'— fi') cos' (U sen' »
Conseguentemente :
1 1 «'-ò' ,
-— » = — j -I cos a sen' ^ .
L a ct^
L'equazione generale (G) è ora direttamente applicabile al caso nostro, intendendo
che nell'espressione (5) di N si pongano per Zcosp e per —, i valori trovati ed av-
vertendo che, essendo sempre :
a; = ^ — 9' ,
l'espressione generale che trovammo per cot'^;' (jui si riduce a:
cot f ' = cot a cos ì .
Venendo poscia alle equazioni (7) , è necessario trovare pel caso nostro le espres-
sioni di «, , (/^ , ("B^ , *, , le quali dipendono dalle direzioni delle linee di vibra-
zione nei due moti rifratti. Si sa che la linea di vibrazione ordinaria è nonnaie al
piano che contiene il raggio ordinario e l'asse ottico. L' equazione di questo piano si
può trovare facilmente ed è:
X cot )• tang &) + j/ cot r + z tang w =: 0 ,
essendo sempre r l'angolo di rifrazione ordinaria.
E siccome l'equazione del piano si può pur mettere sotto la forma:
a: cos a -H 2/ cos |3 4- .2 cos 7 = 0
in cui a , 1^ , 7 sono gli angoli che la sua normale fa cogli assi coordinati, sarà nel
caso nostro:
cos a = a, , cos ^ == p, .
PER GIUSEPPE BASSO 159
Tenendo conto della relazione: cos'a + cos'p + cos y =1 , si ricava subito:
cos /■ sen w
^■-
y 1 — sen' r cos' oj
cos r cos a
V^
■ sen r cos w
In quanto al raggio straordinario che è polarizzato normalmente alla sezione prin-
cipale, la sua linea di vibrazione si trova ad un tempo nel piano dell'onda elemen-
tare che gli coiTisponde e nel piano determinato dal raggio stesso e dall'asse ottico.
Eicorrendo alle espressioni delle coordinate del punto M (fig. 2 ") precedentemente trovate,
si possono subito scrivere le equazioni dei due piani e quindi dedurne i coseni of, , |3,
degli angoli che la loro linea d'intersezione fa rispettivamente cogli assi OX, 0 Y.
Cosi si troverà :
cos w
^'(l+<')(l+/'sen'w)
„ sen (à y\+f
Vi + f
sen u
li j <*^ sen" /. , , ,
avendo posto : t = , — ; r- , e ricordando che :
1 — P sen t
= a sen a + b cos w .
Basterebbe ora fare le debite sostituzioni nelle espressioni generali (10), (11)
e se ne deduirebbero l'intensitù. del raggio riflesso e l'azimut del suo piano di pola-
rizzazione.
Se vuoisi discendere immediatamente al fenomeno particolare della rifrazione uni-
radiale, si noti che, per lamino parallele all'asse, esso si presenta quando, l'asse ottico
essendo parallelo o normale al piano d'incidenza, il piano di polarizzazione della luce
incidente è parallelo o normale allo stesso piano d'incidenza. Si lianno perciò quattro
casi distinti, cioè:
r Caso: M = 0 , O — O.
Si trova subito :
f=0; y=0; «=0; ^. = 1; «. = -^== ; ^ =0 .
Quindi si ha dalle (8):
H-0 , K— 1 .
e dalle (10), (11):
E siccome si ha
1EK ^
"" ■ M '-'
V
1,^ <^os r
1
0 cos 1
h
-M+l
' M+1
seni
»
senr
160 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
sarà
,. sen(i-r)
-^=^' = — .,. , > ' (f =0 .
sen (2 + r)
Cioè il raggio riflesso è polarizzato nel piano d'incidenza ed ha la stessa inten-
sità, che avrebbe secondo la teoria Fresnel, se la superficie riflettente appartenesse ad
iin mezzo isotropo d'indice — .
2" Caso : 6j = 0 , 0—'~.
Si ottiene:
TI 1
5,'=o; ?=-' '^.=^; ^•^'^'^ "'=j7TtT'' ^^^^ -
Dalle (8) si ricava:
A' = 0 ;
e per essere •
, ^ 1 + («'— fc') sen^ / __^ l + {a^—b') sen i
' ~ |/l — è^sen'i "~ cosr
si ha
1 cos r
H= -== = ^ .
cos 2 y 1 + P cos iy 1 + («'— 6') sen' /
Quindi la (10) darà
^= N+H' '
e la (11) v'^O .
L'espressione generale di N data dalla seconda delle equazioni (5) nel nostro
caso diventa :
cos r [ 1 + (a' — ò') sen^ i ]
a cos i
perchè si ha qui :
r in — Ti ~- 1 l + («'-i')sen%'
i cos p = a V 1 — 0 sen « = a cos »• ; e ^75 = ; •
' ' Va
Perciò se, per brevità, scriviamo
T=l + (a'-ò')sen%' ,
sarà
cosr ,^ Tcosr
H — 7= , N— . .
cosi^ T « COSI
Sostituendo nella espressione pai'ticolarc, ora trovata, di v, sarà:
a cosr— T'cosi
o cos r + 1 cos ì,
Infine l'intensità della luce riflessa è:
a cosr— T^co%i \*
(a cos r — T cos e \
7ir^ :
acosr + T cosi /
PER GIUSEPPE BASSO 161
V TT
Essendo in generale : tang (i =: - , si trova nel caso nostro : ó =: - , cioè la luce
riflessa è polarizzata perpendicolarmente al piano d'incidenza.
Se il mezzo che si considera, invece d'essere cristallino, fosse isotropo, si avrebbe:
a ir: 6 , e per conseguenza :
_ / wcosr — cos« \'
\ a cos r + cos i /
senr
Ma in tal caso si avrebbe : a := ; ; epperciò :
sen2
sen 2r — sen 2-i V" tang' (i — »•)
/ sen 2r — sen 2 « \
\ sen 2 r + seu2 i I
tang^ (i + r)
Quest'ultima è appunto l'espressione trovata da Fresnel per la riflessione sopra
un mezzo isotropo della luce polarizzata perpendicolarmente al piano d'incidenza.
3° Caso:
«. = 0; /3,= 1
•
5 = 0
TI
Si trova subito : y =:= — ;
2
K, =: cos r ;
r^. = o
Per conseguenza si ha dalle (8) ;
H=0,
K=\
dalla (10):
r—Q,
e dalla (11):
V = -
essendo anche qui, come nel caso precedente:
Tcosr
N:
a cos 1
Si ottiene subito:
a cos / — T cos r
V =z-
acos ^ -t- Tcos r
Quindi :
^ ,i / acosi — Tcos »• \'
I = v = [ : 1 ed inoltre : <// = 0 .
\ a così + fcosr / '
Nell'ipotesi che il mezzo riflettente sia isotropo, essendo a = è, e perciò ^=1,
sen' ( / — r)
SI ha I = — J-— , formola data da Fresnel.
sen ( « -H r)
4° Caso: n r.
"=2 ' ^^2-
Sarà: (p=0; a_ =r cosr ; ^, = 0; a^ = 0 ; |3^ = 1 .
Facendo la sostituzione come nei casi precedenti , si trova che la luce riflessa
è polarizzata perpendicolarmente al piano d' incidenza e che la sua intensità vale:
tang "■ [i — r)
tang^(i + r) "
il che significa che in questo caso, come già vedemmo avvenire nel primo, il mezzo
riflettente si comporta per la riflessione come se fosse isotropo.
Serie II. Tom. XXXIV.
162 STUDI SULLA RIFLESSIONE CBISTALLINA
Superficie riflettente normale all'asse ottico.
La sezione principale coincide sempre col piano d'incidenza ed in questo piano
giacciono pur sempre entrambi i raggi rifratti. Prendasi il piano d'incidenza come
piano di figura (fig. 3°); sia JX la traccia della superficie riflettente, JF la sua
normale nell'interno del cristallo, 7 il punto d'incidenza. L'elissoide di Huygbens col
centro in I avrà per raggio equatoriale IA=: a e per semi-asse polare I N^b , che
sarà pure raggio dell'onda sferica ordinaria. Preso sopra IX, a partire da I,
I T =: , e condotta la T3I tangente in 31 alPelissi di semi-assi lA, IN, si
sen i
sa che IM è la direzione del raggio straordinario , YI3I 1" angolo p di rifrazione
straordinaria e la lunghezza 131 rappresenta la quantità L che figura nelle nostre
equazioni generali.
Si trova facilmente che le coordinate del punto 31 sono:
x = a^seni , «/ = 6 ^Z 1 — a' sen' i ,
e che si ha pure:
Lcosp^byi — a^seni .
In quanto all'angolo Q che la nonnaie all'elemento d'onda straordinaria in ilf fa
coll'asse ottico, esso nel nostro caso è uguale all'angolo IT 31. Perciò si avrà:
y b scn / . , . ^ . 1 — o' sen' /
tangQ=-— ^^ = ., =^ ; quindi cos i2=- —-, — , , . •
1 V 1 — a' sen' i 1 — (o — 6 ) sen* »
sen i
La formola generale:
U^=^a — («' — h') cos' Q.
diventa nel nostro caso :
1 — {n — b^) sen'j
Perciò le due equazioni (5) qui si possono scrivere così-
cosr .._. l/l— rt'sen'/ , , , .
31 = , N = ^ — ; : 1 1 — (« — 6 ) sen « 1 .
b cos i b cos t
Venendo alle direzioni delle linee di vibrazione nei moti rifratti, si vede che il piano
di polarizzazione del raggio ordinario è lo stesso piano d'incidenza; perciò si avrà:
«, = 0, p, = i.
Nel raggio straordinario le linee di vibrazione hanno la direzione della retta TM (fig. 3*)
che è intersezione del piano d'onda straordinaria e della sezione principale ; perciò sarà :
_ l/ 1 — a' sen' / ^ ^
y/l_(a'_6')sen'i ^'
Si noti ancora che si ha : f = 6
PER GIUSEPPE BASSO 163
Le equazioni generali (8) diventano :
_ senSl/ 1— a^sen^? „
CCS « y 1 — (a*— V ) sen' i
Per procedere alle sostituzioni nelle espressioni generali (10), (11) converrà, per
semplicità di scrittura, porre :
cosf/^j/l — a* sen* « ,
cos y = y 1 — (a' — 6') sen* i ,
cosicché iJ. e V sono gli angoli di rifrazione che corrisponderebbero all'angolo i d'in-
cidenza per due mezzi isotropi, rispettivamente d' indice - e
a
Mediante semplici calcoli materiali si ottiene:
cos' ^ cos r + seu* Q cos fx cos' v
ya'-b'
Jf cos' (p + iVsen' f =
b cos *
cos" 6 cos' i cos' V + sen' 6 cos' (j.
cos' i cos' V
K — il =
cos' i cos'y
2 cos (EX sen $ cos 5
" S. K'= •
cos t cos V
Nello eseguire le sostituzioni si possono dare alle espressioni di t; e di w' forme rela-
tivamente semplici ed abbastanza comode per applicazioni a calcoli numerici.
Essendo noti gli angoli »•, |7., v perchè essi si deducono subito dai valori dati di
i, a e b, possiamo valercene per determinare cinque quantità «, /3, y, B, s, tali da
soddisfare le relazioni: »
«rzcos /JL cos V — cos r
P =cos /A — cos v cos i
7 = cos fz + cos V cos i
8:=cos r + b cos i
£=cos r — b cos i .
Si possono in séguito calcolare le nove quantità determinate dalle relazioni se-
guenti: ^ 2 ■ o ;
jP m 0 COS V COS e — 2 0 cos [J. cos V cos t
P =■ S COs'v COS i
m = a COS 'v cos / — 6 ^ *
wj' == a COS 'v cos 2 -f- i P '
«. :=a cos^v cos 1 + b ^ y
s = 0 cos V cos ?
g' z=ìn +p
q'z=.nì'+p'
t ^z n + s .
164 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
Ciò fatto, le espressioni cercate di w e di v' si possono presentare sotto la forma:
,p cos'6 + gsen"5
v^ — sen $
V ^ — cos
s cos'6 + t sen' Q
jj' cos* 5 4- 3 sen' 5
s cos' 5 + < sen' Q
L'intensità della luce riflessa in rapporto a quella della luce incidente è :
sen'5(jj + >« sen*6)'+cos* 5( jj'+>»'sen'5)'
(s + «sen'5)' ^ ^'
L'angolo «^ che il piano di polarizzazione del raggio riflesso fa col piano d'inci-
denza è dato nel modo seguente:
. « cos' 5 + o sen " 6 . » + wj sen' Q
tang i|/ = tang Q . _^^ _ , ^^ — tang Q —
p cos' 0 +p sen' 9
p'+m ^G\i$
Consideriamo le conseguenze più semplici che scaturiscono dalle formolo ora trovate.
sen (/ — r)
1° Se supponiamo 5 = 0 , si ha i' = 0 , v -
e i^ = 0 . Cioè
sen(i + r)
la riflessione ha luogo secondo la legge di Fresnel e come se la supei-ficie riflettente
appartenesse ad un mezzo isotropo.
2" Per e = - si ha v = 0 , v = -
cos / cos* V — 6 cos a
(^ = - . Cioè pel
2 cos i cos* V + 6 cos p.
raggio incidente polarizzato nonnalmente al piano d' incidenza 1" intensità della luce
riflessa non è più quella che sarebbe ove il mezzo fosse isotropo; diventerebbe però tale
quando si facesse : az=.h , perchè allora si avrebbe : cos fi = cos r , cos v = 1 e
tang ( 2 — r)
vz= concordemente alla teoria di Fresnel.
tang(^^-r)
3° Si può avere estinzione totale di luce riflessa. Ciò succede quando, essendo
B ^-^Tt l'angolo d'incidenza è tale da sodtlisfare alla relazione ■
cos icos''v=:b cos fX .
In nessun altro caso l'intensità della luce riflessa può ridursi a zero.
4* So si pone nelle formole i:=0 , cioè si considera l'incidenza normale, si
trova :
v=z — senS =
1
v'=: — cos 6
1
r-
-.0, I
<^^ ■
\-\-b' ' '"' 1 +b'
risultati che si potevano prevedere e che si accordano con quelli di Fresnel.
5* Per l'incidenza radente, cioè per *= r , si ottiene 7=1 , come debb'essere.
ù
Una verificazione, quantunque alquanto grossolana , delle formole precedentemente
ottenute si può eseguire partendo dalla considerazione, che la birefrangenza nei cristalli,
compresa pure la calcite, è sempre assi debole, cioè che per tutti i cristalli naturali il
rapporto di a — h ad a è una frazione molto piccola. Da ciò consegue che i risultati
PER GIUSEPPE BASSO 165
numerici, i quali scaturiscono dalle formole applicate ad un caso particolare qualunque
di riflessione cristallina, non debbono mai essere molto diversi dai risultati corrispon-
denti che si otterrebbero, quando al mezzo cristallino si sostituisse un mezzo isotropo.
Così, si consideri come liflettente la faccia normale all'asse ottico di un cristallo di
calcite; noi possiamo alla medesima applicare le formole dianzi trovate, che deter-
minano l'intensità / della luce riflessa per ogni angolo di incidenza e per ogni azimut
del piano di polarizzazione della luce incidente. Per altra parte possiamo istituire
calcoli analoghi per un mezzo isotropo ideale, a cui si attribuisca un indice di rifra-
zione eguale all'indice di lifrazione ordinaria della calcite ; ciò si farà ricorrendo alle
foi-mole di Presnel, sull'esattezza delle quali non si può sollevare ragionevole dubbio.
Or bene, se le formole da noi trovate rappresentano, almeno in modo verosimile,
i fenomeni reali, si dovranno trovare per ogni angolo d'incidenza e per ogni azimut dì
polarizzazione, risultati poco diS'erenti in entrambi i casi ora detti.
Tale confronto tra i fenomeni di riflessione prosentati da un mozzo birifrangente
e quelli dati da un mezzo monorifrangente di egual indice di rifrazione ordinaria, quando
si estenda fino ai valori numerici relativi ai singoli casi particolari, riesce anche utile
nell'apprezzamento delle verificazioni sperimentali dirette, delle quali qualche saggio ho
j)ur cercato di ottenere, come dirò fra poco. Mosso specialmente da questa ragione, ed
aiutato da giovani studiosi, mi decisi a calcolare, mediante le formole ottenute dianzi,
molti valori di / per una superficie normale all'asse di un cristallo di calcite, sapendo
che per tale sostanza le migliori determinazioni sperimentali danno :
rt=:0,G742 , b=(),GOi^ .
Ho fatto questo calcolo per valori dell'angolo * d'incidenza che variano di quindici in
quindici gradi da 0° fino a 90". Per ciascuno di tali valori applicai la formola (12)
e ne ricavai le intensità della luce riflessa corrispondenti a valori di 5 varianti pure
di quindici in quindici gradi da 0° a 00".
Riguardo al mezzo isotropo ideale, che immagino abbia per indice di rifrazione
;, . ,, . ^ , ricorsi alla formola di Fresnel che dà l' intensità I, della luce riflessa da
0,0045
tale mezzo, quando la luce incidente 6 polarizzata in un piano di azimut 6 qualunque.
Si sa che tale formola si può scrivere :
I
/, = ^cos*6 + Esento ,
essendo :
^^sen* (i-r) ^ ^^ tang'(t-/)
sen' ( « + r ) ' tang* (i + r)
I calcoli numerici furono anche qui istituiti per i valori di i compresi fra 0° e 90°
e varianti di quindici in quindici gl'adi, e per valori varianti allo stesso modo del-
l'angolo 6 .
1 risultati di tali calcoli si trovano raccolti nella tavola seguente :
166
STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
i= 0°
/=15°
1
I
I,
e=r
^=15°
5=30°
5 = 45°
5" = 60
5=75° 5=90°
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608
0,0608 ' 0,0608
0,0608! 0,0608
I
0,0660
0,0660
0,0652
0,0654
0,0629
0,0635
0,0598
0,0609
0,0567
0,0583
0,0545 0,0537
0,0564 0,0557
i = 30°
I
0,0868
0,0868
0,0810
0,0848
0,0711
0,0764
0,0582
0,0650
0,0459
0,0536
0,0374
0,0453
0,0343
0,0422
i = 45"
I
0,1282
0,1282
0,1182
0,1207
0,0926
0,1003
0,0611
6,0723
0,0334
0,0444
0,0155 1 0,0094
0,0239 0,0164
/ = 60»
I
I.
0,2267
0,2267
0,2037
0,2117
0,1592
0,1702
0,0853
0,1135
0,0377
0,0569
0,0111 0,0029
0,0154 0,0022
i=75°
I
I,
0,4582
0,4582
0,4068
0,4339
0,2989
0,3676
0,2060
0,2770
0,1535
0,1863
0,1322 0,1272
0,1199 0,0957
i = 90°
I
1 1
1 1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Ricerche sperimentali.
Il controllo sperimentale delle formole stabilite precedentemente per la riflessione
cristallina e particolarmente per le leggi relative alla intensità della Iure riflessa offre
difiìcoltà assai gl'avi. Di queste alcune sono inerenti all' argomento speciale di cui si
tratta; altre sono comuni a tutti i procedimenti che esigono misure fotometriche. Tut-
tavia ho tentato alcune ricerche a questo riguardo e, quantunque i risultati ottenuti
non siano appieno soddisfacenti, essi non infirmano ]ierò la giustezza delle formole. anzi
dimostrano che il carattere generale dei fenomeni va d'accordo colle deduzioni teoriche.
Mi sono preoccupato innanzi tutto della condizione di nettezza e di levigatezza in
cui devesi, nelle sperienze, trovare la faccia destinata a riflettere la luce. Preziose in-
dicazioni a questo riguardo vengono fornite da parecchi fisici, che prima d'ora si oc-
cuparono di riflessione sopra facce cristalline. Cos'i, Seebeck notò che, quando si spe-
rimenta su cristalli di calcite, la pulitui'a delle facce, segnatamente di quelle inclinate
all'a-sse ottico, non devesi operare, come spesso si usa, mediante polvere di coìcotar;
poiché questa sostanza, contenendo quasi sempre tracce di solfato di feiTo, ha per effetto
di convertire superficialmente il carbonato calcico in solfato calcico, assai meno bire-
frangente della calcite. Seebeck tentò l'uso dell'acido tannico , il quale diede pure
PER GIUSEPPE BASSO
167
risultati poco soddisfacenti e si decise ad adoperare semplice creta polverulenta. Anche
Brewster avvertì l'influenza grande della pulitezza per la faccia riflettente e riconobbe
che quest' influenza è diversa , secondochè si tratta di facce di sfaldatura o di facce
artificialmente tagliate. Mac-CuUagh, nella sua grande Memoria citata al principio di
questo lavoro, nota che la pulitura di facce artificiali può generare su queste delle
piccolissime scaglie romboedriche, le quali alterano l'indole dei fenomeni che si vogliono
studiare.
Nei saggi sperimentali, a cui finora ho dato opera, io non potei adoperare se non
facce di calcite normali all'asse ottico, e trovai sufficiente uno strofinamento preliminare
operato con pelle di camoscio e susseguito da un prolungato sfregamento contro un foglio
ben disteso e ben liscio di carta bibula.
In quanto alla disposizione ottica, dopo parecchi tentativi, adottai quello che è
rappresentato prospetticamente nella fig. 4^ ed in sezione orizzontale schematica nella
fig. 5". Un eliostato invia nellintemo d'una camera buia, attraverso ad un foro cir-
colare del diametro di due millimetri, un fascio di raggi solari, la cui direzione sa
è orizzontale e si mantiene invariabile. Il fascio penetra in un tubo a h seguendone
l'asse ed attraversa un prisma di Nicol e (fig. 5*), il quale è fermato in un secondo
tubo imboccante nel primo. Il Nicol ha una sezione abbastanza considerevole , cioè
assai più grande della sezione del fascio luminoso. II tubo ed in cui il Nicol è infisso
può girare intorno al suo asse d'un angolo qualsivoglia, misurabile per mezzo di una
graduazione portata dall'orlo del tubo stesso; a questo modo, conoscendo la posizione
della sezione principale del Nicol, si può far variare e misurare l'angolo che il piano
di polarizzazione del fascio luminoso escente fa col piano orizzontale. Quando il
fascio esce dal tubo attraversa una lente d a lungo foco, la quale ha per uflicio di
renderlo alquanto convergente. Lo stesso fascio, là dove la sua sezione è minima o
press' a poco , incontra in i la superficie della laminetta cristallizzata che si vuole
sottoporre all'esperienza.
Questa laminetta trovasi appiccicata con un po' di cera al suo contomo sopra
una piccola tavola m tinta in nero e non lucida, per modo che estingua l'azione riflet-
tente della faccia posteriore del cristallo. Questa tavola nera è, alla sua volta, fermata
con morsetto sul piano di un anello jj, a cui dalla parte posteriore è infisso un piccolo
tubo n n (fig. 5") imboccante in un tubo maggiore q q . Quest'ultimo è sostenuto da
due bisaccia A A (fig. 4') che si attaccano a due punti diameti-almente opposti di un
anello gg & quest'anello è infilato ad un'estremità di un nuovo tubo. Le braccia A A
che sorreggono l'anello p, facendo a questo da pernio, permettono al suo piano di girare
intorno ad un suo diametro ed un cercliietto graduato M può in ogni caso dare la
misura dell'angolo di cui l'anollo si fa ruotare.
Così s'intende come alla lamina riflettente siano consentite quattro sorta di mo-
vimenti distinti, cioè:
1° Il suo piano può trasportarsi parallelamente a se stesso : perciò è facile
disporlo in modo che, qualunque sia l'ampiezza della lamina cristallina, il fascette
luminoso <<u, uscendo dal Nicol polarizzatore e reso alquanto convergente, colpisca la
lamina nella sua regione centrale od in quell'altra per cui la pulitura apparisce meglio
riuscita ;
1(38 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
2° La stessa lamina può girare giacendo sempre nello stesso piano e si può,
quando occorra, misurarne lo spostamento angolare provvedendo di graduazione il lembo
dell "anello p :
3" Il piano della lamina può gii'are intorno a quel diametro dell'anello j> la
cui direàoue passa pel centro del cercliio gi'aduato 31; così si può vaiiai'e a piaci-
mento l'angolo d'incidenza e misurarne il valore ;
4" Il piano in cui giacciono le braccia A A può girare intomo all'asse del
tubo^A; la graduazione deiranello (/ ne misurerà lo spostamento angolare ed in tal
modo si potrà spostare il piano d'incidenza e determinarne in ogni caso la posizione.
Nelle esperienze finora da me eseguite il piano d' incidenza si conservò sempre
orizzontale.
n fascetto di luce . polarizzato in un piano arbitrario e conosciuto , dopo aver
subita in / la riflessione sulla faccia cristallina, entra nel tubo gh e poi nel tubo hr
che lo imbocca ; la sua direzione si può far coincidere esattamente coli 'asse comune a
questi tubi col mezzo della vite che, incastrando nel settore dentato /, permette di
modificare la direzione di tale asse. 11 fascetto , prima di escire dal tubo 7( r trova
presso l'estremità e ed attraversa una lastra a facce piane di vetro colorato di ima
tinta arancio-gialla, il cui ufiìcio sarà presto indicato. Esso cade infine sulla faccia s
d'un foglio bianco sò', producendovi una chiazza luminosa di tinta giallognola, di forma
ciicolai'e ed avente il diametro di cii-ca quattro centimetri.
Il foglio su' fa l'ufficio di fotometro Bun.sen ; a tal fine esso è incollato al suo
contorno sopra un telaio N (fig. 5') disposto nel piano normale alla direzione della luce
che lo colpisce ed al suo centro poi'ta una macchia d' olio di forma circolare e del
diametro di quasi due centimetri. Gli sta vicino un sistema di due s]iecclii HH ver-
ticali, la cui linea d'intersezione giace nel piano del foglio fotometrico. Dando all'an-
golo di questi due specclii un valore conveniente, l'osservatore situato in 0 davanti ai
medesimi, così che il piano del foglio passi press'a poco pel suo occhio, vede ad un
tempo , per riflessione , le due facce del foglio stesso e può esaminai'c sidl'una e
sull'altra la macchia traslucida d'olio. Quest'ultima apparisce distinta finche le due
facce sono disegualmente illuminate e sparisce quando su di esse l'intensità luminosa
diventa eguale.
Se si procede oltre . nella direzione in cui la luce caninùna . trovasi un nuovo
tubo tt' orizzontale, il cui asse passa per il centro del foglio fotometiico. La bocca
anteriore t di questo tubo è aperta, mentre la posteriore /' è chiusa da un dischetto
di vetro smerigliato. Allo stesso tubo è fissato un ampio schermo Q Q' col suo piano
perpendicolare all'asse.
Il disco / di vetro smerigliato fa nelle mie spericnze l'ufficio di luminare a potere
illuminante variabile. Ecco in qual modo. La fiamma F Uà una lampada a petrolio
ed a lucignolo piatto, posta ad una distanza variabile Ft'-=.d dal piano del disco t',
produce su quest'ultimo un'intensità luminosa, che si può rappresentiu'e con -^ , prcn-
d
dendo come unità 1" intensità che la fiamma è capace di produrre su di un ele-
mento normale al raggio che lo colpisce ed all'unità di distanza. Si deve awertii-e
che , affinchè ciò sia ammessibile , è necessario che la linea congiuugente un punto
PER GIUSEPPE BASSO 169
qualunque del disco t ed uu punto qualunque della fiamma si possa ritenere come
normale al piano del disco. Lo stesso disco, alla sua volta, invia raggi luminosi che
percon-ono l'interno del tubo da f' verso t ed escono dalla bocca t formando un
fascio conoideo di piccola apertura ; questo incontra la faccia posteriore .s' del foglio
fotometrico e vi produce una chiazza illuminata circolare avente il diameti'O di cii'ca
quattro centimetri.
E facile ora il vedere come si possa in ogni esperienza far variare in un rap-
porto noto l'intensità j sulla faccia .s' della luce inviata dal disco smerigliato t' . La-
sciando per tutta una serie di sperienze allo stesso posto il tubo tt' ed il fotometro,
l'intensità j della luce su quest'ultimo è evidentemente proporzionale al potere illu-
minante w del disco t' . ed a questo potere si possono attribuire valori variabili me-
diante spostamenti della lampada lungo la normale al piano del foglio. Pei- una
distanza qualunque Ft'^^cl si può ammettere che si al)bia :
w
Perciò , finché la fiamma F conserva inalterato il suo splendore intrinseco e rimane
costante la distanza ts', la quantità w si mantiene pui'e costante.
Le facce s , s opposte del foglio fotometrico essendo , in una qualunque delle
sperienze, illuminate rispettivamente colle intensità / e ;/. bisognerà far variare d in
modo da rendere j=I: di questo lo sperimentatore s'accorge quando non distingue più,
su ambe le facce del foglio, la macchia oleosa.
Abbastanza preciso era, nelle prove da me fatte, quest'atto della sparizione della
macchia, ed appunto per ciò ottenere si adoperava il vetro giallo che dava alla luce
solare proiettata in s una tinta somigliante a quella della fiamma a petrolio.
Ho tentato dapprima di determinare il rapporto fra l'intensità della luce incidente
e l'intensità della luce riflessa sulla calcite normale all'asse ottico, per un dato valore
dell' angolo /' d' incidenza e (juando 0 era nullo . cioè il piano di polarizzazione era
orizzontale. Però, i miei tentativi non ebbero esito soddisfacente. La difficoltà di man-
tenere costante . per un tempo alquanto lungo , lo splendore intrinseco della fiamma,
l'alterazione di dimensioni e di forma geometrica che facilmente subisce il fascetto di
raggi solari soggetto alla riflessione, la necessità di dilatare, coll'artifizio di una lente,
il fascio incidente per renderne la intensità facilmente comparabile a quella della luce
proveniente dal disco smerigliato, ed altre circostanze facili a concepirsi, resero inattua-
bile la determinazione clic dapprima mi proponevo.
L'inconveniente potè tuttavia rimediarsi in parte per la seguente ragione. Si è
visto che, quando si ha 9=zO . le formoli- che si tratta di verificare coincidono, come
dcbb'essere, con quelle di Fresnel che si ammettono da tutti come rispondenti al vero.
Si possono quindi ritenere come esatti, senza bisogno di ulteriore conferma sperimen-
tale, i valori di / consegnati nella tavola numerica di pag. 166 per i singoli valori di i,
e corrispondenti a 5 nullo. Servendoci di essi si potrà calcolare per ciascun angolo
w
d'incidenza il valore di iv mediante la formola j:=—-^, essendo ri fornito dell'espe-
rienza e corrispondendo in ogni caso alla condizione : j^^l ■
Serie 11. Tom. XXXIV. x
170 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA
Ciascuna serie di esperienze si può cosi eseguire per un solo e immutabile valore
di / ; le varie parti dell'apparato, una volta ben centrate, non debbono più essere
spostate durante tutta la serie. Basta , per ogni sperienza, far rotai-e il tubo d
che porta il Nicol e polarizzatore , così che varii di una quantità nota l'angolo 5 :
allora si fa scorrere lungo un solco XX apposito il sostegno della lampada F,
cioè si fa variare la d fino a rendere egualmente illuminate le due facce del foglio
fotometrico.
Procedendo per questa via. le più gravi cause d'en-ore vengono in gi-an pai-te eli-
minate. Potendosi effettuare in poco tempo tutte le esperienze per le quali si fa variare
il 6 , ma si mantiene / costante . non si corre grave rischio d" incontrare mutamenti
notevoli nell'intensità della luce solare ed in quella della fiamma. Inoltre, il fascetto
luminoso incidente ed il corrispondente riflesso conservano in tutte le spei'ienze della
serie le stesse posizioni , grandezze e forme geometriche e la regione in cui la la-
mina cristallina è colpita dalla luce si conserva sempre la stessa. Non sono tuttavia
schivati altri inconvenienti, la cui gravità può essere scemata solo dall'accuratezza con
cm si fanno e si ripetono più volte le operazioni. Tali sono : i difetti di purezza del
Nicol polai-izzatore. la non precisa lettura degli angoli, la lieve diversità di tinta che
persiste nelle luci che illuminano le due facce opposte della carta fotometrica, la non
esatta applicabilità della legge dell'inverso quadrato della distanza alla intensità lumi-
noso del disco di vetro smerigliato, la limitata sensibilità dell'occhio, per cui la distanza (/
può subh-e variazioni di riualche millimetro, senza che gli effetti ottici appaiano mo-
dificati. Tutto iiiu'ste circostanze sfavorevoli nuocono alla precisione dei risultati spe-
rimentali : gli è per ciò che per ora mi limito a citar pochi fra quelli che ho già
ottenuti, avvertendo che. nel loro complesso, se essi non costituiscono una verificazione
completa e rigorosa delle formolo teoriche, confermano tuttavia l'ammissibilità dei piin-
cipii da cui queste scaturiscono.
Non provai a sperimentare per angoli d'incidenza minori di 4ó". perchè al disotto
di questo valore le variazioni dell' intensità / sulla faccia anteriore del foglio foto-
metrico . le quali si osservano mentre si fa girare il Nicol polarizzatore , sono ben
piccole; ciò del resto debb 'essere e risulta anche dalla tavola numerica di pag. 166.
Disposto l'apparecchio in modo da farlo servire per l'angjdo d'incidenza di 45",
ed assicuratomi della fissità di luce della lampada, trovai che, quando 0 era nullo, per
rendere j eguale a /. dovevo spostare la lampada tanto da fare: (/r:=132mm. La
tavola numerica della pag. 100 dà, per questo caso . 7=0,1282. Perciò, dalla for-
moletta iv—Jd^ ricavasi: w=z22SA. e si può ammettere che questo valore si man-
tenga inalterato anche nelle esperienze successive. Poscia, essendosi, mediante la rota-
zione del Nicol, dati a 0 successivamente i valori -.U)". 4.'>", 75°, 90°. si trovò che
per rendere: yz=/ dovevasi fare d rispettivamente eguale a millimetri 1 •")!•, 1!^0. 438,
2234
444. Ora la relazione J = - dà per valori di /corrispondenti a questi trovati di a
numeri che non sono molto diversi da quelli teorici contenuti nella tavola a pag. 100,
e che sono inscritti nella prima dello tre tabelle seguenti. Tali tabelle riassumono i
risultati delle principali misure die ho potuto eseguire per angoli d'incidenze eguali a
45". 00" e 75" t- per varii valori di azimut 0 di polaiizzazione.
PEK GIUSEPPE BASSO
1° Per / = 45° si ha u = 2234
171
j
6 \ 0°
30°
45°
75°
1
90°
d""" 1 132
/ , 0.1282
159 196
0,0883 ! 0,0581
438
0,0116
444
0.0113
2° Per ? = 60° ottenni w=l796
6
0°
30° 45°
60°
90°
I
89
0,2267
108 150
0,1540 0,0798
214
0,0392
355
0,0142
3° Per «=75", trovai m; = 1819
Giova ricordare che i valori di / corrispondenti a 6 nullo e scritti nelle prece-
denti tabelle si ritengono eguali a quelli fomiti dalle formole teoriche e che sono
già consegnati nella tavola di pag. 166.
eÌivaaK'?.\.l'& S^. .\ X^oiUw. C'fcuwc .\ Se . ;iì... riièal . e*!^.^ t U- ?" "Ò'oiuo XX/I\ '
MONOGRAFIA
DEL
GEN. CASUARIUS, BRISS.
PER
TOMMASO SALVADORI
(Con due Tavolo colorite)
Memoria letta ed (ipprovala nell'adunanza del 13 .\ovembre I88f.
INTRODUZIONE.
Il genero Casuariuf< fu stnbilito nel 17(50 dal Brisson, cui ne era nota
una sola specie, quella che il Linneo ciiiamò Slridh/n casuariiis; quel nome
generico fu accettato dal Lathnni e dagli autori posteriori, se non che nel
1842 il Gloger, rifiutandolo come barbaro, gli sostituì quello di Htppa-
fectryo, che anche il Sundevall (Methndi Natnralìs Avmm Diaponendarvm
Tentameìi, p. 152) adopera a preferen/.a di quello di Casnarius.
Per pili di due secoli e mezzo, dopo il 1597, non si conobbe che una sola
specie del genere Casuarins, cioè il C. ga/eatiis; nel 1854 fu fatta menzione
di una seconda specie, il C. auslralis, scoperto dal Wall nella parte set-
tentrionale d'Australia, e dal quale non e diverso il C. johusonii, Miiller
(1866); poscia nel 1857 il Gouid descrisse il C. bennetti della Nuova Bri-
tannia, nel 1860 furono descritti dal Blyth il C. unoappendiculatiis, cui
è da riferire il C. km/p/'i , Rosenb. (1861), e dallo Sclater il C. bica-
runcuìalus; nel 1871 per opera dello Schlegel, che lo confondeva col
C. bennetti, apparve la prima descrizione del C. papiianiis, Rosenb., dal
quale secondo me non differiscono il C . weslermannì , Sclat. (1874) ed il
C. edwardsii, Oust. (1878); finalmente nel 1875 furono descritte quattro
specie, cioè il C. picticoìlis, Sclat., il C. beccarli, Sclat, al quale sembrano
riferibili tanto il C. salvadorii , Oust. (1878) (= attijugiis, Sclat.) (1878),
quanto il C. sc/aterii, Salvad. (1878), il C. tricarunculatuft, Becc. ed il C.
174 MONOGRAFIA DEI, OEN. CASUAEIUS
occipilalis, Salvad. Sono quindi state descritte dieci specie, una delle quali,
il C. tricaricnculalus, come vedremo, è ancora poco nota ed incerta.
Molti autori si sono occupati dei Casuari per indicarne i caratteri di-
sfintivi, per istudiarne l'anatomia, per fissarne la più esatta posizione si-
stematica e per descriverne i costumi. Alla fine di questa breve introdu-
zione io mi propongo di dare una enumerazione, per quanto mi sarà
possibile compiuta, dei lavori che trattano dei Casuari. Pel rispetto zoo-
logico di essi si sono occupati principalmente lo Sclater, lo Schlegel e
THarting; lo Sclater non solo ci ha fatto conoscere per lo meno tre specie
di questo genere, cioè il C hicarunculatns, il C. pict'icolUs ed il C. bec-
cavi i, ma inoltre ha pubblicato numerosi lavori intorno ai medesimi ed ha
fatto figurare la massima parte delle specie conosciute, parecchie delle quali
in diversi stadi; lo Schlegel ha descritto le specie conservate nel Museo
■di Leida e finalmente THarting ha riunito con sufficiente esattezza quanto
■gli era noto intorno alle specie di questo genere '. Anche io ho contribuito
con un lavoro speciale alla conoscenza di alcune specie poco note di Casuari.
L'anatomia dei Casuari è stata investigata dal Perrault e Duverney,
dal Merrera, dal Geofl'roy-Saint-Hilaire, dal Meckel e più recentemente dal
Flower, che studiò in particolar modo lo scheletro del C mistralis in
confronto con quello del C galeatus. Inoltre il Garrod ha investigato le
carotidi, mostrando che ambedue sono presenti nei Casuari, come anche
nei generi Struihio e Dromaeus, mentre nei generi fìhea ed Aptennjx si
trova soltanto la carotide sinistra. Lo stesso Garrod ha investigato anche
la disposizione dei muscoli delle estremità inferiori del C. hennelti, del
C. galeatus e del C. hicarunculatns in confronto di quella che si trova
nei generi Apter/jx, Dromaeus, Rhea e Struthio '.
Recentemente il Gadow ha pubblicato un lavoro, che ancora non ho
potuto vedere, nel quale sono descritti i muscoli della pelvi e delle estre-
miti! inferiori dei generi Struthio, Rhea e Casuarins.
Dalle ricerche zoologiche ed anatomiche è risultato che i generi Ca-
suarius e Dromaeus costituiscono nell'ordine degli Struthiones la famiglia
delle Casuariidae, distinta da quella delle Struthionidae per le piume con
stelo duplice, per le ali quasi nude, per la mancanza di coda e per la pre-
senza di tre dita nei piedi; lo Sclater, attribuendo grande valore alla sin-
golare pterilosi ed ai caratteri osteologici delle specie della famiglia delle
(1) L'Harting non fa menzione del C. tricarunculatus , Becc, né del C. occipiialis, Salvad., di
cui non pare che avesse conoscenza.
(2) P.Z.S. 1873, p. 470, 471, 644.
TOMMASO SALVADOR! 175
Casuariidae ha proposto di farne un ordine distinto della sottoclasse delle
Ratitae, col nome di Casuarii (Ibis, 1880, p. 410). Il genere Casiiarius
poi si distingue dal genere Dromaeus per la testa nuda e fornita di un
alto casco, pel becco alquanto compresso, stretto ed ottuso e per l'unghia
del dito interno generalmente molto lunga.
Diversi osservatori si sono occupati dei costumi dei Casuari tanto nello
stato selvaggio, quanto in schiavitù , e tra gli altri sono da nominare il
Bennet, il Jouan, lo Sclater, il Kamsay ed altri.
Nello stato selvaggio i Casuari vivono nei grandi boschi, nei luoghi
vicini ai corsi d'acqua, solitari od in coppie ; sono timidissimi, per cui fug-
gono al minimo pericolo; si nutrono principalmente di fruita, ma sono
avidissimi, come scrive il Beccar! , anche di cibo animale e specialmente di
lucertole, topi, granchi, pesci, ecc.; i loro escrementi sono così copiosi che
sono stati scambiati per quelli di qualche grande mammifero. Il Moorup,
0 Casuario della Nuovn Britannia, vive nelle pianure ricoperte da altis-
sime erbe.
I Casuari che, come si è detto, frequentano le vicinanze dei corsi d'acqua,
amano di bagnarsi e nuotano con facilità, per cui sono stati veduti attra-
versare fiumi e perhno bracci di mare; il Beccari scrive che i Casuari che
egli aveva vivi a bordo del suo skooner bene spesso, nelle ore più calde,
si gettavano spontaneamente in mare, ina non si allontanavano dalla nave.
Le femmine depongono parecchie uova in un incavo del terreno, na-
scosto sotto fitti cespugli ; queste uova sono di colore verdognolo e rico-
perte di fitti tubercoletti a modo quasi di pelle di zigrino; esse, secondo
il von Rosenberg, vengono collocate per modo da essere disposte a ,='=.;
asserisce il Wallace che le uova del C. galealuft sono covate alternati-
vamente tanto dal maschio, quanto dalla femmina ; invece il von Rosen-
berg menziona soltanto la femmina come attendente alla covatura; ma
anche questa asserzione non sembra esatta , giacché in schiavitù le uova
sono covate soltanto dal maschio.
I pulcini al sortire dall'uovo sono rivestiti di piumino di colore ful-
viccio ed hanno strie scure longitiulinali sulle parti superiori; in essi il
casco è rappresentato da una semplice lamina quasi piana, e, se appar-
tenenti alle specie carnncolate mostrano già le carimcole, che avranno più
sviluppate nell'età adulta; in uno stadio successivo perdono le strie scure
e diventano di colore fulvo-bruniccio pressoché uniforme, e hnalmente,
dopo parecchi anni, diventano di color nero uniforme; da prima hanno la
testa ed il collo rivestiti di piume, poi queste parli si denudano e presentano
n
17li MONOr.RAFIA DEI, liEN. CASUARIUS
^radataiiiontc i colori vivaci da cui sono tinte nell'eia adulta; anche il casco si
sviluppa lentamente e soltanto dopo parecchi anni acquista la l'orma normale.
In schiavitù i Casuari mangiano quasi di tutto ed amano di essere
soli; se duo sono collocati nello stesso recinto si combattono e si feriscono.
Il Beccari discorrendo dei Casuari, scrive: « sono animali molto batta-
glieri, sin da jiiccoli si esercitano a tirar calci contro ima pietra, un tronco
d'albero od altro, ed i lord colpi diventano terribili coU'età, tanto che non
è possibile tenerli liberi quando sono grandi. Spesso ragazzi ed anche uomini
adulti sono rimasti uccisi da un solo colpo di jiiode. A Warbusi i miei
cacciatori hanno trovato un grossissimo Pitone semivivo con tutta la pelle
lacerata ed intorno ad esso il terreno tutto calpestato dai Casuari ; proba-
bilmente un Casoar aveva battuto il Pitone. Nelle ore calde, quando non
possono sfogarsi con altri, è contro i tronchi di alberi che rivolgono i loro
colpi; talvfdta ciò fanno con lo scopo di farne cadere i frutti ».
I viaggiatori indicano la- carne dei Casuari come buona da mangiare;
il D'Albertis, durante le sue esplorazioni del Fiume Fly, considerava come
giorno di festa quello in cui veniva ucciso (}ualche Casuario, colla carne
del quale poteva nutrire i suoi uomini.
Le specie del genere Casuarhis vivono tutte nella Regione Australiana
e pili precisamente nella sottoregione Papuana (costituita dalle isolo Papuane
e dalle Molucche) e nella parte settentrionale della Nuova Olanda, che
tanti rapporti ha colla sottoregione Papuana.
Delle dieci specie conosciute tre vivono sui confini dell'area occupata
dal genere, cioè il C. ansimi in vive nella parto settentrionale d'Australia,
il C. (jalealus vive nelle Molucche ed il €. hcnnelti nella Nuova Britannia;
tutte le altre invece vivono nelle isole Papuane propriamente dette, cioè
cinque {C. tricari/ncu/atus, C. becoarii, C iinnappendiculatus, C.piclicoUis
e C. papuanus) nella Nuova Guinea, una, il €. bicanincuìaùiis^ueWQ Isole Ani,
ove si trova anche il C. beccari i, e finalmente una, il C. occ/p/lah's, in Jobi.
Delle cinque specie della Nuova Guinea, lasciando per ora in di.«;parte
il C. tricarunculatus, due sole sono esclusive di quella grande isola, il C.
ptipuanus, proprio della penisola occidentale-settentrionale, ed il C. picti-
oo//is, vivente all'estremitti opposta, cioè nella penisola orientale-meridionale,
mentre il C. hcxcarii, che vive nella parte meridionale e centrale della
mi^desima isola, si trova anche nelle Isole Aru, ed il C. vnoappendicnlatìis
jiroprio della costa occidentale della Nuova Guinea vive anche nella vicina
isfila di Salavatti.
Dall'esame della distribuzione geografica delle varie specie apparo come
TOMMASO SALVADORI 177
ciascuna occupi un' area distinta: cosi il C. unoappendicidaMs è la sola
specie che viva in Salavatti e sulla costa vicina della penisola occidentale-
settentrionale della Nuova Guinea fino a Tangion-Ram; sulla costa orien-
tale della medesima penisola, e più precisamente verso settentrione, vive
il C. papuanus, il quale si estende dalle vicinanze di Borei fino ad Em-
berbaki sulla costa settentrionale; in Jobi vive soltanto il C. occipitalis,
rappresentante del C tmoappendicu/aius ; nella penisola orientale-meri-
dionale della Nuova Guinea si trova solo il C. piclicoì/is, rappresentante
del settentrionale-occidentale C. papuanuK; nella Nuova Britannia trovasi
solo il C. bennetli, affine al C. pictìcollis ed al C papuanus ; nella parte
settentrionale della Nuova Olanda vive il C. auslnilis, affine al C. galeatus
ed al C. beccarli ; questo occupa da solo la parte meridionale e centrale
della Nuova Guinea estendendosi, a quel che pare, verso settentrione fin
presso Wandammen e presso Warbusi sulla costa della Baja del Geelwink
e verso mezzodì fino nell' isola di Vokan , una delle più settentrionali
delle Isole Ani, nelle quali vive anche il C. bicaruncuìatus, ma non nelle
stesse isole nelle quali è stato trovato il C. beccarii; finalmente soltanto
in Ceram. vive il C. fjaleatus.
A questo fatto dell' occupare ciascuna specie un'area propria e distinta
(sul quale ha giustamente insistito lo Schlegel ') farebbe eccezione il C. tri-
carunculaiiis, di cui il Beccari ha ottenuto l'unico esemplare che si co-
nosca presso Warbusi, ove sarebbe stato trovato anche il tipo del C. sal-
vadorii, Oust., che sembra riferibile al C beccarli; quella circostanza, se
esatta, avvalora grandemente il mio sospetto che il C. Iricarunculatus sia
specie da eliminare, perchè forse fondata sopra qualche accidentale anomalia
del C. beccarii. Anche di questa specie e del C. bicaninculatus non si
può dire che esse occupino aree affatto distinte, giacché il tipo del C bec-
carii fu ucciso in Vokan, isola molto vicina a Wammcr, ove il von
Rosenberg ha uccisa una femmina del C. bicarunculatìis.
Quoy e Gaimard, nel Voyage de rUranie, Zool. p. 31, dicono di aver
trovato, entro capanne abbandonate di Waigiou, cinture e scacciamosche
fatte con piume di Casuario, la quale cosa potrebbe far supporre che una
qualche specie di Casuario si trovi anche in Waigiou, a meno che non si
voglia supporre che quelle piume fossero state portate in Waigiou dalla
Nuova Guinea, o da Ceram.
Anche presso la Baja di Humboldt vive una specie di Casuario; il von
(1) Muséum des Pays-Bas, Slrulhiones, p. 12.
Serie II. Tom. XXXIV.
178 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS
Rosenberg ', che ne ha osservato le pelli adoperate dagli indigeni, ha sup-
posto che si tratti del C. papiianus, la quale cosa non credo verosimile;
mi sembra molto più probabile che si tratti di una specie non ancora
descritta, a meno che non sia il C. picticol/is, od il C. beccarii.
L'Hutton {Ibis, 1869, p. 352) asserì che due esemplari di una specie
di Casuario, portati viventi in Auckland, provenivano dalle Isole Salomone,
ma poscia fu riconosciuto che uno di essi almeno apparteneva al C. bennetti
(P. Z. 5. 1872, p. 150, nota), e pare che la provenienza menzionata fosse
erronea (P.Z.S.1 873, p. 519).
Aggiungo un quadro nel quale è indicata la distribuzione geografica
delle 10 specie ammesse in questo lavoro; da esso appare a colpo d'occhio
come nessuna località, ad eccezione di Warbusi, possegga più di una specie.
(1) Ber Malayische Archipel, p. 563.
TOMMASO SALVADORI
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180 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS
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TOMMASO SALVADOEI 181
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182 MONOGRAFIA DEL OEX. CASUARIUS
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Journ.S. 199 u ff. Unum. f. Qm. 1878, pp. 299-300).
;1879) Editors of the Ibis, List of the known Species of Cassowaries {Ibis, 1879, p. 96).
Pelzeln, a. von, Letter relating to yotornis mantelli a.nd Casuarius bercarii {Ibis, 1879, pp. 376-377).
(1880) PowEi.L, W., Field notes on the Morroop, Casuarius bennetti, of New Britain (P. Z. S. 1880,
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(188!) Pbi.zei,n, a. von. Note on the Egg of Casuarius becc^rii, Sclater {Ibis, 1881, pp. 401-402).
TOMMASO SALVADOR! 183
Orbo STRUTHIOIES
Fam. casuariidae
Gen. CASUARIUS, Briss.
Typus :
Casuarius, Briss., Orn. V, p. 10(1760) — Lath., Ind.Orn. !I, p. 664 (1790). Slrulhio nisuarius, Linn.
Rhea, Lacép. (nec Lath.), Mém. de l'Inst. HI, p. 519 (18U0-I).
Hippalectryo, Gloger ', Gemeinn. Ilandb. (1842) Slrulhio rasnarius^lÀnn.
nostrum leviler compressum, angustutn, oblusiim. l'yons et oerlex lubere, seu galea magna,
ossea lodi. Carunculai\ seu palearia in cullo aiilice. Narrs suhrolundatae, versus apicem roslri in
sulco longo sitae. Ala parva, prò remigibus primariis srapis fere quinque vel sex, crassis, coriieis,
subaculis, pogonio carenlibus armata. Cauda vix ulla. Unguis pedis intemus longus , validus ;
ovines crassi, sitbacuti. Plumae duplices (hypoplilo magnu) setosae.
Hab. in Moluccis, Papuasia, Nova Hollandia seplenlrionali.
Le specie del genere Casuarius si possono dividere in due gruppi a seconda della
forma del casco ; in uno di questi gruppi il casco è compresso lateralmente e la faccia,
o spigolo posteriore è più o meno sottile e diritto o rivolto all' indietro; a questo
gruppo appartengono cinque specie: il C f n'cariaiculatus, sTpecìc dubbia, il C. h/ca-
runculatits, il C. (jntratus, il C. australis ed il C. he.ccurii, cui io ho riunito anche
il C. salvadorii, sebbene non sia inipo.ssibile che questo costituisca una specie distinta.
Quelle cinque specie alla loro volta si possono distinguere pel numero e per la
disposizione delle caruncole e pei colori delle parti nude della testa e del collo.
Nel secondo gi'uppo il casco ha distintamente la forma di piramide triangolare colla
faccia posteriore più o meno larga e diretta obliquamente all'innanzi ; a questo gruppo
appartengono pure cinque specie: il C. unouppendiculatus., il C. occipitaìis, il C.
papiiduas, il C. pictlcollis ed il C hennetti; le prime due presentano sulla parte
anteriore del collo una caruncola mediana piriforme indivisa , che manca affatto nelle
altre tre specie, e le une e le altre si distinguono allo stato adulto, come quelle del
primo gruppo, pei colori delle parti nude della testa e del collo. Nella seguente chiave
sono indicati i principali caratteri pei quali si possono distinguere le dieci specie anno-
verate in questo lavoro.
Clavis specierum generis ('asuarii :
I. Casside lateraliter compressa :
a. palearibus tribus, uno medio parvo inferiore , duobiis lateralibus et
superioribus majoribus Ì.C. Iricarunculatus.
h. palearibus duobus :
a. palearibus valde distantibus "..'. u bicarunculalus.
h. palearibus proximìs:
a', minor, casside hreviore et superius crassiore; ungue digiti in-
terni breviore 3. « galeaius.
(1) Ex auctore antiquo, nomine omisso, sed verisimiliter ex .Aeschylo, qui « Hippalectrionem u
in tapete persico pictam affert {Sundevall).
184 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS
h'. major; casside altiore et superius subtiliore; ungue digiti interni
longiore k. C. auslroiis.
e. paleari unico, magno, ad apicem plus minusve profunde diviso . . 5. ■< beccarii.
II. Casside pyramidali triquetra, facie postica piana et antrorsum inclinata:
a. paleari unico, pyriformi, medio et collo imo flavis:
a', paleari majusculo, capite et collo sunimo caeruleis 6. ■• unoappendii-ulalus.
b'. paleari minusculo, capite et collo summo caeruleis, macula lata
occipitali flava 7. » occipitalis.
b. palearibus nullis :
a. capite et collo versicoloribus :
a', gula caerulea, collo imo postico rubro-aurantio 8. » papuanus.
b'. gula rubra, cervice caerulea 9. « piclkollis.
b. capite et collo caeruleis, fere unicoloribus 10. » bermetli.
Sp. 1. Casuarius tricarunculatus, Becc.
Casuarius tricarunculatus, Becc, .\nn.Mus. Civ. Gen. \\ì, p. 717 (1875' (Warbusi). — Sclat.,
Ibis, 1876, p.2'iD.— Id., P.Z.S. 1878, p.214.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p.203. — Salvad., Ann.
Mus. Civ. Gen. XII, p.'il9 (nec p. i20) (187,8:. - Sclat., Ibis. 1879, p. 96.— Salvad., Ibis, 1879, p. 10.5
{partim).
Casside u/t in C. galealo lateralilcr compressa; palearibus tribus, uno medio inferiore parvo,
iluobus lalernlibus el superioribus majoribus.
Ilab. in Papiiasia — .Nuova Guinea, prope Warbusi [Beccari).
Questa specie finora è imperfettamente conosciuta; la sua esistenza riposa sopra
un solo giovane individuo, avuto vivo dal Beccari a Monni presso Warbusi, località
posta un po' più al sud di Uorei; ecco le parole del Beccari (7. e.) intorno al
medesimo :
« A Monni presso A\'arbusi ho comperato un piccolo C'asoar , che forse è una
specie nuova, ma non è ancora abbastanza sviluppato per mostrare tutti i caratteri
differenziali; è però distintissimo da tutti quelli indicati dallo Schlegel per la dispo-
sizione delle caruncole, che sono collocate molto diversamente, vale a dire due grandi
distinte in alto ed una j)iccola, sferica, più in basso, solitaria e mediana. Il casco non
è ancora sviluppato , ma è probabile che debba essere elevato e compresso (lateral-
mente) ». Queste parole il Beccari scriveva da Dorei il 5 Giugno 1875; più tardi,
scrivendo da Ternate il 4 Agosto 1875, dopo aver parlato del C. impuaniia e del
C. unoappenilìculfitiis, egli dice: « Ho tuttora vivo un individuo di un'altra specie
trovata a AVarbusi, e che chiamerei volentieri C. tricarunculatus, perchè ha tre carun-
cole che vanno sempre più svilu]ipandosi il suo casco non è ancora bene sviluppato.
ma mi sembra che tenda a prendere una forma simile a quella del casco del Casoar
di Ceram e di Ara Sembra positivo che questo C. tricarunculatus si trovi anche
in Salvatti '>.
L'individuo suddetto fu affidato dal Beccari alle cure del sig. Bruijii in Ternate,
nella speranza che sarebbe diventato perfettamente adulto. Il sig. Laglaize mi ha
detto che aveva visto questo individuo l'ultima volta nel Luglio del 1877, che con-
servava ancora l'abito giovanile di color bruno ed il casco poco elevato e che notevo-
lissime erano sempre in esso le tre caruncole. Egli avrebbe inteso dire dai cacciatori
malesi, cui (luesta specie sarebbe nota, che essa si trova anche presso Wandammen.
Io credetti di aver riconosciuto un secondo individuo di questa specie in un
TOMMASO SALVADORI 185
esemplare inviato dal Laglaize al Conte Turati, e di esso io feci menzione in una mia
nota intitolata Intorno ad alcune sprcir di Casoar poco note (An. Mus. Civ. Gen.
XII, p. 420), ma dopo che esso fu montato la caruncola mediana, che appariva nella
pelle disseccata, scomparve, per cui conviene dire che essa non fosse una vera caruncola,
ma una semplice piega cutanea che ne aveva l'apparenza. L'esemplare del Museo Turati
sembra riferibile al C salvadorii. Dopo ciò l'esistenza del C. tricarimculatus riposa
ancora soltanto sull'esemplare menzionato dal Beccari e che ignoro se sia ancora vivo.
L'Oustalet, discon-endo del tipo del C. salvadorii, lo dice proveniente da Warbusi,
che egli colloca al fondo della Baja del Geelwink, la quale cosa non è esatta, tro-
vandosi invece Warbusi molto più a settentrione sulla costa occidentale della stessa
baja; è egli possibile che l'Oustalet invece di Warbusi, volesse scrivere AVandammen,
che realmente si trova nel fondo di quella baja? Sarebbe importante di poter verificare
questa cosa, giacche se realmente si tratta di Wandammen, il tipo del C. salvadorii
proverrebbe dalla stessa località d'onde è venuto il tipo del C. alfijugus, Sclat.. che
è stato già identificato col C. salvadorii, e (a meno che non si voglia suppori'e che
il C. tricarimculatus non sia una buona specie, ma fondato sopra una qualche ano-
malia del C beccarti, cui sembra riferibile il C. salvadorii) non avremmo la singo-
larità del trovarsi presso Warbusi due specie di Casuari, cioè il C. tricarimculatus
ed il C. salvadorii, mentre in nessun' altra località si è trovata finora più di una
specie di Casuario.
Sp. 2. Casuarius bicarunculatus , Sclat.
Tav. I, fig. I ' (nx Goiild, B. New Guin. pt. XII, pi. 13)*.
Casuarius bicarunculatus, Sclat., P.Z. S. )860, p. 211, 248,249, f.6 (juv.e.v patria ignota) (Tipo
esaminato).— Id., Ibis, 1860, p.310.— Id., Ann. and MaR. Nat. Ilist. ser. Ili, voi. VI, p. 1 H (nota) et
p.145 (1860).— Id., Ibis, 1861, p.312. — Id., Tran.-;. Zool. Soc. IV, p.358, fÌR. /^ pi. LXXIII (1862) —
Crisp., P.Z. S. 1862, p. 137 {cislifdlm). — Schleg., Jaarb. zool. Genotscb. Nat. Art. Mag. 1862, p. 198
(1862).— Finsch, Neu-Guinea, p. 180 (!865). — Sclat., P.Z.S. 1866, p. 168.— F. Scbleg., Zool.Gart.
1866, p. 178. — Schleg., Ned Tijdsclir. Dierk. Ili, p. 2.'»0, ÌM (1866).— Id., Dierent. Vogels, p.239.
— Id., in Rosenb., Rcis naar zuidoostereil. p .V>' (notai (1867). — Sclat., P.Z.S. 1869, p. 149. —
G.R.Gr., Hand-List, III, p. 2, sp. 9849 (1871).— Gieb., Thes. Orn. I, p. .595 (1872).— Sclat., P.Z.S.
1872, p.l50, 49.5, pi. XXVI. - Garrod, P.Z.S. 1873, p. 470, 644. — Sclat., P.Z.S. 1873, p.519.—
Schleg., Mus. P. B. Struthiones, p. 10 (1873).— Rosenb., .lourn. f. Orn. 1873, p. 39u.— Id., Reist.
naar Geeiwinkb.p. 117 (1875). — Sclat., P. Z. S. 1875, p.87. — Id., Guide to the Gardens of the
Z. S.L. p.57 (1877).— Harting, Ostr.and Ostr. Farm. p. 110 (1877). — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen,
XII, p.346 (1878) (Ad. nel Museo di Brenna).— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 203. — Id., Ibis, 1879
p.96. — Rosenb., Malay. Archip.p. 373 (1878-79;.— Sclat., List Vert. Anim.Z. S.L. ed. VII, p. 472
(1879.— Gould, B.New Guin. pt. XII, pi. 13 (1881).
? Casuarius galeatus, Wall, (nec Vieill.), Ann. and Mag. Nat. Hist. XX, p. 477 (1857).
? Casuarius emeu, G.R.Gr. (nec Lath.), P.Z.S. 1858, p.l87 (sternum) et p. 196 (partim). — Id.,
Gat. B.New Guin. p. 50, 61 (partim) (1859).— Finsch, Neu-Guin. p. 180 (partim) (1865).
(1) I disegni coloriti che accompagnano il presente lavoro sono stati fatti sotto la mia direzione
^dal mio amico Dr. Martorelli, già assistente nel Museo Zoologico di Torino ed ora Professore di Storia
Naturale nel Liceo di Sassari in Sardegna.
(2) La figura di questa specie è stata tratta da quella dello Sclater (P. Z. S. 1875, pi. XXVI),
ma, avendo io ricevuto durante la stampa di questo lavoro la parte XII dell'opera del Gould, Birds
of New Guinea, nella quale si trova la figura dell'individuo perfettamente adulto, la figura 1 della
Tav. I è stata colorita secondo quella del Gould.
Serie II. Tom. XXXIV. ,
186 JIONOUKAFIA DEI. liEN. CASrARIlS
? Casuariua kaupi, ('■. R. Or., P. Z. S. 1861, p. i38 (nec Rosenberg, neque Sclater). — Hosenb.,
Naluiirk. Tijclschr. Nederl.Iiid.XXV, p. 2.V2 (nec p. 251) (1S63). — Id., Journ. f. Urn. 1)^64. p. 135 (nec
|i.l34.
Casuarius aruensis, Schleg., Ned.Tijdschr. Dierk. Ili, p.347 (1866).
Casuarius galeatus, Rosenb. (nec Vieill.), Reis naar znidoostereil. p 52 ,1867;.
Knilari, Abilanli delle Isole Aru [von ìlosenberg).
Casside nigra, latpralìter compressa, mrdiorri. basi xiricla; capile caeruko-i'irescenle ; cullo
caeruho; ren'icf inferius nibro-minincpa : paìcarilius lateralihus valle dislanlibiis, longis, riibro-
violaceis; ptilosi avis adiillae idgricunle, juvenis britnnvsrentP.
Hab. in Papuasia — Ins. .\ru [M'aliare], Wanimer {voti Bosenberg), Kobroor [von lìonenberg).
Questa specie appartiene al gruppo di ijuclle rlie . come il ('. <jal<'<Uns . hanno
il casco compresso lateralmente e non appianato posteriormente ; essa si distingue
specialmente per aver due grandi caruncole, distanti luna dall'altra, collocate sui
lati del collo; inoltre, secondo lo Sclater, essa si distingue anche pel casco più pic-
colo di ([uello del C. r/K.Imfx.'i. e che sorge sul vertice con una base molto più ri-
stretta: pel colorito delle parti nude della testa e del collo l'adulto, (juale è stato
figurato dal Gould , somiglia a quello del C. galentua : negli individui non ancora
al tutto adulti, come quello figurato dallo Sclater. la testa e la parte superiore della
cervice sono di colore ceruleo-verde, la jìarte inferiore della cervice di color (jiaUo-
ocraceo, tutta la parte anteriore e laterale del collo di color azzuiTO e le due caruncole
di color carneo-violaceo.
Secondo il von Rosenherg, che al dire dello Schlegel avrebbe preso le .sue note
sopra un individuo vivo (giovane) ora esistente nel Museo di Leida, il becco ed il
casco sarebbero di colore di corno volgente al giigio cupo, la base della mandilìola
inferiore volgerebbe al rosso grigio-brunastro, lo stesso colore si osserverebbe intorno
alla base del casco, le parti nude della testa e del collo sarebbero di color ceruleo-
grigio e le caruncole di color rosso mattone.
Questa specie fu descritta nel 18(30 dallo Sclater sopra un individuo giovane,
vivente nel Giardino Zoologico di Londra, e d'incerta provenienza; un secondo indi-
viduo, anch'esso giovane e d'incerta località, visse nello stesso giardino nel 1809 ; questo
proveniva dal giardino zoologico di Rotterdam ; ambedue morirono prima di anivare
all'età adulta ed ora sono nel Museo Britannico.
Un terzo individuo vivo, e questo adulto, acquistato nel 1872 dal Jamrack. che
lo aveva comperato in Calcutta, visse pure nel Giardino Zoologico di Londra ; esso
mori l'anno seguente, il 1" Aprile 1873; la sua spoglia fu donata da Lord AA'alden
al Museo dell'Università di Cambridge.
Un altro inilividuo adulto viveva nell'Ottobre del 1877 nel Giardino Zoologico di
Londra, ove io l'ho visto; questo esemplare è stato menzionato soltanto nella Lista degli
animali viventi nel Giardino Zoologico di Londra, settima edizione (1870, p. 472). sa-
rebbe stato acquistato il 7 Marzo 1877 o morì, secondo una lettera scrittami dallo
Sclater. il !) Novembre dello stesso anno. Finalmente un esemplare adulto, d'ignota
provenienza, si conserva da lungo tempo nel Museo di Brema, dove io l'ho esaminato.
Dobbiamo al von Rosenberg la conoscenza della patria di questa specie ; egli ne
raccolse duo individui nelle Isole Aru, una femmina quasi adulta, uccisa il 1 ■'> Aprile
TOMMASO SALVADOR! Jgy
. 18G5 in AVamiuer. piccola isola della regione Nord-Ovest del gruppo di Aru, ed una
femmina giovane presa viva nell'isola di Kobroor; le spoglie di questi due individui
si conservano nel Museo di Leida , ove li ho esaminati anche io .- uno è pulcino :
l'altro è grande, ma ancora di color bruno, e quindi non è una femmina adulta,
come dice il von Rosenberg; in ambedue le caruncole sono perfettamente separate,
ma non tanto quanto negli adulti '.
Sebbene, come si è detto, la scoperta della patria di questa specie si debba al
von Rosenberg, tuttavia la prima notizia della esistenza di una specie di Casuario nelle
Isole Aru si deve al Valentyn (Vedi: S. Muli., Vcrhandl. Land- en Volkenlc. p. 109)
e nei tempi moderni al Wallace, che portò imo sterno, ora depositato nel Museo
Britannico. Questo sterno fu riferito dal 6. R. (iray prima al C. cmcii (=r C. ga-
Iratiis) e poi al C. kaiipi : lo Schlegel invece lo ha attribuito al C. hicaruncuìatus ;
ma ora che si conoscono due specie di Casuari delle Isole Aru mi pare che la cosa sia
alquanto incerta.
Intorno ai costumi di questa specie ecco ijuanto ne dice il von Rosenberg: « Uno
dei giorni di caccia più importante per me nelle Isole Aru fu il 15 Aprile (1805),
nel quale mi riuscì di uccidere la femmina quasi adulta di un Casuario, che più volte
aveva veduta. Tuttavia alla fine fui alquanto deluso nella preda di questo uccello
(di cui il Wallace, malgrado molte ricerche, potè avere soltanto uno sterno), giacché
mentre io aveva sperato di trovare anche qui il C. kaiqìi ( =: unodjìji'ìnliciilatKS .
Blyth), scoperto da me in Salvatti nel 1800, invece quando mi avvicinai all'uccello
ucciso vidi giacere ai miei piedi un C. galeatus '. L'uccello aveva ancora il colore
bruno-grigio dell'abito giovanile, il (juale solo negli individui adulti si cangia in nero,
cominciando dalle piume del collo.
« AU'infuori del tempo degli amori, che nelle Isole Aru avvengono nei mesi di
Giugno e di Luglio, i due sessi vivono separati. La femmina fabbrica una specie di
nido grossolano fra i cespugli, sul nudo terreno, e covale uova per 28 giorni, mentre
il maschio fa la sentinella a poca distanza. In un nido non si trovano mai più di
cinque uova, collocate su due linee, che s'hicontrano ad angolo acuto ^c^=. . Fuori del nido
si trovano sempre uno o due uova, che la madre, appena i primi piccoli sono sbuc-
ciati dall'uovo, rompe perchè servano loro di nutrimento. In schiavitù questo Casuario
mangia di tutto; ma in libertà si ciba principalmente di frutta. I vecchi maschi, che
vengono feriti durante la caccia, assalgono il cacciatore, che può chiamarsi fortunato
se riesce a cavarsela senza gravi ferite. Questo Casuario vive solamente nelle isole più
gi-andi (?) e si cliiama nella lingua degli abitanti Kudari ».
(1) Lo Schlegel, discorrendo di questi due individui {Ned. Tijdschr. Dierk. Ili, p. 347), dice che
il più giovane dei due non ha traccia di caruncole (la quale cosa non è esatta), e che nell'altro, un
po' più giovane del tipo dello Sclater , le due caruncole , sebbene separate da uno spazio considere-
vole, sono molto più ravvicinate che non nella figura b che si trova alla pag. 249 del Voi. IV delle
Transactions della Società Zoologica di Londra, .aggiunge lo Schlegel : supponiamo che il Casoar
delle Isole .\ru sia identico col C. hicaruncuìatus, a meno che non si voglia farne una specie distinta
coU'epiteto di arnensis.
(2} Questo è un errore del von Rosenberg, mentre, come ha fatto notare lo Schlegel, si trattava
del C. hicarv.nculatus.
188 MONOGRAFIA DEI. GEN. CASVARIUS
Probabilmente a <]uesta specie sono da rifeiire anclie le osservazioni del Wallace
intorno ad un Casuario delle Isole Aru, che anche egli eironeamente chiama Ca-
suarius gaìeutus : « il gigante delle foreste Aruane, scrive il Wallace, è il Casuario;
esso non è punto raro ed i giovani sono portati in gi'au numero a Dobbo, dove ben
presto diventano domestici e vanno con-ondo per le strade e beccando ogni sorta di
rimasugli. Quando sono molto giovani presentano larglie fascio di im bel bruno e di
color fulvo pallido; a poco a poco essi diventano di color bruno cliiaro, e finalmente
neri quando saranno adulti. Essi sogliono riposare appoggiati sulle loro tibie (?) , e
dormono giacendo sul petto ; sono molto scherzevoli , rovesciandosi sul dorso e sal-
tellando nella maniera più ridicola con tutti gli atti di un piccolo gatto ».
Sono state fatte alcune osservazioni anatomiche intorno a questa specie: dal Crisp
intomo alla cistifellea, che sarebbe molto più somigliante a quella dei mammiferi che
non a quella degli altri uccelli, e dal Garrod, che indica la presenza di due carotidi
come nel C. henni-ttU, nel Dromneus novae ìiollaniìiae e nello Stntfhio camelus, e
che descrive la disposizione di alcuni muscoli.
Sp. 3. Casuarius galeatus, Vieill. '.
Tav. I, fìg. -2 (ex Sclat., Trans. Zool.Soc. IV, pi. LXXI).
Casuarius, Olear.. Mus.23, 1. 13, f.2. — Alh, Av. 2, p. .i6, t.CO. — Frisch, A.v. t. )U5. — Briss., Orn. V,
p. IO, 1.1, f. 2 (1760).
Cela, Moehr., Av. Gen. 56.
Emeu, Dodart, Mem. 377. — Raj, Av. 36. — Clus., Kxot. 97, t. 98. — Bont., -iav. 71. — Willu^by,
Orn.ior), 1.25.— Jonst., Av. 172, t. 56. — Aldrov., Orn.3, p. 541, t.5^1.— Alb., Av. 2, p.39, t. 6U.
Struthio casuarius, Linn., Syst. .Nat. 1, p. 265, n.2 (1766).— Gm., Syst. Nat.I, p. 726, n. 2 (1788).
Galeated Cassowary, Lath., Syn.lII, 1, p. IO, n.l, t. 72.
Le Cascar, Perr. et Diivern., Mém. Ac. Se. depuis 1666-1699, Tom. Ili, 2» part. p. 155, pi. 56, 57. —
Montheill., Hist.Nat.Ois.il, p. 59.
Cascar des Indes crientales, D'Aubent., PI. Eni. 313.
Casuarius Emeu, Lath., Ind. Orn.II, p. 661, n.l (1790) - Dnrn., Dict. Se. .\at. VII, p. 199 1817)
((^eram).— Less., Man. d'Orn.II, p.209 (partim) (1828) (excL.Nova Guinea).— Id., Voy. Coq. Zool.
I, pt. 2, p.7ll (pnrfim) (1828).- Id., Tr. dOrn. p. 7, pi. 2, fi (1831) (ex Gerani, lìouru (! , Nova
Guinea (!!!).— Temm., Tabi. MiHh. PI Eni I, p 88 (18i0). - G. U. Gr., Gen. 15. Ili, p. 528 (/;nr/im)
(1844).— Gulliver, P.Z.S. 1848, p. 37 (eorpiiseoli del sanguo). — Bp., Compi. Rend. XLIII, p 8'il,
sp.6 (1856).— G.R.Gr., P. Z. S. 1860, p. 362. — b'insch, Neu-Guin. p. 180 (p«r((in) ;I865).— G.R.Gr.,
iland-List, III, p. 2, sp 9848 (1871).— Schleg., Mus. P. B. 5/ru//iionej, p.9 ,1873). — Gulliver, P.Z.S.
1875, p. 188.
Casuarius casuarius, HI., Prodr. Mamm.et Av.p.247 (1811).
Casuarius galeatus, Vieill., Nouv. Diet. V, p. 345, pi. C, II, f. 1 (1816). — Merrem, Abh. Beri.
Ak. 1819. p. 179. — Steph., Gen. Zool. XIV, 2, p.432, pi. 29 (1819;. - Ranz.; Klem.ZooI. Ili, pu 1,
p. 97(1821). — Vieill., Kne.Méth. p.4,pl.1, 1.2 (1823). — Id., Gal. Ois. Il, p. 77, pi. 225 (1825).—
Merrem, Erseh. Grueher's Encycl. XV, p 348 (1826). — .Utum, .lonrn. f. Orn. 1854, p. XXVIl.—
Gould, P.Z.S. 18.57, p. 269.— Bennet, P.Z.S. 1857, p. 720. — llomeyer, Jonrn. f. Orn. 1859, p.365.
- Sclat., Ibis, 1859, p. 115.- Id., P.Z.S. 1860, p.2IO, 250.— Blyth, Ibis. 1860, p. 307. — Sclat.,
Ibis, 18110, p 310. — Id., Ann. and Mag. .\at. Ilist. (ser. Ili) voi. VI, p. H5 J860\ — Rosenb.,
.lourn. f. Orn. 1S6I, p. 45. — Blyth, Ibis, 1862, p. 78. — l'.risp, P.Z.S. 1862, p 137 (ei.stifellpa).
— Sclat , Trans. Zool. Soc. IV, p. 3.58, f. n. et 360 (nota) pi 71 (1862). - Schleg., Jaarb. zool. Genotseh.
Nat Art. Mag. 1862, p.l96 — Selat., P.Z.S. 1863, p.234. — Id., P.Z.S. 1866, p. 168. — Sehieg.,
Dierent. Vogels, p. 238. — F. Schleg., Zool. Gart. 1866, p. 177. — Sclat., P.Z.S. 1867, p. 179. -
(r Questa specie, per ragione di priorità, dovrebbe essere chiamata col nome di Casuarius emeu,
Lath., ma siccome il nome Emeu ù quello volgare delle specie del genere Dromaetts e l'adoperarlo
per una specie del genere Casuarius potrebbe ingenerare confusione, perciò generalmente si usa a
preferenza il nome di C yalealus, sebbene posteriore.
TOMMASO SALVADOKI 189
Muller, P.Z.S. 1867, p. 242. — Krefft, P.Z.S. 1867, p.183.— Sclat., P. Z. S. 1868, p. 376. — Id.,
P.Z.S.1869, p.628. - Wall., Malay Arch. Il, p. 150 (1869). - Flower, P.Z.S. 1871, p. 32, 33, 34,
35. — Sclat., P.Z.S. 1872, p. \hi), i9',. — Gieb., Thes. Urn. I, p. 595 (1872). — Oarrod , P.Z.S.
1873, p. G4'i. — Rosenb., Journ. f. Oni. 1873, p. 39U. — Kalliusiu.s, .lourn. f. Orri. 1874, p. 10. — Sclat.,
P.Z.S. 1875, p. 86, 87.— IIarling,Ostr. and Ostr. Farm. p. 103, ciim tabula (1877).— Sclat., P.Z.S.
1878, p. 80, 214. — Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 202. - Kathus., Journ. f. Orn. 1879, p. 346.
— Ibi.s, 1879; p.96 - Pelz., Ibis, 1879, p. 376. - Rosenb., Malay. Archip. p.323 (1879).— Sclat.,
List Vert.An.Z. S. L. 1879, p.472. — Id., P.Z.S. 1880, p.315.
Casuarius orìentalis, S. Muli., Verh. Land- eri Volkenk. p. 109 (panini (1839-184'i) (ex Ceram
tantum, minime ex Nova Guinea). — Hartl., Journ. f. Orn. 1854, p. 257.
Javanese (!: Cassowary, Gnlliver, P.Z.S. 1846, p. 26.
Hippalectryo casuarius, Sundev., Metli. nat. av. disp. tent. p. 152 (1872).
Casuarius javanicus (!), Gulliver, P.Z.S. 1875. p. 478, 488.
Casuarius beccarii, Pelz. (nec Sclat.';, Ibis, 1879, p. 376-377 (esemplari vivi nel Giardino Zoolo-
gico di Schoenbrunn). - Id., Ibis, 1881, p. 401 (ovo|.
Medius niger; caamle laleraliler compressa, alla, margine superiore crassiusculo , latere po-
slfrìore fere prrpewUculari , valdn ìtrevinrp qunm anteriore; capile pallide cacruleo-viresccnte,
collo caeruleo-violacco, pwtlice rubro ; area nuda ulrinque rulli lalirum rubro-violacea, aiitice cae-
ruleo marginata; palearihus duobus proximis rubro-carnds.
Long. lol. circa r",:)50 ; rostri- liial. 0"',125; larsi 0"',2G0; ung. dig. ini. 0"',080.
Ilah. in Moluccis — Ceram {Dumonl, Forslen, Wallace, Reccari); ? Aml)oina {Beccarij.
Ho esaminato molti esemplali di (luesta specie, tra i i^uali i seguenti raccolti dal
Beccari in Ceram:
fi (_) cT Ceram Dicembre 1874 (B.).
Individuo adulto colle piume nere, col casco alto e bene sviluppato.
h (— ) — jun. Ceram 1873 (C).
Individuo non al tutto adulto, uu poco più piccolo del precedente, col casco più
piccolo, colle caruncole più brevi e colle piume, specialmente delle parti posteriori ed
inferiori , in parte brune. L'area nuda sui lati del collo , invece di essere di color
rosso-violaceo e marginata di azzurro antorioi-niente, come nel precedente, ò percorsa da
linee discendenti azzurre, se pure quelle {)arti sono state esattamente colorate nel-
l'esemplare che è conservato nel Museo Civico di Genova.
e (— ) 9 juv. Wahai (Ceram) 1874 (C).
Individuo giovane di color bruno , molto più piccolo del precedente, col casco
appena incipiente , col capo e col collo ricoperti ancora di brevi piume ; le due
caruncole brevissime; la pelle della testa e del collo di colore azzurro, la cervice di
colore giallo-ocraceo.
(Questa specie appartiene al gruppo di quelle col casco compresso lateralmente ;
essa ha due caruncole sulla parto anteriore del collo, contigue fra loro e per questo
carattere somiglia al C. australis del Capo York più che non a qualunque altra
specie. Secondo lo Sclater (P. Z. S. 18G8, p. 37G) le due specie differirebbero nei
seguenti rispetti: 1" nella forma del casco, il quale nel C. mistraìis sarebbe più ele-
vato ed estremamente compresso verso i margini ; 2" nei tarsi più gl'ossi e più robusti
nel C. onstraìis, nel quale inoltre l'unghia del dito interno sarebbe più lunga e più
190 MONOGRAFIA DEL GEX. CASIARIIS
diritta : 3* nel bel colore azzurro-cobalto della pelle nuda della gola e della parte
anteriore del collo nel C. austraìis, mentre le stesse parti nel C galeatus sono di
color violetto cupo. Finalmente pare che il C. austrnlis giunga a dimensioni maggiori
di quelle del C. (jalcatus. Lo Sclatcr ha fatto anche notare che le caruncole del C.
austraìis sono sparse di rari peli, i quali mancano nelle altre specie.
11 Flowcr (P. Z. S. 1871, p. 'A2 e seg.). discoirendo dello scheletro del C. au-
straìis, conferma che questo ha dimensiom maggiori di quelle del C. gaìeatus ed inoltre
relativamente alla forma del casco fa notare che mentre nel C. (jaìeatus esso ha
l'apice rivolto ali indietro, con il margine anteriore più lungo e molto convesso ed il
posteriore più breve e verticale, nel C. austraìis invece il casco ha l'apice alquanto
rivolto all'innanzi. con i due margini quasi di uguale lunghezza, Tanteriore quasi ver-
ticale e leggermente concavo ed il posteiiore un poco inclinato airinnanzi ed alquanto
convesso. Si noti tuttavia che questa cosa non è costante, giacche non ho potuto con-
statarla negl'individui da me esaminati, e neppure appare nell'esemplare figurato dal
Gould, dal quale ho tolta la figura che accompagna questo lavoro.
Per la forma del casco v'è una certa somiglianza fra il C. galentus ed il C. hcc-
carii, se non che il casco del C. beccnrii è notevolmente più alto ed assottigliato sul
margine : inoltre il C. bcccarii differisce dal C. ynìcatus per avere non due caruncole
affatto divise fin dalla base, ma una sola caruncola divisa all'apice.
Il C. (/ulrafìis è la specie più anticamente conosciuta. 11 primo individuo giunse
vivo in Europa nel 1597 ' per opera di marinai olandesi, i quali lo avevano avuto
in Giava e lo portarono in Amsterdam; esso fu posseduto prima dal conte Solms
di Gravenliage, poi dall'Elettore Ernesto van Keulen e finalmente dall'Imperatore
Rodolfo II. 11 C. gaìeatus viene ora frequentemente portato vivo in Eui'opa e fino
a questi ultimi tempi era l'unica specie che si conoscesse.
Il C. gaìeatus è la sola specie propria delle Molucche e foi-sc vive esclusivamente
in Ceram ; è stato asserito che si trovi anche in Amboina, ma questa cosa non è certa,
sebbene non sia improbabile stante la vicinanza di Amboina a Ceram. la facilità che
hanno i Casuari di nuotare e l' abitudine di attraversare talora bracci di mare di
(jualche larghezza. Il Beccari (Cosmos di Guido Cora. 1875, p. 01) dice: « in
Amboina sembra che si trovi un Casoar speciale, differente da quello di Ceram '■■, ma
(luesta cosa non è stata confermata da alcun fatto e neppure sembra probal)ile. Il
Lesson ha asserito che il C. gaìeatus vive anche in Bum, ma questa cosa non è stata
confermata da altri : s'intende poi come l'asserzione del Lesson e di altri che questa
specie si trovi anche nella Nuova Guinea derivi dall'errore d'avere confuso con essa
una o l'altra delle specie della Nuova Guinea. Ignoro su cosa si fondasse il Wallace
(Aìin. and Mog. Nat. Hisf. XX, p. 477) per asserire che il C. gaìeatus si trovi
anche in Goram.
Si hanno poche osservazioni intorno ai costumi di questa specie allo stato selvatico ;
narra il Valentyn che nel ItJtìO alcune persone che lo accompagnavano trovarono in
Ceram un Casuario che covava tre uova.
(1) Hist. Gen. de Voy. Vili, p 112.
TOMMASO SA LV ADORI
191
Il Wallace {Ibis, 1861, p. 280) dice che questo Casuario è piuttosto comune nel-
l'interno di Gerani, ma che tuttavia non potè ottenerne, ne vederne alcun individuo.
Egli dice di averne veduto il casco colla mascella superiore nella casa di un indigeno
ed accennò alla possibilità che la specie di Ceram differisse da quelle della Nuova
Guinea. Più tardi nel Mala/i Arcliipcìnyo (l. e.) dice che i Casuarii vanno vagando
nelle estese foreste montane che coprono l'isola di Ceram, nutrendosi principalmente
di frutta cadute, d' insetti e di crostacei : egli aggiunge che la femmina depone sopra
uno strato di foglie da tre a cinque uova verdi elegantemente zigi-inate, e che il
maschio e la femmina le covano alternativamente per circa un mese.
11 von Rosenberg alla sua volta così si esprime : " Questo uccello è molto comune,
ma raramente si uccidono o si prendono i vecchi ; i giovani e le uova mi venivano portati
frequentemente. Il tempo della cova è al principio del monsone asciutto. Il nido suole
tiovarsi nei boschi più cupi sotto folti cespugli : esso è composto di foglie , di steli di
graminacee e di simili materiali che la femmina aduna in un cumulo pianeggiante di
un braccio e mezzo di diametro, nel quale essa depone da 3 a 5 uova, disposte a modo
di un V. Parecchie uova vengono deposte fuori del nido. Il petto dell'uccello conisponde
all'apertura del V ; cova soltanto la femmina e tutte le volte che essa è costretta ad
abbandonare il nido copre le uova con foglie. Dopo 30 giorni d'incubazione na,scono
i pulcini e vengono nutriti cogli aninialucci che sono attratti dalle uova maicite e
fetenti deposte intorno al nido. Come è noto i giovani nel primo anno sopra un f(mdo
grigio-gialliccio presentano strie longitudinali bruno-scure, nel secondo anno diventano
di color grigio-gialliccio bruno uniforme e nel terzo mettono il colore nero degli
adulti.
•- 11 nutrimento consiste principaluientc in frutta, talora in quelle di Tomi-tomi.
Gli Alfuri cacciano questi u(;celli principalmente per le loio carni, che nei giovani.
hanno gusto squisito Anche le uova sono l)uone da mangiare ».
11 Beccari scrive quanto segue: « Alcuni cacciatori mi hanno raccontato che il
Cascar di Ceram spesso va in mare ed usa accovacciarsi nei luoghi dove l'acqua è
poco profonda, fra i coralli, dove ablxmdano pesciolini, gi'anchi, ecc.: ritornato sulla
spiaggia scuote le sue penne, e tutti i piccoli animali marini die vi erano rimasti
impigliati diventano sua preda ».
Secondo il S. Miiller in Ceram il Casuario contribuisce alla disseminazione delle
noci moscate e dei frutti di Kanari , giaccliè esso ingoia interi i frutti di (juesti alberi.
ne digei'isce soltanto le parti esterne più tenere e ne emette insieme cogli escrementi
il nocciolo intatto, dal (juale si sviluppa una nuova pianta. In schiavitù questo Casoar
mangia di tutto.
Due volte il C. galeatus si è propagato nel giardino zoologico di Londra. Lo
Sclater (P. Z. S. 18()7, p. 179) ricorda che nel Giugno del IStìli, per la jirima
volta in Europa , nacque un individuo in (jucl giardino.
Le uova, di foi-ma piuttosto allungata, sono di color verde con numerosi punti
rilevati, come quelli dello zigrino , ma esse variano trovandosene alcune più chiare
ed altre più oscure : il Valentyn dice di averne veduto uno colore di fegato e senza
macchie.
L'anatomia di questo uccello è stato argomento di numerosi studi per parte di
192 MOKOfJKAFIA llEL OEN. CASUARIl'S
Perrault e Duverney ' , di Men-ein * . di Meckel ' e di alcune parziali ricerche del
Gcoffroy", del GuUiver intorno ai corpuscoli del sangue", del Garrod intorno ai
muscoli delle estremità inferiori ^, del Flower intorno alle diifei'enze del suo scheletro
confrontato con (|uello del C. aiisfrolis ' e di altri.
Sp. 4. Casuarius australis, Wall.
Tav. I, fig. 3 (ex Uould, B. Austr. Suppl. pi. 70).
Casuarius australis, Wall, llliistr. Sydn. Herald, 185i, 3"' .lune. — Gould, P. Z.S. 1857, p. 269,
27U. - U ll.flr., l'.Z. S. t85S, p. 1!16 — Id., Cat. H. .New (luin. p. 61 (1859). Sclat., P. Z.S. 1860,
p. l'Ili. — Id., Ibis, 1860, p. 310. — Id., Trans. Zool. Soc. IV, p. 360 (1862). — Schleg., .laarb.
zool. Geriotsch.NaL.'Vrt. Mag. 186-', p. 200. - Gould, Ilandh. B. .\ustr. II, p. 2(l6 (1865. - Kinsch,
Neu-Guin. p. 180 (1865). - F. Schleg., Zool. Gart. 1866, p. 180. - Sclat., P. Z. S. 1866, p. 168, 557 ;
1867, p.242. — Rennet, P.Z. S 1867, p. 573. — Sciai., P.Z. S. 1868, p. 376. — Id., Ibis, 1868, p.348.
— Ramsay, P. Z. S. 1868, p. 381, 388. — Gould, B. of Austr. Suppl. pi. 7(1, 71 (pt. V, 1 Agosto 1869).
— Krefft, Ibis, 1869, p. 348. — Ibis, 1870. p. 119, 120. — G.R.Gr., Iland-List, III, p. 2, .sp. 9851
(1871). — Flower, P.Z.S. 1871, p. 32 e seg. (scheletro). — Sclat., P.Z.S. 1871, p. 5/i7 (esemplare
■vivo). — Gicb., Tbes. Orn. I, p. 59'i (1872|. — Schleg., Mas. P. R. Strulhùnm, p. 9 (1873).- Ramsay,
P. Z S. 1874, p. 325.— Sclat., P. Z S. 1875, p. 2, 82, 85.86, 87. — Id., .Nature, XII, p. 516 (1875).
Sorby, P.Z S. 1875, p. 362. — Sclat., P.Z.S. 1875, p. 'i69 (2» esemplare vivo), 527. — Ramsay,
P.Z.S. 1876, p. 119 e seg. — Sclat., P.Z.S. 1876, p. 414. — Ramsay, Pr. Line. Soc. .\. S. W. I,
p. 186 (1876); lì, p. 196, n. 559; p. 376, pi. XI (c.iput) (1877).— Krefft, P.Z.S. 1877, p. 28 (vivo).
— Ilarting, Ostriches aiid Ostr. Farming, p. 95 (1877). — Ibis, 1877, p. 237. — Sclat., P. Z. S.
1878, p. 214. — Meyor, .lourn. f. Orn. 1878, p. 203. — Ibis, 1879, p. 96. — Sclat., List Vert. An.
Z.S L. 1879, ]!. 472. — Ibis, 1881, p. 500.
Casuarius johnsonii, Miill., Australasian, December lo"', 1866. — Id., P. Z. S. 1867, p. 242. —
Krefft, P.Z.S. 1867, p. 483.— Diggics, Orn. of Austr. pt. XII, XIII. — Ibis, 1868, p.348. —Krefft.
Ibis, 1869, p. 348. — Newt., Ibis, 1870, p. 120.
Casuarius regalis (errore), Rosenb., Journ.f. Orn. 1873, p. E90.
Major; msside nigro-brunnca, lateialiler compressa, altissima, margine sufieriore sublili, po-
sleriori' inlerditm vix breviove quam anteriore , rapite pallide caerulco-viresrentc , collo antico
saturale caernlro, cervice infcrius rubra; jialearibus diiubus a basi seiunrtis, rubris ; plilosi nigrn.
Ilah. in iNova Iloiianciia seplenlrionali, ad Caput York {Wall), prope Sinum Uockin-
gham (Johnson, Charles Scoti), ad Flumen Burdakin (IV. J. Scott).
Questa specie ha grande somiglianza col C. galcatus e col C hcccarii; somiglia
al primo per avere le caruncole divise fino alla base, ma ne differisce tanto per la
forma, quanto pel colorito : per la forma, giacche ha il casco sottile superiormente e più
alto, i tarsi. più grossi e più robusti, l'unghia del dito interno diritta e più svilujipata ;
pel colorito giacche il C. australis ha la gola e la parte anteriore del collo di un
bel turchino cobalto, mentre quelle parti sono di color violaceo cupo nel C. gnlcafiis.
Lesistenza di un Casuario in Australia fu scoperta nel 1854 da Thomas A^'all.
(1) Description anatomiiiuo do quatre Casoars, avec 2 pi. (Mem. Ac. Se. depuis 1666-1699, t. IH,
P.2, p. 15Ó-I71).
\2) Beschreibung des Gerippes eines Casuars (Casuarii galeati), nebst eìnigen beilàufigon Beraor-
kungeii ilbor die flachbrustigen Vógel {Ar>es ratilae) (Abh. der Beri. Akad. 1816-17, Phy.w Kl. p. 179-
19H) (niit ■^ Taf.).
(3) Beitriigo zur Anatomie dea indischen Kasiiars \Arch. f. Anat. und Physiol. 1830, p. 200-280;
1832, p. 273-370).
(4) Composition des appareil gónitaux, urinaires et intestìiiaux à leurs points de rencontre dans
l'Autruche Gt dans le Casoar {Mèm. du Mus. d'hist. nat. IX, 1822, p. 438-456, pi. 21).
(5) P.Z.S. 1846, p.2r), 1848, p.37, et I87.'i, p. 488.
(6) P.Z.S. 1873, p. «44.
(7) P.Z.S. 1871, p. 32-3.'i.
TOMMASO SALVADOKI
193
che come molti altri esploratori di quel vasto continente , morì per mancanza di
cibo, nei suoi inospitali recessi , mentre era tutto intento nelle scientifiche ricerche.
Il primo esemplare raccolto fu ucciso dal Wall presso il Capo York, ove egli incontrò
questa specie in truppe di sei ad otto individui entro a profondi burroni, quasi inac-
cessibili, alla base di alte colline. Quell'esemplare andò disgraziatamente perduto presso
la Baja Weymouth, come è stato narrato da Mr. Carron ', uno dei superstiti della di-
sgraziata spedizione del Kennedy, alla quale il Wall apparteneva in qualità di natu-
ralista. Tuttavia una descrizione di quell'esemplare fu pubblicata dal fratello del Wall
Mr. William Sheridan Wall, Direttore del Museo di Sydney, nel giornale « lUustrated
Sydney Herald » del 3 Giugno 1854. La descrizione era inesatta, giacché l'elmo vi
era indicato di colore rosso vivo (!) , e le caruncole, in numero di sei od otto (!!),
venivano descritte di colore turchino e rosso; tali errori nella descrizione derivarono
da che Mr. W. S. Wall non aveva alcun esemplare, ma faceva la descrizione secondo
quanto gli aveva narrato il Carron , che non ricordava più con precisione il colore
delle parti. Passarono dodici anni prima che si avessero altre notizie positive intorno al
C. ausimi is ; nel 1866 Mr. W. J. Scott, il quale possedeva una numerosa mandra di
pecore nella vallo dei Lagoons, lungo il fiume Upper Bunlakin, circa cento miglia ad
occidente dalla Baja Kockingham, notificò alla Società Zoologica di Londra il fatto che
nella detta località il Casuario era ben noto agl'indigeni col nome di Emeu nero, ma che
era molto difficile di procurarselo. Lo stesso Scott mai ne aveva incontrato alcuno, ma
egli inviò un manipolo di piume di Casuario, che erano state trovate nella capanna di un
indigeno '.
Nell'autunno dello stesso annolHGG Mr. Q. Kandall Johnson, visitando la regione
presso la Baja Rockingham, uccise un Casuario nei boschi di Gowrie Creek. che egli
preparò e donò al Museo di Sydney; questo esemplare fu descritto col nome di Ca-
suarius johnsoni dal Dottor Miiller ' e dal Krefft * e figurato e nuovamente descritto
dal Diggles nella sua Ornitologia d' Australia. Il Can-on ' riconobbe che quell'indi-
viduo era della specie stessa di quella cui apparteneva l'esemplare ucciso dal Wall.
Da ultimo il Eamsay riuscì per mezzo di Mr. Charles Scott, fratello del W. J. Scott
sopramenzionato, ad ottenere una spoglia perfetta di questo uccello, la inviò nel 1868 *
alla Società Zoologica di Londra, e dalla medesima il Gould trasse la figura che si
trova nel supplemento alla sua opera « Birds of Australia » ; per tal modo si poterono
valutare con esattezza i caratteri pei quali il C. australis si distingue dal C. galeatus.
Il C. australis si trova soltanto nella parte settentrionale della Nuova Olanda,
cioè nella penisola del Capo York e presso la Baja Rockingham.
Intorno ai costumi di questa specie si hanno già numerose osservazioni tanto in libertà,
quanto in schiavitù. La narrazione più compiuta e quella del Eamsay ', che cosi scrive :
« Uno degli scopi principali della mia visita alla Baja Rockingham era quella di
studiare i costumi di questo nobile uccello. Nel 1867 io aveva inviato il mio col-
lettore, Edward Spalding, in quella regione col medesimo scopo, ma quasi con nessun
(1) P.Z.S. 1867, p. 474.
(2) P.Z.S. 180(5, ]). 557.
(3) P.Z.S. 1867, p. 242.
(4) P.Z.S. 1867, p. 482.
Serie II. Tom. XXXIV.
(5) P.Z.S. 1867, p. 473-174.
(6) P.Z.S. 1868, p. 388.
(7) P.Z.S. 1876, p. 119 e seg.
194 ilUXOGRAFIA DEL GEN. CASUAKILS
risultato. Mentre io era in Brisbane, avviato verso quella regione, comperai telegra-
ficamente un bell'esemplare giovane, il primo che fosse stato preso ed allevato, e riuscii
poscia a condurlo vivo in Sydney ed a spedii-lo alla Società Zoologica di Londra, cui
giunse sano e salvo; io appresi inoltre che erano stati presi parecchi giovani Casuari
della stessa specie e che per la prima volta era stato trovato un nido colle uova; ciò
era cosa molto interessante e non ho bisogno di dire quanto mi affrettassi per giungere
alla stazione di polizia del fiume Herbert, dove io fui accolto molto ospitalmente dal-
l'Ispettore Johnstone, che era stato il primo a ritrovare e farci conoscere in quella
regione l'esistenza di questa interessante specie '. Io trovai che l'ispettore Johnstone era
un vero cacciatore, un ardente ammiratore della natura ed anche un zelante naturalista
ed un diligente osservatore ; io gli debbo molte informazioni importanti intorno alle
abitudini ed ai costumi degli aborigeni, intorno ai costumi di molti uccelli per me nuovi,
e specialmente intorno alla specie presente. Il Casuario australiano abita nelle dense e
cupe boscaglie sparse nella regione della Baja Rockingham e si estende al nord fino al
fiume Endeavour. Esso era discretamente abbondante soltanto pochi anni fa anche nelle
vicinanze di Cardwell; ma dopo l'arrivo dei piantatori delle canne da zuccliero, ecc. lungo
il fiume Herbert ed i vicini corsi d'acqua, questi interessanti uccelli sono stati uccisi
senza discrezione per averne le pelli, le quali io stesso ho visto adoperate come tappeti. Da
prima si avevano con facilità, ma da ultimo sono diventati così sospettosi ed il loro
numero è tanto diminuito, che soltanto colla più grande pazienza si riesce a tirare loro
un colpo. Io non conosco uccello più sospettoso e più timido di ((uesto, e sebbene le
impronte recenti dei loro piedi siano abbastanza numerose e si trovino facilmente sul
fango lungo le rive dei ruscelli, o sotto gli alberi dei frutti dei quali si nutrono ,
tuttavia raramente si riesce a vedere gli uccelli stessi. Dui'ante il giorno essi restano
nelle parti più folte dei boschi, percorrendo le rive dei corsi d'acqua e dei ruscelli,
involandosi a traverso i cespugli e le piante rampicanti al più piccolo rumore. Verso
sera e di buon mattino essi visitano ordinariamente i loro alberi favoriti , quali i
fichi indigeni, l'albero di Leichai'dt (-S*. Icicìuinìti) e diverse specie di Acnema, Jnni-
bosa, Davidsonia, ecc.; sembra che essi amino molto i frutti astringenti dell'albero
di Leichardt e di una specie di Marauta , che produce gruppi di grosse bacche
ripiene di polpa succulenta, sinnigliante al contenuto di un frutto maturo di Pas-
siflora (P. cduUs). Frutta e bacche d'ogni sorta sono avidamente cercate; l'esem-
plare domestico di mezza età, che io inviai alla Società Zoologica di Londra nel
1875, era divenuto così avido del Moro del Capo, che non jiermetteva ad alcuno
di avvicinarsi all'albero di cui aveva preso possesso. Questo uccello sovente divorava
in una volta 3 quarta di frutta di Eriohofr/ii j(iponic<i e divei-si aranci interi
oltre alla ordinaria quantità giornaliera di pane, cioè circa 3 libl)re inglesi. Io trovai
che nello stato selvatico essi fre(;[ucutemente sortivano dai loro nascondigli nel po-
meriggio andando lungo i cespugli e le rive dei liiimi e dei ruscelli ed ingoiando
gran numero di ciottoli. In schiavitù l>ananc e patate dolci in grossi pezzi od intere
sono il loro cibo prediletto, non trascurando ([uaUnKiue cosa incontrino, grilli, ragni,
lombrici, blatte, larve di ogni ^mta. pasta e perfino carne cruda. Essi si assicurano
(1) L'Ispettore Johnstone moii/iorialo dal Rnmsay ò Io stesso che Mr. '■. Randall Johnson men-
zionato dal Moller e dal Krolfl?
TOMMASO SALVADORI 195
del gusto del loro cibo prendendolo prima coU'apice del becco e dandogli una leggera
strizzatina, e se non è conveniente lo gettano via. Io mi accorsi che essi costantemente
rifiutano frutti immaturi di Eriobafrin, e che prima li prendevano sempre col becco per
assaggiarli. In schiavitù diventano molto docili e possono essere lasciati liberi senza alcun
freno, accorrendo alla chiamata, e spesso seguendo la persona che suole dar loro il cibo.
Se disgustati o delusi non raramente mostrano segni di volersi risentire sollevando le
piume e dando calci ai lati od innanzi con tal forza da far cadere un uomo robusto,
cosa di cui sono stato testimonio più di una volta. Questi uccelli sono molto forti e sono
molto pericolosi quando sono feriti. Più di una volta un uccello ferito ha obbligato un
naturalista ad aiTampicarsi sopra un albero ; l'unghia acuta del loro dito interno è un'arme
pericolosa quanto le unghie di un grande Kanguro e capace di fare altrettanto danno.
« Io osservai che i Casuari sono eccellenti nuotatori, e spesso li ho seguiti a traverso
un ruscello od un fiume di una certa estensione. Essi sono stati incontrati sovente
nell'isola Hinchenbrook, situata a circa un miglio e mezzo dalla costa, ed io stesso
li ho uditi gridare di notte e di buon mattino, mentre attraversava il canale, alla
distanza di almeno due miglia dalla medesima. Mr. Johnstone mi assicura di averne
incontrato uno mentre attraversava a nuoto un fiume di considerevole larghezza du-
rante la spedizione esploratrice della costa Nord-Est , di cui egli faceva parte. Il loro
grido, per lo più emesso dal maschio, è formato da una serie di suoni aspri, gutturali
e prolungati, ripetuti con rapidità e continuati per circa tre minuti ; quel grido è molto
forte e stando in mare lo si può udire alla distanza anche di tre miglia durante le
notti tranquille. Io l'ho udito risuonare nella foresta alla distanza di un miglio e
mezzo, ed allora mi pareva vicino ed uno dei più strani che si possano udire.
« Questo Casuario si riproduce nei mesi di Agosto e di Settembre. Il primo nido
fu trovato da uno dogli uomini neri dell'Ispettore Johnstone e Mr. Miller, un colono
del fiume Herbert, comperò da esso alcune uova. Uno di queste, che egli mi donò, è
della varietà verde-chiara, che descriveremo più sotto. Il nido consiste in una de-
pressione fra le foglie cadute ed i frammenti, coi quali il suolo della foresta è rico-
perto, coll'aggiunta di alcune foglie secche. Il luogo prescelto pel nido è sempre nella
parte più folta e nascosta da masse vegetali intrecciate. Le uova erano in numero di
cinque nei due casi che si conoscono, ed in ambedue un uovo differiva dagli altri per
essere di colore verde-chiaro e col guscio molto liscio. Tutti gli altri avevano un guscio
ruvido, coperto piuttosto radamente con aree irregolarmente elevate di color verde-
cupo, ma vivo, sopra un fondo verde più chiaro e liscio. Nella varietà pallida queste
elevazioni del guscio sono più ravvicinate e non tanto sviluppate; in ambedue le va-
rietà le elevazioni sono più rade verso la parte media che non alle estremità dell'uovo.
In complesso le uova somigliano molto a quelle del Casuarins hennetti, nelle quali si
osservano simili variazioni, ma sono più grandi. Io sono debitore all' Ispettore Kobert
Johnstone per la bella serie di uova di questa specie che posseggo nella mia colle-
zione. Ecco le dimensioni di alcune uova delle due specie:
Casuarins atistraìis
N. 1. Guscio verde-chiaro e liscio pollici ingl. 5.33x 3.73 = 0"',136 x0'",092.
N. 2. Guscio verde-cupo e ruvido » » 5.3 X 3.88 = 0°', ISTxO", 094.
195 MONOGRAFIA DEL GEX. CASUARIUS
Casuarius bennetti
N
1. Guscio verde-chiaro e liscio pollici ingl. 5.65 x 3.54 =0™ ,141 X O" ,09U.
N. 2. Guscio verde-cliiaro e ruvido » » 5.32x3.31 = 0™ , 135x0" ,083.
N. 3. Guscio verde-chiaro e ruvido » « 5.84x3.4 =0", 137x0°', 085.
N. 4. Guscio verde-cupo e ruvido » » 5.2 x 3. 32 = 0", 131 xO", 084.
« I giovani del C. ansfrali.'i sono di color bruno-rugginoso, e le piume sovente
hanno lungo lo scapo una stria nericcia, per cui ne viene un" apparenza striata. Dopo
il primo anno le piume prendono una tinta più cupa , alcune piume nere appaiono
mescolate alle brune ed altre sono in parte brune ed in parte nere. Più tardi, all'età
di 18 a 24 mesi, le piume nere predominano, ed il casco, che finora è rimasto ru-
dimentario. simile quasi allo scudo frontale di una folaga, comincia a mostrare una
carena nel mezzo, che rapidamente cresce in altezza. La pelle del capo, sulla quale
restano ancora alcune poche piume piliformi, comincia a mostrarsi rugosa e colorata,
variando dal verde-azzun-ognolo all'aranciato sulle parti inferiori : la pelle è di color
turcliino sui lati del collo e le caruncole vanno facendosi di color cannino. Il casco resta
comparativamente piccolo e rudimentario anche lungo tempo dopo che le caruncole e le
parti nude del collo sono diventate colorate. Io credo che il casco non acquisti le massime
dimensioni fino al quarto od al (juinto anno almeno. Nell'attravei-sare le boscaglie la
testa viene portata bassa presso il suolo e le liane ed i rami degli alberi percuotendo
l'elmo scivolano sul medesimo. Senza di ciò nelle folte boscaglie di liane, che si tro-
vano sulle rive del fiume Herbert ed altrove, sarebbe grandemente impedito il pro-
cedere ; appunto per quella disposizione i Casuari possono attraversare le boscaglie con
meravigliosa rapidità, saltando sopra alberi abbattuti e sopra cumuli di legname che
si trovano sul loro cammino. Un individuo giovane, lo stesso esemplare che fu inviato
alla Società Zoologica di Londra dal Marchese di Xormanby, mentre era in possesso
dell'Ispettore Jonhstone, durante la mia seconda visita, fu capace di saltare fuori del
suo steccato alto più di 6 piedi, mentre l'area del medesimo non era più di 12 piedi
per lato.
« Io trovai che i Casuari adulti erano in muta nel Marzo, ma le nuove piume non
erano tutte comparse nel Jlaggin. Durante questi mesi gli individui in schiavitù erano
molto irascibili e di mal umore, rifiutando perfino il cibo (ciò che avviene sempre
quando sono malati), e talora attaccavano perfino i loro custodi; ma è specialmente^
verso gli estranei che essi mostrano la loro antipatia. Io ho sempre osservato che sono
molto amanti di bagnarsi; l'esemplai-e non ancora adulto, da me inviato alla Società
Zoologica di Londra, sovente stava aspettando pressd la pompa clie qualcuno andasse
ad attinger acqua, ed allora esso si accovacciava quietamente sotto il getto abbon-
dante di acqua, allungando il collo e sollevando le piume per far sì che la medesima
giungesse fino alla pelle. I Casuari non amano di trovarsi all'aperto e sempre cercano
di essere riparati dal sole. Nello stato selvaggio essi raramente lasciano le boscaglie e
certamente ciò non fanno mai nelle ore più calde do! giorno a meno che non vi siano
costretti; in generale essi sopportano bene la schiavitù ».
Secondo d' Hartùig questa specie avrebbe nidificato nel Jardiu des Plantes ui Parigi,
TOMMASO SALV ADORI 197
ed il Géoffroy St. Hilaire avrebbe osservato che il mascliio covava le uova, ma gli
Editori dell'Ibis (1877, p. 237, nota) fanno notare che non si trattava del C. au-
stralis, ma del Dromaeus novae hollandiae.
Lo scheletro di questa specie è stato studiato accuratamente dal Flower in con-
fronto con altri del C. galeatus, e n' è risultata la conferma di quanto aveva già
asserito lo Sclater, cioè che il C. australis supera per le dimensioni il C. galeatus, e
come non sia da porre troppa importanza nella forma del casco, variabile coll'età ed
anche individualmente.
Sp. 5. Casuarius beccarli, Sclat.
Tav. 1, fig. 4 (ex icone inedita Albertisii).
? Casuarius sp., S. Muli., Verh. Land- en Volkenk. p. 22 (1839-1844) (Utanata, Prinses Marlanne-
straat).
? Casuarius orientalis, S. Miill., Verh. Land- en Volkenk. p. 109 {parlim,e\ Nova Guinea) (1839-
1844).
Casuarius beccarii, Sclat., P.Z.S. 1875, p. 87, f. I, 2 (pa';.86)(Vokan-Arii), p. 527, pi. LVllI (Nova
Guin. merid.), et p. 533. — Id., Nature, XII, p. 516 (1875).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 717
nota) (1875). — Sclat., P.Z.S. 1876, p. 4 n (esemplare vivo).— Harting, Ostr. and Ostr. Farm. p. 107
(1877).— Forbes, P.Z.S. 1877, p. 3U7, 316 (Cloaca et Bnrsa Fabricii).— Sharpe, Ibis, 1877, p. 325.
— Sclat. et Salv., Ibis, 1877, p. 372 (nota).- Oust., As.s. Se. de France, Ball. n. 539, p. 35U ;1878).
— Meyer, Journ.f.Orn. 1878, p.202, 301).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 421, 422 (1878). —
Sclat, P.Z.S. 1878, p. 2IÌ.— Sclat. et Salv., Ibis. 1878, p.48l. — Id., Ibis, 1879, p.96. - D'Alb.
et Salvad., Ann. Mus. Giv. Gen. XIV, p. 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 14.5, 6g. p. 137,
139, 140, 141, 142, 143 (1879). — Ibis, 1879, p 482. — Sclat., List Vert.An.Z. S. L. 1879, p.472. -
D'AIb.,Nuovafiuinea,p. 494, 588(1880). — Sharpe, Ibis, 1881, p. 500.
Casuarius bicarunculatus, Becc. (nec Sclat.), Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 717 (1875).
Casuarius australis, D'Alb. (nec WalP, Sydn. Mail, 1877, p 243. — Id., Ann. Mus. Giv. Gen. X,
p. 19 (1877). - Id., Ibis, 1877, p. 372.
? Casuarius altijugus, Sclat, Nature, XVil. p. 375 (1878).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420,
421, 422 (I87.s;.— Sclat. et Salv., Ibis, I»7.S, p.48l.— Salvad., Ibis, 1879, p. 105.
? Casuarius salvadorii, Oust., Ass. Se. do France, Bull. n. 539, p. 350 (23 Febr. 1878). — Sclat.,
P.Z.S. 1878, p. 213, 214.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 202, 203. — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen.
XII, p.420, 421, 422 (1878).— Sclat. et Salv., Ibis, 1878, p.48t; 1879, p.96.— Salvad., Ibis, 1879,
p. 105.— Pelz., Ibis, 1879, p. 377.
? Casuarius tricarunculatus, part., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420 (1878).— Ibis, 1878,
p. 481.
Casuarius sclaterii, Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 422(19 Luglio 1878) (= C beccarti, Sclat.,
P.Z.S. 1875, p.527, pI.LVlII).— Ibis, 1878, p.48t.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 300. — Sharpe,
Ibi.s, 1879, p. 116 Jipo nel Mus. Brit.).
Niger; casside antice et postiee crassa, lateraliler in medio valde compressa, altissima, mar-
gine superiore subtili; latere posteriore plus minusve relrorsum inclinato, interdum fere perpen-
diculari, hreviore quam anteriore; capite griseo-caeruìeo ; laenia a matidibulae basi jìavida, postiee
in rubruin colorcm desinente; giila et Interibus colli caeriileis; cervice superne rubra, inferue
anrantia; area nuda utrinque colli imi laterum- carnea; paleari unico longissimo ad apicem di-
viso, pallide carneo.
Long. lol. 1 "',600; rostri hial. CMiO; tarsi 0'",280 ; ung. digiL int. 0"',078.
Hab. in Papuasia — Ins. Aru, Vokan {Beccari); Nova Guinea meridionali prope insula
Touan [Sclaler), ad Flumen ¥\y [D'Albertis], ? prope Wandammen (Bru;)'»), ? prope Warbusi
[Bruijn fide Ousliilet).
Il Beccari ed il D'Albertis hanno raccolto i seguenti esemplari di questa specie,
il primo nelle Isole Aru, il secondo lungo il Fiume Fly:
198
MONOGRAFIA DEL GEN. CASUAKIUS
§ Adulti.
fi [ — ) (f Vokan (Aru) 1S73 (B.).
Individuo al tutto adulto, tipo della specie, del quale non si conoscono con cer-
tezza i colori delle parti nude della testa e del collo, le quali sono state dipinte di
colore azzurro, più chiaro sulla testa; la cervice inferiormente è dipinta di color
bruno, le caruncole e l'area nuda sui lati del collo di color carnicino.
6 (105)— Fiume Fly 1876 (U'A.)
Fifiura ( '.
Grande individuo adulto ; casco normale, altissimo, piegato a destra, grosso e rigonfio
(() Debbo alla cortesia del Marchese Giacomo Doria, Direttore del Museo Civico di Genova, il
potere riprodurre in questo lavoro le incisioni rappresentanti il C. beccarti, giìi pubblicate negli Annoti
d«l Museo Civico di Genova, voi. XIV, p. 137 e aeg.
TOMMASO SALVADOR!
199
Terso la fronte, assottigliato verso la sommità, coi due margini , anteriore e posteriore ,
rivolti obliquamente all'indietro dal basso in alto ; becco color di cuoio ; occipite grigio-
ceruleo ; cervice posteriormente aranciata , regione avanti agli occhi e gola azzurre ; carun-
cola grandissima lunga 0'",110, lobi 0'",065 ; il lobo sinistro presenta una piccola digita-
zione sul margine interno presso la base; un' altra più grande è sul margine esterno del
lobo destro, ma ambedue debbono essersi prodotte per lacerazioni ; la grande sembra l'ef-
fetto di una lacerazione recente, forse avvenuta al momento della uccisione. Tarso ©"".SI 0.
e (584) 9 Fiume Fly (420 m.) 6 Settembre 1877; (D'i).
Ki;;iira 2.
Grande individuo adulto. Casco quasi come nel primo esemplare, ma meno piegato
a destra; caruncola meno lunga, ma più larga, lunga O'°,080, divisa per quasi tutta la
sua lunghezza. Casco verdognolo, nero anteriormente e sul culmine, color di cuoio po-
steriormente. « Occipite celeste, cervice superiormente rossa, inferiormente gialla ; parte
anteriore e laterale del collo azziure, inferiormente vinacea; una linea gialla lungo la
base della mandibola, la quale posteriormente passa al rosso; becco nero ». (BA.).
200 MONOGRAFIA DEL GEK. CASUARIUS
d (19) cT Fiume Fly (Alligalor Pointl 30 Maggio <877 [D'A.).
Fif!iira 3.
Individuo di mediocri dimensioni ; casco non molto grande ; caruncola piccola ,
lunga 0°',040; lobi 0"\020.
« Casco color di cuoio, anteriormente verso la base nero; occipite celeste-chiaro;
cervice vinacea superiormente : inferiormente giallo-arancio vivo ; gola azzurra ; alla base
della mandibola una stria gialla; caruncole bianco-rosee: becco corneo ». {D'A.). .
e (800) — Fiume Fly 1877 [D'A.] (Vodi fig. 4).
Testa e collo soltanto. Casco guasto all'apice, molto alto e quasi verticale, ma
un po' volgente a sinistra, col margine anteriore non molto inclinato posteriormente .
e col posteriore quasi verticale: caruncola grandissima, lunga 0'",120: lobi 0'",090
/ (i84) 9 Fiume Fl\ (4H0 m.) 18 Agosto 1877 [D'A.) (Vedi lig. 5).
Grande individuo adulto, ma col casco meno alto che non nel precedente, guasto
anch'esso all'apice, tutto solcato alla base, e col margine posteriore quasi verticale
(come nel tipo del C. saìvadorn). Caruncola gi-andissima lunga n™.l;!0. lobi O^jOtìS.
« Casco presso la fronte e sul culmine nero, lateralmente all'innanzi verdognolo,
posteriormente color di suola ; becco nero : base della niandiliola con una stria gialla
che si estende sui lati della testa e termina di color rossiccio; ocelli di color castagno:
TOMMASO SALVADOKI
201
occipite celeste-chiaro ; ceryice rossa superiormente , arancio inferiormente , lati d^
collo inferiormente vinacei ; collo anteriormente azzurro ; caruncole bianco-rosee ; piedi
plumbei, traenti al verdognolo » (D'A.).
g (772) cf Fiume Fly 1 Novembre 1877 (D'.4.) (Vedi fig. 6).
Individuo adulto, col casco piegato a destra , molto più basso che non nei pre-
cedenti, col margine anteriore molto inclinato all'indietro e col posteriore tondeggiante;
caruncola mediocre, lunga 0"',070, lobi 0™,050.
Tutti questi esemplari sono grandi ed adulti , colle piume nere ; il casco varia
alquanto per l'altezza e per essere più o meno rivolto all'indietro; in quattro volge
Figura U.
a destra, in uno lievemente a sinistra ; in tutti è notevolmente grosso alla parte ante-
riore. La caruncola varia di grandezza, in alcuni è enorme, in tutti è divisa in due lobi.
Gli esemplari del Fiume Fly sono stati confrontati col tipo delle Isole Aru e
Serie IL Tom. XXXIV. »b
202
MOSOGRAFJA DEL GEX. CASUAKIUS
sembrano appartenenti alla medesima specie, sebbene non possiamo essere certi di
questa cosa finche non si conosceranno con certezza i colori delle parti nude della
testa e del collo degli esemplari delle isole Aru.
Figura 5.
§ Giovani.
h (573) — Fiume Fly (430 m.) Sellcmbre 1877 {D'A.).
Individuo giovane simile al tipo del C. sclaterii, Salvad. , conservato nel Museo
Britannico. Casco poco elevato, a culmine tondeggiante; caruncole mediocri . lunghe
O^jOTS, lobi O^jOS.*). Piume di color Imino-nevo.
i (485) — Fiume Fly (i:ìO m.l 1S Agosto 1877 [D'A).
Individuo giovane col casco appena sporgente e di color nero ; caruncola piccola ,
con due lobi divisi fin presso la base. Piume di color bruno-rossigno. Pelle del collo
^enza colori vivaci.
j (718) — Fiume Fly [loO m.) 4 OUobre 1877 [D'A).
TOMMASO SALVADORI
203
Individuo giovane col casco più piccolo del precedente , ma colle caruncole al-
quanto più lunghe. Piume bruno-rossigne. «
H tipo di questa specie è un esemplare adulto , avuto dal Beccari in carne in
Vokan, la più settentrionale delle Isole Aru, ed ora conservato nel Museo Civico di
Genova. Alla stessa specie fu riferito dallo Sclater (P. Z. S. 1875, p. 527, pi. LVIII)
un individuo che visse nel Giardino Zoologico di Londra, e che nel 1873 era stato dato
agli Ufficiali della nave da gueiTa inglese il Basilisk dai nativi di Touan o Comwallis,
Kisura 6.
piccola isola nello stretto di Torres , posta a quattro miglia di distanza dalla costa
meridionale della Nuova Guinea ', sulla quale, al dire dei nativi, essi lo avevano preso;
esso fu portato a Wellington nella Nuova Zelanda nel Luglio dello stesso anno e si
supponeva che allora avesse 9 mesi ; poscia fu donato alla Società Zoologica di Londra
da Sir James Fergusson ; visse circa tre anni nel Giardino Zoologico di quella Società ,
ed ora si conserva nel Museo Britaimico , ove io l' ho esaminato e descritto , consi-
derandolo come appartenente ad una specie distinta, col nome di C. sclaterii, diffe-
rendo dal tipo del C. hcccarii pel casco basso, superiormente tondeggiante e col margine
(1) Moresby, Biscovery and Suroeys in New Guinea, pp. 229, 230 (1876).
204 MONOGRAFIA DEL GEN. CASIAKIIS
poeteriore tondeggiante e grosso, e per la caruncola meno lunga: quando poi il D'Al-
bertis portò in Europa la serie di Casuari del Fiume Fly soprannoTerata io dovetti
riconoscere che quell'esemplare non era al tutto adulto, e che. come quelli del Fiume
Ply, apparteneva veramente al C. beccari, come anche lo Sclater aveva sospettato
(P. Z. S. 1875, p. 527. — Il>is, 1877, p. 372, nota).
Finalmente dall'esame di quella serie io sono stato condotto ad ammettere che al
C. beccarli appartengano anche gli esemplari delle vicinanze di Wandammen , nel
fondo della Baja del Geelwink, ai quali sono stati dati i nomi di C. salvadorii ,
Oust. e di C. altijugus , Sclat., sebbene potremo avere la certezza di questa identifi-
cazione soltanto quando conosceremo il colore delle parti nude della testa e del collo
di quegli esemplari '.
Il von Pelzeln (Ibis, 1879, p. 376; 1881, p. 401) ha riferito al C. beccarli
due individui viventi nel Giardino imperiale di Schoenbrunn presso Vienna, ma dal-
l'esame di due disegni di quei due esemplari, che lo stesso von Pelzeln ha avuto la
cortesia di mandarmi, mi sembra che essi appartengano invece al C. gaìratus.
Il Casuari US beccarli per la forma del casco compresso lateralmente appartiene al
gruppo delle specie che comprende il C. galeatus e si distingue dalle altre per avere
una grande e lunga caruncola mediana divisa in due grandi e lunghi lobi.
Notevoli sono le differenze individuali, dipendenti dall'età, specialmente nella forma
e nelle dimensioni del casco più o meno alto e più o meno piegato all'indietro.
(I) Agli esemplan del fondo della Baja del Geelwink, i quali se distinti dovranno portare il nome
di C. salvadorii, appartengono le seguenti citazioni :
Casuarius salvadorii, Ocst.
Tav. I, f. 5 (ex Sciai., P. Z. S. 1878, fig. in pag. 213;.
Casuarius altijugus, Sclat., Nature, XVII, p. 375 (1878) (Wandammen). — Salvad. , Ann. Mus.
Civ. Geo. XII, p.420, 421, 422 ;I878). — Ibis, 1878, p. 481. — Salvad., Ibis, 1879, p. 105.
Casuarius salvadorii, Oust., Ass. Se. de France, Bull. no. 539, p. 350 ;2:5 Febr. 1878\ — Sclat.,
P.Z. S. 1878, p.213, 214, fig. in pag. 213. — Meyer, .Journ. f. Orn. 1878, p. 202, 203. — Salvad.,
Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420, 421, 422 (1878). — Ibis, 1878, p. 481 ; 1879, p. 96. — Salvad.,
Ibis, 1879, p. 105. — Pelz , Ibis, 1879, p. 377.
Casuarius tricarunculatus, pari., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen, XII, p. 420 ^1878). — Ibis, 1878,
p. 481.
La figura 5 della Tav. 1 rappresenta la testa ed il collo dell'esemplare che fu descritto dallo
Sclater col nome di C. altijugus, nomo che egli cortesemente soppresse in favore di quello di C. sal-
vadorii, pubblicato quasi contemporaneamente dall'Oustalet.
Si noti che in quella figura le due caruncole appaiono perfettamente distinte e tali vengono de-
scritte dallo Sclater, il quale dice : le caruncole sono due, una per ciascun lato della linea mediana,
ma divise fin quasi alla loro origine; più sotto lo stesso Sclater soggiunge che il Casuario di Wan-
dammen si distingue dal C. beccarii dello isole Aru per le caruncole più compiutamente divise. Invece
l'Oustalct descrivendo il tipo del C. salvadorii dice : la caroncule de la gorge est forlement bifide,
comtne dans le C. beccarii.
Un ter/.o esemplare che sembra riferibile al 0. salvadorii è quello da me menzionato precedente-
mente, discorrendo del C. tricarunculatus, e che è stato venduto dal Laglaize al Conte Turati come
proveniente dalla Nuova Guinea; esso è stato inviato dal Kruijn, <i certamente, come i due descritti
dall'Oustalet e dallo Scluter, proviene dalla costa della Baja del Geelwink; in esso, dopo la prepa-
razione, è scomparsa quell'apparente caruncola mediana, che io menzionai, dovuta forse ad una piega
cutanea, che mi aveva fatto credere che si trattasse del C. tricarunculatus, ed inoltre le due caruncole
laterali sembrano avere una base comune , o meglio sembrano i lobi di un'unica caruncola medìan.i
divisa all'apice.
TOMMASO SALVADOEI 205
Questa specie occupa un'area molto estesa, giacche, secondo le identificazioni so-
praindicate, oltre al trovarsi in Yokan, una delle Isole Aru, si troverebbe anche nella
parte meridionale e centrale della Nuova Guinea, e si estenderebbe verso oriente fino
nella penisola orientale-meridionale della Xuova Guinea, d'onde proverrebbe un esem-
plare acquistato recentemente dal Maseo Britannico (Ibis. 1881, p. óOO), e verso
settentrione fino presso Wandammeu nella parte meridionale della Baja del Geelwink,
a meno che gli esemplari di quest'ultima località non appartengano ad una specie
distinta (C salvadorii, Oust.). Sebbene per le scoperte del D'Albertis siasi constatato
che frequente è il caso di specie di uccelli della Xuova Guinea, specialmente della parte
meridionale e centrale, le quali si trovano anclie nelle Isole Aru, tuttavia il verificarsi
questo fatto per una specie di Casuario è molto importante ed è una prova dell'antica
congiunzione delle Isole Ara colla Xuova Guinea; il fatto poi, oltre all'essere im-
portante, è anche singolare pel trovarsi un'altra specie di Casuario nelle Isole Aru,
cioè il C. hicarunculatus. il quale però non vive in Vokan. ove trovasi il C. bec-
care, ma in due isole più meridionali . cioè in Wammer ed in Kobroor. Un' altra
singolarità che appare in questo fatto è che mentre ambedue le specie viventi neUe
Isole Am appartengono al gruppo del C. galeatus , tanto luna quanto l'altra ne
difi^eriscono per divei^gere in senso opposto dal C. galentus, giacché mentre l'una. il
C. hicarimcuìatus, ha le due caruncole non solo distinte, ma molto allontanate, l'altra,
il C. beccarti, ha le due caruncole saldate alla base e formanti una caruncola unica ,
divisa all'apice in due lobi.
Oltre che per la conformazione speciale delle caruncole il C. beccarti si distingue
per le particolarità del colorito, presentando la parte posteriore del collo rossa supe-
riormente e giallo-aranciata inferioimente. almeno tali erano gli esemplari adulti del
Fiume Fly, raccolti dal D'Albertis. Le differenze che per rispetto al colorito si osser-
vano tra quegli esemplari e l'esemplare che visse nel Giardino Zoologico di Londra,
il quale secondo lo Sclater e l'Harting aveva la parte posteriore del collo di color
arancio, probabilmente sono da attribuire a ciò che l'ultimo esemplare non era al
tutto adulto.
Sp. 6. Casuarius unoappendiculatus , Blyth.
Tav li, fig. 6 (et specimine adulto in Museo Genuensi'..
Casuarius n. sp., Blyth, Ibis, 1860, p 193.— Sclat., P.Z.S. 1860, p.2IO. - Id., Ann. and Mag. .Nat.
Hi't >er. III. voi. VI.' p Ho I^GOj.
Casuarius unoappendiculatus, Blyth, J \. S.B.XXIX, p. I12(jiiv.) (1860;. — Id., .\nn.and Mag.
.Nat. Hist. ser. Ili, voi. VI. p. 113 (1860).— Sclat., ibìd. (noU) —Blyth, Ibis. 1860, p. 307.— Sclat.,
Ibis, 186J, p.310.— Bennet, Ibis, 1860, p. 403, pi. 14 Ou»-)-— Sclat., ibid.el p.42o; 1861, p.3l2.
— Blyth. J. \. S. B. XXX, p. 185 (1861). - Ibis, 1862, p. 78. — ScIaU, Trans. Zool. Soc. IV, p. 3.ó9, pi. 74
(juv.)(l862;. — Schleg..Jaarb.zool.Genolsch. Nat. \rt. Mag. 1862, p. 198, pi. — Id., Dierent. Vogels,
p.239, f.p. 240, et tabula. - Sclat., P. Z.S. 1863. p. 225. — Finsch..\eu-Guin. p. 180 (1865).— Sclat.,
P. Z. S. 1866. p. 3i. 168. - F. Schle^ . Zool. Gart 1866, p 179. — Schleg., .Xed. Tijdschr. Dierk. lll,p. 250,
3\7(l866j.— Id., in Rosenb., Reis naar zuidoosiereil. p.52 (noU, (1867;. - Gould, SuppI.B. .\ustr.
pi. 74. 75 1869).— .Vewt-, Ibis, 187o, p. 119, 12J.— Schleg., .Ned. Tijdschr. Dierk. IV, p 53 (187! .
— G R.Gr.. Hind-List, Ili, p.2.sp. 9852 (1871). - Gieb., Thes.Om. I. p. 595 '1872). - Sclat., P.Z.S.
1872, p 147. Ii9, 150.— Schleg., yias.P.B. Strulhiona, p. 10 (1873) —Rosenb., Journ.f.Orn. 1873,
p.390. — Meyer. Sitzb.k. .\k.Wissensch. zu Wien. LXIX, p.218 (1874). - Sclat., Ibis. 1874, p.417.
— Id., P.Z.S. 1874, p.247. 49.5. — Id., P. Z S. 1875. p. 85, pi. XX. f. 1.2 (juv., p 87, 533 — Rosenb.,
Reist. naar Geeiwinkb. p. 17,69, 117 (1875). - Becc...\nn. Miis. Civ. Gen. VII, p. 717 (I875\ — Salvad.,
ibi.i. p.7l9 (1875).- Sclat., Ibis, !S76, p. 254. — Id., P.Z.S. 1876. p. 414 ;esemplare vivo). — Forbe«,
206 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS
P. Z.S. 1877, p.307, 313, 315, 316 (Bursa Fabricii).— Sclat., P. Z. S. 1877, p. 419 (esempi, vivo in
Anistenlam\ 531 (un esempi, vivo in Londra). — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167 (1877)
(Soroniii. — liarting, Ostr. and Ostr. Farm. p. 112 (1877). - Oust., P. Z. S. 1878, p. 389, 3!)U. — Salvad.,
Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p.346 (Sorong), 424, 425 (1878). — Ibis, 1878, p.482. — Meyer. Journ.f
Orn. 1878, p. 2u3. — Rosenb., Malay. Archip. p. 396 (cum fig. capitis), 481, 563 (1878-79).— Ibis.
1879, p 96.
Casuarius kaupi, Rosenb., .\atuurk. Tijdschr. Nederl. Ind. XXIII. p. 43, tab. (1861) - Id., .lourn.
f.Urn.186l, p.44, taf.l.— Sciai., Ibis, 1861, p. 312. — Id., Trans. ZooI.Soc. IV, p. 36U (nota) (1862).
— Scl)leg., Jaarb. zool. Genotsch. .Nat. Art. Mag. 1862, p. 199- — Rosenb., Natuurk. Tijdschr. i\ed. Ind.
XXV, p.25l, sp.246 (1863).— Id., Journ.f. Orn. 1864, p. 134, sp.246.— Finsch, Neu-Guinea, p. 181
(1865). — Sclat., P. Z. S. 1866, p. 168. — F.Schleg., Zool.Gart. 1866, p. 180. — Rosenb., Reis naar
zuidoosiereil. p. 52 (1867). — iNewton, Ibis, 187u, p. 120. — Schlog. , Mus.P. B. Strutkiones, p. 12
(1873).— Rosenb., Journ.f. Orn. 1873, p.3yo.— Id., Malay. Archip. p. ,563 (1878).
Casuarius sp., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167, sp. IHO (1877) (Sorong) (juv.).
}famlieba. Abitanti di Sorong {von lìosenberg).
hallo, Abilanli di Salavalli {von lioscnhery].
Miiior, ni(i<'r; cassiik- iiyruinidali liiquelia fusco-olivacea; capile, gala et collo postico summo
caeriileis ; collo imo et palcare unico, medio, pijri formi flavis ; area nuda loiigiludinali juxla
rolli Intera carnea, (lavo circnnidiita.
Jan. Genis el gnla cacrnli'is, rollo antico, paleare et area nuda juxla colli latera flavis;
occipite ci cervice virescentibus ; plilosi niijra (ex (ìouid).
Juv. Casside parum elrvala et nondum Iriquelra; yenis et gula caeruleis, collo antico, pa-
leare unico, medio el area longitudinali juxla colli latera flavis; occipite el cervice erubescen-
libus; plilosi brunnescenle (ex Blylh.
Long. lol. I'", 655; rostri hiat. 0"',i:i3; tarsi O'",280; ung. dig. int. 0"',084.
Hab. in Papuasia — Salavalli [Bernstein, von liosenberg, Bruijn) ; Nova Guinea, Sorong
(lìernstein , D'Alberlis, lieccari], prope sinuni Threshold [Moresbg] , Tangioo-Ram (Beccari,
Bruijn).
« ( — ) 9 Tangion-Uam (Papua) Febbraio 1875 {H.).
Individuo adulto, molto grande.
6 ( — ) O" Tangion-Kam 12 Fel)braio 1875 [Bruijn).
Simile al precedente, ma un poco j)iù piccolo.
e ( — ) — Salavalli [Bruijn).
Simile in tutto al precedente '.
d (1 30) cf pullus. Sorong Maggio 1 872 • Becco scuro ; piedi gialli ; occhi neri » [D'A.).
Giovane di forse un mese di età. di color fulviccio-chiaro con larghe strie brune
sulle parti superiori.
e [ — ) — pullus. Sorong Febbraio 1875 \B.).
Pulcino da poclii giorni sortito dall'uovo, simile al precedente, ma di color fulvo-
biancliiccio più chiaro <; con larghe strie brune piii scure lungo le parti superiori e
le coscie.
(1) La parte inferiore del collo di questo individuo, montato nel Museo Civico di Genova, ò stata
tinta di uii giallo più vivo, e cosi pure i>ii!i vivo appare il colore rosso-carnicino dell'area nuda sui
lati del collo.
TOMMASO SALTADOR] 207
Ambedue questi giovani individui ' presentano evidentissimo un rudimento del-
l'unica caruncola terminata da un ciuffetto di piume.
Il tipo di questa specie, descritto dal Blyth, era un giovane individuo d'ignota
provenienza, vivente nel serraglio del Babu Kajendra Mullick in Calcutta, nel Marzo del
1860 ; esso a quanto pare è andato perduto. Nello stesso anno viveva un altro individuo
giovane della stessa specie nel Giardino Zoologico di Amsterdam, e questo fu descritto
e figurato dal Bennet (/. e). Nel 1862 .lo Sclater pubblicò una figura del tipo del
Blyth nelle Transactions della Società Zoologica di Londra {l. e), e nel 1869 il
Gould (/. e.) pubblicò la figura dell'individuo vissuto nel Giardino Zoologico di Am-
sterdam, ma fatta quando non era ancora pei'fettamente adulto, come credeva il
Gould, mentre lo stesso esemplare allo stato adulto era già stato figurato dallo Schlegel
fin dal 1862 (/. e).
Questa specie ha il casco in forma di piramide triangolare, colla faccia posteriore
del medesimo piana, dilatata ed inclinata all' innanzi come nel C. occipitaìis , nel
C. pniìuanus e nel C. picticolìis; dagli ultimi due il C. unoappoulicuìatus si
distingue facilmente per avere la caruncola unica mediana, piriforme e di color giallo,
come la parte inferiore ed anteriore del collo , sottostante alla gola azzurra ; esso
somiglia moltissimo al C. occixìitaìis di Jobi. dal quale differisce cospicuamente per
mancare della grande macchia gialla occipitale propria di questa specie . per la ca-
runcola piriforme più grande, per la faccia posteriore del casco molto più larga e di
forma ovale, pel casco di colore più scuro e pel colore giallo del collo più intenso.
Nulla si sapeva intorno alla patria di questa specie prima che il Bernstein inviasse
al Museo di Leida sei individui da lui raccolti in Salavatti e sulla costa della Nuova
Guinea di rimpetto a Salavatti, e che lo Schlegel riconobbe appartenere al C. unoap-
pendiciilatìis.
Siccome poi il von Kosenberg aveva raccolto in Salavatti il tipo del suo C. kaitpi,
cos'i lo Schlegel suppose che questo fosse identico col C. unoapprndiculatus, e per dai-
credito a questa supposizione, contro la quale stava il fatto della mancanza di carun-
cola nel tipo del C. haiipi, Kosenb., si disse (P. Z. S. 1866, p. 168) che essa non è svi-
luppata negli individui giovani , la quale cosa non è esatta, trovandosi invece la caruncola
anche negli individui giovanissimi. Il von Rosenberg poi (Journ. fiir Orn. 1873, p. 390)
per spiegare la mancanza della caruncola nel tipo del suo C. kaupi suppose che essa
mancasse per un accidente, come per una morsicatura, o per altra circostanza.
Lo Sclater dapprima credette che il C. kaupii, Rosenb. fosse realmente una specie
distinta dal C. unoappendiculatus, ma poscia, quando il von Rosenberg stesso dichiarò
assolutamente che il suo il C. kaupii era lo stesso che il C. unoappendiculatus Mconohhe
che il Casuario da lui considerato come C. kaupii, Rosenb. era diverso da quello
del von Rosenberg é lo chiamò C. ivestermanni , che ora io credo si debba identi-
ficare col C. papuamis. Ad onta di tutto ciò, secondo me, non è tolta ogni dubbiezza
intorno al C. kaupii, Rosenb., e forse la questione è veramente insolubile, giacche
(1) L'individuo d è quello che in una precedente occasione {Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167) dissi,
sulla fede di altri, non avendolo meco in quel momento, privo di ogni traccia di caruncola, mentre
ne ha un rudimento evidente.
208 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUAKIUS
secondo il Kaup, Direttore del Museo di Darmstadt, nel quale il tipo del C. haiipii,
Rosenb. si conserva, quali "esemplare ha la testa ed il collo originali, il cori)o rifatto
colla pelle dello stesso individuo, e le ali e le gambe di un altro individuo! (P. Z. S.
1872, p. 149). In verità non si comprende come questo individuo mutilato e rifatto
possa essere quello stesso stato ucciso da un cacciatore del von Rosenberg e porta-
togli nella sua barca ! Come va che il von Rosenberg non ha mai menzionato le mu-
tilazioni di quell'individuo ? Come va inoltre che anche il giovane individuo , che il
von Rosenberg dice di aver avuto nella stessa occasione, non aveva neppure esso la
caruncola mediana del collo , mentre essa è visibile anche nei giovanissimi individui
del C. nnoappendiculatus ? Ad onta di questi dubbi io debbo dire che, avendo esa-
minato nel Museo Britannico il modello della testa del tipo del C. haupi, mi sembra
che realmente esso comsponda colla testa del C. unoappendìcuìatus.
Questa specie è stata trovata finora soltanto in Salavatti e sulla costa opposta della
Nuova Giiinea fin presso Tangion-Ram a settentrione. Il von Rosenberg asserì da prima
che essa si trovasse nelle Isole Ax\i (Nat. Tijdsthr. Xed. Ind. XXV, p. 252; Journ.
of Orti. 1864, p. 135), ma più tardi {Reis naar zuidoostereil., p. 52) corresse l'errore.
Il Giebel poi [l. e.) ha affermato che essa si trova anche in Mysol; probabilmente
il Giebel è stato tratto in errore dal titolo del lavoro nel quale il von Rosenberg
descrisse la prima volta il C. kaiq)/, che è intitolato : Neuvc vogel soortrn ran 3Iysool
en Sahvatti (Nat. Tijdsclir. Ned. Ind. XXIII, p. 42-45), e non s'è accorto che
la località Mysol non si riferisce al Casuarius kaupi , ma al PìyctolophHS macro-
lophus, che si trova jìure descritto nel medesimo lavoro.
Nulla si sa intorno ai costumi di questo Casuario in libertà. Esso è stato più
volte tenuto vivo in scliiavitù : abbiamo menzionato come fosse vivo in Calcutta
il tipo di questa specie e come un altro individuo abbia vissuto parecchi anni nel
Giardino Zoologico di Amsterdam; nel 1874 il Moresby, Cap. del BasiU.sk, donò al
Giardino Zoologico di Londra un individuo catturato il 29 Maggio 1874 all'estre-
mità occidentale della Nuova Guinea e precisamente nella Baja Threshold (lat. S. 1°,
long. E. 132°), venti miglia circa al Nord di Salavatti.
Il von Rosenberg scrisse che tornando in Ternate portò seco vivo un bell'esemplare
di questo Casuario, donatogli dal Ragia di Salavatti : esso aveva più di due anni e seb-
bene quasi gi'ande come gli adulti vestiva ancora l'abito bruno giovanile ; ma il bel
colore giallo del collo, che appare subito dopo deposto l'abito primo, spiccava già in
tutto il suo splendore ; invece il colore azzurro del capo era soltanto incipiente ; la
caruncola unica alla parte inferiore del collo aveva le ordinarie dimensioni. Quando
esso veniva eccitato erigeva le lunghe piume che scendono dal gropjìone e contempo-
raneamente emetteva un grido molto forte a mo' di soffio, seguito sovente da un grugnito,
simile a quello del porco. Esso correva liberamente di qua e di là, era assai man-
sueto ed amico degli uomini, ma nemico acemmo dei cani e dei gatti. 11 suo man-
tenimento costava al von Rosenberg dieci fiorini al giorno!
Un uovo deposto dalla femmina nel Giardino Zoologico di Amsterdam fu mostrato
dallo Sclater alla Società Zoologica di Loudra (P. Z. S. 1860, p. 34); esso era,
come quello delle altre specie del genere Citsi(arins, di color verde chiaro, fittamente
coperto di punti rilevati di color verde cupo, e misurava O^jlSG per 0'",089.
TOMMASO SALVADOKI 209
Sp. 7. Casuarius occìpitalis, Salvad.
Tav. li, Hg. 7 (ex icone inedita Beccarii).
? Casuarius papuanus, part., Rosenb., Reist. naar Geelwinkb. p. 117 (1875) (Jappen). — Id., Malay.
Arohip. p. r.63 (partim) (1875).
Casoar di Jobi, Reccari, Ann. Mus.Civ. Gen. VII, p. 718 (1875).
Casuarius occipitalis, Salvad., ibid. (nota\— Sclat., Ibis, 1876, p. 245 (nota).— Salvad., op. cit.
XII, p.'in (1878).— Ibis, 1878, p. 482.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 2U3, 300 (nota). — Ibis,
1879, p.96.
Oramai, Abilanli di Jobi [Meyer). '
Major; nirjer, casside pyramidali triquelra, pallide olivacea, facie postica plana, antrorsum
inclinala, strida; paleare uno meiiin, pyrifurmi parvo; capile, gula et parte superiore colli postici
caeruleis, macula occipitali triangulari, colli parte nuda inferiore et paleare (lavis; area nuda
colli imi laleruni carnicina; rostro et pedilms fusco-olivaceis.
Long. lei. 1'",670; rostri hiat. 0"',I37; tarsi 0'",2S0 ; ung. dig. ini. 0'",070.
ffofc. in Papuasia — Jobi {Beccari).
Si conosce un solo individuo di questa specie:
a (— ) Cf Ansus (Jobi) 16 Aprile 1875 (B.).
Grande individuo adulto, t/jm della specie.
Il Casuarius occipitalis somiglia moltissimo al C. unoappendiculntus, Blyth, ma
ne diiTerisce per la bella macchia triangolare gialla sull'occipite, per la forma del casco,
die ha la faccia posteriore molto più stretta e quindi non di forma decisamente ovale,
ma allungata, pel colore giallo- oli vaceo del casco, per la caruncola piriforme sul
mezzo della parte inferiore del collo molto più piccola, pel colore giallo della parte
inferiore del collo più verdognolo, e che si addentra in alto sui lati con due punte
neir azzurro della parte superiore, e finalmente per l'area nuda sui lati della parte
inferiore del collo, la quale appare tutta di color carnicino e non circondata di giallo.
Come ho già fatto notare altrove, la descrizione originale data da me di questa
specie non era al tutto esatta, giacché essa fu fatta sopra uno schizzo inviato dal Beccari,
nel quale non appariva la caruncola; il Beccari nella lettera nella quale mi scriveva
del Casuario di Jobi diceva come esso avesse la pelle del collo lacerata precisamente
nel luogo ove sogliono trovarsi le caruncole, per cui soggiungeva: « non potrei assi-
curare che un rudimento di caruncola non esistesse, ma in ogni caso non poteva essere
che solitaria e centrale e non più grande di un pisello »; e tale veramente è ap-
parsa quando l'esemplare è stato diligentemente preparato e montato.
n Beccari (/. e.) accenna ad un' altra specie di Casoar che esisterebbe in Jobi >
giacche egli intese dire dagl'indigeni che esistono grandi differenze fra i Casuari
maschi e femmine di Jobi, e siccome questa cosa non sembra ammissibile, poiché in
tutte le altre specie non sogliono verificarsi differenze sessuali notevoli, perciò egli sup-
pose che realmente esistesse in Jobi una seconda specie di Casuario che era stato supposto
potesse essere il C. loestermanni ; io non inclino ad ammettere una seconda specie di
Casuario in Jobi, giacche, da quanto sappiamo finora, in nessun altro luogo si trovano
due specie insieme, ed inoltre il tipo del C. tvestermanni, secondo me, non è diverso dal
Seiìie II. Tom. XXXIV. »c
210 JlUNUUKAFlA DEL GEX. CASLAKILS
C. impuautis. Xon ò improbabile che le differenze asserite dagl'indigeni di Jobi, come
esistenti negli esemplari di quell" isola, siano «iuelle derivanti dall' età.
Tanto il Meyer (Sitzh. k. Ak. Wissensch. Wien. LXIX, p. 217), quanto il von
Rosenberg (Éeist. naar Gedwinkb. p. 117) avevano accennato all'esistenza di una
specie di Casuario in Jobi ; il von Rosenberg anzi lo ha riferito, non so con qual fonda-
mento, ma probabilmente per una semplice supposizione, al C. papiianiis.
Sp. 8. Casuarlus papuanus, Rosene.
Tav. II, fi«. 8 (ex Goiild, B. .New Ouin. pt. V, pi. i).
? Gasuarius emeu, part., Less., Voy. Cori. Zool. I, pt. 2, p. 717 (1828) (ex Nova Guinea).- Id., Man.
d'Ori). Il, p. 2U9 [pnrlim] (1828).— Id., Tr. d'Orn. p. 7 {parlim) (1831). — Sclat.. .lourn. Pr. Linn.
• Sodi, p. 168, sp. 152 (1858). - G.R. Gr., 1>.Z. S. 18.i8, p. 196 (pnTUm). — Id.. Cat. B. .\ew Guin.
p. .50, 61 {piìì-hm) 1859).— hi., P.Z.S. 1861, p.43S. — Finsch, Neu-Guin. p. 181) [parlim) (1865).
7 Gasuarius orientalis, S.Miill., Verh. Land- on Volkenk. p. 109 [parlim) (I839-I8Ì4).
Gasuarius bennettii, Schles- (nec Gould), i\ed.Tijd.schr. Dierk. IV, p. [3 (187!) (.Nova Guinea).
Gasuarius papuanus, Kosenb., in litt. — Schleg., I.c. p. 54 (1871) (Tipo esaminato).— Id., Mus.
1'. R. SlriUhwiifs, p. li (1873) (.\ndai). — Rosenh., Journ. f. Orti. 1873, p. 390, 391.— Meyer, Sitzb.
k. Ak.Wiss. Wion, I.MX, p.2l6, 217 (187Ì).— Sclat., Ibis, 187.'i, p.4l7.- Id.. P.Z.S. 1875, p. 85,
87.— Ro.^onb., Reist. naar (ìoolwinkh. p. 84, 117, 144, pi. XVII (1875). — Beccar!, Ann. Mus. Civ.
Gen. VII, p. 717 (1875). — Salvad., ibid. p. 796(1875, (Andai). -Sciai., Ibis, 1876, p. 258. - Harting,
Ostr. and Ostr. l'arm. p. 1 18 (1877). - Oust., P. Z. S. 1878, p. 389. — Meyer, .lourn. f. Orn. 1878, p. 200,
201, 203, 299.- Ibis, 1878, p.482; 1879, p. 96.— Rosenh.. Malay. Archip. p. ,563, 595 (1879).
Gasuarius kaupii, Sclat. (nec Rosenb.), P. Z. S. 1871, p. 627 (Mansinam). — Id., P. Z. S. 1872, p. 147,
148, 149, 150, pi. IX (Mansinam). — Id., P.Z.S. 1873, p.474. - Meyer, Sitzb. k. Ak. Wiss. Wien.
LXIX, p 216, 217 1874).- Sclat., Ibis, 1871, p.4l7 (nota) — Oust,, P.Z.S. 1878, p.389.
< Gasuarius papuensis, Rosenh. », Sclat, P.Z.S. 1872, p. 149, 1.50.
Gasuarius westermanni, Sclat., P.Z.S. 187'i, p.2'i8 (Tipo esaniiiiaio\ — Id., Ibis, 1874, p.417
(nota).— Id., P.Z.S. 1875, p.85, 87, 380, pi. XIX. - hi.. Nature, XI, p.5l6 (1875).— Id., Ibis, 1876,
p. 245, 258.— Hartinu, Ostr. and Ostr. Farm. p. I IO (I877\ - Sharpe, Ibis. 1877, p. 325. — Gould, B.
of New Guin. pt. V, pi. 4 (1877). - Meyer, .lourn. f. Orn. 1878, p. 200, 20l, 203, 299. - Oust., P. Z. S.
1878, p.389.— Ibis, 1878, p.482; 1879,p 96 - Sclat., List Vert.Ani.m. Z. S. L. ed VII, p. 473 J879).
Gasuarius sp., Meyer, Sil/.h. k. Ak. NViss. Wien, LXIX, p.2l6 (1874).
Gasuarius edwardsii, Oust., P.Z.S. 1878, p.389, pi. XXI (Dorei). - Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen.
XII, p. 425 (1878). - Meyer, Journ. f. Orn. I87S, p. 299, 300. — Rchnw., Journ. f. Orn. 1878, p. 2u3.—
Sclat. et Salv., Ibis, 1878, p.482. - hi.. Ibis, 1879, p. Oli.
Meswaar, Abilanli di Andai [von Riixciiln'rii)
Wonggé, Abilanli di Dorei {von Roseiibcnj).
Nhamdia, Abilanli di Balani {von Rosenberg).
Minor, niger; casside pyramidaU Iriqiielra. fnscn-nigra, farii< postica plana, aHlrorsiim in-
clinala; pnli'arihiis nìdlis; rapili», gnla et rullo antiri> rarnileis , orcipile et rrgionr auricnlari
griseo-viresceiitiliiis; cello postico aiiruulio ' srnsiin siipra colli lalera in roseum-carnriiin roloreni
transeunte; pedibus griseo-virescentibus ; iride nigricante.
Lon?. lol. 1"',400; larsi 0'",260; rostri hialus 0"',120; ung. di?, ini. 0"',078.
Ilab. in l'apuasia — Nova fiuinea, Dorei (iwi Rosenberg). Andai {lìniijn) , Kuilierliaki
{linùjn, Laglaizr). Monlc Arl'ak {lleccari, Driiijn).
Oltre al tipo di questa specie nel Museo di Leida e ad altri esemplari nel Museo
Britannico e nel Museo Turati ho esaminato i seguenti individui raccolti dal Beccai'i
e dai cacciatori del Bruijn :
(I) Nella dosoriziono originale dello Schlegel la parte posteriore del collo è indicata di color
rosso-minio; questa indicazione deve essere stata data dal von Rosenberg, che poi nella figura so-
pracitata rappresenta quella parte di colore arancio.
TOMMASO SALVADOKI 211
a ( — ) — Andai Giugno 1874 {Bruijn).
b (— ) — Andai 1874 {Bniijn).
C (— ) — Arfak Giugno 1874 [Bruijn].
Questi tre individui sono al tutto adulti e non presentano che lievi differenze
nelle dimensioni ; essi non mostrano sulle parti nude della testa e del collo i colori
propri dei vivi.
d (— ) cf jun. Emberbaki Luglio 1874 [Bruijn).
Individuo giovane di color bruno, nereggiante sulla parte inferiore del collo ed
anteriore del tronco, colla testa e col collo rivestiti di piume, tranne i lati della testa
e l'area sulla parte inferiore e laterale del collo che è tinta di giallo nella spoglia,
mentre i lati della testa sono tinti di azzurro ; il casco è appena incipiente.
e ( — ) — juv. Andai Giugno 1874 [Bruijn).
Individuo più giovane del precedente , di color bruno , cogli steli delle piume
nerastri.
/ (— ) cf juv. Andai 8 1875 [B.].
Simile al precedente, ma un poco più piccolo e con macchie nerastre più distinte
sulle parti superiori.
Questa specie appartiene al gruppo di quelle col casco piranoddale triangolare colla
faccia posteriore piana ed inclinata ali 'avanti , e senza caruncole.
Essa somiglia al C. picticoUis, ma ne differisce per diversa colorazione delle parti
nude della testa e del collo ; nel C. papuanus la gola è azzurra e la parte poste-
riore-inferiore della cervice è di color arancio, mentre nel C picticoUis la gola è rossa
e la parte posteriore-inferiore della cervice è di color ceruleo.
Il C. papuanus fu scoperto dal von Kosenberg presso Andai; egli ne raccolse due
esemplari, una femmina adulta ed un maschio giovane, che ora si trovano nel Musco
di Leida ; lo Schlegel da prima li riferì al Casuarius bennetti, ma ben presto cor-
resse l'errore ; altri due individui , e questi giovanissimi , furono raccolti dal Meyer
presso Dorei e posteriormente il Bruijn ha inviato gl'individui sopra indicati, uccisi
presso Andai ed Emberbaki ; di questa ultima località ho visto anche un individuo
adulto raccolto dal Laglaize. Il Beccari ha inviato un solo individuo giovane di Andai ;
egli dice che questa specie si trova anche sui monti Arfak e di averne trovate le
traccio sulle cime più alte da lui salite. Il von Kosenberg {Malaij. Archip. p. 563)
crede probabile che questa specie viva anche presso la Baja di Humboldt, ove vide pelli
di Casuari adoperate dagl'indigeni ; a me pare più probabile che quelle pelli apparte-
nessero al C. picticoUis, o ad altra specie non ancora descritta , giacché nel fondo
della Baja del Geelwink vive una specie distinta, il C. beccarti, o C. salvadorii, e
non è presumibile che il C. papuanus viva in due regioni, fra le quali è interposta
quella abitata dal C. heccarii, o C. salvadorii.
Al C. papuanus secondo me sono da riferire tanto il C. ivcstermanni, quanto
il C. edwardsii.
Il tipo del C. westermanni visse per parecchi anni nel Giardino Zoologico di
212 MONOGRAFIA T)EL (iEN. CASlARIfS
Londra; esso proveniva dal Giardino Zoologico di Amsterdam; era ancora giovane
quando giunse in Londra e dallo Sclater fu riferito da prima al Casuan'us hmipl del
Ton Rosenberg, ma poscia, (luandcj ({uesti credette di poter asserire che la specie
così da lui denominata era un esemplare del C. unoappendiculatus, lo Sclater ne
fece il tipo dal C. ivestcrmauìii ; la prima figura che lo Sclater dette di quell'esemplare
(P. Z. S. 1872, pi. IX) differisce notevolmente da quella data posteriormente nel 1875
(P. Z. S. 1875, pi. XIX); nella prima tutta la parte posteriore del collo appare rivestita
di piume nerastre, e la fascia trasversale dell'occipite è di color giallo ; invece nella
seconda figura, fatta quando l'esemplare era adulto, tutto il collo è nudo, la fascia
sull'occipite appare grigia, l'occipite e la parte superiore delle cervice sono di colore
nero-violaceo , e la parte inferiore della cei-vice è di color rosso. Lo stesso esemplare
è stato figurato una terza volta dal Gould, che ne ha dato due figure, una fatta dal
vivo dal Wolf, e l'altra poco dopo la morte di quell'esemplare; questa ha servito di
modello alla figura 8 della Tav. II, che accompagna questo lavoro '.
L'origine di quell'individuo è alquanto incerta; dice lo Sclater che, secondo quanto
veniva asserito, esso sarebbe stato cattiu-ato da un missionario residente a Wunsinam (sic),
0 più esattamente Mansinam presso Dorei nel 18(39. Il Meyer ha fatto notare che
Mansinam è il capoluogo della piccola isola di Manaswari, la quale per la sua piccolezza
e per essere molto popolata non può albergare di certo alcuna specie di Casuaiio :
è quindi molto più probabile che esso provenisse dai luoghi vicini, cioè da Dorei o da
Andai, ovvero da Mansiman o Mansema alle falde del Monte Arfak , anziché suj)-
porre, come ha fatto il Meyer, che esso provenisse da .lobi, dove sappiamo di certo
che vive il Casuariits occipitaìis ; il Beccari, come si è detto , ha supposto che in
.lobi potessero trovai-si due specie di Casuari, ma nessun fatto conferma questa cosa,
la quale sarebbe in opposizione con quanto si sa intorno alla distribuzione geografica
delle varie specie di questo genere , ciascuna delle quali sembra occupare un' area
distinta. Se, come sembra probabile, il tipo del C. ivestermanni proviene dalle vici-
nanze di Dorei, o di Andai, dove sono stati raccolti i tijti del C. juqnianus, non vi
può essere alcun dubbio intorno alla loro identità , sebbene nella figura del C. pn-
puawis, pubblicata dal von Rosenberg, manchi ogni traccia della fascia chiara, grigia
o grigio-verdognola, dell'occipite, che si vedeva nel tipo del C. ìcrstmiuiiìni: nel resto
quella figura, grossolanamente disegnata e colorita, si accorda abbastanza bene colle
figure del C. tvestermavvi pubblicate dal Gould.
Più difficile è di mettere d'accordo la figura del C rchvariìsii (/. e.) con quelle
del C. itapuauìis e del C. ivrstermanni , ma siccome il tipo del C. r(^ic(in1sìì b an-
ch'esso di Dorei, conviene supporre che (juella figura sia stata molto inesattamente
colorita dal Maindron , che no dava lo schizzo all'Oustalet. Gli editori dell' //>/-v
hanno già manifestato l'opinione che il C. cdivardsii sia da riferire al C. papuanus.
ma non potrei convenire con loro che esso rappresenti l'adulto di (piesta specie.
(I) Nell'Agosto del 1878 viveva nel Giardino zoologico di Rotterdam un altro individuo adulto,
di cui lo Sclater mi ha inviato cortesemente un disegno; osso era simile in tultn al tipo del C, irn-
siermanni diventato adulto.
TOMMASO SALV ADORI 21o
Poco si sa intorno ai costumi di questa specie, ma è naturale il supporre che
essi non differiscano da quelli delle altre specie.
Dice il von Kosenberg che il primo individuo, che egli potè avere attaccò furio-
samente il suo cacciatore Achmat, che lo aveva ferito, e fu con grande difficoltà che
questi potè difendersi ed abbatterlo con un colpo di coltello da caccia.
Sp. 9. Casuarius picticoUis, Sclat.
Tav. II, fig. 9 (ex Gould, B. New Guin. pt. V, pi. 3).
Casuarius picticollis, Sclat., P.Z. S. 1875, p. 83, 9:>, pI.XVllI Milne Bay, in Nova Guinea meri-
dionali-orientali) et p. 3'i9 (juv. Milne Bay) (Tipo esamin.nto}. — Id., Brit. .\,ssoc. 1875. — Id.,
Journ. f. Orn. 1876, p. 258. — Id., P. Z. S. 1876, p. 414 (vivo) - Id., List Vert. Anim. Z. S. L.
ed. VI. p. 423 (1877). - Gould, B. of .New Giiin. pt. V, pi. 3 (1877). - Forbes , P. Z. S. 1877,
p.3i)7, 315, 316 (.cloaca).— HartiiiR, Ostr. and Ostr. Farm. p. 121 (1877). - Sharpe, Ibis, 1877, p. 352.
— Meyer, Jonrn. f. Orn. 1878, p. 2u3. — Sclat., Ibis, 1871), p. %. — Sharpe, Ibis, 1879, p. 116 (typel.
— Sclit., List Vert. Anim. Z.S. L. ed. VII, p.473 (1879).
Casuarius kaupi, Sharpe (nec Rosenb.}, Ibis, 188!, p. .500 South-eastern .New Guinea).
Casside pijramiilali Iriqiwtra , poslice plana et antrorsum inclinala , niqra: jialeare nullo;
occipite oriseo-cacruleo ' ; gala et area lorKjIluilinati juxla colli imi lalera nibris; collo postico
superius caeruleo-vialacno, infi'rius pallide caenileo; imque digiti inlerni longissima.
Long. loL V'^iOO; hiatus rostri 0"',120; tarsi 0"',2io; unguis digiti inlerni 0"'J2:>.
Hab. in Papuasia — Nova Guinea orienlali-moridionali, prope sinuni Milne (Bennel).
Oltre al tipo ho esaminato parecchi esemplari di questa specie nel Museo Turati.
Il tipo della medesima è un individuo che ha vissuto nel Giardino Zoologico di
Londra e che ora si conserva nel Museo Britannico; esso era stato dato quando era
ancora molto giovane dai nativi di Milne Bay, nelle Discovery Bay, sulla costa S.-E.
della Nuova Guinea, a Mr. Goodman, medico della nave da guerra inglese il Basi-
lisk ; altri individui furono successivamente portati a bordo della stessa nave ed acqui-
stati; quello fu portato a Sydney nell'Aprile del 1873 e rimase otto o nove mesi nel
Giardino Botanico di quella città, d'onde fu poi inviato a Londra, ove visse nel Giar-
dino Zoologico dal 27 Maggio 1874 fino al 1(3 Ottobre 1876.
La pelle di un altro individuo giovanissimo, anzi pulcino, probabilmente riferibile
alla stessa specie, giacchi"- aveva la stessa provenienza, fu inviato dal Bennet allo .Sclater;
questo era rivestito ancora di piumino . di color bruno isabellino chiaro colla testa
rossigna superiormente; il dorso era di color scuro con una fascia mediana e due
laterali larghe di color bruno chiaro ; queste fascio correvano regolarmente parallele
lungo tutto il dorso. La lunghezza della pelle dal becco alla coda era di pollici in-
glesi 10.5 (=0"', 26(3), del tarso 2.9 (=0'",070) e del becco dalla commessura 2.5
(=0'",061).
Bue esemplari di questa specie si conservano nel Museo Turati; uno non è al
tutto adulto ed ha l'unghia del dito interno lunga soltanto 0'°,0(38; in esso, oltre
a 6 steli di penne sulle ali, si nota anche una sorta di unghia cuiTa in coiTÌspon-
denza del pollice ; l'altro è perfettamente adulto.
(1) Nella tavola XVIII dello Sclater sopraindicata sull'occipite v' è una macchia trasversale bian-
chiccia, e la parte posteriore del collo è superiormente violacea ed inferiormente cerulea.
•214 MONOGRAFIA DEL GEN. CASl'ARIUS
Suppongo che a questa specie sia da riferire anche l'esemplare della Nuova Guinea
meridionale-orientale recentemente acquistato dal Museo Britannico e menzionato col
nome di C. kaupi {Ibis, 1881, p. 500); questa mia supposizione si fonda sulle con-
siderazioni che tanto il C. Icnupi , Rosenb. (= unoappendiculatus, Blj-th). quanto il
C. kaupi, Sclat. {=^ pnpuanus , Rosenb.) sono specie della parte occidentale-setten-
trionale della Nuova Guinea, e che le pelli secche del C. p/cticoììis somigliano mol-
tissimo a quelle del C. ìcaiipi, Sclat. {=z impiianus, Rosenb.), per cui è da credere
che l'esemplare sopramenzionato sia stato erroneamente attribuito al C. kaupi, e che
appartenga invece al C. picticollis *.
Questa specie appartiene al gi'uppo di quelle col casco in forma di piramide trian-
golare e senza caruncole e si distingue facilmente dalle affini, C. impuanus e C. ben-
netti, pel color rosso della gola, la quale in quelle specie è di color azzurro ; si noti
tuttavia che quel color rosso della gola non è sempre ugualmente cospicuo; inoltre il
C. picticollis differisce dal C. papuanus per non avere la parte posteriore-inferiore
della cervice rossa, ma celeste cliiara, per cui somiglia più al C. bennetti che non al
C. papuaìius.
Il C. picticollis è stato trovato finoi'a soltanto nella parte meridionale-orientale
•della Nuova Guinea presso Milne Bay.
Kp. 10. Casuarius bennetti, Gould.
Tav. 11, lig. lU (ex Gould, B. Aiislr. Suppl. pi. 72).
Casuarius bennetti, Gould, P. Z. S. 1857, p. 269, pl.CXXlX.— Id., Ann. and Mag. Nat.Hist.(3) Voi. I,
p.299 (1858). - J. E. Gr.iy. P. Z. S. 1858, p.27l, pi. CXLIV (oviim . — Id., Ann. and Mag. Nat. Hist. (3),
II, p. 469 (1858).- Bennpt, P. Z. S. 1859, p. 32. — Sclat., Ibis, 1859, p. 102, 115,212, 335.- Gould,
Birds of Atistr. Suppl. pi. 72, 73 (pt. Ili, pi. 7, 8) (1859). - Bartlett, I>. Z. S. 1860, p.205, pl.CLXII
(ovuin). - Sclat., P. Z. S. I86U, p. 210. - Id., Ann. and Mag. .Nat. Hìst. (3|, voi. VI, p. 145 (1860;. — Id.,
Ibis, 186U. p. 310. — Bennet, Gatherings of a Katuralist in Australasia. p. 243, pi. IV (1860). - Sclat.,
Ibis, 1861, p. 197, 312.— Id., Trans. Zool. Soc IV, p. 359, pi. I,XI1 (1862). — Bennet, P. Z. S. 1862,
p. 1.— Sclat., P. Z S. 1862, p. 32'i (pullus). - Schles-, .laarb. zool. Genotsch. .Nat. Art. Ma^. 1862,
p. 198. - Sclat., P. Z. S. 1863, p. 23ì, 518, pi. XLII. — Jouan. MiTn. Ac. Se. Nat. Gherb. IX, p. 323 (1863).
— Sclat., P.Z. S.I86Ì, p. 271. — Gould, Ilan.Ib. Birds of Austr. II, p. 561 (1865). — Sclat., Ibis, 1865,
p. 338. - Id., P.Z.S. 1866, p. 168. -l'.Schlog., Zool. Gart. 1866, p. 178. - Sclat., P. Z. S. 1867, p. 179.
— Id., P.Z.S. 1869, p. 126, 628.- Id., P. Z. S. 1871, p. 627.- G. 1\. Gr , Iland-List, IH, p.2, sp. 9850
(1871) - Sclat., P. Z. S. 1872, p 149, 150. — Gieb., Thes. Orn. I, p. 595 (I872\ - Schleg., Mus. P. E.
Struthinnes. p 11 (1873). — Benn. et Sclat., P.Z.S. 1873, p.519. - Garrod, P.Z.S. 1873, p. 470,
644. - Rosenb., Journ. f. Orn. 1873, p 391.— Ramsay, P.Z.S. 1874, p.325. - Sclat., P.Z. S. 1875,
p. 85, 87.- Sorhy, P.Z.S. 1875, p. 362. - Sciai., Bnt. Assoc. 1875. - Id., .lourn. f. Orn. 1876,
p. 25S.— Beuu. et Sclat., P.Z.S. 1876, p.2.- Bauisay, P.Z.S. 1876, p. 122.— Sclat., P.Z.S. 1876,
p 414 (vivi).- Id., P. Z. S. 1877, p. 97, 113 (notPl— Ilartins, Ostr. and Ostr. Farming, p 123(1877).
— Oust., P. Z.S. 1878, p. 390. — Meynr, Joiiru. f Orn. 1878, p.2o3. — (Sclat. ?\ Ibis, 1879, p. 06. —
Sclat., P.Z.S. 1879, p. 5 (nota) (si trova soltanto nella Nuova Britannia). — Id., List Vert. An.
Z.S. I,. 1879. p. 'i73. - I,a>ard, Ibis. 18H0, p 303 (coturni).— Powell, P.Z. S. 1880, p. 493 (costumi).
Gassowary from the Solomon Islanda ^errore), Ilutton, Ibis, 1869, p. 352.
Montup, Abilanli della Nuova Britannia [Brown).
Nif)pr; canside piirami(lalitiiqiictra,posliceìilanii et anlrorsiim inrlinata, nvira; collo cae-
riili'o, infcrius nIriìKitic arra )iuiìa viiiarra prartlìto; rnslro iiirjro; pedibits fiiscis.
(1) Da una lettera dello Sclater, ricevuta dopo la presentazione di questa memoria, apprendo che
io mi sono bene apposto, e clie quoll'esemplaro del Museo Britannico porta ora il noma vero di C.
jiìcticollis.
TOMMASO SALVADORI 215-
Long. lot. 1"',340; rostri hiatus 0'",IIO; tarsi 0'",240; unguis digiti interni 0"',073-
0°",090.
Jun. [ìiifescens, nigro varius ; pelle mula cnlìi caeruleo-vitlacea, rosea et interdum virescenle.
Puilus. Rufus, superne per tongiludinem nigro-taeiiiatus.
Hab. in Papuasia — Nova Britannia [Bennel, Latjard, Brown , Powell).
Ho veduto diversi esemplari di questa specie e tra gli altri un adulto tutto nero-
nel Museo Turati; esso ha l'unghia del dito interno lunga 0™,090.
Questa specie appartiene al gi-uppo di quelle col casco triangolare colla faccia
posteriore inclinata ali 'innanzi e si distingue dalle altre senza caruncole pel tarso
notevolmente corto e pel colore ceruleo quasi uniforme della pelle nuda del collo allo
stato adulto.
Il C. hennrtt/ è proprio della Nuova Britannia ; fu asserito che esso si trovi
anche nelle Isole Salomone (P. Z. S. 1872, p. 150), ma questa cosa non è esatta
e l'errore fu tosto rettificato (P. Z. S. 1873, p. 519); il Bennet fa notare che se
mai un Cascar si troverà nelle Isole Salomone, esso molto probabilmente apparterrà
ad una specie distinta.
La scoperta di questa specie si deve al Capitano Devlin, comandante del Cutter
« Oberon », il quale ottenne vivi i primi esemplari dagli abitanti di un villaggio
collocato presso due colline, conosciute dai naviganti col nome di Madre e Figlia, in
quella parte della costa della Nuova Britannia che sta fra il Capo Palliser ed il Capo
Stephen ; essi non erano perfettamente adulti. Insieme cogli uccelli vivi il Cap. Devlin
ebbe anche alcune uova. Uno di quei Casuari giunse vivo in Londra, visse per qualche
tempo nel giardino zoologico di (india città e fu descritto e figurato dal Gould.
Dopo d'allora numerosi individui di questa specie, vivi ed in pelle, sono giunti in
Europa, ove sono stati studiati i suoi costumi in schiavitù, la riproduzione ed alcuni
fatti relativi all'anatomia.
Il Bennet specialmente ha descritto in più luoghi i costumi degli individui da lui
tenuti vivi. In schiavitù questo Casoar ha i costumi degli altri ; si addomestica facil-
mente e si nutro delle medesime so.stanze; anch'esso ha l'abitudine d'ingollare tutto
ciò che gli capita ; il Bennet narra di uno che una volta fece scomparire un paio
di manichini in mussolina, i quali erano in un vaso insieme con dell'amido, e
che li rese per l'ano dopo qualche tempo, perfettamente intatti , ma bisognevoli di
una buona lavatura. Nel Giardino Zoologico di Londra questo Casoar si è riprodotto
diverse volte.
Le uova sono come quelle degli altri Casoar di color verde , ora granulose ed
ora quasi affatto liscie.
Lo Sclater dice (P. Z. S. 18(33, p. 518) che una femmina cominciò a deporre
uova nel mese di Marzo del 1863 con intervalli di ch'ca 8 giorni (?) e che il maschio
cominciò a covarle il 25 dello stesso mese, nel qual tempo erano già in numero di 5 (?);
un altro uovo fu deposto posteriormente; il 17 Giugno, dopo 52 giorni di covatura,
nacque un pulcino, che era molto debole, e che morì dopo 12 ore.
In altro luogo lo Sclater (P. Z. S. 1863, p. 234) fa notare che il maschio
soltanto cova le uova, e qui afferma che la covatura durò sette settimane.
216 MONOGRAFIA DEL GEN. CASVAEIUS
11 Gap. Devlin narrò al Bennet che gli indigeni della Nuova Britannia prendono
questi uccelli giovani, e che li allevano con molto amore.
Il Layard dice che gFindigeni della Nuova Britannia per fare la caccia a questi
uccelli circondano una grande estensione di terreno erboso e vi mettono il fuoco tutto
intomo, lasciando soltanto una stretta uscita, per la quale gli uccelli spaventati cercano
di fuggire, esponendosi per tal modo ai colpi di spiedo dei cacciatori.
Tanto il Brown, quanto il Layard recentemente hanno fatto notare che il vero
nome dato a questo uccello dagl'indigeni della Nuova Britannia è Moorup e non Moorid-.
come per molto tempo si è scritto.
Il Garrod riconobbe la presenza di due carotidi in questo come nel C. gaìeatus,
e descrisse alcune cose relative ai muscoli delle estremità.
Dopo aver passato in rassegna le diverse specie del genere Casuarms, credo utile
di segnalare airattenzione degli Ornitologi, e specialmente dei Naturalisti viaggiatori,
i principali dubbi e questioni che ancora restano da risolvere intorno ai Casuali:
1. Se il Casuarnts tricarttnculatus, Becc. sia, o no una buona specie. Per ri-
solvere questo dubbio converrà esaminare possibilmente l'esemplare tipico lasciato vivo
dal Beccari al Bruijn in Ternate, o raccogliere altri esemplari nelle vicinanze di War-
busi. Se, come sospetto, la terza caruncola dell'individuo tipico menzionato dal Beccali
è dovuta a qualche accidente, è probabile che gli esemplari di A\'arbusi appartengano
al C. salvadorii , Oust. (? = C. beccarn, Sclat.) cioè alla stessa specie di quelli di
Wandammen, località posta anch'essa lungo la costa della Baja del Geelwink, ma
più al sud.
2. Se il C. bicarunculatus, Sclat., che è stato trovato dal von Rosenberg in
Wammer ed in Kobroor, ed il C. beccarli, Sclat., che è stato trovato dal Beccari in
Wokan, vivano anclie in altre delle Isole Aru, per poter (juindi determinare la loro
rispettiva distribuzione in quelle isole.
3. Se al C. beccarti, Sclat. appartengano veramente anche gU esemplari della
Nuova Guinea meridionale, e specialmente quelli della costa presso l'Isola Touan, o
Comwallis e della regione bagnata dal Fiume Fly , i quali se distinti dovranno portare
il nome di C. sclaterii, Salvad., a meno che non siano identici col C. salvadorii,
Oust. Si potrà risolvere la questione mediante il co nfronto degli individui di dette
località con altri delle Isole Ai-u, adulti e vivi, o dei quali siano stati indicati con
esattezza i colori delle parti nude della testa e del collo.
4. Se siano veramente da riferire al C. beccarii, Sclat. anche gli esemplari della
Baja del Geelwink presso Wandammen {C. salvadorii, Oust. =C aìtijugus, Sclat).
i quali forse non sono diversi da quelli di Warbusi {C. fricarunciiìatus, Becc).
5. A (juale specie appartengano gli esemplari della Nuova Guinea meridio-
nale, presso la costa dello stretto della Principessa Maiianna, menzionati da S. SlUUer
(Veri. Land- ni VoIkniJ,'. p. 22.
TOMMASO SALVADOKI 217
6. Se il Casuario dei Monti Ai-fak, menzionato dal Beccari e di cui i caccia-
tori del Bruijn hanno raccolto un esemplare (antea, p. 175, e), appartenga vera-
mente, come io credo, alla stessa specie che si trova al piano, presso Dorei ed Andai,
cioè al C. papnanus,'Ro5&và)., ovvero ad un'altra specie; importa di accertare questa
cosa per togliere il dubbio che gli esemplari dei Monti Arfak appartengano ad una
specie distinta, e che sopra un esemplare dei Monti Arfak sia fondato il C. edwardsii,
Oust., che è stato descritto invece come proveniente da Dorei.
7. Quale sia il Casuario che vive lungo le coste della Baja di Humboldt,
menzionato dal von Eosenberg (Ber Malayiscìie Archipel, p. 563).
8. Se in Waigiou viva un Casuario, come farebbe supporre il fatto dell'averne
ivi Quoy e Gaimard (Voyage de l'Uranie, Zool. p. 31) vedute le penno adoperate
per ornamento dagli indigeni , ed a quale specie esso appartenga.
Serie II. Tom. XXXIV. »d
TAV. I.
1. CasuariLis bicarunculatus 2. Casuarius galeatus
S. Casuarius ausiralis 4 . Casuarius beccarli
5. Casuarius salvadorii
TAK/I.
7
e.Casuanusuniappendiculatus /. Casuanus occipitalis.
S.Casuapius papuanus.
9 Casuarius picticolJis in p^ ■ l
' ^^^'"^- lU. Lasuapius bennetti.
%.
I MOLLUSCHI
DEI TERRENI TEEZI^AEII
DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA
DESCRITTI
DA
LUIGI BELLARDI
Memoria letta ed approvata nell'adunanza del 93 Giugno 1878.
PARTE Tir.
4. Famìglia BUCCINIDAE Chenc (i859).
I. Sotto-famiglia NASSINAE II. et A. Ad. (1858).
I. Genere COMINELLA Gray (1847).
1 . (Cominella dertonensis Bell.
Tav. I, 6g. 1 (a, i).
Testa ovata: spira brevis, paruni acuta, medio subinflala. - Anfraclus versus suturarti
anticam infiali, postice depressi, sulwanaliculali ; vllimus maynus, dimidia lonoitudine longior,
ventrosus, anlice paruin depressus: sulurac panini profundae ; postica marginala. - Superficies
longitudinaliliT costala, Iraiisverse coslulala et striala : coslae longitudinales cantra canaliculum
poslicum terminalae, in ventre et in parie antica ultimi anfraclus evanescentes , ohtusae, rectae,
axi lestae parallelae , a sulcis amjustis in primis anfractibus, latioribus in ultimis, separaiae:
coslulae transversae parvulae , interse salis dislnntcs, praesertinì in ultimo anfractu; stria, vel
slriae iionnullac miniilae inlerpositae: manjo suturae poslicae irreguìariter rugulosus. - Os
ovali-eloiigatuin ; labrum sinislrum subarcuatum, postice depressum , inlerius leve: colu-
meiia medio excavata, antice subrecla, subunibiiicala.
Long. 17, 27 mm. : Lai. 10, 16 mm.
Non conosco (li questa forma cbe due esemplari, dei quali ho fatto figurare quello
che ha minori dimensioni, perchè il maggiore ha il labbro sinistro raccomodato a due
riprese dall'animale, e perciò meno regolai-e di quello dell'altro esemplare.
220 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Questa forma fossile ha non poca analogia nei suoi caratteri generali colla Com.
lagenaria (Lamck.) della fauna attuale.
Miocene snperiore : Colli tortonesi, S^ Agata-fossili , Stazzano, rarissimo ; Coli, del
Museo (1) e Michelotti (2).
2. Genere PHOS Montfort (i8io).
1' Serie.
Anfractus versus suturam posticam stibcarinati, postice depressi, canaliculati
et cantra suturam marginati. - Costae longitudinales ad suturam posticam non'
productae.
I caratteri principali di questa prima serie, rappresentata da una sola e raris-
sima forma, sono i seguenti: 1" la sutura posteriore accompagnata da un grosso orlo;
2° la depressione posteriore degli anfi-atti larga e profonda; 3" le coste longitudinali
terminate prima della scanalatura posteriore, cioè sulla carena.
1. Phos roidus Bell.
Tav. I, fig. 2 (a, b).
Testa subfusiformis. - Anfractus poslice late et profande canaliculati ; ultimus dimidia
longitudine longior, anlice parum depressus: sutura postica irregulariler nodoso-marginala. -
Superficies lonsiluilinalilcr costata et transverse costulata: costae lonrjitiidinah's 12, obtusae,
cantra canaliculum poslicum tenninalae , in parte aulica ullimi anfractus subbifidae: costulae
Iransversae inler se valde distantes , super costas longitudinales ci in earura interslitiis
conlinuae, in intersecatione costarum sitbaculae, 3 in primis anfraclihus, 8 in ultimo, penul-
tima posterior major, subspiuifura. - Os elongatum: columella medio subarcuala.
Long. 20 ram.: Lai. <3 mm.
Miocene medio : CoUi torinesi , Baldissero-torinese , rai-issimo ; Coli. Michelotti.
2' Serie.
Anfractus convexi, postice non carinati, vel vix siihcarinati: sutura non mar-
ginata. - Costae longitudinales ad suturam posticam productae.
Nelle forme di questa seconda serie le coste longitudinali corrono continuo tino
alla sutura posteriore, gli anfratti sono convessi , poco depressi posteriormente , e la
carena manca o vi è d'ordinario poco sporgente.
(1) Dopo die il Musco di Geologia fu separalo da quello di Mineralogia, Io collezioni paleontologiche
fanno parte del Musco geolngico , sicclii; l'indicazione « Coli, del Museo .1 significa che i fossili, cui si
riferisce, esistono nel .Musco di Geologia della I\. Università degli Sludi di Torino.
(3) La collezione paleontologica del Sig. Cav. Miciielotti fu donata dal suo proprietario al Museo
di Geologia della R. Vnivcrsilii degli .Sludi di Roma.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 221
In questo gruppo si hanno forme che senza dubbio sono fra loro strettamente
coUegate da parecchi caratteri e che si devono riguardare come modificazioni dello
stesso tipo, ma che pure a mio giudizio meritano di essere distinte con nome proprio,
poiché ognuna di loro, considerata nei suoi caratteri estremi ed osservabili nel maggior
numero di esemplari della medesima provenienza, corrisponde ad un ambiente speciale
distinto 0 per età o per posizione geogi-afica o per qualità del sedimento che la
racchiude.
Le forme di questa seconda serie sono fra loro più o meno affini, e non è dif-
cile conoscere i legami che rannodano le forme più antiche alle posteriori.
Infatti il Phos cHliarella (Broiign.) passa per gradate modificazioni al Phos or-
ditus (Bon.) ambedue del miocene medio ; e quest'ultimo si avvia al Phos jìolygonus
(Brocch.), caratteristico del pliocene inferiore, per mezzo del Phos conncctens Bell.,
proprio del miocene superiore.
2. Phos citharella (BR0Nr,.\).
Tav. 1, fìg. 8 («, b).
Testa turrita: spira longa, vaido acuta. - Anfractus convexi, postica leviter infiali; ul-
timus Vj totius longiludinis vix superans, an7/ce cnWf (/t>y))-essus.- sulurae profundae. - Super-
ficies tota longiludiiialiler costata et transversc striala: costai longitudiitales plerumquc 10-12.
magnae, obtusae, inlerslilia subaequantes, reclae, axi teslac parallelao, conlra suliiram poslicam
producine, cantra rimam in ultimo anfraclu plus minusve inflexae: striae Iransversae crebrae
tum minutac, tiini niinutissimae, in interstiliis costarum et super costas continuac, in parte
antica ultimi anfractus majores. - Os ovali-elongatum; labrum sinistrura simplex, subarcualum,
interius pluri-plicatum: coiumella versus parlem posticara plus minusve excavala.
Long. 24 nini.: Lai. 10 mm.
Biiccinum /le.riwsum BON., Cai., MS., n.559.
1820. Nassa /Irxuosa BORS., Orilt. pieni., I, pag. 38 (in parie).
1823. y„lula cilharclla BRONGN., .Mcm. FUrnt., pag. 6-i, lav. VI, fig. 9.
? 1838. Nassa /Ictuosa GRAT., Calai. Feri, et Inveri. Girotide, pag.4I.
1842. Buccimtm flexuosum E. SlSiMD., iyw., pag.40.
1847. Nassa /icxuosa MlCUTTl., Foss.mioc., pag. 209.
1847. /,/. ,,/. E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29.
1852. Buccimim flctunsum D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 86.
!!?■ ■'''■ '"'■ NEUGEB., 5yi<.^cr;.-«77.-,V<,//.-GcA., pag. 10.
DODERL., Centi, geol.ierr.mivc.sup. Ital.centr., pag. 105.
COCC, Eniim. Sist. Ufoll. mioc. e plioc. Parm. e Piac., pag. 75.
MAY., System. I^erz. rerst. ffelv., pag. 33.
1878. P/ios flexuosus FUCllS, Slud. ieri. Bild. Ober. Ital., pag. 49.
Tarieia \.
Tav. I, fìg. 3 (a, b).
Spira mafiis aperta. - Anfractus breviores. - Costae longitudinales minores, frequetiliores.
Long. 2G mm.: Lai. 13 mm.
1864. /,/. ,-,/.
? 1873. Id. id.
? 1873. Id. id.
Varietà B.
Striae Iransversae majores, frequenliores.
Long. 24 mm.: Lat. 16 mm.
222 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
Varie» C.
Tav. I, Cg. 7 {a, b).
Testa minor. - Cosine loìiQUudiimles in ullima dimidia parie ultimi anfractus minulae, vix
costuHs longitudinali bus majores, frequenliores, iixde supprficies ibi eleganler clalhrala.
Long. 23 nini.: Lai. 10 min.
La forma descritta dal Brocchi col nome di Buccinum flexuosum che io ebbi
sott'. occhio, gentilmente comunicatami dalla Direzione del Museo Civico di Milano
€ che con-isponde esattamente alla figura datane dal precitato autore, è affatto di-
stinta dalla ])reseiite: «luesta tì fu riferita prima dal Borson, quindi dal Bonelli, dal
Sismonda , dal Sig. Cav. Michelotti, ecc. La forma citata del Brocchi è una vera
Nassa ed appartiene alla XVII serie che ha per tipo la N. intercisa (Gene) ; finora
la forma descritta e figurata dal Brocchi non si rinvenne nei teiTeni terziarii del Pie-
monte e della Liguria.
Non hawi dubbio che il fossile descritto e figurato dal Brongniart col nome di
Voluta citharcìla sia lo stesso di questo qui descritto: la figura vi corrisponde esattar-
mente, come pure la località Montagne de Turin : anche la descrizione conviene coi
caratteri della presente forma ad eccezione delle due o tre pieghe che il Brongniart
dice trovarsi alla base della columella, le quali non sono segnate nella figura: sulla
parte anteriore della columella (base secondo Brongniart) hawi la piega caratteristica
del Genere Phos, cui senza dubbio questa forma appartiene.
Questa specie è molto frequente in quasi tutte le località a me note del terreno
miocenico medio dei colli torinesi, di cui si può risguardare come caratteristica.
Ho distinte come varietà le forme meglio caratterizzate, le quali si collegano stret-
tamente col tipo per numerose modificazioni intermedie.
Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà,
Pino- torinese , Val Ceppi , Baldissero-torinese , frequente ; Coli, del Museo , Miche-
lotti e Rovasenda.
3. PnOS ORDITUS BON.
Tav. I, Hi,'. 4 (</, b).
Dislinguunl liane speciem sequenles nolao:
1. a Ph. citharella (Rrongn.)
Testa bri'vior. mnijis vcnlrosa: spira viinits acnla. - Anfractus longiorcs, minus frequenles,
medio obsc.ure carinati. - Strine et cosluhie Iransversae majores, praesertim super costas longi-
ludinales. - Os lonriins; lahnim siìiislnim ilipressiim.
2- a Ph. polijgonus (Broccli.)
Testa minar: spira mitins arnia. - Anfractus pauciores, non dislincte carinali, poslice minus
depressi. - Costa super rarinam decurreus non spinulosa. - Os minus elomjntum: columella
medio magis dipiessa.
Long. 20 nim.: Lai. IO mm.
I
DESCRITTI DA L. BELLARDI 223
Plws ordilus BON., C«(. MS. n. 1312.
1842. Buccinnm ordilum E. SISMO., Syji., pag. 40.
1847. Nassa ordita E. SISMO., 5^n., 2. ed. pag. 29.
1852. Jd. id. D'ORB., Frodr. voi. Ili, pag 85.
Il Bonelli nel Catalogo manoscritto dei Molluschi del E. Museo di Zoologia scrisse
a proposito di questa forma: « Mttrex senticosus L. affìms at non spinulosus. - Phos
longitudinaìiter co status , transverse et inaeqiialiter elevato-striatus , anfractibus
supra tiimidis, siibcarinatis. Intermedio al flezuosus ed al senticosus vivo , forse
semplice varietà del primo ».
Il Bonelli aveva già riferito questa forma al Genere Phos del Montfort.
Miocene medio: Colli torinesi, Termo-fourà, Val Ceppi, Albugnano, raro; Coli,
del Museo.
4. Phos connectens Bell.
Tav. I, fig. 6 (a, b).
Dislinguunl liane speciem a Ph. jiolijijonus (Brocch.) sequenles nolae:
Testa minor, crassior : spira hrevior, magis aperta. - Angulus suhmedianus anfracluum oh-
tusior, plerumque vix nolatus. - Costae longiludinales obtiisae, non compressae, super ilimidiam
partem ultimi anfraclus oris contiguam minores , freque.ntiores , iiUcrdum minulae et frequenlis-
simae, inde superficies ibi cancellala.
Long. '■18 mra. : Lai. 15 mm.
1847. Nassa pnbjcjnna MICIITTI, Fuss. mioc, pag. 207 (non lav. XIII, Cg. 2 a, b) [in parte).
1847. Buccinnm polijgo7iiiin E. SISMO., 5yn. 2 ed., pag. 30 (in parie).
1864. /(/. id. DODEUL,, Cenn. geol.terr. mioc. siip. hai. cenlr., pag. 105.
PER. D4 COST., Gastcr.tcrc.Port., pag. 109, lav. XV, flg. 13, 14.
COPI"., Calai, foss. mioc. e plioc. Ufoden., pag. 24.
COCC, Enum, sistcm. MoU, mioc. e plioc. Parm. e Piac, pari. I, pag. 75 (in parte).
COI'P., Paleont. moderi., p. 32 (in parie).
Questa forma collega i Phos del terreno miocenico medio dei Colli torinesi col
Phos polygonus (Brocch.), caratteristico del pliocene inferiore, mercè parecchie mo-
dificazioni, le quali dimostrano la sua parentela colle forme congeneri che la prece-
dettero, e con quella che le tenne dietro.
I caratteri clie distinguono il Pìios connectens Bell, dalla specie del Brocchi
sovracitata , alla quale fu fino adesso riferita , sono principalmente i seguenti ; la
brevità della spira ; la maggiore apertura dell'angolo spirale ; l'angolo, o carena che
si voglia chiamare, che rialza verso la metà gli anfratti , notevolmente più ottuso ,
talora ajipena indicato ; la lunghezza maggiore dell'ultimo anfratto ; e le costicine tras-
versali piccole, aiTotondate, non appiattite a guisa di bende.
Le costicine trasvei'sali variano di numero e di grossezza ; le coste longitudinali
anch'esse sono incostanti nel numero e nella grossezza, la quale va in generale dimi-
nuendo all'approssimarsi del labbi"o sinistro, mentre nello stesso tempo va ivi aumen-
tando il numero delle coste; in alcuni esemplari le coste longitudinali in prossimità
della bocca, negli individui adulti, sono numerosissime ed uguagliano presso a poco
le costicine trasversali per maniera che la superficie riesce ivi ricoperta da una specie
1867.
Id.
id.
1869.
Id.
id.
1873.
Id.
id.
1881.
Phos
id.
224 I MOLLUSCHI DEI TEKRENI TEKZIARII DEL J'IEMONTE ECC.
(li rete quasi regolare; anche l'angolo spirale varia nella sua apertura, pui" conser-
vandosi più aperto di quello del Flios poìyyomts (Brocch.).
Non ho citata nella sinonimia la forma delle vicinanze di Bordeaux figurata dal
Grateloup (Atì. Condì, foss. tav. XXXVI, fig. 38) che fu riferita dallo stesso alla
precitata specie del Brocchi e che il D'Orbigny distinse con nome proprio (Buccinum
Ruhlìoìygonmn D'Orb., Prodr. voi. Ili, pag. 86) perchè, quantunque l'aspetto gene-
rale della forma di Bordeaux sia presso a poco uguale a quello della presente specie,
e certamente diverso da quella del Phos polygonus (Brocch.), tuttavia l'imperfezione
della figura non permette di dare a questo risguardo un giudizio adequato, special-
mente perchè la carena suhmediana degli anfratti vi è notevolmente sporgente e quasi
spinosa all'incontro colle coste longitudinali.
Medesimamente non ho osato di riferire la presente forma a quella di Vienna
e di Siebenburgen figurata dal Hornes e distinta col nome di Phos Hoernesi dal
Sig. Semper (1861. Palaont. Untersueh,, voi. I, pag. 224), perchè, se essa pure è
distinta dalla specie del Brocchi ed è per alcuni rispetti affine alla presente, non vi
ho trovato né la lunghezza caratteristica dell'ultimo anfratto, ne per conseguenza la
figura della bocca così stretta e così lunga come nella forma dei Colli tortonesi.
Miocene sìiprriore: Colli tortonesi, S' Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli,
del Museo e Michelotti: Moncucco verso Moja, raro; Coli. Eovasenda.
5. Phos poltgonus (Bnoccn.}.
Tav. I, fig. 5 [a, b).
Tesla turrita , yohjqyrala: spira longa , elata , valde acuta. - Anfraclus versus suturam
poslicam stibcaiinali, antice lìrpressi, poslice subcarialiculati; ultimus '/j tolius lon^^itudinis
parum superaiis, antice parum depressus: suturae parum prol'undae. - Superticies loia lon-
gitudinalitcr costata et transverse coslulala: coslae loiuiHudinales 10-16, reclae, leviter sini-
strorsum ohìiqualae, ab iulerstiliis laliitscuìis separatac, ad sitluram posiicam ]iroductac, in ul-
timo aiifractii cunlra rimam lenninatae H ibi injlcxan : coslulae Iransversae inaequales, una
vel duae niajores super anguluni anfracluum deciirrcnles, in inlersecalione coslarum longilu-
dinalinm siibapinnsap, omnes continuae, in inlcrslilia coslarum et super costas decurrentes:
striac vel sulci interduin coslis traiisvcrsaiibus inlerpositi. - Os ovaio, antice leviler dila-
laluni, poslice anguslatum; labrum sinislrum antice salis profunde emarginalum; columella
subarcuata.
Long. 40 nini.: Lai. 19 inm.
1814. Buccinum pohjgoiium BUOCC.II., Conch.fass. sul., pag. 344, lav.V, fig. 10.
1890. Nassa fohjgona UORS., On'rf. /«Vm. 1, pag. 35.
1825. Id. id. DEFll., Dici. Se. Nat., voi. XXXIV, pag. 244.
1827. lìiicrinum pniygonut» SASS., Sagg.ijcol. Bac. terz. Albengn, pag. 481.
1829. /./. id MAUC. DE SKRR., GfojH. /f/r. /cr(„ pag. 122.
ItllO.NN, hai. lert.-Ccb., pag. 22.
.I.\>', Calili. CoiK II. /h.<.<., pag. 1.3.
K .SIS.Ml)., Si/n., pag. io.
IM.VTll., Calili, incili et lìcscr, fuss. Bntuhcs-ilii-Iili6nc, pag. 324.
TCIIIIIATCIl., Asie mineiir. Gèol., voi. Ili, pag.91.
1847. Nassa poUjijnna SIICHTTI, Foss.niioc, paR. 907 (in parte).
1847. Buccinum jwìijgnwim E. SISMI»., Sijn., 2. cil., pag.;W (in parte).
1852. /(/. id. ll'Onil, /Vm/;-., voi. Ili, pag. 176.
1831.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1812.
Id.
id.
1812.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 225
1854. Nassa polygona UE RAYN., VAN-DEN-HECK. et PO.NZ , Calai, foss. M.te Mano, pag. 13.
1868. Buccinum jìolygonwn FOREST., Calai. Moli. plioc.Bulogii. I, pag. 35.
MANZ., Fami. mar. mioc. Alt. Ital., pag. 14.
NICAIS., Calai. Aidm. foss. prov.d^Alger, pag. 107.
COPP., Stud.jial icnn.moden., pag. 33, Tav. Ili, fig. 64.
COCC, Enum. SisC. .Moli. mioc. e jilioc. Pann.e Piac, pag. 75 (in parte).
MAY., Sijst.f^erz. Versi. Heh., pag. 33.
COPP., Calai, foss. mioc.-plioc. Moden., pag. 2.
SEGUENZ., Form. plioc. hai. merid., pag. 278.
1875. Buccinum polygonum PONZ., Cronac. sitbapenn., pag. 26.
1876. /(/. id. MAY., Mer glar.au pieds des Alpes, pag. 202.
1877. /(/. id. ISS., App.paleont. I, pag. 19.
1877. Phos polygonus UE STET., Slral.plioc. Siena, p.ig. 174.
1877. Nassa polygona COTT., Faun.lerr.1al. Cors., pag. 48.
1878. Id. id. BENOIST, £(«(/. /o)'(»H. Gi'row/f, pag. 5.
1878. Id. id. DE STEF. e PANTAN., Moli, plioc. di Siena, pag. 97.
1881. /(/. id. COPP., Le marn.tureh.e foss. del Moden., pag. 14.
1881. /(/. id. COPP., Paleonl. moden., pag. 32 (in parie).
1869.
Id. id.
1870.
Id. id.
1872.
Id. id.
1873.
Id. id.
1873.
Id. id.
1874.
Id. id.
1875.
Phos polygonus
Spira liinqior, magis acuta.
Long. 38 mm. : Lai. 14 inm.
Varietà A.
Varietà B.
Spira brevior, mafjis aperta. - Carina oblusior. - Coslae longiludinales iitimerosiores, siiprr
carinam submuticue.
Long. lìO nini.: Lai. 14 nim.
Colla forma distinta come varietà IJ la forma tipica della presente specie si mostra
intimamente collegata colla specie precedente.
La forma riferita alla presente specie dal Sig. Cuv. Michelotti (Foa-s. viioc, tav. XIII.
fig. 2 a, h) è una Nassa della serie XXIV e descritta in quest'opera col nome di
Nassa fallax Miclitti.
Non ho notate le citazioni che si riferiscono alla forma del bacino di Vienna,
che l'Hòrnes identificò colla specie del Brocciii, por i motivi esposti a proposito della
specie precedente.
Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti , non raro ; Coli. Eo-
vasenda.
Pliocene -inferiore: Vezza presso Alba: Borzoli presso Sestri ponente: Fornaci e
Zinola presso Savona: Albenga- vallone Torsero, frequente; Coli, del Museo e Mi-
chelotti.
Varietà A. — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba: Borzoli presso Sestri po-
nente , non frequente ; Coli, del Museo.
Varietà B. — Pliocene inferiore: Albenga-vallone Torsero, frequente; Coli.
del Museo.
Serie II. Tom. XXXIV.
226 ] MOLLUSCHI DEI TEKKENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
3. Genere EBURNA Lamck. (1801).
I Sezione.
Testa umhilicala.
1. EbUBNA APENNINICA BeLL.
Tav. I , (ig. 9 a, i).
Tesla infiala: spira parum acuta. - Anfractus vix convexi, postice profunde et anguste ea-
naliculali; ultimus inllatus, antice valde <lepres<u>, ^7- totius longitudinis subaequans. - Os
obliquum, antice dilalatum, postica angiistatim, canaliculalum ; labrum ileiterum in regione um-
bilicali (jracile, liberum, postice in callum incnissalum produclum : columella arcuala: umbi-
licus magiius, profumlus, infandibiliformis : rima postice Irifuniculatu ; funiculi subaequales (vix
poslicus major), a sulcis angustis separati.
Long. 23 mm. : Lai. IG min.
Miocene inferiore: Sassello-regione Capete, raro; Coli, del Museo.
Il Sezione.
Tesla ìnumbliicata.
2. Eburna caronis ;Brongn.).
Tav. I, fi-. 10 {a, b).
Dislinguunl hanc speciem ab Eb. ebumoides (Malh.) sequenles nolae:
Testa minor, anr/ustior. - Anfraclm posUo: depressi. - Rima antice posticeque earinala.
Long. l'J mm. : Lai. 13 mm.
1823. yassa Caronis RRONGN-, Mem. yiiatt., pa-. Ci, lav. HI, liy. 10 (in parte).
1824. Ruecinum id. BHO^.N, Sij.-t. Komli., pag. 50, lav. Ili, lig. 13.
1831. Id. id. BRONN, /((//. /(■»(.-(;<•*., pag. 25 (in parie).
1812. Nassa id. CATl,"LL., Ossiti', (jengn. Atp. l'eii., pa^- 25.
1850. Id. i<l. D'OIU?., P/Wc, voi. Il, pag. 320.
1801. III. ti«/7ioi(/ci MICllTTl., Fvss. mine, inf., pag. i:(0 jn parie).
1870. Eburna Caronis FUCIIS, Beitr. Kennl. Condì, yicent. tertiar.-Geb., pag.3, 34, 43, 50, 0*, TI, 1ò.
18-0. Id. id. BAY., Iltiid. pat., I, pag. 72.
' 1872. Buciiiium id. » var. TOL'RN'., 'J'crr. iiui)iiii.C<i.<trll., pag. 713.
? 1879. Jd. id. TOl'RN., /•>««. /</7 ll.iss. tip., pag. 500.
I fossili dell'Appennino comspondono esattamente a quelli di Ronca nel Vicentino:
non raggiungono per altro, che io ini sappia, le dimensioni alle quali giunge talvolta
questa forma nel Vicentino.
II Brongniart ed altri in seguito raccolsero sotto lo stesso nome la l'orma di
Ronca e quella dei colli torinesi , già distinta dal Borson , le iiuali sono fra loro
disgiunte per parecclii caratteri, quali la forma meno lunga e notevolmente più ri-
gonfia, la minor lungliezza di ogni anfratto, e soprattutto i due rialzi che limitano la
smargiiiatura anteriore della bocca . i (juali nella forma del miocene inferiore sono
DESCRITTI DA L. BELLARDI 227
grossi e foggiati a guisa di due cordoni, mentre nella forma dei colli torinesi l'ante-
riore di essi è obliterato ed il posteriore poco sporgente e separato dalla superficie
ventrale dell'ultimo anfratto da un solco molto meno profondo del conispondente
nei fossili vicentini.
Miocene inferiore: Sassello-regione Capeto, Carcare, Cassinelle. non raro: Coli,
del Museo e Michelotti.
3. EbLRNA EBLRNOIDES (MaTH.)
Testa magna, veiilrosa: spira parum acuta. - Anfractus poslice convexi, anlice leviter
depressi, cunlra sitturam jwslicam profunde el late canaliculali ; margo anticus caualiculi acutus;
anfractus ultimus magnus, in flatus . obliqmis, diraidia longitudine plus minusve longior. - Os
antice dilalalum, poslice anguslalum, canaliculatum; labrum dexlcrum ultra os lale el regu-
lariler produclum, adnatum, regionem umhilicalein late recumbens , postice callosum: columella
subarcuala : rima poslice acide caritiala.
Long 40 mm. ■ Lai. .'iO mm.
18-30. iXiisM mutabilU BORS., Oriti. pieni. \, pag 40, la\.l, fig. 12.
18-23. /(/. Caronis BRONGN., ;1/<«i. l'ìcc/it., pag.04 (in parie;.
1825. /(/. ili. DEFR., Z)iV<..SV..Va(. voi. XXXIV, pug 2 i3 (in parte).
182.5. Ehunia spiritili BAST., Meni. Bnrd. , pag. 48.
1835. liuitinum Cuiunis BRON>, lini. leit. Gcb.. pag. 25 (in parie'.
1838. III. ipiralum GR.\T., Calai, l'eri, et Inveri. Gironde . pag. IO.
1840. /(/. Caronis MICIITTI., liiv. Gasler.foss., pag. 24 (in parie).
1840. Nassa spirata GRAT., ^(/. Cn«c/j. /òm. lav. XLVI, lig.6.
1842. Buccinum Caronis E. SISMO., Syn., pag. 41 (in parie).
1842. /(/. chiirnoides MATII., Caini, mclh. et de.»r. fnss. Bouchis-dii-Rhòne, pag. 324. lav. XI.,
fig. 14-lG.
1847 .Sassii Caronis MICIITTI., Foss.mioc., pag. 203 vin parie).
1847. Id. id. E. SISMI)., Syn. 2. ed. pag. 28 In parie;.
1847. f^biirnu spirata SOW. in SMITH, Tcrt. Beih of the Taijus. pag. 4161.
1852. Buccinanops spiralum O'ORB., Piodr. voi. II, pag. 87.
1852. Id. eburnoides U'ORB., Prodr. voi. Il, pag. 87.
1861. Pseudoliva brtiijadina SEMI'., Paltoni, i'nlersuc/i., pag. 2tl [in parie).
1873. Buvcinum Caronis MAY., Syst. t'irz. Ter.sl. Ileh:, pag. 32.
1875. Elnirim id. BENOIST, Tist.foss.de la liréde il de Saiicalz , pag. 382.
? 1878. Biudnuin id. D"ANC., Mioc.di Ciminna, pag. 7.
Varietà A.
Sutura postica anguste canaliculala.
Long. 4o mm. : Lai. 33 mm.
Miocene medio : Colli torinesi , Kio della Batteria , Villa Forzano, Baldissero-
torinese, Termo-fourà, Valle Ceppi, frequente: Coli, del Museo.
4. Eburna derivata Bell.
Dislinguunl liane speciem ab Eh. eburnoides (Malh.) sequenles nolae:
resto crassior , ventricosior : spira brevior, magis aperta. - .infractus tnagis convexi; ul-
limus pìerumque longior. - Os amplius ; labrum dexlcrum crassius: rima postice non carinata.
Long. 50 mm. : Lai. 35 mm.
228
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1829.
.\assa Curonis
1840.
Buccinum id.
1840.
El/uriui hrigadina
1843.
Buccinum Caronis
1847.
jVassu id.
1848.
Buccinum id.
1853.
Id. id.
1853.
Id. id.
1860.
Id. id.
18CI.
Pseudoliva brugadiiia
1804.
JVassu cburnoides
1867.
Buccinum Caronis
1869.
Id. id.
1869.
Pteudoliva id.
1878.
Ebiivna brugadina
1872.
Buccinum Caronis
1874.
Id. id.
1878.
Id. id.
1881.
Eburiia id.
MAnC. DE SERR., Géogn.terr.leìl., pag. 121.
MKUITTI., Ki-.Gast.foss., pag. 2i (in parte).
GRAT., Jll.Comh.fuss., lav. XLVI, fifr. 11.
E. SIS.MD., Si/n., pag. 41 (in parie).
E. SISMI)., Syn. 2. ed. pag. 28 (in parte).
llOElOi., yerz.in Cryzili's Ertant.z. ycogn. kart.i'. ff^ien, pag. 17.
HOERN., MoU.foss.H'ien, vol.l, pag. 139, lav. XII, fig. 1, 2, 3.
>'EUGEB., Beilr.tert. Moli. Ober-Lapugy, pag. 235.
ISEUGEB., Syst. l'ersi, terl- Moli. -Celi., pag. 9.
SEMI'., Palaout Untersucli., pag. 211 (in parie).
DODEIIL., Cenn. geol. terr. mioc.sup. Ital. cerilr., pag. 105.
l'ER. HA COST., Gaster.lerc.Porl., pag. 87. lav. XIII, flg. 14-18.
COl'l'., Catal.foss.mioc.e jilinc. Moden., pag. 24.
MANZ., Faun.mioc. Alt. Ital., pag. 12.
DE KOEN., Mioc. Xord-Tcusclil. Moti. Fami., pag. 188.
COPI'., Stud.pat.icon.modtn., pag. 32, lav. Ili, Cg. 60.
COPI*., Catal. foss.mioc.-ptioc. Modcn. Colt. Ciipji., pag. 2.
D'.\NC., Mioc. di Ciminna, pag. 7.
COPI»., Paleoiìt. moden., pag. 32.
Varietà A.
Testa longior : spira minus aperta. - Sutura postica anguste canaliculata.
Long. 57 nini.: Lat. 35 nini.
Varietà B.
Spira ad apicem subobtusa. - .infractus pimultimus longior: sutura postica angustissime
canaliculata.
Long. 45 min. : Lat. 30 mm.
Abbenchè la forma qui descritta sia intimamente collegata colla Eb. cburnoidcs
(Math.) dei colli torinesi, alla quale fu finora generalmente riunita, tuttavia ho cre-
duto opportuno di distinguerla con nome proprio, poiché rappresenta nel miocene su-
periore un particolare stadio di svolgimento, che dalla forma predominante del mio-
cene medio guida a quelle della fauna attuale.
Miocene .'superiore: Colli tortonesi, S' Agata-fossili , Stazzano, non frequente;
Coli, del Museo.
11 genere Eburna rappresentato nel miocene inferiore , medio e superiore , scom-
parve nel pliocene inferiore e nel pliocene superiore del Piemonte e della Liguria e
manca nella fauna attuale dei nostri mari.
DESCRITTI DA L. BELLARDl 229
4. Genere NASSA Lamck. (l'-pg).
Quando intrapresi la rivista delle Buccinuli finora raccolte nei terreni terziarii
del Piemonte e della Liguria, era lungi dallo immaginarmi che le forme di quelle
provenienze riferibili al Genere Nassa, qual è generalmente circoscritto dai moderni
Malacologi, sarebbero state così numerose quali sono le (jui descritte.
Di fronte ad una tanta varietà di forme appartenenti al medesimo genere io com-
presi tosto la necessità di disporre queste forme in gruppi, in ognuno dei quali fos-
sero raccolte (luelle che sono tra loro collegate da talune particolarità comuni, e ciò
sia per rendere intelligibile la descrizione dei caratteri di ognuna, al)breviandola col
tacere in ciascuna i princijjali caratteri proprii del gruppo e perciò comuni a tutte
le forme comprese in ognuno di essi, sia per meglio mettere in evidenza i reciproci
legami delle forme descritte.
A tal fine io mi rivolsi alle classificazioni già proposte per il genere Nassa ed
in particolar modo a quella dei fratelli Adams. nella quale questo genere fu smem-
brato in un ragguardevole numero di gruppi differentemente importanti. Jla debbo
confessare che per quanto attentamente io abbia studiato i gi'uppi proposti, non riescii
che a riferire ad alcuni di essi alcune poche forme nostrali: e ciò sia perchè molte
forme fossili non hanno i loro rappresentanti nella fauna attuale, sulla quale esclu-
sivamente fu basata la classificazione predetta , sia i)orchè i gruppi proposti furono
per la maggior parte definiti così inii)orfettamente, in modo cosi vago, che mi riesci
impossibile di formarmi, nel maggior numero dei casi, un esatto criterio dei caratteri
assegnati ad ognuno e per conseguenza dei rispettivi loro confini.
Dovendo perciò trovare il modo più conveniente per disporre le numerose forme
che aveva il compito di descrivere in questa Monogi-afia , esaminai attentamente le
singole parti del guscio per vedere quali fossero quelle che piìi facilmente mi potes-
sero guidare allo scopo prefissomi, quello cioè di formare gruppi circoscritti da ca-
ratteri ben definiti (per quanto possibile), in ognuno dei quali si potessero raccogliere
tutte quelle forme che sono fra loro jiid intimamente collegate dalla natura dei loro
caratteri.
I caratteri, che mi parvero più acconci por siff"atta distribuzione, sono 1" la
forma del nucleo embrionale ; 2° la forma generale ; 3" il modo di svolgimento della
spira; 4° la figura dell'intaglio anteriore della bocca, e delle parti prossime; 5" il
lalìbro sinistro ; 0° il labbro destro ; 7° la bocca ; 8° la columella ; 9° gli ornamenti
superficiali.
\ . Nucleo enibrionnle. — Il nucleo embrionale ha due modi di essere : ora è lungo,
stretto ed acuto; ora breve, largo ed ottuso. In sulle prime ho creduto di potermi
valere di questo carattere per stabilire nel genere due grandi sezioni ; senonchè avendo
trovato il nucleo embrionale di differente natura in forme che non era ragionevole
230 I MOM>r>CHI l'KI TERRENI TERZIARII PEI, PIEMONTE ECC.
di allontanare fra loro per questo solo carattere, mentre era evidente la loro affinità
pel complesso di tutte le altre loro particolarità , ho dovuto limitarmi ad indicarlo
come senijìlice carattere di serie.
2. Forma neiierale. — La forma predominante è la torricciolata, (juclla cioè, nella
quale la maggior larghezza del guscio si trova nella nietà anteriore : in alcuni casi si
avvicina alla gloljosa. in altri alla semiglobosa.
3. Modo (li sviluppo della spira. — Lo sviluppo dulia spha è in generale regolare
attorno all'asse: in talune specie l'ultimo anfratto è più o meno obliquo e spropor-
zionatamente ampio per m(jdo da costituire una gran parte del guscio: l'angolo spirale,
che quasi sempre cresce regolarmente col crescere del numero degli anfratti, ritorna
in certe specie verso l'estremità anteriore ad essere più stretto, sicché la spira riesce
rigonfia verso il mezzo, e foggiata a botticina.
4. Figura e posizione dell'iiilai^lio anteriore della bocca e delle parli prossime. — L'in-
taglio anteriore della bocca è ordinariamente fesso nella parte la più anteriore del guscio,
è, vale a dire, terminale ; in certe specie è più o meno obliquo all'asse e laterale.
La sua figura jiresenta parecchie modificazioni : ora ([uest'intaglio è profondo . coi
margini laterali quasi paralleli, più largo sul davanti ed alquanto più stretto in fondo,
ora è di figura irregolarmente triangolare, vale a dire più stretto all' ingi-esso e più
largo nel mezzo.
Le sue labbra sono per lo più brevissime ; in altre forme sono alquanto prolun-
gate per maniera da dare origine ad una specie di coda.
La superficie dell'ultimo anfratto è sempre più o meno depressa in prossimità
dell'intaglio, e talora è ivi scavata a guisa di gronda che accompagna il labbro po-
steriore dell'intaglio.
Finalmente il labbro posteriore dell'intaglio, talora brevissimo e quasi indistinto,
è in molte specie più o meno lungo, diritto, o ])iù o meno rivolto verso il dorso del-
l'ultimo anfratto.
5. Labbro sinistro. — Il labbro sinistro è (luasi sempre arcato , raramente de-
presso posteriormente : il suo margine. i)or lo più acuto, è talvolta inspessito ester-
namente da un orlo che lo trasforma in una varice ; nel suo interno è d'ordinario
guernito di pieghe trasversali o di denti, nel (inai ultimo caso i denti sorgono sopra
un orlo più o mono sporgente.
(». Labbro di'siro. — Sono parecchie le maniere di svolgersi del labbro destro .
le quali porgono in generale un nn^zzo ovvio per aggruppare fra loro molte forme.
Nel maggior numero delle specie il labbro destro non si estende oltre il piano
della bocca: nelle altre lo oltrepassa e si protrae più o meno ed in divei"sa dire-
zione sulla superficie dell'ultimo anfratto.
(^u;ui(lo oltrepassa il ])iano della bocca la sua dilatazione non si estende d'ordi-j
)iario fino alla sutura posteriore, alla ([iialc vu tuttavia in alcune serie; (juando non
è ])rotratto oltre il i)iano della bocca, o quando roltr(q)assa soltanto nel mezzo Oj
posteriormente, lascia allo scoperto l'estremità della columella e dà origine ad un prin-
cipio di ombellico. In generale il suo margine è più o meno accollato alla superficie!
dell'ultimo anfratto; talora sottilissimo è fuso con essa cos'i bene da non potei-si di-
stinguere dove finisca : in alcune serie invece si rialza più o meno e si fa libero.
DESCRITTI DA L. BEI.LARDI 231
La dilatazione del labbro destro d'ordinario ha luogo posteriormente, altre volte
sulla parte anteriore della columella per modo da coprirla interamente o quasi e così
da far scomparire ogni traccia di ombellico: inoltre la dilatazione in talune forme è
smarginata nel mezzo a guisa di C gi'ossolano ; in altre invece avviluppando l'estre-
mità della columella ed essendo smarginata nel mezzo, si trasforma posteriormente in
una grossa callosità, la quale si protrae fino alla sutura posteriore ; ovvero, estesis-
sima e grossa in tutte le direzioni, giunge sul dorso dell'ultimo anfratto dove forma
un ribordo quasi continuo col ribordo variciforme del labbro sinistro, nel qual caso
ricopre una porzione più o meno grande della spira : finalmente in parecchie specie
si estende solamente nella regione mediana.
Non è rara la presenza di rughe o di tubercoletti sulla parte anteriore od anche
su ((uella mediana e posteriore del labbro destro: questo labbro in prossimità del
suo incontro col sinistro è frequentemente inspessito e calloso, e non di rado porta
una 0 pifi pieghe trasversali, che restringono il canaletto in cui finisce posteriormente
la bocca e che si addentrano più o meno nelle fauci.
7. Columella. — La columella è quasi sempre foggiata ad arco, vale a dire ha
la maggior concavità nel mezzo : questa trovasi talvolta nella parte anteriore o po-
steriore: dal die risulta una differente figura alla bocca.
8. Bocca. — La figura della bocca varia secondo la forma della columella e quella
del labbro sinistro; è in generale iiTegolarmente circolare, qualche volta più lunga
che larga, ed è modificata da una specie di canaletto, in cui si restringe all'incontro
che fanno fra loro posteriormente il labbro destro ed il sinistro, il eguale canaletto
è talora fatto molto stretto e bene distinto dal grande sviluppo della callosità poste-
riore del labliro destro.
!). Ornamenli Sliperlicialì. — La superficie è di rado interamente liscia, (ili orna-
menti longitudinali sono coste, costicine, strie e bende, i trasvei-sali solclii, solchettini,
strie, coste e costicine: nel maggior numero delle specie tutta la superficie è rico-
perta dagli ornamenti suoi proprii; in alcuni grupiii questi ornamenti scompaiono jìiù
o meno compiutamente negli ultimi anfratti, raramente nei primi.
Questi caratteri, di cui ho fatta una sommaria rivista , se non sono assoluti . la
([ual cosa è consentanea, come l'osservazione ci afferma ogni giorno di più. alle leggi
che regolano lo sviluppo dei corpi organici, hanno tuttavia un certo grado di stabi-
lità, per cui si possono mercè di essi stabilire centri abbastanza lien definiti, attorno ai
(piali si vedono raccogliersi le forme nostrali finora note : ed a])benchè per corte serie
siffatto modo di aggruppamento si possa risguardare come sistematico, non è men vero
clie nel maggior numero dei casi si debba ritenere come naturale, in (guanto che per esso
vediamo ravvicinate fra loro forme indubbiamente affini pel complesso della loro struttura.
Per fare le numerose serie, in cui ho distril^uite le numerosissime forme desci-itte
del genere Nassa, io mi valsi naturalmente dei caratteri più importanti fra cpielli
precitati : e;l lio ragione in generale di essere soddisfatto degli aggruppamenti otte-
nuti, perchè nel maggior numei'o delle serie riescirono, col mezzo adottato , raccolte
forme che senza dubbio sono fra loro collegate da stretti vincoli di afiinità.
Per separare poi le forme che ho descritte con nome proprio mi sono servito
dei caratteri di importanza minore, senza poter adoperare lo stesso criterio per tutte.
232 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
E <iui nii viene in acconcio di pi-evenire un'accusa, che mi si potrebbe fare, di incon-
seguenza cioè, nella delimitazione dei confini di queste forme. Ho infatti in alcuni oasi
riferite sotto lo stesso nome, come semplici varietà, forme diverse i cui estremi, con-
siderati isolatamente, sono separati fra loro e dalla forma tipica alla quale sono
riforiti, da caratteri molto più notevoli di quanto non siano quelli che per altre forme
mi consigliarono a distinguerle con nome proprio. Ecco le ragioni del mio operato :
nel primo caso ho fatta la riunione ogni qualvolta io conobbi le forme intermediarie
agli estremi, ed in ispecial modo quando queste forme vissero contemporaneamente e
si svolsero nello stesso ambiente ; nel secondo caso ho creduto di fare la distinzione
quando mancavano le forme intermedie e particolarmente quando le dette forme vis-
sero in ambienti diversi, e, succedendosi le une alle altre, ci dimostravano in (^ual
modo certi tipi di forme si siano modificati nel tempo.
1' Serie.
Nucleus emhrionalis (in illaesis) longiis , aciitus, angustus. - Anfractus u1-
timus dimidiam longitudinem acquans tei stibacqiians. - Sìqìrrficirs tota , vcl in
parte, transverse silicata; tota, vel saltem in primis anfractubiis, longitudinaìitrr
ecostata. - Os suborhicularc, posticc parimi angustatum ; labrum sinistritm sinipììex.
subarcuatum , interius pluri-plicatum ; labrum dexterum crassiusculum , ultra o.«
productum, praesertim iti regionem medianam et posticam: columella antice valdt
excavata: rima lata, profunda , a labris brevibus , subparallclis, circumscripto .
posticc carinata et anguste canaliculata.
Le forme di questa prima serie, della quale la specie tipica {N. inconstans Bell.)
è stata finora confusa colla JV. mutabiUs (Linn.) differiscono da (juelle della quarta,
cui quest'ultima specie appartiene: 1" per la mancanza di costicine longitudinali sui
primi anfratti ; 2° per la presenza di numerosi solchi trasversali sui medesimi : 3° per
il labbro destro, il quale si protrae fuori del piano della bocca meno nelle forme di
questa serie di quanto abbia luogo in ciucile della quarta.
1. Nassa l^'C0NSTA^'s Bell.
Ta>. I. li-. Il (n, li).
Tesla subomta: spira acuta, medio [)lerunique inUala. - Aiifraclim convrxi, posUce leviler
inllaU el conira siiluram jioslicam depressi ; ullimus parum obliquìis, renlmsus, atiUre valile de-
inessus, -i.^ lolius lonj;iludinis subaequans, regiilaris. - Siiper/ìcies tota Irausverse silicata: silici
minuti, iiiler se vaidc dislantcs, 6 vel 7 in jiriniis anfriiclilnis, I i in ultimo, in ref/ione iinlini
cantra rimani UUiores, profundiores el Inter se magis proximi, prope sulnram puslicnm nonnulli
niajorcs. - Os subovaio. |)nslico Icvitor anpiislaliim , arilicc parum dilalaluni: labrum .*iiii-
slrum simplex, aculum, inlorius pluri-i)liraluni: lalimm dextruim ultra ns in rallnm crassnm,
Inlum productum, antice re(]ionom nmbilicalem in parte recumbens , posticc versus labrum
sinislrum ploruiiuiuo uniplicalum.
Long. 28 mm. : Lai. 16 min.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 233
1847. Nassa mutabilis MICHTTI., Foss.mioc, pag. 204 (in parte).
1847. Jd. id. E. SISMO., Syn., 2. ed., pag. 29 (in parte).
1864. Id. id. DODERL., Cenn.geol.ierr.mioc.sup.Ilal.cenlr., pag. 103.
1881. Id. id. COPP., Pa/eon(. morfen., pag. 36 (in parte).
Tarieia A.
Labrum dexterum muUi-rugosum, pnstice uniplicatum.
Long. 25 mm. : Lat. 1 4 ram.
Varietà B.
Silici transversi viinores, numerosiores, 17, postici vix majores.
Long. 21 mm. : Lai. 1 4 mm.
Varietà C.
Sulci transversi in regione mediana anfracluutn nulli, vel vix notati.
Long. 26 mm. : Lat. 16 mm.
Varietà D.
Siiperlicies in ullimis anfractibus tota transverse esulcala, exceptis sulcis transversis rimae
proximis.
Long. 30 mm. : Lai. 20 mm.
Varietà E.
Testa conoidea. - Anfractus ullimus antice profuude depressus. - Super/icies in ullimis an-
fractibus sublaevis, vix obscurc passim transverse costulata. - Os subquadratum.
Long. 17 ram.: Lat. 11 mm.
Fra gli esemplari rappresentanti la forma tipica per i loro ornamenti superficiali,
se ne incontrano di quelli piccolissimi (Lungh. 17 mm. , Largh. 10 mm.) , ed altri
nei quaU la forma generale si fa più breve e tozza ; anche il numero dei solchi tras-
versali varia da tredici a quindici: in tutti peraltro il carattere, che tosto colpisce,
si è la maggiore larghezza e profondità, di tre o quattro solchi in prossimità della
sutura posteriore, i quaU danno luogo fra loro ad una costa più o meno sporgente ;
la spira parimente è pure più o meno raccorciata.
Varietà A. — In questa forma , rarissima , ai caratteri del tipo si aggiungono
numerose rughe trasversali sul labbro destro. •
Varietà B. — L'unico esemplare a me noto che rappresenta quasta varietà ha
diciassette solclii piccolissimi ed equidistanti, ed i quattro posteriori appena appena
maggiori.
Varietà C. — In questa varietà i solchi trasversali mancano affatto nella regione
mediana degli anfratti, o vi sono qua e là appena segnati ; nelle forme che vi ap-
partengono la spira varia nella sua lunghezza e nella sua apertui'a presso a poco
corno nella forma tipica.
Varietà B. — Nella vai-ietà B mancano affatto i solchi trasversali sugli ul-
timi anfratti, perfino i più grandi posteriori , meno quelli ordinarii che corrono in
Serie II. Tom. XXXIV. 'f
234 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIAKII DEL PIEMONTE ECC.
prossimità dell'intaglio; gli anfratti sono più rigonfi e quasi scanalati contro la sutura
posteriore; e la spira in generale è più breve e più aperta.
Varietà £. — Finalmente, nell'unico esemplare a me noto che rappresenta questa
varietà, la spira è conica e l'ultimo anfratto è straordinariamente depresso anterior-
mente per modo da formare una specie di larga gronda in prossimità dell' intaglio.
Questa forma è stata da parecchi paleontologi riferita alla iV. mufahlis (Linn.),
dalla quale è bene distinta per parecchi caratteri, oltre a quelli della serie cui ap-
partiene, ed in particolar modo per la presenza nel maggior numero di esemplari ili
due o tre solchi più larghi e più profondi che corrono in prossimità della sutura
posteriore.
Poche altre specie del genere Nassa presentano tanta mutabilità nei loro carat-
teri quanto questa; per la qual cosa vengono a l'accogliersi attorno ad essa parec-
chie forme già note ed una nuova: fra quelle si devono citai'e in ispecial modo le
seguenti: 1. Nassa Rosthorni (Partsch), 2. Nassa caceìlensis (Per. da Cost.) ,
3. Nassa congìohatissma (Per. da Cost.).
La prima di queste specie, della quale ebbi sott'occhio due esemplari tipici dei
dintorni di Vienna, diffeiisce dalla presente per la sua forma più breve e quasi glo-
bosa, per i solchi trasversali più larghi e più profondi, per la bocca più obliqua al-
l'asse, per il labbro sinistro anteriormente angoloso e per la presenza ordinaria di
numerose e gi-osse rughe sul labbro destro e di una piega trasversale sulla sua por-
zione posteriore, le quali rarissimamente si osservano nei fossili dei colli tortonesi.
La seconda, cioè la N. cnccUensis (Per. da Cost.) [Gast. fere. Pori., tav. XIV,
fig. 9 a, b), che non conosco che dalla figura e dalla descrizione del Sig. Pereira
da Costa, ha una forma più lunga, e la spira più acuta, non rigonfia nel mezzo,
manca dei solchi posteriori più grandi e più profondi degli altri, ed ha una grossa
piega sulla parte posteriore del labbro destro, della quale è molto raro incontrare
tracce sugli esemplari tortonesi.
La terza specie finalmente, N. congìohatissma (Per. da Cost.) {o]}. rit., tav. XV,
fig. 5 a, li), abbenchè sia molto bene distinta per la sua forma globosa dal tipo della
N. inconstans Bell., vi è tuttavia collegata per mezzo di alcune forme appartenenti alla
varietà B, la quale è sprovvista dei solchi trasversali proprii della forma tipica ed
esistenti nei fossili del Portogallo.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili , Stazzano, frequente; Coli,
del iluseo e Michelotti.
2. Nassa consimilis Bell.
Tav. I, li-. 1;ì (.;, b).
Dislinguunl hanc speciem a iV. inconstans Bell, sequenles nolae:
Tesla brevior : .s/iira mnQis aperta - Aiifractus ultimu^ inflatus. - Siiper/icies undiquf- trans-
verse late el profuiule sulcaln. in iiltimis anfraclubiis lonfìiludinaliter costata: costae taiae, obtusae,
pantm promini'nli's, a sulcis /inri/Hi jìrdfiiiiiUs el aiiijuslis spparnlne.
Long. '25 min.: Lai. IO min.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 235
Miocene superiore : Moncucco verso Carossana, raro ; Coli. Kovasenda : Tetti Bo-
relli presso Castelnuovo d'Asti, non raro; Coli, del Museo e Kovasenda.
3. Nassa ventricosa (Gbat.).
Tav. I, fig. 12 {a, b).
Tesla subfìloho.m : spira brevis. - Anfractus primi el medii breves, parum convexi;
ultimus nuifiims, inflatus, '/s totius lonrjUudinis subaeqiians: sulurae subcanaliculalae. - Su-
perficies loia Iransverse su\ca.\,à, et in ultimis anfractubus longiludinaliler costulata : su\ci pro-
fundi, lati, numerosi: coslulae numiirosae, obliquae, parum prominenles, a sulcis Iransversis
inlerruplae, in inlersecalione costularum inler sulcos transversos decurrentium granosae; sulcus
Iransversus poslicus penulliinus lalior. - Os suborbiculare; labrum sinislrum arcualum, in-
lerius pluri-plicalum; labrum dcxleruui laeve, iiilcrdum poslice uniplicalum.
Long. 22 mm. : Lai. 16 '/\, uim.
1827. Biiccinuni ventrìcoxum GU.\T., liuti. Sm\ l.inn. Bordeaux, voi. II, pag. 14.
18:$2. /</. ili. GRAT., Tabi fo.<s. Pax, N.498.
1840. /(/. id. GRAT., ^«i. C07. /;<«., tav. XXXVI, fig. 4.
1847. Na.isa pseudoclat/irata MICHTT!., l'oss.mioc. pag. 208, lav. XIII, Cg. 1.
1847. /(/. id. E. SISMI)., .Si/H, 2. eil., pag.29.
18.'i2 Id id. D'ORB., l'rodr., voi Ili, pag. 85.
18G4. Id. id. DOOKÌU.., Coni. (jcnl. Ieri, mioc.sup. Ital.cenlr., pag. iOS.
18G9. Id. id. ^Ì^Xl.,l■^ann.mioc.JitIlal.,pag.\•ì.
1860. Buirinum pscudoclidltralum COi'IV, Calai, fnss. niioc. e plioc. JVoden., pag. 24.
1872. M id. covi'., Slud. Pai. kon.inoden., iiig. .Vi.
1873. Nas.ia pseudoelathrata COCC, Enum. sistem. Moll.mioc.t ptioc.Parm.e Piac, pag. 76.
1874. Buccinum pseuduclathratum COPP., Calai foss. mine, ptioc. Muden. Coli. Copp., pag. 2.
1875. Nas.in pseuiindathrala BENOIST, Tesi, foss.de la Bride et de Saucalz, pag. 386.
1878. Id ventricosa ItK.NOLST, Élag. torlon. dv la Cironde, pag.5.
1881. Id. pseudoclallirala COPP., Paleont. modiii., pag. 32.
Varietà A.
Spira loiujior. - Costulae longilitdinales minores, numerosiores. - Os poslice anguslaliim.
Long. 22 mm. : Lai. 16 mm.
L'imperfezione della figura che il Grateloup lia pubblicata del suo Buccinum
ventricosum mi lasciava incerto sulla identità del fossile delle vicinanze di Bordeaux
con quelli dei colli tortonesi descritti dal Sig. Michelotti col nome surriferito. Mi
tolsero ogni dubbio parecchi esemplari tipici della specie di Grateloup provenienti da
Salles e gentilmente comunicatimi dal Sig. Benoist di Bordeaux , i quali collimano
esattamente con quelli del Tortonese.
E notevole l'affinità di questa specie colla N. Rostìiorni (Partsch) per rispetto
alla forma generale: ne è peraltro bene distinta per la presenza di numerose costi-
cine longitudinali sugli ultimi anfratti, e per la mancanza di rughe e di pieghe sul
labbro destro.
La N. perpiìKjuìs Hinds della fauna attuale richiama a primo aspetto alla me-
moria la presente ed in ispecial modo per la natura degli ornamenti superficiali, ma
ne differisce per l'ultimo anfratto meno lungo, per la profonda scanalatura che corre
236 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
contro l'intaglio, e per la diversa figura di questo, le cui labbra sono molto più lunghe
e più rivolte sul dorso dell'ultimo anfratto.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, Stazzano, non frequente;
Coli, del Museo e Michelotti.
3' Serie.
Nucleus emhrionalis longus, actitus, atigustus. - Anfractus uìtimus magnus ,
dimidia longitudine longior. - Superficirs tota transverse, minute et laxe sulcata ;
tota longitudinaliter ecostata. - Os suborbiculare , xwstice catialiculatuin ; labrum
sinistrum postice depressum, antiee subarcuatum, incrassatum , interius phiri-
plicatum; labrum dexterum callosum, late ultra os producttim, praesertim in regionem
posticam, prope labrum sinistrum tmiplicatum: columella antiee valde excavata:
rima antiee angustata, postice dilatata, profunda, valde reflexa, a labiis breris-
simis, subnullis, circumscrìpta, postice anguste canaliculata.
La forma che rappresenta questa serie ha in comune con quelle della precedente
non pochi caratteri ed in ispecial modo la natura degli ornamenti superficiali, ma ne
diiferisce : 1 ° per il guscio più grosso ; 2° per la spii-a più lunga e più acuta ; 3° per
il labbro sinistro più spesso e più depresso posteriormente; 4° per il labbro destro
che si protrae maggiormente fuori del piano della bocca o forma una grossa callo-
sità ; 5° e finalmente per la figura dell' intaglio anteriore , la quale è stretta al-
l'ingresso, più larga posteriormente, presso a poco corno nelle forme della Serie XII.
4. Nassa tornata Doderl.
Tav. I, fig. 14 (a, b).
Testa crassa, romidea: spira longa, valtle acuta. - Anfraclus ^nslìce infiali, contm su-
turam posticam suhcanaìicidali; ultimus dimidiam longiludinem subaequans, aulice valde dr-
pressus: sulurae profundae. - SaperfìciQS sublaevis, transverse rare et minutissime striala: s\r\ae
Inter se valde et ac(]ue distanlos, plerum(|uo 7 in primis anfraclibiis , 16-18 in ultimo. -
Os subovale, antiee dilatalum. postico anrjustalum; labrum sinistrum incrassatum ; labrum dex-
terum in callum crassum ultra os productnm: columella profunde excavala, subarcuata: rima
valde obliqua.
Long. <3 ^1^-21 nini.: Lai. 9 '/j-'" "i'"-
1862. Nassa toì-nala DODERL., Ceim.geol. Ivrr.mwc. siip.Ual. cctitr.. pag. 103.
Mercè un esemplare tipico della raccolta del Sig. Prof. Doderlein, che mi fu gen-
tilmente comunicato dalla Direzione del K. Museo geologico di Palermo, ho potuto
riconoscere che ad essa si riferiscono parecchi esemplari provenienti dai colli torto-
nesi, i quali erano procedcntomcnte confusi con quolli della N. inconstans Bell, e
tutti erroneamente riferiti alla N. mutabiUs (Liiin.).
Tutti gli esemplari di questa specie che ho esaminati, una ventina, hanno la su-
perficie ovunque attraversata da strie, poche di numero e fra loro assai distanti, le
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 237
quali corrispondono ai solchi trasversali della N. inconstans Bell, di cui la presente
non è altro, probabilmente, che una singolare deviazione.
Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano , non frequente ; Coli, del Museo.
3' Serie.
Nucleus emhrionalis aciitus, longiis, angustus. - Anfractus postice depressi,
antice iuflati; ultinius diniidia longitudine longior. - Superflcics tota laevis , cx-
ceptis suìcis nonnullis transversis cantra rimam decurrentibus. - Os ovale, elon-
gatum, postice angustatum; labrum sinistrum .subincrassatum, interius laeve; la-
brum dexterum ultra os valde productum , regionem umhilicalem late recumbens ,
medio emarginatum , jìostice contra labrum sinistrum callosum : columella antice
et parum excavata : rima latissima , profunda , a labiis brevibus circumscripta ,
parum reflexa, postice carinata et vix canaliculata.
A primo aspetto la foriìia generale della specie tipica di questa serie richiama
alla mente quella di alcune Bullie ed in particolare della B. laevissima (Desh.) :
senonchè la spessezza ed il ribordo esterno del labbro sinistro, la grossezza e la figura
della callosità in cui esso si protende anteriormente e posteriormente fuori del piano
della bocca, il labbro destro, e finalmente la fonna della columella la allontanano
dal genere del Gray e la chiamano nel genere Nassa.
5. Nassa Bonellii (E. Sismd.).
Tav. I, fig. 15 (a, b).
Testa ovoides : spira ad apicem aculissima. - Anfractus antice convexi, postice depressi;
ullinius magnus, inllatus, obliquus , ^/j lolius longitudinis subaequans: suturae simplices,
parum profundae. - Superficies iota laevis. - Os antice dilatahim, postice angustatum, cana-
licuialum.
Long. 22-33 mm. : Lai. 12-16 inm.
1814. Bmcinum (Ncuisa) muuibilc BUOCCH., Condì, foss. sub., pag.341, lav. IV, fig. 18.
BORS., Oriti, pieni., I, pag. 41.
PUSCH, Poi. ptdàont., pag. 122.
E. SISMO., Sijn., pag. 10.
E. SISMO., Att. Congr.Nap., pag. 115.
E. SIS.MO., Syn., 2. ed., pag. 28.
O'ORB., Prodi:, voi. Ili, pag. 176.
KOllEST., Calai. .ìfotLpliocIiologn., pari. I, pag. 46.
NICAIS., Catal. Anìm. foss.Proi\ Alger, pag. 106.
SEGUENZ., Form, plioc. Ilat.meriil., pag. 276.
PANTAN., Jtl.Jccad.Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
COPI'., Paleont. moden., pag. 37.
Varietà A.
Anfraclus mediani passim loiujiludinaliter plicati; plicae minutae , lamelliformes , inter se
satis distantcs.
Long. 35 mm. : Lat. 22 mm.
1820.
Nas.ui
N
19
18.Ì7.
Id.
mutabilis
1842.
Buccinum politum
1847.
Id.
Bonella
1847.
Nassa
id.
1852.
Id.
id.
1868.
Id.
id.
1870.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1881.
Id.
subpotila
238 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Variet* B.
Superficies transverse obsolete sulcata; suìci minuli, paruin profundi, inler se valde dislantes.
Long. 25 mm. : Lai. 13 mai.
Pliocene superiore : Colli astesi , Valle Andona, ecc. , non frequente ; Coli, del
Museo e Michelotti.
6. Nassa dubia Bell.
Tav. I, fig. 16 (a, b).
Dislinguunl hanc specietn a N. Boneìlii (K. Sismd.) sequenles nolae:
Testa minor, crassior : spira magis acuta , regularis. - Anfraclus ullimus minus inflatus ,
minus obliquus et antice minits dilatalus. - Columella ad apicem sinistrorsum subincurvata.
Long. 22 nim. : Lai. 11 lum.
Miocene superiore : Colli tortonesi. Stazzano , rarissimo ; Coli. Michelotti.
4' Serie.
Nucleus emhrionalis parvus, longiis, acutissimus. - Anfractus convexi, postice
inflati ; tdtitnus magnus, dimidia longitudine longior. - Superficies tota, vel in
parte transverse sulcata; in primis anfractibus longitudinaliter costellata, dein
ecostata. - Os ohliquum; labrum sinistrum postice depresstim, antice dilatatum,
plus minusve incrassatum, interius pluri-plicatum ; labrum dexterum ultra os pro-
ductum, medio et postice late expansum: columella antice valde excavata: rima
lata, profunda, a labiis brevibns circumscripta, valde rcflexa, postice carinata et
canaliciduta.
Il nucleo embrionale piccolo e molto acuto, la presenza di costicine longitudinali
sui primi anfratti, la loro assenza sugli ultimi e la maniera colla quale il labbro
destro si estende fuori del piano della bocca, sono i caratteri più notevoli di questa
serie, che ha per tipo la N. mutahilis (Linn.).
7. Nassa pbaecedf.ns Bell.
Tav. I, fiK. 17 (<i, b).
Dislinguunl liane speciera a N. mnlahili'i (Linn.l sequenles nolao:
Testa minor: spira minus aperta, medio subinllata. - Anfractus lonniores, postice magis infiali,
inde sniitriie subranaliculatne; iinfraclus ullimus medio rnmplanains , antice maiiis depressns. -
- SM/icr/ifics non tranivcrse sulcata. - Labrum dexterum in callum magis crassum et regioneni
umbilicalem recumbens produclum.
Long. i;j mni. : Lai. 9 min.
Varine A.
Testa brevior, magii infinta.
Long. 1 3 mm. : Lai. 9 mm.
DESCRITTI DA L. BELLABDI 239'
Varietà B.
Testa hrevior, inagis venlricosa. - Super jicies Iransverse silicata; sulci lineares, inter se valde
dislantes.
Long. 14 mm. : Lai. 10 mm.
Miocene superiore: Stazzano, non frequente; Coli, del Museo.
Varietà A. — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo.
Varietà B. — Pliocene superiore: CoUi astesi, Valle Andona, rarissimo; Coli,
del Museo.
8. Nassa cbassilabris Bell.
Tav. I, fig. 18 (a, 6).
Dislinguunl hanc speciem a iV, mutabilis (Linn.) sequenles nolae :
Testa minor : spira magis acuta. - Anfractus parum convexi, non postice inflati. - Superfi-
cies in ultimis nnfractibus tota laevis. - Labrum sinistrum exlerius incrassatum, postice canalicu-
latum ; labrum dexterum medio emarginatum, postice uniplicatuin, antice biplicatum : rima minus
profunda.
Long. 10 inni.: Lai. 6 mm.
Pliocene superiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli.
Eovasenda.
9. Nassa obliquata Brocch.
Tav. 1, fi5. 19 (n, b].
Dislinguunl hanc speciem a N. mulubilis (Linn.) sequenles nolae :
Testa minor, crassior: spira magis acuta. - Anfractus ultimus brevior , magis obliquus. -
Superficies in itltimis anfractibus tota transvirse sulcata ; sulci profundi, satis inter se dislantes.
- Os ma(jis iibliquum; labrum sinistrum ante mnrginem inflatum, antice magis dilatalnm; labrum
dexterum in callum magis crassum et postice magis dilalatum produclum, in fauce plerumque
muUi-rugatum : columella magis profunde excavata: rima latior, brevior.
Long. 22 mm. : Lai. 15 mm.
1814. Bucciniim (Nassa) obli<iualum BUOCCtl , Conch.foss.sub., pag. 336, lav. IV, fig. 16.
1820. Nassa obliquata BORS., (h-itt pieni., I, pag. 37.
1825. 1(1. ili. DEPR., /Jir(. Se. na(., voi. XXXIV, pag. 241.
1827. Buccinum ubtiquatum SASS., Sngg.geol.Bar.terz.Albenga, pag. 481.
1832. /(/. mutabile var. '/s JAN, Catal. Condì, foss., pag. 13.
1837. Nassa obliquata PUSCll, Pai. paliionl., pag. 123.
? 1838. BuLcinum obliqunlum GRAT., Calai, f'erl. et Invert.Gironiìe, pag. 40.
1838. Id. mutabile var. ■/ BRONiN, Leth.gcngn., voi. 11, pag. 1099.
1842. Id gibbum E. SISMO., Syn.. pag. 40.
1842. /(/. obliquatum ICHUlXTCll., Const. gèol. Prov. mérid.Naples et Nice, pag. ììt.
1844. Iti. id. DESH. io LAMCK.. Jnim.s.vert., 2. ed., vol.X, pag. 204.
1847. Nassa obliquata E. SISMO., Siju., 2 ed., pag. 29.
1852. /(/. id. D'ORB., Prorfr, voi. Ili, pag. 85.
1864. /•/. gibba CONT., Monte Mario, pag. 34.
1868. /(/. obliquata M\Kl., Saijg. Couch. foss. sub., p3'^.39.
1868. Id. id. FORESI., Catal.Moll.plioc.Botogn., I, pag. 46.
1870.
Nassa
gibba
J873.
Id.
obliijuata
1873.
Id.
id.
1875.
hi.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Bucciniim gibbum
1878.
Nassa
mittabilis
1878.
Id.
obliquala
1881.
Id.
id.
240 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1870. Buccinum obliquatum NlCAIS., Calai. Anim.foss.Prov.Alger, pag. 108.
BELL, Calai.. Moli. foss.de Biot, pag. 9.
COCC, Enum. Sist. .Moli. mtoc. e plioc. Parm. e Piac, pag. 87.
SEGUENZ., Form. plioc. Ital.mnid., pag. 300.
SEGL'ENZ., Form.pliuc. Ilal.merid., pag. 270.
I'A>'T-\>'., Alt. Accad. Fi.<iocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
SORD., Faun. mar. Cascina Rizzardi, pag. 37.
PON'Z., Cron. subapenn., pag. 14.
DE STEF. e P.\NT.\>-., .ì/oll.plinc. di Siena, pag. 99.
PANT.AN., Conch.plioc. di Pielra/ìtla, pag. 271.
COPP., PaUont.moden., pag. 36.
•
Varietà .\.
Testa longior: spira magis amia. - Anfraclus uìtimns minor. - Os magis obliquum.
Long. 25 ram. : Lat. 17 min.
La forma figurata dal Sig. Du Boi.s de Montpereux (Conch. foss., tav. I, fig. G, 7)
e dallo stesso riferita al Biicc. ohliqitatum Brocch. appartiene certamente ad una
specie diversa sia per la forma globosa che la ravvicinerebbe alla 2V. conglobata
(Brocch.), sia per la figura o per gU ornamenti della bocca.
Pliocene inferiore: Albenga (fide Sassii): Vezza. presso Alba, frequente; Coli,
del Museo e Michelotti.
Pliocene superiore: Colli astesi, valle Andona, non raro; Coli, del Museo.
Varietà A. — Pliocene superiore: Colli astesi, non frequente; Coli, del Museo.
10. Nassa mutabilis (Linn.).
Testa obliqua, plus minusve inflala: spira brevis, valde acuta. - Anfraclus convexi, po-
stice inlìali. inde sulurae profundae ; anfraclus ullimus magnus, iiipalua, obhquus, ^Z, lolius
longiludinis apquans. - Suppriicios pliTunique laevis. conira suluram posticam transverse sul-
cata; sulci 3-o, parum profiimli: anfraclus duo ve l trcs primi post nncleum embrionalcm parvi
longitudinaliter oblique costati, transverse costulali ; pars anlica ullimi anfraclus Iransverse
sulcala; sulci 4-o, profuiiJi, inler se salis dislanlcs. - Os vaìdc obliquum, antice dilalatum,
postice angustatum: labrum sinislrum inlerius plerumque pluri-plicalura, inlerdum laeve;
labrum dexlerum laeve, late ultra os productum , praesertim in regionem medianam: coluraella
anlice profunde escavala. ^
Long. 30 mm. : Lai. 19 mm.
1766. Nassa mulabilis LINN., Syst. Nat., pag. 1201.
1792. Buccinum mutabile OLIV., Zool.adriat.. pag. 1 i3.
1814. Id. (Nassa) obli'juatum var. BROCCIl., Comh. foss. sub., pag. 336.
BOnS , Orili, piem., 1, pag. 41.
UISS., Pro.lr. Eur mcrid., voi. IV, pag. 179 {fide BRONNI>
PAYll., Clini.. ìfotl.Cors., pag 156.
MARC. I»E SERK., Crogn. terr.Inl., pag. 122.
BRON.N, llal. Urt. Geb.. pag. 25.
UESU., Rrpéd.sc. A/orée, Zoo/., pag. 197.
J.AN, Calai. Conch. foss., pag. 13.
SCACCII., Calai. Coni/i..\eap., pag. 11.
PIIIL., Moli. Sic, I, pag. 227.
GRAT., Calai, l'eri, et Inveri. Cironde, pag. 41.
1820.
Nassa
mutabilis
1826.
Id.
mediterranei.
1826.
Buccinum mutabile
1829.
Id.
id.
1831.
Id.
id.
18i2.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1836.
Id.
id.
1836.
Id.
id.
J838.
Id.
id.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 241
MICHTTI, Geogn. Aus. tert. Bild. Piedm., pag. 396.
CAI.C, Conch.foss. Altav,, pag. 62.
E. SISMD., Syn., pag. 40.
PHIL., Moli. Sic, 11, pag. 193.
DESn. in LAMCK, Ànim. s.vert., 9 ed., vol.X, pag. 166.
VERAN. in Descr.di Genova, voi. I, pag. 94.
E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29 (in parie).
HOERN., rei:. foss.-Rest. tert. beek. ff^ien, pag. 17.
DE UEYN., VAN-DEN-UECH. et PONZ., Catal. foss. Monte Mario, pag. 13.
Glj'lSC, Fiiun foss. resuf., pag II.
MENEGH., Palénnt.de Sard.. pag. 465.
CONT., .afonie Mario, pag 31.
BRUS., CoH/r. Faun. Moli. Dalm., pag. 66.
PER. DA COST., Gaster. terc. Pori., pag 102, tav. XV, fig. 4.
FOUEST., Calai Moli, plioc. Bologn., I, pag. 46.
M.\NZ., Sagg. Conc/i. fo.!S.sub., pag. 38.
WEINK., Condì. .ìfillelm., voi. Il, pag. 66.
COPI'., Catal. foss. mioc. e plioc. Moden., pag 24.
TAPPAR., Ind. sist. Moli. Test. Spezia, pag. 27.
MANZ., Faun mine. Alt. Ital., pag. 1.3.
ISS., Malae.del Mar lìosso, pag. 125.
ARAD. et BE.NOIT, Coneh.viv. mar.Sieil., pag. 292.
NICAIS., Catat.Anìm.foss.Proy.d'Alger, pag. 107.
BELL, Catal. .Itoli, foss. de Biol, pag. 8.
CONT., .ìfonle .Vario, 2 ed., pag. 40.
PONZ., Foss. Barin. Roma, pag. 4.
COPI'., Slud. Paleont. Iciin. moden., pag. 33, tav. Ili, Cg. 63.
MONTEU., Condì, foss. di S. Pellegrino e Fiearazzi, pag. 33.
MO.NTER., Noi. Condì, mediterr., pag. 49.
COCC, Enum. Si.it. .Moli. mioc. e plioc. Parm.e Piac, pag. 86.
SEGUENZ., Form, plioc Ilal.merid., pag. 300.
MAY., Syst. rerz.-Ferst. Ilelv., pag. 33.
DE STEF., Foss. plioc. SI Minialo, pag. 35.
SEGIIENZ., Form. plioc. Ilal.merid., pa-. ,300. *
PONZ., Cronac.subapenn., pag. 9, 21, 26.
PANTAN., Atl.Accad.Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
M.\NTOV.. Descr.geol Camp, rom., pag. 41.
SORD., Faun. mar. Cascina /liz:ardl, pag. 37.
CRESPELL., IVot.geol.Sarign., pag. 18.
MONTER., Niiov. Rio. Conch. mediterr., pag. 41.
BEN'OIST, Test.foss.de la Bride et Sautatz, pag. 386.
FOREST., Ceiin.geoI e paleont. plioc. ant. Cattrocaro, pag. 20.
STOEIIR, Terr. plioc. Girg., pag. 469.
PONZ., Foss. Monte Faticano, pag. 16.
FISCll., Coq.rec.el foss.Camrn.Fr.et Liqur., pag. 331, 332.
ISS., .-Ipp. paleont., \, pag 20.
MONTER., Catal. Condì, foss. Monte Pellegrino e Fiearazzi, pag. 37.
DE .STEF., Strat. plioc. Siena, pag 170, 171, 173, 250.
FICUS, plioc. bild. Zant.u.Corfn, pag. 4.
FISCll., Paleont. Ile de RliAdes. p.ig. 39.
1878. Id. id. ISS, Ciof.(/i-/ /Wnnff, pag. 16.
1878. Id. id. MOM'ER., Enum. e sinom. Condì. niedileiT., pag. 43.
1879. Id. id. MELI, Sui Vini. di Cidlame/iìa, Aot geol., pag. 10.
1880. Id. id. SARTOR., Coli. S' Colombano e suoi foss., I, p. 14.
1880. Id. id. BKVG:ì., Condì, plioc. Caltanisetta, pag. lOÌ.
1881. /,/. id. COPP. , Marn.turdi. Moilen., pug.ii.
1881. Id. id. COPP., Paleont moden., pag. 36 (in parte).
1881. Id. id. PAKtA.:^., Moli. pltoc. foss. viv. Mediterr., pag.eS.
Serie II. Tom. XXXIV.
1838.
Buccinum gibbum
1841.
Id. mutabile
1842.
Id. id.
1844.
Id. id.
1844.
Nassa mulabilis
1846.
Buccinum mutabile
1847.
Nassa mutabilìs
r 1848.
Buccinum mutabile
1854.
Nassa mntabilis
1856.
Id. id.
1857.
Id. id.
1864.
LI. id.
186G.
Id. id.
1867.
Buccinum mutabile
1868.
Nassa mulabilis
1868.
Id. id.
1868.
Id. id.
1869.
Buccinum mutabile
1869.
Nas.ta mulabilis
? 1869.
Buccinum mutabile
? 1869.
Nassa mulabilis
1870.
Id. id.
1870
Buccinum mutabile
1870.
Nassa mulabilis
1871.
Id. ut.
? 1872.
Buccinum mutabile
1872.
Id. id.
1872.
Nassa mutabilìs
1872.
Id. id.
1873.
Id. id.
1873.
Id. id.
? 1873.
Buccinum mutabile
1874.
Id. id.
1875.
Id. id.
? 1875.
Buccinum mutabile
1875.
Nassa mulabilis
1875.
Buccinum gibbum
1875.
Nassa mulabilis
1875.
Buccinum mutabile
1875.
Nassa mulabilis
1875.
Id. id.
1876
Id. id.
1876.
Id. id.
? 18:6.
Buccinum mutabile
1876.
Nassa mulabilis
? 1877.
Id id.
1877.
Id. id.
1877.
Id. id.
1877.
Buccinum mutabile
1877.
Nassa mulabilis
242 1 .MOLLVSCin dei terreni TEKZIARII del PIEMONTE ECC.
Varietà A.
Tav. 1, 6g. 20 (a, b).
Labrum dexterum anlice erectum, ad marginem fere totum liberum; regio umbilicalis plus
minusve detecta; inde testa subumbilicata, interdum distincte umbilicata.
Long. 32 miu. : Lai. 20 mm.
Varici» B.
Testa magna: spira longior, medio injìata. - Anfradus jtoslice magix inflati; ultimus dimi-
diam loiirjiludinem subaequans. - Superficies Iransverse sulcala ; salci lineares , intcr se satis
distanles.
Long. 50 rara. : Lai. 32 mm.
1874. Nassa coiiglobatissima COCC, Enum.Sist. Moll.mioc.e plioc.Parm. e Piac., pag. 87.
VarieU C.
Testa crassior : spira brevior. - Anfradus ullimus ventrosus, */j totius longiiudinis superans.
- Superficies tota transverse sulcata; sulri numerosi, iitaequales, latiores conira suturam posticam.
Long. 35 mm. : Lai. 25 mm.
1814. Nassa oìiliquula var. BROCCH., Cnnrh.foss. sub., pag. 656, tav. XV, fig.2I.
1873. Id. guidoniana COCC, Eniim. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parili, e Piac, pag. 88, tav. II, fig. 78.
Varìeià D.
Tav. r, fig. 21 («, b).
Testa longior: spira magis acuta. - Anfradus postice vix infiali. - Superficies tota trans-
verse sulcata; sulci 6 vel 7 in primis anfractubus, plerumquc 16 in ultimo, profundi , angusti,
inter se valde dixtautes, in regione antica ultimi anfradus latiores. - Labrum sinistrum postice
magis depressum , labrum dexterum postice magis productum.
Long. 37 mm. : Lai. 24 mm.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba , raro ; ColL del Museo.
Pliocene superiore : Colli astesi, Valle Andona : Volpedo presso Voghera , comu-
nissimo; Coli, del Museo.
Varietà A. — Pìiocene superiore: Colli astesi, comunissimo; Coli, del Museo.
Varietà B. — Pliocene superiore: Colli astesi: Volpedo presso Voghera: Mas-
serano presso Biella: Villalvernia presso Tortona, non frequente; Coli, del Museo.
Varietà C. — Pliocene superiore : Masserano presso Biella , rarissimo ; Coli, del
Museo.
Varietà /). — Pliocene superiore : Colli astesi , frequente : Jlasserano presso
Biella: Villalvernia presso Tortona, frequente; Coli, del Museo.
Vive nel Mediterraneo e nell'Adi'iatico.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 243
5' Serie.
Nucleus embrionalis angustus , loìigiusculus , valde acutus. - Anfractus con-
vexi ; ultimus tum regularis et dimidiam longitudinem siibaequans , tum obliquus,
gihhosus, dimidia longitudine longior. - Super ficies in primis anfractubus longitu-
dinaliter costata, in ultimis ecostata. - Os postice profunde canaliculatum; labrum
sinistrum incrassatum, praesertlm in parte postica, postice depressum, antica di-
lafatum ; labrum dexterum ultra os productum, crassum, regionem umbilicalem plus
minusve recumbens, medio emarginatum, postice angustatum, callosum : columella
antice profunde excavata : rima lata, brevis, a labiis brevibus circumscripta, parum
reflexa, postice carinata et vix canaliculata.
Le forme di questa serie sono strettamente collegate con quelle della serie pre-
cedente por la forma generale, e per la natura degli ornamenti superficiali ; il ca-
rattere, pel quale mi parve opportuno il distinguemele, sta nella forma del labbro
destro, il quale è molto dilatato antoriormente per modo da ricoprire la regione om-
bilicale, è smarginato nella regione mediana, ed è molto meno dilatato posteriormente.
11. Nassa agatensis Bell.
Tav. 1, fig. 22 [a, b).
Testa crassa, turrila: spira longa, satis acuta, regnìariter involuta. - Anfractus parum
convexi; ullinius leviliT obliquus, anlice parum depressus, dimidiam longitudinem aequans:
sulurae parum profundae. - Superficies laevis , exceptis primis anfraclibus longitudinaliter
coslalis et tiansverse costuiatis et sulcis Iransvorsis anlicis. - Os obliquiim, suborbiculare ;
labrum sinislrum ante inargincm incrassalum, intcrius iiluri-plicatuni, antice dilatatum, postice
depressum; labrum dexterum crassum, suhtotam regionem umbilicalem recumbens.
Long. 12-19 min.: Lat. 8-11 mm.
Varici! A.
Testa brevior, ventricosior.
Long. 17 mm. : Lai. 11 V» nim.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
Varietà A. — Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo ; Coli, del
Museo.
12. Nassa coarctata Eicw.
Tav. I, fig. 93 [a, b).
Testa brevis, subqlobosa: spira brevissima, id apicera acutissima, dein magis aperta, vix
acuta. - Anfractus convexi; primi breoissimi; ultimus maximus, inflalus, '/^ tolius longitudinis
aequaus, poslice inflalus, interdum subgibbosus. - Superficies lawis, exceptis primis anfra-
ctibus longitudinaliter costati* et transverse costuiatis, et sulcis transversis anlicis. - Os
obliquum, suborbiculare, poslice profunde canaliculatum, antice dilatatum; labrum sinistrum
ante marginem incrassalum, interius pinri-plicalum ; margo antice satis profunde sinuosns, sub-
rimosus; labrum dexterum tolum, vcl sallem maxima in parte, regionem umbilicalem recumbens,
eique adnatum: columella a»<ice profunde excamla; plica columellaris antica valde prorainens.
Long. 19 mm. : Lat. 15 mm.
1830.
iXaisa
coarctata
1830.
W.
volhynica
1831.
Buccìnum mutabile
1837.
Nassa
volhynica
1837.
Buicinum callosunt
1838.
Id.
gibbum
1838.
Id.
callosum
1844.
Id.
Dujardini
1847.
Nassa
id.
1847.
Id.
id.
244 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TEKZIAEII HEL PIEMONTE ECC.
EICW., .V,i<ur/»'.v(. .Sliizze. pa-. 323.
AM)R., Biill.tU .Vnscoii, pap. 97, lav.IV, fi},'. 3.
1)C BOIS DE MO.NT., Cumh.fuss., pag. 26, tav. I, Cg. 30, 31.
l'LSCH, Pol.jmlàont., pag. 122.
1)L'J., Mém.tjéol.Tour., pag. 88, lav.XX, fig. 5 et 7 (non WOOU).
MICHTTI., Ceo.jn. Aus. terl. Bild. Piejm., pag. 396.
GR.VT.. Calai. Fert. et Imerl. Ginmde, pag. 10.
DESH. in L.VMCK., Anim. s.veit., 2 ed., voi. X, pag. 211.
MICHTTI., Foss.mioc., pag. 210, tav. XII, fig. 5.
E. SISMD., Syn., 2 ed., pag. ì6.
1852. Buccinum coarclatiim EICW., Letti, ross. period. mod., pag. 171, tav VII, fig. 7.
1852. Nassa Dujardim D'OHB., /';Wr., voi. HI, pag. 84.
1853. Buccinum mutabile HOt^R.N., iHoll foss. ff'ien, voi. I, pag. 154, lav. XIII, fig. 1.
1853. Id. id. NECGEB., Bfi'fr. (<Tf..Vo//. 0Afr-Lrt/>u3i/, pag. 238.
1854. Nassa semistriala >IIM-., Paléimt. de Main.ei I.oir.. pag. 164 (in parte).
1860. Buccinum Dujardim .NELMJEB., Sysi. l'crz.tert. Moli.- Gch., pag. 10.
1862. Id. id. SEGtIE.NZ., /•'«rm. »i!oc. i'/iJiÌH., pag. 5.
1862. Nassa id. SEGUENZ., Form. mior.AciV., pag. 0.
1864. Id. id. \ìOnFAUj., Cenn.gcol.ten: mioc. Slip. Ital. Cent., fig. iOó (excì.var.).
1864. Id. semistriata MILL., Indicatile .Maia, et Loir., voi. I, pag. 679.
1867. Buccinum Dujardim PEK. D.\ COST., Gaster.terc. Pnrt., pag. 103, lav. XV, fig. 7.
1869. Id. id. COPP., Calai. Fnss. mioc e plioc. Mitdin., pag. 25.
1869. Id. id. M.\>"7,., Faun. mioc. Alt. Ilal., pag. 13 (in parte).
1872. Id. id. COPP., .Stud. FaUniit. Icoii.moden., pag. 3G, tav. Ili, fig. 69.
1873. JVassa id. COCC, Eniim Sist. .Vali. mioc. e plioc. Parm. e Piac, pa^.SG.
1873. Buccinum id. .MAY., ."ìyjf. A^ecs. /''cnf //f/i-., pag. 32.
1873. Nassa id. \ar. PlSCH. elTOVRS.Jmert. foss. du .ìt. Leiemi, pag. 124, tav. XVIII, fig. 9, 10.
1874. Buccinum id. COPP., Catal. foss. mioc. e plioc fllodcn. Coli. Copp., pag. 2.
1874. Id. id. VVCHS, Alt. Ieri. Schicht.v. Malta, jisfi. 4.
1875. Nassa id. BE.N'OI.ST, Test. foss. de la Bride el de Saucalz, pag. 385.
1876. /(/. id. rONT., Élud.Slral.e Palcoiil. Bassin du Rhcìiie, pag. 34, 37-59.
1878. Id. id. D'ANC, Mioc.de Ciminua, pag. 7.
1878. Id. id. FONT., Faun.malac.mioc.de Tersannes et de Hauterii-e, pag. 13.
1881. Id. id. COPP., Paleonl. Moden., pag. 36.
1881. Id. id. BARD., Étud. paleonl. Main. et Loir., pag. 103 (in parto).
VarieU A.
Spira longior, niagis acuta.
Long. 17 mm.: Lai. 12 mm.
7 1837. Nasja latvigata PUSCH, Poi. Pataont., pag. 123, tav. XI, fig. 8.
1847. Id. j/otufcja MICHTTI., Fo.v.5.m.of., tav. XII, lig. 6.
Variano in questa specie: 1° l'ultimo anfratto che è più o meno rigonfio poste-
riormente; 2° la spira, la quale è più n meno breve; 3" la callosità anteriore del
labbro destro che ordinariamente ricopre tutta la regione umbilicale , e talora ne
lascia scoperta una certa porzione.
H Deshayes, nella seconda edizione dell'opera di Lamarck, riferisce al Bucciuuni
interruptum Brocch. la forma figurata dal Dubois de Montpereux col nome di Buc-
eintim mutahiìr Linn. La forma figurata dal Brocchi col precitato nome è certamente
una deformi t:l ])roveniente da imperfetta rappezzatura del guscio, come è facile lo
scorgere nella figura 3'' della tavola V: riesce perciò difficile il poter giudicare a
qual forma si debba riferire: ad ogni modo la natura degli ornamenti superficiali dei
cinque primi anfratti, ornamenti interrotti nel penultimo anfratto per frattura antica
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 246
durante la vita dell' animale, esclude affatto che si possa risguardare la forma del
Brocchi come uguale a quella del Duhois.
La forma generale, le solcature trasversali anteriori, la superficie liscia, le costi-
cine longitudinali prossime al margine della bocca non ben definite, la spessezza del
guscio, e soprattutto la figura del labbro destro smarginata nel mezzo , e la brevità
della slabbratura anteriore sono altrettanti caratteri che mentre allontanano la forma
del Dubois dalla N. mutnhiìis (Linn.) cui l'ha, riferita, la ravvicinano, e, a mio giu-
dizio, la identificano colla forma qui descritta.
La forma riferita alla N. Bujardini Desh., e perciò alla presente, dal Sig. Bouillé
{Paleontologie de Biarritz, ecc., tav. T, fig. 9) è certamente una forma da questa
diversa.
Dall'esame comparativo dei fossili di Cabrières riferiti dal Sig. Fischer {Moli.
Foss. Mont.-Lébéron , tav. XVIII, fig. 9) alla N. Dujardini Desh. e dallo stesso
gentilmente comunicatimi , con quelli dei colli tortonesi qui descritti , ho trovate le
seguenti differenze: gli esemplari di Cabrières (N. 156 B) hanno: 1° la spira più
lunga e più acuta: 2° l'ultimo anfratto meno rigonfio e meno obliquo: gli anfratti
più convessi e più rigonfii verso la sutura posteriore; 3" il labbro destro internamente
liscio; 4" la scanalatura che accompagna posteriormente l'intaglio, più profonda.
Questi fossili hanno inoltre una certa analogia colla N. praeccdens Bell, dalla quale
tuttavia differiscono: 1* per il labbro destro smarginato nel mezzo ; 2° per gli anfratti
più convessi ; 3" per l'intaglio uguale a quello della presente serie; 4" perii labbro destro
internamente liscio.
Finalmente la forma figurata a tav. XVIII, fig. 8 dell'opera precitata, a mio parere,
deve essere affatto separata dalla K. Dujardini Desh. soprattutto per la spira più
lunga e più acuta, per le costicine longitudinali dei primi anfratti, rette , parallele
all'asse e protratte su di un mag^or numero di anfratti, per il labbro sinistro più
grosso e guernito all'interno di pieghe più grosse, per l'angolo che fa anteriormente
il labbro sinistro, in conseguenza del quale la bocca prende grossolanamente la figura
quadrata, per il labbro destro smarginato meno profondamente nel mezzo, per l'in-
taglio quasi apicale e più rivolto verso il doi-so dell'ultimo anfratto ed accompagnato
da una scanalatui'a più profonda.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, S" Agata-fossili, frequente; Coli, del
Museo e Michelotti.
13. Nassa pulcora D'.4nc.
Tav. I, fig. 24 (rt, h\
Distinguunt hanc speciem a iV. cnarctata Eicw. sequenles nolae:
Testa minor: spira loiigior, magis acuta. - Anfraclus primi longiores ; nìtimus minor ; omnes,
et praesp.rlim ullimus, postice ma(]is Inflafi. - Os poslice magis anguslatum et magis profitnde
rnnaUniìaiam ; lahrum sinistrum anlicc miiius dilalatnm, poslice stipra anfradum praecedetitem
magis productuin; labrum dt'.ileriun supra regioiwm itmhilicalem minus produclum: columella
minus excavata, antice rugosa; plica cnlumellaris antica minor.
Long. 20 mm. : Lai. IO mm.
246 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
18G1. Niissa Dujardini DODERL., Cenn. geol.terr.mioc. siip. [tal. cenlr., pag 105 (Tar. spira produdiore ;
anfiactibus suhcompressis).
1878. fil. pulclira D'ANC. in DE STEF. e PANT., MM.plioc. Siejiu, pag. 106.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S" Agata^fossili, frequente; Coli, del
Museo e Michelotti.
Pliocenp inferiore : Albenga-vallone Torsero, raro ; Coli, del Museo.
6" Serie.
Niicleus embrionalis (in illaesis) acutiis, longus, angustus. - Anfractus farum
convexi; ultinnts dimidiam longititclinem subaequans. - Superficies tota longitndi-
naliter ecostata. - Os postice angustatuvi et profunde canaliculatum ; labrum si-
nistrum postice depressum, antice arcuatum, incrassatum; labrum dextermn ultra
OS productum, regionem umhilicalcm recumbens, medio emarginatum , postice an-
gustatum, callosum: columdla subarcuata: rima ì^alde reflexa, postice subcarinata
et anguste canaliculata.
Nelle specie di questa serie la forma generale è più lunga e più stretta che in
quelle della serie precedente ; tutti gli anfratti inoltre mancano di costicine longi-
tudinali.
14. Nassa crassiuscl'la Bell.
Tav. 11, Cg. 1 (fl, 4).
Testa hnrja, aiifjmla: spira valde aciila, medio subinlìnla. - Anfraclus parum convexi,
longi; ullimus dimidiam loiifiiludinpm parum siiporans, aulire parum doitressiis. - Super6cies
tota laevis, excpplis sulcis nonnullis Iraiisvcrsis super partem anlicam ultimi anfractus de-
currenlibus. - Os ovaìi-elongalum, poslice profunde canaliculatuin; labrum sinislrum incras-
satum, subvaricosum, interius subdentalum; labrum dexlerum poslice projie labrum sinistnim
uttitìibircntiilum : columella arcuata, centra plicam anlicam subcallosa.
Long. 22 mm. : Lat. 13 mm.
Alla forma qui descritta è molto affine quella della Turrena cui il Millet diede
il nome di Nassa acuminata Mill. : le differenze che ho notate fra la forma della
Turrena e questa del Piemonte, dietro il confronto di esemplari tipici della prima che
mi furono cortesemente inviati dal Sig. Prof. Bardin, sono le seguenti: forma gene-
rale più stretta, più lunga, dimensioni minori.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro ; Coli, del Museo e Michelotti.
Pliocene inferiore : Vozza presso Alba, raro ; Coli, del Museo.
15. Nassa defossa Bell.
Tav. II, (ij; 2 (,<, b).
TesU subfu'iiformis, ventrosa, rcgularilor involuta: spira parum acuta, medio leviter
infiala. - Anfraclus vix convexi; ullimus anlice conlra rimam valde depressus , '/, circitor
lotius iontritudinis acquans : sulurae supertìcialos. - Siipcrlicics tota laevis, oxceplis sulcis
, DESCRITTI DA L. BELLARDI 247
nonnuUis super parlem anlicam ullimi anfraclus decurrenlibus ; anfractus ultimus longitudi-
naliler undulalus; tmdae 5 (& prope marginem oris vix notala), magnae, oblusae, irregularex,
ab interslitiis lalis separalae. - Os ovale; labrum sinislrum inlerius laeve, anlice vix dila-
talum; labrum dexlerum vix ultra os productum, postice parum incrassalum: columella parum
excavata. •
Long. 21 mm. : Lai. 12 mm.
Miocene superiore : Colli tortonesi , Stazzano, rarissimo ; Coli. Michelotti.
T Serie.
Nueleus emhrionalis hrevis, parvus, acutus. - Anfractus ultimus magmis, '/j
totius longitudinis subaequans, parum obliquus. - Superfìcies tota laevis. - Os po-
stice profunde canaliculatum ; labrum sinistrum incrastatum, exterius marginatuw,
varicosuìii, interius plicatum; labrum, dexterum filtra os productum, regionem um-
bilicalem late recumbens , medio profunde emarginatum, postice super anfractum
praecedentem usque ad suturam in callum magnum lacrymam simulans productum :
columella subarcuata, profunde excavata : rima terminalis, lata, profunda. a labiis
indistinctis circums cripta, postice canaliculata.
Ho formata una serie a parte coli' unica specie (jui dopo descritta per meglio
far risultare come essa per i suoi caratteri valga a collegare le forme della serie pre-
cedente con quelle della seguente. Infatti questa forma ha in comune con quelle della
prima la forma del labbro destro nella sua parte anteriore e media, e si collega con
quelle della seconda per la grossa callosità in cui lo stesso labbro si protende fin
contro la sutura posteriore in forma di una grossa lacrima, per il grosso ribordo
esterno del labbro sinistro, e per le sue dimensioni.
16. Nassa lacryma Iìet.i..
Tav. II, fig. 3 [a, b).
Testa parvula, depressa, rras'^a, obliqua: spira brevis, acuta. - Anfractus primi breves;
penuUimits major; nllimus inaMinits, "'/^ lolim longiludinis subaequans. - Superfìcies tota laevis.
- Os suborbiculare, postice angustatum et profunde canaliculatum ; labrum sinistrum incras-
satum, inlerius minute plicatum, postice in callum magnum cuntra suturam posticam penultimi
anfractus productum; labrum dexterum anlice incrassalum, lolam, et ultra, regionem umbilicalem
recumbens, medio profunde emarginatum: columella medio profunde excavata: rima brevis, lata.
Long. 9 mm. : Lai. 5 '/a mm.
Il Sig. Pereira da Costa ha pubblicata nella sua opera sui Gasteropodi terziari
del Portogallo col nome di Bucc. cuneanum Per. da Cost. (pag. 106, tav. XV,
fig. 17, 18) una forma che ha qualche analogia colla presente per la gi'ossa callo-
sità posteriore del labbro destro, ma che se ne distingue per parecchi caratteri, quali
1° l'intaglio anteriore che per la sua figui-a triangolare la chiama fra le forme della
XII Serie ; 2° la mancanza del grosso orlo esteriore del labbro sinistro ; 3" la presenza
di strie trasversali; 4° il labbro destro che non riveste tutta la regione umbilicale.
248 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEEZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, frequente ; Coli, del
Museo e Kovasenda.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Aadona, rarissimo; Coli, del Museo.
8' Serie.
Nucleus einhrionalis parvus, brevis, acutus. - Anfracfus ultimus magnus, '/j
totius longitudinis aequans vel super ans , depressus , obìiquus. - Super fìcies tota
laevis. - Os postice 2ìrofimde canal icuìatum: lahriim sinistrum incrassatum , ez-
terius marginatum, varicosum, subarcuatum , interius laeve vel vix rugulosum;
labrum dexterum plerumque crassissimuvi , ultra os latissime extensum, dimidium
anfractum ultimum et totani, vel magna ex parte, spiram recumbens: columella
subarcuata, profunde excavata : rima terminalis, lata, profunda , a labiis subin-
distinctis circum scripta, postice anguste canaliculata.
Il carattere essenziale delle forme di (questa serie è la grossa callosità in cui si
estende il labbro destro la quale ricopre una gran parte dell'anfratto, e si protrae
talvolta fin all'apice, o quasi, della spira: a questo caa-attere si aggiungano il grosso
ribordo esterno del labbro sinistro, l'ampiezza dell'ultimo anfratto e la brevità della
spira.
Specie tipica della serie N. gibbosula (Linn.).
17. Nassa magnicallosa Bell.
Dislinguuiil iianc speciem a N. gibbosida (Linn.) sequenles nolae:
Testa minor, cnissinr. - Aufrarlns nltiiniis aiitice magis obliqtms. - Labrum dcxlerum medio
emarqinalum, anticc fn(«<i.s-si»i<' callosum, jiostici' sujier dorsiim anfraclus nllimi miiius proditctiim.
Long. 13 Va mm. : Lai. 11 '/^ mn'-
1847. Nassa ijibbnsiila MICHTTI., Foss.mioc, pag. 2tO (in parte).
1847. Id. ili. E. SISMO.. 5//n., 2. eJ., pag. 99 (in parie).
18G4. fd. id. UODERL., Centi, tjeol. lerr. mioe.sii/>. Ilul.cenlr., pag. 105 (in parie).
1874. Buccinum gibbosulum COPI'., Cutul. .ìMt. mioc. e plioc. .Uoden. Coti. Copp., pag.- (in parie).
n carattere principale che distingue facilmente questa forma propria del miocene
superiore dei colli tortonesi dalla JV. gibbosuìa (Linn.), alla quale fu finora riferita,
è la maniera colla quale il labbro destro termina verso il dorso dell'ultimo anfratto.
Nella N. gibbosula (Linn.) il margine del labbro destro costituisce contro il doi*so
dell'ultimo anfratto un grosso orlo che, continuo, va regolarmente a guisa di una
varice dall'intaglio anteriore fino al suo incontro sulla spira coli" orlo esterno del
labbro sinistro: nella nostra specie al contrario l'orlo del labbro destro è a poca
distanza dalla sutura posteriore profondamente smarginato: la parte anteriore inoltre
del labbro destro porta una callosità molto grossa, che si estende dalla regione
ombilicale fino alla smarginatura predetta; la callosità posteriore è più piccola
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 249
dell'anteriore e si protrae d'ordinario fin quasi all'estremità della spira e talvolta lascia
allo scoperto i tre o quattro primi anfratti.
Pliocene superiore : Colli tortonesi , S" Agata-fossili , Stazzano , non raro ; Coli.
del Museo e Michelotti.
18. Nassa gibbosula (Linn.).
Tesla crassa, suborbicuìaris : spira brevis.- Anfraclus ullimus magnus, '/^ lolius longi-
iìidinh circiler «cf/»aK.s, dorso jileruinque gibbosus. - Labrum sinislrum subarcualum; labrum
dexlerum in callum maguum, irregulare, lulam, vel fregupnler maxima ex piirte, spiram recum-
hens, producliim, versus dorsum, ultimi anfraclus extensum; ibi per marginem crassum, continuum,
regularem, varicem simulantem, a rima antica ad labrum sinislrum decurrcntem, terminatum.
Long. 18 mm. : Lai. 12 nim.
1766. Buccinum gibbosulum LIXN., Si/st.Nat., ed. XII, pap. 1201.
1825. Nassa gibbosula DEFH., J)kt. Se. \al., voi. XXXIV, pag. ^45.
1826. Buceinum (jibbosulum PA\R., Catal. Moll.Curs., pag. 158.
SASS., Sagg. geni. Bue. lerz. Atbeiiga, pag. 481.
MAKC. DE SKItU., Ccogn.hir.tert., pag. 124.
BRO.NN, Ilal.lvrl.Geb., pag. 25.
JXfi. Calai. Coiteli, fuss., pay. 13.
E. SISMB., Syn., pag. 41.
TCHIHATCH., Omstit.geol. Prov. merid.Najites et Atee, pag. 210.
UESH. in I.AMCK., Jnim.s.varl. 9 ed., toI.X, pag. 181.
MICIIfTI., l'oss. mioc, pag. 210 (in parte).
E. SISMD., Syn., 2 ed., pag. 29.
REQ.. Calai. Coq. Corse, pag. 81.
D'OR»., Piorfc, voi. Ili, pag. 81.
CAI'ELL., Calai. Test. Spezia, pag. 60.
COXT., ^ronle Mario, pag. 34.
DODERL., Centi, geni. terr. mioc. sup. hai. ccntr., pag. 105 (in parte).
? 1867. Buccinum gibhosulum PER. DA COST., Gaster.terc.Porl., pag. 104.
? 1868. Nassa gibbosula FOREST., Calai. .Voli, plioc. Bologn.. I, pag. 47.
1868. Id. id. WEIN'K., Conili. .Mittclm, voi. II., pag. 55.
1869. Cgclops gibbosulum TAI'I'AR. CA>'EER., Ind. <>isl. .ìfoll. lesi. Spezia, pag. 28.
1870. Nassa gibbosula ARAI), e BENOIT, Condì, viv. mar. Sicil., pag. 295.
1870. Id. id. BELL., .VoH. /;«.«. /?/of, pag. 9.
1871. Id. id. COST., .afonie Mario, 2 ed., pag. 40.
1872. Id. id. ìlONTF.n., Condì, foss. di Monte Pellegrino e Ficarazzi, 1)3^.33.
1872. Id. irf. MONTER., jVf)«. Conr/i. merfirerr., p3g.49.
1873. Id. id. SEGVK7Ì7.., Forniaz. plioc. Ilal. mcrid., p3f. 300.
I87,\ F.ione id. COCC, F.num. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parm. e Piar., pag. 89.
1874. Buceinum gibbosulum COPP., Calai. Moli, mioc.-plinc. Moden. Colt. Copp., pag. 9 (a parie).
1875. Nassa gibbosula SEQUENZ., Formnz. plioc. hai. merid., pag. 276.
? 1875. Buccinum gibbum l'ONZ., Cronac. subapenn., pag. 91, 26.
1875. Nassa gibbosula l'AiNTAN., Jlli Accad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
1875. Id. id. MONTER., iVuoi'.fliV. Conc/i. mcrfilcrr., pag. 41.
? 1875. Id. id. BENOIST, Test. foss. de la Bride et de Saucatz., pag. 386.
1876. III. id. FOREST., Cenn. gcol. e paleont. plioc. ani. Caslrocaro, pag. 20.
1876. /(/. id. FISCII., Cnij. ree. et foi^s. dcs Cai'ern. de Fr. et de Lig., pag. 330, 334.
1877. Id. id. ÌIOST:ì:\\., Calai. Condì. Foss. Monte Pellegrino e F,cara:zi,f3g.31.
1877. Id. id. DE STEF., Slral. plioc. Siena, pag. 167, 169-171, 174, 263.
1878. filone id. DE STEF. e PA.XTAN., .Volt, plioc. Siena, pag. 99.
Serie II. Toji. XXXIV. »h
1827.
Id.
id.
1829.
Id.
id.
1831.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1844.
Na.tsa
gibbosi
Illa
1847.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1818.
Id.
id.
1859.
Id.
id.
1860.
Id.
id.
1864.
Id.
id.
1864.
Id.
id.
260 i Ì101,HS(HI DEI TERRENI TERZIAKII UEI, PIEMONTE ECC.
1878. Naasa gibhosula MONTER., Eiium. sistem. Condì, mcdiurr., pag. 43.
T 1878. Id. ili. BE.NOIST, Etag. tortoti. Gironde, pag. 3.
1880. Id. id. BRL'GN., Comh.plioc.CaUaiiisHIa, pag. 108.
1881. Eione id. COl'P., Paleiml. moden., pag. 37.
1881. Nassa id. PANTAM., .Moli, pliuc. foss. viv. Medilerr., pag. 68.
Varici* A.
Tav. II, Og. 8 (», h).
Testa crassior, brevior. - Anfracliis ultimus muijis obliiiuus : fjibba dorsi major.
Long. 13 min : Lat. 12 min.
VarirlA B.
Testa subdvata, longinr, angustiar. - Calliim fjitremum apicem si>irae ainpleclcus,
J.ong. 12 min.: Lai. 9 '/^ "'ni.
Varici» C,
Tav. 11, lig. G [a, b).
Testa minor: spira longior, viiigis acuta. - Aiifrartus primi liberi.
Long. 'J mm. : Lai. 7 mm.
Gli esemplari del pliocene inferiore di Vezza presso Alba e quelli del pliocene
superiore dei colli astesi, che ho (ini riferiti alla forma tipica, hanno dimensioni mi-
nori, abbenchò adulti, di quelle degli esemplari ordinari del Mediterraneo e la spira
relativamente un poco più lunga.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo.
Varietà A e B. — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, frequente; Coli, del
Museo.
Varietà C. — Pliocene supcriore: Colli astesi. Valle Andona, rarissimo; Coli,
del Museo.
19. Nassa ringicula Bei.l.
Tav. II, Cg. 4 (a, b).
Dislinguunl hanc speciem a iV. gibbosula (Linn.) sequenles nolae:
Testa minor: spira longior, magis acnla. - Anfraclus regulariter involuti, ultimus non gib-
bosus; 4 primi liberi.
Long. 1 1 mm. : Lai. 7 ram.
Questa specie si distingue dalle seguenti per la maggior lunghezza e regolarità
della sua spira, pel labbro destro il quale non si protende lino all'apice della spira
ma ne lascia liberi i primi anfratti, per la grossezza notevolmente maggiore del
ribordo esterno del labbro sinistro e per la maggior regolaiità colla <iuale crescono
gli anfratti.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo e Michelotti.
descritti da i,. bellardi 251
20. Nassa Soldanii Bell.
Tav. Il, fiR. 5 (<i, h].
Testa subovaia, angusta: spira brevis. - Anfraclus regulariler involuti; ullimus subgilt-
bosus, parum roitrosus, 3/j lolius longitudinis subaequans. - Os ovale, elongatum ; labrum
sinislrum subarciiatuni; margo exlernns lalus ; labrum dexlerum gracile, ad apicem spirae pro-
duclum, dorsi) ultimi anfraclus adnatum. non in marginem variciformem terminatum.
Long. 10 mm.: Lat. 7 mm.
1814. Hitccinum gMnsulum BKOCC, Comli. foss. sub., pag. 6.58, lav. XV, fig. 99.
Le dimensioni date sono quelle dell 'esemplare tipico del Brocchi che mi fu gen-
tilmente comunicato dalla Direzione del Museo civico di Milano e che è quello qui
figurato: (juelle di un altro esemplare, l'unico a me noto, oltre il tipo precitato, e
che proviene dalle vicinanze di Ventimiglia, sono minori (Long. 8 mm. : Lat. 5 mm.).
Oltre alle minori dimensioni, alla forma stretta e relativamente lunga, il carat-
tere proprio di questa forma sta nella sottigliezza del labbra destro e nel modo col
quale questo labbro Unisce sul dorso d(iir ultimo anfratto , al quale sta accollato e
sul quale non si rialza in un orlo grosso come nella N. gibbosula (Linn.).
Pliocene inferiore: ycvAirai^VA, raro; Coli, del Museo: Albenga (fiiìe Sa.tsii).
Pliocene superiore: YaMe Andona, rarissimo; Museo Civico di Milano (fiile Brocchii).
9» Serie.
Nucleits embrionalis minimus. - Anfraclus uU/inun dimidiam longitudinrm
acquans vel siiperans. - Siiprrficies tota, vel in parte, transverse striata et sulcaia,
longitudinaliter costata. - Os postice profundc canali culatum; [labrum sinislrum
incrassatum, varicosum, postice depressum, antice subarcuatum, postice supra an-
fractum praecedcntem plus minusve productum; labrum dexterum non ultra os pro-
ductum., inde regio nmbilicalis detecta: columella medio jyrofunde excavata, antice
sinistrorsum inflexa: rima lata, jrrofunda, postiee dilatata, reflcxa , a labiis bre-
vibus circumscripta, postice anguste canaliculata.
, Le forme raccolte in questa serie sono fra loro collegate da pai-ecclii caratteri
che ne costituiscono un gi'uppo alciuanto naturale: tali sono 1° il guscio notevolmente
grosso ; 2" la spira ordinariamente breve e molto acuta all'apice ; 3° il labbro sinistro
grosso , varicoso ed alquanto pi'olungato suU' anfratto precedente ; 4" la bocca pro-
fondamente scanalata nell'incontro del labbro sinistro col labbro destro; 5" il labbro
destro non, o (juasi punto, protratto oltre il piano della bocca ; 6° la regione ombi-
licale scoperta ed incavata; 7" la columella arcata nel mezzo ed incurvata all'apice
verso il labbro sinistro.
252 1 molluschi dei terreni terziari! uei, l'iemonte ecc.
21. Nassa subesi'ixata Bem,.
Tav. II, Cg. 9 (a, b).
Testa brevis, lata: spira brevis, ad apicem valile acuta. - Anfraclus convexiusculi,
postice levitpr infiali; ultimus masnus, ^'5 lolius longiluJinis subaequans : suturae paniin
profundae. - Ooslae longituilinalcs obluMi', rectae, asi Icstae subparatlelae, in primis anfructubus
numerosae, in duobus ultimis ohsolelae, in ullimo 2 vel 3, magnae , irrer/iilares, oblusae , prope
martjinem orisnuUae: slriae [Tànsversae in ullimis anfra/tubus nuUac; sulci 3-4 super parlem
anlicam ultimi anfraclus decurrenles. - Os poslire prolumh; canalicidalum , aiilice parum
dilataluiu ; labrum sinistrum valle incrassalnm, exlerius lale mnn/i/m/um , interius pluri-
plicatum, postice caltosum, super anfraclinn firarceilenlrm valile produclum; labrum dexterum
ultra OS vix et reguiariter produclum: columeila arcuala.
Long. 12 min.: Lat. 8 «/» mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese. Villa Forzano, raro; Coli, del
Museo.
22. Nassa Bowerbanki Michtti.
Tav. H, fig. IO (a, b).
Distinguunl hanc speciem a iV. subesulcala Bell, sequenles nolae:
Spira medio infiala. - Anfraclus longiores. - Superficics loia transverse sulcala; sulci an-
gusti, lineares, plerumque 9, inter se late dislantes; sulct\s prope suturam poslicam decurrent ab
aliis magis dislans: coslae longitudinale^ irregulares, uggne ad labrum sinislrum produclae, ibi
minores et numerosiores. - Labrum sinislrum super anfraclum praecedentem mtigis produclum.
Long, li mm. : Lai. 9 nini.
1817. Nassa Bowerbanki MlCllTTl., Foss. mine, pag. 211.
Varietà h.
Spira longior. magis acuta. - CoHae longitudinales minores, numerosiores.
Long. 14 mm. : Lai. 8 '/« i>n»-
La N. Boiverhanhi è strettamente collegata colla N. saUomacensis (May.) por
parecchi caratteri, ma se ne distingue soprattutto perchè la sua superficie è attra-
versata da solchi stretti e fra loro distanti, mentre che nella N. saììomacensis (May.)
la superficie è attraversata da solchi numerosi, profondi e larghi, i quali danno luogo
fra loro a costicine che corrono continue sulle coste longitudinali e nei solchi loro
interposti: inoltre nei fossili dei colli torinesi le coste longitudinali sono piii grosse
e meno numerose.
La varietà A segna vieppiù 1 "affinità delle due specie precitate per il maggior
numero e minor grossezza delle coste longitudinali, ma conserva tuttavia i solchi tras-
versali identici a quelli della forma specifica cui è riferita.
Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Termo-foui-à.
Baldissero-torinese, Val Ceppi, non frequente ; Coli, del Museo.
descbitti da i.. bellabdi 253
23. Nassa senilis Dod.
Dislinguunt liane speciem a N. Bowerbanki Michlli. sequenles oolae:
Testa aiir/ustior, lonijinr: spira lonffior. - Anfrartus ullimiis longior , prope marginem oris
depressiis. - Cosine bnr/itiidinales in primis anfraclubus numerosiores et minores, in ultimo 3 vel
4, magnae, noiliformes, ab inlerstitiis majoribiis separatae. - Os longius, angustius ; labrum sini-
strum postice valde depressus, super anfractum praecedentem minus prodticlum.
Long. 20 mm. : Lai. 7 mm.
18G4. Nassa senilis DODERL., Cerni, gcul. teir. mioc. sup. Itat. venir., pag. 105.
1874. Bucciniim iJ. COPP., Cutul. Moli, mioc.-plioc. moJen. Coll.Copp., pag. 2.
1881. Nassa iti. COPP., Paleotit.moilcn. pag. 33.
Pliocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo e del
Museo di Zurigo (Prof. Mayer) ; S'^ Agata-fossili , rarissimo ; Coli, del R. Museo di
Geologia di Palermo.
24. Nassa Basteroti Michtti.
Dislinguunt hanc speciera a N. Bowerbanki Michlli. sequenles nolae:
Testa minor. - Anfraclits ultimus brevior. - Coslae longilmlinales minores, numerosiores,
reclae, minus obliquae : sulci transìgersi numerosiores et profundiores. - Os brevius; labrum sini-
strum super anfractum praecedentem minus productum.
Long. 19 min.: Lai. 7 mm.
I8i7. Nassa Bastenti MlCUTTI , Fo.^s. micc, pag. 20C, (av.XVII, fig. 11.
1853. Buccinum relieulatum HOERN., UMl fnss. IVien, pag. 151, tav. XII, fig. 18 a, b.
? 1864. Nassa Basteroti DOUEIlL., Cenn. ijeot. lerr.mioc. siip.Ilal. centr., pag. 105.
1875. A/. i(l. KESOIST, Test, foss de la Brède et Saucalz, pa^.'Mi.
? 1878. Bttceinum id. .MAY., Dècouv. Cvinli. ù Coiujeria RhAne, pag. 13.
? 1881. Nassa id. COPP., Paleont. modeii., pag. 37.
Sgraziatamente l'esemplare tipico figurato e descritto dal Sig. Cav. Michelotti
andò perduto ; ed egli e con riualche esitanza che riferisco a questa specie due fossili
dei colli torinesi appartenenti al Museo di Zurigo, nei quali il numero delle coste
longitudinali è minore di quello che osservasi nella figiu-a precitata dell'opera del
Sig. Cav. Michelotti, specialmente sull'ultimo anfratto in prossimità del labbro sinistro.
Egli 6 appunto por questo motivo che ho creduto far bene a dare di questa
specie una descrizione comparativa colla N. Bowerhanki Michtti., e soprattutto perchè,
avendo avuto sott'occhio gli esemplari suaccennati dopo che le tavole erano disegnate,
non ho potuto darne la figiu-a.
Miocene medio : Colli torinesi , Termo-fourà ; raro : Coli, del Museo di Zurigo
(Prof. Mayer).
254 i molluschi pei terreni terziarii del piemonte ecc.
25. Nassa turgidula Bell.
Tav. II, Og. Il {a, b].
Dislinguunl hanc speciem a N. Bowerbanki Michlli. sequenles nolae:
Testa minor: spira longior, magis acuta. - Labrum sinistrum antice subangulatum, poslice
supra anfraclum praecedentem minus produclum.
Long. 12 roin. : Lat. 7 mm.
Varici* A.
Testa brevior, venlricosa.
Long. 10-11 '/« nim. : Lai. 6-8 mm.
VarieU B lao species distiogaenda?).
Anfractus poslice inflati , inde sulurae ma^is profundae. - Pars antica tantum ultimi an-
fractns transverse silicata. - Labrum dexterum aniice biruiialum. - Columella magis profunde
excavata.
Long. 1 1 mm. : Lai. 6 mm.
Questa forma, che ho ci'eduto dapprima doversi riferire alla N. aquitanica (May.),
e che la rappresenta nel miocene medio dei colli torinesi, ne è bene distinta da molti
caratteri che ebbi occasione di esaminare in parecchi esemplari di Saucatz gentilmente
comunicatimi dal Sig. Prof. Mayer del suo Buco, aquitanicum.
I caratteri dififereuziali sono i seguenti: 1° dimensioni maggiori; 2° guscio più
grosso ; 3° spira meno lunga , rigonfia nel mezzo : 4° anfratti meno numerosi e più
lunghi ; 5° coste longitudinali più grosse , meno numerose , più ottuse , ed oblique ;
6° bocca più stretta e più lunga ; 7" labbro sinistro depresso posteriormente.
Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Baldissero-torinese , raro; Coli,
del Museo.
26. Nassa acuminata Bell.*
Tav. II, fig. 13 (<i, l>).
Tesla sublurrila: spira longa, valde acuta, regulariler involuta. - Anfractus convcxi;
nìtimus dimiiiiam longiliidinem anqutins, venlrosns, aulire ralde depre.^sus. - Suporlicies in primis
anfraclubus longilutliiialiler costala, in ullinio ecoslata; coslae cn-brac, obtusae, obliquae, ab
interstitiis auguslis Sfparatae: slriae Iransversae obsoletae, passim pcrspicuae : pars postica ultimi
anfractus lacvis, pars antica transverse mullisulrala ; sulci lati. - Os suborbiriilare? ; labrum
sinistrum arcuatum?; labrum dexterum ultra os breviter pt regulariler produclum: columella
aniice valle excavata, ad apicem dislincle sinistrorsum curvala.
Long. 10 ';, mm.: Lai. 5 '/, mm.
Quantunque l'unico esemplare a me noto di questa specie sia molto imperfetto,
mi parve tuttavia meritevole di essere descritto per la singolarità dei suoi caratteri
Miocene medio : Colli torinesi, Sciolze , rarissimo ; Coli. Michelotti.
descritti da l. bellardi 255
27 Nassa Mayf.ri Bell.
TaT. Il, fig. 16 {a, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. tumida (Eicw.) sequenles nolae:
Testa brevior, ventraia: spira brevior, magis aperta. - Anfractus omnes longiturlinaliter costati,
vix ultima terlia pars ultimi anfractus anlice ecostala; cosine numerosiorrs , magis regulares,
miiwres, in ultimo anfractu siibsinnosae. - Columella ad apicem sinistrorsum minus incurvala.
Long. 10-18 mm. : Lat. 6-10 min.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba , non raro ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore : Colli astesi, nelle sabbie azzurre , raro ; Coli, del Museo.
28. Nassa tumida (Eicw.)
Tav. II, 6g. 13 (a. b).
Testa lurrila, suliregularitcr involuta: spira longa, valde acuta. - Anfractus convexiu-
sculi ; ultimus dimidiam longiludineni subaequans, anlice salis depressus : suturae parum pro-
fundae. - Superfiries nitida, longitudinaliter ceciata et transvprso costulala : coslae longilu-
dinales plerumque 10, magnae, a sulcis lalis et profundis separatne, ante margincm oris eva-
nescenles ; costulae transversac in ullimis anfraclubus ohsolelae. subnullae: pars antica ultimi
anfractus Iransverse costulala; costulae angustae, inler se valde distantes, 3 plerumque
majores. - Os axi testae obliguum, subovale; labrum sinistrum incrassatum, variciforme, po-
slice depressum, antico subarcualum, interius denlatum; labrum dexterum crassum, poslice
plerumque uniplicatum, contra pìicam columellarem anticam valde prominentem callosum; co-
lumella valdf contorta, ad apicem sinistrorsum inflexa : rima valde recurvala el obliqua.
Long. 10-20 mni. : Lat. 5-10 mm.
1830. Nassa liimidn EICW., X.ilur/iisl. Skizze, pag. 993.
1830. W. Xhorzewski A>"1»R., Bull. Moscou, voi. II, pag. 96. tav. IV, Og.4.
1837. W. id. PUSCII, Po/./«i/uonJ., png. 193, lav. XI, fig. 7 a, i.
1859. Buccinum tumidtim EICW., Lelli. ross. Period.mod., pag. 170, tav. VII, fig. 6 o, 6.
1864. Nassa bufo DODEUL., Centi, geol. Ieri: mioc.sup. Ilal.centr., pag. 105.
1868. Id. id. POi^EST., Calai, lì/oli. plioc.Bologn., l, pag. 4T.
1869. Buccinum Dujardini var. 3 MANZ., Faun. mioc. Alt. Ilal., pag. 13.
1874. Id. bufo DE STEF., /•■»*.(. />/ioc. &. .ì/mi<ifo, pag. 35.
1874. Nassa Ba.steroli var. bolUnensh, TOURN., Tcrr.terl. T/iezier, pag. 307, lav. IX, fig. 10.
SEGUENZ., Form, plior. ìtal. merid., pag. 976.
PANTAN., Alt. Accad. Fisiocr. Siena, pag. 4.
FONTAN., Élud.strat.et pal.Terr.tert.Bass.du Rhóne, pag. 17, 91, 40, 69.
DE STEF., .Stral. plioc. .Siena, pag. 163. 166, 180, 186.
DE STEF. e PANTAN., Muli. ptioc. Siena, pag. 106.
COPP., Paleonl. moden., pag. 37.
1875.
Id.
bufo
1875.
Id.
id.
1876.
Id.
Basterò ti
1877.
Id.
bufo
1878.
Id.
bollenensis
1881.
Id.
corniculu
Varietà A.
Testa brevior: spira magis aperta.
Long. 13 mm. : Lat. 8 mm.
Varietà B.
Tav. II, fig. 14 (a, 4).
Contai' longiludinales in nufrartulus inlermediis tum ohsolelae, lum nullae, in ultimo pau-
ciores, majores, irregulares. - Os nxi testae minus obliqnum.
Long. 12-17 nini : l.al S-IO.
256 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARIl HEL PIEMONTE ECC.
VarieU C.
TaT. Il, fig. 15 (a, b).
Spira longior, aculior. - Superlicies Iota ecoslala.
Long. 17 nim. : Lai. 9 nini.
Le diverse forme qui descritte richiamano alla memoria per la loro fisionomia
generale e per la molteplicità, e natura delle modificazioni che presentano la N. corni-
culum (Oliv.) dei nostri mari attuali.
Avendo paragonati fra loro un buon numero di esemplari delle forme fossili con
molti della specie vivente, riscontrai tra loro le seguenti differenze :
Nella forma fossile il guscio è d'ordinario più grosso, la bocca più breve e più
larga, la columella notevolmente più contorta e più profondamente depressa nel mezzo.
Finora non fu trovato, che io mi sappia, nei terreni terziarii del Piemonte e della
Liguria alcun fossile clie si possa riferire alla N. cornicuìxm (Oliv.) della fauna
attuale.
Miocene siqìeriorc : Colli tortouesi, Stazzano, S'* Agata-fossili, non frequente; Coli,
del Museo.
Pliocene siiperior e: QioWì astesi, Valle Andona, non frequente; Coli, del Museo.
Varietà A. — 3fiocene superiore: Colli tortonesi , S'^ Agata-fossili, non fre-
quente ; Coli, del Museo.
Varietà B. — Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese , rarissimo; Coli,
del Museo.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, raro ; Coli, del Museo.
Varietà C. — Miocene superiore: Colli torton&si, S'" Agata-fossili, rarissimo;
Coli, del Museo.
10» Serie.
Nucleus embrionalis hrevissimus, acuius. - Anfractus depressi ; ultimus dimidia
longitudine longior. - Superfìcies in primis anfractubus longifudinaliter costata, in
aliis laevis. - Os postice canaliculatum ; labrum sinistrum incrassatum praesertim
postice, interius plicatum, jìostice depressum, antice subnrcuntuni ; labrum deateruni
crassuni , parum et nniformiter ultra os productmn: columella medio excarata ,
antice rugata: rima antice angusta, medio et postice dilatata, subtriangularis, a
labiis indistinctis circumscripta, dorso rcflexa, postice vi.v canaliculata.
Ho isolata questa forma per meglio far risultare il passaggio da quelle prece-
denti alle seguenti : il principale carattere della serie è la spessezza e la forma del
labbro destro, il quale per tutta la sua lunghezza si estende notevolmente ed unifor-
memente al di liV del jiiano della bocca , lasciando però scoperta in parte la regione
ombilicale.
descritti da l. bellardl 257
29. Nassa toberifeba (May.)
Tav. II, fif;. 17 (n, b).
Testa crassa, subfusiformis : spira medio leviler excavata. - Anfractus complanali, cantra
suturam poslicam .lubmarqiitali ; u\[\m\is ma^nas, ^/j lolius longiludinis subaequans, venlrosus.
- Superticies in duobus primis anlraclubus longiludinaliler costala et transverse coslulata,
in caeleris lacvis, exceplis sulcis transvcrsis 5, panini profundis, inter se satis dislanlibus,
in parte antica ultimi anfractus decurrenlibus. - Os subovale, obliquum ; labrum sinistrum
incrassatum, poslice depressum , inlerius inaequaliter plicatum; labrum dexlerum anlice in
fauce triplicatum, poslice uniplicalum.
Long. 18 mm. • Lai. IO mm.
1813. Bucciììuin liiheriferum MAY., Journ.dc Conili., voi. XXI, pag. S89, tav. X, fig- 3.
L'esemplare figurato nella presente monografia è più piccolo dell'esemplare tipico
descritto e figurato dal Sig. Prof. Mayer, ed ha gli anfratti un poco più convessi e
la piega posteriore del labbro destro meno grossa.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo e del
Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
11' Serie.
Nucleus embrionalis breoi.s, obtusus. - Anfractus ulfimus dimidia longitudine
ìongior. - Superficies subtota laevis, longitudinaliter obsolete costuìata in primis
anfractubus, subccostata in ultimo. - Os postìce vix canal iculatuin ; labrum sini-
strum incrassatum, postice .^upra anfractum praecedentem j)roductum, inferius pluri-
plic.atum, subarcuatum; labrum dexterum latissime ultra os productum, fofam re-
gionem umbilicalem amplectens, postice fere usque ad suturam praecedentem pro-
ductum : eolumella medio profunde e.vcnrata: rima suhtrinngularis, antice angusta,
postice dilatata, profunda, a labiis subindistinctis circutnscripta, non jwstice cari-
nata, nec canaliculata.
La grande espansione del labbro destro distingue questa serie dalla precedente ,
ed il ricoprire che questo labbro fa intieramente, ed oltre, la regione ombelicale, la
separa dalle forme delle seguenti: la forma del nucleo embrionale, breve ed ottuso,
la disgiunge dalle altre afiìni per gli altri caratteri.
30. Nass.\ BiFonms Bei.l.
Tav. Il, fig. IS (rt, b).
Testa crassa, subfusiformis; spira subdecollaUi. - Anfractus convexiuscuii; ultimus di-
luidiam lonj^itudinom parura superans, anlice salis depressus: sulurae superficiales. - Super-
ficies nilen.i, lacvis, in aiifraclubus primis Inngiludiualiler costala; costae maf;nae, obtusae, a
sulcis anguslis soparatae , reclae , axi lestae vix obliquae: anfractus 2 ultimi subecostali;
ultimus antico Iransverse 7 sulcatus. - Os suborbicularc, poslice vix canaliculalum; labrum
Serie II. Tom. XXXIV. 'i
258 1 MOLUSCHl DEI TERRENI TKRZIARII DEI, PIEMONTE ECC.
sinislruiu subarcualum, exterius marginalum, iiilerius plicaluni ; labrum dexlerum in ralluni
lalissimiim, Mani reginnem umbilicalem rccumbeii.i, postica (ere usqui' ad xuluram posticam an-
fraclus praeceilfiilis produclum, aniice in fauce hiruijnlum : columella medio profiinde excavata.
Long, io min.: Lai. 'ò mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S"* Agata-fossili, rarissimo; Coli, del Aluseo.
12» Serie.
Nucleus embrionalis winimus, ncutun. - Anfractns ultimus d ini idi ani longitii-
dineni aeqnnns vel stibaeqiians. - Superficieiì ìovgiiudinfiìiter contata vel costuhita ,
transverse striata vel silicata. - Os postice angustatuni , canal icidatum ; lahrinii
sinistrum incrassattini , interius plicattim; labrum dextcrum ultra os plus minusve
productnm, regionem umbilicalem in jxtrfr tantum recumbens, postice plus minusve
extensum : columella medio prnfunde excavata, ad apicem sinistrorsum plus mimisve
incurvata: rima subtriangularis , antice angusta, medio et postice dilatata, a
lahiis brevibus circumscriptn, recurva, postice canaliculata.
La figura triangolare (lell'iutaglio, stretto all'ingresso e largo in fondo, là regione
ombilicale per la massima parto scoperta, cioè non rivestita interamente dal labbro
destro che ivi è alquanto ristretto, e la dilatazione posteriore più o meno ampia del
labbro destro sono lo note caratteristiche di questa serie.
A. I.iibrum devlernin medio salis diliitaluiiu poslìct; pariim productnm.
Nelle forme raccolte in questo gruppo il labbro destro ricopre per buona parte
la regione ombilicale. e poco si protrae posteriormente, ma si protende alquanto nella
regione mediana.
31. Nassa Bohsoni Bell.
Tav. II, fig. 19 ,1, i).
Tesla crassa, subfusiformis: spira longiuscula , parum acuta. - AnfracUis romplanali ,
cantra suliirain poslicatn leviler inflati; ullimus '/, lolius longitudinis subaequans, aniice salis
dcprpssus: suturae parum profumlai?. - Coslao longiludinnios panivi obliquae in primis an-
fracluhus, inaiiis in ultimo, subarnialae rontra sidiirnm posticam, oblusao, al) inlorstitiis aiipu-
slis separalae, numerosae in primis anfraclubus , majores et paiiciores in penultimo et praeserlim
in prima dimidia parte ultimi, miniilae, numerosae H ab interalitiis aiifiustis separatae in ultima
diinidia parte ultimi anfraclus, seii prupe marginem uris : coslulae Iransvorsae ^ vel 4 dele-
clae in primis anfraclubus, Il in ullinio, iwcepla iiostica majore omnes unifurines , a sulco
lato et pliinulato siparatae, in intrrsliliis coslnrum lonfiiliidinalium valile prominenles, .vi//)"/-
coslas lonyitudinaics ohsolrlae ; margo suturae posticae late eiostiilalus. - Us subovale ; labrum
sinislrum subarcualum, postice super anfrac'.um praecedetilem parum productnm ; hhrum dexle-
rum rrassum, aiitic" regionem umbilicalem in parie recumbens medio magis extensum quatti pò-
.itice: columella prol'unile ineiiio excavala, antice plicata, medio rugulosa.
Long. 15 min.: Lai. 9 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELIjARDI 259
32. Nassa Copph Bell.
Tav. II, C^r. 20 {a. b).
Testa crassa, subovaia: spira ad apicem valde acuta, medio infiala. - Anfractus com-
planali; ullimus magnus, dimidia longitudine longior, antice valde depressus : sulurae su-
perliciales. - Costae longituiliiiales in primis anfraclulms obliisae, parum prominenles obliquae,
ab inlerstittis aiifjìistis et parum profundis separatae, in anfraclubus mediis obsoletae, in ultimo 8,
magnae, tnagis obliquae, subsinuosac, ab interstitiis latis et profundis separatae: coslulae Irans-
ver-sae in primis anfraclubus anguslae, prominenles, super costas iongiludinales decurrenles,
in anfraclubus mediis et ullimn latae, depressae, a sulco minuto separatae: sulci antici ullimi
anfraclus numerosi ci profundi. - Os subovale, poslice angustatum el canaliculalum ; labrum
sinislrum inrrassalum. praesertim pnstice. supra anfractum praecedentem aliiptanto produclum,
inlerius plicalo-denlalum. poslice depressum. anlicc subarcuatura; labrum dexterum crassum.
callosum, medio magis produclum guam poslice: columella medio profunde excavala , anlice
birugala.
Long 18 nim. : Lai. IO '/s 'H'"
I caratteri principali di questa forma sono l'obliterazione delle coste longitudinali
sugli anfratti mediani, e hi notevole dilatazione del labbro destro nella sua re<'ione
mediana.
Miocene medio: Colli torinesi. Monte dei Cappuccini, rarissimo: Coli. Rovasenda.
33. Nassa subreticulata Bell.
Tiiv. 11. lii;. i\ [a. II).
Dislinguunt liane specieni a lY. rcticulala (Linn.j sequenles nolac:
Spira brcvior, magis aperta. - Costae longitudiuales in ultimo anfractu suhsinuosac, majores,
ab interslitiis profundis separatae. - Os brevius , suborbiculare ; labrum sinistrum arcuatum ;
labrum dexterum pnstice minus produclum: rima a lahiis brerissimis circunscripta , pnstice non
canaliculata.
Long. 16 mm. : Lai. 10 mm.
Miocene medio: Colli torinesi. Baldissero-torinese. Bersano. Rio della Batteria,
raro: Coli. Rovasenda.
34. Nassa speciosa Bell.
Tav. Il, fig. 92 (a, 4).
Tesla brevis, subovaia: spira brevis , parum acula. - Anfraclus vi\ convexi; ullimus
mugnus, dimidia loniftludine longior, antice valde depresius. - Coslae Iongiludinales magnae,
valde prominenles, ab inlersliliis anguslis separalae , obliquae, plerumque 15 in ullirao an-
l'raclu, prope margivcm oris minnres et numrrnsiores: sulci Iransversi angusti, profundi, costas
Iongiludinales secanles, imk saperficies decussalo-granosa. - Os suborbiculare, poslice an''usla-
tum el profunde canaliculalum; labrum sinislrum incrassalum, poslice depressum, anlice
subarcualum , inlerius pluri-plicalum ; labrum dexlerum antice ei medio ultra os satis pro-
duclum, aulire in fauce birugatum , poslice uniplicatum : columella medio profunde excavala:
rima a labiis brevissimis circumscripta.
Lon». 10 mm. : Lai. 7 mm.
260 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEf, PIEMONTE ECC.
Le minori dimensioni, la spira più aperta, le coste longitudinali più numerose, i
solchi trasversali più larghi , più profondi e più frequenti distinguono questa fonna
dalla precedente.
La maniera, colla quale il labbro destro si estende sull'ultimo anfratto l'allon-
tanano dalla N. Basteroti Michtti. , oltre ai caratteri della serie cui appartiene.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi , non frequente :
Coli, del Museo e Rovasenda.
35. Nassa porrecta Bell.
Tav. [I, fis. 23 (a. b).
Tesla rrassa: spira longa, ad apicrm valile acuta, medio excavata, ilein maais aperta. -
Anfraclus complanali; ullimus diinidiam lonjiiludinem aequans, anlice parum depressus ;
sulurae superficiales. - Coslao longitudinales obtusae, lalae, reclae, ohliquae^ in vllimu an-
fracltt xubarcuatae, prope marfiiiiein (iris minores ri numerosiorcs: sulci Iransversi 5 in priini.s
anfraclubus, 13 in ultimo, angusti, unifonnes, inter se aeqiiidistanles, in inter-^lilia eoslaruni
et super coslas cnnlinui - Os ovale; labrum sinistrum subarcualum, inlerius incrassalnm et
viagni-plicalum : labrum dextenim crassum, praeserlim postine, anlice rugulosum.
Long. 10 mm. : Lai. 6 mm.
VarIplA A.
Testa brevior : spira magis aperta, midiu vix excavata.
Long. 9 mm. : Lai. 5 '/« ni'".
Miocene .superiore: Colli tortonesi. Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo.
36. Nassa Melii Bell.
Tav. Il, fig. 54 (a, b).
Testa lirevis, subovata: spira parum acuta. - Anfraclus vix coiivexi ; ullimus magnus.
dimidia longitudine longior, ventrosus, anlice salis depressus : sulurae parum profundao. -
Coslae longiludiiiales obtusae, magnae, parum prominentcs, ah inlrrslitiis angustis et parum pro-
fundis separalac, reclae, axi lestae subparallelae , super ultimam dimidiam parlcm ultimi an-
fraclus obsoletae: sulci Iransversi minutissimi, super coslas longiludinales decurrenles, ab inier-
stiliis lalis separali, 4 vel 5 in primis anfraclidius perspicui, 12 in ultimo. - Os suborbiculare,
poslice anguslalum, vix canaliculalum ; labrum sinistrum incrassatum, praeserlim pnstice, sub-
arcualum, interius irregulnrilcr paiiri-rugutum ; labrum dexlerum valde incrassatum, poslice
conlra labrum sinistrum callosum, versus suturam poslicam anfraclus praecedenlis valle eTtensuw:
columolla medio prnfunde excavata, anlice irirugala: rima a labiis subnullis cirrumscripla.
Long. 7 '/« '"I". '■ I-^l- 5 ""11.
Miocene sitji/r/ore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli, del Museo.
// Labriiiii dexlmim medio, et prae.sfriìm [losiice, late, cxlcnsiini.
In questo gruppo il labbro destro è poco esteso sulla regione ombilicale per modo
che buona parte di (juesta rimane scoperta, ed è alquanto dilatato nella regione me-
diana e dilatatissinio nella posteriore.
descritti da l. bellardi 261
37. Nassa laxesclcata Beli..
Tav. Ili, fig. 1 (a, b).
Testa lurrila: spira lonr/a, valde acuta. - Anfraclus convexi, poslicfi leviter iiillati; uUimus
dimidiara longitudiiiem subaequans, parum injlatus , anlicc salis depressus: sulurae salis
profundae. - Costae longitudinales magnae, oblusae, rectae, axi teslae suhparallelae, ih o»/"ra-
ctubus primis numcrosae , in mediis pnuciores, mnjores, versus marginem oris obsoletae, contra
manjinem oris nonnullae minores et magis inler se proximalae: sulci Iransversi minuti, in aii-
fractubus mediis et ultimo inter se valde dislanles. - Os suborbiculare, poslice angustatum;
labrum sinistrum incrassatum, exlirius marqinnlum, intcrius pluri-plicalum, anlice arcualum,
poslice depressutn, super aiifraclnm praeceileiitrm valile produclum; labrum dexterum anace e(
medio parum ultra os produclum, poslice incrassatum, nallosum et late produclum: columella
medio profunde excavala, antice triplicala: rima a labiis brevissimis circurascripla.
Long. H min.: Lai. 5 '/« mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
38. Nassa becticostata Beli..
Ta%. Ili, fi;,'. 2 {a, h).
Distinguunl hanc speciem a N. reticulala (Linn) sequenles notae :
Testa minor, ijracilior: siiira mngis nenia. - Anfraclus ultimus brevior. - Costae ìongitudi-
nales minores, compressae, ab intersliliis lalioribus separatae, rerlae, axi teslae paraltclae; striae
transversae minulac, uniformes, numernsae, inler se aeijuidistantes, contiguae super costas longi-
ludinales decurrentes, 10 in primis anfractuhus perspicuae , 22 in uìlimo. - Os brevius, suborbi-
culare ; labrum dexterum super regionem umbilicalem magis produclum.
Long. H mm.: Lai. 6 mm.
Avendo paragonato questa forma colla N. unì fasciata Kien. {N. encaustica Brus.)
e colla N. costui ata (Ken.), delle quali mi furono comunicati parecchi esemplari
pescati nell'Adriatico sulle coste di Dalmazia dal Sig. Prof. Brusina. ho potuto con-
statare nella forma fossile qui descritta le seguenti differenze dalle due precitate specie
della fauna attuale.
La prima delle precitate forme viventi differisce dalla fossile: 1° per essere più
stretta e più lunga ; 2° per avere il labbro sinistro più depresso ; 3" per le coste
longitudinali più numerose, separate da solchi più stretti, rette, quasi parallele al-
l'asse; 4° per i denti del labbro sinistro più piccoli e più numerosi; 5° per le pieghe,
0 rughe, anteriori della columella più piccole e più numerose; 6° e per il labbro destro
più sottile ed accollato pel suo margine posteriore alla superficie dell'ultimo anfratto.
La seconda : 1° per le coste longitudinali più numerose, separate da solchi più stretti,
e sinuose nell'ultimo anfratto; 2° per l'ultimo anfratto più rigonfio; 3° per la sca-
nalatura anteriore meno profonda; 4° e per il labbro posteriore dell'intaglio brevis-
simo, quasi nullo.
Pl/oecne super iore : Colli astesi, Valle Andona. rarissimo : Coli, del Museo.
2(j2 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL J>IEMONTE ECC.
39. Nassa atava Bell.
Tav. Ili, fig 3 (a, b).
Dislinguunl liane speciem a N. reticulata (Linn.) sequenles nolae :
Testa minor, gracilior. - CoHae loìigiludinalex compresme, minofcs, subnrcualae in omnibus
anfraclnbiis : sitici transversi numerosiores, minits profundi, inaequnles, obsoleti in primis anfra-
clubiis et super coslas luiigiluilinales. - Os suhorbirulare ; labrum dexterum anline magis pro-
ductum: rima a labiis longioribus circumscripta.
Long. 10 mm.: Lai. 6 mm.
Pliocene superiore: Colli astesi; Valle Andona, rarissimo; Coli, del Museo.
40. Nassa corrugata (Bbocch.1.
Tav. Ili, fig. 4 >, A).
Dislinguunl hanc spccieni a N. reliculala (Linn.) sequenles nolae:
Testa multo minor, venlrosa: spira breiiior,maiiis aperta. - Costae loiujitudinales pauciores,
compressae, tnagis prominenles , obliquae, subnrcualae: salci transversi nunwrosiores, inler se
inaequaliler dislanles. - Os brevius, latius, suborbiculare; labrum si nislrum arcualum, non poslice
depressum; labrum dcxti'Tum super regionem tmibilicalem mnijis productum : colamella arcuala.
Long. 8 min. : Lai. 5 mm.
1814. Baicinum corriigatum BROC.CH., Conch. foss. juh., pa;;. 652, lav XV, fig. 16.
1897. Id. id. S.'i'^S, Sagg.geol.Bac. tei z.Jlbenga, pa^ASt.
1829. Id. id. MARC. DE SERU.. fJfojn./m-. /fi-f. png. 152.
1831. Id. id. BRON.N, /(a/. (cr^.-t-'cA., pag 23.
1870. Nassa corrugata BELL, Catat. .Vvll. fiss. Biut, pag. 9.
1875. W. id. PANTA.N., Ul. Jccad. /L'Hitler. Siena, \o\.V\\. pas^. i.
Gli esemplari di Villalvernia collimauo esattamente con quelli della CoUezioue del
Brocchi coi quali li ho paragonati.
Pliocene inferiore : Albenga (firlc SassH).
Pliocene superiore : Villalvernia presso Tortona-regione Fontanili, non rare ; Coli,
del Museo.
41. Nassa antioca Beh..
Tav. IH, fig 5 (<i, Al.
Dislinguunl hanc speciem a N. reticulata (Linn.) sequenles nolae:
Testa venlrosa: .'ìpira magis aperta. - Aufractus ullimus magis inflatus. - Costae loiigitu-
ilinales majores, in ultimo aufraclu dislincle sinunsae: siilei /ninvtiflr.si profiindiores, numcrosiores,
5 vel 6 in primis anfractubus perspicui, 12 vel li tu ultimo. - Labrum sinislrnm mimts
depres.iuin, subarcualum ; labrtim dexterum super regionem medianam et praesertim super po-
sticam magis productum.
Long. 22 mm. : Lai f,3 min.
Pliocene superiore: Volpedo presso Voghera, non frequente; Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 263
C. Labriiin dexleium antìcc iirevissime, {toslìce lalissìme, ultra os prodiictom :
re£!Ìo umbìlicalis subtota detecta.
Nelle forme di questo gruppo il labbro destro è poco esteso anteriormente per
modo che la regione ombelicale è quasi tutta scoperta , lo è poco parimente nella
regione di mezzo e moltissimo nella posteriore.
42. Nassa beticulata (Linn.).
Tav. HI, fig. 7 («, b).
Testa crassiitseula : spira loiiga. - .\nfractus complanali ; ullimus dimidiam longitudinem
subaequans , antice valde dei)ressus: sulurae parum profundae. - Coslae longiludinales in
primis anfracluhus numerusae, ab inlcrsUliis parum latis separalae, oblusae, subreclae, vix leviler
obli(]uae; in lUliino plerumque 20, mdjoriis, ab iulersliliis lalioribus separalae, subsinuosae : s\ì\ci
Iransversi angusti, iiUer se aequiilislantes , conlinui , 3 vel 4 in primis anfractubus perspicui,
10 plerumque in ullimo. - Os elongalum, angusluni ; labrum sinislrum extei-ius maroinalum,
iìileriiis iiicrassalum , magni-plicalum, pnstice (li'pretsum, parum supra nnfractum praecrdeiitem pro-
duclum, antice subarcualum ; labrum dexlerum coiUra regionem umbilicalem incrassatum, angu-
slum, postici late expansum, tutum, vel in parte ])raeserlim antica, rugatum : coluniella medio
profunde excavala, anlice subrecla : rima lata, axi leslae valde obliqua ; labia riraae versus
dorsum ullimi anl'raclus valde revoluta.
Long. 20 mm. : Lat. 1 1 mm.
1758. Buccinum relicutalum LlNN., Si/sl. Nat., ed. X, pap. 740.
1799. Id. id. OLIV., Zoo/, flrfrm/., pag. 144.
1814. ld.(Nassa]i<l. BUOCCH., Conili, foss. sub., pag.3.36, tav. V, fig. 11.
1817. Id. id. DEFR., W/ct. AC. nn»., voi. V, pag. 402.
1823 2!). Id. id. DELLE CHIA. in POM, Test., voi III, pari. 9, pag. 47, lav. 47, Cg. 1, 9.
1825. Nassa retiailatn BAST., Mei». Boni., pag. 48.
1825. Id. id. DErn. ,«««.&. «n«., voi. XXXIV, pag. 241.
1826. Planaxis id. UISS., Prod. Europ. mérid., voi. IV, pag. 173 (/trf« BRONNI).
? 1826. Id. mamiltala RISS., Prorf. &/io;>. »i( Virf., voi. IV, pag. 178, fig. 199.
1826. Buccinum lilii-alatum PAYR.. CiUal. Muli. Cors., pag. 156.
id. S\SS., Siiiig.geol. Bue. Urz. Albcnga. pag. 481.
id. MARC. DE SERR., Geogn. terr. tert., pag. 122.
lotorutum EICVV., Naturh.-Skizz., pag. 229.
relirulatum BRON.N, Ital.lerl.-Geb., pag. 22.
id. JAN, Cutul. Conili, fus.i., pag. 13.
id. DESK., EtpcJ.sc.df .Moiei- Znol., pag 196.
? 1833. .Vassa pule/iella ANUR., Bull. Mo.scou, VI, p. 438, lav. XI, fig. 2.
1836. BuiTinuin reticulatum l'IllL., M(dl. Sic, voi. I, pag. 220.
? 1837. Id. id. DL'J., .W/H.jeo/. iTouj-., pag. 297.
? 1837. /,/. variabile Dl'J., il/em.j^o/. iTour., pag. 998, lav. XX, fig. 4.
1837. /(/. reticulatum ll\S\NG., Letti, svecica, pag. ii.
1837. Na-ua retiiulula PL'SCH, l'ul. Palàunt., pag. 123.
1838. Id. id. GRAT., Catal. yen. et Imert. Gironde, pag. 41.
18.38 Bui cinum reticulatum S(;ACr.ll., Cutal. Coiteli. Ncap., pag. 11.
18.38. Nassa reticulata FORB., Calai. Moli. Iste o/Wau. pag. 24.
1841. Buccinum reticulatum CALC, Cimeli. fo.\s. Altavilla, pag. 63.
1842. Id. ' id. E. SI.SMD., Syn., pag. 40 (in parie).
1812. /(/. id. MATII., O'^i/. mc/A e( rfe.Tir. Fd.vj. Boi(f/i«.t-i/u-A'Adnf, pag. 394.
1812. /,/. id. 1 CH\H, \TCAÌ. , Constil.gèol.Proi-.inérid.Naples et Nice, pag. no.
1844. Id. id. PUH... j»/o//.S)f., voi. II, pag. 191.
1827.
Id.
1829.
Id.
? IS.ÌO.
Id.
1831.
Id.
1832.
Id.
1832.
Id.
264 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII PEL PIEMONTE ECC.
desìi, in LAMCK , Ànim.s.vcrl., 2 eJ., voi. X, pag. 161.
E. SIS.MI)., Syn., 9 ed., pag. 99.
TENN., Strat.Lisl of Brilli, foss., pag. 6.
D'OKB., Prodr., voi. Ili, pag. I7«.
MENEGH., l'aleniti, de Sard., pag. 56 i.
COST., Oi.tfCf. Condì. St Miniato, pag. 17.
FISCII., Fault. Coiich. mal . Ciionde, pag. 80.
BRUS., Coiitr. Fault.. Voli. Daini., pag. 66.
MANZ., Sagg. Cnnrk foss sub., pag. 37.
FOREST., Calai. .Itoli, plioc. Bolngii., I, pag 4.1.
WEl.NK., C««<7< .Millelm., voi 11, pag. 58.
TAHI'.VR.-CANEFR., Ind. Si.-t.Moll. lesi. Sjiezia, pag. 95.
PETIT, Cat.il..yntl.Te.-l. Mcrs d'Eur., pag. 171.
AKAD. e UE.NOIT, Comh.iw.mar. SidL, pag. 991.
BELL, Moll./i,.s.<,. lìioi, pag. 9.
MOEKCH, Sijn. Muli, mar Daitiae, pag. 40.
MO.NTEIl., Coiteli fo.ts. Itfottle Pellegrino e Ficarazzi, pag S.'J.
MO.NTEK., Noi. Conck. iiiediteiT., pag. 50.
(;Or.C., Euiim.Sisl. .ìfoll. inioe.e plioe. Parm.e Piac, pag. 78.
SEGL'ENZ., Form, plioc Iial .inerid., pa<». 300.
COPI'., Culai, fuss. mioe.-plior. Modeu. CoU.Copp., pag. 9.
I DE S'IEF., Foss. plioc. * Minialo, pag. 34.
FOUEST., Cenn. geol. e paleoiìt. plioc. ani. Casirocaro, pag. 19.
SORD., Fault, mar. Cascina nizzardi, pag. 36.
LA>G, List mar. Seliells of Hallinijs, png. 4.
SEGCENZ., Form, plioc. hai. merid., pug. 276.
MONTEU., Niiov. AiV. Conili, iitedilen:, pag. 40.
BENOIST, Te.\l.li>s.ì.de la Blinde et de Saiicalz, pag. 385.
FlSCll., Coi/, ree. et foss. Ca>ernes de Fr.et Lig., pag. 339, 339, 334.
FISCH., Paleonl.de file de Rliodes, pag. 99.
FOREST., Ctnn. geol. e paleont plioc. tint. Castrocarn, pag. 19.
SiOEHR, Form. plioc. Girgeiili, pag. 460.
MO>TER., Cahd.Ci'nch.fif.'^s. Monle Pillegrino e Ficarazzi, pag. 37.
PA^TA^■., Plioc dint. Cliianciano, pag. 7.
FISCH, Bradi e Moll.Lit. Occan.de Fr., pag. 99.
CAFIC, .Stud. geol. del l'izzinese, pag. 10.
MOMTEU., Eniim.e Sinon. Condì, medi lerr., pag. 43.
P.\MAX., Condì. plioc. di Pieirajìlla, pag. 979.
BRUGN., Condì plioc. Cattanisetla, pag. 105.
COPP., Palloni, nioden., pag. 33.
PA>'T.\N., Moli, plioc. tose. viv. Medilerr., pag. 68.
Varine h.
Tav. Ili, lig. 6 {a, b).
Testa hrfvinr, rras^inr: xpira minim lonqa. maqis api'rta. - Contai^ longiludinales majores,
pauciores, ah inlersliUix lalioribus scjmralnf, jiraeserlim in ultimo anfraclu.
Long. 19 mm.: Lai. (ì-l I mm.
1867. IVassa nilida JEFFR., Brilh. Cimch , voi. IV, pag. :?49.
I fos.sili dei dintorni di Vienna riferiti dall'Hoernes alla presente specie ne sono
bene distinti per non poclii caratteri e costituiscono una specie particolare che ebbe
dal Prof. Mayer il nome di vindohonmsis.
Numerose sono le modificazioni che si incontrano nei caratteri di questa specie
sia negli esemplari della fauna attuale, sia in quelli fossili qui descritti.
Indi|)endentemente da quelle proprie della forma che ho distinta come varietà A,
1844.
Nassa
reticulata
1847.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1859.
Id.
id
1857.
Id.
id.
1861.
Buccinum rclicutat
1865.
Nassa
reliculata
1866.
Id.
id.
1808.
Id.
id.
1868.
Id.
id.
1868.
Id.
id.
1869.
Id.
id.
1869.
Id.
id.
1870.
Id.
id.
1870.
Id.
id.
1871.
Id.
ni.
1879.
Id.
id.
1879.
Id.
.</.
1873.
Id.
id.
1873.
Id.
id.
1874.
Id.
id.
1874.
Piuccinum reliculat
1874.
Nassa
reliculata
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
187C.
Id.
id.
I87fi.
Id.
id.
1876.
Id.
id.
1876.
Id.
id.
187-.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
18-8.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1880.
Id.
id.
1880.
Id.
id.
1881.
Id.
id.
1881.
Id.
id.
DESCKITTI DA h. BELLARDI 265
le principali difTerenze che ho osservate nei fossili del Piemonte e della Liguria si
possono riassumere nelle seguenti: 1° le dimensioni degli adulti variano da 10 a
20 mm. di lunghezza; 2" la spira talora si allunga per modo da superare la lun-
ghezza dell'ultimo anfratto, nel qual caso riesce comparativamente più acuta: tal
altra si raccorcia notevolmente e si fa più aperta ; 3° le coste longitudinali variano
in grossezza ed in numero ed in certi esemplari sono quasi cosi piccole e numerose
come nella N. luusiua Brocch.
Pliocene, inferiore: Albenga {fide Sassii): Vezza presso Alba, frequente: Coli,
del Museo e Miclielotti.
Pliocene superiore : Colli astesi . Valle Andona : Volpedo presso Voghera . non
frequente : Coli, del Museo.
Varietà A. — Pliocene inferiore : Yc/.za \nvfiso A\ha. non raro: Coli, del Museo.
i'i. Nassa musiva Broccii.
Tin. Ili, fig. 8 (fl, h].
Tesla subfusifonnis : s|)ira loiiga, salis acuta, iiicdio levilpr inllala. - Anfraclus paruni
coiivevi ; ulliiiiiis longus, iiiiUrc vuldedeiirrssiix, diiiiidiain longiludinciu suhaequans : sulurae
parum prorumlac, - Coslulap longiluiiinales nuinciosissimae, mÌKulac, subaculnp, ab inlerstilm
in primis anfraclubns tinijiisUs, in ullimis lalioribus, separalae, Ivviter obliquac, suharcualae in
primis anfraditlms, siimosae in nltimn : sulci Iransvcrsi angusti, ab inlerstiliis plannlalis separati,
inter se acquidislaiiles, 5 in primis anfracliibus perspicui, 16 plerumque in ullimo, continui,
rostulas Imu^iludinales secantes, inde siiperfìcies eìeganler granuloso-relieulala. - Os subovale,
anlice dilalatum, postico parum angiistalum ; labrum sinistrum e.rterius angnsle marijinatiim,
inlerius pluri-plicalum , parum posticc supra aiii'ractuni praecedentem productum ; labrum
dextcruin poslice late eipansum : cokimella parum contorta, autice prol'unde excavata, intcrduu)
anlice rugata: rima lata, a labiis brevihus circumscripta.
Long. '22 min.: Lai IO mm.
'e-
1814. liuiiinum {.Sassit] mmìfiini UKOCCH., Com/i. foss. sul/., pag. :ì iO, la\.V, fi;;. I.
1S20. Nassa miisii'ii BOUS., Oriti. pian., 1, pag.36.
1823. Id. id. IIKKR., Oict.Sc. ^^n/., voi. XXXIV, pa({. 94.1.
18.31. lìiiidmiiii miisii'um ISUOiN.N, llal.lcrt.-Gcb., pag.92.
18,«. /,/. id. ,IA^, Calai. Condì, f, ss., pag. 13.
I8;W. Id. id. IMUL. ;J/i-H. 5i'c, voi I, pat-.a^O.
18 il. /./. id. CM.C., C(mh.fos.y. //(«ciV/» , pag. G;t.
184-1 /</. id. K. SISMI)., .Sj/H., pag. 40.
1842. Id. ut. TCllIllATCll., (\iiistit.griil.lirm:m,htd..\ai>l.ct iVic. pag. SS").
1844. /</. /(/. PHIL., iVoH.Sic., vol.ll, pag. 191.
1844. Id. id. DliSH. in LAMCK., .iiiim.s. rerl.. 9 cil., voi. X, pag. 921.
1847. Nas.M »/«.vn'„ K. SISMU., Siju., 2 ed., pag. 29.
1852. Id. id. ICOKli., /'m/r., vol.lll, pag. 176.
1854. /(/. ((/. 1)K RAYN., VA.N-1)EN-11ECK. ci l'O.NZ., Cattai. Fiiss. .Monte .Vario, pag. 13.
1863. KiKcinum ntusivtini MOKTILL., Coup. yvol. Coli. Siena, pag. 6.
? 1864. .ViiMo mH.Mi'ii var. DOUEUL., Cerni, geol. terr. niioc. snp. /tal. ccnlr., pag. 105.
1864. Id. id. CONT., Monte .Vario, pag. 34.
1866. Id. iiìsnlita MILL., Foss. nouv. Maine et Loirc, pag. 14.
1868. /(/. musiva t'ORV.S'V., Calai. Moli. plioc. Bologn., ì, pa^.4:i.
1868 /(/. id. MA.NZ., .S'"(/3. Con(7i./"o.v..-..$ui., pag..37.
1869. Bindni/m musifu/n COPI'., Calai, foss. niioc. e ptioc. Moden., pag. 25.
Serie li. Tom. XXXIV. ' »
litio
I MOLUSCIU DEI TERRENI IKKZIAKII DEI. l'IEMONTE ECC.
1870.
.V(l.ijti muiira
1871.
IJ. id.
1873.
Id. id.
1873.
Id. id.
1874.
Buainuiii musivum
1874.
Nassa musiva
1874.
Bttvcinitm musii'um
1875.
Id. id.
1875.
iVassa musiva
1875.
Biiccinuin musivum
1875.
Nassa musiva
1876.
Id. id. var.
1877.
Bucci num musivum
1877.
Nassa musiva
1877.
Id. id.
1878.
Id. id.
1880.
Bucciniiin musivHnt
1880.
.Xassa musiva
1881.
Id. id.
HELI., \loU.fu.-i. Bii.l, pa^-.e.
CONT., .Molile .Vili in, 8 e.l., paj;. 40.
COCC, Ennm.sist. Molì.mioc.e /jlioc. Parm. e Ptac, pag. 78.
SEGUENZ., Form, pliot. lial.merid., pag. 300.
COPI'., Culai, f'oss. mioc.-pliiic, .Mode». Culi. Ciipp., pag. 3.
SEGUENZ., l'orni. plioc. lial.merid., pag. 276.
UE SrEF., l-'uss. plioc. Si Miniato, pag. 31.
PO.NZ.. Crnnac.subap., pag. 91, 20.
l'.\>'TAX., .Iti. Aecad. l'isiocrit. Siena, voi. VII, pi.
M.XMTOV., Descr.yeol.Camp.rom., pag. 41.
SORD., Fanti, mar. Cascina nizzardi, pag. 35.
BRUGN., Misceli. Malac, II, pag. 19, lav. I, lig. 28.
STUI)., ./unger, ieri. bild. Griech., pag. 3.
FI.SCIl., Palronl. Ile de Jtliodes, pag. 29.
DF. STEF., .Slral. plioc. S.ena, pag. 160, 169, 170.
DE STEF. e l'.ViXTAN., .Voli, plioc Siena, pag. 103.
P.A>iT.\>'., Conrh. plioc. di Pieira/itla. pag. 972.
COPI'., Terr. Tab. Mnden., pag. 10.
COPI'., Paleo»!, modeii . pag. .33.
Variano in questa specie: 1° le dimensioni, le quali in certi esemplai^ adulti
discendono fino a 1 2 mm. di lunghezza . ed in altri ascendono fino a 2 7 ; 2° la
spira più 0 meno acuta e lunga; 3° le costicine longitudinali più o meno numemse
e più o meno ineguali negli ultimi anfratti.
Pliocene .•superiore: Colli astesi. Vallo Andona. ecc. frequente; Coli, del Museo e
Michelotti : Volpedo presso Voghera : Villalvernia presso Tortona-regione La Braja, non
raro; Coli, del Museo.
ii. .Nassa flexicostata Bell.
Tav. Ili, IJg. U (<i, h).
Dislinguunl banc speciem a ìY. relkulala (Limi.) sequenles iiotae :
Spira magis aperta. - Anfractus mai/ix convexi, pnipe suluram posticam depressi, praeserlim
uUimi; ullimus brevior, injlatus. - Cnstae longiludinales minores, numerosiores , flexuosae, contro
suturam posticam ilexlrorsum injlexac. - Labrum dr.rlenim in rerjimiem wedianavi el poslice magis
exiensum : rima poslice subcarinala, dislinrte caiialiculnla.
Long. 19 mm. : Lai. M? mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli, del Museo.
15. Nassa crkbresilcata Bell.
Tav. Ili, Gg. 10 io, 4).
Testa venlrosa, suhfusiformis. - Anfraclus parum convexi; ullimus ventrosiis, dimidiam
ioiigitudinem subaequans. atitirc valde dfprfssux : suUirae panim profundae. - Cosine Iomìzì-
ludinalcs iiumerosae, valde oblìi sae , parum prominentes . a siilcis aiu^ustis srparatae , leviler
^ìnuosae, axi leslae suhparalielae : sulci Iransversi 9 in primis anfraclubus perspicui, 21
in ultimo, angusti, uniformrs, inter se aeqnidistantes, continui, coslas lonjziUidinales ci caruin
inlerstilia secante- - <ls suborbiculare ; labrum sinistrum inti-rius iiicrassalmn ci plirntum.
DESCRITTI DA L. liELI.AKDI 267
poslice paruni depreì-sun), anlice subarcualum; labrum dexlerum posticc late erlensum, aniice
birufjatum.
Long. 10 inni.. Lai. 7 '/s '""i-
3f focene superiore: Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, raro : Coli, del Museo e del
Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
46. Nassa C0NFllNDE^DA Iìei.i..
Tav. Ili, lig. Il [a. A).
Testa veiìlrnsa : spira parum acula. - Anfracliis \i\ coiivcxi ; ullìiiius lenliosus , anlice
vatde rfcy»»essi(.v, (liniidia longitudine longior : sulurae ])aruni iirol'undae. - Coslae ioiigiludinales
oblusae, ab iiiterstiliis latiusculis sepnralav, leviler obliquae, subsinuosae , in ullinio anfraclu
projie margincm ons miiiorrs, numeioswies : sulci Iransversi wiinitissimi, iiiler se satin dislantes,
o in primis anfracUibus perspicui, 12 in nilimo, super rosins lnii(jiludii!ales vix notali. - Os
subovale, aulire dilatalum ; labrum sinislruni incrassaluin, inlcrius plicaluni ; plicae majores et
minnres intcrmixtae ; labrum dexlerum nnticc ri medio parum ultra os prodiiclinn. poslice ral-
losum ci late csteusuin : columelia siibarruala , (intirc lunujnla : rima a labiis lirevil)ii> sed
dislinelis circumscripla.
Long. 7 '/.j inni.: Lai. 5 inni.
Miocene superiore: Colli tortouesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo.
ì). Laliriiin dcxleniiii piiniiii el siibiinirormiln- iillra os itrndiii'liiiii .
viv poslirc iiiasis cxli'iLsiim.
Il labbro destro è in questo gruppo poco e quasi uniformemente esteso fuori del
piano della bocca; in alcune forme è leggermente dilatato posteriormente.
A ciò si aggiunga che d'ordinario il labbro .sinistro è ([uasi foggiato ad arco e
non depresso posteriormente come ha luogo nel maggior numero delle forme riferite
a (juesta serie.
47. Nassa consobrina ni:i.i..
Tav. Ili, fii;. lì («, b).
Testa subovata: spira longiuscula , medio leviler insala. - Anfraclus parum convexi;
ullimus dimidiam longitudinom aequans, antico satis deprcssus: suturae parum profundae. -
Costae Ioiigiludinales ohlusae, ah iuterslitiis jiarum latis scparatae, rertar, ari lesine parallelae
in primis anfraclubus , siibarcuatae et leviler obliquae in mi>fìiis, magis obliquae el subsinuosae
in vliimo : sulci transversi minuti, inter se valle dislantes. 4 voi 5 perspicui in anfraclubus
primis et mediis, 14 in nilimo, in parie antica ultimi anfraclus inler se magis jiroximali el
profundiores ; sulcus penuUimus poslicui ab ultimo magis distans quam ahi inler se. - Os sub-
ovale; labrum sinislrum subarcualum. inlcrius pluri-plicalum ; labrum dexlerum postine parum
produclum : columelia medio prolunde excavala, anlice iriruguta : rima a labiis \ix nolalis
ciicumscripla.
Long. 14 inni.: Lai. S mm.
In un esemplare di questa specie, le dimensioni del quale sono un poco minori
2C8 I MOLI.lSlUI ItEI TERRENI TERZIAlfll IiKI, IIKMONIE ECC.
(Long. 1 1 vaia. : Lat. i3 '/ inm.), la spira è più breve e più rigonfia nel mezzo, e
manca il solco che nell'esemplaro tipico corre presso la sutura posteriore.
Miocf'ur Huperiorc: Colli tortonesi , Stazzano, S'* Agata-fossili , rarissimo: ('oli.
del Museo e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
48. Nassa ventrosa Bell.
Tav. Ili, li-. i:i („, b .
Tesla panutla. birvis, infiala: spira parum acuta. - Anfraclus vix convexi: ullimus dimidiam
longiUtdinem suiierans, ventrosiis, anlice valde dcpressus : sulurae paruin prol'urulae. - Coslae
longiludinales I G in primis anfraclubus, in parie obsoletae in ultima dimidia parte ultimi anfractus,
omnes oblusae, leviler obli(iuai^ , ah iiilerstitiis nnquxlis separatae , in ullimn anj'rticlu cmtlra
rimavi productae : sulci Iransversi niinuli, lineares, i in primis aiifrucluhus, 5 vcl 6 in ponul-
limo perspicui, 12-1 i in ultimo. - Os mborbicidare ; labrum sinislriim inpalnm, arcualum,
inlerius plicalum ; labrum dexlerum postici- leviler expansum : columella submedio profundc
escavala, aiilice birugala.
LoufT. 1 1 mm. : Lat. 8 mm.
Pliocene su peri ore: Colli tortonesi, Stazzano, raro: ('oli. del Museo o Michelotti.
49. Nassa subovata Bell.
Tav. Ili, fig. 14 (a, b).
Dislinguuiil hanc specieui a N. ventrosa Bell, sequenles nolae :
Testa l(jn(jior, mintis inlUita. - Cosine Imigiludindles majores, pauciores. - Labrum sinislruin
postice Icviter depressum.
Long. 10 mm. : Lai. 6 '/» "i"''
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro : Coli, del Museo.
50. Na.ssa BREvis Bell.
Tav. Ili, fig. 15 (.-, h .
Testa /(reiv'v, ventrosa : spira parum acuta. - Anfractus primi et medii parum conrexi,
ultimi ad sutwam posticam subcanaliruiati ; ullimus magnus, inflatus , dimidiam longiluilineni
aequans, anlice salis dcpressus. - Coslae longiludinab>s oblusae, subarcualae, ab intimliliis
angustis separatae, in ultimo anfrartu obsoletae, rix passim obscure nolalae. - Os suborbicu-
lare ; labrum sinistrum arcualum, ihlorius pluri-plicalum ; labrum dexlerum aliquanto ultra
OS productum, postice leviler expansum: columella anlice valde excavata : rima a labiis subnullis
circumscripta.
Long. IO mnL : Lai. 6 min.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero- torinese, rarissimo; Coli, del Museo.
DESCRITTI DA I.. P.ELLAKDl 2o'.>
51. Nassa turbinata Bell.
Tav. IH, fìg. 16 'a. A).
Tesla crassa, infiala: spira ad apicem valde aaila, medio infiala. - Anfraclus primi el medii
vix convexi; ullimus magnus, venlrosus., atilice valde itepressus , dimidiam longiludinem aequans:
sulurae parum profundae. - Coslae longitudinaics oblusae, ab interslitiis an(]ustis el profundis
separalae, inde |)roiiiineiiles, in primis el mcdiis niifraclubus reclae, k'viler obliquae, in ultimo
sinuosae: sulci Iransversi angusti, profandi, inler se salis distanles, uniformes, super coslas longi-
ludinales conlinni, 5 vel 6 in anfraclubus primis et mediis perspicui, 12 in ultimo. - Os
suborbicuiare ; labrum sinislrum incras«atuni , arcualum , inlerius pluri-plicatum ; plicae
majores el minornx inlermixlae ; labrum dexlerum vix poslice ullra os productum : rolumella
arcuata, anlice rugata, poslice uniplicala: rima a lahiis subnuUis circumscripta.
Long. 8 mm. : Lai. 5 '/i •""'•
Miocfìic medio: Colli torinesi. Bersano, rarissimo; ColL Rovasenda.
52. Nassa concinna Bell.
Tav. ni. lii;. 17 (a, h).
Testi parviila, venlrosa : spira parum acuta. - Anlractus parum convexi; ullimus ven-
trosus , antice valde depressus, dimidiam longitudiiiem subaequans. - (>oslae longiludinales
numerosa/', ah intersliliis anguslis separata/', in omnibus anfraclubus et praeserlim in ultimo dislincle
sinuosae: suici transversi creberrimi, inler se valde proximali^profundi, uniformes.- Os subor-
bicuiare ; labrum sinistrum arcuatum, inlerius leve; labrum dexterum gracile, vix et sulmni-
formiter ultra os productum : columella antice profunde excavata : rima lata, valde recurva, a
labiis brevissimis circumscripta.
Long. 7 mm. ; Lai. 5 mm.
1 due soli esemplari a me noti di questa elegante specie sono giovani ed incom-
pleti: è perciò probabile che nell'età adulta il labbro sinistro e destro si presentino
diversi dal modo con cui si osservano nell'età giovanile e nel quale furono descritti.
Miocene auperiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
13» Serie.
Nncleu.s- cmbrionalis brevis , latus , sitbobtusus. - Anfractus postica depressi ;
nlfiìiitcs dimidiam longitudinem subaequans. - Superftcies transverse suìcata, lon-
yitudinaìitrr costata. - Os posticc canaliculatum ; labrum sinistrum subincrassatum,
postice dejìressmn , antice subarcuatum ; labrum dexterum parum et unif'ormiter
altra os productum : regio umbilicalis antice drtecta, ibi labrum dexterum libcrum,
inde testa subumbilicata : columella antice profunde excavata: rima subterminalis,
magis lata qunm profunda , a labiis vix notatis circumscripta, poslice non ca-
nali culata.
Le piccole dimensioni, la forma turrita ed in particolar modo la notevole depres-
sione anteiioio della columella e la specie di ombellico che risulta dalla forma del labbro
destro, sono i principali caratteri pei quali questa serie si distingue dalla precedente.
1840.
III.
id.
1842.
Id.
id.
1847.
Nassa
Irssellalti
1847.
Id.
id.
I85a.
Id.
.</.
1864.
hi.
id.
? 18-0.
Id.
id.
187t<.
Id.
,d.
? 1881.
Id.
id.
270 i molluschi iiei tekreni terziarii uel piemonte ecc.
53. Nassa tessellata (Bon).
Tav. Ili, !;«. 18 (a. h).
Tesla lurrila: spira longa, medio levUer infiala. - Anfraclus r.omplanali ; ullimus dimidiani
lonij;iludinem aequans, anlice valde deprcssus : sulurae parum profundae. - Coslae longilu-
dinales in primis anfractubus ohUtsae, arcuatar, ab intersliliis anguslis separalae, in uUimo siib-
nnllae, vis passim notatae: sulci Iransversi pauci, miniUi, parum profanai, uiiiformes, inter se
valde dislaiili-s, ab inleistitiis planis separati, iilcrumquc 4 ìii primis ci mediis anlraclubu»
perspicui, 12 in ultimo. - 0» postico anguslalum el caiialiculalum ; labrum sinislrum iH/Ia(«m,
putlice valde depressum, atilice arcualum, inlerius pluri-plicalum ; labrum dexlerum crassum,
paruìii ultra os prnducluiii, poslite vix ditalatum: columella aiilice profunde excavala: rirr.a lata,
parum proluiida, |)ostire caiialiculal.i.
Long. 1 1 mm. : I,al. ii ','2 nim.
Bucciiiiim Itssellnlum liO.W, dtl. MS., "S. ò,i6.
MICIITTI., liiv. Casta: f„ss., pap. 25.
V.. SISMI)., Syti., pa;;. 40.
.MICIITTI., l-oss. mioc, pag. 212.
K. SISMI»., Si/»., 9 P(l. , pap. :<0
D'OUB., l'rodr . volili, pag. 85.
UOItEUI... Cenn. ifenl Icn: mioc. sup. hai. ccnlr., pag. 105
ItELI,, .Moll./oss.liiol., paj,'. 8.
KL'CIIS, .Slud. Ieri. bild. Ober Ita/., pag. 50.
COl'l'., Palcoiit.modin., pai;. .'5".
Varirli A.
Sulci Iransvirsi pauciores.
Long. I 4 nim. : Lai. 8 mni.
In questa specie variano la forma generale, ora luuga e stretta, ora breve e tozza
e le coste longitudinali più 0 meno grosse e numerose : i caratteri che ne rendono
ovvia la distinzione sono la presenza di una specie di omboUico, la profonda depres-
sione della columella nella sua porzione anteriore e la depressione posteriore del labbro
sinistro.
Ho ricevuto dal Sig. Benoist di Bordeaux un gran numero di esemplari col nome
di Nassa asperula Defr. provenienti da S"-Paul de Dax, i quali mi paiono doversi
riferire alla presente specie : in essi tuttavia le dimensioni sono minori, la forma ge-
nerale più turrita e la bocca meno stretta j)ostpriormonte.
Miocrne medio: Colli torinesi, Kio della Batteria. Villa Forzano. Termo-fourà.
l'ino torinese, Val Ceppi, Baldissero-torinese, frequente: Coli, del Museo, Michelotti,
Uovasenda e del Museo di Zurigo (Mayer).
54. Nassa kamili.vris (May.).
Tav. Ili, fi^'. 19 («, A).
Disliiiguunl liane specicm a N. tessellata (Bon.) sequenles iiulao .
Testa rrassior : spira magis aperta. - Anfraclus longiores ; ullimus dimidta longitudifie
Iniiginr. - Costae loniptiidinales majores, freijucntiorcs et usque ad margivem oris productae.
Bucciiium familiare MAYER ÌD liltens et speciminibus.
Long. 44 mni. : Lai. 8 min.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 271
Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà ,
Pino-torinese, Val Ceppi, Bersano , Baldissero-torinese , Sciolze , frequente ; Coli, del
Museo, Michelotti, Rovasenda e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
14» Serie.
Nucleus embrionalis angustus, acutus. - Anfractus depressi; ultimus dimidiam
longitudinem vix superans. - Superficies longitudinaliter costata et transverse
siriato-sulcnta. - Os subovale , postice canaltculatum ; labrum sinistruni postice
incrassatum, interius pluri-pUcatum, deprcssum, nntice subarcuatum ; labrum dexte-
rum vix et uniformiter ultra os productum: columella arcuata, profunde excavata:
rima antice angusiata, postice dilatata, valde reflexa , a labiis longiusculis cir-
cumscripta, postice carinata et eaìialirulata.
Ho separata questa forma da quello delle due serie precedenti pei seguenti suoi
caratteri: dalla serio 12': 1" per la sua forma stretta e relativamente lunga: 2" per
la poca estensione del labbro destro che nella regione posteriore è appena qua.si tanto
esteso quanto nella regione media e nell'anteriore ; 3" per la columella (juasi arcata
ed incavata nel mezzo: dalla serie 13': 1" per le maggiori dimensioni: 2" ]ier la
natura degli ornamenti superficiali; 3° per la forma della columella.
55. Nassa difficii.is Iìeli..
Tav. Ili, fiR. 20 (a. h).
Testa crassa: spira satis acuta. - Anfractus romiilunali, ad suluram imsticam leviler in-
fiali; ultimus in venire complanatus, nnlice valde depressus , (limidia lon;;iludine longior. -
Coslae longilndinajps maijnae, obtusae. oblupiae, ah inlersliiiis anijustis sepriratai^, !t in primi.';
et mediis anfraclubus, in ullima dimidia parte ultimi anfrarlus obsoìelae, ibi a costulis »it«u(i.<,
crebri.i, mtbstltnlae : sulci Iransversi minnli, lineares, i in primis ol mediis anfraclubus perspicui,
13 in ultimo. - Os ovale, antice dilalalum ; lahruni siiiistruni incrassatum, /(oxiiVv (/r'/>re.«4«m,
interius pluri-plicalum ; labrum dexlerum ad marginem a superfirie anfractus praecedeiUis
disjunclum, ereduni, poslicit prope labrum sinistrum subcallosnin.
Long. 15 mm. : Lai. 8 '/o mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo: Coli, del Museo.
15" Serie.
Nucleus emhrionalis angustus , longiusculus , acutus. - Anfractus ultimus di-
midia longitudine brevior. - Superficies longitudinaliter ecostata et tota transverse
sulcata (sulciis major prope suturam posticam decurrens). - Os ovale; labrum
sinistrum, postice purum depressum , non, vel vix, super anfraetum praecedentem
produetuw. interius plientum ; labrum, dexterum non, rei rix et regnlariter, vltra
272 1 JIOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII IiEL PIEMONTE ECC.
OS productuni : columelìa subarcuata, profttnde excavata : rima lata, parum pro-
funda, a ìabiis brevibits circuniscripta , pariwi refi ora , postice non. rei vix. ca-
vuìiculata.
Se a primo aspetto le forme di (juesta serie sembrano doversi riferire alla serie 19'.
colle forme della i]uale hanno non poca analogia, mi parvero tuttavia doverne essere
separate per i seguenti caratteri che le ravvicinano alle due serie precedenti ed in
]>articolar modo alla 12*: 1" dimensioni ordinariamente minori; 2° labbro destro
depresso posteriormente , epperciò bocca più stretta nella parte posteriore ; 3° figura
dell'intaglio: 4° brevità delle labbra che lo circoscrivono; 5" mancanza, o quasi, della
profonda scanalatura che corre posteriormente all'intaglio: 6" columelìa incavata verso
la sua porzione anteriore, mentrechè nelle forme della serie 19' è quasi regolarmente
arcata e perciò più incavata nella sua parte mediana.
56. Nassa cincta Beli..
Tav. ni, fig. 21 (<i, h).
Testa turrita: spira longa, valde aculii. - Anfraclus parum convexi ; ultimus dimidia
luii^iludine iìrevior, anlice valile depreasus - Coslae longìtudinales anguslae, compressae, pro-
minenlcs, ab inlvistiliis lalis separatae, li-viler obliqunv , in ultimo aiifraclii siib.siiiuosaa : sulci
Iransversi tali, pro(undi , super coslas longitudinales ronlinui, in parte antica ultimi anfractus
laliores, inde cosUilae interposilae minorcs quam medine et posticae; sulcus Iraiisversus penullimus
l)rope suturam posticam decurrcns mai/nus , ultimus minimns. - Os suborbiciilare , poslicf
angustatuni, axi teslae ohliquum ; labrum sinislruin exterins r/mr^/ria/um, inlcrius uniforrailer
pluri-plicalum ; labrum dexiprum vix et suhiiuiformiler ultra os prodiictnm: columelìa antice
parum excavala.
Long. 17 min. : Lai. IO iiiiii.
VarirlA A.
Testa minor. - Costar loiiijihidinaìrs minores et numernsiores, praesertim in ultimo anfractu.
Long. 14 mm. : Lai. 8 min.
Nella figura 21 « il labbro sinistro riesci meno arcato di quanto è nell'originale.
Miocene medio : Sciolze. rarissimo ; Coli. Eovasenda.
57. Nassa Issf.li Heli..
Tav. Ili, fi(-. 29 (a, b).
Dislinguuiil liane sperieni a N. eìnela Bell, sequentes nolae :
Tenia minor. - Anfractus ultimus minus injlalus. - Costae loiiijitudinales numerosiores,
majores, oblusae, ab interstitiis angustis separatae: sulci Iransversi minores, numerosiores, sub-
uniformes; sulcus pcnullimus posticns vix nliis major. - Os brerius: columelìa sub-medio salis
ctearata
Long. 13 MIMI. : i.al. S nini.
Miocene medio: t'olii torinesi. Baldissero-torinese, rarissimo: Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 273
58. Nassa Cepporum Bell.
Tav. Ili, fig. 23 (a. A).
Testa turrita: spira loiiga, conoidea, ad apiccm valdc acuta, medio leviler inflata. - An-
fraclus planulati; ullimus dimidia longitudine brevior. antice valde depressus. - Costae lon-
giludinales com/jressoe, interstilia subaeqnantes, rectae, obliquae, in ullinio anfraclu subsinuosae:
sulci trasversi mintili, super coslas longilndinales continui; penuUimus posticus parum aliis major.
- Os subovale; labrum sinislrum poslice leviler depressum , interius pluri-plicalum; labrum
dexlerum poslice ultra os parum produclum, anlice leviter ereclum, inde testa subumbilicala:
columella medio profunde excavala.
Long. 13 mm. : Lai. 6 '/a n\m.
1817. Nafsa pri/smal/iica E. SIS.MD., Sijn., 2 ed., pag. 29 (in parie).
VarieU A.
Costae lundiludinales uiajores, puuciores : sulci Iransversi miuus profundi
Long. 13 nini. : Lai. 6 min.
Miocene medio: Colli torinesi. Val Ceppi, Baldissero-torincse , non frequente;
Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda.
59. Nassa Remeri Bell. ^
Tiiv. MI, fig. 24 [a, h.).
DislinguunI hanc speciem a praocedentibus bujus seriei sequenles nolac:
Testa minor. - Anfraclus distincte roiivvxi: suturae profundiores. - Costae lomiitudinales
minores, cantra sulitram puslicam subdenlalae. - Os brevius, orbiculare: columella subarcuata:
rima a labiis loiKjiorilius circumscripla .
Long. 7 mm. : Lat. 4 '/a mm.
Miocene medio: Colli torinesi. Sciolze, raro: Coli. Michelotti e RoTasenda.
16' Serie.
Nucleus embrionalis longus, angustus , acutissimus (in iUaesis). - Anfractus
versus suturam posticam subcarinati, antice convexi, postice concavi ; ultimus antice
valde depressus, dimidinm longitttdinem subaequans. - Superficies ìongittidinaliter
ecostata, transrerse striata. - Os orale, amplum ; labrum sinisirum sinqìlex, in-
terius pluri-plicatum, arcuatum ; labrum dexterum vix et regulariter ultra os pro-
duclum: columella subarcuata, parum contorta: rima latissima, obliqua, sublateralis,
minus profunda quam lata, reflexa, a labiis brevibus circumscripta, postice acute
farinata, obscure canaliculata.
Ho separata la forma descritta in questa serie da quelle della seguente, colle quali
Serie II. Tom. XXXIV. 'l
274 1 MOLUSCTII PKI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
è strettamente collegata dalla figura della bocca ed in ispecial modo dalla carena
acuta che coire anterionnente sulla columella, per la mancanza di coste longitudinali
e per la presenza della carena trasversale degli anfratti.
60. Nassa Vrneris (Fauj.).
Tav. IV, lij,'. 1 (rt, i .
Tesla lurrila: spira lontca valile aculu. - Anfraclas poslice carinati , anlice convexi,
cantra suturam postiram depressi; ulliniiis diniidia longitudine brevior, venire ih/Jo/hs, anlice
valde depressus. - Superlicies hmfiiludinnliicr ecostata (vix passim nigae nonnullae obsolclae
perspicuae) , Iransverse coslulala: coslulae Iransversae complanatae , interstitin subaequanles
vel inlersliliis minores, !j in parleni poslicam anfracluum plerumque decurrenles, 6 in parie
aulica primorum anfracluum perspicuae. 17 plerumque in ultimo. - Os suborbiculare:
labrum sinislrum arcuatum , simplex, intcriiis pluri-plicatuni : labrum dcxlerum gracile, ad-
nahim, vix postice ultra os prodncliim: columella arcuala.
Long. 38 mm. : F.,al. 19 mni.
t8 . Buicinuin l'eneris F.\L'J., Mrm.ilu Miisée, voi. Ili, pag. 197, Uv. X, fig.2.
B.\ST., Mtni.B'ird., i>ag. ^7, lav. Il, fig 1.5.
GRAT., Tabi. Co(]. foss. V.is, N.499.
JAN, Catat. Cotteli, foss., pag. 13.
ORAT., Calat.Anim. l'eri, ti Inveri. Gironde, pag. -il.
GRAT., Atl. Coq. foss., lav. XXXVI, fig. 7, 23.
desìi, in LAMCK., Anim. s. l'eri. 9 éJ., voi. X, pag. 222.
SOW. in SMITH, Ag.tert.Beds of the Tagus., pag. 415.
D'OKB., trodr., voi. Ili, pag. 8tì.
PER. DA COST., Gaster.terc.Poit., pag. 114.
BENOIST, Test foss. de lo Brède et de .Saucalz. pag 380.
Varirlà A.
Tav. IV, fig. 2 (n, l>).
Testa minor: spira ininus acuta, brevior. - Anfrnctus postice magis profunde canalicuìali:
carina magis prominens, praesertim in ullimii aiifrartu, nlKolete tiiberculifern . - Jìuqne longitu-
dinale frequentiores, majores, irregulares.
Long. 25 nim. : Lai. 13 mm.
Varlei* B.
Tav. IV, (ig. 3 (.1, A).
Testa minor : spira brevior,, magis aperta. - Carina magis prominens, liiberculifera : inargo
suturae postice et ipse tubrrculiferus ; tubercula rariuae majora, regularia, iiniformia; tiiberntla
marginis postici minora, irrcgnlaria.
Long, -23 mm : Lai. li mm.
L'esemplare figurato come tipico è ))roveniento dalle vicinanze di Bordeaux.
Le dimensioni annesse alla descrizione della forma tipica sono quelle che proba-
bilmente aveva l'unico esemplare dei Colli torinesi ad essa riferibile, a me noto, nel
quale mancano i primi anfratti.
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze. Baldissero-torinese, Val Ceppi, raro: Coli,
pel Museo. Michelotti e Rovasenda.
1825.
Id.
id.
1832.
LI.
id.
1832.
Id.
id.
1838
Id.
id.
1840.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1852.
Id.
id.
18G7.
Id.
id.
1873.
Id.
id.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 275
17' Serie.
Nucleus embrionalis plerumque longun, angustus, acutus. - Anfractus convexi,
prope suturam posticam plus mimisve depressi, suhcanaliculati ; ultimus dimidia
ìongitudine brevior. - Superficies longitudinaliter costata et transverse striata. -
Os subovale: labrum sinistrnni simplex, interins plernmqìK' jìlicntum: Inhrmn dextermn
gracile, non ultra os productiim : columella subarcuata, lalde contorta: rima lata,
profnnda, suhterminalis. a labiis hrevibus circuniscripta, reflexa, postice carinata
et distincte canal ictilata.
Tutte le forme di questa serie sono fra loro collegate dalla figura della bocca,
dalla forma del labbro destro, il quale è sottile e non oltrepassa il piano della bocca,
ed in particolar modo dalla carena trasversale ed acuta che accompagna posterior-
mente l'intaglio e che corre sulla columella.
La mancanza di carena sulla parte posteriore degli anfratti e la presenza di coste
longitudinali separano questa serie dalla precedente.
(il. Nassa intercisa (Gene).
Tav. IV, !!(;. 4 (a, b).
Testa lurrila: spira longa, ad apicem aculissima , dein magis aperta. - .\nrractus parum
convexi; ullimus dimidia longitudine brevior, aiilice vahle dcpressus; omues prope suturam
poaticam, j*/i(.< minusve exrai'ati, subcanaiictilati : sutura postica marginala. - Coslae longitu-
dinales nlUusac, iiUerslitia subacquaiitus, rectae. levilrr iMiqme, in ultimis anfractubiis ad suturam
posticam produclae sed prope sulurum a canaliculo Iransvcrso subinterruplae : salci uonnulli
Iransversi majores in partom anlicain ultimi anfraclus dccurrenlcs. - Os ovali-rolundatuiii ;
labrum sinislnim subarcuatum, pustim lìx dcpresaum, inlcrius minute pliralum ; plicae fre-
quenter obsolelap : columella medio satis escavala.
Long "24 nini. : Lai. 1 1 nim.
Iliicciiiuin inleni.stim GKNK, Calai. .'/5., N.557.
? 1838. Id. Ilxxiimuni GIUT., Calai. Amm. I^erl.el Inveri. Giioiide, pay. 41.
1840. W. inlmisiim MICUTTI., A'.V. 6"<i.tr. /«.$.(., pa',v S5.
1842. /(/. , i(l. E. SISMO., %n., pag. 40.
1847. Nassa intercina E. SISMO., 6';/»., i «<'•, pag- 90-
18.i'>. /(/. id. It'ORB., Piorfr., \ol. III. pag. 8t.
187.5. liuccinum flcxuosnm BENOIST. T( si. foss.de la Bride el de Saiicais, pag. 381.
1878. l'Iins iiilcrn.uw, FrClIS, Siiid. Uri. Iiitd. Ol.tr llal., pag. 49.
Varici* A.
Testa minor. - Anfraclus inaijis convexi: siiliiiae profundiores .
Long. 16 mm. : Lai. 8 min.
Varici* B.
Tav. IV. lig. 5 [a, b].
Testa crassior: spira brevior. - Anfractus depressi, hngiores: suturae miiius prnfundae. -
Costae longitudinales majores. - Labrum siuii.truiu postice magis depressum.
Long. "20 mm. : Lai. 9 mra.
276 I MOLI.rSCHi dei terreni TERZÌAIìII dei. PIEMONTE ECC.
VarleiA C.
Testa longior, angustiar: spira porlonga, parum aperta. - Anfradus ilepressi, inde sulttrae
super /ìciales. - Labrum sinistrum poslire maf/is deprcssum.
LoML'. 19 mm.: Lai. 7 min
VarieiA D.
Tav. IV, fig. (i (<j, b).
Testa brevior: spira magis aperta in ullimis anfraclubus , acutissima in primis. - Costai'
longitudinales pauciures , mnjores, in ultimo anfractu sinuosae. - Os anitre magis aperlum,
postice angustatum.
Long. 17 min. : Lai. 9 inni.
Varietà E.
. Tav. IV, (ig. 7 (u, ò).
Testa crassior : spira brevinr, medio injlala. - Anfractus longiores , depressi; ultimus dimi-
diam longitudinem aequans ; cnnaliculus posticus vis nolalus, inde co.ilae longiludinales vi.r sub-
interruplao : margo .lulurae poslicae major, inde sutura poslira siihranaliculata. - Superfirii's
tota transverse minuti- striata.
Long. 18 '/» mm. : Lai. IO mm.
Varirtl P.
Tav. IV, fig. 8 («, A).
Testa crassior, brevior: spira regularìs, non medio injlala.- Anfractus complanali ; ultimus
dimidia longitudine longior: canaliculus posticus vix pa.ssim nolalus; margo suturae poslicae in-
flatus. - Costae Inngiludinales majores, numerosiores, ah interstiliis angustis separalae, rerlae.
Long. 4 8 mm. : Lai. 'J '/s "ini-
Parrà cosa inconseguente l'aver io qui raccolto sotto lo stesso nome molte forme che
differiscono dalla tipica e fra loro per caratteri che considerati nei loro estremi sono
fra loro molto più diversi di quanto lo siano quelli che per altre specie valsero a
farle distinguere dalle affini.
Io fui condotto a siffatta liunione primieramente dall'esame delle forme intermedie
trovate nei Colli torinesi, dove la specie è molto comune , in secondo luogo dalla
considerazione che tutte queste forme vissero contemporaneamente e nello stesso am-
biente, e facilmente si riconoscono quali modificazioni del medesimo tipo specifico.
Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà,
Pino-torinese, Val Ceppi. Baldissero-torinese , ecc., frequente; Coli, del Museo e
Michelotti.
62. Nassa omissa Beli..
DislinguunI hanc speciem a JV. intercisa (Gene) sequentes nolae :
yucleus embrinnnlis niiiior, subglobosus. - Tesla minor: spira brevior, magis aperta. -
Anfi Oilus breriorfs, magis ronrexi ; ultimus anlice magis depressus ; omnes rnntra suluram poslicam
DESCRITTI DA L. BELLARDI 277
depressi, snbcaiialiculali : sulurae jirofundiores. - Co.ttae longiludinaìes pauciorex , magis promi-
ìientes, coinpressae, ab inlerstitiis profandU separalae, ad sntitram poslicain non prodtietae.
Long. 15 mm. : Lai. 7 '/, mm.
Le tavole erano già disegnate quando conobbi questa specie.
Miocnip nieiiio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, non frequente; Coli, del Museo.
Michelotti e Rovasenda.
6-{. \assa angusta Beli..
Tav. IV, 1ÌR. 9 (a, b).
Disliiiguunl liane speciem a iV. intercisa (Gene) sequenles nolae :
Tesla minor : spira magis amia. - Anfractus minus conoexi ; margo sulurae posticae vix
nolalns. - Super ficies loia Iransrerse slriala; slriae viinores inler majores decurrenles : coslae
longiludinaìes minores , in ultimo anfrarlu subobsolelae , poslice sinuosae. - Os longius , postine
magis anguslatnm.
Long, l 'i mm. : Lai. 6 Va mm-
Miocftif medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro; Coli, del Jfnseo.
61. Nassa magnicostata Bell.
Tav. IV, fij:. 10 (r/, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. intercisa (Gene) sequonles nolae :
Testa minor, crassior. - Anfractus depressi: sulurae minus profundae; manjo suturai' posticae
magis prominens. - Superfìcies tota Iransverse striata : coslae longiludinaìes numerosiores, majores
in primis anfraclubus, obinsae, ab inlerstitiis angustis separalae, a canaliculo angustiare poslice
subinterruplae.
Long. IG mm. : Lai. 8 mm.
Miocene medio: Colli torinesi. Val Ceppi, Baldissero-torinese, frequente: Coli, del
Museo e Michelotti.
65. Nassa Woom Bell.
Tav. IV, fig. 11 (rt, b).
Dislinguunl hanc speciem a iV. intercisa (Gene) sequenles nolae :
Testa minor. - Anfractus minus convexi; ultimus dimidiam longiludinem aecptans ; margo
sulurae poslice magis prominens; canaliculus postirus vix nolatus. - Superficies ullimi anfractus
tota, vel maxima in parte, ecostata. - Os brevius.
Long, 12 mm. : Lai. 7 mm.
Miocene medio : Colli torinesi, Val Ceppi, Baldissero-torinese, non raro ; Coli, del
Museo e Michelotti.
278 i molluschi dei tekrem terziaku del piemonte ecc.
66. Nassa corvicostata Bell.
Tav. IV, fit,'. 12 (a, h .
Dislinguuiil hanc speciein a A', intercisa (Gene) scquenles nolae:
Testa ìiiinor. - Anfractus ultimus maijis convexus; canaliculus posticus vix nolalus. - Costai
longiliidiitales in anfrnctu peniillimn mnjorea, uumernsiores, ah iiiterslitiis anguslioribus seiiaratae,
Kuharcuatae, ante marginem oris obsoìetae : silici IraiisviTsi vix notati.
Long. 1 4 Va fnm. : Lai. 7 min.
Miocene incdin : Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo : Coli, «lei Museo.
67. Nassa Calcakak Bell.
Tav. IV, r,|;. l.-i (,i, A).
Dislinguiinl liane spec lem a iV. inlprci:<a (Gene) sequenles nolae :
Testa minor, anguslior : spira loni/ior, viagis acuta -Anfractus magis conve.ti, inde suturai'
magis profundac; canaliculus posticus vix nnlalus - Cosine tmigitmliuales mujores, in parte antica
ultimi anfractus obsnietac
Long. 12 inni. : Lai. Si inni.
Miocene medio: Colli torinesi. Val Ceppi, rarissimo: Coli, del Museo.
68. Nassa tracia Bell.
1a\. IV, lig. li (fl, /;i.
Tesla limila: spira longa, medio infiala. - Aniraclus medio cnmplanali; ullinius diniidia
longitudine brevior, anlice valde depressus: sulurae prol'undae. - Coslae longiludinales
magnae, oblusac, ructae, siiiislrorsuin obliqualae, ab inlerstiltis lalis et parum profundis separalae.
medio depressae, cantra suluram anticain et poslicam subnoilosae, in anfraclu ultimo majores,
irregulares, vix obliquae, 9: sulci Iransvcrsi mÌMi/f», o/iso/e/i. - Os e/onja/um; labrum sinislruut
postica depressum, aulire sub;ircualum, simplex, inleriuis pluri-plicalum ; labrum dexterum
gracile: columella medio iirofiinde excavala, valde ronlurta : rima a labiis longinsculis rircuni-
scripla, valde rellexa, poslice profunde canaliculala.
Long. 17 mni. : I-at. 7 nini.
Miocene medio: Colli torinesi. Termo-fourà, rarissimo: Coli. Kovasenda.
69. Nassa neglecta Bell.
Tav. X, fiy. 9.i (<J, Al.
Te>la turrita: .^pira medio inllata. - .\iifraclus parum convexi ; ultimus dimidiam lonjji-
ludinem subat>(|uans, anlice valde depre.ssus ; canaliculus posticus latus , iirofundns: sutura
postica marginata. - Costae longiludinales in primis anfractulius iH.inaipiae. obluxac, reciac,
axi tesine parallrlae , rimira canalirnlum pnslirum nodosae , in ultimo anfraclu iihsohtae: sulci
Iransversi »iii//i, cxceptis sulcis conlra rimani decurrcntibus : serics una venlralis nodorum ;
nodi magni. 10; series altera nodorum super marginem suturar poslirae; nodi minores et pleruinqiie
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 279
cum noilis seriei vrnlralis alternantes. - ()s ovale ; labrum sinislrum subarcualam , interius
pluri-plicalum ; labrum dexlenim gracile: folumella subarcuala, valde contorta: rima lateraìis,
valde obliqua, valde reflexa, a labiis brevibus circumscripla, poslice anguste canaliculala ;
canna satin prominens.
Long. 23 mm. : Lai. 1 1 nini.
? 1847. ,Vassa proxima SOW. in SMITH, Ag.Urt.Beih of the l'agus, pag. 499, tav. XX, fig.Sl.
? 1847. Id. ili. SMITH, Jg.tert.Beds of the Tagiis, pa'^.ììò.
VarieU A.
Superficies Iransvevse laxe et minute siilcaln.
Long. 20 mm. : Lai. 9 mm.
Questa forma nella sua fisionomia generale ha grandissima analogia colla Cyllenina
fiaccata (Basf.), alla quale furono finora nferiti gli esemplari dei Colli torinesi che
la rapprosentauo.
La mancanza del canaletto, in cui si prolunga posteriormente la bocca e che è
caratteristico della sottofamiglia delle Cillenine , chiama questa forma fra le Nasse :
la forma poi della columella, la quale è molto contorta e molto profonda nel mezzo,
la posizione laterale e la figura dell'intaglio sono altrettanti caratteri che la distin-
guono specificamente dalla precitata specie del Basterot.
Miocnir ìiicdio : Colli torinesi, Val Ceppi. Baldissero-torinese , raro: Coli, del
Museo e Rovasenda.
Varietà A. — Miocene medio : Colli torinesi , Termo-fourà . raro ; Coli, della
R. Scuola di Applicazione per gli Ingegneri.
70. Na.ssa rustica Bei.l.
Tav. IV, fig. 15 (fl, b\
Dislinguunl liane spixicm a iV. npglecla Bell, sequenles nolae:
Ti'sta minor - Canalicuhix poslicuf: anfrnrtnnm snturae paxlicae magia proximalus : margo
sulnrai> poslicae minun prominens. - Superficies Iransverse minute sulcata ; sulci in primis an-
l'raclubns- nnmerosi eliam in ranalictdum posticum decnrrentcs, in mediis et ultimo obsoleti ; coslae
longituilinales pnstice nodiferae minores et nnmerosiores , super partem anlicam ultimi anfraetus
melius definitae et magis prndnrtae : nodi seriei vcntralis et marginis suturae posticae minores:
sulci transversi prope rimam decurrentes minus profnndi.
Long. 15 mm. : Lai. 7 '/, mm.
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli, del Museo.
71. Nassa divisa Bell.
Tav. X, fig. 26 (a, b).
Tesla subovaia; spira ad apicem valde acuta, medio ventrosa. - Anfraclus convexi, in
t'pnlip suhciirinnti. poslice canaliculali ; ullinuis dimidiam longiludinem aequans, vcnlrosus,
anlice valile deprcssus. - l'oslae longiludinales magnae, rectae, axi testae parallelae, ab inter-
stitiis prafnndis et latiusculis sepwatae, centra canaliculum posticum terminalae, ibi nodiformes,
280 I MOI.LISCIII IiEI TEKllENI TEKZlAKll 1>EL IME-MONTE ECC.
in dimidia ultima parte ultimi anfraclus evanescrnlfs et a nndis nubslitulac; nodi niarginis
sulurae posticcie in primis anfrarlubns irregulares, in ultimo majorrs, requlares et rum nodis
auticis allernuii : superlicies non Iransverse sulcala, exceplis sulcis nonnuliis prope rimani
decurrenlibus. - Os ovale , mrdio dilatatum ; labrum sinislrum medio expanium , inlerius
sublaeve : labrum dexleruni adnaium, impressum: columella subarcuala: rima lerminalis, lala.
a labiis longiusculis circumscripla, postice anguste canaiiculata.
Long. 1 1 mm : Lai. 6 mm.
Miomir mrfìio: Colli torinesi. iSciolze. raro; Coli. Michelotti e Kovasenda.
72. Nassa tukricixata Heli..
Tav. X, lig. 27 (di i).
Tesla turrita: spira longa, valde nenia, regulariler involuta. - Anfraclus medio infiali,
sulicarinati, postice profundc cnnaliculali ; ultinius dimidia longitudine brevior, antice valde
(lepressus: margo suturae posticae vix nolalus. - Superlicies laevis (exceptis sulcis duobus
vel tribus minutis in canaliculum poslicum et sulcis nonnuliis in partem anticam ultimi
anfractus decurrenlibus), longitudinaliler costala: costac longiludinales 11, vblnsav, reclae,
axi li'sUto parallelae, al> inlersliliis lalis et iirofundis separaldf. pnslìce conlrii canaliruhim nodi-
formes, in nllimo anfractu evanescenles et a nodis subslilntae. - Os suborbiculare , postice
canalicuialani; labrum sinistrum arcuatum, inlerius pluri-plicalum ; labrum dexierum (^raci/c,
adnatum: columella medio jìrol'uiide excavata: rima subterminalis, lala, a labiis brcvissimis
circumscripla, postice vix canaiiculata.
Long. 1.3 '/, mm. : i-at. (> mm.
Questa forma lia una grandissima analogia con (luella descritta e figurata dal
Dujardin (JMmi. Tour., pag. 97. tav. XX, fig. 8) col nome di Bitccinum baccatiivi
var. simplex.
Io credo ne debba essere distinta per la maggior brevità degli anfratti , per la
maggioi- sporgenza del loro angolo posteriore, e per la figura più raccorciata della
bocca.
Nell'esemplare figurato che è il maggiore degli otto che ho esaminati, i due sol-
chettini che corrono nella scanalatura posteriore degli anfratti sono poco segnati, mentre
negli altri lo sono molto bene.
Miocene, medio: Colli torinesi. Sciolze. raro; Coli. Michelotti e Kovtiseuda.
73. Nassa Sotterii Bell.
Tav. IV, lig. 16 (a, A).
Dislinguunl hanc speciem a fi. lurriculata Bell, sequentes notae :
Testa minor: spira lonrjior, vmgis acuta. - Anfraclus ultimus minns inllalus , ',, lottus
lonijiludinis snbav(iuans : canaliculus posticns vix nolalus: amiulus mcdianus anfractiium magis
obtusus. - Sujierpries loia transrer!<e sulcala; snlci minuti, inler se salis dislanics : rosine lon-
giludinales primorum aufraclnum ri nodi ultimi anfraclus minores. - Os postice leriler depressum.
Long. 10 ' , mm : Lai. 4 '/, mm.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 281
In alcuni esemplari provenienti dai Tetti Borelli la spira è più raccorciata e più
aperta (1).
La forma qui descritta ha molta analogia con quella cui il sig. V. Hilber diede
il nome di Biicciniim cerithiforme (1879. Nene Conchylien aus den mitteUteie-
rischen MediterranschicUen, pag. 430, tav. II, fig. 8 a, b, e); tuttavia mi pare
potersi conservare come distinta: 1° perchè in essa, cioè nei fossili del Piemonte che
la rappresentano, la spira è composta di un maggior numero di anfratti ed è note-
volmente più lunga e più acuta; 2° perchè la bocca vi è più stretta e più lunga,
non quasi orbicolare come nel fossile descritto dal sig. V. Hilber.
La fomia figurata dai sigg. E. Hoernes e M. Auinger nella tavola XV, fig. 14
a, b, e della loro opera e riferita da essi alla predetta specie del signor Hilber,
mi pare dover costituire una forma a parte e distinta dal B. cerithiforme Hilb.
tipo, sia per la forma lunga e stretta della spira, sia per la figura stretta e lunga
della bocca (pei quali caratteri si avvicinerebbe alla mia N. Setter ii), quanto, ed in
special modo, per la posizione quasi terminale dell" intaglio , il quale è nella forma
tipica del B. cerithiforme Hilb. e nella N. Sotterii Bell, fesso molto obliquamente
all'asse del guscio.
Miocene supcriore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro ; Coli. Kovasenda.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, rarissimo; Coli, del Museo.
74. Nassa clavatlla (May.).
Dislinguunl hanc speciem a iV. SoUerii Bell, sequenles notae :
Tesla major: spira longior, magis acuta. - Anfractus depressi, postice non angulosi uec
canaliculati ; ultimus in ventre obscurc subcostatus, non nodiferus.
Long. 1 \ mra.: Lai. 5 mm.
Buccinum clavatulum MAY. in litteris et spcciminibus .
(I) La stampa di questa terza parte, che ho dovuto ritardare fino ad ora per motivi di salute, era
giunta a questo punto, quando ebbi conoscenza della Monografia del genere Buccinum, recentemente
pubblicata dai signori R. Hoernes e M. Auinger nel fascicolo terzo della loro opera: Die Gasteropoden
der Meeres-Ablayerungen der erslen und tweiten Miocdnen Mediterranen - Stufe in der (Esterreischisch
- Vngarischen Monarchie. Wien 1882.
Naturalmente io mi sono affrettato di introdurre nel mio lavoro quei cambiamenti, quelle aggiunte
e quelle critiche osservazioni clie mi furono suggerite dall'esame della succitata Monografia : la qual
cosa è fatta fin d'ora per le forme che saranno descritte nelle pagine seguenti, e farò in un'appendice
alla fine della famìglia dello Buccinidi per quelle che lo furono nelle precedenti.
E qui prego i signori Hoernes e Auinger a voler permettere ad un vecchio paleontologo di far
loro due appunti a proposito della loro precitata Monografia: primieramente di non avere nelle bel-
lissime tavole che hanno pubblicate, disposte nell'ordine naturale delle loro affinità le forme che vi
sono figurate; la quale irregolare disposizione nel mentre rende maggiormente difficile la ricerca delle
specie, toglie all'osservatore filosofo la facilità di colpire le affinità dalle quali le forme sono fra loro
collegate, e le diiferenze per cui sono tra loro distinte: in secondo luogo di non essersi abbastanza
preoccup.ati della parte sinonimica, parte arida sì ma pur necessaria; se avessero tenuto maggior conto
dello anteriori pubblicazioni e se si fossero procacciati dagli autori i tipi delle forme precedente-
mente pubblicate, avrebbero senza dubbio evitati alcuni errori in cui, a mio giudizio, sono caduti.
Serie II. Tom. XXXIV. «m
282 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Anche di questa forma manca la figura, perchè mi fu comunicata dal sig. Pro-
fessore Mayer dopo che le tavole erano già disegnate.
Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fourà, rarissimo ; Coli, del Museo di Zurigo
(Prof. Mayer).
75. Nassa obeliscls Doderl.
Testa turrita: spira longa, medio infiala. - Anfraclus complanali; ullirnus */, lotìus lon-
gitudinis aequans, anlice salis depressus. - Su|)erli(.'ies in parte longitudinaliler costuìata et
transverse striata: anfraclus ponultimus el ullirnus Ioli leves, inornali, exceplis sulcis (lualuor
profundis conlra riraam decurrenlibus. - Os poslice anguslalum ; labrum sinislrum inlerius
subleve, vix passim obscure plicatum.
Long. 10 mm.: Lai. 5 mm.
1864. Nassa obeliscus OODERL., Cciin- ijeol. iiiioc. slip. Ilal. ceiilr., paj,'. 103.
La mancanza del rialto posteriore degli anfratti, ed in particolar modo l'assenza
totale di solchi trasversali,, di coste, o ili nodi sugli ultimi anfratti distinguono benis-
simo questa forma dalle sue afìfini.
Cito questa forma fra le Nasse del Piemonte e della Liguria dietro l'autorità
del si". Prof. Doderlein che la indica nel suo Catulogo come trovata a S'* Agata-
fossili, poiché i due soli esemplari che ebbi occasione di esaminare, provengono dal
Modenese.
Non ho potuto dare la figura di questa specie perchè le tavole erano già dise-
gnate sulla pietra quando la conobbi.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'^ Agata-fossili, rarissimo (Prof. Doderlein).
18" Serie.
Nucleus cmhrionalis parum longus et parum acuttis. - Testa turrita : sjìira
longa. - Anfractus convexi; uìtimns dimidia longitudinp hrecior : suturae pro-
fundae. - Supcrficlcs tota ìongitudinalitrr costata et transverse sulcata. - Os sub-
orbiculare; labrum sinistrmn simiAex, interius plicatum, arcuatum; labrum dextermn
non, vel vix postice, ultra os productum: columella medio profunde excavata: rima
latìssima , profunda, a labiis longiuscuUs circumscripta , parum reflexa, postice
late canaliculatu.
Abbenchò molto afiìni a quelle delle due seguenti serie le forme della presente
ne sono bene distinto pei seguenti caratteri: 1° la notevole lunghezza delle labbra
che chxoscrivono l'intaglio ; 2" la larga depressione che corre posteriormente all' in-
taglio ; ^° le labbra dell'intaglio molto meno rovesciate sul dorso dell'ultimo anfratto.
descritti da l. bellardi 283
76. Nassa serrata Brocch.
Tav. IV, Cg. 17 (rt, A).
Tesla turrita: spira longa, valde acuta, regulariler involuta. - Anfraclus numerosi, con-
vexi ; ultimus dimidia longitudine brevior, antice valde depressus: sulurae profundae. -
Coslae longitudinales ohtusae, prominenles, interslilia inturposila sub ae quante s , subarcuatae, in
uUimo anfraclu leviter obliquae : coslulae transversae crebrae, subuniformes , a sulco profundo
et angusto separalae, super coslas longitudinales decurrentes, contìnuae; salci Iransversi in parte
antica ultimi anfraclus laliores inde coslulae interposilae minores. - Os suborbiculare ; labrum
sinislruni simplex, arcualuin, anlice subannulatum, inlerius pluri-plicatum; labrum dexterum
vix poslice uliva os productum: coiumella medio profunde excavata: rima a labiis longiu-
sculis circumscripla, subterminalis.
Long. 27 mm. : Lai. 16 mm.
Buccinum (Nassa) serratum BROCCH., Conc/i. foss.suh., pag. .338, tav. V, Og. 4.
BORS., Orili, pieni., I, pag.38.
UEFR., Dici. Se. Val., voi. XXXIV, pag. 942.
Huccinum rani.cllalum RISS., Prodi: Eur. mérid., voi. IV, pag. 164 (Ode BRONNI).
SASS., Sagg.geoi. Bac.terz. Altienga, pag. 481.
BRO.N?^, Ital. lert.-Geb., pag. 92.
JAN, Calai. Cnnch. foss., pag. 13.
PIIIL., !\roll Sic, 1, pag. 22.5.
l'USCII, Pol.Palàonl., pag. 124.
CALC, Cuiich. foss. AUantla, pag. 63.
E. SISMI)., Syi,., p.ig. 40.
MATH., Calai, me ili. et ilcscr. fuss. Bouches-du-Hhine, pag. 394.
TCHIHATCII., Conslil. géol. Prov. mérid. Naples et jVice, pag. 940.
l'IllL., .Voli. Sic, II, pag. 191.
DESH. in LAMCK., yjiiim.s. veti., 9 ed., vol.X, pag. 218.
GALV., ///. Coneh. foss. Messina, pag. 30.
E. SISMI)., Sijn., 2 ed., pag. 30.
D'ORB., Proilr., voi. Ili, pag. 85 (et pag. 176 ?).
UOOERl.., Ccnn.geot. Icrr.mioc. Slip. Ital. cenlr., pag. 105.
FORESI., Calai. .Moli. plioc. Bologn. I, pag. 39.
COPP., Calili. Foss. mioc, e plioc. iVoden., pag. 25.
MCAIS., Culai. Aiiim. foss. Piov.d'Alger., pag. 108.
BELL, Calai. Moli. foss. de Biot, pag. 8.
ecce, EiiuiH. sisl. .Moli. mioc. e plioc. Parili, e Piac, I, pag. 77.
SEGUENZ., Form. plioc. Hai. merid., pag. 300.
MAY., Sysl. Fcrz. f^erst. Ilelv., pag. 33.
COPI'., Calai, foss. iiiio-pliuc. moden. Coli. Copp., pag. 2.
SEGUENZ., Form. plioc. hai. merid., pag. 278.
CRESPELL., Note gcol. Savignan., pag. 18.
PONZ., Cronac. suhapenn., pag. 18.
PANTAN., Alt. Accail. Fisiocr. Sima, voi. VII, pag. 4.
STOEllR, Tcrr. plioc liirgenli, pag. 469.
ISS., .Ipp. pateoiil., pag. 20.
DE STEF., Stral. plioc. Siena, pag. 250-252.
CAPELL., Mani, glaucoii. Bologn., pag. 405.
UE STEF. e PANTAiV., Moli, plioc. Siena, pag. 102.
COPP., Terr. Tab. moden., pag. 10.
COPP., .Marn.turch.e foss. moden., pag. 14.
COPP., Palconl. moden., pag. 32.
L'esemplare descritto e figurato come tipo della specie corrisponde esattamente
a quello tipico del Brocchi che mi fu gentilmente comunicato dalla Direzione del
Museo Civico di Milano.
1814.
Buccinum
(Nassa)
1820.
Nassa
serrala
1825.
Id.
id.
1826.
Buccinum
E lancellaU
1827.
LI.
serralum
1831.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1836.
Id.
id.
18.37.
Nassa
sa'rala
18il.
Buccinum
: serralum
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1845.
Id.
id.
1847.
Nassa
serrata
1852.
Id.
id.
1864.
Id.
id.
1868.
Ili.
id.
1869.
Buccinum
serralum
1870
Id.
id.
1870.
Nassa serrala
1873.
Id.
id.
1873.
Id.
id.
? 1873.
Buccinum
serralum
1874.
LI.
id.
1875.
Nassa .
serrata
1875.
Buainum
serralum
1875.
1,1.
id.
1875.
Nassa
serrala
1876.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1877.
Id
id.
1877.
Id.
id.
1878.
Id.
ili.
1880.
Id.
id.
1881.
III.
id.
1881.
Id.
id.
284 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII PEL PIEMONTE ECC.
Miocene superiore: Colli tortonesi , S'* Agata-fossili, Stazzano, raro; Coli, del
Museo : Clavesana presso Mondovi, raro ; Coli, del Museo.
Pìiocene inferiore : Castelnuovo d'Asti, Viale presso Montafia ; Vezza presso Alba :
Borzoli presso Sestri-ponente, Zinola presso Savona, Albenga-vallone Torsero, Venti-
miglia, non raro; Coli, del Museo.
77. Nassa interdentata (Bon.).
Tav. IV, fig. 18 (a, 4).
Dislinguunl hanc speciem a N. serrala Brocch. sequenles nolae :
Testa plerumque major. - Anfractus magis convexi, inde snturae profundiores. - Coslae
longitudinaics minutae el frequentiores, ab inlerslitiis angustioribus separatae.
Long. 30 inm. : Lai. 17 nini.
Buccinuin interdentatiim BON., Cat. MS.
1838. III. id. MlCllTTl, Geogn. Aks. teit. BUd. Piedm., pag. 396.
1842. Jd. id. E. SISMO., Si/n., pa-. 40.
1847. Nassa interdentata E. SISMD., Syn., 2 ed., pag. 29.
1852. Id. id. D'ORB., Prn(/;-., voi. II!, paj,'.84.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba: Castelnuovo d'Asti, Viale presso Mon-
tafia: Savona Fornaci e Zinola, Albenga-vallone Torsero, Ventimiglia, frequente; Coli,
del Museo.
Varietà A. — Savona Fornaci e Zinola; Albenga-vallone Torsero, non raro;
Coli, del Museo.
78. Nassa ligistica Bell.
Tav. IV, fig. 19 (a, i).
Dislinguunl hanc speciem a N. serrata Brocch. sequenles nolae:
Testa minor, longior: spira magis acuta. - .iiifntctus bn-viores, frequentiores , magis con-
vexi, inde sntitrae prufinuliores. - Costae longitudinale^ numerosiores, minores, in ultimo anfractu
plerumque obsoletae. - Os suborbi culare.
Long. 26 nini.: Lai. 12 nini.
Pliocene inferiore: Savona Fornaci e Zinola; Albenga-vallone Toi-sero, non raro;
Coli, del Museo.
79. Nassa scalarata Bell.
Tav. IV, Ug. 20 {a, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. serrata Brocch. sequenles nolae:
Testa hrevior : .ipira magis aperta. - Anfractus versus suturnm posticam subangulosi , pò-
slice complanali; ullimus brcvior. - Costae longitudinales multo minores et numerosiores, ab
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 285
interslitiis angustis separatae. - Os brevius, lalius ; labrum sinislrum magis armalum, non anlice
subangulaliim, postice leviter depressum: columella magis profunde excavala: labia rimae breviora.
Long. 21 mm. : Lai. 12 rara.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; CoU. del Museo.
80. Nassa craticulata Fob.
Tav. IV, fig. 93 (a, i).
Distinguunl hanc speciem a N. serrata Brocch. sequenles nolae :
Testa brevior, subglobosa: spira magis aperta. - Anfractns magis convexi; ultimus ventrosus,
antica magis depressus : sulurae profandiorcs. - Coslae longitudinales minores, numerosiores, in
ultimo anfractu minuta e , coslulas transversas subaequantes , inde superficies subreticulata: co-
stuìae Iransversae majores, pauciores, ab inlcrstiliis latioHbus separalae. - Os brevius, latius:
columella magis excavata.
Long. 22 mm. : Lai. 13 mm.
1868. Nassa craticulata FOREST., Catal. Moli, ptioc. Bologn., pag. 39, lav I, fig. 15, 16.
Quantunque per circostanze particolari il Sig. Foresti non abbia potuto comuni-
carmi il tipo di questa forma, come gentilmente ha fatto per le altre che ha pub-
blicate , tuttavia credo , senza tema di eiTare , di potervi riferire un esemplare che
trovai nel vallone Torsero presso Albcnga, il quale, paragonato colla figura che il
Sig. Foresti ha dato di questa sua specie, non mi presentò altra differenza che la
spù-a un poco più lunga ed un poco più acuta.
Pliocene inferiore: Albenga-vallone Torsero, rarissimo: Coli, del Museo.
81. Nassa bisotensis Depont.
Tav. IV, Dg. 21 (a, b).
Dislinguuiil hanc speciem a iV. serrala Brocch. sequenles nolae :
Anfractns magis convexi, inde sulurae magis profundae. - Coslae lungiludinalcs minores,
numerosiorrs, magis obliquae: costulae Iransversae pauciores, ab interslitiis lalioribus separalae,
complanatae. - Os magis rotundatum.
Long. 25 rain. : Lai. 13 mm.
1870. Nassa bisotensis DEPO.M., Joiini. de Coiich., \ol. XIX, pag. 177.
VarielA A.
Tav. IV, fig. 22 (a, i).
Testa minor. - Labrum sinislrum inlerius pluri-plicatum : labia rimae breviora.
Long. 18 mm. : Lai. 10 mm.
Pliocene inferiore: Castelmiovo d'Asti, raro; Coli, del Museo.
Varietà A. — Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo.
286 i molluschi dei terreni terziarii del piemonte ecc.
82. Nassa Pareti (May.).
Tav. IV, fig. 24 (a, b\
Testa JurnVa: spira lon^'iuscula. - Anfractus ra/de conisexi; ullimus atitice valde depressus,
dimidia longitudine brevior: suturae profuiidae. - Costae longitudinales 17, jn-ominentes ,
oblusae, interslitia siibnequaiiles , subarcuatae , leviter ohliquae: costulae transversae 4 perspi-
cuae in anfraclubus mediis, IO in ultimo, obtusae, coslas longitudinales subaequantes, ab in-
terstitiis latis separalae, super costas ionifUmlinalcs cimlinuae, in liarum intersecalione nodi-
formes, praeserlim in parte postica anfractuum. - Os suborbiculare ; labrum sinistrum subar-
cuatura , inleriiis incrassalum et pluri-piicalum ; labrum dexterum mn ultra os produclum:
columella medio parum excavata: rima subterraiiialis, vi.\ recurvala, a labiis lomjis circum-
scripta.
Long. 14 mm. : Lat. 8 mm.
1873. Buccinum Paretai MW.. Jvurn.de Conch., \o\. XXI, pag. 151, tav. VI, fig. 7.
Pliocene superiorr : Colli tortoaesi , S*^ Agata-fossili , Stazzano , raro ; Coli, del
Museo, Michelotti e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
19" Serie.
Nucleus embrionalìs tum acutus, tum ohtusus. - Testa turrita: spira ìonga,
acuminata. - Anfractus convexi ; ultimus dimidia longitudine brevior: suturae pro-
fundae, suhcanaliculatae. - Superficies tota ìongitudinaliter costata et tratisierse
costeììata. - Os suborbiculare ; labrum sinistrum simplex, arcuatum, interius pli-
catum; labrum dexterum postice ultra os plus minusve productum, antice ad mar-
ginem liberum et erectum : columella inedia profunde excavata : rima laterali s ,
lata, profunda , valde refìexa , a labiis parum longis circumscripta, postice pro-
funde canaliculata.
Le forme di questa serie si distinguono:
1. da quelle della serie precedente: 1° per la natura dell'intaglio, il quale in
questa serie è più profondo, più rovesciato all'indietro ed accompagnato posteriormente
da una scanalatura stretta e profonda; 2° per le coste longitudinali più grosse e meno
numerose ; 3° per una grossa ruga collocata sul labbro destro in prossimità del suo
incontro posteriore col labbro sinistro.
2. da quelle della serie seguente, colle (juali bauno in comune i caratteri del-
l'intaglio e della bocca: 1° per la maggior lunghezza della spira; 2° per la man-
canza della scanalatura più o meno larga e profonda che accompagna gli anfratti
lungo la sutura posteriore.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 287
A. iNucleus apicalis acatus.
83. Nassa prysmathica Brocch.
Tav. V, Gg. 1 (a, b).
Tesla magna, turrita: spira perloiiga, polygyrala. acutissima. - Anfraclus convexi, versus
suturam posticam leviter infiali; ullimus brevis, ''!^ lolius longiludinis aequans, anlice valde
depressus : sulurae profundae. - Coslae longiludinales angustae, compressae, subacutae, rectae
in primis et rnediis anfradubus, siibsiiiuosae in ultimo, ab' interstitiis latis separatae, 12-18 in
ultimo anfraclu, axi teslae subparaliciae, ad suturam posticam productae: costulae Iransversae
angustae, inlerslilia iuterposila plerumque aequanti'S, uiiiformes , super costas longiludmales de-
currentes , 12 pierumque in primis et rnediis anfractui)us perspicuae, 20 in ultimo. - Os
suboriìiculare, anlice dilatatum; labrum sinistrum simplex, inlerius pluri-plicatum , subar-
cualum ; labrum (lexterum antive ad marginem liberum, l'rectum, poslice leviter extensum: co-
lumella medio profunde excavata: rima magis lata qùnm profunda, valde recurvata.
Long. 10-40 mm. : Lai. 11-22 mm.
1814. Buccinum (Nassa) prysmatliicum BROCCH., Cnnch. fois.sub., pag 337, tav. V, flg. 7.
1820. Nassa prysmathica BOKS., Ori it. pieni. I. pag.36.
1825. Id. id. UEFR., ac(.5c.A^a/., voi. XXXIV, pag. 941.
182G. Buccinum prysmatliicum RISS., Prod. Eur.mér., voi. IV, pag. 161.
.MARC. DE SEKR., Geogn.Ierr.tert., pag. 12 J.
BRONN, Ilal. tert.-Geb., pag. 22.
JA.N, Calai. Cnnch. /iìss., pag. 13.
DESI!., Expcd. Se. Marce Zval., pag. I9(i.
PIIIL., .ìMl.Sic, I, p.2i5.
PUSCH, Poi. Palaont., pag. 124.
1 JOS. V. H.VUEIl, rcrk.foss. Thierr. in Uri. — Beck. v. fVien, pag. 417 n. 38.
GRAT., Alt.Conch.foss., lav. XXXVI, fig. 37.
CALC, Conch.foss. Altavilla, pag. 62.
E. SISMO., Syn., pag. 40.
MATH., Caliti. Mcth. et Descr. foss. Bouches-du-Rhóne, pag. 324.
TCUIH.^TCH., Conslit. géol. Prov. mi'rid. Naples et Nice, pag. 240.
PlllL., Moli. Sic. U, pag. 191.
DESH. in LA.MCK., Anim.s. Fert., 2 ed., vol.X, pag. 216.
MICllTTI., Foss. mine, pag. 208 (in parte).
E. SISMI)., Syn., 2 ed , pag. 29 (in parte).
WOOI), Cray.. Moli., pag. 32, tav. Ili, fig. 6.
DORB., Prodr., voi. Ili, pag. 176.
MIM.., Palconl.de Main et Lnir, pag. 164.
RAY.\., VAN-DEN-llECi;., et PONZ., Calai. Foss. M" Mario, pag. 12.
MENECU., Palennt. de Sard. pag. 464.
SEGUENZ., Form, plioc. Messin,, pag. 11.
CO.NT., .Monte .Mariu, pag. 34.
MILL., Imlicat. Main. et Loir., voi. I, pag. 679.
\fi6ti-&3. Buccinum prijsmatliicum TCIIItl.\TCH., Asie min. Ai/c'oh*., pag. 361.
1866. Nassa modesta MILL., Foss.num'. Maine-el-Loire, pag. 19.
18G8. /(/. prysmathica FOREST., Calai. .Moli, plioc. Bologn., I, pag. 42.
1868. IJ. limata MXyZ., Sayy.Conch. foss. sub., pag. 37.
1869. LI. prysmathica ìlOUy.-VOV. Ceol. di Barcellona, pag. 40.
1870. Buccinum prysmathicwn >'IC.\IS., Calai, Anim. foss. Proi'.d'Alyer, pag. 107.
1870. Nassa prysmathica BELL, Calai. Moli. foss. Biot, p. 8.
1871. /(/. !</. CO.NT., Monte Mario, 2 ed., pag. 40.
? 1872. Jd. limata UE KOE.X., .Mine. Nord.-Deutschl. Moll.Faun., pag. 196.
1872. Buccinum pnjsniathicum COPP., Stud. Pai. Icon. moden., pag. 34, tav. Ili, Ijg. 65.
1873. IVassa limala COCC, Enum. Sist. .Moli. mioc. e plioc. Parm.e Piac, pag. 78.
? 1873- Buccinum limatitm M.W., Sysl. Ferz. l'ersi. Hetw, pag. 33.
1829.
/,/.
id.
1831.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1832.
Id.
id.
1836.
Id.
id.
1837.
Nassa
i»y-
smalìiica
? 1837.
? IS40.
Buccinum prysmatliit
Id. id.
1841.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1847.
1847.
Nassa
Id.
prysmathica
id.
? 1848.
Id.
id.
1852.
Id.
id.
1854.
Nassa
variabilis
1854.
Id.
l'^y
itnnthica
1857.
1862.
Nassa
Id.
prysmathica
id.
1864.
Id.
id.
1864.
Id.
cariabilis
288
I MOLLUSCHI PEI TERKENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1874.
1874.
1874.
1875.
1875.
1875.
1875.
1875.
1875.
? 1875.
1876.
187G.
1876.
1876.
1877.
1877.
1877.
1878.
? 1878.
1878.
1880.
1880.
1880.
1881.
1881.
1881.
Buccinum limaUim
Id. jiri/sinathicum
1,1. id.
ÌWissa prysniathicti
Buccinum pnjsniath icum
.Va.fsa pnjsmalkica
Bi'ccin um piijsmaìiiiviim
Nassa limala
Buccinum limatum
•76. Nassa limata
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
limala
id.
id
Buccinum prijsmathicunt
Id. id.
Id. limatum
Nassa prysmntliica
Id. limata
Id. id.
Id. id.
Id. id.
Nassa prijsmathica
Id. id.
Id. id.
Buccinum prysmatliicum
DE STEF., Fuss. plioc. S' .Miniato, pag. 34.
FL'CllS, Tert.bild.v.Tarent., pa^. 4.
FCCIIS, Alt. tert. Schicht. ti. Malta, pag. 4.
SEf.UENZ., Form, plioc. Ital. merid., pag. 978.
l'ONZ., Cronac.subapenii., pag. 14, 21.
PA>T.\>'., Atl. Accad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
M-VNTOV., Descr.geol. Camp ioni., pag. 41.
SORD., Faun. mar. Cascina Rizzavdi, pag. 35.
CKESl'ELL., Not. geol. Savicjnan., pag. 18.
BOLILL., Paleont.de Biarritz, pag. 94.
FOREST.j Ccnn.cjcol.e pal.ptioc. ant. Caslrocaro, pag. 19.
FISCH., Coq.vii\et foss.dcs Cavern. Fr.ct Lig., pag. 332.
FONT., Étud.Strot.cl Pai. terr.terl. Bass. du Bh6ne, pag. 69.
DE STEF., .Moli. plioc I\lonlerufoli, pag. .3.
DE STEF., Slrat. plioc. Siena, pag. 250.
FlXllS, Plwc.bild.Zante u.Corfu, pag. 10.
FrCIIS. Stud.jung. tert. bild. GriecliL, pag. 3
MAY., Pécout>. Condì, a Conger. Bassin du Rhi'me, pag. 13.
lìENOlST , Étag. tori. Gironde, pag. 5.
DE STEF. e PA.NTAN., Moli. plioc. Siena, pag. 42.
l'ANTAN., Condì, plioc. di Picirafiiia, pag. 272.
SARTOR., // Coli, di St Colombano ed i suoi foss., l, pag. 13.
COPI'., Terr.Tab.moden., pag. 10.
BRUGN., Condì. plioc. Caltanisetta, pag. 105.
COPP., Marn.turch.moden., pag. 14.
COPP., l'aieont.modcn., pag. .32.
BARO., Ftud. pai. .Maia et Loir, pag. 102.
Questa forma è molto frequente nelle sabbie gialle dei colli astesi, e i^resenta
pareccliie variazioni nei suoi caratteri, le quali si possono riduire alle seguenti: 1° le
dimensioni, le quali da venti millimetri di lunghezza giungono non raramente fino a
quaranta; 2° il numero delle coste longitudinali, che da dodici ascende talora a
diciotto e perfino a diciannove nell'ultimo anfratto; 3° la grossezza delle coste longi-
tudinali, la quale è d'ordinario minore assai della larghezza degli interstizii loro inter-
posti e che talvolta è tale da eguagliare i solchi che le separano; 4* le costicine
trasversali, che d'ordinario eguagliano nella grossezza la larghezza dei solchi loro inter-
posti, e questo è il caso più frequente, talora ne sono notevolmente più strette.
Avendo avuto occasione di esaminare un numero ragguardevole di esemplari della
N. limata (Chemn.) del Mediterraneo e dell'Adriatico, appartenenti i primi alle ricche
collezioni dei Sigg. Tapparone-Canefri, e di Montcrosato, i secondi al Museo Zoologico
di Agi-am e gentilmente comunicatimi dal Sig. Prof. Brusina, ed avendoli paragonati
con parecchie centinaia di esemplari della N. pry.'inuttìtica Brocch. mi sono persuaso
della necessità di conservare distinte queste forme abbenchè fra loro molto aflfini.
Per rendere più ovvia la distinzione dei caratteii che separano la forma fossile da
quella vivente che ne è derivata, mi pare opportuno di dare la descrizione compa-
rativa di amljcduc.
Nassa prysmathica Brocch.
Nassa limata (Chemn.).
1. Nucleo embrionale lungo, molto
acuto ;
2. Angolo spirale più acuto;
1. Nucleo embrionale brevissimo, ot-
tundato ;
2. Angolo spirale meno acuto;
DESCRITTI DA L. BELLAEDI
289
3. Spira, a parità di lunghezza, com-
posta di un maggior numero di anfratti
(ordinariamente dieci) , e perciò anfratti
più brevi ;
4. Coste longitudinali minori in nu-
mero, specialmente negli ultimi anfratti,
meno larghe degli interstizii loro frap-
posti, quasi sempre più o meno sinuose,
specialmente negU ultimi anfratti ;
5. Costicine trasversali separate d'or-
dinario da solchi più larghi;
6. Scanalatura attigua all' intaglio
più profonda;
7. Labbra dell'intaglio più ripiegate
verso il dorso dell'ultimo anfratto ;
8. Lunghezza ordinaria degli indi-
vidui adulti 35 mm. : sono rari gli esem-
plari adulti di 20 mm. di lunghezza.
3. Spira, a parità di lunghezza, com-
posta di un minor numero di anfratti
(ordinariamente otto) , e perciò anfratti
più lunghi ;
4. Coste longitudinali maggiori in
numero in tutti gU anfratti, larghe presso
a poco quanto i solchi loro interposti ,
quasi sempre rette, di rado leggermente
sinuose ;
5. Costicine trasversali separate per
lo più da solchi più stretti ;
6. Scanalatura attigua all' intaglio
meno profonda e più larga ;
7. Labbra dell' intaglio meno ripie-
gate verso il dorso dell'ultimo anfratto;
8. Lunghezza ordinaria degli esem-
jilari adulti 20 mm. : sono rari gli in-
dividui adulti di 27 mm , rarissimi quelli
di 32 mm.
Il B. clf'(/ans Duj. (Meni. yrol. Tour., pag. 208, tav. XX, fig. 3, 10), che
alcuni hanno riferito alla presente specie del Brocclii, ne dififerisce pei seguenti ca-
ratteri che mi riesci facile di riconoscere dall'esame di alcuni esemplari provenienti
dalla Turrena e corrispondenti alla figura ed alla descrizione della specie suddetta
del Dujardin: 1" figura dell'intaglio più stretta anteriormente e più larga posterior-
mente, per il che la forma della Turrena si avvicina molto alle forme della 12' serie;
2" dimensioni notevolmente minoi'i (14 mm.); 3" spira molto più breve e meno acuta,
composta di un numero minore di anfratti; 4" scanalatura anteriore dell'ultimo an-
fratto molto meno profonda ; 5" coste longitudinali più piccole e più numerose; 6° nu-
cleo embrionale molto più breve e molto meno acuto.
Pliocenr supcriore : Colli astesi , Valle Andona , ecc. , comunissimo ; Coli, del
Museo e Michelotti.
84. Nassa Biiugnonis Bell.
Tav. V, li};. 3 (.., h).
Dislinguunl liane speciem a N. prysmalliica Brocch. sequenles nolae:
Nuclcus apicalis brms, tniims nrutus , subcylindricus. - Tosta crassior , minor, brei'ior :
spira brevior, miiius amia. - Coslae longitudinalfs numerosiores, majores, ab iiUerslitiis angu-
stioribus sopaialae , in ulliiìiis aiifraclnbits obliquae : costiilae transversae a siilcis anrjustiuribus
separalae. - Os aiKjustiiis ; labrum sinislnnn inflatum ; labrum dexleriim crassius , frequenler
mgulosum, ani ice plerumqw biplicatiim: rima poslice minus profunde canaliciilata.
Long. r2-'25 mm. : Lui. 7-13 mni.
Serie IL Toji. XXXIV.
290 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII PEL PIEMONTE ECC.
iS'M. Bucci iium pri/smalhirum GRAT., Tabi. Coq. foss. Dai, n.5l7.
1840. Id. i'I. GUAT., .i(/. C(.niA./i/i5., lav. XXXVI, lig. 37.
1847. Sassa prijsmatitica MICIITTI., Foss. mioc, pag. 208 (in parte).
1847. III. id. E. SISMO., Syn., 2 od., pag. 29 (in partc\
l86i. Id. limata UODEllL., (Àtin. geol.terr. miocsup. Ilal.cenlr., pa-^. \03.
18<'>7. Biicciniim pnjsmalhicum I>EU. DA GOST.. Ca.ilci: Uro. l'ori., pa-.Og, lav.XIV. fi-. lO.
1869. III. id. COl^V., Citai. Foss. micce plioc. Moderi., fag.ii.
? 1878. JVassa prysmathica VA?i-DEN-BROFXK, Esq. géol.tl palèont. Dep.plioc. Jnvers, pap. 279.
Ho distinto con nome proprio questa forma, abbenchè sia intimamente collegata
colla N. prysmathica Brocch., tanto per alcune particolarità che vi sono abbastanza
costanti, quanto e specialmente perchè essa è propria del miocene superiore dei colli
tortonesi, mentre l'altra è caratteristica delle sabbie gialle dei colli astesi.
Questa forma è vicina a quella nominata dai signori Hoemes e Auinger B. nttb-
prijsmatìiicmn (L. e. pag. 131, tav. XIII, lig. 1 a, h). la quale si distingue da
quella dei Colli tortonesi qui descritta pei seguenti caratteri che in essa si osservano :
1" spira più aperta; 2° anfratti più convessi epperciò suture più profonde; 3° coste
longitudinali più sporgenti, non sinuose suirultimo anfratto e quasi parallele all'asse
del guscio; 4° costicine trasversali meno numerose e più grosse; 5° ultimo anfratto
più breve e più depresso anteriormente ; 0" labbro sinistro arcato, non depresso poste-
riormente né dilatato anteriormente; 7'' bocca quasi orbicolare; 8° labbro destro sottile
e non protratto posteriormente oltre il piano della bocca.
La N. Bruynonis Bell, nei mari del pliocene inferiore si è probabilmente tras-
formata nella N. .serrata Brocch. come accennano alcune varietà di quest'ultima, in
quelli del pliocene superiore nella N. prtjsmathica Brocch., e finalmente nei nostri
mari attuali nella N. limata (Chemn.).
Questa specie, come la precedente, presenta alcune modificazioni nella natura delle
costicine trasversali più o meno grosse e numerose, e nelle coste longitudinali le
quali variano di numero , abbenchè meno frequentemente , e delle quali il numero
ordinario è diciassette : variano pure la spira più o meno lunga ed aperta, e le di-
mensioni, le quali cose dimostrano come questa forma del miocene superiore sia quella
che per forme intermedie, rare però, del pliocene inferiore abbia preso maggiore svi-
luppo nel mare del jìliocene superiore nel quale si è trasformata nella N. prijauia-
thica Brocch.
Mioccìif ì^uprriorc : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli,
del Museo ; Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro : Coli, del Museo, e Kovasenda.
B. Nucleus embrìounlis inagniis, brevis, obUi«u$.
8li. Nassa borelliana Bei.l.
Tav. V, fig. 3 (a, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. prtjsmalliica Brocch. sequeiiles nolae :
Nucleus embrioìialis major, hrevis, obtusus. - Testa minor: sjiira brevior , minnx aprrla,
medio infiala. - Anfrnrlux pauciorrs, loiigiores, hk'/iii.s- convexi ; ullimus lonijior , antice miiitts
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 291
depresms: suturae minus profundae. - Costae Inngitudinales majores , pauciores , oblusae , Mae
rectae: coslulae transversae et sulci inlerpositi minores.
Long. 1 1 ram. : Lai. 6 inm.
Varietà A.
Spira longior, magis acuta. • Costulae transversae majores.
Long. 12 mra. : Lai. 7 mm.
VaricU B.
Spira brevis, magis aperta.
Long. 1 1 mm. : Lai. 6 </, mm.
Varietà G (an species distioguenda ?).
Testa hingìor. - Aiifntctus ronvp.viusculi ; ullimus magis convexus et aulire magi.'i depressus.
- Labrum sinistrum armiatum.
Long. 14 mni.: Lai. 9 mm.
Miocene superiore : Tetti Borelli, presso Castelauovo d'Asti, raro ; OoU. del Museo
e Kovasenda.
20" Serie.
Nucleus emhrionalis angustus , longits , acutus. - Testa inflata. - Anfractus
convexi; nlfimus magnus, inflatus, (h'm/diam longitudinrm aequans vel subaequans ;
sutiirae profunde canaliculutue. - Siqìerfìcirs tota vel in parte loìigìttidinaììter
costata, tota transverse sulcata et costellata. - Os amplum, suhorhiciilare ; labrum
sinistrum simplex, interius plicatum, arctiattim ; labrum dexterum ultra os postice
parum producfim , antice ad marginem liherum et erectum, postice unijìUcatum :
cohmella valde contorta: tmhilicus plus minusve distinctus: rima latrralis, laiis-
sima, a lahiis longis circums cripta, raldc rc/lcxa, postice profunde et anguste ca-
naliculata.
La minor lunghezza della spira, la maggior apertura dell'angolo spirale, la minor
grossezza ed il maggior numero delle coste longitudinali, ed il canaletto più o meno
largo e profondo che corre contro la sutura posteriore, sono le note principali che
distinguono le forme di questa serie da quelle della precedente.
86. Nassa clatiirata (Bobn)
Tav. V, fiR. 4 (a, A).
Tesla iiiftata, ventrosa: spira brevis, parum acula. - Anfraclus vaWe convexi, cantra su-
luram pnsticain profunde canalwulati ; ullimus magmts , dimidiam iongiUidinem subaequans,
inflatus, antice valde depressus: suturae profundae. - Coslae longiludinaies rectae, obliquae,
prominentes. compressae, ah inlerslitiis lalis et profundis .leparalae , 14-20 in ullimo anfraclu .
cantra cnnaliculum posticum lerminalae : coslulae transversae prominentes, compressae, conti-
nuae, super costas longiludinaies decnrrentes , subunifornies, ab interslitiis complanatis et plus
minusve latis separalae, o vel 6 in primis et mediis anfractubus perspicuae, 11-16 ir ultimo.
292
I MOLLUSCHI DEI TEKKENI TERZIAEII DEL PIEMONTE ECC.
- Os suborbicularo . antice ililalattnn; labrum sinislrum ad mar-ineni crcnaluni , intcrius
pluri-pliialum; labrum dexlenim nnlice plemnujue erertum (in adullis), rer/ionem nmbilicalem
in parte tantum teoem, poslire allmuatutn et breriler ultra os productum: eolumella valde con-
lorla, anlice profunde excavata : rima sublalcralis, valdc lata.
HORS.. Vus.. papaoi. lav.lX, (ìp. 17, 18.
GMEL., Sijst.Nal., pag. 3495.
BRUG.. Encyct. viith , -voi. 1, pag. 215.
■alttm BROCCH., Conck. foss. sub., pag. 338.
BORS., Oriti, piem., I, pag. 36.
DEFll., Dici. ,S, . Xat., voi. XXXIV, pag. 242.
RISS., Prod. Eiir. mcrid., voi. IV, pag. 164 (fide BROJiNI).
SASS., Sagg. geol. Bue. lerz. Àlhimja, pag.4Kl (per err. tip. clalhealum].
MARC. UE SERR., Ceogn. terr. Ieri., pag. 122.
BRONN, Ilal. terl.-Gcb., pag. 92.
J.\y, Calai. Conch. foss., pag. 13.
BRO.NN, Lclh.geagn, voi. 11, pag 1102, lav. XLI, lig. 32 a, b.
E. SISMI)., %H., pag. 4().
TCIIUIATCII., Con.slit.gnil.proi-.mèrid. .\aples et .Mce, pag. 240.
DESll. in LAMCK., Anim. s.veil., 2 ed., vol.X, pag. 215.
E. SISMO., .Si/n., 2 ed., pag. 28.
D'ORB., Prodr., voi. III. pag. 176.
NEl'GEB., Beitr. tert. -Ululi. Obcr-Lapugij, pag. 9.
NEUGEB., Syst. rerz. terl.-Moll. Geh., pag. 9.
FOREST., Calai. .Moli. plioc. Bologii., 1, pag. 39.
COI'l'., Calai. Foss. miuc.e plior. Moden., pag. 24.
MOLIN.-I'OT. (."io/, rfi Barcellotia, pag. 40.
MAINZ., Faun. mioc. .4lt. Ilal.. pag. 12.
ISICAIS., Calai. Anim. foss. Prov.d'Jlger, pag. 106.
COIM»., Slud. Paleviil. Iioii. mndai., pag. 35. tav. III, lig. 67
MONTER, Condì, foss. Monte Pellegrino e Ficarazzi, pag. 33.
COCC., Enum. Sist. .Moli. mio,-, e plioc. Parm. e Piac, pag. 76.
SEGL'ENZ., Form. plioc. Ilal. maid., pag. 300.
COPP., Calai. Fo.iS. mio-plioc. moden. Coli. Copp.. pag. 2.
SEGUEISZ., Form, plioc. Ilal mcrid., pag. 276.
DE STEF., Foss. plioc. St- .Miniato, pag, .34.
BENOIST, Test foss.de la Bride et Saucalz, pag. 386.
SEGUENZ., Form. plioc. Ilal. merid., pag. 276.
l'ANTAN., Alt. .Iccad Fiiiocr. Siena, voi. Vii, pag. 4.
MANTOV., Descr.gcol.Camp.rom., pag. 41.
SORD., Faun. mar. Cascina nizzardi, pag. 35.
CRESI'EI.I... ^oLgeoLSavignan., pag 18.
STOllU, Terr. plioc. Girijenli, pag. 469.
MAY., .Mer.glac.au pied des Atpes, pag. 219.
FOREST., Marn. » Luca e Paderno, pag. 5.
DE STEF., Slrat. plioc. Siena, pag. 170, 171, 250.
l'ANTAN., Plioc. dint. Cliiauciano, pag. 8.
\'.\.\[\\.:\., Oiìicti. plioc di Piclrafitta, pag. 271.
BENOIST, Étag. lorlon. Girowle, pag. 5.
UE STEF. e l'ANTAN.. .Moti. plioc. Siena, pag. 109.
COI'l*., Terr. Tab. moden., p,ig. 10.
BRUGN., Conch. plioc. Ctittanisetta, pag. 105.
COPI'., Le marn. turclt. moden., pag. 14.
COPP., Paleont. moden. , pag. 32.
Long. 32 mm. : Lai. 23
1788.
Buccinnm clalhratum
1788.
Id. id.
1792.
Id. id.
1814.
Id. (A'astaJ clathi
1820.
Nassa clathrala
1825.
Id. id.
1826.
Buccinum cancellatum
? 1827.
Id. clathralum
1829.
Id. id.
1831.
Id. id.
1839.
Id. id.
1838.
Id. id.
1842.
Id. id.
1842
Id. id.
1844.
Id. id.
1847.
Nassa clathrala
1852.
Id. subclathrata
1860.
Buccinum clathralum
1860.
Id. id.
1868.
Nassa clathrala
1869.
Buccinum clatliralnm
1869.
Nassa clathrala
? 1869.
Buccinum clathralum
1870.
Id. id.
1872.
Id. id.
? 1872.
IVassa subclathrata
1873.
Id. id.
? 1873.
Id. id.
1874.
Buccinum clathralum
1874.
Nassa clathrala
1874.
Buccinum clathralum
1875.
Nassa clathrala
1875.
Id. id.
1875.
Id. id.
1875.
Na.<sa clathrala
1875.
Id. id.
1875.
Buccinum clathralum
1876.
Nasta clathrala
1876.
Buccinum clathralum
? 1877.
Nassa clathrala
1877.
Id. id.
1878.
Id. id.
1878.
Id. id.
1878.
Id. id.
1878.
Id. id.
1880.
Id. id.
1880.
Id. id.
1881.
Id. id.
1881.
Id. id.
DESCRITTI VA L. BELLARDI 293
Varieift A.
Tav. V, lig. 5 (a, b).
Testa longior : spira magis acuta, - Coslae longitudinale s numerosiores , magis obtusae:
costulae transversae numerosiores, ab inlerstitiis minoribus separalae.
Long. 31 mm. : Lai. 18 rara.
Kiferisco con dubbio la citazione dell'opera del Sassi, perchè avendo fatte ripetute
ricerche nelle vicinanze di Albenga, fra i numerosi fossili che vi ho raccolti non mi
venne dato di trovare questa specie, la quale del resto viveva già nel mare del plio-
cene inferiore, al di qua dell'Apennino, rappresentata dalla varietà A che è frequente
a Vezza presso Alba.
Pliocene inferiore : Albenga (fide Sassii).
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, ecc.: Volpedo presso Voghera:
Colli biellesi, Masserano, comunissimo; Coli, del Museo e Michelotti.
Vai-ietà A. — Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, frequente ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi: Volpedo presso Voghera, frequente; Coli, del
Museo e Michelotti.
87. Nassa emiliana (May.)
Distinguunl liane speciem a N. clathrala (Born) sequenles nolae:
Testa plerumqiie minar. - Anfractus projie sntnram posticam mintis late et minus profunde
canalicuìali. - Coslae longilwlinales numerosiores, minus prominentes, ab inlersliliis angustioribus
separalae: costulae transversae majores , ah iuterstitiis angustioribus separatae. - Canalimlus
centra rimam decurrens minus profundns.
Long. 26 mm. : Lai. 1 i mm.
1872. Buccinum emiliani/m MAY., Journ.de Conili., voi. XX, paf;. 936, tav. XIV, lìg. 9.
1873. yVflj.ta michelolliana COCC, Enum.Sist. .Voll.mioc.e plioc. Parm.ePiac, pag. 77, tav. I, Cg. 91, 2?,
Varietà A.
Tav. V, fig. 6 («, b).
Testa minor: spira magis acuta. - Costulae transversae minores et numerosiores.
Long. 28 mm. : Lai. 20 mm.
Fra le differenze che distinguono questa forma dalla N. clathrata (Born) non
ho fatto cenno della forma generale, perchè sia fra i parecchi esemplari di Castelar-
quato, comunicatimi dal Sig. Prof. Mayer, sia tra quelli del Piemonte che mi par-
vero dovervisi riferire, ne trovai di quelli colla spira più o meno lunga ed altri colla
spira più o meno aperta.
I caratteri che, oltre all'ornamentazione superficiale, separano meglio le due forme,
sono, in questa qui descritta, la ristrettezza e la poca profondità del canaletto che
coiTe contro la sutura posteriore, e la minor profondità di quello che è collocato
contro l'intaglio.
294 1 MOLLLSCllI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Miocene supcriore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, della R. Scuola di
Applicazione per gli Ingegneri (Prof. Gastaldi).
Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti, rarissimo; Coli, del Museo.
88. Nassa Cantrainh Bell.
Tav. V, fiy. 7 {a, b).
Dislinguunl liane speciem a N. clalhrata (Born) sequenles nolae:
Testa minor, minus infiala: spira loiigior, magls acuta. - Anfraclus magis convexi ; cana-
liculus posticus angustiar et profundior. - Costae longitudinale s miniires, numerosiores, in ultima
dimiiìia parte ultimi anfraclus obsoletae: costulae transversae minores , numerosiores, ab inlcr-
stitiis angusliorihus separalae.
Long. 26 nini.: Lai. 16 ram.
Pliocene supcriore : Volpedo presso Voghera : Colli biellesi , Masserano . raro ;
Coli, del Museo.
89. Na.ssa scalaris Bors.
Tav. V, f,;.. 8 [a, A).
Dislinguunl hanc speciem a iV. clalhrata (Barn) sequenles nolae:
Anfraclus magis convexi; cnnaliculns posticus multo magis profundus. - Cmtae lougiludi-
nales in ullimis anfractubus nullae, vel passim vix nolatae: costulae transversae numerosiores,
latae. complauatae, a sulcis anguslis scpnralae.
Long. 29 nini. : Lai 20 mm.
1825 Xassa scalaris BORS., Orilt. pieni., ÌU, paf; l"56, lav. I, fig. 30.
1838. Buccinum scalare MICHTTI., Gcocjn. Aiis. ten. HitJ. Pieilm., pag. 396.
1842. Id. id. E. SIS.MD., %«., pag. 41.
1847. Nassa scalaris E. SISMO., Si/n., ì ed., pag. 20.
185J. Id. id. D'ORB , Prodr., voi. ili, pag. 176.
1868. Id. id. FORESI'., Ca/af.^/o^./j/iV. Bn/ojn., !, pag. 41, lav. II, fig. 1-4.
? 1873. Id. clalhrata rar. COCC, Eitiiin.Sist. Moll.mioc. e plioc. Parm.e Piac, pag. 76.
1875. Buccinum scalare PONZ., Crotiac. siiba/ieiin., pag. Sfi.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli biellesi, Masserano, non raro; Coli, del Museo.
21' fierie.
Nucleus embrionalis lonyus , aiigustiis , acutus. - Avfractus panini convexi:
ultimus viagnus, dimidiam longitudinem snhaequans : suturae suhcanaliculatae. -
Supcrficies longitudinaliter costata et tota, rei in parte, transverse silicata. - Os
ohliquum; labrum sinistrum subincrassatuni , interius plicatum, posticc plus nii-
nusve dcpressiim, antice suharcuatuni ; labrum dextcrum posticc ultra os plu.<< mi-
nusve productum, unticc ud margincm libcrum et plus niinusvc crcctum, obliquimi:
DESCRITTI DA L. BELLARDI 295
regio umhilicaUs magna ex parte iletecta: coìumella tum antice tuni medio pro-
funde excavata: rima subterminalis, lata, parum profunda, a lahiis brevibus cir-
cumscripta, satis reflexa, postice non profunde canaliculata.
Nelle forme di questa serie la scanalatura che accompagna la sutura posteriore
è appena indicata: il labbro destro è grosso, più o meno eretto anteriormente ed
obliquo, e non ricopre la regione umbilicale: l'intaglio è quasi terminale e poco obliquo.
A. Anfraclus ultimi longiludìiialiler costali.
90. Nassa Coccomi Bell.
Taf. V, lig. 9 (a, b).
Testa subglobosa: spira ait aiiicem acidissima, medio lei'iler excavala , in ultimis anfra-
clubus rnagis aperta. - Anfractus primi et medii vix convexi; ultimus magnus, ventrosus, nnlice
valile de\)iessus, dimidiam iongiludinem subaeqiians: suturae parum profiindae. - Coslae lon-
gitudinales parvulae in primis ci mediis anfractiibus , majores et inter se rnagis dislanles in
ultimo, prope marginem oris minores , numerosiores , confertae: coslulae transversae a sulcis
profundis separalae. - Os suborbiculare , anlice subangulosum ; labrum sinistrum interius
pluri-plicalum; labrum de.\terum crassum, plernmque inaequaliler rugalum, postice uiiiplicatum.
Long. tS nini.: Lai. 11 '/s ra'"-
Vanirla A.
Coslae longitiitliiialr^ in ultimo anfrarUi minnres. numerosiores, r.ostnlas transversns subae-
quanles, inde super/icies ibi eleganler dathrala.
Long. 14 mm. : Lai. 9 mra.
Varielt B.
Spira longior, rnagis acuta.
Long. 13 mm. : Lai. 8 mm.
Miocene medio : Colli torinesi, Sciolze. Baldissero-torinese, Val Ceppi, non fre-
quente ; Coli, del Museo, Michelotti e Eovasenda.
91. Nassa proavia Bell.
Tav. V, Cg. 10 (a, b).
Testa ventrosa: spira brevis , medio leviler inflata. - Anfraclus parum convexi, cantra
suluram posticam subcnnaliculati; ultimus magnus, ventrosus, anlice valde depressus: suturae
parum profundae. - Coslae longiludinales leviter ohiiquae, sttbsinuosae , ab interstiliis latiu-
sculis separatile, in primis anfractubus plerumque obsoletae , in mediis crebrae et parvulae , in
ultimo magnae, pauciores, sinnosae, ad rimam productae, prope marginem oris minores et nume-
rosiores: sulci Iransversi angusti, inter se salis dislantes, plerumque 6 perspicui in anfra-
ctubus primis et mediis, 16 in ultimo. - Os postice angustalum, antice dilatatum ; labrum
sinistrum leviler incrassalum; labrum dexicmm postice aliquanto produc^Hm; columelIa anlice
profunde excavala, poslice uniplicala.
Long. 17 mm. : Lat. 11 mni.
296 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
VarieU A.
Cosine lomiitudinaU's in ultimo anfracla miiiores, nitmerosiores.
Long. 14 limi. : Lui 9 nini.
VarielA B Un species distinguenda?'.
Cosine liinfìiludinales in ullimis anfractubus niimerusiores, magis obliquae, reclae, ah inler-
Stiliis aiìijuslis seiiniatdc. - Aiifractiis ullimus uiitke maijis depressus.
Long. 17 mm. : Lai 10 mni.
Tanto nella varietà A quanto in quella B la spira si presenta ora breve e rigonfia,
come nella forma tipica, ora più o meno lunga ed acuta.
Pliocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Baldissero-torinese, Val Ceppi,
non frequente; Coli, del Museo e Michelotti.
92. Nassa semirogosa Bell.
Tav. V, fig. 11 (ri, b).
Dislinguunl liane sppciem a iV. proavìa Bell, sequenles nolae :
Testa crasxìnr: spira longior, magis acuta. - Aiifrailus primi el medii loti minute et con-
ferie loiigiliidinaliler restali; costai' in iiciinltima dimidia parte ultimi anfraclus noiiniilliie majores,
in ultima dimidia parte obsoleta): . - Os magis obliquum et angiistum; labrum dexterum magis
erectum, inde testa subumbilicala.
Long. 17 nini.: Lai. 10 mra.
È notevole l'afiinità di questa forma dei colli torinesi con quella di Lapugj' de-
scritta dal Prof. Mayer col nome di B. hunguricum (Jottrn. de Condì., voi. XXI,
pag. 149, tav. VI, fig. 5).
Avendo potuto paragonare la forma qui descritta coU'esemplare tipico comunica-
tomi dal Sig. Prof. Mayer, ho trovato che il fossile nostro differisce da quello di
Lapugy pei seguenti caratteri: 1" dimensioni alcunché minori; 2° spii-a più conica
e più acuta; 3° anfratti meno rigonfii e non depressi posteriormente; 4° coste lon-
gitudinali più numerose e meglio definite ; 5° scanalatura posteriore all'intaglio niolto
più profonda ; G° labbro destro più grosso e più rialzato dalla superficie dell' an-
fratto e rugoso.
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese , rarissimo ; Coli, del Museo.
B. Anfraclus iillinii ccoslati.
93. Nassa albucianensis Bell.
Tav. V, li},'. 12 (n, b).
Tesla crassa, suliglohosa : spira brevi.'', paruni acuta, medio infiala. - Anfraclus con vexi;
ultimus m.i;/»u.«, venlmsus, antice valde dejìrcssus, '/j tolius lonuiUulinis subaecpians : sulurae
sim|ilicrs, paniai profunilae. - Supcrlicies «d primis nnfraetubus minute ìonijitndinuliler costata
et transverse sulcata, in mediii et ultimo tota larris , exceptis sulcis nonnullis transversis et _^
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 297
profundis cantra rimnm decnrrenlilius. - 0> suhqnadratum, postice profunde cnnaliculalum ; labrum
sinislrum incrassalum , interius pluri-plicatum; labrum dexterum anlice obscure rugalura,
valde sinislrorsum obìiqunium, poslice cnllosum : columella siibmedio profimde excavata.
Lon^'. 1 4 mm. : Lai. 9 mm.
Questa specie ha non poca analogia colla N. cimecda (May.) [Journ. de Condì.
voi. Vili, pag. 214, tav. V, fig. 5), la quale appartiene certamente a questa serie
per i suoi caratteri generali. Le differenze che separano queste due forme sono le
seguenti presentate dal fossile dei colli torinesi in confronto con quelli del fossile di
Saint-Jean-de-Marsacq : 1° forma più stretta ed angolo spirale più acuto; 2" man-
canza di strie trasversali sulla parte posteriore degli anfratti; 3" bocca più stretta
e più lunga; 4" labbro destro più grosso e più sporgente.
Miocene medio: Colli torinesi, Albuguauo, rarissiuio; Coli, del Museo e Michelotti.
23» Serie.
Nncìeus emhrionalis ìongns, acutus, angustus. - Testa ovoides : apira hrevis
medio influta. - Anfractus convexi; ultimus inflatus, anticc valde depressus , di-
midiam ìongitudìnem aequans, vel subaequans. - Swperfìcies tota, vel in parte,
longitudinaliter costata, tota transverse striato-sulcata. - Os suhorhicuìare, postiee
angustatum et canaliculatum ; labrum sinistrum subarcuatum ; labrum dexterum
non, vel vix, ultra os postiee productum, antice ad marginem liberum et ereetum,
obliquimi: columella profimde excavata: rima subterminalis , antice arigustata,
postiee dilatata, x>arum reflexa, a labiis brevibns circumsrripta, postiee canalicitlnfa.
Le forme di questa serie sono intermedie fra quelle della precedente e della se-
guente ; da quelle della prima, colle ([uali hanno in comune le mediocri loro dimen-
sioni, differiscono per la forma generale globosa, per la brevità del labbro posteriore
deirintaglio, ed in particolar modo per la poca profondità della scanalatura che ac-
compagna posteriormente l'intaglio: dalle seconde, colle quali hanno in comune la
forma più o meno globosa, per le minori loro dimensioni e per la prcaccennata poca
profondità della scanalatura che corre posteriormente ali "intaglio.
A. Aufiaclus omnos coslis longitudiiiiililius di-.^tìliili.
9'i. Nassa Bhu.sinae Bell.
Tav. V, Cl;. ^ («, A}.
Tesla subijlolrnsa: spira brevis , medio insala. - Anfractus convexi; ullimus dimidiam
longiludineiii subai'qiiuiis. - Sii|)i'r(ici('s tota lon/iHtidinaUlcr croxtala, minute ci rare Iransverse
sulcala. - Os valde obliqnim, subiiiunlralum ; lahniin sinistrum incrassatuni , exlcrius margi-
7ialum; labrum dexterum crassum, valde obliquum: columella submedio profunde excavata,
laevis ; regio umbilicalis delocta.
Long. 12 min.: Lai. 8 min.
Miocene medio : Colli torinesi. Monte dei Cappuccini, rarissimo ; Coli. Kovaseuda.
Serie II. Tom. XXXIV. »o
298 I MOLLISCIII PEI TERRENI TERZIAKII DEL PIEMONTE ECC.
B. AiiFraclus primi lo.iuiduliiiiilihT costali, ulliniì ecoslalì.
95. .Nassa semicostulata Dell.
Tav. V, li.,'. 15 {il, b\
Dislinguunl liane speciem a A'. Brusiune Beli. s('(iu('nles nolae :
Spira lomiior, maf/is acuta. - Aufrarlus uUimns dimidia lowiilndine hrevior. - Superficies
primorum anfractuiim Umcfiludinnlder iiiuUicoslala.
Long. 12 nani.: Lai. 7 '/.. '"'"•
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze, rarissimo; Coli. Kovasenda.
C. AuFracUis primi co.slulis loniiiludìiialiltiis lirstiltili; iiltiiniis longituilìniililcr roslulalus.
96. Nassa perraba Bei.l.
T.iv. V, fi-. 14 {a, b).
Tesla suhfilnbosa: spira brovis, parum acula. - Anfraclus convexi, ad sulnram poslicam
canaliculali; ullimus t»/!o/us, antice valde depressus, -I3 lolius longiludinis subaequans. -An-
fraclus primi eoslis loiKiiludiiìulilms desliluli , imdii et ullimi loiigitiidinalUer costati; coslae
parum promiiienles, oblusai', ab iiilersliliis lalis scparatae, vaide obliquae, piope marginem
oris minores et vuincrosiores: sulci Iraiisversi minuti undique decurrentes, in ventre ullimi an-
fraclus inlerslilia xiilcis ordinariis iutrrpoyita et ijisii medio minute sutcala. - Os subovalc ,
anlice diialalum, obliquum; labrum siiiislrum subarcualum, incrassalum, inlerius magiii-
plicalum; labrum dexlerum medio et pnsticc aliquanto nllra, 01 produclnm , rra-Mum, anlice
multi-rugalum. poslice iiniidicatiim: coluiiiella antico profiinde escavala: rima suhlerminalis,
protunda, poslice dilatala, parum revoluta.
Long. 1 4 mm. : Lai. 9 mm.
La maggior spessezza del guscio, la minore lungliezza della spira, la maggior
apertura dell'angolo spirale, la forma generalo meno turrita, le coste longitudinali
protratte fin contro il labbro sinistro, la bocca proporzionatamente piii stretta e più
lunga, la maggiore spessezza del labbro destro, e le numerose sue ruglie, distinguono
questa forma dalla X. hmìgarica (May.).
Miocene lurdio : Colli torinesi, Monte dei Cappuccini , rarissimo ; Coli. Kovasenda.
23' Serie.
Nuclrus emhrionalis ìongus, (untus, avgustus. - Trsla oroidrs : sjj/m Lrevis,
ad apicrm raìde acuta , medio infiala. - Anfraetiis conrrxi ; ultimus dimidiam
lotìgititdivem sulxiequana.- Saprrfìrirs tota loiigifitdinaìiter reostata, transverse sulcntn
et costnìatd. - Os snhorhicnìnre ; ìahriim sitiisiritm incrassatinv, postice depressum.
antiee diìatntam ; ìdìirani dexteriim medio et postice parum ultra os productuni :
regio umbilicaris detccta : eoUimeUn valde contorta , antice profunde excavata :
rima subtrrminalis , lata , profunda , a hihiis longiasculis eircuìnscripta . valde
reflexa, 2>ostice anguste et profunde canaliculata.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 299
La forma globosa , la mancanza di ornamenti longitudinali e la notevolissima
profondità della scanalatura che accompagna posteriormente l'intaglio , sono le note
principali caratteristiche di questa serie, la quale corrisponde presso a poco al genere
Desvioulea di Gray.
97. iNassa conglobata Brocch.
Tav. V, fi?. 17 (n, A .
Testa rjluhosa: spira ad apicem valde acula, dcin magis aperta. - Anfraclus parum
convcxi; ullimus diinidiam h)ngiludinem subaequans, vciiln: valde infiatus, anlice valde de-
pri'ssus: suturile parum profuudac. - Coslulac Iratisversat' minulae, crebrae, a sulco ple-
rumque aiiguslu separalap, Imn lolac uiiiformcs , tum in parie postica anfracluum coslula minor
costulis majoribus iiUerposila. - Os suborbiculare, poslice profiinde et anguste canalicuìalum ;
labrum siuislrum incrassatum, inlerius plicato-denlalum ; labrum dexlerum crassum antice
ad mnrfjinvm lihprum et ereclum, irrcguiariler rugatum, postice unipiicatum.
Long. 4o mm. : Lai. 33 mm.
181 i. Bucchium (IVti.isa] congltihatum BUOCXII., Gmch. fass. sul/., pag. 334, tav. IV, liir. 1 J.
181 i. W. [Doliwn lamjms IIIIOCCII., Conch. foss.sub., pag. 325, lav. V, fi(j.2.
1820. Nassa conglobala ItOUS., Oriti, piem.. 1, pnj;. .ì(>.
18i5. Id. i,l. Ulil'll., Wùr. 6V;. .Va(., voi. .\XXIV, pag. 240.
1831. liucdnum conglobatimi BIlO'iN, hai. lert.-Geb., pag. 24.
1832. iti. id. .lA.V, Cn/»/. Com/i /"oM., pag. 13.
1840. /(/. liiocc/iii MICIITTI., yfiii. G'ajt. /"oii., pag. 23 (in parie).
1842. /(/. id. E. SI.SMD., Syii., pag. 40 (in parie).
18i2. /(/. conglobnlitm TCÌWH^'VCW. , Corni, gcol. prowmcrid. Naples et Nice, pag. 240.
1844. Id. id. DKSJI. In LA.MCK., Anim.s. veri., i éil., voi. X, pag. 212.
1847. lVas.,a conglobala E. SI.SMD., Sijn., 2 ed., pag. 40 ;in parie).
1847. /(/. id. TK^iy., Strat. Usi ofjiiil/i.foss., ya'^.S.
ì 1848. /(/. /(/. "WOOO, Crag.Moll., voi. I, pag. 32, tav. Ili, fig. 9.
1852. Id. id IVOlUl., Prorfr., voi. III. pag. 176.
18«8. ìd. id. KOIIEST.. Calai. Moli. plioc. Bologn., I, pag. 47.
I86i). lìiicciitiim conglobatimi COPI'., Calai, foss.mioc.e jilioc. Modctt., pag. 24.
I8"0. /(/. id. ^ÌC.\Ì^., Calai. Aiiim.foss. Proc.d'.ilgcr, fa-^. 101.
1870. !Va.<sa conglobala ÌÌK\A., Calai. .ìfnll foss.dc liiol, pag. 9.
1873. /(/. id, COCC. Enuin. Sisl. Muli miao, e plioc. l'arni, e Piac, pa". 88.
1873. liiiccinnni conglobalnm MAY., Sgsl l'crz. l'ersi. Helc. pag. 32
1874. Id. id. COVV., Calai, foss.mio-plioc. Moden. Coli. Copp., pag. i.
1874. Id. id. DE .STEF., Foss. plioc. ,S( Minialo, pag. 35.
1875. Nassa conglobata SEGliEMZ., Forni. plioc. [tal. merid., pag. 276.
1875. Id. id. l'ANTA.N. ,.•/«.//««(/. /•Viioir. 5iena, voi. VII, pag. 4.
1875. Id. id. IM'.NOISr. 7V.«. /"oM rfc /n firerfe (■( S</««/(i, pag.38G
1877. /(/. id. DE STKI'-., »(■,,^/)^■oc. S/>H<i, pag. 250, 252.
/(/. id. COTT., Faiin. Icrr. Ieri. Corse, pag. 50.
1878. Id. id. DE STIU'. e l'ANTAN., J/o/;.;,/ioc 5icna, pag. 100.
1878. Id. id. BE.NOIST. Élag lori. Ciroiidc, pag. 5.
1881. /(/. Brocchii COPP., /»/arn. «ujc/i. 3/..//e«., pag. 14.
1881. W. id. COPP., PalcoNl. moden., pag. 36.
VarielA A.
Spira ìonqìoT. - .infracliin nllimnn dimidia longitudine brevior. - Coslulac traiisversae mi-
nores, tu ultimirt anfraclubux snìiobsoletan.
Long. :ì'i-50 mm. : Lat. 2l-:ìO mm.
1814.
Biucinum
IJViissa) jiit
1820.
.\ttssa
id.
18.31.
liincinnm
id.
1832.
Id.
id.
1837.
Nasm
id.
18 io.
Fìw cinrtm
Briicchii
1841.
Id.
pupa
1842.
1,1.
id.
184 ì.
I<1.
id.
1847.
Nassa
cniKjlobdta
187.3.
ni.
piijia
1875.
Id.
id.
187G.
Id.
id.
300 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZURII DEL PIEMONTE ECC.
Biucinum [Nassa] pupa IIUOCCII., Con, h. foss. siili., pag. 335, tav. IV, lij;. 14.
IIOUS., Orili, pieni., I, pa'^. .37.
imONN, hai. leil.-Geb., pag. 54.
■I\.\, ('alai. Cullili, foss., pag. 13.
l'U.SClI, Poi. Paliiiml., pag. 123.
MICIITTI., liiv.aasl.fo.is., pag. 23 (in parte;.
CALC, Condì, foss. ytlUinlla, pag. G3.
r,. SISMI)., \i/«., pag. 40 (in parle\
DKSII. in I.A.MCK., Anim.s.vcrt., 2 ed., vol.X, pag. 213.
E. SIS.MI)., 5r/H., 2 CMJ., pag. 28 (in parie).
(;o(X',., ICniiin. SisIciH. iVidl. inioc.c pliiiv. Purm. e Piac, pag. 88.
SECitlKNZ., Form. ptioc. Hai. merid., pag. 276.
KOUEST., Ccnn. geol. e paleont. pliuc. ant. Caslrocaro, pag. 20.
Gli esemplari appartenenti alla forma tipica, presentano non di rado le seguenti
differenze : in molti individui fra le costicine trasversali, che risultano dai numerosi
solchi che attraversano tutta la superficie, coiTe una costicina più piccola ; in altri
tutte le costicine trasversali sono presso a poco uguali in grossezza.
La forma di Cabrières che i signori Fischer e Tournouer riferirono come varietà
della presente specie {Anim. Inveri. Foss. M' Léhéron, pag. 123, tav. XVIII, fig. 7),
e che ebbi sott'occhio, ne differisce per la scanalatura posteriore all'intaglio più pro-
fonda ed in particolar modo per la presenza di coste longitudinali sui primi anfratti
per la quale essa appartiene alla serie seguente.
Non ho indicata nella sinonimia la forma che il sig. Fontannes riferì a questa
specie del Brocchi (Fami, nialac. iin'oc'. de Tersannc et de Hauterive , pag. 13),
perchè essa è probabilmente la medesima di quella di Cabrières.
Pliocene supcriore: Colli astesi, Valle Andona , ecc., non frequente; Coli, del
Museo e Michelotti.
98. Nassa pachygaster (Maver).
Con questo nome ho licevuto in comunicazione dal Sig. Prof. Mayer un fossile
proveniente da Baldissero-torinese, che molto probabilmente appartiene ad una forma
finora non descritta e apparentemente affine ])cr i suoi caratteri generali alla N. con-
globata, Brocch. , ma sgraziatamente la sua conservazione ò così imperfetta che non
è possibile il darne una conveniente descrizione.
Ecco i carattei'i che vi si possono notare : 1" il nucleo embrionale è breve ed
ottuso ; 2° i primi anfratti mancano di costicine longitudinali : 3° tutta la superficie,
per quanto si può giudicare dalle porzioni del guscio che rimasero intatte, è attra-
versata da numerose e minutissime strie presso a poco fra loro uniformi ; 4° gli anfratti
sono leggermente convessi ; 5° l'ultimo, grande e rigonfio nei mezzo, è molto depresso
antoriorinente ; G" la bocca doveva avere la figura ijuasi lircolare a giudicarne da
quanto ne rimane ; 7° le dimensioni sono lungh. 1 9 mm. , larg. l '^ mm.
Miocene Virilio : Colli torinesi Baldissero-torinese. rarissimo : Coli, del Museo di
Zurigo (Prof. .Mayer).
descritti da l. bellakdi 301
99. Nassa pupoides Bell.
Tav. V, tiii. 18 [a, b).
Uistinguunl liane speciptn a N. conglobala, Brocch. sequenles nolae:
Testa minor, ininus venlrosa: siiira longior, iniiius aperla. - Salci Iransversi pauciores, inde
costulac Iraiisversae pauciores et laliores. - Os subovali' ; labrum siuistrum inlerius lacve; labrum
dexterum adnalum, laeve, non postice uaiplicalum (in adullis?) ; columella snbarcuata: caiia-
liculus posliciis cantra rimam decnrrens parum profundus.
Long. 21 min.: Lai. 13 nini.
È notevole a primo aspetto l'analogia che presenta questa forma col Buccinum
Grateloupi Hoern. (Moli. foss. Wirn., voi. I, pag. 141, tav. XII, fig. (3).
Dall'esame comparativo della forma (lui descritta con un esemplare tipico della
suddetta specie ho trovato nel fossile di Torino i seguenti caratteri che lo distinguono
dal fossile di Vienna: 1° dimensioni maggiori; 2" spira più hreve e meno acuta:
3" solchi trasversali quasi obliterati nella regione mediana dell'ultimo anfratto ; 4° labbro
destro sottile ed accollato sull'anfratto precedente ; 5" columella molto contorta ; (i" in-
taglio piii laterale e più rivolto allindietro, posteriormente carenato e profondamente
scanalato.
L'esemplare descritto e figurato, l'unico a me noto, non è arrivato all'età adulta:
è perciò probabile che la forma completa si presenti con caratteri un poco diversi da
quelli precedentemente indicati.
Mioamc medio : Colli torinesi Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli, del Museo.
100. Nassa altilis Bell.
Tav. V, lig. 16 (a, b).
Dislinguunl hanc speciem a iV. comjlobala Broccli. sequenles nolae:
Testa multo minor, minus infiala, turrita: spira longior, rcgutariter involuta. - Anfrartus
ultimus minus vrntrosns. - Costulac transversae minus prominentes, a sulco angustissimo sepa-
ratae, in ultimo anfraclu postico subobsolelae , antive prominentes a sulco lato disjunctae. -
Labrum sinislrum inturius niinitte plnri-pliratam; labrum dexterum gracile, adnalum, laeve, non
postica uniplicalum: rima ininus profnnda.
Long. 'ìQ nini.: Lai. 12 nini.
Miocenr medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli. Michelotti.
24» Serie.
Nuclfus emhrionalis longus, angustus, acUtus. - Testa turrita: spira longa. -
Anfractus parum convexi ; ultimus antice valde depressus, dimidia longitudine brevior.
- Superficies in parte longitudinaliter costata, tota vel in parte transverse striato-
sulcata. - 0.9 suhorhiculare, postice canaliculatum ; labrum simstrum subarcuatum,
302 I MOLLUSCHI UEl TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
incrassafum, interius pìicatmn ; labrum dcxterum antice incrassatum, erectum, medio
et post ice ultra os parum productum, plerumque antice rugatuvi, postiee uniplicatuw :
regio umbilicalis dctecta : coluniella ìucdio profunde excavata: rima stthterminaìis,
antice angustafa, postiee parum dilatata, profunda, valde reflexa, a labiis longis
circumscripta, postiee p>rofunde canaliculata.
La struttura generale delle forme di questa serie è uguale a quella delle forme
della serie precedente , senonchè in quelle della presente la spii-a è molto più lunga
e più acuta ; l'ultimo anfratto è distintamente più breve della metà della lunghezza
totale : ed i primi anfratti, talvolta anche gli ultimi, sono ornati di numerose coste
longitudinali, sulle quali corrono trasversalmente strie uniformi continue.
101. Nassa turrita Bors.
Tav. V, (vr. 19 (a. h).
Testa turrita , longa: spira ad apicem aciilissima, medio infiala. - .\nfraclus parum
convexi; vltimus brevix , "/. lolius longiludinis aequans , aiilice valde depressus: sulurae
parum i)rofuiiilac - Supcrficics in primit aiifrarlnhus lonijìludinaliler costati! , et Iraiisversi^
coslul'ila, in uUiuiis ìiileìis, suhlacvis, passi. n Iranscersc obsolete coslulatu, prope rimani Irans-
vcrse suliala; sulci profundi, inlor se sulis dislanles. - Os suborbiculare, postiee aHiiustalum
et profiiììde ciiiìtiUculaliim ;\'dhram siiiislruin incrassaluin. suharcualum. inlerius pluri-plicalum;
labrum dexlerum anlice plcruiiiquc rugaluin, poslici' uiiiplicalum: columella arcuala, medio
valde escavala: rima an^usla, longa, valde recurva, a labiis longiusculis circumscripta,
poslicc profunde el aiigusle canaiiculala.
Long. 40 mra. : Lai. iO inm.
1814. Buccimim {Nassa) pupa var. BIIOCCII., Condì, foss. sul)., yìa^.'Mó.
1820. A'assa turrita UOUS., Oriti, pieni., I, pag.a'J, lav. I, lig. 11.
BHOXN, llal. lert.-Geb., pa^'. 94.
J\>, Catal. Condì, fnss., pay. 13.
.MICIITTI., Cugii.Jns.tert.BilJ.Pieilm., pag. 390.
(;U.\T., Catiil. .tnim. l'crt.cl iimrl. (/'iVohi/c, pag.40.
E .SISMO., Syn., pag. 41.
MICIITTI., Foss.mioc, pag. 209 in parto).
E. SIS.MD., Syn., 2 ed., pag. 30 (in parte).
FOUr.ST., Calai.. ìroll.iilioc.Jioloijn., I, pag. 40.
? 1867. Bucciniim turrilum l'EU. DA COST., GasUr. icrc. Pori., pag. Ili, lav. XV, fig. 11.
1868. Nassa ttuiita KOUliST., Calai. .Moli. pUor. Bolixjii., pag. 46.
T 18G9. Bucciiium cnnum COPI'., Calai, foss. mioc. e plioc. .Moden., pag. 24.
1873. Nassa tmrita COCC, Enum. Sist. Moli. mioc. e plioc. l'arni, e Piac, png. 89
1874. Buccinum turrilum COPI'., Calai, foss. min-plioc. Moden. Colt. Copp., pag. 2 (in parie)
1875. Nassa turrita I'ANTAN., Jlt. .tccad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
1875. /</. l'rf. SEGl'E.NZ, Forw. /)/ioc. //<i/. Hicrirf., pag. 278.
1878. Id. id. DE STEl". e I'ANTAN., .V(>//,/)/iw. i"iV;m. pag. 100.
1881. /(/. .(/. COPI'., Paltoni. Moden., pag. 30 ;in parte).
Varietà A.
Spira magis acuta. - Anfradus omiies "loti transverse silicati.
Long. 35 nim. : Lai. 17 nini.
Pliocene superiore : Colli astesi , Valle Andona , non raro ; Coli, del Museo e
Michelotti.
1831.
Buccinum conus
1839,
Id.
id.
183S.
Id.
turrilum
1838.
Id.
id.
1842.
Id.
id
18i7.
Nassa
turrita
1847.
Id.
id.
1864.
Id.
id.
descritti da l. bellaedi 303
102. Nassa d'Anconae Beli..
Tav. V, fig. 20 (a, b).
Dislinguunl banc speciem a N. turrita Bors. sequenles iiolae:
Testa minor, crassior: spira brcvior, medio magis infiala, ad apicem magis acuta. - An-
fractus ultimus Ivngior; nnfractus ultimi mai/is convexi. - Os angustius, antice non, vel vix,
dilalatum; plicae et denticìili interni labri sinistri panciores , plernmque 8; labrum dexterum
crassius: rima brevior, postice mafjis lata, a labiis breiiiuribus circiimscripla ; labrum posticum
rimae subnullum; canaliculus posticus rimae vix notatus.
Lonji,. 27 nini. : Lai. 14 nini.
1838. Bucritium liiriitnm MICIITTI., Geogn. Aus. tert. Biltl. Pieilm., pa;;. 396.
1847. Nassa turrita .MICIITTI., Foss. niioc. pa[;.909 (in parici tav. XIK fig. IO.
1847. 1,1. iti. E. Sl.SMD., .<>(/«., 2 ed., pap. 30 (in parie).
1852. /,/. i,t. D'ORB., /-"«Wr., voi. Ili, pag. 85.
1864. IJ. i(l. DODliRL., Cenn. gcot. tcrr. mioc. siip. llal.cinlr., pag. 105.
1874. Buninum liirvitum COl'P., Calai, fnss. inid-plioc. mcdeii. Coli. Cojip., pag. 9 'in parte).
1881. Nassa turrita COPP., Marn. turili. modm.^ pag. 14.
1881. Ut. id. COPP., Pa/eoMf.HWtH., pag. 36 (in parte).
Non havvi dubbio che rjuesta forma sia quella dalla quale derivò la N. turrita
Bors. del pliocene superiore e clic vi sia intimamente collegata per molti caratteri.
Ho tuttavia creduto di distinguerla con nome proprio, tanto per le differenze sovra-
indicate die esistono fra le due , quanto per l'orizzonte geologico, cui appartiene la
presente e del quale si può risguardare come una delle fonne caratteristiclie.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S'* Agata-fossUi, non raro; C'oli, del
Museo e Michelotti.
Fliocene inferiore : Zinola presso Savona, rarissimo ; Coli, del Museo.
103. Nassa Forestii Hell.
Tav. V, lìg. 21 (,., i).
Dislinguunl hanc speciem a iV. turrita Bors. sequenles notac:
Testa major, infiala: spira mafiis aperta, medio magis infiala.- Anfracius magis convexi;
ultimus longior: suturae profundiores. - Costae longitudiuales ttsque ad penuUimum anfraclum
productae: costulae transversae maijis distinrtne in ulliinis anfractubus. - Os postire minus an-
guslatwn , antice minus dilatatnm; plicae internae labri sinistri majores , pauciores , 9: rimo
antice angustala, postice magis lata, brevior ; labrum posticum rimae brevius.
Long. 42 min. : Lai. 23 mm.
Miocene superiore : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, rarissimo ; Coli, del Museo.
304 i jiollvschi dei tekrexi terziakii del piemonte ecc.
404. Nassa isterposita Bell.
Tav. V, 0- 22 (a, b).
Dislinguuiil hanc speciem a N. turrita Bors. sequcnles nolae:
Spira requlariter involuta. - Anfractus magis convexi: snturae profuntliores. - Coslae loii-
gitudinales ad penultimum aiifrnctum jiniduclan, dein obsolelae: costulae transversae in omnibus
anfrarliihus distinrlar^ suhKniformi's. - Rima jwstice magis dilatata.
Long. 36 nini.: Lai. 17 inni.
ì Bmiinum turritiim l'EU. DA COST., Motl.terc. Port., pag.ltl, tav. XV, f. 1 1 <i, i.
Pliocene inferiore: Vezza, presso Alba, non frequente; Coli, del Museo.
105. Nassa inakouicostali Bell.
Tav. V, fig. 23 (a, b).
Dislinguunl liane speciem a N. turrita Bors. sequcnles nolae :
Testa Inviar: Sjiira magis tijierla - Anfradus ultimi mngis cmivexi; ullimits loiigior. -
Costae longiliidiiKih's in omnes unfraclus jììodiiclne , in primis urcualae, in ultimo snbsinuosae,
ab inlcrslitiis tatis seiiaralan , propp marginem oris ohsulelae: costulae transversae vix passim
obsolelae in ullimis aiifrnrtnhui. - Os mai/is rotnndalum: culumella magis profunde excavata:
rima anlicv angitstaia, postice dilatata.
Long. 31 min. : Lai. Ifi nini.
Secondo la figui-a pubblicata dal Marcel de Serres del suo Buccinnm Carcussoni
{Geogn. terr. tert., tav. Ili, fig. 9, 10), la forma qui descritta avrebbe molta analogia
con quella del Sud-est della Francia ; se non che il Marcel de Serres nella descrizione
della sua specie non fa cenno di coste longitudinali sugli ultimi anfratti , clie anzi
indicando in modo speciale la presenza di coste longitudinali sui primi pare, che abbia
voluto far comprendere che queste coste non giungano fino all'ultimo anfratto come sono
segnate nella figura che ne ha pubblicata.
Pliocene superiore: Volpedo presso Voghera, raro ; Coli, del Museo.
106. Nassa fallax (Michtti.).
Tav. V, fig. 24 (fl, b\
Dislinguuiil liane speeiuni a iV. turrita Bors. srqui'nles nolae:
Testa minnr: spira brevior, magis acuta, rcgulariter involuta. - Costae longiludinalcs ot/
penultimum anfructum producine, rcctae, in ultimo o, magnae, inaequales , ab inlerstitiis lati»
et profundis separatae , prope marginem vris obsolelae. - liima antice magis angusta, postice
ntagis dilatala; labrum poslicuni rimae brevissinium; runaliculus poslicus vix notatus.
Long. 29 min.: Lai. 16 nim.
1847. Nassa potìjgona MlCUTTI., Foss. mioc, tav. Xlll, fig. 2.
Miocene supcriore : Colli tortoncsi. Stazzano, rarissimo ; Coli. Michelotti.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 3Ò5
25' Sei-ie.
Nucleus emhrionalis hrevis, ohtusus.- Testa parvula, crassa, d oh' oli f ormi s.- Spira
medio in fiata. - Anfractus jìaruni convext ; ultimiis dimidia longitudine hrevior ,
antice valde depressiis. - Superficies in primis anfractubus tota longitudinaliter
costata et transverse sulcata, in itltimis tota longitudinaliter ecostata, tota vel in
parte transverse silicata. - Os suhorhiculare, angustum ; labrum sinistrum incras-
satinn, arcuatum, interius plicato-dentatmn ; labrum dexteruni medio et praesertim
postice, ultra os productum ; regio umbilicalis plus minusve tecta : columella sub-
medio valde excavata: rima terminalis, antice angustata, postice dilatata, a labiis
hrevissimis circumscripta, valde rejlexa, postice vix canaliculata.
Le piccole dimensioni , la spessezza del guscio , la forma di botticella . la forma
del labbro destro, la grossezza di quello sinistro, la brevità delle labbra dell'intaglio
e la mancanza di coste longitudinali sugli anfratti medii ed ultimi sono le note ca-
ratteristiche delle forme raccolte in questa serie.
107. Nassa kecondita (^fAY).
Tav. VI, fìg. 1 (<j, t;.
Tesla turrita, dnìioìiformis : spira medio infiala. - Anfraclus ultimiis parum indalus ,
anlice salis dopressus, dimidia longitudine brevior. - Anfraclus primi 2 vrl 3 ])ost nurleum
embrionalem longiludinaliler costali; coslae minulae, crebrae , arcuatae ; anfraclus medii et
ulliiiii ccoslnti ; stilciis unus minutus prnpp suturam jiosticam decurrens; superficie^ anfractuum
mediuriim et jiaìlis vciitralis ultimi laevis, tiilens , inlerduni sulci nonnulli vix nolali passim
perspicui: superficies antica ultimi anfraclus ileiise transverse sulcata; sulci crebri, satis pro-
fundi, aulici vìajores. - Os suborbiculare ; labrum sinistrum ('X^trius et inlerius valde incras-
salum , sitbarnialum , interius jilicatii-dentatiim ; deiiles pleruimiue o, medii majores : labrum
dexlcrum crnssum, late ultra os extensum , praesertim poslice, reijinnem umbiliralem recumbens,
anlice el medio plcmmque dentatum, poslice uniplicalum: columella medio profunde exca-
vata: rima sublerminalis, postice dilatata.
Long. 15 mm. : Lai. 7 '/j "ini.
1864. Nassa angystonia DODKHL., Cerni, tjeol. tirr.mioc. slip. Itat.centr., pag. lOà.
186f). Buccinum id. COPP., Calai, foss . miuc. e ptioc. moden., pag. 34.
ricviulitum MAY., Joiini, de Condì., voi. XXI, pag. 153, tav. X, fig. I.
ii)igi/.ìtoiii<i COPP., Catal. foss. iiiiii-pliov. moden. Coli. Copp., pag. 9.
:./. SEGUENZ., Form, ptioc. hai. iiierid., pag. 278.
id. COPP., Fnimm. paleont. moden.. pag. 5.
id. COPP., Terr. tal), moden., pag. IO.
id. COPP., Paleont. moden., pag. 35.
Quantunque il Prof. Doderlein abbia fin dal 1864 dato il nome di N. angystoma
a questa specie e l'abbia con questo nome inviata a parecchi suoi corrispondenti ,
tuttavia il nome proposto dal Prof. Doderlein non essendo stato pubblicato con una
corrispondente descrizione, la specie deve portare il nome di recondita, col quale
Serie li. Tom. XXXIV. * p
187,3.
Id.
1874.
il.
? 1875.
Nassa
187(j.
lì.
1880.
Id.
1881.
Id.
306 I MOLLUSCHI PEI TEKRENI TEKZIAKII PEL PIEMONTE ECC.
fu descritta e figurata dal Sig. Prof. Mayer, da cui ebbi in comunicazione l'esemplare
tipico, corrispondente in tutto a quelli del Sig. Prof. Doderlein.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro, Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Borzoli presso Sestri-ponente, Zinola presso Savona, raro; Coli,
del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, rarissimo; Coli, del Museo.
108. Nassa mac.rodon (Btìonn).
Tav. VI, lig. 2 [a, b).
DistinguuDl hanc specieru a iV. recondila (May.) sequenles nolae:
Spira minus aporia. - Sitici Iransversi undique super omnes anfractus producti, in parte
antica primorum et mediorum aufractuum minores, interdum obsoleti, in tota ultimo majores ,
conferii, ìiniformes , nsque ad rimani producti. - Labrum dexterum medio et postice minus
exlensum.
Long. 1 4 mm. : Lai. 7 mm.
18S1. Buccinum macmdon BRONN, Hai. lert.-Geb., pag. 24.
1875. Aassa angiostoma SEGUEISZ., Form, plioc. hai. merid., pag. 278.
Pliocene superiore: Colli astcsi, Valle Andoiia, non frequente; Coli, del Museo.
109. Nassa Auingeri (M. Hoern.).
Tav. VI, fig. 3 (fl, b].
Dislinguunl hanc speciem a N. recondita (May.) sequenles nolae:
Testa minor, subglobosa: spira brevior , magis aperta, medio magis infiala. - Anfractus
ultimus magis venlroxus , anlice magis dejiressns. - Costae lonriitìidinalcs primorum anfrnctuum
majores. - Os anlice (lilatalum; labrum sinislrum vix incrassalum , inlcrius pluri-plicatum;
plicae uniformes, non dentiformes; labrum dexterum gracile, ultra os minus productum: colu-
mclla laevis, aulire snlis excnvnta: regio umbiiicalis magis detecla.
Long. 10 mm. : Lai. 6 mm.
m
"D-
1882. Buccinum Auhigcri M. UOERNES in R. HOERN. u. M. .VUING. Gaster. Mioc.Ocst.-Ciig. Monarci,..
pag. 122, lav. XlV, lig. 23, 21.
Varietà A. (an species ilistingnenda ?\
Testa minor. - Anfractus primi non longitudinaliter costati; omnes, excepto ultimo, tali
Iransversc minute sulcati.
(Long. 8 '/* "!"'• Lai. 5 '/^ """
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro : Coli, llovasenda.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 307
HO. Nassa deprompta Bell.
Dislinguunl hanc speciem a iV. Auingeri (M. Hoern.) sequenles nolae;
Anfiactus primi (posi nucleum embrionalem) et medii longiludinaliter costali - Costae magnae,
obtusae, obliquae, ab interstitiis aiigustis separatae: anfractus omnes loti transverse sulcali; sulcus
posticus major.
Long. 10 tnm.: Lat. 5 '/j mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero torinese, rarissimo; Coli, del Museo.
111. Nassa notanda Bell.
Tav. VI, fig. 4 (a, A).
Dislinguunl liane speciem a N. recnnilila (May) sequenles nolae:
Nucleus emhrioìialis brevior , latior , oblusior. - Tenta miimr , subglobosa: spira brevior.
magis aperta. - Anfraclvs uìtimus longior . aniicf mngis depri-xsus. - Sulri transvirsi su/Jcr
totani superficicm dccurrentes. in ultimo anfraclu r.rebriores. - Os sttbquadratnm; labrum sini-
slrum medio leviler deprpssum, aniice subangulosum, inlerius pluri-plicatum; labrum de.vterum
laeve: culumella submedio profwide exravata : rima sublateralis.
Long 7 Va ram.: Lai. 5 mm.
Questa forma, che ha in comune colle due precedenti la presenza di numerosi
solchi che ne attraversano tutta la superficie ed in maggior numero sull'ultimo anfratto,
differisce dalla prima (N'. macrodoti, Bronn) per le sue dimensioni notevolmente minori,
per la sua forma globosa , per la columella molto più incavata : ed alla seconda
{N. Auingeri, M. Hoern.) perchè la spira vi è meno rigonfia nel mezzo; perchè le costicine
longitudinali dei primi anfratti sono più piccole; perchè il labbro sinistro è maggior-
mente inspessito, depresso nel mezzo e quasi angoloso anteriormente ; perchè il labbro
destro è più grosso e più esteso tanto nella regione mediana quanto nella posteriore,
e perchè finalmente la columella è più profondamente incavata.
Avendo paragonata la forma qui descritta con tre esemplari tipici della X. Beyrichi
Mayer (Journ. de Coìteli., voi. XXI, pag. 145, tav. VI, fig. 1), provenienti da
S '-Jean-de-Marsac , inviatimi in comunicazione dal Sig. Prof. Mayer , mentre rico-
nobbi la grande affinità che corre fra Tuna e gli altri , vi ho notate le seguenti
differenze : 1° la forma dei tetti Borelli è più breve e più rigonfia ; 2° i solchetti
trasversali vi sono molto più numerosi e perciò fra loro più ravvicinati e non uniformi,
essendo maggiori quelli che corrono presso la sutura posteriore ; 3" l'angolo anteriore
del labbro sinistro è più distinto.
Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, raro ; Coli. Rovasenda.
1 1 2. Nassa sulcatula Belt..
lav. VI , Cp. 5 {a, b).
Dislinguunl liane speciem a iV. rerondila (May) sequenles nolae:
Nucleus ewbrioiìalìs ìiiai/is obUisiis. - Testa minor, gracilior: spira minus avuta. - Sulci
transversi undiqiie dccurrentes , minuti, inter se valde di'<lantes , ti in primis et medii' anfra-
308 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
ctubus pers])icui , 20 in ultimo, prope rimam majores. - Os subqiiadralum; labrum siuistnim
medio distincle de\)ressum, anlice sìibaiujuìalnm, inlerius pluri-pliratum ; labrum dexierum parum
el subuììiformiler ultra os produdum, anlice et mfdio laeve: columella magis prnfuude excavata.
Long. 1 1 Va """• ■ ^^^- ^ ' /-' "1"^-
Anche questa forma è , come la precedente, intimamente collegata colla N. Beyricìii
(May.); ne la distinguono a mio parere : 1° le maggiori dimensioni ; 2° la minor gros-
sezza del guscio ; 3" la maggior lunghezza della spira ; 4° la maggior convessità degli
anfratti, e perciò la maggior profondità delle suture; 5" il labbro sinistro depresso
e non arcato ; 6° la bocca di figura più stretta e più lunga.
Miocene superiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro ; Coli. Rovasenda.
26- Serie.
Nucleus cmhrionalis brevis, obtusus. Testa minuta, crassa, dolioliformis. - Spira
medio inflata. - Anfractus pnruni convexi; tdfinius dimidiam longitudinem subae-
quans. - Superficies minutissime transversc silicata, longitudinaliter ecostata. - Os
suborbicularc ; labrum sinistrum incrassatum , exterius marginatum , variciforme .
interius pluri-plicatum; labrum dexterum vix ultra os regulariter productum : colu-
mella medio profunde excavata: rima terminalis, lata, prof unda, a labiis longiusculis
circumscripta, parum reflexa, postice vix canaliculata.
Ho distinta la forma di questa serie da quelle della precedente particolarmente
per il grosso ribordo esterno, a guisa di varice, del labbro sinistro ; e per la posi-
zione dell'intaglio , il quale è più distintamente terminale e ciixoscritto da labbra
alquanto lunghe.
113. Nassa Bivonae Bell.
Tav. VI, fig. 6 a, b).
Testa parvula, dolioliformis: spira parum acuta , nieilio inllala. - Anfractus convexi:
ullimus anlice valde deprossus: sulurae subcaunlirulaluf. - Superficies suhlaevis, vix passim
obsolete transverse miimlissimc sulcata; pars antica ultimi anfractus crebre et minute transvcrse
sulcala. - Os suluiuadralum ; labrum sinistrum medio loviler depressum, anlice suhangulalum,
interius pluii-plicalum; labrum dexierum lacvc.
Long. 5-8 mm. : Lai. 3-5 nini.
Questa specie per la sua forma generale e per la natura dei suoi t>rnamenti super-
ficiali ha non poca analogia colla N. exigua (Brocch.) , dalla quale tuttavia è bene
distinta per il grosso ribordo esterno del labbro sinistro, e per la posizione terminale
dell'intaglio.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, imn nuo : (,'oll. del Museo.
DESCRITTI DA L. EELLARDl 309
2T Serie.
Nucleus embrionaìis brevis, obtusus. - Testa parvula, turrita : spira longiuscula,
medio inflata. - Anfractus ultimus dimidia longitudine brevior. - Superficies tota lon-
gitudinaliter ecostnta et transverse minute sulcata. - Os ovale; labrum sinistrum
incrassatum ; labrum dexteriim gracile, non ultra os productum, regionem umbili-
calem non tegens, inde testa submnbilicata : columella subrecta, in axitn trstae pro-
ducta: rima terminalis lata, parum profunda, elabiata, postice non canaliculata.
La forma della columella che va quasi diritta nell'asse della conchiglia all'apice
della bocca, la brevità del labbro destro, la presenza di una specie di ombellico, la
posizione terminale dell'intaglio e finalmente la mancanza della scanalatui'a che lo
accompagna posteriormente sono le note caratteristiche di questa serie.
1 1 4. Nassa abata Bei.l.
Tav. VI, fìg. 7 (a, b).
Testa sublurrila: spira longiuscula, salis acuta. - Anfraclus convexi; ullimus pamm
ventiosus, antice parum depressus. - Salci Iransversi minuli , i vel 5 in primis el nicdiis
anfrafUibiis perspicui, \2 in uKimo, in parte aiilicn ulliiui itnfraclnx iuler s»- winus dislaiiles.
L(inj; 9 intn : Lai. 4 '/a i"i"-
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro ; Coli, del Museo e Mi-
chelotti.
28» SeiHe.
Nucleus embrionaìis longus, acutus. Testa turrita : spira longa, valdc acuta,
polygyrata. - Anfractus valde convexi , inde suturae profundae ; anfractus %iltimus
antice depressissimus, '/, totius longitudinis aequans.- Super ficies tota longitudinaliter
costata et transverse costulata. - Os obliquum , ringens , postice canaliculatum ;
labrum sinistrum arcuatum, antice subangulatum , incrassatum , interius pluripli-
catmn ; labrum dextrrum antice vix, postice late, ultra os productum et uniplicatum,
antice ad marginem liberum et erectum, obliquum, in fauce rugatum : columella medio
profundissime excavata, valde contorta: rima latissima, parum profunda, valde
reflexa, a labiis longis circumscripta, postice profundissime canaliculata.
Fra i caratteri propri di questa serie, quelli che la separano dalle vicine, sono
particolarmente i seguenti: 1" la spii'a lunga e notevolmente acuta, fonnata da anfratti
numerosi, brevi e molto convessi ; 2° il labbro sinistro grosso, quasi varicoso, dilatato
anteriormente; 3° il labbro destro sottile, anteriormente libero ed eretto al margine
per modo da lasciare scoperta la regione umbihcale, accollato all'ultimo anfratto e poco
esteso posteriormente, guernito di parecchie rughe e di una grossa piega presso il suo
incontro col labbro sinistro : 4° la columella molto contorta all'apice : 5° l'intaglio
310 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
molto ripiegato verso il dorso dell'anfratto ; G° e finalmente la profondissima scana-
latura che corre posteriormente all'intaglio.
La forma fossile per la quale ho istituita questa serie ha il suo rappresentante
nella Fauna attuale nella N. decussata Kien., la quale vive neirAtlantico sulle coste
d'Africa.
115. Nassa contracta Beli..
Tav. VI, (it; 9 (<i, b\
Tesla crassa - Coslae longiludinales maqnae , compressae, ab interslUiis lalis sfiìaratuf.
10 vcl 11 in ulliino anfraclu, magis ohliqnae in tiUimix anfrartulnis quam in ]>rimis, reclae,
prope rimani minores, siibsinuosae : coslulae Iransversae in primis anfraclulms 3 vel 4 per-
spicuae, sìibuniformes. rostas Inngiludinales subaequanles, inde superficies ibi clatlirala, in liibvs
uUimis (lìifradnbus nnmcrosiures , majores el minores allrrnatae: superficies loia loiij;iludina-
liler minute slrialo-lamellosa. - Os suborhiculare; plica antica interna labri sinistri major;
plica postica labri desleri mar/na et longa.
Long. 30 min.: Lai. 18 nini.
Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo : Coli, del Museo e della
R. Scuola d'Applicazione per gl'Ingegneri.
29' Serie.
Nucleits embrionalìs minutus, acutus. - Testa ventrosa, turhiniformis : spira
brevis, ad apicem acidissima, dein magis aperta. - Anfractus irrimi depressi, ultimi
convexi ; ultimus inflatus, antice falde depressus, dimidiam lonfiHudiuem aeqitaiìs.
- Superficies tota longitudinaliter costata et transverse silicata. - Os suborhiculare :
labrum sinistrum incrassatum, interius plicato-dentatum ; labrum dexterum crassuiv.
antice et postice parum, in regionem medianam magis, productum, postice unipli-
catum : columella medio profunde excavata : rima subterminalis, antice angustata
longa , a labiis longiusculis circumscripta , valde recurvata , postice profunde et
anguste canaliculata.
L'acutezza della spira all'apice ; la poca apertura dell'angolo spirale negli anfratti
di mezzo, la quale, unitamente alla brevità della conchiglia, in proporzione della sua
grossezza, le dà una forma quasi globosa; la spessezza del labbro sinistro; la figura
quasi orbicolare della bocca ; il labbro destro che poco ed uniformemente per tutta
la sua lunghezza si estende fuori del piano della bocca ; l'intaglio molto ripiegato
ali 'indietro ; e la profonda e stretta scanalatura che gli corre po.-iterionucntc, danno
alla forma descritta in questa serie una fisionomia affatto particolai'e e distinta da
quella delle specie descritte nelle altre.
116. Nass\ obesa Beli..
Tav. VI. Ug. 8 (<i, b).
(loslao lon^'ìUidinalcs maqnae, jirominenles, oblusae. rectae, leviter nliliqnae, \0 in iillinKt
anfraclu, ah iuterstitiis latis et priifnmlis srparalae ; sulci Iransversi angusti, inler se salis
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 311
distanles, parum profnndi. - Plicae intcrnae labri sinistri inaequales, meiianae majores; labrum
dexlerum anlice unirugalum.
Long. 21 mm. : Lai. 9 '/a "i"i
Miocene medio : Colli torinesi, Albugnano, rarissimo ; Coli. Kovasenda.
30a Serie.
Nucleus emhrionalis acutus. - Testa turrita : spira ìonga, satis acuta, medio
inflata. - Anfractus convexi; idtinms dimidia longitudine hrevior. - Superficies tota
longitud inai iter costata et transverse costuìata.- Os suhorhiculare ; labrum sinistrum
incrassatum, suhvaricosum, interius plicato-dentatum , subarcuatum ; labrum dexterum
crassum, ultra os productum , in regionem medianam magis productum, in fauce
rugulosmn, postice uniplicatum : columella valde contorta, medio profunde excavata:
rima suhterminalis, arftice angustata, profunda, a labiis longiuscul/s circìimscripta,
valde reflexa, postice profunde canaliculata.
Le varie forme componenti questa serie sono fra loro strettamente collegate sia
dalla forma generale lunga e stretta, sia, ed in ispecial modo, dalla natura del labbro
destro, il quale anteriormente ricopre una parte della regione ombilicale , si estende
notevolmente nella sua regione mediana ed è poco esteso posteriormente.
117. Nassa stbobeliana Hocc.
Tav. VI, lìg. 10 (a, b).
Testa magna, crassa: spira perìonr/a, valde acuta, vix medio inflata. - Anfractus, con-
vexi, prnpe suturam anticam leviler infiali; ullimus antice valde depressus, '/j lolius longi-
ludinis aequans: suturae satis profundae. - Costae longiludinales compressae, prominenles,
ab intersliliis lalis scpnralar, subreclae , axi lestae parallelac , cantra suturam poslicam pro-
ducine, in parte antica ultimi atifractus sinuosae, in omnibus anfraclubus plerumque coiidVyuae,
14 in ultimo anfrattn; costuiae Iransvcrsae parmUae, a sulcis lalis separatae, subuniformes,
in parte postica niifracluiim inler se miKjis pro.rimae , continuae, super costas longiludinales
decurrentes. - Os snborbirulare; labrum sinistrum valde incrassatum, arcuatum , interius
plicato-dentatum; labrum doxterum crassum, medio late ultra os productum, rugatum; rugae
magitae, inaequales; plica postica magna: columella medio profunde excavata.
Long. 32 mm. : Lat. 13 ram.
1842. Buciinuni myga E. SISMO., Si/n., pag.40.
1873. Nassa strvbcliana COCC, Eniim.SisI, Mnlt.mioc.c plitic. Parm.e Piac, pag. 85, lav. Il, tìg. 5, 6.
1876. 1(1. i(l. FOHEST., Ca(a/. jI/o//./)rtoc. i?o%n., II, pag. 66.
1875. Iti. id. SEOUENZ., Furm.pUoc. Ital. merid., pag. 276.
1881. Id. id. r.01'1'., ,Var«.<Hr(/i. ;norffn., pag. 14.
1881. Id. id. C.Ol'P., Paleont. moden., pag. 35.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo.
312
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
118. Nassa labelllm (Don.).
Tav. VI, fig. It (a, *).
Testa pnrvula: spira medio distincte infiala, ad apicem valde acuta. - Anfractus vix
convexi ; uUimiis anitre jiaium depressiis , 'j, circitor lotius longiludinis aequans : sulurae
superticiales. - Coslae longiludinales magnae, compressae, ab inlerslitiis latis sfparalae, reclae,
leviler obli(|uae, in omnibus anfradulms conlìrjuae , 8-10 in ultimo: costular- transversae
ma(jnae, obtuxae, ab inlerslitiis anqnstis separatae, conlinuae, sii/icc cnstas lonrjitiidinales majores.
in anfraclubus primis et inediis li picrumque perspicuae, 10 vel II in ullinio. - Os subo-
vale; labrum sini-trum subarcualuin; |)licao internae 4 ve! 5, magnae, denliformes ; labrum
dcxleium aiilice ni^alum.
Long. Il '/.j mm.: Lai. !i mm.
Buccinum labtllum BOÌV., Mus. tour.
1847. Nassa labella .MICIITT!., Fass. imoc, pag.905.
1864. IJ. id DODEHL , Ceim. getti icrr. mioc. slip- Itat. cenlr., pag. 105.
1869. Buccinum labellum COPP., Calai, foss. mioc. e plioc. moderi., pag. 24.
1874. Id. id. COPP., Calai, foss. mio-plioc. moden. Coli. Copp., pag. 9.
1881. Yassa labella COPP, Paleont. moden., pag. 36.
Varietà A.
Tesla minor: spira medio minns injlala. - Coslae luniiiludinales aitimi anfraclus costis Inn-
gitudinalibus anfractus prnccedenlis non contiijuafì.
Long. 7 mni. : Lai. i min.
? I8G4. N'is.ui Itihelti'iJcs DODEUL , Centi, rjeol. icrr mioc. siip. hai. ccnlr., pag. 105.
Pliocene superiore : Colli tortonesi , S"' Agata-fossili , Stazzano , non frequente ;
Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Capriata, Valle dell'Orba, raro ; Coli. Micbelotti.
M9. Nassa Aldovrandii Bell.
Tav. VI, fig. 19 {a, b).
Disliiiguunl hanc speciem a iV. laliellum (Bon.) sequenles nolae:
Cnstae lonfjilndinales niinoreit, I 2. miigis obliquae, ab intersliliis minoribus separatae. non
contiguae in omnilius anfrarluhus, in anfradu nltimo dislincle sinnosae: coilulae transrer.iao iitt-
merosiores, miiiutae, sabobsolelae. - Os longius ; labrum dexterum postice magis exlensum ; rima
minus revoluta ; nanalicnius posticus rimae mintis profundus.
Long, 9 mm. : Lai. 4 '/» '"■"•
Pliocene inferiore : Vozza presso Alba, raro ; Coli, del Museo.
l'io. Nassa Semperi Bell.
\
Tav. VI, lig. 13 {a. b.).
Dislinguunl hano speciem a iV. labellum (Bon.) sequenles nolae:
Coslae longiludinales nuinerosiores, 1 5 in ultimo anfradu, minorcs, prope suluram posti-
cam subinlerraptae et snbdenlalae, non in omnibus anfradubits contiguae: coslulae transversae
DESCRITTI DA L. BELLARDI 313
minores , numerosiores , ab iìiterstiliis lalioribus separatae. - Canaliculus posticus rimae vix
nolalus.
Long. Il rani. : Lat. 5 nim.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, raro ; Coli, del Museo.
121 . Nassa longa Beli..
Tav. VI, f.g. 14 (a, A).
DislinguuiU haiic speciem a N. lahellum (Ben.) sequenles nolae:
Testa minor: spira longior, magis acuta, vix medio infiala - Anfraclus minus convexi ;
ullimus '/r, tolius loiigiludinis vix aequans. - Coslae loiigiludinales minores, compressae, subaciUae,
in ultimo anfractu subsinuosae, non in onmilius anfractubus conti guae : costulae Iransversae mi-
nores, numerosiores, a sulcis anguslioribus scparalur.
Long. 1 1 inm. : Lai. 4 min.
Questa forma ha molta analogia con quella del Bolognese che il Sig. Foresti de-
scrisse col nome di Buco. Giùdiceinii For., (Caini. Moli, .plioc. Bologn., pag. 35,
tav. I, fig. 12-14) e che gentilmente mi lia comunicata.
Dal paragone del fossile bolognese con quello del Piemonte , trovai fra loro le
seguenti differenze. Nella forma descritta dal Sig. Foresti : 1° gli anfratti sono più
convessi e posteriormente depressi : 2" le coste longitudinali sono diiitte ; 3° le strie
trasversali non con-ono su tutta la superficie, ma mancano, o sono appena segnate,
presso la sutura posteriore, ed una più gi-ossa delle altre taglia le coste longitudinali
■ prima della sutura alla quale queste non giungono.
Per inavvertenza del disegnatore nelle figure sopracitate (tav. VI, fig. 14, n, h).
le coste longitudinali sono diritte, mentre nell'originale sono sinuose, e non sono suf-
ficientemente indicate le strie trasversali.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo : Coli, del Museo.
31' Serie.
Nucleus etnbrionalis angustiis , acutìin. - Testa minuta , turrita : sj^ira longa,
medio subinflata. - Anfractus convexiiiscuU ; ultimus dimidia longitudine brevior. -
Superficies tota longitudinaliter costata et transverse silicata. - Os suborhiculare ;
labrum sinistrum arcuatum, expansum , incrassatum , interius plicato-dentatum ;
labrum dexterum antice et medio vix et subuniformiter ultra os productuni , postice
magis expansum: eolumella piostiec profunde excavata: rima terminalis, profunda,
antice angustata , valdc reflexa, a labiis hrevibns circumscripta , postice subcarinata
et canaliculata ; canaliculus parum profundus.
Ho separate le forme , che rappresentano la presente serie , da quelle della pre-
cedente pei seguenti caratteri : 1 ° per la forma generale più breve e più larga : 2" per
Serie II. Tom. XXXIV. 'q
314 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
la dilatazione del labbro sinistro , per la quale la bocca vi è più ampia ; o" per la
forma del labbro destro , il quale nella regione anteriore e media esce appena dal
piano della bocca , mentre in quella posteriore è relativamente alciuanto dilatata ;
4° per la columella meno contorta ; e 5° per la minor profonditi! della scanalatala
che corre posteriormente all'intaglio.
122. Nassa tomentosa Doderl.
Tav. VI, Cg. J6 (a, b).
Testa turrita: spira ad apicem iaìde aiuta, dein inafiis aperta. - Anfraclus paruui con-
vexi; ullimus venlrosus , anlice salis depressus. - Coslae longiludinales promineutes , latae,
oblusae, ab inlerslitiis anfiustis et profundis separatae. subreclae, axi lestae parallelae, 14 in
ullimo anfraclu : coslulae Iransversae latae, deprcssae, a sulcis angustis separatae, super costas
loiigitudinales conlinuae, 4 vel 5 perspicuae in primis el mediis anfractubus , 9 in ullimo;
sulcus Iraiisversus posticus major. - Os suborbiculare, antice dilatalum ; labrum siiiislrum »h-
terius quadri-dentalum, subarcuatum; labrum dexlerum anlice rugalum, poslice uniplicalum:
columella medio profunde excavala.
Long. 7 mm. : Lai. 3 mm.
1864. Nassa tomentosa DODERL., Ceiin.tjeol. Ieri. mioi. siip. Ital. cfntv.. pag. 105.
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze, raro ; Coli. Michelotti e Rovasenda.
123. Nassa Pereirae Rell.
Tav. VI, fii;. 15 {a, 0).
Dislinguunl hanc speciem a iV. tomentosa Doderl. sequenles nolae :
Testa marjis infiala: spira magis aperta. - Anfraclus depressi; ultimus magis venlrosus. -
Costae lungiludinales magis prominente.t, ah inlerslitiis laliurilms separatae, reclae, postice contra
suturam subtruncatae , in omnibus anfractubus contiguae, 1 1 in ultimo. - Os antice minus dila-
latum; labrum sinistrum magis incrassatum.
Long. 7 min. : Lai. 4 mm
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo.
124. Nassa Rovasendae (May.).
Dislinguunl hanc speciera a N. tomentosa Doderl sequenles notae :
Testa major, longior , angustior: spini medio dislincle infiala. - Anfraclus longiores. -
Costae Inufiiludinali's miuores, numeroiiores - Labrum sinistrum pnslice depressum, inde os po-
stice anguslatum : caualiculus poslieus contra rimam decurrens magis profuudus.
Long. 7 '/« nini- Lai. 3 '/a mm-
tìaccinum Hovasimlae M.VY. i« litt-.i-is et spaimiiiibus.
Per la natura dei solchi trasversali e per la figura del labbro destro questa specie
è affine alla ^Y. Pereirae Bell., dalla quale è tuttavia distinta per la sua forma più
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 315
stretta e più lunga , per il maggior numero e per la minor grossezza delle coste
longitudinali.
Questa forma mi fu gentilmente comunicata dal Sig. Prof. Mayer quando le
tavole erano già disegnate sulla pietra.
Miocene vi ed io: Colli torinesi. Termo- Fourà , raro : CoU. del Museo di Zurigo
(Prof. Mayer).
32' Serie.
Nucleus embrionalis acutus. - Testa minuta, turrita: spira longa, medio in fiata. -
Anfractus convexiuscuU ; ultimus dimidia longitudine brevior. - Super ficies in primis
anfractubus obsolete longitudinaliter costata, dein laevis. - Os suborbiculare ; labrum
sinistrum arcuatum, expansum, interius plicato-dentatum , rxterius marginatum ;
labrum dexferuw gracile, adnatum . laeve, nniformiter et satis ultra os jìroducfttm :
columella depressa, arcuata: rima terminalis, profunda, parum lata, satis reflexa,
a labiis brevissimis circumscripta. postice vix stibcanaliculata.
L' espandersi elio fa il labbro sinistro , e la mancanza di ornamenti superficiali
negli ultimi anfratti . la lunghezza e l'acutezza della spira e le sue piccole dimen-
sioni imprimono alla forma de.scritta in ([uesta serie una fisionomia tutta particolare.
125. S\SSX PERF.GRINA BEI.r..
T.1V. VI, fif;. n (a, bt.
Te>(a /Mcn7n; spira lon^a, satis acula. - .\nfraclus convpxi : /irtmi obsolete IniifìiludinaHtfr
costali; meda el ultimi toti laeres; ullimus aulire salis depressus. - Os medio valde dilatalum;
labrum sinislrum valde expansum.
Long. 6 min. : Lai. 3 mm.
Miocene medio : Colli torinesi, rarissimo ; Coli. Michelotti.
33' Serie.
Nucleus embrionalis parvulus, plus minusve acutus. - Testa parvula. - An-
fractus convexi: ultimus dimidia longitudine brevior, vel vix dimidiam longitu-
dinem aequans. - Superficics longitudinaliter costata, transverse costulata. - Os
suborbiculare ; labrum sinistrum arcuatum, varicosum, interius plicafum : labrum
dextcrum antice vix, vel parum, tdtra os productum, postice plus minusve extensum :
columella arcuata: rima lata, profunda. a labiis longis circumscripta, valde re-
flexa, postice profundc canali culata.
La contemporanea presenza dei caratteri seguenti nelle forme di questa serie le
distingue facilmente da quelle delle serie che vengono dopo, colle quali queste hanno molta
analogia nelle dimensioni, nella forma generale e nella qualità degli ornamenti superficiali :
1° nucleo embrionale piccolo, acuto: 2° labbra deirintaglio lunghe e molto rovesciate
sull'ultimo anfratto; 3° scanalatura posteriore all'intaglio stretta e profonda.
316
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
A. Labrum dexteruiii |)Ostìrc vix ultra os prodiiclum.
126. Nassa ingrassata (Mui.l.).
Tav. VI, fig. 18 (a, b).
Tesla turrita: spira loiisa - Anfraclus raìde cnnrexi ; ullimus '/s lotius lonpiludinis
subaequans: suturae profundae. - Coslae longitudinalcs oblusae, rectae, axi Ifstae paraUdae,
ab inlerstitiis lalis et profundis separatae, plerumque 1 1 in ultimo anfractu: coslulae Iransversae
minutae, plerumquo 12 in primis el mcdiis anfraclubus perspicuae, 20-22 in ultimo, sulianilae,
siibuniformes , contlnuup, supir castas Inniiitiidinales el intcrstilia inlerposita denirmiles, a snlcis
profundis, latiusculis, complanatis, separata ; sulci prope suturam posiicam minores. - Os orbi-
culare; labrum sinislrum maqni-varicusuin; labrum dexlcrum medio et postice vix et nnifor-
miter ultra os prodiirlmn, rugalum, poslice uniplicalum : rima poslice carinala.
Long. 17 mm. : Lat. 8 \'j mm.
MULL., Zool.Dank: Prodr., N. 2946.
GMEI,., Linti. Si/st. Xat., ed. 13, pag.354'.
BRUG., Dict., ?i.49.
MO.NT., Test, britt., pag. 241, tav. Vili, Cg. 4.
BAST., Veni. Borii., pag. 49.
I>l-:i'B., Dict. Se. Nat., voi. XXXIV, pag. 242.
BLAINV., Faitn.fr., pag. 174, lav. LXVI, fig. 8, 9.
PAYR., (\ii„l..ì/oll.Cors., png. 161, tav. Vili, fig. 13, 14.
FLKM.. //isl. Brilli. Anim., pag. 340.
.MARC. DE SERR.. Ceogn. lerr. tert.. pag 132.
BRONN, llal. tcrl.-Geb., pag. 22.
DESÌI., Expid. Si\ Marre Zool., pag. 199.
BOUCH.-CIIANT., CaKil. Moli. Boulonn., pag. 69.
KIEN., /co«., pag. 81, tav. XXVI, fig. 104.
KIEN., hon., pag. 82, lav. XX. fig. 77, et tav. XXV, fig.98.
DUJ., Mi-m. ijM. Tour., pag. 299, tav. XX, fig. ti. 12.
PIIIL,, Moli. Sic. I, pag. 226.
BRONN, Tegcl forni, foss. Sicbenb. a.Giililz., pag. 657.
PLISCII, Poi. l'aliionl., pag. 123.
FORB., Calai. Moli. Iste of Man., pag. 24.
SCACCI!., Calai. Comh.Neap.. pag. U.
GRAT., Calai. Anim. l'eri, et Inveri. Cironile, pag. 41,
C.ALC, Cunth. fo.ts. Altai-illa , pag. 62.
E. SISMD., Sijn., pag. 40.
NV.ST, Coq. et Poi. foss. Bcly., pag. 575, tav. XLIII, Cg.lt.
PlllL., J'erticri'erst. yoriìw. Veutsclil., pag. 27. 61, 76.
PHIL., Moli. Sic, voi. Il, pag. 191.
LAMCK., Anim.s.vert., 2 ed., voi. X. pag. 173.
DESÌI, in LAMCK , Anim.s.vert., 2 éil., voi. X, pag. 173 |ia Dota).
DESH. in LAMCK, Anim. s. veri., voi. X, p. 283.
VERAN. in Desir. ili Genova, voi. I, pag. 94.
E. SISMD., Sijn., 2 ed., pag. 29.
TENiN.. Slrat.Lisl of Brilli, foss., pag. 6.
WOOD, Crag. Moli., pag. 29, tav. HI, fig 4.
DORB., Prodr., voi. Ili, pag. 176.
GUISC. Faun. foss., desili., pag. tt.
SEGUENZ., Form. plioc.Sieit., pag. ti.
DODEIIL., Ciiin. gioì. lerr. mioc supltal. lenir., pag. 105.
DE REYN., \ AN DEN-IIEI:K. et PONZ., Calai foss. Monte Mario, pag. 19.
CONI'., .Monte .Mario, pag 34.
FISCII , Faun. Comli. mar. Gironile, pag. 80.
RKl'S., Conlr. Faun. .Moli. Daini , pag. 66.
1766.
Triloniuin incrassatum
1788.
Murex
imrassaliis
n89.
Biiccinum Asianias
1803.
hi.
macula
1825.
Nassa
a.iperula
1825.
Id.
id.
1826.
Buccinum macula
1826.
Id.
Laccpedi
1828.
Nassa
iucrassala
1829.
Buceinum Lace/iedi
1831.
Id.
iispcrulum
18.32.
Id.
Ascanias
1835.
Id.
macula
k835.
Id.
Ascanias
1835.
Id.
Coccinella
? 1835.
Id.
granifcruni
1836.
Id.
asperulum
1837.
Id.
id.
1837.
Nassa
asperula
1838.
Id.
macula
1838.
Buccinum id.
1838.
Nassa
asperula
1841.
Buccinum asperiilum
1842.
Id.
Ascanias
? 1843.
Id.
granulaliun
? 1843.
Id.
macula
1844.
Id.
Ascanias
1844.
Id.
id.
t8i4.
Nassa
incrassala
1844.
Id.
turonensis
1847.
Buccinum a.tperulum
1847.
Nassa
incrassala
1847.
Id.
id.
1848.
Id.
id.
1852.
Id.
id.
1856.
Id.
Ascanias
1862.
Id.
asperula
I8Ó4.
Id.
incrassala
1864.
Id.
asperula
1864.
Id.
asperula
186").
Id.
incrassala
1866.
Id.
Ascanias
DESCRITTI DA h. BÈLLARDI
317
1868.
Nassa
asperula
1868.
hi.
incrassata
1868.
Id.
id.
1869.
Id.
id.
1869.
Buctinum uspirubtiu
1869.
Nassa
: Ascanias
18"70.
Id.
incrassata
18-0.
Buccinum Ascanias
18TO.
Nassa
incrassata
1871.
Id.
id.
1871.
Id.
asperula
1872.
Buccinum incrassatum
1872.
Nassa
incrassata
1879.
Id.
id.
1873.
Id.
id.
1873.
Id.
Ascanias
1873.
Buccinum asperulum
1874.
Id.
incrassatum
1874.
Id.
id.
1875.
Nassa
incrassata
1875.
Buccinum asperulum
1875.
Nassa
incrassata
1875.
Buccinum asperulum
1875.
Nassa
incrassata
1876.
LI.
id.
1876.
Id.
asperula
1876.
Id.
variabilis
1876.
Id.
incrassata
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
? 1878.
Id.
Derivae
? 1878.
Id.
incrassata
1878.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1878.
1,1.
id.
1878.
Id.
Ascanias
? 1878.
Id.
serra licosia
1879.
Id.
incrassata
1880.
Id.
■.d.
1880.
Id.
id.
1880.
Id.
id.
1880
Id.
Ascanias
1881.
Id.
id.
1881.
Id.
incrassata
1881.
Id.
id
FORESI., Calai. Moli. plioc.Bolngn.. I, pag. 43.
MANZ., Sagg.Conch.foss. sub., pag. 37.
WEINK., Conc/i. Mitlelm., voi. Il, pag. 61.
PETIT, Calai. .Moli. test. iMers Eur., pag. 172.
COPI*., Calai, foss. mioc. e plioc. Muden., pag. 95.
T.\PPAR., Ind.Sistem. Moli. test. Spezia, pag. 25.
ARAD. et BENOIT, Conclt. viv. nutr. Sicil., pag. 291.
MCALS., Calai. Artim. foss. Prov. d''Algcr.. pag. 108.
BELL, Calal.JÌIoll.foss.de Biol, pag. 9.
MOEllCll, .Si/n. Moli. mar. Vaniae, pag. 41.
CONT., Monte Mario, 2 ed., pag. 40.
COPP., Slud. paleont. Icon. moden., pag. 35, tav. IH, fig.68.
-AIONTER., Cimeli, foss. Monte Pellegrino e Ficarazzi, pa^.SS.
MO.'STER., Not. Condì, mediterr.. pag. ."jO.
SEGUENZ., Form, plioc Ital. merid., pag. 305.
COCC, Enum.Sisl. .Moll.mioc.e plioc. Parm.e Piac, pag. 80.
MAY., Sijsl. Fcrz. l'erst. Iklv., pag. 32.
COPI'., Calai, foss. mioc.-plioc. .Mndeu. Cill. Copp., pag. 2.
DE .SIEF., Foss. plioc. » .Miniato, pag. 35.
SEGUENZ., Form, plioc. Ital. merid., pag. 278.
MANTOV., Descr. geol. Camp, rom., pag. 4 1 .
L-VNG., List. .Mar. Sc/iells of llaslings, pag 4.
l'ONZ., Cronac. suhapenn., pag. 21.
MO.NTER.. Nuov. lìiv Condì, mediterr., pag. 41.
FLSCIL, Coi), vit: et foss. des Caveni. Fr. tt Lig., pag. 334.
FONTAN., Etud.stral. et paleont. Bass.du RliAne, II, pag. 10.
FI.SCll., Coij. ree. et foss. Cavern. Fr. et Lig.. pag. 334.
FORE.ST., Cenn.geol. e paleont. plioc. ani. Castrocaro, pag. 90.
FI.SC1I., Paleont. de lUle de Ithodes, pag. 29.
ISS., Ipp. Paleont., pag. 20
MONTEIl., Calai. Condì, foss. Monte Pellegrino e Ficarazzi, pag. 37.
PANT.VN., Alt. Accad. Fisiocr. Sietia, pag 9.
FONT., liuti. Soc. Geol. l'r., pag. 516, Ut. I, fig. 7.
STR. In SARS, Arci, l'ann., pag. 253.
UE STEI\ e PA.NTAN., Moli, plioc. Siena, pag. 103.
JIO.NTER., Enum. e Sinon. Condì, mediterr., pag. 43.
ISS., Oor. del Fiolanle, I, pag 16.
VAN-DE.N-BROECK. Ei.quis.<. gèni, et paltoni, dep. plioc. Anvers, pag. 293.
FISCII., Bradi, et .Moli. Lilnr. Oeean. Fr., pag. 92.
BENOIST, litag. lorton. Gironde, pag. 5.
DE STEF., e PA.NTAN., Moli, plioc. Siena, pag. 104.
MELI, Sui Vini, di Civitavecchia Not. Geol., pag. 10.
BRUGN., Condì plioc. Caltanisetta, pag. lOJ.
PANTAN., Condì, plioc. di Pietra futa, pag. 272.
MOMTER., Condì. Cosi. d'Africa, pag. 228.
COPI'., Terr. lab. moden., pag. 10.
COPI'., Marn. turch.modeu., p.ig 14.
COPI'., Paleont. moden , pag. 34.
PAMT.\N., .Moli, plioc. tose. viv. Mediterr., pag. 68.
Tarieift A.
Spira pleriimque magb aculn. - .{nfrarlus vltimu.s biv:iricosus.
Long 18 mm. : Lai. 8 '/» "ini.
Varielù B.
Spira plerumque brevior , maijis aprrla, medio infiala. - Anfractus magis ron<!exi , inde
sulurae profundiores. - Costae loiigiludinaleft minus prominenics, niwierosiores.
Long. 12 mm. : Lai. 7 inni.
I8|1.
Succinuni
■ '/'
\'assa\
asperu
18Ì7.
Id.
id.
id.
18*9.
hi.
id.
td.
1831.
1,1.
id.
id.
I84Ì.
Id.
id.
id.
I8.-.Ì.
Nassa
asi.
lerula
;^18 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZI ARII DEL PIEMONTE ECC.
inum :Sassa) aspcrulum HROCCH., Cnnch. fnss.. suh., pag. 339, tav. V, Cg. 8 et pag. 649.
.SASS., Sagg. gcol. Bar. terz. Albenga, pag. 481.
MAKC. DK SERR., Gèogn. terr. terl.. pag. 121.
.IA>', Ciitiil. Condì, foss., pag. 13.
K. SISMI)., Syn., pag. 40
D'ORB.. Prodr, volili, pag. 8.1
Varivi* €.
Spira medio infiala. - Anfrnctus magis convexi. - Coslae longitudinale.t minutae, ab inlarslitiis
Intis separatae, numerosiores, plerumque 16 m ultimo aiifraclu. obliqnae
Long. 13 mm. : Lai. 7 mni.
Varieu D.
Spira hrevior, medio infiala. - Anfraclus mapis convexi. - Costae Inngitudinales minutae
eoslnlas transverso-i subaequantes, 20 in nllimo anfraclu.
Long. 9 mm. : Lai. 5 '/« i""-
La forma che M. Hoemes riferi nella sua opera (tav. XII, fig. 16) al Bucc.
incrassatum Miill.. ne è certamente diversa, come appare dalla precitata figura, e
come ebbi l'opportunità di persuadermi mercè due esemplari che ricevetti molti anni
sono dallo stesso M. Hoemes.
Dall'esame di questi fossili riconobbi le seguenti loro differenze dalla Nasaa in-
crassata (Miill.). 1° la depressione che a foggia di gronda corre posteriormente
all'intaglio, è negli esemplari delle vicinanze di Vienna larga e poco profonda, e le
labbra dell'intaglio sono molto meno rovesciate all' indietro, pei quali caratteri la
forma che rappresentano non può -.essere inscritta in questa serie che lia appunto per
tipo la N. incrn.t.'ifda (Miill.): 2" la spira vi è più aperta e più conica; 3* gli
anfratti sono depressi, quasi appiattiti e perciò le suture superficiali ; 4° le coste lon-
gitudinali sono molto più numerose. (17), più grosse, più ottuse e separate da inter-
stizii molto più stretti : 5" le costicine trasversali sono anch'esse notevolmente più
numerose ; 0° l'ultimo anfratto vi è molto meno depresso anteriormente , dal che
risulta la figura della bocca ovale . <^ non quasi circolare come è nella specie del
Miiller.
N'ou havvi dul)bi<) perciò che i fossili riferiti dal M. Hoemes al Bucc. incrns-
sahoi) Miill. non vi appartengono, come riconobbero i signori R. Hoemes e M. Auinger
nella recente loro Monografia: ma. a mio giudizio, errarono i signori K. Hoemes e
.VI. Auinger nel riferire la forma in ([uistione alla jV. gmnxhri.'i Boi-s.
La specie del Borson, che sarà descritta in seguito col nome di N. verrucosa
(Brocch.) per ragioni clic indiclierò in appresso, è una forma indubbiamente diversa
dalla precitata: in essa 1" il nucleo emlirionale è breve, largo ed ottuso; 2° la spira
è rigonfia nel mezzo: 3° l'intaglio è circoscritto da labbra brevissime e quasi punto
rivolto all'indietro. per modo che la scanalatura che vi corre posteriormente vi è
appena segnata.
Tali sono i motivi pei quali non lio riferita nella sinonimia di questa specie la
citazione dell 'opera di M. Hoornes. e non riferirò in quella della N. vcrrucoxa (Brocch.)
DESCRITTI DA L. BELLAEDl 319
la citaiàone del Buccinum granulare della Monografia precitata dei signori R. Hoemes
e M. Auinger.
L'imperfezione delle figiu-e rappresentanti le forme clie Grateloup ha creduto
appartenere al B. asperulum Brocchi, non permette di rifeiirvele con certezza; occor-
rerebbe di aver sott'occhio gli esemplari tipici per dare im adeguato giudizio in pro-
posito, stante la grande analogia che con questa presentano parecchie specie della pre-
sente serie ed altre delle serie vicine.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona. ecc., frequente; Coli, del Museo
e Michelotti.
Varietà B. — Pliocene inferiore: Albenga-vallone Torsero, raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, ecc., frequente; Coli, del Museo.
Vive nei mari d'Europa.
127. Nassa volpedana Bell.
Tav. VI, fi^. 19 (fl, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. incrassala (Muli.) sequentes nolae:
Testa crassior : sjiira brevior, medio i/i//(((a, miiiiis iipirla. - Anfradus primi vix convexi;
ultimus dimidiam loiiyilndiiiem sabacquaits. - Costar lungitudiìialra ab iiiterslitiis anijustioribus
separatae , in ultimo nnfraclu obsoMac: coslulae transvi'rsae majores, pauciures. - Labrum
sinistrum antico dilnlalum: ctilumidla untici! ci magis profunde excavala: rima a labiis brevioribus
circumscriida, pusticv mngis profunde excavata.
I.oiig. 9 mm. : Lai. 6 mni.
Pliocene superiore : Volpedo presso Voghera, rarissimo ; Coli, del Museo.
1 28. Nassa bugellensis Bell.
Tav. VI, (i-. 20 (<i, i).
Dislinguunl hanc speciem a .V incrassala (Muli.) sequentes nolae:
Testa minor, graciUor: spira magis aperta. - Anfraclus magi>: convexi, prope suturam
posticam depressi. - Costae lonijiludinales minorrs, namerosiores, in ultimo anfracln subsinuosae,
versus margineni uris interdum obsoielae : cuslulac transversae in ultimo anfracln lalae, compla-
natae. ab interstitiis angustis separatae. - Os magis dislincle orbiculare ; labrum sinistrum magis
arcuainm; labrum dextcrum lacve: cohimella mngis profunde excavala; rima a labiis breeioribus
circnmscripla, minus reflexa, poslice minus profunde canalicnlata, non carinola.
Long. 9 mm. : Lai. o mm.
VarifiA A.
Costae longiludinales in ullimo aufractu miuores, numerosiores.
Long. 8 '/j, mm. : Lai. 5 inni.
I caratteri principali che distinguono questa forma dalle sue affini sono : la lun-
ghezza maggiore ed ampiezza minore della spira ed in particolar modo la forma
maggiormente convessa degli anfratti dalla quale risulta che le suture sono più profonde.
Avendo attentamente paragonati parecchi esemplari di questa forma con un esemplare
320 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECO.
tipico della N. Lihassii De Stef. gentilmente comunicatomi dal signor Prof. Panta-
nelli e con uno tipico della i\'. jilmìigfrin Brugn. inviatomi dall'autore stesso, ho
trovato nei nostri fossili le seguenti diiferenze :
1 " dalla N. planistrìa Brugn. : dimensioni per lo più maggiori ; anfratti più
convessi e perciò sutme più profonde; costicine trasversali più larghe dei solchi loro
interposti ; scanalatui'a posteriore all'intaglio meno profonda.
2° dalla .A'. Lihdssii De Stef.: spira più stretta e più lunga: anfratti più con-
vessi, specialmente l'ultimo il quale è molto più convesso anteriormente: coste longi-
tudinali più sporgenti; costicine trasvei-sali più larghe e più distintamente appiattite.
Pliocene superiore: Colli biellesi. Masserano. non raro: Coli, del Museo.
B. Labrum dexleriiin poslice ullra os plus miuusve dìstincte produclum.
a Spira hrrvix^ parum acuta.
4 29. Nassa planicostata Beli..
Tav. VI, fiK. 21 (a. b .
Testa ventrosa: spira brevis parum acuta, medio indala. - Anfraclus parum convexi;
ullinuis inflalus, anlice valde depressus, climidiam longiludinem aequans: sulurae supertìciales.
- Coslae longiludìnales ohlnsae, in primis et mcdiis anfraclithus ab inlersliliis anfjustis separatae,
vix obliquae, roclac, in ultimo 16, ab interstiliis latinribus separatae, versus rimani subsinuosae:
coslulae Iransversae 5 vel 6 in primis et niediis anlraclubus perspicuae, \ì in ultimo,
continuae super coslas Inngitudinales decurrentes , ih refjione media anfrarliium majores ,
complanatae. - Os suborbiculare , |)ostice leviter anguslalum et prot'unde canaliculatum ;
labrum sinistrum anlice Matalum, poslice depressum; labrum dexterum anlice et medio vix
ultra OS produclum, poslice alhiuantn crlensum, laeve; plica jiostica vix notata : coluraella
medio profunde exoavala.
Long. 8 '/« mm.: Lai. 6 min.
? 1874. Runinum yriniu/aliim COPI'., Calai. Foss.mioc.-jilioc, Afoden. Colt. Copp.. pag.2.
? 1880. IVassa granulata COPI*., Marn. ttirch. Ufoden., p. 14.
? 1880. /(/. id. COPP., Terr. Tab. Moden., pag. 10.
? 1881. Id. pi/ijmaea COPP., Pa tenni, moden., paj^.S.'i.
Varietà A.
Spira /oHjior, ma()is acuta.
Long. 9 '/s l'Ili- ■ '-al- 6 mm.
Varieiik B (an spedo» <lislinguenda?;.
Testa minor. - Coslac tourjiludinalcs minorex ab interstiliis latioribus separatae. - Labrum
dexteriim vie ultra ns produclum.
Long. 5 "o mm : Lat. 3 '/« nini.
Miocene superiore : Colli tortonesi. Stazzano , rarissimo : Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, ecc.. Colli biellesi. Masserano, co-
mune: Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 321
"Varietà A. — Pliocene superiore : Colli astesi, Valle Andona, aon raro : Coli,
del Museo.
Varietà B. — Pliocene supcriore: Colli biellesi, Masserano, frequente; Coli, del
Museo.
130. Nassa angolata (Brocch.).
Tav. VI, fig, 92 (a, b).
Testa crassa: spira salis longa. - Anfraclus paruni convexi ; ullinius venlrosus, anlice
valde dupressus , dimidia longitudine brevior. - Coslae longiludinales promiìienles , obtusae,
al inlerstitiis lalis separatae, in primis et mediis anfraclubus rectae, axi testae subparallelae,
in ultimo sinuosae, versus os obliquatae. 16: coslulae Iransversae ìninutae, subuniformes , ab
interstitiis latis separatae, coniinvae super eostas ìotigiludinales decurrentes , 6 pleruuique in
primis et mediis anfractubus perspicuae, 12 in ultimo. - Os orbicuiare; labrum sinislrum
arcualum, valde incrassatum ; labrum dexlerum crassnm, pluri-rugalum, medio et postice salis
ultra OS productum: columella arcuala, profunde excavala: rima valde reflexa: canaliculus
poslicus profundissimus.
Long. 10 mm. : Lai. 6 mm.
"p-
BUOCC, Conc/i. foss. siil>., [lag. 654, lav. XV, fig. 18.
B.\ST., Meni. Biird., pag. 49.
var. fi BRO»', Ital. Urt.-Geh.. pag. 23.
DESH., Exjiéd .Sede Morte Zoo/., p.ij,'. 19"!.
NYST, lìicli.t'oij. foss. Hou.'.s.el Klciii-Spauw, pag. 3'7.
GR.\T., Calai. Viri, et Inveri, iiironde, pag. 41.
E. SISMO., Syn., pag. 40.
E. SISMD., Syn., 9 ed., pag. 98.
D'ORB., Frodr., volili, pag. 176.
DE REYN., VA.N-DEN-HECK. et l'ONZ., Calai, foss. .^onU Mario, pag. 13.
O. COST., Ossav. Cone/i. S' Minialo, pag. 17.
COM., .Vonle .Mario, pag. .34.
FOREST., Caini. Moli. plioc. Boiogn., I, pag. 43.
BELL, Calai.. Voli, l'nss. de Bini, pag. 9.
CONT., Monle Mario, 9 ed., pag. 40.
COPP., Calai. Moli, mioc.-plioc. Moden. Coti. Copp., pag. i.
DE STEF.. Foss. piioi. » Minialo, pag. 35.
SEGUENZ.. Form.plioe.Ilal.merid., pag. 976.
PO>'Z., Cronai . siiliapenii., pag. 26.
P.\NTAN., /Itli Ah ad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
UE STEF., .Slral. plioi: .Siena, pag. 169, 170, 951.
DE STEF. e PANTAN., .Moli, piioc. Siena, pag. 103.
PANTAN., Conch. piioc. di Pietrafitta. pag. 979.
COPP., Terr. Tab. moden., pag. IO.
BRUGN., Conc/i. piioc. Cailanisetla, pag. 107.
COPP., Paleonl. moden., pag. .37.
Sono numerose le deviazioni della fonna tipica descritta che si incontrano negli
esemplari riferibili a questa specie : tutte queste modificazioni sono così fra loro unite,
che non riesce possibile di separarle in varietà : mi limito perciò ad indicarle in un
modo generale: 1° la forma generale varia nelle sue dimensioni: non è peraltro fre-
quente la forma raccorciata : 2° variano soprattutto le coste longitudinali sia nel nu-
mero e nella grossezza, sia nella obliquità e nelle inflessioni e sia finalmente perchè
Serie II. Tom. XXXIV. 'R
1814.
Biiccinum anijulalum
'/
1825.
Nassa unijulala
1831.
Buccinum corrugatum
1832.
Id. angulalnm
?
1836.
Nassa anguiata
?
1838.
Id. id.
1842.
Buccinum angulalum
1847.
Nassa anguiata
1852.
Id. id.
1854.
Id. id.
1861.
Biicciiiunt angulatmu
1864.
Nassa ungulata
1868.
Id. id.
1870.
Id. id.
1871.
Id. id.
1874.
Buccinum anguiatuin
1874.
Id. id.
1875.
Nassa anguiata
1875.
Buccinum angulalum
1875.
Nassa ungulata
1877.
Id. id.
1878.
Id. id.
1880.
Id. id.
?
1880.
Id. id.
1880.
Id. id.
?
1881.
Id. id.
322 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TEIJZIARII DEL PIEMONTE ECC.
sono non di rado quasi obliterate nella parte anteriore dell' ultimo anfratto in pros-
simità del labbro sinistro.
La forma riferita alla presente specie dal Grateloup {Conch. foss.. tav. XXXVI,
fig. lit) ne è certamente diversa specialmente per le maggiori sue dimensioni.
Pliocene superiore : Co\ìi astesi, Valle Andona. ecc., frequente; Coli, del Museo
e Michelotti.
I:i1. Nassa tumida Bell.
Tav. VI, fiR. n {a, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. angulala (Brocch.) sequenles notae :
Testa nassior. - Coslac lonoiludinales pauciores, majores, in ultimo anfractu vix obliquae
et vix sinuosae : costulae transversae minores, numerosiores , 8 vel 9 •« primis et meiliis anfr'act'ibus
perspicuae, li in ultimo - Plicae inlernae labri sinistri pauciores, V majores: labrum ilexlerum
crassius. medio manis produrlinn.
Long. 1 1 nini. : Lai. 6 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Villalvemia. presso Tortona, regione Fontanili, raro: Coli, del
Museo.
1). Spira loiiga, valde acuta.
132. Nassa Seqienzae Bell.
Tav. VI, fi^.. 24 (a, b\
Tesla subfiisifnrmis: .<pira Itiufia, valde acuta, medio inflata. - Anlractus parum convexi;
ullimus dimidia longitudine paullo brevior. - Coslae longiludinales maqnae. rompressae, cantra
suturam pn-ilicam vellicatae, ab inlerslitiis lalis el profundis separatae, in primis et mediis
anfradubus obliquae., in ultimo axi teslae parallelae et aiilicc obsoletae. - Os ovaio, amplum; labrum
sinislrum valde arcualuni, exterius parum inr.rassatum, inlorius plicalo-denlalum; labrum
dexlerum f/raci/e, medio el praesertim postice ultra os prodnctum, anlicc birugatutn: columolla
medio parum excavala : rima a labiis breribus circumscripta, parum reflexa, poslice carinala;
canaliculus poslicus lalus et parum profuiidus.
Long. 10 nini.: Lai. o '/» ^^■
Pliocene superiore : Villalvernia, presso Tortona, regione Fontanili , non frequente ;
Coli, del Museo.
M' Serie.
. Nucleus emhrionalis hrevis, Intns, obfusus. - Testa parvuìa. - Anfractus uUimiis
dimidiam longitudinem suhncquans. - Snperficies iota longiiud inai iter eostata et
transverse costellata. - Os stihorbiculare, postice canaliculatiwi : labrum sinistrum
arcuatum, incrassatum, interius pUcatum; labrum dexterum parum et uniformiter
ultra OS prodtictum, jwstice uviplicaium: eolumella medio profunde excavaia: rima
terminalis, profunda , aniice leviter anyustata , postice dilatata, valde reflexa, «
labiis longiusculis circumscripta, postice profunde canaliculata.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 323
Le poche forme raccolte in questa serie sono molto affini a quelle della serie
precedente, colle quali si collegano per la loro fonna generale, per la natura degli
ornamenti superficiali e per la natura dell' intaglio ; ma ho creduto opportuno di
separamele per la forma breve, larga ed ottusa del loro nucleo embrionale.
133. Nassa similis Beli..
Tav. VII, fiR. 1 (<7, A, e).
Testa hrevis, venlrosa; spira paruni acuta. - Anfraclus convexi; ullimus diraidiam
longiludinem subaequans, anlice valde depre.ssus: sulurae profundae. - Coslae longiludinaies
compressae, ab interslitiis lalis separatac , sinuosae , praescrtim in idlimo anfractu : costulae
transvcrsae minutae , subimiformes , anlicae minores , ab interstitiis hitioribus separalne , super
costas et interstilia continuae. - Os suborbicularc; labrum dexlerum exlerius valde iiicrassatum ,
variciforme, inlerius minute pbcalum ; labrum dexteruni medio et postice ultra os salis pro-
duclum, postice uniplicatum: columclla medio profunde excavala : rima a labiis longiusculis
circumscnpla, valde reflexa, poslice angusta et profunde canaliculata.
Long. 6 inm. : Lai, 4 mm.
Varifl* «.
Spira longior, magis acuta. - Anfraclus ullimus brevior. - Costae longiludinaies nix sinuosae.
Long. 7 mni. : Lai 4 nini.
VarieU B.
Coslae longiludinaies majores vix sinuosae. - Labrum sinistrum mterius pUcata-dentcUutn ;
labrum dexterum rugalum.
Long. 6 inni : Lai. 4 mm.
Miocene, superiore: Tetti Sorelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
Varietà B. — Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro: Museo Hi Zu-
rigo (Prof. Mayer).
134. Nassa Mortilleti Beli..
Tav. VII, fig. 2 (<i, A, r).
Testa crassiuscula. ventrosa, turrita: spira |iaruin acuta. - Anfraclus ullimus antice valde
depressus, dimidia longitudine brevior: sulurae profundae. - Coslae longiludinaies in ullimo
anfractu 12, oblusae, prominenles, ab iulersliliis lalis separatae, in ultimo anfractu subsinuosae :
costulae transvcrsae numerosue, unifurmes, ab interstitiis angustis separatae, super coslas
longiludinaies et interstilia continuae. - Os suborbiculare, antice leuiter dilatatum; labrum
sinistrum incrassatum, inlerius minute denlatum : labrum dexterum parum et subuniformiter
ultra OS productum, crassum , anlice birugalum, poslice uniplictìtum: columella medio profunde
excavata.
Long. 5 '/s '"■" ■ Lai. 3 min.
Miocene superiore: Tetti Borelli presso CastelnuoTO d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
324 I MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
36' Serie.
Nìtcleus emhrionaìis ungustus, longus, acutus. - Testa parvula turrita; spira
perlonga. - Anfraetus convexi ; ultimus dimidia longitudine brevior. - Superficies tota
longitudinaliter costata et transverse costellata. - Os suborbiculare, postice cana-
liculatum; làbrum sinistrum incrassatum, arcuatum, interius plieato - dentatum :
labrum dexterum, non ultra os productum, postice uniplicatum : columella arcuata:
rima terminalis, lata, profunda, parum reflcxa, a labris longiusculis circumscripta.
postice non canali culata.
Le forme di questa serie hanno in comune con quelle della serie 33, il nucleo
embrionale stretto, lungo ed acuto, ma se no distinguono: 1" per la maggior lun-
ghezza della spii-a ; 2° per la brevità delle labbra che circoscrivono l' intaglio : 3° e
soprattutto per la mancanza d«lla scanalatura stretta e profonda che corre posterior-
mente all'intaglio nelle forme della precitata serie 33.
La forma poi stretta, lunga ed acuta del nucleo embrionale distingue la presente
serie dalle duts fra le quali è collocata.
• 35. Nassa i'roducta Bell.
Tav. VII, Iìk- 3 (a, b, e).
Testa turrila: spira perlonga, vaìde acida, medio Icviter infiala. - Anfraclus antice leviter
infiali, postice depressi; ullimus brevis, 7j tolius loiigiludinis aequaiis, anlice parum depressus.
- (loslae iongiludiiialcs prominenles, compressae, ab intersliliis lalis el complanalis separatae,
in omnibus anfraclubus rontiguae, 8 in ultimo anfraclu: cnslulae Iransversae uiiiformes, a
sukis angustis separalae, in inlersliliis coslarnm Uingiludinallum vix nulalac, super coslas longi-
ludinales satis promincntes, 7 plerumque in primis el mediis anfraclubus perspicuae, 1 4 in
ultimo. - Os subovale; labrum smsWum medio levilrr drpressum, anlice .•^ubangulatum, incras-
salum, inlerius ininule piuri-plicaluui; labrum dexleium laeve: columella arcuala.
Long. 7 nini. : Lai. -3 mm.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, ecc., comunissimo; Coli, del Museo.
136. Nassa Andonae Bell.
Tav. VII, li^'. 4 (<i, b, e).
Dislinguunl hanc speciem a iV. producia (Bell.) sequpnles nolae:
Testa major. - Coslae longiludinales plerumque nwnerosiores, majores, obtusae, interslilia
subacquantes : coslulae Iransversae conlinuae, in inlersliliis costarum longitudinalium non inler-
ruptae qnamvis ibi inlerdum minores.
Long. IO nim. : Lai. 4'/, min.
Pliocene inferiore: Ventimiglia, raro ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, ecc., comune; Villalvernia presso
Tortona, regione Braia, non frequente : Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLARDl 325
36' Serie.
Nucleus embrionalis brevis, ohtusus. - Testa minuta. - Anfractus convexi ; nl-
timus dimidia longitudine plerumque hrevior. - Superficies tota longittidinaliter costata,
et transverse costulata. - Os suborbiculare, postice canaliculatum ; labrum sini-
strum arcuatum, incrassatum, variciforme, interius pUcatum; labrum dexterum non,
vel vix et regulariter, ultra os productum; cohimella arcuata: rima terminalis,
lata, vix reflexa, a labiis brevibus, vel subnullis, circmnscripta, postice non cana-
Uculata.
Le forme di questa serie come quelle della serie precedente, abbencliè abbiano
molta rassomiglianza sia per le loro dimensioni, sia per il loro aspetto generale, con
quelle della serie 33 e 34, si distinguono facilmente, ove si ponga mente che nelle
forme delle due precitate serie 33 e 34 corre posteriormente all'intaglio una pro-
fonda e stretta scanalatura, e le labbra dell'intaglio sono lunghe e rivolte all'indietro,
mentre che nelle forme della serie 35 e della presente non havvi posteriormente una
stretta e profonda scanalatura, ma solamente una depressione larga e poco profonda
e le labbra dell'intaglio sono molto più brevi e meno rivolte allindietro.
A. Rima a labiis Itrcvibiis circnmscripln.
137. Nassa Catulli Bell.
Tav. VII, fig. 5 (a, 0, e).
Tesla lurrila: spira lonria. - Anfrciclns convexi, poxiire (leprpsiii; ultimus anlire valde
depressus, diiniilia longiludine brevior: suturao profuiulae. - Coslac ionfiiUulinales plerumque
12, rectae in primis anfraclnbus , suhsinuosae in nltimo , axi teslae parallelae, compreuxao , ab
inlerstitiis latis sepnralw^: cosUilae Iraiisvcrsae mimilai'. inlerslilia suhapqnaiiti's , conlinuae,
super coslas longiluilinales decurrenlcs. - Os suborbiculare; labrum sinislrum anlicn sub-
angulatum ; labrum dexlcrum laevc, postice uniplicalum: rima a labiis revolulis circumscripla.
Long. 7 mm. : Lai. 3 '/i mm.
Varieltk A (an specios distinguenda ?).
Tav. VII, lig. C (fl, A, e).
Testa crassior: spira brevior, mayis aperta. - Costae hmgitndinales numerosiures, ab Inter-
sUtiis anguslioribus separalae, reclae etiam in tdtimo anfractu. - Labia rimae brevinra.
Long. 6 '/, mm. : Lai. 3 '/a "ini-
A primo aspetto questa forma parrebbe doversi liferire alla N. incrassata (Miill.)
della quale ha la fisionomia generale e con cui ha affini gli ornamenti superficiali,
ma ne viene distinta per i caratteri della serie nella quale è inscritta.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli, del Museo e Michelotti.
Pliocene inferiore : Viale presso Montafia, raro : Zinola presso Savona, Albenga-
vallone Torsero, non raro: Coli, del Museo.
326
I MOLLUSCHI liEI TERRENI TERZIARI! IiEI. PIEMONTE ECC.
ì'àS. Nassa BxLDissERitNSis Bei.l.
Tav. VII, lij,'. 7 (n, h, e],
Dislinguunl hanc speciem a A'. Calulli Boli, sequenlcs notae:
Testa major. - Conlae lonrjiludmales numerosinies, 13, miiiores, inUrstitia interposita sub-
aequanlf.s: costulae trausversae mtijorcs, complaiialae.
Long. <0 min.: Lai. 5 '/^ inni.
Miocene medio: Colli torinesi, BaldisRero- torinese, rarissimo: Coli. Rovasenda.
4 39. Nassa Fontannesi Heli..
Tav. VII, Cg. 8 (a, h. e).
Dislinguunt hanc speciem a N. Calulli Beli, sequenles nolae :
Testa crassior: spira ma(jis aperta. - Anfractits marjis cimvcxi. - Costae longiludtiiales
pterumque 9, marinae, subnodiformes , obliquae, rcclae, intfrstitia subaequantes : costulae Irans-
versae in re()ione mediana anfrartuum majores. - Depressio rimav postica magis profiiwla et
minus lata.
Long. 8 mm. : Lai. 4 ■/, mm.
JfioccMfi SMjJcnorr ; Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli, del Museo.
UO. Nassa sculptii.is Rell.
T,iv. VH, fig. 9 (.1, A, <■).
Dislinguunl hanc speciera a N. Calulli Bell, sequenles notae:
Anfractiis postice magis depre.isi, magis convexi : suturae magis profundac. - Costae loniji-
tudiuales pauciores , reclae , obliquae: costulae transversar minores. ab intersliliis latinribus
separalae. - Deprfssio rimae po.slica magis excavata.
Long. 7 'j., inni.: Lai. 4 mm.
Miocene superiore: Tetti Borelli. presso Castelnuovo d'Asti, rarissimo: Coli. Ro-
vasenda.
141. Nassa serrula Beli,.
Tav. VII, lig. Ili (a, II. <),
Dislinguunl hanc speciem a A'. Calulli Bell, soqucnles notae:
TeHa longior: spira tninus aperta. - Aiifractus postice magis depressi. - Costae longitudinales
rariore», 8, compressae, reclae: eosluliie Iransecrsae pauciores, iu iuterstiliis costarum longitu-
(tinalium obsoletae, super coslas longitudinales prominentes, acutae.
Long. 6 mm. : Lai. :s mm.
Miocene mperiore : Tetti Horelii. presso CastelnuoYO d'Asti, non raro; Coli. Ro-
vasenda.
Pliocene inferiore: Vezza. pre.sso Alba, raro: l^oli. del Miisco
DESCRITTI DA L. BELLARDI
327
B. Iliiua a lubìis brevissìmis circumscrìpta.
142. Nassa serraucosta Bronn
Tav. VII. fig. 11 (a, 6, e).
Testa turrita: sopirà lonj,'a. - Anfrarlus conve\i ; ultimus antice ìatus, depressus, '/, tolius
longìludinis subaequans: sulurae prol'uiidae. - Coslae loiigiludinales oblusai, ab inlersliliis
lalis separalae, rectae, axi teslae siibpnrallelae , 10 pleruinque in iillimo anfraclu: coslulae
transversae minutar', erebrae, uniformes, a sulcis anrjuslitsimis sejmrnlae, contiauae super costas
longiludinaliler decurrenles, 8 vel 9 in primis et mediis anfraclubus perspicuae, 18 in ultimo.
- Os suborbicuiare; labrum sinistrum subarcualuni, inleiius minute pluri-plicalum ; labrum
dexterura (jrarik: columella medio salis profunde excavala: rima a labiis brevissimis cir-
cumscripta.
Long. 8 mm. : Lai. 4 inm.
liuvcinnm multistriatuni
1831.
Id.
serraticosta
18S2.
III.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
multistriatiim
1844.
Id.
pusitluni
1847.
Sasso
mulllstriatu
1852.
Id.
id.
1854.
Id.
pusilla
18G2.
Id.
id.
18C4.
Id.
id.
1804
Id.
serrnlicosta
18G9.
Bmcinum id.
1870.
.\assa
pusilla
1872,
Id.
id.
I87:t.
Id.
id.
187.X
Id.
serralicosla
1874
Buccinum id.
1875.
.Vassa
id.
187.5.
Id.
id.
1875.
Id.
id.
1875.
liucciiium jiusillum
1876.
.Vassa
serraticosta
1876.
III.
id.
1876,
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
pusilla
1878.
Id.
serraticosta
? 1878.
Buccinum id.
? 1878.
iVrtj.to
id.
1878.
/(/.
id.
188().
/./.
ul.
1881.
/'/.
pusilla
BON., Catal. .MS., N. 2503.
BRON.N, Ital. lert.-Geb., pag. 23.
J.\N. Catal. Condì, foss,, pag. 13.
TCHIHATCII., Constil.géul.Prov.mérid.Naples et Nice, pag. 340.
E. SIS.MI)., ,<>,/«., pag. 10.
PillL., Moli. Sic, voi 11, pag. 192, tav. XXVIl, fig. 15.
E. SI.SMl)., SijN.. 2 ed., pag. 29.
D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 176.
RAY.N., V.\N-DEN-I1ECK. et FO.NZ., Cn/d/./ów.il/on/e Mario, pag. 13.
SEGUEJNZ., Form. plioc. Ital. Sicit., pag. 11.
CO.NT., ìlorile .Mario. pug.31.
DODERI.., Cenn. geni. lerr. mioc. sup. Ital. centr., pag. 105.
COI'F., Calai. .Moli, filine, e plioc. moderi., pag. 2."i.
BEIX., Catal. .Moll.foss.de Biot, pag. 9.
MOISTEIl., Condì, foss. Monte Pellegrino e /•Vcarnjji, pag.33.
SEQUENZ., Form, plioc. Ital. merid., pag. 300.
COCC, Enum. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parin.e Pine, pag. 81.
DE STEF., Foss. plioc. S' .Miniato, pag. 35.
PANTAN., Àtl. Accad. Fisiocr. Siena, \ol.VIII, pag. 4.
SOllD., Faun. mar. Cascina nizzardi, pag. 35.
CRE.SPELL., Xot.genl.Sangnan., pag. 18.
PONZ., Crollile, subapenn., pag. 26.
STOER, Terr. plioc. Girgenti. pag. 469.
DE STEF., .Xot. Moli. plioc. .Montern foli, pag. 3.
FONT., Éliid slrat. et Palennt. Bassiìi-du-Rlidne, pag. 17, 69, 76.
ISS., ylpp. paléont., I, pag. 22.
DE STEF., Slrat. plioc. Siena, pag. 183, 211, 212.
DE STEF., Strat. plioc. Siena, p.ig. 17.
PANTAN., Plioc. Dint. di Cliinnciano, pag. 7.
.FUCllS, Slud. ieri. bild.Ober. Ital., pag. 62.
M.\Y., Dccom'. Conch. ìi Conger. Boss, du Rlióne, pag. 9.
DE STEF. e PAN FAN., Moli, plioc. di Siena, pag. 104.
BRL'GN., Conch. plioc. Caltanisetta, pag. 106.
COPI'., Paleont. modcn., pag. 3i.
Non lio riferita la citazione del Bucc. tarhi iteli um Riss. (Fred. Etirop. Mérid-,
pag. 102, tav. VII, fig. 91), che il Bronn riguardò come identico alla specie da
lui così bene descritta col nome di B. serraticosta, perchè la figura del Eisso, ab-
benchè imperfetta, rappresenta un fossile certamente diverso specialmente per Tinter-
328 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
ruzione delle costicine trasversali nei solchi interposti alle coste longitudinali, carattere
questo che aveva indotto il Sisnionda a inferire a questa specie del Bronn la forma
che è stata precedentemente descritta col nome di X. prodttcta. Bell. : la descrizione
che il Bronn ha fatta della sua specie corrisponde così bene coi caratteri del fossile
di cui qui si discorre, che non può sorgere dubbio a questo riguardo.
La natura delle costicine o strie trasversali assegnate da Bronn alla sua specie
[striis transversis continuis, Bronn), è in opposizione con quanto si osserva nella
figura del Kisso e nel fossile descritto col nome di JV. productn Bell.
Non ho parimente riferita la citazione delle opere di M. Hoernes, e di K. Hoernes
e Auinger in quanto si riferiscono alla JV. serraticosta Bronn, perchè la forma descritta
e figurata da M. Hoernes è certamente diversa da quella del Bronn, come non mi fu
difficile il riconoscere comparando la figura data dall'Hoemes M. colla forma tipica
del Bronn e paragonando un esemplare delle vicinanze di Vienna inviatomi con quel
nome dal sig. Fuchs, il quale esemplare conisponde benissimo alla figura precitata
dell'Hoernes M.
Le differenze che vi ho riscontrato sono le seguenti : 1 ° nella N. serraticosta Bronn,
che è comunissima nelle sabbie gialle del pliocene superiore dei Colli astesi, la forma
è più lunga e più stretta; 2° gli anfratti sono meno convessi e perciò le suture meno
profonde; :>" le coste longitudinali quasi sempre contigue sui successivi anfratti e più
ottundate ; 4° le costicine trasversali più numerose , più grosse e separate da coste
molto più strette.
La forma viennese è molto affine a quella precedentemente descritta col nome di
JV'. Catulh Bell.
Miocene medio : Colli torinesi, Sciolze, raro ; Coli. Michelotti.
Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli.
Kovasenda.
Pliocene inferiore: Zinola, presso Savona, Albenga-vallone Torsero, Ventimiglia,
non raro; Coli, del Museo.
Miocene superiore: Colli astesi. Valle Andona . ecc. : Colli biellesi , Masserano :
ViUalvemia presso Tortona, regione Fontanili e Braja, frequente: Coli, del Museo.
143. Nassa Fischer! Beli..
Tav. VII, fig. H (a. b, e).
Dislìn^uunl hanc speriem a S. xerralicosla ( Bronn) sequenles notae:
Testa minor. - Anfraclus postice depressi. - Costae lonfìitudinalfi» numerosiores, \ì, majores,
olìlusiorrs, ab intcrsliliis anf)ustiorihiis si'jiaralae, leviler ohiiqiiae: loshdae Iransversae minorn,
ah inlrrsliliis lalioribiis sejutratae. - Labrum sinistrum ma(ji$ iucrassattim.
Long. 4 mm. : Lat. ì mm. S
Miocene medio: Colli torinesi, Grangia, rarissimo; Coli. Rovaaenda.
)
descritti da l. bkllardt 329
144. Nassa textilis Beli..
Tav. VII, fig. 13 (o, h, e).
Distinguunl hanc speciein a N. serraUcosla (Bronn) sequentes nolae :
Spira brevior, magis aperta. - Anfraclus magis convexi. - Coslae longitudinales majores,
obtiisiores, ah inteistiliis anguslioribus separalae: cnstulae transversae pauciores , a iukis lalioribus
separatae. - Rima latior, a labiis subnullis circumscripta, vix revoluta.
Long. 7 '/) rara : Lai. 4 mm.
VarieU A.
Anfractus ullimus hivaricosus. - Coslae longitudinales minores, numerosiores, i 5.
Long. 7 mm. : Lai. 4 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo
145 Nassa impar Bell.
Tav. VII, fip. 14 (a, 4, e).
Dìslinguunt hanc speciem a N. serraticosla (Bronn) sequenles nolae:
Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Cosliilae tratisversae numerosiores , 12, mae-
quales, in parie media ullimi anfractus nonnullae majores, antice et praeserlim postice minorei. -
Os amplius; labrum sinistrum magis arcualum.
Long. 6 mm. : Lai. 3 '/i mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze. non raro; Coli. Rovasenda.
146. Nassa cavata Hell
Tav. VII, fig. 15 (a, h, e).
Dislingiiunl hanc speciem a N. serraUcosla (Bronn) sequenles nolae;
Spira magis aperta. - Anfractus pauciores, 4, a suturis profuniliorilms .<ìeparati. - Coslae
longitudinales minores, compressae, ab intcrsliliis lalioribus separatile : roslulae transversae pau-
ciores, 5 »rt primis et in mediis anfranclubus, 9 ih ultimo, filiformes, a sulcis lalissiinis separalae,
in intersecatione costaruin longitudinalium subspinosae. - Os brevius , nrbiculare: rima a labiis
subnullis circumscripta.
Long. 8 '/a ram. : Lai. 4 mm.
1868. yassa strraticosla KOREST., Calai. Moli. plioc. Bologtt., pag. 44.
I87(i. Id. id. FOREST., Centi, geol. e paleoni. plioc. ant. Castrocaro, pag. SO.
Miocene superiore: Tetti Sorelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo.
Serik 11. Tom. XXXIV. 's
330 I MOLLUSCHI BEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
1 i7. Nassa torbicula (May).
Dislinguunl hanc speciem a -V. serraiicosta (Bronn) sequenles nolae :
Testa turrita: spira longior. - Anfractas hreviores, praesertim uUimus, a suturis multo ma{/is
profundis separati. - Coslae longiludinales numerosiores , li, compressae . subaculae, prope
suluram poslicam subtruncalae : costulae transversae minores, pauciores , ab interstiliis multo
laiioribus separutae. - Os breve, suborbiculares.
Long. 6 '/« mm. : Lai. 4 '/« •uni-
1873. Buccinum tuniculum .MAY., Joum.de Concfi., voi. XXI, pag 29l, lav. X, fig. 5.
Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo : Coli, del Museo di Zu-
rigo (Prof. Mayer).
U8. Nassa Jani (May.).
Dislinguunl hanc speciem a N. lurricula [May.) sequenles nolae :
Anfraclus non postice depressi: suturae minus profundae. - Costae longiludinales majores,
paueiores, 10, vbtusiores, ad suluram posticam productae: coslulae transversae majores, ab
interslitii.'! angustioribus separatae. - Labrum sinistrnm vmgis incrassalum , plicae internai' majores.
Long. 6 '/> !"•"■ ■■ Lat. 4 '/, mni.
18*3. Buccinum Jani .M.\Y., Journ.de Conch., voi XXI, pa^-. 150, tav. VI, fip. 6.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo di Zurigo
(Prof. Mayer).
149. Nassa quadrisebialis (Bon.).
Tav. VII, fip. 16 (<i, é, r).
Tesla turrita: spira longa, medio subinflala. - Anfraclus vix convexi, contro suluram
posticam depressi; ullimus «/j lolius longiluilinis vix supcrans. - Coslae longiludinales angustae,
compressae , obliquae, reclae, ah inler.itiliis lalis separatae, in ultimo anfractu aniice suhsinuosae,
coslulae lransver.<ae in primis el mediis anfraclubus 4 perspicuae, in ullimo 8, postica in
intersecatione coslarum lonyiludinalium subcoronalae , secunda et terlia poslicae latae, complauatae,
ceterae mimttae. omiies conlinuae .'iuper rosla^ lonQÌludìnales el in intcìslilia decurrentes, in inlerse-
calione coslarum longilndinalium subaculae. - Os orbiculare : labrum siiiislrum arcuaiuni, exlerius
tn/Ia(um, inlerius pluri-plìcalum: columella arcuala: rima a labiis subnuilis circumscripla.
Long. 8 mm. : Lat. 4 mm.
BON., Cidi, del iVnseo.
MICIITTI., Geogn.Ans.ltrt.Bild.l^cdm., pag 39«.
E. SIS.MD., Syn., pag. 40.
K. SISMO., Sijn.. 9 e,l., pag. Ì9.
l)'ORH., Prodi:, voi. Ili, pag. 85.
sub(juadrangularis DODEIU,., Crnn. geol.lerr. mine. sup. Ital.ctnlr., pag. 105.
KOREST., Marn.dì S> Luca e di l'adirnu, pag. 5.
(ìli esemplari dell'attuale collezione del Brocchi che mi furono comunicati dalla
Direzione del Museo civico col nome di Buccinum virrucosum Brocch.. corrispondono
Buccinum i/uadriseriate
1838.
Id. id.
18IÌ
Id. id.
184-.
JVaisa (juiulìiserialis
1859.
Id. id
? 1864
Id. suhquadrang
1878.
Id. id.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 331
esattamente con quelli qui descritti : ma la descrizione data dal Brocchi del suo
Buccinuni verrucosum collima perfettamente coi caratteri della specie seguente, cosi che
io credo che nell'attuale collezione del Brocchi sia avvenuto uno scambio di schede.
Nella quale credenza mi confermano le costicine trasversali mediane della forma qui
descritta, appiattite e foggiate a benda, le quali certamente non sarebbero sfuggite
all'occhio del celebre paleontologo e delle quali non è fatto cenno nella descrizione
del suo Bticcinum verrucosum.
Miocene stiperiore: Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, non raro: Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti: Vezza presso Alba: Zinola presso Savona,
Albenga-vallone Torsero, non frequente ; Coli, del Museo.
<50. Nassa verrucosa (Brocch.).
Tav. VII, fig. 17 {a, b, e).
Distinguunl hanc specieni a N. quadriserialis (Bori.) sequentes iiolae:
Testa major, iuftala: spira brevior, maois aperta. - Anfraelus moffis, cnnvexi. non postica
deprensi. - Cntlac longiluilhiales numem.iiores, 15, waqis obliquae , ab interstitiii angustioribus
separatae : coslulae Iransversae wagis promiiienles. angustiores , subwriforines. - Labrum dexterum
ruguliisum.
Long. 9 mm. : Lai. 6 mm.
1814. Bucrinum veìrmosiim BROCCH., Covch.foss.sHb., pag C50.
HORS., Oria pieni., I, pag 40.
E. SISMO., Sijn., pag. 41.
MICHTTl., Foss.mioc, pag. il3, lav. XIII, fig. 4.
E.SISMD., Syn.. ì ed., pag. i9.
D'ORB., Prorfr., voi 111, pag. 84.
DODERL., Cetili, geol. teir. mioc.sup. Ital. merid., pag. 105.
COCC, Enum.Sist. Moli, mior.e ptwc.Parm.e Piac, pag. 81.
COPP., Palcoiit. mndcii.. pag. 33.
Varietà A.
Tav. VII, fig. 18 {</, b, e).
Costae loìigitu(tina!es pauciores, \i. tninores. ab inlentitiis latioribus separatae.
Long. 9 mm. : Lai. 5 '/j mni.
Varietà B.
Costae longitudinale s minulae, numerosiores , praesertim in ultimo anfraclu, 22 ; cottulae
Iramversae et ipsae minores, ab interstiliis latioribus separatae.
Long. 8 mm. : Lai. 5 mm.
La descrizione che il Brocchi ha fatta del suo B. verrucosum, come già accennai
a proposito della specie precedente, collima così bene coi caratteri dei fossili torto-
nesi pubblicati dal Borson col nome di N. granularix e figui-ati collo stesso nome
dal Sig. Cav. Michelotti. che non può sorgere dubbio sulla identità di questi con
1820.
Nassa
ijrannlaris
1842.
Buccinum granulari'
1847.
A'*t.((i
granularis
1847.
Ili.
id
1852.
Ili.
id.
1864,
r,i.
ul.
1873.
id.
verrucosa
1881.
id.
granularis
332 1 MOLIAISCHI UEI lEKKENl TEKZlAKll DEL l'IEMONTE ECC.
quelli descritti dal Brocchi. Il Brocchi riferi il suo B. verrucosum ad una forma
affine, ma non identica, vivente neirAdriatico. poiché la forma fossile ijui dcicritta
manca nei mari attuali.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, S" Agata-fossili, non raro: Coli,
del Museo.
37' Serie.
Nucleus emhrionalis parvulus, brevis, obtusus. - Testa parvula, subfusi formis:
spira medio infiala. - Anfractus convexi ; ultitmis dimidiam longitudinem subae-
quans. - Supcrfìcies tota longitudinaliter et transverse crebre costellata. - Os
subovale; labrum sinistrimi subarcnatum, incrussatum, variciforme; labrum dexterum
non, vel vix, postice ultra os productum : colmneUa arcuata : rima suhtrrnrinalis,
a tabiis subnullis circumscripta, non postice rnnd li culata.
Ho separato dalle forme della precedente serie la specie che rappresenta la serie
attuale pei seguenti caratteri: 1° per la sua foi-rna ovato-fusoidea, la ipiale proviene
dalla poca depressione anteriore dell' ultimo anfratto e dalla gonfiezza della spira :
2° per la forma dell'intaglio, il quale è quasi slabbrato; 3° e per la mancanza della
depressione più o meno profonda che accompagna posteriormente lintaglio nelle forme
della serie precedente.
151. Nass.ìi asperata Cocc.
Tav. VII, fi-. 19 (rt, i, e).
Testa ovata snbfnsifnrmis: spira mcilio iiillala. - Anfraclus aniice levita- infiali , poslice
depiesuiusculi ; ullimus ^/. lolius longiludinis suhaequans, aniice parum depressus. - Cosluiae
longiludinaies minutae, crebrae, ab interslitii.t anguslis separalae, in primis H mediis anfrai-lubus
subaicualae, in ultimo subfiinnosae, plerumquc 25: cosluiae Iransversae coslulax longiludinaies
subaequantes, a sidro (inguslo separalae. conlinuae, super coslulas longiludinaies ol in inler-
slilia decurrenles. - Os ovate; labrum sinislrum suharcualum, exlerius incrassalum, interius
minule plicaluni; labrum dexliTum poslice unipiicaliini.
Long. 8 mm. : Lai. 4 min.
7 1854. liuccinum cimcx l'ONZ., Foss. .ìlonte .i/mio, lav. II, lig. 16 (ioed.).
1873. Nassa asperata COCC, Enum.sist. Mnll.miac.e plioc. Parm. e Piac, pag. 81. lav, II, 6(;. ^■4.
? 1875. Buccinum cimcx PONZ., Cronac.siibapenn., pag. 14.
187.'>. Nassa aspcrata SEGUENZ., Furin. pliin. Ital.merid., pa;,-. 276.
? 1880. . /(/. aspcrulata COI'l'., Terr.'l'ah. Modin.. pa},'- •O.
1881 Iti. asperata COI'l'., Paleaitl. moilcn., \>af,.'.Vi.
? 1S8Ì. *uccinum aj/zmifum R. HOEUN. el .M. AUI.NG. Gast.mioe Oesier.-Ung. Monarch., pag. 139, lav Mll,
fife'. 40.
Varietà A.
Testa hrevior, ventrosiur.
Long. 7 mm.: Lai. i mm.
187;i Buiiiiium secticosta MAY., Jouni.de Condì., \ul. \XI. pa)(. j88, Uv. X, fig.9.
DESCRITTI DA L. BELLARDl 333
Variria B.
Testa turrita: Sfìira longior. - Anfraclux ullimiis brc-vior.
Long. 7 min. : Lai. 3 '/a ""n.
Cito con dubbio la forma tìgiirata dai signori K. Hoernes e Auinger. la quale,
se corrisponde esattamente alla figura, mi pare differire notevolmente dalla vera N.
asperatii. Cocc. per la sua forma più raccorciata, per la bocca quasi orbicolare, ed
in particolar modo ])p.r le coste longitudinali molto più grosse e più ottuse e molto
minori iji numero.
Pliocene inferiore: Zinola, presso Savona, Albenga-vallone Torsero, Ventimiglia,
raro ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, ecc., molto frequente: Coli, del
Museo.
Varietà A. — Mioei-ne medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese. raro: (_^nll. Ro-
vasenda.
Pliocene superiore : Villalvernia, regione Fontanili . presso Tortona . non raro :
Coli, del Museo.
Varietà B. ■ — Pliocene superiore: Colli biellesi, Masserano: Villalvernia, regione
Fontanili, non frequente ; Coli, del Museo.
38' iierie.
Nucleus cmbrionalis brevis, latus, obtusus. - Testa parvula sub fusi f'ormis. -
Anfractus vix convexi: ultimus dimidi/tm longitudinem nequans, vel subacquans. -
Superfìcies tota longitudinnAiter costata et trnnsverse costellata. - Os orale; labrum
sinistrum subarcuatmn, parum incrassatmn, intcriiis plicatwm; labrum dexterum non,
vel vix, ultra os productum : columella subarcuata : rima subternìinalis, magis lata
quam profunda, a labiis longis et in caudam brevem sed disfinctam obiiquam pro-
ductis circumscripta, non posfice canaliculata.
Dalle forme che baniio il nucleo embrionale egualmente foggiato che in queste,
le specie della presente serie sono distinte per l'intaglio più distintamente terminale,
(luasi punto rivolto airindietro, ed in particolar modo dalla lunghezza notevolmente
maggiore delle labbra dalle quali è terminato, e che danno luogo ad una specie di
breve coda, oltre alle altre particolarità minori notate nella diagnosi della serie.
152. Nas.sa subcaudata Iìell.
Tav. VII, fig. 90 [a, b, e).
Tesla suhfusifdimis. - Aniraclus ulliinii* aulici- pnrum di'prrssus , vonlre non inflatus,
iongus, fiiniiiliam longilndineiii subap(niiins. - Coslae longituilinalos pnrvulae , irehrae, ab
inlerstitiis anguslis separalae. in primi.i el meiliis anfractubus rectae, in uHimo subrectae, obliquae,
334 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEI. PIEMONTE ECC.
plcrumque 30: costulae transversae roslas ìoiirjiindinalcx auliaeguantes , a sulcis angiistis
separalae, 6 in primis et inediis anfracluhus pers()icuae. ri in ullinio; coslula Iransversa
ulliiua poslerior major, per sulcitm aliis laliorcm a cuslula pi-nuUima separala. - Os ovali-
elongatum, postice aiignslalum ; labrum sinislrnm poslice ileprossum, anlice leviler dilalatum,
incrasxatinn , inlorius plnri - plicalum ; labriun ik-xleriim panilo et nubuniformilfr ultra os
prodiictiim.
Long. 12 mm. : Lai. (i mm.
Varici^ \.
Testa minor: spira iìrrvinr. maqis aperta. - Contai' Innqitudinales pauciores. 25. majores. -
Rima a lahiis brevioribiis circumscripta.
Long. 9 '/s '""^- • ^^^- ^ """•
Questa forma e le altre della presente serie sono affini ))ci loro caratteri generali
a quella che l'Hoernes riferi alla N. costulata Brocch. e che giustamente distbise con
nome propiio il Sig. Prof. Mayer. La forma di Baden presso Vienna è certamente
diversa da quella surriferita del Brocchi, la quale sarà appresso descritta col nome
di N. aprnninirii (May.), e differisce pure da quelle di (luesta serie per la natura
dei suoi ornamenti superficiali, come è facile di riconoscere, osservando in ispecial modo
la natura, il numero dei solchettini trasversali di queste ultime disegnati nella tar. VII,
fig. 20, 21, 22 e 23.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , rarissimo ; Coli. Alichelotti.
153. Nassa diversa Bell.
Tav. VII, tìg. 21 (a, b, e).
Dislinguunt liane speciem a N. subcaiidala Bell, sequenles nolae:
Anfractus ultimus brevior - Costae longitudinales, majores, pauciores, 18 in ultimo anfractu,
lotae rectae: costulae transversae minus promineiites, a sulcis angustioribus et minus profundis
separatac, plerumque 6 in primis et meiliis anfractubus perspicuae, 25 in ultimo. - Os postice
minus angustatum : culumella magis profunde ercarala .
Long. Il mm. : Lai. o mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo.
154. Nassa sobrina Bell.
Tav. VII. Ii(,'. 52 (n, A, e).
Uislinguunl hanc speciem a N. subcaudata Bell, sequenles nolae:
Testa minor: spira magis acuta. - Anfractus ultimus anticc magis depressus , brevior. -
Costae Iniigihidinales majores, pauciores, 18 in ultimo anfractu, ab interxtiliis latioribus separalae,
rectae, nblignae: costulae transversae minores, nnmero'iiores, super costas lungitudinales vix notalae,
ab inter.'tiitiis angustioribus et minus profundis separalae; ultima postica vi.r major, a penultima
per sulcum vix aliis latiorem separata. - Os brevius.
Lon;;. 9 mm. : Lai. 5 V,, nim.
Miocene medio: Colli torinesi. Baldissero-torinese. rarissimo: Coli, del Museo.
I
descritti da l. bella rdi 335-
155. Nassa cognatella Bell.
Tav. VII, %. 23 (a, b, e).
Dislinguunl hanc speciem a N. subcaudata Bell, sequenles nolae:
Nucleus embrionalis viinus ubliisus. - Tesln minor. - Anfraclus breviores. - Costae ìongi-
tudinales pauciores, 23 in ultimo anfraclu, magis prominentes, rectae, in axim testae productae:
costulae transversae in primis et mediis nnfracdibns et in parie postica ultimi a sulco angusto
separata», vix nolnlac, in parte antica uUiini anfractus melius distinctae, angusiiores, super costas
longiludinales decurrentes. - Os magis longnm , minus latum ; labrum sinistrum regulariter
arciiatum: columella medio minus excavata.
Long. 9 mm. : Lai. 4 'j., mni.
Miocene medio : Colli torinesi , Bersasco, raro ; Coli. Rovasenda.
i56. Nassa simclans Bkll.
Tav. VII, li;;. ìi (a, I,, ,).
Dislinguutil lianr, speciem a .V. snhraudala Bell, .sequenles nolae:
Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Coslae limgitudinales pauciores , 20 in ultimo
anfrarla, compressae, magis prominentes, ab inlerslitiis latioribus separatile, in ultimo- anfraclu
cantra suluram posticam subdentntae : coaliilae transversae minus prominentes, compia nntne, 6 in
primis et mediis anfraclubus pcrspicuae , \'^ in ultimo, a sulcis angustioribus et minus jn-ofundis
separatae; sulcus posticus angmtìor et magis profundus. - Osavate: labrum sinistrum regulariter
subarcuatum, non puslice depressum ner, antice dilatatum : columella magis profunde excavata:
rima a labiis brevioribus r.ircumscripta.
Long. 8 '/j, min. : Lai. i '/» """•
Miocene medio : Colli torinesi , Bersano , raro ; Coli. Rovasenda.
39" Serie.
Nucleus embrionalis brevis, latus, obtusus. - Anfractus ultimus dimidiam lon-
gitudinem suhaequans. - Siiper/ìcies longitudinaliter costata et transverse costuìata;
costae longitudinales prope suturam posticnm a sulco latiusculo interritptae. - Os
subovale; labrum sinistrum arcnatum varicosum; labrum dexterum jiostice ultra
OS breviter productum: columella subarcuata, profunde excavata: rima sublateralis,
a labiis brevibus, vix reflexis, circumscripta, non postice canaliculata.
La posizione laterale dell'intaglio, la brevità delle sue labbra, la maggior incur-
vatura del labbro sinistro e la specie di denticino in cui si rialzano presso la sutura
posteriore le coste longitudinali, sono le note che distinguono questa serie dalla precedente.
157. Nassa inaequalis Bell.
Tav. vili, fiy. 1 («, i, ( ).
Testa sublurrila: spira salis aperta. - Anfraclus vix convexi; ultimus venlrosus, antice
satis depressus, dimidia longitudine vi.t brevior : spira parum acuta. - Coslae longiludinales
33R 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
pleninique t4 in ullinio anfraclii, prope tnaroinem aris nbanlelae. ri>l vix conim suluram poslicam
nolatae, omiies compressae, promineiitcs, ab intersliliis talis H profundis si-paraiae, rectae, leviter
obliquae, prope suluram poslicam a sulco minuto interruplae. - ()s siibnrbiculare; labrurn sìnislrum
anlice dilalatum: coluinclla medio profunde excavala.
Lonp;. S mm. : Lai. 4 "/a "•'"•
Miocene inferiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, frequente; Coli, del
Museo e Rovasenda.
Pliocene inferiore: Vezza, presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo.
158. Nassa exscui.pta Bell.
Tav Vili, lig. 2 (a, b, e).
Disliiiguuiil liane speciein a iV. inaeqnalis Bell, sequenles nolae :
Testa minor, crassiur. - Coslae lonqitndinales usque cimlra varicem labri sinistri produclae,
compressae : eoslulae Iransoersae pauciures, majores, complanatae, a sulcis latinribus separatae.
- Os brevias, suborbicnhire ; labrum sinistrum magis nrcualum.
Long, (j '/o """• • '^^ ^ '/» "•'"•
Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, frequente; Coli, del
Museo e Rovasenda.
159. Nassa diademata Bell.
Tav. Vili, fig. :? ,.i, h, .).
Oìslìnguunt hanc speciem a iV. inaequalis Bell, sequenles nolae:
Nucleus embrionalis major, brevior , mngis oblusus. - Sulitrae siibcanalieMlatae. - Coslae
lonijiludinaìes usque cnnlra varicrm labri sinistri produclae, compressae, pauciores, a siilcis Inlinribui
separalae: custulae transversae pauciores; postica major, magis disi inda, deiUiculala. - Ih brevius
suborbiculare ; labrum sinistrum magis arcuatum.
Long, fi min. : lai. 4 V» '"•"
Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
160. Nassa biarata Rem..
Tav. Vili, fit;. i (a. I>, e).
Dislinguunl hanc speciem a N. iiiaeqnalis Bell sequenles nolae:
Nucleus apicalis minor, minine oblusus. - Snturae snb'-analieulalac. - Costai' longiludinaUs
17, usque cnvlra varicem hibn sinistri produclae, panrinres. a sulcis hitioribus separalop : prope
nUuram poslicam n suhis duobus inlerruptae, ibi ilentifiirmes: eoslulae transversae pnnriores, a
sulcis angnstioribus separatae, complanatae, in ventre anl'ractuum subnbsoliflae, in parie amica
ultimi anfractus numerosae, minulae, ab inlersliliis latis separatae.
Long. 7 min. : lai. 4 mm.
Miocene superiore: 'l'etti Eorelli. presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli.
Kovasenda.
DESCRITTI DA L. BELLARDl 337
40» Serie.
Nucleus emhrioìialis magnus , ohtiisus. - Testa subovaia: spira longiuscula ,
rrrsus apiceni inflata. - Anfractus ultimiis dimiclia ìongitudine hrevior. - Super-
ficies loìigituiìiruditer costata et transverse silicata : costae longitudinales prope su-
tiiraììi post/cnni. a sulco transverso interrtiptae et denti formes. - Os ovale ; ìahmm
slnistruìn arcuatum, incrassatum, interius pluri-plicatum ; labrum dexterum ultra
OS productum, praesertim postice, laeve : columella anticc profunde excavata : rima
a lahiis hrevihus circumscripta , suhinteralis.
Distinguono la forma rappresentante questa serie da quelle della precedente e
della seguente, alle quali è collegata per la natura dei suoi ornamenti superficiali,
i seguenti caratteri: 1° la maggior lunghezza dell'ultimo anfratto per rispetto a quella
della spira ; 2° la forma arcata del labbro sinistro; 3' la brevità delle labbra che
circoscrivono l'intaglio; 4" la posizione più laterale dell'intaglio; 5° e soprattutto la
dilatazione del labbro destro.
161. Nassa pinnata Bell.
Tav. XI, lij,'. 8 (a, b).
Tesla ovaio- lunila : spira scalarnta. - Anfraclus vix conve.vi; ullimus dimidia loiigi-
tuiiine paruri) hrevior.- sulurae suliraiiaUcuInlae. - Coslae longitudinales compressae, subaculae,
vix obliquae, ab inlersliliis Intis separalae , versus os obsolclue, proiie suturam posticam pinnae-
t'ormes ; sulci transversi pauci, in primis anfrnclubus distincli , in inediis vix notali, in venire
ullimi obsoleti i sulcus poslicus major jìrope suluram poslicam dccurrens latus et profumlus;
pars aulica ullimi anfractus tota transverse sulcala ; sulci profundi, lati, ab inlersliliis lalis
separali. - Os ovale; labrum sinistrum ar(^ualum, antice leviter dilataluni; labrum dexterum
laeve, regionem umbilicalem magna in parte recumbens, medio parum, poslice late, extensum.
Long. 9 '/« 'nni- Lai. 4 '/„ mm.
Questa forma fu per errore figurata fra quelle della serie 48.
Pliocene inferiore: Zinola presso Savona, raro; Coli, del Museo.
41" Serie.
Nucleus embrionalis brevis, latus, obtusus. - Testa turrita : spira longa. - Su-
perficies longitudinaliter costata et transverse costulata : costae longitudinales prope
suturam posticam a sulco transverso interruptae et dentìformes. - Os subovale; la-
brum sinistrum varicosum, interius pUcatmn ; labrum dexterum non, vel vix, ultra
OS productum, plerumque rugatum: columella jn-ofunde excavata: rima subterminalis^
a labiis longiusculis circumscripta, parum reflexa, postice parum depressa.
Sekie II. Tom. XXXIV. 'x
338
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Nella presente serie la spira è più stretta e più lunga e l'ultimo anfratto è com-
parativamente più breve di quanto osservasi nella serie precedente; inoltre il labbro
sinistro vi è più grosso, variciforme, e quello destro vi è ordinariamente nell'età adulta
guemito di piegbe e di rughe ; la coluinella vi è pure più profondamente incavata e
più contorta, e l'intaglio meno laterale.
IG2. Nassa tlrbinellls (Bhoccu).
Tav. Vili, llg. j [a, b, e.
Nucli'us emlirionnlis mafiiiiis . valilo obtnms. - Ti'sla turrita: spira longa. - Anfraclus
coraplaiiati ; ulliiiius -j^ lolius lonjiiliulini.s acquans, antice valile dfpressitx : sulura postica
marginata, subcanaliculala. - Cosl.ie longiludinali's 14, aiigustae , compressae , prominenles ,
reclae, in parte aulica ultimi anfraclus siiniosar, axi li'slae subparallolae , ah interstitiis latis
sepiralae. poslice. a sulcn prnfuniln s-ctae et in d^nticulum prnmini'nlem producine , inde sulura
postica eleganter coronala. - Os suhovale ; labrum siiiistrum subarcualura; labrum dexleruin
vix et reijulariter ultra o» prndnclum: cokiniella salis escavala.
Long. 1 1 min. : Lai. 5 nini.
1814.
Bucvinum
lurblncìlus
r»3o.
Nassa
coslulata
1827.
Bwcinum
! turbinctius
18-Ì9.
Id.
id.
1831.
Id.
id.
1839.
Id.
id.
1832.
Id
id.
\Mì.
Id.
!d.
1847.
A'assa
lurbinella
1847.
Jd.
ul.
1852.
Id.
id.
1864.
Id
id.
18fi7.
Bucci num
: Itirbincllus
ISOS.
Nassa 1
lurbinella
1869.
Bucci num
turbinellus
1 S70.
^assa 1
'urbinelta
1873
Id.
id.
1873.
Bue ci ti uni
: turbinellus
1874.
Id.
id.
187.5.
.\tissa 1
lurbinella
1875.
Id.
id.
1875.
Buccinum
turbinellus
1876.
Nassa
lurbinella
1877.
Id.
id.
1877.
Id.
ul.
1877.
II.
id.
187S.
Id.
lurbinelhim
1878.
II.
turbi/lilla
1880.
Id.
id.
IHHO.
Id.
• d.
1881.
Id.
"'■
1881.
Id.
id.
BROCCll., Clinch, fnss. sub., pa<;. <;j3, tav. XV, llg. 17.
BOnS.. Oriti, pieni. I, pag. 41, lav I, lig. 13.
SASS., Saijg. ijeul. Bacin. terz. .4lbe»ga. pag. 481.
.M.\15C. DE SERU., Géngn.terr. tcrt., pag. 122.
BnO>i.N, Ital. tcrl.-Ceb., pag. 22.
J.\iN, Calai. Cnneh. foss.. pag. 13.
DESI!., Expèd. se. Morèe Zoo/., pag 197.
E. SISMI), Sijn., png,40.
MlCllTTI., Foss. mioc, pag. 213 (in parte).
E, .Sl.SMD., Sijn. 2 ed,, pag. ,30 ;ii> partc\
D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 85.
DODERL., Cenn.genl. terr. mioc. sup, llal.centr., pag. lO.'i.
PER. DA COST.i Gaster.tcrc.Porl., pag. 100, tav. XIV, lig. 18, 19,
FOREST.. Caini. .Moli. plioc. Botiign. I, pag. 44.
COPF., Calai, ftiss mioc. e plioc. .Mndvn., pag. 24.
BELL, Catal Moli. fnss. Biol, pag. 9.
COCC.Enum S'st Muli. mine, e plioc. Parin. e Piac. pag. 81.
.MAY., S)j.H. l'erz. rtrst. HcU:, paK. .33.
COPP., Calai foss. mio-plioc. Aloden. Colt. Cepp., pag. 2.
SEGUENZ., Form. plioc. Ital. merid., pag. 276.
PANTAN., Jll..4ccad fisiocril. Siena, Voi. VII, pag. 4.
CUESPF.LL., Noi. geni.. Saifiijn., pag. 18.
FOREST., Cenn.genl e paleonl. filine, ani. Cnstrncam, pag 20
I.SS., .-l/ip. palennl. I, pag 21.
DE STEF., Strat.piinc Siena, pag 182.
C.^PELI.., .yiarn.glaueon. Botogn., pag. 405
DE .STEF. e PANTAN., .Moti. plim. Siena, pag. 105.
D^.\Ni^-.. .Mioc. di Ciminna, pag. 7.
SARTOR., Co//. .S" Colombano ed i sani Fnss. I, pag 12.
COPI'., 'leir. lab. .Mothn., pag. IO.
COPP,, Mar/1, turcli. mnden., pag. 14.
COPI'., Paleoiit. mnden., pag. 34,
DESCRITTI DA L. BELLABI)! 339
Varietà h.
Tfsla minor, minus crassa. - Sutiirae miiius profnnrìae. - Coslae longitudinahs minores,
niimerosiores ; denticuli postici minores: coslulae Iransvcrsne. minus prominenles, complanalan.
- Rima a labiis brevioribus circuniscrijila.
Long. 9 min. : Lai. 4 mm.
Varietà B.
Anfraclus ullimus anitre magis depirssus^inde os brevius et snborbicidare. - Labrum dexlerum^
aniice nnituhercniosum, inlerdmn postici' rugulusum.
Long. Il '/a tnm.: Lai. 5 mni.
Varietà 0.
Testa major, rrassior. - Anfraclus iiltimus aniice magis depressus , inde o< snborbiculure.
- Coslae Inniiiludinalei nninerosiores , praeserlim in ìilli<nis a:ifractnbus. - Labrnm sinislrnm
maijis mcrassdtnrn, suliarrnaluni ; labrum ilexterum lolum rugosum: colnmella magis ercavata.
Long. I i inni. : Lai. 7 mni.
Gli esemplari descritti come tipo della specie corrispondono esattamente a quelli
tipici del Brocchi che ebbi occasione di esaminare nella raccolta stessa del Brocchi.
Tanto la forma tipica, quanto quella delle varietà B e C, molto frequenti nei
Colli tortonesi, ])resentano numerose variazioni nella spira più o meno lunga ed aperta
e nel numero più o meno grande delle coste longitudinali.
Ho tralasciato di citare la forma che l'Hoernes M. ed i signori R. Hoernes e M.
Auinger hanno riferito alla presente specie, perchè ne è affatto distinta. La forma dei
dintorni di Vienna ha molta analogia con quelle descritte nella serie 39, ed in par-
ticolar modo colla N. iiiaequalis Brìi., dalla quale differisce soprattutto per la man-
canza nella parte posteriore degli anfratti dei numerosi solchettini proprii della ^V.
hiacqualis Bell, e per la forma della colnmella : si separa inoltre dalla N. fitrbinelliis
Brocch., perchè quest'ultima, della quale ebbi ad esaminare gli esemplari tipici stessi
del Brocchi, ha: 1" una forma più stretta e più lunga; 2" il solco trasversale che
taglia le coste longitudinali, più profondo e le dentellature che gli tengono dietro più
sporgenti e più acute : 3° e perchè tutta la sua superficie è attraversata da sol-
chettini i quali corrono continui sia sulle coste longitudinali, sia sui solchi che loro
sono interposti.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del
Museo: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda.
Pliocene inferiore : Zinola presso Savona ; Albenga-vallone Torsero , raro ; Coli,
del Museo.
Varietà vL Miocene superiore: Colli tortonesi, S'-* Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
Varietà B. Miocene superiore : Colli tortonesi, S'''' Agata-fossili , Stazzano , fre-
quente; Coli, del Museo: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli,
del Museo e Rovasenda.
Varietà C. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, frequente; Coli,
del Museo.
340
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL V'IEMONTE ECC.
163. Nassa ringens (Don.).
Tav. vili. 6'^. G {a, L e].
Dislint;uunl hanc speciem a A', turbinellns (Brocch.) sequenles nolae:
Testa major, crassior: s/um iiiagis aperta. - Coslae longitudinales numerosiores , ab inler-
stiliis aiuinstioribus separatac: coslulae tranxversae pauciores, magis prominentes, non depressae;
denticuli poetici miiuires. - Os anguslius, ringem; labrum siiiistrnm crassius , depresxum. nbli-
quHtn ; labrum dfxterum antice el postice multiruijaldm, medio plerumque laeve; riiqae, praesertim
anticae. magnae; plirae medianae internae labri sinistri majores: columella medio profundisHme
excavata.
Long. 12 mm. : Lai. (5 '/. "'"i-
Buccinum ritingevs
1840.
Id.
id.
1843.
Id.
id.
1847.
JVassa
ringens
1847.
Id.
r/ìingens
1852.
Id.
id.
1864.
Id.
id.
?1875.
Id.
ringens
18*5.
Id.
id.
1877.
1,1
rhingens
?I878.
Id.
ringens
1881.
Id.
id.
BON., Coli, del Museo.
MICHTT!., Riv. Cast, fiiss., paf;. 24.
E. SISMO., Sgn., pa;;. 40.
MICIITTI., ro.is.mioc., pag. 2l-i.
E. SIS.MD., Sijn., ì 0(1., pay. 2i).
O'OUlt., Prodr., voi. Ili, pay. 85.
DODERL., Cenn.geol. terr.mivc.sujì. llal.cenlr.. pag. 105 [cut. sgnon.^
SElUlENZ., Form.plioi: hal.meìid.. pap. 276.
PANT.VN., .-III. Jccad.fi.uocrit. Siena, voi. VII, pag. 4.
DE STEF., .Slrat.pìiiic. Siena, pag. 251, 252.
DE STEF. e PANTAN., .ìfolt.plioe. Siena, pag. 105.
COl'P., Paleant. moden., pag. 37.
Varietà A (an .'ipccles (lisllngiienda ?).
Testo perlonga: spira minus aperta. - Anfractus ultimi longitudinaliter ecoslati. - Columella
minus excavata.
Long. 17 mui.: Lai. 7 inni.
Miocene superiore : Colli tortonesi , S'* Agata-fossili , Stazzano , frequente : Coli,
del Museo.
Varietà A. Miocene siqìcriore: Colli tortonesi, S'^ Agata-fossili, rarissimo; Coli.
Michelotti.
16i. Nassa aheolata Bkll.
TaN. vili, lig. 8 («, b, e).
Tesili turrita, rentrosa: spira paruin acuta. - Anfractus couvexi ; uitìmus dìniìdìa lon-
gitudine brevior, inflatus, anlice vaide dcpressus: sulurac profundae, auguste caualicnlatar.
- (lostae ionjiitudinaics minulae, cnstulas transversas .siifeac^i/ontcA', 30-3!>, subsinuosae, icviler
oblìipiac^; druiiculi postici minimi: coslulae Iransversac parvulae, ab iuterstitiis lalinsrulis .■<epa-
ralae, complanalae , subuuiformes, coulinuae, costas longitudinales decussanles, inde superfiries
minute, rlrgauter el subregulariter clathrata; sulcus posticus l'i.r aliis latior el profundinr. -
Os suborbicularo ; labrum sinistruni subarcualuni, paruni inllaluni, inlerins pluri-plicatun) :
plicae subuniformes ; labrum dcxlcrum Inium ruiiulosum: columella mtfdio profunde exravala:
rima a labiis brevibus circumscripla.
LonK. 15 mm. : Lui. 9 mm
DESCRITTI DA L. BELLARDI S41
Variet* A.
Spira Innfjinr, vniins aperta. - Anfrarliis minus convexi.
Long. 16 min.: Lai. 7 mm.
Miocene superiore : Colli tortonesi, S'' Agata-fossili , frequente . Stazzano , raro ;
Coli, del Museo e Michelotti.
165. Nassa taurinensis (May.).
» Testa ovaio- conila, solidula, coslis loiuiiludiiialibus obliquis, arcualis, sulcisque traiisversis,
» creherrimis, rcgnlaribiis : spira acuta: anfractiibus 6, convexo-planis, sutura profunda xeparnlis,
» illa regione sulio snccinctis; ultimo spira pania majorp, panlnm convexo; apertura majnscula,
» ovata, in canalem lalum, brevissimum desinente ; ladro incrassalo , ititus suleato ; calln labri
» dexteri angusto « .
Long. 11 min.. Lai. 7 mm.
1861. Biiccinum taurinense MAY., Journ. ile Conch., voi. I.\, pag. 37i, lav. XV, fig. 8.
Mi limito a rifeiire per questa forma la descrizione che ne ha data il sig. Prof.
Mayer, non avendo avuto sott 'occhio l'esemplare tipico che probabilmente andò perduto,
né avendo trovato nei Colli torinesi forma che vi si. possa riferire.
Egli è dietro l'analogia di questa forma colla N. turhinellus (Brocch.), indicata
dal sig. Prof. Mayer, che io la colloco provvisoriamente in questa serie, abbenchè se
ne allontani per la figura della sua bocca ed in particolar modo per la forma stretta
ed acuminata del suo nucleo embrionale.
Miocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, rarissimo; Coli, del Museo di
Zurigo (Prof. Mayer).
42" Serie.
Nucleus emhrionalis brevis, latus, ohtusus. - Testa turrita : spira longa. - An-
fractus paruni convexi ; ultimus dimidia loìiffitudine hrevior. - Sitperfìcies ìoiigitu-
dinaliter costata et transverse minute costulata : costae ìongitudinaìes prope suturarti
posticam a sulco transverso interruptae. - Os amplum, postice angustatum ; labrum
sinistrimi simplex, postice depressum , anticc dilatatum ; labrum dexterum vix et
regularitcr ultra os producttim, laeve : columella anticc profunde excavata, valde
contorta: rima terminalis, lata, paruni prof unda, a labiis brevissimis circum scripta,
postice non canalirKÌaftì,
Abbenchè la forma che rappresenta questa serie, sia molto affine a quella della
precedente, se ne può tuttavia agevolmente distinguere pei seguenti caratteri : 1° spira
più aperta; 2" labbro sinistro sottile; 3° mancanza di rughe sul labbro destro ; 4" ed
in particolar modo labbra che circoscrivono l'intaglio molto più brevi.
342
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
166. Nassa pebpulchra Bell.
T.1V. vili, fig. 13 {a, b. e].
Testa turrito: spira longa, polijfjynila, ad aiìicem valde acuta, dein magix apeila. - An-
fraclus parum convexi; ullimiis brevis, dimidia lon;;iludine brrvior. venlrosus. anlice valde
depressus. - Coslaft lon;iiUiilinalps rrohrac , rompi essnc. suìmrntae , siimnxae , in /)r/»ii< an-
fiaclubus ab iiilerstiliis anijiislis separala!', in iillimiii inler se manis ilisUintes, omiins pvope >.utiiiam
posticam a carina subintcrruplac et dcnliculntae : coslulae Iransversae crebrae. ab irilersliliis
anguslis separalae, conlinuao, xnper cn^las lougituiìinalcs di-nirrcntes, stibunifurmex. - Os brove,
lalum, pnslice amjuslaUnn: labrum sinislrum medio dilatnlntn, simplex, inlcrius laeve; labrum
dexlerum laeve: columella anlice profunde excavala: rima lata, profmida, stibfilabiata.
Lon^. lo rum. : Lai. 8 mm.
184'7. iVassa turbi/iella MIC.IITTI., Foss.miuc, pag. 213 (in parie).
1847. /(/. id. K. SISMO., Sijn.. 2 ed., pa^^ «) (in parie).
Varietà A.
Costulae ìomiitudinales in omnibus anfractnbus numerosiores, minores.
Long. 10 mm. : Lai. S mm.
Varietà B.
Coslulae longiluilinales in primis aiifiacluhus obsoletae.
Long. 16 '/« inni.: Lai. 9 mm. ^
Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fourìl , Baldissero-torinese . Val Ceppi, non
frequente ; Coli, del Museo e Micbelotti.
Pliocene superiore : Colli tortonesi ; S'" Agata-fossili, rarissimo ; Coli, del Museo.
Varietà A e B. Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi ,
non frequente: Coli, del Museo.
43» Serie.
Nucleus emhrionaìis brevis, latus, ohtusus. - Testa suhovata : spira hrevis. -
Anfractus convexi ; ultimus dimidia longitudini' plerumque Inngior , ventrosus. -
Superficies tota, vel in parte, longitud inai iter costata, tota transversr costuhita. - Os
amplum ; labrum sinistrum simplex, interitis plicatum ; labrum dcxtrnuìi plus mi-
nusve et iiniformiter ultra os productum, laeve; columella arcuata: rima subter-
minalis, lata, parum profunda, a labiis brevibtis circumscripta. non postice rana-
liculuta.
1/ angolo spirale, in confronto con quello delle forme inscritte nelle serie affini ,
poco acuto; la brevità, della spira, e perciò la forma generale più o meno rigonfia;
ed in particolar modo la natura degli ornamenti superficiali e la notevole larghezza
dell'intaglio, danno alle forme di questa serio una fisionomia loro propria.
descritti da l. bellardi 34s
167. Nassa subquadrangularis Michtti.
Tav. Vili, fi};. 10 {a, b, e).
Spira medio subindala. - Anl'ractus valde convexi ; ulliraus diraidiara longiludinem
aequans, ventrosus, anlice valdc depressus. - Coslae loiigitudinales numerusae , iS-'iO in
ulliino anlVaclii, minulae, custutas Iransversas subaeqnvUes, ab intersliliis latiusculis separalae,
rectae, in ultimo anfractu levller obliqiiae ; coslulae Iransversae et ipsae minulae et ab inter-
slitiis laliasculis separatae, pleruiiKjuc 5 in primis el mediis anfraclubus perspicuae, 12 in
ultimo, coiìliiìitae, costas lunijiludiiìalcs dfcussantes, in liarum intersecalione in pustulam erectae,
inde sujìcrficies eUqaiilp.r clatlirala el pustulifera. - Os ovale ; labrum sìnislrum subarcualum ;
plicae inlernae minulae, unilormes; labrum dexlerum aliqnanto ultra os produclum, prae-
sertim in rcifione meiliana el postica: columelia circuala,
Long. 15 mm. : Lai. 9 '/, mra.
1847. Ncis.ta subquadrangularis MICHTTI., Fosi.mioc, pag. ìli.
? {Slà.Buccinum subquadrangulare R, IIOER.N. Die Fami. Schticis v.Ottnang., pag. 349, tav. XI, flj; 8-10.
Varici» A.
Coslae loiii/ilwlinales in dimilia parte ultimi anfrac'if< labro sinistro contiijua rariores l't
ab intersliliis laliarilius separalae.
Long. 15 mni. : Lai. 9 mm.
Paragonando fra loro la figura della forma che i sigg. R. Hoernes e M. Auinger
hanno riferita alla N. suhquadrangularis Michtti (1. e. tav. XV, fig. 13) con quella
che è in questa monografia disegnata su esemplare tipico dei colli torinesi, apparisce
ovviamente come le due forme sono diflferenti per la natura del guscio, per le dimen-
sioni e sopratutto per la figura della bocca e dell'intaglio.
Nei fossili dei Colli toriue.si il guscio è comparativamente sottile , le dimensioni
maggiori, la bocca piii larga e dilatata anteriormente, il labbro sinistro non inspes-
sito internamente, l'intaglio molto più largo e la maggior concavità della columelia
collocata a metà e non anteriormente, e più regolare.
Per questi motivi ho tralasciato ili riferire nella sinonimia di questa specie l'opera
precitata dei sigg. R. Hoernes e M. Auinger.
Ho invece riferita , con dubbio però , quella della Memoria del sig. R. Hoernes
Die Famifi drs Schìiers ron Ottnang, perchè le figure ivi pubblicate, se non corri-
spondono in tutto e per tutto alla forma tipica della N. subqundrnngiilaris Michtti.
ne dimostrano tuttavia l'intima parentela: né mi so render ragione come figure così
differenti quali sono quelle della Memoria del sig. R. Hoernes e della Monografia dei
sigg. R. Hoernes e M. Auinger, rappresentino forme riferite alla stessa specie.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, Baldissero-torinese, Albugnano, raro;
Coli, del Museo e Michelotti.
344 I MOLLUSCHI DEI TERKENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
168. Nassa cbispa Bf.i.i,.
Tav. Vili, fiR. 13 (a, b, <).
Dislinguunl liane specietii a JV. subquadiangularis MiclUli. sequenles notae:
Spira longior, magis acuta. - Anfractus jioslice depressi; ultimus brevior, antice magis lìe-
pressux: suliirae siibraiiaUculatae. - Costae lungiludinales el coslitlae Iransvemae ab iiiterstitiis
aiiguslioribus separalae; pustidae majores, obtiisai'. - Os brevius, suborbiculare ; labrum siiiistnim
viagis coucavum: columella minus contorta, antice excauata: rima a lubns breoioribvs cir-
cunìscripla.
Long. 14 Vs "111.: Lai. 9 uim.
Per la forma generale e per la leggera depressione degli anfratti, come per la
stretta scanalatura contigua alla sutura posteriore, questa specie forma il passaggio
dalle forme di nuesta serie a quella della seguente.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli. Michelotti.
169. Nassa soror Bell.
Tav. Vili, fig. 12 ;«, i, i).
Dislinguunl liane specieni a ^V. subquadranijularis Michlli. sequenles nolae :
Anfractus mimtn coiivexi ; ultimus antice minus deprcssus. - Co.tlac. Iniifiitmliiinles minores,
numerosiores, ab interstiliis anguslioribus separatae, in ultimo anfraclu ad rimam non proiluclae:
coslulae transversae el ipsae minores, numerosiores, a sulco angusto separatae, 9 in primis an-
fraclubus perspiruae, "22 in ultimo; pustulae ob^olotae, vix jiassim notatac - Os amjilius; plirae
internae labri sinistri minores et numerosiores: rima subterminalis , a labiis brevioribus cir-
cumscripta.
Long. 14 mm. : Lai. 8 '/, nini.
Miocene wedio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli. Michelotti.
170. Nassa cognata Bell.
Tav. Vili, fig. 11 a, b, e).
Dislinguunl hanc speeiem sequenles nolae :
1 . a iV. subquadrangularis Michlli.:
Testa magis infiala: spira brevior, magis aperta. - Anfractus ultimus major, longior, magis
inflatus. - Costae longitudinales minores, numerosiores. obtusae, passim obsolflne, ab interstiliis
anguslis srparalae: costulae transversae et ipsnr minores et numero.fiores, 8 in ullimis anfraclubus
per.ipicuae. 20 in ultimo, depressae, ab inlerstitiis anguslis separatae, in inlersecatione costuiarum
longituilinalium subacutae, rir. pa<isim pusluliferae. - Os amplius; labrum sinistrum nìaffis dila-
tatinn ; lubrum dexterum antice maijis ultra os produclnm: columella magis excavata, magis
contorta.
DESCRITTI DA h. BELLAKDI 345
2. a N. soror Bell.:
Testa magis infiala: spira brevior, magis aperta. - Anfraclus minus convexi; ultimus major,
mayis inflatns. - Os amplius, suborbiculare ; labrum sinistrum magis arcuatum : columella magis
profunde excavata: rima magis laleralis.
Long. Il '/a iiim.: Lai. 8 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, BalcUssero-torinese, rarissimo ; Coli. Michelotti.
ii" Serie.
Nucleus emhrionalis latus, obtusus. - Testa turrita : spira conoidea. - Anfra-
ctus postice depressi , cantra suturai» posticam snbcanal iculati : ultimus dimidia
longitudine brevior. - Superficies lonyifudinaliter costata et transverse costulata. -
Os postice angustatum, antice dilatatum : labrum sinistrum simplex ; labrum dex-
terum laeve, aliquanto et praesertim in regionem niedianam ultra os productum:
columella antice profunde excavata: rima subterminalis, vix reflexa, a lahiis brr-
vissimis circumscripta, postice nec carinata nec canaliculata.
La forma conoidea della spira, la depressione degli anfratti . la scanalatura che
corre contro la sutura posteriore , la depressione del labbro destro e la maggior in-
cavatura della columella collocata nella sua parte anteriore, sono i caratteri pei quali
ho creduto opportuno di isolai-e la forma descritta in questa serie da quelle della
precedente.
171. Nassa clatburella Bef.l.
Tav. vili, Hg. 14 (a, b, e).
Costae longiludinales i» primis anfrarlubus nnllae, rei vix passim nolatae , in ullimis et
mediis angiislae, inlerstitia subaequantes , obliquae, subarcualae : coslulae Iransversae minulae,
uniformes , ab interstiliis angustis separnlae in parie postica anfraclunm, in parie anlica an-
fraclus ullimi 8, (■( ipsae minutae, sed ab interstiliis latioribus separalae, omnes conlinuae super
costas longiludinales et in inter.Hilia decurreiiles , in harum inlersecalione snbgranosae ; coslula
penultima paslica major, ab anterioribus a sidco lato separala. — Labrum sinislrum inlerìus
plurìplicaluin.
Long. 14 mm. : Lai. 8 '/» "ini'
Varietà A.
Costae longiludinales minores, numerosioies. .
L(ing. 13 nini.: Lai. 8 inni.
Varici* B.
Testa loiigior. spira magis acuta. - Coslulae transversae in ultimo anfraclu omnes inler se
aequìdislanles et ab inlersliliis latis separatae.
Long. 1 4 mm. : Lai. 9 mm.
Serie II. Tom. XXXIV. ' u
346 I MOLLUSCHI DEI TERREKI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
VarielA C (an specie.^ distinguenda? .
Testa longior: spira inanis acuta - Coslae longitudinales majores, pauciores, magis obliquae.
- Os magis elongalum, aniice miiuis dilaialiim, ovale.
Lon^. li inni. : Lai. 7 min.
. Varivi! D ^an spccies dislÌD^enda?).
Spira magis acuta. - Aiifractus poslice vix depressi. - Costae longitudinales minores, nu-
mcrosiores. - Os poslice minus auguslalum, snbnrbicnlare.
Long. 12 mni. : L;it. 7 nini.
Confrontando i fossili dei Colli torinesi qui descritti con quelli che il signor R.
Hoernes descrisse e figurò col nome di Bìicclnum Fatili nella pi'ecitata Memoria del
1875, e con quello figurato nella Monografia del 1882 (il quale differisce dai primi
per la natura degli ornati superficiali e che sembi-a per la sua forma generale do-
Tersene separare) non riesce difficile il colpire i caratteri che li separano da quelli
di Ottnang e che si possono riassumere nei seguenti : 1" dimensioni maggiori: 2" spira
più lunga e più acuta ; 3° coste longitudinali rette, meno numerose e separate da
solchi più larglii ; 4 costicine trasversali più piccole e più numerose, particolarmente
in prossimità della sutura; 5" maggior depressione della columella collocata anteriormente.
Miocene medio: Colli torinesi. Sciolze, Baldissero-torinese. Val Ceppi, non fre-
quente; Coli, del Museo. Michelotti e KoTasenda.
45^ Serie.
Nuch'us embrionalis lafus, obtusus. - Te-ita subfusiformis : spira longiuscula.
- Anfractus convexi, elongati; ultimus (ìimixìia longitudine vix brcvior : suturae
profundae. - Superficies ìongitmlinaliter costata et tranverse costulata. - Os ovale;
labrum sinistrum subarcuatum, interius pluri-plicatum ; labrum dexterum parum et
subuniformai iter ultra os productum : columella antice profunde excavata : rima
subterminalis, elahrata.
1 caratteri proprii di (Questa serie sono la notevole lunghezza e poca apertura della
spira, la convessità degli anfratti dalla (juale risulta la profondità delle sutui'e, la
brevità dell'ultimo anfratto, la columella profondamente incavata nella sua regione
anteriore e finalmente, ed in particolar modo, l'intaglio circoscritto da labbra indistinte.
172. Nassa Jekfreysi Beli..
T;:v. Vili. (ig. I.-, I„. b, e).
Testa elogiala: spira paniJi .imiUi. - Anfrarliis salis convexi, centra suturain poslicain
leviter infiali; nllimus dimiilia idn^iliiilinu hrevior, antice p.irum deprfssus. - Ci)Slae lonai-
ludinales crebrae, ohiiqiiae, sinuosae, in ulUmo anfractu obtusae, parum prominentes, ab inlcr-
stiliis anguslis scparatae, pollice a siilco inlvrniptai-. versus marginem oris obsolelae: coslulae
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 347
transversae crebrae, ab inter^tiliis anfjuslis separatae, uniformes , 9-10 perspiciiae in primis el
mediis anfraclubus, 20 in ultimo; costula posterior siibdentala. - Os ovaie; labrum sinislrum
subarcualum, inlerius pluri-plicalum ; labrum dexlerum anlicp birugalum.
Long. 14 mm.: Lai. 7 ram.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese , raro; Coli. Michelotti e Eo-
vasenda.
173. Nassa incerta Bell.
Tav. vili, fi-. 16 (n, b, e).
Testa crassa: spira lorica. - .Xnfracliis loiigi, jiarum couvexi; ultimus brevis, diniidiam
longiluilinoni non aeqiians, anlice vix ilepressiis ; sulurae parum profundap. - Costae lon-
giludinali'.s antjuslae, cnmiircssae, siibacutae, obliqiiae, ab inlersliliis lalis separatar, nd sulìiram
poslicuìii produclae : cosluiae transversae iniiinlat' , nAirae, iiiiifnnnes. ab inlersliliis anfjustis
separalae. - Os ovale; labrum siiiislrum crassum, subarcuatum ; labrum dexlerum crassiu-
sculum, postice unipllealum, aniiri' rugulosum : rima lalis.iiina.
Long. 13 mm. : Lai. 6 '/« "im-
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese. rarissimo ; Coli, del Museo e
Kovasenda.
46' Serie.
Nucleus embrionalis brevis, latus, ohtusus. - Testa suhturrifn. - Aììfmctus
convexiusculi ; ultimus dimidinm longitudinem subnequans. - Super ficies ìongitu-
dinaliter tum ecostnta, tum irregulariter costata, tota, rei in parte, transverse mi-
nute .sulcafn. - Os orbiculare: labrum sim'strum arcuatum, plerumque incrassatum,.
interdum varici forine, inferius minute et uniformiter plicatum; labrum dexterum
vix ultra OS productum : columella medio, vel antìce, profunde excavata, valde con-
torta : rima snbterminalis , latissima, vix reflfixa , subelabrata , postice subca-
naliculata.
Questa serie si distingue dalla precedente, alla quale si collega mediante la N.
pectita Bell., per la depressione anteriore dell'ultimo anfratto, per la maggior lun-
ghezza delle labbra che circoscrivono l'intaglio e per la mancanza assoluta di coste
longitudinali, come ha luogo nelle due prime forme, o nella loro irregolarità, come ac-
cade nella terza.
.1. Testa coslis longìludinalibiis tola drstilula.
174. Nassa badensis (Partsch).
Tav. Vm, flg. 17 (a, b).
Testa turrita: spira longiuscula. - Anfraclus convexiusculi; ullimns antice ralde de-
pressus, dimidiam longitudinem subaequans. - Superficies longiludinaliter ecoslaln, loia irans-
vcrse miniilissime et crebre sidcala; sulcus major prope suluram poslicam plerumque derurrens.
348
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
- Os suborbiculare ; labrum sinislrum antice subangulatum, exterius angtiste tnarginatum, medio
dilatatum. inlerdura variciforrae, inlerius pluri-plicalum; labrum dexierum crassum, antice tu
regionem umbiltralem salis prodiictum.
Lonti- 18 miu. : l.al. 9 'j luin.
1830.
Nassa stmislriala
1835.
Id. id.
1842.
Bucvinttfit badenst
I84i.
Id. semislriatiim
1847.
Nassa semistriata
1847.
Id. id.
1848.
Buccinum badense
1848.
Id. id.
1852.
Id. id.
1853.
Id. id.
1853.
Id. id.
18"5.
Nassa semistriatii
1878.
Id. badensis
1882. Baccintim biidetise
BORS., Oriti. piem. I, pan.. 39, tav. I, fig. 10 (mala).
DEFR., UietSi.Nut., voi. XXXIV, pag. 244 (in parie;.
P.\RTSCU, Nmc Aufsl.der Pttref.-Samml. der K. K. Hof. Miner. Cabin. n.909.
E. SISMO., Sijn., pag. 40 jn parli').
MICHTTI., Fnss.miof., pag. 210 in parte'.
E. SIS.MD., Syn.. 2 ed., pa;,'. 29 (in parie).
IIOERN., rerz. fossit.-Resl. tcrl.-Beck. Wieii, pafi. 17.
HOERN., l'irz.in Czjzek's. Erlanl zur geoyii. Kart, von Wcn, pag. 17.
D'ORB., Prodr., voi 111, paj'.84 (in parie).
HOER.N., Muli foss. W'mi, voi. I, pag. I l3, tav. XII, lìp. 8.
.NEUGEB., lìvitr. tcrt. .Moli. Ober-La/mgy, pag. 28.
BOUILL., l'aleunt.de Biarritz, pag. 93, tav. 1, fig. 8.
KUCIIS, 5(«'/. tert.-hild Obir-Ilal., pag. 49.
R. HOER.N., a. M. .\U1NG., Gaster.mioc.Otst.-Ung. Monanh., pag. 130.
Anfraclus utiimus varieosus.
Long. 17 mm. : Lai. IO rum
Testa longior : spira magis acuta.
Lons. 17 mm. : Lai. 8 mm.
VarlelA .\.
Tarici* B.
Varietà C (an specie.'! distinguenda?).
Testa minor: spira iierloiiija, magis acuta. - Aiifractus primi obscure longitudinaliter co-
si alati.
Long. 13 mm. : Lai. 6 mm
Variel* D (au species distinguenda?).
Testa minor: spira longior, magis acuta. - Anfraclus primi longitudinaliter costatati;
costulae minutae, valde obliquai', prope snturam a sulco transveno interruptae, ibi compressae,
subacutae.
Long, li inni. : Lai. 7 mm.
Varietà E lau speeies distinguenda?'.
Ti'sla minor: spira breriar, minus acuta. - Suprrficirs suhliirvis: snlri Iransversi obsoleti,
passim tantum perspicui; striar nmuiullae Irausversac. - Anfrarlus primi interdum longitudi-
naliter plicati; pticue obli'juae, conlra suluram posticam compressae, acutae.
Long, li '|i nim. : Lai. 7 mm.
Gli esemplari tipici di Vienna corrispondono esattamente con quelli del tipo qui
descritto.
Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Tino-torinese ,
Termo-fourà, Baldissero-toriuese, Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo.
descritti da l. bellaedi 349
175. Nassa exigua (Brocch.).
Tav. Vili, fif;. 18 (a, b].
Dislinguunl hanc speciem a N. badensis (Parlsch) sequeiiles nolae:
Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Anfraclus ultimus magnus, ventrosus, dimidia
longitudine Ioni fior : sulurae magis profundae. - Salci Iransrersi magis profimdi. - Labrum
sinistnim arcuatum, non postice depressum ; labrum dexterum simplex, non postice uniplicalum.
Long. 8-12 mm. : Lai. 6 '/«-S mm.
1814. Buciinuni exiguum BROCCH., Conch. foss. sub., pag. 655, tav. XV, fig. 90.
1831. hi. ili. BRONN, flal.lerl.-Geb., pa^. 24.
?I873. Jd. i'd COCC, Emim. Sisl. Moli, mioc e plioc. Pumi, e Piac, pag. 76.
VarielA A.
Spira longior, minus aperta.
Long. 1 1 inni. : Lai. 7 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, non raro; CoU. del Museo.
B. Testa in iiltimis aorrurlubiis tota, vel in parte, loogiluilinalitcr costata.
176. Nassa pectita Bei.l.
Tav. Viri, Cg. 19 (a, 4).
Dislinguunl liane speciem a S. badensis (Parlsch) sequenles nolae:
Testa pleruinque nnijor. - Anfraclus magis conrcj^i; ultimi loti, vel in parte, longitudinalileì-
costati; costae obliqnae, promincntes , subarcuatae , iiiaequales, ab interstttiis latis separalae,
prope suturam posliram a sulco transverso subinterruptae.
Long. 14 mm. : Lai. 8 '/» mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero torinese, Val Ceppi, non frequente; Coli,
del Museo.
47' Serie.
Nucleiis enibrionalis suhncutus. - Testa turrita: spira ìonga. - Anfractus covi-
planati, vel pnrum convexi; ultimus dimidinm longitudinem plerumque subaequans.
- Super ficies tum tota laevis, tum in primis anfractubus longitudinaliter costata.
- Os suhovale, obliquum; labrum sinistrum lìostice dcpressuni, antice dilatatum ;
labruììì dexterum vix et regulariter ultra os productum , laeve : columella antice
profunde excavata: rima subterminal is, lata, vix reflexa, a labiis brevibus circum-
scripta, postice carinata, subcanaliculata.
La mancanza totale di coste longitudinali, o la loro presenza limitata ai primi an-
fratti, il nucleo embrionale poco acuto, l'obliquità della bocca, la lunghezza della spira.
350: I MOLLUSCHI DEI TEKEENI TERZIAKII DEL PIEMONTE ECC.
i profondi solchi trasversali che corrono presso l'intaglio, la posizione molto rovesciata
di questo e la brevità delle sue labl)ra danno alle fomie tipiche di questa serie una
speciale fisionomia.
A. Testa tota coslis longiddiualibiis destiiuta.
177. Nassa sublaevigata Bell.
Tav. Vili, G-. 20 >, i).
Testa crassa, turrita: spira conoidea, polygyrala. - Anfraclus brevns, parum convexi ;,
ultìmus ^/. lolius loiigiludinis subaequaiis. - Superlicies tota coslis longitudinalibus deslllula,
in primis aiifraclnbus mintilissimc et passim obsolete Iransrerse silicata, in aliis laevis, exceplis
sulcis nonnullis Iransversis profundis pro[)0 rimani (lecurienlibus. - Os subovale, postice
awpis'alwn, subcanalicilaluin; labrum sinislruin simpler , inlerius pliiri-piicalum: bibruni
dexlcrum crassum, postice rallosmn, vix ci regulnriter ultra os prodnclum. lacve: columella
submedio excavata: rima lata, profunda.
Long. 17 inm. : Lai. IO min.
Varietà A.
Testa minor. - Sitici minuti transversi in omnes anfraetus passim produdi.
Long. i:i mm. : Lai. 7 nim.
VarielA B.
Testa brevior: spira magis aperta.
Long. 13 nim. : Lai. 8 mm.
VarleiA C.
Spira perlonga, ma(jis acuta. - Sitici tiansversi nnditjue obliterali.
Long. 18 mm. : Lai. 9 mm.
VarìeIA D.
Spira iti primis aiifractuhiis magis acuta, in duobiis ultiniis mttijis aperta ijitnin in praeee-
deutibus.
Long. 1 i mm.: Lai. 8 mm.
Miocene medio : Colli torinesi , Rio della Batteria , Villa Forzano , Baldissero-
torinese, non raro; Coli, del Museo.
178. Na.ssa taurinorum Bell.
Tav. Vili, fi-, ei ta, I,).
Dislinguunl banc specieni a A'^. sublaevigata Bell, seqiienles nolae :
Spira medio siihinllata. - Anfrachfi ultimus brevior, minns inflatits. - Salci transversi prope
rimam decurrentes latiores et profundiores. - Os mttiiis ohiitjuiim, postire magis angitstalum ;.
labrum siniHrum anfire lort'/is concaritm; labrum ilexternm in regimiem umpilicalem minus,
DESCRITTI DA L. BELLARDl 351
medio et poslice magis, productum: coUimella mar)is contorta, antice sinistrorsum inflexa, magis
profunde et mayis aniice excavata.
Long. \1 mm. : Lai. 9 mra.
VarielA A.
Tav. Vili, fig. 22 (a, b).
Testa brevior, subumbilicala: spira magis aperta. - Anfraclus uìtimus longior, medio varicosus.
Long. 16 mra.; Lat. 9 mm.
Varietà B.
Testa minor: spira brevior, magis aperta.
Long. 13 mm. : Lai. S nim.
Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Pino-torinese ,
Baldissero-torinese, ecc. non frequente ; Coli, del Museo e Michelotti.
B. Aiifractiis primi iongiludinaliler co.slati.
179. Nassa collugni Iìei.l.
Tav. vili, lìf. 93 {<; b .
Tosla turrita: spira cylindro-enniia, longa, valde acula. - Anfraclus complanali; ulliraus
aniice vaide depressus, dimidia longiludine brevior. - Superlìcies in primis anfraclubus ion-
giludinaliler coslala el Iransverse striala, in ullimis laevis: costae longiludinales obtusae,
obliquar, ab interslitiis angustis separai ae , ad suturam posticam ininlerruple prodtictac; sulci
propt' riniam docurrenles profundi. - Os aniice, dilalattim, poslice vix anguslatum; labrum
sinistruni poslice parum depressum; labrum dexlerum crassunt, parum el uniformiler ultra ot
productum: colum^'lla submedio profunde excavala.
Long. 18 mm. : Lai. 0 mm.
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro ; Coli, del Museo.
180. Nassa connectens Bell.
Tav. vili, 1Ì|T. 21 (o, b\
Dislinguunl hanc spociem a N. Collegni Bell, sequenles nolae:
Aiifiactiis iillimus longior, dimidiam tougituilinem snbaequans, antice minus depressus. -
Sulci Iransvcrsi mclius distiiicli. - Os longiiis. ovale: columella medio et minus excavala, minus
contorta.
Lony. \ :{ mm. : Lat. 7 '/a ™""-
Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria , Baldissero-toriùese , non fre-
quente; Coli, del Museo.
852 1 MOLLUSCHI PKI TERRENI TKRZIARII PEL PIEMONTE ECC.
48' Serie.
NucJeus emhrionalis hrrvis, parridKS, ohtìisii.s. - Testa tuìii furrita , funi orofo-
fusiformis: spira longiuscuìa. - Atìfractiis pariti» convrxi: uìtinixs (ìimidiam lon-
yitudinem arqtians vel suhaequans. - Superfìcirs tiiui tota rrl in parte longitiulinaliter
costata, tuni tota ecostata , tota vel in parte transverse silicata ; suìcns major
prope sutiiraìiì postica»! decurrens in onnies avfrae.tus. - Os ovale, postice
canal iculatiiìn ; lahrum sinistrum sultarcnatum, prope rimain subanijidutum, ple-
ritnique exferius tnarf/inatiini ; labrum dexterum antice et medio vix ultra os pro-
ductum, postice plus niinusve extensnm : columella subarcuata, antice plerumqiir
ruffulosa: rima subterminalis, interdum lateralis, lata, valile rrfle.ra, a labiis finn
lonyis, tnm brcvilms, circumscripta, postice carinnta.
l caratteri assegnati a <|uesta serie sono alquanto vaghi ; la qual cosa è una
conseguenza della grande variabilità di pareccliie forme die vi sono inscritte e che
si raccolgono a centinaia negli strati che le racchiudono; tuttavia le forme raccolte
in ossa sono fra loro legate dalla presenza di un solco , relativamente profondo . \\
quale corre in tutto presso la sutura posteriore e su tutti gli anfratti.
Por rendere possibile la descrizione di tutte queste forme ho primieramente descritte
con nomi projirii (inelle che erano meglio definibili jier la natura dei loro carat-
teri e per la loro giacitura, (juindi ho distinte aleuue varietà e sotto varietà,, tenendo
conto specialmente dei caratteri derivanti dalla natura degli ornati superficiali, come
(luelli che erano più facili ad essere indicati con vocaboli proprii, ed accennando infine
le modificazioni ossei-vate nella forma generale.
lo non mi illudo certamente clie le distinzioni che ho fatte, possano incontrare
l'approvazione di tutti i miei colleghi, ma, come già dissi più sopra, dovendo il natu-
ralista moderno rendere conto di tutti i particolari che gli vien dato di osservare
nelle formo elio esamina, ondo raccogliere gli elementi atti a svelarci le grandi leggi
che hanno regolato lo sviluppo degli esseri viventi , ho cercato di attenermi a (jucl
mezzo che secondo il mio parere meglio mi poteva guidare ad ottenere il fine pro-
postomi.
.1. Labriiiii (lexlcriiin non, voi vi\. poslirp proiliKlnm. - Rima a labiis
loiii^iiisculis cirriimscripla.
Le forme di questo gi-uppo sono fra loro intimamente collegate, e rappresentane
nel tempo differenti stadii di sviluppo del medesimo tipo : infatti la j\\ f/enitrix Bell,
è propria del miocene medio dei Colli torinesi ; da questa colla ^Y. finitimn Bell. 8Ì
passa alla N. dertonensis Bell, caratteristica dei Colli tortonesi, e finalmente alla«|
N. italica (May.) propria delle niariu; del ]iliocene inferiore, tanto al «li i|ua(|uanto'
al di là dell Appennino.
1
2
DESCRITTI HA L. BELLARDI 85S
Anfractus omnes, ìongitudinaìiter ecostati 2
Anfractus omnes, vel saltem in parte, ìongitudinaìiter costati 3
Spira parum acuta : superfi,cies tota transversc sulcata gcnitrix Bell.
Spira satis acuta : superfìcies in ventre anfractuum f sulcata finitima Bell.
Anfractus ultimi ìongitudinaìiter ecostati dertononsis Bell.
Anfractus omìies lougitudinaliter costati italica (May).
181. Nassa genithix Bell.
Tiiv. IX, lig. I (a, h).
Tesi» Iwrila: spira lumia, valile arala. • Anfractus paruin convexi; ullimus dimidiam
loiif^iludincMii acqu.ms, anlice valile driiressus : suturai! parum profuitdae. - Superficies loia
loiiiiiliidiiKililer crtislata vi Iraiisvi'isc siilrnla ; suiti in primis aiifracluiìus (> perspicui, in
ulliuio l'i, iiuiart's, ab iutcrsliliis Intis <•( camptaiialis seiiarali ; sulcus poslicus propc suluram
decurrens latior et profundior. - Os suhorbiculare; labrum sinislrum aule margiiiem oiis iii-
llalum, aicualiiin; lahruni dcxicrum rrassiiiscidum, vix ultrn os jirnductinn : coluiiiflla anlice
excavala: rima postico late sul)can,iliculala, a labiis lon^iusculis circumscriiita.
Long. 27. mm. : Lai. \ 4 mni.
Miocene medio: Colli torine.si, rarissimo; C'oli. Michelotti.
182. Nassa finitima Rei.l.
Ta». IX, Cm. 2 ,0, b).
Dislinguunl liane speciem sequriilcs uolae:
1, a A', qrintrix Beli.:
Sjiira mai/i-i amila. - Anfriicliis primi ci medii laevei (exeeplo sulco coiitra xutiiram poslicam
decurrenlij ; nlliiinis in dimidia parie atitlra niinute, ncbrf et nniformiler Iransversp snicaliis;
sidci lali. - Labium dexlenim pnslire magis prndwtum.
2. a iV. derlonensis Bell.:
Tesla major: sidra loiii]inr, miif/is acuta. - Aiifrarliiii nnmcrosiores; ullimus brerior , '/^
lolius loHfiiludiniit sHliaeqiiiiHS . - Superjìcivs loia loniiiliidinaliler ecostala. - Oa suhorbiculare;
labrum sinislrum magis arcuatiim: coliimella magis prnfuiuli' exciivnln.
Lonj; 2') nini. : Lai I i! nini.
Miocene superiore: Colli tortonesi. S" Agata fossili, rarissimo; Coli. Michelotti.
183. Nassa debtonensis Dell.
Tav. IX, fip. .3 (a, h\
Nucleus crabrionalis laliusculus. - Tesla crassiuscula , siibfitsiformis. - .\nfraclus parum
convexi; ullimus anlice satis depressus, dimidiam lonijitudiiiem arquans: sulurae siibcanalicu-
lalae. - Superficies in primis el niediis anfraclubus longiludinaliler cosluiala, in penultimo
Serie II. Tom. XXXIV. 'v
I8i2.
Iti.
id.
1847.
I\'assa
sentisi l'iuta
1817.
Id
id.
1852.
IJ.
id.
t8Gi.
Id.
id.
354 I MOLLUSCHI DEI TEKKEM TERZUKU DEL PIEMONTE ECC.
el ulliniii cciislulala ; ciislulac rn-irae, ohliquai-, rectac, ruminesxae, subaculae, in jiarlo antica
anfiarhiuiit ohsolfiiie: |);irs antica ultimi aiilìactus tota Iransvcrse sulcata; sulci posleriores
iniiiuli. al) iiitrr>tiliÌ!i lali.'^ si'paiali, aiit('ri<ir('s lati, ali iiilcrsliliis anj;ii#tis disjuiicti ; sulcus
major |iro|ii' sutiirain |i(tslicain in omins anlVacliis decurrens piofundu.'i. - Os ovale; labrum
sini>lruiii fxlniìis injìitlum , snhraiicosum , |ilL'rimi{|iie mintile niar^ina'um , poslice vis de-
prcssuni: labriini dextoruni nulice vix ulti a os prnili'Clnm, \>\i.-rumi\uf Wiiw^dium, poslice maijis
sed parum cxleiisum : eoliimella suiìincdio prol'unile excavala: rima lata, profuiida , valde
refli'xa, a litbiis Ifliiijiiisculis , in ciuiutem brevi-m leciirmm pniductis , circumscripla , postica
cannata et ^iibianalirulala.
Lonj;. 18 min. : Lat. IO mm.
1838. Buccinum semisliialiim MICIITI'I., Ccigii. Ins. ieri. Bild. l'iedm., pa;;. 3i)7.
E. SISMI)., Sijii., |my. 40 (in p.iilc).
MICIITTI., Fvss. mim:, pa},'. 210 (in parie)
E. SISMO., Siju., 2 cil. pag. 29 (in parie).
irOllB., Proilr., voi. Ili, pa^. 84 (in parte).
OODfilil,., Cenn. geol mior. siip. Ilal. cinti-., pa^. 105.
186!). Buciininn seiiiistrialuiii COI'P., Catal. foss.mim.c plioc. Modeii., pai;. 24 (in parte).
1869. hi. id. MAXI., J'a'in.miuc. alt. ìtaL, pag. 12.
1873, Nassa scmistriala COLC, lùiiini. Sist. Il/iiU.jilioc. e niioc. Paim. e Piac, pag. 83 (in parie).
1874. Buccinum semislrialum COPI'., Catal. /'oss miu-phoc. nioden. Coli. Copp., pag. 9.
1874. Na.tsa semislriala KOKEST., Cenn. geol. e paleotU.plioc. ant. Caslrocaro, pag. 21 (in parie).
Fra le parecchie centinaia eli esemplari descritti (juali rappresentanti la forma
tipica non ne ho trovati che alcuni pochissimi i quali, pur conservando identici gli
ornamenti superficiali, hanno la spira più breve e l'angolo spirale più aperto.
Varleia A.
Cnstac longilwlinales in primis anfracliibu.i iiiinutae, numerosiores.
Long. 15 mm. : Lat. 9 min.
In questa varietà le costicine longitudinali sono piccolissime, non compresse e molto
numerose : nel solo esemplare che ne conosco , la spira è un poco più breve e più
aperta che nella forma tipica.
VarleU B.
Tav. IX , lìg. 4 (a, b).
Anfrarliis omiies in ventre Iransverse sulcati ; sulci ah inlersliliis Inlis separali, 4 pìe-
rmnqiie in aiifiaclnbns tnediis perspicui, !> vcl 6 in ullinw, prneter snlcum majorem prope su-
turam jKi.slicam deciirreiilcin el sulcus littus, ab interslitiis anfjuslis separalas , Il , anle rimam
imprcssus.
Loii^. l'J mm. ; Lat. 10 mm.
18(i4. AVm.«i semistriata var. I DODERL., Centi, geol. mr.mioc sup. Ilaicenlr., paR. 105.
I87.'<. Id. id. vnr. turrita COC^C, Enum.Sl.il. .ìfoll. mioc, e plior. Pumi, e Piac. pag. 83.
1877. /./. id. \ar. li) I. ISS., .-Ipp.palennl.X, pag. 20.
In iiuostii varietà non rara, abbenchè molto meno freiiucnte della forma tipica,
le costicine si presentano ora uguali a (juelle del tipo, ora più piccole e più nume-
rose come nella varietà A, e ciò indipendentemente dalla forma generale più o meno
lunga e dalla spira più o meno aperta.
DESCRITTI PA L. BELLAKDI 355
Varietà G.
Super ficies tota Iransvfise suìcata; silici numerosi, 9 plerumque in anfracliibns mediis per-
spicui, 14-16 in nllimo, praelev sulcnm prope suliiram puslicum lìccurreiilem ci siilcns prope
rimam impressos: cosine lonQiludinaìes lìkrumque minores et numerosiores.
Long. 17 min.: Lai. 9 nini.
La forma generale in questa varietà varia anch'essa come quella del tipo e delle
varietà precedenti nella maggiore o minore lunghezza ed apertura della spira.
VarìerA D.
Testa in nltimis anfraclubus passim loiifiiluilinalitcr coslulata.
Long. 16 nini. ; Lai. 9 nini.
Questa forma per la presenza di alcune costicine sugli ultimi anfratti fa passaggio
alla N. HiiUea (May.) pur conservandosene distinta per il minor numero delle eoste
longitudinali, per la mancanza di numerosi solchi trasversali sui primi anfratti, e per
la minore estensione posteriore del labbro destro.
Variria U.
Tav. IX, fl^. ,--. [a, b).
Snperficies in ullimìs anfracluhns Iota ci crebre Iransrerse siilcala, in ullimo passim lunfiiliuli-
nnliler cnslulnla; costulae longilndiiiaìes primorum anfracluum pleruwque minores el numerosiores.
Long. 17 nini, : Lai. 9 nini.
Anche questa varietà per la presenza qua e là di costicine longitudinali sugli
ultimi anfratti si avvia alla N. italica (May.), ma ne rimane distinta pei caratteri
accennati a jii-oposito della varietà C, oltre al gran numero di solchi trasversali sugli
ultimi anfratti piojìrii della N. itaìicn (May.) e mancanti in questa.
La N. (Icrfonrnsis Bell, a primo aspetto si potrebbe confondere colla forma delle
vicinanze di Vienna riferita prima dall'Hoernes alla JV. semistriatn Brocch. e quindi
giustamente distinta dal sig. l'rof. Mayer col nome di B. Horrursi.
Dal paragone della precitata forma di Vienna che ricevetti dal sig. Puchs, con
quella dei Colli tortonesi ho trovato le seguenti differenze clie mi consigliarono ad
isolarne quella qui descritta, nella quale 1° le dimensioni sono d'ordinario maggiori;
2° il guscio è più grosso; 3° il labbro destro è meno protratto posteriormente ; 4" i
primi anfratti, dopo quelli embrionali, sono guemiti di costicine longitudinali sporgenti,
compresse, subacute, rette e sguernite di solchi trasversali, mentre nella N. Hocruesi
(May.) le costicine longitudinali sono molto più numerose, più piccole, poco sporgenti,
e gli anfratti sono attraversati per tutta la loro superficie da cinque o sei solchi.
i quali coiTono continui tanto negli interstizii interposti alle costicine longitudinali
quanto su queste.
Miocene supcriore: Colli tortonesi, Stazzano, S'" Agata-fossili, comunissimo: Coli,
del Museo.
356
1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARJl UEL PIEMONTE ECC.
Varietà C. — Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S''' Agata-fossili. £re-
queute ; Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Zinola presso Savona, rarissimo: Coli, del Museo.
184. Nassa italica (May.).
Tav. IX, (;•;. G ,a, b].
Dislinguunl hant- speciem a N. derloiiensis Bell, sequenles iiolae :
Anfraclus ylerwnquc mafiis convexi, omnex Ioli traiisvcrse minute suìcnli et longiludinaliter
crebre cosliilali; sulcus propi' suluram poslicam dfcurri ns major, proftindior: costulae loiifjiludi-
nales a sulco postico inlerrupto, super margiimn snlurae majores, denti formes, et in intersecalione
costulariim Iraiisvirsarinn sulcis Iransrersii, iiiterposilan(m prope rimani derurrentium, interdum
subnodosaf; aiifradus ultimus amia; mngis depressus, marjis vmlrosus. - Labrum dexterum mediu
et postice pleriuìXjue magis extenaum.
Lon^. 19 mm.: Lai. IO iiiin.
1814.
1814.
1820.
18i5.
1899.
1829.
18.11.
1831.
1832.
1832.
1837.
1849.
1849.
? 1843.
1844.
1815.
1846.
1847.
1847.
1852.
1852.
1857.
1864.
18G8.
?1808.
1868.
1872.
187.3.
187.1.
1874.
1874.
1875.
1875.
? 1875.
1875.
1875.
1876.
1876.
187(1.
187C.
129.
Biiccimiin (Nassa) costulaliim BUOCCH., Conc/t. fvss. iub., pag. 343, tav. V, tìg. 9 el pag. 65S.
IJ. semiciislatum BUOCCll., Coiich. foss.sub., pai;. 654, lav. XV, fig. 19.
iVasta coslulala BOUS., Orili, pitm., I, paj?. .'(8.
Id. ili. DKKU., «iVr.Sr. .Va»., voL XXXIV, pa;,'. 213.
liuccinum coslulalum MAllC. UE SEIIK., Véngn. lerr. Ieri., pag. 193.
semiiuslalum M.\UC UE SEIiR., Géoyn. lar. Uri., pa^
coslulalum BUOMS, Ilat. lert.-Geb., pag. 93.
semicojtrilum BKONN, Itiit. lerl.-Ceb, pag 23.
costulatum JAN, Calai. Comh. fnss., pag. 13.
st'micoslatum JA^\ Colui. Conc/t foss., pag. 13.
id. PL'SCII, Pol.Paliioul. pag 122.
coslulalum E. SISMI)., Syn., pag 40.
semicoslatum E. SISMU., Syn., pag. 40.
id. PHII.., Tentar, versi. Nordui. Deutscht , pag
costulatum DESK, in LAMCK., Anim.s.vert., 2 ed., voi. X, pag 990.
C.\LC., ( onclt. vif. e fu.\s.Sicil., p:ig. 39.
P.\BET., i« Dcscriz.di Cenoni, vol.l, pag. 51.
E. .SIS.MU., Syn., 2 cil., pag. 28.
E.SIS.MU., Syit., 2 ed., pag. 29.
D'OBB., Prodr., voi. Ili, pag.81.
D'OUB., Prodr., voi. Ili, pag. 8,5.
MENE(;H., Palennl. de Sard. pag. 463.
UOUERL , Crnn. gcvi. Icrr mine sup. Ilal. centr., pag. 105.
F(»RE.ST., Cauti. .Voli. jtlitH-.Bologn., I, pag. 44.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Nassa
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
-.27.
id.
id.
costatala
sciicoslala
coitulata
id.
id.
id.
id.
semislriata yar.liirrita FOBEST.. Culai. Moli, plioc. Botogn., I, pag. 45. lav. II, fig. 5, 6
Buccinum costulatum
loslulala M.\NZ., Satjg. Concli. foss. .sub., pag. ,37.
id. UE KOEM., Mioc. Nord DeuLtch. Moli. Faun., pag. 195.
id. COCC, Fnum.Sist. Moll.mioe. e ptioc. Parm.e Piac, pag. 89.
MAY., Sysl. I^'erz. Fer.ft. tleh., pag. 39.
Id. id. COIM>., Calai, foss. min.plinc.Moden. Colt. Copp., pag. 9.
/(/. id. ?VC.\\S, Alt. ieri. S,l,i< Iti. V. Malia, fan i.
Id. id. BE.NOIST. '/■«/. /"osi rff la Diede el de Saiiials, pag.385
Nassa costulata SEGUENZ., Form. plioe. Ilal. nierid., pag. 978
/(/ semicostata SEGl'ENZ., Form, plioc. Ilal. merid., pag. 976.
Id. costulata PANTAN., Jtt. Mcad. Fisintr. S/wa, voL VII, pag. 2.
Id. id. SOBU., l'ami mar. Cascina nizzardi, pag. 35.
/'/. id. KOBEST , Celili, geni, e patroni, plioc. ant. Castrvcaro. pag. 91.
/(/. id. l'O.NZ., Foss. .U" Faticano, pag. 16.
Buccinum italicuin M.\Y., Mer.glac.aux piids dcs ,llp., pag. 218.
Nassa costulata FONT., Flud, strut. el patèont. Dass. du lihùne, II, pag. 70.
1878.
/,/.
iiislulalum
1878.
Nassa
exUjua
1878.
III.
i-tistulata
1880.
III.
id.
1880.
hi.
id.
1881.
Id.
id.
1881.
u.
id.
DESCRITTI P.i L. BELL.\EDI 357
1877. Mi.wa italica DE STEF., .SO-rK./j/iV. ,S,e«n, pag. 252.
iSn. Buccinum costulatitm FUCIIS, Plioc. liild.Zante u.Corfu, pag. 10,
1877. Nassa semi.<:ti iuta \3T. a IS'^.. App. paleant., I, pag. 20.
FUCHS, SlitJ icil.Bild.Obcr-llal., pag. 62.
DE STKF. e rANTAÌS'., AMI. plioc. Siena, pag. 101.
FO.NT., Éuid.sUal.ct paléonl. Bass. dii lilióne, III, pag. 45, 46.
S.\UTOR., // Coli, di 5" Colombano e i suoi Foss., I, pag. 15.
COPI'., Terr.tab.Moden., pag. 10.
COPI'.. Mayn.Iwcli. Moden., Iiag. 14.
BARD., Paléonl. Maine et Loire, pag. 104.
Xm.Buecinum apenninicum MAY., //( Hit. et spetim.
1881. Nassa jiliucenica var. Ili co.slulata COPP.. Os.ien\ malac, pag. 5, fig. 5.
1881. Id. id. var. ///, soUovar.,?MAco»(«V(i«a COPP, Ossen'.malac, pag. 5.
L'esemplare tipico figurato e descritto dal Brocchi col nome di Biicc. .temicostatum
è incompleto, e a mio giudizio è un giovane esemplare di questa specie.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, raro.
Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti; Vezza presso Alba; M'" Capriolo presso
Bra ; Clavesana presso Mondov'i ; Borzoli presso Sestri-ponente; Savona Fornaci e Zi-
noia; Albenga, vallone Torsero; Ventimiglia, comunissimo; Coli, del Museo e Michelotti.
B. Laitruin dcxlcriiiii jiiislice Inle proiliicliiiD. - Iliiiia a lubiis hrevìbus circuinscri|)ta.
La notevole estensione posterioie del labbro destro e la brevità relativa delle
labbra che circoscrivono l'intaglio , sono le note ])rincipali che separano le forme di
questo gi'uppo da quelle del precedente.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Anfrdefii.s onines longitudinalitcr costati N. neglecta Bell.
Anfractits omnes, vel saìteni ultimi, ìongit. ecostati 2.
Supcrficìcs tota transverse Silicata 3.
Superficies in ventre anfracttmm esulcata 4.
Testa dolioliformis , tota ìongitìidinaliter ecostata:
spira medio infiala N. gigantula (Ben.).
Testa turrita, in primis anfractuhus longitudinaliter
costata: spira regulariter involuta N. Hoernesi (May,).
Anfructus primi longitudinaliter costati 5.
Anfractus omnes ecostati 6.
Testa iìifìata : spira paruni acuta : suturae distincte
canaliculatae N. solidula Bell.
Testa angusta : spira valdc acuta : suturae non ca-
naliculatae N. transitans Bell.
Testa brevis, venfrosa : spira paruni acuta N. semistriata Brocch.).
Testa longa, angusta; spira valde acuta N. Olivii Bell.
358 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
185. Nassa neglecta Hei.i..
Tav. IX, Cg. 7 (a, h].
Testa parva, suhovata. - Anfraclus vix convcxi ; ullimus dimidiam longiludincni apquans,
anlice salis depressus. - Superficies t;; anfruclulius priviis loia mimile irausverse silicata, in
meiliis et in parie postica ultimi laevis , in omnibus longilwlinaliter costata; sulcus propp su-
luratn poslicain decurrens minulus: coslao longiludinales ùbtintae, obìiquae, ab inlerslitiis pnium
latis separalae umliijue decurreiitrs (exceptis parie antica ultimi anfraclus et parte marijini (nit
contìgua), prope suturam pnslicam anfractuum subdentalae. - Os ovale; labrum sìnislrum ar-
cualuni, inleritis pluri-plicaluni ; labrum dexlerum salis ultra os proiìuclum, praesertim posUre :
columella anlice salis profunde excavala: rima a lahiis brevibu,'s circitmscripla.
Long. 7 ram. : Lai. 3 '/> mm-
Miocene superiore: Colli tortonesi. S" Agata-fossili, rarissimo; Coli, del Museo.
186. Nassa gigantila (Bon.).
Tav. IX, Cg. ti (rt, b, e).
Testa snbfusiformis. renlrosa: spira mnìio insala. - Anfraclus convexi , longi; ullimus
dimidiam lon{;iludineni aequans, ve! subaequan.-i : sulurae anguste canaliculalae. - Supertìcies
tota loiifiitudinaliter ecostala et transverse sulcata: sulci 4 vel 5 in anfractubus primis et mcdiis
perspicui, ab intcrsliliìs latis (l romplanaiis sciìnrali, lineares; sulcns pnslicus major; sulci in
parlem anlicam ultimi anfraclus decurmiies majores, ab inlersliliis minoribus separati. - Os
subovale, anlice leviler (lilatalnm ; labrum sinislrum contra rimam subanfinlalum, interius mi-
nule pluri-plicatum; labrum dexleruni larve, adnalnm, ultra os riilde proiluctum, praesertim
in rcf/ionem posticam: cclumella medio parum et subregulariter excavala: rima sdò/crmiHa/i.s-,
magis lata quam pmfnnda, a labiis lungiusculis circumscripla.
Long. 19 mm. : Lai. 9 mui.
nON., Co(<i(. .V.5. n.29l9.
MICIITTI., Kh: Cast, foss., pag.24.
E. SISMI»., Syn., pag. 41.
E. SISMO., Syn., 9 ed., pag. 99.
irOUIl, Piiulr., \o\.\\\, pag. 176.
COI'P., Calai, Moli. mioc. e plior. Modcn., pag. 94.
Nassa scmi.tlriata var. inlcgrn-stì-inta COCC, Enum. Sist. MkII. mioc. e plìoc. Parm. e Piar., pag. 83
1874. Buccimim labiosiim COPI', Calai, foss. mln-ptinc. .Uodeii. Coli. Cnp/)., pag. 9.
187G. Nassa coslulata var. 1 FOREST., Ctnn. geot. epalcont.plioc. ani. Castrocaro, p. il, tav. I, fig. II, 19.
1877. /d. id. var. 2 FOREST., Cerni geal. e paleonl.plinc. aiil.Caslrocnrv. tav. I. fig. I3. 14.
1877. Id. semistriata yar. b lim.. .dpp.paleonl., pag. 20.
1881. Id. pliocenica yar. II COPI'., Paleonl. .Moden., pag. ."^S.
1881. Id. pliocenica yar.ll iiitegro-sliiala COPI*.. Ossero, malac. pag. à, fig. 3.
VarieiA A.
Tav. IX, fig. 19 (<t, i).
Tosta snhfnslfnrmis : spira longior, magis acuta, nnn medio infiala.
Long. 20 mm. : Lai. 9 mm.
1881. Nassa pliocenica soltovar. // liirrlla COPP., Ossert\ matac, pag..», fig. t.
Buccinum
gigantulum
1840.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1847.
Nassa
gigantula
1852.
Id.
id.
1869.
Buccinum
atcstinttm
1873.
Nassa
semislriala
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 359
Varietà B.
Tav. IX, fig. 13 '«, b).
Spira medio mimts infiala. - liilerstilia sulcis Irnnsversis interposita omnia , vel in parte^
Iransversi' nnisulcald, inde silici Iransversi numerosiores.
Long. 18 min. : Lai. 9 inm.
La forma tipica di questa specie si distingue facilmente da quella corrispondente
della N. scmistriota (Brocch.), colla quale ha iu comune la mancanza di coste lon-
gitudinali, per i seguenti caratteri; 1" dimensioni maggiori; 2° spira rigonfia nel
mezzo e più lunga; 3" superficie tutta attraversata da solclii: ne differisce poi più
0 meno dalle sue varietà jìer la mancanza di coste longitudinali.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba: Albenga-vallone Torsero, raro; Coli, del
Museo.
Varietà A e B — Miocene supcriore: Colli tortonesi, S"" Agata-fossili, non fre-
quente ; Coli, del Museo.
187. Nassa HfiEUNKsi (May.).
Tav. IX, (ig. IO (n, i).
Tesla liiriilii: spira perhngn , valde acula - .VnfracUis vi\ convoxi; ullimus dimidia
longiUidiiic lìrcvidp, .inlice valde dt'prcssu.s: sulurat- angusU- t analiculalae. - Superlicies in
prinii.1 anfiaclubiis liivgitiidinaliler costulala, in ulliinis ccoslulata, Iransverse sulcala: coslulae
snhiibtnsiìc, iniirstitia sulnmiiianlrs , obliquai', snbaicmilac. - Os subovale: labrum sinislrum
medio ililalalum, inlorius pluri-plicalum; lalirum dcxleruin laeve , ultra os salis proditclum,
piacseviiin in regionem posliciim: l'olumclla medio profuiide excavala: rima lala, parum recurva,
a labiis brcvibus cir(;umscri()la.
Long. 1 1 mm. : Lai. 7 mm.
HAUER, Fcrk. fnss. Thierr. terl.-Beck.:: ff^ien.. pag 417.
HOERN., f'irz.in Czjzet'^ furiant z.geogii. Karl. v. /f'ien.. pag. 16.
HOi;H>"., .!/«//./;-.<... //'iiH., \o\ ì, pa-. 141, tav. XII, fig. 9.
>EI;GEB., Bcitr. Ieri.- .Voli. Ober-Lapiigy, p.ig. 98.
MAY., Tert. Fdun. /fznr ti. Madeira, pag. 76.
R. llOER>i. u.M A'JINr... Cast. mioc. Oe.tt.-Uiiy. Monarch., pag. IJ8,
tav. XIV, fig. 29.
Varie lA A.
Tesla. pli'i-nmqw major. - Anfrartiis Ioli Iransversi; sidcali; sulci intcr se valde distanles,
4 vel 5 in anfrnclulms mndiis perspicui, 6 in iilliino, praeler siilcum poslicum prope siiluram
decurrenlem el sulcos anleriores ante rimani impressos.
Lonj;. 11» mm. : Lai. 9 '/, mm.
1853. Buciittum semistriatnm HOERN., .tfoll. foss. ff^ieii., tav. XII, fig. 10.
La forma stretta e lunga della spira , la regolarità colla quale questa cresce e
la presenza delle numerose costicine longitudinali che ne adornano i tre o quattro
primi anfratti dopo il nucleo embrionale, separano questa specie dalla N. gigantula
(Bon.).
18.Ì7.
Bi
.ivciìium
scmistriali
1848.
1,1.
id.
1853.
Ili.
id.
1853.
IU.
id.
1804.
Id.
f/oernesi
1882.
Id.
id.
■geo I MOLLUSCHI DEI TERKENI TEKZIARII DEL PIEMONTE ECC.
È inutile ripetere qui i caratteri clie distinguono la presente forma dalla X dfr-
tonensis Bell, giil indicati a proposito di quest'ultima.
Tanto le figure pubblicate dall'Hoenies M. nella sua opera, quanto quelle della
recente fonografia dei signori K. Hoenies e M. Auinger col nome di lìuccinum srnii-
striatmii Brocch. e di Bttrchmw Norrnesl May. rappresentano il labbro destro molto
meno dilatato posteriormente di quanto lo è negli esemplari tipici di Steinabrunn
che ricevetti dal sig. Fuchs.
Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli, del Museo.
188. Nassa soudcla Beli.
Tav. IX, lig. 9 {a, b, •).
Tesla tiiriila : spira loiiga, salis a[)erla. - AnlVacliis convoxi; ullimus «im()'om(s, nniice
valde ilcpressus , dimidid loiuiUmìinc ìnevittr: suUiiai' profundac, disliiicle canalirulalac -
Superlicies »"« anfrnclulnis primis longilndinalilcr costultila, in caetoiis ecoslulala: roslulae nii-
nutar, crrbrac, cbliquae, cantra ainaliculum suturar jwslirae subdenticulalae : sulri transversi
minutissimi, crebri, plenimque 6 in primis anfractubiis perspicui: aiifraclus Iros ultimi laeves;
sulci Iransvorsi prope rimam decurrentes minuti, ab intersliliis ialis separali. - Os subor-
bitulare; labrum siiiislrum arcuatimi, incrassalum, inlerius piuri-plicaluni, ro»<;a ri/dam ,?u/)-
detitalumi labrum dexlerum laevv, in regioua antica et mediami ereclum, postici' valde extensum :
coiumclla snbmodio salis escavala: rima a Inbiis InuQiusrulis eircnmscripta.
Long. 16 mm. ; Lai. 9 mm.
Nella presente forma, i cui legami colla 2\'. srìnisfriatti (Broccii.) sono fatti stretti
dalla varietà U^ della specie del Brocchi, i caratteri distintivi sono i seguenti para-
gonando le due specie nella loro forma tipica ed indipendentemente dalla natura dello
loro superficie: in questa 1° la spira è più lunga e più acuta; 2° l'anfratto ultimo
è notevolmente più breve, più rigonfio e più depresso anteriormente : 3° la scanalatura
che accompagna la sutura posteriore è più larga e più profonda: le labbra dell'in-
taglio sono più lunghe.
Pliocene supcriore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro: Coli., del
Museo e Kovasenda,
Flioccne inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo.
189. Nassa thansitans Iìki.i..
Tav. IX, Ut;. 15 (n, ì,, < ).
Dislinguunl liane speciem sciiuciilos notae;
1. a iV. semistriata (Brocch.):
Tesla angustiar: spira Innqinr, mafiis acuta. - Aufractus ullimus dimidia longitudine brevior,
anijustior. - Suprrji'-ii's in primis anfracinbus loniiitudinalitfr rostaln; coslae paucae, oblusar ,
ab inlersliliis aiignstis separatao ; sulci Irausrcrsi in primis anfiatliihus obiotrti ; snlrus jioslu ns
prope rii/i im dnnirreus miuimiis. - Os hrcrius; labrum desterum poslicc magis cxlensum : rima
subterminalis, a laliiis lomjiuribus rircumscripta.
à
DESCKITTI DA L. BELLA RDI 361
2. a iV. Olivii Bell.:
Anfractus omnes magis convexi, inde siUurae profundiores ; ultimus brevior, aniice magis
depressus; anfractus primi longitudinaliter costati. - Rima subterminalis , a labiis longioribus
circumscripta.
Long. 14 mm. : Lai. 7 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, non comune; Coli, del Museo e del
Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
190. Nass.v semistriata (Brocch.).
Tav. IX, fig. 14 (a, b).
Testa subovata: spira brevis, parum acuta. - Anfractus convexi; ultimus magnus, inflatus,
dimidiam longiluilinem aequans ve! subaeqiians: suturae angustissime canalicuiatae. - Su-
perficies tota longitudinaliter ecoslata et in parte transverse sulcata: sulci in primis anfractubus
minuti, crebri, vix perspicui, in parte antica ultimi anfractus raajores , ab interstitiis latis
separati, in ventre ultimi anfractus nulli; sulcus prope suturam posticara in omnes anfractus
decurrens profundtis. - Os subovaio, poslice angustalum. anlicc dilatatum; labrum sinistrum
cantra rimani non angulatum, intcrius pluri-plicatum; labrum dexterum ultra os productum,
postice late extensum: columella medio satis excavata: rima sublateralis, tam lata quam pro-
funda, a labiis brevissimis circumscripta.
Long. 14 mm.: Lai. 8 min.
I814. Buccinum [Nassa) cornicnium BUOCCH., Conch.foss.sub., pag. 343.
1814. Id. semistrialiim BROCCII., Coiich foss. sub., paì;.6.il, tav. XV, fig. 15.
1820. Nassa corniculum BORS., Oritt. pieni., I, pa};.38 in parie).
1827. Id. semistriata SASS., Sagij.geol.Bacterz.Àlbeiiga, pag. 48l.
1829. Buccinum semi.Urintiim MARC. DE SERR., Géogn. tciT. ieri., pag. 131.
1831. Id. id. nUOSy, /lai. lerl.-Ceh.. pa'r.ìi.
1832. Id. id. desìi.. &/)<■■(/. ir. jVorce Z«o/., pag. 197.
1839. Id. id. .Ì.Ky, Calai. Condì, foss., pag. Ì3.
1836." Id. id. PIllL., .Vo«.5ic., voi. 1, pag. 193.
? 1838. Id. id. OR \T., Calai, rm. et f7iverl.Gironde, pag. 40.
1841. /(/. id. CXLC.., Condì, foss. Àllat:, pag. C3.
1842. Id. id. E. SISMD, S//H., pag. 40 (in parie).
1842. Id. id. TCmw \TCil. , Cnnst.gcol.Prov.merid.Naples et Nice, pag. %3S.
1844. Id. id l'Ili L., .»/o//.5.c.. Il, pai?. 193.
1847. Nassa semistriata JIICllTTI., fow. mioc, pag. 210 (in parte).
1847. Id. id. E. SISMD., .Si/»., 2 od., pag. 99 (in parie).
1854. Id. id. l\\\S., Vxy-DF.y-HECK.el POyi., Calai, foss. M" Mario, pag. \3.
1857. Id. id. ME^EGH., Palèont. de Sard., pag. 4GX
1862. Id. id. SEGUEy?.., Form. plioc.Sicil., pag. l\.
1862. Id. id. SEGUENZ., /•V/rHi.mioc. .J/c«., pag.7, 11.
1864. Id. id. yar. minor sulilacns DODERL., Cenn.gcol.mioc. sup. Ital. centr., pag. 105
1867. Buccinum semistrialum PER. D.\ COST., Cast. terc. Pori., pag. 93, Uv. XIV, fig. 10 a, b.
1868. Nassa semistriata FOKtST., Calai. Moli. plioc. Bologn., ì, p. ii.
1869. Buccinum semistrialum MOLIN.-FOL., Geol. di Barcellona, pag. 40.
1869. Id. id. COPP., Calai, foss. mioc. e plioc. Moden., pag. 94 ^in parte).
1870. Nassa semistriata ARAD. e BE.NOIT, ConcA. wV. .Var.5ici7., tav. V, fig. 14.
1870. Id. id. BELL, Calai. Moli. foss. Biot, pag. 9.
1870. Buccinum semistrialum NIC.\IS., Culai., .4nim. foss. Prov. Alger., pag. 107.
1872. /(/. id COPP., 5(«(/.;)a/. /(Wi.modfH., pag. 35, tav.III, fig.66.
1873. Nassa semistriata SEGUE.NZ., Form. plioc. Ital. merid., pag. 300.
1873. /(/. id. COCC, Enum. Sisl. Moli, tnioc. e plioc, Parm. e Piac, pag. 83 (in parte).
Serie IL Tom. XXXIV. *x
362 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
1874. Buccinum semislriatum COPP., Calai, foss. mio-pltoc.moden Coli. Copp., pag. 2.
1874. Nassa sanistriata FORESI'., Tenn, jfo/. <■ ;)a(eonf.;j/ior. anf. C<«<rocaro, pag. 21 (in parte).
1874. Buccinum semistriatum FICUS, Tert.hild.v. Tarent., pag. 4.
1874. Nassa semistriata SEGUENZ., fo/vn. ;7«oc. /tó/. menrf., pag. 276.
1875. Buccinum semistriatum POMZ., Cronac. subapenn., pag. 13, 14, 21, 26.
1875. Id. id. CRESPELL., Not. geol. Savign., pag. 18.
1875. Nassa semistriata SORD., Faun. mar Cascina Rizzardi, pag. 35.
1875. Buccinum semistriatum .M.\NTOV., Dacr. geol. Camp, rom., pag. 41.
1875 Nassa semistriata P.\NTA?i., ^«. Acarf.^iiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
1875. Id. id. MONTER., A'uof. /iiv. Co«cA. mcdi/crr., pag. 40.
1876. Id. id. STOEun, Terr.plioc. argenti, pag. 469.
1870. Buccinum semistriatum MAY., Découv. couch. à Congèries, pag. 13.
1876. Nassa semistriata FONT., Élud. strat.el.pal. terr. tert. Bass. du Jihdne, pari. II, pag. 17, 21, 60,
69, 75, 76.
1877. fd. id. FISCH., Paléunt. Ile de Rhódis, pag. ^9.
1877. Id. id. CWÌLLU, .\farn.glauc.Bologii., pag. 40a.
1877. Id. id. DE STEF., Slrat.plioc. Siena, pag 120, l7t, 181, 182, 250-52, 266.
1877. Buccinum semistriatum FL'CllS, Ptioc ùiìd. Xante u Curfu, pag. 4, IO, 11.
1877. Nassa semistriata FONT., Not.Dép.messin.dans le Bas-Dauph., pag. 548, 551, 552, 556.
1877. Id. id. var. C. 1 ISS., ^//VJ.pn/eont., I, pag. 21.
1878. Id. id. CM^IC, Stud geol. Fizzin., pag. \0, \Z.
1878. Id. id. D'A>'C., 7(/io< CiminH», pag. 7.
1878. Id. id. DE STKF. e l'ANTAN., .Moli plioc. Siena, pag. 101.
1878. Id. id. P\^T AH., Ptioc. dint.Chianciano, pag. S.
1878. Id. id. FO\l'., Et. strat. et pai. tar. tert. Bass. du tìhóne, HI, pag. 6i, 63.
?1878. Buccinum semistriatum FONT., Faun.malac. mine. Tersannes et Hauterivei, pag. 13.
1880. Nassa semislriala BRVOJi., Conch.plioc. Caltanisetta, pag. lOi.
1880. Jd. id. COl'V., Terr. Tal), moden., pag. iO.
1880. Id. id. PANTAN., Pliocdi Pieirafilla, pag. 371.
1881. Id. id. yAJ<T.\Ji., jìloll.plioc.foss. e viv.medit., pag.68.
1881. Id. id. CO\'P., Marn.turch. e foss..Moden., pag. 14.
1881. Id. pliocenica \ai.l semitlriata COPP., Osserv.mulac, pag. 5, fig. 4.
1881. Id, id. var. I semislriala, sollovar. I turrita COPP., Osserv. malac, pag. 5, fig. 2.
1881. Id. id. var. IV nana COPP., Osserv. malac, pag. 5 (in parte).
Ho riguardato come tipo della specie la forma qui descritta, caratterizzata dalla
totale mancanza di coste longitudinali, come quella che corrisponde esattamente al-
l'esemplare tipico della Collezione del Brocchi che ebhi in gentile comunicazione
dalla Dii'ezione del Museo Civico di Milano.
Fra i molti esemplari di varia provenienza riferibili al tipo per la natui'a della
loro superficie, ne ho incontrati alcuni in cui le dimensioni sono alcun che minori di
quelle indicate nella descrizione, ed altri nei quali la spira è relativamente più lunga
e l'angolo spirale più acuto.
VarielA A.
Anfracliis primi posi nurleum cmbrionalem loiKjitudinaHter costulati; coslulae compressae,
satis prnminrnles, obHijnae, iiilcrstilia suhacquaiitos : sulci traiisversi nulli, cxcepto sulco prope
suluram posUcam decurrenle.
Long. 15 mm.: Lai. 8 nini.
18J0. Nassa corniculuiii^\aT. ItOUS., Orili. piem., I, pag. 38.
1826. Planaxis discrepans UISS., l'rodr. Eur mérid., voi. IV, pag. 178, fig. 80.
1841. Buccinum semislriatum \aT.i C\LC. Conch. foss. Altav., pag. 63.
1844. Id. id. DESÌI, in LAMCK., ..^Hirn. 5. rcr«., 2 ed., voi. X, pag. 224.
1841. Id. ili var. PIIIL., j»/o«. «e, voi. Il, pag 193.
1877. Nassa semistriata \aT.C 3 ISS., App. paUont., I, pag. 21.
1881 Id. pliocenica \nr. IV, solluv.ir io.v/H/<if<i COPP., Ossnv. malac, pag. 5.
DESCRITTI DA L. BELLARDl 363
Gli esemplari riferiti a questa varietà non sono frequenti : quasi tutti presentano
la forma generale del tipo, di rado la spira vi è più acuta e più lunga.
Varietà B.
Anfractus primi post nucleum embrionalem lotifiitudinaliter costali el transverse suìcati; costae
crebrae, minutae, obtusae, tum rectae, lum subarcualae.
Long. 14 mm. : Lai. 8 rani.
Varietà B'.
Anfractus penultimìis et ultinms in ventre laeves, seu non transverse sulcati.
1877. Nassa seinistriata var. D ISS., Àpp palloni., I, pajj.21.
1877. Id. id. var. D' ISS., A;>p. patconl., 1, pa^;. 21.
1881. Id, pliocenica var. IV, solloyar. coslulata COPI'., Ossen'. malac. , pag. 5 (in parte\
Varietà B'.
Anfractus penullimus in ventre Iransverse sulcatus; salci minuti, plerumque 4 perspicui,
ab interstiliis lalis separati; anfractus ultimus in ventre laevis, seu non Iransverse sulcatus
1877. Nassa semistriata var. C ISS., App.paleont., I, pag. 21.
1877. /(/. id. Tar.C 2 ISS., ///y>./)a/eon«., I, pag. 21.
Varietà B^
Anfractus petiultimus el ultimus in ventre transverse sulcati.
Indipendentemente dalla natura degli ornamenti superficiali, pei quali questa va-
rietà B colle sue divisioni si distingue dalle precedenti, nella grande quantità di esem-
plari che se ne raccolgono , particolarmente nel vallone Torsero presso Albenga , si
incontrano le modificazioni nelle forme generali già indicate per la varietà A e per
la forma tipica, e notevoli differenze nelle dimensioni.
Varietà C.
Testa turrita: spira longior, minus aperta. - Anfraclitì ultimus brevis, dimidia longitudine
brevior, anlice magis daprcssus.
Long. 15 mni.; Lai. 7 '/a nìm.
Siccome i signori Prof. Issel e Dott. Coppi, i quali si sono occupati in particolar
modo di questa specie e delle numerose sue varietà e forme affini, mi hanno gen-
tilmente comunicati esemplari tipici corrispondenti alle varie distinzioni che hanno
stabilite in proposito, così sono in caso di poter riferire con certezza le forme da loro
distinte a quelle che qui ho descritte.
Abbencliè io abbia citato le varie forme distinte da questi chiarissimi autori nella
sinonimia delle corrispondenti qui descritte, tuttavia mi pare opportuno, per maggior
chiarezza, di riferire sotto forma di quadro le distinzioni stabilite tanto dal sig. Prof.
Issel quanto dal sig. Dott. Coppi colla corrispondenza di quelle da me proposte.
364
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1877. Issel. Appunti paleontologici I.
Nassa semistriata Broccli.
Var.
A
=
N.
ita]
'ìca
May.
Id.
B
=
N.
gigantuìa (B
on.).
Id.
C
=
N.
semistriata Brocch.
var.
B'
Id.
C
=
N.
id.
id.
tipo.
Id.
e
^z
N.
id.
id.
var.
B\
Id.
C
=
K
id.
id.
var.
A.
Id.
D
^
N.
id.
id.
var.
B'.
Id.
D'
zn
N.
id.
id.
var.
B\
Id.
E
^^
Sp.
N.
?.
Id. F
Questa forma che molto probabilmente merita di essere
distinta con nome proprio differisce senza dubbio dalla N. se-
mistriata Brocch. per la sua forma generale più turrita,
per gli anfratti più convessi, per la mancanza del solco che
corre posteriormente alla sutura, per la sottigliezza del labbro
sinistro, per la posizione quasi terminale dell'intaglio, per la
maggior brevità delle labbra che lo cu-coscrivono e per il labbro
destro che, per quanto si possa giudicare dallo stato imper-
fetto di conservazione dell'unico esemplare che la rappresenta,
non oltrepassa il piano della bocca.
Quando si avranno esemplari migliori, si potrà assegnare a
questa forma un posto in qualche serie , e descriverla come
specie ben definita, cui propongo il nome di N. sabatica.
N. obìonga (Sass.).
1881. Coppi. Osservazioni fiialucologiclie circa la Xassa semislmta
e N. coslnhiltt del Brocchi.
Nassa pliocenica Copp.
Var. I semistriata fig. 4 = semistriata Brocch. tipo.
Sottovar. turrita fig. 2 = /(/. id.
Esemplari di forma più stretta e più lunga.
Var. II integrostriata fig. 3 z= gigantuìa Bon.
Sottovar. turrita fig. 1 =: /(/. id. var. A.
Vax. III costulata fig. 5 = italica May.
=z Id. id.
Esemplari colle coste in gran parte obliterate
sugli ultimi anfratti.
z= scniistri(ti!i Brocch.
Forma tipica e vaiietà B con dimensioni minori
dell'ordinaria.
= semistridfn Brocch. var. A.
Esemplari con dimensioni minori dell'ordinaria.
Sottovar. subcostulata
Var. IV nana
Sottovar. costulata
DESCRITTI DA l. BELLARDI 365
Il nome di pliocenica proposto dal signor Coppi non può essere accettato perchè
fin dal 1843 lo Strickland pubblicò altra forma col nome di ^j?/oce«a, non sembran-
domi che la leggera differenza dei due vocaboli sia sufficiente a togliere la confusione
che si cerca di evitare con una rigorosa denominazione.
La forma descritta e figurata dal Brongniart (Mém. Vi cent., pag. 65, tav. VI, fig.
8 a, h) col nome di N. semistriata Bors. è certamente differente dalla specie del
Brocchi, ed anche, per quanto è permesso giudicare dalla cattiva figura dell'opera del
Borson (Oriti, jojew., tav. I, fig. 10), dalla N. semistriata ài qyyest'xAiimo autore, la
quale credo doversi riferire alla N. hadensis (Partsch).
Se la figura precitata del Brongniart è esatta, io non saprei a quale delle
specie a me note dei Colli torinesi si possa liferire: la sua forma stretta e lunga,
la sua superficie interamente liscia, ed in particolar modo la maniera indistinta con
cui il labbro destro si accolla e si fonde per tutto il suo margine colla superficie
dell'ultimo anfratto, chiamerebbero questa forma nella 52' serie a lato della N.
atlantica (May.).
Le figure pubblicate dal Grateloup dei fossili che egli riferi alla presente specie del
Brocchi [Atl. Condì, foss., tav. XXXVI, fig. 5, 15) sono così imperfette, che mi è
impossibile giudicai'e se quei fossili delle vicinanze di Bordeaux appartengano a questa
specie o meglio a qualcuna di quelle che vi furono riferite da parecchi paleontologi.
La forma descritta e figurata dai signori Fischer e Tournouer nel 1873 [Anim.
foss. du 31' Lcbc'ron, pag. 125, tav. XVIII, fig. 17) col nome di Na.<'sa semistriata
Brocch., varietas cabrierensis, è senza dubbio una forma differente dalla vera iV. se-
mistriata Brocch. qual è definita in questa Monografia, come ho potuto riconoscere
dall'esame dell'esemplare tipico di Cabrières, gentilmente comunicatomi dal signor
Fischer. Ecco i caratteri pei quali a mio parere queste due formo sono fra loro distinte ,
e che osservai nel fossile di Cabrières; 1° spira più lunga e più acuta; 2° ultimo
anfratto più breve e meno rigonfio ; 3* suture più profonde ed accompagnate da un
notevole ribordo ; 4" superficie tutta e di tutti gli anfratti solcata per traverso ;
5° primi anfratti dopo gU embrionali guemiti di costicine longitudinali; 6° labbro
sinistro depresso nel mezzo ed angoloso anteriormente; 7° labbro desti'o non dilatato
posteriormente; 8* intaglio molto meno laterale, quasi terminale e circoscritto da
labbra più lunglie le quali danno origine ad una specie di canale. Pel complesso di
questi caratteri la forma di Cabrières precitata si collega colla N. dertonensis Bell.
I fossili provenienti dall'Isola di Kodi e riferiti dal signor Fischer nella precitata
memoria alla N. seiiiistriata Brocch. appartengono in parte alla forma tipica, in
parte alla varietà B: i primi hanno tuttavia dimensioni minori di quelle ordinarie
colle quali si trova in Piemonte ed in Liguria il tipo della N. semistriata Brocch.
Nel 1878 il signor Fontannes giustamente apprezzando le differenze del tipo di
Cabrières da quello della N. semistriata (Brocch.) separò definitivamente la prima
dalla seconda, imponendole il nome specifico di iV. cabrierensis Font. {Le Bassin
du Vésan, pag. 107). Lo stesso signor Fontannes ripubblicò poscia nel 1879 [JDescr.
de quelq. esp. nouv. ou peu conn., pag. 7, tav. I, fig. 3) questa sua specie aggiun-
gendovi un'ottima figura. La forma per altro figurata dal signor Fontannes non è
in tutto e per tutto uguale a quella figurata dai signori Fischer e Tournouer; avendo
366 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
fra loro paragonato queste due forme vi trovai le seguenti differenze che potrebbero
dar luogo ad una varietà. Il tipo comunicatomi dal signor Fontannes ha la forma
comparativamente meno lunga e più rigonfia, il ventre degli anfratti liscio, cioè senza
solchi, il solco che corre presso la sutura, caratteristico di questa serie, è accompagnato
anteriormente da un altro solco minore.
Nella ricca collezione di Nasse della Fauna attuale del signor Oav. Tapparone-
Canefri ho trovato col nome di N. semi striata (Brocch.) due esemplari senza indi-
cazione di provenienza, ma molto probabilmente del Mediterraneo o delle coste del Por-
togallo. Dopo averli accuratamente esaminati e scrupolosamente paragonati col tipo fossile
della N. semistriata (Brocch.), riconobbi che uno dei due esemplari, sia per la forma
generale, sia per gli ornamenti superficiali e sia per la figura della bocca e per il
modo col quale il labbro destro si estende sull'anfratto precedente, conisponde in
tutto alla forma qui descritta col nome di N. semistriata (Brocch.) var. B^: nel-
l'altro osservai le seguenti differenze della forma tipica del Brocchi : 1 " spira rela-
tivamente più lunga e più acuta ; 2" ultimo anfratto proporzionatamente più breve :
3° molti solchettini trasversali sul ventre di tutti gli anfratti: per questi caratteri e
per la mancanza di costicine longitudinali questo esemplare costituirebbe una speciale
deviazione dal tipo che non ho finora incontrato allo stato fossile.
Un terzo esemplare proveniente da Vigo sulle coste del Portogallo mi fu inviato
in comunicazione dal signor Marchese di ilonterosato : questo corrisponde per la
forma generale e per gli ornamenti superficiali al secondo esemplare della Collezione
Tapparone-Canefri coli' aggiunta di minute costicine longitudinali sui primi anfratti
dopo il nucleo embrionale.
Finalmente ebbi dal signor Fischer sette altri esemplari del medesimo tipo pescati
alla profondità di 000 metri sulle coste di Barberìa. Di ([ucsti sette esemplari due
appartengono alla varietà B*, uno alla varietà B\ tre alla varietà JB', ed uno alla
varietà A qui sovra descritte. I sei primi esemplari sono senza dubbio della Fauna
attuale, il settimo per la mancanza d'ogni traccia di colore, per la solidità del guscio
e per la sua fisionomia pare fossile e provenire probabilmente dalle marne del plio-
cene inferiore frequentissime sulle coste del Mediterraneo.
È dunque fuor di dubbio che la iV. srmistriafa (Brocch.) caratteristica del plio-
cene inferiore, ha i suoi rappresentanti nei nostri mari attuali.
Questa forma che, a quel che pare, vive ed ha vissuto a notevoli profondità, iia
la sua corrispondente in quella che ho distinta col nome di X. Olivii Bell, nelle
sabbie del pliocene superiore, la fauna delle quali accenna in complesso ad una fauna
di mare poco profondo.
Miocene superiore: Colli tortonesi, 8" Agata-fossili, raro; Coli, del Sluseo.
Pìiocrìie inferiore: Castelnuovo d'Asti, Viale; Vezza; Albenga-vallone-Torsero ,
comunissimo; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, raro; Coli, del Museo; Colli biel-
lesi, Masserano, non raro; Volpedo presso Vogliera, non raro; Coli, del Jfuseo.
Vive nel Mediterraneo sulle coste di Barber'ia e nell'Atlantico sulle coste del Por-
togallo.
descritti da l. bellardi 367
191. Nassa Olivi: Bell.
Tav. IX, fig. te (a, b).
Distinguimi hanc speciem sequenles notae :
1. a iV. semislriala (Broccii.) tipo:
Testa angustiar: spira multo magis acuta. - Anfractus longiores, depressi; ultimus c^ttnidiam
longitudinem subaeqttans: suturae minus profundae. - Os longiiis; labrum sinistrum poslice magis
depressum. inde os poslice magis angustum ; labrum dexterum antice, et praesertim medio et poslice,
magis extensum: rima distimie laleralis, magis obliqua, sublruncata.
2. a N. trausitans Bell.:
Anfraclus longiores, minus convexi, omnes costis longitudinalibus destituii. - Os longius;
labrum sinistrum regulariler arcuatum. - Rima laleralis, magis obliqua, sublruncata , a labiis
brevioribus circumscripta.
Long. 18 '/a nim. : lat. 8 '/a inra.
1842. Buccinum semistriatum E. SISMD., Sijn., pag. 40 (in parie).
1847. Nassa semistriala E. SISMI)., 5yn., 2 ed., pag. 29 [in parte).
?1847. Id. id. TEyti., Slral.List of bril/i.foss., i)3g.6.
1874. Buccinum semislriatum DE STEf., Foss.plioc.S' Miniato, pag. 35.
1877. Nassa semistriala MOÌSTER., Catal.Conch.foss. Mi' Pellegrino e Ficarazze, p?g. 12.
1878. Jd. id. UE STEF. e PANTAN., Moli. plioc. Siena, pag. 101 (vai. ecostala].
1880. Id. id. SARTOR., // Colle di » Colombano e suoi Foss., pag. 14.
Pliocene superiore: Valle Andona, ecc., comunissimo; Coli, del Museo.
49* Serie.
Nucleiis eìtibrionalis longtis, subacutus. - Testa turrita: spira longa. - An-
fractus parum convexi. - Superficies tota ìongitudinaliter ecostata, transverse tota,
vel in parte, sulcata; sulcus prope suturani posticam decurrens. - Os elongatum ;
labrum sinistrum antice dilatatiim ; labrum dexterum antice et medio vix ultra os
productum, poslice plus minusve extensum: columella subarctiata: rima subtermi-
nalis, valde lata, a labiis brevissimis circumscripta.
I principali caratteri di questa serie sono la posizione piii o meno terminale del-
l'intaglio, la notevole sua larghezza, la brevità delle labbra che lo circoscrivono e la
mancanza di costicine longitudinali.
192. Nassa megastoha Bell.
Tav. IX, fig. 17 (a, b).
Testa turrita: spira longa, valde acuta. - Anfraclus parum convexi; ultimus '/j lolius
longitudinis subaequans. - Superficies ìongitudinaliter ecostata, tota transverse sulcata: sulci
minuti, pauci ; sulcus posticus vix aliis major; sulci prope rimam decurrentes latissimi , ab
interslitiis anguslis separati. - Os ovale; labrum sinistrum subarcuatum; labrum dexterum
poslice salis extensum.
Long. 19 mm. : Lat. 8 Va mm.
368 1 MOLIASCni pei terreni TERZIARII del PIEMONTE ECC.
TarielA A.
Tav. IX, fig. 18 (a, b).
Labrum dextenim ultra os subregulariter extensum, postice vix produclum.
Long. 19 nino.: lai. 8 mni.
Varietà B.
Tav. IX, fig. 19 (a, b).
Spira brevior, magis aperta.
Long. 18 mni. : Lai. 8 '/j nana.
Varietà C.
Tav. IX, Cg. 20 («, b).
Spira brevior, magis aperta. - Labrum dexterum postice vix ultra os produclum.
Long. 16 V9 oìm.: lai. 8 mna.
Varietà D.
Sulci transversi obsoleti, vel rix passim perspicui.
Long. 1G ram. : Lai. 7 '/a '^^■
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'^ Agata-fossili, non frequente; Coli, del
Museo.
193. Nassa Pant.vnf.llii Beli..
Tav. IX, Og. 21 (a, b).
Testa crassa: spira ad apicem vakle acula, medio e.vcavala. - Anfraclus ver.ius suluram
posticam leviter convexi; ullinius ventrnsus, diniidiam longiludinem subaequans: sulurae salis
profundae. - Superdcies nitfns, transverse silicata; sulci minutissimi, obsoleti, nonnulti passim
perspicui; sulcus unus major prope suiuram posticam docurrens; sulci prope rimam decur-
renles iali. - Os amplum; labrum sinislrum subarcualuni, cantra rimam vix subangulalum;
labrum dexterum panna rt suliuiiiformiler ultra os extensum.
Long. 17 mm. : Lai. 9 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo.
194. Nassa nitens Bell.
Tav. IX, fig. 29 {a, b).
Testa turrita : spira longiuscula, acuta, versus npicem cxcavala. - Anfraclus primi an-
gusti, complanali, subcylinitrici , reliqui convexiusculi ; ultimus brevis, antice salis depressus,
dimidiam longiludinem subaequans. - Supcrficios laevis, tiilens; sulcus projìe suluram posticam
in omnos anfraclus dccurrens ; pars antica ultimi anfraclus trmisversc sulcato-striata. - Os
subovalc; labrum sinislrum arcualum, ante marginem oris incrassatum , centra rimam non
angulosum, inlcrius minute pluri-plicatum ; labrum dexterum antice parum ultra os produclum,
DEtìCKITTI DA L. BELLAKDI 369
medio et praeserlim postice lale extensum : columella subraedio salis profonde excavala: rima
sublerminalis. tnagh lata quam profundn, a labiis brevibus circumscripta.
Long. 15 mm. : Lai. 8 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'"* Agata-fossili, non frequente; Coli, del
Museo.
195. Nassa oblita Bell.
Tav. IX, fig. 23 (a, b).
Testa turrita: spira parum acuta. - Anfractus convexi; ultimus brevis , vix dimidiam
longitudinem suhaequans, venlrosus, anlice valde depress'is: suturai satis profundae. - Su-
perficies laevis; sulcus prope suluram posticara decurrens minutus; interdum salci Iransversi
rainores passim perspicui - Os breve, latum, siiborhiculare; labrum sinislrum arcuatum, prope
rimani deprensum , inlerius minute pluri-plicalum ; labrum dexlerum postire late exleiisum:
columella medio profunde escavala: rima lata et satis profunda , a labiis longiu'iculis cir-
cumscripta.
Long. 1 4 mm. : Lai. 8 mm.
Varietà A.
Superficics tota Iransverse minute sulcata.
Long. 13 mm. , Lai. 7 mm
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, non raro; Coli, del Museo.
50' Serie
Nucldis cmhrionalis nuignus, latus , valde obtusus. - Os ovale; labrum sini-
sfrum arcuatum; labrum drxterum ultra os antice et medio parum extensum, postice
magi.s productum: rima terminalis, a labiis indistinctis circumscripta.
La forma larga od ottusa del nucleo embrionale, la posizione terminale e la lar-
ghezza dell'intaglio, e la brevità delle labbra che lo circoscrivono, sono le note prin-
cipali caratteristiche di questa serie.
196. Nassa Benoisti Bell.
Tav. IX, fig. 2» (rt, A).
Testa ovatn-subl'usifortnis: spira medio injlata. - Anfractus paruno convexi ; ultimus di-
midiam lon()itudinem aequans, anlice parum depressus. - Superticies Iota longitudinaliter ecostata
et Iransverse sulcata; sulci 6-7 in primis el mediis anfraclubus perspicui, 18 in ullimo, mi-
nuti, ab iiiterslitiis latis et complanalis separali, sub-uniformes, prope rimam laliores, ab inter-
stiliin minoribus st'iuncti. - Os ovale; labrnm sinislrum inlerius minute pluri-plicalum; labrum
dexlerum undique. satis ultra os produclum, praeserlim postice.
Long. U mm. : Lai. 7 V; mm.
Miocene inferiore: Colli tortonesi, S'"" Agata fossili, rarissimo; Coli, del Museo.
Serie II. Tom. XXXIV. »t
370
I MOLUSCHI DEI TEKRENl TEKZIARII DEL PIEMONTE ECC.
61' Serie.
Nueleus cmìirioyiaUs brevis, ìatus, ohtusus. - Anfractus valde convexi ; uìtbmts
dìniuìia longitudine brevior. - Superficies nitens, tum tota lacvis, tum tota vel in parte
transverse minute silicata, tota longitudinaliter ecostata. - Os suborbiculare ; labrum
sinistrum simplex, in aduìtis interdum levitcr incrassatum, interius tum lylicatum
tum larve, arciiatum ; labrum dexterum vix et uniformiter ultra os productum :
columella medio profimde excavata, valde contorta, anticc detruncata: rima lafe-
ralis, valde obliqua, lata, profunda, elabiata, vel rix sublabiata.
Le forme di questa serie die sono collegate con quelle delle tre precedenti per
la presenza del solco che corre presso la sutura posteriore su tutti gli anfratti, se ne
separano per la presenza contemporanea dei seguenti caratteri: 1° anfratti molto con-
vessi e perciò suture profonde; 2" anfratto ultimo più breve della metà della lun-
^ghezza totale; 3" labbro destro appena ed uniformemente per tutta la sua lunghezza
protratto oltre il piano della bocca : 4° columella molto contorta, notevolmente inca-
vata nel mezzo ; 5° intaglio laterale, molto obliquo, profondo, quasi troncato.
197. Nassa Chierighinii Beli..
Tav. X, fis. 7 («, b).
Testa turrita: spira longa. - Anfraclus valde convexi; ultimus vnnlrosus , antico valde
depressiis: suturae profundae, subcanaliculalac - Superficies nitens, Iransverse tota sulcnta;
sulci minuti, ab intersliliis latis separati , 6 plerumque in anfraclubus primis el mediis per-
spicui, 15 in ullimo, anIiTiores prope riiiiain decurrenlcs laliores, ab inlersliliis aiijiuslio-
ribus separali. - Os suborbiculare; labrum siiiislrum arcualum , nnticf dilatatum, in adultis
interius incrassatum el minute pluri-plicntum: coluini>lla medio profunde excavata et valde
contorta.
Long. 20 mm. : Lai 10 mm.
Pliocene inferiore : Albenga-vallone-Toi-sero, non raro ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore : Colli biellesi, Masserano, frequente ; Coli, del Museo.
198. Nassa De Gregorii Bell.
Tav. X, fi};. « {a, b).
Dislinguunl liane specieui a N. Chierighinii Bell, sequentes notae:
Nucleus embrionalis magis obtusus. - Testa minor. - Anfractus niinus convexi- uUintu
longior, dimidiam lungitudinem suba^quans. - Sulci transversi in ventre subnulli, vix passim per-
spicui, exci'ptis sulcis prupe riinam decurrenlibus. - Os lougius, antice r/.r dilatatum: labrum
sinistrum magis distincte arcualum: columella multo minus excavata et minus contorta : rima
minus lateralis.
Long. 10 mm. : Lai. 5 '/, mm.
Miocene .-iuprriorc : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro: Coli, del
Museo e liovaseuda.
descritti da l. bellardi 371
199. Nassa oblonoa (Sass.).
TaT. X, fig. 9 (a, 4).
Dislinguunl hanc specietn a N. Chierighinii Bell, sequenles nolae:
Testa minor: spira lonqinr, magis acuta. - Anfractus mayis convexi , indo siUurae viagis
profundac. - Sui>crlicies laevis, nilens; sulrus unicus minutns prope suturarti poslicam dccurrens
in omnes anfractus, inlerdum in ultin.o obsoletvs. - Os hrevius, latius; labrum sinistrum simplex,
medio dilatalum, interius laeve: columella magis rcgulariter et minus prufunde excavata: rima
magis lateralis.
Long. 14 mm. : Lai. 7 nini.
1897. Bticcinuin nbtnngum S.\SS., Sagy. gccl. Bac.lerz Allienga, paj^. 481.
1873. Nassa corniiuluin COCC, Bnum. Siit. \fuU.mini e plioi. Pnrm.e Piac, pag. 84.
1877. III. semistriatn \aT.F. ISS., App. paleiinl., I, papf. iO.
L'identificazione di questa fonna con quella che il signor Prof. Cocconi riferi alla
N. corniculum (Oliv.) è fatta dietro l'esame di un esemplare di Kiorzo gentilmente
comunicatomi dal prefato signor Professore.
Miocene superiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli, del Museo
e Rovasenda.
Fliocene inferiore : Viale presso Montafia ; Zinola presso Savona , Albenga-val-
lone-Torsero, non frequente ; Coli, del Museo.
62' Serie.
Nucleus eìvlrionalis hrevis, ohtusus. - Anfractus convexi; ultimus dimidiam
longitudinem nequans vel siihaequans. - Superficies in primis anfractuhus longi-
tudinaJiter costata, in iiìtimis ecostata; tota vel in parte transverse sulcata. - Os
ovaie, postico angustatum , canaìiculatum ; labrum sinistrum leviter incrassatum ,
interius plicatmìi; labrum dexterum gracile, regioneni umbilicaleni amplectens ,
undiqiie latissime productum et a superficie ultimi anfractus indistinctum : colu-
mella arcuata: rima subterminalis, lata, profunda, a lahiis brevibus circums cripta.
E ovvio distinguere lo forme raccolte in quest'ultima serie per la natura del labbro
destro : questo infatti si estende anteriormente per modo da rivestire intieramente la
regione ombelicale, quindi, tanto nella regione mediana quanto nella posteriore, si estende
oltromodo o va gradatamente assottigliandosi per maniera da fondersi colla sottostante
superficie dell'anfratto, sicché re.sta indefinito il suo margine.
200. Nassa tersa Bell.
Tav. X, fig. 1 (fl, 6).
Testa sub fusi formi s: spira Inngiuscula, satis amia. - Anfractus parimi convexi; ultimus
longus, dimidiam longiludinem aequans. - Superficies nilens, in anfractuhus primis Inngilu-
dinaliler costata et transverse striata : coslae minulae, crebrae, ab interstitiis anguslis separalae,
372 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
reclae, leviter obliquae; slriae plerumque 8 ih primis anfractuhus perspicuae, uniformes, com-
planatae, a sulcis aiigusti$ seiunctae; coslae el slriae in anfractu sexio sensim sine sentu eva-
iiescentes, in reliquis niillne. - Os ovale; labrum sinislrum postice depressum , marginatum ;
labrum dexlprura nilens . inlerdum ad suluram posticam anfraclus praecedentìs productum.
Long. 20 mm. : Lai. IO mm.
Buccinum glabratum BON., Catal. M. S. n., 886.
1840. Jtl. id. E. SISMO., Syn., pag. 40.
1847. Kassa gtabiata E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29.
VarieM A. aa species dìstÌD);aeada .')
Nucleus embrionalis subacutus , longior. - Testa brevior , rentrosior: spira brevior , magis
aperta. - Anfractits ultimus postice minus depressus. - Costae longitudinales et striae trantversae
prinwrum anfractuum vix passim perspicuae. - Os postice minus augiistalum.
Long. 22 mm. : Lai. 9 mm.
Non ho potuto conservare a questa specie il nome che le diede molti anni sono
il Bonelli nella collezione del Museo zoologico di Torino e che fu riferito dal Sismonda
nelle due edizioni del Synopsis, perchè semplice nome di catalogo e non pubblicato
colla corrispondente descrizione della forma, e perchè altra specie del genere apparte-
nente alla Fauna attuale fu descritta e pubblicata da A. Adams, collo stesso nome.
Pliocene superiore : Colli astesi, Valle Andona, raro ; Coli, del Museo e ilichelotti.
Pliocene inferiore : Zinola presso Savona, rarissimo ; Coli, del Museo.
Varietà A — Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo.
201. Nassa crebricostolata Bell.
Tav. X, fig. 2 (a, b).
Distinguunl hanc speciem a ^V. tersa Bell, sequenles nolae:
Testa minor: spira minus acttla. - Anfructus magis ronvexi , inde suturae profundiores. -
Superjìcies tota longitudinaliter costata el transverse striata : costae longitudinales in parte ven-
trali et antica ultimi anfractus et prope marginem oris obsoletae.
Long. 9 mm. : Lai. 7 mm. ■
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo.
202 Nassa elabrata Doderl.
Tav. .\, fig. 3 (a, b).
Dislinguunl hanc speciem a N. tersa Bell, sequenles nolae :
Testa minor: spira minus acuta. - Anfractus minus convexi. - Costae longitudinales ma-
jores, pauciures, ohlusae, axi testac iiarallrlae. usque ad penultimum anfraclum productae: striae
transversae minutissimae, vix sub lente perspicuae.
Long. \\ mm. : Lai. 5 '/, mm.
1864. ffatta tlabrnta DODERI,., Cenn gfol.mìoc.ttip Itat.centr., pag. 105
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 373
L'esemplare figurato nella tav. X, fig. 3, a, h, che è il solo che io conosco dei
Colli tortonesi, ha il labbro sinistro posteriormente imperfetto per antica lesione e pei*
posteriore accomodamento , dalla qual cosa risultò un solco a guisa di canaletto ;
sembra perciò a primo aspetto che questa forma debba riferirsi al genere Cijllenina
cui certamente non appartiene.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili , rarissimo; Coli, del Museo.
SOS. Nassa atlantica (May.).
Tav. X, fig. 4 (a, b).
Testa kviter obliqua, ventrosiuscula : spira parum longa et paruui acuta. - Anfractus
parutii convexi; ultìmus dimidia lonqiludine lonfjior, anlice parum convexus, obliquus: sulurae
paruui prol'undae. - Superficies laevis , exceplis coslulis longiludinalibus obsoletis in duobus
primis anfractubus et sulcis nonnullis minulis prope ritnam decurrenlibus. - Os ovale ; labrum
sinislrum exlerius inflatum, interius minute pluri-piicalura, postice depressum; labrum dexterum
minus exlensum qnam in speciebus praeccdenlibus : columplia valde contorla, anticc profunde
excavata: rima a iabiis brevissimis circumscripta.
Long. 10 mni. : Lat. 6 rara.
1860. Buccinum (Nassa) atlantiaim MAY. in imOr«N, Mitt. tert. Schifi. 5" Maria, pag. 26, taT. I,
fig. 6 [mala, fide .ìfat/eri).
1864. /</. irf. id. MAY., re«. foan. ^/:or. !/nrf .l/arfeira, pag. 75, taT. VII, fig. 56.
Varietà A (an species dìstinguenda ?)
Testa brevior. - Anfractus omnes lonqitudinaliter ecostati.
Long. 9 mm.: Lat. 5 mm.
La figura del Buccinum atìanticum May. publjlicata nella precitata Memoria del
Bronn rappresenta una forma così diversa dalla presente che non ve l'avrei certa-
mente riferita se il signor Prof. Mayer nella sua Memoria sulla Fauna terziaria di
Madera non avesse avvertito che la figura pubblicata dal Bronn era cattiva, e se
la figura che egli ha pubblicata nel 1874 non corrispondesse al fossile dei Colli
torinesi qui descritto.
La forma che mi pare doversi, fra le nostre, riferire alla specie di Madera non
differisce da quella di Pinheiros che per il labbro destro, il quale in es.sa non fi
protende fino alla sutura posteriore come si osserva nella figura del Buccinum atìan-
ticum pubblicata dal sig. Prof. Mayer.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo.
204. Nassa subecostata Bell.
Tav. X, fig. 5 (a, b, e).
Dislinguunt hanc speciem a N. tersa Bell, sequentes nolae:
Nueleus embrionalis lalior , obtusior. - Testa minor: spira brevior, magis aperta. - An-
fractus ullimus magnus, dimidia longitudine longior. - Costae longiludinales pauciores, majores,
374 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIAEII DEL PIEMONTE ECC.
rectae, paitsim ohsolelae. - Os amplius, lalius; labrum sinislnim postice non depressum , antice
dilataluin: columella medio magis excavata: rima miiius profunda et tnagis laleralis.
Long. 9 mm. : Lai. 5 '/i nani.
Pliocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro ; Coli. Ro-
vasenda.
205. Nassa nova Bell.
TaT. X, flg. 6 (a, b).
Distinguunl hanc speciem sequenles nolae:
1. a iV. tersa Bell.:
Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Aiifractus pauciores, depressi; ultimus major,
dimidia longitudine longior, tmitrosus, anlice magis depressus. - Costae longitudinales pauciores,
majores. - Os amplius, suborbiciilare ; labrum sinistrum antice dilatatum, postice mimis depressum.
2. a N. subecoslala Bell.:
Spira magis aperta. - Anfractus ultimus longior , primi et medii complanati. - Striae Irans-
versae primorum anfractuum majores. - Os postice magis angustatum , antice dilatatum: rima
magis obliqua.
Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro ; Coli. Rovasenda.
DESCRITTI DA L. BELLAEDI
375
?. Sotto-famiglia nYLLENINAE Bell. (1882).
Os postice in canaliculutn nnqustum prope suturam postiram de'currem et a sutura postica
per marginem callosum separatum produclum.
La presenza del canaletto che, partendo dall'angolo posteriore della bocca, consi-
milmente a quanto ha luogo nelle Olividi, si protende più o meno presso la sutura
posteriore, che è caratteristico del genere Cyllene, e che osserrai in un buon numero
di forme in generale riferite finora al genere Nassa e distinguibili , a mio parere ,
dalle vere Cyllene, mi ha consigliato a separare queste forme dalla sotto famiglia
delle Nassinae ed a costituire per esse una sotto famiglia particolare.
I. Genere CYLLENE Gray (i83i).
Nucleus ewhrionalis parvus, angtistus, longiusculus : spira hrevis. - Anfractus
postice late depressi; nUinius dimidia longitudine longior : suturae marginatae. -
Os postice callosum; labrum sitiistrum incrassatum , anticc suhsimtosum : labrum
dexterum ultra os productum, antica transverse rugosum: columella vix medio
excavata.
Le vere Cyllene sono caratterizzate da una forma tozza e breve, dall'ampiezza del-
l'ultimo anfratto, dalla brevità della spira e dalla notevole apertura dell'angolo spirale.
1825.
Nassa
Desnoyersi
1831.
Buccinum iti.
1833.
Jd.
id.
1837.
Id.
id.
1837.
Nassa
id.
1838.
Buccinum id.
1847.
Id.
id.
1848.
Id.
id.
1852.
Nassa
id.
1853.
Buccinum lyratum
1853.
Id.
id.
1860.
Id.
id.
1875.
Cyllene .
Desnoyersi
1881.
Nassa
lyrata
1882.
Buccinum
lyratum
1. Cyllene Desnoyersi (Bast.).
BAST., Mém.Bord.. pag. 50, tav.II, fig. 13.
GRAT., Tabi. Coq.fuss. Pax, n. 515.
JAN, Calai. Condì, fos.f., pag. I.!.
DUJ., Mèm. géol. Tour., pag. 299.
PUSCH, Pol.palàont., pag. 121.
GRAT., Calai. Ànim.yert. et Invert. Gironde, pag. 41.
GRAT., Ali. Condì, foss., tav. XXX, fig. 22.
HOERN., l^erz. foss.-Heste lert.-Beck. fVien, pag. 17.
D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 84.
HOERN., Moli. foss. Wien, toI.I, pag. 152, tav. XII, fig. 19.
NEUGEB., Beitr.Tert.Moll.Ober-Lapugy. pag. 31.
NEUGEB., Syst. yerz.-terU iloll.-Geh., pag. 9.
TOURN., Cyll. foss. terr. mioc. Europ., pag. 332, tav. XV, fig. 1-4.
BARD., Etud.paleout.terr.tert.tnioc.de Maine-et-Loire, pag. 104.
R. UOERN,, u. M. AUING., Casto: mioc. Oesteir.-Ung. j?/onarcA.,pag. 148.
VarielA A.
Tav. X, lig. 11 (a, b,).
Testa crassior: spira brevior. - Anfractus ultimus antice minus attenuatus; depressio postica
magis profunda. - Costae longiludinaìes paucinres, 8, inaiores, oblusiores, interstilia subaequanles ;
376 I MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII PEI- PIEMONTE ECC.
costulae transversae minutar, crebrae, ab intersliliis anfjiistis spparatae, uniformes, undique decur-
reiìtes, interdum duae viaiores in di'pressionem jwslicam decurrentes .
Long. 43 (noi.: Lai. 8 mm.
1842. Buccinum Pesnoytrsi ¥.. SISMU., Syii-, pag.4(.
1847 .\assa id. MICHIT!., Foss mine, pag S09.
1847. Id. id. E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 98.
TarieU B.
Testa minor, anguslior. - Costae longilwlinales 1 0, mnjores, reclae. oix prope rimani sub-
sinuosae : costulae transversae vi.c passim perspicuae , duae majures in depressionem poslicam de-
currentes.
Long 1 1 inai. : Lai. 5 ' ,', nini.
VarieU C.
TaT. X, fig. 10 (<j, b).
Testa major: spira miujis aperta. - .infractus postice miiius excavati. - Costae longitudi-
iiaUs IO, pronìineiìtos, ìnlcrstiliis minores, obliquile, prope rimani sinuosae , ad marqinem nris
nullae; coslnlae transversae minutac, rrebrae, a sidro minntn separalae. iinifurmes, in interslitiis
coslarum longiiudinalium praeserlim nolalae, undique decurrentes. - Labrum dexterum crassum.
Long. -15 mm. ; Lai 9 mm.
Accettando la proposta fatta dal sig. Tournouer di risguardare come tipo della
specie di Basterot la forma di Leognan da esso figarata a tav. XV, fig. 1 , nella
precitata memoria, ho descritte le forme a me note del Piemonte in modo comparativo
a questo tipo.
La varietà A corrisponde presso a poco alla forma n. 1, tav. XV, fig. 2 e 2°,
senonchè le sue dimensioni sono notevolmente minori e la forma generale è in essa
più breve, e più rigonfia nel mezzo, langolo spii-ale più aperto, e l' ultimo anfratto
più assottigliato anteriormente.
La varietà B manca del suo rappresentante nelle forme figui'ate dal Tournouer.
Finalmente la varietà C pel complesso dei suoi caratteri segna distintamente il
passaggio dalle forme precedenti alla Ci/ll. ìyrata (Lamck.) della fauna attuale e riempie
una lacuna geologica, poiché si trova nel pliocene inferiore di Vezza.
Questa varietà C ha i caratteri generali della forma figurata dal sig. Tournouer,
tav. XV, fig. 4 ; le sue dimensioni sono tuttavia minori e le coste longitudinali più
grosse e più sinuose.
Avendo paragonato questa forma di Vezza con tre esemplari del Senegal esistenti^
nella Collezione malacologica del K. Museo di Zoologia di Torino, non trovai nel fossile]
che le seguenti differenze dai viventi: 1" dimensioni un po' minori: 2° superficie tutta |
attraversata da numerose costicine uniformi , separate da un solco stretto consimil-
mente a quanto ha luogo nelle altre varietà fossili , mentre che nei tre esemplari
sovraiiUiti il ventre dell'ultimo anfratto è interamente liscio; 3° labbro destro più
grosso specialmente nella regione anteriore.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 377
Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Val Ceppi, non
frequente; Coli, del Museo.
Varietà A e B. — Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Termo-fourà,
Val Ceppi, raro; Coli, del Museo e Michelotti.
Varietà C. — Pliocene inferiore : Yezza, presso Alba, raro; Coli, del Museo.
2. Genere CYLLENlNA Bell. (1882).
Nueìous embrionaìis parvus, acutus. - Testa nassaeformis : spira longa. -
Anfractus ultimus dimidiam longitudinem subaequans, antice plus minusve depressus.
- Os ovale; labrum sinistrum non, vel vix, antice subsinuosum : colmnella medio
vel postice, profunde excnvata , ad apicem valde contorta: rima postice carinatu.
La forma stretta e lunga e la brevità delle labbra cbe circoscrivono l'intaglio
anteriore, caratteri che danno alle forme clie li presentano la fisionomia generale delle
Nasse, mi hanno suggerito di formare per esse un distinto gruppo generico, stretta-
mente collegato colle vere Cyllene dalla presenza del canaletto in cui si prolunga
posteriormente la bocca.
La maggiore o minore lunghezza del canaletto posteriore della bocca, la maggiore
0 minore gi-ossezza della callosità che lo separa dalla sutura posteriore, la presenza
0 l'assenza di strie o solchi trasversali presso l'intagUo, e la forma del labbro destro
mi hanno somministrato il mezzo di distribuire in serie le forme che ho raccolte in
questo genere.
I Sfzioive.
Canaliculus poslicus oris lonpus, per loluiii ulliinum aniracluin el ultra pcrspicuus el
a sutura postica per marginem plus minusve lalum separalus. - Labrum dexterum plus
minusve crassum el ultra os produclum.
1" Serie.
Anfractus ultimus cantra rimani laevis, scu non transverse striatus. - Super-
fìcies laevis, nitens. - Labrum dexterum oris antice et medio parum, postice late,
ultra OS productum, per totum marginem anfractui praecedenti adhaerens.
La mancanza delle solite strie, 0 solchi trasversali, che corrono sull'ultimo anfratto
presso l'intaglio e la superficie liscia e nitida coUegano fra loro assai naturalmente
le forme raccolte in questa serie e le distinguono benissimo da quelle delle altre.
Serie II. Tom. XXXIV. . >z
378
I MULLL6CU1 DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
I. Cyllenina ancillariaefobmis (Grat.).
Tav. X, fig. n {a, b).
Testa subfusiformis : spira ad apiceiii acutissima, dein minus acuta- - Anfractus cotn-
planati, pnulire jiarnm depresai ; ullimus mafi;nus, diraidiam iongiludinem aequans, anlice vix
depressus : siilurae lineares. - Superficies longitndinaliter nodosn-costata, nodorum series unica
traiisversa in primis et mediis anfracUibns prope suturam anlicam decurrens; nodi plerumque
8, magni, in nltimo anfractu in costai plus minusve dislinclas transfnrmati el vrrsus rimnm plus
minusve producli. - Os subovale; labruoi siiiislrum exterius marginalum, poslice incrassalum,
inlerius tum pauci-plicatum, (um laeve; labrum dexteruni crassum, poslice ultra os valde pro-
ducliim : columelia anlice snbrecln, postice profunde excavata; callum posticum permagnum.
Lonji. 21 ram. : Lat. 10 mm.
1832.
Bitceinwn
ancillitriaeforme
t8i7.
Id.
id.
1847.
Nassa
miocenica
1847.
Id
id.
V 1859.
U
id.
1852.
Buccinwn
ami tlariae forme
18.1.3.
Id.
iniocenicum
1864.
Nassa
miocenica
1869.
Buccinum
miocciiicum
187.3.
Nassa
miocenica
1873.
Buccinum
miocenicum
1874.
Id.
id.
1875.
Nassa
miocenica
?1875.
Id.
anciltariaeformis
? 187'.).
Id.
suhdupiicala
1881.
Id.
miocenica
1882
Bmviimni
miocciiicum
GIIAT., Tabl.Coq fuss. Dax, n. 509.
GR.\T., .4tì. Conch.foss., tav. XXXVI, Br 3.
.MICUTTI., Foss.mioc., pag.205, tav. XVII, fig. 1.
E. SISMD., Stjn., ì ed., pag. 29.
IVORB., Prodr., voi. IH, pag. 84.
D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 85.
IIOKIIN., M„ll.foss. Wieii, pag. 153, tav. XII, Bg. 21 (in parte).
DOUEUIj , Celili, gcol. mioc. sup. Ilal. ceiitr., pag. 101.
COPP., Calai foss. mioc. e plioc. Moden., pag. 25.
COCC, Enum. Sisl. Afoll. mioc. e plioc. Parm. e Piac, pag. 84.
MAY., Sy.it. rerz. rerst. HeU:, pag. 33.
COPP., Calai, foss. mio-plioc. Moden. Coli. Copp., pag. 2.
TOX'lXy. Joiini.de Coiich., voi. XV, png. 330, in noia.
BOUll.L., Paleoiit. de Biarritz, pag. 93.
FONT., Tcrr.miuc.de Cuciiron, pag. 517, Im. I, fig 10.
COPP.. Paleiiiit. moden. .^ pag. 35.
K. HOKliN. u. M. AUING., (iaiter. mioc. Oesterr.-Ung. Monarch. pag. I3&,
tav. XIII, fig. 32.
Variano in questa specie: 1° le coste nelle quali si pi'olungano i nodi, le quali
ora sono quasi obliterate, ora distinte ma piccole, ed ora grosse protratte fin verso
il solco che accompagna posteriormente la smarginatura anteriore, ed al quale non
giungono mai.
Paragonando fra loro le tre forme figurate dall'Hoernes col nome di Buccinum
miocenicum Jlichtti. e colla vera Nassa miocenica del sig. Michelotti, è ovvio il rico-
noscere che quelle tre forme sono fra loro notevolmente diverse.
1. La forma figurata a fig. 21, tav. XII, è certamente una Cyllenina, avendone
ben distinto il canaletto caratteristico e l'orlo che lo separa dalla sutura posteriore,
ed è molto probabilmente un esemplare giovane ed incompleto della Nassa miocenica
Michtti: mancano infatti in essa le strie od i solchi che coirono presso l'intaglio, la
quale mancanza è pro])ria della serie, cui appartiene la forma pubblicata dal signor
Michelotti.
2. Quella rappresentata dalla figura 20, di cui ricevetti dal sig. Fuchs due
esemplari tipici, i quali vi corrispondono esattamente, è anch'essa senza dubbio una
Cijllenina per la presenza del canaletto posteriore della bocca, e, sia per la lunghezza
di questo che è visibilissimo oltre l'ultimo anfratto, sia per il grosso orlo che lo
separa dalla sutura posteriore, appartiene alla prima sezione di questo nuovo genere,
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 379
nella quale per i suoi caratteri generali e specialmente per le strie ed i solchi trasversali
che corrono presso l'intaglio, potrà costituire una serie distinta.
3. Quella della figura 22 è una vera Nassa che io ho riferita alla N. tur-
gida Eicw. e che il signor Doderlein aveva nominata N. Bufo nel 1864.
I signori E. Hoemes e M. Auinger nella loro recente Monografia del genere Buc-
cinuni hanno anch'essi riconosciuta la necessità di separare le tre forme riunite sotto
lo stesso nome dall'Hoernes M., e riferirono al Buccinum (Usita) miocenicmn la forma
della figura 21, pubblicarono col nome di Buccinum (Cominella?) grundense K.
Hoern. u. M. Auing. quello della figura 20 e con quello di Buccinum (Uzita)
ohliquum V. Hilber quello della figura 22 della precitata opera dell'Hoernes M.
I signori E. Hoernes e M. Auinger non tennero conto del canaletto in cui la
bocca si prolunga posteriormente e che è caratteristico delle Cyllcne.
Quantunque la figura pubblicata dal Grateloup del suo Buccinum ancillariaeformis
sia alquanto imperfetta, tuttavia presenta ben definito il canaletto posteriore, ed è più
che suificiente perchè in essa si possa riconoscere la forma qui descritta : nella quale
opinione mi sono confermato dall'esame di un fossile delle vicinanze di Dax esistente
nelle Collezioni paleontologiche del Giardino delle Piante a Parigi, che portava il nome
del Grateloup, e che corrispondeva esattamente alla forma dei Colli tortonesi.
Miocene superiore : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del
Museo.
2. CyLLENINA IKIIEBRINA BeLL.
Tav. X, fi;;. 18 («, b).
Testa subfusifurmis : spira elongala, vaUv acuta. - Anfraclus laeviter convexi, poslice
depressi ; ulliiuus dimidia lumfiludine breoior, aiUice allenualus. - Superficies nitens, in primis
anfraclubus longiludinaliler costala et traiisverse striala: coslae in anfraclubus mediis et
ultimo iiblusae, obliquae, ante suturavi puslicam Icnninalae, ibi nodiformes, ah iiilerstitiis latis
et pariiin profundis separatae, plerumque 10, anlice allenuatae, ad rimnm uon produrlae: slriae
transversae in anfraclubus mediis et ultimo nullae. - Os ovale , elongatum; labrum sinistrum
postice depressum, anlice dilalalura, plerumque incrassatum, interius pluri-plicatum ; labrum
dexterum salis et subunifurmiter ultra os pruduclum , in adullis prope angulum posticum oris
unituberculiferum: columella subarcuala.
Long. 14 nini.: Lai. 6 nini.
1861 Nassa subpolita DODERL., Cerni. geni, tcir.mioc.suj>. Ital.cenir., pag. 105 (excl. Sjnon).
Varietà A.
Anfraclus tertius post nucleum embrionalem transverse trisukalus, quartus bisutcatus cantra
suturam posticam; snlci angusti, Uneares, profundi, subaequidistantes, ab inleriiiitiis latis separati
Long. 11 mm. : Lai. 5 mm.
380
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
TarìeiA B (aa species distinguenda?) .
TsT X, fig. 13 {a, b).
Testa crassior: spira brevior, minus acuta. - Os brevius; labrum sinistrum subarcuatum,
vix postice depressum; labrum dextertim prope augulum poslicum ori$ unituberculiferum.
Long. 15 nim. : Lai. 7 lum.
Miocene superiore : Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, Stazzano ; Tetti Borelli presso
Castelnuovo d'Asti, non raro; Coli, del Museo.
2' Serie.
Anfractus ultimus contra rimani transvers» striatus. - Superfìcies laevis. -
Labrvin dexterum oris antìce et medio parum ultra os productum, postice plus
mimisve late extensum, gracile, per totum marginem anfractui procedenti adhaerens.
iute strie ti-asversali presso l'intaglio separano questa serie dalla
questo per tutto il suo margine
La presenza tU minute strie ti-asversali presso l'ii
precedente: la gracilità del labbro destro e l'essere questo per
aderente alla superficie sottostante la distinguono dalla quarta.
3. Ctllenina pauluccuna (D'Anc).
Tav. X, fig. 19 (a, b).
Tesla turrita, avqusta: spira loiisa, vaidc acula, medio infiala. - Anfractus vix convexi,
postice ilepre.isi ; ullimus % tolius longiluilinis subaequans, aiilice parum depressus, alle-
nualus. - Superlìcics lougitudimtiter cogitala: coslae pleninuiue 9, rectar, tnagnae^ obtusae,
axi Irslae parallelae, nule suliiram pnsticam tcrminatae, in ullimis anfrartubus obsolelae: sitici vel
striai' trnusi'craa)' nullae, exceplir^ sulciilis noniiullis vix nolalis coiilra riinaiu decurrenlibus.
- Os ovale, elnnijalum; labrum sitiistruai simplex, vix subarcualura , inlerius laeve; labrum
dexleriiiii parum ultra os productum, postice satis crtensuin: rallum poslicum magnum; cana-
liculus jioslicu? oris prr tnarginen latnm a sutura postica srparalus.
Long. 19 min.: Lai. 7 ram.
1840.
Buccimim baccatum
1842.
Id. id.
1847.
iXassa btu-cata
186i.
Ruccitium Deshayesi
1864.
NMsa paiilucriana
186S.
Biicciuum baccatum var.
? 1874.
Id. dupllcntum
1874.
Id. paulucclanum
1877.
Nassa pauhuciana
1878.
Id. id.
1878.
Pseudostrombtts paulucdanut
? 1881.
Nassa paulucciana
MICHTTI., Hit: Gasi . foss., ]ìa^. 25 (in parte).
E. SISMO., &/H., pag. 40 (in parte'.
E. SISMI)., Si/ii., 9 ed., pag. 28 (in parte).
MAY., .Ioiirii.de Cotich., voi. X, pag. 270 (in parte).
D'ANO., in KORtiST., Calai. .ìfoll. plioc. Bologn.ì, pag. 37.
KORKST.. Calai. .Moli. plioc. Bologii.l, pag. 37.
HE STEF., Fo.ts. plioc. St Minialo, pag. 36.
COPP., Caini, ftiss. mioc.-plioc, moderi. Coli. Copp., pag. 2.
DE STEK., Slral. plioc. Sena, pag. 170, 203.
P ANTAN., Conch. plioc. di Pietra/illn, pag. 271.
PANTAN. e DE STEF., Moli. plioc. Siena, pag. 17.
COPI'., Paleonl. nwden.. pag. 35.
VarlrM A.
Anfractus ultimi subcarinati. - Costae in nodos mutatae.
Long. 18 mni. : Lai. fi mm.
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 381
Varìeià B.
Testa brevior: spira magis aperta.
Lons. 1 1 mni. : Lai. 4 '/
nini.
Varieia C.
Testa brevior: spira magis aperta. - Costae in ultimis anfractubus in nodos mutatae.
Long. 12 '/, mm : Lai. 6 mm.
Non ho citato fra i sinonimi di questa specie il Buccinum haccatum Bast. var.
simplex àaX Y>\i.]2iYAm {\QZ1 Meni. gM . Tour., voi. II, pag. 197, tav. XX, fig. 8),
perchè sia dalla buonissima figura che questi ne ha pubblicata , sia dall' esame di
alcuni esemplari tipici della Turrena , ho dovuto convincermi che questa forma del
Dujardin è una vera Nassa, mancando in essa ogni traccia del canaletto posteriore
della bocca.
Questa forma della Turrena è molto affine alla N. turriculata Bell, (serie 17)
descritta e figurata in questa Monografia, e differisce specificamente dalla Cyllenina
j)au1.ucciana (D'Anc), fra gli altri caratteri, per la presenza di grosse strie trasversali
tanto sulla depressione posteriore degli anfratti quanto presso l'intaglio, le une e le
altre benissimo indicate nella precitata figura del Dujardin.
Nel 18U2 il signor Prof. Mayer separò questa forma della Turrena e le diede il
nome di Buccinum Deshayesi che surrogò più tardi con quello di gallicHlum perchè
già applicato anteriormente ad altra specie di Buccinum. Il signor Prof. Mayer de-
scrisse benissimo il suo Buccinum Beshayesi ed accennò la presenza delle strie trasver-
sali che corrono presso la sutura posteriore e presso l'intaglio; per la qual cosa non
hawi dubbio che il suo Buccinum gallicultim = B. Beshayesi, sia identico alla
varietà del Buccinum haccatum del Dujardin. Nella indicazione delle località in cui
si trova il suo Bucc. Beshayesi il signor Prof. Mayer cita Turin e ì'Astdsan : gli
esemplari provenienti dai Colli torinesi si devono probabilmente riferire alla Nassa
turriculata Bell.; quelli delFAstigiana appartengono certamente alla Cyllenina qui
descritta.
In Toscana si trovano esemplari di questa specie con dimensioni notevolmente
maggiori di quelle dell'individuo qui figurato.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Varietà A — Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del
Museo.
Varietà B — Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, raro ; Coli, del Museo.
Varietà C — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore : Colli Astesi, Valle Andona, rarissimo ; Coli, del Museo.
382 i molluschi dei terreni terziarii del piemonte ecc.
4. Cyllenina recens Bell.
Tav. X, Cg. 21 (a, A).
Distinguimi hanc speciem a Cyll. paulucciana (D'Anc.) sequenles notae:
Tosta minor, nitens: spira brevior, mngis aperta.- Anfrartu.i ullimus vnilro^us.antice magis
depreisus, dimidiam iongitwliiìem suhaequaiis. - Cosine loiigitudinales mnjores, cantra marginem
oris productae. - Labrum dexterum ultra os magis productum: canaliciilus posdcus oris tninimus,
a sutura postica per marginem anguslum separalus: calliim posticum vix notatum.
Long. 6 7« '"11- '■ Lai. 3 '/« iim-
1 cinque esemplari che ho raccolti di questa specie sono giovani ed incompiuti :
occorrerà avere sott'occhio esemplari adulti per fissarne i caratteri in modo definitivo.
Pliocene superiore: Villalvernia presso Tortona, regione Fontanili, non frequente;
Coli, del Museo.
5. Cyllenina Sismondae Bell.
Tav. X, fig. 90 (a, i).
Dislinguunl hanc speciem a Cyll. paulucciana (D'Anc.) sequenles notae:
Testa brevior: spira breeior, magis aperta, medio subinflata. - Anfractus postice magis de-
pressi , contra canaliculum poslicnm oris pustulifrri : tiUimiis ventrosiis . anitre ralde depressus.
- Coslae longitìidinalrs numerosinres, I 4, rnujorex, postice subarruntae. - O.s' suliorhicularc ; labrum
sinistriim arcualum; labrum dexterum minns ultra os productum: callum posticum vix nolalttm:
canaìicuhis posticus oris per marginem angusliorcm a sutura postica separatum.
Long. 16 nim. : Lai. 7 rani.
Pliocene inferiore : 'Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo.
6. Ctllesina irregulabis Bell.
Tav. X, U:;. Ki (a, b).
Testa subfusiformis: spira medio infiala. - Anfractus complanali; ullimus dimidia longi-
tudine vix brevior, antice valde ilepressus. - Superficies lonsiiludinaliter costata: coslae 11,
compressae, satis prominentes, rectae, leriler obliquar, prnpe dcpressionem pnslicam a sulcn parum
profundo, lato, irregulari, subinlerniptae, in ultimo anfrarlu passim obsoMae : sXvino Iransversae
contra rimam decurrenles minimae, vix perspicuae: mango canalicuio ci suturae inlerpositus
irregulnrùt, rugulosus, satis latus. - Os subovale; labrum dcxlorum gracile, antice et medio
parum, postice late, ultra os productum: columolla arcuata, medio late escavala: callum po-
sticum parvulum.
Long. 16 mm. : Lai. 7 '/» mni.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo.
Pliocene superiore : Colli astesi ; Cortandone, rarissimo ; Coli, del Museo di Zu-
rigo (Prof. Mayer).
DESCBITTI DA L. BELLARDI 383
3* Serie.
Anfractus ultimus cantra rimam transverse striatus. - Superficies laevis. -
Labrum dexterum antice et medio vix ultra os productum, ad marginem antice et
medio erectum, rectum.
Danno una speciale fisionomia alle due specie per le quali ho stabilita questa
serie: 1" la forma della spira rigonfia nel mezzo; 2° la pochissima estensione del
labbro destro nella regione anteriore e mediana nelle quali corre retto, nell'asse del
guscio; 3° il rialzarsi che questo labbro fa nelle indicate regioni dalla superficie
sottostante; 4° la columella quasi retta anteriormente e profondamente incavata poste-
riormente.
Per la forma generale, come per la natura degli ornamenti superficiali, le specie
di questa serie paiono a primo aspetto doversi riferire alla quinta serie; ma se ne
distinguono ovviamente per la natura del canaletto posteriore della bocca.
A questa serie appartiene la Cyìlenina echinata (Hoem.), la quale finora non
fu trovata nei nostri terreni terziarii.
7. CVLLENINA BICORONATA BelL.
Tav. X, fig. 14 (a, b).
Tesl?i sub fusi formis: spira longiuscula, medio infiala. - Anfraclus prope canaìiculum
poslir.um vix depressi; ulliiiius dimidiam longiludinera subaequans, anlice parum depressiis,
altenualus. - Superficies laevis, nodifera: series unica noJorum in ventre anfracluum primorum
et meiìiorum perspicua; series duae venlrales in nllitno ; nodi obtusi, in serie antica ultimi an-
fraclus majnres et cum nodis seriei posticae geminati: striae Iransversae centra rimam decur-
renles parvulae: mango canaliciilo el suturae interpositus crassus, laevis. - Os ovale: labrum
sinislruni simplex, antice dilatalum, intcrius laeve; labrum dexterum anlice el medio ultra
OS parum productum: recium, ereclum, inde lesla subumbilicala, postica versus suturam valde
productum: columella oniice subrecta, postice profunde excavata: callum postieum magnum ,
crassum.
Long. 21 mra. : Lai. 9 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, rarissimo; Coli. Michelotti.
8. CyLLENINA SDBOMBILICATA BeLL.
Tav. X, fig. 15 (a, i).
Testa subfusiformis : spira me(/to infiala. - Anfractus vix convexi , poslice excavali;
ultimus dimidiam ìomiiludinimi subaequans , antice partim depressus , altenuatus. - Superficies
laevis: coslae longiludinales 10, valde prominenles, obtusae^ reclae, axi testae subparallelae, ad
dejiressionem posticam detruncalae, in anfractu ull imo passim obsolelae: striae transversae centra
rimam decurrentes parvulae: margo anticus canaliculi postici incrassatus, ubscure nodosus, prae-
serlim in ultimo anfractu; margo canaliculo et suturae interpositus parvulus. - Os ovale;
labrum sinistrum subarcuatum, antice dilatatum , interìus plicatum; plicae rarae, magnae;
384 1 MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII DEL l'IEMONTE ECC.
labrum dexlerum anlice et medio parum ultra os productum, rectum, crectum (inde lesta sub-
uinbilicala), iiostice versus suturam valde poduclum ; coluinella anlice subrecta , poslice pro-
funde excavata: calluni posticuiii crassuin.
Long. H mui. : Lai. 7 nini.
Questa specif> h intimamente collegata colla precedente dalla sua forma generale,
dalla figura della bocca e dalla natura del labbro destro, ma ne differisce per i suoi
ornamenti superficiali.
Il disegnatore ha dimenticato di indicare le strie che corrono sulla parte anteriore
dell'ultimo anfratto, in prossimità della sraarginatura anteriore, e che sono per numero
e per grossezza uguali a quelle della Cijìi. hicoronata Bell.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo.
4» Serie.
Supcrficies ventralis et antica ultimi anfractus tota transverse minute striata.
- Margo canaliculo postico oris et suturae posticae interpositus tiiagnus, inflatiis.
- Labrum dexterum oris valfìe ultra os productum , praesertim in regionem ive-
dianam, per totuni marginen: anfractui praecedenti adhaerens.
Le note caratteristiche di questa serie sono : 1 ° la notevole distanza dalla sutura
posteriore alla quale con-e il canaletto posteriore della bocca; 2° la notevole lar-
ghezza e grossezza dell'orlo calloso che separa il canaletto dalla sutura; 3° lo esten-
dersi che fa il labbro destro oltre il piano della bocca per tutta la sua lunghezza,
ma in ispecial modo nella regione mediana ; 4" le numerose strie che corrono sul ventre
e sulla parte anteriore dell'ultimo anfratto.
9. CyLLENINA PLEUROTOMOIDKS BeIL.
Tav. X, fii;. 12 n, b).
Testa subfusiformis : spira longa, satis acula. - Anfractus ullinius dimidiam lonijiliidinem
aequans, inflatus, antice valde depressus. - Supcriicies perspicua m primis et mediis anfraclubus
ft pam ]io:^lica ultimi, laevis , in parte aiitini aiifractin ultimi itsquc cantra rimam transverse
minutissime et confertc striala: anfraclus primi loii^iludiiialiler costali; coslue proniinenles,
leviter obliquae, ab inlersliliis salis profundis separala?. - Coluniella medio profunde esca-
vala , valde contorta : rima recurvala.
Long. 15 mm.: Lai. 7 mm.
Per inavvertenza non furono segnate nel disegno le numerose e piccolissime strie
che corrono trasversalmente nella parte anteriore dell'ultimo anfratto.
Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria, rarissimo ; Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 385
Il Sezione.
Canaliculus poslicus oris brevis, anle diinidiara parli'ra ultimi anfractus iraperspicuus,
et a sutura postica per marginem anguslissimum separatus; labrum dexterum gracile , vix
postice ultra os produclum.
5' Serie.
Anfractus ultimus cantra rimam transverse striatns. - Supcrficies laevis. -
Labrum dexterum oris gracile, per totum marginem anfractui praecedenti adhaerens,
vix postice ultra os prodtictiim.
Le forme di questa serie sono benissimo distinte da quelle delle precedenti :
1" pel canaletto posteriore della bocca il quale è brevissimo , non visibile oltre la
metà dell'anfratto e separato dalla sutura posteriore per mezzo di un orlo piccolis-
simo; 2° pel labbro destro sottile ed appena leggermente esteso oltre il piano della
bocca nella sua regione posteriore; 3° dalla callosità posteriore piccola.
Il tipo di questa serie è la Cyllenina haccata (Bast.), la quale manca in Pie-
monte e nella Liguria dove è rappresentata da forme affini e minori. Queste forme,
che provengono dai Colli torinesi, sono presentate da fossili più o meno spatizzati,
ond'è che occorre spesso un minuto esame per scoprii-vi il canaletto posteriore carat-
teristico.
10. Cyllenina Haoeri (Michtti.).
Testa sublusiforrais: spira meiìin infiala - Anfractus paruin convexi, poslice prolumle et
anfitisle dfpressi, ad suttiram poslicam iiKiniinali; ultimus itimi'tiam loiigitudinem subaequans ,
antice salis itepressus: suturae parum prol'uiKlae. - Superficies laens , loia longiludinaliter
costala: costae plerumque \ i, reclar, axi testar parallelae, cantra depressionem poslicam an-
fracluum itetriinralac, Un nodiformes: margo suturae fo^Ucuc nodi fents; nmli postici ciun nodis
anticis alterni, nel subalterni, minores: suici 4 vel 5 iransversi conlra rimam decurrentes, inter
se satis dixtantes , plus miniisre \>rnfnndi et lati. - Os ovale, elongalum ; labrum de^icterum
gracile, anfractui praecedenti adhaerens , vix et suh-regutariler ultra os produclum : coiumella
medio profunde excavata: callum posticum vix notalum.
Long. 20 mm. : Lai. 1 1 mm.
1847. Btininuin Haueri WICIITTI., Foss. mi oc, pag. 201, tav. XVII, fin 3 («, b).
1853. W. Imcccitiim HOERN., yi/o//. /ò.m. ÌViVn, tav. XII, fi?. 0 (cct. Cp. cxcl.).
? 1874. Id. Haueri COl'l*., Calai, fuss. mio-plior.moden. Coli, Copp., pag. 9
7 1881. Nassa id. CO l' P., /'a/fo«r. morfcn., pag. 35.
1882. Id. id. B.HOERN. 11. M.AUI.NG., GfliJ.ffiioc. Oeitejr.-f/nj., IfonarcA., pag. 133.
Serie IL Tom. XXXIV.
386 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
TarielA A.
Tav. X, fig. ì3 (a, b).
Testa minor. - Costae longitudinales pauciores, 9, majores.
Long. 15 min. : Lai. 6 '/> ronJ.
TarielA B.
Tav. X, Cg. 2Ì {a, b).
Nodi seriei anticae in dimidia ultima parte ultimi anfractus non in costam versus rimani
pToducti. '
Long. 17 mm. : Lai. 9 ram.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi, raro ; Coli, del
Museo e Michelotti.
1 1 . Cyllenina ovulata Bell.
Tav. X, fig. 24 (a, i).
Dislinguunl hanc speciem a Cyll. Haneri (VIichlli) sequentes nolae :
Testa minor, ventrosa : sirira ad apicem magis acuta, medio magis inflata. - Anfractus postice
minns profunde depressi. - Superjìcies nilens: nodi minus distincti, praesertim supra margineru
suturae poslicae: costae longitudinales pauciores, plerumque 10, ante os plus minusvo obsoletae:
snlci transversi contra rimam decurrentes minores.
Long. 11-13 mm. : Lat. 5 '/^-7 rara.
1875. Buccinum duplicatum BENOIST, Test.foss. de la Bride et de SaucaU, pag. 380.
VarielA A.
Costae longitudinales usque ad marginem oris productae.
Long. 12 mm. : Lai. 6 mm.
VarlelA B.
Spira longior, magis acuta, regularis, non medio inflata.
Long. 13 mm. : Lai. 6 mm.
Ho riferito come sinonimo della presente forma quella che il signor Benoist iden-
tificò colla precitata specie del Sowerby, dietro l'esame di parecclii esemplari speditimi
in comunicazione dello stesso signor Benoist, i quali corrispondono in tutto e per tutto
coi fossili dei Colli torinesi qui descritti e mi confermarono nella convenienza di isolare
questa forma con nomo proprio.
Pliocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Baldissero-
torinese, Val Ceppi, non frequente; Coli, del Museo e Michelotti.
descritti da l. bellardi 387
12. Cyllenina Neumayri (R. Hoern. u. M. Auing.) ?
Testa turrita: spira longa, valde acuta, medio infiala. - Anfractus vix convexi, poslice
depressi, conira canaliculum posticum marginati; uilimus brevis, leviter iiijlatus , antice valde
depressus, dimidia longitudine brevior: canaliculus poslicus per tolum fere ultimum anfradum
perspicuus, a sutura postica per marginem satis latum separalus - Costae longitudinale? pro-
minentes, interslitia subaequantes, rectae, contra depressionem posticam anfractuum detrun-
catae, ibi nodiformes , in ultima dimidia parte ultimi anfractus obsoletae: striae transversae
contra rimani decurrentes minutae: margo depressioni poslicae anfractuum et canaliculo
postico inlerposilus nodiferus: nodi omnes obtusi , postici minores. - Os subovale; labrum
sinfstrum arcuatum , inlerius laeve; labrum dexlerum vix ultra os productum: columella
medio profunde excavata: callum poslicum indislinctum.
Long. 1 4 ram. : Lai. 6 mm.
1882. Buccinum Neumayri R. HOERN. u. M. AUING., Gasler. mioc Oesterr.-Ung. Monarch., pag. 118
tav. XV. fig. 7, 8.
Riferisco con dubbio alla specie dei signori Hoernes e Auinger un esemplare dei
Colli torinesi, non avendo avuto sott'occhio esemplari tipici di Vienna da confrontare.
La descrizione precedente è fatta sul fossile dei Colli torinesi ; da essa non riescirà
difficile il riconoscere se appartenga realmente alla specie cui è qui riferito.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo.
Come ho detto a pag. 281, do qui le osservazioni che ho fatte dietro l'esame
della Monografia precitata dei signori R. Hoernes e M. Auinger a riguardo di quelle
forme delle quali era già stampata la descrizione quando conobbi la pubblicazione
fatta dai prelodati paleontologi.
Pag. 227. 3 Eburna derivata Bell.
1882. Buccinum briigadinum R. HOERN. u. M. AUING., Gaster. mioc. Oesterr.-Ung. Itfonarch., fag. 110,
tav. XV, 1ÌR.24, 25, 26.
Pag. 232. 1. Nassa inconstans Bell.
Siccome i Signori R. Hoernes ed M. Auinger diedero il nome di B. inconstans
ad una forma che è diversa da questa e che pei suoi caratteri appartiene al genere
Nassa quale io l'ho circoscritto, così muto il nome di inconstans in quello di in-
stahilis.
Pag. 243. 12. Nassa coarctata Eicw.
1882. Butciuum Schónni R. HOERN. u. M. A.Vlf<G. , Gaster. mioc. Oesterr.-Ung. Monarch. , pag. 125,
tav. XV, llg. 18.
388 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Pag. 255. 28. Nassa tumida Eicw.
1 . Si aggiungano fra i sinonimi , la citazione dell' opera dell' Qoemes che per
errore fu omessa,
1853. Bucdnum miocenicum UOERN., Moli foss.Wien, tav. XII, fig. 82 (ceter. fig. excl.).
e le seguenti :
1879. Buccinum obliquum H1LB>'., Seii. Cumh. Mittdstei. MediUrr., pag. 427, tav. II, fig. 3 (a, b, e).
1885. Id. id. R. HOERN. u. M. AUING., Gaster. mioc. Oesterr.-Ung. Monarch. , pag. 135,
tav. XIII, tig.SS
L'esemplare da me fatto figurare a tav. II, fig. 13 (a, h), ha dimensioni relativa-
mente giganti e maggiori di quelle degli esemplari ordinarii, i quali e per le loro
dimensioni e per gli ornamenti supei-ficiali corrispondono alla figura precitata dall'Hoemes
(tav. XII, fig. 22) ed ai fossUi riferitivi nel 18G4 dal Prof. Doderlein che diede loro
il nome di ]S\ Bufo.
2. La forma, che i Signori K. Hoernes e M. Auinger hanno riferita al B. Zbor-
zewslci "Andr. e perciò al B. tumidum Eicw. che ne è sinonimo, è certamente diversa
da quella che così bene descrisse il Sig. Eicwakl e che corrisponde benissimo ai fossili
del Piemonte da me riferiti a questa specie : 1 ° ijer la presenza di solchi trasversah
profondi su tutta la superficie; 2° per la piccolezza e maggior numero delle coste
longitudinali sui primi anfratti ; 3" per la mancanza di coste longitudinali sugli anfratti
di mezzo ed ultimo; 4° ed in particolar modo per la minor contorsione della colu-
mella all'apice, dalla quale risulta una figui-a diversa della bocca.
5. Famiglia CYCLOPSIDAE Cheisu (i859).
I. Genere CYCLOPS Montf. (i8io).
1. CVCL. NERITEDS (LlNN.).
Testa depreisa, suborbicularis : spira brevissima. - Superficies laevit.
Long. 12 mm. : Lai. 10 mm.
1766. Buceinum neriteum LlNN., Syjt.TVar. XII, pag. ISOI.
1788. /(/. id. GMEL., 5yi«.iVrt«., pag. 3481.
179S. /(/. id. OLIV., Zool.adriat., pag. 144.
1810. Cyclops asterizans MO.NTF., Conifi. sijsl., voi. II, pag. 371.
1814. Buccinum {Nassa) neriteum BHOCCH., Conch. foss.sub., pag. 334.
1830. Nassa neritea HORS., Oriti. piem. I., pag. 42.
1825. Id. id. i)EFR., Wc«.5i.Haf., voi. XXXIV, pag. 239.
1826. Cyclops neritoidea RISS., I^od. Eur.merid., voi. IV, pag. 170.
1826. Buccinum neriteum PAYR., Calai. Moli. Cnrs., pag. 164.
1831. Cyclops id. BROiNN, /ra/. lo-r.-GcA., pag. 25.
DESCRITTI DA L. BELLARDl
389
1832. Buccinum neriteum
1832. Cyclops id.
1836. Buccinum id.
1838. Nassa neritea
1842. Buccinum neriteum
184-J. Cyclops neritoidea
1844. Buccinum neriteum
1844. Nassa neritea
1847. Id. id.
1847. Buccinum neriteum
1848. Id. id.
1 852. Nassa neritea
1864. Cyclops neriteum
1866 Neritula neritea
1 866-69. Buccinum neriteum
1868. A^awa iW.
1869. Cyclops neriteum
1869. Buccinum neritoides
1869. Cyclops neriteum
1870. Cyclonassa neritea
1870. Cyclops neriteum
1871. /</. id.
1872. W. »/.
1872. Cyclonassa neritea
1 873. Cyclops neriteum
1873. /(/. W.
1874. Buccinum neriteum
1874. /rf. iV.
1875. Nassa neritea
1875. Cyclonassa id.
1875. A^fls^a (rf.
1 876. Cyclonassa id.
1876. Nassa neritea
1877. /(/. i(/.
1877. W. i</.
1877. Buccinum neriteum
1877. Cyclonassa neritea
1878. A^fljirt irf.
1878. Cyclonassa id.
1878. JVasM irf.
1878. Cyclops neriteum
1881. Cyclonassa neritea
1881. A'a«a neritea
DESÌI., Expéd. Se. tVorée Zool., pag. 196.
JAN, Catal.Conch. foss., pajj. 13.
PHIL., AMI. Sic, voi. I, pag. 227.
SCACCI!., Catal.Conch. Néap., pag. 11.
E. SISMD., 5i/»., pag. 41.
TCHIHATCH., Ccjfit. jfeo/. Prov. mérid. Naples et Nice, pag. 240.
PHIL., Moli. Sic, voi. II, pag. 193.
LAMCK., Anim.s.vert., 2 éJ., pag. 184.
E. SISMD., Sijn., 2 ed., paf,'. 29.
rSAUD., Prosp. Faun. mar.vulg., pag. 33.
VERAN., Dcscriz.di Genova, voi. I, pag. 94.
D'ORB., Prodr., voi. HI, pag. 85 et 176.
COM., iWtó Mario, pag. 34.
BRUS., Conte. Faun. Moli. Daini., pag. 66.
TCHIITATCH., Paléont. Asie Min., pag. 361.
FOREST., Calai. Moli, plioc Bologn. I, pag. 47.
TAPPAR., Ind.sist. Moli. Test. Spezia, pag. 28.
COPI'., Catal.foss mitice plioc. Mndin., pag. 24.
PETIT, Catal. Moli. Test. Mers d'Fjir., pag. 174.
BELL, Catal. .Voli foss. Biot, pag. 9.
ARAI), e BEMOIST, Conch.viv.mar.Sicil., pag. 296.
CONT., Mie Mario, 2 ed., pag. 40.
MOMTER., Noi. Condì, mediterr., pag. 49.
.MONTlìK., Conch. foss. M" Pellegrino e Ficaraxze, pag. 33.
COCC, Enum. Sitt. Mnll.mioc.c plioc. Parm.e Piac, pag. 90.
SECUESZ., Form, plioc. Hai. merid., pag. 300.
COPP., Culai, foss. mio-plioc. Miiden. Coli. Copp., pag. 2.
DE STEF., Fvss. plioc. Si Miniato, pag. 34.
MOXTER., Nuov./liv. Condì, medilerr., pag. 41.
SEGUENZ., Form. plioc. Ital. merid., pag. 276.
PANT.^N., Alt. Accad. jisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4.
FOREST., Cenn.geol.e paleonl. plioc.ant. Caslrocaro, pag. 22.
FISCH., Coi/.rec.et foss. Cavern. Fr.et Lig., pag. 334.
MO.NTER., Catal. Conch. foss. M'' Pellegrino e Ficaraxze, pag. 37,
I»K STI:F., Slrat. plioc Siena, pag. 103, 170, 171.
FUCIIS, .fung. ieri. bild. Gricch., pag. 3.
FISCI!., Paléont. de Vile de Hliódes, pag. 29.
ISS., Crac, del l'''olante Test., pag. 14.
MONTER., Enum. e Sinon. ConcL mediterr.. pag. 43.
CAKIC, Stud. geol.del Fizzinese, pag. IO.
DE STEI\e PANTA.N., Moli. plioc. Siena, pag. 97.
COPP., Paleont. moden., pag. 37.
PANTAN., Moli. plioc. foss. vii/. Medit., pag. 68.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene supcriore: Colli astesi. Valle Andona, ecc., non frequente; Col. del
Museo.
Vive nel Mediterraneo.
390 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECO.
6. Famiglia PURPURIDAE Chenu (4 859).
). Sotto-famiglia PURPURLWE Bell.
I. Genere PORPORA Brijg. (1789).
1" Serie-
Testa parvula, crassa : spira brevissima, vix acuta. - Anfractiis ultimus mar-
ximus, postice angulosus, antice attcnuatus. - Labrum sinistrum interius crasse pli-
catum.: làbrum dexterum postice caUosum : colum ella subarcuata.
Le piccole dimensioni della forma rappresentante questa serie , la spessezza de
guscio e quella del labbro sinistro cbe ne dimostrano l'età adulta, la brevità della
spira, la notevole apertura dell'angolo spii-ale e l'ampiezza dell'ultimo anfratto le danno
una fisionomia tutta propria.
1. PURPURA GaSTALDU BeLL.
Tav. XI, fig. 1.
Testa parvula: spira brevissima, vix acuta. - Anfraclus prope suluram postieam leviter
dejìressi, subcanalicuìali , contra suturam anlicam obscure nodiferi; ultimus magnus , "j^ tolius
loìigiliidiiiii subaeqiiaiis sutura postica marrjinala. - Superiìcies tota Iraiisverse striato-sulcala;
slriae in canaliculum posticum decurrentes numerosiori>s ; flammulae et maculae pallide ferru-
gineae in series Iransversas disposilae. - Os sulitrif/oiium, eloiK/atitm; labrum sinistrum interius
piicalum; piicae 4, magnae , prope marginem oris subdenliformes ; labrum dexterum postice
callosum: columelia postice parum excavata.
Long. 15 mm. : Lai. 12 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, della R. Scuola
d'Applicazione per gli Ingegneri (Prof. Gastaldi).
2' Serie.
Testa crassa: spira brevis, parum acuta. - Anfractus snbangulosi, postice contra
suturam marginati ; ultimus antice subcanaliculatus. - Labrum sinistrum medio
depressum, antice subangulosum; labrum dexterum postice callosum : columelia sub-
arcuata : umhilicus plus viiìm.'ìrr latus.
Le forme di questa serie sono fra loro collegate dalla depressione del labbro
sinistro nella sua regione ventrale e dall'angolo più o meno ben definito che questo
labbro presenta a poca distanza dall'intaglio anteriore.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 391
2. PdBPURA SUBUMBILICATA BeLL.
Tav. XI, fig. 2.
Testa sub fusiformi s: spira brevis, parum acuta. - Anfractus prope suluram posticam late
depressi, subcanaliculali , conira suluram anlicam nodiferi; nodi obtusi, interstitia subaequantes,
in ultimo anfractu in parie obsoleli, anfractus ultiraus °[^ tolius longiludinis subaequans ,
postice subanoulalus, anlice parum depressus : suturae superfìciales. - Superficies tota minute
et dense Iransverse strialo -sulcala. - Os ovale, elongatum, postice profunde et late canaliculatum ;
labrum sinistrum metii'o depressum, anlice et postice subangulosum , inlerius plicatum; piicae
3, 4, magnae, prope marginem oris denliformes; labrum dexlerum postice caUosum: columella
subarcuata : umbilicus parum profundus, anguslus.
Long. 30 mm. : Lat. 18 mm.
? 1864. Purpura exilis UODERL., Ceiin. geol. terr. mioc. sup. Ital.centr., pag. 23 (105).
La forma qui descritta ha qualche analogia coli 'esemplare della P. exilis Partsch
rappresentato nell'opera dell'Hoernes dalla figura 21 della tavola XIII: ma ne diffe-
risce per l'angolo anteriore del labbro sinistro e per la presenza di numerosi solchi
trasversali, i quali sono rari e piccolissimi nel fossile delle vicinanze di Vienna.
Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, raro; Coli, del
Museo e Michelotti.
3. Purpura umbilicata Bell.
Tav. XI, fJK. 3.
Distinguunt hanc speciem a P. subumbilicata Bell, sequenles nolae:
Testa aiigustior: sjiira brevior, magis aperta. - Anfractus ullimus longior, angustiar, medio
magis depressus. - Superficies antica ultimi anfractus transverse tricostala: salci Iransversi pau-
ciores, inter se magis dislantes. - Os longius, magis anguslum; labrum sinislrum antice magis
dislincle angulutum ; labrum dexlerum anlice minus produclum: columella magis contorta, antice
sinistrorsum inflexa: umbilicus magis lalus et magis profundus.
Long. 30 mm. : Lat. ^O mm.
Questa forma, come la precedente, è molto rara: è probabile che se si avessero
numerosi esemplari di ambedue, si troverebbero piii stretti legami sia fra loro sia colla
P. exilis Partsch.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli. Michelotti.
4. Purpura reflexa Bell.
Tav. XI, %. 5.
Distinguunt hanc speciem a P. subumbilicata Bell, sequentes notae :
Testa major: spira brevior. - Anfractus ultimus '/^ totius longiludinis aequans, postice sub-
carinatus, medio in flatus, pnstice vix depressus. - Super/icies fola Iransverse sulcata; sulci sub-
uniformes, angusti, interstitiis interposilis minores. - Os amplius ; labrum sinislrum medio minu.i
392 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
deprpssum, interius laeve: coìumplìa magis contorta, sinhtrorsum flexa: umhilicus magis latus :
rima a labiis longioribus circumscripta, valde reflcxa, jioslire profunde canaliculala.
Long. 35 mm. : Lai. 22 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo.
5. PURPUHA INAEQUISULCATA BeLL.
Tav. XI, (ig. G.
Tesla subovata: spira brevis. parum acuta. - Anfraclus convelli, cantra suluram postiram
marginati, ante marginem anguste raualiculaii ; ultìnui^ magniis '/^ totiiis longitudinis subaequans,
ventrosus, antice valde dcpressus, cantra riniain :<uhcanaliculalus. - Superlicies tota Iraiisverse
sulcala; sulci crebri, satis profundi, innequaks, majares et ininorcs pleruinriue alternali; costulae
nonnullae inter sulcos et prope canaliculum posticum decurrentes passim nodiferae : costae non-
mdlae magnae, obtusae, obscurae, irrcgiiìares, siificr ultimum anfraclum perspicuac - Os elon-
galuni; labrum sinislrum anlice dislincte uiniKlnsuin , in venlro parum ^il'prp^suln , interius
obsolete nodosum: columella subarcuata, ad apicem valde contorta, carinifera: uinbilicus latus,
satis profundus: rima a labiis Iniigiusculis circumscripla: callum posticum majj;num.
Long. 32 mm. : Lat. 20 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Baklissero-torinese , rarissimo; Coli, del Museo.
3" Serie.
Spira longitiscula. - Anfractus postice marginati; margo parum prominens, ple-
rumque inermis. - Labrum sinistrum arcuatimi, interius tum simplex, tum costato-
dentatum; labrum dexterum postice non, vd raro, callosum: columella subarcuata.
La maggior lunghezza in generale della spira e la forma arcata del labbro sinistro
separano le forme di questa serie da quelle della serie precedente.
6. PlIRPUHA SrUIOLATA (HroNN).
Tav, XI, lig. 7.
Tesla magna, ovoides: spira longiiiscula, acula - Anfractus prope snturam postiram ra-
naliculati , canaliculus ih primis aiifraclidnis nix notaliis, in ultimo lutns et iiroftindiis; anfraclus
primi conica suturam anticam nodiferi; nodi in nllimo anfraclu propc os obsoleti: .■sutura
postica marginata - Su|)erlì('ies tota trunsverse dense et m'niulissimr sulrala; sulci nonnuHi
majores pansini intcrposili; striae longituilinnles minulissinìae, creherrimae. inacquale», irregulares.
- Os ovale, amplum, postice vix cnnaliculatum; labrum sinistrum subarcualum, postice vix
suban^ulosum, interius laevc, ad marginem serrulatnm: coluiMella parum excavata: uniliilicus
latus, parum profundus: rima, vix sinistrorsum (lexa, postico caiialiculala
Long. 45 mm.: Lai. :iO mm.
1831. Purpura strinlata BBONN, /(<i/. Jn(.Cf/).. pag. 26.
1840. hi. haemasloma BEI.L. l'I MICIITTI, Saijij. Orilt., pag. .58, lav. V, (ÌR. 93 (in parie).
l»tì. 1(1. id. E. SISMI»., Sijn., pag. 39.
1847. 1:1. strmluta E. SIS.MU., Syu., 2 ed., pag. 2S (in parlo).
1858. /'/. ■'/. irOUR., Prodr., voi. HI, pag. 175.
DESCEITTI DA L. BELLAEDl 393
Non ho indicata nella sinonimia la citazione della P. striolata D'Orb. (Prodr.
voi. Ili, pag. 79), perchè il D'Orbigny cita la specie del Bronn dei Colli torinesi e
dei Colli tortonesi , località , nelle quali non fu finora trovata la vera P. striolata
Bronn, la quale è propria del pliocene superiore dei Colli astesi.
Miocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, non frequente; Coli, del Museo
e Michelotti.
7. PURPURA TRASSITORIA BeLL.
Tav. XI, fig. 8.
Dislingiiuiil hanr speciein a P. sirinlala Bronn sequentps nnlae:
Testa major, crassior. - Nu'U in ultimis anfractubus nbsnleli. - Cohnnella magis coulorta:
umbilicus rnaqis lalus: rima sinistrorsum magis inflexa.
Long. &0 mm. : Lai. 30 ram.
1S47. Purpura striolata MICHTTI, Fnss.mior.. pag. 218 (in parie).
1847. /(/. id. E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 28 (in parte).
18C4. Id. id. UOVERh., Centi. gei>l.teir.ìmoc. Slip. hai. lentr., \ti>^.i3 {\0S).
• Questa forma del miocene superiore è certamente quella dalla quale è derivata la
P. striolata Bronn del pliocene supcriore, colla quale è congiunta per mezzo della
P. praecedens Bell, del pliocene inferiore.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli. Michelotti.
8. l'URPLRA PRAECEDENS Bell.
Tav. XI, fig. 9.
Disliriguunl haiic specieni a P. striolata Bronn sequenles nolae:
Testa minor, crassior: spira maglt acuta. - Aiifraclus omnes postice vix depressi; ullimns
dorso passim obscure nodifenis, propc rimam minus deprcssiis, non distincte canaliculalus. - Sulci
transversi profundiores , subuniformes , aequidistantes , ab interstiliis latioribus separati. - Os
lonijius, anguslius; labrum .liiiistrum minus dilntalum, interius dmlirulatum: eolumella minus
contorta, anlice subrecta,, medio subuniplicata: umbilicus angustior, vix nolalus.
Long. 30 nini. : Lai. 19 nim.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo.
9. PURPORA ARATA BeLL.
l'av. XI, fig IO.
Testa iivoides, infiala: spira brevis. - Anfraclus primi compianali, plerumque serie una
iransversa nodoruni ornali: ullimns mngnus, '/, lolius longiludinis subaequans. inflatus, aniice
Serie li. Tom. XXXIV. »b
394 I SIOLLLSCHl DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
partim depressus : sulurae profundae. - Superficies loia IransYerse »naeguo/t/er et rfeme stria<o-
sulcata - Os ovale, elongalum, anlice dilulaliim, pnslice profuiide canaliculalum; labrum sini-
strali) subarcualum, interius prope maryinein pUcato-dentahitn ; denles plerumque 5, subaeque
inler se dislanles: coliiniella ad npicem vix sinislrorsum inflexa , subarcuala, medio parum
excavala: uiiibilicus anijustus vi jiarum profiwdus: rima a labiis brevibus circumscripla, vix
redexa, poslice lale el parum profunde canaliculala.
Long. 26 mm. : I.al. 18 mm.
1810. Purpura hemastoma BELL, et MICHTTT, Sngg. Orili., pag. 58 (in parte).
184J. Id. id. E. SISMO., 5yn., pag. 39 (in parte).
184'7. Id. exilis MlCHTTl, Foss.mioc, pag. 918.
1847. Id. slriolala E. SISMI)., Syn., 2 ed., pag. 28 (in parie).
1818. Id. exilis FOCUS, Slud. terl.-bitd. Oher-Ital., pag. 50.
Varietà A.
Testa hrevinr, ventricoKinr. - .iiifraclus ultimus prope suluram poslicam late et parum pro-
funìp canalìcìilalìis: sulurae profundiores.
Long. 2S mm. : Lai. 18 mm.
Varietà B.
Anfraclim ullimug prope marginem ori.s- una vel frequentius duabus ììodorum seriebus in-
strucUis ; nodi plerumque tres in serie postica, duo in antica, inter se salit dislanles, omnes sub-
spinosi.
Long. 25 mm : Lai. 16 mm.
Questa forma differisce dalla P. exilis Partsch, colla quale ha non poca analogia
ne' suoi caratteri generali ed alla quale è stata liferita dal sig. Jliclielotti. perchè la sua
superficie è attraversata da nuraerosissinii solchettini per lo più fra loro equidistanti ,
mentre nella specie del Partsch i solchi sono più piccoli, meno profondi ed in molto
minor numero e perciò separati da iuterstizii più larghi.
Il signor Fuchs nella sua Memoria precitata (Stud. tert.-Bild. Obcr-Itaì.) cita
a Sciolze la P. exilis Partsch e la P. strioìata Bronn: alla P. exilis Partsch furono
finora riferiti i fossili dei Colli torinesi che io lio precedentemente descritti col Home
di P. arata Bell. Finora la vera P. strioìata Bronn, propria del pliocene superiore,
non fu, che io mi sappia, trovata nei Colli torinesi, ed, ignorando quale sia la forma
di Sciolze che il signor Fuchs ha identificata colla specie del Bronn, ho tralasciata
la cita2done della Memoria del signor Fuchs che vi si riferisce.
Miocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà,
Pino-torinese, Baldissero-torinese, Val Ceppi, ecc., non raro; Coli, del Jfnseo e Mi-
chelotti.
10. PinriRA p.xRVULA Ret.l.
Tav. XI. fig. 11.
Dislinguunl hanc spcciem a P. arata Bell, sequenles nolae :
Testa minor. - Anfraclus ultimus (juiiìque mdornm seriebus instruelus; series postica in-
terdum obsoleta; series duae in ventrem, dune omnium minorrs in pnrlem anticam decurrentes :
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 395
nodi subacuti, plerumque 9, m duabus seriebiis venlialibus disposili, plerumque ivregulares et vix
notati in seriebus anlerioribus. - Labrum sinislrum interius obscure dentatum: columella anlice
subrecta, jìostice profiinde depressa.
Long. 18 ram. : Lat, 12 mra.
1847. Purpura Cyclopum E. SISMO., Syn., 2 ed., pap;. 28.
1852. Id. i(l. D'OUB., Prodr., voi. Ili, pag. 79.
Le piccole dimensioni e la columella quasi retta anteriormente e profondamente
incavata posteriormente sono le note principali che mi hanno indotto a distinguere
questa forma con un nome proprio.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, Baldissero-torinese , non raro; Coli,
del Museo.
H. Purpura biplicata Pell.
Tav. XI, (ig. 14.
Distinguunl hanc sppciem a P. arala Dell, sequentes nolae:
Spira brcvior. - Aitfractus depressi; ultimus poslice vix subcaiialiculalus: suturae minus
jìrofundae. - Siiporficips ultimi anfraclus Iransversc costulata; coslulae nonnullac, plerumque 4,
majores, quarurn duae ventrales iiodiferue. - Os orale, non antice dilatatum ; labrum sinislrum
minus arcua I um ; plirae internac nnuirrosiores, 6; labrum derterum anlice biruoosum : rui)ae
magnae; anlerior nodiformis, posterior plicaeformis : rima poslice magis profunde canaliculala.
Long. 22 mm. : Lai. 15 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, non frequente; Coli, del Museo.
12. Purpura iNAEyuicosT.4TA Deli,.
Tav. XI, lig. 4.
Tesla ovalo-fusiformis: spira longiuscula, salis acuta. - Anfraclus primi et medii de-
pressi, poslice late et parum profunde canaliculuti; u\[\nms magnus, V, totius longitudinis subae-
quans, ventrosus , antice parum depressus. - Superficies tota transverse minute et crebre sulcala:
coslulae inler sulcos decurrentes minulissime striatae; sulci et coslulae interposilae usque ad di-
midiam parlem penullimam ultimi anfraclus subuniformes, in ultima dimidia parie inaequales;
sulci profundiores ; costulae nonnullae majores, inaequales, ad marginem oris productae ; supiT
ventrem ullinii anfraclus nodi nonnulli passim perspicui. - Oselongalum; labrum sinislrum
inlerius raro dcnlalum: columella subarcuala: umbilicus parum profundus, anguslus : rima
salis recurva.
Long. 3li mm. ; Lai. 20 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, Baldissero-torinese, non frequente;
Coli, del Museo.
396 i molluschi dei terreni terziari! del piemonte ecc.
13. Plrpora erosa Bell.
Tav. XI, fig. 12.
Distinguunl liane speciem a P. arata Bell, sequenles nolae:
Testa major: spira magis aperta. - Super (icies ultimi anfractus in ventre twdifera; nodi
$ubobsoleti, vix notati, in duahus serielms disponiti; sulei transversi pauciores, ab interstitiis latio-
ribiis separali - Os amplius, non postice anguslatus; labrum sinistì-uminterius laeve, arcuatum:
umbilicus lomiior, magis angustus, et minus profundtn.
Long. 34 mra. : Lai. 21 mra.
Il fossile qui descritto è unico e di pessima conservazione, per modo che è molto
incerto il giudizio che si può dare sulle sue affinità: tuttavia ho creduto opportuno
il descriverlo perchè segna nel miocene superiore dei Colli tortonesi la presenza di
una forma intimamente collegata colla P. haemastoma (Linn.) della fauna attuale.
Infatti delle forme del Piemonte riferite a questa specie dei nostri mari, è quella che
vi è meglio legata sia per la forma generale, sia per gli ornamenti superficiali (per
quanto è permesso giudicare dallo stato imperfettissimo di conservazione dell'unico
esemplare a me noto) e sia perchè il suo labbro sinistro non ha internamente, come
la P. haevìcistoma (Linn.), verso le fauci le grosse e poco numerose pieghe che si
osservano nelle altre.
La maggior parte delle forme, quali di questa serie e quali della seguente, del
miocene medio dei Colli torinesi o del miocene superiore dei Colli tortonesi , riferiti
finora alla precitata specie vivente, portano sulla superficie interna del labbro sinistro
cinque o sci grosse pieghe, ordinariamente terminate presso il margine del labbro
sinistro in un dente ottuso, pel quale carattere mi paiono doversene distinguere. Nella
P. striolata Broun del pliocene superiore dei Colli astesi la natura della superficie
interna del labbro sinistro e le dentellature del suo margine corrispondono esattamente
a quella della vera P. haemastoma (Linn.), la (juale ne è probabibnente derivata.
Per questo stesso motivo io credo debba essere distinta dalla vera P. haemastoma
(Linn.) tanto l'esemplare delle vicinanze di Vienna che vi fu riferito dall' Hoernes
nella sua opera (tav. XIII, fig. 18), quanto quello che vi riferirono i signori R. Hoernes
e M. Auinger nella loro recente pubblicazione (tav. XVI, fig. 1 8).
Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, rarissimo; Coli, del Museo.
14. PrnpuBA RARisiLCATA Hei.l.
Tav. M, fi-. 13.
Testa oi'oides: spira tn-rvissima. - Anl'rarlus nlliniiis magmi s , '/, tntiiis longìtiidinis
subacquans . antico parum depressus. - Superficies ullinii atit'raotus in dimidia parte antica
traiisii'rsr silicata ; salci anijnxti.A, nh inlrrsliliis lalissimis, rniìipliinalis, seiiarati : in parte postica
obsnire nodifera. - Os suhovale; l.ihriim sinislrmn siibarciialum, inleriu-^ plicalum; plicae 4,
magnai-: coluniella parum coiiloila, poslice profunde excavala: umbilicus cìx notatus: rima
non reflexa.
Long. 2H mm. : Lui. 17 lum.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 397
Anclie per questa forma il giudizio sulla sua natura non può essere che incerto,
poiché l'unico esemplare a me noto è stato evidentemente rotolato nel mare in cui
visse, per modo che gran parte della spira e dei suoi ornamenti superficiali furono
corrosi. 11 piccol numero dei solchettini che ne attraversano la superficie e che rima-
sero distintissimi sulla parte media ed anteriore dell'ultimo anfratto allontanano questa
forma da tutte quelle descritte sia in questa che nelle altre serie , e la ravvicinano
alla P. exilis Partsch.
Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo ; Coli, del Museo.
4' Serie.
Testa parvula, ovoìdes: spira brevissima, parum acuta. - Anfractus ultimus
magnus, iuflatus. - Superficies transverse et longitudinaìitcr rare et profundc suicata.
Ho isolata la forma descritta in questa serie per le sue piccole dimensioni e per
la singolare disposizione dei suoi ornamenti superficiali, i quali caratteri la distinguono,
tanto dalle forme della serie precedente, quanto da (quelle della seguente.
15. PURPDR\ SlSMONDAE .MlCHTII.
Tav. XI, Ci;. 15.
Testa subphìhosa: spira brevissima , vix acuta. - Anfractus primi brevissimi; ultimus
magnvs, "/,. Intius Iniifjiliidinis subaequnns, ventre iuflatus, antice valde depressus: suturae subin-
distiìtctae. - Superficies transverse costata et longitudinaUler suicata ; coslae traiisversae -S,
lakic (prapserlim mo.dianac) , intcr se a siilcn lato, prafniido, liicostulato separatae, a sulcis lonni-
tudiìialibus latis ci profundis sectae , nodiilusae, prope os compìanatae: costae transversae dense
ferrufiineae ; sulci Iransversi et loiujitudiiiales incoloris , inde superficies fusco-tesgellala. - Os
ovale, amplum; labrum sinistrtim arcualuin. inlt'rius lat've : columolla subrecla : umbilicus
parum prot'undus: rima salis rcllexa; canaliculus poslicus salis profundus.
Long. 17 mm. : Lat. 12 mm.
1840. l'urpura intermedia MK'mITTI, Riv. Gasi., pag. 22 (non KIEN.).
1842. Id. id. E. SISMI)., 5i/H., pap. 39.
id. E. SISMO., Si/n., 2 ed., pag. 28.
id. n'ORR., Prndr.. voi. IH, pag. ITS.
Slsmnndac .MlCllTTl la UODEUL., Cenn.geol.mioc.sup. Ital.centr., pag. 23 (105).
texscll.ita MENEGH. in PECCU., Nuov.foss. tose, pag. 14, tav. V, fig. 10, 11 (non SOW.).
marmorata DODERL. (olim in specim.J.
Quantunque la Monografia delle Purpure del Kiener non porti la data della sua
pubblicazione, tuttavia è facile il desumere che questa fu anteriore al 1840, anno
in cui il sig. Cav. Michelotti pubblicò la sua P. intermedia, poiché il sig. Cav. Mi-
chelotti dopo la desciizione di questa sua specie, soggiunge di aver trovato presso
Sciolze una Piirpnm che molto si avvicina alla P. cìaihrnfa del Kiener.
Ammessa per tal modo la priorità della Monografia delle Purpure del Kiener, nella
1847.
Id.
1852.
Id.
1864.
Id.
1864.
Id.
Id.
398 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
quale una specie differente dalla prosente è descritta e figurata col nome di P. in-
termedia Kien., ne derivò che il nome imposto a questa forma dal sig. Cav. Michelotti
nel 1840 doveva essere abbandonato.
Ed il sig. Cav. Michelotti suiTOgò il primo nome con quello di Sismondac col
quale comunicò questa forma al sig. Prof. Doderlein. Nel Catalogo infatti più volte
citato del Prof. Doderlein è inscritta la specie col nome di P. Sismondai Michtti,
col sinonimo di P. intermedia Michtti. e quello di P. marmorata che il Prof. Do-
derle in le aveva precedentemente applicato nella sua collezione.
Medesimamente deve passare fra i sinonimi il nome proposto per questa specie
dal sig. Prof. Meneglùiii e pubblicato dal Peccliioli nella Memoria sovracitata , sia
perchè la specie era già stata molti anni prima pubblicata dal sig. Cav. Michelotti,
sia perchè il Sowerby nella sua opera Genera of recent and fossi! Schelìs (1820-
24), aveva distinto col nome di tessellata una Piirpura da questa diversa.
Pliocene inferiore : Vezza presso Alba , raro ; Coli, del Museo e Michelotti.
Miocene superiore : Colli tortonesi, S" Agata-fossili, raro ; (fide Dordeleini).
6' Serie.
Testa crassa : spira plerumque longiuscula , raro hrevis. - Anfructus postice
prof linde canaliculati ; margo posticus anfractuum tum tuberculiferus, tum inermis.
- Superficies transverse muliicostata et tuhercidifera ; tuhercida nodiformia, vel
dentiformia. - Labrum sinistriim subarcuatum ; dexterum postice callosum : colu-
melìa antice sìibrecta, postice excavata.
Questa serie comprende forme che appartengono al sottogenere Thalessa H. e A.
Adams 1853.
A. Anfrartiis roiitra siilurnm puslJciini niar!;ioali et nodifeii
16. PlRPUllA RF.TIISA (MrCBTTI.).
Tiiv. XI, lig. 16.
Testa r//o/)OS(i, crassa: spira brevissima, pariim acuta. - Anfraclus /irtHii <•( medii medio
depressi, ad suluram posticam marginali; ullimus maqnus, "/^ tolius loiiLtiltidinis siihaeiitians,
vnlri' infla'its, antico paruin dopros^us. - Su|)or(iiics transvorse slrialo-siilcala et nodifera;
nodi in o serielus transversis dispositi, una super margiiicm posliciim iinlrarltium , dnae ren-
traìes, duae antirae; nodi 8, mediocres in serie postica, magni in seriebus venti nlilnis . parvi
in seriehiis anlicis. - Os subovale; labrum sinistrum arciiatum, iiitorius rari-plioatuin : colu-
mella parum conlorla . ad apifcni vi\ sinislrorsum obiicjuala, postice profunde e.rcavata:
umbiiicus longus, parum profundus: rima vix relle.\a, postice profunde ci anguste canalicnUnia.
Long. 35 nini.: Lat. 28 min.
1847. Purpura Telusa MICHTTI., Foss.mioc, pnR.SI?.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli. Michelotti.
DESCRITTI HA L. BELLARDl 399
17. PURPUKA RICrNULOIDES BeLL.
Tav. XI, 6g. 17.
Testa crassa, subovnta: spira longiuscula , acuì». - Anfraclus versus sHiuram postiram
appressi, subcanahculati, coiilra suluram poslicam marginati; ullimus '/, tolius lonptudinis
snbaequans, venire parum inflalvs, anticeparum depressus. - Superlìcies uUimi anfraclus nntice
transverse rari-!,ulcala , in ranaliculum poslicum minute et dense transverse striata, nodifera;
series mdorum 5, una mediucris super marginem posticum anfractuum decurrens dùae ventrale's
majores, praesertim prima, duae anticae minores; nodi 8, ohtusi, inaeguales , in serie postica
trregulares, magni in serie secunda, minores in tertia, irregulariter notali et vix subobsoleti in
quarta et quinta. - Os ovale, elongatum ; labrum sinislrum interius laeve: coluraella antice
subrecta, postice valde excavata: umbilicus brevis, latus, parum profundus: rima vix reflexa
poslice anguste et parum profunde canalicuiata.
Long. 35 mm. ; Lat. 'il mni.
La P. ricimloidrs Bell è rappresentata nella Fauna attuale della P. Savignyi
Desh. del Mar Eosso.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli. Michelotti.
18. PURPURA CONNECTENS BeLL.
Tav. XI, fig. 18.
Testa crassa, magna, ovoides: spira longiuscula, acuta, medio inflata. - Anfraclus versus
suturam poslicam depressi, subcanaliculnli , cantra suluram marginati; ultimus -/s lotius lon-
gitudinis subaequans, ventre parum inOatus, anlice parum depressus. - Superficies transverse
inaequaliler rostulala, nodifera; nodi in seriebns duahus transversis disposili, valde prominentes
subacuti; marfio suturae postirao ultin.i anfraclus obscure nodosus; costulae Iransvorsae
partis anticae ultimi anfractus majores, postica passim nodifera. - Os ovale, elongatum; labrum
sinislrum leviter medio depressinn, inlcrius qninque-pliralum: columella antice obscure biru-
gosa el subrecla, poslice profunde exravat a, satis contorta: umbilicus latus, .satis profundus-
rima dislincte reflexa, postice profunde canalicuiata.
Long. 38 mm. : Lat. 25 mm.
Per il complesso dei suoi caratteri questa forma richiama alla memoria la P.
echinata Blainv.
Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Val Ceppi, non
frequente ; Coli, del Museo.
19. Pdrpura tcberculata Bell.
Tav. XI, Cg. 19.
Testa subovata, crassa: spira longiuscula , acuta - Anfraclus prope suluram poslicam
eanaUculatt; ullimus magms, % tolius longiludinis subaequans, medio parum inflalus anlice
■satis depressus; oranes ad suluram poslicam marginali. - Superlicies omnis transverse dens»
400 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIAKII PEL PIEMONTE ECC.
Striata; stria major et minor pìerumqui' allcrnatae; nodoruin scrios Iransvorsae 5, posterior
tupor maniinem imsticuìn anfraclunm, duae ventrnles, duae anlicac; nodi seriei poslicae parvi,
irregulares; nodi serierum secundae el lerliae magni, valde prominentes, subacuti; nodi seriei
quarlae minores; nodi seriei quinlae et ipsi minores, inaequales, inlerius vix nolali. - Os
ovale ; labrum sinislrum subarcualuni, inlerius (|ualuor vel quinqiie plicalum; plicae indentem
termiiuitae; labrum dexlcruni aulico birui;osnm (in adullis).- columella aw/iVe «iibrpc^fl, poitice
excavata, ad apiccm valde contorta: umbilicus lalus, sed pnrum profundus : rima valde re-
flcxa et postice profunde canalicuiata.
Long. 37 mm.; Lai. 27 min.
? 18-42. Purpina clalhiata E. SIS.MD., Syn., pa^'. 39.
Miocene medio : Colli torinesi, Val Ceppi, non rara ; CoU. del Museo.
B. .\nfraclus coulia siilurara po.slicara non inargiiiali iiec uodiferi.
20. PuRPURA calcarata (Grat.).
Tav. XI, lig. so.
Testa subiivala: spira longiuscula, acuta. - Anfraclus postice depressi, subcanaliculati;
ultimus -/j tolius longiludmis subaequans, venire parum indalus, anlice salis depressus:
suturae siniplices. - Superticies Iransversi' minute et dense striata; sItìac inaequales: nodorum
series qualuor, duae ventrales magnae, duae anticac minores; nodi serierum ventralium ple-
rumque 7, magni, subspinosi, valde prominentes, praesertim in serie postica; nodi serierum anti-
carum multo minores, ohtusi, inlerdum passim obsoleti. - Os ovale ; labrum sinislrum subar-
cuatum, interius qualnor-deutalum: columcila anlice subrecta, postice excavata, parum conlorla:
umbilicus via; notalus: rima vix reflexa; canaliculus poslicus parum profundus.
Lon^. 30 mm. : Lat. 20 mra.
1840. ìiieinula cali-arata GRAT., Atl. Cowli.foss., tav. WW, (tg. t5. 18.
1840. Purpura plkala BELL, et MtCllTTI, Saijij.Oria., pai;. 58, Uv. V, ù^.tì, 1.
l84ì. Iti. <J. E. SlS.\il)., .Syn., pag. ;>9.
1847. 111. inionslati' MICIlTTl., Fvss.mioc, pag. S17.
1847. IH. cali-arata E. SISMD., %n., 9 ed., pag. 28.
1874. fd. id. BENOIST, C.i«<i/./»M. Ì.H finVc <( rff 5rtufaM, pag.381.
1878. Id. ili. FCCilS, Stiid. ti-rt.-hilj. Ober-ltal., pag. 5U.
Varietà A lan species distiiiguenda ?)
AnfractHS postice minus depressi; ullimus longior, antice atlenualus. - Superficie» (rOHJiw.sv
minute striata; nodorum series unirà rentralis.
Le formo che i signori R. Hoernes e M. Auinger riferirono a questa specie di
Qrateloup (meno forse quella figurata a fig. 10, tav. XVI della loro opera) , non
corrispondono ai fossili dei Colli torinesi qui descritti.
Paragonando i molti esemplari delle vicinanze di Torino con quelli sovracitati,
non fr difficile riconoscere fra gli uni e gli altri le seguenti dififerenze.
Nei fossili dei Colli torinesi, come in quelli delle vicinanze di Bordeaux: 1" la
forma ò più breve o più rigonfia e perciò la bocca più corta e più larga; 2" i nodi
DESCRITTI DA L. BELLARDI 401
acuminati sono minori di numero e più grossi; 3° il labbro sinistro in luogo di pieghe
non ha nel suo intemo che quattro o cinque tubercoli per lo più isolati e raramente
prolungati verso le fauci per un brevissimo tratto in una piega quasi obliterata.
Un esemplare della, Purpur a (Kicinula) calcarata (Grat.) proveniente da Merignac
e gentilmente comunicatomi dal sig. Benoist collima in tutto e per tutto con quelli
dei Colli torinesi.
La P. calcarata Grat. rappresenta nel miocene medio dei Colli torinesi il gruppo
al quale appartiene la P. deltoidea Lamck., e la P. Pica Blainv.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi , Rio della Bat-
teria, ecc., non raro ; ColJ. del Museo e Michelotti.
21. PURPURA HAEMASTOMOIDES R HoERN U. M. AuiNG.?
Dislinguunl hanc spcciem a P. calcuraln (Gral.) sequenles nolae;
Testa luwjior, anguslior : sjìira lotiijvir, magis acuta. - Pars postica anfractuum magis lata.
- Nodi ìiiinores: slriae Iransversae pauciores , majores. - Os magis longnin: culuinella anlice
recla, minus contorta: rimi tniitux reflr.ra.
Lonj?. 30 min.: Lai. iO min
Ì85:». l'urpura elata HOKUN., Moli. /'oss. ff^ien, voi. I, paj^. 167, lav. XIII, fin. I8.
1882. Id. haemastomoides U. IIOKKN. ii. .M. Al INC.. Gnsler mioc. Oeslerr.-i'nij. ìfonarch., paf;. lòt.
Riferisco con dubbio la forma qui descritta alla precitata specie di Vienna, poiché
l'unico esemplare elio ne conosco del Piemonte, è di imperfetta conservazione e pre-
senta le seguenti differenze colla figura dell'Hoernes:
1° i solchi trasversali vi sono un poco più profondi (non sufficientemente segnati
a tav. XI, fig. 21 della presente opera); 2' i nodi delle due serie ventrali dell'ul-
timo anfratto sono minori in numero (8) e perciò più (listanti fra loro; 3° le due
serie trasversali anteriori sono quasi obliterate; 4° le suture sono meno profonde.
Miocene medio: Colli torinesi. Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo.
6' Sei-ie.
Testa crassa: spira parimi acuta. - Anfractus postice non distincte canali-
culati; margo posticiis anfractuum vix notatus, inermis ; anfractus ultimus an-
tico obtuse hicarinatus. - Superficies nodifera. - Os subrectangulare : labrum si-
nistrum medio depressum, antice et postice sub angiilatum ; callum posticum labri
dexteri vix notatim : columelìa antice subrecta, obliqua, postice profunde excavata.
Sekie II. Tom. XXXIV. *c
402 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
È caratteristica delle forme di questa serie la presenza di due specie di carene
ottuse che attraversano l'ultimo anfratto, una nella regione ventrale l'altra in quella
anteriore, le quali protratte al margine della bocca dàimo luogo nel labbro sinistro
a due angoli più o meno bene definiti.
22. PURPURA BICARINATA BeLL.
Tav. XI, fig. 29.
Testa polygona : spira longiuscula. - Anfraclus ullimus '/s lolius longiludinis subaequans.
transverse bicarinalns ; carina postica sulurae pruxima, antica ventralis , ambae oblusae. - Su-
perficies lonfjiludinaliler costala; coslae ma^HOP, rerlae, obliquae, variciformes, & , ab interstitiis
latii et pinlundis separatae, in intersecatione cnrinarum in nodum subspinosum erectae. - Os
amplum, sìibf]iia(lratum ; labrum sinistrum bianr/ulalum, interius ad niarginem incrassatum et
quinque-plicaliini ; plicae in denteili oblusuni lerininatae: coUìmeWa postice profunde excavata :
umbilicus anguslus, satis profundus: rima vix revoluta: canaliculus poslicus parum profundus.
Long. 22 mm. : Lai. 10 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Val Ceppi, raro; Coli, del
Museo.
23. PCRPDBA STAZZANENSIS BeLL.
Tav. XI, fig. 93.
Oislingnunt hanc speciera a P bicarinata Bell, sequenles notae ;
Testa anfiustior: spira magis aperta. - dirinae Iransversae miiius prominenles. - Costae
loniiitudinales obscure notatae, obtusiores : nodi obtusiores. - Os angustius: umbilicus latior et
loKijinr.
Long. 'ì^ mm. : Lat. 14 mm.
Miocene superiore : Colli tortonesi , Stazzano , rarissimo ; Coli, della R. Scuola
per gl'Ingegneri (Prof. Gastaldi) e Micbelotti.
24. PUHPURA LNIPLICATA BeLL.
Tav. XI, fig. 24.
Dislinguunl hanc specieni a P. birariimla BpII. sequentos nolae:
Testa major, crassior , magis innata : spira brevior , magis aperta. - Anfraclus ultimus
obliquiis: rarinae ohtiisiores, vix notalae. - Costae longitwiinales obscure nolalae . panciores,
oblusinies, ab iiiterstitiis laliorilìiis et viinus profundis separatae: lindi majores. - Super/ìries trans-
verse minute silicata. - Os snborale: rolninella magis contorta, anticc sinistrorsum inflexa , et
uniplicata : umbilicus vix nolaliis.
Long. 28 mm. : Lai 21 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli. Micbelotti.
DESCRITTI DA L BELLAKDI 403
T Serie.
Testa sub fusi formis, elongata: spira longiuscula, Y^ totius longitudinis suhae-
quans. - Superficies transverse striato-sulcata , nodifera. - Columeìla suhrecta ,
postice excavata.
Si distinguono ovviamente le forme che compongono questa serie, dalle loro con-
generi per le piccole loro dimensioni e per la lunghezza ed acutezza della spira le
quali danno luogo ad una forma generale stretta e proporzionatamente lunga.
2-5. PURPURA PRODDCTA BelL.
Tav. XI, fig. 25.
Testa subfusirormis, angusta: spira Innga, valde acuta. - Anfractus primi et medii con-
vexi; uitimiis diraidiam longitudinem superans, postice excavatus, antica parum depressus:
suturae profundae. - Superficies transverse costulata, in interstiliis coslanim transversarum
minute et densi' longiludiualitur lamellosa; costae transversae majores et minores allemalaf, ab
inlerstitiis anfjustis et profundis si-paralap ; in primis et mediis anfractubus series una nodoium
super nnrjulum mrdianum anfractunm mnijna el altura minor rontra suluram anticam denir-
rentes; in anfrarlu ultimo torlia et quarla serips uodoruni minirnae, ihi nodi irregulares,
olisriire notati. - Os ovale, elongalnm; labrum sinislrum subarcuaUini, mi mnrginrm serratum,
inlerius incrassaluni , pluriplicatum; plicae in faucem parum productae: columclla lonQa,
antiie subvpfta , postice excarala, parum contorta, l'requenter antice rugulosa et submodio
uniplicala: umbilicus nngustus, lonyus: rima vix rejleia, a lahiis lonijiusrulis circumscripla.
Long. 30 inni. : Lat. 1 7 nini.
1840. Purpura hemastoma (jun.) BELL, et MICHTTI, Sagg. Oriti., lav.V, Cg.4, ó.
VarleiA A.
Testa major: spira brevior, niinus aperta. - Angulum poslicum ultimi anfractus magis pro-
minens.
Long. 31 mm.: Lat. 19 nim.
Varietà B.
Testa brevior: spira magis aperta. - Angulus posticus anfractuum magU prominens. - Co-
lumeìla magis contorta, inde umbilicus amplior.
Lonu. 22 nim. ; Lat. 18 nini.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo e Michelotti.
i6. Purpura apenninica Bell.
Tav. XI. fifr. 26.
Distinguunl hanc speciem a P. producta Bell, sequentes nolae:
Testa minor: spira magis acuta. • Series Iransversales nodorum magis prominentes, nodi
404 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
viajores; plicae inleman labri sinistri pauciores (i), majores: columella tnagis contorta, inde
umbilicits amplior.
Long, io mm. : Lai. 17 mni.
Miocene inferiore: Cassinelle, Momese, Dego, raro; Coli, del Museo di Zurigo
{Prof. Mayer) e Michelotti.
27. Pl'RPUBA ELONGATA BeLL.
Tav. XI, Iìr. 27.
Dislinguunt hanc speciera a P. producta Bell, sequenles nolae:
Testa minor. - Anfradus posticr magis depressi; ultimus anlice angtislatus^ longior . - Costae
lomiitudinales pauciores, inde nodi pauciores, majiires. - Os subtriangulare ; labrum sinislrum
postici' angulalum, antice subreclnm, obliquum, inlerius quadriplicatum ; labrum dexierum laevi\-
columella poslice magis exravata
Long 17 mm. : LaL H '/« n^"™-
Miocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Termo-fourà, Val Ceppi, raro:
Coli. Michelotti.
28. Porpora megastoma Beli..
Tav. XI, fig. 98.
Disiinguunl liane speciem a P. producta Bell, sequenles nolae:
Testa viinoi-: spira brevior , magis aperta. - Anf'ractns breviores, minus convexi: sulurae
minus profundae. - Series nodorum magis pniminenles ; nodi pauciores, majores. - Os subovale,
medili ditalalum ; labrum sinislntm medin effusinn, inlerius quadriplicatum: columella aulire
subrerta, postici' profuiide excavata: umbilinix vix notalus.
Long. 17 min. : Lai. Il mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo.
8' Serie
Testa suhfusiformis : spira dimidiam longitudinem suhaequans. - Anfractus
postice depressi, subcanaliculati ; margo posticus anfractumn simplex, inermis. -
Superficics transverse dense striato-suìcata. - Columella subrecta, postice excavatu :
culhim postictim labri dexteri vix notatum.
29. PORPURA ELECTA ReI.L.
1870 yrurex dectiis BEI,!... .Moli. laz. Piente Liij.. pari I, pag. la:, tav. Vili, fip. 19 (n. 6).
Miocene medio: Colli toiinesi, Baldissero-torinese , raro; Coli, della R. Scuola
degl'Ingegneri (Prof. Gastaldi) e Kovasenda.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI . 405
9' Serie.
Testa crassissima, suhgìohosa : spira brevissima. - Anfractiis uìtimus magnus,
postice vix depressus; margo posticus anfractuum irregularis. - Siiperficies trans-
verse striato-sulcata. - Os suhovale ; labrum sinistrum exterius incrassatum , va-
rici forme, postice super anfractum pcnultimum productmn: columella medio pro-
funde excavata.
Ho collocato qui alla coda del genere Furpura una forma notevolissima, la quale
meriterebbe forse di costituire un genere distinto, perchè ai caratteri generali della
natura del guscio e degli ornamenti superficiali consimili a quelli delle Pui-pure, si
aggiungono in essa: 1° la presenza di una grossa varice esterna del labbro sinistro;
2° la forma arcata della columella, nella quale cioè la maggior concavità si trova
nel mezzo della sua lunghezza, mentre nelle vere Purpure è collocata più o meno
prossimamente all'angolo posteriore della bocca formato dall'incontro del labbro destro
col sinistro. L'esemplare descritto e figurato è unico e di imperfetta conservazione.
30. PURPURA VARICOSA UeLL.
Tav. XI, flg. 29 [a, b).
Testa craasissima: spira brevis. - Anfraclus primi breves, complanaii; uUimus magnut,
ventrosus, */s lolius longiludinis superans, anlice vaido deprossus. - Superficies loia Irans-
verse cosluhla: cosl\ihe majores et tninores allernatae: series una transversa ventralis nodorum,
in parie a sutura leda in primis anfrarlibus ; nodi in ultimo anfraclu mmini, ohtusi, antire in
coslam ohsoletam produdi. - Os ovaie ; labrum sinistrum exterius incrassatum, subvaricosnm,
postice callosum, supra anfradum praecedenlem prodiidwn, inlerius pluri-plicalum: columella
subarcuala: umbiiicus vix notalns: rima anp;usta, postice non canaliculala.
Lonfi. 24? inm. : Lai. 20 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli. Michelotti.
Nel Catalogo del Prof. Doderlein sono citate come trovate a S'" Agata-fossili due
specie di Purpure che io non conosco di quella località e che perciò non ho descritte,
la P. lineoìata Doderl. e la P. elata Blainv.
2. Genere JOPAS II. et A. Ad. (i853).
1. .lOPAS PTGMAEA BeLL.
Tav. XI, flg. 30.
Testa parvnta, ovaln-fusifomiis. - Anfractus complanali ; ultimus *U totius longiludinis
subaequans, ventrosus, antice parum depressus: suturae supcrficiales. - Superticies Iota trans-
verse sulcata et in primis anfractubus loufiitudinaliler cosluiata; sulci profundi. latiusculi,
praesertim postici, complanati, ab interstitiis paullo majoribus et cumplanatis separati, in primis
406 I MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
et mediis anfraclubus 4 perspicui, l"2 in ultimo; ìnìi^rsldìA sukis interposita passim ferrugineo-
macnlati; cosUilae longiludinales obluxne . rectae , inlerslilia suhapquantes, in uUimo anfraclu
sensim sine sensu evanescenles. - Os ovaie; labrum sinistrum inlerius pluri-plicalura , ad
mafinem serruialum; lubercuium posticum labri dexleri salis promiiiens: coiumella arcuala:
rima a labiis ion^iusculis circumscripla.
Long. 1 2 mm. : Lai. ti mm.
Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti , non raro ; Coli, del
Museo e Kovasenda.
3. Genere MONOCEROS Lamck (1819).
1. MONOCRROS MONACANTHOS (BrOCCH.).
Tav. XII, li},'. 1.
Tesla subovaia. - Anfraclus primi versus suluram anticam traiisverxe subcaiiiiati ; ullimus
magnus, '/j lolius longiludinis subaequans: sulurae profundae. - Superlicics Iransverse coslu-
lalo-suicala el longiludinaiiler costata; coslulae Iraiisversae inacquaits, mnmllae majores mino-
ribus intermixlae, a siilcis inacqualibm sepaialae; coslae longiludiiiales frequenler variciformcs,
magnile, obtusae, plerumque 7 in ullimo anfraclu, in inlersecalioue coslularuni transversarum
obsolete noilosae; carina t« primis anfraclubus (illaesis) nodoso-spinosa; snperficies in illaesis
loia longiiudinaliter dense lamellosa. - Os ovale: labrum siiiislrum inlerius versus raargincm
minute denlatum , ad marginem crenuialum; deus anlicus brevis, aeulus: coluraella subar-
cuata: umbilicus parum profundus.
Long. 40 mm. : Lat. 23 mra.
1814 Bitccinum (Purpura) monacanlhos BROCCH., Cnncìi. fass.sub., paj;. 331, tav. IV, lig. 12.
BUO.N'M, Ital.tert.-Geb., pag. 2C.
E. SISMI)., Si/n., pay.41.
TCimiATCU., Cnnstil. géol. Prov.mirid. Naples et Nioe, pag. i38.
desìi, in LAmCK., Anim. s. vert., 2 ed., vol.X, pag. 124.
E. SISMD., .S'i/H., ì ed , pag. 28.
irOUB., Prodr., voi. Ili, pag. 79.
FOBEST., Catiìl.Moll.plinc. Bulogn., pag. 50.
COr.C., Enum. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parm. e Piac, pag. 91.
COPI'., Calai, foss. mio-plioc. Moilen. Coli. Cnpp., pag. 2.
SEGUENZ., Form, plioc hai. merid., pag. 342.
COPP., Mnrn.turch.e Foss. mode»., pag. 15.
COPP., Paltoni moden., pag. il.
Fìiocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo.
Pliocene superiore: Volpedo presso Voghera, non raro; Coli, del Museo.
2. MoNOCEROS DEPRESSUS BnONN.
Tav. X!l, lig. 2.
Dislinguunl hanc speciem a Man. mmacanllios (Broccii.) sequenles nolae:
Testa minor, sitbghbosa, brevior, lalior : spira brevissima, magis aperta. - Os orali-rolun-
datum; labrum sinistrum arcunlnm : coiumella pnstia^ magis excarata: umbilicus angustiar
Long. 30 mm. : Lai. 24 mm.
1831.
Monoceros
Id.
id.
1842.
Id.
id.
id.
1842.
Bitccinum
id.
id.
1843.
Monoceros
id.
id.
1847.
Id.
id.
id
1852.
Id.
id.
id.
1868.
Id.
id.
id
1873.
Id.
id.
id.
1874.
Id.
id.
id.
1875.
Id.
id.
id.
1881.
Id.
id.
id.
1881.
Id.
id.
id.
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 40 7
1831. Monoceros depressus BRONN, Ital. terl.-Geb., pag. 26.
Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo.
3. MONOCEROS CANCELLATCS BeLL.
Tav. XII, fig. 3.
Distinguunl hanc speciem a Mon. monaranthos (Brocch.) sequentes nolae:
Testa major, magis infiala: spira maqis averta brevior - r«v/„;„. ,
Long. 52 mm.: Lat. 37 mm.
In un esemplare del quale non trovai che uua porzione dell' ultimo anfratto a
stazzano, le dimensioni doveano essere quasi doppie di quelle dell'esemplare figurato
provemente da Vezza. s ««■"'
Miocene superiore: ColM tortonesi. Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo
Miocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; CoU. del Museo.
4. Genere VITULARFA Swains. (1840).
1- VlTULARIA MNGUA-BOVIS (BaST.).
Testa venlrosa. subfusiformis: spira salis longa et acuta. - Anfraclus primi cantra su-
tnram ant,ca,n subrarrnat, , postice subcomplanati ; ullimus .ragnus . "3 toliu lon! ud nis
subaequans, ,„ ventre subcarinalus. antice ..a.is Hepressus: .ufurao simpl e " arul
un ae - Superfic.es tota et satis dense pustulifera; longHudinaliter et i regu larHe pasTm
u miniata, ,n canna anfraCnum nodif.ra; pus.ulao obtusae , i„„o^nales , «.o^orn IZl
due. Os subtnanoulare labrum s.nislrun, incrassatum. raririlor.ne, lamelloL rat^Zs
dent,culatun,, ,osUoe angula,u,n: coiun.ella subrectu, postice parum excavata: umbili;us i J
parum prolundus, inlerdum vix notatus, in adulti.s amplior
Long. 85 mm. : Lat. 6.5 mm.
1825. Murex lingua-bons BAST., Mcm. Bord., pag. 59, fv. Ili, fig. 10.
827. Id id. mPn.,DiH.Sc.nat.,yolXLV,p.s.t,k
1832. Jd. id. CRAT., 7;,fc/ /ò.«. 0„x, n. 123.
IS' ■ ■^^ '•',■ "'^^''"' ^''"'*- ^''"- ^''""~^- '■" '^rt.-Beok. V. ÌVi.n, pag. 418.
iLn" 1,' '"^'^'^•' ^"'"^- ""-'■" ''"■"■'■ <-''>""*> n- MI-
840. «. „,,„/,„„, r,nAT.,.^,/.Co„rA. /•«,„., tav. XXXI, fig. 17. 18.
1841. Id. l,ngu„-boi'is MICIITTl, Mo,w,jr.Gen. Mareji, pag 22
18-12. Id. vitulinus E. SISMI)., Sy«., pag. 38.
1847. /,/. lingua-bovh MlCllTTI, Foss. mioc, pag. 244.
1847. Id. id. E. SISMD.. Sy„., 9 ed., pag. 41.
408" I MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1847. Hfurex liiigua-hwis SOW. in SMITH, Age of the terl. BeJs of the Tage, voi. Ili, pag. 415.
1818. /(/. "/. IIOKUN., l'erz. in CzizcF' Frlunl.z. geogn. K rt.r: Wien, pag. 18.
1851. «. ili. IIOKRN., Milli. fos.<. Wien, voi. I, pag. «.(O, lav. XXIV, fiR 1, 3.
1852. III. sulmlulinus lyOWB.. Prodi:. \o\. Ili, jtag. IX
1852. J(l- hngua-bovis D'OKB.. h-odr., voi. ili, pag. 75.
1853. III. id. 'SìXGV.W., Beiti. tert.-.Mnll. Ober-Lapugy, ^3^.h\.
I8(;n. Id. id. NEICEB., %.^^ rcri (cr(.-.»Ao//.-CfA., pag. 12.
1864 Id. ul. ItODKKL., rcjin.jw/. miof.iM/).7rn/.r(>n/r., pai,'. 22 '104).
1874. Id. id. KENOIST, 'l\st. fuss. ite la Hriile et de Saiicats, pag. 353.
1878. Purpurn id. fVClìS, Stttd. tert.bild. Ubrr-ltal., pag. àO.
Miocrnr mrdio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà,
Baldissero-torinese, Val Ceppi, non frequente ; Coli, del Museo, Miclelotti e Eovasenda.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo di Zurigo
(Prof. Mayer) e Rovasenda.
5. Genere CUMA Huimphrey (i'"97).
1. Coma laxecarinata (Michtti.).
Tnv. XII, fig. 4 {a, 6).
Testa subfiisiformis: spira longa. - Anfraclus lìrimi et mcdii prope suluram anticain an-
gulali, mthcarinati, postice complanati, infiinilibiliformp.<: ; ullìmiis venire angulatus, subcarinntiis,
valdejìromiiiens, aniice prnfunile depressus, iinfin.'ìlatux, '/j lolius lonjziludinis subae(|uans: sulurae
profurulissimatv - Superficics Iota transversc coslulala, slrialo-sulcala el nodifera; coslulae
iimequales, majores et miitores plcrumqiie attcrnatae; scries una nmlornm in aiigtilum anfractiium,
et altera prope rimani decurrentes; nodi serici poslicac in primis anfrarlubus obliisi, in ultimo
ìiiaqni , spinosi, plerumque 11 , omnes aniice in roslam maqnam , olitusam, irreijularem. ante
sericm anlicam nmlorum cvanescentem producti; nodi seriei anlicae el ipsi magni, sed minores;
Hodis serici posticae plerumque numero aequales. ■ Os anguslwn, elonyalum; labrum sinistrum
inleriiis laeve: columella aniice snbreclu, poslicc prò funde escavala: unibilicus lalus, sed parum
profundus.
Long. 7'ò mm. : Lai. 45 mm.
1861. l'usiis la.vecarinatus MlCllTTI, Fii.ss.miiie.iiif., lav.XH, fig. Il, 12.
Questa forma è stata figurata, ma non descritta nella precitata opera del signor
Cav. Miclielotti.
Miocene inferiore: Sassello, S'" Giustina, non raro; Coli, del Museo, Michelotti
e Museo di Zurigo (Prof. Mayer).
DESCRITTI DA L. BELLAEDl 409'
Sottofamiglia PURPURELLINAE Bell.
Labrum dexlerum cantra canaliculum poslicum oris transverse plicatum: plica magna irt
faucem producla. - Rima a labiis longis , in caudam lungiusculam et reciirvam produclis cir-
cumscripta.
Le forme clie mi parve opportuno di qui distinguere dalle precedenti e che mi
consigliarono di istituire per esse una sottofamiglia, si distinguono dal genere Purpura
ed affini per un carattere molto importante e ben definito, vale a dire per una piega
gi-ossa ed assai sporgente che con-e spiralmente sul labbro destro per tutto l'interno
del guscio in prossimità del canaletto in cui si protende posteriormente la bocca.
A questo carattere si deve aggiungere che le labbra, dalle quali è cii'coscritto l'iu-
taglio anteriore, sono lunghe per modo da dare origine ad una specie di coda, notevol-
mente rivolta all'indietro.
Siccome poi fra le forme collegate dai precitati caratteri una {Purpurella cana-
li cui atei Bell.) ha il labbro destro, o columellare, semplice e liscio anteriormente e
le altre (Taurasia suhfusiformis (D'Orb.) e forme affini) presentano nella parte ante-
riore di detto labbro due o tre pieghe, o rughe che si vogliano chiamare, poco spor-
genti ma bene distinte, fra loro ravvicinate e pochissimo oblique all'asse del guscio,
le quali si protendono nell'interao della conchiglia per tutta la lunghezza della colu-
mella, consimilmente a quanto si ossei-va nel genere La finis, cosi ho per la prima
proposto il genere Furptirella e per le seconde quello di Taurasia.
Columclla antice simplex G. Purpurella Bell.
Columella antice hipUcata G. Taurasia Bell.
I. Genere PURPURELLA. Bell. (1882).
Anfractus postice profunde canaliculati, cantra suturam posticam marginati :
margo noclifcrus. - Os postice profunde canaliculatum ; labrum dexterum prope
canaliculum tmiplicatum ; plica magna, valde prominens, spiratim in faucem pro-
ducta : columella larvis, subarcuata : rima a labiis longis circuniscripta et vix reflexa.
inde testa subcaudata.
I . PURPUBELLA CANAUCULATA BeLL.
Tav. XI, fi};. 35.
Testa subfusiformis: spira longiuscula, parum acuta. - .\iirraclus prioii et medii medio
satis profunde ccmcari; ultimus ventre ani]u1alus , postice concavus , antice valde depressus, '/j
tolius longiludinis subaequans: sutiirae marginalae, prominenles. - Superficies tota transverse
Serie IT. Tom. XXXIY. «n
410
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARIl DEL PIEMONTE ECC.
coslulala; coslulae inaequales, majores transverse striatae et minoribus subregulariler allernatae
in parte antica ultimi anfraclus, in canali postico miiiutae et subuniformes ; angulus venlralis
ultimi anfraclus iwdiferus; nodi acuii, subsjmosi, subduplicati : canaliculus poslicus anfracluum
amplus etpr(jfundus: niargo sulurae poslicae satis prominens, nodis subacutis, irregularibus. -
Os subquadraliim ; labrum siiiislrum inlerius piuri-plicalum : columella ad apicem vaide
conlorla, subarcuala; umbilicus auguslus: rima a labiis longis circumscripla el in caudara pro-
ducla, poslice inflexa.
Long. 40 mm. : Lai. 24 nini.
Miocene medio: Colli torinesi; Baldissero-torinese , rarissimo; Coli. Michelotti e
Rovasenda.
2. Genere TAURASIA Bell. (1882).
Testa suhfusiformis : spira longa. - Anfradus postice depressi, subcanaliculati ;
idtimus dimidiam longitudinem subaequans: sutura postica non marginata. - Os
ovale, postice profunde canaìiculatum : labrum dexterum contra canniiculitm po-
sticim oris uni-pìicatum : plica magna , in faucem spiratim producta : cohmeìla
antice transverse plicata : plicae partim obliquae, in faucem productae.
I Tal'kasu sl'bflisiformis (D'Orb.).
Tav. XI, fig. 31.
Testa fiisiformis: spira lunga, acuta. - Anfraclus primi poslice vix canaliculali; ullimus
poslice late et profunde canaliculahis , ventre injlatits, anticc valde depressus , lom/us, '/s lolius
longiludinis subai'quuns: sulurae suptrtìciales. - Superficics tota Iransvarse sulcata el coslu-
lala; coslulae inlerstilia subaequantes, lies miiiores inter majores plerumque decurrenles: anfraclus
Itrimi longitudinaliler costati; coslae oblusac , rcclae , inlerstitia stibucquanles. - Os ovale;
labrum sinislrum arcuatum, inlerius pluri-pliiatum: columella arcuala, J/ifi/io paruni profunde
exrat'ata; umbilicus anguslus et paium profunilus.
Long. 37 mm. : Lai. 19 mm.
1842. Purpura rugosa K. SIS.Ml)., Syn., pag. 39.
1812. W. luta E. SISMI)., .Syn., pa;;. 40 (giovane).
1847. Id. fusiformis MICIITTI., Fw*. miV., pag. 218, tav. XVI, fig. 17.
1847. Id. id. E. SISMO., ,Syn., 2 ed., pag. 28.
1852. Id. suhfusiformis D'ORB.. Prodr., voi. Ili, pag. 7i).
lb*8. Jd. id. Pi:i:US, Stud.tert.-Bild.Ober-Ilat., pag. 50.
Varle(A A.
Testa major : spira longior. - Coslulae transvcrsae minores.
Lai. 18 mm.
Long. 38 uiui
DESCRITTI DA L. BELLARM 41 I
Tarlet* B.
Testa major: spira brevior, minus acuta. - Canaliculus posticus anfractuum magis profnndus.
- Coslulae transversae et sulci interpositi mitiores, inlerdum passim obsoleti.
Long. 35 mm. : Lai. 21 mm.
Il Sismonda nella prima edizione del Synopsis riferì erroneamente al Murex rn-
gosus Sow. gli esemplari adulti di questa forma, ed al Murex ìntus Sow. i giovani.
Il nome specifico col quale il sig. Cav. Michelotti pubblicò questa specie nel 1847,
non può essere conservato perchè precedentemente a quell'epoca un'altra specie dello
stesso genere era stata pubblicata dal Blainville col medesimo nome.
Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano . Termo-fourà.
Baldissero-torinese, Val Ceppi, ecc., non frequente; Coli, del Museo e Michelotti.
2. Talrasia coronata Bell.
Tav. XI, flg. 32.
Dislingiuint hanc speciem a Taiir. subfusiformis (D'Orb.) sequoriles nolae:
Testa minor, crassior : spira magis aperta. - Anfractus cantra suturam poslicam i/i/Iaa',
submarginati. - Coslulae transversae majores et minores minus promineutes : series una nodornm
in ventrem ultimi anfractus dccurrens; nodi magni, obtusi, interstitiis interpositis majores.
Long. 23 mm. : Lai. 12 mra.
Varieia S.
Tnv. XI, Cg. 3.3.
Spira magis aperta. - Nodi minores, frequentiores, in partim obsoleti; costulae transversae
majores et minores complanatae (forsan erosae?).
Long. 30 mm. : Lai. 20 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Termo-fourà, Baldissero-torinese. raro; Coli, del
Museo, Michelotti e Kovasenda.
3. Taurasia nodosa Bei.l.
Tav. X>, fig. 34.
Dislinguunl hanc speciem a Tatti-, subfusiformis (D'Orb.) sequentes notae :
Testa major, crassior: spira magis aperta. - Canaliculus posticus anfractuum magis pro-
fundus, praeserlim in tillimo. - Coslulae liansversae vix passim perspicuae [an erosae?;; noili
ventrales magni, oblusi: margo posticus anfractuum irregularis, inflatus. - Plicae internae labri
sinistri numerosiores.
Long. iO mm. : Lai. 22 mm
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raiissimo; CoU. del Museo.
412
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEKZIAKII DEL PIEMONTE ECC.
Famiglia CORALLIOPHILIDAE Cheno (d859).
I. Genere COllALLIOPHILA H. et A. ADAMS (i835).
1' Serie.
Anfractus uUimus dimidiu loiìyitudine ìongior.
1 . CORALLIOPHILA GRANIFERA (MlCHTTI.).
Tav. XII, fig. -.
Testa irregularis, suhglohosa : spira longiuscula, acuta. - Anfraclus primi prope stiluram
uiilicam infiali, ultiimis in venire vakle iiilìalus , aniice valde depiessus, anormulilcr evolutus.
- Superficii's tota minute scubro.sa , Iransverse costulala, longiludinaiiter costala; coslulae
transversae subunifnimes, spissae, a snlcin anguslis separalae; costae loiigiludmdes rectae, magnar,
oblusae, ab intcrstiliis anfinslis separalae, leviler oliliquae, in dimidia parte ttllimi anfractus ori
proxiwa obsoletac. - Os suborbiculare, fere magis latuni quain longum; labrum sinislrum in
rentre valde concarum: colunielia postice panilo excavatn , antica subrecta; umbilicus pannn
profnndus.
Long. 20 mm. : Lai. 13 iiim.
1842. l'i/nila s(]uaiiiulala V.. SISMI)., Sì/)i., pag. .16.
1847. III. (jrnm/eia MlCHTTI., Fosi. m'or., pag. 966, lav. XVII. f. (i.
1847. /(/. id. E. SISMO,, Syn. 2 ed., pag. 37.
VaricCA A.
Tav. XII, Cg. ».
Testa major : spira lirevinr, magis aperta. - Anfraclus ullimiis in ventre minus infìatus,
varicosus. - Os snbtriangulare : columella longior, in caudam producta: umbilicus longior.
Long. 21 mm. : Lat. 15 mm.
Nella figura 8 della tav. XII, la (juale rappresenta la vai'ietà A di questa specie,
l'ultimo anfratto riesci più stretto di quanto è nell'originale.
Varlrlft B.
Tav. XII, lig. G,
Anfraclus ullimus anormaliter evoluliis, in ventre infìatissimus. - Os anguslum, niagis longnm
pliant lalum, postice expansnm.
Long. 20? mm, : Lai. I \ inni.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 413
1840. Pynila papiracea BELL, et MICHTTI., Sagg. Oriti., pag. S6, tav. II, fig. 13.
1849. Id. id. E. SISMU., Syn., pag. 36.
1847. W. /Jjcurfopa/jyracea MICHTTI., Foss.minc, pag. 267.
1847. Rapella id. E. SISMD., Syti., S ed., pag. 37.
Miocene medio : Colli torinesi, Villa Forzano, Grangia, Val Ceppi, Termo-fourà,.
raro; Coli, del Museo, Michelotti e Rovasenda.
2. CORALLIOPHtLA BBEVISPIRA BeLL.
Tav. XII, fig. 9.
Tesla pyriformà : spira brevissima, jianun anula. - Anfraclus ullimus magnui, ventrosu$,
anlice vix depressus , ^/j lolius loiigiludinis suhaequans. - Coslae loiigitiidinales parvuìae,
numerosa^ , ah inlerstUiis angusHs separalae , leviler ohìiquae, in anfradu ullimo vix passim
notatae ; coslulae Iransversae miaulae, crehran, iiiaequuies, majorcs et minores plerumque alter-
nalae, praeserlim in regione antica ultimi anfraclus. - Os subovale, postice dilalatum; labrum
sinistrum postice e.rpansum: columella subrecla, poslice vix excavata, antice in caudam pro-
ducla; uinbilicus nullus, vel vix notalus.
Long. 20 mtn. Lai. 13 inni.
Miocene medio : Colli torinesi, Eio della Batteria, Termo-fourà, raro ; Coli, del
Museo, Michelotti e Rovasenda.
3. CORALLIOPniLA ANGUSTA BeLI..
Tav. XII, 11(5. 10.
Testa .tubfusifdimis, eUmgala: spira longiuscula, satìs acuta. - Anfraclus convext; ullimus
innqnus, '/s lolius longitudinis subacquans, l'ii ventre injlatus, anliee produclus,parum depressus.
- Coslae longiludinales oblmac, ab inter.Hiliis anfiustis separatae, reciae, obliquae , in dimidia
parie ultimi anfraclus ori contigua obsoletae; iauicll<ae longiludinales »unierosae, nonnullae vari-
ciformes in idliuui anfractn; coslulae Iransversae spissae, ab intcrstiliis aw/uslis et profundis
separalae, major et minor allernatae. - Os subovalc, elomjatum: columella .mbmedio parum
excavala, antice subrecla, leviter sinislrorsum inflexa, producta, inde lesta subcaudata ; umbi-
licus lalinscìUus, longus, ad marginem exlernum rariciferus: rima vix recurvata.
Long. 19 mm. : Lai. 10 mm.
Miocene medio: Colli torinesi. Villa Forzano, rarissimo: Coli, del Musco.
4. CoBALLIOPUlI.A COSTATA BelL.
Tav. XII, fig. U.
Testa ventrosa: sjiira brevis, parum acuta. - Anfraclus convexi; ullimus ventrosus,magnus,
*/3 lolius longitudinis subaequans , anlice vix depressus. - Coslae longiludinales magnae,
angidosae , passim variciformes , usque ad marginem oris productae . subrectae , prope suluram
posticam (ìhliqualae; coslulae Iransversae in ventre anfractuum uniformcs , crebrae , prope su-
turam poslicam obsoletae; lamellae longiludinales vix notatae. - Os amplum, postice dilalatum:
columella poslice parum excavala, anlice subrecla, panilo producta; umbilicus satis lalus,
longus, profundus: rima poslice vix recurvala.
Long. 20 nini. ; Lai, 1 4 mm.
414 I MOLUSCHI DEI TEKREM TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze , Termo-foui'à , raro; Coli. Michelet ti e
Boyasenda.
O. CoRALLIOPniLA VARICOSA lÌELI,.
Tav. XII, fig. 12.
Dislinguunl hanc speciem a Corali, coslala Bell, sequcnles nolae:
Testa minor: spira lonfjior. - Anfraclns magis convexi, inde sulurae profundiores. - Cnslae
longitudinales pnnciores, magis obìiquae, in ulliinis anfraduhus omnes varici furmes, sublriangulares,
acutar; costulae transversae majorcs et miiiorcs intcrmixtav, non alter natae. - Os suborbiculare :
coluviella subarcuata.
Long. 16 mra. : Lai. IO mni.
Miocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, raiissimo; Coli. Michelotti.
2' SeiHe.
Anfracfìis uìtiwns dimidiam Jovgitì(dinpm neqxnmi, rei suhaequans.
6. CORAI LIOPHILA FUSIFOUMIS IÌEI.L.
Tav. XII. fig. 13.
Testa eìongala , fusiformis: spira ìonga , valdo arvta. - Anfraclus convexi: ullimus di-
midia longitudine vix longior , ventre mediocriter intlatus , antice valde depressus: sulurae
salis profundae. - Coslae longiludinales crassae, obtusae, panini obìiquae, rectae, fere usque
ad marginem oris productae, ab intersliliis laliusculis xeparatae; costulae Iransversae in parte
antica et in vnitre ultimi anfractus regulariler major et minor alternatae, in parte postica uni-
forme!; laincllae longiludinales spissae, undiqne perspicuae. - Os suborbiculare: columella
subarcuala, anlice subrecta, parum prodncla; umbilicus longus, angustus.
Long. 20 mra.: Lai. 1.3 mm.
Varietà A (an specie.» distinguenda ?)
Anfractus primi contra suturam anlicam transverse subcarinati; ultimus antice magis de-
pressus. - Costulae transversae undique uniformes, exccptis nonnullis majoribus passim in pnrtem
anticam ultimi anfractus decurrentibns.
Long. 14 mm. : Lai. 8 '/« """
Miocene medio : Colli tomesi, Bersano, Termo-fourà , raro ; Coli. Michelotti e
RoTasenda.
7. CoRALLIOPHILA REGUl.ARIS BeI.L.
Tav. Xll, fig. IS.
Dislinguunl hanc speciem a Corali, fi-tiformis Bell, sequenles nolae:
Testa minor. - Aiifrarliis tillimus anlirr minus depressus. - Coslae longiludinales in primis
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 415
anfraclubus minores, compressae, ab interstitiis minoribus separatae, in ultimo majores, oblusa»,
usque ad marginem oris productae ; coslulae Iransversae minores, a sulcis minus profundis sepa-
ratae, subuniformes, vix passim costula una minima inlerposita; lamellae longitudinales subin-
distinclae. - Columella anlice minus productn, postiee magis excavata.
Long. 19 mm. : Lat. 1t Va iim.
Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze, rarissimo; Coli. Kovasenda.
8. COBALLIOPBILA RECURVICADDA BelL.
Tav. XII, Cg. 14.
Distinguimi hanc speciem a Corali, fusifurmis Bell, sequenles notae:
Testa minor. - Anfraclus magis conrexi ; ultimus antice magis depressus. - Costae longitu-
dinales majores, pauciores, nodiformes, ab interstitiis latioribus separatae. - Umbilicus vix no-
tatus: rima magis recurvata.
Long. 16 nini.: Lai. 9 inni.
Miocene medio: Colli torinesi; Baldissero-torinese , rarissimo; Coli, del Museo.
9. CORALLIOPHILA TURRITA BeLI..
Tav. XII, fig. 15.
•
Tesla turrita: spira longn. - Anfraclus valde convexi; ultìoaus brevis, dimidiam longi-
ludineni vix acquans, anlice valde depressus : suliirae profundae. - Coslae longiludinales
magnae, obtusae, rectae, obliquile, ab interstitiis profundis et parum latis separatae, in ultimo
avfractu usqne ad rimam productae; cnslulae Iransversae spissan, subuniformes , vix nonnuUae
in venlrem drcurrentes ; lamellae longiludinales undique spissae et perspicuae. - Os suborbi-
culare, breviatum: columella poslice salis excavata, subarcuala; umbilicus angustus, pro-
fnndus, ad marginem exlcruum variciferus.
Long. 18 mm. : Lai. 10 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro: Coli. Michelotti.
10. CORALUOPHILA UMUILICATA BeLL.
Tav. XII, fig. 16.
Distinguunt hanc speciem a Corali, turrita Bell, sequenles notae:
Tesla major: spira magis aperta. - Anfraclus minus convexi, conlra suturam antieam in-
jlati; ultimus longior: suturae minus profundae. - Coslae longitudinales prope suturam poslicam
attenuatae; lamellae longitudinales minus dislinclae. - Os subovale; labrum sinistrum interius
plicatum: columella ad apicem sinislrorsum inflexa; umbilicus major.
Long. 21 mm. : Lat. 13 mm.
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli. Michelotti.
416 J MOUXSCHl PEI TERRENI TERZIARI] DEI. PIEMONTE ECC.
II. CORALLIOPHILA ABNORMIS (MlCHTTI.).
Tav. XII, 6g. 17.
Dislinguunl liane speciem a Corali, lurrila Bell, sequenles nolae:
Testa major, crassior : spira magis acuta. - Anfrncttix mimis coiivexi: suturae minus pro-
fundae. - Costae loiigiludinales majores, ohlusiiires, pauciores, in ventri' anfractuum nodiformes ;
costulae transversae miiiorcs, non uniformcs ; lamellae loniiiludiualfs vix passim perspiciiae. -
Umbilicus angustiar.
Long. 20 mm. : Lai. 11 '/^ mm.
Miocene medio; Colli tolinesi, Termo-fourà, rarissimo; Coli. Michelotti.
12. CoRALLIOPeiI.A CRASSICOSTULATA BeLL.
Tav. XII, li;,'. IO.
Testa siibfusii'orniis : spira parum ionaa et paruni acuta. - AnlVaclus coìivctì , propv
sutnram antiram in/iati, pnstice depressi; iilliiiius iliniidia longiluiiinc sublongior, ventre in-
llatns, aniice valde depressus: suturae profuiidae. - Costae iongitiulinales magnae, ab inlerstitiis
angnslis et profundis separatac, rectne, iiblìquuc, in parte poetica aufrartnnm iittenualui-, in ventre
nodiformes, antice cantra rimani produrtae: costulae transversae frequente^ . ab interstitiis an-
gustia et profundis separatae, uniformes, super cnstas longitndinales magis prominenles. - L'm-
bilicus anguslus, vix notatus.
Long. 15 nini.: Lai. 10 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, rarissimo; Coli. Michelotti.
13. CoRALLIOPHILA LONGA BeLL.
Testa fusiformis. angusta, longii: spira longa, valde acuta - Anfractus convexi; ullimus
diniidiam longiludineni vix superans. - Lamellae longitudinales spissae; coslae longiludinales
mugnae, oblusae, ab intirstiliis latiusculis et fyrofnndis separatae, valde obliquae, postire cantra
suturam puslicam , antice contea rimani producine; coslulae transversae frequente'! , passim
costula minor majoribus interposita. - 0» ovale, elongatum, augustum : coluniella antica sub-
reeta, producla, postico parum excavata.
Long. 17 inni.: Lai. 9 nini.
Miocene medio: Colli torinesi, Villa Forzano, rarissimo; Coli, del Museo.
Colloco <|ui in appendice al genere CoralliophiUi alcune forme che senza dubbio
vi si devono riferire, e che furono descritte nella prima parte di quest' opera come
appartenenti al genere Murcx.
Parecchio altre forme fra quelle riferite al genere Miircr dovi'anno probabilmente
inscriversi fra le Coralliophila; ma ciò mi riserbo di fare in una rivista generale
delle specie descritte che darò ad opera compiuta.
DESCRITTJ DA L. BELLAKDf 41 T
li. CORALLIOPHILA ReNIERI (MiCHTTI.).
1879. Murtx Rtnitri BELL., Moli. terr. terz. IHem.e Lig., parte I, pag. 126, tav. MIl, fig. 17, a, *.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro: Coli. Kovasenda.
Io. CORALLIOPHILA IRREGULABIS BeLL.
1.872. Murtx irregularis BELL., Moli. Un. Pieni, e Lig., parte I, pag. 1S8, tav. Vili, litr.91, a, h.
Miocene medio: Colli torinesi, Grangia, rarissimo; Coli. EoTasenda.
16. CORALLIOPHILA COMPTA BeLL.
1878. Murex complus BELL., Moli. lerz. Pieni, e Lig., parte 1, pag. 12fi, tav. Vili, fig. 17. a, b.
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro ; Coli. Kovasenda.
2. Genere LATIAXIS Swains. (1840).
1 . LaTIAXIS INERMIS BeLL.
Tav. XII, fig. 8 (a, b).
Testa subtrigona: spira depressa, brevissima, obtusa. - Anfraclus primi poslice depressi,
complanati, vix prope sutitram posticam convexiusculi; ullimus magnus, antice valde depressus,
*/j totius longiludinis suhnequans, in ventre carinatus; carina acutissima, valde prominens , in
primis anfraclubus a sutura antice teda, in penultimo in parte detecla. - Superficies tota laevis,
inermis, exceplis rugulis nonnullis longiludinalibus el irregularibus passim pcrspicuis. - Os
subtrigonum: peristoma continuum: coluniciia subarciiala, ad apicem dextrorsum infiexa; xtm-
bilicus parum lattis, profumlus: rima recurvala. *
Long. 30 mm.: Lat. 21 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Albugnano, rarissimo; Coli. Michelotti.
SERIK IT. Tom. XXXIV.
418 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Famiglia OLIVIDAE Chenu(ì859).
Abbenchè siano stati proposti parecclii generi e sottogeneri per raccogliere in
gruppi più 0 meno omogenei le numerosissime forme della fauna attuale riferibili agli
antichi generi Olii a ed Anciììaria, i quali formano la base di questa famiglia, tut-
tavia mi sembra che sarebbe opportuna una rivista generale di tutte le forme che vi
si riferiscono, tanto di quelle che appartengono alla fauna attuale quanto di quelle
che fecero parte delle faune precedenti. Da questa generale rassegna potrebbero riescire
ben definiti parecchi gruppi, i cui confini furono finora indicati in modo così vago che
lo studioso si trova incerto nel liferim le forme che ha tra le mani.
Non avendo i materiali occorrenti per questa generale Jlonografia delle Olividi,
ho dovuto limitarmi a riferire le forme che doveva descrivere, a quei gruppi già noti
colle specie dei quali presentavano maggiore affinità le nostre forme fossili , modifi-
candone più 0 meno i caratteri e cù'coscrivendone meglio, a mio giudizio, i confini,
ed a proporre due generi nuovi per forme che non potevano pei loro caratteri far
parte di quelli precedentemente stabiliti.
La classificazione qui sotto proposta non si riferisce naturalmente che alle Olividi
descritte nella presente opera.
Pai-mi per altro che allargandone i confini per poter raccogliere tutte le specie
tanto della fauna vivente quanto di quelle fossili , potrebbe servire di base ad una
naturale distribuzione di tutte le forme rappresentanti questa numerosa ed importante
famiglia.
XB. Col vocabolo piega {plica) intendo un cordone che corre spiralmente sulla
columella per tutta la sua lunghezza: le rughe (rxgae) sono cordoncini che partendo
dalle fauci e con-endo sulla callosità anteriore della columella, ora semplici , ora in
parte confluenti, vanno a finire contro la smarginatura anteriore : finalmente le rughette
(ruguìac) sono (juci cordoncini che partendo dalle fauci finiscono col labbro destro,
vale a dire non si protendono oltre il piano della bocca, e sono collocati nella regione
mediana della columella.
1. Sotto-famiglia OLIVINAE II. et A. Adams (IS'i'^).
Siiira Iota tMecla. - Aiifrurtus ullimim non aniire iransverse unisulcahis. - Canaliciiìus
poslicim orh ani/nstus , priifundun , margine anitre acuto. - Coluinrlla rccta , vcl melio leviler
excarata, antice uiiiplicata et rutiosa, medio ru'iulosa, postice laevis ; plica et rufjae columelhres
axi iestae lum vix obliquae, ttim valite obliquae.
DESCRITTI DA L. BELLARDl
Stiperficies tiltimi anfractus tota detecta
1. Superficies ultimi anfractus antice a strato testaceo in
parte teda
419
G. Porphyria Bolt.
2.
Os angustum : cohimelìa recta; plica et rugae columel-
lares axi testae parum ohliquae G. Olivella Swains.
Os ampluni: columella medio leviter excavata; plica et
rugae columellares axi testae valde obliquae G. Agaronia Gray.
2. Sotto-famiglia AXCILLINAE H. et A Adam? (1853).
Spira liim a sitalo testaceo teda, tum detecta. - Anfractus ullimus antice Iransverse uni-
sulcalus. - Labrum siiiistrum antice uiii-dentatim fin illaesis) : ranalicnlus jwsticus oris lalus
parum profuiidus , mine deteclus, nunc a strato testaceo tectus , marginibus oblusis: columella
medio plus mimisve excavata, laxe contorta, antice pluri-plicala , ad apicem profunde sulcata ,
medio et postice plerumque laevis.
Canaliculus posticus oris et spira detecti 2
Canaliculus posticus oris et spira a strato testaceo tedi 6. Ancillaria Lamck.
Spira brevissima : columella quadriplicata et profunde
sulcata
Spira longa : columella laevis
G. Ancillarina Bell.
G. Ancillina Bell.
Alcune specie di questa famiglia sono straordinariamente frequenti ed abbondanti
nei Colli torinesi, per modo che se ne possono raccogliere centinaia di esemplari.
Questa grande abbondanza di esemplari unita all'instabilità di forma, di cui parecchie
specie di Olividi ci porgono numerosi esempi, fanno sì che riesce alquanto incerto
il definire per ciascuna i rispettivi confini. E se tale difficoltà è già grave per il
Malacologo relativamente alle specie della fauna attuale, per le quali ai caratteri di
forma si aggiunge quello del colorito, gravissima riesce al Paleontologo, al quale,
salvo casi eccezionali, manca questo elemento per caratterizzare le forme che descrive.
Per la qual cosa io mi sono limitato a descrivere di questa famiglia le forme
che mi parvero meglio definibili, lasciandone in disparte parecchie, le quali, abbenchè
all'occhio pratico dell'osservatore si distinguano dalle descritte per la loro fisionomia,
tuttavia presentano differenze cosi minute che non sarebbe possibile l'esprimerle con
vocaboli propiii.
420 I MOLLUSCHI DBI TEftBBNI TBRZIARU DKL PIEMONTE ECC.
1. Sotto-famiglia 0LIV1N\E H. et A. Adams (1853).
Come sono qui circoscritti i confini di questa sotto-famiglia , le forme che vi
appartengono si distinguono facilmente da quelle della seguente per non pochi carat-
teri, quali: 1° la mancanza di solco trasversale sulla parte anteriore dell'ultimo an-
fratto; 2° il canaletto posteriore della bocca stretto, profondo e separato anterior-
mente dal resto dell'anfratto da un margine molto acuto e posteriormente dalla sutura
mercè uno strato testaceo sottile; 3° la columella ordinariamente diiitta o legger-
mente incavata nel mezzo; 4° la maggiore regolarità nello sviluppo della spira.
i. Superpcies uìlimi anfradus tuta detecta.
I. Genere PORPllYRIA Bolten (1798).
Testa cylindrucea, vel suhfusiformis, angusta, longa: spira tum brevis , tum
plus minusve ìonga et acuta. - Superficies ultimi anfradus tota detecta. - Os
ungustum, longuni ; labrum sinistrum suhrectum : columella subrecta , antice uni-
plicata; calhim anticum pluri-rugosum ; rugae duae niagnae , valdc prominentes,
praesertim posticae et aliae nonnuUae minores ; rugulae in regione mediana colu-
mellae numerosae, in postica nnllae.
A. Aufìactus cuutra caDaliciiluni postiriim wìs marginali.
1. PORPUTRIA MARGINATA BeI.I..
Tav. XII, fig. 20.
Tesla subnjliiidrica. lonf/a: spira brevis. - Anfradus ultimi poslice late el parum pro-
l'unde coHCuvi, ait suluraìu poslicam marginali; ultiiniis autice parum allenuatiis, '/a lolius lon-
giludinis subaequans. - Labrum dexlerum antice birugosum , medio multi-rugulosum; rtigae
viajores subaequale», vix poslica major, nonnullae minores anlicae, una inlcr duas majores
decurrens.
Long. l'J nini.: Lai. 7 ', mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Termo- fourà. rarissimo; Coli. Michelotti.
DISCRITTJ DA L. BELT.ARDl 42|
B. Anfraclns centra canaiìculum poslicum oris non marginati,
a. Canaliculus postieus oris lalus, profuHdu$.
2. POHPHYRU SCALABIS BeLI,.
Tav. XII, fi;,'. 21.
Tesla cj'lindracea, arifiusta, lumja: spira longiuscula, valde acuta. - Anfraclus primi le-
viler convexi ; ultimus subcijlindricus , aiitice pii.nim altenualus, ^/s lolins longitudini^ aequans.
- (Canaliculus poslicus oris latus, profundus: rugae coluraellares majores subaequales, uii-
nores duac anlicae, una inler majores clecurrens; rugulae quinque.
Long. 18 mm. : Lai. 7 rara.
1 caratteri principali di questa specie sono: 1° la forma stretta e lunga; 2" la
notevole larghezza e profondità del canaletto posteriore della bocca lungo le suture per
le quali gli anfratti rassomigliano ad altrettanti imbuti capovolti gli uni sugli altri.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli, del Museo.
3. PORPBYRIA CUHTA HelI..
Distinguunl hanc specieni a l'orph. scalaris Bell, scquenles notae :
Tesla minor: spira hrerior, minns arnia. - .iiifrnrln^ iillimm latior. pnstice subiiiflahis.
Long. 1^ nini.: Lai. 6 min.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo,
b. Canalicnlus poslicus oris annusiate paruw prnfuiidns.
4. PORPHYRIA INFLATA BeI.L.
Tav. XII, fig. 27.
Tesla brevis, lata: spira bravis , parutn acuta. - Anfraclus primi complanali; ultimus
magnits, versus suturam posticam injlatus, antice vix atlenuatus. '/« tolius longitudinis aequan.t.
- Rugulae columpllares plerumque novom.
Long. 20 mm. : Lai. IO mm.
1853. Olini flammulain HOERN., lifoU.fuss.lf^'ieii, voli, pag.47, lav. VI, fig. 2 (non fig. 1).
1866. Id. id. l'KR. DA COST., Gustcr.Urc.Pnri., pag.35, lav. X, fig. 2 (non fig. 1).
1881. Id. (Ulrkulina) id. R. HOERN. u. M. AUING., Gnsl. mioc. Oesterr.-Ung. Monarcli., pag. 54, (in parfe).
422 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TEEZIARII DEL PIEMONTE ECC.
La notevole larghezza dell'ultimo anfratto, per rispetto alla sua poca lunghezza
ed il riako che si osserva nella sua regione ventrale, delimitano assai bene i confini
di questa forma e la distinguono ovviamente dalle sue congeneri qui descritte.
Dirò a proposito della Porph. Dufresnei (Bast.) i motivi per cui ne ho distinta
questa forma, la quale con-isponde a quella della tav. YI, fig. 2 dell'opera del-
l'Hoemes M. che la riferì a\ì' Oliva flammuìata Lamck e perciò, secondo lo stesso,
ìXV Oliva Dufresnei Bast.
Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fonrà, Kio della Batteria, Baldissero-torinese,
non raro; Coli, del Museo.
0. l'iiKl'UYItlA PICHOLINA [BnONGN.).
T.1V. XII. fiR. 35.
Dislinguunt hanc specieni a /' cijlindracea (Bors.) sequenles notae :
Testa magis disimele cyìindracca : spira brevissima, suboblusa , ad apicem mamillana. -
Anfraclus uìlimus lonyior, aitlicc miiius (illcniKitus, '% lotius limgilndinis suhaequans.
Long. 18 mm. : Lai. 8 '/« ra"'-
1823. Oliva puholina BRONO., Mcm.l'iient., pag.eS, lav. IH, fig. 4.
1825. W. id. DEFR., Dici. Sc.nal., yo\.\\\\\. pag.42.
183). Id. id. BROÌNN, 7(<i/. /fri.-(.Vi., |),ip. 14.
1852. Id. id. D'ORB., ftWc, vol.IIl, pag.Sl.
Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Baldissero-
torinese. ecc.. non raro; Coli, del Museo.
6. POHI'UVRIA CIYLINDRACEA (B0HS.).
Tav. XU, lig. 24.
Testa crassa, cyliiidracea: spira brevis. - Anfraclus primi vix convexi; ullimus subcij-
lindriais, anlice paruin alteiiìialus, ''/i lolius longiUuIinis suhaequans.
Long. 18 min. : Lai. 9 mm.
1825. Oliva lytindraiea HORS., Orili, jiiein.ì, pag. 3). lav. I, fig. 6.
1825. Id. id. DEFR. , »ic(.5c.7in»., voi. XXXVl, pag.42.
1832. /(/. id. JA.N, Catal. Conili, foss., pag. 15.
I8i2. Id. id. E. .SISMI), .Sjn., pag. 12.
1847. Id. id. MICIITTI., Fnss.mioc, pag. 835.
1847. Id. id. E. S1.S.MD., Sijn., 9 ed., pag. 45.
1852. Id. 1,1. U'OUB., Prodr., voi. Ili, pag. 51,
1861. Jd. id. .MlCirnl.. Foss. mioc.inf.. pag. 97 (ili parie}.
T 1864. Id. id. nODERI,., rcnn. !/(■(./. mioc.ju/i. /(.(/. ffiifr., pag. 25 (I07\
1866. Id. fiiwimulata PER. U.\ COST., G.uf. fcrr. A'«r/., pag. 35, lav. X, fig. 1 (non fig. J).
1874. Id. lylindracea COl'l'., Calai, fuss. mio-plioc. .Mudili. Coli. Copp., \ta^. i.
1878. Id. id. FUCHS, .«Jiurf.tfrf. BiW. Oi.r-/(a/., pag. 40.
1881. Id. id. COl'l'., Pn/«o»f. morfen., pag. 44.
DESCRITTI DA L. BELIARDI 42 S
VarieU A.
Testa minor. - Superficies nitens.
Long. 1 4 mm. : Lai. 6 mm.
Varietà B (an species disti DgueDda?^
Testa minor. - Superficies nitens, tota longitudinaliter vittata ; vitlae pallidae, angulosae, in
sterne disposilae, crebrae, inaequales.
Long. 17 mm. : Lai. 7 mm.
VarlelA C.
Testa minor: spira maqis acuta. - Superficies nitens, longitudinaliter vittata; vittae pallidae ,
angulosae, in ziaac dispositae, inaequales, paucae; vitlae aliae minores, rectae, inaequales, pal-
lidae et brunneae intermi.rlae.
Long. 16 mm. : Lai fi '/« mm.
MìocPììr merìio; Colli torinesi, Rio della Batteria, villa Forzano, Pino-torinese,
Baldissero-torinese, Val Ceppi, ecc., comunissimo; Coli, del Museo.
Varietà B e C — Miocmf meih'o: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del
Museo.
7. POBPHYRIA DUFBESNEI (BaST.).
Tav. XII, li;;. 26.
Dislinguunl liane specieni a P. cylindracca (Bors.) sequenles nolae:
Testa major , vrassior : spira brevior , minus acuta. - Anfractus ultimus longior , magis
ilistinrte CAjUndraccus.
Long. 'ì'i nini.: Lai. IO '/^ nim.
BAST., Meni. Boni., pag. 42, lav. Il, Gg. 10
r.RAT., Tabl.Coq fos.'^.Adnur, pag. 320. ^
GRAT., Caldi. .Ini m. {-"^ert, ex Innvt.Cironde, pag. 49.
GRAT., All.Coiich.foss., (av. XLII, llg. 23, 24.
MATIl., Calai, mcth. et descr.foss. Bouches-du-nhóne, pìg. 328.
K. SISMU., Sijn., pag. 49.
MlCllTTl., Foss.mioc, pag. 33.5.
E. SIS.MI)., Sijn., 2 ed., pag. 45.
U'OlUì., Prodr., voi. Ili, pag.51.
MILI.., Paléoiit. de .Vaine et Unre, pag. 159.
MICHl'Tl., t'o.ss.minc.inf., pag. 07 (in parte).
DODERL., Celili, (jeol.mioc. Slip. hai. centr., pag. 25 (107).
MILL., Indic.de Maine et Loire, voi. II, pag. 585.
MILL., Paleimtogr, de Maine et Loire, pag. 9.
IlENOIST, Test.foss.de la Diede et Saucais, pag. 389.
IM;CI1S, Sliid.ten.-Bild.Ober-hal., pag. 49.
flammulata B.\RD., /ititd. paléont. lerr. iiiioc. .Maine et Loire, pag. 106.
VarieiA A. (an species distiuguenda.')
Testa crassior , lalinr: .spira mamillana. - Anfractus ultimus 'Is totius longitudinis sub-
i\ aequans.
Long. 24 mm. : Lai. 1 1 mm.
1825.
Oliva
Dufresnei
1833.
Id.
id
1838.
Id.
id.
1840.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1859.
Id.
id.
1854.
Id.
venusta
1861.
Id.
Ihifrrsnci
1864.
Id.
id.
1865.
Id.
venusta
1866.
Id.
id.
1874.
II.
Du/'rcsnd
1S78.
Id.
id.
1881.
Id.
flammulat
484 1 MOLLUSCHI DEI TKRKENI TEKZIARIl PEL PIEMONTE ECC.
Vkii«l« B.
Tav. XII, Cg. S3.
Spira longior, tnagh acuta. - Anfraclus ullimus '/, tolius ìongiludinis aequans.
Long. 21 nini. : Lai. 8 'j., nim.
VariclA 0 (an gpecies dìstingueiidi?).
Spira brevissima , inde jìariim anita. - Anfradus ttltimns lougior , '/^ 4otÌHx ìongiludinis
4ieqiians, antice vix atlenualus, poslice leviler ni/7a/i(.5.
Long. 24 mni. : Lai. 10 mni.
Nella forma tipica e nella varietà A la lunghezza dell'ultimo anfratto non giunge
ad uguagliare i due terzi della lunghezza totale ; nella varietà B è uguale ai due
terzi, e nella varietà (' uguaglia i tre quarti.
La varietà B collega strettamente la specie del Basterot con quella del Borsou.
li inutile lo avvertire che nella grande quantità di esemplari che si raccolgono
nei Colli torinesi dell'una e dell'altra specie, si incontrano insensibili deviazioni che
rendono impossibile il segnare i confini di ciascuna.
Non ho citata la 01. Dufresnci indicata dal signor Cav. Michelotti trovata a I)e.go
(mioc. inf.), perchè non conosco di questa località e del terreno cui appartiene, forma
che si possa riferire alla presente.
Le due forme delle vicinanze di Vienna riferite dall' Hoernes nella sua opera
all'O?. fìantììtuìata Lamck. = Oì. Bufreami Bast. (tav. VI. fig. 1 e 2) non appar-
tengono né l'una ne l'altra alla specie del Basterot colla figui'a della quale basta
paragonare le due figure pubblicate dallHoenies per ricouosc^ere le loro differenze.
La forma della figura 1 ha la spira notevolmente più lunga e molto più acuta,
le sutui'e perciò vi sono molto più oblique all'asse del guscio ; inoltre in essa l'ultimo
anfratto è più breve e più conico.
La forma della figura 2 è molto più larga e relativamente più breve; lultiuio
anfratto vi è più conico ed ha nella sua parte posteriore un rialzo leggero sì ma
molto bene distinto. Questa forma è quella che ho precedentemente descritta col nome
di Porplt. inflatn Bell.
I signori R. Hnemes e M. Auinger nella loro opera in corso di pubblicazione
hauno pienamente adottato l'opinione dell'Hoernes M. a risguardo delle duo predette
forme che mantennero riunite e che riferirono al genere Utriculina.
Non panni che queste forme si possano riferire al precitato genere del Gray
mancando in esse lo strato testaceo supplementare anteriore , e la loro columelia
portando un certo numero di rughette, consimilmente a quanto ha luogo nel genere
Porphyiia, al quale appartengono secondo la classificazione da me adottata.
II sig. Bardin mi ha gentilmente inviati due esemplari tipici della 01. venusta .Alili,
che egli riferì dietro l'autorità di Hoernes M. sM'Oì. flavinuilata Lamck., i quali
con-ispoiidono esattamente alla figura che il Basterot ha jìubblicato della sua 01.
Dufrcsìici, e ad esemplari tipici che raccolsi molti anni sono a Leognan e che sono
identici a quelli dei Colli torinesi descritti qui come tipo della specie.
DESCRITTI DA I.. Br.r-I.AKIiI 425-
Miocene medio : Colli toiinesi, Rio della Batteria, Baldissero-torinese, Val Ceppi,
non frequente: Coli, del Museo.
8. PoRPHYRIA MALTHATA BeLL.
Testa longn, angusta, subfusiformis : spira longa, valde acuta. - Anfraclus ultìtnus '/j
totius longitudinis aeqtians, versus suturam posticam leviler inflatus , anlice paTutn attenuatus. -
Superficies nitens', liyalina , longitudiiialker viltala; villae pallidae, rarae, rectae, inaequales-
Long. 15-25 mm: Lai. 6-10 mm. ,
Varietà A.
Spira hre.vior. - Superficies obsolete marmorata, vittae pallidae longitudinales rix passim
notatae.
Long. 17-21 inno.: Lai. 7-8 '/» mm-
Varietà B.
Testa minor. - Superficies nitidissima, hyalina , vittae longitudinales pallidae confertas,
minutae, suhaequales.
Long. 15 mm. : Lai. 6 '/» "ira.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, non frequente; Coli, del Museo.
9. PORPHYRIA LONGISPIRA BeLL.
Tav. XII, fig. SS.
Tesla subfusiformis, longa, angusta: spira longa, valde acuta. - Anfraclus ultimus'*j,
totius longitudinis subaequans, antice distincte attenuatus.
Long. 16-27 mm. : Lai. 6-10 mm.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese . Val Ceppi , non frequente :
Coli, del Museo.
10. PORPBTRIA FUSIFORMIS BbLL.
Tav. Xn, fig. 98.
Testa fusiformis: spira longa, valde acuta. - Anfraclus uilimus dimidia longitudine paullo
longior, antice valde attenuatus, medio inflatus. - Rugulae columeliares paucae.
Long. 22 mm. : Lai. 9 mm.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo.
Serie IT. Tom. XXXIV.
426 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARIl DEL PIEMONTE ECC.
2. Superficies uUimi unfraclus antice a strato testaceo in parte tecla.
I. Os angustum. - Columella recta.
2. Genere OLIVELLA Swainson (i835).
Testa cylindracea veì suhfusiformìs : spira plerumque longiuscnla. - Superficies
■ultimi anfractus antice a strato testaceo, plus minusve lato, teda. - Os angustttni,
longum ; labrum sinistrum sttbrectum : columella antice uniplicata; callum anticum
hirugosum; rugae cluae, magnae , valde prominentes, praesertim postica, interdum
aliae nonnullae minores : rugulae numerosae; pars postica columellae laevis: cana-
liculus posticus oris angustus, profundus, margine antico acuto.
I Sezio.VE.
Rugae coluiiiellarcs dime majores valde proniiiienlés, -et aliae nonnullae minores.
A. Slralus testaccns antinis brevìs, vix '/o lo^'us longiludinis ultimi anfraclus legens.
1. Olivella angusta Bell.
Testa snbfiisiformis, n»(;«s<«, longa: spira longiuscuìa, valile acuta. - Anfractus ultiiiuis
subciilinilracens, ventre rix hifldtiis, antice pariim et regtilariler alteimalin: , '/s totius lonpitii-
dinis suhaeqiians: canaiiculus suluraiis lattis. - Slralus teslaccus anlicus brevis, '/s 'o/i"s
loiigitudinis ultimi anfraclus subaequans.
Long. 20 min. : Lai. 7 '/» nini.
Miocene inferiore: Dego, raro; Coli. Michelotti.
2. Olivella affinis Bell.
Dislinguunl liane speciem ab Oliv. angusta (Bell.) sequenles nolae:
Testa breiiior, subfusiformis: spira brcvior, minns acuta. -Anfractus ullimus magis ven-
Irosus^ antice magis altenualus. - Stratus lesiaceus anticus latinr.
Long. 15 mm. : Lai. 7 '/a '"in. ,
1861. 0/iVfl cylMracea MICHTTI., Foss. miociiif., pag. 97 (in parie).
Miocene inferiore: Dego, raro; Coli. Michelotti.
DEtiCRITTI DA l. BELLARBI 427
3. OlIVELLA LONGISPIRA BeLL.
Tav. XII, fig. 37.
«
Testa fusiformis: spira longa, valde acuta. - Anfraclus ultimus brevis, vix dimidiam lon-
giludinem superaiis, antice valde et regulariier allenuatus. - Slralus leslaceus anticus hrevis-
simus, '/* lolhis longiludinis vUlmì anfraclus subaequans. - Rugulae nonnullae vix notalae.
Long. 22 mra. : Lai. 8 '/^ min.
Varici A A.
Spira brevior, miims acuta.
Long. 20 mm. : Lai. 8 mm.
In alcuni rari esemplali scorgonsi tuttora tracce della primiera colorazione, rap-
presentata da una tinta bruna qua e là interrotta da zone longitudinali strette e
pallide.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, Val Ceppi, Kio della Batteria,
Villa Forzano, Termo-fourà, non raro ; Coli, del Museo.
B. Strudis tosfaceus aniicus lalus, '/j (otiiis lougitudiois ultimi anfraclus
.subaequans h>I superans.
4. Olivella crassirugosa Rei.l.
Tav. XII, Og. 36.
Testa crassa, fusiformis: spira longa, valde acuta. - Aufractus ullinius dimidiam longi-
tudinem parum sniwraiis, aniìce valde alleniialus. - Slralus leslaceus aniicus brevis. - Rugae
columcllares magnae, duae, ab aliis minoribus, iiualuor supra anticam, duae supra poslicam
decurrentibus comitalae; rugulae paucae.
Long. 27 mm. : Lai. 10 '/« mm-
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo.
5. Olivella tumida Bell.
Testa sub fusiformis, crassa: spira medio subinflata, longiuscula. - Anfraclus ultimus poslice
leviter inflatus, antice parum altenuatus, '/^ tolius longitudinis aequans. - Slralus leslaceus
aniicus '/3 totius longiludinis ultimi anfraclus recumbens. - Rugulae paucae, magnae.
Long. 24 nini.: Lai. 10 mm.
Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli, del Museo.
428 i molluschi iiei terreni terziarii dei. piemonte ecc.
6. Olivelli obliquata Bell.
Tav. XII, (JR. 33.
Oistinguunl hanc speciem ab O/tv. tumida Bell, sequentes notae:
Testa minor: spira brevior. - Anfraclus complanati; ultimus antice magis altenuatus :
suturae super ficiiiles. - Slratus testaceus aiUicus latior , '/, totius longitudinis ultimi anfraclus
recumbens - Rugae antfriores minores.
Long. 19 mm. : Lai. 8 nini
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, Val Ceppi, Kio della Batteria,
non frequente; Coli, del Museo.
7. Olivella ventbosa Bell.
Tav. XII, lig. 31.
Testa crassa: spira hrevis, pariim acuta. - Anfraclus ullimus lonqus , *j, totius longitu-
dinis snperans, laliis, in venire infìaliis, aniice disliiirle ntleiiualiis. - Stralus leslaceus anlicns
lalus, '/, totius longitudine ultimi anfraclus stibaequans. - Rugulae columellares paucae.
Long. 22 mm. : Lai. IO mm.
Varieli A.
Spira longivr, magis acuta.
Long. 19 mm.: Lai. 9 nini.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese , Val Ceppi, non raro; Coli,
del Museo.
8. Olivella bosacea (Bon.).
Tav. XU, 6g. 39.
Testa crassa, cylindracea: spira hrevis, parum acuta. - Anfraclus ullimus longior, magis
distincte cylindraceus , aniice breviter sed valile attenuatus. - Slratus testaceus anlìcus lalus,
itimidia longitudine ultimi anfraclus parum brevior. - Rugulae columellares quatuor.
Long. 23 mm. : Lai. IO mm.
Olii-a rosacea BON.. Cai. .US., >". 2009.
1842. Id. i,l. E. SIS.MD., .Si/n., pag.42.
1847. Id. id. E. S1S.MD., Syn., 2 ed., pag. 45.
1852. Id. id. D'ORB., /'rorfr., voi III, 51.
Bonelli scrisse, nel Catalogo manoscritto del Museo Zoologico a proposito di questa
specie, quanto segue:
« Fossile del Colle di Torino colla i.^piduìd, ma rarissima e da essa distinta alla
« lamina callosa che partendo dalla sommità quasi del labbro sinistro discende e cinge
« tutta la base della conchiglia per '/, della sua altezza sul davanti e '/a sul dorso ».
Miocene medio: Colli torinesi. Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo.
descritti da l. bellardi 429^
9. Omvella brevis Bell.
Tav. XII, fig. 34.
Tesla brevis, suhfusiformis: spira brevis, parum acuta. - Ànfraclus ultimus pestice in-
flalus, latus, antice parum atteniiatus, '/^ circiler totius longiludinis aequans. - Stratus teslaceus.
aaticus brevis, '/s lotius longiturlinis ullimi ànfraclus recumbens. - Rugulae columellares paucae.
Long. 1 6 mm. : Lai. 7 '/« nim.
In alcuni esemplari si osservano tracce dell'antica colorazione: su di un fondo
bruno corrono longitudinalmente bende ineguali, rette, di tinta pallida.
Miocene medio : Colli torine.si , Baldissero-torinese , Val Ceppi , non raro ; Coli,
del Museo.
Il SezIO.M (an genus distinguendum?).
Rugae columellares quatuor vel quìnque parvulae, subaequales.
10. Olivella sthicta Bell.
Tesla sub[usiformis , lunga , anglista: spira longa , valde acuta. - Ànfraclus ullimus in
ventre subcijHudricus, antice attenuatus, */j lotius lougitudinis aequans. - Slralus teslaceus an-
licus '/» lotius superfìciei ultimi ànfraclus tegens.
Long. 20 mm. : Lai. 8 mm.
1861. Oliva lUwula .MICHTTl., l'OiS.inioc.inf, pa^.O? Jn parie;.
Miocene inferiore: Dego, raro; Coli, del Museo e Michelotti.
11. Olivella clavula (Lamck.).
Tav. XII , fig. 30.
Testa crassa: spira longiusrula, acuta. - Ànfraclus ullimus cylindraceus, antice vix aite-
nuatus, '/s totius longiludinis aeguans: pustice suhinftalus. - Slralus leslaceus anlìcus '/» totiv^
longiludinis ullimi ànfraclus recumbens. - Os antice laeviler dilatatns : rugae anticae ad apicem
columellae produclae tres , quarum postica versus faucem trifida; rugulae plerumque septem,
subuniformes.
Long. 36 mm. : Lai. ,12 mm.
1810. Oliva clavula LAMCK., ^nn. f/« j»/t«ec, voi. XVI, pag. 398.
1814. doluta (Oliva) hispiilula BROCCII., Cnnch.foss.sub., pag. 315, lav. Ili, 6g. Itì (a, b).
clavula LA.VICK., .4nim.s.vcit., voi. VI!, pag. 440.
id. BAST., Mém.Bnrd., pag. 42, tav. II, fig. 7.
id. DEFR., Dict.Sc.nat., voi. XXXVI, pag. 41.
mitreola DEFU., Dict. Si: nai., voi. XXXVI, pag. 48.
hispidula BRONN, /to/. rer«.-Cti., pag. 14.
duvnla GRAT., Tahl. foss. Da.t. pag. 310, N. 619.
id. DU.I., HJàn. Tour., pag. 304.
id. DESH., Knajcl.mctli. Tcrs, voi. Ili, pag. 647.
1839.
Oliva
1895.
Id.
1895.
Id.
1895.
Id.
1831.
Id.
1839.
Id.
1837.
Id.
1838.
Id.
480 I MOLLVSCHl DEI TERRENI TEEZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1838. Olim hispidula GRAT., labi. Condì. fuat.Bass.de fAduur, [)ug. 12.
1838. Id. clavula GRAT., Cn<a/. ^e/(.ff /nwrf. GiVonrfe, >. 459, pag. 49.
1838. Id. hispidula GR.\T., Calai, rirt. et Inveri. Gironde. >. 460, p»'^. 49.
1840. Id. clavula GR.\T., ^//. Co«cA. /bij., lav. XLII, fig. 25, 9ò, 27.
1843. Id. id. MATH., Calai, mélh. et desir.foss. Bouches-du-KMne, paf^.ìàC.
1842. Id id. E. SI.SMD., Syn., pag. 42.
1844. Id. id. LAMCK., ^nim.j. ler/., 9 ed., vol.X, pag.635.
1847. Id. id. Mir.lITTI., Foss. mioc, pag 330 (in parlc\
1847. Id. id. E. SISMI)., S</n., 2 ed., pag.45.
1852. /(/. subclavula D'ORB., Prodi., voi. Ili, pag. 5l.
1861 Id. clavula MICUTTI., Foss. mioc. inf., pag. 97 ^in parte).
1864. Id. id. MILL., Indie. Maine et Lvire, vnl I, pag. 078.
1874 Id. siibclamla BENOIST, Tesl.foss.de la Bréde et de Saucals, pag 390.
1881. Id. clavula BARD., Etud.paleonl.tcrr.minc.de Maine et Loire. pag. 105.
Varietà A.
Superpcies delecla ultimi anfraclus hrunnea; vittis notinullis longitudinalibus innequalibuii,
rectis, passim perspicuis.
A' spira longiiiscnla.
Long. 19-28 mm. : Lai. 6'/, -It mm.
A' spira brevior.
Long. 16-21 mm. : Lai. 5 '/s- 8 mm.
VariclA B.
Tfisla loiif/inr, anguslior: spira maciis acuta.
Long. 15-21 mm. : Lai. 5-7 mm.
Varietà C (aii species distingiienda ?J.
Testa longior, anguslior: spira magis acuta. - Catialiculus poslicus oris in ullimo anfracln
viilde obliqmis.
Long. 25 mm : Lai. 7 '/j mm.
Non avendo avuto l'occasione di esaminare lesemplare che il Brocchi ha descritto
e figurato col uomo di Voluta (Olirà) liispìd itici Linn. rat-., riferisco la predetta
forma del Brocchi alla presente specie, stante la grande analogia della figura e la
presenza di sei pieghe alla columella, imperfettamente definite nella figura, ma indicate
nella descrizione.
In appoggio di questa identificazione aggiungo l'opinione del Bonclli che nel Ca-
talogo manoscritto del Museo zoologico, N. 2059, dà come sinonimo AcW'OlIva chi-
viiht la Oliva hispidula del Brocchi.
Non ho riferita la citazione dell'opera dell'Hoernes, perchè non credo che la forma
di Vienna dallo stesso riferita all'O^/tY» clavula Lamck. vi appartenga.
La forma delle vicinanze di. Vienna sia per la presenza dello strato testaceo an-
teriore dell'ultimo anfratto, sia per il numero e la natura delle rughe columellaii,
appartiene certamente allo stesso gruppo dell' O/na clavula Lamck., ma iw dift'eri.sce:
1 per la sua forma cilindroide e breve : 2° e sopra tutto per la brevità della spira
e per la minore acutezza dell'angolo spirale. È una forma affine a quella che qui
DESCRITTI DA L. BELLARDI 431-
dopo descrivo col nome di major, nella quale tuttavia la forma generale è molto
più lunga, la spira più lunga e più acuta e le rughe e rughetta della columeUa
molto più numerose.
I signori K. Hoernes .e M. Auinger a proposito della forma in quistione accet-
tarono l'identificazione fattane dall'Hoemes M. colla Oliva clavula Lamck. e la rife-
rirono al sotto-genere Ispirìula di Gray.
II sotto-genere Ispidula essendo caratterizzato dalla presenza di rughette che si
protraggono per tutta la columeUa fino all'incontro col labbro sinistro e dalla man-
canza dello strato testaceo anteiiore, non credo che ad esso si possa riferire la forma
di Vienna.
Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese , Val Ceppi, Termo-fourà, noa
frequente; Coli, del Museo.
12. Olivella major Beij..
Tav. Xll, fi},'. 29.
Dislinguunl haric speciem ab Oliv. cìavida (Basi.) sequenles nolae :
«
Testa major, magis crassa, magis ilistincte cylindracea: spira brevior, minus acuta. - An-
fracius ullimus longior, '/^ totim lon<ìilu(ìinis suhacquans. - Slratiis testaccus 'j^ tolius longitu-
tlinis ullimi anfractus subaequans. - Ihigae anteriures quiiique, qnarum postica versus faiicem
Irifida; ruguìae medianae plerumque frequenliores.
Long. 43 mm. ; Lai. 16 mni.
1847. Oliva clavula MICHTTI., l'oss.mioc., tav. Xlll, fig. 66 ;in parte'.
Tarleia 4.
Testa minor: spira brevior, minus acuta, medio infiala.
Long. 25 min. : Lai. 9 mm.
Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi , non frequente ;
Coli, del Museo.
432 1 MOLLUSCHI DE) TEKKENI TEKZIAEIi DEL PIEMONTE ECC.
2. Os antice expanstim. - Coliimplla medio excavata.
3. Genere AG ARON! A Gray ^iSSg).
Testa sub fusi formis, ventrosa: spira Irevis, vaUìe acuta. - Supirfìcies ultimi
anfractus antice a strato testaceo in parte tecta. - Os anipluìii, antice lìiìatatum ;
labrum sinistrum incurvum: columella medio leviter excavata, laxe contorta, antice
uni-plicata et multirugosa; plica et rugae axi testae valde obliquae; callum an-
ticum columcllare multirugosum ; canaliculus posticus oris angitstus, ad niarginem
anticum par uni acutus.
I . Agaiìonia plic.aria (Lamck.ì.
Testa magna, subfudforniis : spira brevis, valde acuta. - AnlracUis ulliinus magiius, venire
injlotus, antice vix altenualus, «/j lolius lomiiludinis subaeqnans. - Superlicies passim el inac-
quante r longiludinaliler stilala: stralus testaceus '/e lolius superfìdei ullimi anfrartus subae-
quans. - Os perlom/nm, aniice dilatalum; labrum sinistrum medio coiwexum et ad marginem
leviler subsinuosinn : columella laxe eonlurta, ante plicam .limplex , postice muiti-rugosa; rugae
plerumque quinque, posticae frequenles bifidae.
1810. Oliva plicaria LAMClt., Ann. du Musée, \ol. XVI, pag. 397.
1822. Id. id. LAMCK., .-/mm. 5. wif , \ol. VII, pop. 439.
1825. 1(1. id. DEFI\., />.cr.SV.7)n(., vol.XXWI, p.nj,'. 41.
1895. Id. id. BAST., ;»/c)n. i?oirf., pap.4l, tav. Il, fig. 9.
1838. Id. Ba.t(ero(ina GH.AT., Tabi. foss. Dai, pag. 319, N.6II.
1838. Id. id. GRAT., Ca/n/ /'<■«. c< /m'm.fi.jnnrfi, pag. 49, >. 458.
1840. Id. id. GRAT. ^(/. Conc/i./'ojj., lav.XLlI, fig. 28, 29, 30.
1844. Id. plicaria LAMCK., Jnim. s. veri.. 9 ed., voi. X, pag. 635.
1859. Id. Basterotina n'ORK., Prodr., voi. Ili, pag. 51.
1874. /./. id. BKNOIST, Test.foss.de la Brede et de Snucals, pag. 389.
Ho descritta questa specie abbenchè finora non sia stata trovata nei Colli torinesi,
la fauna dei quali è tanto affine a quelle delle vicinanze di Bordeaux dove è fre-
quente, sia perchè è probabile che vi si possa trovare col tempo, sia, e soprattutto,
per meglio dimostrare come col genere Agaronia riesca naturale la serie delle Olividi
dei terreni terziari.
Miocene medio: Vicinanze di Bordeaux, Leognan, Saucats. ecc.; Coli, del Museo.
2. Sotto-famiglia ANCII.LINAE H. et A. Adams ^1853).
Paragonando le forme inscritte in questa sotto-famiglia con quelle della prece-
dente non è difficile riconoscere le prime dalle seconde, pei seguenti caratteri: 1° forma
d'ordinario molto irregolare; 2° canaletto posteriore, in certe scoperto {G. Ancillarina
Bell, e G. Ancillina Bell.), in altre {G. Ancillaria Lamck.) ricoperto da uno strato
DESCKITTI DA L. BELLAKlil -±33
testaceo più o meno grosso ; 3" canaletto largo , poco profondo , ed unito al resto
dell'anfratto per margini ottusi; 4° presenza di un solco, il quale corre trasversal-
mente sulla parte anteriore dell'ultimo anfratto, e che negli esemplari perfetti finisce
in un dente acuto il quale sporge sul labbro sinistro ; 5° columella largamente contorta
ed incavata nel mezzo; 6" una o parecchie pieghe, di varia grossezza, più o meno
oblique all'asse del guscio.
1. Spira delectu.
1. Genere ANCILLARINA Bell. (.882).
Testa angusta, perloyiga : spira brrvissinia , detecta. - Anfractus uìtinms ppr-
longus , antice transverse et oblique uni-sulcatus. - Os postice angustum, antice
dilatatum ; labrum sinistrum ad sulcum transffersum uni-dentatum (in illaesis) ;
labrum dexterum ultra os parnm et reguìariter prodnctum, postice callosuni : rnna-
liculns postieus oris Ictus, parum profundus, detectus, marginibus obtusis. - Colu-
mella laxe contorta, medio parum excavata, ah apice spirae ad apicem oris plicata
et sulcata; plicne quatuor, subaequales, axi testae valde obliquae; sul cus postini s
latus, profundus et ipse valde obliquus.
I caratteri àcWAncillaria canalifera Lamck., la quale è la forma la più anti-
camente nota di questo gruppo, sono così differenti da quelli delle vere Ancillarie,
che mi parve opportuno di creare un genere distinto che raccogliesse la citata specie
dell'eocene, e le due qui descritte, una del miocene inferiore del Piemonte, l'altra
del miocene superiore della Liguria.
1. Ancillarina suturalis (Bon.).
Tav. XII, fig. .18.
Tesla pfvlouga, awjusla: spira brevissima. - Anfraclus ullimus subcylindrictts, antice leviter
attenuatus , '/« totius ìomjiludinis subacquans, niagìs oblique involutus quam praecedentes,
inde canaliculus poslicus oris el sutura magis obbqui. - Calluni poslicum oris parum pro-
mineiis; slratus leslaceus inter canaliculum poslicum oris et suluram decurreiis pltrumque gra-
cile, ad viarginem anfractiii praecedenli adliaerens.
Long. U-35 ram. : Lai. 5-12 mni.
GR.\T., T„bl.foss.Dn.T, pag.316.
GBAT., Catal./'erl. ci Iiimt. Gironde, pas;. 49.
GRAT., Tabl.Coq.foss.Adour, pas. 8.
GR.\T., All.Conch.foss., lav. XLll, fig. 19, 20.
E. SISMO., Stjn., pag. 42.
MiCHTTI.. Foss.mioc, pag.335.
Seeie II. To.M. XXXIV.
1835.
Ancillaria
canal
183.!.
Id.
id.
1838.
Id.
id.
1838.
Id.
id.
1840.
Id.
id.
1842.
Oliva
id.
1847.
Ancillaria
id.
4;ì4 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
1847. Àncillaria canalifera E. SISMO., Syii., 2 ed, pag. 45.
1848. Id. ili. HOERN., ^erz., in Czyzek^' Erlam z.gtogn. Kart.v.Wien, pag. 16.
1858. Id. suturalis D'OHB., Prodr., voi. Ili, pag. 62.
1852. /</. suAcana/i/tra D'ORI!., /Vorfr.. voi. Ili, pag. 52.
1866. Id. suturalis DESI!., Anim.s.vert. Bass.de Paris, voi. 3, pag. 537.
1874. Id. id. ME.VOIST, 7'«<. /ò«. (/e /a fireVe ff de &ii«a(., pag. 390.
1878. Olim id. KIT-HS. Sru(/.(fi(BiW.()i!ier-/(n/., pagaie.
Varietà K.
Sjiira longinr, mafiis acuta
Long. 15-25 min.: Lai 8 '/, min.
In questa varietà la spira è alquanto più lunga ed acuta, pel quale carattere si
ravvicina alla Anc. canalifera (Lamch.), nella quale tuttavia la spira è relativamente
])iìi lunga e la bocca più allargata anteriormente.
Varietà B.
Spira hrevior, suhohtitsii, a marijini' siUunie jtostirae in parie teda, seil ad apireni libera.
Long. 13-30 min.: Lai. o-M mm.
La sph"a in questa varietà è straordinariamente raccorciata ed arrotondata; gli
altri caratteri corrispondono a quelli assegnati alla forma tipica.
Variell C.
Canalìculits poslicus oris, latissinmx , supcrficialiit , vix notatus. - Spira ottusa, brevissima.
Loii^;. I()-2G inni.: Lai. tì-ll inrn.
In questa forma, oltre alla spira brevissima ed arrotondata come quella della pre-
cedente, il canaletto posteriore della bocca è molto largo e poco profondo, e talvolta
(juasi obliterato.
Deviazioni consimili del canaletto posteriore della bocca si osservano pure in esem-
plari (Iella Anc. canaìifera (Lamck.) delle vicinanze di Parigi, nei quali tuttavia la
spira si conserva più o meno lunga ed acuta.
La maggior parte dei paleontologi identificarono la forma qui descritta colla Aur.
canaìifera Lamck. dell'eocene delle vicinanze di Parigi.
Fin dal 1822 nell'ordinamento del R. Museo zoologico di Torino, di cui in allora
facevano parte i Molluschi fossili, il Bonelli, scorgendo notevoli differenze fra questa
forma miocenica e quella eocenica , distinse la prima dandole il nome specifico di
suluraìis ed inscrivendola nel genere Oliva , nel quale non può rimanere come
risulta dai caratteri esposti precedentemente.
Il Desliajes, che ebbe dal Bonelli (juesta forma torinese, approvò la separazione pro-
posta dal nostro esimio zoologo e ne fece cenno nella sua opera sugli Animali Inver-
tebrati fossili delle vicinanze di Parigi.
È indubitato che la forma dei Colli torinesi è strettamente collegata con quella
di Parigi , dalla quale è certamente derivata passando per la forma dell' Apennino
IiEbCKITlI HA L. BKLLARDI 435
qui dopo descritta, non solamente per i rispettivi caratteri, ma anche per le devia-
zioni dai caratteri tipici che l'una e' l'altra presentano. Tuttavia, avendo paragonato
un gran numero di esemplari dei Colli torinesi con una certa quantità di esemplari
provenienti dalle vicinanze di Parigi, ho trovato una notevole stabilità nelle seguenti
differenze, la quale giustifica la separazione fatta dal Bonelli.
Nella forma dei Colli torinesi la spira è brevissima, molto più breve che in quella
delle vicinanze di Parigi, e per conseguenza nella prima la l)occa è notevolmente più
lunga che nella seconda: inoltre nella forma del miocene medio l'ultimo anfratto è
quasi cilindrico e leggermente assottigliato anterionnente , mentre che nella forma
eocenica è leggei-mente conico e distintamente dilatato verso l'intaglio anteriore.
La forma delle vicinanze di Bordeaux che il Grateloup riferì slìVAììc. cunalifera
Lamck., e che il D'Orb. distinse col nome di suhcanaliferci. è uguale a questa dei
Colli torinesi. Alcuni esemplari che raccolsi molti anni fa a Leognan e che sono di
perfetta conservazione, non differiscono punto dagli esemplari tipici dei Colli torinesi.
Ho tralasciato di riferire nella sinonimia le opere di Hoernes M. e dei signori
Neugeboren, De Koenen, K. Hoernes e M. Auinger, sia perchè non ebbi esemplari delle
provenienze alle quali quelle opere si riferiscono, da paragonare per constatarne l'identità
colla forma dei Colli torinesi, sia, soprattutto per la forma del bacino di Vienna e
della Transilvania, percliè la figura pubblicata dall' Hoernes M. (Loc. cit., tav. VI,
fig. 3) si allontana alquanto dalla foi-ma iniocenica qui descritta ed è maggiormente
collegata con quella eocenica.
Miorcvr medio: Colli torinesi. Rio della Batteria, Villa Forzano. Pino-torinese,
Termo-fourà, Baldissero-torinese, Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo.
2, ÀNCtLI.ARINA APENNINICA BbLL.
Tav. XII, fif;. 39.
Disliiiguunl hanc speoiein alt Aiw. suluralis Bon. sequenles rtolae :
Spira brevifir, minus acuta. - Aiifractus idliimis nntke Icviter dilatatiis , mafiis oblique in-
vobitus , inde ranaliculns posticus oris el siitiirn iiiagis obliqui. - Callim posliciiin nris magis
promitiens ; slratiis teslaceus inler lanaliailum posticum oris et stituram decurrens cra.<i<ìior el ad
marginem poslifum libervs, iride sutura subcaiìalicidata.
I.oiij.;. 17-27 mm. ; Lai. 6 '/, -9 "» mm.
Miocene inferiore: Dego, raro; Coli. Michelotti: Carcare, Coli, del Museo Civico
di Genova: Cassinelle. Coli, del Museo.
4:J(i 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
2. Geaere ANCILLINA Bell. (1882).
Testa minuta, turrita: spira ìonga, detecta. - Anfractus tdtinms hrevis; an-
f'ractus omnes ante suturam posticam uni-canalictdati ; canaliculus angustus li-
ncaris, detectus. - Sulcus transversus anticus rimae vaMi> proxinius. - Coìumeìla
ìiicdio excavata, laxe contorta, antice uni-plicata, laevis: labrum dexterum vix ultra
OS productum, postice caììosum.
\. Ancillina pusilla (Fucbs).
Tav. XII, fig. 47.
Testa turrita, angusta: spira versus apicem iiijlata. - Anfraclus primi lacviter concavi:
ullimi comidanati; ullimus diiuiilia loiigiludine brevior, antice subinflalus. - Columella »"
callum dexlrorsum revoiulum antice \troducla.
Long. 7 V« rani- '■ ^'^X. 2 '/« mm.
1852. Ancitlaria obsoleta HOER.X., Molt.foss. fVien, voi. I, tav. VI, fig.4 (jnv.\
1877. Id. pusilla FVClìS in KXWK., Geol. Acq. Emp. Fr. Joseph, pag.36T, lnwWÌ. fig. t.
1878. Ili. parva FL'CHS, Stud. (er(. B./rf. Oi«-/(fl/., pag. 49.
1880. /('. pusilla R. HOER>. u. M. AUINC, Gai(. mioc.Oest.-Ung. Monarch., pag. 5C, lav. Vili,
fig. I,i.
Miocene medio: Colli torinesi. Termo-fourà, Villa Forzano, Val Ceppi, raro: Coli,
del Museo e Rovasenda.
2. Spii<i e strato testaceo plus tninusve calloso teda.
3. Genere ANCILLARIA Lamck. (i8ii).
Testa crassa : spira plcrumque dimidiam longitudinem subaequans. - Anfractus
idtimus antice transverse uni-sulcatus. - Pars postica ultimi anfractus et spira tota
a strato testaceo tecti. - Os ovale; labrum sinistrum ad stdcum transversum nni-
(Irntatum (in illaesis) ; labrum dexterum jìIus minnsve ultra os productum, postice
callosum; canaliculus posticus oris tectus: columella medio profunde excavata, antice
pluri-plicata et sulcata ; jìlicae minutae, subaequales, axi tesfae parum obliquar^
.lujìer callum anticiim columellae productae , in fauce plcrumque obsoletae; sulcus
posticus latus, profundus.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 437
I Sezione
S. G. ANCILLA Lamck. ()799).
Columella medio parum excavala, anlice plicala et sulcala; plicae 4-6 subuniformes,
inler se aequidislantes , in fauce usqué ad apicem spirae perspicuae , axi teslae parum
obliquae; sulcus poslicus et ipse axi leslae parum obliquus, profundus. - Labrum dexterum
vix ullra OS produclum, rectum, poslice callosum, non super venlrem ultimi anfraclus pro-
duclum
1. Ancillaru sismondana (D'Ore).
Tav. MI, fig. 46.
Testa subfusiformis ; spira longa, valle acuta. - Anfraclus ullimus antice plus-minusve
allemmtus, dimidia longitudine longior, vix prope suturavi posticam a strato testaceo tectus,
inde pars detecla magna. - Stralus lestaceus a labro dexlero recte versus suluram posticam
(lescendeus, non dilalatus. - Os antice laevilcr dilatalum, poslice angustatum: columella antice
quadri-plicata ; plicae minulae. subunijormes; callura poslicum oris parum prominens.
Long. 22 tnm. : Lai. 8 '/» m"'-
1842. Ancillaria subulata E. SISMI)., Syti., pag. 43.
1847. Id. elmigata MlCìiTTl., FoM. mine, p^i^.ìM.
1847. Id. subulata E. SISMD., Syn., 2 ed., pag. 45.
1852. Id. .s«mon</n»ia D'ORB., Proi'r., volili, pag. 52.
1878. Id. sismondai WVCaS, Stud.lert.-Bild.Ober-Itat., pag.49.
VarleiA A.
Testa perlonga, magis angusta: spira longior, magis acuta.
Long. 24 inm. : Lai. 7 '/« nini.
VaricU K.
Testa major: spira bi'evior, medio infiala.
Long. 38 ram. : Lai. 14 nim.
VarleU C.
Tay. Xn, fig. 45.
Testa major : spira brevissima, rotuiidata, subobtusa, ad airicem mamillana.
Long. 34 mm. : Lai 13 '/> mni.
Varietà D.
Testa minor, ventre magis infiala: spira brevior, medio infiala, minus acuta.
Long. 14 mm. : Lai. 6 mm.
r 1840. Ancillaria oliimln GRAT., .4ll.Conch.foss.. tav Xl.ll, fig 18
1842. Id. id. E. SISMD , .Syn., pag. 4.Ì.
438 I MOI.IASCUI lii;i TKKKEM TKKZIAKI! DKL PIEMONTE ECC.
La Ancillaria austriaca K. Hoern. (Die Faun. Schlier ron Ottnang, pag. 346,
tav. XI, fig. 1, 2, e jR. Hoern. u. M. Auing., Gaster. niioc. Oesterr.-Ung. Mvnarch.,
pag. 55, tav. VII, fig. 4), appartiene senza dubbio a questa sezione ed è forse una
locale modificazione dello stesso tipo di forma. Ad ogni modo, giudicando dall'ottima
figura pubblicata dai signori R. Hoernes e M. Auinger, la forma di Ottnang differisce
dalla forma tipica della presente specie: 1° per la maggior brevità della spira e per
la sua maggiore apertura; 2° per la maggior lunghezza della bocca che nella forma
di Ottnang corrisponde ai tre quarti della lunghezza totale mentre che in quella ilei
Colli torinesi equivale d'ordinario alla metà circa; 3" e per la depressione posteriore
del labbro sinistro : i quali caratteri la ravvicinano alla varietà C precedentemente
distinta.
Miocene medio : Colli torinesi , Rio della Batteria , Villa Forzano , Baldissero-
torinese, Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo.
II Stimi
S. G. A.\nn,L.\RIA Lamck.
Columella anlice pnofunde cxcavalii, pliciila il sulcala; plicae paucae, subuniformcs.
in fauce obsok'lao , raro per lolam lolumellani |)Prspicuae , in adullis super callum nn-
licuni colunirllare plcTiiniquc ohMli'ialae ; sulii duo, poslicus major; plicae el sulci axj
leslae paruni ohliqui. - Labrum dexlerum Inm rcctuin, parum ullra os produclum el super
ventreni uUinii unlraclus non l'xpaiisum, limi oliliquuin, valile ultra os produclum el supra
vcnlrcm ultimi anfraclus in callum plus minusve latum cxpansum.
V Serie.
Anfracius ultinn, vel snìtem nltiwiat. jiosticr late cavnìiculati.
ì. .\ni:ii.i,aiu\ oiisoLErA Brocch.
Tax. XII, lig. 4i.
Testa longa, anifusla: spira liiiuja, acuta. - .\nfraclus u\l\mìis dimidia longitudine brevioi;
medio inflalus: sutnrae piofundae: sulrns Iransvorsiis aniirus ultinii nnfracliis Intvx. - (ìs
subovale, hi(>(/io dilulutum, autice laluw: plicae aiilice inai'(initìes.
Long. o5 mm. : Lai. 20 mm. .
1814. yolula (ÀncillariaJ vhsoleta «nOCCll., Condì, fnss. siih., pa^. 3.30, tav. V, fig. 6.
I8S5. AncHla id. BOK.S, Ori// ;)ifm., I, pa^. 25.
\»3\. Jnolax ili. imOMN, //.iJ. /m.-6Vi., paR. 15.
1840. Ancillaria id. GKAT., Ali. Condì, foss., tav. XLII, fig. Il, li.
glandina GRAT., All.Conch. foss., lav. XII, fi);. 1.5, 16.
o/.Vh/.i r.UAT., Ali. Coni h.fv.fs , lav. XLII, fig. 17 (non fig. 18).
oh.wlela F. SISMI)., .Sijn , pag 42.
ili. ItKSH. in UAMCK., Anim.s veri.. 2 ed., voi. X, pag. 508.
id. iMlCllTI I., ru.s.miiw., pag. ;J3;1.
1840.
Id.
1810.
Id.
1812.
Id.
1814.
Id.
184-.
Id
1847.
Ancillaria obsolet
1848.
Jd.
id.
1852.
Id.
td.
18.')9.
Id.
id.
1853.
ìd.
id.
1854.
Id.
bisulcata
1861.
Id.
obsnUla
1864.
Id.
bisulcata
I8ti4.
Id.
obsoleta
1866.
Id.
bi.sutcata
isea
Id.
ob.wli-ta
1869.
Id.
id.
i8:o.
Id.
id.
1872.
hi.
id.
«874.
Id.
id.
1874.
Id.
id.
1877.
Id.
id.
1878.
Id.
id.
1880.
Id.
ul
1881.
Id.
id.
1881.
Id.
id.
DESCRITTI DA L. BELLARDI 439
E. SISMO., Sipi., 2 ed., pag. 45.
HOERN., yerz.d.foss.-Rest.d.tert.-Beck.v.ff^ien, pag. 16.
D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 52.
HOERN., Moll.foss.lVien, voi. I, pag. 55, tav. VI, fig.4 (a, b).
NEUGEB., Beitr.itn.MoU.Ober-Lapugy, pag. 9.
MILL.. PaUontogr.de Maine et Loire, pag. 159.
.MICHTTI., Fo.-s.miov.inf., paR, 98 (in parte).
bisulcata MILL., Indicai. Maine et Loire, voi. 1, pag. 678 et voi. Il, pag. 585.
DOUERL., Cenn. geol. mioc. sup. Ital. i<ntr., pag. 2J (107)
MILL , Pakontogr de Maine et Loirr^ pag. 9.
MANZ , Fann. mar. niioe., pag. 8
COPP., Calai fnss. mioc. e plior. moden., pag. 21.
NICAIS., Catal. Anim.foss. Proi/.Alger, pag. 99.
COPP., Stud. Paleont. Icon.moden., pag. 37, tav. Ili, lìg.72.
BENOIST, Test.foss.de la Erède et de Saticats, pag. 391.
COPI'., Catnl. foss mio-plioc. Moden. Coti. Copp.^ pag. 1 .
IIÉB., Obscri: terr. terl. Piém., pag. ì.
PO.NT., Faun.malac.mioc.de Tcrsannc et f/auterives, pag. 14.
R. HOERN. 11. M. AUING., Gasi. mioc. Oest.-Ung. flfonarcli., pag. 56, tav. VII,
lig.3.
BAKU., Etutl.paleo7it.teir.mioc.de Maine et Loire, pa)!. 106.
COPP., Paleont. moden., pag. 44.
Varietà A (au spocies (listiugiienja ?)
Testa minor, latiov: .</»ini brevior. - Labrum (ìeilernm in rrntrr ultimi anfraclus magis
exteitsuin.
Long. iT-'ìfi (Tini. : Lai. fi-\i iiwn.
1853. Ancillaria obsoleta Bl'.YR., Voncb. Kordd.tcrt.-C.eb., pag. 40, lav. II, fig.4.
1861. Id. id. SEMP., Paleont. Unters., pag. 15, 40 (fide v. KOENEN).
1867. Id. id. SPEV., 7e)7.-(;«6. I'. OifwoW. pag. 11, lav. I, fin. 3.
y 1872. hi. id. V. KOEN., ;I/tot. ìVokW. .)/«//. fuHn., pag. 311.
È occorso probabilmente un errore relativamente ai fossili che il Borson riferisce
(Oritt. pieni., part. I, pag. 20) alla Anc. huccinoidcs Lamck., che dice di aver trovato
nella Valle Andona, poiché frammezzo le tante migliaia di fossili di quella regione
(sabbie gialle del pliocene superiore) non è capitato ne a me né ad altri paleontologi
di trovare non solamente la specie citata dal Borson. ma neppure qualche forma che
vi rappresenti il genere il quale manca finora nel pliocene superiore del Piemonte e
della Liguria.
Miocene superiore: Colli tortoriesi, S"' Agata-fossili, Stazzano, non frequente; Coli,
del Museo e Michelotti : Tetti Boi-elli presso Castelnuovo d'Asti, raro : Coli. Rovasenda.
3. Ancillahia Sowerbyi (.Micutti.j.
Disliiiguunl hanc sperioin ab Anr. obsoleta Brocch. sequenles iiolue:
Testa minor, aitguslior: siiira oblusior. - Pars ventrali.': ullimi anfi'actus detecta latior.
Long. 11-26 nim. : LaL 4-10 min.
1847. Ancillaria Sowevbi/i MICHTTI., Foss. mioc, pag. 334.
1878. Id. obsoleta t'ICUH, Stud. tert.-Bild. Oùer-llal., \>3g. i\>.
440 1 MOLLUSCHI IiEI TERKENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fourà, Kio della Batteria, Baldissero-torinese,
Tal Ceppi, non frequente; Coli, del Museo.
4. AnCILLABIA LIGliSTICA BeLL.
Distinguunl hanc specieni ab Anc obsoleta Brocch. sequeiiles nolae:
Testa minor, sub fusi formis: .«j/nra maf/is acuta. - Anfractus ttllimus antire magis attenuatus.
- Sulcus transversus SHjwr jìartem anlicani ultimi anfractus drcurrens angustiar.
Long. 27 min. : Lai 1 1 mm.
Miocene inferiore: Dego, raro; Coli, del Museo e Michelotti.
2" Serie.
Anfractus nulli postice canuliculati.
3. Ancillaria patdla Dodebl.
Tav. XII, fig. 43.
Disliiiguunt hanc speciem ab Anc. ijlandi formis Lamck. sequenles nolae :
Testa minor: spira brevior, subacuta. - Anfractus ultimus longior. anticr vix attenuatus. -
Os longius , lalius , antice dilalalum: columella minus ercavata; sulci aniici columcUae magii
obliqui.
Long. 30 nim. : Lai. lo mm.
1864. /Incittaria potuta DODERL., Cenn.geot.niioc. siip Jlal. ceiilr., pag. 95 (107).
Il signor Prof. Doderlein riferi erroneamente come sinonimo di questa sua specie
la Anc. suturalis Michtti. (A. subcanali fo a Orb. ?), ì& qnaìe k i'Ancillarina sutu-
ralis (Bon.): si tolga perciò questo sinonimo il quale potrebbe induiTe in errore sulla
natura di questa specie che è una vera Ancillaria.
Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro: S" Agata-fossili, non raro:
Coli, del Museo.
6. Ancillaiua anomala (Schl.j.
Tav Xll, fig. 40.
Dislinguunt liane speciem ab .\nc. glandi formis Lamck. sequenles nolae:
Spira comiidia, acuminata. - .\iifrartu.i ultimus poslicc inflalus. - Columella antice magii
contorta, suliuntbilicala, sulcus jioslinis viugls profundus.
Long. 32 min.: Lui. 15 inni.
DESCEITTI DA L. BELLAEDl
441
1820. yolutites anomalus SCHL., Pe()e/'., voi. I, pag. 122.
1832. Alici Ilaria conoidea JAN., Calai. Couch.foss., pag. 15.
glandi formi s BEYR., Condì. Nordd. tert.-Geb., pag. 43, tav. li, fig. 5.
MICHTTI., Foss.mioc.inf., pag. 98 (in parie).
SPKY., Casscler. tert., pag. IX, tav.I, fig. 9, 10.
SI'KY., Cas.'.eler.lert., pag. X, tav.I, fig. 11, 19.
FOCUS, Beitr.-Kenntn. Condì. Piceni. tert.-Geb., pag. 48, 67, 71, tav. Vili
fig. 8, 9.
cjlandiformis v. KOEN., Mioc. Nord-deutschl. Moli. Faun., pag. 313.
1853.
Id.
glandiform
1861.
Id.
id.
1862.
Id.
id.
1862.
Id.
intermedia
1870.
Id.
anomala
1872.
/(/.
Varietà A.
Spira minus acuta. - Anfractus iillimiis postice magis inflatus.
Long. 35 nim. : Lat. 18 ram.
Miocene Inferiore: Cremolino presso Ovada, Cassinelle, Carcare, Dego, non fre-
quente; Coli, del Museo e Michelotti.
7. Ancillaria glandiformis Lamck.
f
Tav. Xll, fig. 41.
Tpsla daviformis: spira brevis , obliisa. - Anfraclus ullirtius anlice attenuatus, •/$ lolius
longiludinis subaequans, postice rotundatus. - Sulcus Iransversus anlicus angustus; slralus
teslaceus maxìmam partem ulliiiiì anfractus et spìram totam tegens plus minusve crassum et
exlensum. - Sulcus posticus columellaris profuiidus, anticus minor: apex columellae tum laevis
tiim transverse plicalus.
Long. 30-72 nini.: Lai. 15-35 nini.
1810.
Ancillaria
glandiformis
1820.
Annlla in/lata
1822.
Amitlaria
glandiformi.t
1823.
Anidax infiala
1825.
Andlìaria
glandiformis
1825.
.■tnniiplax
infiala
1831.
Anoplax
id.
1832.
Ancillaria
glandiformis
1837.
Id.
id.
1838.
Id.
id.
1838.
Id.
infiala
1838.
Id.
glandiformis
1840.
Id.
id.
1842.
Id.
id.
1844.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1847.
Id.
id.
1852.
Id.
id.
1852.
Id.
id.
1852.
Id.
siibinflala
1852.
Id. subglandiformis
1853.
Id.
glandiformis
1860.
Id.
id.
1861.
Id.
id.
LAMCK., Ann du Miisée, voi. XVI, pag. 305.
HORS., Urilt. pieni. l. pag. 95, tav.I, fig. 7.
LAMCIJ., Aniin s.vert., voi. VII, pag. 144.
BUOiNGN., .Meni, f^icenl., pag 63. tav. IV, tìg. 2.
BAST., Mèm. lìoid., pag. 42.
MARC. DE >iEl\i{.,Céogn. terr. Ieri., pag. 127.
BIIONN, hai. tert.-Geb., pag 14.
DESH., Envyd.mcth yers, voi. 2, pag. 42.
DUJ., Mèm. Tour., pag 304.
BRONN, Lct/i. géogn., voi. 2, pag. 1112, tav.XLII, fig. 11.
CHAT., Cutal. I^erl.et Inveri. Gironde, pag. 49.
GR.\T., Tabi. Coij foss. Basiin de l'Adour, pag. 8.
f;R.\T., Ali. Condì, fuss., tav.XLII, fig. 6, 7, 8, 9, 10.
E. SISMI)., Stjn., 9 ed., pag. 42.
LAMCK., Anim. s.vert., 2 ed., voi. X, pag 596.
MICllTTI., Foss. mioc, pag. 332.
E. SISMO., Sijn., 2 ed., pag. 45.
IIOEUN,, .Moli. foss. ^Vien, vo]. I, pag. 57, taT.VI, fig. 9.
D'ORB,, Prodr., voi. Ili, pag. 52.
D'ORB., l'rodr., voi. Ili, pag. 9.
D'ORB., Pì-odr., voi. Ili, pag.9.
NEUGEB., Beilr.Tert.Moll.Ober-Lapugy, pag.9.
NEUGEB., Sijst. yerz. tert.moll.-Geh., pag. 6.
MICHTTI., Foss.mioc.inf , pag. 98 (in parte).
Serie IL Tom. XXXIV.
I8G4.
Ancilli
I8fi6.
W.
I8(i9.
/./.
IH09.
/./.
18:2.
I(i.
18:3.
Id.
1873.
Id.
1874.
Id.
1874.
/</.
1876.
/■/.
1878.
Id.
1878.
Id.
1878.
Id.
1880.
Id.
1881.
Id.
1881.
Id.
442 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE
dncillaria glandiformis DODERL., Cenn.geol. mioc.sup. Ital. centi:, pag 85 (107).
id. l'F.R. 1).\ COST., Ca.<t. leve. Pori., pai;. 38, tav. X, fig. 5, 6.
id. MANZ., Fauii mar. tìiinc, pag. 9.
id. COPI'., Ciitiil fos.<. mine e plioc. moderi , pag. 91.
id. COPI', 5(iirf. PnteoHl.icon.moden., pas;. 3fi, tav. Ili, fig. 71.
id. FI.SCII. ol TOLU.N.. Inveii foss. Mi Lél.éron, pag. 1Ì6.
id. COCC, Enum. sist. .ìfoll. mine e ptioc. Parm. e Piar., pag 92.
id. BENOIST, Test.foss.de la Bride et de Saucats, pag. 390.
id. Cl>CC., Calai, fiiss.miiì-plioc. mnden. Coli. Copp., pag. 1.
id FONT-, Ktud. strnt. et puUimt. lerr. ttrt. Bossiii du Rlióne, II, p. 34, 36, 57, 59.
id. FO.NT., Étud. strnt. et pileiiiit. lerr. tert. Bn.uiii du RhAne, HI, pag. 59. .
id. FONT., Faun. inaine, mine. Tersimne et Haiilerites, pag. 14.
id. FL'Cll.S, .S;urf ini. hiUl. Oba-IUiL, pag. 49.
id. R. IIOERN. u. M. .Wl.Nfi., Gasi mioc. Oeslerr.-Ung. Monarch., pag. 55.
lav. VII, fig 9.
id. B.\RD., £V«rf. lerr. mioc. Muine-et-Loire, pag. 107.
id. COPI'., Paleont.moden., pag. 44.
TarielA .%.
Labrum dfxlerum ad marijincm irregulariler ru(/iilosun>.
Long. 15-32 mni. Lai. 8-17.
In questa varietà, nella quale la forma generale corrisponde a quella tipica della
specie, come pure lo sviluppo del labbro destro, si osservano sul margine destro della
bocca numerose rugbette irregolari , le quali sono obliterate verso le fauci e più o
meno sporgenti verso l'esterno.
VarielA B.
Spira acuta.
Long. '2S nim. : Lai. 14 isiiii. :
1847. Ancillaria buccinoides MICIITTI., Foss mioc., pag. 333.
1852. Id glandiformis HOER.N., .Moli. foss. IVien. voi. I, lav. VI, fig. 1.3.
1864. Id. id. Tar. cimicn-aiiita IlOUERL., Cinti, geol. mioc. snp. Hai. leiitr., pag. 25 (107).
1882. Id. id. R. IIOEU.N ii.yi. All^G.. Gnsltr. mioc. Oesteir.-Ln.j. .Mvnaich.,laf.\ì\,ùf.ì.
Nella varietà B, la forma generale è un po' più raccorciata e la spira più acuta,
pel quale ultimo carattere questa varietà si collega coU'^hc. anoniiiìn (Sebi.) del
miocene inferiore, dalla quale differisce tuttavia per la minor lunghezza dell'ultimo
anfratto e per la minore larghezza ed acutezza della spira.
VarielA C.
Testa ani/ustiur, ìoiitjior : .•'jiira lonfiioi , subacuta. - O.i brevius, dimidiam Imifiiliidiiiem sub-
uequans.
Long. 30 min.: Lai. 1? iiim.
1844. .4ncillaria etomjala DESÌI, in I.A.MCK., Jnim.s.vert., 2 ed., voi. X. pag.600.
1878. Id. id. FL'CIIS, 5(u,/, ffr(. B/W. OÌC1-/M/., pag. 49.
I caratteri principali di ([uesta varietà sono, la sua forma più stretta e più lunga
e la lunghezza della spira che uguaglia pre.sso a poco quella della bocca.
DESCRITTI DA L. BELLAKDI 443
In alcuni esemplari le pieghettine anteriori della columella sono bene distinte e
si Tedono correre nelle fauci.
Mi pare dal paragone che ho fatto di questa varietà con due esemplari prove-
nienti da Pont-le-Voy (TuiTena), i quali conispondono pei loro caratteri alla descri-
zione che il Deshajes ha pubblicata della sua Anc. elongata, che questa forma della
Turreha debba riferirsi alia presente varietà.
VarielA D.
Anfracliis uU'nnus loiigior, aiilice manis aUcnualus, versus suturam poslicam leviler inflaliis.
- Plicae cotuinellares anlicae mtmi-rume, in fauce perspicuae.
Long. -20-26 mm. : Lai. 10-1-3 mm.
Ho distinta qui una forma che si allontana dalle altre per la notevole lunghezza
dell'ultimo anfratto, per la presenza in esso presso la sutura posteriore di un rialzo
bene distinto, abbencLè meno sporgente di quello della varietà seguente; inoltre l'ul-
timo anfratto vi è notevolmente ristretto verso l'estremità e leggermente incurvato
a sinistra.
VarieU B.
Sjnra hrevior, obtusior. - Anfrartiis ulthnus pnslice iiiflutiis, valde promiiiens, suhanijulusus,
anlice altenuntiis. - Sulcus anlicus- lalior.
Long. 20-00 mm. : Lai. 11-30 mm.
1833. Amillariii coniis AMDH., Bull, de Moicou, voi. VI, pag. 437, tav.Xi, lig. I.
1835. Jil. coni/oiinis PL'SCII, /'o/. /'«/.ionf , pag. 1 17, tav. .\l, flg. I.
in/laia CRXT., Ali. Cnmk. foss., lav.XLII, fig. 4, .5, 13, l-i.
gtandifnrniis KICVV., Lelli. ra.ff. l'ti'wd nind , pajt.JiS.
id. IIOEU.N., .ìridi foss Ifiat, voi I, tav. VI, (ig.8.
conifurmis D'OHH., Prodi:, voi. Ili, p3;;..')3.
glandi formi s \{ HOKIl.N. u. M. AL'ISG , Gait, mioc. Oesterr.-Ung. Monarch., tav. VII,
% I-
La straordinaria mutabilità di forma che presentano parecchie specie di questo
genere, molte forme intermedie e la presenza di questa forma nei medesimi strati in
cui si raccolgono le affini non pei'mettono di separarla come specie abbencLè siano
notevolissimi i suoi caratteri.
Non è raro in certe località dei Colli torinesi, come ad esempio in Val Ceppi,
l'incontrare esemplari nei quali la zona nuda dell'ultimo anfratto ha conservato tracce
dei primitivi colori: la tinta vi è intensamente bruna e su di essa spiccano bende
longitudinali pallide, rette, ineguali ed inegualmente distribuite. Talvolta , ma rara-
mente, anche lo strato calloso che ricopre la porzione posteriore dell'ultimo anfratto
e tutta la spira, come pure quello che ne riveste la parte anteriore, sono zonate di
bruno e di pallido, ma in queste regioni le bende sono più o meno oblique e sinuose
seguendo i margini delle parti molli dell'animale che ne deposero la sostanza calcare.
Ai preacceimati caratteri devo aggiungere che la zona scoperta dell'ultimo anfratto
vi è molto più ristretta e relativamente più largo il solco trasversale anteriore.
1840.
Id
1852.
Id
1852.
Id
1852.
Id.
18S2.
Id
444 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Varielt F.
Spira brevis, subobtiisa. - Sulcits transversus anticus angiislus ; superfkies ultimi anfractiis a
strale testaceo detecta axguslinr - Callum posticum oris crassissimum et postice vmgls productiim.
Long. 19-46 mm. : Lai. 14-28 mm.
1859. Jncillaria glandiformis I10EHN., .ÌMl. foss.Wien. voi I. (av.XLII. fig. 10, II.
1864. /(/. iV. var. spira in/lata DODERL., Cam. geol. mine. sup. Ilal.ceTilr., pag.95 (107).
1873. /(/. id var. CO(X., Eniim.sist. Moti. mine, e plioc. Pmm.e Pine, pa[(. 92.
1882. Id. id. R. HOERN. u. M. .\LI.NG., Oa.it. mix. Oeslerr.-lng. Monareh.. tav. VII, Cg. I.
Questa varietà differisce dalla precedente di cui ha la forma generale con dimen-
sioni d'ordinario minori , per la grande ampiezza del labbro destro il quale si
estende sin quasi sul dorso dell'ultimo anfratto e vi forma un grossi-ssimo callo. Nel
maggior numero degli esemplari che raccolsi a Stazzano dove questa forma è frequente,
le dimensioni sono minori di quelle ordinarie della varietà precedente, e l'ultimo anfratto
vi è piil breve e più assottigliato anteriormente: in due esemplari le dimensioni sono
maggiori, e l'ultimo anfratto è più lungo e meno assottigliato anteriormente pur pre-
sentando la grossa callosità e la grande estensione del labbro destro, caratteristiche
ili questa varietà.
VariPtà G.
Spira brevissima, indixiinrta, nbtiisissima. - .{tifradKS ttltimns poslicr laliis, aiitice vnlde alte-
Huattis. - Suiierficics renlralif! depressa, irregulariler tomplanata; SM/ier/icics' dorsalis siibrequlariler
ronvexa ; superficies ultimi aiifraclus a strato testaceo detecta valde angusta; siilcns iransversus
et ipse anfiustus. - Callum paslirum oris magmtm, crassissimum, cantra Sjiiram et ad latnm dexterum
usque ad rugas coUimellares, in marginem crassissimum, raìde iirnminens creclum.
Long. 21-30 mm. : Lai. 13-22.
La maniera colla quale il callo posteriore della bocca si estende sulla spira e si
rialza sul fianco destro dcirultimo anfratto richiama alla memoria il modo di essere
del labbro destro della Nassa gihhosHÌa (Linn.) e delle specie affini.
Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà ,
Pino-torinese, Baklissero-torinese , Val Ceppi, ecc., comunissimo; Coli, del Museo,
Michelotti e Kovasenda.
Miocene .'superiore: Colli tortonesi. S" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del
Museo e Jlichelotti.
Varietà A — Miocene superiore : Colli tortonesi. Stazzano, non frequente ; Coli,
del Museo.
Varietà li — Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, non frequente; Coli,
del Museo.
Varietà C — Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Termo-fourà,
Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda.
Varietà D — Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo.
DESCRITTI DA L. BELLAEDI 44&-
Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli, del Museo.
Varietà E — Miocene medio: Colli torinesi, Termo-fourà, Baldissero-torinese ,
Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda.
Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo.
Varietà F — Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, frequente; Coli,
del Museo.
Varietà G — Miocene superiore : ColU tortonesi, Stazzano, raro ; Coli, del Museo.
Nella classificazione che ho qui seguita per le dividi del Piemonte e della Li-
guria, le forme che ad esse si riferiscono, riescono disposte in serie molto naturale.
1 due generi estremi, G. Porphyria all'un capo, G. Ancillaria all'altro, sono separati
da parecchie forme intermedie che gradatamente guidano dal primo al secondo e ne
dimostrano l'intima parentela.
I legami delle due sotto-famiglie sono chiaramente stabiliti dal genere Agaronia
della prima e dal genere AnciUarina della seconda.
Nel genere Agaronia la fisionomia generale, la forma della spira, e soprattutto
il canaletto posteriore della l)occa stretto, profondo, e col margine anteriore acuto,
sono uguali a quelli delle Olivine tipiclie; ma l'ampiezza della bocca, la columella
largamente contorta. leggermente incavata nel mezzo e la notevole obliquità delle
pieghe columellari sono altrettanti caratteri che. nel mentre le allontanano dalle Oli-
vine tipiche, guidano alle forme delle Ancilline.
■ N(>1 genere AnciUarina. le specie del quale furono da alcuni Paleontologi riferite
al genere Oliva, la spira è bensì scoperta come in questo genere, ma 1° la presenza
del solco trasversale che corre sull'ultimo anfratto e clie va a finire, negli esemplari
completi, in un dente clie sporge sul labbro sinistro; 2° il canaletto posteriore della
bocca largo, poco profondo . e coi margini ottusi . segnano la sua stretta parentela
col genere Anciìlarid. nel mentre che la columolla largamente contorta e guernita
di pieghe molto oblique lo collega col genere Agaronia.
È inutile ripetere qui i caratteri dei singoli generi di ambedue le. sotto-famiglie,
mercè i quali riesce si può dire omogenea la catena clic congiunge tutte le forme
che vi sono riferite.
t!>=5>5>=5>*>-
DESCRITTI DA L. BELLARDI
447
CATALOGO GENERALE
IDEI avi o L I-.XJS a Kc I
DEI TERRENI TERZIARI!
DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA
coli'indicazione del terreno io cnì sono slati troTati
PARTE TERZA
(BUCCINIDAE, CYCLOPSWAE, FURPURIDAE, CORALLIOPHIUDAE, OLiyiDAE).
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0
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9
S. Pabtb li 1
NOME
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3
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s
* Pagina
IV.
Famiglia BUCCINIDAE Chenu
.
. 219
1.
Sotto-famiglia Massinae H. et A. Adams
1 . Genere COMIì\EI.L.% Gray
. 219
. 219
675.
I. derlonensis Bell
2. Genere PiiOS Montf
I. Serie
*
. 219
. 220
. 220
676.
I . ruidus Bell
2. Serie
*
. 220
. 220
677.
2. cMarella (Brongn.)
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C
*
*
*
*
. 221
. 221
. 221
. 222
678.
3. orditus Bon
■5f
. 222
679.
4. conneckm Bell
*
223
680.
5. polygonus (Brocch.)
*
*
224
id. Var. A
.
,
*
. 225
id. Var. B
•
•
*
. 2-2ii
^448
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
a
1 t
S ="
. t P.RTE II
KOME g
s i
li
5 Pagina
3. Genere EBKlB.\/% Lamck
1
. 226
I. Sezione
22ii
681. 1. a{)enninica Boll
*
226
11. Sezione
. 22(i
682. 2. Caronis (Brongn.)
*
. 226
683. 3. eburnoides (.Malli.)
^ .
227
. id. Var. A
* .
227
684. 4. derivala Bell
. *
. 227
id. Var. A
. -X-
. 228
id. Var. B
. *
. 228
4. Genere KASSA Lamck
. 229
1 . Serie
.
1
232
685. I. inslabilis Bell. (1)
. *
232
id. Var. A
. *
. 233
id. Var. B
. -X-
• j •
. 233
id. Var. C
. -X-
1
■ 1 ■
. 233
id. Var. D
. *
1
■ 1 ■
233
id. Var. E
. Hr
1
• ! •
. 233
686. 2. consimiiis Bell
■ *
1
. 234
687. 3. venlricosa (Gral.)
. -X-
]
235
id. Var. A
• -X-
. 235
2. Serie
.
. 236
688. 4. tornala Doilerl
• -x-
.
. 236
3. Serie
. ! .
237
689. 5. Bonella E. Sismtl
■>
237
id. Var. A
. -Jf
. 237
id. Var. B
.ì*
. 238
690. 6. f/«6/a Bell. ..-
• *
1
. 238
4. Serie
'238
691. 7. praecedens Bell
■ *
. 238
it/. Var. A
■X- .
. 23 S
jrf. Var. B
. -x-
239
69-2. 8. crassilabris Bell
■ *
• •
. 239
693. 9. obliquata Brocch
■X- -x-
239
id. Var. A
. -x-
. 240
694. IO. viutabilis (Lino.)
* -x-
■X- 240
id. Var. A
. -x-
212
id. Var B
. • • ■ .
. -x-
242
id. Var. C
. -x-
. 2Ì2
id. Var. D
. *
. 242
5. Serie
. 2i3
695. ( I. af/ateusis Bell
• *
243
id. Var. A
^
• -X-
. 213
696. I 2. coarctata Eicw
• *
. 243
irf. Var. A
• -x-
. 244
(1) Vedi Correzioni.
DESCRITTI DA t. BELLAEDI
449
a
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3 .-
*
1
1 Pabtb ih
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i 1 J
1 ^ ^ Pagina
Seffìie Genere IV'ASSA Lamck.
1
1
6'.)7.
j 3. pulchra D' Anc
. ^ -9
«■ . .
24o
6. Serie
246
G98.
i4. crassiuscula Beli
• ■'^ ^
(r .
246
699.
i5. defosso. Beil
7. Serie
. *
246
247
700.
i6. lacryma Beil
8. Serie
1
■ -x-
247
248
701.
l'j. mofinicallosa Bell
. *!
248
702.
i8. gibbosula (Linn.)
. . i
«■ * -x
- 249
id. Var. A
. • -i
«■ .
250
id. Var. B
1
«• .
250
id. Var. C
. 1
1
. *
250
703.
ig. ringictila Bell
■ *1
250
704.
20. Soldanii Bell
9. Serie
1
1
■ 1
*• -X-
251
251
705.
2 1. subesukala Bell
* .1
252
706.
22. Botverbanki Michlti
,* .
2o2
id. Var. A
♦ •
1 252
1
707.
23. senilis Doclerl
i • *
253
708.
a4- Basteroti Michlti
* ■
253
709.
25. lurgidula Bell
* ■
254
id. Var. A
;* ■
254
id. Var. B
1
254
710.
a6. atligua Bell. (1)
* .
. 254
711.
27. Mayeri Bell
! ■ • '
!«• ♦
255
712.
28. tumida Eicw
1 . *
• ì*
. 255
id. Var. A
1 . *
.
255
id. Vai-. B
* * -
w •
255
id. Var. C
. *
. 256
1 0. Serie
, ,
. 256
713.
ag. iuberifera (May.)
1 1 . Serie
. *
2.1 7
257
714.
3o. biformis Bell
1 2. Serie
A
1 • *
!
1
. 257
. 258
. 238
715.
3i. Borsonis Bell
. *
. 258
716.
32. Coppii Bell
* .
. 259
717.
33. siibreliatlala Bell
1
259
718.
34. speciosa Bell
■Sf .
. 259
719.
35. porrcela Bell
. -Sf
. 260
id. Var. A
• *
. 260
liO.
36. Mela Beli
B
1 • *
1
. ! 260
. ! 260
721.
37. laxcsulcala Bell
! '. *
. 261
722.
38. reclii'osluln Bell ,
' • . i
. *
. . 261
(1) Vedi
sorrezioni.
Serie
II. Tom. XXXIV.
'i
450
MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
a
i s ^
i . 1 Pabtb III
i .i 1
a 3 =■
1 S /'ajina
Segue Genere I\'ASSA Lamck.
123.
Sg. alava Bi'll.
-X- . 262
724.
4o, corniguta 'Broccli.)
. . -X-
* . 262
725.
4 1 . anlii/ua Bell
-X- . 262
C
.
. . 263
726.
42. reliculnta (l.inii.)
. . *
* -X- 263
id. Var. A
. . -Jt
. . 264
727.
43. ìììKsii'a Bioccli
* . 265
728.
44- /lexicostata Bell
* . .
. . 266
7 29.
45. crcbresiilcala Bell
. * .
. . 266
730.
46. coìifuruleniJa Bell
. * .
. . i67
D
.
. . 267
731.
47. consohrina Bell
. -Jf .
. . 267
732.
48. venlrosa Bell
. * .
. . 268
733.
49. subovaia Bell
-X- .
. . 268
734.
5o. brevis Bell
* . .
. . 268
735.
5 1 . turbinata Bell
* . .
. . 269
736.
53. concinna Bell
• * .
. . 269
1 3. .Serie
.1 . 269
737.
53. tessellata (Bon.)
^ . .
. . 270
id. Var. A
■X- . .
. . 270
738.
54. faiìiiliaris (May.)
* .
. . 270
1 4. Serie
. . 27 1
739.
55. diffìcilis Bell
. * . .
. . 271
1
1 5. Serie
,
. . 271
740.
56. cincia Bell
. * . .
. . 272
id. Var. A
. -x- . .
. . 272
741.
57. hscli Bell
. -x- . .
. . 272
742.
58. Cepporum Bell
. i«- . .
. . 273
id. Var. A
. * . .
. . 273
7 43.
5g. Renicri Bell
. ^ . .
. . 273
1 6. Serie
.
. . 273
744.
60. Vcncris Faiij
. -x- . .
. . 274
id. Var. A
. * . .
. . 274
id. Var. B
. * . .
. . 27^
•17. Serie
. . 275
7 45.
61 . intercisa (Gene)
■ * ■ ■
. . 275
id. Var. A
■ * ■ ■
. . 275
id. Var. B
• -X- • •
. . 275
irf. Var. C
• -x- • •
. . 276
id. Var. 1)
■X- • •
. . 276
trf. Var. E
• * • •
. . 276
id. Var. F
• * • •
. . 276
7 46.
62. oiìiissa Bell
• -x- • •
. . 276
7i7.
b3. amjtisla Bell
• -x- • •
. . 277
748.
64. iiingiiiroslala Bell
• i-x- • •
. .1 277
DESCRITTI DA L. BELLARDI
451
NOME
S(3
rABTB III
Pagina
749.
750.
751.
752.
753.
754.
755.
756.
757.
758.
759.
760.
761.
762.
763.
764.
765.
766.
767.
768.
769.
770.
771.
772.
773.
774.
775.
70
7'
72
;5.
76.
77-
Seffue Genere IMASSA Lamck
65. Woodi Bell
66. cunncostalii Bell.
G7. Cakarae Bell. . .
68. tracia Bell
69. neglecta Bell. . .
id. Var. A.
rustica Bell. . . .
divisa Bell
lurriculata Bell. .
78. Solterii Bell. . . .
74. clavatnla (May.).
obcliscus Doderl.
1 8. Serie
serrala Broech. .
interdenlala (Boti.
78. ligustica Bell. . .
79. scatarata Bell. . .
80. craliculata For. .
8i. bisotensis Deponi.
id. Var. A.
82. Pareti (May.). . .
19. Serie
A
83. prysmalhica Broech
84- Brugnonis Bell.
B
85. borelliana Bell.
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C
20. Serie
86. dal/irata (Boro).
id. Var. A.
87. emiliana (May.) .
id. Var. A.
88. Cantrainii Bell. .
89. scalaris Bors. . .
21. Serie
A
Cocconiì Bell. . .
id. Var. A. .
id. Var. B. .
proavia Bell. . .
id. Var. A.
id. Var. B.
90
91
. I
*
277
278
278
278
278
279
279
279
280
280
281
282
282
283
284
284
284
285
285
285
286
286
287
287
•289
290
290
291
291
291
291
291
293
293
293
294
294
294
295
295
295
295
295
296
296
4Ó2
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEBZIARII DEL PIEMONTE ECC.
NOME
776.
777.
778.
779.
780.
781.
782.
783.
784.
785.
786.
787.
788.
789.
7 90.
791.
792.
7 93.
794.
795.
790.
797.
798.
799.
8110.
801.
802.
803.
Segue Genere MASSA Lamck
ga. semirugosa Bell. .
B.
93. albucianensis Bell.
i2. Serie
A
g4' /intsinae Bell. . . .
B
95. semicostulata Bell.
C
96. per rara Bel!
23. Serie
9'-. conglobala Brocch.
i(l. Var. A.
98. padiijgaslfr (May.).
qq. pttpoides Bell. ...
allilis Bell
'l'i. Serie
turrita Bors
id. Var. A. . .
IfAnamap Bell. . .
f-hreslii Bell
inlcrpasìtii.
IO").
IO r .
1 02.
io3.
.04.
io5.
loh.
107.
1 08.
109.
I IO.
I I I .
1 I 2.
II 3.
■ .4.
ii5.
116.
117.
118.
I iq.
imicfjuicoslala Bell.
fallux (Miclilli.). .
25. Serie
recondita (May.). .
niacrodon (Broun).
Auingeri (lloerii.).
id. . Var. A. .
deprvmjiln Bell. . .
noiaìidu Bell. . . .
sulcalula Bell. . . .
20. Serie
liicoiiae Bell. . . .
27. Serie
arala Bell
28. Serie
contrada Bell. . . .
29. Serie
obesa Bell
30. Serie
slriihrlliann ('occ.
labi'llum (Boi),). . .
id. Vnr. A. .
Aldocrandii Bell. .
*
.1*
Pauti II!
Pagina
296
296
2^16
-297
297
297
298
298
298
1\)S
298
2'.t9
299
;}(i0
301
301
301
302
302
303
303
304
304
304
305
305
3(16
306
306
307
307
307
308
308
309
309
309
310
310
310
311
311
312
312
312
1
DESCRITTI DA L. BELLAKDI
453
NOME
s
'effue Genere MASSA
804.
120
Semperi Bell. . . . .
805.
1
121.
longa Bell
31. Serie
806.
l V.2.
lomcnlosa Doderl. .
807.
123.
Pereirae Bell
808.
j
124.
liovasendne (May.).
32. Serie ". . .
809.
1
125.
peregrina Bell. . . .
3;i. Serie
A
i 810.
i
1
I2G.
ine r ossala (Muli.). .
id. Var. A. .
id. Var. B. .
id. Var. C. .
id. Var. D. .
i 811.
127.
voi pedana Bell. . . .
; 812.
128.
bugellensis Bell. . . .
id. Var. A. .
B
813.
129
planicostala
id. Var. A. . .
id. Var. B. . .
814.
i3o.
angiilala (Brocch.),
815.
i3f.
liirgens Boll (1). . .
! 816.
1
l32.
Setjuenzae Bell. . . .
34. Serie
: 817.
1
1
i33.
similis Bell.
id. Var. A
id. Var. B
818.
i34.
Morlilleli Bell. . . .
35. Scile
819.
i35.
produrla Bell
820.
i36.
Andonae Bell
36. Serie.
A
821.
.37.
Calulli Bell
id. Var. A
822.
i38.
bnldisseriensis Bell.
8-23.
139.
Fonlannesi Bell. . . .
,824.
140.
sndplilis Bell
825.
.4..
semita Bell
B
serriilicosla Broun .
826
142.
827.
143.
Fischeri I^cll. . . .
(1) Vedi
Correzioni.
Lamck.
:§■ 1 t ^
i . 1 pabte m
s s s -
1 ^-^ Pagma
. . . -Jf
. . 312
. . . -x-
313
•
. . 313
* . .
. . 314
• * . .
. . 314
.-)«■..
. . 314
•
. . 315
. -Jf . .
. . 315
. . 315
. . 316
-Jf Mr 316
* . 317
. . . *
-X- • 317
^ . 318
■X- . 318
^ . 319
* • 319
^ . 319
. . 320
. . * .
-X- . 320
^ . 320
1
se • 320
* 321
. . * .
Mr ■ 322
.
* . 322
. . 322
. . * .
. . 323
. . * .
. . 323
. . * .
. . 323
..!•»(•.
323
324
* . 324
. . ; . •}«•
* . 324
. . 325
. . 325
. . * *
, . 325
. . 1* *
. . 325
. * . •
. . 326
. . * .
. . 326
. . * .
. . 326
. ■ * *
. . 326
■ .
. . 327
. * * *
* . 327
1 1
. . 328
454
I MOLLUSCHI DBl TERKENl TERZIARII DEL l'IEMONTE ECC.
.5
i s
0
l -1
Pabtb III
NOME
i
8 i
^ Su
~ '-3
Pagina
Segue Genere NiASSA Lamck.
828.
144. tei-tilis \W\\ .
. *
329
id. Var. A
. •
329
829.
145. impar IJell
ì<- .
329
830.
i4t)- cavala ISclI
• -je
•X-
329
831.
147. turrinila (May.)
. -x-
3.50
832.
148. lani (May.)
. -x-
330
833.
149- (jtiailriserialis (Bnii.)
. ^
■X-
330
834.
i5o. urrucosa (BroccL.)
/(/. Var. A
id. Var. B
37. Serie
331
3;V1
331
332
835.
1 5 1 . aspcrata Cocc
id. Var. A
id. Var. B
38. Serie
;i
* .
^ ■
X- .
¥r .
332
332
333
3.) 3
83tì.
i52. subcttudata Bell
id. Var. A
3H3
334
837.
1 53. diversa Bell
-X- .
334
838.
1 54. Sabrina Bell
■Jf .
334
839.
i55. coyiialelta Bell
* .
335
840.
i5(J. siiinilaiis Bel!
39. Serie
. '
* .
3:<5
335
841.
1.5'j. innrqualis Bell
. -x-
■X-
335
842.
i58. edculpla Bell
. *
336
843.
1 5(^. diademata Bell
. *
336
844.
160. Inarata Bell
io. Serie
. *
336
337
845.
161. pinnata Bell
II. Serie
• •
■x^
337
337
846.
1G2. lurbinellus (itrocch.)
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C
. *
. *
. -x-
. -«e
*
338
339
339
339
S47.
iG3. riiKjens (Boli.)
id. Var. A
340
340
848.
164. areolala Bell
id. Var. A
. -x-
3 40
341
849.
i65. laitriuensis (May.)
42. Serie
■X- .
341
34!
850.
i6(i. perimlchra Bell
id. Var. A
ìd. Var. B
43. Serie
* -x-
X- .
* .
3i2
3i2*
312
312
851.
167. subifuadrantjularis Miclilli
id. Var. A
* •
313
343
DESCRITTI DA L. BELLAKDI
455
=' 1 ^ =
= _ S. Paiite III
NOME
Mioc.
Mioc. B
Mioc. (
Plioc.
-1
1 '^S fay'na
Segue Genere MASSA Lamck.
852.
i68. cmpn Boll
. * . .
. . 344
853.
169. soror IJell
. -5f . .
. . 344
85i.
170. cognata Bell
44. Serie
. -x- . .
. . 344
. . 315
855.
171. dalhurella Bell
. -x- . •
. . 345
irf. Var. A. . .
. * . .
. . 345
irf Var. B. . .
1
. . 345
id. Var. C. . .
. -X- . .
. . 316
id. Var. D. . .
. -x- • .
. . 346
45. Serie
• • • , •
. . 346
856.
172. Ic/frcijsi Bell
• * • •
. . 346
857.
1^3. iurerla Bell
46. Serie
A
. * . i .
1
. . . 1 .
....
. . 347
. . 347
. . 347
858.
174- badensis (Parlsch). . .
. -Jf • .
. . 347
id. Var. A. . . .
.> .: .
. . 348
'
id. Var. B
. * . .
. . 348
id. Var. C
. * . .
. . 348
id. Var. I)
. * . .
. . 348
id. Var. E. . . .
........
. * . .
3 18
859.
175. exigua (Brocch.). . .
. 1 * . .
. . 349
id. Var. A
. * ■ •
. . 3i9
B
•
. . 349
SCO.
176. pcclita Bell
. * ■ .
. . 349
47. Serie
.
. . 3 49
A
. . S.iO
861.
177. snblaevigata Bell...
. * • .
. . 350
id. Var. A. .
. * • .
. . 350
)■(/. Var. B.
. * . .
. . 350
id. Var. C.
. -X- . .
. .. 350
id. Var. D.
• -x • •
. . 350
862.
1 78. tattrinoriim Bell. . .
. * . .
. . 350
id. Var. A. .
. ■¥r . .
. . 351
id. Var. B .
. ^ . .
. . 351
B
. . 351
863.
179. Collegni Bell
. * . .
. . 351
804.
i8o. conneclcìis Bell. . . .
48. Serie
A
. -x- . .
. . 351
. . 352
. . 352
865.
181. gcniirix Bell
. -x^ . .
. . 3.i3
866.
18». finitima Bell
. . * .
. . 3:)3
867.
i83. dertonensis Bell. . .
. . * .
. . 3.")3
id. Var. A.
. . * .
. . 354
id. Var. B.
• • * •
. . 354
id. Var. C.
■ • -X- -x-
. . 355
456
I MOtia'SCHI DEI TERRENI TERZI ARII DEL PIEMONTE
*-•
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1
3
a
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1
Parte III i
NOME
8
E
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s
i
0
i
Si
1
Pagina
Segue Genere 1%'ASSA Lamck.
(Irrluitensis Var. D. . .
■ *
.
35 •)
i(l. Var. E
*
.
355
868.
1 84. ilalica (May.)
B ."
*
*
356
357
869.
1 85. neglecla Bell
-X-
358
870.
1 8G. gigantula (Bon.)
id. Var. A
■X-
358
358
id. Var. B
■Jfr
• ' •
359
871.
iS'j. IJoernesi (May.)
i • * •
359
id. Var. A
• -x-
'
359
872.
188. solidula Bell
1* *
360
873.
189. Irani'itaMS Bell
* •
.
360
87i.
190. semislrinUi (Bioceh.)
* *
*
■X-
361
id. Var. A
,
•X-
362
id. Var. B
1
1 ■
*
363
id. Var. C
1
*
.
363
875.
191. Olivii Bell
*
367 '
49. Serie
367
876.
192. merjasloma Bell
id. Var. A. .
id. Var. B
*
*
*
■ ■
367
368
368 ;
id. Var. C
*
368 !
id. Var D
*
368
877.
193. Punlnnrllii Bell
*
368
878.
194. nitfìis Bell
•X-
368
879.
iq"). oblila Bell
id. Var. A
50. Serie
*
369
369 :
369 '
880.
19G. Benoisti Bell
51. Serie
*
369 '
370
881.
197. Chiereghinii Bell
,
•X-
*
370
882.
198. De-Greijorii Bell
■X-
370 :
883.
199. obbliga (Sass.)
o-ì. Serie
i
■X-
*
371 ;
.17 1 .
1
884.
200. tersa Bell
id. Var. A
■X-
■X-
■X-
371
372.
885.
201. crehrirostuldla Bell
.
*
•X-
372
880.
202. clalirala Doderl
*
372
887.
2o'3. altanlica (.May.)
id. Var A
*
*
373
3:3 ;
8S8.
2o4- subtroslitta Bell
• !*
1 373
889.
2o5. noia Bell
1*
1 374
DESCRITTI DA L. BELLARDI
457
NOME
891.
892.
893.
899.
900.
901.
902.
903.
2. Sotlo-fiimiglia Cylleninae Bellardi
1 . Genere CWMjEI^e Gray
890. I. Desnoyersi (Bast.)
id. Var. A
id. Var. B
id Var. C
2. Genere CTLIiEllIl^A Bell
I. Sezione
1 . Serie
i. anrillariaeformis (Grat.).
2. Icrrbrina Meli
id. Var. A
id. Var. B. . . .
2. Serie
3. paulucciana (D'Anc).
id. Var. A. . .
id. Var. B. . .
id. Var. C. . .
receiìs Bell
Sismoììdne Bell
irrefiularis Bell
'^. Serie
hìcorowita Beli
iubuiìihilirata Bell. . . .
4. Serie
9. pleurotoìHOìdes Bell. . .
II. Sezione
5. Serie ,
10. Haueri (Michlti)
id. Var. A
id. Var. B
1 1. ovuliita Bell
id. Vai-. A
id. Var. B
12. Neumayri (B. Ilnern. M. Auing). .
V. Famiglia CVCLOPSIDAE Chenu ....
1 . Genere ClCLOPS Montf.
I. neriteus (Linn.)
VI. Famiglia PURPL'RWAE Chenn
1. SoUo-famiglia Purpurinae Beliarili
t . Genere PCRFCR A Brug
1 . Serie
904. I. Gnstaldii Beli
894.
4-
895.
5.
896.
6.
897.
7-
898.
8.
Parte III
Pagina
3T6
375
375
375
376
376
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377
377
378
379
379
380
380
380
380
381
;ì8i
382
382
382
383
383
383
384
384
385
385
385
386
380
386
386
38G
387
388
388
388
390
390
390
390
390
Serie II. Tom. XXXIV.
458
I MOLLUSCHI liEl TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC.
ISOME
905.
90f).
907.
908.
909.
910.
911.
912.
913.
9I.H.
916.
917.
918.
919.
920.
921.
922.
923.
92 i.
925.
926.
9-27.
'.'-'8.
929.
•J30.
931.
93-2.
Segue i tenere Pl'BPCi»A Brug
2. Serie
. suhuiiibilicata Bell
. umbilicatu Bell. .
. rp/li-j(t Bell. ...
. inaequisulcala Beli
3. Serie
striolata Bromi
transitoria Bell
praeccdcìis Bell
araitt Boll. . .
id. Var. A.
ili. Var. B.
parvula Bell.
bipliriìta Bell.
inacrniicoslaln Bell
prosa Bell ....
rarisulcata Bell.
4. Serie
Sisìiiondue M idilli
5. Serie
A
refusa Mici) Iti. .
ricinuloides Bell.
cnnnpi-trns Bell. .
tuberculula Bell. .
B
ralcarala (Gral.).
id. Var. A
liaemaslomoides H. Iloern. e M
6. -Serie. . . .
bica ri naia Bell.
slazzaiicnsis Bell
nniplicata Bell.
7. Serie
prodticta Bell. .
id. Var. A
«rf. Var. B
:>.6. apetììtinicn Bell.
2'j. rloiiyala Bell. .
aS. ineijaslniìia Bell.
8 Srrie
29. elecla Bell. (1).
9. .Serie
30. varicosa Bell. .
6.
7-
8.
9-
IO
I I
1 2
i3
•4
i5
i6
17
18
'9
20.
21.
22.
23.
24.
2.5
uing
*
■X-
PtBTe III
Pagina
390
391
391
391
392
392
392
393
393
393
394
39i
394
395
395
396
396
397
397
398
398
398
399
399
399
400
400
400
401
401
402
402
402
403
403
403
403
403
40 4
40 i
404
404
403
4o;ì
J) Questa specie non ha numero progressivo perchè già inscritta nel Genere Murex.
DESCRITTI DA L. BELLARDI
45»
NOME
Sa
Paste III
Pagina
933.
939.
940.
941.
942.
943.
944.
945.
946.
947.
948.
949.
950.
951.
952.
953.
954.
955.
934.
I.
935.
2.
936.
3.
937.
I.
938.
1.
2. Genere JOPA.S H. et A. Ad. . .
pygmaea IJell
3. Genere mOiXOCEros Lamck.
monacanthos (Brocch.)
de/iressus Broiin
canrellalus Bell
lingua-bovis (Basi.)
5. Genere CBMA Humphr
laxecarimiln (Miclitli.)
Sotlo-famiglia P u r purellina e Beliardi
1. Genere pvrpcreIìIìA Bell
canaliculnla Bell
2. Genere TA11RA§IìIl Beli.
subfusiformis (I)Orb,)
2.
id.
id.
coronala
id.
Var. A.
Var. B.
Bell.
Var. A. . .
3. nodosa Boll
VII Famifjlia CORAIIIOPUILIDAE Clienu
1. Genere COR.%Mì10PHII.a H.
1. Serie
I. granifera Miclilli).
id. Var. A.
id. Var. B
brevìspira Bell
angusta Bell
costala Bell
varicosa Bell
2. Serie
6. fusiformis Beli. . . .
id. Var. A. . . ,
regularis Rell
recurvicanda Bell. . .
turrita Bell
umbiUcala Bell
abnormis (MicliUi.). .
crassirostala Bell. . .
lonya Bell
14. Renieri (MicliUi.) (1).
i5. irregularis Bell
16. compia Bell
2.
3.
4-
5.
7-
8.
9-
lU.
1 1.
1 2.
i3.
et A. Ad.
•X-
-5f
■X-
405
403
406
406
406
407
407
407
408
408
409
409
409
410
410
411
411
il I
ili
411
412
412
412
412
412
412
413
413
413
414
414
414
414
414
415
413
415
416
416
416
417
417
417
(1 ) Questa specie e le due seguenti non hanno numero progressivo perchè già inscritte nel Gen. Murex.
4G0
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZURII DEL PIEMONTE ECC.
956.
937,
963.
964.
965.
966.
KOME
2. Genere I.ATIAX1S Swains —
inermis Bell
Vili. Famipiia OLIMDXE Chenu
I. Solto-famiglia Olivinae Bellardi ...
I.
1. Genere pobphi:bia Bolten
A.
I . maryinaia Bell
B.
o.
958.
2.
959.
3.
960.
4-
961.
5.
962.
6.
scaloris Bell.
curia Bell. .
7-
in/ìata Bell
pichulùia fBiongii.).
cyliìulracea (Bors.).
id. Var. A. .
id. Var. B. .
id. Var. C. .
Dvfresnei (Basi.).
9-
IO.
967.
I.
968.
2.
969.
3.
970.
4-
971.
5.
972.
6.
973.
7-
974.
8.
975.
9
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C
mnltlmla Bell
id. Var. A
id. Var. B
loìigispira Bell
fusifonnis Bell
II.
2. Genere OIìIVEL1j.4 Swains.
I. Serie
A.
migtistn Bell. .
a/finis Bell
longispirn Bell
id. Var. A
B.
crifisirufiom Boll
Iiimida Bell
ohiiijìtala Bell
vnilrvsa Bell
id. Var. A
rosacea (Bon.)
brevis Bell
.. 5. Pabtk ni
' 1
Sa
Pagina
■5f
•X-
■X-
I
*
1
■X-
ì
•X-
•X-
■X-
.
■X-
417
417
418
420
420
420
420
420
421
421
421
42 1
421
422
422
422
423
423
423
423
423
424
424
423
425
425
423
425
. 426
426
426
426
426
426
427
427
427
4 ■-'7
427
428
428
428
42 S
429
DESCRITTI DA L. BELLAEDI
461
JSrOME
Sa
Pabte III
Pagina
Seffue Genere OMVEliLA Swains.
976. IO. slriclu Boll
977. ' II. clavula (Lanick.) ■
id. Var. A
ili Var. B
id. Var. C
978. I 2. major Bell
id. Var. A
3. Genere AKAROXIA Gray
979. I. pticaria (Lamck.)
2. Sollo-famiglia Ancillinae H. et A. Adams
1 . Genere Al%Cll.IiARIl\A Bell
980. I. suluralis (Boii.j
id. Var. A. ... -
id. Var. B
id. Var. C
981 . 2. apenninica Bell
2. Genere ai^iciEìMNA Bell
982. I. pusilla (Fuciisj
3. Genere AAiCiLliARiA Lamck
I. Seziono
983. I. sismondana D'Oib
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C. . . . :
id. Var D
II. Sezione
1. Serie
984. 2. obsoleta Broccli
id. Var. A
985. 3. Sowerbyi Mieliti!
98.6. 4. liguslica liell
2. Serie
987. 5. palula' Doiicrl
988. 6. anomala (Schl.)
id. Vai'. A
989. 7. (jlandiformis Lanick
id. Var. A
id. Var. B
id. Var. C
id. Var. D
id. Var. E
irf. Var. F
id. Var. G
*
¥r
429
429
430
430
430
431
431
432
432
43-2
433
433
434
434
434
435
436
436
436
437
437
437
437
437
437
438
438
438
439
439
440
440
440
440
441
441
442
442
442
443
4 43
444
444
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII ECC. DESCRITTI DA L. BELLABDI
463
INDICE ALFABETICO
AGARONIA PAG. 419.432.445
plicarìa » 432
Ancilla " 437
infialo ■ 441
obsoleta » 438
ANCILLARIA 418. 419. 432. 436. 445
anomala 440. 441
austriaca >■ 438
hisulcala < 439
buccinoides 439. 442
canalifera 433. 434. 435
coniformis » 443
conoidea » 441
conus » 443
elongata 437. 442. 443
glaiidiformis. . , .^. . 441 . 44?. 443. 444
gìandina » 438
inflnkt 441.443
intermedia » 441
ligustica » 440
obsoleta 438.439.440
obsoleta > 436
olivula 437.438
parva 436
patula 440
pusilla 436
Sismotulai » 437
sismondana « 437
Sowerbyi » 439
suhcanalifera 434. 435. 440
subglandi fonnis 441
sitbinfìata » 441
subutata ^ 437
suturolis I) 434
Ancillaria I. 438
ANCILLARINA 419. 432. 433. 445
^ apenninica » 435
suturaiis 433.435
ANCILLINA 419. 432. 436
pusilla .. 436
Ancillinae pag. 419. 432
Anolax in/fata » 441
obsoleta » 438
Annoplax xnflata "441
Arwplax infiala > 441
B
Buecinanops eòurnoides i> 227
spiratum > 227
Buccinidae ) 219
Buccinum Auingeri > 306
ancillariaeforme , » 378
anciìlariaeformis » 379
angulalum « 321
angystoma » 305
openniniciim u 357
aquilanicum > 254
Ascanias » 316
asperatum » 332
asperulum 316.317.318.319
attstinum 355
atlanticum 373
baccatum 280. 380. 381 . 385
badense < 348
Basleroti 253
Bonella > 237
Brocchii 299. 300
brugadinwn 387
bufo 255
ratlosum > 244
can'-ellatum 283. 292
Carcassoni i. 304
Coronis 226. 227. 228
cerilkeforme » 281
cimes 1. 332
clnthratum 292
clavatulum ■ 281
coarctatum ."...'.... n 244
coccinella » 3l6
coloralum » 263
eongìohatum » 299
464
1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC.
Buecinum ronum pag. 302
conus » 302
comiculum ■> 361
corrugalum 262. 321
rosluluium 356. 357
cunennum » 247
Deshmjm 380. 381
Desnoijersi 375. 376
Dujardini 21'i.255
duplicatum 380. 386
elegans » 289
emilianum » 293
exiyiium >> 349
familiare » 270
jlexunsmn 221 . 222. 275
galìiciiliim ■> 381
gibbosulum 248. 249. 251
gibhum. 239. 240. 24 1 . 244
gigantiilum » 358
glabr'ihtm » 372
granipTiim » 316
granulare 319. 331
gran'tiatum 316. 320
GralHnupi « 301
grumknsc >i 379
Giiidicrinii 313
Uauni » 385
Hoemesi 355. 359. 360
hungarirum » 296
incrnswlum » 318
,intcrcisiim » 275
inlcrdenlulum « 284
inlerruplum » 244
ilolinitn » 356
labelliim .. 312
lahinmm « 358
Lacepedi i> 316
ìnmpas •■ 299
timalum 287. 288
lyralum » 375
mocrodon » 306
morula u 316
miocenieum 378. 379. 388
monarnnthos » 406
multistriatum 327
musimim 265. 266
muiabile 237. 240. 241 . 344
niVff" 311
neriteum 388. 389
nerUoiiits .. 389
Xeionai/ri » 387
ohìiquiiUim 239. 240
ohiiqiium 377. 388
oblongum ■. 37 1
orditum » 223
Pareloi » 286
Pouli „ 346
polilum 237
polijgonum 223. 224. 225
pri/smtillnrum 287. 288. 290
pteudocUilhruium .. 235
Buecinum pupa p.\g. 300. 302
pusillum » 327
qutidriseriaìe " 330
reiiruìalunx 253. 263
reeonditum » 305
rhingens » 340
• novasendae > 314
scalare u 294
Srliiinni » 387
semicoslatum » 356
semistriatum . 348. 354. 359. 360. 361
362. 367
seclicosta » 332
senile i. 253
scrratìcosta ■> 327
serralum » 283
subpoli/gi,num « 224
subprysmothicnm » 290
subquadrangulare ■ 343
taurinense • 341
laselUttnm > 270
Iransilans « 367
tuberiferum » 257
liirhinellum 327. 338
turbinellus » 338
lurriculum » 330
lurrilum 302. 303. 3u4
tumhium 255. 388
variabile » 263
Venens .. 274
x'cnlrico!:um » 235
\errucoswn 330. 331 . 332
Zborsewski < 388
COMLNELL.V .. 219
dertonensis » 219
C0RA.LLI0P1I1L.\ .. 412
abnormis » 416
angusta > 413
compia « 417
costata i> 413
crnssicostulata » 416
fusifonnis «^U
granifera » 412
irregtilaris • 417
longa « 416
recurvicaiida u 415
regularis » 414
Kenieri » 417
turrita » 415
umhilicata » 415
varico.sa » 414
Coralliophilidae » 412
CUMA .. 408
laxecarinata > 408
Cyclonassa neritea 389
CYCLOPS « 388
asterisans u 388
gibbosulum .. 249
DESCEITTI DA L
CYCLOPS neriteiim pag. 388.389
neriteus .. 388
neritoMea 388. 389
Cyclopsidae ., 388
fiYLLENE 375. 377. 379
Desnoyersi a 375
lìjrala » 376
CYLLGMM 377. 378
ancillariaeformis >. 378
haccnta 279. 385
bicoronata 383. 384
echinata .■ . . ). 383
Haueri « 355
irregularis » 382
Neumayri )> 387
ovulata " 386
paulucciana 380. 381. 382
pleurotoinoides » 384
recens >> 382
Sismondae u 382
subumbilicata » 383
terebrina » 379
Cylleninue » 375
E
EBUR.NA „ 226
apenninica .. 226
brugadina •• 228
Caronis » 226
Vnriinis. 227. 228
derivata » 227
derivata « 387
ehiirnoides 226. 227. 229
spirata .. 227
Eione gibbonda 249 250
V
Fusus laxecarinalus .
JOPAS .
pygmaea .
408
405
405
\ LATIAXIS , 4)7
inermis u 117
MONOCEROS » 406
cancellatus » 407
depressiis 406. 407
monacanthos « .106
MUREX 416
complus )i 4)7
electus 1, 404
Sbrie II. Tom. XXXIV.
. BELLARD) 465
MUREX incrossatiis pag. 31 6
irregularis » 417
lotiis „ H\
Ungua-hovis 407. 408
Renieri „ 4)7
rugosus ,. 4|i
senlicosus >> 223
suhviticlimis » 408
vitulinus 1 407
ni
NASSA „ 229
iicuminula 246. 254
agatensis 243
albucianensìs ,, 294
Aldovrandii u 312
altilis „ 301
Andonae „ 324
angislnma _. . . „ 306
ungijsloma „ 305
ongulata 321. 322
angusta „ 227
antiqua „ 262
apenninica >, 334
arata „ 309
areolata „ 340
Asranias 316.317
aspetta 332. 333
usperuìa 270. 316. 317. 318
osperulala „ 332
alava „ 262
atlantica 365.373
attigua 254
Auingeri 306.307
badensis 347. 348. 349. 365
baldisserìensis » 326
Basteroti 253. 255. 260
Benoisti „ 369
Beyrirhi 307.308
biarata . 336
biformis » 257
bisotensis » 285
Bivonae . » 308
bollenensis » 255
Bonellii 237.238
borelliana » 290
Borson is » 258
Bowerbanki 252. 2ó3. 254
brevis » 268
Brocchii » 299
Brugnonis 289.290
Brusinae 297. 298
Bufo 255. 379. 388
bugeilensis » 319
ccìbrierensìs ., 365
cdcellcnsis 234
Calcarae 278
Cantraini .) 294
Catulli 325.326
cavata ;. 329
466
NASSA
I MOLLl'SCHl DEI TERRENI TEKZIARII \)EÌ. PIEMONTE ECC.
Cepporum rA(i.273
Chiereghinii » 37U
cincia 272
clalhrata 39l.392.2il3
rlalhrala > 294
clathiirella • 3'i5
clavatiila 281
coarmta 2i3. 241. 245. 387
(^.uC'Onii " 295
cognatella » 335
l'.ollegni " 351
concinna » 269
confuiidentla " 267
coiiRloliata 240. 299. 300. 301
ronijliihatissima 234. 242
connectens " 351
coiisimilis " 234
consobrina >■ 267
(".oppii ' 259
cornieuUi " 255
rornU'ulum 266 361 . 362 371
coiTiigata " 262
costulala. . 261 . 334. 338. 356. 357. 358
crassilabris » 239
crassiuscuia > 246
craticulata " 285
crebresulcata » 266
crebricostulata " 372
crispa " 344
cuneaui » 297
curvicostata » 278
D'Anconae " 303
de.russata " 310
defossa " 246
De Gregorii » 370
deprompta « 307
Dt'rivue " 317
dertonensis 352. 353. 355. 365
diademata » 336
difficilis •. ... " 271
diversa » 334
divisa >' 279
dubia .. 238
Dujurdini 244. 245. 246
elabrata 372
emiliana » 293
encmislica > 261
exigua 308.349.357
exscuipta » 336
fallax 22.'".. 304
famiiiaris u 270
finitima 352.353
Fischeri >> 328
flexicosta .. 266
Fonlaiinesi 326
Forestii 303
genitrix 352.353
gif'hn 239. 240
gibbosula 249. 250. 444
gihhusula >. 248
glabnila .. 372
N.\SSA g'nhulùm PAG. 244
gijjantula 357. 358. 359. 364
grnnuliris 318. 331
granulala u 320
giadoUiunn ■ 244
Iloornesi 357.359
hungarica " 298
iinpiir Il 329
incerta » 347
xnconslans . . ..232. 234. 236. 237. 387
incrassata .... 316. 317. 318 319. 325
. inaequicostati 304
iiiaequalis 335. 336. 339
insidila Il 265
instabilis * 387
intercisa 222. 275. 276. 277. 278
interdentata >• 284
interposita 304
Isseli «272
italica. .. . 352. 353. 355. 356. .357. 36i
Jani . 330
Jcffreysi 346
lahelki I. 312
labellum 312.313
Inhrlloides » 312
lacryma •■ 247
laxesnlcata " 261
laeviijata » 244
Lihassii 1 320
ligustica >i 284
timatn 287.288.290
longa 11 313
macrodon 306. 307
magnicallosa « 248
niagnicostafa i 277
Mayeri » 255
mediterranea 240
megastoma ■• 367
Melii 1 260
mklielottiana " 293
ìiindestu. . 11 287
Mortilleti 323
mutabilis .232
multìhilis 233. 234. 236. 237. 238. 239
240.241.245
riìvllislriata ■ 327
musiva 265.266
neglecta. 278. 279. 357. 358
nitens » 368
71 il Illa 264
notanda i. 307
nova Il 374
obeliscus I 282
obesa i' 310
obliquata » 239
obliquala 240. 242
oblila 369
oblouga 364.371
dlivii 357.361.366
oni issa .1 276
pachygaster 300
DESCRITTI DA L. BELLARDI
46T
NASSA Fantanellii pao.
Pareli »
peclita
peregrina »
Pereirae »
perpinquis i>
perpiilchra . . .• "
perrnra »
pinnata »
planicostata »
plunislrin >
pliorenirn 357. 358. 362. 363.
porrecta »
praecedens 238.
proavia 295
producta 321.
prorrimu "
prysmathica 987 288.
pri/smathira 273.
psnKÌncìdlhrald "
pitlchclla. "
pulchra 2''i5.
pupa >'
pupoides w
pusilla »
pyrimiii'u
qnadriserialis 330.
rpcondita 3i)5.
recticostata »
Henieri
reticulata 259. 261 . 262. 263. 26'i.
rhinijen^ »
rinqens »
ringiciila >
Rostlwrni 234
Ho\a.sendan »
rustica
siillomacensis >>
scalarata »
scalarìs »
sciilptilis »
Segiienzae »
semiroslata »
semicostnlata »
seminigosa »
semisiriata . . . 357. 359. 360. 361.
364.366.
semislriala V\'\. 348. 354. 356. 357.
363.364.365.367.
Seroperi »
senilis
serrata 283.284.285.290.
serraticosta 327. 328.
serrnlicosla 317.
similis »
simulans "
sobrina »
Soldaiiii
solidula 357.
soror 344.
Sotterii. ...." 280.
368
286
349
3)5
314
235
342
298
337
320
320
364
260
245
296
328
279
289
290
235
263
246
300
301
327
320
331
307
261
273
266
3'(0
340
2.50
235
314
279
252
284
2!)4
326
322
356
298
296
362
367
358
371
312
253
326
329
329
323
335
334
251
360
345
281
NASSA .speciosa vkg. 259'
strobeliana » 311
.subcaudata 333. 334. 335
subcluthruta » 294
suldnpUcala » 378
subecostata ... » 374
subesulcata » 252
sublaevigata >> 350
subovata » 268-
subpoWa 237. 379
subquadrangularis 330. 343
subquadranguliiris « 344
subreticulata > 259
sulcatula >■ 307
taurinensis ■■> 341
taurinorum - 350
tersa 371.372.374
tessellata » 270
te.xtilis » 329
tomentosa » 314
tornala -. 236
tracia » 278
transitans 357. 36o. 367
tuberifera :> 257
tumida 255.322
turbinata - 269
turbinelln 338. 342
turbinollus 338.339
lurbinelliis > 34 1
turgens .. 32?
turgida » 379
lurgidula " 254
turontnsis •• 316
turricula » 330
turriculala 280. 381
turrita 302.303.304
variubilis 287. 3)7
Veneris ;> 274
ventricos^ » 235
ven Irosa « 268
, verrucosa 318. 331
vindohonensìs » 264
volpedana » 319
unifusnata » 261
wolhynica 244
Woodi 277
Zborzeivski » 255
Nassa ancUlariatformis ■> 378
aquitanica » 254
baccoln ., 380
Caronis 226.227.228
Desnoijersi 375. 376
eburnoìiles 226. 228
. flexiiosn )) 221
Haueri . 385
lyrato » 375
miocenica » 378
midabilìs » 227
nerilea 388. 389
paulucciana » 380
pohj,jona 223. 224. 225. 304
468
I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARH DEL PIEMONTE ECC.
Sasso spirala pag. 227
Xassinae 219
Herilula nerilea > 389
O
Oliva 4)8 Vi5
Basterolma » 432
runalifera » 433
chvitla 429.430.43)
cylindrarca » 422
DufresncA 422. 423. 424
Hnmmnlaln 42) . 422. 423. 424
hispiduìa 429.430
ispidula » 428
milreola 429
piehnlino >• 422
rosami , >> 428
pliraria » 432
subclavuta » 430
siiluralis.. ■ .433.434
venusta 423.424
Olividae 4)8. 4)9
Otivinae 4)8. 420 •
OLIVELLA 4)9. 426
afliiiis " 426
angusta « 426
brevis « 429
clavula » 429
crassirugosa » 427
longispira » 427
major )■ 43)
oliliquata » 428
rosacea « 428
strida •• 429
tumida 427.428
ventrosa » 428
PHOS .. 220
cithareila 22). 222
connectens 22). 223
flexuosus > 221
Hoernesi > 224
intercisitm » 275
orditus. . 221.222.223
poliigiimim » 223
polysoiius 221. 222. 223.224
ruidus .1 220
Plmaxis (Hscrepans 362
mamillata » 263
relinilola 263
PORPIIYRIA 4)9. 420. 445
cyìindracea » 422
curia I 421
Dufresnei 422.423
fu.siformis » 425
infiala 421.424
longispira « 425
maltliata . 425
marginata » 420
PORPIIYRIA picholina pag. 422
scalaris 421
Pseudoliva brugadinn 227. 228
Coronis „ 228
Pseudoslriimhus paulucrianiis » 380
PIRPURA 390
,. apenninica i. 403
arata 393.394.395
bicariiiata .. 402
biplicata 395
calcarala 400. 40)
clothrato 397. 400
connectens 399
Cyclopum >> 395
delloidea » 401
echinaln 399
elata 401.405
electa i- 404
elongata » 404
erosa » 396
exì7is 391.394.397
Gastaldii 39lJ
haemasUima 392. 394. 396. 403
haemostomoides > 401
incunslans ■• 400
inaequicostata • 395
inaequisulcata >■ 392
intermedia 397. 398
/incoiata . . . .
inarmomta. .
megastoma .
parvula . . . .
Pira
pillata. . . . . .
praecedens .
.39'
405
.398
404
394
^lOI
400
393
producta 403.404
rarisuicata • 396
reflex:! .. 391
retusa " 398
ricinuloides » 399
Sismondae 397. 398
stazzanensis » 402
striolata 392. 393. 394. 396
striolata 393. 394
subfusiformis "410
subumbilicata >■ 391
transitoria » 393
tessellata 397. 398
tuberrulala 399
umbilicata 391
uniplicaia .1 402
varicosa ■■ 405
Purpura fusifuruiis 410
lata 411
lingtin-lhivis » 408
ruiioso f 4)0
PURPURELLA.' 409
canaliculala •■ 409
Purpureltinae •• 409
Purpurinae 390
Pwpuridoe •■ 390
DESCRITTI
Pyrula oranifera pag. 412
papiracea 413
pseudo-popyracea >• 413
squamulata 412
R
Ricinula calcarata » 400
T
TAURASIA > 410
coronata 411
nodosa » 411
subfusiformis 409. 410. 41 1
Tritonium incrassalum » 316
DA L. BELLARDI
469
V
Utriculma 421 . 424
V
VITULARI.\ » 407
lingua-bovis 407
Voluta cHhureììa 221 222
hispidula 429. 430
obsolelii .. 438
Volulites anomalus » 441
CORREZIONI PRINCIPALI
p*(i.
232
Lin. 2S
2/.K
» (9
250
■ 20-
234
y 28
258
« 23
265
» 12-
323
» 7
322
1 19
328
.. 29
337
. IK
342
n 2
35(
> 14
J7(l
<• 4C
4)7
.' 12
N'assa inconstans Nassa l^sTABlLla
Nassa MACNiCALLOSA Bell Nassa macmcallosà Bill., Tav. Il,
liR. 7 (a, *).
27 Vive nel Mediterraneo.
Nassa tccmmATA Nassa attigoà
Nassa Bobsom Nasisa lioiisoiiis
13 Vive nel Meililerraneoo nell'Adriatico
Nassa tomeks Nassa tibcebs
Nassa seqijekzab Nassa SECusntAF.
Miocene Pliocene
tav. XI tav. IX
fig. 13 lig. 9.
. . .' COI.LEGNI (^OLI.BCSI
CBIEBIGHniI CniEnEGBIISII
fig. 8 lig. 5.
10 Dicembre 1882.
Z'
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
TAVOLA I
COLLEZIONE
FIGURA io cui è cuuaervato
l'esemplare figurato
Ila deiionensis Bell Huseo di Geologia.
ruidits Bull Michelotii
riiliarella (Brongn.) var. A Museo di (ìeologia.
ordilus BoN Id.
polyponus iBrocch.) Id.
conneclens Bell Id.
cilharella (Brongn.) var. C Id.
id. id Id.
apenniiiica Beli Id.
Caionis (Brongn.) id.
instahilii Bell. (1) Id.
ìiPìilricosa (CiRAT.) Id.
roiisimili'i Beli Rovasenda.
tornata Doderl Museo di Geologia.
fìimellii (E. SisMD.) Id.
dnhia Bki.l Michelotli.
praecedens Bell Museo di Geologia.
cras^ilabris Bell Rovasenda.
ubli(iitata Brocch Museo di Geologia.
mutabilis (LiN.v.) var. A Id.
»V/. id. var. D Id.
agatensis Bell Id.
coarctata Eicw Id.
pulciira D' Anc. . . . ^ Id.
;1) Vedi correzióni.
1
. . . . ComineL
2
Phos
■.ì
Id.
i
Id.
5
Id.
6
Id.
7
Id.
8
Id.
9
. . . . Eburm
10 . .
/,/
41
. . . . Naisa
12 ....
. . . Id.
13
Id.
14
Id.
15
Id.
16
Id.
17 ,
Id.
18 . ...
Id.
i9
Id.
20
Id.
21
Id.
22
Id.
23
Id.
24
Id.
ClccoO.fR^:' Jc(L Sc.:}.%^^^... ePcv>.c 01 &.5\.>.e':mat.cV.x;c J2'^Um,.. XXXIV
TAV. I
Torino, tit r^ Soyen.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II
Serie II.. Tom. XXXIV.
TAVOLA II
COLLEZIONE
in cui è coDsiT^ato
l'esemplare figurato
\ Nassa cmssiuscula Bell Museo di Geoloijia.
(Icfossu Bell Michelolli.
lairijiìia Bell Museo di Geologia.
riiiiiiciiln Bell Id.
Solilaìiii Bell Museo Civico di Milano.
(jUibosula (LiNN.) \ar. C Museo di Geologia.
magiiiculliisa Bell Id.
ijibbosulu (LiNN.) var. A Id.
subpsulcala Bell Id.
Bowerbaìiki MicuTTi Rowsenda.
ìurqidula Bell Huseo di Geologia.
allìijun PiELL. (1 ) Michelolli.
Iiiiiiida Eic.w Museo di Geologia.
id. id. var. B Id.
id. id. var. C Id.
Mayeri Bkli Id.
tuberifcra (May.) Id.
bifurmis Bell Id. '
lior.'^oiiis Bell Id.
Coppii Bell Rovasenda.
sidiiidiniliiln Bell Id.
speciosa Bull Id.
piirrecla Bell ' Museo di Geologia.
Mcìii Beli Id.
;l) Vedi correzioni.
2
. . . . Id.
3
.... Id.
4
Id.
5
/,/.
6 . . . .
Id.
.... Id.
8
. . . . /(/.
9 . •
. . /(/
10
Id.
11
.... Id.
12
.... Id.
13
. ... Id.
14
15 ...
.... Id.
Id.
Ifi ....
17
.... Id.
.. . Id.
18 , . ..
Id.
19
20
.... Id.
.... Id.
21
.. .. Id.
2^
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23
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to^
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99. b
..■l
24.b
C Righini dis, e Lit.
Torino, LitFJ? Doyen
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III
TAVOLA III
COLLEZIONE
FIGURA '~ ili cui e conservalo
• l'esemplare figurato
\ Nassa laxi'SKicaIn Bell Museo di Geoloijia.
icclicostata Bell Id.
alava Bell. Id.
(•orrnijata Brocch Id.
antiqua Bell Id.
rclìculala (Linn.) var. A Id
id. id Id.
musiva Biiocca Id.
(lexicostata Bell Id.
crebresiilcata Beli Id.
coiifiiitdnida Bell Id.
consubiina Bell Id.
ventrosa Bell id.
siiliovala Bell Id.
brevis Bell Id.
turbinata Bell Ilo\aseiida.
concinna Bell id.
lcss(dlaia (BoN.l Museo di Geologia.
familiaris (May.) Id.
dilficilis Bell ' id.
cincia Bkli Rovasenda.
Isseli Bell Museo di Geologia.
Cepporum Beli Id.
Rciiii'i-i Beli Rovasenda.
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV
TAVOLA IV
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Nassa Veneris IFaij.) Museo .li Geologia.
Id. ili. id. var. A U.
Id. id. id. var B lo.
Id. inlercisa ((Iene) Id.
Id. id. iJ. var. B Id.
Id id. id. var. D Id.
Id. id. id. var. E Id.
/,/. id. id. var. F Id.
■ Id. angusta Bell Id.
Id. mnfjnicoslata Beli Id.
Id. ìVoodi Bell id.
Id. ciirvicostata Bell Id.
Id. Calcarne Bell Id.
/(/. tracia Bell *. Rovasemla.
Id. rustica Bell Museo di Geologia.
/(/. Snllcrii Bell •. Rovasenda.
Id. serrata Brocco Museo di Geologia.
/(/. inlordmtata (BoN.) II.
Id. litjustica Bell Id.
Id. scalarata Bell Id.
Id. bisotensis Depont Id.
/(/. id. id. var. A •. . . Scuola d'Applicazione.
Id. - craticulata Foresi Museo di Geologia.
Id. Pareli ^May.] Id.
TAV. IV.
Tarino. Lill'y» D
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V
TAVOLA V
collezioni:
FIGURA *** *^"* ^ conservato
reseiiiplare figurato
1 Nassa prysmalliica Brocch Museo di Geologia.
2 /(/. Brufinmis Bell Ili.
:] hi. borelliana Bell • . • M.
4 /(/. clatlirala (Born) l'I.
5 Id. ili. id. var. A Id.
6 II. emiliana ìMay.) var. A Id.
7 /(/. Caiitiaiiii Bell Id.
8 Id. scalaris BoRS Id
9 Id. Cncionii Bkll. .' Id.
IO Id. proavia. Bell Id.
< I Id. saniriigosa Bell Id.
i2 Id. ulbucianeiisis Bell id.
i :5 . . . ; Id. Brnsinan Hell Rovasenda.
14 Id. lidi rara Bell Id.
15 Id. .semicnslulala Bell Id.
16 /(/. allitis Bell Hichelotli.
17 Id. ronglobiita Buoccn Museo di teologia.
18 /(/. puiioidps Beli Id.
19 Id. lurrila BoRS. Id.
20 Id. D'Ancoiiah Bell Id.
21 li. Foresta Bell Id.
22 Id. inlerposHa Bell Id.
23 /'/. inae<iuirostala Bell Id.
24 /(/. fallax Michtti Miclieiotli.
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VI
Serie 11. Tom. XXXIV.
TAVOLA VI
FIGURA
COLLEZIONE
ìu cui è conservato
l'esemplare figuralo
( -. . . IS'assa rerondila (May.) Museu di Geologia.
2 /(/. macriHÌon (Bronnj U.
3 M. AuiìKjeri (M. HoeRN.) Raviisenda.
4 Id. nolanda Bell Id.
o Id. sulcaiula Bell Id.
% Id. Bironae Bell Huseo di Geologia.
7 /(/. inala Bell Id.
8 Id. obesa Bell Rovasenda.
9 Id. conimela Bell Ilnseo di Geologia.
4 0 Id. slrobeliaiia Cocf, Id.
11 Id. labcllitm (RoN.) Id.
12 /(/. Aldovrandii Bell Id.
\:ì Id. Semperi Bell Id.
14 Id. longa Beli Id.
15 /(/. Pereirae BiiLL Rovasenda.
16 Id. loiiicidosa Doderi Id.
17 Id. iierciirina Bell Michelolii.
18 /'/. incrassata (Mull.) Museo di Geologia.
1 y Id. rolpedaiia BeLL H.
ìOi Id. buiii'lleiisis Bell Id.
51 Id. lìlanicosUila Bell Id.
<ìì Id. aìKjulala Bhocch Id.
23 Id. /ucr/en.s Bell. ( I ) Id.
2i /(/. S'-!ì>umzae Bell Id.
(I) Vedi correzioni.
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Torino. Lit Tii-Boyen
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII
TAVOLA VII
COLLEZIONE
FK''URA in cui <^ conservalo
Teseniplare figurato
\ Nassa similis Bell Rovaseoda.
Murtiìleti Bell Id.
proihicta Bell Museo di Geologia.
Andoiiafi Bkll \'\.
Calulli Beli ' Id.
id. id. var. A RovaseDda.
baldi sserimsis Bell Id.
Foiilaunc-ii Bell Museo di Geoloijia.
sculiìlilis Bell Rovasenda.
scrruìa Bell Id.
serralicosla (Bronn) Museo di Geolo(]ia.
Fisclieri Bell Ro>asenda.
teililis Bell. Museo di Geologia.
impar Bell Rovaseiida.
cavala Bill Museo di Geologia.
qmdriserialis (BoN.) Id.
verrucosa Brocch Id.
id. id. var. A Id.
asprrala Cocc Id.
subcnudala Bell Bicheloiti.
diversa Bei.l Museo di jjeologia.
sohìiììd Bell Id.
cof)nal('lla Bell Rovascnda.
simiilans Beli Id.
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Vili
TAVOLA Vili
COLLEZIONE
FIGURA iD cui K couservato
l'esemplare figurato-
1 Nassa inaf(iiialis Bell Rovascnda.
ì Id. exsciilpla Bell Id.
3 /(/. diadniuita Bell Iil.
i Id. biarala Bell M.
5 Id. turbinellìis (Brocch.) Museo di Geologia.
6 . . Jd. rìiifieiis (BoN.) Id.
7 /(/. id id. var. A Michelotti.
8 /(/. nreulala Bell Museo di Geologia.
9 Id. pprjmlrhra Bell Id.
10 Id. siilHjuadiaiignlaris VIichtti Id.
Il Id. cognata Bkll Micbelolli.
12... Id. soror Bell Id.
13 Id. crispa Bell Id.
li /(/. dnlhtin-lla Bell Ro^asenda.
15 /'/. Jeffieijsi Bell Il
16 Id. iiirertn Beli Museo di Geologia.
17 Id. haili'ìisix (Pautsch.) Id.
18 Id. c.rif/ua (Brocch.) id.
19 Id. pectila Bell M.
20 Id. suhlaeviciata Bell Id.
21 Id. taurinorum Bell Id.
22 Id. id. id. var. A Id.
23 Id. Colìeqni Bell id.
24 Id. connpcten<i Beli Id.
TAV. VITI.
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SPIEGAZIONK DELLA TAVOLA IX
TAVOLA IX
COLLEZIONE
HGL'RA in cui è conservato
reseiiipldie figurato
I Nassa genitrix Bell Hichelulti.
"2 Id. finitima Bki.l M.
3 /(/. (ìi'rloneuMs Bell Museo di (i
4 U. id. id. var. B Id.
5 li. id. id. var. E Id.
6 Id. ilalira May.) Id.
7 /(/. ni'ijlrria Bell Id.
8 /(/. ■ piiinala Bell Id.
9 /(/. .tdiidulti Bell Id.
10 Id. Hoiruesi (May.) Id.
n /(/. ijigantida (Bon.) Id.
4 2 /-/. id. id. var. A IJ.
13 /'/. id. id. var. B ; Id.
14 M. semistriala (Brocch ) Id.
15 Id. Iraiisilaiis Beli Id.
16 Id. 0//VÌ Bell Id.
17 Id. mefiasloma Bell Id.
18 /(/. id. id. var. A . Id.
19 /(/. id. id. var. B Id.
20 Id. id. id. var. C Id.
21 Id. Paulanellii Bell Id.
22 /(/. niteiis Bell Id.
83 Id. oblila Bell Id.
Si /'/ Bfiioisli Bell Id.
TAV. IX.
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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X
Serie 11. Tom. XXXIV. '' p
TAVOLA X
COLLEZIONE
FIGURA '" ^^^ •* «■•otiservato
; l'esemplare figurato.
j Nassa tersa Bell Museo di Geologia.
2 Id. crebrirasUdata Bell Id.
3 Id. elalirala Doderl Id.
4 Id. allanticn (Mav.) Id.
5 Id. siibecoslnla Bell Rovaseuda.
6 Id. nova Bell Id.
7 Id. Chiercghinii Beli Museo di Geologia.
8 Id. Di' Gregorii Bell Rovasenda.
9 Id. oblunga, (Sass.) Museo di Geologia.
10 /(/. Cìjlìene Desnoyersi (Bast.) var. C Id.
\\ /(/. id. id. var. A Id.
1 "2 Cijlleiiiim pleurnlomoides Bell Id.
13 Id. terebrina Bell. var. B. Id.
14 Id. bicoronala Bell Michelolli.
15 1(1. sidnmbiUcala Bell Museo di Geologia.
1 (j /(/. irregularis Bell Id.
17 Id. ancdlariaeformis (Grat.) Id.
18 Id. terebrina Bell Id.
19 Id. pauiucclana (D'Anc.) Id.
20 Id. Sismoìuìue Bell Id.
21 Id. recens Bell Id.
22 Id. Ilaucri (Michtti.) var. B U.
23 Id. id. id. var. A. Id.
24 Id. ovìdata Bell Id.
25 Nassa neglecta Beli Id.
26 Id. divisa Beli Rovasenda.
27 /(/. turricnhila Bell Id.
TAV. X
Torino Lit. ril" Do yen
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XI
TAVOLA XI
COLLEZIONE
FIGURA io cai è conservalo
l'esempUre figuralo
1 Purimra Gaslaldii Beli R. Scuola d'Applicazione.
2 Id. subumbilicala Bell Hcseo di Geologia.
3 Id. umhilicata Bell Michelolli.
4 Id. inaeqiiiconlala Bell Museo di Geoloijia.
5 Id. rcjlexa Bell M.
6 Id. inaequisiilcala Bell Id.
7 Id. sh-iolala Bronn Id.
8 Id. Iriiìisiloria Bell ìlicheiotli.
9 Id. praeccilens Bbll Museo di Geologia.
10 Id. arala Bell Id.
M Id. parvìtla Bell Id.
12 Id. erosa Bell Id.
13 Id. rarisulcala Bell Id.
1 4 Id. bii>licala Beli Id.
Io Id. Sismondae Doderl Michelolii.
16 Id. relusa Micmtti Id.
17 Id. riciiuiloides Bell Id.
18 Id. connectens Bell Museo di Geologia.
19 /(/. lubcrculaia Bell Id.
20 Id. calcarala {Gn\r.) : Id.
21 Id. hacmaslomoidt'.f B. Hoebn. u. M. Aling Id.
22 Id. birariimta Bki.l Id.
23 /(/. slazzavcnsis Bell Michelotli.
24 Id. unijiìicata Bell Id.
25 Id. producta Bell lluseo di Geologi». ■
26 Id. alienili iiica Bell IJichelolli.
27 Id. eldiitialii Beli ; Id.
28 Id. megasloma Bell Museo di Geologia.
29 'a, b] . . . . Id. varirona Beli Michelotli.
30 J(>pa<ì pijiimnea IJeli Ilovasenda.
31 Taitrasfa mibfu.tiformis (D'Ord.) Michelotli.
32 /(/. coronala Beli Roiasenda.
33 Id. id. id. var. A Id.
34 Id. nodosa Beli Museo di Geologia.
35 Purpìirplla raìialintlala Beli Michelotli.
TAV. XI.
^ RigKnM dis e Lu
Tonno,!. il FCCoyen.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XII
TAVOLA XII
COLLEZIONE
_ P„P, in CUI è coDservato
"*'""* l'esciiiplare Cguralo
H Moiiocoro^ mviiucanllios (BROncH.I Museo ili Geologia.
2 Id. (Ii'pies<!us BiioNN l'I-
3 Id. caiirrllaliis Bkll l'I-
4 (a,' b) . .. . Cuiiia la.rriuriiiald (MicnxTi.) Bithelolli.
5 (a, b) . . . . Luinixis inmms Biìll l'I-
6 .' CoraHiophda uranifera (MicniTi.). var. B Museo di Geoloijia.
7 '/""., . Id. id. id. MicheloUi.
8 .... . Id. ili. id. var. A id.
9 ,..[/.... Id. biemspira Bkll Rorasenda.
10 ........ '. Id. aiu/nsia Bkll Museo di Geologia.
i\ ........ . LI. ruslala Bkl( Rovasenda.
^ 2 ..[..,... Id. mriciisti Bell Mithelotti.
13."" M. fìisiformifi Bkli Rovasenda.
44'^^'*"'. [d. rccurncauda Bell Musco di Geologia.
4 5 ........ . [d. turrila Bell Michelolli.
4 6 Id. umbilicata Bell W-
47 " Id. alinonnis (.Michttl) Id.
48 ,,....... Id. ref/iiluns Bell Roiasenda.
49 /(/. i-rassiciislulala Bkli Ilichelolii.
20 Poriiliyria marijinula Bell Id-
21 . ' ' . .... Id. scaldih Beli Museo di Geologia.
22 Id. loììfjinpira Bkll l'i-
23 " ' ' . .. . '. Id. Dufri'Siin (Bast.) var. B Id. «
24 /(/. njlindracen (BoRS.) Id-
25 .... /'/. iiirholiiia (BiìONr.N., Id.
26 ......... Id. Diifrcsiw (B.vsT.l Id.
27 /(/. tìilìaia Bell Id.
28 Id fusiftiimis Beli [J-
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29 OUiella major Bell l'I
Id. clavnla (Basi.) U-
/(/. ventro.fa Bell l'I-
/(/. rnxacea (BoN.) W-
/(/. Miijuala Bell l'I-
...... Id. hrcvis Beli •<'•
. Id. tumida Bkli l'I-
31; Id. cra-'s^iruf/o'^a Beli l'I.
37 Id. Umijifijàra Bell I""-
3S .\ncilìarina mlaraìis (BoN.) '."•
;j9 Id. aiiimnimra Bell Hithtlolli.
\0 Ani'iUaria aiimiìa'a (SciiL ) '''
41 /,/. ijlatidijormi:i Lamck Museo di Geologia.
42' /,/. ili. id. var. K l'I.
43 Id. pallila DiiDKRi • ■ • l'I'
44 Id. obsoli'la (Buoccii.) 1''-
45 Id. sismoiidaiia D'Obr. var. C Il-
4(i ..'.'.'..... Id. id. id jl
47 Aiicillina inmila (FnCHs) l'I-
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SCIENZE
MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE.
MEMORIE
SELLA
REALE ACCADEMIA
DELLE SCIENZE
DI TORINO
SERIE II. - TOM. XXXIV.
SCIENZE MORALI . STORICHE E FILOLOGICHE.
TORINO
E R. INAISI NO LOESGHER
Libraio delia R. Accademia delle Scienze
MOCCCLXXXI
ESPOSIZIONE CRITICA
DELLE
DOTTRINE PSICOLOGICHE DI ALESSANDRO BAIN
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GIUSEPPE ALLIEVO
Letta nell'adunanza del 13 Giu/no 1880
Alessandro Bain appartiene alla schiera di que' pensatori inglesi contemporanei, che
illustrano con operosità di pensiero e novità di vedute gli studi psicologici e pedagogici.
Nacque nel 1818 in Aberdeen, città della Scozia, dove compiuti i suoi studi superiori
rimase dal 1841 al 1847 da prima professore supplente di filosofia morale e di logica,
poi libero insegnante di scienze fisiche. Nel 1855 faceva di pubblica ragione la sua opera
J sensi e l'intelligenza, alla quale tenne dietro nel 1859 l'altra sua, che porta per titolo
Le emozioni e la volontà. Per questi due importanti lavori l'autore levò subita e gran
fama di se nel mondo filosofico, e venne tosto chiamato a professare filosofia nell'Università
di Londra, poi in quelle di Oxford e di Aberdeen. Le due opere citate accennavano ad
una terza, come a loro compimento nello sviluppo della sua mente, voglio dire a quella da
lui pubblicata col titolo Lo spirito pcI il cor^ìo: in quelle lo spirito umano viene con-
templato nella naturale struttura delle sue potenze, in questa nelle attinenze sue collor-
ganismo corporeo. 11 Bain applicava alla pedagogia le sue dottrine psicologiche -pubblicando
La scienza dell'educazione, in quella guisa, che l'illustre suo connazionale Herbert
Spencer svolgeva dalla sua filosofia positivistica il suo volume Educazione intellettuale,
morale e fisica. Son queste le opere di maggior momento, che finora venne dettando il
Bain: abbiamo di lui altre opere di minor mole, qual sarebbe uno studio sul Carattere,
ed alcuni trattati scritti in servigio de' suoi discepoli, cioè una Prima grammatica in-
glese, un Trattato di rettorica e di composizione, un Compendio di filosofia mentale
e morale, un Trattato di logica induttiva e deduttiva.
ESPOSIZIONE CRITICA BELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK
Indole della psicologia di Alessandro Bain.
Lo spirito, che informa le dottrine psicologiche del Bain quali stanno esposte nelle
tre prime sue opere superiormente indicate, è quello stesso della scuola scozzese del secolo
Bcorso fondata da Tommaso Reid ed illustrata da Dugald-Stewart. ampliato dal moderno
principio positivistico dell'associazione psicologica. La psicologia vien? ristretta, siccome
ad unico e supremo suo oggetto, allo studio dei fenomeni interiori ed alla determinaziono
delle loro leggi, astrazion fatta da ogni disquisizione metafisica intorno l'intima natura
dello spirito umano ed alla sua suprema destinazione. Giusta il sentire di questa scuola,
i nostri concetti di spirito e di materia sono meramente relativi, ciò è dire riguardano i
fenomeni, con cui l'uno e l'altra si manifestano (1). ma la loro intima essenza ci è avvolta
in impenetrabil mistero. Però il Bain non rimase contento di meditare lo spirito umano
quale si manifesta ne' suoi fenomeni mentali e nelle sue leggi, ma adempiendo una lacuna
rimasta nella scuola scozzese, si pose a ricercare le attinenze, che collegano lo spirito ed
il corpo nell'umano soggetto.
Concetto e funzioni supreme dello spirito.
Lo spirito viene ordinariamente concepito quale l'opposto della materia; e siccome
questa possiede come suo distintivo carattere l'estensione, così quello vuol essere definito
per tutto ciò che è sprovveduto di estensioni', essendoché spirito e materia son due termini
opposti (avverte l'autore) che si definiscono l'uno per l'altro, tantoché conoscere l'uno di
essi riesce ad un conoscerli tutti e due. Il Bain non si sta pago di questo concetto nega-
tivo, il quale non contiene di certo la scienza psicologica. Per ottenere una nozione positiva
non basta sostituire al concetto di spirito quello di soggetto o mondo interiore, ed al con-
cetto di materia quello di oggetto o mondo esteriore. Il nostro studio non avanzerebbe un
solo passo. Lo spirito ci apparirebbe pui' sempre siccome alcuncliè di negativo, e per così
dire quale un residuo che si rinviene dopoché avessimo stralciato il inondo esteriore, ossia
l'oggetto dalla totalità di nostra conoscenza, senza punto determinare in che esso residuo
consista. Che anzi il nostro processo rimairebbe intricato in una nuova difficoltà, poiché
la conoscenza dell' ogr/rffo (non però l'oggetto stesso, ossia il mondo esteriore o materiale)
fa parte integrale dello spirito stesso. Per assorgere ad un concetto positivo dello spirito,
altro processo non ci si presenta se non quello di chiamare a lassegna le operazioni ed i
fenomeni precipui dello spirito umano quali vengono designati nel comune linguaggio, e
tutti poi abbracciarli in una formola generale, che esprima tutto intiero l'ordine de' fatti
mentali, escludendone (luelli. che posseggano un carattere affatto estraneo.
E noto, come non jiochi |)sicoiogi. fra cui l'Hamilton ed il t'ousin. abbiano adunati
tutti i fenomeni psicologici entro a tre classi supreme, che sono i sentimenti, i pensieri
(1) Vedi lo Stewart, Elementi delta filosofia dello spirilo umano, ed. francese, lt08, t. I, pagg. 3,
4, 6, 7, 10, 11, 95, 398 ; od il Reid, Saggio stille facoltà attive dell'uomo, pagg. 8, 9.
(
PER GIUSEPPE ALLIEVO 5
e le volizioni. Lo stesso criticismo di Kant, tripartito in Critica della facoltà del giudizio
od estetica. Critica della ragion pura. Critica della ragion pratica, risponderebbe a
siffatta classificazione. Il Baio la accoglie nella sua psicologia, la quale distribuisce la vita
dello spirito in sentimento, intelligenza e volontà. Per lui queste tre funzioni dello spirito
sono supreme ed irreducibili. Ciascuna di queste tre classi di fenomeni possiede i suoi
caratteri distintivi per guisa che il pensiero non è contenuto nel sentimento e nella volontà.
come la volontà non è né il sentimento, né il pensiero. Però la loro distinzione non è iso-
lamento, ma incbiude unione. Esse funzioni, per quantunque dotate ciascuna di caratteri
distintivi, pure si compenetrano insieme, ed hanno fra di loro tal dipendenza, che nessuna
può né sussistere, né disvolgersi senza l'altra : costituiscono una trinità nell'unità. Lo spi-
rito, in sentenza dell'autore, è per appunto l'insieme di queste tre funzioni, e la sua defi-
nizione positiva emerge dai novero delle sue qualità più comprensive, quali sono il sen-
timento, il pensiero ed il volere. La loro interior colleganza vien resa manifesta dalla
comunanza di leggi che governano la loro evoluzione, e segnatamente dalla legge di re-
latività.
Legge 0 princìpio di relatività.
È legge generale della nostra natura, che nessuna impressione possiam risentire . di
veruna cosa possiamo acquistar coscienza senza un mutamento di stato interiore. Un'azione
monotona ed uniforme, esercitata sui nostri sensi non è più né sentita, né conosciuta. La
necessità del cangiamento psicologico per provocare un sentimento od un pensiero è la
base della sensazione v dell'intelligenza, l'attributo più generale e fondamentale dello spi-
rito, la legge della relatività. A noi non è dato sentire alcunché senza passare da una
impressione ad un" altra relativa, né conoscere una nuova entità senza conoscere un' entità
precedente : in ogni sentimento sonvi sempre due stati in contrasto : in ogni conoscenza
due cose conosciute nel medesimo tempo. Se adunque la legge di relatività governa
il sentimento, l'intelligenza e conseguentemente la volontà, (^ se in questi tre poteri si
compendia, in sentenza del Bain. tutto quant' è lo spirito umano, abbiamo ragione di
pronunciare, che tutto lo spirito, in ogni sua manifestazione, è relativo : ed elevando
questa proposizione ad una fomiola j)iù generale, che abbracci insieme col soggetto o
mondo interiore anche l'oggetto o mondo esteriore corporeo, potremmo dire : tutto è rela-
tivo sia nel inondo dell'essere, sia nel mondo del sapere.
È egli vero, che tutto è relativo ? Certo che sì. quando .«i'intenda con ciò di significare,
che le cose tutte quante nel mondo della realtà, egualmente che tutte le idee nel mondo
del pensiero sono fra di loro collegate da svariatissime ed intime relazioni, onde emerge il
sintesismo dell'universo, simboleggiato nella catena omerica, che il cielo congiunge colla
terra. Tutto lega, tutto si tiene nell'iinuiensità dell'essere: però le relazioni non si ridu-
cono a quella sola del contrasto o della opposizione (come parrebbe dagli esempi, che
viene citando il Bain). ma si specificano in diverse guise, quali sarebbero quelle, che inter-
cedono tra l'effetto e la causa, tra un principio e le conseguenze, tra una forza ed i suoi
fenomeni, tra una sostanza ed i suoi modi, tra la parte ed il tutto, tra l'essere e le pro-
prietà sue, e va discorrendo. Che se il pronunciato Tutto è relativo s'intenda significare
che niente evvi di assoluto, ciò é dire che ogni termine è quello che è non già in virtù '
e ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
della sua propria natura, bensì soltanto per cagione delle relazioni sue con altro termine,
è sentenza che si chiarisce erronea a chi ponga mente, che una relazione non sussiste se
non in grazia dei termini, fra cui intercede, i quali perciò mal potrebbero entrare in rap-
porto fra di loro, se non fossero alcunché di pc-itivo in se medesimi. Però giova all'uopo
distinguere nelle cose l'essere ed i varii modi dell'essere, ossia la sostanzialità od essenza
intcriore ed i fenomeni o manifestazioni esterne. I modi od i fenomeni, a cui soggiace un
essere, mutano di certo secondochè mutano le relazioni sue con altri esseri, ma l'essenza
o sostanzialità interiore permane immutabile e sempre la stessa. Un soggetto umano è
uomo non già per le relazioni sue con altri esseri, bens'i in grazia della sua costitutiva
essenza ; epperò le manifestazioni esteriori della sua vita appariranno diverse secondo i
varii rapporti, che lo collegano col mondo esteriore, i suoi sentimenti, i suoi affetti, i suoi
pensieri si coloreranno sotto forme diverse secondochè la sua vita si svolgerà nelle regioni
tropicali 0 fra i deserti dell'Africa : pure l'essenza sua propria, riposta nella triplice virtù
del sentire, dell'intendere e del volere, rimarrà la medesima in mezzo al variare delle sue
relazioni col cosmo esteriore. Questo adunque parmi doversi conchiudere, che la sentenza
Niente vi è di assoluto, è vera, se riguardi i modi od i fenomeni di ciascuna sostanza,
falsa, se si voglia riferirla alla sua interiore essenza ; od in altre parole, ogni essere è quel
che è, in virtù di sua natura e non punto per le sue relazioni esteriori, ed assume tale o
tal' altra forma per cagione di tale o tal altro rapporto suo col mondo estemo.
Teorica del sentimento
Dacché il sentimento, l'intelligenza e la volontà abbracciano in tre classi supreme
tutti i fenomeni dello spirito, consegue che ogni e quale che siasi fatto psicologico debbe
trovar luogo in una di queste tre classi. Però non è necessario (in sentenza del Bain), che
gli stati dello spirito appartengano in modo esclusivo ad una sola di esse tre classi (1).
Quest'avvertenza dell'autore, presa qual suona, distrugge radicalmente la irreducibilità
delle tre supreme funzioni dello spirito da lui propugnata : il vero è, che ciascuna funzione
va contemplata in sé stessa e nelle relazioni sue colle altre tutte. Cosi inteso il concetto
suo ha fondamento irrepugnabile di verità. Il Bain si giova di quest'avvertenza nel costruire
la Bua teorica del sentimento, il quale viene da lui contemplato anzi tutto ne' suoi carat-
teri costitutivi, ossia nella propria sua natura, riservandosi di discorrerne i caratteri intel-
lettuali e volizionali nella teorica dcU'intelligenza ed in quella della volontà. Tuttavia a
mo' di anticipazione egli osserva, che il sentimento in rapporto coli intelligenza mostra
attitudine ad essere distinto, unito e ritenuto, attitudine fino ad un certo punto propor-
zionale col grado del sentimento e colla forza dell'impressione ; e che in rapporto colla
volontà esso sentimento è motivo o principio di azione eccitandola ad opcrai-e a fine di
conservare, accrescere e rinnovare la sensazione se piacevole, sopprimerla o scemarla se
dolorosa.
Il Bain, tenendo per fermo, che i fenomeni dell'attività psicologica nascondono le loro
prime origini nelle più generali manifestazioni della vita fisica, esordisce dall'esposizione
(1, Vedi / sensi e l'inlelligensa, pag 56, ediz. francese.
PEK GIUSEPPE ALLIEVO 7
fisiologica del sistema nervoso siccome dal punto di mossa per costruire la teorica del
sentimento. Descrivendo successivamente il cervello, il cervelletto, la midolla allungata
e la spinale, i nervi cerebrali e gli spinali, egli riguarda la forza nervosa, generata dal-
ra2done del nutrimento somministrato al corpo, siccome tale energia, che scorre a mo' di
corrente attraverso le diverse parti del corpo stesso, e ripone il sensorio e la sede mede-
sima dello spirito non nel solo cervello, ma dovunque si spiegano correnti nervose. Di tal
modo l'esposizione fisiologica del sistema cerebro-spinale riesce una prefazione alla teorica
del sentimento, la quale alla sua volta starà propedeutica alla teorica dell'intelligenza.
In sentenza del Bain, il vocabolo amfniirnto designa ogni nostra affezione, sia essa
piacevole, sia dolorosa, sia ben anco indifferente. Il piacere e la pena sono note distin-
tive, che valgono a differenziare il sentimento dalla intelligenza e dalla volontà. E opinione
invalsa fra i psicologi, che la prima manifestazione del sentimento risieda nelle sensazioni
particolari, ossia ne' sensi, e che da questi esordisca la vita medesima dello spirito. II
Bain è di contrario avviso. Seguendo la sentenza di coloro, che assegnano al senso musco-
lare ed ai movimenti dell'attività .spontanea un'esistenza distinta da quella dei cinque
sensi esterni, lo pone al di sopra di ogni sensazione tenendolo quale un fatto primitivo
della nostra psicologica costituzione. Il senso muscolare ha per oggetto suo proprio le
impressioni piacevoli o dolorose, che conseguono dalle azioni fisiche dei muscoli e dai
movimenti del corpo, ed attesta in noi una incessante energia di vita, che dal nostro
interno cerca effondersi al di fuori. Esiste nello spirito umano un'attività spontanea, che
si dispiega non per esteriore eccitamento od impulso, ma per intima virtfi riposta nei
centri nervosi. Quest'attività, anteriore alle nostre particolari sensazioni e conoscenze, si
manifesta alla sua origine nelle impulsioni meramente interne, indipendentemente da ogni
cagione esteriore, e si dispiega poi sui nostri membri locomotori, i quali sono suscettivi di
essere messi in moto da uno stimolo emanato dai centri nervosi. Nel sistema muscolare,
che sta in servigio dell'attività spontanea, vuoisi considerare la struttura dei muscoli vo-
lontarii, i nervi dei muscoli, la sensibilità propria dei muscoli, la irritabilità e la tonicità
dei medesimi. In prova dell'attività spontanea ossia delle azioni e dei movimenti indipen-
denti dalle impressioni de' sensi propriamente detti, l'autore adduce: 1° la proprietà del
tessuto muscolare denominata tonicità, che altro non è se non un grado inferiore del mo-
vimento muscolare, segno di una iniziativa propria de' centin nervosi ; 2° il permanente
rinchiudersi dei muscoli sfinterici, effetto di una causa intcriore più energica della semplice
tonicità; 3° l'esuberanza di moto propria dell'umana puerizia e dei bruti adolescenti ;
4° il fatto, che la sensibilità e l'attività si mostrano il più delle volte in ragione inversa,
ed il temperamento più attivo non è sempre il più sensibile.
Due sono le ragioni che consigliarono l'autore a premettere lo studio dell'attività
spontanea e del conseguente senso muscolare a quello delle sensazioni: 1° perchè il moto
precede la sensazione, e nella sua origine si manifesta indipendentemente da ogni stimolo
esteriore; 2" perchè l'azione è proprietà più intima e fondamentale che verun'altra delle
nostre sensazioni, le quali perciò sono di natura composta, mentre essa è semplice. Onde
consegue il divario, che intercede tra i sentimenti muscolari e le sensazioni propriamente
dette e comunemente intese : quelli sono accompagnati dalla coscienza di una forza motrice
che muove dal di dentro di noi e si dispiega al di fuori, queste per contro sono suscitate
dà uno stimolo, che dal di fuori penetra dentro di noi.
ESPOSIZIONK CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
De' sentimenti muscolari
Dall'attività spontanea o motrice rampollano i sentimenti muscolari, i quali vanno
classificati, avuto riguardo al loro rapporto cogli organi motori, in tre specie, secon-
dochè dipendono dalla condizione organica de" muscoli, o rilevano dall'esercizio di questi
stessi, o ci apprendono i diversi modi di tensione degli oi-gani motori. Però i sentimenti
di questa terza classe vorrebbero essere riguardati come idee, anziché come sentimenti, ed
hanno più stretta connessione coli intelligenza, che colla sensitività, essendoché siamo per
loro virtù fatti capaci di giudicare delle varie positure delle nostre membra e di non
poche rilevanti relazioni delle cose fra di loro.
È cosa di fatto, che ogni esercizio di forza muscolaie tradotto in movimento è ac-
compagnato da un sentimento di piacere, il quale a poco a poco scema della sua vivezza
trasformandosi in indifferenza fino ad essere susseguito da pena o dolore, se l'esercizio del
moto è protratto di soverchio. Perciò nei sentimenti muscolari bassi a notare come primo
carattere una qualità, cui si aggiunge // y ratio di piacere, che emerge dall'esercizio
muscolare variabile a seconda delle circostanze. Un terzo carattere si mostra nella spe-
cialità propria del sentimento muscolare, mercè cui ci formiamo i concetti di resistenza, di
forza, di potere, ed uscendo fuor di noi stessi costituiamo il gran fatto del mondo esteriore
in effettivo contrasto coi nostri stati di coscienza, ed opponiamo al tue un von-me.
Poco hawi a dii'e intomo il sentimento muscolare riguardato nelle sue attinenze colla
volontà. Sotto forma di piacere esso eccita l'attività ad operare a fine di essere conservato,
accresciuto o riprodotto. Per lo contrario molte sono le proprietà intellettuali di esso e
meritevoli di attenta considerazione. Primamente esso ha questo di proprio, che in grazia
dell'intelligenza perdura più o meno lungamente nella memoria sotto la forma ideale di
piacere o di pena ed è fatto capace di eccitare la volontà a rintracciare l'uno e scansare
l'altra. Ma un secondo carattere intellettuale assai più rilevante dell'idea di piacere o di
pena, ed onninamente diverso sta nel distinguere e neUideiititìcave. ossia nel difi'erenziare
e nell'assomigliare i gl'adi ed i modi dell'appeirezione della forza muscolare dispiegata;
appercezione, che è affatto scevra di piacere o di pena, eppure conisponde ai grandi fatti
dell'oggetto, che appellasi il mondo, la resistenza, la forza, il potere, la velocità, lo spsizio.
il tempo e va discorrendo. Nello stato d indifferenza intermedio tra il piacere e la pena, la
nostra attenzione non è ])iù rivolta al sentimento (;omc tale, cioè come un modo soggettivo
piacevole o molesto, ma adempiamo le due supreme funzioni dell'intelligenza, la distinzione
e l'accordo, giacché portiamo giudizio, che il grado di energia o di forza da noi sviluppata
è maggiore o minore di un altro, oppui-e rassomiglia ad altri già avvertiti e conosciuti.
Ecco qui un fatto di natura schiettamente intellettuale. Nei diversi periodi del sentimento
noi appercepiamo delle differenze, le quali sono il primo dei due elementi, che costitui-
Bcono il fatto dell'intelligenza, ed al quale viene poi ad aggiungersi il secondo elemento,
la rassomiglianza.
La coscienza, che abbiamo, dei differenti gradi della nostra sensibilità muscolare, ne
porta a distinguere e conoscere queste tre cose : 1 " la somma di sforzo, di for^a dispie-
gata, che misura la rcsistf»z(i da vincere, e che costituisce la esperienza fondamentale ;
PEK GIUSEPPE ALLIEVO 9
2" la continuazione dello sforzo, sia esso accompagnato dal movimento o no ; 3° la rapi-
dità della contrazione muscolare, risjiondente alla velocità del movimento del membro.
Queste tre distinzioni ci sono lume e scorta a conoscere le qualità delle cose esteriori ed
a formarci un fermo concetto del mondo. Poiché la quantità di sforzo da noi spiegato non
solo ci dà la giusta misura della resistenza, ciie ci tocca di superare, ma è altresì il fon-
damento del concetto di corpo, la apprezzazione della forza, deirinerzia. del momento di
forza o della (ìroprietà meccanica della materia, del peso di un corpo vuoi assoluto, vuoi
relativo. La continuazione dell'azione muscolare ci porge l'idea sia del tempo, ossia, della
durata, che implica un dispendio maggiore di forza, sia dell'estensione, perchè la conti-
nuazione di un movimento è il corso dell'organo attraverso lo s|)azio. sicché il senso del
moto è la parte essenziale e primaria della nostra conoscenza dello spazio, a cui vengono poi
ad aggiungasi i sensi della vista e del tatto per compiere essa conoscenza. Per ultimo, dalla
coscienza, che abbiamo, della velocità impressa ai nostri movimenti, siamo fatti capaci di
conoscere ed apprezzare la velocità degli altri corpi in moto, e di misurare l'estensione
nello spazio, siccome quella che si connette con due distinzioni, la continuazione del moto
e la velocità sua.
I muscoli, secondo il vario modo del loro contrai"si o distendersi, danno origine a
movimenti ora lenti, oi'a rapidi, i quali suscitano emozioni differenti. Da un moto più o
meno lento emerge un'emozione ben più grande di quanto potrebbe originare da uno
sforzo eguale di tensione passiva ; e da un ben composto insieme di movimenti lenti ci vien
fatto di far scaturii'e la massima copia d| piacere col minimo dispendio di forza muscolare.
I sentimenti suscitati dai moti hmti e gravi rispondono alla debolezza e sommessione
dell'uomo e pigliano in lui tanto jiiù am[)io sviluppo, quanto più è depres.so il senso della
sua propria forza. Kcco il perchè i moti, di cui discorriamo, ci inclinano al riposo ed al
Sonno, riconducono nell'organismo la calma e la salnte dopo l'agitazione e la malattia,
inspirano nel recinto domestico un'aura di serenità e di pace mercè l'efiFetto simpatico di
movimenti ammisurati, quali quelli della musica e del calmo convci^sare, sostengono e
promuovono il sentimento i-eligioso colla lenta pronuncia della preghiera, e le solenni e
gl'avi note dell'organo. Emozioni e sentimenti affatto diversi emergono dai rapidi movi-
menti, che appariscono simili a certa quale (>bbrezza meccanica. Questi eccitano i nervi ed
i centri nervosi a spiegare in maggioi' copia la loro spontanea attività, accendono gli spi-
riti animali e si spiegano sotto forme diverse e con isforzi esagerati. Un organo in preda
ad un rapido movimento comunica il suo orgasmo agli altri e li mette in fermento. Ne
sono esempi la caccia, la danza, le orgie sacre dell'Oriente, i riti consacrati a Bacco ed
a Cerere.
Delle sensazioni.
Dall'attività spontanea e dal sentimento muscolare il Bain discende a parlare delle
sensazioni propriamente dette, definicndole « le impressioni mentali, i sentimenti o stati di
coscienza, che risultano dall'azione delle cagioni esterne sovra qualche parte del corpo, il
quale per ciò appunto si appella sensibile ». Ki le distribuisce in sei classi, vale a dire in
sensazioni della vita organica, della vista, dell'udito, dell'odorato, del gusto e del tatto.
Le sensazioni della vita organica vengono riconosciute dai fisiologi sotto il nome di
Serie 11. Tom. XXXIV. 2
10 ESPOSIZIONE CRITICA I)EL1,F, DOTTRINE PSICOLOGICHE HI A. BAIX
senstbiìità comune o generali-, perchè sparse per tutto quanto il lorpo. segnatamente nei
visceri ed abbracciano tutti i sentimenti di jiiacere e di pena interni, relativi alle funzioni
della vita organica. 11 Bain ne fa un grupiio a parte, perchè mentre appartengono anch'esse
al genere delle sensazioni, pure divei^sano dalle sensazioni speciali propizie de" cinque sensi
esterni in ciò. che non hanno, come que.ste. una cagione propria'iiente esteriore, che le
ecciti, come il suono lù^^uaido al senso dcUudito. la luce rispetto alla vista e va discor-
rendo. Ma questa sua distinzione più inni si concilia colla definizione, che egli ha premesso,
delle sensazioni, le quali ei concepisce come stati di coscienza, die l'isnltaiio dall'azione
delle cagioni r.slrrnr sovra qualche parte del nostro corpo.
Avuto riguardo alla loro sede, le sensazioni organiche od interne vengono dal Bain
distribuite in sensazioni T de' muscoli (spasimo, scn.so della fatica, dolori provenienti da
tagli, lacerazioni, lesioni del tessuto uiuscnlure) : li" de' nervi (doloi'i e fatiche nervose,
noja. sentimento di ben essere del tessuto nervoso); :!" della circolazione degli umori e
della nutrizione (sete, inanizione, jiiacere dell'esistenza meramente animale): 4" della lespi-
razione (sensazione dell'aria fiesca e^pura. della impura ed insufficiente, soffoco) ; 5° del
caldo o del freddo: <i' del canale alimentare (fame, nausea, disgusto): 7° degli stati
elettrici dell'atmosfera. Certamente questa classificazione è assai lontana dall'essere rigo-
rosamente razionale ed irreducibile, j^iactliè ognun vede, che le sensazioni ad esempio
dell'aria i;steriia, del caldo e del freddo e degli stati elettrici dell'atmosfera si possono
raggruppare in una medesima classe, e si dovrebbero collocare fuori della specie delle
sensazioni jiropriamente interne ((piali dnviebbeio essere (luelle della vita organica) in-
sieme con quella de' sensi esterni.
Xella lunga ed ingegnosa descrizione delle sensazioni organiche, come ))ure in quella
de'cinque sensi esterni, apparisce il naturalista sottile ed il fisiologo penetrante, più che
il cultore della scienza psicologica, la (juale in una trattazione di cento e venti pagine ben
poche no trova, che le appartengano, e che non possano e.sserle rivendicate dalla disciplina
biologica e fisiologica. Sono perù degne di qualche riguardo le considerazioni non del tutto
originah. eh' egli consacra ai sensi superiori esterni del tatto, dell'udito e della vista, i
quali, per universale consenso, forniscono al pensiero copia considerevole e rilevante di
materiali intellettivi, l'ero a cpiestA proposito egli ripete in parte le riflessioni già fatte
riguardo all' ufficio intellettuale del sentimento muscolare : poiché discorrendo del senso
del tatto, osserva, che, sussidiato dal .sentimento muscolare, esso ci jiorge la nozione fon-
damentale del mondo esteriore, cioè l'estensione, e con essa il volume, la forma, la
distanza, la direzione, che sono altrettante modificazioni o determinazioni dell'estensione
medesima. Lo stesso è a ripetersi delle sensazioni ibi movimento muscolare e della vista
insieme associate.
Degli appetiti e degli istinti.
E noto, che i psicologi inglesi anteriori al nostro autore. Keid, Steward. Brow. 'Mill
collocarono gli appetiti e gli istinti in una medesima classe coi desiderii. coll'abitudine e
colla volontà sotto il nome di facoltà attirr. il Bain invece, scostandosi da' suoi prede-
cessori, li schiera insieme colle sensazioni, sia perchè hanno con (jucste strettissime attinenze,
sia {)erchè ad essere conosciuti non esigono uno studio anteriore della intelligenza, che anzi
PER fiirSEPPE ALLIEVO H
la loro (ioiinsceiiza ci spiana la via a comprendprc vie meglio le facoltà siipcriori dell" intel-
ligenza stessa. Egli sfiora appena l'argomento degli appetiti, avvertendo che essi convengono
coi desiderii in ciò. che entrambi eccitaiio la volontà ad operare, ma se ne differenziano
in questo, che essi sono (ìmidcfii pì-mìntii dui l)i>;f)(jìu e dalìf iif ressi fu rinnovati' della
vita orgnniea. Il sonno, l'esercizio, il riposo, la sete, la fame, l'attrazione sessuale sono
gli appetiti iinivei'sali e comnni a tutti gli animali.
Mentre il sentiinento muscolare, le sensazioni ed i sensi esterni formano i modi pri-
niai'ii della coscienza, gli istinti costituiscono i modi originarli dell'azione per l'uomo, es-
sendo come altrettante dis]Misizioiii piimitive e quasi una struttura primordiale, su cui
l'umano soggetto compirà il suo sviluppo nella triplice sfera del sentire, dell'intendere e del
yolere. Il Bain concepisce l'istinto siccome una non imparata attitudine ad effettuare tutte
guise di operazioni, (pielle segnatamente die tornano necessarie od utili all'animale, e distri-
buisce tutte le nostre facoltà istintive in queste cinque classi: le azioni riflesse, le dispo-
sizioni primitive per le anioni <issoeiiit.e od inìnoviilie. i vincoli originarii tra i sentimenti
e le loro manifestazioni fisiche, il germe istintivo della rolizinne. il meccanismo della
voce. Ma quanto a quest'ultimo jianto. l'autore si tiene a una descrizione del tutto ana-
tomica e fisiologica, passando sotto silenzio il gi-ave aigomento della parola come facoltà
psicologica. Anche le azioni riflesse sono da lui studiate piuttosto sotto il riguardo fisio-
logico che psicologico. Con siffatto nome egli designa « quelle azioni circolari, in cui si
può distinguere un eccitamento jieriferico od esterno portato dai nervi afferenti ad un
centro ganglionare. e producente, a mo'di risjìosta. certi movimenti ». Tali sono il ritmo
del cuore, il moto intestinale, la respirazione, la tosse, lo starnuto, la salivazione, i moti
cigliari. ecc. Lo ('ccitanu'nto perif(>iico od esterno può essere inconsciente. come negli
intestini, o consciente conu' nell'acconciamento dfdl'occhio. e quindi segna due gl'adi, in-
feriore e superioi-e. nell'azione riflessa. Però egli invano si argomenta per distinguere le
azioni riflesse sia dai movimenti istintivi dell'attività spontanea, sia dagli atti riflessi della
volontà convertiti in abitudini: che anzi dichiara egli medesimo non potersi « tracciare
una linea netta di distinzione tra gli atti involontarii riflessi ed i volontarii: questi due
ordini si confondono ))er gradi insensibili : un medesimo fatto od una tendenza medesima
dell'organismo è forse la loro i-adice comune •>. Eppure egli aveva posto fin da principio,
che <- le azioni i-iflesse od involontarie hanno per segno l'assenza del carattei'e proprio delle
azioni volontarie, cioè dello stimolo di un sentimento direttivo ».
Tra le nostre facoltà istintive testò classificate havvi la disposizione primitiva od
attitudine originai'ia ad associare insieme i nostri movinieiìti in forma armonica. Tali sono
i moti ritmici od nltei-nati del camminare, del nuotare, ecc. Innesto i-itmo locomotore
delle nostie membi'a l'autoie attribuisce all'istinto, e non alla volontà od all'esperienza,
appoggiato 1" all'analogia ti-a i quadrupedi inferioii . che aj)pena nati alternano il moto
delle loi-o membra, e l'uomo: l'" m1 fatto, che il fanciullo agita s])ontaneamente od
involontariamente le gambe in moti alteinati : li" alla funzione propria del cervelletto di
mantenere l'associazione ed il cooi-dinamento dei movimenti. Esistono fatti svariatissimi e
numerosi, i quali chiariscono, come il sistema nervoso tutto quanto ne' suoi coordinati
movimenti sia governato da una legge generale di armonia prestabilita, posta dalla natura
stessa. Ma in che mai questa originaiia ed istintiva facoltà del movimento litmico ed asso-
ciato più si distingue dall'attività spontanea, di cui l'autore aveva primitivamente discoreo?
12 ESPOSIZIONE CRITICA rtEI.T.E IiOTTRINE PSICOLOGICHE PI A. BAIN
Ter/a forma (lell'istiiito è il legame, die unisce i sentimenti colle loro tisiche mani-
festazioni. Qui il Baiu descrive ed esamina il meccanismo istintivo od originale, in cui il
sentimento rinviene la sua espressione, mostrando come esso estcìiormente si traduca in
conispondenti moti del sistema muscolare, interionnente in effetti organici, ossia in certe
influenze sui visceri. Piincipio logolatoie di questa fusione degli effetti fisici cogli stati del
sentimento è. che agli stati gradevoli vanno congiunti con un aumento, i penosi con una
diminuzione delPenergia di f|ualclie funzione vitale, o di tutte le funzioni vitali. « Però
questo principio apiilicato alla spiegazione de" sentimenti muscolari e delle sensazioni orga-
niche, pati.sce qualche eccezione, segnatamente jìoi in liguaido ai cinque scasi esterni. I>i
(jui la necessità di una legge comitlementare. la quale adempia i difetti del principio, che
il piacere accresce l'energia vitale, il dolore la doiìrime. Daccliè i ])iaceri oidinaii de'cinque
sensi, come pure le emozioni speciali deirammirazione. dell'affezione, della latenza, della
conoscenza estetica od altrettali non si può dire che aumentino e rinforzino in grado corri-
spondente il vigore dell'organismo, forza è aggiungere al principio, che connette il piacere
colla conservazione personale, il principio, che connette il piacere coll'atto dello stimolo,
dividendo i modi di esso stimolo in due classi : 1 " gli eccitamenti dei sensi e delle emo-
zioni : 2° i narcotici e le droghe. La legge dello stimolo significa che « noi possediamo
certa quantità di vigore nervoso o di irritabilità, che non si converte in piacere attuale se
non sotto l'impulso di scosse, che non hanno veruna tendenza nutritiva, ma ne esauiiscono
e ne consumano il riserbo. Se l'effetto dello stimolo non trascende certi limiti, noi non
dissipiamo maggior forza di quella che vien prodotta; se esso rimane al di qua. perdiamo
il i)iacere, ond'è capace il nostro organismo; se trascorre oltre a que' limiti, camminiamo
verso la rovina e la decadenza » . Queste due leggi, di conservazione e di stimolo, mani-
festano le loro diverse conseguenze nel contrasto tra la vita di campagna, il cui piacei-e
emerge principalmente dalle influenze conservatrici, e la vita di città, il cui piacere origina
dalla varietà degli stimolanti. Il vero benessere dovrebbe armonizzare questi due generi
di vita a tenore delle due leggi.
Altra forma dell' istinto si ha in quelle azioni spontanee, da cui si schiude poi e su
cui si fonda la volizione. Seguendo le tracce del fisiologista MuUer, il quale aveva notato i
movimenti spontanei od istintivi nel feto ed il loro essenziale rapporto cogli atti o moti, che
si appellano volontarii , il Bain avverte, che l'impulso attivo o spontaneo, che eccita al
moto i diversi organi o membra, la voce, la lingua, gli occhi, ecc. per se solo non basta a
spiegare la volizione, perchè è irregolare, impreveduto, governato da circostanze fisiche, e
non punto dal ben essere dell'animale. La spontaneità sola non giunge a fare ciò. che deve
compiere la nostra volontà a fine di assicurare la nostra propria conservazione. Evvi tra
i nostri sentimenti piacevoli o molesti ed i nostri movimenti organici un vincolo primor-
diale, (juale quello tra causa ed eft'etto. Questo vincolo, che originariamente era un fatto
primordiale ed istintivo, si cangia dappoi in volizione mercè l'educazione e l'esperienza. La
virtù, ])ropria della volontà, di isolare un membro dal rimanente del corpo e dominarne
il movimento, si t'orma mercè una serie di sforzi e di tentativi. Il ])iacere accresce l'energia
vitale, il dolore la deprime fin dall'origine: ma la facoltà di scegliere con criterio il punto
dell'azione, non è innata, bensì va appresa coli "esperienza.
L'esposta teorica della sensitività mostrasi adorna di una licca messe di fatti accom-
pagnati da ingegnose osservazioni, ma troppo si risente di quel vacillante e sconnesso
PER GIUSEPPE AU.IEVO 13
{>mpii'isiiio. elle è la nota precipua della dottrina positivistica, ed anche considerata in ri-
iliiardo all'analisi dei fenomeni pro])rii della vita animale, sottostà di gran lunga ai profondi
studi psicologici, clic dobbiamo al Rosmini su (juesto argomento. Vi manca il concetto or-
dinatore de' fatti ])articolari. die solo può gei'minare dallo spirito tilnsotico. Il concetto di
un'attività spontanea i)rimitiva. clic viene posta come f(mdaraento primo di tutta la vita
animale, e che ])ure si muove per caso ed alla cieca ventiu'a senza verun fine rivolto
al buon essere del vivente, introduce il fatalismo in tutte le manifestazioni f> fcMiomeni
della sensitività e li rende inesplicabili. (1 sentimento muscolare, le sensazioni organiche ed
i sensi esterni, a cui dobiiiaiuo le foi-me originarie della coscienza, gli apjietiti. che rispon-
dono ai bisogni ed alle necessità i iiniovate della vita oi'ganica. gli istinti, che ci rendono
idonei a tutte guise di operazioni, allo sviluppo ed alla iirosperità della vita animale, la
volontà, che veglia alla nostra conservazione, sempi-e intenta allo scopo di fugar il dolore
e mantenere il jiiacere dell'esistenza, tutti questi fenomeni, in cui si rivela lo sviluppo della
sensitività, mal si comprende, come jiossano tìuiie dalla cieca ed incoascia attività spon-
tanea originaria e rinveniie in essa il loro centro armonizzatore. Assurda cosa è. che il
fortuito e l'inconsciente generino la finalità e la coscienza, e che la volontà, sempre gover-
nata da un fine peculiare in tutte le sue movenze, abbia il suo germe originario nell'atti-
vità spontanea sempi'e mossa dal cieco caso. L'espeiienza educatrice de' sensi, che l'autore
adduce a s])iegazione del fatto, non giova all'intento, siccome quella, che può bensì espli-
care i germi posti da natui-a. non però creare nuove attitudini, che già non preesistano
implicate in una virtualità anteriore. Questo errore capitale, che vizia tutta la teorica del
nostro autoi-e intoi-no la facoltà sensitiva, fu cagione, jter cui anche il suo concetto del di-
vario, che intercede fra l'attività spontanea, l'istinto e la volontà, apparisce incoerente e
malfermo, giacché l'operare istintivo e l'operare volontario si confondono in un medesimo
intento, insieme cogli appetiti, la conservazione cioè ed il ben essere del vivente animale.
Teorica dell' intelligenza.
« Trattando dell'intelligenza (scrive l'autore nella prefazione alla sua opera / sensi
e l' infeìiìc/enzn) ho abbandonato la suddivisione in facoltà. L'esposizione è tutta fondata
sulle leggi d'associazione --. Mentre i psicologisti ])iocedettero fin qui chiamando a ras-
segna le operazioni molteplici dell'intelligenza e distribuendole in classi distinte e sognate
ciascuna col nome di una facoltà riguardata come eausa di un ordine di fenomeni intel-
lettuali. il Bain riduce tutti ijuesti fenomeni ad una sola causa suprema, l'a-ssociazione,
di cui le facoltà dell'intelligenza generalmente aminesse appariscono forme diverse. Oj)-
pone egli adunque alla pluralità delle facoltà o cause de' fenomeni intellettuali l'unità
della loro associazione, nui non ci sembra, che del suo processo avvantaggi gran fatto la
scienza psicologica, essendo che le diver.se facoltà intellettuali, che egli ripudia, hanno
anch'esse la loro comune radice nell'intelligenza, di cui sono manifestazioni svariate.
Oltrecchè egli erroneamente avvisa, che la scienza debba arrestarsi .siccome a suo punto
finale al concetto dell'associazione riguardata quale causa suprema de' fenomeni intellettivi:
(|uesta causa o legge importa lo sjìirito umano, in cui ha la sua ragion d'essere, ed una
psicologia, che non risalga fino alla sostanzialità dello spirito, in cui s'incentra insieme
colla intelligenza anche il sentimento e la volontà, è scienza dimezzata ed imperfetta.
14 ESPOSIZIONE l'KITKA PKU.K liOTTKlNK PSlCOLOfilCHE IH A. BAIN
Postosi ad iiidagaiT la natura del conoscimenti > e (lpiriutellif?Pii/a. cfili annovcia tic
distinte operazioni, elio suno. 1° il (liNct'iiiiiiicntn. ossia la coscienza od appercezione della
differenza: 2° raccoidn. ossia la coscienza od appci'cezione della lassomiglianza : '■>" la
ritentiva, ossia la meiiioiia e facoltà deirac(|UÌsto. .. Queste tre funzioni (ejjli scrive), sei)-
bcue in ijualche modo si confonila.no e spesso in modo inseparabile negli atti del nostro
spirito, soli tuttavia pro])rietà intieramente (li--tiiite. e servono ciivscuna di fondamento ad
una diiìerenttì struttura (op. cit.. pa^. ini) ... Ksse sono l'intelligenza, tutta l'intelligenza,
niente più die 1 intelligenza : un numero maggiore di facoltà intellettive tornerebbe inutile,
un nuiiK'i-o minore riuscirebbe insuttieiente a i-endere ragione de' fatti intellettuali. Queste
funzioni, che egli chiama altresì attributi. |)roiuietà. elementi, foi-ze e facoltà dell'intel-
ligenza, mezzi pei- giungere alle conoscenze. l'accliiudono in sua sentenza le altre facoltà
tutte generalmente! ammesse dai psicologi. La memoria a ragion d'esempio jiosa tutta
quanta sulla facoltà della ritentiva, sebbene sussidiata sovente dalla ras.somigianza. Il ra-
gionamento e l'astrazione implicano |)rin('ipalmente la facoltà dell'accordo, avendo per
utticio di identificare cosi» rassomiglianti. 11 giudizio consta per una pait(> di discernimento
o distinzione, per l'altra di accordo. es.sendo tutto liposto nel pronunciare che due co.se
differiscono o rassomigliano. L'imaginazione è un )i(nt;ito di tutti e ti-e gli clementi del-
l'intelligenza, ai i|uali viene aggiunto il sentimento.
Prima di studiare in particolare ciascuna di ([ueste tic facoltà intellettive, giova con-
leun)larle nel loro complessivo insieme. L'onoscei'O un oggetto, a ragion d'esempio un albero,
vale discerneilo da tutti gli altri oggetti, che ne diiteriscono. ed identificarlo con gli altri
tutti, che gli rassomigliano: epperò le due facoltà del discernimento e dell'accordo prese
insieme sono le f(H-me primitive dell' intelligenza (> costituiscono la natura medesima della
conoscenza. Ogni atto com)iiuto ili conoscimento inchiude l'uso di ipieste due funzioni e
non presuppone l'u.so di veriin altra tranne la litentiva. che è implicata in entrambe.
Allora soltanto altri può diic di conoscere t'iionio davvero, quando conosca tutti i punti
di contrasto, che ibi tutti gii altri tsseii lo ditt'erenziano. e tutti i punti di identità, che ha
comuni con tutti gli altri uomini. Se non die la facoltà della ritentiva è necessaria all'eser-
cizio del discernimento e dell accordo, essendoché non ci vien dato di discernere 1' una
dall'altra due impressioni successive, se la |)rima non fosse ritenuta ne preesistesse nello
spirito per essere opposta alla seconda . ne accolliate e coiigiungere una sensazione
presente con un" altra passata, se (piesta non abbia lasciato traccia di se nel peasiero.
Veramente non s'intende bene l'ordine geiairhico. che esiste tra le tre facoltà ed opera-
zioni fondamentali dell'intelligenza nella teorica dell'autore: poiché, enumeiaudolc ad una
ad UTia. egli colloca la i-itentiva dopo le altre due. ed a ragione, mal potendosi ritenere le
cose, che ]iiiina non siano state conoseiiile. cioè distinte ed unite: ma tosto avverte, che
lidi interesse dell'esposizione la ritentiva vu(d essere studiata prima delle altre due. jierchè
non si possono discernere ne identificare le sensazioni, ossia conoscerle, se non siano state
ritenute, 'l'ant'è. che il discernimento e l'accordo vengono da lui considerate come due
forme della facoltà ritentiva. Questa specie di circolo, in cui s'avvolge l'autore, pare a me,
che provenga dallo aveiH' scainliiato la ritentiva animale, che conserva le sensazioni pro-
vate, colla l'itentiva intellettuale, che conserva le cognizioni od idee, se pure non si voglia
riconoscere qui la sua dottrina sensistica, che fa lUdl'idea una sensazione i)as.sata lipro-
dotta iiientalmeiite. ossia una sensazione ideale opposta alla sensazione l'cale luudotta dalla
presenza dell'oggetto
PER GIT-SEPPE ALLIEVO 15
Queste tre proprietà dell'intelligenza sono governate dalla legge di associazione, che
assume tre forme diverse corrispondenti. L'autore dichiara di seguire i tre principii di
associazione ammessi da Aristotele, che sono il cuntrasto, la similarità e la contiguità. La
facoltà del (lisceniiiiirntu (i delhi distiii/inni' si mustra sotto la forma del jii'incipio associaute
del contrasto, la facoltà deH'Mccordo sotto (|U''lla del ])rin(i])io aNsociante di'lln similarità,
la facoltà della i-itentiva sotto i|U('lla di'! |irinci|iio di continuità (1).
Qui mette bene avveitiic. come lautore. il ijuale abbandonò siccome insussistente
il processo metodico della suddivisione dell'intelligenza in facoltà distinte per introdurre il
metodo dell'associazione, siasi mah' apposto. L associazione nelle sue varie forme governa,
propriamente parlando, le sensazioni o stati psicologici, su cui l'iiitclligfnza si esercita, an-
ziché l'intelligenza stessa nelle sue pioprii'tà fondamentali : essa cioè è principio proprio
dell'oggetto cono.scibile. non del soggetto conoscente, e pei- conseguente mal può essere
riguardata siccome la cagion suprema, etticiente . uniticatrice di tutte le operazioni o fa-
coltà intellettuali.
Della facoltà del discernimento in particolare.
La facoltà del discernimento i- ])roprietà dell'intelligenza, che conosce, che due sen-
sazioni successive differiscono tra di loid o per iiatuia o per intensità. Da'es.sa piglia suo
inizio la vita intellettuale. Sentire non è conoscere, ma geiinina il conoscere. Uno stato
psicologico è sensazione, se caiatterizzato da piacere o dolore, è conoscenza, se distinto
mentalmente dagli altri stati od impressioni, da cui dift'erisce. Perù non tutte le guise di
sensazioni posseggono la niedesima attitudine ad essere intellettualizzate. Nella sensibilità
della vita oi'ganica il sentimento (biniina (piasi esclusivo e pressocliè nulla partecipa del-
l'intelligenza. Nel gusto e nell'odorato il senso tìsico e la facoltà intellettuale si mostrano
(piasi in ]iroporzi()ne. Nel tatto e più ancor;i nell'udito e nella vista, sensi noliiiissimi anzi
ogni altro, appariscono le sensazioni intelicttnaii propriamente dette, sicché i sentimenti
nostri meritano il nome di intellettuali nelbi misura, in cui ci ('• dato notarvi delle differenze.
Le cose ci vengono conosciute dalle sensazioni caratteristiche, che ne abbiamo. Noi non
conosceremmo vermi essere umano, se tutti gli uomini iiroducessero sopra di noi identiche
impressioni.
(lì Non reputo fuor di prnposilo il ricordalo, che rpipste tre medesime leggi di associazione diret-
tive delle rappresonlazioni itiloUettu.ili e dei pensieri si trovano esposte pressoclin negli stessi termini
B chiarito r|iKisi cogli .«tessi esempi in un'operetta filosofica pubblicala fin dal t82'J a (ìinevra . col
titolo: Kfsni sio- In rnison, par Honri-Kerd. De LaRscuk, e che credo non sia caduta sott'occhio art
A. Bajn. « l,e leggi dell'associazione delle iap|iresenlazioni ivi si leggo a pag. 22) si riducono alle
" tre seguenti : 1" La lei/gc della rnssomiglianza : tutte lo rappresentazioni elio .?i rassomigliano (cine
« che hanno un carattere comune) si associano insieme;
« l'" Ln hgge dd controsto o de' rontrnrii : rappresentazioni contrarie si associano insieme. Due
" oggetti in contrasto si suscitano reciprocamente , pn- guisa che tutti e due divenlano spiccali ; ad
« esempio il turpe ed il bollo, il diritto ed il curvo, il liianco ed il nei'O , ecc.
« lì" Ln legge dello coesistenza degli oggetti nello spa:io e della loro successione nel tempo : lo
" r.ip|)re.sentazioni di oggetti coosistenli nello spazio a succedenlisi nel tempo si associano insieme:
" parimente ancora esse si associano colle rappresentazioni del luogo e dell'istante stesso, in cui essi
• oggetti si mostrarono »
16 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE Di A. BAIX
Ma in che modo hi rita intellettuale si schiude dal sentire mercè il discernimento, o
rapperc«zione della differenza? Se gli oggetti circostanti facessero sopra di noi una im-
pressione sola ed uniforme, o le sensazioni ci venissero in folla dal mondo esterno ma tutte
egualmente intense, indiscernibili e quasi confuse insieme, come accad(> al fanciullo nella
pi'imissima infanzia, noi vivremmo la vita puramente tisiologica. sentirenmio. ma il nostro
sentire non sarebbe punto un conoscere. Ma ([uando ad una nostra sensazione succede più
o meno rapida un'altra, la ((ualc differisca dalla prima o ])cr natura o per intensità,
allora il contrasto fra le due sensazioni sveglia in noi la coscienza, si pas.«a dalla vita
tisiologica alla vita ])sicliica o mentale pi'opriameiite detta, la conoscenza è sorta, l'n
cangiamento d'impressione è coiulizione necessaria di ogni coscienza, ecco il principio di
relatività ai)plicato all'intelligenza: ogni cosa è conosciuta mercè la sua opposta, ecco l'as-
sociazione di contrasto, che corrisponde alla prima facoltà intellettiva, il discernimento.
E egli vero, che uno stato psicologico invariabile od uniforme escluda la coscienza e non
possa essere oggetto di conoscimento? Lo sostiene l'autore, nui è un pronunciato, che può
essere controverso. Lasciando da parte siffatta questione, passiamo a chiarire il princiiùo
di relatività, e l'associazione di contrasto.
La coscienza sorge pel cangiamento d'impressione o di stato psicologico , e conse-
guentemente ogni nostra conoscenza s'inizia da una differenza. A noi non e dato cono-
scere il calore se non mercè il passaggio dal freddo al caldo. Nessuna cosa conosciamo in
se stessa, ma la diffeienza soltanto tra essa ed altra cosa. L'a.ssoluto . ossia l'in sé
degli esseri sfugge alla nostra apprensiva. La notizia del caldo riesce ad un contrasto tra
di essa e la notizia del freddo che l'ha preceduta. Ogni cosa concepita implica un'altra, che
le stia opposta. La luce implica le tenebre, il bene implica il male. In ultima analisi la
conoscenza, come la coscienza, è un passaggio da uno stato ad un altro, ed i due stati
sono contenuti nell'atto che conosce l'uno e l'altro. 8e adunque senza cangiamento non
si dà conoscenza, è cliiaio che il principio o la legge di relatività applicata al pensiero si
converte nella facoltà intellettuale denominata discernimento, ciò è dire nell'appercezione
della differenza, la quale apparisce cosi il primo degli elementi, anzi l'e.sordio dell'intel-
ligenza.
Questa dottrina del Bain. che fonda la conoscenza sul prhicipio di relatività, mi pare
disforme dal vero, quando s'intenda di ammettere un relativismo universale nell'ordine
del sapere. Dire, che nessuna cosa conosciamo in sé stessa, ma soltanto la relazione di diffe-
renza tra l'unae l'altra cosa, è una proposizione, che si lisolvt! nel niente, poiché se io ignoro
la natura costitutiva di due termini, mi torna impo.ssibile sentenziare in che l'uno differisca
dall'altro, ed ammettere una relazione fra ameiulue torna ad un medesimo, che ammettere
una relazione fra due zero, vai quanto dire una relazione affatto nulla e campata in aria.
Poniamo che non si conosca ])er niente quel che sia in sé lo spirito, e quello, che la ma-
teria, ogni relazione, che io stabilisca tra l'uno e l'altra, tìnirà nell'ignoto anch'essa. Altra
difficoltà insorge contro la teorica dell'autore. Hgli fa iniziare la conoscenza dal cangia-
mento, ossia dalla dift'erenza. che la mente riconosce, tra lo stato precedente di coscienza
ed il nuovo stato, che gli succed(\ Ora luna (K'ile ihie: od io conosceva la sensazione
preesistente a quella, che succede, o no. Nel primo caso, non é dunque vero che la cono-
scenza esordisca dal discernimento ossia dall'appercezione della differenza: nel secondo
taso , mi riesce impo.ssibile rilevare ed affermare , che la susseguente differisce dalla
PER GIUSEPPE ALLIEVO 17
precedente. Io passo a ragion d'esempio dall'impressione del color bianco a quella del nero :
come potrò dire, che il nero differisce dal bianco, se già non conosco il color bianco ?
Che fie già lo conosco, non è più necessario il passaggio dall'uno all'altro. Malgrado queste
critiche osservazioni, evvi un senso di verità nel principio di relatività, di cui discoriiamo.
ed esso è che i pensieri e le conoscenze sono fra di loro collegate da logiche relazioni. Iso-
liamo una determinata idea da tutte le altre in modo assoluto, ed essa cesserà di essere
oggetto dell' intelligenza. Supponiamo distrutte nella nostra mente lo conoscenze geome-
triche tutte quante, tranne la sola idea del circolo, e questa sparirà ben tosto anch'essa nel
vuoto insieme con tutte le altre.
Spiegando il principio associante del contrasto, l'autore così si esprime : « Nulla di
pili naturale, quando consideriamo una proprietà, che la disposizione a ritornare all'altra
proprietà, che contrasta colla prima, l'opposto di essa, la cosa, che si nega, quando si afferma
la prima I! fjravdi' non è tale, se non perchè evvi cosa, che è non grande, ossia
piccola : anche quando ci pare di non considerare se non la sola proprietà della gi'andezza,
abbiamo iv/plicifa nello sjìirito la proprietà della piccolezza, ossia l'alternativa. Quando
passiamo da un termine di contrasto all'altro, entrambi devono es.sere presenti, benché
soltanto l'uno di essi sia pel momento un oggetto di considerazione esplicita... . Pensando
al giusto, dobbiamo avere nello sjiirito. ma sotto una forma meno evidente, la nozione di
cosa contraria al giusto : e quando ci proponiamo di formarcene un' idea più chiara , ci
mettiamo per poco a considerare esplicitamente le cose non giuste , per ritornare poi al
concetto del giusto (op. cit.. pag. 522) ». Queste parole ci i-isvegliano in niente la teorica
hegeliana, che fonda il jnocesso del pensiero nella contraddizione : nni mentre il filosofo di
Sttttgarda identifica i contraddittorii in un terzo termine dialettico superiore, il Bain e con
esso il senso comune dell'umanità tutta quanta li differenzia radicalmente. Gli è vero, che
i contraddittori! sono inseparabili nel pensiero, in quanto l'uno non può es.sere pensato senza
l'altro, ma è vero altresì, che se l'uno di esso è affermato dal pensiero, l'altro è negato.
Quanto poi al Bain in particolare, giova avvertire che il principio di relatività non sempre,
ne tutto si fonda sul conti-asto . potendo il pensiero procedere da uno ad altro termine
differenti bensì, ma non opposti, come sarebbero virtù e bellezza. Egli avverte, che di due
termini opposti l'uno è pensato in modo esplicito . l'altro in forma implicita, e che la
cognizione dell'uno si chiarisce e si consolida dalla cognizione dell'altro. L'avvertenza è
giusta allora soltanto però, che si tratti di due termini opposti contrarii, ma non contrad-
dittorii; poiché gli opposti contraili sono entrambi positivi (ad esempio sjiinto e water ia),
epperò si chiariscono mutuamente; in (|uella vece gli opposti contraddittorii essrrr e uoii-
essere, scurito e non-spirito) sono l'uno positivo, l'altro una mera negazione del primo,
né il secondo potrà mai chiarire il primo, come le tenebre non possono aggiungere chiarore
alla luce.
Osserva l'autore, die la necessità inerente ad ogni idea di compiersi merce il suo con-
trario genera l'amore delhi contraddizione nel fervore delle discussioni; che l'artista ravvisa
nel contrasto un validisisimo mezzo per dare vita e moto al suo capolavoro: che l'in.se-
gnante e lo scienziato si giovano dell'antitesi e della contrapposizione (1) per compiere un
pronunciato secondo la legge fondamentale della conoscenza ; che anche gli altri due
(l) Questa considerazione del Hain ci ricorda la massima : Upposila juxta se posila ntagis elucescunt.
Sekie II. Tom. XXXIV. 3
18 ESPOSIZIONE TRITICA PEU.E DOTTRINE PSICOI-OOICHE PI A. BAIN
principii di associazione tlpirintelligenza. la similaiità e la pontiguità concorrono ad agevo-
larci il passagpo dall'imo aHaltni termine del rontiasto. Infatti per quel che riguarda la
similarità, è aiitim iiroiiiinciato. ciu- i ciiiitrarii lianiio alcuni punti ili cdinnnanza. Dove
niente evvi di comune, là non j)uò esservi ii]»i)osizionc. Noi o)iponiam(i una stiada lunga ad
unatirevc. non già ad un suono fragoi-oso : poniamo incontrasti) il bianco ed il nero, perchè
entrambi sono moditicazioni della luce, e convengono nel medesimo genere, il colore. Edio
avverto qui in proposito, clic iiiale si appongoni) alciiiii iiitici. i (|uali attribuiscono alla
metafisica di Cartesio un dualismo assoluto . come se egli niegjis.se qualunque punto di
comunanza tia lo sjiirito e la mateiia. mentre egli non diiiiega. che siano amendue oggetto
del pensiero, che amendue siano sostanze, che amendue al)biano per cagione ettìciente e
suprema Iddio. l>a questi eseni]ii ci |>are. come, secondo il Haiu . la legge di similarità si
congiunga coli 'associazione del contrustn. r clic la facoltà stessa della rassomiglianza abbia
virtù di liberare lo spiiito ibi no/ioni contiaddittorie. ponendo a faccia a faccia le opinioni
che cozzano fra di loro. Kd anche l'altio principio associante della contiguità interviene nel
processo del contrasto: giacche il |)ensiero. ()er mia certa qual abitudine contratta, raccoglie
in coppie distinte i varii opjiosti. bene e mah', virtù e vizio, grave e leggiero, e via discor-
rendo, e quindi passa senza qua-si avvedersene e cmne se fossero immediatamente contigui
dall'uno all'altro dei due termini di ciascuna serie. Qui io direi, che gli estremi si toccano.
Della facoltà dell'accordo
In mezzo alla differenza delle impressioni lo spirito umano apprende la rassomiglianza
mercè la facoltà dell'accordo, la quale ha per proprio di accomunare ed identificare una
sensazione presente con altra pa.ssata . separata dalla prima per un intervallo. Quindi
mentre le sensazioni, di cui la facoltà discriminativa apperc^pisce la differenza, si succedono
l'una all'altra, quelle, di cui la facoltà unificatricp ricono.sce la rassomiglianza, non sono
successive, ma separate da parecchie altre sensazioni intennedie. Veggo un fiore, e m' ac-
corgo, che l'imprcssionp. phe ne provo, è identica con un gran numero di impressioni ante-
riori prodotte in me da molti altri oggetti consimili, e tutte le i-accolgo in una cla.sse comune
designata col nome di fiore, ('onoscere nn oggetto torna allo stesso, che classificarlo, ossia
riferirlo al genere di cose, a cui appartiene, dopo di averlo distinto da tutti gli altri, da cui
differenzia.si. Cosi la facoltà o senso dell'accordo intimamente si compenetra con la facoltà
o senso del discernimento in tutte le operazioni del })eiisiero. e dalla loro sintpsi emerge la
natura della conoscenza. Però mentre la facoltà del discei-nimento è governata dal principio
af;sociante del contrasto, quella dell'accordo è retta dalla legge o ynincipio a.s.sociante di
similarità cosi forniolato: le azioni, le sensazioni, i pensieri e le emozioni pi'esenti tendono
a ravvivare quelle, che loro rassomigliano fra le impiessioni o stati psicxdogici anteriori.
Io convengo col Baili nel riconoscere, che il discernere e l'accordare, ossia, come
suol dirsi comunemente, distinguere ed nnii-e sono le due supreme funzioni di nostra intel-
ligenza : avverto inoltre, che le opinioni e le dottrine enonee risiedono tutte t|iiaiite o nel-
l"a,ssociare cose eterogenee o nel dissociare cose omogenee, ed iiggiungo. che il panteismo
sacrifica le differenze alle rassoniigliaiizi'. spingendo l'unione fino ad universale identità o
confusione degli cs.seri. mentre il dualismo ruina nell'estremo oppostospingendo la distinzione
PER GIUSEPPE ALLIEVO IP
tino alla, se])ara/,i()iic assnlutii. Ma in mi discosto dalla tooiica dell'autore intorno la facoltà
dell'accordo. In sua sentenza, a conoscere un'impressione od uno stato psicologico occorre
riferirlo al gruppo degli stati psicologici anteriori, che gli rassomigliano, e con essi identi-
ficarlo. Ma e gli stati psicologici, che lo precedettero, in che modo mai vennero conosciuti?
Per mezzo di altri stati anteriori, se gli è vero, come sostiene l'autore, che conoscere è un
classificare, ossia ricondurre l'impressione jjresente a quella, od a (pielle impressioni ante-
riori, che le rassomigliano. Di qui io cosi argomento; 0 voi risalite da impressioni anteriori
ad altre sempre anteriori, ed allora vi sman-ite in un processo all'infinito senza mai ritro-
vare le prime origini della conoscenza: o vi fermate ad un'impressione anteriore assoluta-
mente prima, ed allora questa fu conosciuta senza riferirla ad altra consimile, e non regge
più la sentenza: conoscere è classitìcaie. Contro della quale vale altresì questa ragione,
che non tutte le co.se conoscibili o conosciute sono classitìcaltili. Iddio, perchè infinito, non
appartiene a veiiina classe di esseii. eppure è coimscinto. come per l'opposto l'essere inde-
terminatissimo . spoglio di ogni attributo vuoi gciieiico. vuoi specifico, non ammette nò
sopra di sé, né oltre di sé una classe di cose, a cui pos.sa riferii'si. eppure ne abbiamo cono-
scenza : egualmente ciascun individuo, come tale, non fa classe, é lui. e nienfaltro che lui ;
di ciascuno di noi non ve n'é che un solo in tutta F immensità degli esseri: eppure V iu
conosce .sé stesso.
Ril)igliando ora l'esposizione della teorica del Bain intorno la facoltà dell accordo ed
air associazione ili similarità, egli avverte, che l'identità tra la sensazione presente o reale
e la sensazione passata o ideale può essere jierfetta . ed allora emerge da sé istantanea e
sicura, od imperfetta e parziale (come quando nell'attuale impressione di un oggetto la
forma primitiva giace oscurata o velata da elementi estranei), ed in questo caso riesce
alquanto perplessa e di difficile scoprimento, (ili ostacoli, che si frappongono al risveglio
delle impressioni passate fondate sulla similaiità. possono piovcnire o dalla debolezza delle
sensazioni, o dalla loro diversità: e l'autore discorre queste due guise di ostacoli, riscon-
trandoli passo passo nei movimenti molteplici dell'attività spontanea, poi nelle diverse sen-
sazioni della vita organica e nei singoli sensi tìsici esterni, non senza avvertire, che la facoltà
di riunire le cose simili malgrado le loro accessorie dissomiglianze presenta una divei-sa
impronta e spiega diversa energia secondo il carattei'e luiturale dell'individuo.
La facoltà dell' accendo, .sicccmie quella, che .scopre le rassomiglianze e le analogie-
delie cose in mezzo alle loro differenze, viene dall'autore riguardata (|uale facoltà inventiva,
e r associazione di similaiità siccome fonte delle scoperte i(h'ali. All'esercizio di questa
facoltà identificatricc é dovuta primamente la classificazione volgare e superficiale degli
oggetti naturali, poi la classificazione più razionale e nuova di cose già classificate. L'uomo
di senso comune aggrega insieme le impressioni de' diversi sensi, la sensibilità organica col
gusto. coU'odorato. col tatto, colla vista e coH'ndito. cogliendo l'identico nel vano, e com-
pone altresì insieme in classi gli oggetti artificiali, giusta l'uso, cui servono, e la loro pra-
tica utilità, come utensili, strumenti, macchine. Lo scienziato poi riconosce l'identità degli
oggetti naturali non solo per rispetto alle loro imiìiessioni sensibili . ma altresì le loro
proprietà recondite vedute dalla mente, e ])i(igii'disc(' dalle classificazioni arbitrarie ed
estrinseche alle razionali ed intrinseche, dalle invenzioni della meccanica alle scoperte della
chimica. Così dalla divisione aristotelica degli animali in acquatici, terrestri ed aerei ai fece
passo a quella di Cuvier : dall' antica divisione del regno vegetale iu albeii ed arbusti a
20 ESPOSIZIONE CBITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
quella di Linneo. C'osi il Davy scoperse nella soda e nella potassa una sostanza metallica,
appoggiato a rassomiglianze meramente intellettuali, ed il Goethe intravide un'analogia tra
il fiore e la pianta tutta, e 1' Okon riconobbe nella foglia la pianta non solo . ma raffron-
tando fra di loro le diverse parti di ciascun individuo nel regno animale fu condotto alla
scoperta delle omoìogie . ossia identità di stiuttura di tutti gli animali vertebrati . di cui
ne porge esempio la conispondenza tra le braccia dell'uomo e le gambe anteriori dei qua-
drupedi, tra le ale degli uccelli e le pinne natatorie dei pesci.
Fin qui si è contonijìlata la facoltà assimilatrice. che raggi'uppa in classi sempre più
razionali una pluralità di oggetti insieme collegati dal vincolo di coesistenza . che perciò
producono impressioni simultanee sui nostri sensi molteplici. Ma la potenza intellettiva, di
cui discorriamo, si dispiega ben anco raccogliendo l'identico ed il comune fra la varietà
delle sensazioni, che in noi si succedono alla presenza degli oggetti esterni. Di queste suc-
cessioni altre sono ])eriodiche o ciclicle . come quelle delle stagioni, delle maree, dei rivol-
gimenti (cle.sti. altre evolutive, come le diverse fasi, che percoire un vivente nel suo pro-
gressivo sviluppo oi'ganico. ])ui' rimanendo sostanzialmente identico a se stesso. La storia
medesima dell" umanità r un immenso insieme di successioni infinitamente varie ne' loro
aspetti. Saper rintracciare le vere rassomiglianze in mezzo ai mutamenti profondi . che si
succedono nei periodi storici dell'umanità è 1' iitticio più grave e più aiduo della filosofia
della storia; ed i paralleli storici di'"i)('rio(li critici e delle grandi catastrofi sociali porgono
alla facoltà dell'identificazione un campo stupendo e sempre nuovo in cui dispiegaci. Sotto
questo riguardo contemplarono la storia umana Aristotele. Vico. Montesquieu, fermi nel
concetto, che le istituzioni politiclie e sociali delle nazioni e delle stirpi, sotto la loro
varietà apparentemente infinita . nascondono un sostrato identico e comune.
Evvi poi un genere di successioni . dove il conseguente dipende dal suo antecedente,
e ne è un jiortato : h la relazione scientifica di causa e di effetto. 11 vincolo di continuità
esiste pur anco tra due fenomeni, che ai no.stri sensi appariscono assai discrepanti (come a
mo' d'esempio la combustione e la ruggine) : ma se esso non viene appreso dalla percezione
comune ed ordinaria ben si rivela agli spiiiti ])enetiativi. che giungono a scoprire la ras-
somiglianza de" due fenomeni introducendo tra l'uno e l'altro un fenomeno intermediixrio.
che li l'icongiunga sotto una medesima causa comune. Alla scienza induttiva, tutta intenta
a rintracciare le cagioni de' varii fenomeni . abbisogna una intelligenza dotata di una
potente facoltà identitìcatiice a fine di risolvere i suoi problemi.
La facoltà dell' accordo spiega più ampia e j)iù profonda la sua virtù inventiva nel
campo della scienza, e l'autore contempla gli effetti della similarità nelle divei-se operazioni
scientifiche, l'astrazione, rinduzionc la deduzione, l'analogia. Queste funzioni intellettuali
convengono nell'aver comune la natura di ragionamento, ma div(>rsano quanto alla forma
propria di ciascuna.
Astrarre, in sentenza dell'autore, è identificare più soggetti differenti mercè qualciie
tratto comune, il quale viene riguardato siccome un soggetto distinto di pensiero. A ragion
d'esempio, i fiumi molteiilici . che caddero sotto la nostra osservazione . in mezzo ad una
considerevole diversità di circostanze, presentano al pensiero una forma comune, e tutti si
riuniscono nello spirito non già come una miscela di cose insieme aggregate, bensì come
una chis.sc stretta da un legame comune. Quindi l'asti'azione. quale la intende il Bain. ap-
parisce priuuimento una classificazione formata di caratteri raccolti insieme, secondameut*
PER GIUSEPPE ALLIEVO 21
m\?i ficnerdìizzazlonc o nozione generale, concetto od idea astratta (come nel citato
esempio il fiume in genere od astrattamente considerato) : in terzo luogo V applicazione
(li tin nome genrraìe alla classe; da ultimo una (Iffniizione, con cui si esprimono mercè il
linguaggio i tratti somiglianti e le proprietà comuni della classe. L' autore scorge nella
definizione la più elevata forma dell' idea astratta . che ci .serve di tipo, a cui raffrontare,
gli oggetti, che rientrano in una classe: ma non mi pare, che l'astrazione possa da sé sola
costituire una definizione, essendoché questa non abbraccia soltanto il comune, ma altresì
il proprio, ossia il genere prossimo e la differenza specifica . e talvolta esclude il concetto
comune, generale ed astratto e tutto si fonda sul ))ro))rio o sul concreto , come sarebbe la
definizione di Dio. Discorrendo della nozione generale od astratta, e quindi del nome gene-
rale ad essa a])plicato l'autore si trova di fronte alla gran questione, che agitò in sensi di-
versi tutta quanta la Scolastica, voglio dire la controveisia tra il realismo, il concettualismo
ed il nominalismo intorno la natura delle idee generali od astratte. Ei riconosce quanto sia
malagevole compito quello di detemiinare la schietta e genuina indole dell'elemento men-
tale chiamato idea astratta, nozione o concetto, ed avverte, che la dottrina oggidì preva-
lente si avvicina ])iù o meno al nominalismo; ma a me è sempre parsa sentenza tra le
strane stranissima quella di voler convertire concetti mentali in vocaboli puri senza verun
significato, quasiché un vocabolo fiualun(|uc possa venire formato od adoperato senzachè
esprima qualche idea od operazione della mente. Si potrà muover questione se le idee uni-
versali godano di una l'ffettiva sussistenza in natura, come sostengono i realisti, o non piut-
tosto siano concetti iiieraiiicnti' soggettivi di nostra mente, cui nulla risponde in realtà, ma
ridurli a vani vocaboli (h'stituiti di ogni significato ideale è un rinnegare la natura mede-
sima e la ragion d'essere deirmiiano linguaggio.
11 ragionamento astratto, nota l'autore, abbisogna mai sempre di una moltitudine di
casi particolaii. su cui esercitarsi. A ragionare sulla giustizia riguardata nella sua astratta
generalità occorre ranunentare un numero conveniente di azioni giuste avendo l'occhio ai
caratteri connotati dal vocabolo giustizia, escludendone gli altri, che non vi sono compresi.
Qualche volta si riesce a considerare in modo esclusivo un solo caso particolare concreto:
ma è questo il piti sublime conato di astrazione, onde sia ca])ace lo spirito umano.
Dall'astrazione l'autore fa passo all'induzione, la iiuale. sebbene sia anch'essa un'opera-
zione generalizzatrice, che perciò si fonda sulla facoltà assimilativa, tuttavia riesce pifi ardua
e più laboriosa, ma segna per ciò stesso un progresso nell'ordine delle scoperte ideali, essen-
doché le generalizzazioni induttive appariscono più complesse delle astrattive. Infatti nel-
r astrazione si generalizza una proprietà unica isolata dalle altre e comune ad un' intiera
classe di cose, o se puie le ])roprietà sono |)iù di una. si fondono iiisicnu! in una sola unità,
come si può scorgere nella definizione dell'uomo, in cui la mentalità e la corporeità fanno
un tutto unico, che é l'uomo in astratto. Per contro l'operazione induttiva ne porge lo
scontro di due proprietà distinte, insieme congiunte, m;i non fuse. Collocando ad esempio
tutti i fiumi in una classe e definitmdoli mercé la proprietà comune a tutti, io u.so dell'a-
strazione, mentre aggiungendo alla loro qualità comune ed astratta ([uest'altra. che i fiumi
scavano il loro letto e depongono alluvioni in forma di delta al loro sbocco , compio una
induzione, in cui unisco due pioprietà differenti , cioè lo scorrere dell'acqua fiumana per
lungo tratto di terra colla circostanza del deposito di alluvione in un sito particolare. Di
qui il divario, secondo il Bain. tra l'astrarre e l'indurre: l'idea astratta di fiume espressa
22 EÌ5P0SIZT0XE CRITICA l>KtLE HOTTRINE PRICOI.OOICHE TI A. BAIN
(la un nome generale, è una nozione, ma nnu un giudizio, è una definizione, non però una
affermazione, una proposizione, è un concetto, non i)prò una credenza, una legge di natura,
ossia una costante coesistenza di due fatti distinti. 1" uno dei quali, (piando .sia presente,
basta senza jiiù ad assicmai'ci dcdla ])resenza dell'altro. Perchè si componga un'aft'erma-
zione generale . che poi espressa nel linguaggio diventa jiroposizione . non basta l'idea
astratta di una sola proiirictà. die costituisce a])i)iuit(i una detinizione: bensì occoiTono due
proprietà distinte, insieme congiunte nn^diante il verbo, (jui io veggo ritornare in campo
l'errore ])iù su notato dell'autore che confuse l'astrazione colla definizione, e qui separa
la definizione dalla induzione, lo mi sto air(^sempio medesimo da lui i-iferito. ('domando:
alla proprietà astratta e comune, in cui egli lipoiic la definizione del fiume. |)ercbè non
potrò io aggiungeiv in un solo ))ioiiunriat(i l'alti:! proprietà, in cui egli ripone la induzione,
quella cioè, che ha il fiume di scavare il jiroprio letto e foiinaic un delta al suo sbocco?
Ciò nulla meno al mio jiionunciato non disc(tiiv<'iiel)be la natui'a ed il titolo di definizione.
Ampliamento dell'induzione è la deduzione, l.i quale lia per suo cai'attere distintivo l'in-
ferenza, jìcrclii'' ne ])oige una cognizinne di cosa, che sorpassa la nostra attuale esperienza.
Essa propriamente dinun'a nello estendere a nuovi fenomeni le propi'ietà già afterniate e
riconosciute in altri fenomeni jìassati della medesima specie . ossia è la seopei'ta di una
perfetta identità tia casi nuovi ancoi'a ignoti e ca-^i antichi già conosciuti. C\ consta da
iinmmerevoli casi, che gli uomini attraversarono gli stadii successivi della nascita, dell'a-
dole.scenza. della virilità, della vecchiaia segu'ita da morte: ne inferiamo clic (piesta soi-te
toccherà a tutti gli uomini viventi di presente ed a tutti gli a venii-e. K chiaio. che sifl'atta
operazione di inferenza od estensioni^ di pioprietà. in cui lisiede la deduzione, ha sua radice
nella facidtà dell'accordo, che identifica in un jìnuto comune i casi nuovi e gli antichi . il
futuro col passato, il presente eoli" assente. Sitì'atfa identificazione deduttiva può seguire
questo duplice processo: I" Dato un cei to numero ili fatti particolari esemplati in una
legge di natura scoprire altri particfdari, applicandovi la legge per guisa da rivelarvi nuovi
caratteri: così Newton dalla legge induttiva, clic la combustibilità di una sostanza va con-
giunta con una eccessiva lifrazicme di luce, ne iiifeii . elle il diamante è sostanza com-
bustibile esso solo fi-a tutte le ])ietre ])reziose. 2" Dato un fenomeno ancora oscuro ed ignoto,
rischiararlo co] mezzo de' casi analoghi n identici scelti fra i fenomeni chiari e conosciuti:
cosi Franklin identificò il tuono od il folgoi'e dell'atmosfera C(dl 'elettricità quale si produce
colla macchina elettrica. In amendue i i>rocessi l'oiierazione intellettuale èia stes.sa : l'iu-
fercuza o d{!duzione i' un atto della facoltà, clic identifica ed accoi'da.
L'astrazione, l'induzione e la deduzione .sono le tre operazioni cardinali della facoltà,
che scopre e i-iti'ova la rassoniiglianz:! t'ra i casi ]);iitic()lari. Ogni gran passo della scienza.
che non sia un'()sservazi(me od una espeiienza. ap|)artiene di necessità all'uno od all'altro
di que' tre atti intellettuali. Incontia pelò più di una volta, che non essendoci concesso di
pervenii'e allo scoprinn'iito di um> veia identità o l'assomiglianza, dobbiamo star jjaghi ad
una semplice analogia per liaiiie nnu deduzione od inferenza. Tale sarebbe il caso di chi
paragonasse lo stato colia famiglia, e quindi trasferisse al sovrano i doveri ed i jioteri del
capo di casa. L'analogia fra questi due termini è grande : ma lagionei'ebbe assai torta-
mente chi la spingesse ad una vera identità, essendoché l'analogia è relazione di rassomi-
glianza nella diversità del soggetto. Meno stretta sarebbe l'analogia, che intercede fra i
diversi stadii evolutivi di una pianta e quelli di un animale: jiiù remota sarebbe ancora
PER GlfSEPPE ALLIEVO 28
quella tra lo sriluppo di un animale e lo sviluppo della mente umana, o lo sviluppo della
umanità presa nel suo insieme.
Le operazioni intellettuali tin iiiii discorse niostiano la virtù inventiva della facoltà
dell'accordo. l;i, (|uale nicicè l'astrazione identifica in una classe (ìiìi differenti soggetti sco-
prendo l'elemento coniniii'. incili convengono: mediante l'induzione congiunge insieme due
proprietà distinte e scopre una legge di natura : c{)lla deduzione estende a nuovi casi ancora
ignoti le proprietà già ricono.sciute in altri casi identici passati, scoprendo nuovi caratteri
mercè l'applicazione delle leggi induttive. Però (luesta teorica dell'autin-c soggiace adalcune
difficoltà oltic a (|uell(' già sollevate. L'astrazione non precede l'induzione, ma vi è impli-
cata, perche non Milo a t'ormare classi di più soggetti ditt'ei-enti occoi'i-c l'astrazione, che
scopra il loro elemento couiune isolandolo dalle (|ualità pi-opiie e peculiaii . ma ben anco
a scoprire merc'è l'induzione una legge di natura necessita l'uso della facoltà asti-attiva, la
quale raccolga e fermi il tiatto comuni' a più fenomeni pai'ticolari. lasciando da parte le
circostanze («l'atteiisticlie <• |iiopiic di ciascuno. Oltreccliè la deduzione non è tutta, come
sentenzia il Baio. iicirainpIiHre una legge di natiiia estendendola a nuovi particolari non
caduti sotto la nostra espeiienza . ma si esercita iien anco nello esplicare da un pnncipio
genei'ale conseguenze in esso implicate.
L'efficacia della similarità si manifesta non soltanto ir'H' ordine della scienza , ma
altres'i nel giro della vita pratica, ossia nell'invenzione e nel culto delle belle arti, e nel
governo degli att'ari pubblici e privati. Mercè la fai^oltà dell'accordo l'artista si procaccia
buona copia di impressioni esteticlie ricliiaiiiando aH'iiojio tutto, die somiglia in qualche
modo all'oggetto, che ha sott'occhio. L'intelligente ed esperto amministratore, che abbia
tramano il disbrigo dj una faccenda, ricorrecol pensiero ad al tra passata, che le corrisponda,
e da questa piglia- nonna ed indiii/.zo per lo scioglimento <li i|uclla : e se l'esperienza non gli
soccorra dirittamente ali uopo, rintiaccia i|ualclie analogia più o meno i-emota che possa
avere con altre guise di faccende: in entrambi i casi spic'gu una forza identificatrice non
ordinaria. Jia grande istituzione modei'iia della divisione did lavoro, che oggidì governa tutte
le branche dell'umana industria, è un'applicazioni' di altra istituzione antica con e.ssa iden-
tica, cioè la separazione delle primitive classi sociali in a.gricoltoii. artigiani, commercianti,
guerrieri, sacerdoti e via via. L'oiatore f(Hciisc scorgendo l'identità, che esiste tra la teoria
scolastica del sillogismo ed il processo di difesa delle cause criminali la applic'a alle sue
arringhe giudiziarie. L'a.rte della persuasione si regge tutta su certa (juale identità o co-
munanza di pensare e di sentire, che l'oratore cerca di stabilire tra se e gli uditori; ed
il riformatore sociale si giova di siffatta identità a fine ili indurre i contemiioranei ad attuare
i suoi disegni.
lutine l'associazione di similarilà favoreggia assai l'acquisto delle nostre cognizioni e
l'esercizio della memoiia. l'n natuialista. che legga la descrizione di un animale recente-
mente sco))erto. possiede ili già in sua niente gran parte de' caratteri di esso, quelli cioè,
che gli sono comuni cogli altri animali già da lui conosciuti: onde riesce a ritenere tutta
intiera ipiella descrizione, per poco che ponga mente ai caratteri onninaiiiente nuovi. Leg-
gendo un libro di argomento a noi laMiigliare se ne ritiene agevolmente tutto il contenuto,
quando con quel po' di nuovo, che vi si riscontra, sappiasi associare il molto già da noi
conosciuto, che vi giace disperso pei- entro, ijc scienze ci porgono di questo fatto abbon-
devoli esem))i. Il giovane studioso di matematica, che abbia ben bene inteso il valore di una
24 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
formula, od il carattere di una operazione, o la natura di un teorema, saprà nei casi nuori
e problemi più complicati, che gli si presentano, ricordare l'elemento, che rientra nelle
formole o teoremi già a])presi, e riconoscere l'aspetto veramente nuovo, che si tratta di
apprendere. Il cultore di filologia jìrogredisce più spedito nello studio di un idioma ricor-
dando ciò, che esso ha di comune con altri idiomi già studiati. Il latino prepara all'ita-
liano, al francese, allo spagnuolo: il tedesco all'inglese ed all'olandese. Tutte le scienze
avanzano e con esse lo studioso, raccogliendo, mercè la facoltà identificatrice, una plu-
ralità di fenomeni e di ca-si in poche definizioni e leggi.
Della facoltà ritentiva.
Mentre la facoltà dell'accordo or ora discorsa è di natura inventiva, siccome quella,
che scopre la rassomiglianza delle cose in mozzo alla loro differenza, la ritenti vita, di cui
ci rimane parlare, è facoltà che presiede all'acquisto delle nostre conoscenze, e va riguar-
data siccome fonte della nostra capacità educativa, tantoché da essa dipendono le sorti
del nostro progressivo perfezionamento e della felicità. La teorica della ritentiva, che noi
qui esponiamo dopo (luelle del discernimento e dell'accordo, viene dall'autore trattata prima
di queste due. e giova sentirne il jiorchè : « Prese insieme ([ueste due facoltà (il discerni-
mento e l'accordo) abbi'acciano tutte le forme primitive dellintelligenza. Ma nell "interesse
dell'esposizione dobbiamo dar il pìimo posto alla facoltà della ritentiva, perchè la facoltà
di appercepire la concordanza nelle sue più elevate applicazioni suppone la totalità della
conoscenza acquisita, la quale dipende dalla funzione ritentiva (I aensi /■ l'iuteUif)enza.
pag. 279 e seg.) «. Questa ragione, che sembra riguardare soltanto l'economia esteriore
della trattazione, in lealtà può mutare il significato interiore della teorica dell'autore. Egli
adunque ammette una conoscenza denominata acquisita, la quale genuina dalla ritentività.
e nel suo insieme ])repara il lavoro alla facoltà dell'accordo. Se così sta la cosa, uopo è
riconoscere, clu^ le funzioni del discei'nere e dell'accordare non sono desse le forme primi-
tive dell'intelligenza, e che la natura propria della conoscenza più non dimora nel distin-
guere e nell 'unire, ossia nel diffeienziaro e nell "accomunare. Come già mi venne superior-
mente avvertito, il Bain incorse ncll'ciiuivoco di scambiare la conoscenza detta sensitiva,
propria della ritentiva animale, colla vera conoscenza intellettuale propria del pensiero,
facendo cosi geiminare il conoscere dal sentire fisico. L'ecjuivoco ci appaiirà manifesto
disaminando la natura propria della ritentività secondo la teoiica dell'autore.
Ricevuta da una forza esteriore una sensazione, lo spirito umano ha virtù di conser-
varla sotto fonna di idea e conservata lavvivarla. riprodurla e richiamarla per sola energia
mentale. Questa facoltà di continuare nello spirito sensazioni e sentimenti passati e ripro-
durli idealmente mercè l'opeia di forze nK'ianieiitc intellettuali e malgrado l'assenza del-
l'agente esterno, dicesi ritentiva. Cosi intesa la facoltà ritentiva presenta due a.spetti o
stadii successivi, che sono primamente la ]>ei-sistenza o continuazione delle impres.sioni sen-
sitive, poi la so]ipressione dell'iigente esterioie surrogata dalla forza interiore intellettuale.
Una sensazione acustica non cessa col cessare dell'onda sonora, che aveva colpito l'orecchio,
ma persiste e dura più a lungo: ed estinta che sia. la ritentività, con una virtù superiore
alla precedente, la lavviva trasformata in idea, (.'osi alla realtà della sensazione determinata
f
PER (JIISEPPK ALLIEVO 25
dalla presenza delFoggettu esteriore succede la trastbrinazione ideale, e lo spirito jiassa
dalla vita concreta ed attuale ad una vita, che scorre quasi tutta raccolta in un mondo
di idee. La sensazione presente od attuale diversa essenzialmente dalla sensazione passata
odjdeale in ciò, die essa si connette col senso della realtà obbiettiva : questo è carattere
suo proprio e distintivo, che manca affatto all'idea. La sensazione cagionata dalla vista del
sole è ben altra cosa dall'idea o seasazione richiamata, come altro è l'originale vivo e con-
creto ed altro la copia, che lo raij])i-esenta. l'eiò malgrado questo essenziale divario evvi
tra la sensazione e ri<h:'a. e i|uiiidi tra l'azione ed il pensie-ro tale un vincolo di continuità,
che lo spirito passa dall'una all'altra ))ei- irradi indiscernibili, per cui mal si può segnare
il punto dove tinisce l;i prima e comincia la seconda. La facilità di convertire le idee in
azioni è da tutti simtita. La collera suscitata in noi da una persona i)resente si lisveglia al
solo ricordo di chi l'aveva provocata, tino a j)rodurre sull'oi-gHiiismo gli stessi effetti di
prima. L'idea tende a produrre il fatto jier ciò. che essa è di già il fatto medesimo sotto
la sua più debole i'(l imprrcettibile foiina. l'ensaie ^li è un ratteiiersi dal parlare o dal-
l'operare. Questa tendenza dell'idea a ti-adursi in atto contiene la i-agione spiegativa della
simpatia, della commisei'azione. del <iisiuteresse e di altii consimili fenomeni psicologici.
11 concetto, che abbiamo delle condizioni psicologiche o sociali degli altri esseri viventi ne
porta ad operare come opcieiciniiMi se le pene ed i piaceri altrui, da noi ideati, tocca-ssero
la stessa nostia pcrMiiia. 'Ili è veni, iln' la volontà è des.sa la iiostia principale facoltà
operativa : ma anche 1 idea, ligiiaidata in (|uesta sua ingenita disposizione a diventar realtà,
è pure un ]niiicipio determinante delia condotta umana, ed a volte suscita nello spirito un
impulso cosi potente di attività da combattere l'azione regtdare della volontà medesima ed
opporsi al nostro stesso ben essere.
Or come si spiccia il tatto, clic la sensazione persista nello spirito disgiunta dall'ob-
bietto esteriore, ond'ebbe origine, né solamente vi persista, ma spentii risusciti e si ravvivi
})e)- mera forza intellettuale i A i-eudeic lagione di questo fenomeno il Baili ricorre alla
moderna teoria fisiologica del cervello, il i|iiale ii(ui è. come per lo passato si reputava, una
sorta di ricettacolo delle iiii|ircssinni de' sensi, ove esse rimaiTebbero accumulate come in
un serbatoio separato (lairapparcc( hio. che le riceveva, pei- uscirne <li nuovo e manifestai'si
allo spirito giusta l'occasione. Il dominio, dove si e.sercita la forza nervosa, non comprende
il cervello soltanto, ma altresì i nervi e le estremità perifeiiche delle diverse parti del corpo,
e l'azione nervosa suppone delle coirenti. che |)ercorrono questo dominio procedendo dai
ganglii centrali agli organi dei sen^i e del moto. Ciò posto, siccome ogni nuova sensazione
ha La sua sede non nel solo cervello, ma altre-i ne' ceiitii nervosi e nelle estremità ])eri-
feriche del corpo umano, così la sua persistenza, venuta meno la causa, che la produsse,
ò una continuazione delle medesime correnti nervo.se primitive, sebbene meno intense. La
sensazione, che ])ersiste, sconijiarso l'oggetto esterioi-e. ha lo stesso modo di essere, che
aveva in jneseiiza dell'oggetto stesso, essendovi impegnati gli stessi organi, e circolandovi
le stesse correnti, l'i se così è delle sensazioni che persistono, il medesimo è a dirsi di esse,
allorché sono ravvivate idealmente per sola forza intellettuale. Un sentimento passato non
può rinnovarsi se non negli stessi organi, in cui aveva sua sede, quando venne suscitato la
prima volta. Nella sensazione risvegliata le correnti nervo.se ritornano esattamente nelle
stesse vie. che avevano percorso.
A dire il vero, nella facoltà ritentiva così intesa dal nostro autore io non so vedere
Serie 11. Tom. XXXIV. 4
2fi ESPOSIZIONE PKlTIfA PKI,I,E DOTTRINF. PSICOLOGICHE HI A. BAIN
•una funzione dell'intelligenza mnana propriamente detta, e quindi una conoscenza razio-
nale nel vero senso della parola. Infatti le idee, che egli attnbuisce alla ritentiva, non
sono concetti mentali, clic porgano aUiiitelligenza i costitutivi di un essere, bensì sensa-
zioni risvegliate, ossia nudi fantasnii od iinagiui tisiclu' degli oggetti sentiti, che non vanno
al di lA della sfeiii de' >('usi. onde r lecito arguiiiic. che \-a facoltà, di cui discoiTe il Bain.
è nulla più che riinagiuazione sen.sitiva o fantasia animale, ammessa dall' uni vei-sale dei
psicologi, comune all'uomo ed al bruto, facoltà di litenerc e ridestare sotto forma di fan-
tasmi le sensazioni e di collegarle, senza stimolo esteiiio. I^'origine prima del sensismo
dimora appunto nel convei-tiie questi fantasmi od imagìni sensitive in idee i-azionali. e
riguardare la sensitività siccome l'iinica e snpjvma fac(dtA conoscitiva dello spirito umano.
La ritentiva dell'autoie essendo una continnazioiie della sensitività, non può trascendere
la sfera della medesima, ed assumere natura e caratteie di funziiuie lazioiiale : e se egli
l'avesse riguardata ((uale ima facoltà intermedia tra la sensitività esteriore e l'intelligenza
umana, non si sarebbe male apposto: l'eiTore suo sta appunto nell'averle assegnato un
uificio intellettuale, anzi un compito scientifico, come vedremo discorieudo della ritentività
nella scienza.
Posto il ('oucetto detinitivo della litentività. l'autore passa a discorrerne lo sviluppo
conformandolo all'associazione di contiguità. Ina sensazione passata rism-ge nella coscienza
ogni qualvolta presenta-si di fatto qualche impressione, che sovente si riscontrò accompa-
gnata da quella sensazione medesima, sicché l'una rimanga inseparabile dall'altra. K questo
il principio di contiguità, che governa la facoltà ritentiva, fm-molato nei termini seguenti :
- Le azioni, le sensazioni, gli stati di sensibilità, che si piesentano l'uno coll'altro. o l'uno
immediatamente dopo l'altro, tendono ad unirsi strettamente, ad adei'ire l'uno all'altro,
per guisa che. allorquando l'uno di essi pi'esenta.si allo spirito, gli altri sono s.uscettivi di
essere evocati dal pensiero ».
Questa legge di contiguità l'autnic a]i|ili(a anzi tutto all'attività muscolare, cioè a
tutte guise di nu)vimeuti. di attitudini e sforzi di icsistenza. 1 movimenti muscolan. incerti
e lenti nelle loro prime <n-igini. si consolidano e si rattorzano meirè la ripetizione, ossia la
pratica e l'esercizio regolare congiunto collo sviluppo successivo dei muscoli e dei centri
nervosi. I moti, da prima isolati e faticosi, vengono mercé la legge di contiguità ad intrec-
ciarsi l'uno coll'altro in guisa da comporre degli aggregati o delle serie, in cui si alternano
con facilità e si licliiamauo a vicenda con la sicurezza |)ropria dell'istinto. ( volteggi della
danza cosi l'apidi e complicuti si svolgono con (|iiella spontaneità medcsinui. con cui si
muovono l'ima do|)o l'altra le gambe di un i|iiadnipeile. Il parlare articolato, lo .scrivere,
il suonale, il camminare, il danzare, insoniina ogni o|iera/ione meccanica od artistica risiede
in una serie successiva di movinii'iiti contigui od insiemi' associati mercè la ripetizione e
l'esercizio. FI processo, con cui si acquistano (|iieste associazioni o serie di movimenti, è
governato da alcune condizioni, di cui le une sono generali, le altre speciali. Alle cimdi-
2Ìoni generali appartengono I" la necessità della ripetizione continuata, la ([uale quanto
più é frequente, tanto inaggiore è il j)rogresso di chi a])prendc : 2' la concentrazione della
forza mentale e nervosa .sopra un fatto pai'ticolare. concent razimie eccitata e provocata dal
piacere e dalla pena sia presente, sia futura ; -V la varia attitudine, che ha ogni uomo per
l'acquisto intellettuale in genere. Condizioni speciali poi. favorevoli all'acquisto ed al pos-
sesso dei movimenti associati sono : 1 " la forza corporale o semplice vigor muscolare ; 2° la
PER GIUSEPPE ALLIEVO 27
spontaneità, ossia il temperamento attivo ; 'V la delicatezza o facoltà del discernimento
muscolare, che però molto s'approssima alla condizione precedente.
Le sensazioni insieme associate dal principio di contiguità possono essere omogenee
od etei'ogenee. Sono omogenee quelle di moti con moti, di cui abbiamo fatto parola, di
suoni con suoni, di tatto con tatto, e va (liscoi'rcndo. Alle seasazioni eterogenee del tatto,
della vista e del senso nniscolaic insieme associate noi dobbiamo, in sentenza del Bain. la
conoscenza dei mondo esteriore. Le due qualità jìrimitive de' coi'pi. cioè la distanza, che
li separa dall'occbio veggente e la loro leale dimensione nello spazio non possono essere
percepite o conosciute mercè il solo intermezzo della vista, pei'chè l'idea di distanza implica
la possibilità di una certH qiiantitcì di lociniiozimic: il che si riscontra segnatamente nel
caso di un oggetto alla portata della ninno, in cui i movimenti del braccio danno la misura
di tale distanza, la (piale peiriò è qualche cosa di più che una .semplice impressione visibile.
L'estensione in generale è un sentimento deiivHto in origine dagli organi locomotori : ed
associando col sentimento dell'impiego di forze motrici le sensazioni della vista e del tatto
abbiamo quanto occorie h spiegare in unzione di grandezza este.sa o di spazio. Né sola-
mente le qualità del mondo materiale dette piimitive. «juali .sono la solidità. l'estensione,
lo spazio, ma altres'i le secondarie, come il colore, l'odore, il gusto, il calore, vengono co-
nosciute in gi-azia di assf)CÌazioni fra sensazioni esterne eterogenee. Quando un oggetto
esterno colpisce nel medesimo tempo più d'uno dei nostri sensi, noi componiamo insieme
in un solo tutto le diverse impressioni, die altra volta produ.ssero sul nostro organismo le
molteplici sue (jualità sensibili. Questo concetto del Hain. che fa esordire dalla pluralità
delle dispei-se impressioni la conoscenza oggettiva della realtà cstenore per richiamarla
poi all'organica unità, discoi'da affatto dal movimento s[)ontaneo e discorsivo della nostra
intelligenza, la quale jier lo contiario muove dalla iiituiziiuie vaga e confusa di tutto
quant' è un oggetto, e discemle alla coiiteniplazioiie successiva de' varii suoi elementi.
L'autore assegna alla facoltà ritentivii un amplissimo compito nel lavorìo del sapere.
Per scienza egli intende •< il simbolismo artitiziale necessario jier esprimere le leggi e le
proprietà del mondo in quanto sono distinte dalle apparenze attuali delle cose, cui l'occhio
abbraccia ». Non mi |i;ne ciie ((iicsto concetto pos.sa esseie menato imoiio dalla critica. Se
v'ha un sii[)ere. clic di sua natura escluda (|uaiito vi è di simbolico, di ai'titiziato . di con-
venzionale, quello è ili sicuro il sapere scientitico. La scienza non è un sistema di simboli
escogitati e composti insieme con certo quale artitìi^io a tine di espiiinere le leggi e le pro-
prietà delle cose, bensì è dessa l'espressione naturale e schietta della realtà, perchè la
scienza è la verità genuina e niid.i. sgonilna d.i ogni involucro simbolico e fantastico. 11
serpente, che si morde la coda, si assume come simbolo dell'eterno e dell'influito: è un
imagiiie volgai'e o jioetica. ma non punto un concetto scientifico. Anch'egli il matematico
adopera certo suo segno convenzioiuile e simbolico per esprimere una quantità infinita, ma
anche qui il segno è ben altro dal concetto speculativo.
Certo è. che la scienza va intessuta ili formole. le i|uali appariscono siccome i punti
più spiccati e salienti della sua generale orditura, ma esse foimole. anziché simboli artifi-
ziali, sono verità univei'sali. che abbracciano sotto un unico aspetto comprensivo una mol-
tiplicità di cose realmente congeneri. Le formole algebriche e le tavole numeriche, onde
s'intreccia un ti-attato di astronomia, pei* ciò appunto che rspriiiioiìo (come scrive l'autore
medesimo) /e n-ld^ion/ dei rohniiiiiosi corpi rrlcsti, non sono già simboli artificiali, ossia
28 ESPOSIZIONE CRITICA PELLE POTTRIKE PSICOLOGICHE PI A. BAIN
concetti velati sotto parole, che significano letteralmente cosa diversa, per quantunque i
fenomeni del sole, della luna e dei pianeti appaiano dissomiglianti da quelle aride formole.
Concepita la scienza quale un simbolismo artifiziale. l'autore le assegna per oggetto
ir leggi r ir jìroprirtn drl iikukIo. Anche (juesto mi pare un concetto esclusivo e mutilo.
La scienza non sta tutta i|uanta raccolta nello studio e nella s])iegazione del mondo, ma è
necessitata a risalire intiim al ])i iiK-i|iiii supieinn de] nidiido st«.s80. essendoché la realtà finita
ha per suo termine correlativo e per sua ragione spiegatrice la realtà infinita, né si può
sbandire dalla scienza la teorica dell'Kssere infinito senza negare la storia delle leligioni.
In' ultima osservazione mi occorre di aggiungere. Nel definire la scienza il liain giusta-
mente riconosce, che le leggi e le propiietà del mondo, cui e.ssa ha ]ier ufficio di esprimere,
sono ben altra cosa dalle a])])ar('nze attuali (lellr cose, cui Idccliio abbiacela. Qui adunque
egli ammetta che le ajìparenze sensibili degli esseri possono divei-saie dalla loro realtà og-
gettiva, il che non veggo come possa conciliarsi colTiifficio della facoltà ritentiva quale egli
la intende, giacche se questa è tutta nel i-iprodurre idealmente le sensazioni pa,ssate. le
quali sono tutte e sempre i-elative alle ajiparenze esteriori delle cose sentite, essa si chia-
risce pei' ciò inijioteiite al cómiiito x'iciititicd di ap]ireiiderci /'■ ('(jyi '■ /'■ proprietà drl
iiiidkIo coìiir {/istinti' (Idllr dtiiKili <ijipiir'-iì.:r sensibili delle cose.
Determinato il sapere scientifico in generale. 1 autore si fa a chiarire l'intervento
della facoltà ritentiva in tutte guise di scienze, da lui distribuite in due classi supreme,
oggettive cioè e soggettive, secondochè riguardano il mondo esteriore della natura od il
mondo interiore dello spirito. Le scienze oggettive si uuiovono tia due estremi: dall'un
lato toccano le discipline d'indole affatto trascendentale e simbolica, quali le matematiche,
remote dalle forme sensibili della natura, dall'altro abbracciano i soggetti più concrèti
della storia naturale. Co.sì la meccanica teorica, l'astronomia j)ura f l'ottica rientrano nel
primo di questi due estremi, col secondo si connettono le parti sperimentali della fisica,
della chimica, della fisiologia. Per applicare con felice successo alle scienze astratte e tra-
scendentali occorie una potente e s])eciale viitù ritentiva, per cui lo spirito concentrandosi
sui .simboli arbitrarii e le formfde della matematica, sulle aride nomenclature della chimica
e della fisiologia, sulle nude forme rappresentative dei fenomeni naturali vi aderisca più
intimamente che può. le conseivi ferme e fisse in se stesse e sajqiia ravvivarle all'uopo (1).
11 matematicfi. clii- rinunzia al coniinoventc spettacolo della bella natura esteriore per
raccogliersi in un nioudo di afide formole e di strane figure, mostra con ciò un amor
singolare per la scienza sua. che costituisce il suo carattere iiKimlr : ma (|uesto amore non
gli basta all'intento, ove non sia accoppiato da una peculiare attitudine dello spirito a
ricevere profonda l'impressione dei simboli astratti e fissarli in sé stes.so.
Anch'esse le scienzi' obbiettive sperimentali, del pari che le astratte, esigono la
ritentiva dello spirito, la (piale però non su nude e trascendentali forinole si esercita, bensì
i'I) u Ka (li iiipslieri cho il geoindia riloiiga erri cii-colo e come connesse col iiicilesimo tutto le
fiistnizioni il(>l tdiv.o libro di Knolirle , O'I .'ill'iinpri tnttp (|iielln elio i)iiioe(lono o su crii .si .nppoRjfiano
<|iii,'ll« iIpI ti'i/.o lil>i-r). .Neoossita altresì, l'ho scilii nnlln sua incinoria tutta la lingua, la lUale rappresoiita
con vocalroli (|rianlo non prii'i venire nflciMo all'cii-chin per via d'imagini; il ciré pniie u scriissima
prova radcsivitii ritnntiva ilimn spirito pei In ariile formo, docorrc inoltre, che ipiestc forme si fissino
rapidamnnte nello spirito ad ogni passo ; altramente ì primi anelli ili una deduzione andrebbetxi perduti
prima che i siissegueiili abbiano potuto tVrmarvisi ».
PER OirSEPPE AIXIEVO 29
sopra le proprietà appariscenti ed i fenomeni sensibili degli esseri della natura, acco-
gliendoli in se e fermandoli in modo che aderiscano alla facoltà intellettiva. Epperò la
ritentività. questa forza adesiva dell'intelligeiiza. impronta due distinte classi di spiriti
scientifici conispondenti ai dup esti-emi delle scienze obbiettive, ciò è dire gli spiriti mate-
matici, ed i naturalistici. (|uelli tempiati per le speculazioni astratte e simboliche, questi
rivolti al concreto e reale.
Le scienze soggettive, altro gl'ari ramo ileUumano saliere, abbracciano nella loro
cerchia tutti i fenomeni interiori dello spirito e riposano pssenzial mente sulla coscienza,
che ciascuno di noi possiede de' proprii atti. Al psicologo abbisogna come condizion neces-
saria una memoria ricca di stati soggettivi, ossia di sentimenti e di idee considerate nelle
loro attinenze collo spirito, l'ero, rintracciando le condizitmi speciali necessarie a ritenere
nella memoria gli stati soggettivi, non ci soccoiTono al pensiero che condizioni negative.
Possiamo pronunciare in generale, che la coscienza soggettiva sta in ragione invei-sa dell'at-
tiva esteriore, vai (|iiaiito dire che lo spirito tanto meno è portato alla contemplazione del
mondo intei'iore. (juanto ))ii'i vivo !• riiit('ics-,e die prova per il mondo circo.stante. e quindi
pili forte l'impulso, che lo trae veiso la natura esterioi'e. I/energia s])iegata verso l'oggetto
è sottratta alla coscienza del soggetto, mentre, alloraquando i movimenti esteriori sono fie-
voli e lenti, lo spirito si raccoglie in se stesso, i fenomeni soggettivi chiamano sopra di se
l'attenzione jisicologica. e meglio son conosciuti, più tenacemente ritenuti. Una potente
disposizione all'esercizio dell'attività spontanea muscolare, ed una spiccata vivezza de'sensi
esterni su})eriori. (|uali sono la vista, l'udito, il tatto, vanno lìerciò annoverate fra le con-
dizioni negative, chi- si oppongono airac(iuisto del sapere psicologico.
Da questa esposizione appan; vieppiù manifesto, (juanto sia fondata rosservazionc
critica, che siiperioiineiite mi vcinic fatta intorno al concetto della facoltà ritentiva emesso
dal nostro autore. N<hi v'ha psicologo, il (juale ponga in controvei-sia la neces.sità della
memoria intellettuale per l'acquisto ed il culto del sapere, giusta il dantesco: Xou fa
scienza Sema lo r/tevrrr. acrr iìilr.so. Ma la ritentiva, quale la intende il Bain. difetta
della virtù scientifica, che le viene da lui attiibuita : ne occorrono parole molte à dimo-
strarlo. Basta alj'iiopn latVrontarc il suo concetto della ritentività con quello del sapere
scientifico. La scienza infatti si coiiqione nel suo sostanziale organismo di principii universali,
di verità trascendentali, di foiniole astratte, alle quali non jiotià mai sollevarsi la ritentiva,
siccome (jitella. i:hc. giusta la dctìiiizioiie deHautore. è tutta nel conservare le sensazioni e
ravvivarle sotto forma di fantasmi o di iniagini d,i lui denominate idee. Ognun vede, che
questi fantasmi, cssenilo niente più che il lùsveglio delle sensazioni pa.ssate. sono perciò
meri rappresentativi degli oggetti sensibili individuali, che ojierarono sul nostro organismo,
ne mai poti-anno godere di (jiiella universalità ideale, clic è pro))ria della scienza. A ritenere
in mente le forinole matematiche od altre scientifiche quali che siano, necessita averle di
già elaborate nel proprio pensiero e possederle; il che importa l'esercizio di un' altra vii-ttì
intellettiva, che pn'cede l'operaiv ilell.i ritentività. la i|uale per ciò stesso non merita il
primo posto nella teorica dell intelligenza, né più evvi ragione di sostenere coU'autore. che
<< la facoltà di a()i)ercepire la coiicordanz.i iiell(> sue (liù elevate applicazi(mi suppone la to-
talità della conoscenza acquisita, la quale dipende dalla funzione ritentiva ».
Dalla scienza jinra passa ì! Hain a contemplare lo sviluppo della facoltà ritentiva
nel campo della vita pratica e reale, e mostra con ingegnose osservazioni ed esempi come
30 ESPnSIZinNF. fKITICA PELLE IlOTTRIXE PSICOLOGICHE PI A. BAIX
nel commercio, nel traffico e nell'industria occorre a ben riuscire l'acquisto e la fama di
certa quale abilità dipendente dalla conoscenza delle abitudini e delle indoli degli uomini,
con cui si trattano affaii : conif iiellc hf^lle ai-ti il talento dell'artista è in gran parte il
necessario risultato dell a< qnistn (lipcndtMitc lUilln fm/a di ccnitifjuità. per cui egli apprende
le conqxisi/ioiii de' suoi predeccNSiiri e tìssa nel ^nn v|iirit(i (|iip11<' da lui prodiitte. a fine di
destare in altii emozioni estetiche : come nella storia gli avveiiiuienti. a cui abbiamo noi
medesimi a.ssistit(). si fissano nt'l nostro spjiito. e la facoltà ritentiva venga sorretta e raf-
forzata dall'intei-esse generale, che ci inspirano le gesta umane, e dall interesse particolare
>' personale che noi scorgiamo negli avvenimenti: come infine nella nostra vita passata le
vicende, che abbiamo percorso, si inipiimono nello spirito per forza di contiguità e possiamo
richiamarle più o meno esatte secondo la t'oi-za della ricordanza, che ne conserviamo, e
rome la storia di noi medesimi non sia davvero conijiiuta se non quando essa contenga ciò
che abbiamo fotto accanto a ciò. die abbiamo minto e sfiitita.
Della facoltà costruttiva.
Discorse finqui le tre facoltà costitutive dell" umana intelligenza . quali sono il discer-
nimento, l'accordo e la ritentiva, parrebbe con ciò condotta a compimento la teorica del-
l'intelligenza ste.s.sa. L'autore tuttavia consacra un intiero capitolo ad un'altra funzione
intellettuale, la costruttiva, come distinta dalle precedenti: quindi .sorge spontanea la
dimanda, quale sia la lagion d essere eli (quest'altra facoltà . e se veramente possegga una
natura specifica sua propiia . che dalle altre la diti'ereuzii . o non piuttosto sia in queste
sostanzialmente implicata, llgli ne aveva già acciMinata 1' esistenza di.scorrendo della legge
od associazione di similarità siccome fonte delle scopei'te ideali, ed avvertendo che le ope-
razioni scientifiche dello astrarre, dell'indurre e del dedurre implicano ben di frequente
alcunché di più che il })aragone dei casi paiticolari. i quali si rassomigliano, ciò è dire le
operazioni costruttive dell'intelligenza, die comiiiono la facoltà scientifica.
L'autore procaccia fin dalle jirime di chiarire le attinenze . die intercedono tra la
costruttività e le altre facoltà intellettuali, ma dalle sue parole non traluce un concetto
lucido e fermo. ■■ Nei precedenti cajiitoli abbiamo avuto per unico oggetto la reviviscenza
letterale, la restaurazione fedele delle nostre azioni, emozioni. ìmagiui e serie di idee pas-
sate (1). Non abbiamo trattato delle opei-azioni mentali denominate imaginazione, creazione,
costruttività mercè cui ammettesi. che noi manifestiamo forme nuove, costruiamo imagini •
concetti, metodi, di cui non troviamo sperieuza nel passato nostro, i'ure il genio del pit-
tore, del poeta, del musico, dell'inventore nelle arti e nelle scienze suppone di sicuro un
processo di simil natura. Trattando della facoltà di similarità. . . . abbiamo veduto, che la
facoltà di richiamare il simile per mezzo del simile malgrado la lontananza e le fallaci
apparenze entra in un gran numero di sforzi d'invenzione e nelle scienze e nelle arti. Ma
ora dobbiaiiiii o((ii]i.irci di costiMi/.ioni più complesse. Sonvi s<'opei1e . che sembrano vere
(I) So cosi stesse la cosa, come .soi'ive l'aiitoie, sarebbero tornato impossibili lo operazioni scien-
tifiche dell'astrarrò, deirindurre e del dedurre, che sollevano la mente a tipi universali, oho non
suBsiatono in natiu-i.
PER fiU'SEPPE AM.IEVO 31
croazioni. come l'intiera scien/a delle matematiche: e nelle belle arti una cattedrale gotica:
un poema, come il Paradiso pcntnta sorpassano d'assai i j)iù gi-andi sforzi della facoltà
d'identificazione ridotta alle sole sue forze {I sriisi e l'iìifillificuzn. a pa^. 028) ». Se adun-
que la facoltà identificatrice. ossia la similaiità . non iia in sé tanto di virtù da creare le
scienze matematiche e produirc i capolavoii dell" aite, vori'ebbe la logica che si riguar-
dasse la facoltà costruttiva siccome dotata di natui'a sua pi'opria . che non è quella del-
l'accordo. Per lo contrario l'autore, inconseguente a questo suo concetto, tosto soggiunge :
« Tuttavia le forze intellettuali, che opeiano in (lueste ci'eazioni non sono altre, che le
facoltà d'identitìcazione già studiate. Le nuove ccunbinazioni si formano cogli elementi, che
lo spirito possedeva di già. e che apparvei'o giusta le leggi, che conosciamo (ihifltui) ».
Intende l'autoie per facoltà (distruttiva il [ìoteie. che ha lo spirito umano di formare
nuore combinazioni od aggregati, che (l/ff'rr/srovd da (ciascuno di quelli . che si sono ad
esso presentati nel corso dell'esperienza, 'l'iv sono le principali ci>ndizioni necessarie al suo
sviluppo: 1° gli eJpiiKMiti. (iiidc si coniiiongono le sue costruzioni, vainio sommessi all'im-
pero della volontà ; 2" uopo è possedere il sentimento dell" effetto, a cui si intende, ossia
del fine proposto a conscguiT'c ; '.V occorre che la volontà si eserciti in continue [irove e
rinnovi i suoi tentativi fintantoché abbia raggiunto l'intt'nto. La costruttività adunque non
dimora in un atto puramente intellettuale . ina nel dominio che la volontà esercita sugli
acquisti fatti dall'intelligenza e dalla sensibilità, sospendendo a suo grado i sentimenti, lo
azioni, le idee ed atteggiandoli a nuove forme. Il senso poi dello scopo, che si ha in mira,
somministra il critei'io per giudicai^ del risultato, e senza la chiara percezione del fine l'ef-
fetto non si raggiunge mai.
L'autore va successivamente studiando con sottile accorgimento l'intervento della
facoltà costruttiva nei movimenti dell'attività spontanea . nel!' apprendimento progressivo
del linguaggio, nei sentimenti di peso e di l'esistenza, nelle sensazioni della vita organica e
nei sensi esterni, mostrando come essa giovandosi di elementi o stati di coscienza passati
ne componga un tutto nuovo, che non ha riscontio nella storia della nostra particolare
esperienza. Mercè la facoltà, ili cui discoiiianui. lo spiiito umano è fatto altresì capace di
costruire un oggetto concicto metliante (|ualità astratte: tale è 1' imaginazione, per cui ci
rappresentiamo un paese giovaiuiosi di una carta topografica o di un disegno . o diamo
realtà, moto e vita ad un tipo astratto descritto dal linguaggio.
Il genio costiuttivo si spiega sotto una foiiua nuova e più elevata nel campo della
scienza, nelle invenzioni pratiche meccaniche, nel maneggio dei jiubblici affari, net culto
delle belle arti. In tutti questi ordini dell'attività umana occoiie ceita i|uale originalità di
mente riposta in un carattei-c vigoioso . , che sentesi tratto a spiegare senza posa e senza
fatica la sua enei'gia in tentativi e esperimenti di ogni guisa finché abbia toccato l'intento.
Però questa originalità riveste due forme diverse secondochè si eseicita nella sfera della
scienza o nel giro della pratica: in quella |irediiniinano le operazioni d'identificazione note
sotto il nome di astia/ione, di induzione, di deduzione; in questa ]iiev»le l'osservazione e
l'esperienza. Nelle costruzioni scientifiche le forze impegnate sono ))uraniente intellettuali :
nelle costruzioni iiratichc l'attività del corpo e dei sensi è condizione indispensabile.
Giova ora seguire l'autore che discorre la costruttività nella scienza e nelle arti belle.
A dir vero, trattando l'intervento della facoltà costruttiva nell'ordine del sapere scientifico,
l'autore ripete su per giù quanto aveva già discorso intorno l'ufficio scientifico della
32 KSPOSIZIONK CRITICA IlKLLK POTTRINE PSICOLOGICHE HI A. BAIN
similarità e della ritentiva : il che conferma vie niag^ionnente, che la costiuttività anziché
avere una ragion d'essere sua propria, per cui voj^lia essere discolia a parte, si confonda
colle altre funzioni deiriutellif^enza. Cosi iììuIìukIo dell astiazione. che per Ini è la gene-
ralizzazione ( 1 ) di un attributo unico presentato allo s])irito M'parataniente dalle altre pro-
prietà, con cui è congiunto in natura, cita in rMMupio l'idea astratta di gaz siccome appar-
tenente ad un ordine di astiazione assai sottile, per cui vimlsi aggiungere un grande sforzo
di costruzione alla forza di identificazioni': il che non i-i pare. Avverte, che il matematico
oltre un'attitudine intellettuale i)er ritenere e risvegliare le forme matematiche dehb'essere
fornito di un gusto nativo per le mech'sinie pei- sollevarsi a scoperte originali : avvertenza,
che l'autore aveva già espresso parlando della ritentiva. Osserva, che rinduzi(nie può essere
un semplice sforzo della forza riproduttiva della similarità ed esigere oltre di essa una
costruzione; e che il vasto edilizio delle scienze matematiche è splendido esempio di costru-
zione, che si distingue dalle .scoperte di ])ura identiticazione giusta la legge di similarità.
Da questa osservazione io ne arguisco che la scienza, e segnatamente la matematica è un
portato non più della facoltà identificatrice e della ritentiva (come l'autore aveva stabilito
altrove), bensì della funzione costruttiva, togliendo co.sì alle une quelle, clie qui concede
all'altra ; e se qui la facoltà costruttiva apparisce una virtù supenore e specitìcamente
distinta dalle altre virtù intellettive, più non regge il pronunciato dell'autore, che « le
forze intellettuali, che operano in queste creazioni, non sono altro che le facoltà d'identi-
ficazione già studiate ».
Le costruzioni scientifiche inteiulono ad un fine speculativo, l'acquisto della verità,
come le costruzioni meccaniche rispondono ad un fine jn-atico. che sta nell'adempierp alcune
necessità della vita materiale : in entrambe domina sovrana l' intelligenza disgiunta dal
sentimento e dall'affetto, la quale o inedita la realtà o cerca di convertire le forze della
natura in istrumenti del nostro benessere. Per contro, nelle costruzioni estetiche all'intel-
ligenza, che contempla od utilizza la natura, si accoppia il sciitiniento e l'affetto del bello,
dell'armonioso e del sublime: qui risiede il loro carattere distintivo; qui tiene il suo campo
l'imaginazione veramente intesa. L" emozione estetica, che tanto si dispaia dal senso del-
l'utile e dal piacere della vita organica, è es.so il potere moderatore di ogni lavoro imagi-
nativo, il germe di ogni sforzo creatore: satisfare al sentimeuto del gusto è scopo supremo
delle arti belle. Però, sebbene questo senso estetico .sovraneggi nelle creazioni dell'artista,
possono intervenire a crescerne l'interesse altre jioteiiti emozioni, che non sono d' indole
estetica, quali la rabbia, il terrore, la tenerezza, l'egoi.smo, passioni, che. mentre sono fonte
di corruzione e disordine nel dominio della scienza e della vita pratica, possono venire dal-
l'artista giustamente tesoreggiate.
11 Bain annovera siccome qualità dell'artista un'adesività per l'elemento o sostanza,
che egli lavora, congiunta ad una sensibilità speciale per Veff'rtto proprio dell'arte, e^ lo
paragona per poco ad un operaio, che fa un lavoro meccanico, e che a perfezionai-si nel-
l'arte sua abbisogna che si procacci la destrezza manuale necessaria. L'artista sceglie i
materiali de' suoi lavori dagli oggetti, che sono adatti a suscitare emozioni estetiche in chi
(I) Propriamente parlando altro ù astrarre, altro geueralizzare, L'astrazìoue 'separu un attiibutu
daiiW altri. ripi'rMulenilolo in ih solo, la geuerali^za/.ione lo considera come partecipabile da tutti gli
individui della «tesaa specie.
PER GIUSEPPE ALLIEVO 33
li contempla . e. quando siffatti pjpmenti stanno davanti al suo spirito . si compongono
quasi da per sé a proprio luogo. Avere la mente tornita a dovizia di questi materiali non
basta: ravvivarli all'uopo imianzi alla mente, e scernere i più acconci all'ideale concepito e
comporli pei- guisa, che rispondano allo scopo proposto, qui sta il magistero dello artista.
Poiché a lui non è lecito abbandonarsi, come chi sogna o fantastica, al libero coi-so delle
sue immagini ; ma gli è debito di satisfare alle condizioni della convenienza, dell'accordo,
della melodia, e svegliare in altri questi sentimenti . e rimuovei-e tutto, che possa urtare
il gusto de' suoi uditori. Certo e. che tanto meglio riesce ad adempiere le non poche con-
dizioni di un vero capolavoro, quanto maggiore è la copia de' materiali . onde va provve-
duta la sua imaginazione.
L'autore non intende di spiegare pei- filo e per segno la natura propria di quell'atto
mentale, che è la costruzione artistica, pre.sentendo le vive polemiche . in cui si dibattono
le moderne teorie dell'arte. Tuttavia egli sentenzia fermamente che deve l'artista intendere,
siccome a suo supremo oggetto, al .satLsfacimento delle emozioni estetiche, e che perciò il
pigliare per tipo la natura e mirare alla verità come a scopo tinaie, non s appartiene ad
esso, ma allo scienziato. Quindi, mentre è indeclinabil ufficio del dotto e del pensatore il
contemplare la realtà sotto tutte quante le su(^ forme, non trascurando verun oggetto per
quantunque spiacevole ed increscioso, l'artista, guidato dal .sentimento del gusto, come da
sovrano criterio, sceglie dalla natura solo quel tanto, che meglio risponde al suo senso del-
l'arte, e taltìata modifica a suo grado la realtà medesima. (ìiova però avvertire, che nella
musica e nella danza la verità e la natura non hanno che fare, mentre nella poesia . nel
romanzo, nella pittura il soggetto viene per lo più attinto dalle realtà della natura o della
vita, ed abbellito poscia dal genie» artistico, e per ciò appunta, che l'argomento non è me-
ramente fantastico, l'artista debbe. nel trattarlo, avere qualche riguardo alla verità, non
isvisando la realtà della storia o dell esperienza, pur mentre intende ad appagare il senso
del gusto. Di certo, il gian poeta non va trasformato nello storico e nel moralista, i quali
ritraggono la natura umana (;on tutta quella fedeltà rigorosa, con cui l'anatomista ci pone
sott'occhio perfino le più minute congiunture del corpo nostro : pure se gli venga fatto di
sollevare la realtà nelle regioni dell'ideale senza of^'endere la verità, riscuote applausi do-
vuti al suo genio.
Appare da tutto ciò. qual giudizio jiorti l'autore di quella scuola recente, che, intenta
a conciliare l'arte colla natura vuole frenato il volo della libera imaginazione e tratteggiate
nella loro naturale schiotte/za le realtà del mondo fisico ed umano, appagando ad un tempo
le varie emozioni estetiche. Kgli riconosce l'importanza di questa teoria ed il merito del-
l'artista, che ricerca il vero. Tuttavia non è di avviso, che la rappresentazione della verità
sia il compito supremo dell'artista ed il jn-inci pale suo pregio. « Evvi (egli scrive) e sempre
vi sarà un divario tra il grado di verità, cui un artista può raggiungere, e quello, che può
venir conseguito da un dotto e da un uomo d'affari. Il poeta non può consacrare allo studio
delle realtà un'attenzione illimitata. 1 lettori non domandano la verità per sé stessa , né
vogliono che venga loro offerta sotto la severa forma di un'esatta nomenclatura . . . Non
dobbiamo chiedere all'artista, che ci conduca alla verità: basta, che non ce ne allontani
{/ sensi <■ l'intdl., pag. .■■)fì4) ». Veramente io non iscorgo. quanto divario interceda tra
•.la teorica dell'autore e quella del verismo (come oggidì si denomina) da lui ripudiata;
poiché se egli sentenzia, che oggetto supremo dell'arte é il satisfacimento del gusto estetico,
Serie 11. Tom. XXXIV. 5
S4 ESPOSIZIONK CRITICA [IF.I.I.K DOTTRINE PSIC0I.0(5ICHE DI A. BAIN
anche i veristi pronunzia im. die l'artista, pur mentre ritrae la realtà qual è in >i' >tessa,
lieve appagare il sentimento del bello, dei firazioso e del sublime. Ma il senso del gusto
estetico, che si vorrebbe fmidaniento primo e norma sovrana dell'arte, è esso indipendente
per guisa, che contenga in sé niodesimo il propi-io fine, o non piuttosto va subordinato a
piincipii superiori pruprii dell'ordine speculativo e morale? Qui sta tutto il nodo della pre-
sente questione, che l'autore non pare ai)bia veduto, e che pure avrebbe dovuto risolvere
sia per determinare il vero senso della sua teorica, sia |ier rilevare in die essa differisca
da quella del verismo.
Pervenuta a questo punto la critica, può miiovei questione . se la virtù estraente e
costruttiva, quale è intesa dal Bain. arguisca nello spirito umano un'altra facoltà superiore
specificamente distinta dalla percezione sensitiva, e sia conciliabile colla dottrina di lui,
che fa derivare tutto i|uanto il sapere dii 11 "esperienza sensibile. « L'intelletto (egli scrive)
non può mai trascendere i limiti della sua propria esperienza, della sua conoscenza acqui-
sita vuoi tisica, vuoi meta tisica. Quel, che sappiamo mei'cc i nostri sensi, posti in rapporto
col mondo esteriore, e meicè il nostro senso intimo, è il fondamento, l'abbici di tutto, che
siara capaci di sapere (1). Conosciamo i cohu'i ed I suoni, il piacere ed il dolore, le diverse
emozioni chiamate stupore, timore, amore. c^oUeia. Se vi fosse qualch'essere dotato di sensi
diversi dai nostii. non potremmo in veriin modo comunicare con esso. Se vi sono fenomeni,
che sfuggono ai nostri sensi limitati . sai-ebbero al di .sopia della nostra conoscenza {Lo
spirito ed il corpo, (mg. '11 '1. ediz. francese) •>. Pedissequo di Giovanni Locke, il quale,
alla duplice esperienza, sensiliilr od esterna, e psicologica od interna, aveva aggiunto la
riflessione, che lavora sui materiali da i|uella somministrati, anch'egli il Bain aggiunge al-
l'esperienza la facoltà compositiva e costruttiva dello spirito. la (juale acconcia insieme in
differentissime guise le lettere del nostro alfabeto di sensazioni e di sentimenti : ma ben
tosto soggiunge, die essa facoltà sta ristretta entro a limiti cosi angusti, che gli elementi del
suo lavoio ideale non |)ossoiio essere di altra indole e natura da quelli dell'esperienza. Di
qui mi è lecito ai'guire. die siccome Condillac logicamente respinse la riflessione lockiana
siccome ([uella. die nulla aggiunge di nuovo alla sensazione, della quale è una mera tras-
formazione e iiiilla più. cosi la facoltà costruttiva del Baili non mostra un indole speciale
ed una sua inopria natura, die la ilit^'ereiizii essenzialmente dalla esperienza, bensì va
riguardata ipiale una tiasforniazione della iiiedesinia. siccome quella, che nulla aggiunge
ad essa e non ne trascende la virtù conoscitiva.
Preoccupato dal pensiero di trai're tutto quanto il sajiere dall'esperienza . il Bain
restrinse oltre misiiia i limiti della riflessione speculativa, o. com'ei la denomina, della fa-
coltà co.struttiva. (.'he la mente umana non possa snll(>vai>i di botto alla conoscenza di
certi principii ideali e di certe entità trascendentali e soprasensibili, senza aver pigliate le
mosse dalla percezione degli oggetti sensibili, noi noi neghiamo, essendoché lo spirito umano
(I) Il Bain riproduce qui l'identica teoria di Lockk, che cosi scrive: " Donde mai attinge l'anima
tutti quei materiali, che sono come il fondo di ogni suo ragionamento e conoscenza? K ciò risponde
ili una parola dall' esperienia : ijui sta il fondamento di tutte nostre cognizioni: di qui esse traggono
la loro prima origine. Le o.«x<;ri'(iji(»ii, che facciamo sugli Oggetti eslpriori e sensibili, o sulle interiori
operazioni della nostr'anima, che appercepiarno e sulla quali ri/ìeitiamo, /bmiscuno ul nostro spirito
I materiali di tulli i situi pensieri. Sono queste le due sorgenti , donde rampollano tutte le idee, eh»
abljiamu o possiamo naturalmente uvere [Sat^yio suW itucndinieuto ecc., lib. I, capo 1°, ^ 2).
PER GIUSEPPE ALLIETO 35
è tale di natura, che non possa spiegare certe sue virtù intellettive se prima non ha per-
corso certo qua] periodo di sviluppo : ma le conoscenze speculative tanto si sollevano sopra
le conoscenze empiriche, che vanno riguardate non come semplici trasformazioni od elabo-
razioni di queste, bensì come essenzialmente diverse, epperò anche la ragion pura o spe-
culazione essenzialmente si differenzia dalla pci-cezione sensitiva. Difatti lavoi-ate. finché vi
aggrada, mercè la riilessione. i dati dellesperienza. che sono di loro natura mutabili, par-
ticolari, contingenti, né vi verrà fatto giammai di trarne fuori le idee eli Dio. del giusto,
dell'onesto, i principii immutabili, assoluti, universali, necessarii. che informano la ragione
0 fondamentano le scienze. Invano obbietta il Hain. cbn gli l'icmenti. onde la facoltà co-
struttiva compone le sue conoscenze sintetiche, sono pur s(Mnpre i dati dell'esperienza, poiché
egli non avverte, che quell'insieme ideale, a cui vengono conformati ed acconciati i molte-
plici dati empirici, trascende la virtù dell'esperienza ed abbisogna di una facoltà essenzial-
mente superiore, che lo concepisca. La mente dell'arcliitetto. che costruisce l'ideale di un
palagio, è di ben altra natura dalla facoltà visiva sperimentale del bruto . che percepisce
i mattoni, i sassi, la calce ed altrettali plpnienti. onde viene poi ad essere costruito quel-
l'edificio medesimo: se pure non si ardisca sostenere non esservi sostanziale divario tra il
genio umano, che scopre od inventa, e l'esperienza del bruto sempre legata alla singolarità
del momento ed alla monotona unifdnnità.
Teorica della volontà
Alle facoltà del sentire e dell'intendere gli esseri dotati di spirito accoppiano la virtù
del volere, ossia l'attività esteriore, in sentenza del nostro autore. Il Kibot esponendo la
dottrina del Bain(l) loda il psicologo inglese, die seppe contemplare e ritrarre la volontà in
tutti gli stadii del suo suei-essivo sviluppo. d;il jiunto primordiale, in cui essa è niente più
che un oscuro germe, un istinto pressoché fisiologico, sino al suo finale periodo, in cui
sotto nome di libeilà suppone l'intelligenza e fonda la moralità. Questa lode del Ifibot h
accompagnata da un biasi , che egli muove Mll'antica e ((inaine psicologia, la quale nella
teorica della volontà, isolando il fatto della sua deteriiiinazion(^ dulie cundizioni . che la
preparano, e dai risultati che la sussegiKino. giunse a convei-tii-la in un [imito matematico,
in una mera astrazione, ([iiale ('■ appunto la pura risoluzione della volontà disgiunta dai
motivi clic la detcì niinano. e (laUazioiie esterna, in cui essa risoluzione viene tradotta. A
me non paie fondato (iiiesto liniproveid. essendoché la psicologia ordinaria non disgiunge
punto lo studio della volontà da ((uello de' motivi, che sono condizione del suo sviluppo, e
degli atti esteriori . in cui s'incarnano le sue risoluzioni . e si pro))one di contemplare la
volontà l'azionale, (piale l'ifulge nella moralità umana, non già ([nella volontà meramente
fisiologica ed istintiva, che inijn'oprianiente alcuni attrihuiscdiio ai bruti, (guanto [loi alla
lode, ch'egli dà .■il U.'iin, |ierch('' sia fondata in re.'iltà. fai'(^hl>e mestieri avei'e prima dimo-
strato (cosa che non ei-edianio [lossibile). clic l'istinto fisiologico, da cui si vorrebbe esor-
dire la volontà, [wssa trasformarsi in (piella facoltà nobilissima, che è la libertà morale
umana. Alcuni discesero ancora più giù dello stesso Baili, e pretesero di scorgere le prime
(1) Th. RiBOT , Im psicologie aiiglaise contemporaine.
Z6 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHF. HI A. BAIN
manifestazioni della volontà non già negli esseri animali, ma nei vegetali, anzi negli stessi
corpi inorganici della natura. Tale ('■ la teoria contenuta nelFopera di Arturo Schopenhauer
Il mondo coìiip roloiitù. dove questi» ardente avversario di Hegel riguarda la volontà sic-
rorae l'intimo fondo assoluto della realtà cosmica, .siccome la forza universale, die percor-
rendo tutta la scala degli esseri si eleva per gradi dalle leggi fisiche della materia bruta
fino alla coscienza nell' animale dotato di scuso e di percezione, tino alla ragione ed alla
morale nell'uomo. Come possa attribuirsi una volontà alla forza, che fa gravitare la pietra
verso terra, ed alla pianta, che vegeta, e conje l'inconscio e fatale istinto del bruto possa
svilupparsi nella conscia e libera volontà . su cui si appoggia la moralità umana, è tale
arcano, che e lo Schopenhauer ed il Bain invano si argomentarono di rivelare.
Il iJaiu concepisce la volontà un' attività determinata dal sentimento : e siccome
l'operare suscitato dal sentire è azione mentale, perciò il volere è tal proprietà . che si
riscontra in qualchesiasi spirito. Discorrendo dell'intelligenza, già ci venne notato il vincolo,
che la congiunge col sentimento, là dove abbiamo avvertito, che uno stato di coscienza è
fientimento. se accompagnato da piacere o da pena, è intellezione se venga conosciuto come
differente o come simile ad altri stati psicologici. Un vincolo non meno intimo collega il
sentimento colla volontà, non potendo questa esplicarsi ove non sia suscitata e governata
da quello. Vediamo ora di chiarire il concetto dell'autore, che ripone la virtù del volere
in una sintesi dell'attività e del sentimento.
Evvi in noi un' attività spontanea, che s'insedia nei centri nervosi e si esplica per
propria virtù interiore senz' essere mossa da impressione esterna . nò determinata da sen-
timento anteriore : essa mette in moto i muscoli ed opera sugli organi del corpo senza verun
fine particolaie presente all'intelletto. Questo fatto dell' attività spontanea è il pi'eludio
della volontà, la quale allora sarà costituita nell'essere suo. quando a quel primo elemento
si aggiunga l'altro non meno essenziale del sentimento, (ti-, come interviene il sentimento
a suscitare la volontà? Poniamo, che la nostra attività spontanea, che ha nei muscoli la
sua sede fisica, e che è la .sorgente primordiale del potere volontario, sia mes.sa in moto
da una impressione esteriore, e testo sorge in noi un sentimento . che può essere piacevole
o molesto, cioè o favorevole, o contrario al nostro ben essere. Or siccome è legge della nostra
conservazione individuale, che il piacere rinforza ed aumenta l'attività nostra, il dolore pei"
contro scema e combatte la nostra energia vitale. (|uindi ne consegue, che un sentimento
di piacere da noi provato crescendo l'attività nostra ne stimola ad operare a fine di pro-
lungare, accrescei'e. l'innovare il piacere {trovato, mentre un sentimento di pena ci provoca
all'azione a fine di sopprimere, scemare o prevenire la pena. Kcco come il sentimento
susciti e determini il nostro operare esteriore, ccnne la volontà sia attività governata dal
sentimento, e come sua legge sniirenia --ia (|uest:i. che il piacere provoca l'azione per essere
.'iccresciuto e rinnovato, la pena provoca l'azione per essere diminuita o iirevenuta.
Da questo concetto della volontà si scoige che guisa di attività essa sia. ed in che
diversifichi dall'attività spontanea, i^a volontà non abbraccia tuttaquanta la cerchia del nosta'o
operare, è un'attivitiì. ni:i imn r,itlivit:ì nniami tutta quanta; è l'attività determinata dal
sentimento, non l'attività sptmtanea primitiva. Mvvi un online di azioni e~-tranee alla sfera
della volontà, quali la respirazione, la circolazione del sangue, i moviuienti intestinali: esse
non sono azioni dello spirito: il Baili le denomina azioni ritiesse (in senso fisiologico) e le
distingue sostanzialmente ilalle volontarie, siccome jnconscienti e non appartenenti allo
PER r.irSKPPE ALLIEVO 37
spirito. L'attività spontanea poi si differenzia essenzialmente dall 'attività volontaria , essen-
doché questa geimoglia dalla sensazione e la susse^jiie. quella è anteriore ad ogni sentimento
e muove da una virtù interiore i-iposta nei centri nervosi: onde i moti volontari! sono
sempre preceduti e preparati dai moti spontanei od istintivi. Ancora, la volontà è manife-
stazione di t'orza intenta ad un fine concepito daUintelligenza . fine riposto nell" appagare
il sentimento mercé il con.seguimento del piai'eic o la cessazione del dolore, secondochè esige
la legge di nosti'a conservazione peisonale. mentre la spontanea attività procede a caso, è
regolata da circostanze tisiche, e non punto dal hen essere finale delTanimale. e s'arresta
al di qua di <'iò. clic dovrelihe compiere per la nostra consci-vazionc.
Ognun vede, come questo t'oncetto della vohnità. la (piale si svolge dall'attività
spontanea fisiologica come da proprio germe, ed è tutta nel satisfare le esigenze della sen-
sazione, non possa logicamente far luogo alla libertà l'azionale umana, uè tradursi in altra
morale che (piella dell'eudemonismo e dell'utilisnio. l]saminaiido la teorica dell'autore io
rimasi colpito dalla ]>rofonda rassomiglianza e starei per dire identità, che essa manifesta
colla dottrina sensistica del 'l'racy. Il francese ideologo dà il nome di volontà <• a quella
ammirabile facoltà, che abbiamo di sentile ciò che si dice desiderii (1 ) ». Kcco qui designato
il sentimento, siccome uno degli elementi costitutivi di'lla volontà, la ipiale è sempre mai
portata all'atto dal piacere o dalla pena, che noi proviamo, come apparisce dalle seguenti
parole, che tengono dietro immediatamente all(> citate: « Hssa è una conseguenza immediata
e necessaria della singolare jiropriefà. che hanno certe sensazioni di airecairi pena opiacei'e.
e de' giudizi, che noi ne poitiamo ; essendo che dopo di aver giudicato che un oggetto è
per noi ciò che chiamiamo buiuio o malvagio, ci riesce impossibile il non desiderare di
goderne o di evitarlo ». Si scorge qui il concetto medesimo del Baili, che fa gei'inogliai'e
la volontà dalla sensazione piacevole o penosa. Anche il secondo elemento della volontà,
che risiede nell'attività esercitata sul nostro mganismo mercè il movimento, è dal Tracj"
formalmente riconosciuto. « La volontà (egli scrive in (|uel medesimo ca])itolo quinto) pos'-
siede un'altra virtù ben incomprensibile i-d assai rilevante, (juella cioè di dirigere i mo-
vimenti delle nostre membra e le operazioni della nostra intelligenza, i,' impiego delle
nostre forze meccaniche ed intellettuali dipende dalla nostra volontà... K la mia volontà
che traduce in atti i risultati di tutte le altre mie facolti\ intellettuali ••. Questi due ele-
menti integrali della facoltà volontaria vengono dal Tracy significati col nome di bisogni
sentiti 0 di mezzi operativi corrispondenti in altra parte della sua opera, dove si legge:
« Dacché proviamo s(!ntimenti di preferenza noi abbiamo l>iso(/ìi>i ciie essi vengano sod-
disfatti sotto pena di essere infelici ])er essi. Questa facoltà di volere o di preferire è
dunque la sorgente di tutti i nostri hisof/tii : o meglio ancora tutti i nostri Insogni si
assommano in quello di soddisfarla. Abbiamo altresì avvertito, che fra gli atti della nostra
volontà . fra i nostri desiderii evvi sovente quello di muovere alcuno de' nostri membri,
impiegare alcuno de' nostri (jrgani. usare di alcuna delle nostre facoltà corporee od in-
tellettuali. Oragli è in (juest' azione volontaria de'nostri organi qualunque, che dimorano
tutti i mezzi, che po.ssiamo avere per procacciai'ci quanto ci è necessario, evitare quel, che
ci nuoce, in una parola provvedere ai nostri bisogni tutti. Cos'i la facoltà di volere è ad
un tempo la sorgente di tutti i nostri me.t^i (ecco Vattirifù del Bain) del pari che di
(I) Elementi di ideologia, parte 1", capitolo V.
38 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE PI A. BAIN
tutti i nostri insogni (ecco il sentimento) (1)». Che più? Anche la legge della nostra con-
servazione individuale, a cui il Bain richiama tutto l'operare della volontà, viene esplici-
tamente riconosciuta sott" altra forma dal Tracy in (4ueste parole: •• La volontà, del pari
che le nostre altre facoltà, non (• che un risultato del*nostro organismo (il Bain addita
nneìi'egli l'attività spovtaura n/Kscotarr. sifcoiic preludio e geriiir della volontà); ma
essa ha questo di proprio, l'he per cagion sua noi siamo mai sempre felici od infelici... Il
desiderio esclude l'indifferenza: per sua propria natura è godimento, se soddisfatto, pena,
se inadempiuto... (jodere e soffrire è tutto ]ier noi: è la nostra esistenza tutta quanta, ne
mai godiamo o soflrianio se non in quanto ahhiaiii desiderii . i quali vengano adempiuti
o no (2) ».
Questa dottrina, che pretende di trovare nell'istinto tisico e nel senso animale il
germe ed il fondamento primo della volontà umana e che in realtà scalza le basi di ogni
vera morale, parmi fondata sul sofisma, che i logici chiamano del post hoc. ergo propter
hoc. Da ciò. che nello sviluppo della vita del fanciullo si manifesta per primo il senso
coli istinto animale e la libera volontà razionale spunta assai dopo, il sensista, ne arguisce,
che questa è una evoluzioiK^ naturale di quello. Se cosi appunto stesse la cosa, anche nel
bruto si dovrebbe avverare siffatta evoluzione, mentre l'esperienza attesta il contrario. Or
la ragione per cui l'istinto fisico, ijuale esiste negli animali in-agionevoli. non ha virtù di
esplicarsi tant'oltre da trasformarsi nella libertà morale umana, parmi non possa essere
altra che questa: l'anima del bruto è specificamente diversa dallo spirito dell'uomo, e la
dottrina dell'evoluzione applicata al caso nostro è del tutto sbagliata.
Posta la genesi della volontà nell'attività spontanea accompagnata dalla sensazione,
il Bain si fa a descrivere la storia del suo sviluppo delineando il processo, mercè cui lo
spirito umano va successivamente connettendo a certi deteiniiinati sentimenti certe deter-
minate azioni. Siccome la facoltà del volere è un operare a seconda del sentire, così essa
non costruisce tutto di botto il proprio editìzio. ma avanza nel suo sviluppo a mano a
mano che impara a padroneggiare i movimenti del corpo ordinandoli ciascuno a quel fine
particolare, che è segnato dalla sensazioTio piacevole o penosa conforme alla legge della
propria conservazione. Nella prima infanzia i movimenti delle memhra non sono atteggiati
ad una direzione definita, ma avvengono foitiiiti ed alla ventura, jierchè originano dall'at-
tività spontanea interiore, non da un piacele n da una jiena determinata. Imprimere al
nostro organismo corporeo tale o tal altro movimento conforme a tale o tal altro senti-
mento provato è cosa che s'impaia mercè la pratica e l'educazione di noi stessi, e costituisce
tutto il magistei'o e lo svolgimento della volontà. L Csercizio ilei nostro senso muscolare,
del senso organico, e de'cinque sensi esteiiii importa, a diventar volontario, sforzi non
pochi e ripetuti, accompagnati da tentativi tal fiata infruttuosi.
L'impero, che la volontà esercita sui movimenti del corpo, abbraccia: 1" la facoltà
di cotitiniKire o sospendere un moto, che già stiamo comiìiendo. per obbedire ad un sen-
timento presente, giusta la legge (irimitiva dell'orgainsmo . pei' cui i piaceri sono accom-
pagnati da un aumento di forze, le pene da una diminuzione: 2" la facoltà di scegliere un
(1) Elementi di ideologia, tomo V, Trattato delta volontà.
(2) Opera citata, parte I', capit. V e XIII.
PKR GirSEPPK ALLIEVO 39
movimento per elevare o depriineie l'intensità di un sentimento presente; come quando
un fanciullo impara a cercar un lume nella camera, o volge l'occhio vei-so qualche viso, che
cominciò a trovare piacevole : 3° il compiere azioni hìtermcclie in vista di un piacere,
come quando animali, vedendo a qualche distanza la preda, si mettono in moto per affer-
rarlti: 4" la facoltà d' iniìtozioiif. che ci consente di compiere azioni dopo che le abbiamo
vedute farsi da alti-i ( 1 ): .")" la facoltà di muovere i nostri organi corporei solo pel desiderio
di vederli in moto, come quando sto osservando la mia mano e voglio alzarla ; 6" la facoltà,
di eseguire un movimento dopo Vapjjp/lo del nome di quella parte del corpo, che dobbiamo
muovere, siccome avviene del soldato nell'atto delle manovre.
La volontà può essa estendere il suo potere oltre ai muscoli riconosciuti col nome di
volontarii? Il suo diretto ed immediato comando si esercita soltanto su questi, ma indiret-
tamente si estende anche ai muscoli involontarii : il che avviene in que'casi, in cui le fun-
zioni organiche sono cos'i intimamente connesse coi moti muscolari volontarii, che l'anione
di questi può sovente eccitarle o sospenderle. Se invece manca siffatta connessione, l'in-
fluenza volontaria vien meno anch' essa, come nel movimento del cuore, nella secrezione
del sugo gastrico. È altresì un fatto, che mercè uno sforzo volontario si riesce a mutare
il corso de' nostri pensieri; ma anche questa è influenza indii-etta; la volontà può fennare
l' attenrione. arrestarsi esclusivamente sopra un dato punto, ma non le è dato procedere
più oltre.
Nel concetto di volontà giace implicato il concetto di fine, essendo ogni atto volon-
tario determinato da un motivo. Il Bain. dopo di avere raccolti i diversi motivi del nostro
operare in un massimo fine generale, che è riprodurre il piacere ed allontanare il dolore,
passa a distribuirli nelle classi seguenti: 1" Tutti i fenomeni di piacere e di dolore ori-
ginati dal sistema muscolare, dalle sensazioni della vita organica, dai sensi estemi, dalle
diverse emozioni, siano essi piaceri e pene attuali e presenti, o ideali e prevedute: 2' i
fini raggi'uppati od aggregati, quali s(mo la scienza, le ricchezze, la sanità, la condizione
sociale, cose tutto che implicano un tutt' insieme di fini particolari; '?> i fini derivati o in-^
teimediarii. che ci ])ortano a ricercai-e ed amare |vi'r st> stesso ciò, che da prima non era
che un semplice mezzo, come l'ainoiN» delia forma di un' istituzione disgiunta dalla sua
sostanza, l'amore del danaro per sé stesso: 4" i fini appassionati o smodati, discordi dalla
ragione, come il fascino, l'ebbrezza, la mononiania: essi non ammettono considerazioni
rivali, non potendo venir combattuti se non da altri motivi della stessa natura.
Questa rassegna de' motivi determinanti la volontà, anziché una classificazione ra-
zionale e rigorosa, apparisce una mera enumerazione empirica e difettosa ad un tempo.
Non vi ha dubbio, che siccome il dominio della nostra volontà abbraccia tutta quanta la
nostra attività esteriore, meccanica, artistica, economica, politica, morale e, civile, cosi i
motivi debbono distinguersi in dift'erenti specie corrispondenti alle diverse manifestazioni
della volontà : ma nella classificazione dei Bain si cerca indarno il grande e nobilissimo
(I) L'autore reputa non istintiva, ma acquisita l'imitazione, perchè non si manifesta nei primi
lueel della vita uostra, come si manifestano i moti istintivi, è lenta ne' suoi primordii e progredisce
a gradi, spesso fallisce alla prova, avelie dopo di essere riuscita una volta; dipende dalla ricchezza
dell'attività spontanea e varia con ussa ; progredisce insieme colle abitudini acquisite, dipende dalla
delicatezza del senso, che percepisce l'effetto.
40 ESPOSIZIONE CRITICA PKI.T.K nOTTRlNE PSICOLOGICHE PI A. BAIN
fine, a cui è ordinata la vnlmità morale e religiosa, l'idea del dovere, del giusto, del buono,
del santo, né l'autore stesso avivbbe logicamente potuto farvi luogo, egli, che ha fatto
germogliare la volontà dall" istinto H-^ico <> la costi'iiisp in nti' attività detenninata dal
sentimento del piacere e del dolore.
L'atto volontario, che si comiìie sotto un conflitto di motivi, è la delil)erazione. la
quale mette poi capo alla risoluzione. Men disciplinata è quella v(dontà. che jiiocede né
troppo corriva, ne troppo tarda nel suo deliberare. E nota Vnl(/pf»n j(/6/v(/r escogitata da
Franklin a fine di ovviare ai danni di una precipitosa risoluzione : ogni qual volta si pende
ÌTicerti intorno ad un })artito da prendere, egli consiglia di registrare i)er tre o quattro
giorni sopra un foglio diviso in due opposte colonne le l'agioni favoicvoli o contrarie,
raccogliendone in ultimo la somma per rilevare (juali siano preponderanti. Tal fiata la
risoluzione è seguita da un sentimento ))eno>o. che acconi])agna la coscienza dell'attività
muscolare, e si denomina sforzo, il quale annunzia una declinazione di energia. Però è natura
della volontà di jìrocedere senza più dalla risoluzione all'atto, che la incarna. (Questo, in
sentenza del Bain. fa parte integrale dello sviluiipn volontario, e n'è il coronamento, avuto
riguardo alla tendenza, che porta l'idea a tradursi in atto, l'na risoluzione non segu'ita
dall'atto ei la chiama una volizione dinu^zzata. una ^jìecie di aboi-to psicologico.
Pervenuto a <iuesto punto il Bain rincontra nella questione della libertà, questione,
che può essere in sensi diversi agitata e lisolta secondo le diverse .scuole a cui s'appartiene,
ma la cui esistenza non può venire infoisata da nessuno. Poiché essa si compenetra con le
sorti medesime del nostro essere, s'imjjone alla nostra coscienza psicologica e dimanda
alla ragione il proprio scioglimento. Come intenda e come risolva la questione della
libertà il nosti'o autore, apparisce da (|ueste parole: ■» Quanto .sono venuto tìn qui espo-
nendo in riguaido alle azioni volontarie degli esseri viventi implica la predominanza di una
uniformità o di una legge in ipiesta da.sse di fenomeni, accordando una complicazione di
numerosi antecedenti, che non sempre sono perfettamente conosciuti ». K facile ravvisare
velato sotto queste ))arole il concetto del determinismo, dottrina, giusta la quale la vo-
lontà non si detei-niina ad operare per sua virtù inteiiore. ma è detei'minata da fenomeni
psicologici precedenti, come un conseguente da un suo antecedente. Quindi egli chiama la
questione della libertà un paiadosso di jiiinio giado. una serratura imbrogliata, un nodo
inestricabile, un problema fittizio e privo di reale significato, sicché il dimandare se le
nostre volizioni siano libere, torna allo stesso che ricercale se la virtù sia un gas. se la
volontà sia ricca o povera, nobile od ignobile. Non havvi dunque libertà di .scelta? S\,
risponde l'autore, purché si voglia con essa significare la negazione di ogni intervento stra-
niero, come non evvi libera elezione ogni qual volta un'altra pei-sona s'ingerisce nelle mie
risoluzioni e ini spinge ad una detenninata azione. Ciò vuol dire, che il Bain ammette la
libertà ri rniirfiniir. cioè l'esenzione da una violenza esteriore, non però la libertà n iifcrs-
sifdfr, ossia l'esenzione da una forza interiore, inerente alla natura dell'essere operante.
Ohe se il vocabolo Hhna scflta venga applicato ai diversi motivi presenti al mio spirito ,
esso smarrisce allora, in sentenza di lui. ugni significato, poiché quello tra i motivi, che la
vince nel suo conflitto cogli altri, trae con sé il mio operare, (.'he la volontà per sua stessa
natura abbisogni di un motivo o di una ragion sufficiente del proprio operare, é cosa che
concediamo di buon grado all'autore, giacché volontà libera non é certamente sinonimo
di volontà capricciosa, operante alla ventura o senza perchè: ma è gravissimo errore il
PER GIUSEPPE ALLIEVO 41
confondere il motivo, ohe è solo conrlizionp delKatto volontario, colla cagione efficiente,
che è la volontà (1).
Eiconosciuta siccome necessaria airoperare volontario la presenza di uno o più mo-
tivi, il Bain avverte che la questione della libertà, sta tutta nel sapere, se l'azione è mia
0 di altra persona, che mi adoperi come strumento del suo operare. Ma qui io dimando
alla mia volta: posso forse dir mia un'azione, la quale sia un necessario portato di quel-
l'insieme di circostanze o forze esteriori, che costituisce l'ambiente, in cui mi svolgo, o la
natura fisica, che mi circonda? Certamente no, per la stessa ragione, per cui l'autore af-
ferma non esservi libertà là dove s'incontra ingerimento di altra persona. 0 dirò forse mio
un atto, che la coscienza mi dice essere stato compiuto da certe forze istintive o psicologiche
a me interiori, che non mi venne fatto di combattere e di superare malgrado l'estremo di
mia possa? No. di bel nuovo, perchè la coscienza mi afferma l'esistenza di un me. ossia
di un principio personale superiore, in cui si raccoglie, si sostanzia e s'incentra il mio es-
sere, e siccome questo ìnf non prese parte a quell'azione, perciò essa non è mia, perchè
non può venire ascritta a me. come a vera cagion efficiente. Ciò è tanto vero, che la stessa
coscienza mi testimonia due classi di fenomeni, che si compiono nel mio spirito : gli uni
da me dipendenti, gli alti-i affatto indipendenti: dei primi io sono il soggetto e la cagione
ad un tempo, sicché sono miei veramente : dei secondi sono bens'i il .soggetto, non però la
cagione. Dunque allora soltanto posso dire veramente mia un'azione, quando è uscita da
questo supremo principio lazionale. che si denomina Vio. e dipendeva da me per guisa, che
avrei potuto non farla: e per quantunque abbia del misterioso questo avrebbe anche po-
tuto non farla, tuttavia la sentenza contraria ci mena a filo di logica a niegare il fatto
morale del merito, del demerito e della responsabilità umana, essendo assurdo il chiamare
a rendere ragione del proprio operato chi von poteva non compiere certa determinata
azione, ossia chi operò per insuperabile necessità di natura interiore o di forza esteriore.
La libertà vera sta dunque noi dominio di sé. ossia nell'impero, che l'io esercita sui
(Ij Anche su questo punto io scorgo una consonanza di pensare tra il Bain ed il Tracy, il qual»
cosi si esprime: « Si domanda bono spesso, se la nostra volontà essa stessa sia lìbera, se dipenda
da noi , cioè se a parlare con esattezza, dipende unicamente da sé stessa La questione proposta
si risolve in questa: la nostra volontà dipende essa soltanto da sé, cioè possiamo noi volere senza
una cagione, e per ciò solo che vogliamo volere? Si tratta di vedere sol questo, se è nella na-
tura della nostra volontà di uscir? all'atto senz'essere mossa da checchessia, se in noi pui^ sorgere un
desiderio senza causa; è evidente che no. Infatti se consideriamo il desiderio in astratto, se non vi
vediamo che una percezione, non possiamo concepirlo se non come una conseguenza necessaria del
giudizio, che una pei'ce/.ione precedente è per noi buona o malvagia a provare, desiderabile o uo ,
e questo giudizio se non come il necessario conseguente del modo, con cui siamo stati alTetti da questa
percezione nell'atto di provarla. Se per contro riguardiamo i nostri desideri! , quali sono in realtà, come
i risultati di certi movimenti ignoti, che si compiono negli organi dell'essere animato, e che gli fanno
provjire un modo di essere ohe egli chiama desiderare ; è certo che ogni desiderio segue necessaria-
mente dal movimento degli organi, che hanno la virtìi di produrlo, e che questo movimento degli
organi non è un atto della volontà , ma <> esso stesso occasionalo da altri movimenti anteriori. Cosi
né sotto il riguardo ideologico , né sotto l'aspetto fisiologico il desiderio non può essere concepito sa
non come un necessario conseguente di fatti anteriori, od in generale non ci può venir fatto di com-
prendere un atto qualunque, che sia principio e causa di sé medesimo. Cosi quelli di nostra volontà
sono forzati e necessarii, come quelli di tutte le nostre facoltà, e come quelli di tutti gli altri esseri
animati o inanimati, che esistono nella natura [Etem. di Ideal., parte I', capit. XIII) ». È evidente
il determinismo dell'autore, che riguarda ogni atto volontario siccome necessario conseguente del de-
siderio, ed il desiderio come conseguente necessario della percezione e del giudizio, togliendo cosi di
mezzo la libertà.
I
Serie II. Tom. XXXIV. 6
42 KSPOSIZIOXK TRITtfA IiKl.I.K IKITTKISK l'SK iiI.IMillHK IH V. HAIN
proprii atti r >lllli' potenze Mie. il (iiliile alloiH |inù dirsi liheld nel >I1(P (i|)eiare. quaiulci
non f' già fleterniinato da f<ii/e a lui inleiiori od estei'iini. ma si determina da sé. |inr
avendo jiresente a se niedtisinio il fine, a cui egli oi'dina il suo atto.
11 Baili non ammette la libertà morale c^o.si intesa, la quale poggia tutta quanta sul-
l'esistenza sostanziale del me. che primeggia e domina tutti i t'enomeni psit'ologici. Perini
il me non è alcunché di sosta nzialinente superiore ai fenomeni psicologici, ma niente più
che il loro aggre,gato. il loro sistematico insieme. Instituirò altrtive la critica di questa
erronea sentenza: qui basta ali uopo avvertire 1' incoerenza del suo concetto. Egli ripone
il problema della libertà nel sapere se l'azione è mia. o di altra pei"sona. che mi adoperi
come strumento. Ma come mai può parlare di azione niia o à'alfrui. egli che niega a
ciascun uomo la sostanzialità del me convertendolo in un intreccio di fenomeni privi di
un soggetto, a cui aderiscano ? E tolto di mezzo questo soggetto sostanziale, come distin-
guere fenomeni ed azioni mie da fenomeni ed azioni altrui ?
Ho affermato, che l'autore non ammette la libertà come facoltà propria del me so-
stanziale: ora aggiungo che egli non può logicamente ammetterla, se si mantiene coerente
alla sua teorica. Infatti, se la volontà dimora essenzialmente in un'attività suscitata e
governata dal sentimento, essa non può operare se non quando e come esige la sensazione
piacevole o molesta, che si è provata, e nel solo intendimento di accrescere e riprodurre
il piacere, scemare ed allontanar il dolore, e nel conflitto dei sentimenti lieti o penosi il
più forte di essi la traiTà dalla sua. C'osi il cerchio dell'attività volontaria è inesorabilmente
tracciato: un oggetto esteriore suscita in me un'impressione; questa si trasforma in uno
«tato di coscienza o gradevole o doloroso, e tosto io inetto in moto la mia attività organica
per conquistare o rimuovere l'oggetto sentito : ecco qui la mia volontà, che opera necessitata
dal sentimento, né potrebbe operai'e altramente senza procedere a ritroso della propria
natura. Una volontà siffatta, nata per servire al senso, non già per dominarlo, non può
pi'etendere a quella libertà inorale, che risiede nel dominio di noi medesimi . nell'impero,
che l'umano soggetto esercita sui proprii atti o sulle potenze inferiori. Seguitela pure in
tutto il corso della sua evoluzione ; ma il germe dell'attività spontanea istintiva, in cui
avete riposto le sue prime origini, non potrà mai esplicarsi nel libero reggimento di noi
medesimi, come il senso del piacere e del dolore mai non diventerà l'idea solenne del
dovere, il principio autorevole dell'ordine morale. R chi piglia ad esame la dottrina del
nostro autore, non può non rimanere sorpieso vedendo, come egli, scrittore inglese, non
riconosca nella volontà umana una forza libera ed autonoma radicata nell'individualità
sostanziale dell'umano soggetto, mentre il tipo caratteristico della gente inglese si rivela
nel governo di se. ossia nella costante ed energica affermazione della persona individua.
Il Tracy professa una teorica, la (]uale sostanzialmente non si dispaia da quella del
Bain, ma trascinato dalla forza della verità usci senza addarsene in espressioni, che smen-
tiscono il sistema ed attestano la libertà. Egli sentenziò, che il desiderio (e la volontà è
per lui la facoltà di sentir desiderii ed adempierli) riguardato sotto l'aspetto vuoi psicolo-
gico, vuoi fisiologico, va mai sempre concepito siccome un necessario conseguente di fatti
anteriori, e dichiarò forzati e npcfssnr/i gli atti di nostra volontà, non altrimenti che
quelli di tutte le altre facoltà nostre, anzi di tutti gli esseri della natura siano essi ani-
mati o no. Se non che, incontratosi nel fatto del merito e del demerito, cos'i si espiime :
» Non senza ragione gli uomini connettono un'idea di merito o di demerito, un sentimento
PER GIUSEPPE ALLIETO 43
di amore o di odio alla nostra volontà illuminata o stupida . benevola o malevola a
loro riguardo : perchè se non abbiamo la potestà di volere per <-iò solo, che vogliami
volere, abbiamo però fino ad un certo punto (|nella di congiungere la nostra attenzione a
tale 0 tal" altra percezione, di moltiplicare e correggere i giudizi, che ne portiamti . ed in
virtù de' quali abbiam delle volizioni (op. cit.. loco cit.) ».
Questo medesimo concetto del dominio della volontà sulle uustre sensazioni e sui
nostri giudizi] si trova ripetuto nello stesso Capitolo XIII con queste altre parole: « Di-
pende da noi tino ad un certo punto applicare a qualcuna delle nostre percezioni la nostra
attenzione siffattamente da rendere pressoché nulle a nostro riguardo tutte altre... Noi
siamo fino ad un certo punto arbitri di considerare tal percezione, di richiamare tal ri-
cordo piuttostochè tali «Uri e di termale la nostra attenzione piuttosto sovra l'uno che
sovra l'altro dei loro rapiìoiti... Coiichindiamo adunque, che la nostra volontà non ha il po-
tere di formare tale o tal desiderio senza motivo e per un atto puramente emanato da essa:
ma che avendo fino ad un certo punto (qualunque sia la cagione, che la porta all'atto) il
potere di applicare la nostra attenzione ad una percezione anziché ad un'altia. di ravvivare
un ricordo piuttosto che un altro, di richiamare il nosti'o esame .sopra tal rapporto di una
cosa anziché sopra tal" altia . tutti atti, che sono gli elementi delle sue detemiinazioni .
essa influisce, non in modo immediato, ma mediato, sulla sua risoluzione ulteriore ». Ora.
se la volontà domina a sua posta le i)ercezioni sensitive a segno da l'inforzare le une ed
annullare le altre, se da essa dipende rifare od emendare que' giudizi, su cui posano le
nostre deliberazioni, se in-somma essa è arbitra degli elementi, onde s'intessono le sue de-
terminazioni, tutto ciò è un riconoscere la vera libertà morale, ed un ripudiare il sensismo.
con cui essa è logicamente inconciliabile. I sensisti si argomentano di schermirsi dai colpi
della logica con uno stratagemma avverbiale. Il 'l'racy ammette, che la volontà può pa^-
droneggiare i sensi, gli affetti ed i pensieri solamente fato ad mi rrrto punto : espres-
sione verbale, ch'egli ri|)ete ogni (|ual volta enuncia questo suo concetto. Anch' egli il
materialista Biichiier. dopo di avere sentenziato, che >- non soltanto l'essere dell'uomo,
ma le stesse sue azioni, i suoi pensieri, la sua volontà, tutti i suoi sentimenti sono fatal-
mente soggetti alle leggi regolatrici dell'universo {Forza e materia. Gap. XX) ». tosto
soggiunge, che « l'umanità e gli individui soggiacciono ad un ordine di cose che fatalmente
li domina fino ad mi certo grado » . e dice, che « le influenze fisiche limitano il libero
arbitrio ». Quel fino ad mi certo pmifo. fìiio ad un certo grado è un palliativo che non
approda a nulla. Non è i)iù (luestione, se la libertà esista o no , ma entro a' quali limiti
sia circoscritto il suo potere. Che noi siamo liberi, è cosa non più revocata in dubbio ; questo
soltanto rimarrebbe a discutersi, fino a qual segno possa giungere la nostra libera attività:
discussione accettata dai propugnatori medesimi della libertà, ai quali non cadde mai in
mente di. reputarla sciolta da ogni limit*' e pnjssochè infinita.
Il Bain s'ingegna di infirmare la validità della coscienza, che testimonia la libertà,
argomentando di tal modo. La coscienza è pei fenomeni interni ciò. che l'osservazione sen-
sibile pei fenomeni estemi : e siccome i sensi esterni non sono testimoni infallibili di quanto
.avviene o sussiste fuori di noi. atteso il disaccordo degli umani giudizi circa le grandezze,
le forze, la distanza, il peso de'corj)i. cos'i non abbiamo ragione di aggiustar piena fede
alla coscienza, attese le tante dispute metafisiche intorno la natura ed i rapporti de 'feno-
meni psicologici. La più parte degli uomini sa di pensare e di sentire senza possedere
44 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
esatta conoscenza delle leggi del pensiero e della successione delle proprie idee. Bisogne-
rebbe che le testimonianze della coscienza, riguardo alla libeità del volere ed al senso mo-
rale, a meritare salda credenza, si presentassero sotto forma di assiomi nel senso rigoroso
della parola. Questo ragionamento posa sopra un equivoco. L'autore confonde l'esistenza
dei fatti vuoi intemi . vuoi esterni . colla ragione spiegativa de' medesimi. 1/ osservazione
sensibile esterna, egualmente che la coscienza, mi attestano fatti . che succedono in me o
fuori di me. e finché si rimane nella cerchia de' fatti, la loro testimonianza non può essere
messa in forse, la ragiono invece spiegativa dei fatti va attinta da una facoltà superiore,
qual'è la riiiessione speculativa, (.tra è un fatto attestatomi dalla coscienza questo, che in
alcuni casi dipende da me il compiere s'i o no una detei-minata azione . e che all' azione
compiuta succede in me il fenomeno del satisfacimento o del rinio!"so. secondochè essa è
conforme o contraria al senso morale: questo fatto né può essere revocato in dubbio, né
venire spiegato altrimenti, se non ammettendo la libertà. Per <[uantunque il più degli
uomini non conosca con esattezza le leggi de' pensieri , "non e'' perciò men certo di pen-
sare e di .sentire, appoggiato alla testimonianza della coscienza. Xc veggo, come l'autore
possa sostenere la contraria sentenza, egli che discorrendo della facoltà ritentiva pronun-
ciava, che la scienza del soggetto umano, la psicologia, ripo.sa tutta sul testimonio della
coscienza. Egli esige, che le testimonianze della coscienza ad essere credute con sicurezza
siano sgombre da ogni nube ed abbiano la forma di un assioma, e non s'accorge, che b
dessa la coscienza quella, la quale mi assicuia. die io percepisco un assioma. La coscienza.
se non è giudice autorevole di un principio razionale o scientifico, è testimone infallibile
di un fatto, anzi di tutti i fatti psicologici e soggettivi, quale appunto è il fenomeno mo-
rale del rimorso e della responsabilità personale. Che più ? Il Bain professa la dottrina
comune a pressoché tutti i psicologisti inglesi del nostro secolo, che cioè la coscienza ac-
compagna tutti i fenomeni psichici, è la condizione necessaria e la forma generale di tutte
le facoltà umane e delle loro opera^iioni. il fondo intimo di ogni spirito, il quale nulla
potrebbe sentire, nulla intendere, né volere senza di e;ssa. Quindi è evidente che il
mettere in dubbio o l'impugnare l'autorevolezza della coscienza come testimone di
fatti psicologici, dopo di averne riconosciuta l'ampiezza e la tenuta universale, gli è
un rompere in una aperta contraddizione ed uno scalzare le fondamenta medesime
della scienza psicologica.
La coscienza.
Discorse col Bain a parte a parte la sensitività, l'intelligenza e la volontà, giova
abbracciarle con uno sguardo comprensivo e considerarle nelle loro attinenze collo spirito.
Dalle cose esposte apparisce, che la sensitività sta come fondamento primo delle altre dne
facoltà, essendoché il sentimento dall'un lato diventa intellezione . quando venga conce-
pito come distinto od identico con altri sfiitiinciiti. dall'altro trasformasi in volontà- susci-
tando la nostra attività ad operare a seconda del piacere, o del dolora da cui è accom-
pagnato. Di tal modo il sentire, l'intendere ed il volere non andrebbero più riguardate
siccome facoltà costitutive dello spirito tutte e tre fondamentali ed originarie ad un modo
secondochè il Bain aveva posto da principio. Bensì l'intendere ed il volere apparirebbero
ifl
PER GIUSEPPE ALLIETO 4o
facoltà secondarie e derivate, che rampollano dal sentire come dal loro tronco comune (1).
ed il nostro autore si troverebbe condotto alla dottrina del Condillac. che ripose nella
sensitività l'essenza dell' anima, mentre Cartesio l'aveva collocata nel pensiero, Main de
Biran nell'attività volontaria. Per lui lo spirito è niente più che lo sviluppo fenomenico
di esse tre facoltà intrecciate per guisa, che le manifestazioni della seiLsitività (quali, sono
i movimenti muscolari, le sensazioni, gli appetiti e gl'istinti) ne costituiscono la parte infe-
riore e primitiva, le funzioni invece dell'intelligenza e della volontà progrediente ne for-
mano la pai'te superiore e derivata.
Kaffrontando ora fra di loro i tie distinti ordini di fenomeni . a cui il Bain riduce
tutto quanto lo spirito . rispondenti alle tre facoltà fondamentali di esso, io vi scorgo
una forma comune, in cui tutti convengono, cioè la coscienza. Nelle opere psicologiche del
nostro autore non apparisce una teorica esplicita e speciale della coscienza, la quale non
è sempre da lui concepita e signiticata ad un modo : giova tuttavia raccogliere qua e là e
raffrontare fra di loro i pensieri dell'autore intorno a questo argomento, il quale. seJjbene
non sia stato da lui discorso di proposito . s'inviscera nelle parti divelle della sua dot-
trina, e ne determina il significato ed il valore in faccia alla critica.
La dottrina del Bain tiene la sensitività inseparabile dalla coscienza. Ogni sentimento
implica la coscienza od appercezione del grado e dell'intensità sua. Noi abbiamo coscienza
dei differenti gradi della sensitività muscolare, né havvi sentimento di moto, che vada
scompagnato dalla consapevolezza della forza intei-iore spontanea, che lo ])rodiice. e della
rapidità o lentezza del movimento piodotto. Anche le sensazioni particolari propriamente
dette ad esempio della vista, dell'udito, del gusto, sono stati di coscienza suscitati in noi
dall 'operare di una cagione esterna. Come ogni fenomeno della sensitività, cosi ogni fun-
zione dell'intelligenza va accompagnata dalla coscienza. La facoltà del discernimento è la
coscienza della ditferenza tra le cose, la facoltà dell'accordo è la coscienza od apperce-
zione della rassomiglianza in mezzo alla dift'erenza. e nella sintesi di queste due facoltà
risiede tutta la natura e lo svilupjio dell' intelligenza. La vohmtà anch'essa sempre si
muove conscia del fine, a cui intende l'attività sua. Forza è adunque arguirne, che non vi
sono funzioni psichiche inconscienti. clic non si dà un solo istante nella nostra vita, in cui
la coscienza sia del tutto a.s.sente. clic insomma lo spirito è niente più che un insieme di
fenomeni conscienti, mentre il mondo esteriore è un insieme di fenomeni inconscienti.
Questo concetto dello spirito non è dall'autore enunciato in questi termini espliciti, ma
pure è un'espressione fedele e logica della sua dottrina.
Che lo spirito umano sia un jjuro fenomenalismo consciente scevro di sostanzialità,
è tal sentenza che non iTgge alla critica, peichè colpita da intrinseca contraddizione. Essa
contraddice primamente alla coscienza medesima, su cui tuttavia dovrebbe reggersi tutta
quanta, poiché la coscienza mi art'ei'ma in modo soieinie. costante, incontrastabile, che io
non sono una miscela di fuggevoli e vani fenomeni, bensì una vivente ed effettiva sostanza.
■ che cioè posseggo una vera individualità e sussistenza tutta mia propria, la quale permane
sempre in fondo la stessa in mezzo al variare delle sue mutazioni esteriori. Contraddice in
(I; Que.sla mia o^servazimie trae maggior coiil'i^rma dal seguente brano dall'autore : « L'intelligeii/.a
acquisterà il posto . che le spetta in un compiuto sistema dello spirito tra le emozioni e le attività
istintive, e le emozioni e le attività perfezionate , dappoiché essa è lo stroniento, che le traduce dal
primo al secondo stato {I sensi e l' inlelligenia, parte prima) ».
46 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE IiOTTRIXE PSICOLOGICHE DI A. BAIX
secondo luogo alla ragione, la ijuale concepisce il fenomeno siccome la manifestazione
dell'essere, il modo siccome la rivelazione della sostanza, epperò è portata dalla necessità
st€i-sa di sua natura a considerare questi due termini siccome inseparabili e correlativi,
perchè il primo ha sua ragion d'essere nel secondo. La contraddizione razionale apparisce
ancor più manifesta, ([uando si ponga ben mente alla inconciliabilità di questi due con-
cetti, fenomenalismo consciente. Se il fenomeno è inseparabile dalla sostanza, perchè da
questa trae la sua origine, in questa rinviene il suo tcniiiiic tinaie, min è men vero, che
esso è inconciliabile colla coscienza. Infatti la coscienza importa un consciente. un perci-
piente se stesso : epperò un fenomeno, ad esempio un sentimento, un pensiero, una voli-
zione non è coscienza, se non a condizione di essere un senziente, un pensante, un volente,
vai quanto dire un essere sostanziale, sussistente in se stesso, onde consegue, che attri-
buire la coscienza ad un fenomeno è un rompere nella contraddizione, che il fenomeno è
una sostanza. E dato jjure. ma non concesso, che al fenomeno sia inerente la coscienza,
sarebbe giuocoforza ammettere, che lo spirito umano consta di tante coscienze quanti sono
i fenomeni, onde si dementa : sentenza tanto strana, quanto insussistente, posciachè alla
coscienza è essenziale l'unità psicologica, la quale, non potendo risiedere nella moltiplicità
successiva dei fenomeni psichici, forza è che dimori nella sostanzialità individua dello spirito.
Infatti, esso solo l'io umano può l'accogliere ed identificare nell'unità del suo essere la
varietà de' suoi fenomeni: egli è consapevole, che quell'io, il quale ha provato questo
0 quel sentimento, è (juel desso, (^he ha prodotto tale o tal altro pensiero, che ha fer-
mato questo o quell'altn) proposito volontario. Tolta di mezzo l'unità sostanziale dello
spirito, avremo bensì un aggregato meccanico di fenomeni psichici, i quali si succedono
esteriormente in una serie A\ jii.dd-pdsìzIuHc. non un vivente si.steina di fatti, che si com-
penetrano interiormente in un tutto dinamico, perchè il principio della continuità di svi-
luppo importa, che lo spirito conservi identica l'individualità sua in tutti e singoli i mo-
menti, che percorre nella sua evoluzione in quella guisa, che un ?iiobile rimane sempre
quel desso in tutti i punti della distanza, che attraversa.
Tutte queste considerazioni ci portano a conchiuderc. che la coscienza non è pro-
prietà de' fenomeni, ma della sostanza, che i fenomeni non pos.sono organarsi in un si-
stema vivente senza radicarsi in un ]irinci])io vitale supremo. (|ual è la sostanza, che
infine lo spirito umano lum è un mero fenomenalismo consciente, bensì una sostanza avente
coscienza di sé e de' suoi fenomeni. Anche Francesco Bouillier riguarda la coscienza non
come una facoltà distinta e speciale, ma come la facoltà unica e suprema, a cui si ricon-
ducono tutte le altre, t'ome la forma generale, identica e comune dell'intelligenza, della
Kensitività, della volontà, come la condizione necessaria di tutti i pensieri, di tutti gli atti
dello spirito e delle sue nuuiiere di essere (1): ma pure insieme col me fenomenico egli rico-
nosce siccome da esso inseparabile il me noumenico e sostanziale. Per lo contrario il Bain
ripetendo Condillac, il quale nel suo Traite dea .''rii.satiunx aveva sentenziato che « il me
di ciascun uomo non è altro che la raccolta delle sensazioni, che egli prova e di quelle che
la memoria gli ricorda, ossia è ;ul un tempo la coscienza di ciò. ch'egli è ed il ricordo di
ciò che fu • così scrive : « 11 vocabolo »ir altro non può significare, che la mia esistenza
(tj Vedi il capitolo XXi doli» sua opera Du principe vilal et de l'ilnn pensante; e l'altra Hua
opera De la conscietìce eie.
PER (JirSKPPK ALLIEVO 47
corporea unita alle mie. sensazioni, emozioni, volizioni. })ensien. supponendo che la loro
classificazione sia compiuta, e siasene fatta la .somma nel passato . nel presente, nel fu-
turo», Questo linguaggio smentisce la rlottnna. !1 parlare della tnia esistenza corporea,
(ielle sensazioni e delle volizioni ////>. de' pensieri miei mentre si riduce il nip a queste me-
desime sensazioni . pensieri, volizioni sommate insieme, gli è una ridevole tautologia, un
giuoco di parola insensata, e per di più un rigettare l'esistenza medesima del me fenome-
nico, giacché la somma definitiva delle sensazioni passate, presenti e future mai non sarà
attuata.
Un'ultima considerazione rimane a fare su questo grave argomento, ed è. che diffi-
cilmente ci può venir fatto di formarci un concetto qualsiasi della coscienza riguardata
siccome forma generale e comune di tutti i fenomeni psicologici. Poiché, se lo spirito umano
si assomma tutto quanto nella tiiplice facoltà di sentire, di intendere e di volere, ogni
atto psichico, epperò anche la coscienza, apparterrà all'uno od all'altro dei tre ordini di
fenomeni . sentimenti . pensieri . volizioni. Se adunque la coscienza ha la forma propria
del sentimento, o quella del pensiero o della volizione, non sarà più la forma comune e
generale di tutti i fenomeni psicliici.
Se poi è la forma generale di tutte le manifestazioni dello spirito, forza è dire, che
essa non è ne un sentimento, ne un pensiero, ne una volizione, ed allora che sarà essa
mai? Il concetto dell'autore intorno a questo punto non si lascia afferrare. Egli considera i
sensi e gli istinti primitivi siccome la parte inferiore e greggia dello spirito umano, non ancora
rischiarata dal lume dell'intelligenza: il che vorrehbe dire, che la coscienza non è un
fenomeno intellettuale, ossia una conoscenza; ma dalla sua dottrina non apparisce neanco.
che essa risieda nella facoltà del sentire od in quella del volere. Talfiata però egli piglia
la coscienza in senso affatto speciale .siccome una facoltà particolare distinta da tutte le
altre, quale la intendeva il Keid. vale a dire come la conoscenza de'fatti del nostro proprio
spirito, fondamento della scienza psicologica.
Attinenze tra il soggetto e l'oggetto, il me ed il non-me.
La teorica della coscienza involge in sé il problema gravissimo delle attinenze tra
il soggetto e l'oggetto, essendoché il me non potrebbe aver coscienza di sé senza distinguersi
da ciò, che non é lui. ossia senza opporre a sé medesimo il non-me. Il Bain discusse
questo problema e lo risolse nel senso dell'idealismo, il quale niega ogni realtà noumenica
e sussistenza effettiva ai mondo esteriore. Xé la cosa poteva coiTere diversamente : egli,
che aveva trasformato il ine ossia il soggetto in un sistema di fenomeni, doveva per logica
necessità trasformare il Tion-ine ossia l'oggetto in un fenomenalismo esteriore. Nella seconda
edizione della sua opera J firnsi e l'intelligenza dopo di avere dichiarato di scostarsi dal
senso ordinario del vocabolo roKeienzo adoperato nella prima edizione come sinonimo di
sentimento, soggiunge : " Io preferisco ora di dare a questo vocabolo una più ampia
estensione anziché circoscriverlo allo spirito propriamente detto, e lo adopero per significare
ad un tempo i nostri stati soggettivi e gli oggettivi. L'oggetto ed il soggetto sono entrambi
parte di noi, secondo il mio avviso: abbiamo adunque una coscienza soggettiva, che è in
un senso speciale lo spirito (ciò. di cui si occupa la scienza mentale), ed una coscienza
48 - ESPOSiZIONF, CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN'
oggettiva, cui posseggono tutti gli esseri sensitivi, ed a cui noi dobbiamo ruiiiverso esteso
e materiale (pag. 628) •>. Dacché l'oggetto fa anch'esso parte di noi. il soggettivismo è
inevitabile, e vi ci siamo altresì logicamente condotti dalla teorica dell'intelligenza supe-
riormente esposta. Infatti egli i-i))one la natura costitutiva dell'intendere nella duplice
funzione del discernimento e dell'accordo, ossia nell' a])percepire la differenza tra un
sentifneìiio e l'altro, e nel cogliere la rassomiglianza od identità di un srìitìuinito con altri.
Intendere adun(|ue è un conoscere non già gli oggetti realmente esistenti, ossia le cose
in sé stesse, bensì i nostri propri! sentimenti differenziandoli ed accomunandoli: e siccome
questi sono di loro natura soggettivi perciiè stati di coscienza o modi proprii del soggetto,
perciò l'intelligenza, lavorando esclusivamente intoi-iin ad essi, ncm può non nuscire ad un
sapere essenzialmente ed universalmente soggettivo. Potrebbe jierò altri osservare, che
siffatta teoi-ica si concilia col lealismo, quando si voglia significare, che nessuna cosa può
diventar oggetto di conoscenza, se prima non sia jìassata jìer la sfera della sensitività, sicché
l'intelligenza, lavorando sui sentimenti, ne districa le idee rappresentative delle cose. Ma
questa interpretazione, oltreché, non ci pan^ guari cunl'orme alla dottrina del Bain. si risolve
nel principio sensistico espresso dalla nota Ibrmola: Niliil rsf in /ntrlfrctu. quod prius non
fuerit in srnsit : e siccome il senso tisico (e ben si sa che il Hain fonda tutta la sua teorica
della sensitività sul senso corporeo ed animale) non può contenere in sé il soprasensibile;
quali sono appunto le idee oggettive ossia l'intelligibilità delle cose, perciò vana opera
tenterebbe l'intelligenza esplicando il sensibile nell'intelligibile. Oltre di che nessuno
vorrà sostenere in sul serio, che act avere conoscenza del diritto, del dovere, della giustizia,
di Dio e di altrettali oggetti occorra averli prima fisicamente sentiti (1).
(1) È noto, come il Ros.visi assegni al sentimento un compito rilevantissimo e singolare nella
formazione della conoscenza o nell'economia del sapere umano. L'intuizione originaria dell'essere ideale
universale costituisce l'atto primo della nostra intelligenza) e se lo spirito umano rimanesse mai
.sempre assorto nella nuda ed immobile contemplazione dell'essere puro, uniforme, indeterminantissimo,
nessuna idea particolare giungei-cbljo mai a form.irsi , nessuna realtà determinata non conoscerebbe
mai. Interviene la sensazione, in grazia della quale l'essere da prima indeterminantissimo ed univer-
sale viene dalla virtù della mente cir(;oscritto entro a limiti e rivestito di quelle note e determinazioni
particolari, che sono .segnate dalla sensazione stessa; e siccome lo spirito umano, che intuiva l'essere
ideale, è quel medesimo, che ora sento una realtà particolare, perciò, in virtù di questa unità psico-
logica, i due elementi, ideale e reale, vengono a comporsi insieme nella conoscenza umana, e dall'atto
prirnó dell'intendere si svolgono gli alti secoudi, ohe danno luogo alle molteplici idee. Cosi mediante
l'arròta del sentinionto . il Ros.mini si avvisa di ^piegare l'origine di tutto il sapere dall'unica e so-
vrana idea dell'essere ideale, ed insiememente salvare la sua dottrina dall'idealismo universale.
In mia sentenza, egli ha fallito all'uno ed all'altro suo intendimento. L'unità psicologica, 51 cui
ricorre, non approda a nulla, perchè lo .spiiito umano, in quanto intelligente, non è lo spirito umano,
in quanto senziente; onde riesce impossibile il connubio dell'intuizione dell'es-sere ideale colla sensa-
zione dell'attività reale. Egli stesso pronuncia, che l'intelligenza non comunica colla realtà, bensì
coir idealità ; definisce l'ente reale (|uollo, che ha un sentimento od opera sopra un sentimento, ed
assegna ad oggetto proprio dell'intelligenza l'ente ideale, l'idea, la possibilità od es.senza universale
delle cose, sicchis noi conosciamo le realtà particolari , ad esempio un ciato cavallo, non in sA, ma
nelle loro idee rappresentative: e siccome nell'idea rappresentativa di un cavallo reale c'è tutta la
sua essenza lOstitutiva tranne la realtà, così conoscere gli esseri reali nelle loro idee vai quanto co-
noscerli non già come reali , bensì come possibili od ideali , il che è pretto idealismo. Oltre di che
il Rosmini pone l'intuizione dell'essere ideale indeterminatissimo come l'atto primo dell' intelligenia '
dato dalla stessa natura allo .spirito umano, e scrive che : 'i tutte le potenze intellettivo, tutta l'attìvitk
dell'uomo in quanto è un essere dotato d'intelligenza ha la sua .sorgente in quell'atto primo, che
qualsivoglia pensiei'o si riduce sempre alla determinazione e limitazione di una cognizione preceden-
temente supposta, sicché una cognizione implicita, onde tutte le cognizioni poi esplicitamente »i
PER GIUSEPPE ALLIEVO 49
11 problema, che abbiam per le mani, si risolve in questi due altri: 1° come e
donde origini la nostra conoscenza del mondo esteriore : 2" se essa possegga un valore
oggettivo siffattamente, clic le corri.sponda una realtà nonmenica estema. Vediamo come
il Bain abbia risolti questi due problemi.
L'esercizio della nostra attività .spontanea muscolare suscita in noi un sentimento
accompagnato da piacere e talfiata da molestia. Questo sentimento muscolare è un feno-
meno essenzialmente psichico o soggettivo, e finché !<• spirito limane tubila sfera di esso,
non esce ancora fuori di st\ ('■ puro soggetto senza oggetto, non occiiiiato di verun'altra
cosa, che di sé stesso. Ma nell'esercizio muscolare medesimo lo sjiirito . affievolito o
spento il sentimento di piacere o di pena, piglia un'attitudine oggettiva, non avverte
più il fenomeno sensitivo suo proiirio. ma aciiuista coscienza della forza, dell'attività
dispiegata, del potere esercitato, di qualche cosa insomma che resiste a lui. che è in
reale contrasto con tutto l'insieme de" suoi stati soggettivi. Cosi lo spirito, uscendo fuori
di sé. ossia fuori del dominio della sensitività passiva e del pensiero, s'incontra in una
forza, che opera sopra di lui. ma non è lui, si forma il concetto di fatti puramente
oggettivi, quali sono la resistenza, la .solidità, l'esteasione. in una pai'ola percepisce il
gran fatto, che addimandasi mondo esteriore. Adunque, secondo il nostro autore, la cono-
scenza della realtà esterna deve la sua origine ed il suo sviluppo al sentimento mu-
scolare associato poi alle sensazioni del tatto, della vista e degli altri sensi esterni, e
la gran distinzione del soggetto e dell'oggetto, dello spii-ito e della materia riposa tutta
quanta sul contrasto tra il sentimento muscolare proprio dello spirito e l'attività o
forza propria delia materia, o dell'estensione che suscita quel sentimento.
Se il sentimento dell'attività muscolare e della resistenza, che essa oppone allo
spirito, origini in noi la nozione del corpo o ci porga la misura della forza, dell'inerzia,
del peso, della solidità, di tutte insomma le proprietil. che co.stituiscoiio il mondo este-
riore od oggettivo della materia . é cosa che qui non discuto. Però non mi rimango
dall'esporre alcune considerazioni in liguardo a questa dottrina del psicologo inglese.
Primamente egli ha concepito e discusso il problema in un senso troppo angusto ed
esclusivo restringendolo alla conoscenza del inondo materiale, mentre il noii-me. di cui
si rintraccia l'origine, va inteso in modo siffattamente ampio e comprensivo, che abbracci
non solo l'universo corpoi'eo . ma la realtà esteriore tutta quanta, sia essa materiale
od immateriale, finita od infinita, cosmica o divina. Secondamente avverto, che, se il
sentimento appartiene in proiirio al soggetto, ossia allo spirito, e l'attività o forza appar-
tiene in proprio all'oggetto ossia alla materia, allora il me va concepito siccome alcunché
di meramente passivo e spoglio di ogni energia sua propria , ne più s' intenderebbe
svolgono corue da loro gamie, preceiJtì iieiiessariamente, u 1.' altre non sono che una rnodifìoaiione di
quella prima [Anlropoloyia in sercisio della sdenta morale, libro 3", sezione 1', capo 1°, art. 4') ».
lo opino in contrario, )" che da un atto primo intfiUettuale, tutto riposto nell intuizione della pura
idealità, non possono germinare atti secondi riposti nella cognizione di esseri reali, non consentendolo
la loro comunanza di natura; 2° che, attesa la ragione inversa in cui stanno fra loro l'estensione e
la comprensione delle idee, l'e-ssere ideale, perchè sominameate esteso, non comprenderà in sé veruna
determinazione o nota particolare, epperò non può esplicar.si nella plunilit.i delle idee rappresentativa
delle cose, sicché le determinazioni costitutive dei varii esseri verrebber'o dal nostro pensiero aggiunte
all'essere ideale indeterminatissimo, in cui non preesistevano , e gJi esseri stessi sarebbero una crea-
lioue della mente umana. Eccoci di bel nuovo in pieno idealismo per campare dal nuUisMio
Sekie li. Tom. XXXIV. 7
50 KSKISIZIONK CKITK A |iK1.I,K liOTTKINK PSICOI.fHiirHK 1)1 A. lUIN
il come la materia e^sseiizialmente estesa possa spieftare la sua attività sullo spirito essen-
zialmente inesteso. Per ultimo, non è inutile l'osservare, che in niente rlellautore il corpo
nostro proprio fa parte del inondo esteriore ossia del non-ine. Eppure la coscienza ne
testimonia, che il cor]»), cui chiainianio nostro proprio, ^ta così intimamente congiunto
col nostro spirito da formare c(m esso un tutto solo vivente distinto dalKuniverso esteriore,
che e l'uno e l'altro sono entrambi essenziali a costituire t'umano soggetto, ed il senti-
mento della nostra individualità jiersonale è cosi jiotente. che noi riguardiamo il nostro
corpo e lo spirito nostro siccome distinti dagli spiriti e dai corpi, che compongono l'uni-
verso esteriore. A dissi])are ogni eijuivoco gioverebbe dalla forinola del problema eliminare
il vocabolo /'strriurìfiì. che riferito allo spirito si perde in una vana metafora (giacché
il dì fuori suppone il rii tievtru. e lo spirito essendo inesteso non comporta ne l'uno
né l'altro termine), e dimandare piuttosto se abbiavi e come si conosca un mondo (ìl^tinto
dall'umano soggetto.
Procedendo al secondo |udbleni;i il Hain muove la diiiiHudM. se nliliiavi nell'universo
alcunché oltre il nostro spirito ed i suoi fenomeni. o|i]iine ipiale ragicme abbiamo di
credere, che sussist;iiio fuori di noi oggetti, i (puili ^i (■ontrai)pongano alle nostre sensa-
zioni e non ne dipendano Veramente, il ricercare se vi esista (pialche cosa oltre lo spirito
ed i suoi fenomeni, suppone che lo siiirito sia esso stesso una realtA effettiva e sostanziale,
e non già un'entità meramente fenomenica, come avvisa l'autore. A siffatta questione
egli risponde con le seguenti osservazioni :
1" Noi non possiamo conosccrr" il mondo esteriore, né discutere intorno ad esso
se non in quanto esso è ni rajjfìorto col nostro spirito. ])er modo che l'ammettere che
il mondo è indipendente dallo spirito e che tuttavia esso è da noi conosciuto, implica
contraddizione. La nozione stassa delle cose materiali è un fatto mentale. Contemplare
un mondo, che non fn punto parte dello spirito, è- un'illusione. (^Mii l'autore incorre
in un equivoco. Da ciò . che non ci è dato conoscere il mondo se non a condizione
che esso si ponga in rapporto di presenzialità collo spirito nostro, punto iifin ne consegue,
che esso non possegga una sua propria realtà e sussistenza distinta dallo spirito stesso.
e che l'entità essenziale del mondo risieda tutta (pianta in (juesta sua presenza al nostro
pensiero, .senz'essere alcunché di oggettivo in sé stessa. Che anzi il mondo non lìotrebb'es-
sere presente allo .spirito, se fosse proprio un nulla di realtà, essendoché un rapporto
qualunque importa una dualità di termini distinti e diversi. I/errore del Kantismo giace
appunto nell'avere separato il fenomeno dal noumeno, quasiché il fenomeno, ossia l'appa-
rire di una cosa alla mente, non sia il noumeno stesso, ossia la realtj^ oggettiva di una
cosa in quanto essa é conosciuta, ossia è presente al pensiero.
2° lia solidità, l'estensione, lo spazio, che sono le proprietà fondamentali del
mondo materiale, sono niente più che certi movimenti e forze del corpo nostro ed esistono
nello spirito sotto forma di sentimenti di forza congiunti colle sensazioni della vista,
del tatto, ed altre impressioni. Sentire il mondo esteriore é un aver coscienza di forae
e di azioni particolari , che ci sono proprie, sicché noi siamo il soggetto non solo di
sensazioni meramente passive, quali il calore, l'odore, ma altresì di ogni movimento
attivo di im membro qualunque del corpo.
La somma totale di tutte le occa.sioni del dispendio della nostra forza attiva, ecco ciò,
che é per noi il mondo esteriore. Se una realtà esterna ed indipendente significasse qualche
PEK GIISEPPE ALLIEVO • 51
cosa di più che i nostri sentimenti e sensazioni muscolari e la loro unione di reciproca
dipendenza, sarebbe tal cosa da non potersi concepire in vei'un modo. Questa osservazione
dell'autore mena ad un fenomenalismo n soggettivi.snio universale. P^gli . che prima aveva
riguardato il coi-po nostro come esterioip allo spirito e cume parte del mondo oggettivo.
che ne circonda, óra considera la forza nd attività corporea ed ogni attivo movimento mu-
scolare siccome appartenente al soggetto ossia allo spiiito . il quale diventa cosi oggetto e
si confonde col mondo esteriore . ossia accoppia in .sé una dualità di aspetti, soggettivo ed
oggettivo, riuniti nella coscienza. « i.a totalità del nostro spirito (egli scrive) consta di due
generi di stati di (coscienza . la coscienza-oggetto , e la coscienza-soggetto ■. la pi-ima è il
mondo esteriore, il uou-ine. la seconda è il me, lo spirito propriamente detto. E perfetta-
mente vero, che Ih coscienza-oggetto da noi detta esternalità è ancora un modo del me nel
senso più largo . non però nel senso ordinariauiente risti'etto di me e di spirito . sinonimi
del soggetto ad esclusione dell'oggetto (op. cit.. pag. 340) ». Se adunque il mondo este-
riore è la coscienza-oggetto. >• se la coscienza è essenzialmente soggettiva, ognun vede, che
il mondo iu tanto esiste in (juanto ne abbiamo consapevolezza, sicché .se questa vieii meno,
anche quello .scompare. Il Bain sente egli stes.so questa conseguenza . e dice: Mi si diman-
derà, se l'nniver.so esteriore non è. che una dipendenza della collezione degli spiriti, e se
esso svanisce. (|uando questi spiriti non sono più ^ Vuoisi egli iTedere. che se tutti gli spiriti
fossero distrutti, ne risulterebbe^ la distruzione della materia, dello spazio e del tempo? Egli
si argomenta di rispondere all' obbiezione avveitendo. che « la nosti'a coscienza-oggetto fa
parte del nostro essere tanto, quanto la nostra coscienza-soggetto. Solo quando io non
esisto più. altri esseri riprendono e conservano la parte-oggetto della mia coscienza, mentre
la parte-soggetto è scomparsa. L'oggetto è ciò, che permane ed è comune a tutti ; il sog-
getto è ciò. che è mutabile, particolare a ciascuno •■ . Questa risposta, anziché disciogliere,
rinforza l'obbiezione,
;t" Noi crediamo, che le cause delle nostre sensazioni sono esterne, che cioè alcune
delle nostre azioni desteranno sensazioni determinate. La credenza alla realtà estema è
un'induzione di un effetto dato da un antecedente dato: gli effetti e le cause sono i diversi
movimenti e le .sensazioni nostre proprie. Kcco il soggettivismo.
A que.ste tre osservazioni egli ne aggiunge alcune altre, e revoca in dubbio il pronun-
ciato della co.scienza espresso in questi termini : esiste una realtà esteriore ed indipendente.
Prima di invocare l'autorità della coscienza in favore di un fatto, occorre averla risolto
ne' suoi elementi primitivi, semplici ed indivisibili: per contro i termini realtà, esteriorità.
indipcndfìizd . contenuti in quel pronunciato, hanno un significato derivato e complesso,
un senso dubbio, un'applicazione impropria. ■« Non posso dire (egli conchiude), che la
teoria realistica sia del tutto falsa, né che sia vera: dico che non regge *.
Lo spirito ed il corpo.
Pigliando le mosse dal concetto dello spirito riguardato siccome sentimento, intelli-
genza e volontà, abbiamo discorse alla spartita queste tre supieme e fondamentali sue fun-
zioni. e rilevando coiin' esse (convengano tutte in una forma comune, che è la coscienza.
sia.mo pervenuti come :i tiii.ile conclusione psicologie:! ;i questo pronuiici;ito : lo s)iirito é
r>2 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
un insieme di fenomeni conscienti, ossia appartenenti al triplice ordine di sentimenti, di
pensieri, di volizioni: più breve, lo spirito è coscienza, la quale però sebbene sia essen- .
zialmnute sogf^ettiva . cioè propria de! soggetto . del me . è ad un tempo altresì oggettiva,
cioè contiene quale sua appartenenza l'oggetto, il noii-uR'. Contemplato tiii qui lo spirito
in sé stesso, cioè come soggetto avente coscienza de' suoi stati psichici . rimane di contem-
plarlo come coscienza oggettiva, cioè nelle sue attinenze (.-nll ' organismo corporeo, col mondo
materiale od esteriore, col non-me? che veramente l'essere umano non è ne pui'o spirito,
né mero corpo, ma la sintesi di questi due termini. A ipiesto gravissimo studio il Bain
consacrò di pi'oposito un suo volume pul)l)licato col titolo : Lo .yi/rifo rd il corpo. Quivi
l'autore, posto da ])iima lo stato della (questione, adduce in mezzo i fatti in conferma
dell'unione dello spirito col corpo, poi contempla essa unione quale una corrispondenza o
variazione simultanea, per cui alle gradazioni del cervello e del sistema nervoso in tutta
la serie animale risjwndono gradazioni analoghe nelle facoltà dello sjjirito. quindi espone
le leggi generali, che governano l'operHre dello sjìirito in relazione col corpo, infine s'in-
gegna di stabilire in <li(' dimori la natura del corpo . chi' congiunge insieme ((uesti due
termini. Chiude il vnjnine un'esposizione storica ilcllc diverse teorie dell'anima umana
dagli antichi tilosoti greci tino ai moderni.
Qual l'apporto inteicede fra lo sph'ito e la materia cerebrale . bianca o grigia ?
Lo studio delle fibre e delle cellule nervose ])uò es.so rivelarci alcuni dei fatti relativi allo
spirito dell' uomo, alcuna delle leggi, alle quali esso va soggetto? In questi termini il
Bain propone il ])rolileina. di cui t'acciaino paiola, fili è evidente, che il problema a~«sume
diverso significato e può venire risolto in s(>nsi divelli secondo il diverso modo, in cui
s'intend(jno i due termini, fra di cui si investiga il ra])i)urto. 11 vocabolo spirito, l'uno
dei due termini del iiroblenia. viene egli adoperato a significare l'anima razionale del-
1 uomo, che si solleva fino alla sfera dri principii ideali neci'ssarii ed iinivei-sali . o l'anima
fen.sitiva del bruto sfornita, per confessione medesima dei materialisti, della facoltà astrat-
tiva e generalizzatric(^ ? tjucsta diversità di concetto introd(vtto nel significato del problema
no porterà a concepire una diversa guisa di rapporto tra lo s])irito ed il corpo, essendoché .
l'anima umana non mostrasi cotanto immersa . per così dire . ed avvilupjiata nella materia ,
come l'anima del bruto. Kgualniente il vocabolo corim. l'altro terniinc dd problema (o. come
6Ì esprime il Bain, la materia cerebrale, forse perchè il cervello, essendo il fiore del sistema
nervoso, incentra e sintetizza in sé tutto l'organismo corporeo) può pigliarsi o come sinonimo
di materia bruta inanimata, o come sinonimo di organismo vivente: nel primo senso l'anima-
zione e la vitalità del corpo verrebbe dallo spirito come da sua virtù efficiente, nel secondo
senso essa apparirebbe quale una virtù proiuia d(dla materia: ed ognun vede lo scioglimento,
diverso, che ne verrebbe al problema, secondo il diverso modo di concepire il corpo. Il Bain
avrebbe provveduto assai meglio alla discussione di sì grave argomento, se avesse anzi tutto
divisato per bene il concetto de' due termini fondamentali della questione. Né vuoisi preter-
mettere, che lo spirito ed il corpo, di cui indagasi il rapporto. pos.sono venire riguardati o in
senso noumenico. siccnine effettive sostanze, o in senso fenomenico, come li considera il Bain.
il (|nale li conceiiisce siccome due fenomeni e nulla più.
Posto cosi lo stato della questione, a me pare, che tre sole vie si presentino al ))en-
siero di chi imprende a risolverla, ed esse sono: 1" la dottrina dualistica, che srparn le
due sostanze od i due ordini di fenomeni per guisa , che le manifestazioni dello spirito
1
PER filVSEPPE ALLIEVO 53
e quelle del corpo si svolgono isolate ed indipendenti le une dalle altre: 2° la dottrina moni-
stica, che coìifoììflr ed identifica spirito e corpo in una sola sostanza, la quale, secondochè
si concepisce o come materia esclusiva, o come spirito esclusivo, bipartisce il monismo in
materialismo ed in spiritualismo esclusivi, die può altresì rivestire la forma di panteismo
idealistico: -V la dottrina dialettica, che uiiiscr spirito e corpo senza confonderli e ad un
tempo li ri isti lì gufi senza separarli. 11 Bain potrebbe essere annoverato fra coloro, che pro-
fessano la terza sentenza: ed io esporrò qui fedelmente la sua dottrina, con cui s'ingegna
di spiegare il ra]>porto fra Io sjiirito ed il corpo , riservando per ultime le mie osservazioni
critiche.
Esposizione della teorica dell' autore.
Due guise di fenomeni naturali essenzialmente distinti, eppure insieme congiunti dai
più intimi legami, si presentano alla nostra osservazione, lo spirito o coscienza, e la materia
od organismo corporeo, li pregio dell'opeia divisare in che essi convengano ed in che si
distinguano a fine di determinare le leggi più generali della loro alleanza ed appli-
carle alla spiegazione de' singoli fatti.
Lo spirito ed il corpo posseggono in comune gli attributi più generali, quali sono la
quantità, la coesistenza e hi successione. Non v'è proprietà materiale, che non ammetta
un più ed un meno, una ([uantità. come i)ure non avvi ((ualità dello spirito, che non sia
suscettiva di gradi diversi: il volume, il peso, il coloie. la durezza dei corpi presentano
gradi particolari, come pure i piaceri, le jicne. i pcnsieii. le volizioni del nostro spirito possono
essere luimei-ati e misurati sebbene non certo con fisica esattezza o rigor matematico. Le
proprietà matei'iali coesistono insieme raggnippate in un medesimo corpo, e coesistono altres'i
in un medesimo spirito i suoi attributi e fenometii, essendo sempre lui stesso, che pensa,
sente e vuole. Anche l,i successione, insieme colla coesistenza e colla quantità, riscontrasi
nel corpo, egualmente che nello spiiito ; nel curpo. i cui cangiamenti si avvicendano gli uni
dopo gli altri, insieme consertati dal vincolo di causa e di effetto ; nello spirito, che versa in
una continua fluttuazione di fenomeni successivi e coiulizionati gli uni agli altri. Oltre a ciò i
fatti vuoi dello spiiito. vuoi del corpo convengono anche in questo, che entrambi sono egual-
mente più o nudilo facili a conqirt'iidersi ed a spiegatasi : sappiamo ad un modo quel che sia
un pezzo di materia, e ((nel che un'operazione dello s)iirito : e se la materia presenta alcune
proprietà chiare ed evidenti, come l'estensione. 1 inerzia, il i)eso. altre non cos'i agevoli ad
intendersi, come il calore. 1' elcttri<ità . ed altre di assai difficile concepimento, come le
proprietà vitali, anche lo sjiirito in alcuni suoi reiiomeni . come i piaceri ed i dolori
è assai piano a comiirendeisi. meiitre le leggi ad esempio, che governano il corso dei
pensieri nel sogno, non si mostrano guari facili ad intendersi.
Opposte a questi atti'ibuti comuni allo spirito ed al corpo stanno altre qualità
siffattamente jjroprie dell' uno o dell'altro da renderli inconfondibili fra di loro. Suprema
fra le proprietà esclusive della materia è l'estensione, mentre lo spirito non può non
essere inesteso : che sarebbe stranezza, anzi assurdità il iironunciare , che un pensiero-
un ricordo, un sentimento sia esteso, come lo è per contro un tavolo, un muro, una
campagna. Alla estensione si aggiungono l'inerzia, il movimento, il peso, il colore, la
54 ESPOSIZIONE CRITirA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK
positura, la forma. 1 attrazione, la ripulsione, la coesione . qualità tutte, che appar-
tengono in proprio al corpo e disconvengono allo spirito . ed a quale che siasi delle
sue funzioni. Avuto liguardo a (jueste due serie opposte di qualità, comuni le une,
proprie le altre ragion vuole. cIr' tutti quanti i fatti della natura vengano ricondotti
a due ordini supremi, lo spirito e in materia, i quali se dall un lato non sono tanto
discrepanti da rimanere isolati ed indipendenti, dall'altro non conveng<mo insieme a
segno da confonder^i in alcunché di più t'ievato e superiore. Sia pur qualsivoglia il
concetto, che altri si forma circa l'unione dello spirito col corpo, rimane pur sempre
inconcussa la distinzione tra i due modi di esistenza , il modo materiale e lo spirituale,
tra i corpi inerti ed estesi dallun lato, i piaceri, i pensieri, le volizioni dall'altro.
Ciò posto , è cosa di fatto . che questi due ordini di pioprietà o di fatti . pur
mentre rimangono naturalmente distinti, si riuniscono in un medesimo essere animato,
n uomo, o bruto, cli'ei sia. Un vivente, vuoi umano, vuoi animale, per una parte è
un insieme, di facoltà psichiche, per l'altra è una massa di materia, e questi due teiinini,
spirituale e materiale, malgiado la loro essenziale opposizione, coesistono uniti nel mede-
simo individuo. L'unione dello spirito cim un corpo organato e vivente è un fatto incon-
trastabile dell'esperienza. Or questo fatto può esso venire spiegato, o non forse rimane
avTolto in un mistero indicifiabile ? Spiegare un fatto vale quanto ricondurlo ad una
espressione generale . sollevarlo a (juella classe superiore di fatti , a cui rassomiglia ;
mistero è isolamento assoluto : un fatto è ines|)licabile . è mistero . tuttavoltachè non
può più essere riferito a veruna classe generale di fatti consimili. Rimane quindi a con-
siderare se abbiavi una espressione generale acconcia a designare l'unione di due nature
cos'i distinte da non potersi ridurre ad una sola.
Si suol dire comunemente, che lo spirito ed il corpo agiscono l'uno sull'altro. E
questa una di quelle espressioni improprie e falsate, che oscurano ed inviluppano il pro-
blema anziché chiarirlo e districarlo. Qm^sto concetto non n^gge alla critica , perchè
parrebbe, che lo spirito possegga proprietà e facoltà operative sue proprie anche disgiun-
tamente dall'organismo corporeo, mentre l'esperienza non ci consente veruna conoscenza
di uno spirito isolato dal corpo e ci testimonia, che le nostre operazioni mentali sono tutte
quante accompagnate da una serie non mai inteiTotta di atti materiali. Non si dà veruna
azione dello spirito sul corpo, né del corpo sullo spirito, bensì havvi lo spirito ed il corpo
riuniti, che determinano un risultato insiememente morale e tisico, i sostenitori di un
principio spirituale isolato dai corpo, da Aristotele e S. 'l'oiumaso tino a noi. contrad-
dicendo alla loro sentenza, aiiiuiettono . che certe operazioni intellettuali, come ad es. la
meuKiria. dipendono da a/ioni materiali. Alla >less;i evitica va soggetta (juell'altra espres-
sione comune, che io spirito si .serve del c(upo come di strumento per operare sul mondo
esteriore. Anclie qui si concepisce lo spirito si<'.eome una sostan/;i capace ili vivere appartata
in sé .stessa, di operare secoiuloché gli iiggi'ada insieme eoi corpo o senza di esso, mentre
a lui considerato isolatamente non uppaitiene virtù etticienlc né potenza ili sorta. Il nostro
essere psichico è per necessità di natura allentai citi nostro essere tìsico, sici^lié senza (|uesta
legge dell'alleanza gli stati del nosti'o spirilo lornerebliero impossibili. Coinè adunque
eoncepire sifl'atta alleanza, dacché alibiamo ripudiata I Hpinione. the io spirito agisca sul
corpo o di esso si serva come ili sliiimento e.steriore^ Si duia assai fatica a trovare
termini eonvenienti v pi opri! per esprimere I' unione tra lo spirito ed il corpo, appunto
PKR fiirsFHVK AF.I.IKVii 55
perchp tra rtiiin f laltro intorrfrle opposizione di iiaturM. la qnalp non consente die ven-
gano raffrontati insieme, altro non avendo di connine, clip gli attributi più generali.
-Mlorch^ contempliamo lo spirito siccome rongiunto con una massa cerebrale e le sue
correnti nervose, a stento possiamo rimanerci dall 'assegnargli un luogo speciale. Il concetto
di alleanza sembra inseparabile dal concetto di luogo o di estensione, mentre il concetti»
di spirito, che è essenzialmente inesteso. esclude il concetto di alleanza locale siccome a sé
ripugnante ed impossibile. F'cco (jui adunque tutta la difficoltà : lo spirito inesteso si allea
localmente colla materia estesa, il dilemma è stringente: o negare il fatto dell'alleanza
siccome inconcepibile ed inesprimibile, o riguai-daria siccome unione locale. Diremo adunque
che manca il linguaggio conveniente a significare l'alleanza, di cui discorriamo? Se havri
una espressione ali uopo, essa è ninn altia. che c|iiestM : un i/iìu/imiii'iifii lii sdito, un
passaggio cioè dallo stato di conoscenza con estensione ad uno stato di conoscenza senza
estensione. os.sia una successione di tempo, non già un'unione di luogo. Dal concetto del-
l'unione tra lo s))irito ed il coi pò dobbiamo escludere ogni idea di luogo pei' surrogarvi
l'idea del tempo. Non si scan.sa per altia via lo scoglio della contraddizione, che me-
diante la successione tcinpoianea. IH inganisiiiii dotato di estensione ci fa pas-sare ad
uno stato scevro di estensione, ossia lo st^'sso essere è alternativamente oggetto e soggetto,
eonsciente con estensione, inconscieiite senz'estensione: ec,c<> tutto.
Di tal modo ne pare tV\ avere spiegati) il mistei-o dell'unione tra lo s|iirito ed il corpo
non già spiegando l'essenza dell' iiiiu e dell' altid. ma designando con una cfniveniente
espressione generale il loro ra]i|iiprlo per deiivarne le leggi, clic gnvevnaiio la loro naturale
alleanza. Kssr> ^i appoggiano su questo pi'incipio. che ogni ui'to od eccitazione dello spirito
è connesso cnn un urto n scossa nervosa e vengono perciò a significare, che ogni fatto
psichico sta implicato in nn Tutto tisico, che ogni funzione dello s|)irifo si esercita sopra
una base fisica deirni-ganisnin. il gni operazioni' mentale è indissolubilnieut+' accompa-
gnata da una sei'ie di atti corporei, tantoché ciascun sentimento, ciascuna idea, ciascun
pensiero esige una certa quantità di ossigeno, di carbonio, e di alti'e sostanze, che si com-
binano e si trasfoi'mano in certi organi matei'iali.
Le leggi, di cui discorriamo, vannf) specificate in tre classi risprmdenti alle tre
supreme funzioni dello spirito secondocliè govi'rnano il sentimento, la volontà e l'intelli-
genza. Le leggi relative alla facoltà del sentire riguardano le une il sentimento in generale,
le altre il sentimento nella sua forma paiticolare di piacere o di pena. Il sentimento con-
siderato nella generalità sua è governato dalle due leggi di relatività e di diffusione. Un'a-
zione sopra qualunque de' nostri sensi, se persista uniforme e sempre la stessa, perde ogni
sua efficacia, sicché sentire semiire una siila e medesima cosa torna afl un medesimo, che
sentire un bel nulla. Il passaggio dall' uniforme e dall'identico, al vario ed al diverso,
ossia il cangiamento è condizione necessaria allo sviluppo del sentimento : è questa la legge
di relatività, la quale, applicata non più allo spirito, ma al corpo, va enunciata di tal
modo: un'azione continuata pei- certo tempo cessa di produrre la quantità ed il genere
di azione nervosa necessaria perchè ne abbiamo coscienza. Occorre che il sistema nervoso
si rifaccia e ripigli forza dal nutrimento e dal riposo. Di costa alla legge di relatività sta
quella di diffusione, per cui tuttavoltachè un'impressione va consociata con una sen.sazione,
le correnti eccitate si spandono liberamente nel cervello e determinano un'agitazione
generale degli organi di moto pur mentre agiscono sui visceri. Lo stimolo, che eccita
fi6 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTBINE PSICOLOOICHE PI A. BAIN
un nervo sensitivo si propaga fino ad un centro o ganglio, dove sprigiona una forza an-
cora più energica, che giunge ai muscoli per via de' nervi motori. Queste due leggi,
la relatività e la dift'usione insieme accopjìiatc ci puigonn 1 " espressione generale delle
condizioni fisiclio di ogni coscienza, le quali sono « un accrescimento n una variazione
delle colorenti nervose del cervello {erro In hf/yr ili r rio tir ita) abbastanza energiche ed
estese per agire sul sistema combinato dei nervi, che partono dal cervello, nervi motori
e nervi de' vi^cel■i {cero la lajyf di (HfJKsiotic) ». V\w se l'iguardisi nella sua forma par-
ticolare di piacere o di pena il sentimento soggiace alla legge di conservazione personale,
per cui il piacere va accompagnato da un accrescimento, il dolore da una diminuzione
di energia vitale, ed alla legge di stimolo, per cui eccitare i nervi entro certi limiti e con-
dizioni è sorgente di piacere, trascendere questi limiti fino al conflitto od alla violenza
degli stimoli produce dolore.
Venendo alla volontà, siccome es,sa nel -uo o|)erare è suscitata dalla sensazione
piacevole o molesta, e guidata dall' intelligenzM. ossia ilalla conoscenza del line, a cui in-
tende, così il problema dell'accordo tra lo spiiito volente e l'organismo corporeo si risolve
nel problema medesimo, che l'iguarda la sensazione e l'intelligenza. L'operare della vo-
lontà abbisogna di condizioni fisiche, le (juali sono ])riiiianiente Fattività spontanea mu-
scolare, ossia la esuberanza di potenza vitale capace di imprimere un moto agli organi
indipendentemente da ogni stimolo esteiime: secondamente la sensazione gradevole o pe-
nosa, la quale dirige sovra alcuni punti s])eciali (inell'attività dapprima operante alla
ventura ed a sbalzi : in terzo luogo un lapporto tra certe date sensazioni "e certi dati
movimenti.
Come il sentimento e la volontà, cosi l'intelligenza è intimamente vincolata coU'or-
ganismo corporeo, l fondamenti fisiologici del jìensiero ci vengono scoperti in quelle me-
desime leggi poste superiormente in riguardo al sentire ed al volere applicate alla facoltà
del pensare.
La legge di relatività, ossia della necessità del cangiamento per suscitare un senti-
mento, è altresì la base fondamentale della conoscenza e costituisce la facoltà intellettiva
del discernimento. Questa facoltà, che cotanto si estende fino a cogliere le gi'aduazioni più
minute di'suoni e decolori e le diffeienzo (piasi ini]ieicettiijili degli oggetti, si giova di un
apparecchio tìsico anch'esso este.sissinm e meravigliosamente complicato, come ne fauno
provagli organi della vista e dell'udito. La seconda legge detta di diffusione, o rapporto
della sensazione con correnti raggianti, governa del pari l'intelligenza, siccome quella, che
tiene rapimi-ti fisici colle correnti nervose del cervello. Panmente la legge di conservazione
regge altresì il pensiero, essendoché la nostia intelligenza riguardata sotto l'aspetto pra-
tico può essere considerata siccome uno svilup]Mi vastis.simo di azioni, c^he da essa legge
dipendono.
La facoltà ritentiva o meinoi'ia, non alti'iiuenti che le funzioni del discernimento e
dell'accordo ha una base tìsica nell'organismo corporeo. Ogni atto della memoria, ogni
idea conservata o risvegliata ha rispondenza in un gruppo partie^olare di sensazioni e di
movimenti fisiologici, mercè il sussidio di sviluppi speciali delle cellule di congiunzione.
Che la memoria, egualmente che lo altre facoltà conoscitive stia per necessità di natura
vincolata con uu organismo nuiteriale, è cosa che va da sé. Jla alloraquando poniamo
mente al numero sterminato dei nostri acquisti intellettuali e lo raffrontiamo con quello
PEK (UtTSEPPK ALLIEVO 57
delle nostre fibre cerebrali e ci domandiamo come mai l'immenso ammasso delle nostre
operazioni intellettive e delle nostre conoscenze possa starsene rinchiuso tutto quanto in
tre libbre di un tessuto grasso od albuminoso composto di sottilissimi fili e di piccoli cor-
puscoli, qual è il cervello, noi facciamo le più alte meraviglie e ci troviamo in faccia ad
un fatto, che sembra sfidare ogni calcolo ed ogni ragion spiegativa. Tuttavia ciascun
acquisto intellettuale debba avere la via sua propria in quel labirinto di corpuscoli e di fibre,
che chiamiamo massa cerebrale, e l'estensione delle nostre cognizioni acquisite va com-
misurata al numero degli elementi particolari del cervello medesimf). A dimostrare questo
pronunciato è necessario anzitutto stabilire, che siccome la ritentiva è facoltà di continuare
nello spirito impressioni non più eccitate dallo agente primitivo esteriore e riprodurle più
tardi mercè forze meramente intellettuali, così l'impressione rinnovata occupa esattamente
nel cervello le parti medesime e nel medesimo modo che l' impressione primitiva. Ancora
giova avvertire, che il numero delle svariatissime idee e delle impressioni va considerevol-
mente ridotto, essendoché si raggruppano tutte in alcune classi supreme e comprensive per
modo, che il concetto di genere o di specie basta esso solo a conoscere e ritenere tutti
gli individui in esso racchiusi. Cos'i ciascun viso umano mostra un'impronta tutta sua
particolare ; tuttavia ritenendo alcuni de'tratti più salienti e ragguardevoli e forse non più
da sei a dieci indicazioni di forma, di grandezza, di colore, ci basta per riconoscere qua-
lunque umana fisionomia. Egualmente il naturalista, sorretto dalla efficacia della classi-
ficazione, non può guari conservare nella sua memoria che i caratteri di due o tre mila
specie; pel resto si affida al libro: lo stesso, è a dirsi del filologo, che apprende e ritiene
una lingua composta di innumerevoli vocaboli, e del matematico, che tiene in mente una
quantità considerevole di formolo e di figure.
Ciò posto, so instituiamo un calcolo appros.simativo degli clementi nervosi — fibre a
corpuscoli — a fine di paragonare il loro numero con quello de' nostri intellettuali acquisti,
appoggiati alla misura del volume del cervello possiamo arguirne, che il numero delle fibre
le quali riuniscono le diverse parti della massa cerebrale è di 4800 milioni. Per conse-
guente, posto il numero complessivo di duecentomila acquisti ideali, a cui potrebbero
giungei'e gli spiriti meglio dotati riguardo a memoria od alle altre facoltà mentali, avremmo
per ciascun gruppo nervoso cinque mila cellule e venticinque mila fibre. « Questo calcolo
basta a dimostrare, che per quantunque numerosi siano i rapporti ai quali gli emisferi
cerebrali devono bastare, gli elementi nervosi esistono nella medesima proporzione, e che
nulla v'ha d'improbabile ammettendo l'esistenza di un filo nervoso indipendente per
ciascun acquisto intellettuale distinto, ed assegnando un cammino speciale apposito a
ciascuna delle correnti, che si connettono ad una sensazione, ad un'idea ».
Quando si chiamino a critica rassegna le più celebrate teoriche dei filosofi antichi
e moderni intorno l'unione dello spirito e del corpo nell'uomo, si perviene a questa con-
clusione : la dottrina delle due sostanze più non regge ai risultati della moderna scienza
positiva, mentre la dottrina della sostanza unica, in cui si riuniscono due ordini opposti
di proprietà, ossia della sostanza unica con due faccie, l'unica fisica, l'altra spirituale, ri-
sponde alle esigenze della questione ed ai bisogni della ragione.
Serie II. Tom. XXXIV.
58 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
Critica dell'esposta dottrina intorno l'unione psicologica
Il problema dell'unione fra lo spirito ed il corpo presenta un'intima attinenza con
i punti più rilevanti della pedagogia, della religione e della morale. Infatti poniamo caso,
che esso venisse discusso e risolto secondo i pronunciati del materialismo, che stringe tutto
quanto l'essere umano nel corporeo organismo, di cui le facoltà mentali sarebbero un
necessario risultamento , e che rigetta siccome assurda l'esistenza di sostanze spirituali
indipendenti, riesce per se evidente, che ne verrebbe per logica conseguenza il sacrificio
dell'educazione spirituale alla educazione fisica nell'ordine pedagogico, e la negazione di
Dio e dell'immortalità dell'anima umana nell'ordine religioso e morale. Né si obbietti in
contrario, che il proposto problema va disaminato e sciolto in sé stesso, astrazione fatta
dalle sue relazioni con altre questioni e senza punto preoccuparsi delle conseguenze, a cui
ne porterebbe nell'ordine pedagogico e religioso, se si vuole che venga discusso con piena
indipendenza di pensiero e senza veruna opinione preconcetta in mente. Coloro, che cosi
la discon-ono, non avvertono al sintesismo ideale, che stringe insieme i molteplici e svariati
problemi della scienza e compone ad armonia i differenti ordini dell'umano sapere. La
verità non può alla verità contraddire, né chi si affaccia ad un problema può rimanersi
indifferente allo scioglimento di esso, il quale conduca alla negazione di altre verità già
stabilite e tenute per ferme, che abbiano attinenza col medesimo. Questa pretesa indiffe-
renza, che si vorrebbe necessaria a conservare l'indipendenza del pensiero e la libertà
assoluta della discussione, riuscirebbe alla negazione medesima della verità, opperò alla
distruzione medesima del pensiero, il quale dovrebbe ad ogni passo disfarsi delle sue cre-
denze scientifiche per correre alla ventura.
Venendo di proposito al nostro argomento, il Baiu, schierati in due classi opposte i
fenomeni psichici ed i fisici, lo proprietà dello spii'ito e quelle del corpo, pone in rilievo il
fatto, che questi due ordini di proprietà e di fenomeni si riuniscono in un medesimo essere
individuo vivente, l'uomo od il bruto, e si fa a rintracciare la ragione di siffatta unione.
Qui invece la critica dimanda, se mai, prima d'investigare la causa di questo fatto nel-
l'uomo, e nel bruto, non torni opportuno, anzi necessario sollevare la questione alla sua
espressione generale ricercando se abbiavi ragione di ammettere o di negare l'esistenza
effettiva di spiriti puri, cioè sciolti da ogni organismo corporeo nello attuamento delle
loro facoltà costitutive, quali sono l'intendere razionale ed il hbei-o volere. Il Bain non
può accogliere siffatta questione, o se pure la riconosce, non può non risolverla in senso
negativo, egli, che non ammette la sostanzialità dello spirito convertendolo in un insieme
di proprietà o di fenomeni. Eppure non mancano prove in appoggio della sentenza spiri-
tualistica. Poiché se l'esperieoza ci pone sott'occhio corpi che sussistono disgiunti da ogni
spirito animatore, quali sono le sostanze tutte minerali, inorganiche ed inanimate, e ci
addita nel nostro medesimo corpo organato fenomeni puramente ed esclusivamente fisici e
meccanici, a cui lo spirito non piglia parte veruna serbandosi onninamente estraneo, la
ragione ci consiglia per ciò a riconoscere sostanze spirituali, cIk' intendono e vogliono, in
tutto scisse da organi materiali. Certo è, che siccome non tutte le sostanze corporee pos-
seggono la vb'tù peculiare di congiungersi in intimità di vita con uno spirito (che i corpi
I
PEK GirSEPPE ALLIETO 59
minerali ed inorganici non sono fatti per allearsi con un principio animatore) del pari
non tutti gli spiriti sono di loro natura siffatti da abbisognare di un materiale connubio
per sussistere ed operare. Dio è tale spirito, che si regge da sé e vive in sé, mentre lo spi-
rito umano è natofatto per convivere col corpo. Ora il Bain ha egli proposto il giusto
concetto spiegativo di siffatta convivenza ?
Assaggiato al crogiuolo della critica il concetto psicologico dell'autore apparisce
incoerente ed insussistente. Dacché egli aveva respinto siccome ripugnante ogni alleanza
locale dello spirito col corpo, e riconosciuti questi due termini siccome opposti siffat-
tamente da non comportare verun paragone, più non gli consentiva la logica di asse-
gnare alle facoltà dello spirito una base fisica nell'organismo corporeo, di commisurare il
numero delle nostre operazioni intellettive e delle nostre conoscenze con quello delle
fibrille e dei coqDUScoli cerebrali, e sentenziare, che il cervello deve o in un modo o
nell'altro fornire una via di comunicazione nervosa apposita per ciascun acquisto di-
stinto (1). È noto come Cartesio insediasse l'anima nella gianduia pineale, e come alcuni
seguaci della frenologia fisiologica abbiano iniaginato la regione dell'intelligenza riposta
nella massa anteriore del cervello cùxondata dalla vertebra anteriore del capo , l'or-
gano del sentire nella massa medesima circondata dalla vertebra centrale, l'organo della
volontà e dell'istinto nella massa cerebrale posteriore chiusa dalla vertebra dell'occipite (2).
L'autore dichiara assai delicata la questione di sapere, se le tre funzioni, intelligenza,
sentimento e volontà occupino ciascuna un posto distinto nel cervello (3). Ma a serbarsi
concorde con sé medesimo avrebbe dovuto ripudiare ben anco l'esistenza di siffatta que-
stione, dacché lo spirito non tiene col corpo verun rapporto locale ; in quella vece si
pose a rintracciare i fondamenti fisiologici delle operazioni psichiche ; e qui il suo con-
cetto si rivela non solo illogico e discorde da sé medesimo, ma altresì insussistente.
Egli infatti reputa di avere spiegato il fatto dell'unione psicologica sostituendo al con-
cetto di alleanza locale discorde dalla natura dello spirito il concetto di cangiamento di
stato 0 succession temporanea, per cui il medesimo essere individuo, o uomo o bruto ci
si presenta alternativamente come soggetto ed oggetto , sostanza unica a due faccie, l'una
fisica, l'altra spirituale. Ma la difficoltà rimossa dal lato dello spirito ricompare dal lato
della materia ; dalla proposizione, lo spirito essendo inesteso non può allearsi local-
mente col corpo, ci troviamo sbalzati in quest'altra : la materia, essendo estesa deve
allearsi localmente collo spirito : i due termini opposti vanno sempremai respingendosi,
non comportando paragone di sorta. Per soprassello, a vece di una sola sostanza con
due facete ci troviamo con duo faccie senza sostanza, essendoché, nessuno potrà soste-
nere sul serio, che 1' unione di due opposti ordini di fatti, fisici e psichici, nessuno
de' quali è sostanza, possa convertirsi in una sostanza.
{\) Lo spirito ed il corpo, pag. 240, efiiz. frane.
(8) 11 "ViLLis aveva locato il senso comune nel corpo scanalato, la memoria nella sostanza eoriieale
e cosi via via ciascuna facoltà dell'anima in una parte speciale del cervello. Anch'egli , il fisiologista,
PiNEL, non era alieno dallo assegnare a ciascuna facoltà peculiare dello spirito una sede propria nel
cervello. Sono meritevoli di essere lette le osservajioni , che fa Main de Biras intorno a questo ar-
gomento nella sua opera postumi : Nouvelles considérations sur les ropporls du physique et du moral
de l'homme, parte 1", § IV.
(3) Ibid., pag. 108."
60 ESPOSIZIONE rRITICA PELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK
L'insussisteiiisa di questa dottrina apparirà vie più manifesta disaminando le leggi
ossia i fondamenti fisii ili "{liei dell'intpHifieiiza posti dal nostro autore. Huplielmo Hamilton
avvisava, ehe. tutto ((uaiito sappiamo intorno l'unione dello spirito col corpo, sta in
ciò. che le modifìca/ioni psicliiclie dipendono ila certe condizioni corporee, ma circa
la natura di (|iii'>ti' condi/ioni imn ci vien dato di (•onoscere il menomo che. Il Bain
pretese di spiegare il fatto secondo i placiti del positivismo, ma fallì all'intento. La
sua df)ttrina mi ricorda l'ipotesi di Carlo lìonnet. il (juale aveva sup])osto. che il cer-
vello sia fornito di tante fihrille . (|uante esistono e possono esistere ra])presentazioni
ideali e rajtporti fra queste rapjn'esentazioni. Essa riposa tutta quanta su (luesto fallace
supposto, che tra i nostri concepimenti ideali e le oscillazioni fibrillari vi corra tale comu-
nanza di natura e cosi intima corrispondenza, che possa risiedere in ([ucste la ragion
spiegativa di quelli. 8e cosi stesse la cosa, sarebbe giuocoforza divisare nella massa
cerebrale tante specie di elementi nervosi, quante sono le specie di acquisti ideali cor-
rispondenti, anziché studiarsi soltanto di calcolanie alla rinfusa il numero senza distin-
zione di sorta. Ur mi si dica: quali sono le fibrille, che rispondano all'operazione dello
astrarre e del generalizzare^ Quali i corpuscoli cerebrali, che mostrino la più lontana
analogia colle idee soprasensibili della virtù e del vizio, del diritto e del dovere e
colle trascendentali astrattezze della metafisica e della matematica? E l'idea medesima
che abbiamo dello spirito , come potrà ottenersi e venir suscitata dal meccanismo di
qualche elemento corporeo, se spirito e corpo uiohtrano natura di lutto punto opposta?
Noi possediamo il concetto .sintetico e complessivo di tutto quanto il nostro corporeo
organismo riguardato nello insieme sistematico delle sue parti muscolari e nervose ; ma
v'ha egli una fibra c(?rebrale rispondente a siffatto concetto, epperò anch'essa sinte-
tica, e complessiva e starei per dire universale? A tutte queste ed altrettali dimando
io non mi so quale satisfacente ris])osta possa fornire il nostro psicologo : questo solo io
noto, che il Bain, il quale come positivista la pretende al sapere positivo, cioè sgombro
da ogni nube e sciolto da ogni dubbiezza e perplessiti\ . qui si mostra impigliato in
tutte quelle difficoltà ed incertezze, che egli rimprovera alla dottrina spiritualistica dei
psicologi e dei metafisici da lui avversata.
Si pronuncia con somma facilità e concordemente da tutti, che a certe oscilla-
zioni degli organi sensibili succedono come conseguenti ordinarii e costanti certe sen-
sazioni e certe idee nell'anima, ed a certi sentimenti e pensieri dell'anima tengono
dietro certi movimenti nel corpo: che la memoria è intimamente collegata colle nostre
condizioni fisiologiche e ne risente le diverse vicende ; che alcuni sconcerti nella massa
cerebrale ed alcuni sciuilibrii nel sistema nervoso perturbano il regolare processo del-
l' intelligenza e ne alterano considerevolmente i risultati. Intorno a questi ed altret-
tali fatti l'accordo è pressoché universale. .Ma (piando si rintraccia la ragione del fatto,
alla concordia del pensare sottentrano i dissidii delle opinioni. Vi ha chi immagina
l'esistenza di un organo universale composto di fibre meccaniche, i cui movimenti siano
la naturai cagione dei nostri intellettuali acquisti : ma poi tiuesto meccanismo ideale
non regge gran fatto alla critica, avuto riguardo alla opposizione, che intercede tra
il movimento locale della materia e l'esercizio delle facoltà intellettuali. Si vuole da
altri, che ogni atto conoscitivo stia insediato in un gruppo determinato di fibre cere-
brali, e quivi ponti, starei per dire, la sua leva: ma non si tien conto della spiccata
PER GIUSEPPE ALLIEVO 61
opposizione tra l'estensione propria della materia e la semplicità essenziale al pensiero.
Si percorre tutto il campo delle congetture, ma il positivista mai non vi trova il fon-
damento inconcusso della certezza.
Meditando intorno il presente problema, mi par necessario distinguere due ordini
di facoltà intellettive proprie dello spirito umano , inferiori le une , superiori le altre.
Appartengono all'ordine inferiore le facoltà della percezione e dell'osservazione sen-
sibile esterna, e della fantasia animale , da cui attingiamo la conoscenza del mondo
materiale, che ne circonda. Nessuno può revocare in dubbio, che ^siffatte facoltà non
possono attuarsi ne svolgersi senza il conveniente sussidio degli organi Jproprii dei nostri
sensi esterni, in grazia'de' quali lo spirito umano si pone in comunicazione eoll'universo
corporeo, ed in sé lo riproduce idealmente. Anche il mondo intcriore dell'anima ci vien
rivelato da una facoltà speciale , che è il senso intimo , come alcuni lo chiamano , o
coscienza psicologica ; ma si può egli sostenere con certezza , che sia anch'esso fornito
di un organo peculiare , come ciascuno dei sensi esterni ? Alcuni fisiologi , e psicologi
tedeschi (1) supposero che la coscienza possegga un organo proprio della sua attività, e
loro parve di averlo scoperto in quella parte centrale del cervello, in cui vanno ad appun-
tarsi le opposte estremità di tutti i nervi. Edvon Hartman nella sua Filosofia dell'In-
conscio sostiene che la coscienza umana non può svolgersi senza cervello, sebbene per
lui il sistema nervoso sia la forma più acconcia . ma non unica delle manifestazioni della
coscienza, non involgendo veruna contraddizione il concetto di esseri dotati di coscienza
in tutt'altre condizioni da quelle, in cui è collocato l'uomo nella vita presente. Che
se poniamo mente a quelle altre facoltà mentali di grado superiore, quali sono la ra-
gion teoretica e la speculazione, le quali si svolgono nella regione trascendentale delle
idee ed hanno per obbictto i principii assoluti ed immutabili, le verità universali e teo-
rematiche , ognun vede, che sono di loro natura assai più libere nel loro esplicamento
ed assai più sciolte dalle esigenze organiche, che non le facoltà inferiori, essendo pres-
soché immensurabile l'intervallo, che corre tra un movimento fibrillare ed una corrente
nervosa dall'una parte o l'intuizione di Ilio o dei principii eterni della morale dal-
l'altra. Con ciò non intendo di sostenere che nella [iresente condizione della vita umana
le facoltà razionali sussistano isolate ali 'intutto dal corporeo organismo, poiché uno ed
identico a sé medesimo è lo spirito umano, ed in virtù di questa unità psicologica le
facoltà superiori s'intrecciano colle inferiori, ed in queste rinvengono le condizioni per
sollevarsi ad un mondo ideale, dove non giunge la virtù sola del senso. Quindi si scorge
ragione per cui nei concepimenti più astratti e più trascendentali giace implicato un
elemento sensibile f direi materiale, non foss'altro la parola, necessaria a significare e
circoscrivere i concetti più astratti ed indetcrminati : il che ci ricorda il pronunciato
«li Aristotele, l'anima niente pensa senza fantasma (2) : ed è questo a mio avviso il
carattere proprio del sapere umano, per cui si differenzia dal sapere divino. Non è già.
(1) Il psicologista Jakob nella sua opera Empirisch. seelenl. , pag. 26, scrive: " Non si conosce
l'orgaDO del senso interiore, rna è verosimile che la sua attività sia legata a certi organi del cervello n;
ed in altra sua open, pubblicata con titolo analogo nel 18IU, dice, che o le opposte estremità de'nppvi
dei sensi esteriori, che sembrano riuscire insieme al cervello, son forse l'organo del senso interno «.
11 fisiologo IliLDEBRANDT intendeva per organi dal senso inlimo la parta cerebrale, dove si riuniscono
tulli i nervi,
(2) Aristotile, Dell'anima, libro 3", cap. 7 e 8.
62 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
che i puri intelligibili preesistano virtualmente nei dati sensibili , e da questi si 8clni>
dano come da loro proprio germe, ne che dalla percezion sensitiva fiorisca la ragione
speculativa siccome un progressivo esplicamento ; bensì è lo spirito umano, che percepiti
i fatti mutevoli e contingenti e le cose sensibili e temporanee poggia più alto e ne cerca
la ragione nei principii immutabili e necessai-ii, nelle essenze ideali ed eteme, e questi
principii e queste essenze non possono affacciarsi né sorreggersi davanti alla mente se
non siano rivestiti di una forma sensibile, che li individui.
Inteso il problema in questo modo, che a me pare il meno discosto dal vero, le
facoltà superiori dell'animo troverebbero le condizioni e lo strumento del loro operare
nelle facoltà inferiori , e non punto nelle correnti nervose o nel movimento dei corpuscoli
e delle fibre cerebrali, e ne emergerebbe il giusto concetto dello spirito umano, il quale
è di sua natura siffatto da vivere congiunto in consorzio col corjjo. animandolo ed infor-
mandolo di se medesimo. Quindi sempre mi parve pieno di profonda filosofia il gran
principio del finale risorgimento dei corpi umani proclamato dal Cristianesimo, significando
con esso, che l'unione dello spirito e del corpo nell'uomo non è fortuita . ne accidentale,
bensì necessaria e permanente. Ne altri opponga . che questo concetto venga a mettere
in forse il principio dell'immortalità dell'anima, la quale, se disgiunta dal corpo suo,
rimarrebbe sprovveduta del ministero de' sensi, epperò non potrebbe più né intendere, ne
sus.sistere per tutto quel periodo di tempo, che intercede fra la morte presente e la
risurrezione futura. Poiché le è cosa affatto ragionevole il suppoire. che in tale frattempo
l'anima umana si stringa in temporaneo rapporto colla materia sott' altra forma e con-
dizioni da quelle della vita presente pur rimanendo sostanzialmente la stessa di prima, in
quella guisa, che alcune specie d'insetti senza ])unto mutar di natura discorrono le tre
fasi cotanto disparate di bruco, di crisalide e di farfalla (1).
Queste considerazioni ci schiudono la via a concepire sotto un aspetto nuovo e
razionale il fatto dell'unione dello spirito e del corpo nell'uomo. Quanda si avverta, che
lo spirito avviva ed informa di sua virtù il corpo . con cui è congiunto . e che possiede
jiccome .suo distintivo carattere la facoltà di' intendere e di volere, per cui si solleva al di
sopra della materia fino a comprenderla e i"ii)rodurla idealmente, abbiamo fondata ragione
di ritenere, che alla mente conviene un naturale primato sulla materia. Ora nella virtù, che
ha la mente di far suo il corpo avvivandolo e dominandolo senza punto distruggere od alte-
rare la specifica sostanzialità del medesimo, risiede a mio avviso la ragione, per cui lo spirito
ed il corpo compongono l'individualità dell'essere umano. Non mi pare quindi conforme a
verità il concetto del 13ain. il quale ripone l'unione, di cui discorriamo, in un terzo termine
superiore allo spirito ed al corpo, cioè nell'individualità dell'essere vivente, o uomo o bruto
ch'esso sia, concepita come una sostanza unica a due faccie, Tuna fisica, l'altra spirituale.
Il Bain è materialista ? È una dimanda . che sorge spontanea dalle cose discorse.
I positivisti in generale si schermiscono dalla lotta, che si dibatte tra lo spiritualismo ed il
materialismo col rispondere, che essi non intendono di pronunciare sentenza, perchè non ci
hanno pensato, e non vogliono pensarci essendoché ai loro occhi il problema del divario
essenziale tra lo spirito e la materia è imperscnita.bile tanto che a tentarne lo scioglimento
(I) JNori v'accorgete voi , che noi siam vermi
Nati a formar l'angelica farfalla ?
Danti.
PER GIUSEPPE ALLIETO 63
non si riesce a capo di nulla. Se per materialismo intendasi la dottrina che rigetta l'esistenza
di qualunque siasi sostanza spirituale, sia essa prosciolta da ogni vincolo materiale come lo
spirito divino, sia congiunta con un organismo corporeo come lo spirito umano, in questo
senso il Bain vuol essere annoverato fra i materialisti, dacché egli sostiene, che di uno spirito
puro, indipendente da materia, quale sarebbe Dio, non possiamo formarci concetto di sorta,
e quanto allo spirito umano lo spoglia di ogni sostanzialità effettiva convertendolo in una
collezion di fenomeni. Che se poi altri pigli il materialismo siccome la dottrina, che confonde
in uno i due ordini di fenomeni, spirituali e materiali, riguardando il pensiero e la volontà
siccome un movimento delle fibre cerebrali , od un risultato di correnti nervose , allora il
Bain non va riguardato siccome materialista. Poiché egli sostiene, che . in qualunque siasi
guisa si concepisca Tunione dello spirito col corpo . permane pur sempre incancellabile la
distinzione tra i due modi di esistere , materiale e spirituale , e dichiara in modo esplicito
ed aperto, che ogni qual volta facciamo parola di nervi e di fibre, non parliamo per niente
di ciò, che dicesi il pensiero, enunciamo de' fatti fisici, che lo accompagnano, ma che non
sono il fatto psicologico. Che anzi egli respinge assai vivamente l'accusa di volere distrutta
la parte spirituale di nostra natura per ciò solo, che non ammette la dottrina cartesiana
di due sostanze distinte nell'uomo, l'una sostegno dei fatti corporei, l'altra soggetto dei
fenomeni mentali : e lamenta che il sostenitore di una sola sostanza <• sia costretto a pro-
testare, che non nega punto l'esistenza dei fenomeni appellati spirito, ma combatte soltanto
un'ipotesi arbitraria ed infondata (Spirito v còrpo, pag. 228) ».
Ciò nullameno mi è giuocoforza ricono,scere . che la dottrina del nostro psicologo
liguardata nel suo carattere generale si disforma sostanzialmente dallo spiritualismo, e può
venire in pressoché tutti i suoi punti accolta dai materialisti. Infatti egli rigetta l'esistenza
di Dio come Spirito infinito, nega l'immortalità dell'animo umano perchè lo riduce ad un
puro fenomeno privo di sostanziai sussistenza, non ammette la libertà morale , tiene in pari
conto lo spirito e la materia, tutti pronunciati questi, a cui ogni materialista sa fare buon
viso, come se fossero suoi propri!. Ho detto, che agli occhi suoi la materia vale quanto lo
spirito. Poiché egli riguarda l'influenza esercitata sulle nostre opinioni dal sentimento della
dignità personale siccome la precipua e più copiosa fonte di tutti i nostri errori e pregiudizi.
Dominati da siffatto sentimento (egli osserva) alcuni filosofi hanno posto per principio, che
di due discordi opinioni va preferita non già quella . che è vera, bensì quella, che nobilita e
rialza la natura umana .- come pure si volle combattere e rigettare la teoria di Darwin per
ciò solo, che essa umilia il nostro orgoglio di stirpe. L'Hamilton aveva apposto per epigrafe
alla sua opera principale questa frase : « Sulla teira non vi ha di grande che l'uomo: nel-
l'uomo non v'ha di grande che lo spirito ... Il Bain appunta quest'epigi-afe come una van-
teria grossolana rivolta all'orgoglio umano e tale da disonorare un'opera filosofica (1).
Queste osservazioni del Bain rivelano lo spirito materialistico della sua dottrina. Prima di
censurare il sentimento della dignità personale siccome fonte suprema di errore . avrebbe
dovuto esaminare se mai esso non sia fondato in natura e fornito di valore oggettivo, perchè
in tal caso può con ogni ragione essere adoperato come criterio parziale di verità per giudi-
care la veracità di alcune dottrine.
(I) ■• Sulla terra ;egli aggiunge) soavi ben altre cose che l'uomo meritevoli dell'epiteto di graudi,
e il meccanismo del corpo è sotto ogni riguardo un'opera tanto riniurchevole, quanto lo «pirite (op.
cit., pag. 220 e seg.) ».
ESPOSIZIONE CRITICA DELI-E DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BATN
Le dottrine morali di Alessandro Bain.
Le dottrine morali del Bain non si trovano trattate di proposito ed esposte in forma
sistematica in veruna delle sue opere, ma vanno raccolte qua e là da' suoi volumi , dove
giacciono disseminate e sparse, e segnatamente nel libro intitolato Le Emozioni e la vo-
lontà. Per conferire a questa breve esposizione queirordine logico, che pure non si ravvisa
nelle opere del nostro autore, reputo necessario avere presenti alla mente i due punti domi-
nanti, su cui si regge tutto quanto l'ordine morale, ed essi sono dall'un lato le facoltà morali
dell'uomo, dall'altro la legge direttiva delle medesime. Facoltà morali sono; 1°^ libera vo-
lontà, ossia il dominio dello spirito umano sui proprii atti, mercè cui esso si determina da
se all'amore del bene conosciuto ed è causa efficiente del proprio operare : 2° la coscienza
morale, o facoltà di approvare come buone certe azioni, biasimare come malvagie certe altro ;
3" il sentimento del dovere o dell'obbligazione, consociato con quello della responsabilità
ed imputabilità morale. Che se tali azioni vengono dalla coscienza morale approvate sic-
come buone, e tali altre riprovate siccome malvagie . forza è riconoscere l'esistenza di un
criterio di moralità, che governi siffatto giudizio : e so proviamo dentro dell'animo il senti-
mento del dovere, ossia dell'obbligo di compiere le azioni giudicate buone, di astenerci dalle
malvagie, necessita altres'i lo ammettere un principio autorevole, che generi in noi il dovere
0 l'obbligazione sentita. Or questo criterio regolatore de' nostri giudizi morali, questo prin-
cipio autorevole , fonte della nostra obbligazione è la legge morale. Raccogliendo intomo
questi due punti cardinali di tutto l'ordine morale le dottrine del Bain, c'ne stiamo espo-
nendo, vediamo che cosa egli ne pensi della libertà morale, come concepisca ed intenda la
legge, come spieghi la genesi della coscienza e del sentimento dell'obbligazione.
Quanto è della libertà morale intesa come facoltà di determinarsi da sé al proprio
operare senza patire veruna neces^tà vuoi psicologica , vuoi fisiologica . egli formalmente
la respinge sostituendovi il determinismo, per cui ogni atto umano s'intreccia con un altro
in modo indissolubile , come un conseguente col suo antecedente, un effetto colla propria
cagione. Anche nel mondo fisico, egualmente che nel mondo morale, i fenomeni sono con-
seguenti determinati da antecedenti in modo costante e regolare, salva però sempre la
differenza, anzi l'opposizione, che intercede tra lo spirito e la materia. Poiché mentre un
atto volontario è un conseguente accompagnato dalla coscienza dello sforzo muscolare, un
fenomeno fisico consta di elementi, che per necessità medesima di loro natura sono incon-
scienti. Opina il Bain, che il sentimento della dignità umana abbia esercitato una smodata
influenza sulla questione del libero arbitrio ingenerando il falso concetto della libertà morale.
Nella dottrina di Aristotele, che proclama volontaria la virtù, già apparisce il sentimento
della dignità personale associato coU'esercizio della volontà. Negli stoici l'elemento vizioso di
questa fittizia importanza della persona umana, in sentenza dell'autore, si scorge vieppiù
spiccato e prevalente : essendoché essi esaltavano la potenza della volontà a segno da repu-
tarla superiore a tutto l'universo, quasi rocca inespugnabile fra il turbinìo degli eventi, ed
.alla coscienza di questa grandezza della volontà associavano una emozione di orgoglio,
un punto di onore e dignità. Filone ebreo parla dell'uom virtuoso come d'un uomo vera-
mente libero, e reputa schiavo il vizioso. In tempi più recenti, dacché la questione assunss
PER (ìirSEPPE ALLIEVO 65
un'indole metatìsica. il libero arbitrio fu propugnato per ciò solo, che meglio risponde alla
dignità dell'uomo, mentre la necessità volontaria, che pure (sempre in sentenza dell'autore)
ha tutte le ragioni in suo appoggio, venne ripudiata soltanto perchè suona un'offesa ed un
affronto all'eccellenza di nostra natura. Nemmeno la coscienza psicologica può essere, secondo
lui, invocata siccome autorevole testimonio della libera volontà, perchè essa allora soltanto
ha diritto alla nostra credenza , quando trattisi di fatti semplici, ultimi, indecomponibili ed
evidenti come gli assiomi . mentre la libei-tà morale è un fatto complesso ed intricato.
Insieme colla libertà il Bain nega altresì l'esistenza di una legge morale, quando per
essa s'intenda un principio assoluto, immutabile, universale, che possegga una natura sua
propria ed oggettiva, astratta ed indipendente da ogni fatto umano. Come le leggi fisiche
non sono verità astratte e trascendentali, ma uopo è raccoglierle dai fatti naturali, in cui
esistono, e di cui sono una espi-essione generale, cos'i le leggi morali occorre cercarle nei
fenomeni dello spirito umano, e non in alcunché di esteriore ad esso, in certe intuizioni
della pura ragione. La coscienza, egualmente che la ragione, sono individuali sempre,
universali non mai.
Gli uomini .si accordano tutti quanti nel possedere la facoltà di approvare o disap-
provare le azioni in ordine alla morale, ma quest'accordo non costituisce punto un principio
di moralità astratto ed indipeudontp dai singoli giudizi umani, in quella guisa, che un
canto corale non è una voce astratta ed indipendente dai singoli cantori, bensì una concorde
armonia delle inoltepjici voci, ciascuna delle quali produce un effetto distinto.
Che se non evvi né libertà, nh legge morale suprema. a,ssoluta ed oggettiva, non
perciò il Kain niega un criterii) morale ed un principio autorevole, da cui origini la
coscienza nostrn ed il sentimenti) dell'obbligazinne e del dovere. Il concetto di obbligazione
si converte con <)uello di sanzione. Obbligare è sanzionare. Vn atto volontario, per ciò solo
che sia approvato o biasimato, non è ancora obbligatorio; lo diventa quando sia accompa-
gnato dalla minaccia di un castigo, o dalla speranza di un premio. Ora dove risiede il
potere, che sancisce epperò obbliga? Nell'autorità governativa. E qual è il criterio morale
direttivo della nostra coscienza ? Esso é la legge promulgata nel seno della società da chi
è rivestito per un determinato tempo dell'autorità di legislatore morale. La coscienza non
è facoltà primitiva ed indipendente, ma tiova la sua genesi nell'autorità esteriore, essendo
essa una imitazione dentro di noi del governo fuori di noi. L'autorità governativa impone
a me come obbligatorio un dato atto accompagnandolo con una sanzione; alla mia volta
io impongo a me medesimo quell'atto ed a.ssoggetto me stesso a quella sanzione: ecco
qui la genesi della coscienza e del sentimento della obbligazione, riposta nell'imitare
dentro di me il governo («sistentc fuori di me. Però questa imitazione, mercè cui la co-
scienza riproducp dentro di me il comando bandito dall'autorità esterioiv umana jìrolun-
gandola in certo qual modo fuori di sé. da prima è fedele ed onninamente passiva, poi
si proscioglie a poco a poco dal vincolo, che la tiene soggetta, e giunge tal fiata a tal segno
di libertà e di indipendenza, che la coscienza ribellasi affatto dalla sudditanza del governo
e diventa legge a sé medesima. Così l'artista dapprima imitatore si solleva alla virtù
creativa; così il discepolo si staccia dal maestro impugnandone gli insegnamenti e con-
trapponendo i concepimenti originali del suo pensiero. Ciò nuUameno. anche quando la
coscienza individuale discorda ne'suoi pronunciati dai prescritti dell'autorità esteriore, il
tenore della sua azione rimane pur sempre conforme al suo archetipo.
Serie II. Tom. XXXIV. 9
66 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
Quest'obbedire alla sola sua coscienza è talfiata accompagnato dal sentimento del
dovere in astratto ; il che avriene alloraquando si adempiono tutti gli obblighi nostri
senza punto aver presenti allo spirito il timor del castigo, il rispetto dell'autorità, l'amore
0 simpatia verso gli altri, il proprio interesse, o qualsiasi altro elemento e motivo, che
valga a piegare la volontà in questa o quell'altra parte. Ma soggiunge tosto l'autore .
che questo sentimento del dovere in astratto non è primitivo ed originario, come non è
primitivo nell'avaro l'amore dell'oro in astratto, bens'i è un risultato dell'associazione di
sentimenti particolari, e ne adduco in prova il fatto, che tali sentimenti si manifestano
assai rare volte e presso pochissimi uomini.
Dacché la coscienza morale trae la sua genesi dall'autorità esteriore, consegue che
essa deve coiTere le stesse vicende e mutare a seconda de' tempi, de' luoghi, delle con-
tingenze sociali, come mutano i prescritti dell'autorità medesima : e mentre gli uomini
concordano tutti nel possedere il .sentimento morale. os.sia la facoltà approvativa o ripro-
vativa delle umane azioni . discordano poi intorno alle materie particolari . a cui essa
facoltà si applica, ed alle cagioni che la producono. Tuttavia, in mezzo ai profondi ed
universali di.spareri delle coscienze individuali, in mezzo alla diversità e contraddizione dei
giudizi morali il I5ain stabilisce, che sempre e dovunijue gii uomini tutti hanno giudicate
meritevoli di lode o di biasimo due grandi cla.ssi di azioni, quelle cioè, che tornano neces-
sarie al mantenimento della pubblica sicurezza, e quelle, che satisfanno ad un mero gusto
0 sentimento geniale. Le azioni doverose della prima classe rivelano un carattere uniforme
e sono l'espressione di eterni ed iniiiiutabili giudizi morali, siccome quelle, che sono
rivolte ad uno scopo esteriore ed invariabile. Tali sono la riprovazione dell'omicidio, del
servaggio, della rivolta. Kssi giudizi i)erò traggono loro origine non da veruna facoltà
intema particolare, bens'i dalla comunanza di condizione esteriore, in cui vedanogli uomini,
e che loro inspira certa qual medesimezza di giudizi morali, in quella guisa che l'unifor-
mità di struttura nelle abitazioni umane è inspirata da certa quale intuizione universale.
La seconda classe di azioni abbraccia i doveri, che essendo di puro sentimento o di semplice
gusto, per quantunque siano obbligatorii. come i precedenti, hanno tuttavia un carattere
essenzialmente variabile e mutevole secondo le diverse genti ed i tempi diversi: come sarebbe
il ber vino in onore di Bacco, l'uscire in pubblico velati il capo come i Musulmani, aste-
nersi da nutrimento animale come i Bramini. Siffatte prescrizioni non appariscono essenziali
al mantenimento della social convivenza. Dalle quali cose tutte si fa manifesto, che le leggi
morali positive quali prevalgono in pressocliè tutte le società umane, hanno il loro fonda-
mento in parte nell'utile pubblico, in parte nel sentimento privato
Il Bain combatte la capacità e l'incapacità morale dell'uomo quale è universalmente
intesa, dicendo che essa si appoggia sopra un falso concetto della volontà, alla quale si
attribuisce una forza interiore od una energia spontanea, che realmente non ha (1). In sua
sentenza, l'uomo è moralmente capace di operare il bene tuttavoltachè i motivi ordinarii
e comuni, per cui si suole intraprendere qualche azione, esercitano una conveniente influenza,
sul suo volere, come per lo contrario egli rimane moralmente incapace, se essi motivi non
hanno più alcuna presa sull'animo suo. A ritrarre il vizioso dal suo mal sentiero gli si
suol dire: tu puoi emendarti o ridiventar YÌTtnoso. pure hf' fu lo voglia. Questa frase, intesa
(I) Vedi la 3ua opoi'a- Lo spirilo t' il corpo, appeodice, pag;. 220 e seg.
PEK GIUSEPPE ALLIEVO 67
nel sènso, che la volontà possa padroneggiare sé stessa e possegga una virtù superiore alla
forza dei motivi, non ha né valor razionale, né pratica efficacia. Se essa contiene qualche
reale significato, questo non può risiedere altrove se non nelle circostanze indirette, ond'è
accompagnata, e che potrebbero essere espresse in questi termini : Vorrei vedervi mutare
condotta... Pensate al vostro stato e raffrontatevi coWuomo di onesti e lodati costumi...
Riflettete alle conseguenze del vostro riprovevole operare, ed alla dignità che acquistate
vincendo la vostra passione... Se questi ed altrettali motivi ordinarli, che ritraggono gli
uomini dall'ubbriachezza , dal furto , da altra disonesta azione , vennero meno in faccia
all'ebbro ed al ladro, essi hanno fatto il callo al vizio e sono giunti alla fase dell'incapacità
morale. A tale segno nemmeno la minaccia del castigo, non la punizione stessa potrebbero
essere adoperate quale strumento di emendazione o di sanzione ; cessata in essi individui
la capacità morale, è cessata altresì ogni responsabilità morale e conseguentemente ogni
punibilità, essendoché quella non è che un incidente connesso con questa. Allora soltanto
dobbiamo essere puniti delle nostre malvagie azioni, quando ci conformiamo da noi alle
ordinarie precauzioni, che ci guarentiscano da ogni mal personale ; ma se altri è disposto
a buttarsi giù dalla finestra egualmente che a scendere giù per le scale, non è più in verun
modo un agente morale.
Passando dalla esposizione alla critica della dottrina morale dell'autore, a noi paiono
anzi tutto onninamente infondate le ragioni, che egli accampa contro la libertà morale.
Prima di dichiararla un pregiudizio originato dal sentimento della nostra dignità pei-sonale,
a lui toccava il dimostrare (ciò, elio non fece), che esso sentimento è una vana e spregevole
illusione destituita di valore oggettivo e razionale, che cioè tanto vale lo spirito , quanto
la materia, distruggendo cosi il gi'an principio dell'ordine gerarchico degli esseri, su cui si
fonda il valore medesimo della ragione. Non meno insussistente è l'altro suo argomento,
che la coscienza psicologica non sia autorevole testimone della nostra libertà morale, perchè
questa non è un fatto, od un concetto semplice, ultimo, indecomponibile, evidente di evi-
denza assiomatica, bensì bisognevole di essere scomposto e spiegato dal ragionamento, il
quale assoggettandolo all'analisi critica Io trova insussistente ed illusorio. Altro è la co-
scienza, che mi rivela un fatto psicologico, ed altro il ragionare intorno ad esso a fine di
risolverlo ne' suoi elementi e spiegarne la natura. Il ragionamento potrebb'essere sbagliato
o manchevole all'intento: ciò non pertanto il fatto rimane indestruttibile anche di fronte
alle sottigliezze dialettiche ed alle cavillose argomentazioni, che tentassero di convertirlo
in un vano fantasma, come incontrò al greco filosofo, che niegava il moto. Il verdetto della
coscienza, la quale riveli un fatto interiore, quale appunto l'atto libero, non patisce ap-
pello: lo scettico medesimo è forzato ad aggiustarvi fede, se pure vuol tenersi sicuro del
fatto, che costituisce tutto il suo sistema, il dubbio universale.
Oltreché il ragionamento, che instituisce il Bain. per provare che il fatto della libertà
non è semplice, chiaro ed assiomatico, quale dovrebb'essere perchè venga accolto sulla fede
della coscienza, è esso stesso avvolto in difficoltà e soggetto a contestazioni, mentre il fatto
del sentirsi liberi suona chiaro ed evidente a tutti.
11 Bain non si mostra più felice nella costruzione della sua dottrina di quello, che lo
fu nella sua critica negativa. Il concetto, che egli propose, della volontà è per una parte
esclusivo ed angusto, per l'altra radicalmente sbagliato. Ei restringe tutta l'attività del
volere al fatto materiale dello imprimere certi movimenti fisici a certe parti muscolari del
M ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTKINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK
corpo a fine di procacciare un piacere o cessare un dolore egualmente fisici. Ma forsech^
non hawi una regione superiore ben più elevata e sublime, dove l'attività volontaria fa le
sue prime e ben ardue prove prima di discendere nel campo della vita materiale, dove
s'impegna la lotta tra il piacere ed il dovere, tra l'utile e l'onesto, tra l'interesse e la
legge morale, dove si maturano que' propositi e si conchiudono quelle risoluzioni, che sono
poi tradotte negli atti esteriori mercè l'organismo corporeo ?
Oltreché esclusivo, il concetto del Bain ci si mostra errato, sia perchè confonde la
volontà colla conoscenza, sia perchè poggia sopra un falso concetto del principio di causalità.
Ei concepisce la volizione quale un fatto consciente, che consegue da un fatto antecedente,
e consciente lo appella per differenziarlo dai fatti del mondo fisico, i quali si succedono
anch'essi incondizionalmente l'uno all'altro siccome conseguente ad antecedente, ma non
sono illustrati dalla luce della coscienza psicologica. E gravissimo e solenne errore il con-
fondere il volere col conoscere e scambiare l'uno per l'altro : certo è, che nessun atto può
rivestire il cai'attere di volontario, se non sia accompagnato da conoscenza, ma non è
volontario per ciò solo che è conosciuto. Volere non è un mero conoscere il fine, per cui
si opera, ma rivolgere ad esso fine la mira dell'animo: è intensione o buona o ria, senza
la quale non si dà atto volontario, né libero nel vero senso della parola. Alloraquando io
mi conosco dominato da una forza supcriore, fhc mi investe e mi spinge ad operare mio
malgrado, io compio un atto da me conosi-iuto ; eppure chi lo dirà volontario, cioè tale, a
cui io mirassi coli' intenzione dell'animo? [1 detto del poeta. Video meliora, proboquc.
deteriora sequor, è pure un [ironunciato della comune sapienza, che pone un essenziale
divario tra il conoscere ed il volere.
Il concetto, che della volontà emettono i positivisti in generale ed il liain in parti-
colare, si fonda sul principio di causalità quale essi lo intendono. Tutto, che avvenga o
si compia in noi o fuori di noi. soggiace alla virtù indeclinabile della legge di causalità :
ogni fatto è necessario conseguente di necessario antecedente. 1/ invariabile e necessaria
successione di un conseguente (effetto) ad un antecedente (causa) costituisce il principio
di causalità (1). La volizione od atto volontario è anch'esso un fatto o conseguente, che
in modo invariabile e necessario succedi' ad altro fatto o antecedente, come effetto a
causa. Questo concetto di causalità mi pare onninamente contrario a verità. Primamente
necessita lo avvertire, che la causa e l'effetto lum (linioiinin in un rapporto di successione.
beasi importano simultaneità e coesistenza di entrambi. Un soggetto qualsiasi allora
soltanto può dirsi ed e davvero causa di un determinato effetto, cpiando lo produce e
cessa di esserlo quando cessa di produrlo. Ino scultore esisteva prima di avere lavorato
una statua, come questa può continuar a sussistere anche dopo la morte di lui: ma
egli non esisteva in quanto causo di essa statua, bens'i egli cominciò ad essere causa
della statua dal primo istante, in cui cominciò il lavorio della statua, continuò insieme
colla sua formazione e cessò di essere causa dacché la statua cxissò di essere effetto,
cioè acquistò una su-ssistenza sua propria distinta da quella del suo formatore. Adunque
causa ed effetto coesistono simultanei, non si succedono. Vuoisi in secondo luogo osser-
vare, che, giusta la dottrina proposta, il vero concetto di causu non si avrà giammai, sia
perchè il fatto antecedente, che i positivisti appelliino causa . è alla >ua volta effetto
(1) V«<li esposto e svolto questo concetto nella Logica di Stiart .Mill, tomo 1". libro :i', cap. V.
PEE GIUSEPPE ALLIETO 69
di, altro antecedente, e questo di altro, e via via all'infinito, sia perchè la causa vera,
quale universalmente s'intende, è virtù produttiva ed efficiente, mentre gli avversari,
facendo arbitraria violenza al comune linguaggio, ripongono la causa non in una certa
attività, che genera un effetto e con esso tiene un'interiore legame di efficienza, bensì in un
certo qual insieme di condizioni, date le quali avviene altro fatto, ossia l'effetto, ma che
ad esso effetto sono affatto estrinseche. Cosi a mo' d'esempio, il fatto della scrittura
succede a condizione che vi sia carta, penna, inchiostro ed una mano atta a scrivere ;
eppure la causa efficiente dellu scritto non risiede nello insieme di queste condizioni,
bensì in me stesso, che le adopero come strumento del mio volere, e son consapevole, che
sono io che realmente formo lo scritto. Giusta quest' erroneo concetto del principio di
causalità, la cagione delle nostre azioni andrebbe riposta in quello insieme di motivi, di
desiderii e di interessi, ai quali, come a condizioni prestabilite e determinanti, succede
l'operazione volontaria, come ad un antecedente succede un conseguente. Di tal guisa la
volontà umana. s])oglia di ugni virtù efficiente e causativa, cessa di essere forza attiva
e viene ridotta a non so che, che si atteggia in questo o in quell' altro modo ed è quale
la fanno essere i motivi presenti allo spirito di chi opera e ne porge imagine di un ter-
mometro, che s' innalza o m abbassa non per virtù interiore, non secondo il vario influsso
dell'ambiente esteriore.
Il governo sociale va esso fornito, siccome sostiene il liain. de' due caratteri di le-
gislatore supremo e di giudice sovrano del nostro operare? In altri termini, l'autorità
esteriore umana va essa riconosciuta siccome il sommo ed unico criterio morale, che ge-
nera in ciascuno di noi la coscienza de! giusto e dell'onesto, siccome il sommo ed unico
imperante e sanzionatore. che genera in noi il huntimeiito dell'obbligazione morale? Anche
su questo momentosissimi) punto dell'ordine niontle la dottrina positivista del Bain, che
ha rigettato un princi|iiii di uioralit;\ oggettivo. a.ssoluto ed universale, non regge alla
critica. La coscienza giudicativa dclli' linone e malvagie azioni, ed il sentimento dell'obbli-
gazione e del dovere nascondono la loro origine nell'intimo fondo dell'animo nostro
anteriori ad ogni comando del potere sociale, e richiedono l'nna un ideale assoluto di mo-
ralità, l'altro un imperativo sovrano, che non sono di siculo l'autorità esteriore umana.
Infatti il tlain riconosce egli medesimo in tutti <• singoli gli uomini la facoltà
dell'approvazione e della disapprovazione morale, ma ben tosto distinguendo essa facoltà
universale dalle materie particolari e varie, a cui ])uò venire applicata ossia <lalle diverse
azioni della vita, pronuncia che spetta al governo l'ufficio di approvare tali azioni,
disapprovare tali altre, fiorgendoci con ciA il criterio morale del nostro ojierare. Ma
egli incorre qui in una gravissima incoerenza, poiché la facoltà o potenza è logicamente
e realmente inse))aral)il(' dalla sua a|iplicazione. come un principio d.alla sua esplica?:ione:
onde se a me si concede la facoltà dell'approvazione e disapjirovazione morale, ragion
vuole che mi sia pur anco concessa l'aiìplicazione. sicché io medesimo giudichi delle
azioni, se degne di approvazione o di hiasinio. F, (jiii io dimando: un atto particolare é
esso lodevole o biasimevole, lecito od illecito, onesto o disonesto per ciò solo, che il go-
verno legislatore me lo dichiara tale, o non si richiede altresì ed anzi tutto, che tale lo
riconosca la mia coscienza morale, perchè tale è di sua stessa natura? Certo è, che torna
necessario all'uopo il riconoscimento della mia ragione. Tant' è. che il Bain medesimo
ammette, che la coscienza individuale, dapprima |)edissequa dell'autorità legislatrice, si
'70 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTKIKE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
ibella a poco a poco dal suo giogo fino a rendersi indipendente e foggiare a sé stessa
la propria legge.
Questo fatto, davanti al quale egli si arresta come davanti ad una obbiezione da lui
roposta, ma non risolta, pone fuor d' ogni dubbio, che la coscienza individuale non deve
la sua genesi al potere sociale, ma possiede un'esistenza sua propria nel fondo stesso dello
spirito umano. Che anzi la storia viene in conferma di questa verità, che l'autorità le-
gislatrice, anziché venire riconosciuta siccome il criterio morale delle coscienze individuali,
si modella sopra di esse come sul proprio tipo. E veramente i più celebrati legislatori
di popoli, cui ricordi la storia, altro non fecero che traduiTO nei loro codici i pronunciati
della coscienza sociale ; ed ogni legislazione positiva, se creazione capricciosa del cervello
di un imperante, presto soggiacque, mentre resse gran tempo, se concorde colle aspirazioni
delle coscienze individuali. Per ultimo giova osservai'e, che avendo il Bain distinte due
classi di azioni doverose . le une aventi per oggetto la pubblica utilità o sicurezza
sociale , le altre relative al sentimento privato o genio particolare . egli ha con ciò
sottratto all'autorità esteriore parte del criterio morale per assegnarlo alle coscienze
particolari ; e per conseguente il potere governativo non apparisce l'unico e supremo
legislatore della vita.
Come il governo non contiene in sé il sovrano criterio morale generatore della
coscienza individuale, coti non possiede in sé il titolo di supremo imperativo morale, che
genera in noi il sentimento dell'obbligazione, e di giudice supremo, che sancisce premi e
pene a seconda del nostro operare. Infatti donde mai deriva il sacro e solenne carattere
dell'autorevolezza proprio della legge morale, e la sua virtù imperativa ed obbligatoria
rispetto alla nostra coscienza? Debbo io obbedire ai prescritti del governo perciò solo,
che esso me li impone, ed accettarne i castighi per ciò solo, che esso li minaccia o b
infligge ? No certamente. La sua autorità imperante ed obbligatoria, come pure la sua
sanzione abbisognano di essere riconosciute dalla mia coscienza. Ora a quali ragioni si
appoggia questo mio riconoscimento? Si può supporre, che l'autorità dell'umano impe-
rante origini da un tacito od espresso consenso della società, che ne lo ha temporaneamente
investito ; ma in tal caso l'autorità governativa, anziché suprema e sussistente per virtù
sua propria, sarebbe derivata. Potrebbesi sostenere, che essa autorità riposi originaria-
mente in una necessità sociale, per cui l'umana convivenza non può né sussistere, né
prosperare senz'ordine sociale, né l'ordine può regnarvi se non a condizione che un su-
premo imperante governi la società. Se così s'intende la cosa, forza è sollevarsi al
concetto dell'ordine cosmico universale, di cui l'ordine sociale umano non è che una parte,
ed anche in questo secondo caso l'autorità esteriore non possiede per sé la rirtù impe-
rativa ed obbligante, ma la deriva da un jiiincipio ideale superiore, universale, assoluto
ed oggettivo, che pure il llain ha ripudiato. Per questa medesima ragione la sanzione,
di cui il governo munisce le sue leggi, va conformata ad un principio superiore, che
renda ragionevole il castigo, il quale allora soltanto può essere giustamente ed efificace-
mente accettato dalla coscienza individuale. (Inde consegue, rlie il sentimento dell'obbli-
gazione non deve la sua genesi all'autorità esteriore, ma p ((uello e questa risalgono ad un
principio superiore, su cui si reggono. Quell' ideale di moralità assoluto, universale, ogget-
tivo, che il Bain aveva sbandeggiato dal campo della inorale, ora ricompare come una
necessità logica ed ontologica posta a fondamento della nostra coscienza individuale .
PEK GIUSEPPE ALLIEVO 71
del sentimento dell' obbligazione, della medesima autorità governativa. Né si obbietti
in contrario, che sostenendo l'immutabilità assoluta del principio morale si dà una smentita
ai fatti e si rinnega ogni progresso sociale riposto nell'evoluzione; poiché un principio
ideale, pur mantenendosi immutabile nel suo concetto costitutivo ed interiore, è fecondo
mai sempre di uno esplicamento esteriore. Un teorema di geometria è immutabile, eppure
è ricco di svariate applicazioni.
Negata la libertà morale, il Bain invano si argomenta di sostenere e spiegare la
responsabilità e l' imputabilità, il merito ed il demerito, la capacità e l'incapacità morale.
Lo Stuart Mill converte la responsabilità nel castigo e ne spiega la genesi mercè
l'associarsi che fecero nella nostra mente le due idee di un dato atto e del castigo o del
dolore, da cui es6o fu accompagnato : ed anch'esso il Bain riguarda la responsabilità sic-
come un indflevff, ond' è accompagnata la facoltà di essere punito. La spiegazione non
regge, perchè la cosa sta in senso affatto opposto. Io non mi tengo responsabile di un atto
per ciò. che ne .sono o posso esserne punito, beasi ne sono punito perchè responsabile. A
rendere ragione della responsabilità morale non basta associare l'idea di un dato atto con
quella del castigo, ond' esso fu accompagnato: occorre anzi tutto aver dimostrato ragio-
nevole e meritato ii castigo, vai quanto dire avere prima posto in chiaro, che la respon-
sabilità di quell'azione è jìersonal mente mia. Ora nessun atto può esserci ragionevolmente
imputato, se esso non sia veramente nostro, se cioè non provenga da noi come da sua
libera ed efficiente cagione, se da noi non sia stato scientemente e spontaneamente voluto.
La responsal)ilità adunque e la imputabilità si reggono entrambe sulla sostanzialità dell'jo
umano, che mercè la sua personalità individua è fatto conscio di sé ed arbitro di se, ed
opera per sua interiore energia, non già trascinato dalla necessità ineluttabile delle con-
dizioni psicologiche in cui versa, o de" motivi fatalmente presenti al suo spirito. Se ogni
mio atto è un necessario conseguente di quell' insieme di condizioni o motivi, che lo hanno
preceduto e che pure non dipendeva da me in verun modo, perchè quell'insieme di con-
dizioni fu alla sua volta il necessario conseguente di altro necessario antecedente, non a
me dunque ne insale la responsabilità, bens'i ai motivi, che lo hanno determinato, e su
quali io non aveva potere di sorta. Dove la necessità impera, là giace schiava l'attività
personale, epperò la responsabilità è nulla : dove per contro la responsabilità si manifesta
colla imputabilità, là regna sovrana la lil)ertà morale, perchè allora soltanto l'umano sog-
getto può dire: (]upsti sono atti veramente miei : in essi io riconosco me stesso, perchè io
li volli.
Intimamente connesso col concetto della responsabilità è il concetto di merito e di
demerito, il (juale ad essere razionalmente spiegato importa anch'esso la libertà morale
dell'uomo. È comune adagio questo, che il premio vuol essere meritato e che il castigo per
ciò solo che è inflitto, non è per anco ragionevole, ove non sia accompagnato da demerito.
Ciò posto, assoggettando all'analisi critica il concetto del merito e del demerito, si scorge,
come esso contenga questi elementi: 1° un'azione buona o malvagia, ossia conforme o
contraria all'indole del giusto e dell'onesto; 2° un'intenzione peculiare, a cui essa sia
stata rivolta; 3" un soggetto operante, da cui dipenda l'azione e tragga direi tutto il suo
essere costitutivo. Or nessuna di queste tre condizioni integrali del merito e del demerito
può ancora sussistere nella dottrina psicologica positivistica, la quale è logicamente portata
a negarlo , sebbene si ingegni di mantenerlo in parole. Infatti un'azione è moralmente
72 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN
buona, ossia conforme all'ideale della moralità, quando è quale debb' essere, come per lo
contrario un atto è malvagio, quando non è quale dovrebh' essere; ma se in forza del
determinismo universale, ogni e qual che siasi umana azione non può non essere altra da
quella, che è, perchè necessario conseguente di necessario antecedente, se tutto insomma
il nostro operare è il portato di una necessità inesorabile . riesce manifesto, come uè la
prima, né la terza delle succennate condizioni possano ancora sussistere. Anch'essa la se-
conda condizione viene disconosciuta dalla dottrina, che stiamo disaminando . essendoché
la buona o rea intenzione, che pure è tanta parte del merito e del demerito, esige , che
V operante possegga una personalità individua e sostanziale tutta sua jjropria. capace
perciò di rivolgere la mira del suo intendimento ad uno scopo da lui conosciuto e voluto,
mentre il Bain converte l'umano soggetto in un mero intreccio di fenomeni destituiti di
realtà. L'atto umano preso nella sua materialità esteriore, e scisso all' intutto dall'in-
teriore intenzione dell'animo, quale appunto lo vogliono e lo intendono i positivisti, non
è suscettivo di valore morale, ed esclude perciò ogni merito e demerito.
Queste considerazioni critiche valgono altresì a chiarire quanto sia insussistente la
teoria della capacità (.• della incaparbita nifirale superiormente esposta. In sentenza del
Bain l'uomo possiede la capacità di operai-e moralmente tuttavoltachè i motivi ordinarti,
che ci d(^termin;uio ad operare, valgono tanto da indurlo ad una data azione, mentre si
chiarisce moralmente incapace quando consti, che essi motivi nulla più possono sull'animo
suo. Anch'esso lo Stuart Mill sentenzia, che cessa in noi ogni dovere di rispondere in faccia
alla società ogni qnal volta si subisce l'impero di un motivo con tale violenza che nessun
timor di castigo possa aver efficacia da ritrarci dall'operare. Ma quale colpa o qual me-
rito è il nostro, che i motivi ordinarli di azione siano presenti o no all'animo nostro, ab-
biano o no efflcaeia sul iiostio operare^ Che ne posso io mai. se i motivi hanno operato
sopra di me (-un vio!eii/,a. ;ui/ichè con certa ([ual temperanza e Ipntezza^ Foi-sechè in
entrambi i casi non mi hanno fatto subire 1 impero ineluttabile della necessità per guisa
che a me non rimaneva forza veruna per combatterli ('soggiogarli^ H se l'alterezza del-
l'indole giungi^sse a sbandeggiare dall'animo ogni timore del castigo, non ci avi-ebbe con
ciò tolto di dosso il peso della responsabilità morale^ Sostiene il Bain. che l'emenda-
zione del vizioso non dipende dalla forza interiore della sua volontà, ben.sì dall'insieme
di quei mezzi, che la ragione suggerisce come necessarii a ritrarlo dalla mala via. Ma
che guisa di emendazione morale sia cotesta. la quale anziché muovere dall'interna energia
dell'animo e reggersi sulla costanza del volere, appoggiasi tntta quanta sul meccanismo
esteriore dei motivi da noi indipendenti, ciascun sei vede.
Singolare, davvero la condizione del |)ositivista ! Kgli parla di coscienza morale, di
responsabilità, di merito e demerito, di capacità ed incapacità morale, e niega ad un
tempo la personalità sostanziale del iiir umano, cioè il soggetto, di cui è la coscienza. "
cut appartiene la responsabilità, il merito ed il demerito, la capacità e l'incapacità morale.
Se non io etìettivamente sussisto, e voglio ed opero, bensì esistono invece di me i miei mo-
tivi, le mie inclinazioni, i miei sentimenti e pensieri, non io adunque, bensì questi miei de-
siderii, e sentimenti, e motivi dovranno rispondere dell'esterno operare, e riportarne merito
e demerito, perchè di essi sarebbe la coscienza, di essi la capacità morale. Strana con-
seguenza veramente, ma pur logica e necessaria! Sebbene, a discorrere logicamente e
con proprietà di linguaggio . anco i vocaboli miei e ttiie applicati a desiderii e motivi .
PER GIUSEPPE ALLIEVO. 73
inclinazioni e sensazioni, voiTebbero essere sbanditi, siccome quelli che si appoggiano al
pronome sostantivo io e me, il quale venne ripudiato dal mondo della realtà e della
scienza, tanto che la vita umana vi andrebbe scompigliata e dispersa in un vortice di sen-
timenti, di motivi, di desiderii aggirantisi in un immenso caos senza sapere da chi muovano,
a chi appartengano, in chi finiscano. La cosa non reca meraviglia di sorta. Niegata la
libertà morale e l'ideale immutabile ed universale del giusto e dell'onesto, toma inevitabile
lo scompiglio ed il disordine nel mondo umano. Il positivismo è la tomba della scienza
morale.
Conclusione.
La negazione del soggetto umano, e per conseguente il fenomahsmo psichico distri-
buito nei tre ordini del sentire, dell'intendere e del volere è il carattere fondamentale
delle dottrine di Alessandro Bain quali vennero fin qui sommariamente esposte. Anziché
una psicologia, la sua teorica è una psicografia, dove lo spirito filosofico è soffocato dal-
l'empirismo. La mente vi sta a disagio, perchè non sorretta da un supremo concetto
ordinatore, che contemperi ad armonica unità la disciolta miscela dei fatti, e lo spirito
umano sentesi come a dire inaridito ed accasciato perchè disconosciuto in quanto ha di
più sacro e di più caro, vo' dire il sentimento della dignità personale e della libertà morale,
e perchè gli si contende la discussione de' più solenni e vitali problemi, che incessante-
mente lo travagliano, riguardanti l'origine, la natura e la destinazione sua. La dottrina
psicologica e morale del 13ain ci porge imaginc di un teatro, dove sfilano sul palco sce-
nico figure meccaniche le più svariate, ma che pure è deserto di attori e di spettatori
viventi. Vi si aggirano ombre mute e vane fuorché nell'aspetto : indarno vi cerchi la per-
sonalità viva e reale dello spirito umano, che può essa sola avvivare, ordinare e spiegare
tutta questa successione continua di fenomeni, essendone la cagione efficiente ed il perma-
nente soggetto. Abbandonato il concetto della pei^sonalità sostanziale umana il Bain si
vide costretto a vagare in una selva tortuosa di fenomeni senza poterli ricondurre ad un
principio supremo ed a ripigliare più volte le stesse questioni.
Seeie il Tom. XXXIV. 10
1
75
DIALETTO DELL'ELIDE
NF.LLP.
ISCRIZIONI TESTÉ SCOPERTE
MEMORIA
DEL SOCIO
DOMENICO PEZZI
Letta nell'adunanza del S3 Gennaio 1881
1.
Preliminari
J^ 1 . Quando Enrico Ludolfo Ahr^is scriveva intorno al dialetto della Elide lo pagine
che legg amo verso la fine del libro primo della classica opera 8ua(l), primo saggio di
una fonologia e di una moi-fologia elea, deplorabile veramente era la scarsità di fonti
onde il dialettologo potesse attingere notizie di talf idioma, che, se al filologo studioso
delle forme più belle dello ellenismo può per avventura parere non degno di acxsurate ri-
cerche, come sembrò semibarbaro agli antichi, si attrae, per lo coiiti-ario, l'attenzione di
tutti coloro cui preme conoscere scientificamente la storia e la preistoria della grecità. Un
trattato fra gli Elei e gli Arcadi di Rrea (2). attribuito dal Bòckh per ragioni di forma
e per motivi stoiici ad un'età intermedia fra la olimpiade 40' e la 60' (3) e poche glosse
tramandateci da scrittori di varia anticliità sono i documenti ai quali soli lo Ahrens poteva
ricorrere i>er tentare la sua ricostruzione grammaticale del dialetto eleo. Le glosse preac-
cennate sono di assai dubbio valore, almeno in parte (4): il trattato, di cui è certa la
forma elea e ben conservati i caratteri , è pur troppo assai breve e qua e là di non facile
(1) De graecae linguae dialcctis, Gottingae, 1839-43: lib primus, De dialectis aeolicis et pseudoaeo-
licis, 1839, pp. 225-31.
(2) Corpus inscripu. gr., 1, 2, pp. 26-31, n" 11 : v. anche pp. 876-80. — Lo eleismo della iscrìz.
n° 31 non è provato.
;3) Il KiRCHHOFK {Studien t. geschichte des gr. alphabets, Berlin, 1863, p. 215) lo riferisce alla
ci. 70* circa.
(4) Lo stesso M. Schmidt, che, parecchi anni liopo la pubblicazione dell'opera dello Ahrens, si
acquistò fama colla sua molto pregiata cdi/.iono del lessico Esichiano (.Jena, 1838-68), non riuscì sempre
a distinguere le glosse di carattere schiettamente eleo da quelle di dialetti affini. V. anche le note del
medesimo autore Z. elischen dialect iZeitschr. f. vergi, sprachf.. X, 206-0).
76 II, DIALETTO DET.I/KI.IDK NEI.I.E IPrUIZIONl TFSTÈ SfOIKKTE
intcriirotazinno. sì cho intorno ad esso ebboro ft travagliarsi grinf;cj,'iii di parpcchi liirdogi
ed il commento dello Ahrens si scosta in più punti da quello del Bikkh (1). Ma il te: reno
di Olimpia, da pochi anni esplorato, con esito superiore ali" aspettazione, dalla dotta ed
indefessa Germania, diede alla scienza, insieme con parecchi monumenti di non lieve v ilore
per la storia dell'arto, un buon nuiucro d'iscrizioni, fra le quali non poche assai utili a
farci conoscere le vicende del linguaggio nella Elide : iscrizioni fatte di pubblica rajrione
uclV Arrhaologische zritnvg, dall'anno 187(5 al 1880 (voli, xxxiii-xxxvin) ed illustrate,
sì nella materia sì nella forma, con molta dottrina da filologi di chiaro nome (2). Quale
e quanto profitto la dialettologia greca possa tran-e da si fatte scoperte apparirsi . confi-
diamo, dalle seguenti pagine.
§ 2. Le iscrizioni, testò date alla luce, che jjossono. jiiìi o meno etìicacemente. giovare
alla storia della parola nella Elide voglionsi dividere nelle classi seguenti :
I. Iscrizioni in dialetto di cui. per quanto sappiamo, non ^i jione in dubbio il carattere
eleo (3):
[\ (xxxiii, 183-0. Kirchhoff) (4) : argomento della iscriz. sono gli onori resi a Demo-
crate da Tenedo benemerito di Olimpia ; per la forma dei caratteri e per la qualità dello
stile sembra al Kirchhoff posteriore all'età di Alessandro, senza che vi sia ragione alcuna
di riferirla al periodo romano.
XXII (xxxiv, 219-20. Dittcnberger) : iscriz. per dedica, appartenente al 4"sec. av. C.
come sembi'ano indicare il digamma conservato e la conformazione delle lettere.
LVI (xxxv. 48-9, Frankel) : frammenti da. cui non puossi trarre un senso compiuto:
il carattere gi-afico c'induce a credere questa iscriz. pressappoco contemporanea a quella
del famoso bronzo (C. /. O.. 11); essa pertanto risalirebbe, giusta il Frankel. alla olimji.
70" circa.
LIX (xxxY, 95, Dittenberger ; xxxvi, 102. id.): iscriz. degli Elei a Fusco; non poste-
riore né anteriore di molto al secolo 3° av. e. v. . per quanto si rileva dalle forme grafiche.
CXI (xxxv. 196-9, Kirchhoff) (5).: la così detta iscriz. dei Caladrii. contenente un
])atto fra essi e Deucalione : iscriz. che jiarc compiuta e per lo più ben conservata e che
nondimeno non è di facile lezitme in ogni sua parte ; per alfabeto, per dialetto e per stile
si accosta al patto fra Elide ed Erea : per ragioni storiche il Kirchhoff la considera come
meno antica della olimp. 50".
(1) V. l'appendice al libro primo, pp. 280-82, e le aggiunto e correzioni al libro secondo, pp. .)4ì>-
550. — Della illustrazione Bockhiana e dell'Ahrensiana si valse il Lesrikn noi glossario aggiunto al
documento di cui si traila, piiliblicato, qual saggio di greco antico eil eolico , nella fndogermanische
rhrestomnthi,: dello Schlkicher .Weimar, 1809, pp. 161 e .sogg.).
(2) A sì fatte illustrazioni ci sentiamo e ci dichiariamo debitori di molto , comò si scorgerà age-
volmente dalla prima e dalla seconda parte di questo nostro lavoro.
1.3) Indichiamo di ciascuna il numero d'ordine che ha nell'/lrcA. ^ieitun;/ , poi, tra parentesi, il
volume e la pagina, infine il nome del filologo che l'ha commentata.
(4) Leggesi eziandio, ilopo il trattato fra gli Klei e la città di Erea, nel Detectus inscriptt. gr. del
Cauer (Lipsiae, 1877, pp. IXi-fi, n' 11(31. — intorno a questa iscrizione vuoisi toner conto anche
dello scritto di '1. Meykr ÌJbcr die neu ijefundene elische inschrift aus Olympia {Zeitschr. f.d. òstit-r.
gymnasien, XXVII, 417-2r)): lo citeremo colle parole « Mkver (5. alla iscriz. IV ».
(V V. anche Ahren.s li. L., Die inschrift aus Olympia nr. Ili {Philologus, XXXVIil, 38."i-98) per
la dichiarazione delle forme: Busolt, Forschungen t. gr. geschichte (I, Breslau, 1880) in ordine allo
argomento. Indicheremo, nello citazioni, lo scritto dello Ahrens cosi: Ahrb.ns alla iscriz. CXI.
MEMORIA DI DOMENICO PEZZI 77
CXXXVIII (xxxvi. 88, Dittcnberger) : documento brevissimo, di età non bene deter-
minalìile, ma posteriore alla olimp. 89". secondo il filologo pi-ecitato.
CLXXXV (xxxvi, 141-2,Kirclihoff) : resti di un"iscriz. che non è più possibile ricostruire.
CCXXIII (xxxvii, 47, Kircbhoff: xxxviii, 66, id.): di essa vuoisi ripetere quanto
abbiam detto della precedente ; dapprima lo insigne filologo citato aveva posto in dubbio
la origine elea di questa epigrafe a cagione dello zetacismo che in essa appare (ossia della
sostituzione di uno Z ad ogni A iniziale o medio) (1), ma poscia, notato sì fatto fenomeno
anche nelle iscrizioni CCCVIII e CCCLXII, di carattere incontestabilmente eleo, è venuta
meno a quel dubbio ogni ragione, come lo stesso Kii'chhoff afferma.
CCXXIV (xxxvii, 48-9, Kircbhoff) : per i molti guasti il senso ci resta oscuro; semlira
nondimeno che vi si contenga un patto fra gli Elei ed un certo Nicarchida.
CCLXXXVI (xxxvii, 144, Furtwangler) : iscriz. di due parole e di età indetenniuata.
CCCVI (XXXVII, 158-9, Kirchhofif): contratto fra gli Elei, probabilmente, e due pri-
vati ; il carattere gi'afico di tale iscrizione e' induce a considerarla come una delle meno
antiche fra le elee.
CCCVIII (XXXVII, 160, Kircbhoff): giunta a noi in pessimo stato, sì che non è possibile
la restituzione di essa nella propria integrità : la scrittura ha imjìronta di età molto antica.
CCCLXII (XXXVIII, (i6-8, Kircbhoff; xxxviii, 69-70, G. Curtius): una Ppy-px di
lettura e d'interpretazione assai difficile ; v'ha un argomento storico per giudicarla ante-
riore alla olimp. 50°.
CCCLXIII (xxxviii. 1 1 7-9, Kirchhofi) : una fparpa fra Aneti e iJetapii per unami
cizia di mezzo secolo (2).
II. Iscrizioni in dialetto incerto , ma o eleo od almeno congiunto da stretta aflinità
all'eleo (3):
CLXXVI (xxxvi. 139, Kircbhoff): avanzo di nn àiK/.'/ocor, di vincitori ne' giuochi
olimpici: v'hanno lacune che non si possono colmare ; che il dialetto sia eleo è piuttosto
iK)n abbastanza dimostrato che improbabile : se fosse veramente elea, questa iscriz. appa-
rirebbe, per ragioni grafiche, meno antica della iscriz. seguente.
CLXXVII (xxxvi, 139-40, Kiichhoff; xxxvii, 48-9, id.) (4): iscriz. degli Elei a
Difilo Ateniese; scrittura e lingua rivelano, nota il Kircbhoff, con non dubbii segni un'an-
tichità assai minore di quella a cui risale la iscriz. dei Caladrii. Per alcune ragioni. sj)ccial-
inente gi-atìch(! e fonologiche, il Wvìì ed il Kircbhoff stesso reputano non trop])o inverisimile
clie negli 'Meìoc di questo documento abbiansi a scorgere non tanto gli Elei quanto gli
abitatori dell'arcade Alea. Ma, osservano, lo Aleese si direbbe grecamente A Isòq od "A hcKTr,?:
vuoisi oltracciò avvertire che gli argomenti fonologici da essi addotti non possono parere
(1) V. ancho Mkyer (?., Griech. grnmm., Leipzig, 1880, p. 179; libro che spesso avremo a citare
in questa nostra monografia come sintesi di molti lavori speciali intorno ai dialetti , ai suoni , alle
formo greche. Lo indicheremo col solo nome dell'autore.
(2) Di alcune iscrizioni brevissime, oggetto di recentissimi studi a cultori della numismatica, non
occorre tener conto in questa nostra rapida enumerazione: più tardi, quando si discorrerà del digamma
nel dialetto della Elide, si vedrà qual profitto siasi tratto anche da quelle leggende.
(3) .Vi vocaboli appartenenti a quesla seconda serie d'iscrizioni, i quali verranno citati nelle
seguenti Considerazioni, posporremo il segno '), per distinguerli dalle parole di provenienza sicura-
mente elea, oppure sarà in tal modo segnala la iscrizione che li contiene.
i Consulta eziandio Weil, Vau auf elischen inschriften [Zeitschr. f. numismalik,\\] , 117-20).
78 II- DIALETTO DEf.l/ELIDE NELLE ISCEIZIONI TESTÉ SCOPERTE
molto gravi a chi attentamente esamini i caratteri del diahtto eleo . come apparirà dalle
considerazioni che esporremo nella seconda e nella terza parte del presente scritto.
CCXXV (xxxvii, 49-51, Kirchhoff) .- iscriz. concernente la liberazione di una famiglia
di schiavi: documento mutilo ed in parte illeggibile; l'alfabeto, soprattutto, ne fa parere
meno probabile la origine elea.
cecili (xxxvii. 154-tj. Kirchhoff): si riferisce a festa olimpica e ad un certo Timo-
orate ; molti e gravi guasti non permettono una ricostruzione della epigrafe ; le ragioni che
muovono il filologo prelodato a dubitare intorno alla origine elea di questo documento ci
sembrano non di grande inijiortanza, come si scorgerà in séguito; egli crede poterlo asse-
gnare, per le fonrie delle lettere, alla prima metà del 5° sec. av. Cr.
CCCIV (xxxvii, 151). Kirchhoff): nomine di prosseni e di euergeti per benemerenze verso
il tempio di Zeus in Olimpia : lo alfaliett) ed alcuni caratteri dialettali ci distolgono dal
credere elea la forma di questa iscriz., che, per ragioni storiche, il Kirchhoff attribuirebbe
al tempo compreso fra la olimp. 103". 4 e la olimp. 104\2.
III. Iscrizione in dialetto dorico mite:
XVI' (xxxiv, 128 e segg.. Neubauer): questa prima parte di un'iscriz. che consta di
tre contiene la notizia della deliberazione j)resa dal sinedrio degli Elei di concedere ai
Messeni la chiesta facoltà di collocare in Olimpia due documenti del giudizio che Mileto.
per incarico ricevuto da Eonia. aveva pronunziato intorno ad una terra lungamente contesa
fra Messeni e Lacedemoni : la età ineiu) improbabile sembra al Neubauer un secolo e
mezzo av. e. v.
IV. Iscrizioni in dialetto comune con qualche più o meno notevole idiotismo eleo, ado-
perato per amore di arcaismo e di solennità : delle poche epigrafi spettanti a questa classe
e per lo jiiii apjiarti'nenti al 2" od al 3' secolo della e. v. non reputiamo necessario dare
qui un elenco con indicazioni particolareggiate. Lo stesso diremo delle
V. Iscrizioni in dialetto comune senza idiotismi elei : sono in numero di sessanta pres-
sappoco; la età, assai varia, a cui risalgono sembra potersi considerare come compresa fra
il secondo secolo avanti ed il terzo dopo la e. v.
Ci proponiamo ora di esporre con ordine alcune considerazioni intorno al dialetto eleo
quale ci appare dopo la scoperta dei prcaccennati documenti e gli studi fatti intorno ad
essi. Ben sappiamo che nuove iscrizioni possono , nell'ora stessa in cui scriviamo questa
pagina , venir rese alla luce dalla indefessa diligenza degli esploratori ; che , anche per lo
studio ancora troppo incompiuto di parecchie questioni aflìni allo argomento nostro , non
è giunto ancora il tempo in cui si possa tentare una trattazione, per quanto è lecito espri-
merci cos'i, definitiva del dialetto della Elide. Keputiamo nondimeno che i risultati ottenuti
mediante lo esame delle iscrizioni testé scoperte siano abbastanza numerosi ed importanti
per meritare di venire sin d'ora ridotti a fornui di ordinaci esposizione, a vantiiggio di
coloro che investigano le origini e lo svolgimento dello ellenismo. Se a tale esposizione
occorrerà fra poco aggiungere qualche aiijtendice per apparizione di nuovi documenti o per
nuove illustrazioni di (juclli che già possediamo o per nuovi studi intorno a dialetti afiiui,
noi saremo ben lieti di ampliare e di coireggere questo nostro lavoro.
MEMORIA n DOMENICO VEZZI 79
II.
Considerazioni speciali (1).
SUONI.
§ 3. a — e: a« =si (cxi. 5, 7; ccxxiv, 3. 5. 6, 7, 9, 18; cccvi, 7; cccvm, 2, 3, 4,
5; cccLXJi, 2 bis. 6, 7, 8: ccclxih. 5 ; cf. xi. e. 3, 5. 7; «tre, ib., 3 bis, 8 bis, 9)|
xa — x£ (Lvi, 1, anche 2, se a ragione il Frankel disgiunge il xadal Ouyx; seg.; cccLXii,'
3; cccLxii], 4; cf. xi. e, 3); nocp = tteoc' (ccxxiv. 1. coll'A guasto; cccvi, 2; cf. xi. e.',
4-5); («pov (IV, 32), y.cxuap (ccci.xii, 2) con tapo;') ((«p&ij, ccxxv), cf. mo:poi (xi. e.'
9, hidpa, giusta la trascrizione del Bockh. seguito dallo Ahrens) ; zc^ps-^ {^apr,)^. cccvi'
5); ehudcr.pog') ('{kvjQàpa^?, ccxxv, 3^; xossra^oi (xù^T&rajOot, CCCLXIII, 3); fxmidwxv
(ix-rìm9slc(v. ccclxii, 2). [ismeSBocav (uwmSéoiav, ccclxiii, 3), «TroFsXEojav (inoFr.lÉotav,
ib., 4), n(x[p]^xivoiav (ib.. li), cf. ouvsav (xi. e. 4. 5), KTronvotsfv (ib., G). Al paleo-eleo
f(xpyov{\ì. e, 3-4) risponde nello eleo assai meno antico la forma £UìpY£r5:jc(iv. 19 ecc.)(2).
Alle voci elee preaccennate è facile trovare numerosi riscontri in parecchi dialetti della
classe eolo-dorica, fra i quali merita di essere particolarmente ricordato, in ordine a questo
fenomeno, il dialetto dei Locri (3). 8e nell'a di cui discorriamo abbia.si a ravvisare in ogni
caso un « primitivo, ovvero, in parecchi fra gli esempii menzionati, un £ trasformato in x
per influenza del p seguente noi indagheremo più tardi, quando cotal problema ci si farà
innanzi di nuovo nella trattazione della vocale a lunga.
« = & : Fjzxn (cccvi, (j), come ne' dialetti laconico, eracleese, beotico.
a ci appare svoltosi fra X e u in lxlau.o)^(xt {Icàixàytì, cccvi, 8-4) e fra ju e v in
lJ.c(vxGioi (fAi/affiW, ib., 5-(5, voce che il Kirchhoff interpreta ' getreidemaass ' ed illustra
ricordando il cipr. ij.và7tg e lo Ksichiano jUV«ct'ov) (4). In entrambi i casi vuoisi tener
conto dellazione esercitata dallo a, precedente o seguente (5).
(1) Le parole elee verranno rappresentate colle medesime lettere con cui ci appariscono notate
nelle iscrizioni, ma per lo più in forma minuscola ne' casi in cui occorrerà, per qualsiasi ragione, sarà
aggiunta, fra parentesi, una trascrizione nell'alfabeto greco comunemente adoperato. I numeri romani de-
signeranno i documenti che verremo citando giusta l'ordino .iella loro pubblicazione nell' Arch. zeitung-
gli altri numeri indicheranno le linee delle singole iscrizioni citate. XI. C. segnerà il famoso traflato
che ha sì fatto numero nel Corpus inscnptt. gr.
(2) Onde emerge non essere lo E.cp/erav') (non £.«<fy.:Tav) della iscriz. CLXXVll , 4-5 un valido
argomento, come pare al Kircuuoff, per contestarne lo deismo.
(3) V. .Meyer G. , pp. 24-6, 63 e gli scritti da lui citati dello .\llen {De diakao Locrensium
negli Studien del Curtius, III, 218 e segg.1 e dello Havet {Mols locriens contenant un a pour un 1
in Mémoires de la Socicié de linguistique de Paris, II, 167). « Saepissime mutant u lones et ea pars
Aeolum quae complectitur Lesbios Cyprios Areadas: sequuntur Boeoti et Thessali ; Dores cum Eleis
pristini soni praeter ceteros diligentes sunt Allen . l. e, il quale adduce ad esempii à/.ip«,
«yyorap^;, ftaiiipiac, itcìTapa, fapu., usate dai Locri. V. anche Meter G. alla iscriz. IV, p. 420. — Degno'
di menzione è inoltre il beot. naptiav.
(,r RoTHE, De Ct/priorwn dialecto. Lipsiae. 1875, p. 34.
^5' Meter G., p. 95 e segg.
80 II. I'Iai,i;tto dem/empe neu.e iscrizioni testé scoperte
Dileguo di « finale di preposizioni, zzra. ava, r-aoi, cessando di avere la sillaba
finale protetta dallo accento acuto, diventano qua e là y,yx, ^v, nyo: /.zr in /MTCìpaco^
(xaT[r]o70«5og, CCXXiii, 5), •A<-/-i'xncf.rpioi (/.«TTxnarpice, giusta la correzione del Frànkel,
LVi, li), y.vrajzo (-/.arry.vToì , ccclxii, 1), y.c/.O-jrc.; {/.yraOvrr.g, ccxxiv, (i) con y.c/.6urc/Ag
(cccLXii, 4), forse anche in •a.vSjxjiv.;, (lvi, 2, che il Friinkel legge za Ou7a;), cf. /.y.ooù.E[j.ivoi
(*y.a5^., "xKT^., XI. e, 6-7), ya^ylzoiro (ib., 8); av in <Jwxy)jjoiro (da'auvav).., ccxxiv,
7); nao, secondo ogni probabilità, in T:cf.[p]^afy<nc.v (cccLxiii, 0); ai quali esempii con-
verrebbe aggiungere jujr in iisdy.iJ.oi (per ' p.i^^yiJ.oi, ' iJ.ii:<ìa[J.oi, p.sra ^c/.iioi, cxi, 7), se.
come vedremo verso la fine di questa seconda parte, la interpretazione proposta dal
Kirchbofi' non jiaresse meno probabile soprattutto dopo le osservazioni dello Ahrens.
Cf. aX («).?.«, XI. e, 4) (1). Esempli di si fatta apocope di preposizioni ci somministrano
in Imnii numero i dialetti dorici, eolici, ionici ed anche la poesia tragica ateniese ci pre-
senta traccie di questo fenomeno (2).
§ 4. «^=-/;. In sillabe radicali: a («, Lix, I; cxi, 1; ccxxiv, 7,8; ccclxii, 1, (J :
CCCLXiii, 1; cf. XI. e, 1); rav (iv, 8, 9, 14, 39; cxi, 4) con rat (ccclxii, 7), r«c: (ràc;.
ccxxiii, 3), xv.p (zxp, IV, 20, 31; ccxxiv, 1; cccvi, 2, 3), «urag (prob. aìtzà;, ccxxiv.
4), aurap (c.ùrxp, iv, 17); e/.;j.£<M (iv, 11); i//«5£(7,aa (iv, 30) ; Ahiog (cxxxmi, cclxxxvi)
con FsfXct'jjv (xxii, 1), Ahiojv (lix, 1 ; clxxvii, 5, oveleggesi AIhov')), pOA (Fa[X£i(V)v].
ccxiii), Fa).£ioi; (ccclxii, 1, cf. xi. e, 1), Ahiotg') (clxxvii, 1); yav (cxi, 4) con
y(xp = jr,g (cccvi, 3); p.£ÒajU.ot (v. § 24, cxi, 7) con Fi7o§a^iopyov (cxi, 4, cf. 5ce[j.og.
XI. e, 9), <Mo5'2/j.ov (cccxLi, 5), EvSafxou (ib., (3), e, con ? = (5 (v. § 19), ^afjioy (ccxxiii,
8) con (^ix;j.top[yo] (ccxxni, 3), (^aij.top-jtci (ccclxii, 6); lav/lcepov (xiV, 4) (3); p.a>
(ccxxiv, 13); kIocOuo'^tcì (ccxxni, 8); npayap (iv, 24); ?poi.-:pa (cxi, 1; ccclxii, 1:
cccLXiii, 1, cf. XI. e, 1); ij.a. (prob. =/xn', cccvin, 2, 3, cf. xi. e, 5); ni\>xay.ov:u
(ccCLXiii, 2) ; ^amlc/.£g (ccclxii, 3).
Eicliiamiamo l'attenzione del lettore sui quattro ultimi esempii. Fparpa proviene da
una radice che ci appare con r, anche nei derivati eolo-dorici, così che G. Meycr credette^
di poter porre Ppr, come forma panellenica di essa (4). Esclusivamente proprii dello eleo
sembrano anche ijm, TOira/.oi/ra, ^v.aù.a.ig (5).
(Il 0 Apocopen 'xi'/ non agnoscit Hormanims ; scalptorera omii»isse potius K iu prima scriptione ,
in correctione vero aut iterura eius oblituni esse aut id ob spatii angustiam uon addidisse. At nec
tara angustum spatium est ot celerà probe corroxit scalptor » Bòckh , p. 878. Tra i due pareri lo
Ahrens si mostra dubbio (I, 23i)).
(2) Kkucer, Gr. sprachlehre, Berlin, 1801-71 , parto 2*, sez. I", 5 8, 3. Ahrens, li, ;?53 e segg.
Thiersch, Gr. gramm., Leipzig, 1820, § IO"'- — Intorno alla origine ed alla forma primitiva v. Grass-
MANN, Ursjiruni/ d. prrìposkiunm im indoij. (Zeilschr. f. vergi, sprachf., XXIII, 55'J-79).
(3 Notevole eziandio perchè il fonetismo di questa iscriz. non è eleo, ma attico: lo stesso dicasi
di due alili fra gli esempii preaccennati, *iio8a,uov ed EuJa/«u.
(4) P. 44. Ahrens, li, 146.
(5) « d. parlikel ,u>i , die allgomein griecbisch ist (ai. mn), nur elisch ju« », Metkr G. ,
P- 44. — « In den mit - xovra zusamraengesetzten zahlwòrtern parlicipieren von 50 ab alle dialekte
an den ion. att. formen mit n ». Id., p. 48. — In ordine a ,8a3i/£Ji consulta G. Curtius, Grundj. ,
a. D,:5. - In nlaOuovra e specialmente in eipujoip l'a non è a dirsi proprio soltjinto del vocalismo eleo,
come (juello che trovasi anche in altro forme eolo-doricho dello ellenismo. Eipiva rinviensi nel laconico,
nel cretese, nel megarese, ipi\>x nel beotico: della forma con 5 si valse Callimaco, mentre in parecchie
iscrizioni cretesi, in quasi tutti i codici di Pindaro e ne'poeti tragici abbiamo la forma con ». V. Hblbio,
MEMORIA Di nOlir.MCO PEZZI 81
Lo eleo si accosta, per lo contrario, all'uso degli altri dialetti eolo-dorici negli esempii
segg. : c(VE6r,y.tv (i.ix, 1), owSevoc (cccvi, v. § 21): sy/.-:r,7cv (iv, 24) (1); ai quali con-
verrà aggiungere [j.Yi (cxi, 7), se si accoglie la illustrazione Ahreusiana, di cui già si è fatto
cenno e si discorrerà di nuovo più tardi (§ 24) (2).
Procediamo ora allo studio dello stesso fenomeno in sillabe non radicali. Anche qui
avremo a citare buon numero di forme, alcune fra le quali degnissime di attenta conside-
razione per la storia della parola gi'eca: E).X(ZV(zo; (cxxxviii), E/Àavoojxav ( E)./avo(j£Kàv,
IV. 2) con E/Xcfyoi^r/.y; (ccCLXii, 5) : a\ 5av [jrt] ov ") (cLxxvii, 3-4); fìalcp (iv, 31) ; zvyj/.
(IV. 1); cjsp-/tryv (iv, 19: CLXXVii. 4-5): sKiiulr- yy (iv. 34): y.(/.$ura; (ccxxiv, 0):
'/.otiyrxv (?, ccxxiv, 13); iipv.vy.p (iv. 24): ki-yypccj (iv, 34); y,x\c/.ixovai (cccvi, 3-4);
BKC/yiryy.wp (iv. 8, v. § 21): fC(iy</.-C(t (iv, l(i); anoixcù.y.^.i'j (=:^7r57T«).y;va£, iv, 35);
nofw.-z^x ( = novrirr-c/.i.. iv, 3(j); v.v</-bQv.i (iv, 32) con ììoOcf.i (ib.. 37); iy. (ccxxiv, 9:
forse anche coxxiii. G : cf. xi. e. 2 ; Ahrens e Kirchhoff si mostrano inclinati alla trascri-
zione zia): nar.ctp (iv. (i).
Le sette ultime fra le forme addotte ci offi'ono un r/. cui negli altri idiomi ellenici di
stampo eolo-dorico lisponderebbe un r, (3) e sono pertanto ad annoverarsi fra i caratteri
che distinguono lo eleo dai dialetti più affini.
Ma che si fatta tendenza al suono a in elementi formali avesse limiti nell'uso eleo ben
si rileva dalle segg. parole, nelle quali tutte abbiamo un r, concorrente alla loro forma-
zione: novftotr.vx (iv. 36) con nor,y-'7y.i (iv. 33): tzifurr-yy (iv. 34); 6y/(zrc/3 ') (Su'/an^i,
CCXXV, 0). ££c (zVC. ccxxiii. 5. 7).
La precedente esposizione ci ha jneparati allo esame di una ijuestione che ora ci si
affaccia, vogliam dire l'origine dello y. nelle fiu-nie elee su cui abbiamo in ispecial guisa
invitato il lettore a riflettere : prolileiua che si connette con quello, già da noi accennato,
della gonfisi dell'i in pareccliie forme del dialetto di cui discorriamo e di quello dei
Locri (4).
Che, V. g., neirj< del locr. r:y.~y.p^. del locr. ipào^iv^eleo li^OcV [yjpry), nell' a. delle
forme elee Fptxzpy, zy.rv.p. ly. (ct«?) abbiasi a riconoscere un y. breve ne' primi esempii,
lungo ne' secondi, di antichità proto-aria, del quale sarebbe pertanto assai meno antico
1'^' (e. •/;) che troviamo nelle forme corrispondenti doj;li altri dialetti greci, sembra, a primo
De dial. crei., Plaviae, 1873, p. 29. Beermann, Do dial. lìoeot. tCuaiixa, Sludien eoe, IX, :57;. Peter,
De. dial. Pind., Hai. Sax., 1860, pp. 9-10. Mucke, De diali. Stesichori ecc., Lipsiae, 1879, p. 9. Degner,
De dorismi usu Callimachoo . Vratisl., 1877, p. 10. — Intorno k rt/aOuovra v. specialmente Schrader ,
Quaaslt. dial. gr. parlicida (Curtius, St., X, 31G). L'i ci si fa innan/.i in «aO-;o,- ( iscriz. eoi. di Cime
3.524 C. I. G. , 127 Cader, 1. 18), ma il dialetto di tale iscrix. è una « Aeolis Lesbiaca affectata
antiquitate rodintegrafa «. G. Meyer (p. 43) cita anche il n/àOoj della iscriz. cret. 3iJ4S (1. 21), ma lo
Helbig {l. e), fondandosi su altri documenti, crede doverlo correggere sostituendo W all' 3. Si potrebbe
.indie citare la glossa cipr. xTtì.xOyj- koìXì, prob. dalla rad.rria col così detto z intensivo (Rothe, De Cy-
priorum dial. , p. 22).
(1) Ahrens, 11, 131. Mkyer (ì., pp. 44-5.
(2) Non puossi decidere, pel cattivo stato in cui ci è giunta la iscriz. CLXXVI , se il .uìòjv') della
1. 3* debbasi leggero «v;òèv ovvero - ;t.riài^.
(3) Meyer (1. alla iscriz. IV, p. 421: Gr.gramni., pp. 47-8. Ahrens, II, 110.
(4) Ai.LBN, ;. e. Brugman, Z . physiologie d. R-laute in d. indog. sprachen (Curtius, St., V, 311-32,
V. specialmente p. 328). IIavet , Mot.<! locriens ecc. Schmidt J., Z. geschichte d. indog. vocalismtis .
Weimar, 1871-5, II, 329: id., nella Zeitsckr. f. vergi, sprachf., XXIII, ISG-8, 375. Schrader, Quaesti, ecc.,
pp. 284-0. Meter G. alla iscriz. IV, pp. 120-1 ; id., Gr. gramm., pp. 24-5, 43 e segg.
Serik II. Tom. XXXIV. 11
82 IL DIALETTO OKl,l/KhH)K NKLl-E ISCRIZIONI TKSTÈ SCOPERTE
aspetto, non solo verisimile ma certo. Per altro, ove si consideri che l'ac^iordo di tutti gli
altri idiomi ellenici nel suono e in tali parole pare additarci quest'ultima vocale come an-
teriore, nelle voci accennate , allo svolgimento dei singoli dialetti dal cosi detto ellenico
primitivo e fondamentale e che, in ordine a qualche radice ed a qualche suffisso fra
gli esempii addotti, vha, nel suono <• . consenso eziandio fra quasi tutte le forme della
grecità ed il latino, onde appare non punto improbabile la ipotesi che il suono e risalga,
in sì fatti casi, ad età preellenica, prcitalica, ossia al periodo di quella che chiamano unità
greco-italica; che, infine, almeno in qualche caso. \'v può venire attribuito, per non dissi-
mile ragione, al preteso periodo dell'unità europea; si scorgerà agevolmente come intorno
a tale argomento possano essere assai discordi fra loro le opinioni dei glottologi. E vera-
mente mentre il Brugman (come lo Havet in ordine alle forme locresi) non crede alla pri-
mitività del suono it negli elementi radicali e ne" formali menzionati, l'affermò G. Schmidt
ed anche, almeno per «luanto concerne Y d, lo Sclu'ader e G. Meyer si manifestò prima con-
trario, poi favorevoli^ alla opinione del Brugman. della quale è tempo di esaminare il valore.
Notiamo, innanzi tratto, che nello assorgei-e a forme gi'eco-italiche conviene tener
conto non solo de' dialetti greci e del latino, ma eziandio dell'umbro e dell'osco e che,
seguendo questo metodo, ad es., nello studio del suffisso dell'ottativo, non possiamo ammet-
tere come italo-gre(^a la forma -ie-, ma dobbiamo risalire ad un più antico -i<i-. come
avvertì lo Sclu'ader, per causa del -ia- che troviamo nell'umbro (1) ed eziandio, aggiun-
giamo noi, almeno in un esempio osco (2). Secondamente non bassi a considerare come
assolutamente incompatibili la originalità del suono « nei casi mentovati e la esistenza di
un linguaggio greco-italico. E qui ricorderemo la ipotesi dello Alien : « vocalem quae
])raecedit o in bis vocabulis jam ante linguas sejunctas labefactari eoepisse ac paululum
inclinari ad sonum tenuiorem, hanc mutationem postea apud Latinos plurimosque Graecos
praevaluisse, horum vero paucos, renitente littera p, non deposuisse fl]3ertiorem vocalem ».
Infine non è a tacersi, sebbene possa parer cosa strana o poco piacevole ad alcuno, che,
piima di trane certe conseguenze dalle tesi dell'unità gi'eco-italica e dell'em'opea, sarebbe
conveniente dare di esse una dimostrazione assai \^\\l compiuta, jiiù a<curata e più rigo-
rosa che sino ad ora .siasi fatto e gioverebbe non dimenticare come non poche uè lievi
siano le ragioni per cui da parecchi ancora sono messe in dubbio (3). Ne, ove si neghi la
primitività dell'x negli esempii citati, è facile illustrarne, con maggiore verisimiglianza, le
origini. Nessuno oserà certo tacciare di affettato iperdorismo forme che si leggono in un
documento (guanto antico altrettanto l'ozzo com'è la iscriz. XI. e. (Fiaroz, tct). (.'he.
giusta la ()i)iiii()ne del Brugman, l'z delle mentovate forimi locresi, a cui lo eleo offre (come
abbiamo notato) parecchi riscontri, sia un « isterogeno provenuto da un f greco-italico
(I) Brral, Les lables Eugubines etc Paris, I87Ì), p. 3t»l.
("2) Hftr-i-ii-il , citato dallo K.nueris, Versxich einer fortnenlehre lì. o.vft. spr. . Ziirich , 1871,
lip. XXXll-lII.
(3) Delle più autorevoli opinioni intorno ai rapporti particolari fra singole lingue arie abbiamo
trattato nella parte 2*, capo 2° della Glottologia aria recentissima (Torino, 1876; vers. inglese, Londra,
1879). Non è inutile riferire qui le parole scritto, a questo proposito, da G. MgykR, non ancora con-
vertito alla ipotesi del Hruo.man, secondo cui 1'* («, a) sarebbe per influenza del p ridiventato « :
« Icli nieiiie, naclidum Jet/.t das elische ■Ka.-:àf> hinzugnkommon ist, sei os eiii verkennen sprachlicher
thatsachen zu gunsten einer vorgefassteu tlieorie, wenn man ohue uCthigung eine solcbe riicklàufig»
bevveirmit» dor lautentwickpl'ing annìmmt ».
MEMOKIA PI DOMENICO l'KZZI 83
sotto l'azione del p . suono contenente un elemento vocale affine allo a, appare poco pro-
babile soprattutto dopo le ricerche di G. Schmidt, che mise in rilievo la tendenza del
suono p alla vocale r. E quando anche si volesse accogliere la dottrina del Brugman
intorno all'azione del suono p, come mai varrebb"essa a renderci ragione dell'a (a , x) che
ci appare in forme ove di sì fatta influenza non vi può essere traccia alcuna ? Come si
spiegherebbero gli ottativi in -orM da noi sopra citati? Come le forme [j.c/. , -cvrazcvra,
fìoccikasg , ocfivc/zy. , aTTOTTaXap.sv , noiYiazc/.t . ma.xzbv.i . ^o6ai , la . che stanno . per
proporzione di numero, a noiTV.p come nove ad uno ?
Sembra pertanto ]jiù conforme allo studio imparziale dei fatti lo ammettere che nella
età preistorica dello ellenismo la vocale • a primitiva fu conservata assai più che non si
pensi da parecchi glottologi. Onde si scorge come si venga attenuando la forza di uno
degli argomenti principali addotti dal Pick a conferma della sua divisione dello ano
])rimitivo in orientale ed occidentale, ossia in asiatico ed europeo, vogliam dire la trasfor-
mazione dellV/ in p come carattere distintivo delle lingue arie di Europa (1); si scorge,
in secondo luogo, che non è solida quanto comunemente si reputa una delle basi su cui
si è tentato ricostruire lo edificio della unità italo-greca (2) ; si scorge, da ultimo, per
quanto attiensi alla conservazione dellV/, primitivo, soprattutto dello Ti . appartenere al
dialetto eleo un titolo di maggiore antichità che non alle altre forme deli 'eolo-dorismo (3).
Porremo termine a questo ormai troppo lungo discorso intomo all's^ eleo con alcuni
cenni circa questa vocale nata da contrazione.
Di « = ac, come nel dorismo. abbiamo esempii in iscrizioni di forma attica , ma non
possiamo addurne alcuno che si possa indubbiamente considerare come proprio dello eleo.
a rappresenterebbe ac in 'jUÌ.o/.ì [aulù. cxi. U) se a buon diritto il Kii-chhoff ravvisasse
in tal voce un ottativo: ma non senza grave ragione vi si oppone lo Alireus che giudica
cotal forma, come contratta da auKc/si, contraria ad ogni analogia (§ 22).
s<=:'/w, non altramente che nel dorismo: ùlc/voòv/.oiv (iv. 2); ;ro).tTav (ib.. 15): rxy
Te Quaiw y.of.1. ziixxv na.i'/.v (ih.. 2(t); -'j.'j (ih.. 34): oyp/u.av (prob. gen. \A.=:òù7.yu.ciuv,
ciixxxv. ()) ; xptSav (cccvi, 5).
g 5. L's ci appare conservato in cf.'JBpxg (ccxxiv. 3). come nel linguaggio di Omero
e di altri poeti.
(1) D. ehemalige spracheinheit d. Indog. Europas, Góttingen, 1873, pp. 176-200. — V. le osserva-
zioni critiche di G. Schmidt, Was betceist d. e europ. sprachen fur d. annahme einer einheittichen
europ. grundxprache? (Zeitschr. cit. , XXXIII, 333-7.T) e la nostra Glottologia aria recent. (p. 186
della vers. ingl.).
(2) Quindi non senza ragione affermava lo Schrader apparire dallo studio comparativo di tutti
i dialetti greci a multas souorum et formarum affectionas , quibus ei , qui unam spectat dialectum ,
graeca cum aliis liuguia facere videtur, intra ipsius graeci sermonis fìnes natas esse » (Quaesti, ecc.,
preliminari).
(3) Perciò il filologo precitato , discorrendo dell'alterazione di amo, nota che « elea dial. tota
fere ab hac mutatioue abstinet veri simillimum raihi videtur eleam gentem ab reliquis iara di-
gressam fuisse , cum mutatio illa in lingua oreretur » (Quaestt. , § 4). Dopo si fatta separazione l'i;
si sarebbe , giusta lo Schrader, svolto dall' « in parecchi casi in tutti gli altri dialetti , non ancora
ben distinti fra loro ; poi , in un numero maggiore di forme , nell'attico ; infine , con frequenza cre-
scente, nel ionico (v. ^ 3).
Nel difendere la primitività dello a eleo ne'casi accennati è stato intendimento nostro soltanto
opporci alla ipotesi ch'esso sia provenuto da un e, non già affermarne l'origine da un a protoario
veramente puro. Ma del vario a indo-europeo e de'suoi continuatori discorreremo altrove.
84 H- DlAl-ETTO UELI.El.ibK .NKI.I.K l.SCKIZIOM IKSTÉ S(i)in:KTE
Assai più notevole è Ve di Tiolsp (iv, 1(5), di cui già si occuparono il Kirclihofife
(}. Meyer ne' loro commenti alla iscrizione citata. Non abbiamo alcuna ragione di credei'e
che il mutamento di un t in £ avanti p fosse uno dei caratteri del dialetto eleo (cf. Ttp
XI. e, 7) od appartenesse al numero delle alterazioni fonetiche di cui ben certi esempii
ci porge lo ellenismo in tutte od almeno in alcune delle sue forme. Siccome poi nella
flessione dei temi in - t - lo eleo conservò questa vocale immutata. ]wr quanto appare da
parecchi esempii che accenneremo a tempo, così non jìuossi nemmeno propone la ipotesi
che l'j di altri casi sia stato introdotto erroneamente nel nominativo singolare. Ci pare
pertanto che non resti a suppone se non uno sbaglio di chi scrisse : tale eziandio è l'opi-
nione di G. Meyer.
Di un e protetico in sFepsv {ìfior.v od ifippr,y. infinito di dubbio significato, cxi. (i)
non si può ammettere la esistenza, affermata dal Tudeer (1), se, come pare jìrobabile, l'i
di cui trattasi vuol essere aggiunto alla voce precedente , per guisa che si legga non già
<7vl<xt jFsoiv (Kirchhoff). ma bensì tjIv.u fsor,v (^ulctir, F£^o,or,v . Ahrens) : intomo a
•y'jlais V. il già cit. § 22.
.4^ (3. r,, probabilmente come contrazione di ££ (2), ci appare negli infiniti uTtapyw
(IV, 18), nixr/r.y (ib.. 27). giusta i quali il Kirchhofi' trascrive con r, neDa sillaba finale
anche i segg.: s/jv (cxi, 5); ìFspv (ib.. (j) : <iapsv (coevi. 5); d^xppiv (cccuxii, 1) (3).
( Inde emerge che lo infinito eleo vuoisi litenei'e identico a quello dello eolismo lesbico,
mentre il dorismo di Creta, di Eraclea, di Tera. di Delfo ed il dialetto degli Arcadi ci
dàimo la terminazione -£y e qualche altra forma di grecità dorica si accorda col ionismo
e coll'atticismo nella finale - siv. Ma /; rappresenta la in ùia\i.oY.p'j.-.f, (iv. 18) (4).
Nell'v^ prodotto, come suol dirsi, da prolungamento di compenso (5) lo idioma degli
Elei si accosta all'uso del dorismo severo, uso di cui notevoli orme restano eziandio ne'
documenti arcadi e beotici : -/if/sv (iv, 10-20), i^vj (yÌjulcV, cxi , 2. Kirchhoff: cf. ìa/Ji£v
in Saffo ed in Omero, vifisv cret. ed eracl.. £Jy.£v locr., rod., agiig.. delf., anche beot.):
iv.iyr,pui (cccEi. 2). \iiiiv.i'/r,pa (cccL, 3, cfr. delf. hs/r.pìa) (6). composto che si rinviene
in altre iscrizioni in forma meno antica (iJ.z7rA.iyiipou. OCXL, 2; txsrv/.^/HO'j). cccxLix, 2).
Un'eccezione alla legge preaccennata, eccezione che l'eleo ha comune cogli altri dialetti
eolo-dorici . è la voce npy.yag (iv, 24), se veramente, come sembra probabile, proviene
da ' sfporyy. (cf. fpazpoi) (7). Nel prolungamento di cui qui si discorre il dialett*^ eleo si
mostra pertanto men fedele all' uso antichissimo che lo idioma eolico di Lesbo . ma non
ancor giunto al grado di alterazione fonetica di cui ci danno esempio il doiismo mite, il
ionismo e lo atticismo.
(1) De diati gr. digamma testimonili inscriptionum, HelHingforsiae, 1876, p. lOTi.
(2) Curtius G., D. verbum d. gr. spr., [,eipzig, 1873-6, I, 101 e segg., 109 e segg.
(3) « Ala vocal der infinitivendung ist hier . . . . nicht ti, sonderò >? zu getzen , wenn anders das
zi'iigniss eines .■lUerdings jimgeren denkmales , des ehrendecretes fùr Uamokrates gelten soli »
KiRCHHOFK alla iscriz. CXI.
(4) Mkyer G., pp. 131-2.
(5) Bruoman, De gr. linguae productione suppletoria (Curtius, .Vrud., IV, f, 59-186'. Ahrens, 11,
153-72. V. anche Meyer (ì., p. 67 e segg.
(6) Mbter G., /. 0.
(7) GiESE, i'b. d. aolischen dial., Berlin, 1837, p. 187. Curtius G., Grundt.. a' 493. V. anche 1»
nota .'■> a p. 80.
MK.MOKIA DI HUMKNICO l'KZZI 85
Avendo della forma /jiìz {=uh) wn esempio certo (xi. e. 5) e due probabili (cccviu.
2, 3), pare che a buon diritto si possano considerare col Kirchhoff le i)arole [is-iQsiay
(cccLxn, 2), iisnmosovzcv (ib.. 4), [j.cynot (ib., (3). ixsv7ts$ioic.v (ccclxiii, 3) come prove-
nute per via di crasi da /j.à hiQsìm ecc. : si avi-ebbero pertanto altrettanti esempii di
contrazione, giusta l'uso dorico, di «h in r,.
§ 7. In ordine alla vocale o non abbiamo a notare che la forma ypocsyj (CCCLXII, 8).
Ciò che intorno ad essa osservò il Kirchhoff, non apj)arire in eleo si fatta vocale in altri
derivati dalla medesima radice ('/^oa^sa xi. e. !» : yp7';£v. iv. 31; Pj'jù.v/pa^oo. ib., 37:
■joam;, ccxxiii, 5: ypa©£wv. ib., <i) ben puossi ripetere anche di altri dialetti eolo-do-
rici. Fra essi il più inclinato all'i— à sembra lo idioma di Lesbo (l).
§ 8. Quanto è stato detto testé intoiiio allo r, eleo, con-ispondente all'y; ed allo £'
degli altri dialetti in casi di contrazione e di cos'i detto prolungamento di compenso, gio-
verà eziandio alla trattazione dell'w a cui ora siam giunti.
&) da 00 ci sta innanzi in una serie di genitivi singolari: reo (iv, 9, 32 bis. 35), ro (rù.
ccxxiii, 3; cccLXiii. 4); f/.po (iot.p(ù, rcxxiii. 3): Omo)(ìy, 3): noh;j.a (iv, 23; cf. xi.
e, 5, che ci dà anche cip-'j-opo); Ol^jp-mo) (iv. 32): [OÀ] yvmxta (CLXXXV. 2): FaXwo
(cccLxn. 2): |3o/Jio ((Sw;/-!), cccLXUi, 4): McÀavo-c ') (MìXkvuti'^, clxxvii, 3); ©sci^saoro
(ccXLVi , 3-4 . iscrizione affettante antichità) : ai quali esempii vuoisi forse aggiungere
^yripfj) ([i).i-cv.\z/j,prs). ci.xi. 2 (2): cf. lxv, 2: cccxi.ix. 2: (.'ccl, 3: cccu. 2) ed alatolo
(«X^tojojJLcvoc = àXciwoj [JXvóz- cavi. (i-7. Kii-chhoff) (3). Genitivo singolare, fonuato
con alti-o suffisso, è anche Vop-^ag (lxvii. 5), che il Dittenberger giudica vero avanzo di
eleisrao. non pi-odotto d'imitazione per amore di forme arcaiche. Riscontri offre, com'è
noto, il dorisnio severo e qualche forma di dorisnio mite, insieme collo eolismo lesbico e
beotico (4).
a da 0 per prolungamento di compenso, come .suol dirsi: aTivotyco; {u.c(vc<7Ìa;, cccvi,
5-0): ,3o).a {po)lx. ('('xx!!!. 6), |3oXav (ib., 8). ^ak(xp = {^o'jlr,g. iv, 31) con 9.0)lo'/pa.y.p
(IV. 37). Appena occorre avvertire come nell'i) degli esenipii arrecati lo eleo si accordi col
dorismo più schietto (eccezion fatta del cretese per gli acc. pi.) e col beotico (5). Avremo,
per altro, assai presto occasione di accorgerci che lo eleo non si serbò sempre fedele a
([uesto sistema di prolungamento e si accostò in qualche caso allo eolismo di Lesbo.
w in eleo, come in altre forme antiche dello eolo-dorismo (G), può trarre origine an-
che da i£: l^auiop-^^ia (ccclxii. t>), ì;y.[ji[op[yc,] (ccxxiii. 3). FcGoSap.'.opyov (rxi. 4).
5;; i'. L'j tinaie di temi, come noh -ecc.. si conserva inalterato nella flessione, come
in tanta parte dei liialetti greci (7): Tzohop (iv. 20): y.-ya^sTtop (ib., 33); xaTacraaio;
(1) Meyer G., pp. 24 e 28.
(2) Probabilmente, insieme col tw che segue, è genitivo, non dativo come lo volle il Uittenbebuer
che vi .sottoscris.se un i: cf. CLXiV, 2, ove leggesi [fii-:i>i'.]xf,po<j.
(3) Un genitivo sing. in -ou, forma di carattere meno antico, abbiamo in A=rr/s£cu (CXXXVIII).
(i) Ahrens, II, 203-4. Meyer G., pp. 78, 126, 291-2.
(") Ahrens, 11. 153 e segg. Meyer G., pp. 78 e segg. , 302. Curtius, Gnmds., a" 659.
(6} Meyer G. , p. !3ri.
^7) Id., p. 289.
k
86 n. niALETTo dell'elide nelle iscrizioni testé scoperte
(ccxxiv. 1): anche la iscriz. CLXIV. 2, sebbene non abbia nella sua forma carattere eleo,
ci porge il nom. plur. p.a)/rug. — Agli esempli dorici del suffisso — VTt (3" pi. att.) con-
viene aggiungere lo eleo ixerz/o'^zi (iv. 28). Così eziandio la prepo.sizione nou ha conser-
vato Vi finale (iv, 4, 39; cf. , per altro, noro)/ := nor ròv, cxi, 7), mentre lo arcadico
ed il ciprio ci danno nóg.
La forma Aj che già conoscevamo come elea (xi. e. (>) (1) ci si affaccia di nuovo
nella iscriz. Lvi. 2.
L'i di nEoì non ci appare più nello eleo n'/p (cccvi. 2: ccxxiv, 1. ove il ;: manca e
r ar è guasto; cf. xi: e, 4-5). Simile fenomeno ha luogo anche nel già mentovato Trorov,
proprio eziandio del dorismo (2).
§ 10. u =0. La iscriz. CLXXV^Il. 3. ci somministra l'esempio HVIVN*) (conH=:'').
notevole in particolar guisa perchè ci mostra l'oscuramento di 5 in u (forse per influenza
dello Vi precedente) in una sillaba pronunziata con accento (3). mentre negli esempii
fomiti da iscrizioni di Lesbo, di Tegea, di Cipro e di Aspendo ed in alcuni altri V o appa-
riva offuscato iu u per lo più in sillabe atone o quasi atone (4). E questo il luogo ove
giova far menzione della oscura forma ■a'jit:!/.Òvioi') (cecili, 3). che il Kirchhoff sembra
disposto a leggere /. unct^uy.iot, comiwsto in cui il primo elemento, ukx. ci ricorderebbe
il Saffico ÙTcy.OzOpóp.v.Aiv. Meno incerto esempio dell'alterazione fonetica di cui discorriamo
è il <l>tX'j (tl't'Xy;), nome di un eleo, sopra una medaglia menzionata dal Friedlander (5).
§ 11. Attestano la tendenza del dial. eleo alle forme non contratte le voci segg. :
F£T£a (ccCLXiii, 3; cf. xi. e, 2: ypaf^y. ib., 8), con iry.vjsa') (cecili, 12); aKS[j.c/.p-:ìjpzo'j
(IV, 15); 7rot£i)v (iv, 3), «/xswv (ib., 11). ■ipa.'sio'j (^okos'iuv, ccxxiii. 6). cXtsvcm^ (iv, 12);
lj.-iim5zC>iay (occlxiii, 3), anofel-oicv (ib. . 4. cf. /.y.òvlsoiro. xi. e. 8): (dìsvuov ')
((7X£uauv, cecili, 4); cf., per altro, ritxo77oy') (=t(|ui.w(75wv. ib.. 12). Ac(iJ.ay.pc/-x (iv, 18).
§ 12. Già sopra è stato accennato che i dittonglii at, oi, corrispondenti, nello
eolismo di Lesbo , allo a, u (su) degli altri dialetti , non sono stranieri , in simile caso .
alla grecità elea. Ne siano prove gli accusativi plurali y.arcx^iaip (iv, 16), [ivatg (ccclxii, 8),
naQurocig (ib., 4) ed cùloip (iv, 8), roip Osxpotp (ih., 10). Ma sfuggono a si fatta norma
gli acc. pi. ucuauto: precitato (§ 8) e [òa] pyjJ.xg (lvi, 4) ((3) : né si accostano all' uso
lesbico le forme t:X7W (iv, 12), oci>rxno§iO'j)<J~x (ib., 17). in ordine alle quali vuoisi
avvertire che il u non ha origine eguale a quella del 5 finale degli accusativi preaccen-
nati (7). — Dello £j in stpyvxp (iv. 24) già si è fatto cenno al i^ tJ.
(1) BòcivH nel cotiinionto alla iscriz. cit. : « ài cave putos esse prò disyllabo Aii: monosyllabum
est etiam n. 16 et aliquoties apud Pindaram ■> . Il Peter {Do dial. Pindari, p. 42) insegna che Aif,
comunque ci apparisca ne' codici, « omnibus locis unius syllabae spatium explet » .
(2) AiiRKNs, II, 351.
(3) Intorno ad IITITS v. Nkubauer, Hermes, X, t5S-62 o Meyek d., p. 273.
(A) « .Man sieht, dass die siclieron falle dieses lautwandols sich boschriinken auf tonlose endsilben
(denn auch die endsilben der praepositionen sind in der zusammensotzung und im zusaramonhang der
rede tonloa) und auf andrò tioftonigo silben, wo das u yen p oder /* gefolgt ist » . Meyer lì., pp. 40-1.
(5) Eingerittte inschri/ìen auf mùmen [Zeitschr. f. numismatih, 11, 46).
(6| La iscriz. CCCI V ♦) ci dà gli accusativi pi. vjip/irixi (l. 4; ed auroj (oiùtms, l. 3), U^oi ([7tpo]Eivu{, 1. 4(.
(7) Meter <i. alla iscriz. IV, p. 419: Gr. gramm., p. 108.
MEMOEIA DI nOMENICO PEZZI 87
§ 13. Dallo studio delle vocali procediamo a quello delle consonanti. E qui vuoisi,
in primo luogo , far menzione del e , che . in fine di parola . in un numero notevolissimo
di esempii appartenenti ad i.sciizioni assai varie fra loro per età e per argomento, ci appare
sostituito alla sibilante j- ^ conoscere con esattezza la estensione del rotacismo nel dial.
eleo gioverà indicare le iscrizioni in cui esso ci si presenta, divise in più classi giusta la
varia frequenza del fenomeno, ed in fine quelle che non ce ne offrono traccia.
1° Iscrizioni in cui ogni ; ci appare mutato in p : IV (61 p finali) ; XXII (py.O'^oic/p^
unico caso possibile in questa iscriz. di tre parole); CCXLVI ( wjop ^ 1. 1 ; p/riupap,
1. 2: [a\u>Tpo's.op, 1. :>). in (questo elenco il rotacismo, che in altri non appare fuorché
nella formola Stop cioa, non è punto indizio di alta antichità, ma bensì di ricercato ar-
caismo, uso gradito alla età di Adiiano. come bene osservò il Dittenberger.
2° Iscrizioni con rotacismo non costante, ma prevalente : CXI (Totp Xck'/.v.qoioo, 1. 1 ;
ma rtg, 1. ti, forse per influenza del seguente 'jvlc/.ic); CCCVI (-oro, U. 2, 3 : yccp, 1. 3;
'xX'ftoiop.EVOp, 11. ti-7 : ma [j.ocv«<jco?, U. 5-ti) ; CCCVIII (tip, 11. 3, 5; opztp, ovvero -pop
zip, 1. 6 ; fa eccezione Kadionog, 1. 6, con g guasto).
3° Iscrizione con numero eguale di p e di j finali : CLXXXV ( nei pochi resti di
questa iscriz. leggiamo sp ?, 1. 3 : p.EvOs = fJ^'l'-'s'?, 1- 2).
4° Iscrizioni con prevalenza di e finale: XI. C. (7 g fin. — 2 p. 70ip, 1. 1 e zip,
1. 7); CGCLXII (14 ? contro due p, fappv^op, 1. 2 ed op, 1. 3); CCCLXIII (j in 4 casi,
,0 in 2, [xccvmp. 1. 5 e ■potxc/.i/T'^p , 1. (i) CCCIII * ) (almeno ó g — 2 p, uno dei quali,
sip, 1. 13, è certo, laltro, rotp, 1. 7. vuoisi considerare come dubbio). — Alle iscrizioni di
(juesta categoria si possono aggiungere! quelle che ci porgono, per amore di arcaismo, un
antico A «0(3, sebbene la loro forma non abbia punto carattere eleo: ad es. la epigrafe CLXI,
del 2° secolo d. C. nella quale parecchi sono gli g finali ed unico esempio di rotacismo
la voce mentovata; la troviamo eziandio nelle iscrizioni CCCXLVIII, 1 ; CCCXLIX, 1:
CCOL, 2 ; OCCLI. 1 ; delle quali le prime due appartengono al 2°, le altre due al 3° sec.
d. e. V. (ma la iscriz. CCCL, 27 ci dà àiog); v. anche CCVIII, 1 (ove la lettera o
finale è guasta) e CCXII, 1 (1).
5° Iscrizioni che non offrono esempio alcuno di p finale = g : LVI (4 g finali) ;
LIX (noltg)\ CXXXVIII (EÀ>.«vrx5; Mstog, brevissima come la precitata): CLXXVI")
( r,g, 1. ti); CLXXVII *) (\/.ztoig , caso unico di j finale) (2); CCXXIII (4 ; finali);
GCXXIV (12 esempii di g) (3); CCXXV) (con molti g finaU); CCLXXXVI ([IvOoxU?
Msiog) : (JCCIV *) (con parecchi g finali).
Fra gli esempii di rotacismo che abbiamo raccolti non uno ci mostra questo fenomeno
in principio od in mezzo di parola ; esso pertanto non ebbe mai luogo in eleo, per quanto
possiamo apprendere dalle iscrizioni, se non in ordine al 5 finale. Le iscrizioni testé scoperte
(1) \iOf, è l'unica parola che si possa leggere bene in questa epigrafe ed è, nota il Dittenberger
« el. genetiviorni . . . . , welche nach ausweis cler buchslabnuform auch hier als affectirter archaisiiius
betraohtet werdeu muss ».
,2) Se pure il segno che tien dietro all'.\/Eisi: (così legge il Kirchhokk) nella 1'^ linea non è un I
che deblia essere unito alla parola precedente, come a noi pare.
[.^) Dobbiamo, per altro, osservare che nell'ultima line.i ci pare di poter leggere isuTaip , che
sarebbe 4UÌ usenipio sporadico di rotacismo. Il Kirchhokf dichiara che a die letzte zeile làsst eine
sichere lesung uicht zu " .
88 I'. DIAI.KTTO IiF.I.r/KI.IDF. SKU.V. ISCKIZIONI TK.sTÈ SCOPERTE
non coiifiu-mano la dottrina dello Ahreus (1) se non per (juauto coucerne il rotacismo in
fine di parola e dùnostrano che a torto certe glosse vennero attribuite al dialetto eleo da
M. Schniidt (2). Ksempii di rotacismo medio, fra vocali, non iniziale ne tinaie, ci porge
una iscriz. Eretriese (;3): iu mezzo ed in line di parola troviamo f> ^ a in glosse laconiche,
specialmente nel secondo caso (4). Né questo fenomeno è ristretto al campo dello ellenismo,
che per lo contralio hen maggiore è l'estensione e la regolarità e rimjìortanza ch'esso ebbe
in latino e di altre lingue indo-euro])ee potremmo ancora far cenno. Ma clii ben consideri
gli esem|)ii che ciascun idioma ci i)orge. le condizioni e l'età e la varia frequenza del muta-
mento in ognuno di essi, non tarderà jìunto a convincer.si che non conviene trarre da si fatta
alterazione fonetica conclusioni intorno a speciale affinità fra due o più dialetti greci né
fra il greco ed altro idioma di stipite ario. come apparirà meglio dalle coasidenizitmi che
faremo ancora intorno alla legge ed all'ejìoca di tale trasformazione di suono.
Mentre il cangiamento di un .s' in r nell'indiano antico di|)ende e dalla vocale che ])re-
cede la sibilante e dal suono che le tien dietro (5). esso ci apjiaie in eleo iiidijiendente e
dall'una e dall'altra causa: basta, per giungere a questa conclusione, leggere attentamente
la iscriz. IV (()). Né puossi trovai-e la cagione del , ora conseivato ora diventato /> nella
varia origine di esso : la metamorfosi della sibilante ci appare tanto in fine di un nom. o
di un gen. singolare, di un nom.. di un locativo, di un acc. pi., quanto di un avverbio.
Ci sfugge eziandio . almeno in gran parte . la cronologia del fenomeno. Chi limita la
comparazione ai due documenti più noti, ossia alla iscriz. XI. C. ed alla iscriz. IV. può
conchiudere che il rotacismo, già iniziatosi nell'età piii antica a cui risalga la nostra cono-
scenza del dialetto eleo, siasi fatto sempre più frequente ne' tempi che le tennero dietro e
verso l'epoca di Alessandro, almeno, ogni e tinaie avesse ceduto il campo allo invadente p.
Ma se, a colmare la grande lacuna che separa l'età della prima da quella della seconda
epigrafe, si tenta di tran-e da altre iscrizioni iudi/.ii intomo allo svolgimento del rotacismo.
(1) .< Maxime notubilis est Eleorum et Kretriensium (unde etiam ad Chalcìdenses propagatus
videtur) mos i et in extramis vocilius et in raeJiis ante vocales in p mutandi » , I, 226-7.
(2) V. la nota 4 a p.7J,
(3) Bréal , Mémoires de la Socic'le de linguistique. II, 232. — Se crediamo a Platone, che agli
Kretriesi attribuisce la forma «i/;pÌTY!p {Crai., 434, C) non dovette essere loro affatto straniero nem-
meno il rotacismo finale.
(4) Krami'e [Di', dial lacon., Mona.st., 1867, § 15; c'insegna che il mutamento di i in p non segu«
in tale dialetto una legge ben certa, « quia ncque auctores locupletissimi, Alcmau, Aristopbanes (pi-aeter
unum exomplum), tum tituli antiqui quidquam eiusmodi reliquerunt, et grammatici quoque tacenl.
Observatur igitur in fine vocabulorum , rarius in modiis iisque scraper sequente consona •> . Spiess
(De Alcmanis poiHae dial., in Curtius, Slitd., X , 5 14) : » ^ in fine vocabulorum in p mutati, quod
recentissimae Laconum dialecti peculiare est, nullum vestigium apud Alcmanem exstat ». — Intorno
al rotacismo nei tre dialetti menzionati ed in alcun altro che ne mostra qualche traccia v. anche
Meyer G. alla iscriz. IV, pp. 422-3: Griech. gramm., pp. 202. — Per lo studio comparativo del feno-
meno in greco od in latino v. Curtius, Grunds''., pp. 453-4.
(5) 'WiiiTNEY, Ind. gramm., Leipzig, 1879, §§ 174 e 176, e.
(ij) Se corno eccezione all'airermata indipendenza del mutamento eleo da ogni suono precedente o
seguente possa addursi il ti,- i-j'm: , giusta la congettura da noi preaccennata, non è possibile definire
con qualche probabilità, soprattvitto per cVì che non trovasi nella iscriz. IV, la più notevole peri
fenomeni del rotacismo, parola alcuna terminata in p=5, nò, com'è stato detto, in 5, segufta imme-
diatamente da un vocabolo con » iniziale. A chi poi citasse il roip Fxiitoii ed il toh ICppaoioi;, come
argomento favorevole alla ipolesi di un'azione esercitata da una consonante inizialo sul j finale della
voce precedente por la trasformazione di esso in p , ricorderemmo la sibilante di fxmot; conservata
innanzi al / di rM 0 (|uella di fzppivo^ mutata in p avanti a paicm nella 1. 2^ della iscriz. CCCLXII,
inentro appare inalterata in toi; seguito da F°''!"><ì nella 1. I ' del medesimo documento.
MEMORIA m DOMENICO PEZZI 89
allora il dialettologo si vede resa più che difficile la ricerca 1 ° dalla incertezza in cui ver-
siamo per quanto concerne l'epoca di alcuni documenti, 2° dallo stato deplorabile in cui
si trovano parecchi di essi, 3° dal raro numero di parole ivi contenute che per la loro
terminazione giovino alla soluzione del problema.
Dall'alterazione fonica di cui abbiamo trattato ben si distingue, per l'evidente influenza
del suono |S precedente, il mutamento di a medio in p nelle voci Qc/.pf>sv (Oappriw, ccCLXii, 1),
f'xppevop (il). . 2) ; assimilazione prediletta al neo-attico, mentre il ionismo e lo atticismo
antico ci danno ancora p7 (1).
Poco abbiamo ad aggiungere intorno al p in eleo. Merita appena un cenno la metatesi
di esso in [$y.] pXfJ-x? (Lvi, 4), By.pyjJ.cfii (prob. gen. pi., CLXXxv, (5): metatesi che già
era nota per mezzo di Esichio e della famosa iscriz. di Tegea.
La forma dorica ed Omerica non (cf. npoT'. Omerico, nopù cret.) rinviensi anche
in eleo (iv. 14. 39): agg. nors^z ') (clxxvi. 4) (2).
§ 14. Pareccliie radici s'incontrano in greco con p in una serie di derivati, con X in
un'altra (3). Perciò lo Ahrens (4) considera il nome Xalv.Spiop (cxi, 1), Xcdc/.òptov (ib., 2)
come forma elea del tema Kxpy.Bpto - -. cf. Xxoc/.^pc/. nella Focide, nello Epiro, nella Mes-
senia.
§ 15. Alla psilosi dello eolismo lesbico (5) si accosta lo eleo, come già avvertiva il
Bockh in ordine alla iscrizione XI. C. (0). Ne' ducumenti recentemente scoperti manca il
segno dell'aspirazione alle voci segg.: E).)(Zvr/.oj (oxxxviii); c).).«'>ooj/x> (iv. 2); oixorjìp
(ih., 11); «/y.cW!/ (ih., 11): onap (ih., 4, 37): v.[j.z (ih.. 5); « (= r!, ib., 10); y.-jTc.p {y.ùràp,
ib., 17); uTiotp/r.v (ib., 18): oraa (ib., 21): tapo'j (ib.. 32); op-ovoiap (xxii, 2-3); a(=r,,
ccxxiv, 7); 0(70! (ih., 21); ic.pog') (iapùg , ccxxv. 4): (/.{=r„ ccclxii, 1, 6); op (ib., 3);
fXXavo^izyg (ih., r>); o (ib.. 8): a ( = /', ccCLXiii. 1). A questi esempii, tratti dalle iscri-
zioni testé pubblicate e disposti secondo l'ordine delle medesime, due soli abbiamo a
contrapporre di aspirazione segnata: HÌ'IÌ'N *) (ci-xxvii, 3) (7) e HIEPON') (ccciv, 2).
Si aggiunga che nessuna traccia di aspirazione troviamo nel /. « (x' à) della iscrizione
CCXXIV. 7, nel >t £XX«vo^(X!zg della CCCLXII, 5, nei composti XKTiTTa? (ccxxiv, 2), ot-
Tajsp-olaro (ib.. 4), snsxs (irc-fiX£, ib., 13), -ACf.xiy.p (cccLXii, 1. 6, cf. entapoi, xi. e, 9) e
nel KdTzazapot (y.ùnózapoi, per crasi) della iscrizione CCCLXIII, 3. Ma qui non si hanno
I
(1) Meter G., p. 234.
(2) Curtius, Grunds., n" 3SÌ .
(3) Meyer G., pp. 152-4.
(4) Alla iscriz CXI.
(5) Vedi, intorno a questo importante carattore del dialetto menzionato , le testimonianze degli
antichi in Giese, Ub.d. dot. dial., libro 2°. È noto che I'Ahrens tentò segnargli certi limiti (I, 19-ìO):
ma sembra che si ritorni per lo più alla dottrina degli antichi e del Giese (Wald, Additamenta ad
dial. et Lcsbiorum et Thessalorum cognoscendam, Berol., i87l, p. 9, ov'à citata anche la 3* ediz. dei
lirici greci pubblicata dal Bergk).
(6) •< Asper cum nulli voci appositus deprehendatur , nolim omissionem scribae imputare, sed
Aeolismo tribuo ». Quindi ci dà à (ì. I), 'apfxoioi; (11.1-2), e/aTov (1.2), imipa (1.9), mentre I'Ahrens
trascrive à , llpFawoi; , Vmzov (I, 226, 280; II, 548, ove assai meno si scosta dall'opinione del Bockh,
:cui erasi aggiuuto il Franz).
(7) Lo spirito aspro notato in principio di questa parola è uno degli argomenti che indussero il
KiRCHHOFF a porro in dubbio, insieme col Weil, il carattere eleo di questa epigrafe. V, sopra, pp. 77-78.
Serie II. Tom. XXXIV. 12
90 li. DIALETTO DELI.'KLIDK NEI.LK ISrRIZlONM IKSTÈ SCOl'KKTE
ad ommettere alcune forme composte in cui ap])are evidente l'azione dello spirito aspro
sulla muta precedente: xa5w5 (iv, 1 4. 27) : ACf/jtoY.og (cccviii, ti); a.^i-Ai') {i-^-ftV.i, ccxxv. 2).
Se della terza di esse assai dubbia è l'origine, non v'ha, secondo il nostro parere, ragione
di negare il carattere eleo alle due prime, appartenenti l'una ad un'iscrizione che pel
suo rotacismo ed altri indizii sembra ostentare sì fatto carattere, l'altra ad un documento
che dalla scrittura appare doversi giudicare assai antico.
Sebbene, pertanto, non si scorga segnata l'aspirazione se non i!i un numei-o poco
rilevante di esempii, né tutti di origine indubbiamente elea e manchi il segno di essa ad
una (juantità assai maggiore di parole eh' ebbero uno spirito aspro iniziale sino dai pri-
inordu dello ellenismo o l'acquistarono in séguito (1). tuttavia, memori dell'osservazione
fatta dalli) Ahrens (2), reputiamo che almeno qualche resto d'aspirazione non si debba
negare all'eleo e che questo dialetto non abbia a reputarsi giunto, i)er quanto concerne
tale fenomeno, a quel medesimo grado di decadenza fonetica in cui ci appare lo eolismo
di Lesbo. Già in ordine ad altri suoni abbiamo messo in rilievo la incertezza dello deismo,
né nuovi indizii mancheranno. Conviene perciò andar molto .a rilento nel giudicare una
forma qual è IIVI VN '\ (cLxxvii. 3) come un argomento per dubitare intomo alla origine
elea della menzionata iscrizione.
§ IG. Di un j ci appare, secondo ogni probabilità, il dileguo in £5((=Jti;, ccxxiv. 9,
forse anche coxxiii. (ì, cf. xi. e, 2: ■tv'jìc/.v. ib., 4, 5). Non vediamo essei"vi ragione per
assegnare collo Ahrens (3) all' K di tu, tj-jecl-j il valore di Kl: leggiamo pertanto col
Bockh, seguito anche dal Cauer, £«, Tvvmv e notiamo qui la sparizione del _;', la quale
trova riscontro nei genitivi singolari in oo restituiti da alcuni filologi in parecchi luoghi
delle epopee Omeriche (4) ed in parecchie altre forme. K qui si scorge un'altra prova
della incostanza teste accennata: che accanto aX j andato perduto in iv. aj'jta.'v >ta 1';
nel suffisso modale di altri ottativi in maggior numero, ni (£!"/;, ocxxiil, 5, 7) (5), nj't.'/.u
{■jiAatr,. giusta lo Ahrens, cxi, 5): ijjmQucfv ecc. (v. § 6). Aggiungasi, come esempio di /
(1) È questa una lìistinzionfi ili molta importanza (V. Cuinius, Grundi., pp. (WJ-94; Meyer G. ,
pp. 215-9], e della quale vuoisi tener conto m questa disquisizìuiie : perocché il difetto di segno
indicante aspirazione iniziale nelle parole in cui essa proviene da un'antichissima spirante (come in
parecchio delle paroln eleo sopraccennate) è indizio di gran lunga più grave che la ommissioue del
segno mentovato in principio di altri vocaboli in cui lo spirilo aspro non ha ragione etimologica di
esistere, od almeno tale ragiono non <': ben certa, e si tiova pertanto solo in alcuno dei dialetti, li
noto come, in latt ) d'aspirazione, i due estremi della grecitii siano ; Lesbii 4.t<-.irt<oi e gli .\ttici
Ò3r7JVT(z5l.
(2) ' Spiritus asper in foedere nusquam scriptus legitur, neque tamen certura est inde, tileos leni
usos esse in ■>., lUpxùoi;, sxxtov, (|uia asperi signum ((uanquam in antiquìoribus inscriptionibus exarari
Bolet, omittitur tamen in galea Hieronis C. I. nr. Iti, uno ex antiquissirais monunientis in art. i
dura scribitur in nomine 'l'/pav ■> I, 226.
(3) ' \i priniuni probabile viitetur, s in titulo antiquissinio vicem diphthongi si sustinere, deinde
in derivatis a FA/!;<; , /siTfii« Eleos antiquissimo diaereseos genere il, non ei habere ; itaque scri-
psimus e'x , 5uvetav , F.\)»5i'9ti , Àarp/jiVi/i-vov » (1, 280).
(4) Meyer G., p. 2y2, 193 e segg.
(5) Questo il! ci rendo assai peritosi nel considerare l' sa , che leggesi dopo < nella 1. 6, comò
un ottativo: il Kirchhokf trascrive e»-. Ma, ove si ponga mente all'ondeggiare del dialetto eleo fra
suoni e forme diverse, non parrà del tutto improbabile che anche neU'ex abbiasi a scorgere un ottativo,
alla quale opinione sembra indurre non solo il »' precedente , m:i eziandio la difficoltà di proporre
un'altra pìCk verisimile interpretazione.
MEMORIA ni DOMENICO PEZZI 91
dileguatosi. nor,oi.7<jxt (iv, 33), inninr^iovxov {ccclxii, 4); ma nouav (iv, 13), notr.oczai
(ib., 36); riscontri si trovano in ogni dialetto, come insegna G. Meyer (pp. 144-5).
§ 17. Nemmeno in ciò che concerne il F rivelano gU Elei nel loro idioma una ten-
denza ben determinata e, se cosi possiamo esprimerci, inconsciamente logica in ogni caso,
almeno in un medesimo documento. Quanto intomo a tale argomento c'insegnano le epi-
grafi venne testé raccolto e con bell'ordine esposto dal Tudeer (1). Delle sue ricerche noi
ricorderemo qui .solo i principali risultati. Da esse si rileva che il F si venne nell'eleo
affievolendo e dileguando in mezzo di parola assai jirima che in principio. Pare che il F
iniziale sonasse ancora per lo più nel secolo V av. e. v.; poi si conservasse col suo segno
in alcune parole quando già erano cadute in disuso altre lettere antiche : più tardi venisse
rappresentato col B (2). Alcuni documenti, fra i quali non mancano iscrizioni di cui la
forma delle lettere rivela l'antichità non comune, non ce ne offrono più traccia. Vuoisi
infine osservare col Kirchhoff (3) e col Weil che nel notare il nome degli Elei in monete,
medaglie, tessere di bronzo si adoperò il F iniziale anche in un"età in cui questa lettera
non era più usata in altri casi (4).
La i)relodatii monografia del Tudeer e l'esposizione delle vicende del suono t' nelle
varie forme dello ellenismo fatta da G. Meyer (5) ci dispensano da un minuto paragone
fra la storia del F eleo e quella di si fatta spirante negli altri dialetti eolo-dorici e nel
paleoionismo. Richiameremo soltanto l'attenzione del lettore sopra due fatti. In primo
luogo è manifesto che, per (juanto spetta alla spirante labiale di cui discorriamo, lo eleo
si accosta al dorismo ed agl'idiomi disila Beozia, di Cipro e di certe iscrizioni dell'Arcadia
più assai che allo eolismo di Lesbo. Notiamo, secondamente, che la forma FappeDop
(ccclxii, 2) parve meritamente a G. Curtius assai importante per la storia di questa parola,
cui ora lo insigne glottologo non paragona più col rsìi/i-h/i(t-s, ma bensì col vrshan scr.,
ponendo come primitiva e fondamentale in greco la forma tematica Py.pivj- ed ammet-
tendo dileguo del F hiiziale in parecclii luoghi d'Omero (0).
fi) Da diali, gr. digamma testimonia inscriptiunum , pp. 104-10, 127 e 129. L.i trattazione dol
Tudeer si diviJe uelln parti sogg. : « I. Digamma servatum , 11. (ì iligammi vicariuin ; HI. Digamma
io titiilis uiitiiiuae sc-ripturae omissum ; IV. Digamma neglectuni iu tilt, rocentioris scripttiraf, ubi in
voce FAAi:iuN est scu'iptuni ; V. Digaiiiiiia iir^glectum in tilt. <|iii in nonnuUis vocilnis oius loco 8
habeut •■ .
V. anche! Eckuel, Doctr. numorum veterum, I, 90; II, 264 o segg. Mionnet, Description de mé-
dailles antiques grecques et romaines , I, 98-100 e Suppl., IV, 7-8, 174. È a notarsi che le iscrizioni
FA , FAAElilN vennero ilapprima attribuite erroneamente a Falena od in genere ai Falisci : corressero
sì grave errore il Pay.ne e poi lo Eckhkl , che anch'esso vi era caduto. — Consulta infine il breve
scritto del Weil, già cit. a p.T'.VrtM auf elischcn insrhriften.
(2) « Neque enim dubito quia sicut in aliis diali, (laconica, cretensi, corcyraea \ et hic quoque
ad scripturam solam, non ad ipsum sonuni pertineat haec mutatio >• (p. 109}, E già prima il Ditten-
berger , discorrendo della voce ^omap (= Fo«ta» , IV, 21) ;iveva espresso l'opinione che probabilmente
presso gli Elei il (3 già sonava v , quando altrove conservava ancora inalterato il valore primitivo. Ed
aveva aggiunta l'osservazione che nelle iscrizioni scoperte ad Olimpia il v lat. è sempre notato con B,
non già con or {Arch. seit., XXXIV, 219).
(3) St. z. geschichte d. gr. alphabels*, p. 215.
(4) Ma , come avvertì Io stesso Weil , fa eccezione un triobolo della collezione berlinese , ancora
del 4» sec. : non altramente la iscriz. LIX ci dà A)£iwv , senza digamma. Perciò non è grave indizio
di origine non elea la mancanza del F iniziale in A/eioi;*) (CLXXVII, I), A>siov") (ib.,'i7)acceQnata dal
Weil fra le ragioni che lo inducono a dubitare intorno allo eleismo di questa iscrizione.
(5) Pp. 204-15.
(6) Consulta le osservazioni del Curtius alla iscriz. citata e Grundi., n. 491.
92 li- DIALETTO DELI/EI,IDK NELLE ISCRIZJOM TESTÉ SCOPERTE
§ 18. Veniamo ora alla spirante dentale, intorno a cui potrà essere brevissimo il
nostro discorso dopo quanto ne scrisse G. Meyer (1). Che il n medio jìrimitiyo in eleo sia
andato perduto o forse siasi ridetto ad una non segnata aspirazione Ì7i nor,o'.'770(.<. (= noir,-
'jy.iOy.ì , IV. ::>3) ed in r.'jvc'X'cii {^7:oir,7ri-ai, ib.. 30), mentre, per lo contrario, si scorge
conservato in >,uaJ<(7T0 (cccvi, 7-8) ed il <7 medio isterogeno resta inalterato, ad es. in
Traaav (iv, 12) ed in parecchie altre voci della iscrizione citata (fra le quali noteremo solo
avrxTzoSi'ìoi^'ycf., 17, con doppio 7. come 0'77cx^^Ò77a, 21 (2)). in /.y:a7Z'y.7'.o: (ccxxiv, 1),
è a sufficienza noto. Basterà qui avverth'e che nella trasformazione di 7 medio in ' lo eleo
fu di gran lunga più moderato che il laconico, in cui vediamo essere stato soggetto a cotal
mutamento talvolta anche il 7 isterogeno. Né questo fenomeno è indizio di speciale affinità
fra il laconico e lo el<!0, non solo perchè sembra essere stato comune ad essi con altri
dialetti, collo argivo ad es. e con quel di Cipio, ma eziandio perchè non ci appare ne' più
antichi documenti elei e laconici (ii).
In 7:or,v.77(Xi (iv, B;!), il doppio 7 è, giusta il Kirchhoff e G. Meyer (4), provenuto da
gO: il secondo elemento di questa combinazione fonica, ridotto a spirante interdentale, si
sarebbe assimilato al primo. Non possiamo per altro passare sotto silenzio che lo eleo ci
dà in alcune forme verbah 7- in luogo dello 7O comune : lv7y.7ro (cccvi, 7-8) . 7:z7:x7ro
(ib., 8), a cui si aggiunga T!(j.5!7tov') (cccih, 12), le quali conispondono in ciò alle locresi
yj)ri7Tr,), èH7':a (5). E siccome in questo dialetto troviamo anche un ùÌ7~ai, un j^p-fiorat,
con qualche altro esempio, non è punto vietato suppoiTe un eleo * Kor,a7-:c/.i, da cui sarebbe
nato il n^Yt(/.77y.i della iscriz. IV per assimilazione progressiva, mentre in alcune forme dia-
lettali si ha, com'è noto, tt da 7- per assimilazione regressiva. Non dissimuliamo tuttavia
che questa ipotesi non va esente da gravi tlifficoltà, sebbene st>mbii meglio dell'altra adat-
tarsi ai fatti preaccennati.
§ 19. L'ultimo carattere veramente degno di nota che ci resti ad accennare del fonetismo
eleo è lo ^:= ò che si trova in un numero considerabile di esemjìii, appartenenti ali»? tre iscri-
zioni CCXXIII, CCCVlIle CCOLXn. La 1.1 ima ci dà: ^'tp (;:-fV.7i-L\. 1) ; o)i»-!«s5'-' (1- 2);
^afi£0|0 (Cy.jj.iupY'^. 1. -^ ; Zt (1. 4); ^tx'/ta (1. 5); ^f (H. ti, 7): -po—iutcv {-007:1!^'!'^.
-ooo-^tòi'cov ?, 1. 7) ; oui^i (1. 7) ; (^c([j.(jv (1. 8). Nella seconda leggiamo : Zt (11. 7-8). Nella terza :
^£ (11. 2 bis, 5, 6, 7) : (^iKCtr/. (11. 2-3, 5), Ciz^tov ('^lAciav ,1. 7) ; u£x.c< (1. 3) . ?-x«ava{5;t
(1. 7): Zi (1. 4); sXJ.aviCtxa; (1. ó): <;'y.p.i',p-/i'/ (1. ti): Cìs-jiov (1. C): Farce ( FfjCv;, 1 8).
(1) Pp. 19S-2Ua: alla iscii/.. IV, pp. l-..M-ri.
(2) Che il ilnppio T ileijba attribuirsi a sbaglio di scrittura, conm in ordine ad avTa^o(ì•5w•:•:I sembra
inclinato a supporrò il Kirchhokk, non ci pare verisimile, sebbone la voce ^xhuj ci presentì un » sem-
plice (cf., por altro, n«»>i;, XIV', 3-4) : simili incoenmze già abbiamo veduto essere non rare in eleo,
nò scarso numero di esempii ce ne potrebbero somministrare altri dialetti greci. Non senza ragione
pare al Dittenberoer {Arck. ^eit., XXXIV, 50) che la sibilante di naaav e di avTomoòiòwjji , sorta sul
campo greco, dovesse venir profferita con particolar forza e perciò conservata.
(3) Krampe, D' dial. lacon., ^ I.S. Spiess, De Alcmanis poclae dial.A I-I- Mkyer (i., t. e. Mììller
Alfr. , De ^ litern in l. gr. inter vocales posila , Lipsiae , 1880: v. soprattutto pp. 80-1 , ove difende
la primitività dull'aoi-. sigmatico di itoùu ecc. contro I'Osthoff (ivi cit.). Crediamo che il MOller abbia
ragione, ma non addurremmo, come gravo argomento, lo aTt!i>iJE o nome della iscriz. XWI C. I. G. (Curtius,
D. verb., 1', 112), perchè non reputiamo provato lo deismo di cotale epigrafe; motivo per cui non ce
uè siamo occupati discorrendo dell'à, di cui questo documento porge un notevole esempio.
(4) Pp. 234: alla iscriz. IV, pp. 625-5.
(.'i) Ai,i.E\, D'diaì I.nrrensium. J 8. CuRTius, D rerbttm ecc.. I'. S'9: II'. ' 14 e spsrg Meyer 0 , pp. 234.
MEMORIA DI DOMENICO PEZZI 93
Che nei frammenti a noi pervenuti delle iscrizioni CCXXIII e CCCVIII non si trovi
alcun A può essere attribuito a caso, come della seconda di esse scrisse il Kirchhoff. Ma ciò
7ion si vorrà certamente affermare della epigrafe CCCLXII, che consta di nove Unee e con-
tiene 1 5 volte lo Z = A ( 1 ) : probal)ilmente non meno costante ci apparirebbe il fenomeno
ne" due altri documenti se li possedessimo intieri od almeno nelle più importanti loro parti.
Si noti inoltre che troviamo lo ^ =: ò innanzi a vocali assai dissimili fra loro : lo troviamo
in principio ed in mezzo di parola. Delle due iscrizioni CCCVIII e CCCLXII sappiamo essere
grande l'anticliità: sappiamo oltracciò che la prima api)artiene alle epigrafi con rotacismo
prevalente, la >ìeconda è ned novero di quelle in cui non manca il p = 5 , sebbene per lo
più quest'ultimo resti inalterato. Forse in queste iscrizioni più che in parecchie altre la
scrittura tentò accostarsi alla pronunzia elea e segnare l'assibilamento, che in questa do-
veva avere avuto luogo, della dentale sonora (2). mentre altri documenti, come ad e. la
iscriz. IV. non rappresentano gi-aficamente se non il rotacismo. Sì fatta pronunzia elea del
ò appare quasi preparazione alla moderna, come in parecchi altri dialetti antichi vediamo
essersi iniziate certe trasformazioni foniche di cui scorgiamo i risultati nella grecità tarda
e bizantina e soprattutto nel neo-greco. Il mutamento di ^ in ^ nel dial. eleo ci ricorda
quello di 0 in 7 nel laccmico (3), avvenuto anch'esso in sillabe iniziali ed in medie ed
innanzi ad ogni vocale (4).
§ 20. Quanto ci resta a dire intorno ai suoni nel dialetto eleo si può ridurre a pochi
e brevi conni.
Le forme otu.s (iv. .'>). ay.c'M (ib., 11), yjusv (r,iJ.;v, iv, 19-20; cxi, 2) col loro ju.
semplice si accostano alle doriche. Della nasale v è notevole l'alterazione in stc. (ìrra, h
VX, ccxxiv, 2), accennata dal Kirchhoff. — Gl'imperativi senza v finale luiaTto (cccvi,
7-8), 7T£~affTo (ib., 8), che debbono essere considerati come pluiali (5), hanno ri.scontro
in forme del dialetto di Corcira (6).
Esempii di r conservato avanti i ci stanno innanzi in Fr/.c/-i (cccvi, 6), fz£r£^ovT(
(iv, 28), mentre il doi-. -vrt ci appare rappresentato da -i/tj nel dialetto degli Arcadi, da
-lai nel lesb., da -ot con prolungamento di compenso negli altri. Intorno a non v. § 9.
11 T in Xv7'X(TTo ecc. già venne additato all'attenzione del lettore (§ 18).
Del n notevolissimo in OTirw (cccvi, 4) discon-e G. Schmidt nel recentissimo scritto
Zwci arìtii-hi' a-hiutc iiiid clic palataìen (7).
(1) (ìhe anche lo Zi rappiessenti un più antico At , né la sibilante iniziale abbia qui origine diversa
ila quella che manifestamente ha nelle altre parole citate, appnre affatto probabile dal Ai che leggesi
non solo nella iscriz. XI. 0., 6, ma eziandio nella LVI, i.
(2) Meybr lì., p. l7iJ. — Intorno al suono del 5 descritto da antichi discorre il Linzi {De
pronunt. linguae yr. , Berol. , IH64, pp. 64-7), ma in guisa che non possiamo approvare. — Per ciò
che attiensi al valore dello ; consulta <Vscou, St. nritici, II, 3° saggio gr.
(3) Meyer G., p. 191.
(4) I prodotti di'Ua evolu/.ione iti suoni ò e 0 non si conservano nel greco odierno sempre ben
distinti fra loro, onde accade di trovare 5 in qualch'' caso in cui dovremmo avere un 6 ed anche,
sebbene più raranien(e , 6 p. ò, secondo i varii dialetti. V. Foy . LaxUsyslam d. gr. vulgàrsprache ,
Leip^it;. 1S79, pp, Ki e 30.
(5, V. Kirchhoff nel commento alla iscriz. cit.
(0) Curtius, D. verbum, li', 53.
(71 Zeitschr. f. vergi, sprachf., XXV, t30.
94 IL DIALETTO OELL'ELIDE NELLE ISCRIZIONI TESTÉ SCOPERTE
FORME E LORO FUNZIONI.
§21. Non è intendimento nostro uè conforme allo scopo di questo lavoro far oggetto
di accurata investigazione il senso di parecchi vocaboli di assai difficile interpretazione che
s'incontrano nello iscrizioni testé scoperte (1). Pertanto, dopo qualche osservazione tema-
tologica, procederemo allo esame di alcune forme della flessione.
Merita un cenno l'art, noni. pi. -oi (iv, 27 : crci.xn, 3: cccLxm. 4-5. cf. xi. e, fi,
secondo l'Ahrens, i, 2H1 : ii. .')40). dal tema ro-, forma del paleo-dorismo, del beotismo
e del ionismo Omerico.
È degno di menzione anche il derivato Ss-^y. in 7v>6v^y (('ccvi, 1). Il Kirchhoff si
accorse tosto che non si poteva, per più ragioni, leggere (jyvictvat. Perciò si fece a propoire
dapprima la correzione TJvQr.y.Cf o TrjQ(:/.(/.[i]. più tardi [Arehàolog. zi-it., xxxviii, 69)
(r!)y5r,^a o <vj''/rl\j.rx. 'rx^OFiiJ.v. [t]. Non sarebbe più naturale ammettere un <jvi>Or,v(/. formato
come eipr,yr„ che G. Curtius interpreta etimologicamente ' verabredung ' (driinth., n. 493) ?
Del derivato 'ipy.(S''jZ, già noto per la iscriz. XI. C. nuovi esenipii verniero raccolti nelle
epigrafi che da poco tempo possediamo .'v. § ").
La iscriz. IV, 8 ci dà in ir.'xvixu'Aap una forma verbale che (ì. Curtius, seguito dal
Cauer e da G. Meyer, giudicò frequentativa e paragonò coWHarr latino (2): più tardi
sembra vi scorgesse un intensivo (H). Noi non lìossiamo astenerci dal compararla al tema
nominale i-xv- (noni. sing. i--r,-q) : la differenza che pur v'ha nel significato si è svolta
probabilmente dopo la formazione del denominativo tTc/.cù, di cui ora abbiamo nella citata
voce elea una prova sicura ad aggiungere al noto ìrr-io'j.
(1) Basterà accennare le seguenti parole rinviando il lettore ai commenti con cui tentarono illu-
stiarle i filologi che fecero di pubblica ragione i nuovi documenti nell'Arc/iaoio^. seitwng e I'Ahrbns
por la iscriz. CXI : 1. «iraixoi (CCflLXII , 8, o ;tiTzo() , di cui il Kircbhofk non crede poter proporre
alcuna dicliiarazione che non sia mal cprta; 2. ev-/apouvT£? (XXXV'III, 2, iscrizione con forme attiche),
voce che il Dittenberger considera come indubbiamente propria del dialetto locale e pertanto con-
servata, cora'espressione consecrata dall'uso antico, anche in un tempo in cui lo eleo era già caduto in
disuso, a significare probabilmente « dimorante nel paese >■; 3. epip^v, o, forse meglio, F-P" (Fw''''» CXI, 6')
che il KiRCHHOHK non osa interpretare, il Tudeer (op. cit., p. 105) crede derivato dalla stessa radico
onde procede fpiTpx e lo Ahrens intende per guisa che la locuzione F^pIpJ*!" ™T[T]èv àix significhe-
rebbe « landfliichfig werden, um fortan nur den schutz des Zeus « (detto anche ^ù^oi come protettore
dei f\jyiòi;) , » nicht den des nienschlichen rechtes zu geniessen "; 4. ctkvmi (RCCLXII, 5), e-svirsTo
( STtsvnéTw , ib., S-6|, fi'.moi (//yjvTtoi , ib., 6), chs al KiRCHHOPF HOH Sembrano potersi spiegare in modo
che appaghi e che G. Cubtiii» trarrebbe da un ì^— ;v-:tiw o da un év- ;i-ìm (tiìw • ,5*i:tw), che rappresen-
terebbero i concetti di « beachten, bcaufsichtigcn " e di « noch dazu beaufsichtigen • ; egli pertanto
leggerebbe ènsv™, Jii-:v;r/,Tw (con contraz. dor. di a-: in «), èvTt-ji (staccato dal /xa o j"»i precedente' ; 5. i;ast«oi
(CCCLXIl, 7-8), d'ignoto valore (Kirchhoff); 6. xaTiapau«(e (CCCLXII , <>) , che il Kirchhoff scom-
porrebbe in y.xriafj' (cf. el. tniafoi, XI. C, 9 e foc. TioOùpov) ed ajcòii, seu/ta per altro giungere ad una
interpretazit)ne che soddisfaccia, mentre G. Curtius vi scorgerebbe una tniesi e congiungerobbe il xor
con m'jiti Jxaraùiai si accosterebbe nel significato a xaOsleiv); 7. /iiìrpam (CCCLXII, 6-7), illustrato dal
Kirchhoff colla glossa Esich. /iairpUr «i tu» àpxó'Toiv eùSuvw; 8. «vtuj (CCXXIII, 8), di cui il prolodato
filologo non ardisce affermare rapporto alcuno con 5»!u, 5»u. — Il ieo< ()éw) della iscriz. CCXXIV, 3 (cf.
Ksich. ii'ji/j.1 [o /!(!l,ui?]' Ot'iot/j.1 Stv) non conferma l'opinione espressa dallo Ahrens intorno alla forma
/tia del verbo sì notevole ne' dialetti dorici (li, 317-8). — La parola Smu (IV, 3) come nome di mese
trova riscontro anche in iscrizioni beotiche (Kibchhoff).
(2) Curtius, D. vei-bum, I', 3.'?6; II", 405. Cauer, Ddeclv^ ecc., pag. 136. Metcr G. alla iscri-
zione IV, pag. 421.
(3) Nelle note alla iscru. CCCLXII.
MEAfORIA DI DOMENICO PEZZI 95
Infine non ommetteremo di additare al lettore i composti ^'s>).o-iooìy^Q (iv, 37),
F(7o;Tp&|£yov (cxi, 3) con ft7o5<xjj.topyoii (ib. , 4) (1) e ;xs-c/.s/;cp'jo (cccL, 3 : cf. CLXi, 2 ;
LST, 2: cccxLix, 2; ccxl, 2) (2). — Già il documento XI. C, 9 ci aveva dato il notevole
composto ETziapot.
§ 22. Assai poco abbiamo a dire intorno alle forme verbali. Della insolita coniuga-
zione in -ut, cui appartiene il noto y.aocù.eij.sv':^ (xi. e, G-7) (3), abbiamo probabilmente
un altro esempio in 7u}.c(u {(TvXc.tr,, cxi, 6). Così legge lo Ahrens. congiungendn a 7i/}.y.c Ve
seguente che altri pone come iniziale in sFspcv. La considerazione che distolse il Kirchhoff
dallo ammettere ^vl^rr, come ottativo, non essere -ir-, ma bensì -ti- il suffisso di questo
modo in eleo, non ha veramente grande valoi'e per chi si ricorda dello zi- (si'r,) che ab-
biamo trovato nella iscriz. CCXXIII, 5, 7 e della incostanza che in questo ed altri casi è
stata notata come uno dei caratteri dello deismo (4). Ma, come già l'iscriz. XI. C. ci porgeva
le forme comuni ocpyot (1. 3), a-o-tyoiyy (1. (5) con /.«^aleoizo (1. 8), così le epigrafi teste
scoperte ci danno un numero assai notevole di ottativi formati giusta la così detta coniu-
gazione in -fio: anorivot (lvi, 4; ccxxiv, 12 : cccLxii, 4), eyoi (cccLXii, 3), ooy.sot (cxi, 7);
■/.artapavasu (cccLXii, 2) (5); 7:x[p]^c(ivotc/.y (ccclxiii. 6). ctnoFslEotxv (ib., 4): mval-
/votro (ccxxiv. 7) con altri che per brevità ommettiamo.
Degl'infiniti attivi in -fv (-rv) già si è fatta menzione al § 6. Il suffisso -[Xcv. ado-
jìcrato in parecclii dialetti dorici, nel tessalico, nel beotico, nel linguaggio di Omero, ci
appare in r,ix£v (iv, 19-20; cxi, 2, s^sv), Ò0jU£> (cxi, 28) ed in «;rc;cr7a).a/x£v ( = «7ro-
<7zc0r,vc/.t, IV, 35) (6).
Il iurs.-/ovxi della iscriz. IV, 28 ha non pochi riscontri nelle forme doriche della 3" pi.
att. (§ 20).
§ 23. Porremo tonnine a queste considerazioni morfologiche con poclii cenni intorno
alla flessione nominale e pronominale. Le forme che ci sembrano degne di nota, oltre a
(juelle di cui già abbiamo avuto occasione di far menzione nelle considerazioni fonologi-
che, sono :
1" I nominativi plurali -luovip (iv, 8). yy.przO (ib., 17), usati come accusativi:
nletovsp si legge, adoperato come nom. pi., nella medesima iscriz. (1. 15). Non mancano
(1) « Mit diesfin worteu kann nur eine person bezeichnet gedacht werden, welche rang und
werth eines Proxenos oiler Detniurgen bnsitzt » : vuoisi, ciò», probabilmente significare « die aul'nahme
unter diejenige classe der gemeindeglieder , welche zu Proxenen und Demiurgeu wàhibar waren o
KiBCHHOKK nelle noto alla iscriz. CXI. '
(2) Con i|uesto composto, di carattere eleo, in iscrizioni con forme attiche, si volle probabilmente
denotare , come Osserva il Ditte.\ke(ioer, giusta l'analogia di altri composti colla medesima preposi-
zione, il quadriennio compreso fra due èxc^^ipiai.
(3) Sia esso attivo giusta il parere dello Ahrens (I, "281 ; II, 549) che traduce « qui foedus violant »,
o passivo secondo il Ruttm.\n.\ ed il Bòckh, cui piace interpretare " violato »; la ipotesi che sia un
perfetto senza raddoppiamento ci sembra la meno probabile.
(1) « Die von ihm anerkanute optativforra iiui2, als contrahirt aus rjiiot, ist meines wissens "anz
ohne analogie » Ahrens alla iscriz. CXI.
(r<) Intorno all'ottativo, detto eolico, in -eia v. Curtius, D. verbum, 1', 268-9.
v6 .\Ieyer G. , p. 4iì. — La iscriz. GCCIV, 3, ha vai*) (crvai od i/x/px-^f,tfui , Kibcuhoff). —
Iritoi'ni> al ».x6iotoi i^txOtMòi) della iscriz. CCCVIII, 6 ed a qualche altra forma di simile struttura
V. Meter G., p. 423; notevole è soprattutto il dor-. avi-^xx.
96 IL DIALETTO DELL'ELIDE NELLE ISCRIZIONI TESTE SCOPERTE
riscontri in forme contratte dello atticismo: più notevole ancora è il delf. òiy.y.ri-op-g
(uva;) (1). E giacché si discorre di accus. plur.. ricliiameremo l'attenzione degli studiosi
Rull'el. au.£ (iv, 5) ; cf. dor. aa£. lesb. ed omer. a/a.ui.
2" Il locativo sing. auroi (iv, 21, 28), adoperato come un vero dativo. None
punto inverosimile che siano locativi, non dativi, Tot (Lvi. 2, 4: ccxxiii, 4; CCCLXII. 4 :
cf. XI. e, 3, 6 bis, 10); ^ouot (lvi, 2); àatj.fji (cxi. 7. Kirchhoff) : 'J.-jvmot (cccLXii. 4-'):
cf. XI. e, 0: aggiungansi £nto:po( . ib.. 9: r/ov-iJ-EVot. ib.. 10).
Traccie di simil caso si trovano, com'è noto, in quasi tutti i dialetti greci, ma fra
essi notiamo in particolar guisa quello degli Arcadi, in cui il locativo rinviensi anche con-
giunto colla preposizione tv (2).
3° Il locativo plurale metaplastico y.y^votp (iv. 2(J), che. giusta il Kirchhoff. è pro-
babilmente effetto d'influenza etolica. Quanti esempli di sì fatta formazione si possano rac-
cogliere dai dialetti della Grecia settentrionale e del Peloponneso è inutile qui ricordare,
dopo le ricerche fatte recentemente intomo a questo argomento (3).
4" I locativi plurali rog (ccCLXiii. 1). Ms-x-.io; (ih.. 2): probabilmente anche il ro
finale e l'Avatro della 1" linea debbonsi leggere to?, Avztro;. Il Kirchhoff pensa che.
per orrore di scrittura, sia stato ommesso un ! nelle due prime forme avanti a ; : nella
sua trascrizione leggiamo pertanto To[{]g , '\hr«7r;5[£]j e per conseguenza, nei due altri
casi,7o[!;], Av5;!7o[!c]. Stanno in favore di questa restituzione i locativi plurali in
-lite: ed in-oio che ci si fanno innanzi non di rado in altri documenti elei di varie età,
fra i quali basti citare la iscriz. XI. C. e quella di Democratc. Si .aggiunga che. nella
epigi-afe CXI, 1. il locativo \c/lc/.opioi>. senza t anch'esso, è preceduto immediatamente
da zoirj, onde certamente trae valore la con-ezione Kirchhofliana Xcr').'/.$pio[i]p. E (jui
vuoisi osservare che, nei due primi esempii accennati, toc e MzTV-uo:. non v' ha alcun
vuoto fra lo ed il g e che per quanto concerne i due altri, to ed Avaro, v' ha dopo l'o
spazio ]>iuttosto per una lettera che per due. Non sarebbe assurdo suppon-e, in un dia-
letto che ci offre non pochi ne lievi caratteri di anticliità ed in più guise si scosta dalle
altre forme dello ellenismo e manifesta la individualità propria, l'esistenza di locativi plu-
rali in *-o-7!. corrispondenti a quelli in -7-~i. -r,--i (dei quali buon numero ci appare
ancora nelle iscrizioni paleo-attiche (4) ed in fonne che furono dette avverbiali) e poscia,
con dileguo dcU't finale, terminati in -o-j, come, almeno giusta l'opinione generalmente
professata, da -0£7i si ebbe -oj; (5). Dobbiamo tuttavia schiettamente confessare che
gravi obbiezioni si possono fare a cotale ipotesi e fra esse la confusione del nominativo
singolare col locativo plurale.
§ 24. Le più importanti osservazioni, cui può dai- luogo l'uso dei casi e delle pre-
posizioni e quello dei modi nelle iscrizioni elee teste scoperte già vennero fatte dai filologi
che le diedero alla luce. Noi ci proponiamo di esporne qui, con brevità ed ordine, i risultati
(1) Meter G., pp. 300-2.
(2) Meyer C... pp. 295-7.
(3) Veiline i risultiiti uell'op. cit. di G. Meter, pp. 311-1*2, ove sono indicati i Livori speciali,
(i) .Meyer G., p. 311.
("ly Altri ora considerano la forma in -os- dei temi in -o- come strumentale e la separano per-
tanto dalla forma in -oui , nella quale scorgono un locativo (Metbr G., pp. 309-10).
MEMORIA HI DOMENICO PEZZI 97
più degni di nota, affinchì^ non manchi uno dei tratti più rilevanti alla immagine che noi
stiamo delineando del dialetto eleo.
È noto che lo ai'ticolo. come suol dirsi, ci appare qua e là con valore di pronome rela-
tivo ne' canti Omerici, in Erodoto, nella poesia tragica e che quest'uso non è punto stra-
niero allo schietto dorismo (1). Ai non pochi esempii già raccolti aggiungiamo il se-
guente: fampaj ttc/Jì-^jv ruv syjt swciat/ non t^zv rxd/.iv (iv. 13-4).
Per quanto attiensi alle funzioni dei casi citiamo, in primo luogo, il seguente esempio di
accusativo che chiamano di relazione: cTrzCj.y.vcùu.s'^ofi rov rs tìuv O).v/7.7:iflov a'/uvc/. /.'jx oCù.oio
vLui Tilitoncp {IV, 6-8). L'uso di questo caso nella locuzione Tur.omtv/Mp Tiv.p xu.s (iv, 5)
già fu notato dal Kirchlioff, il quale citò, a proposito di esso, il T:o).t7Svovr(/. ny.o vìirolg
che si legge nelle Eììenichf (i, 5. ">).
La preposizione iv collo accusativo trovasi ne' documenti del dorismo settentrionale,
dei dialetti dell'Arcadia e di Cipro (tv), della Beozia, della Tessaglia (2) ; nou desta per-
tanto meraviglia il vederne esempii anche in epigrafi elee : £V tx'j iSiav zav Té tw nocpoo
(IV, 8-9); £v To la-po^j (ib., 32); z\i. ì,\Ckc-.o\> (ih., 38).
§ 25. Già nel suo commento alla iscrizione XI. C. il Bockh aveva os.servato l'uso fre-
quente del modo ottativo col /.a. in senso imperativo (3). Nuovi esempii di sì fatta costru-
zione s'incontrano nella iscriz. CCXXIV (7iivaX).uoJT5 ^s x. « no>xq, 1. 7. ; y. anotivoi. 1. 12)
e nella CCCLXII (za aTrortvof, 1. 3-4; im-jnoi x, 1. 5 ; xaùscTxoi =)t anun/.oi o xa r. ?,
1. 8), la quale ci offre eziandio, accanto agli ottativi, due imperativi (EnsvùEro. 11. ^-(i :
aTtUTtVETO, 1. ()).
Lo stesso ufficio viene nella iscriz. IV affidato a due forme verbali di modo congiun-
tivo: «i/aTcSat (1. 32) ; r.oiriC/.-ut (1. 36). Accanto ad esse ci appare, adoperato anch'esso
imperativamente, un infinito (/roriau^aj, 1. 33). Forse, com'è inclinato a credere il
Kirchhoff, quest'uso del congiuntivo con significato imperativo in proposizioni positive si
svolse dall'uso dell'aoristo di tal modo nel medesimo senso in proposizioni negative.
(1) Ahrens, II, 27r).(;: 0 genuinae Doridi licuiase articulo prò relativo uti, e titulis et scri-
ptoribus satis appare! ».
(2) Ahiiens, 11, 359-60. Schrader, Quaesti, qcc, § 4. Meyer G., p. 34. Pare che in colali dialetti
non fosse ancora nota la differenza fra èv ed hi. onde ss, e<>. Per altro nella iscriz. CCCIII, di cui
è dubbio lo eleisrao, lo ej*) della 1. 2* sembra al Kirchhoff stare in luogo di un vi.
Lo ocTTO nella 1. 31 della iscriz. IV (t9 Ss. ^pstfi'J/j.u to -/v/ovop x-^zq rap ^wAap ypaysv ey^^o/xw/xa «variOat ecc.)
sembra al (irolodato filologo « cine dialektische eigenthiimlichkeit zu sein, der gegeniiber der gebrauch
von i/nò z. 2 ira gewohnlichen siune auffallend erscheinen mùsste » (alla iscriz. IV).
Che la locuzione zi //eò:;;/ot òr/.'.ot della iscriz. CXI , 7 debba venire interpretata «ì /»!Tà Sdfioi òozéoi
ben pochi saranno disposti a credere col Kirchhoff (alla iscriz, cit.} dopo le osservazioni critiche dello
.\HnKNS, il quale, nelle sue note alla epigrafe preaccennata, dimostra poco verisimile la supposta apo-
cope di ii'.tì e meno ancora la costruzione del verbo Soxioi con /ìstì Sxiioi invece del semplice caso e
difende la più naturale dichiarazione , aì /*>) Sifiot Sonici), connettendola col senso delle parole precedenti.
(3) « Enel, x' toties cura optativo in hoc titulo redit, ut dubitari non possit, optativum addito
«a s. àv usurpatuni esse prò imperativo sive huius vim tenente infinitivo " .
Serie II. Tom. XXXIV. 13
9g IL DIALETTO DELL'ELIDE NELLE ISCRIZIONI TESTE SCOPEKTE
III.
Considerazioni generali.
§ 26. Dallo studio dei singoU fatti , che nel dialetto degli Elei ci parvero degni di
attenzione si nell'ordine dei suoni , sì in quello delle forme e del loro valore , assorgiamo
ora ad alcuni concetti sintetici, i quali valgano a rappresentare i risultati più notevoli delle
precedenti investigazioni nei loro rapporti colla storia generale dello ellenismo.
1° Già discorrendo del suono vocale a, abbiamo avvertito come l'esistenza di esso
in parecchie voci elee , mentre le forme corrispondenti in ogni altro dialetto greco ed in
altre lingue arie d' Europa ci presentano un r . sia una gi-ave obbiezione contro la dottrina
dell "antichità panellenica e pre-ellenica che parecchi glottologi , fra cui giova soprattutto
ricordare il Fick , attribuiscono allo svolgimento di sì fatta vocale, valendosene come di
giave argomento nel sostenere la ipotesi della così detta unità glottica europea.
2° Il fatto preaccennato , mentre conferma sempre più la divisione dello ellenismo
primitivo in colo-dorismo e ionismo (1), non giova punto alla suddivisione dell' eolo-
dorismo in eolismo e dorismo, non essendo, almeno in parecchie forme, l'z eleo comune ad
esso ne col primo ne col secondo.
3" Lo eleo, dialetto di carattere indubbiamente eolo-dorico, né si scosta per guisa
dal dorismo che si possa dire schiettamente eolico (2) , ne dall'eolismo tanto si allontana
che sia lecito annoverarlo fra le forme varie del dorismo.
4° A chi consideri come lo eleo, oltre a parecchi ed importanti caratteri comuni ad
esso coi dialetti eolo-dorici in genere, ne possegga alcuni che appartengono soltanto ad
esso e al dorismo od almeno a qualche dialetto dorico (3); come talvolta ci ricordi lo
eolismo lesbico (4) , mentre nella varia maniera di prolungamento di comi)enso sembra
ondeggiare fra la forma scliiettamente eolica e la dorica ; a chi, ripetiamo, abbia presenti
alla mente tutti questi fatti e la fedele conservazione del suono n in parecchi vocaboli,
parrà per avventura di scorgere nello eleo un dialetto la cui fisionomia per molti tratti
si accosti a quella del preistorico idioma da cui sembra procedessero, quasi linee diver-
genti da centro comune, le faville dei Dori e degli Eoli.
(1) ScHRADER, Quaesti, ecc., J 1 ecc. Meyf.R ti., p. XII e sogg.
(2) Intorno alle varie opinioni sui limiti del campo eolicoTprofessate da antichi e da moderni
dialettologi v. i preliminari allo scritto dello Hinricus, De Homer. elociUionis vestigiis aeolicìs, Jenae,
1875. .Mentre la dottrina Straboniana , giusta cui i dialetti degli Elei e degli Arcadi si dovrebbero
annettere anch'essi alla famiglia eolica, aveva ancora, dopo la confutazione dello Ahrens, che ridusse
il vero eolismo alle favello di Lesbo o dell'Asia minoro attigua, della Beozia e della Tessaglia, trovato
un difensore in G. Curtius, il quale, nelle Bemerkungen z. gr. dialeìUologie (Gutt. nachrichten, 1862,
pp. 483-98), vi aggiunse anche il dialetto di Cipro, senza occuparsi guari dello eleo, lo Hinrich.s volle
ristretti i confini dello eolismo allo idioma di Lesbo e dell'Asia minore preaccennata. V. anche Schrader,
Quaesti, ecc., § 5.
(3) Ad es. il T conservato innanzi ad i (v. ^ 20) ed il rotacismo.
(4) V. g. collo influito attivo (v. p. 84) e colla psilosi, di cui tuttavia abbiamo veduto non essere
del tutto certa la estensione in eleo e che, del resto, appare in qualche modo anche fuori dei due
dialetti accennati ne ha valore se non d'indizio negativo.
MEMORIA DI DOMENICO PEZZI. 99
5° Non converrebbe , per altro , affermare essere del tutto pari , per numero e per
importanza, i caratteri di affinità fra lo eleo ed il dorismo, fra lo eleo e lo eolismo lesbico.
Perocché v' hanno indizii e fonologici e morfologici , che non abbiamo ommesso di notare,
i quali c'inducono a considerare lo eleo come più vicino al dorismo ed alle favelle degli
Arcadi e dei Beoti che non all'eolismo asiatico e confermata pertanto dai più recenti studi
la dottrina dello Ahrens (1).
G° Di una certa incostanza nella produzione di alcuni mutamenti fonici già abbiamo
nelle pagine precedenti additato al lettore più esempii , né , del resto, è carattere esclusi-
vamente proprio del dialetto di cui discorriamo. Più giova a mettere in rilievo la indivi-
dualità di esso l'uso di certe preposizioni e dei modi congiuntivo ed ottativo in guisa non
conforme alle leggi che lo governano negli altri dialetti.
7° Non reputiamo possibile investigare con buon successo se in alcuni fra i divarii
che appariscono, in certi caratteri fonetici, fra e]5Ìgrafe ed epigrafe si abbia o non si abbia
a ravvisare effetti di varietà locali delio eleismo. E sebbene certe differenze abbiano mani-
festamente la loro ragione nella varia età dei documenti , tuttavia s'i perché troppo poclii
ne possediamo , s'i pel deplorabile stato in cui alcuni fra essi ci giunsero , s'i infine perchè
forme che sembrano appartenere a gradi diversi di svolgimento si trovano non di rado in-
sieme in una medesima iscrizione , è assai più facile discernere nelle fonne acceimate le
paleo-elee dalle neo-elee che ordinare cronologicamente le epigi-afi. adoperando un criterio
esclusivamente glottologico. In quanti periodi si debba dividei-e la vita dello deismo, (luali
siano i caratteri ed i limiti loro noi invano chiederemmo ai documenti superstiti , invano
alle poche , sconnesse , incerte nozioni che dobbiamo agli antichi. Indiali notevoli di neo-
eleismo ci appariscono nel dileguo del F e nel frequente rotacismo.
8° Ancora in epigrafi appartenenti ad una età in cui lo eleismo aveva già ceduto il
campo allo invadente dialetto che dissero comune si scorgono qua e là, giova ripeterlo (2),
traccie dello antico idioma della contrada : forme arcaiche, frammenti venerati del passato,
con cui piacque ai memori nepoti degli antichi Elei accrescere solennità a pubblici docu-
menti e di cui essi pensavano forse ciò che dei grandi ed antichi roveri pensò Quintiliano :
« non tantaiu habent speciem quantam religionem » (3).
(1) « Pi'opius aecedit ad doricam et laconicam maxime dialectum, ita tamea ut optimo iure
peculiaris dialectus, non doricae varietas quaedara habeatur » I, 231.
(2) V. !, 2, p. 78.
(;i) Inst. orat., X, 88.
Già avevamo compiuta l'ultima coiToziono delle bozzo di questo lavoro quando ci giunse, por
cortesia dell'illustre Autore cui ci professiamo assai grati, la Memoria del Prof. D. Comparetti inti-
tolata Iscrhioni greche di Olimpia e di Ilhaka (Roma, 1881) e pubblicata dalla U. Accademia dei
Lincei. Siamo dolenti di non potercene piìi valere per questa nostra dissertazione e ci proponiamo di
trarne profitto per l'appendice che probabilmente terrà dietro assai presto alla presente Memoria.
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101
GLI STATUTI
dku,'anno 1379
DI AMEDEO VI CONTE DI SAVOIA
MEMORIA
DEL
Prof. CESARE NANI
Letta neltadunama del 23 Gennaio i88i
Di Amedeo VI Conte di Savoia sono celebrate le ardite imprese di
guerra, onde crebbe la gloria della sua Casa e ne furono ampliati i do-
minii; ma quasi si ignorano i provvedimenti legislativi che egli emanò
ne' suoi Stati e che meriterebbero nondimeno di essere meglio conosciuti,
perocché essi segnano ima fase importante nello svolgimento dell'antico
diritto pubblico e privato sabaudo-pieinontese. Le leggi più ampie e più
saviamente ordinate del Duca Amedeo Vili ebbero per effetto di far
cadere quasi del tutto in dimenticanza quelle dei Principi anteriori, le
quali per la maggior parte non vennero mai pubblicate ed appena si tro-
A^ano qua o la accennate da (jualche storico, benché sia importante il
conoscerle, dacché è in esse che si debbono ricercare i germi dello istitu-
zioni che, essendosi in progresso di tempo meglio sviluppate, si presentano
in quelle sotto una forma più determinata e precisa. Ciò si parrà, speriamo,
dall'esame che stiamo per intraprendere degli Statuti di Amedeo VI,
limitandoci per ora a quelli dell'anno LS79 che contengono ordinamenti
civili ( 1 ) , circa ai quali verremo raggruppando quelle notizie che ci
riuscì di raccogliere intorno ad altri più antichi (2), col desiderio, meglio
(1) Esistono oltre a questi altri Statuti di Aujeileo VI del 7 febbraio Kiól. Il Capre {Traile histo-
rique de la Chambre des comptes de Savoye. Lyou, 1652, p. 19, 27) uè conosceva la data riferita in antichi
inventarli, ma lamentava di non aver potuto trovarne il testo. Anche Cibrario, Finanze della Mon. di
Savoia (nelle Operette varie. Torino, 1800), p. 199, li accenna riferendosi alla notizia del Cafre. Essi
però non andarono perduti, dacché ne esiste una copia in un vecchio volume menzionato dal chiaris-
simo Bollati ne' suoi Cenni preliminari alla tradu/.ione della Storia delle origini del diritto germanico
di Stobbe, p. XXV, intitolato: Statuta Camere computorum et Decreta Ducum Sabaudie ab anno 1351-
1535, che si trova nell'Archivio Camerale di Torino.
(2) Questi sono, per enumerarli qui in ordine cronologico: 1° gli Statuti del 19 ottobre 1318 di
Amedeo V e Filippo d'Acaia ; 2" gli Statuti del 13 maggio 1325 di Edoardo; 3° gli Statuti del 29 no-
vembre 1329 di Aimone ; 4° le Ordinaliones Parlamenti Ambroniaci del 1336 pure di Aimone. Sono
di Amedeo VI; 5° le Lettere del 27 luglio 13.55 riguardanti il Consiglio nobiscum residens e 6° le fran-
chigie accordate a parecchi Comuni nel Piemonte, fra cui importanti quelle concesse al Comune d
Porosa il 12 aprile 1360.
102 STATUTI DI AMEDEO VI
che colla certezza, che esse possano riuscire complete, poiché il genere e
la novità stessa di queste indagini basterebbero di per sé sole a creare
difficoltà non lievemente superabili anche ai cultori più sperimentati di
questo ordine di studi.
Gli Statuti di Pietro II coi quali era data norma ai giudizii, stabilite le pene per
certi reati, regolata l' arte notarile e qualche punto concernente il diritto civile, costitui-
scono la più antica fonte legislativa che si conosca del diritto sabaudo. Li superano questi
di Amedeo VI, se non d'importanza, certo per la copia delle disposizioni (1). Sono essi
scritti in latino, e preceduti da un breve proemio in cui il Principe dichiara per quali
motivi egli si .sia indotto a pubblicarli. Lo mosse il desiderio di provvedere alla utilità dei
suoi sudditi, di moderare le spese e le molestie delle liti, di venire in soccorso alle persone
povere e miserabili nelle loro cause , di limitare gli onorarii dei notai e dei chierici della
Curia, infine di ovviare agli abusi dei giudici, castellani e mistrali. Che queste leggi siano
state deliberate in una assemblea di Stati non risulta, mentre la cosa può parere probabile
quanto a quelli di Pietro II ; invece è detto nel preambolo che essi sono il frutto di una
deliberazione ^rr litngum tempus hahita cum suis haromhus, miìitihus, proceribus et
peritìs, che è quanto dire col suo Consiglio (2).
Le sue disposizioni sono contenute in settantasette capi, che non portano rubrica di
sorta. Conviene però avvertire che l'ultimo comprende ancora due statuizioni che non hanno
veruna attinenza con quanto forma oggetto della prima parte di detto capo. Dichiarano le
medesime che lo Statuto non dovrà avere effetto retroattivo e che non potranno molestarsi
gli eredi per le pene incorse da consiglieri, giudici e castellani se non si è proceduto contro
costoro finché erano in vita.
Del resto, le disposizioni si seguono quasi senza ordine, ne si vede che siano state
dettate secondo un disegno prestabilito. Sono concepite in una forma piuttosto rozza ; ma
alcuni errori ed omissioni che ne rendono qua e là ambiguo od oscuro il significato sono da
attribuire, senza dubbio, all'amanuense (3).
(l)Sono ricordati da Ricotti, Storia della Monarchia Piemontese (Firenze, 1869), l,p.88,edilCiRnARio
oltre al menzionarli nelle Origini e progressi delle istiluiioni delta Monarchia di Savoia (Firenze 1869;,
2* parte, p. 144, dà un breve sunto di parecchie delle loro disposizioni nel primo de' suoi Discorsi sulle
Finanze ecc. (p.30 segg.). Anche più breve è quello che ne fa lo Sclopis nella sua Storia dell'antica
legislazione del Piemonte, Torino, 1833, p. l'44-2J6. Sono questi Statuti, per quanto è a nostra notizia,
tuttora inediti. So ne conserva una copia autentica nel nostro Archivio Camerale estratti, come in
essa è detto, da altra simile in carattere antico per R. servizio, e porta la data del 12 dicembre 1771.
Di questa copia , non scevra di gravi mende, mi sono servito per questo lavoro e sulla medesima è
condotta la edizione degli Statuti che si troverà nelle Appendici alla presente Memoria.
(2) La composizione del Consiglio residente di militi, proceri e giurisperiti nell'anno 1376 risulta
dai Protocolli dei notai comitali n. 102, f. 81. Di questi Protocolli di cui già alcuni storici insigni delia
Monarchia Piemontese, corno il Cibrakio ed il Ricotti, si valsero, vuol essere segnalata la grande
importanza anche sotto il punto di vista storico-giuridico.
(3) Qualche disposizione ò ripetuta due volto. Cosi la istituzione dell'ondano del Consiglio pre-
scritta dal elle riafTermata al e. 21 . Né manca qualche contraddizione, come sarà avvertito a suo luogo.
PEB CESARE NANI 103
Lo Statuto manca di chiusa, e tanto nel preambolo che in fine manca ogni cenno del
luogo e dell'epoca della sua promulgazione. Nella copia autentica dell'Archivio Camerale
gli è assegnata la data dell'anno 1379 come risultante dal conto della Gran Cancelleria
di Savoia, dove è annotata la mercede che si pagò al copiatore di esso (1).
Finalmente è da ritenere che il medesimo, come avente carattere di Statuto generale,
dovesse, almeno nell'intenzione del Principe che lo promulgava, essere osservato in tutti
i suoi Stati, «jualunque fossero le leggi e le consuetudini in vigore nelle varie sue parti ed
il vincolo che riunisse queste alla Monarchia (2).
II.
Gli argomenti di cui si occupa in particolar modo il nostro Statuto possono così enu-
merarsi :
1° Della costituzione dell'autorità giudiziaria;
2" Dei giudizii cos'i civili che criminali ;
3° Delle relazioni fra la giuiisdizione laica e la ecclesiastica ;
4° Di provvedimenti relativi alla custodia dei detenuti ;
5° Dell'arte notarile;
6° Degli emolumenti da percepirsi da varii pubblici uffiziali.
Facendo capo dal primo, diremo alcunché intorno all'ordinamento giudiziario che in
quell'epoca era in vigore in Savoia, poiché degli ordini si)eciali che vigevano nel Ducato
di Aosta non è (lui il luogo di parlare.
Suprema autorità giudiziaria era il Consiglio del Principe ; in ogni baliato risiedeva
di regola un giudice , e vi esercitavano qualclie giurisdizione castellani e mistrali ; vi era
inoltre un Giudice generale delle appellazioni (.'?) ; e tribunale straordinario non avente
sede fissa , presieduto dal Conte di Savoia oppure da un suo delegato . era da ultimo il
Parlamento Generale, quello che negli Statuti di Amedeo Vili prese il nome di Suprema
Generale Udienza (4).
Di questo Parlamento nel nostro Statuto non è fatta parola . onde è a credere che
in quel turno di tempo fosse alquanto scaduto d'importanza, per il che Amedeo Vili si
(1) In verità nel conto di Guglielmo Cìenevesio (Itivent. parz. Savoia, q. 41, conto n. 20, f. 3 verso, nel-
l'Arch. Camerale) dall'anno 1378-1381' alla pergamena 03, in fine, trovasi la seguente annotazione: n Li-
bravit... mense aprilis anno D. mccclxxx prò copiando nova statata domini ad habendum ea in Curia
Cousilii domini cum domino residentis tam prò negotiis domini quam gencium habencium ibidem
agero. Et que tradidit Francisco Garnot de Brugeto qui dieta statuta copiavit liunc temporis ad opus
dicti consilii. Et allocantur ut supra in prima librata comput. prosentib. VI den. gross .». (juindi la data
del 1379 non può essere ritenuta che come approssimativa.
(2) Lo ScLOPis (op. 1. cit.) assevera die queste leggi sieno state fatte specialmente per la Savoia.
E veramente potrebbe farlo supporre qualche espressione, come quella che si legge nel preambolo, dove
ìì detto, che lo Statuto ha per iscopo di provvedere aXVutile et laudabile regimen lotiv^ Sabaudie
comitatus ; ma farebbero fede per contro della generalità dello Statuto le disposizioni dei ce. 53 e 60
che esplicitamente si riferiscono alle terre cifra montes, ubi iure comuni utimur.
(31 Ne ò fatta menzione al e. 15 del nostro Statuto. Se no trova pur cenno nel Prot. 60 (serie
cameiule), f. 20, a. 1338. Un giudice generale del Piemonte è pure nominato nel Prot. 5, f. 55, a. 1301.
Nel prot. 60, 1. cit. è menzionato un procuratore generale delle appellazioni di Savoia.
(4) CiBRARio, Finanze, p. 37. Capre, op.cit, p. 12. Ricotti, op.cit., p.98.
104 STATl'TI DI AMEDEO VI
sarebbe proposto più tardi ili ritornarlo in onore. Ma che prima di Amedeo VI il Parla-
mento fosse più volte convocato e decidesse in affari giudiziarii di gran rilievo , consta da
più documenti riferiti dal Cibrario. ed è anche attestato dalle OrdiìKdionrs Parìnvicnti
Amhronincì del 133(J, nelle quali in occasione di un Parlamento che doveva tenersi ad
Ambronay furono date regole che certo dovevano essere osservate nei casi consimili (1).
Invece intomo al Consiglio del Principe lo Statuto contiene parecchie importanti
disposizioni. L'origine di questo Consiglio, come opportunamente ha avvertito il Uicotti (2).
è schiettamente fendale. Dopo essere stato per molto tempo ambulatorio, fu diviso in due
corpi, indipendenti l'uno dall'altro, per modo che mentre i consiglieri appartenenti all'uno
di essi continuarono , come pel passato . a seguire il Principe dovunque egli andasse (3),
all'altro per contro fa assegnata sede stabile in Ciamberì. Ma non è ben certo quando e
per opera di chi questa innovazione sia stata introdotta. Perocché mentre Caj)ré credette
che essa sia dovuta ad Aimone per effetto di una ordinanza del 29 novembre 1329 (4),
il Cibrario invece ha cercato di dimostrare che l' istituzione del Consiglio residente deve
essere anteriore a questa epoca, dacché già nel 1327 e nel 1328 si avrebbe notizia della
sua esistenza. Tuttavia di fronte alle prove che egli adduce può parere alquanto arrischiata
la sua affermazione che essa debba attribuirsi al conte Edoardo (5).
Ad ogni modo è certo che un ordinamento completo ebbe il Consiglio del Principe
per opera di Amedeo VI, prima con Lettere patenti del 27 luglio 1355 ((j), poi cogli Statuti
che stiamo esaminando. In quelle il Principe dichiara che essendogli impossibile occuparsi
personalmente della moltitudine delle cause che sono portate alla sua udienza, ha deliberata
(1) Le Ordinationes Parlamenti Ambroniaci 8ono accennate da Capre, op. cit., p. 110 ed espo.ste
da Cibrario, Storia della Monarchia di Savoia (Torino, 1841), III, p. K clic le ha ricavate da un registit)
imperfetto dell' Archivio Camerale. Inesattamente il Dal Pozzo ha creduto essere stato questo Parla-
mento una riunione di Stati Generali ^Essai sur les anciennes Assemblées nationales de la Savoie, etc.
Paris, 1829, p. 51). Lo stesso Caprk (1. cit.1 afferma che l'anno 1345 sotto la tutela di Amedeo VI
venne deliberato che detto Parlamento dovesse convocarsi una volta all'anno e che secondo l'antica
consuetudine vi sedessero come giudici i Prelati , i Signori della Corte ed i più insigni Dottori di
diritto ; ma non dà veruna indicazione più precisa intorno a siffatto provvedimento , la cui esistenza
è contestata da Cibrario, Fin., p.29.
(2) Op. cit., I, p.95. Un posto consimile teneva nelle antiche istituzioni normanne la curia prtn-
cipis modellata sulla curia regis nella Francia occidentale. Brunner, Die Entstehung der Schwurge-
richte (Berlin, 1871), p. 147. Fischel, La Constitution d'Angleterre, trad.par Vogel (Paris, 1846), I, p.364.
(3) Questo Consiglio ambulatorio è menzionato ad es. nel Prot. 61, f. 52, a. 135i
(4) Op. cit., p. 8. Egli si fonda essenzialmente su ciò che nei registri della Camera dei Conti si
leggo questa indicazione: « Rotiilus pergamene continens ordinationes factas per dominum Aymonem
Comitem Sabaudie de Consilio suo Camberiaci residenti, sub data anni mcccxxix, die penult. mensis
novembris, sigillo comitis impendenti signatus. ■■ Queste ordinanze furono pubblicato per la prima volta
da BuRNiKR, Htstoire du Senat de Savoie (Chambéry, 1861) 1, 587, il quale le adduce in conferma del-
l'opinione di Capre. Tuttavia non ripugna il credere che colla medesima si sia inteso di dare norme
più certe ad una istituzione già. prima esistente. Si troveranno riferite in Appendice, riprodotte con
più corretta lezione.
(5) Infatti egli si limita {Finame, p. 24, n. 2) a riferire due brani di un conto dai quali risulta
che negli anni I3.'7, 1328, 1329 furono pagati gli onorarli ai membri del Consiglio residente a Ciamberì.
(6) Si trovano nell'Archivio Camerale di Torino, Inv. Savoia, n 1, f. 4. Di qui probabilmente le
ricavò il Capre che primo le pubblicava (op.cit. p. 9). Però in una copia della medesima gentilmente
favoritami dal chiarissimo Bollati, ho riscontrato parecchie discrepanze dal testo edito dal Capre, quan-
tunque non di grande importanza. Le medesime furono ristampato da Duboin, Editti ecc. Ili, 226. Ns
espone il contenuto lo Sclopis, op. cit., p. 243, e le accennano Ricotti, op. cit., p.97 e Burnier, op cit.,
I, 35.
PEK CESARE NANI 105
(li affidare questa cura al suo Consiglio (composto, come risulta dalle nomine che seguono,
(li prelati, nobili , professori . dottori di leggi e giurisperiti) , clie munisce per tale scopo
dei più ampli poteri. Quindi esso può conoscere di ogni specie di cause, anche quando con-
venuto fosse lo stesso Conte di Savoia , e può deciderle e terminarle in modo definitivo,
procedendo a tutti gli atti giudiziarii a ciò opportuni. Né è necessario che tutti i Consi-
glieri assistano al giudizio . ma basta la presenza di tre od anche solo di due . e si lascia
ancora in loro facoltà di giudicare in qualunque luogo, purché sia dentro ai confini dello
Stato di Savoia (1).
Nel nostro Statuto, menti-e, in ordine al Consiglio di Ciamberi (2), alcune di queste
disposizioni trovano conferma, altre appaiono modificate. Venne mantenuta la universalità
della competenza al Consiglio, per modo che la sua giuiisdizione dovesse estendersi sopra
ogni specie di cause, ed alla medesima andasse soggetta ogni qualità, di pei-sone. dovunque
avessero la loro residenza. Però non solamente fu conservata la facoltà a chiunque di
ricori-ere al Consiglio . invocandone la decisione nella propria lite : ma fu ancora ricono-
sciuto es])ressan)onte a questo il diritto di ricliiamare, j)urchè non vi ostasse un ])rivilegio
«lei Principe, qualunque causa al proprio giudizio : s))pcialmente quando o la gravità della
medesima , o la potenza del convenuto o la povertà dell' attore consigliassero di sottrarla
al giudice ordinario, per commetterne la risoluzione a più alto tribunale. Che anzi . ciò
occorrendo, è stabilito che invano le parti chiedano di essere rimesse davanti al giudice
in'dinario. e rimanga ferma la competenza del Consiglio (.S).
Il concetto onde muove (juesto disposto non era nuovo nella legislazione sabauda, e
neppure senza precedenti nel diritto barbarico. Perocché già Pietro II nel suo Statuto
aveva prescritto che il giudice dovesse d'ufficio intervenire nelle cause in cui un povero
f()ss(» in pericolo di soccombere di fronte ad un potente avvei"sario, ed anche in tempo
ahiuanto \nii antico la giurisdizione regia accoglieva sotto la sua tutela le ragioni dei mi-
serabili in lotta colle jìretese dei forti (4). Né è da credere che esso fosse peculiare alle
leggi di Savoia, poiché anche nelle Costituzioni siculo è al Gran Giustiziere ed alla Magna
C/ir/d. supremo tribunale del Regno, che é attribuita la giurisdizione nelle cause dei
(1) «...ipsis (consiliariis" tenore presenciura committimus oranes et singulas causas taiii civile»
[iiam criminalos ac etiani feudale», tam inotas quain movendas cuiuscumque generis censeantur, tam
pi'O nobis, quam contra nos, audiendas, coguoscendas et fina debilo terminaudas, ac processus et actus
qiioscumque iudiciales exerccndos , ipsos ties vel duos ex ipsis in nostrum Consilium et prò nostra
Curia sint supra eligentes. Et quia frequenter contigit quamplures de nostro Consilio in aliis nostris
iirduis negociis occupari, volumus et raandamus ne propter huiusmodi occupationes dictarum causarum
lìt processuum cognitio et decisio retardentur ; quod per tres aut duos ex ipsis nostris consiliariis causae
huiusmodi audiantur et fine debito terminentur sicut et quomadmoduni omues de Consilio, presente»
nxistentes ad praodiota in locis quibus eis videbitur , infra tamen terram nostrani nostri Sabaudie
l'oraitatus (prenominati, aut duos vel tres ex ipsis, iure nobiscum resideant sive non ad predicta ubi-
l'umque sint, infra tamen terram nostrani et nostri Sabaudie comitatus) similem habeant potestatem
sicut si nobiscum residerent et prò nostro nobiscum residenti Consilio ubi libet Labeantur {Dalla copia
Bollati).
;2) Avverte Cibrario, Fin., p. 26, che un Consiglio stabile venne pure istituito da Amedeo VI al
di qua dei monti, avente sede talora a Rivoli, talora a Torino , avendone trovato cenno nei conti di
alcuni castellani negli anni 1374 e successivi.
(3) C. 14.
(4) V. Gli Statuti di Pietro II Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, serie II ,
voi. xxxni), n. 51.
Seeik II. Tom. XXXIV. 14
ioti STATUTI DI AMEDEO VI
poveri, allorché alcuno di questi voglia farvi ricorso, giurando solennemente che la potenza
del suo avversario lo atterrisce (1).
Sotto altro rispetto è notevole quella disposizione, poiché in essa trapela il proposito
che si manifesta (come veilremo) anche sotto altra forma, di estendere quai *o più é pos-
sibile la competenza dei magistrati direttamente dipendenti dal Priiici]ic restringendo
quella dei giudici che da altri che da lui riconoscono il loro potere. Il coiicentramento
deirautorità giudiziaria nelle sue mani fu, come tutti sanno, uno dei mezzi più validi
onde si valse la Monarchia per abbattere le resistenze dei Baroni e dei Comuni.
tiuanto al modo con cui deve essere composto il Consiglio stabile, rpiando giudica
delle cause , è provvisto in più capi dello Statuto.
Possono bensì prendervi i)arte i prelati della Contea di Savoia, il cancelliere gene-
rale e gli altri membri del Consiglio (2) . ma di regola entrano a costituirlo il cancellien'
che ne conserva il sigillo, due collaterali ed un avvocato e procuratore del Fisco {'A). Ai
tre primi spetta la cognizione delle cause che debbono essere decise, e quando pure uno
solo dei medesimi fosse presente, a lui competono le medesime facoltà che avrebbero tutti
insieme (4). Quando tra i presenti siavi disparere, l'opinione della maggioranza ha la ]m--
valenza (5).
Sono addetti al Consiglio un usciere (hostiaiius) (li), un chiavaio (clavarius) il quale
deve provvedere alla esazione di tutte le multe e condanne pecuniarie pronunciata^ dal
Consiglio od incoi"se per violazione di qualche disposto dello Statuto, e col prodotto delle
medesime pagare le spese occorrenti al Consiglio, nonché lo stipendio del cancelliere e
dei consiglieri, rendendo conto in debita forma della entrata e della uscita (7): e per
ultimo due o tre o più servienti per mettere ad esecuzione gli ordini del Consiglio (8).
in.
Subordinati a questo sono i giudici locali , stabiliti nei ballati. lx)ro obbligo é di
teneie le assisie almeno quattro volte all'anno, in primavera, estate, autunno ed inverno (9).
Dei giudici locali delle appellazioni o maji è fatta parola nel nostro Statuto una sola
volta e senza indicazioni più precise (10).
(I) Nov. Const. lib. I, tit. xxxviii (in Hum.lard Bréholi.gs, ffist. Dipi Frid. II, VI, p 15(i' .. st.ituimu^
ut magister iustitiarius (magnae) curiae nostrae . . . . miserabiliuni personaruin qiiaruni est privilegiiini
forum eligere, corporali prestito sacramento, quoti aiiversariorum suorum forte potentiam perhorrescuut,
causas audiat et iuslitiu mediante deciilat » .
;2) C.9.
(3) C. 2, '^, A, T), 6, 9, 66. Uue volte uello Statuto è fatto cenno anche di un procuratore fiscale
addetto ad ogni giudicatura, e. 25, 35.
(4) Esempio di una sentenza (in materia penale) del Cons. residente, Prot. 62, f IS (a. 1350); di
una interlocutoria, Prot. 64 (a. 1 3.^1) f. 4. Altro esempio, Prot. 76, f.24 (a. 1402).
(5) C. 2.
(6) C 11, 21.
(7) C 21.
(8) C. 20.
(9) C. 22.
(10) C. 48. V. intorno ai medesimi Cibkario, Pinanie, p. 15, 26. Ricotti, op. cit, 1, 94; Capkk .
op. cìt., pag.7, 130.
I
PER CESAFE NANI ]07
Ma esso non limita lo sue disposizioni ai magistrati investiti di giurisdizione imme-
diatamente dal Principe , bensì le estende in parte anche a quelli che nelle terre feudali
per delegazione del signore esercitano il loro ufficio. Qui è necessario ricordare come il
dominio dei Conti di Savoia comprendesse in quei tempi una quantità di terre e feudi no-
bili (1) tenuti da baroni e banderesi . dai quali dipendevano ancora i nobili ed i vassalli.
I baroni dovevano avere tremila lii'e di rendita, ricevei'e omaggio da venticinque gentiluo-
mini, ad uno dei quali almeno spettasse la giuristlizione omnimoda. Erano tra questi i
marchesi ed i conti, e tenevano il più alto grado fra la nobiltà. I banderesi o bannereti
loro inferiori quanto a rango, erano gentiluomini d'antica stirpe, a cui prestavano omaggio
non meno di ventiquattro capi di famiglia (2). Gli uni e gli altri avevano . come il co-
niando in guerra dei loro uomini, cosi la giurisdizione sui loro vassalli (3). Perciò elegge-
vano i loro giudici, detti appunto i giudici dei banderesi (4).
Ora il nostro Statuto riconosce loro questo diritto , ma pui-e riconoscendolo impone
.illa podestà dei giudici cosi nominati certe condizioni, certi limiti, certe cautele. L'auto-
rità sovrana non provoca ancora ad a])erta lotta l'autorità baronale, ma con infinito accor-
gimento si insinua a poco a poco nella sua giuii.sdizione. la stringe nelle sue spire, le scema
(efficacia e vigore. Tutti i banderesi hamio facoltà di instituire nei loro dominii giudici
ordinarii, i quali possono risiedere ivi o nelle terre del Conte. Conoscono essi delle cause
civili al pari dei giudici del Principe, dal primo atto infino all'ultimo del giudizio, alla
sentenza; ma nelle cause criminali la loro opera incomincia solo dopo che sia avvenuta
la contestazione della lite, ossia dopo che si è compiuto lo stadio inquisitorio e si airesta
quando sta per essere pronunciata la sentenza definitiva (5).
IV.
Se per un lato l'autorità del Principe quanto airamniinistrazione della giustizia tro-
Tava un ostacolo nei diritti e privilegi baronali , per altra parte anche quella jiartc di
autonomia (-he si eiano riservata od era stata concessa ai Comuni contribuiva a limitarla.
IJenchè anche da questi legami essa cercasse via via di sciogliersi (0) , tuttavia l' impresa
(t) Vedasene la lunga enumerazione in Cai'ré, op. cit., sec. part., chap. I.
(2) Capre, p. 130. Sclopis , Considerazioni sloriche intomo alle antiche assemblee (Torino, 1878),
p. 59. CiBRARio, Fin., 38, ed Economia politica del Medio Eoo (Torino, I8i'2), I, 22:?. Burnier, op. cit. p. 49.
;3) Como golosamente essi custodissero questo loro diritto ò attestato dall'atto del 12 aprile 1360
'riferito da Datta, Storia dei principi di Savoia del ramo d' Acaia , Torino, 1832, II, 212) »on cui
.^modeo VI ebbe a conl'erniai-e ai nobili del Piemonte le loro antiche franchigie. « Item quod
• loniinus Comes voi aliqui eius ortici;irii seu coramissarii non possint nec debeant uUani Jurisdictionem
vel aotum juridicum erirainalem sou civilem in terra, territorio, fìnibus et jurisdictione dictorum nobilium
aliquando exeroere nisi forte ipsi nobiles et eorum heredes seu oflSciarii ipsorum defìoissent in justitia
oxhibenda •• .
(4) Esempio di conditto fra la giurisdizione del Conte di Savoia ed un barone de' suoi Stati si ha
nel Prot. 10, f. 118 (a, 1350}.
(5) C.23. Federico II nelle sue Costituzioni siculo con più energico provvedimento tolse ai baroni
laici ed ecclesiaotici l'esercizio di ogni giurisdizione penalo. Const. I, 4',).
(6) Perciò nei patti di dedizione di alcune terre ai Conti di Savoia tiene il primo posto quello,
che loro viene concessa la piena giurisdizione. Così nell'atto di sottomissione del comune di Ivrea ad
Amedeo V di Savoia e Filippo d'Acaia, Statina Eporedie {Mon.Hist. Pot. Leges I, col. 1092) In
primis quod dicti domini et eorum heredes . . . perpetuo habeant dominium et segnoriam merum et
niixtum imperium iurisdictionem omnimodam civitatis Yporegie districtus et pertinenciarum eius.. . »
108 STATUTI DI AMEDEO VI
era difficile e laboriosa, né potè essere condotta a termine che in un lungo spazio di tempo.
Consuetudini antiche, privilegi con gelosa cura custoditi restringevano (luanto alle persone
ed alle cose la giurisdizione del Sovrano e vincolavano la libertà d azione dei suoi ma-
gistrati.
Alcune di siffatte franchigie sono ricordate dal Kicotti (1), e più potreblMTo citarsene
ad esempio. Basterà qui ricordare le concessioni e confenne di franchigie fatte da Amedeo VI
l'amio 13H0 a molti Comuni del Piemonte, dopo che per eft'etto di sentenza arbitrale il
principe Giacomo d'Acaia era stato per causa di fellonia spogliato dei suoi Stati. Sono
tra queste particolarmente degne di nota quelle accordate con atto del 13 Aprile 13G0 al
comune di Perosa (2), siccome le più ampie e dettagliate fra tutte. In forza di questo
atto, la giustizia dovrà ivi continuare ad essere amministrata con quelle stesse fonue con
cui rendevasi anteriormente, restando in vigore tutti gli antichi patti, consuetudini e sta-
tuti. Le pene che sono in uso nei singoli luoghi non potranno né dal Princijìc. ne dai suoi
successori essere variate ; ninno abitante della terra potrà essere citato davanti ad altra
autorità che non sia quella del luogo dove egli risiede.
11 nostro Statuto, che dei giudici stabiliti nei Comuni non fa menzione . uguaglia i
giudici dei bandercsi a quelli che dal Principe ricevono la loro nomina all'ufficio. Vi hanno
riguardo a costoro alcune disposizioni che tendono allo scopo di assicurare la impar-
zialità del magistrato, e ad impedire che distratto da altri affari egli attenda con minore
sollecitudine alle funzioni che gli sono attribuite.
Era un abuso introdottosi in quei tempi che il giudice percepisse stipendio, e doni
dai litiganti dei quali era chiamato a decidere le cause (3). A questo cerca di pon-e riparo
(1) Op cit., p. 102, vedi pure Burnier, p.5l. In Forel, Charles commimales dupays de Vaud nelle
Mém.et doc.de la Sodété d'hist.de la Suisse Romande, t. XXVII (Lausanne, 1872) sono pubblicate pa-
recchie franchigie accordate a varii comuni ad es. a Moudon (p. ISU), Roraont ( p. f-tl I, Vaulruz
(p. 144), ecc. Notevole vi è il doc. riferito a p. 108 con cui il comune di Payerne ;a. 1348) accorda facoltà
ad Amedeo VI prò docem anno3 proximos .... tantunimodo et uon ultra inquireie de nialeficiis
in villa Paterngari territorio et iurisdictioiie dicti loci perpetrandis do plano per inciuestas et non per
verentyes
(2) L'atto sta nei protocolli de Mota n.08, f. 17, verso. È inedito e merita a nostro avviso di venir
pubblicato a riscontro di quello sopramenzionato mediante il quale nella stessa occasiono si confer-
marono solennemente i privilegi dei nobili piemontesi.
(3) L' uso delle sportalo giù era comparso nell' impero romano. Proibito da Costantino che tentò
con gravi pene di reprimerlo, esso riapparve più tardi e se ne fa cenno in parecchio Costituzioni con-
tenute nel Cod. Giustinianeo. Secondo questo le sportule non poi^sono mai percepirsi dal magistrato,
ina si bene dagli addetti al tribunale per gli atti giudi^iarii a cui essi prestano la loro opera. Vedi ad
es. L. 33 (nell'edi^. Kriiger 32) § 5, C. De Ep. et cler. 6, 3. — L. 4 (De caslrens. et minist. 1 2, 26 noU'ediz.
Kriiger 25) L 3, ^ 4, C. De priv. schol. 12, 30 (nell'edizione Kriiger 28). Ma doveva avvenire abbastanza
frequentemente che si regalasse il giudice coU'intento di ottenei-e sentenza favorevole, poiché dalla Nov.
124, 7, e. 1 è prescritto ai litiganti di giurare anzitutto solennemente « quod nihil penitus iudicibus,
aut patrocinii causa ipsis vel alii cuicumquo personae prò hac causa quolibet modo dederunt aul
promiserunt aut postea dabuut voi per .so vel per aliam quamcumque raediam personani. » E notevole
che ancho qui la pena per lo sportule illecitamente esatte è fissata nel quadruplo (Nov. tit. cit., e. 3).
Che l'uso delle sportule ai giudici si conservasse eziandio nell' epoca dei diritti barbarici ò attestato
dal e. Misso data a. 803, e. 2 (M. G. L. II, 121). Fu poi per effetto di una confusione di concetti
PEK CESARE NANI 109
il nostro Statuto, ordinando che né il cancelliere, ne i collaterali del Consiglio possano
ricevere alcunché come regalo da alcuno . quando non sia di cose da mangiare o da
bere (1), ne accettare per causa di patrocinio nessuna pensione annua, sotto pena di dover
pagare il quadruplo al fisco e restituire quanto abbiano ricevuto (2). Il fatto però deve
essere accertato per mezzo di sentenza, ed all'imputato è data facoltà di presentare le sue
difese.
Ma quanto fosse radicato l'abusalo dimostra la disposizione di carattere transitorio
che segue , la quale dichiara non avere effetto il divieto per le pensioni prima pattuite,
per forma che le rate delle pensioni anteriormente scadute possano esigersi senza incon-ere
pena di sorta. Ancora è stabilito che rimane lecito il percepire l'emolumento dei sigilli e
le (Irnlic (3) che le parti abl)iano convenuto di pagare al giudice quando egli, siccome
arbitro in via amichevole, abbia definita la loro controversia (4).
?]guale divieto, accompagnato da identica sanzione, è fatto all'avvocato ed al procu-
ratore fiscale (5), nonché ai giudici ordinarii e commissarii. e trovasi ripetuto riguardo ai
castellani (6), ai chierici delle curie ed ai procuratori dei chierici (7).
Né é meno rigorosa la legge nel reprimere ogni atto dei mistrali per cui vengano
ad offendersi le ragioni della giustizia. Infatti è prescritto che nessun mistrale. il quale
tenga accrnsata dal Conte la sua misti-alia (8). j)Ossa pattuire con alcuno che qualche
cosa gli sia data per la decisione della sua causa (9). Se egli si lascia corrompere, dovrà
pagare al PrincÌT)e por ogni volta e per ogni persona con cui abbia concluso un tal patto
germanici con concetti romani , come lia dimostrato Re.\tz (Zur Oeschichle des Armuneides nella
Zeitschrift far Rechtsgeschiihte , II, ltì63 , p. 421 e segg.) che nei tribunali medioevali si è propagata
la consuetudine dulie sportale pagato ai giudici. Il di|-itto canonico mantenne fermo il divieto
quanto ai tribunali ecclesiastici, permettendo ai giudici di esigere solo la rifusione delle spese soste-
nuto nell'interesse dello parti (V. ira gli altri e. 10, X De vita et hon. cleric. Ili, 1). Ma che esso non fosse
sempre osservato lo prova Durant. Spec. lib. I, part. IV, tit. De salariis ^ I, n. 7 ». . , . verumtamen delegati
quotidie de consuetudine ruoijiiuDt et male secundum quosdani si habent beuefìcium unde possint
comode sustentari sed et si sint sine benefìcio possunt et salarium recipere secundum Aegid...
quod non placet sod expensas sic. -. V puie Tancredi 1, 4, ^ .5, Grat. Il, 9.
(1) Le Costituzioni siculo erano più rigorose in proposito, Nov. Const., I, ói (Hlili.lakd Bréholles IV.
195) <i Ut iustitiarii et universi officiales seu ipsorum familia nihil a litigantibus recipiant nec ipsi
(iustitiarii) noe officiales aut familiare» eorum aliquid ab impetrantibus seu litigantibus omnino reci-
piant nec esculentwn nec pocuUntum etiam infra triduum consummandum . . Ancoia al tempo di
Menochio era grave contesa fra i dottori se il giudice potesse accettare dalle parti in dono esculenta
et pocutenia, ed in caso aiformativo di qual valore e quantità. Egli opinava pel si — « quid enim mali
suspicari posset, si nobilis et dives aliquot perdicos , vel phasianos , vel capones, vel metretara unam
voi duas etiam vini dono mitteret Regio senatori, (jui gravissimae eius causae iudex esset >' fDe orbiti-
iud.guaest.U, Cent. VI, e. 517, 13-21).
(2) Ciìh il divieto era pronunciato dalla ordinanza di Aimone del 1329.
(3) Intorno a questo v. C'brario, Fin., p 60.
(4)0.5.
(5) C. 5.
(6) C. 63. In quali cause fosse competente a giudicare il castellano non è detto nello Statuto.
(7) C.66.
(8) Le mistralie solevansi dare a censo dal Principe. Numerosi esempi se ne riscontrano nei Pro-
tocolli de'notai ducali, ad es. n. 47, f. 2 (a. 1367), n. 101, f. 93 [n. 1372 , n. 150, f. 89 (a. 1326). Nel Prot. 91,
f. 225 (a. 1448) si contiene una grida per la messa all'asta di una mistralia. Così pure potevansi cedere
Prot.31, f.25, 27 (a. 1335). Uno stesso uso seguivasi circa allo stesso tempo in Francia v. Cii.Louandre,
Le.i origines de la magistrature fran^aise (nella Revue des deux mondes, t. 34 (a. 1879), p.442).
(9) Di qui risulta che anche i mistrali erano investiti di t.'-iurisdizione. Probabilmente questa limi-
tavasi ai reati campestri e ad ogni modo di poca entità. Manca però ogni notizia più precisa su questo
riguardo.
1 1 0 STATUTI PI AMEDEO VI
illecito sessanta soldi forti, e la stessa pena incorre l'autore della coiTuzione. Il simile è
>tabilito po^l caso che il mistrale abbia convenuto di assolvere alcuno dal pagamento del
lianno di qualunque specie ed entità (1), a cui sarebbe stato tenuto. Perchè poi meno
facilmente rimangano impuniti reati di tal genere, chi li denuncia percepisce tre soldi sopra
ogni multa incorsa (2).
Bisognava ancora impedire che il magistrato cumulasse l'ufficio di giudice e di avvo-
cato. La cosa può parere assurda ai dì nostri, ma non dovc^va sembi-are tale quando non
si era ancora spenta del tutto la memoria degli usi giudiziarii fondati sopra le consuetudini
l)arl)ariche. Per queste infatti la distanza che separa il giudice dall'avvocato non è molta,
e l'unione dei due uffizi in una stessa persona, come era frequente nella pratica, così per
ninn rispetto si presentava illecita e repugnante. Basti il ricordare come in epoca più
antica bene spesso dagli scabini comitali si traessero gli avvocati ed i cosidetti (■.(insidici
(onde non raramente si incontra nei documenti di (|uel tempo taluno designato srahimis
rf. ndvocatus (3) ). ed in epoca alquanto più vicina a noi n(;i liberi Comuiù si confondessero
talora in una sola corporazione, originata dagli antichi scabini, giudici ed avvocati (4).
La fonua della procedura germanica, nella quale ha larga attuazione il ])rincipio della
collegialità dei giudici, e l'esiguo numero di individui che in tempi di così scarsa coltura
foss(jro versati nel diritto possono addursi come le ragioni principali che spiegano questo
fatto.
Ma esse non sussistevano più che fino ad un certo punto quando Amedeo VI emanò
lo Statuto di cui ci occupiamo, ed i ]iericoli che per la retta amministrazione della giu-
stizia traeva seco il cumulo delle funzioni ili giudice ed avvocato erano troppo evidenti.
Quindi questo cumulo vi è vietato, e severamente punito chi disubbidisca al precetto della
legge. Ne il cancelliere, né il giudice.'tìnchè durano in ufficio, possono ne apertamente, né
(1) Ai mistrali come ai castellani infatti spettava l'esocuzione delle sentenze, a meiile del e. 50 del
nostro Statuto.
(2) C. 67.
(3) Avveniva talora nella confusione prodotta dalla moltiplicità dei diritti vigenti contemporanea-
mente in uno stesso territorio, come conseguenza del sistema della personalità della legge, che l'avvocato
stosso della parte , essendo egli i' unico che cono-scesse il diritto secondo cui questa aveva ad essere
giudicala, fosse accolto fra i giudici. Ad es. in una cau.sa dibattutasi l' a. 998 fra i preti della chiesa
ili S. Eustachio ed il monastero di Farfa, quest'ultimo avendo allegato di volei-si difendere secondo la
legge longobarda, il presidente del tribunale».... eo quod deessent ibi alii iudices longobardi preter
ipsum advocatum ut posset veritatom discernere inter fallaciani fecit eum inrare per IV evaugelia, ul
ex ìUa bora et deinceps verum iudiciuni iudicaret. Tunc fecit eum sedeie in iudicio ut iudicai-et se-
cundura suam legem da hoc ». Fu dato un altro avvocato al monastei-o e permesso al primo divenuto
giudice « ut eum instruat qualiter respoiideat » Gai.lktti, Del prirnicero della Santa Sede Aposto-
lica, ecc. (Roma, 177(5), due. n 2. Intorno alla riunione frequentissima delle qualità di giudico ed av-
vocato nei giudizi franco-longobardi v. Bethman.n-Hollweo, Der Civilproiess des geìneinen liechts, V
Bonn, 18711, p. 109, 238, 333. L'uso derivava esso da vecchie consuetudini franche? Cfr., Sohm, Dir
altdeulsche lieichs «. Oerichtsverfassunff, I (Weimar, 1871), p 447, n. 168 — In Romagna l'ufficio de'
causidici come ha dimostrato Ficker , Forschungen sur lieichs — «. liechtsgeschichte Jlaliens , III
(Innsbruck, 1870), p. 473, 474, era duplice, in quanto che nel tempo sto.'-so consigliavano le parti ed i
giudici, erano avvocati ed assessori del tribunale , e come tali prendevano parte alla decisione delhi
causa. L' uso di invitare tilora gli avvocati a sedere come assessori si conservi) nella pratica dei
tribunali ecclesiastici, v. Fourniek, Les offìcialili-s au Moyen Ago (Paris, 1880), p. 3.i.
(4) Vedi Savionv , Storia del Diritto Roìiiano nel M.Evo ((rad. Bollati) , 1, 2(j8, .583; Hbthma.nn-
HoLLWEQ, Ursprung der Lombardischen Stàdtefreiheit (Bonn, 1846), p. 148. IIkobi., Storia della costi-
tuitone dei Municipii Italiani (Milano, (861), p. 49?.
l'KR CKSARE NANI 111
segi'etamente patrocinare alcuna causa che sia intentata davanti a qualunque Curia tem-
porale della Contea di Savoia, sotto pena di essere rimossi con ignominia dal Consiglio, e
di dover restituire alle parti quanto ne abbiano ricevuto ed il quadruplo al fisco . dopo
che il fatto risulti constatato da sentenza, premesse le difese del reo (1).
Avveniva allora di frequente che alcuno fosse contemporaneamente rivestito di due
pubblici uffizii, poco meno che incompatibili fra loro : come ad esempio, che un giudice foss»!
al tempo stesso castellano (2). La cosa non era certo scevra d'inconvenienti: ma questi
riuscivano senza dubbio di gran lunga maggioii quando le due cariche riunite in una sola
persona procedessero da due differenti autorità. Non poteva invero accadere senza serio
pericolo pei diritti del sovrano, che una persona da questo elevata al grado di uffiziale
giudiziario dipendesse al tempo stesso anche da un barone, per esserle stata da questi com-
messa una giudicatura, jjoichè questo secondo legame doveva per naturale conseguenza
allentare ciuello che la univa al Principe, quando appunto erano numerosi i casi in cui
poteva sorgere (H)nflitto fra la giurisdizione sovrana e la baronale. Per impedire che ciò
avvenisse, il nostro Statuto dispone che ninno dei componenti il Consiglio possa assumere
una giudicatura, in tutta la Contea di Savoia, che non sia conferita dal Piincipe {'ò).
Quanto ai giudici, il divieto è meno severo, poiché solo nella giudicatura dove, per man-
dato del Conte, esercitano il loro uffizio non ])ossono essere in pari tem]») giudici dun ban-
derese. Ed ancora (se cosi si ha da intendere la disposizione finale di questo capo che
forse per l'omissione di qualche parola riesce alquanto oscura (4)). al divieto è tolto ogni
effetto l'etroattivo (5). Probabilmente la ragione di questa mitezza è da ricercare in
ciò. elle meno serio era il pei'icolo a cui in questo secondo caso trattavasi di ovviare,
(lacchè mentre la competenza del Consiglio si estende a tutto lo Stato, quella del giu-
dice per contili ('■ listrettn nei confini del ballato.
VI
Ora che abbiamo vt^luto i lineamenti generali dell'ordinamento giudiziario quale
risulta dallo Statuto di Amedeo VI. conviene che ci addentriamo alquanto nello esame
delle regole che esso statuisce intorno al processo.
Come tutte le leggi dell'epoca, esse non senio tali da costituire un sistema compiuto,
ma lasciando in vigore il diritto comune ne accentuano, o dichiarano, o modificano qualche
particolarità, l'ale istituto che gi;ì ai tempi di Pietro li aveva messo radice in Savoia, vi
appare meglio svilupjiato ; dove prima i suoi contorni si presentavano vaglii ancora ed
incerti, ora appariscono meglio definiti: qualche eccezione si è trasformata in regola. Le
Statuto di Pietro II segna per questo rispetto il punto di partenza, quello di Amedeo VI
accenna i risultati a cui nel corso di poco più che un secolo era pervenuto, relativamente
alla procedura giudiziaria, il diritto sabaudo.
(1) C 4.
(2) CiBKARio, Finanze, p. 17.
(3) C. 6.
(4) Essa suona così : « ludices nuoc iu officio iudicatuie residentes postquam ipsi coasenserìat buie
statuto non aute seu postquam praesens statutum fuerit publicatuni » .
(3) C.7
1 1 2 STATI TI DI AMEDEO VI
Incominciando dal processo civile, il primo atto che in esso si compie è la citazione,
e intorno ad essa la iiosti-a legge dà le sue norme.
Nel diritto romano, nel suo ultimo stadio, alla citazione in giudizio eseguita diretta-
mente dalla ])arte. si era sostituita quella che effettuavasi per autorità del giudice, il quale
riceveva dall'attore il ìilieUnni coni-i'utioii/s e lo comunicava per mezzo di uno dvcidor
al convenuto, intimandogli di comparire in giudizio (1). Questo intei^vento del giudice
nella citazione , affatto contrario alle antiche consuetudini germaniche, trovò adito in
quelle fra le leggi Ijarbariche che furono modellate sulle romane (2) , e come eccezione
fu in vigore eziandio presso i Longobardi (3) e vi si mantenne cosi presso i tribunali di
Lombardia (4) come presso (juelli di Romagna (5) . infino all'epoca del risorgimento del
dhitto romano (6).
La citazione giudiziale venne in seguito accolta dalle leggi che emanarono in Italia (7)
e dal diritto canonico (8). ])er guisa che nel secolo XIV non è ammessa altra che questa.
(1) 5 24. 1. De act., 4 6 Bethmann-Hollweg, op. cit. Ili, |j 152. Keller, Il processo ciìi. romano (ver-
sione Filomnsi (luelfi, Napoli, 1872), p. 170. Padelletti, Storia del diritto romano (Firenze, 1878), p.480.
(2) Così nell'editto di Teodorico e. LXXIII ò fatta menzione àeW apparitor sl c\x\ il convenuto deve
promettere se ad judicium esse venlurum. Il Papiano t. XI prescrive che 1' editto libelli abbia luogo
davanti al tribunale.
(3) Liutpr. e 2.5, 20. Questa è certamente una fra le anomalie pili degne di nota del diritto lon-
gobardo, dove pure è scolpita cosi profondamente l'impronta germanica. Per contro nel diritto franco,
fino a Carlo Magno, la mannilio, ossia la citazione per opera della parte, è la regola ordinaria ed ecce-
zione la bannitio, la citazione per opera del magistrato.
(4) Ej-posit. ad Liutpr. 0 26, « .Martine sculdasci hoc te appellat lohannes quod tu oi cuni legato et
epistola sculdasii ad te venienti ut de Petro tue sculdasie sibi iustitiara faceres .... » E nella Placiti
forma gloss. [in Padelletti, Fontes iuris italici .1/. AB. Torino, 1877, p.480) « Donine comes facile venire
.id placitum ■■ .
(5) Lo si può argomentare da gualche passo di una delle due fìnte Costituzioni di Giustiniano
'pubblicate da Klenze nella Zeitschrifl f. gesch. Rechlswissenscha/ì, Vili, 243 segg.), che secondo l'opi-
nione comune vennero compilate verso il fine del sec. XI nella scuola di diritto di Ravenna. ^ 1
« Notum sit vobis patres conscripti, me velie imperiali auctoritato ])raeeipere .... fore in uno quoque
romano placito apparitorem .... litis . . ita ut in (irimis faciat reum ad oum apparere, qui ius dicturus
sit . . . § 2 querenti aotore reus ad eum vocetur per appai'itorera qui ius dicturus sit , quia reus
semper omnibus modis in eo loco pulsatur ubi aliquis egerit vel admiserit, et adraoneatur audire reus
de querela actoris » .
(6) Nelle compilazioni di diritto che precedettero, con maggiore o minoro intervallo di tempo, la scuola
di B dogna, la citazione compare come opera del giudice. Così in un lihellus de verbis legalibus scritto
l>robabilmente nella prima metà doU'XI secolo, che si contiene in un codice della Biblioteca Nazionale
di Torino, e che venne pubblicato por la prima volta da Pittlng fluristiche Schrifìen des frilheren
Mittdulters, Halle 1876), trovo sotto la rubrica he in ius vacando <■ Citatio est in ius invitatio,
voluti cum ijuis conqueritur de altero apud iudicem deposita querimonia, index niisso edicto citatorie
vocat eum in quem agere desiderai qui conqueslus est et dicitur hoc edictum citatorium quando iudex
vocat tantum, quando autem adiciit dicens « si die prescripto non veneris quasi contuma:: condem-
jinaberis » tunc dicitur edictum peremptorium quia perimit tergiversationera eius qui venire contcnipnit ».
SilFatta distinzione romana fra il citatorium ed il peremptorium edictum che !' rilevata dal libetlus
composto secondo l'opinione dui Pitting (op. cit., p. 40) nella Francia settentrionale, riappare eziandio
in Italia verso il finire del secolo duodepimo , poiché in un documento del lISó che si contiene nel
così detto codice di .Malabaila, f. 308 (pubblicato da Ficker, l'rhimden, Innsbruk, 1874, n. 154), se no fa
menzione: "Quia N. et consortes sui vocati citatorio edicto et denium pereniptorio ante curiam domini
imperatoris venire contompserunt ])ro iustitia facienda. . . " .
(7) È ordinata ad esempio nelle Costituzioni siculo I, 72. 1, 73. 1,07, 98: " Citationis littore (tam
per iustitiarium quam per baiulum) transrailtende » V. La .Mantia, Storia della legislasione civ. <■
crim.di Sicilia (Palermo, 1874), p. 212. Delvecchio, La legislacione di [■'ederico II (Tarinu, 1872), p. i;?,"i.
(8) V. MOnche.n, Dos hanonische Gerichlsver/'ahren und Strafrecht (Kuln 1874) 1, 25(i. Foubmeb.
op. cit, p. 1 17 DiRANT. .Sptfc. lib. II, pari. I, tit. De citai. Ta.ncuedi, Ordo indie. Il, 3. Damasi, 5«»i»iti d,-
ord. iud.{in Wunderlich anecdota etc. I84I) 87 • ad ollìcium iudicis s|)ectat recepto libello ab actoiv
reum citare •.
PER CESARE NANI 11:5
Quindi è affatto naturale che questa sola si trovi regolata nello Statuto di Amedeo VI.
Esso prescrive adunque che le citazioni emanino dall'autorità giudiziaria, in qualunque
grado sia essa costituita, e debbano eseguirsi dai balii, castellani e vice-castellani, mistrali
e sotto-mistrali ed altri uificiali dell'ordine esecutivo (1).
Quando alcuno di essi abbia ricevuto la citazione può mandarla ad esecuzione o per-
sonalmente 0 per mezzo di un suo dipendente, incaricandolo di adempiere quest'atto o
verbalmente o per mezzo di lettera, che però non dovrà essere annessa alla lettera del
Consiglio 0 del giudice da cui è partita la citazione..
L'ufficiale inferiore poi dovrà procedervi esso stesso senza delegare altri in sua vece.
In nessun caso il delegante potrà percepire alcun diritto per la delegazione data. Chiunque
contravvenga ad alcuna di queste disposizioni sarà punito con multa di 20 soldi forti e
dovrà restituire quanto abbia illecitamente riscosso, bastando il giuramento di chi abbia
pagato o presenti la lettera di delegazione, avuto però riguardo alla qualità del giu-
rante (2).
Della citazione effettuatasi deve constare per iscritto, al quale scopo l'esecutore della
citazione dovrà stendere verbale e sottoscriverlo, indicando pure il suo ufficio, che se egli
sia illetterato bisognerà che ricoiTa all'opera di un cliierico della curia o di un notaio.
Oltre di ciò il verbale dovrà menzionare le modalità sotto cui la citazione venne eseguita,
cioè se fu fatta direttamente alla persona del citando od alla sua casa od altrimenti, ed il
tempo e la risposta che egli abbia data. Anche qui la pena della inosservanza di queste
formalità è di 25 soldi forti, e come prova è ammesso il giuramento (3).
Sono fissate la mercede che il notaio può pretendere per questa relazione (4) ed i
diritti dell'escutore per la citazione a cui egli proceda, diritti che variano secondo che questa
viene eseguita nel luogo stesso in cui risiede l'esecutore, o fuori ed in ragione della di-
stanza maggiore o minore, e del numero delle persone da citarsi (5).
vn.
Intimata la citazione, il convenuto ha l'obbligo di comparire davanti al tribunale.
Non comparendo incoiTe nella contumacia, condizione giuridica da cui derivano gravissimi
effetti. Ma quanta differenza nelle leggi a questo riguardo ! Il punto di vista sotto cui viene
considerata la contumacia si è più volte mutato, movendosi fra i due estremi di una seve-
(1) La dipendenza dei castellani, mistrali ed altri ufficiali minori dell'ordine amministrativo, non
acilo (lai balii , ma eziandio dai giudici , ora già stabilita da un pili antico Statuto di Edoardo del
13 maggio \\V2'ì. Questo Statuto che è inedito, per quanto è a nostra notizia, si contiene nei Protocolli
Reynaiiili (a. 150, f 74), quantunque siavi luogo a dubitare che esso non sia completo. Al e. V dispone :
« Iteni ordinatum est quod castellani, mistrales et alii otficiarii niinores pareant et obediant mandatis
bailivorum et iudicum simul vel divisim, quod nisi fecerint puniantur prò qualibet vice qua non parue-
runt in decem libris fortibus nobis dandis nisi mandarent excusationem quasi mandata facere non
deborent». E nel capo successivo è soggiunto: « Item quod castellani mistrales et aliis (sic) officiales
inforiores exequantur mandata domini; quod nisi fecerint puniantur prò qualibet vice in quindecim
libris fortibus nobis dandis nisi mandarent excusationem ut supra ■■ .
(2) C. 10.
(3) C. 13.
(4) C. 13. Esempio di lettere citatorie, I'rot.38, f. 9 {a. 1360).
{5)C.12.
Serie II. Tom. XXXIV. 15
114 STATl'TI PI AMEDEO VI
rità eccessiva e di nna eccessiva mitezza. Il grado di coltura |dogni popolo, le sue stesse
condizioni sociali hanno stampato la loro impronta su questo istituto. Egli è infatti questo
uno dei casi in cui al disopra dell" interesse privato si agita un'altra questione d'ordine
più elevato, quella dei rapporti fra l'autorità pubblica ed il cittadino.
Quando lo Stato è riuscito da poco ad infrenare le forze riluttanti al suo impero e
sottomettere le podestà che ne avevano dapprima usurpati gli ufficii, onde sente la ne-
cessità di affermare la sua potenza, allora la contumacia è considerata (luale delitto e
la sanzione punitiva si aggrava sopra il privato che tenta di disconoscere la sua giurisdi-
zione ; dove invece quella necessità più non sussiste prevalgono altri criterii.
A Koma, dove l'idea di Stato signoi-eggia fin da principio la vita, pubblica e la pri-
vata, la contumacia non potè mai assumere un carattere delittuoso, neppure quando la
citazione essendo fatti! intimare dal magistrato . il non osservarla dovette apparire come
una disobbedienza ai suoi ordini. Tuttavia fu un tempo in cui il diiitto spiegò contro il
contumace il massimo rigore delle sanzioni civili, trattandolo senz'altro come un condan-
nato contro cui è lecita l'esecuzione (1). Solo più tardi la sentenza contumaciale perdette
il carattere di una sentenza definitiva, e le sue conseguenze fui'ono mitigate fino al punto
che essa potè soltanto autorizzare la viissio in bona rei servandae causa.
Per contro, nel diiitto germanico la contumacia è dappiincipio considerata quale
reato. Trattisi di comparire davanti al tribunale per rispondervi di un delitto o di una
semplice obbligazione civile . la pena che la colpisce è identica. Nell'uno e nell'altro caso
il diniego di comparire indica il disprezzo dell'autorità dello Stato, e cjuesto, con sel-
vaggia energia, costringe il renitente a piegai'visi. Il contumace non si trova solo di fronte
il giudice, ma il re stesso, che è giudice egli pure e ad un tempo supremo difensore della
pubbhca pace.
Per la legge salica è punito di multa il contumace pel fatto che egli debitamente
citato non si presenti davanti al tribunale ; ma se egli, senza giusta causa, persiste tenace-
mente in questo proposito , allora gli è minacciata la massima delle pene, perchè per de-
creto del re è messo fuori della pace, onde i beni gli vengono tolti e la sua persona è esposta
alle offese di ognuno (2). Certo l'asprezza della legge va in progresso di tempo mitigan-
dosi (3) , ma ancora nella legislazione carolingica la confisca dei beni (ren in bannimi
missae) è la conseguenza della contumacia sì nelle cause penali, che nelle civili (4).
(1) È famoso il passo delle leggi delle XII tavole: « Post meridiom praesenti litem addicito*. Gbllius
Noct. Att. XVll, 2, 10; V.Keller, op. cit. , § 69; Scheirl, Lehrb.der Insiit. (Rrlangen, 1868), § 74.
Salkowski, Lehrb. der Insiit. u. der Geschich. des Ròm. Rechts (Leipzig, 1880), p.464,
(2) L. Sai. LVI, 2. u De eo qui ad inallum venire contemnit. 2. . . Tum si ìUe qui admallat ista omnia
irapleverit et qui admaljatus est ad nuUum placitum venire voluerit, lune rex ad qucm manitus est
«xtra sermonem suum ponal eum. Tura ipso culpabilis et oinnes res suas erunt. l''t quicumque euni
aut paverit aut hospitalem dederit etiam si uxoi- sua proxima Malb. Inmpicii hoc est DC dinarios qui
l'aciunt solidos XV culpabilis iudicetur, dnnec omnia que iniputatur coinponat o (Uall'ediz. Behrend,
Berlin), Cfr. Sieokl, Geschichte dcs deutschen Gerichisverfahren (Giessen, 1857), p. 52 segg. ;Sohm, op. cit.,
p. 58, 162; Hethmann-Hollweg, op, cit., IV, p.519.
(3) V, l'Editto di Chilperico e. 7, 9 (il 5" cap. nell'ediz. Boretius in Behrend, op. cit, p. lUo segg, ), per
cui il pignoramento dei beni è sostituito come regola generale al bando, che però continua ad appli-
carsi quando il contumace sia » malus homo qui male in pago faciat et non habeat ubi consistat nec
res unde componat et per silvas vadit et in presentia nec agens nec parcntes ipsum adducane possunt ".
V. similmente L. Kipuaria tit. XXXIV (al. XXXIl).
(4) Cap.lec/.Rip.add.&.803, e. 7 (M,G. L. 11, IIV. Vap.leg.add.&.8\9, ci 2 (lbid.212).
PER CESARE NANI 115
In Italia, forse nella pratica la confisca fu limitata ai casi di crimini , e contro il
contumace si applicò negli altri casi la investitura salva querfìa, od il pignoramento,
secondo che si trattava di azioni immobiliari o nascenti da debiti (1); ma non rimase
senza influenza, sopra alcune delle leggi che posteriormente entrarono in vigore, il concetto
onde aveva preso le mosse il diritto germanico (2). Infatti nelle Costituzioni sicule la con-
tumacia riappare come un reato che è represso con pena pubblica. Federico li dichiarò
che la pena di nove oncie d'oro comminata al contumace dalle antiche leggi sicule non
gli sembrava appropriata , e perciò la cambiò nella perdita del terzo del patrimonio mo-
biliare del contumace, senza far differenza fra cause civili e criminali (3). Questa pena è
scritta nelle sue leggi, come complemento ad un sistema di disposizioni, per cui le ragioni
dell'attore sono protette in maniera che la diserzione del giudizio, per parte del convenuto,
non gli cagioni detrimento di sorta (4).
S'informa a questo principio anche lo Statuto di Amedeo VI. La condizione del con-
tumace nei rapporti coU'attore è regolata dal diritto comune, ma le sanzioni civili non
sono ancora considerate come sufiicienti , e per ciò vi si aggiungono le penali. Per esso ,
come per i canonisti di quell'epoca (5), la contumacia suppone la colpa, e quindi non
deve andare impunita. Una multa è comminata al contumace per ogni volta che citato
non compaia, oltre al pagamento dei danni e delle spese, e questa multa è gi-aduata se-
condo la differente qualità delle persone. Perciò è disposto, che se si tratti di un agricol-
tore 0 di un artigiano, per la prima contumacia debba sborsare cbique soldi viennesi, per
la seconda dieci, per la terza quindici, e per ogni ulteriore sia raddoppiata la multa sta-
tuita per la precedente ; se invece si tratti di nobile non handerese, o borghese non
artigiano, o di notaro, la multa è stabilita con lo stesso sistema sulla base di venticinque
soldi viennesi per la prima contumacia ; se infine trattisi di banderesi, è posta a base la multa
(1) V. nel Uh. PapAa gì. 2 aii Lud. V. 10ed£rp.,§ 2, Lud. P. 17: Iìethmann-Hollweo, op. cit., II,
§ 112. FicKER, op cit., I, p.33.
(2) Anche nel diritto canonico era riconosciuta al giudice la facoltà di punire il contumace. Le
peno erano pubbliche o private, o frequentissimo, come ò noto, era in tali casi l'uso della scomunica
che venne poi moderato dal Concilio tridentino. V. in proposito Mùnchen, op. cit., I, 229, 320 segg.,
lui segg. KouRNiEB, op. cit., p. ir^G.
(3) Const. 1, 99 < Contumacem (cuiuscumque conditionis sit) conventum civiliter vel crinii-
naliter accusatum tertia parte honorum mobilium nostro erario inferenda in posterum mulctari cen-
semus » . Anche negli Statuti di Pera, tit. 11, Rubr. 22 (Kdiz. V. Promis, Torino 1871, p. 32) De contu-
iiiacibus « lUe qui tacitus fuerit et ante me non venerit conferam ei qualibet vice soldos V vel
loinus arbitrio meo nisi iusto impedimento vel alia iusta causa stetisset " . Cosi pure negli Statuti di
lìivalta (Ediz.CoARETT.^, 1878), Rubr. Dn citatione personaliter et non venerit. » Item statutum est quod si
.iliquis citatus fuerit personaliter coram curie Rippalte ut veniat alicui de iustitia responsurus per
inincium domini et non venerit solvat prò banipno denarios duodecim seciixinos •> . Il hannum prò
fontumacia apparo frequente nella legislazione statutaria italiana. Ficrkr, op. cit., I, iOl. Negli Statuti
<li Porto Maurizio ( pubblicati da Doneaud , Storia dell'antica comunità di Porto Maurilio. P. 1*,
Oueglia 1875), trovo prescritto: Rubr. 24. « In praeceptis. . . factis de mandato magistratus portus, si
;iliquis citatus fuerit personaliter et non comparuerit, solvat prò prima citatione soldos duos illi qui
eum citare fuerit et ultra expensas prò secunda citatione soldos quinque quorum duo sint citar!
facientis et reliqui tres communis portus et in omnibus casibus semper solvat expensas ut supra » . Qui
liappare , come si vede, l'antica distinzione tra il frodo e la composizione in stretto senso fatta dal
diritto franco nella multa inflitta al contumace; V. Sohm, op. cit., p. 170, n. 105.
(4) Sopra il hanno delle Costit. sicule , V. Ficker, op.cit., n. 112-115.
{h) Ad es. lo. DE Deo, Cavili. 46, VI, e. 4 n. 44 : « Dicturis de contumacibus primo occurrit dicore de
ilolo siue quo contumacia esse non potest. Est ergo dolus malus quia est et dolus bonus ... Dicto .. .
de dolo et de contumacia videamus, quae est eius filia, sicut peccatum est filius iniquitatis ».
110 STATITI III AMEPEO VI
di dieci lire. Ma per la qualità della causa o per ragione di antecedente contumacia il giu-
dice potrà anclie comminare nella citazione una pena maggiore di quelle sopra accennate.
Tutto ciò ha luogo ri.spetto alle cause civili. Quanto alle criminali, le multe sono raddop-
piate, ed è pure lecito al giudice di impoi-le maggiori secondo la qualità delle persone e
del delitto. In ogni caso però, affinchè si incorra nello aggravamento della pena stabilita
dalla legge, è necessario che le contumacie si susseguano immediatamente ; verificandosi
una discontinuità, se cioè le citazioni non sono state ripetute a breve intervallo di tempo,
la pena che colpisce la seconda o la terza contumacia non è che quella imposta per la pre-
cedente (1).
Ma la multa si incorre essa di pien diritto, ovvero fa d'uopo che sia instata ? Il prin-
cipio del diritto canonico era che contumacia non accusata non nocef: bisognava
quindi che il giudice la dicliiarasse (2). Il nostro Statuto per contro vuole che la pena si
intenda incorsa ipso iure pel solo fatto della contumacia , anche qualora il giuilice non
l'abbia comminata nella citazione (3).
Il procuratore fiscale dovrà a tale effetto citare il contumace davanti al Consiglio
od al giudice, secondo i casi, e quivi gli dicliiarerà la pena incorsa ; al che seguirà
la condanna, a meno che la contumacia non possa essere scusata da qualche giusta
causa (4).
Vili.
Ma quale sarà l'autorità giudiziaria davanti a cui il convenuto dovi'à essere citato ("
Il diritto comune aveva ereditato dal diritto romano i varii titoli di competenza che
in quello si erano venuti via via svolgendo, dopoché il rigoroso principio della esclu-
sione di ogni altro foro che non fosse quello dell'origine e del domicilio era stato messo
in disparte. Quindi fu adottato anche il forum contractus. Ma poteva essere dubbio,
e la questione fu lungamente dibattuta fra gli autori e variamente risolta dalli» leggi (.5),
se per questo titolo divenisse competente il tribunale del luogo dove la obbligazione
era nata o quello piuttosto del luogo dove la medesima doveva avere il suo esegui-
mento [forum solutionis) (G). 11 diritto canonico inclinava manifestamente alla seconda
opinione (7), ed alla medesima aderivano eziandio i trattatisti (8). Il nostro Statuto
(1) C. 16.
(2) V. Endemann, Das deutsche Civilprozessrecht (Erlangen, 1868), p. 408; Wetzf.i.i., System des
ordentlichen Civilproiesses (Leipzig, 1878). p. 982. Sui requisiti necessari perdio il {.'iitilice, secondo il
diritto canonico, possa dichiarare la contumacia, v. Mììnchen, op. cit., 1, 228.
(3) C. 17.
(4) C.18.
(5) V. in proposito Satigny, System des heut. rSm. Rechts, Vili [Berlin, 1849), ^ 370. Bab, Civilproiess
(in HoLTZENDoRFKS Eticyclopàdìe) p. 312.
(6) Il dubbio nasceva, come è noto, da alcuni passi delle Pandette, specialmente dalla L. 19, ]j 2,
Dejurf.5, I.
(7} V. principalmente e. 17 De for.comp.2, 2.
(8) DuRANT. Spec. II, I, De camp. iud. ^ 1, n. 18 « nam ibi dicitur quis contrahere ubi se con-
etituit soluturum ».
PER CESARE NANI 117
l'accetta esso pure , ordinando che qualora nasca controversia per qualsiasi contratto
0 quasi-contratto, che abbia avuto origine in Ciamberì, il Consiglio quivi residente od
il giudice di Savoia sieno competenti a conoscerne anche quando l'esecuzione debba
seguire altrove. Gli altri giudici invece sono competenti a decidere solo quando nelle
loro giudicature debba per accordo delle parti effettuarsi il contratto (1). La compe-
tenza del Consiglio e del giudice di Savoia viene per tal maniera, per la ragione
più sopra avvertita, alquanto allargata in confronto a quelli.
IZ.
La parte citata compare dinanzi al tribunale assistita ordinariamente da un avvocato
e rappresentata da un procuratore (2), perocché durava ancora l'antica distinzione fra
i due uffizii già propria del diritto romano. Scomparsa nell'epoca della prevalenza del
tliritto germanico, che non ammette in giudizio che come eccezione la rappresentanza
e la difesa per parte di un terzo, essa ricompare col risorgere del diiito romano (u)
, Potevansi i due uificii riunire in una stessa pei-sona, ma non perciò si confondevano
insieme (4).
Nondimeno per lo Statuto di Amedeo VI non è reso necessario, almeno per tutti gli
atti del giudizio, il ministero del procui-atore, come si può argomentare dall "esservi stabilito
che non si ha da intendere essere stato revocato il procuratore anteriormente costituito, solo
perchè la parte interessata sia comparsa personalmente in giudizio (5).
Per contro appare maggiore la cura perchè niuuo dei litiganti resti privo dell'assi-
stenza di un avvocato. Al quale scopo sono dirette due disposizioni, la seconda delle quaU.
la più importante, è diventata il fondamento di una istituzione che fiori fino a questi ul-
timi tempi negli antichi Stati di Casa Savoia.
La prima richiama in vigore un principio che già il diritto romano aveva sancito.
Quando l'avvocatura cessò di essen; una professione assolutamente libera per diventare un
ufficio pubblico, lo Stato, in vista dell'interesse generale, le impose certe norme e fondizioui.
Fra le altre questa, che l'avvocato potesse talora essere obbligato a prestare la propria
assistenza anche contro il suo volere. Il pericolo ciie una delle parti litiganti riuscisse a
mettere dalla sua tutti gli avvocati, od almeno i migliori fra quelli addetti ad un tribunale,
per guisa che la causa dell'avversario fosse esposta a soccombere per difetto od imperizia
(i)c.ir,.
(21 Ciò risulta dai co. "8, 32. Esempio di procura geuerale alle liti nel Prot. I.jó, f. 2 (a. I;j33).
(3) 1 primi esempii in Italia di patrocinio delle cause assunto da giureconsulti sono forniti pro-
babilmente dai causidici di Romagna, dove il diritto romano aveva serbato pressoché del tutto carattere
territoriale.
(4) Quindi Bulgaro, De jud., § 3, così caratterizzava il compito dell'avvocato: <i Advocati sunt qui
et patroni (causarum) dicuntur, qui ingrediuntur iudicium utrique parti suum pi-aesfantes auxilium
quorum est officium causas perorare quousque volueriut ».
(5) C. 32. Neil' Ordojwrf. di Ottone Pavese Rnhr. De Procuratoribus (e. 4). . . «ad sui defensionem,
procuratorem constituere, nemo ex ordine prohibetur ».
1 1 S STATUTI DI AMEDEO VI
del difensore ha dettato nella legislazione imperiale questa restrizione (1). Essa fu mante-
nuta nel Medio Evo (2) e la troviamo pure imposta dal nostro Statuto, dove è fatta facoltà
al (\>nsiglio ed ai Giudici di obbligare gli avvocati a prestare il loro consiglio e di distri-
liuirli fra le parti, sotto pena, per chi non obbedisca, di temporanea interdizione o di multa,
a meno che non possa allegare, con giuramento, una giusta causa del proprio rifiuto (3).
Più notevole ancora, come si è avvertito, è l'altra disposizione, parimente relativa
all'avvocatura, alla quale il Principe stesso dovette annettere particolare importanza,
})OÌchè volle che fosse scritta prima fra tutte nel suo Statuto. Con essa fu introdotto per
la prima volta in Savoia l'avvocato dei poveri. Poiché molte volte avviene (è ivi detto), e
])uò avvenire in futuro, che persone povere e miserabili abbiano ad essere imjìlicate in liti
f) come parte attrice o convenuta, e non possano né agendo né difendendosi tutelare il proprio
diritto a motivo della loro povertà , il Conte di Savoia vuole statuire che nella città di
Ciamberì risieda un giureconsulto, il quale sarà avvocato dei poveri nelle cause e per tutti
gli altri atti giudiziari! , ed a cui il conte assegnerà uno stipendio ammo (4). Di questa
istituzione pietosa che ebbe secoli di vita e lasciò di sé nobili memorie si possono a nostro
avviso i-intracciare le più remote origini in certi ordinamenti delle leggi barbariche (5).
Infatti in un Capitolare franco è chiaramente espresso il principio che alle vedove , ai
})upilli. ed ai poveri debba nei giudizii dai-si un avvocato che ne esponga e ne sostenga le
lagioni (6).
Quel principio dettato da un sentimento d'umanità penetrò nella legislazione medio-
evale italiana, e seppe assumervi qua e là forma più concreta e determinata. Le leggi di
(1) L. 7, C. De postulando 2, 6. « Providendum est ne hi, quos in foro aut meritum nobilisaimos
fi'cit aut vetustas in una parte consistant, aliam a rudibus atque tironibus necesso sit sustineri. |j t ,
.\tque ideo si in uno auditorio duo tintura prae ceteris fuerint vel plures quorum fama sit hilarior,
in iudicantis officio sit ut par causidicorum distributio fiat ut aequae sint partibus auxilium sin-
f;ulorum et aequa divisio procedat». . eliche la legislazione ecclesiastica provvide a che una delle parti
non si accaparrasse tutti i procuratori di un tribunale. Syn. Cantuar. e. 18 (a. i^S&). Labbé, XI, r412.
V. FOURNIEK, op. cit., p 38.
{i) Nella carta di Payerne del 1347 a. 21 (Fokel, op. cit., p. 99) similmente è disposto: ..." Quoties-
cumque aliquis burgensis questionem habuerit coram advocato contra alium et consilium reperire non
potuerit, quod advocatus et consules Paterniaci de Consilio petenti providere teneantur »
(3' C. 28. La ragione di questo disposto non può essere ohe l'identica che l'ha suggerita nel diritto
romano e che ai suoi tempi ripeteva Fabro (Cod. Ili, 4, 1) Cum advocationis itemque procuratorie
fifficiura publicum magis sit quam privatum, ot nocessarium potius quara voluntarium ; siquidora invitis
i|uoque advocatis et procuratoribus postulandi procurandique necessitas iniungi potest ». Ibid. 4, 3.
( Hodie quisquis procurator sit in aliquo tribunali aut ailvocatus proprio su astringit iureiurando
quod petenti cuilìbet, si nulla erit excusatio, p.itrocinium voi oporam suam sit praestiturus ».
;4) CI.
(5) V. Gli Slattiti di Pietro II, n. 51.
(6) Cap.a. 817. Aei;. rtrfrf. I, 3 (M.G.L.II, .HI), De viduis et pupillis et pauperibus. « Comes iìXoa ve!
illas adiuvet dando eis taloni hominem qui ralionora eorum teneat et prò eis loquatur ». E appena
necessario però di avvertire, come il ministero dell'avvocato s'intendesse, a quel tempo, in modo assai
diverso da quello che nell'epoca romana e nella presente.
PER CESARE NANI 119
Pederico II (1) e gli Statuti di varii Comuni (2) lo accolsero, e gli diedero quale in un
modo, quale in un altro più acconcio svolgimento.
Ma allo Statuto di Amedeo VI spetta il merito di avere, creando un Ufficio apposito
dei poveri , raggiunto il suo intento in modo più largo ed efficace di ogni altra legge (3).
XI.
Intoino al modo poi con cui si svolge il giudizio civile non si incontrano che scarse
regole nello Statuto.
Una di esse è relativa al iusiuranduni calumniac. Anche questo dal diritto romano
è passato nel diritto medioevale. Da una semplice facoltà accordata all'attore ed al con-
venuto di pretendere dall'avversario una solenne aflfermazione che egli non agisce né si
<lifende valnmiiinndi. cnnsd, (4) il lii.'iiunnKÌti'ìii caluìHniac col volgere del tempo e col
modificarsi del carattere del processo venne a cambiarsi in un obbligo imposto dalla legge
alle parti , e comprese eziandio la promessa di nulla fare nel corso del giudizio col solo
proposito di prociastinare la decisione della causa (5). In questa forma ebbe ad accoglierlo
il diritto secolare ed il canonico ((i).
Ma siffatto giiuumento doveva prestarsi , oltreché dalle parti , anche dai loro av-
vocati. Secondo il diritto romano la cosa non poteva essere dubbia, poiché la legge
loro lo imponeva esplicitamente (7). All'epoca dei Glossatori quest'ohbligo durava pari-
(1) Anch'emù volle che le cause dui poveri fossero gratuitameate patiocinate , ma senza stabilire
per ciò un ufficio speciale dei poveri. iVo». Cons*, 1, 34 (Huili.ard-Breholi.es, IV, 180). r Lege praesenti
pietatis officio suggerente statuimus , pupillis, viduis, orphanis, pauperibus seu quibuslibet debilibus,
praesertim contra potentes agentibus aut defendentibus causas suas seu iura uostrae curiae defenden-
tibus advocatos et pugiles si c;lll^.l proposuerit, de curia nostra gratis et expensas alias victui neces-
sarias dum necessariani in curiam raoram trahont nec non testium producendorum impendia per curiam
largiri debore et nuUas ab ipsis praeterea sportulas ab apparitoribus vel tabellionibus nostris omnino
aut prò sententiarura subscriptionibus aliquid volumus postulari " .
(2) V. Delvecchio, op.cit., p. 130, n 3. Anche gli Statuti di Himini (a. 1334) si occupano {Rubr. 21
e segg. ) dell'avvocatore dei poveri: «et novorum civium qui et que propter paupertatem ipsorum et
propter potentiam suorum adversariorum advocatum habere non possunt » . Salvigli , Gli Stai. ined.
di /Jimmt (Ancona, 1880).
(3) Intorno all'ufficio dei poveri ha scritto due operette il Uu Heux, ossia : De V institution de l'avocat
des pauvres dans le royaume de Sardaigne et de l'utilite d'une institution de ce genre en France
(Troyes, 184r3), dove però si asserisce erronfiameute (pag. 20) che i primi monumenti legislativi, che
abbiano regolato in Savoia l'istituzione dell'avvocato dei poveri, risalgono ad Amedeo Vili ; ed Etudes
sur V institution de V avocai des pauvres et sur les moyens de défense des Indigents (Paris, 1847), che
non mi riuscì di trovare.
(4) (!ai. IV, §§ 173, 174, 176. Keller, op.cit., p. 205, 227.
(5) Ij 1. 1. De poena tem.lit.4, 16. Cod.2. 59 (nell'odiz. Krììger, 58). De iureiur. propt. cai. dando.
JVoiJ. 49, e. 3, § I : « Sancimus ut utraque pars, dum una quidem de calumnia sacramentum prae-
buerit, alia vero quia iustam putans reluctationem esse litis adjiciat, quia in tota lite siculi quaesierit
probationes adversarium suum, non per occasionem dilationis hoc faciat, sed prò veritate, necessariara
sibi a suo adversario exhibendam putans probatiouem >> .
(6) V. Endemann, Die Beweislehre des Civilprosesses (Heidelberg, 1860) ^ 107. Gross, Die Betoeis-
thcorien im canonischen Prozess, 1 (Wien, 1867), p. 72.
(7) L. 2 pr. C. cit utriusque partis viros disertissimos advocatos insinuandum praestare » .
U 1, 1. cit. ... € utriusque etiam partis advocati iusiurandum subeunt » . L. 14, J 1 (nell'ediz. Kriiger 4),
C. Dej'urf. 3, 1: «Patroni causarum cum lis fuerit contestata .... iuramentura praesteut ».
120 STATUTI DI AMEDEO VI
mente (1). Ma forse più tardi qua e là esso era andato o stava per andare in disuso (2) ed
è probabilmente per questo motivo che lo Statuto lo sancisce nuovamente dichiarando
che gli avvocati delle cause debbano giurare de calumnia secondo la forma di legge (3).
Se anche i procuratori sieno tenuti a prestare questo giuramento, il che era contro-
vei-ho nella giurisprudenza canonica (4), non è detto nello statuto.
Un' altra disposizione riguarda la materia probatoria, e si riferisce più specialmente
al giuramento decisorio.
A chi e da chi jiuò riferirsi od essere riferito questo giuramento ? Nel diritto romano
era profondamente radicata la massima che esso non può versare che sul fatto propri(j di
chi deve prestarlo, poiché questi solo si ha certezza che lo conosca pienamente. Qualunque
altra persona adunque, fosse pure l'erede od il coniuge, non j)uò essere tenuto a pre-
starlo (5). La giurisprudenza medioevale non ha deviato da questo concetto (G), al quale
il diritto canonico doveva dimostrar.si singolarmente favorevole, intento come esso era ad
eliminare ogni occasione di spergiuro (7), e per siffatto modo esso si è mantenuto in vita
nelle leggi infino ai di nostri (8).
Ma quella lo ha portato a con.seguenze anche più spinte che non il diritto romano.
Perocché fondandosi sopra alcuni frammenti delle Pandette non rettamente interpretati,
essa ha ritenuto per un certo tempo, che non si potesse validamente deferire il giuramento
da una parte all'altra, benché si trattasse di fatto proprio di quest'ultima, allorquando
(I) BiiLtìAR. Dejud., ^ 3. « Advocati post litem contsstatam religione iureiurandi arctaudi sunt,
quod omni viitute sua onmique ope , quod verum et iustum existiraavcrint id suo litigatori inferri
procurent, iiihil, quod sibi possibile est de industria relinquentes •. .\nche lo Statuto di l'era imponeva
il iur.de cai. al procuratore, I Rubr. 28. < Et quilibet procurator ordinatus in causis seu qui in
alìqua causa interveniet possit et toneatur iurare de calumpnia et respoudere in animam suani si
requiratur per partem adversam». Nella Practica Ord.jud. di Ottone Pavese alla Rubr. De advocatis,
e. 8, è riferito il contenuto del giuramento che essi dovevano prestare all'inizio della lite.
(3) Cfn-to ai suoi tempi osservava Dionisio GoTOKREno (in nota alla 1.?, I,cit). .. « in consuetudine
non habetur quod iuretur, licet lege caveatur ». Nella Praxis di Bartolomeo Brunazio (Venezia 1567)
non se ne fa più parola.
(3) C. 30.
(4) "V. Endem.^nn, Be^reislehre, p. 533.
(5) Paulus II, 1, § 4. a Heredi eius cum quo contractum est, iusiurandum deferri non potest quoniam
oontractum ignorare potest ». L. 1 1 , § 2, D. De art. rer. amot. 25,2 «... pater .... amoventis iurare non
cogitur, cum iniquum sit de alieno facto alium iurare; is ergo cogitur iurare qui amisisse dicitur et
idcirco nec hores eius qui quaeve amovisse dicotur, iurare cogetup". V. in proposito Saviost, Sy-
.liem, VII, p.04.
(6) DuRANT. .?pec. Il , De iuram.del. n.7. Gross, op. cit., II (Innspruck, 1880), p.75, 248.
(7) È noto come il giuramento decisorio avesse nel diritto canonico essenzialmente il carattere di
una prova sussidiaria, comò risulta dal e. 2, X, De probat. 2, 19; che anzi vi fu epoca in cui la scuola
italiana lo trattò come una probatio irregularis, limitandone l'applicazione e scemandone l'impoi-tanza.
'Alla scuola francese, a Donello o Cuiacio sopratutto, è dovuto se il giuramento decisorio ricomparve
nella teoria e nella pratica, in quella forma stessa che aveva assunto nel diritto romano.
(8) Mentre in (Jermania accanto al iura>nentnm de veritate andava sviluppandosi il iur. de credulilale,
nel diritto sabaudo-piemontoso serbavasi inalterato il concetto romano. Fabro (cod.IV, 1 dcf 18) inse-
gnava: >i De alieno (facto) iurare nemo cogendus est periurii raetu » ed ancora Bertolotti, Istit. di dir. eiv
(Torino, 18271, IV, 343, ripeteva la regola: n Quisque iurat de facto suo. >> Più tardi però ilCod.civ.
albertino (art. 1474) ammetteva (seguito in ciò dal Cod.civ.it. a. 1365) il giuramento anche sulla semplice
notizia di un fatto. Per contro il Codice napoleonico apparentemente non si è discostato dal rigore del
dir. romano (art. 1359) ma ha introdotto una eccezione coli' art. 2275 in base al quale il giuramento
sulla semplice notizia è invalso nella pratica. V. Marcadè, Explic. etc. a. i;i5U-l;!60. Mattirolo, Eletn.
di dir.giud.. Il (Torino, 1876), p.3l2. n. 1.
PER CESARE NANI 121
questa non avesse potuto a sua volta riferirlo (1). Uno studio esagerato di mantenere per-
fettamente uguale la condizione delle parti litiganti aveva condotto a (juesto assurdo, di
escludere il giuramento decisorio in un gran numero di casi nei quali niun pericolo poteva
sorgere dall' ammetterlo.
Ora il nostro Statuto riproduce esattamente lo stato della giurisprudenza in quel-
l'epoca, circa a questo argomento. Esso, quasi a modo d'interiiretazione di un frammento
delle Pandette (2). enuncia anzitutto la massima, che solo le persone che abbiano contrattato
fra di loro o stretto qualsivoglia negozio giuridico possano mutuamente deferirsi e riferirsi
il giuramento decisorio. In secondo luogo proibisce ai loro successori universali o singolari
di valersene. Ma il divieto non è concepito in modo che il giuramento non possa riferirsi
solo ali 'erede di colui del quale è proprio il fatto, nel qual caso si avrebbe nuUa di più che
(juanto già era stabilito dal diritto romano. 11 divieto per contro è esjiresso in modo gene-
l'ale, per forma che neppure gli eredi d' un contraente possano deferire il giuramento
all'altro contraente ancora in vita. Che tale sia la estensione del divieto è fatto anche meglio
palese dalla eccezione che segue immediatamente. Se cioè si tratti di eredi che abbiano
lite con chi abbia gerito un affare del loro autore , quelli hanno facoltà di deferirgli il
giuramento decisorio. Di regola non lo potrebbero, [lerchè il loro avversario non avrebbe il
diritto di riferire loro il giuramento deferitogli, ma per considerazioni speciali il legislatore
ha in loro favore derogato al rigore della massima generale (3).
xa.
Il rendere quanto più possibile spedito il corso delle cause era stato uno degli intenti
|)iincipali che si era proposto Pietro II nell 'emanare il suo statuto ; ed a questo scopo mirò
pure Amedeo VI (4).
Non è qui il luogo di ricordare per quali cause il processo in quell'epoca, essendosi
moltiplicate le formalità ed i termini, fosse venuto allungandosi oltre ogni discreta misura,
per guisa che lo studio dei legislatori dovette rivolgersi a cercare i modi clie potessero
condurre ad abbreviarlo (5). Per lo appunto nelle leggi di Pietro II si possono ravvisare i
(irimi timidi tentativi di introdun-e in luogo dell'ordinario procedimento un'altra forma
meno lenta di giudizio. Essi corrispondevano allo stato delle idee di quell'epoca, nella
(juale incominciava appena a manifestarsi nelle curie ecclesiastiche e nelle secolari una
tendenza a spogliare il processo, specialmente riguardo a certe cause . di alcune di quelle
(1) Tale era la tporia di Natta Cons. XXXV, 1, . Quia iura semper cooiungunt delationi relationem
et cogunt reuni iurare vel defeire » , non peiò di Cbavetta Cons. 203. V. in proposito Menoch. De arbitr
iud.W, Cent. II, e. 189, 7. Pothier, Tratt. delle obbl., n.9f3.
(2) E la 1.38 V.Re iureiur. 12. 1. « Manifestae turpitudinis et confessionis est nelle nec iurare nec
inramentum referre » .
(3) C. 31. Ecco la disposizione finale di questo capo che ò alquanto oscura... .. nisi fiat delatio
por successores alteri, cuius persona gessisset negotium, non autem e centra ».
(4) E detto nel preambolo dello Statuto : « Desiderio desiderans verum breve atque rectum et imma-
culatum intercius subditos fieri facere ac {cum?) per lungura iudiciorum tractum dicti subiecti sum-
tibus et latoribus praegravantur. . ..».
(5) V. Gli StattUi di Pietro II, § III, IV.
Serie II. Tom. XXXIV.
16
122 STATUTI DI AMKDEO TI
formalità che meno erano necessarie e maggiormente lo impacciayano e ne ritardavano lo
svolgimento.
Dopo d' allora , segnatamente in seguito alla promulgazione della celebre Decretale
Sucpe dell'anno 1306 di Clemente V (1), e della Disprndiomm dell'amia l:!!! dello
stesso Pontefice (2), si era completata in ogni sua parte la teoria del processo accelerato.
Mentre il processo sommario (che ha per iscopo di anivare non già ad una sentenza defi-
nitiva. ma solo ad un provvedimento temporaneo nei suoi eifetti). procedeva nel diritto
medioevale direttamente dal siitiniKithii roijuoacerc del diritto romano (3). il procedimento
che si svolge de plano, sine strcpitu et figura iudicii. se può avere qualche analogia colla
procedura indicata per gli interdetti per le cause di poco momento o pei- quelle di eccle-
siastici portate dinanzi al tribunale vescovile . è .però nel suo compless<i una creazione
della giurisprudenza medioevale. Trasportato dai tiibuuali ecclesiastici nei laici . esso vi
piglia quasi intieramente il posto del ))rocesso ordinario (4). e riceve quivi dalla legisla-
zione secolare alcune modificazioni.
Una di queste è contenuta nel nostro Statuto. 11 quale pone anch' esso il principio
che il Consiglio ed il Giudice ordinario e (jnello degli appelli debbano terminare tutte le
cause soggette alla loro competenza sinipìicitrr. dr piavo, siiic .ifripitii rt fitiura iiididi,
ma, per ottenere più sicuramente lo scopo di una sollecita amministrazione della giustizia,
fissa eziandio lo spazio di tempo entro cui la lite vuole e&sere definita. Perocché i- da
notare che la (Jlementina Sacpe aveva a questo medesimo intento munito il giudice di una
facoltà impoitaute . di dare cioè la sentenza appena riputiisse la causa matuia a deci-
sione (5). mentre giusta la regola dell' indi n aria procedura egli avrebltc dovuto attendere
che le parti stesse lo lichiedessero . cliiudendo la causa. Ma con ciò non l'i-a t()lt(. ogni
pericolo di un soverchio ed inutile prolungarsi della lite, poiché tutto dipendeva dal pru-
dente uso che il giudice avrebbe fatto di quella facoltà. Lo Statuto di Amedeo VI. seguendo
l'esempio di altre leggi italiane (6). per impedire che ciò avvenga, ordina che le cause di
prima istanza . siano esse portate davanti al Consiglio od al giudice ordinario , debbano
essere terminate entro un anno al più dal giorno in cui fu proposta l'azione (7), non com-
putate le ferie, e quelle di seconda istanza entro sei mesi. Che se pel fatto del Principe o
(1) Clem. 2 De verb. sign. 5. 11.
(2) Clem. 2 De jud. Zi.
(3) V. intorno a questo Bethmann-Hollwkg, op. cit. Ili, J) 1(33.
(4) V. specialmente Briegleb, Einleitung in der Theorie der summ. Processe (lieipzig, 185t)) J 33.
(5) « Sententiam vero deffinitivam proferat (index) etiam ei ei videbitur conclusione non facta,
prout ex petitione et pi-obatione et aliis actitatis in causa fuerit faciendum >■.
(6) Le quali però generalmente prescrivevano termini più brevi. Così ad es. nelle Costituzioni
8Ìcule,iVor. Const. I, 52 (IIuu,i.\bd-Breholles IV, 190)-." lustitiarii. . .causas ordinarias iudicio audiant
et exarainent et dncidant infra triraestris temporis spatiuni •. Ibid. 1 , 76. " Umnes baiuli locorum et
iudices causas in eorum iudiciis inchoatas infra bimeslris temporis spatium a diecitationisemisse definiant
nisi pi-obationes ex longinquo petantur , sacramento specialiter super hoc prestito per petentem , vel
alia manifestissima causa sit, propter quam causam infra predictum terminum finiri non possit ».
V. le disposizioni di varii Statuti a questo riguardo in Del Vecchio, op. cit., p. 132, n. 3. Per contro
lo Statuto di Pera assegnava come ordinario il termine di un anno. I. Rubr. Wl. De terminandis et
abreviandis causis uUa occasione possit concedi vel duri dilacio alieni qua causa prolongelur
ultra annum a die litis contestate et mensem nisi de ambarum parcium voluntate n.
(1) L'azione qui prende il nome di petitio . perchè con tal nomo la si designava nel processo
accelerato. Scaccia, De iud. 1, e. 53. Bnobmann, Cioilpr., p. 1032, n. 28.
PER CESARE NANI 12H
per altra giusta causa non possano entro quel termine essere esaurite , ne dovrà essere
fatto c«nno nei registri della curia (1).
Infine, quanto alla esecuzione della sentenza, risulta dallo Statuto che essa è affidata
ai castellani ed ai loro subalterni, i mistrali (2).
ZIII.
Kestando ancora nell'ordine dei giudizii civili, vogliono qui essere esaminati due pro-
cedimenti speciali, dei quali è pur cenno nello Statuto.
L'uno è ({uello che si riferisce agli istrumenti sigillati. La base di questo procedimentf),
(Ih- corrisponde esattamente a quello esecutivo in forza degli istrumenti muniti della clau-
solii di guarentigia, la quale era in quell'epoca in uso in Italia e fuori d'Italia, era stata
jiosta già iU(jlto tempo prima da Pietro II (3), e lo Statuto nostro lo ricorda espressa-
mente (<infi<iuiiiis st(iti(fnm fnrrit). Lo Statuto di Amedeo VI. pur mantenendo quella
st(^ssa base, tiacciando con precise disposizioni il corso della procedura che vuole essere
seguita in questo caso, fissandone i termini e stabilendo le norme relative alle parti ed ai
giudici, riesce a dare all'istituto come un nuovo aspetto.
Per gli Statuti di Pietro II era jìrcjscritto, che tutti gli istrumenti sigillati col sigillo
(lelbi (hiria del (Jimte di Savoia, dopo confronto colla abbreviatura, avessero la ste.ssa effi-
cacia clic la cosa giudicata . in maniera che potessero senz' altro mandai-si ad esecuzione ;
n(ni dovendo il giudice tener conto di alcuna eccezione che si muovesse dagli interessati, si;
non fosse tale clii' si potesse oppon-e anche ad una sentenza definitiva. Ora. con lo Statuto
(li Amedeo VI. questa disposizione è confei-niata (4). Acceunavasi parimente nello Statuto
anteriore alle eccezioni che hamio tratto alla validità dell'istrumento, a quella solutionis,
ed alla ))erent()rÌH in genere, a condizione però che fossero tali da potersi produrre anche
eontio la regiudicata. E queste pure sono opponibili, a tenore del nuovo Statuto, con ciò
solo che viem^ esphcitamente aggiunta la cxrrpfio quittatinnia (5), e quanto alle peren-
torie è tolta la condizione che sieno opponibili anche contro una sentenza definitiva ,
pel qual modo riusciva notevolmente allargato il campo delle eccezioni ammissibili contro
latto sigillato (ti).
(1) C. 8. Secondo la legislaziono giustinianea ogni causa, com'è noto, doveva terminarsi entro lo
.-ipazio di tre anni post litem contustatam. L. 13, 5 ', C. De mrf. 3, I.
(2) C. 50.
(3) V. , negli Statuti di questo Principe, art. 17, Rubr. De redditione eariarum et istrumentorum,
od art. 2 (1 art. ;uUl.) Rubr. De notnriis. Esempio di un atto sigillato nel Prot. 68, p. 49.
(4) La prima parte di questo capo può dar luogo a qualche difficoltà d'interpretazione. Io l'in-
tendo in questo senso: « Item, che come anticamente era stato stabilito, tutti gli istrumenti sigillati
fui da principio, ossia all'epoca della redazione (quibus actum fuerit qiiod sigillentur sigillis curiarum
Uomini nostri Sabaudie comitis, et per hoc sigillata) o sigillati più tardi, previa sempre la collazione
(vel etiam non acti si reperiantur concordare cum protocollo coUatione facta similiter sigillata) pos-
sano e debbano ecc. » .
(5) Era questa una di quelle che più frequentemente amraettevansi dalla legislazione statutaria
(V. Statuti di Pietro II, n. 70, 71).
(6) Anche nella tooiia la eccezione perentoria fu ritenuta tacitamente ammessa, pur quando ne tacesse
lo Statuto. Ant. Uk Can. Deexec. instrum. 15. «Ad verte tamen quod licet contra sententiain exceptio peren-
toria opponi non possit contra instrumenta opponi potest... Bald. ad 1. 2, C. Sent. rescindi non posse, 19...
« An poterit opponi exceptio peremptoria ? Respondeo; sic, quia quantum ad escludendum exceptionem
11!4 STATUTI DI AMEDEO VI
Ma in qual momento ed in qual forma tali eccezioni avevano a proporsi ? Qui sta
essenzialmente la differenza tra il primo Statuto ed il nuovo ; e qui si rivela eziandio la
piega che cotesta forma di processo stava ))er prendere.
In Savoia come altrove, il creditore munito dell'atto cui era assicurat a dalla legge
virtfi esecutiva, bastava che ricorresse al giudice, il quale immediatamente . riconosciuto
l'atto regolare nella sua forma estrinseca (ipso ostenso è detto nello Statuto di Pietro II) (1 ),
provvede perchè sia mandato ed esecuzione. Le eccezioni consentite dalle leggi possono
bensì mettersi in cam])o dal debitore ; ma solo dopo che il precetto di ))aganu'nto sia spic-
cato, e lino a questo punto ogni procedimento in contraddittorio è assolutamente escluso (2).
Perciò la domanda del creditore non riveste la forma di una citazione al debitore che
coiichiuda con un'istanza per la sua condanna; unicamente ituplorotiir officium iii-
diiis prò f.i('ci(t/onc facicnda (8). L'atto sigillato, come l'istrumento guarentigiato. pro-
curava la esecuzione parata ; in ciò risiede la sua particolarità ; perciò esso è ben più che
un titolo che apra la via ad un giudizio sommario nel senso proprio del vocabolo, o ad
una procedura accelerata.
Ma il rigore di questo principio era venuto sempre più mitigandosi: tra l'altre cause,
forse anche per (piesta. che la efficacia esecutiva si era estesa ad un numero molto mag-
giore di atti. A poco a poco nella dottrina come nella legge si fa strada il concetto, affatto
discordante dall'indole originaria dello istituto, che il creditore dovesse prima della ese-
cuzione far giudizialmente constare del proprio diiitto, dimostrando essere infondate le
eccezioni con cui il debitore pretendesse di impugnarlo. Di qui la necessità della cita-
zione (4) : di (jui l'origine di uno [speciale procedimento che deve naturalmente avere la
sua conclusione con una sentenza del giudice. Certo non è ancora perduto di vista del
tutto lo scopo a cui mira lo strumento guarentigiato, e però quel giudizio è retto da norme
singolari che tendono essenzialmente a renderlo breve quanto è possibile ; ma è chiaro
che l'indole del procedimento fondato su quel titolo è modificata, da semplicemente ese-
istiid instruiuentum non habet vira sententiae ». Del resto, la tendenza a crescere sempre più il nu-
mero lielle eccezioni opponibili contro l' istrumento guarentigiato , e nella teoria e nella legislazione
statutaria, andò fino al punto che non vi fu più quasi eccezione di cui il debitore non fosse "in facoltà
di valersi , purclu; non fosse allinris indaginis ( v. Brif.oleb , Ueber execiUorische Urhunden itnd
Executio-Process iStuttgart, 1845), p. 102) e bastò die potessero dibattersi e risolversi incontinenti.
Intorno al significato della quale espressione B>rt. ad L. 4 D. De re iud. 4 t ... si intra tantum tempus
possit expediri ista exceptio, intra quod ista executio espediretur , si nulla exceptio fuisset opposita,
dicitur fieri incontinenti. Ant. De Canario, De exec . instr. 19.
(1) Bald. ad. 1. 1, 0. Ne filius prò patre 9, « viso instruinento et citatione non praemissa ■> . Iìe.n. Di
Barzis, De puarentigia p. 1, quae. 8, ■> statini viso instruraento otiam non citata parte n.
(2) Tutt'al più, può il giudice nell'emanare il precetto riservare le eccezioni del debitore, da farai
valere nel termine stabilito dalla legge. Q. De Suzaria, Tract. de guar. instr. 47 «... Postea index
in exequendo praeceptum guarentigiao praecepit dicto Arrigo quod deberet dare florenos auri
illinc ad diem, reservatis sibi olim exceptionibus, si quas vellet opponere » .
(3) DuRANT., Spec. 11, III, De execut. seni., 5 ">, n. 1, « si vult executionem potere, petat hoc
iudicis officio et sine libello..." Cynus ad 1. 13. C. famil. hercis.u... per quemcumque modum 6mis8a
confessione habet locum officium iudicis, quod paratam habet executionem n. Cì. De Suzarpa 21 u ...conti-
notur in Statuto quod de instrumentis continuntìbus guarentigiam dobeat sine libello cognosci. 32...
qui habot iuiii certa numquid sino libello mandat sententiam exequutionì .' et videtur quod sic ».
Brieoleb, Exec. Urk. pag. 108.
(4) Bart. in L. 15, Jj 2. D. De re iud a quaero . . . autequam iudex praecipiat executionem fieri
an dubeat pars citari? Dicunt doctores nostri ijuod dobct citiri pars et sibi terminus competena assi-
gnari ad ostendondum quare non debeat executìoni mandari ... k. Brucoleu, op. cit. p. 112, n. 7.
PER CESARE NANI 125.
cutivo si apparecchia a diventare niente altro che una nuova forma di quelle causac siim-
niurkic (1) proprie del diritto medioevale italiano.
E di questa trasformazione, che si è operata precisamente nei secoli XIV e X^'. rende
testimonianza anche il nostro Statuto. Infatti, esso vuole che quando alcuno intende di
procedere all'esecuzione in hase ad un atto sigillato, debba anzitutto citare il debitore con
invito di addurre ([uelle eccezioni che creda competergli contro il medesimo. Se il debitore
presentandosi non ne accampa nessuna, allora il giudice ordinerà che si passi immediata-
mente alla esecuzione. Se non si presenta, sarà citato una seconda volta, e mantenendosi
anche questa volta contumace, la sua contumacia equivarrà alla confessione della mancanza
di ogni eccezione. Che se in conseguenza della prima o della seconda citazione, comparendo
(lavanti al (,'onsiglio od al giudice ordinario , solleverà alcuna delle eccezioni indicate
dalla legge, gli si dovrà assegnare un termine sufficiente perchè la provi, regolando però
le cose in modo, che la causa non abbia a durare più di tre mesi. E se dalla sentenza
che sarà in seguito emanata egb" vorrà ricorrere per via di appeUo o di supplica, il giu-
dizio in questa imova istanza non dovi'à mai durare pifi di due mesi. A garantire la
osservanza di questi termini viene comminata al magistrato, per ogni giorno di ritardo,
la pena di 20 soldi forti (2).
Colla citazione adunque, per eft'etto di questa disposizione, si apre un vero giudizio,
che si distingue dagli altri ordinaiii f)ei- la maggiore brevità del tempo entro cui deve
essere condotto a fine, e così pui-e pei termini assegnati onde fare le prove , ma che come
(Igni altio giudizio mette capo ad una s(!nt<^nza. la quale può essere combattuta coi mezzi
oidinarii. A questo modo sono risolte alcune questioni a cui necessariamente doveva dai-
luogo il processo esecutivo, dopo che si era spogliato del suo antico carattere. Perocché,
offerto il campo al debitore di opporre un numero grande di eccezioni, domandavasi entro
(|u;d tempo dovianno (jueste discutersi? La dottrina cercava di risolvere la rpiestione distin-
guendo fra le vari(! specie di eccezioni ed assegnando a ciascuna un termine^ diverso entro
cui dovesse esaurii-si (3). Ammesso il contraddittorio fra creditore e debitore prima che
emanasse il precetto di pagamento, per guisa che il decreto del giudice veniva ad assumere
il carattere di una vera sentenza, sorgeva il dubbio, se contro quello potesse proporsi o no
l'appello. Né gli autori erano d'accordo nel risolverlo. Si era ritenuto da|)priiicipio che non
fosse neppiu- luogo a pailare d'appello in questo caso (4). Questa opinione così a.ssoluta
doveva, a misura che veniva alterandosi la natura del procedimento, per la forza stessa
dello cose via via modificarsi, ed anche qui si erano introdotte eccezioni e distinzioni (5).
(1) Per lo appunto Tartagno (Cous. Si') appellava sill'atla procedura executwa et summnria; ed il
f'oNTANO (Cons. 137) avvertiva: » nil . . . est instrumentum guarentigiae clausulam continere et con-
sequenter habere paratam executionem, nisi quod vigore eius competit exaetio sine strepita et figura
ìiidicii » .
(2) C. 27.
(3) V. A. De Canakio 19, "20.
(4) BoATERius Exp. ad C. IH De debit. et credit, [nei Coian\. aXV Aurora di Rol. F^assau.) Rubr. /n5<r.
solemne mutui duorum debitor. etc. ad. 4. « Imo dieas quod plus operatur illud preceptum quam sen-
t(!ntia, cum a sententia possit appellari, sed ab hoc praecepto non potest appellar! » .
(5) La sentenza più comune era elio si potesse appellare nel caso che l'esecutore avesse ecceduto
nella esecuzione. Roland. Summa 1, IX De appellat. <i ..nisi executor excedat modum in exequendo,
ut, quia ante tempus statutum exequetur, vel in maiori quantitate quara in sententi» contineatur ». Cyn.
in L. 5. C. quarum appetì, non ree. «... tuac para potuit appellare quia videtur moduni excedere exe- .
quendo». È da vedere con quanta sottigliezza la questione sia discussa da Ant. Uè Can., n. 83, 85, il
121^ STATUTI DI AMEDEO VI
Il nostro Statuto col lasciare all'arbitrio del giudice di stabilire un termine conp-uo
intro cui debbano dibattersi le ecxjezioni. e col permettere senza restrizione l'appello o hi
.-upiilica, ha tolto di inezzo ogni motivo di controversia in proposito, e dalle sue disposi-
zioni risulta nettamente delineata la nuova fase, non l'ultima certo, verso cui il proct'di-
iiiento esecutivo si era avviato. '
XIV.
lina seconda forma di procedimento straordinario è in esso regolata.
Chi violentemente sjioglia alcuno di cosa di cui questi è in possesso, quando lo spoglio
sia avvenuto apertamente, per modo che a tutti sia notoria la spogliazione, o quanto meno
afipaia notoria al magistrato, è obbligato a fame restituzione allo spogliato. Non si richiede
jierciò un vero e proprio dibattimento giudiziario, il quale abbia per fine una condanna ;
l)a.sta che lo spogliato ricon-a all'aiitorità del giudice, il quale d'ufficio dovrà provvedere
perchè le cose sieno rimesse nel j)ristino stato. Tale è il disposto dello St^atuto (1);
disjiosto che appare singolarmente notevole. La sua importanza spicca anzitutto se lo si
laiì'nmti con quanto prescrive sull'argomento lo Statuto di Pietio 11. Ivi il fatto dello
spoglio era ancora considerato sotto un punto di vista essenzialmente penale, come avve-
niva nel diritto germanico (2). e l'azione civile aveva l'apparenza quasi di un acces-
sorio (H). Invece nel pre.sente compare l'azione civile, svincolata intieramente dall'azione
penale. Ma neppure si potrebbe affemiare che la disposizione relativa a questo |)unto segni
un litorno puro e semplice al diritto romano. Perocché anche l'interdetto aviir ri coU'an-
ilaii' del tempo d'interdetto non serbò più altro che il nome (4), e diventò una vera azione
pHisonale. nascente dal delitto della spogliazione violenta del possesso, diretta alla restitu-
zione ed al risai'cimento dei danni (5). E stabilito il termine entro cui deve farsi valere;
precisato l'obbietto, gl'immobili; limitate le eccezioni con cui può essere contrastata. Oni
nulla di ciò si riscontra in quella disposizione. Il giudice interviene, certo dietro ric«»rso
dell'interessato, ma non interviene per decidere una lite, la quale non ha ragione di essere,
jioichè ninna citazione fu rivolta contro l'avversario, che per siffatta maniera rimane estraneo
alla procedura; interviene unicamente per ristabilire ex nfprio. mediante l'imperio che gli
spetta, lo stato di cose anteriore alla spogliazione. »
• |iiale coDchiude (n. 86) «... . norma est ab executiono .ippellari non posse quoad tìnem impelli^ndl
iieciitiononi seu meri oxecntionis procossum , sed quoad fìaem dovolvondi caiisam appellationis ad
>-iiperiorem tenet appelUtio etiam a mero executorn interposita >■ .
(1) C. 29.
(2) Federico li nelle suo leggi non abbandona intieramonte questo punto di vista, volendo, come
dice egli sfesso, prendere una via di mezzo fra il diritto longobardo ed il comune. Const. I, ?.t (Huillard-
Iìkehollks IV, 27) Statuentos ut si quis per violontiam ile>tituerit aliqueni rei immobili» poeses-
sdiem, possessione cum legitimis obvonlionibus omnibus (primitus) restituta violentuni vel univer-
Kalviii successoiem eius in niedietate estimationis rei in qua violentiara commisisse probatur, miilrtandum
osse censemus » .
(3) V. Gli Statai di Pietro II . i X.
(4) Bruns. , Dos heutigc ròtnische licchl (in Holt/.bndori'k.s Encyctopddie), p 383.
(5) Rruns., Dns Recht des Besiltes im MiUelaUcr und in der Gdgmtoarl (Tiibingen, 1848), p. Oi.
l'ER CESARE NANI 127
Neppure per altro lato potrebbe ritenersi che qui sia figurata la condictio ex canone.
l'azione di spoglio del diritto canonico, che si era venuta formando nel secolo XIII ed era
già nel secolo XIV in pieno vigore. Vero è che nella larghezza della formula di cui si
vale la legge nulla impedisce di suppon-e che non soltanto il proprietario, non soltanto il
possessore . ma eziandio il semplice detentore possa ricorrere al giudice e che anche
quando la cosa non sia più in mano dello spogliatore, ma ritenuta da un terzo, possa collo
stesso mezzo ottenersi la restituzione ; ne è assolutamente esclusa la ipotesi che i mobili
al pari degli immobili siano compresi nella sua dis|iosizioue. Ma non vuol essere dimenti-
cato che la romlìct/o rx atvime è pur sempre un'azione che è proposta in contraddittorio
dell'interessato e che dà luogo ad un processo sommario (1).
La disposizione inve.ce che stiamo esaminando si spiega a nostro avviso tenendo conto
di un nuovo concetto che in (juell'epoca appunto incominciava a manifestarsi nel diritto
canonico, in fatto di diritto possessorio. Indipendentemente dal giudizio possessorio, prima
ancora che esso si aprisse e mentre era hi corso, potevano darsi casi in cui fosse conveniente
che di propria autorità il giudice si infianunettesse nella controversia, dando i provvedimenti
che riputasse più opportuni iiitoino alla cosa il cui po.ssesso era contrastato. Ciò avveniva
specialnuuite. allorcliè fosse a temere che i contendenti adoperassero la forza per fai- valere
le loro pretese, anziché licurrere alle vie legali ed attendere l'esito di un regolare
giudizio (2).
Intanto il principio era posto. Di (jui doveva (liù tai'di svilupparsi il posaessorìuni
sunimariisshmmi. Nel nostro Statuto esso assume invece una forma speciale, e si esplica
come un ]3rovvpdimento dato nell'interesse deirordiiie pubblico offeso da un atto ingiusto,
onde possono derivare anche maggiori danni. Ma perché (jucl provvcdiinentn sìm attuato è
necessaria una condizione, cioè la notorietà del fatto dello spoglio.
Qui l'impronta del diritto canonico è evidente. La teoria del notorio non è sorta nel
diritto romano. Fu il diiitto gennanico che alla notorietx^ del fatto diede speciale impor-
tanza, riguardo al modo con cui il giudizio doveva svolgei-si. Ciò che era conosciuto dal
giudice, ciò che era a pubblica notizia non aveva d'uopo d'essere provato, quindi niuna
necessità di mettere in opera gli ordinari! mezzi di prova (3). E questa medesima idea dal
germanico fu • verosimilmente trasportata nel diritto canonico, e vi fu elaborata tanto che
ne risultò una teoria completa. Nei giudizi così civili che criminali diventò principio fonda-
mentale che il fatto notorio esimesse dall'obbligo della prova, perforala che il procedimento,
sotto questo rispetto, ebbe ad assumei'e una foi'uia speciale (4). Ma da (piali circostanze
{1; Bruns., T)as lierM etc; p. 231 ; Endemann, '.'ivilpr., p. 1U79.
(2) Il giudice interviene si ibi est timor armorum. La dottrina poi cei-cava «li giu.stifìcare questa
intromissione del magistrato, richiamandosi, in questo, come in altri casi in cui volevasi far passare
[)ei- antica una teoria prettamente nuova, ad una legge romana e precisamente alla L. 13, S 3 D. Da
usufructu 7, I. DuRANT. 11. De petit, et possessore § 1, u. 38; IV. De tib.concept., 5 9, u. 14. Io. Andr.
ad h. t. s. V. § I, in fine. Cons. in propos<ito Bruns., Das Recht etc, p. 230 segg. Wetzell, op.cit.,
|). 324. Fertile, Storia del Dir. italiano, IV. (Padova IS74), p. 183, u. 27.
(3) Ad es. Ratchis, e. 1 «... nisi qualiler iudei qui iudicaverit se rememoraverit ». V. Bethuann-
HoLLWEQ, op. cit., IV, 34. ZóeFL, DeiUsche Rechtsgeschichte (Braunschweig, 1872), 111, 348. Wetzell,
op. cit.. p. 181.
(4) Intorno ai delitti notorii v. Biener , Beilràge su der Geschichte des Inguisitions-Processes
(Leipzig, 1829^, p. 19 segg. 78. Intorno ai fatti notorii non costituenti reato v. Wetzell, op. cit.,
p. lai.
128 STATUTI DI AMEDEO VI
lisultava la notorietà? Su questo punto era ben lontana dall'essere concorde la dottrina (1),
ina ad ogni modo, questo può affermarsi come certo, che la notorietà esisteva se si trattava
di un fatto che tutti cimoscessero (2) o di cui constasse al giudice in modo certo, sia perchò
risultasse da sentenza o da confessione o da prova (3).
(ira. sono ap]iunto (jucsti i caratteri che secondo il nostro Statuto deve avere la spoglia-
zione consumatasi, percliè il giudice col suo decreto ordini la restituzione in pristino. Le
medesime espressioni che in questo argomento adoperano le fonti del diritto canonico sono
usate dal nostro Statuto. Laonde è da conchiudere che quanto esso prescrive in tale ma-
teria risulta da due concetti che si erano in queirepoca insinuati nella giurisjnudeiiza ;
l'uno che il giudice può in determinate occasioni interporsi d'ufficio fra i contendenti del
jiossesso: l'altro, che la notorietà del fatto, risultante da certe condizioni, autorizza una
procedura retta da norme singolari. E questi due concetti sono rimasti saldamente asso-
ciati nella giurisprudenza sabaudo-piemontese. Dagli Statuti di Amedeo Vili passarono
nelle RK. CO. del 1770 (4), e compaiono ancora nell'art. 447 del Cod. civ. Allertino, col
(}uale è regolata l'azione di reintegrazione. Per esso la notorietà del fatto è ancora un
requisito essenziale, ed al giudice è fatto obbligo di agire senza jprocesso p senza (ina-
zione. Lievemente modificato, quell'articolo fu inserito nel Codice civile italiano, e per
tal modo la sua disposizione è entrata a far parte del nostro attuale diritto (5).
XV.
Dei giudizi criminali non mancava qualche cenuo negli Statuti di Pietro II, anzi in
essi era il germe di un istituto che sorto quasi inavvertito nel diritto canonico doveva,
trasportato nel diritto secolare, rapidamente diffondersi ed estendere la sfera della sua
efficacia. Questo istituto è l'inquisizione.
(I) Vocab.iuris, v. Nolorium. « Materia notorii est adeo intricata, quod dicunt lo. de Libano et
Ant. de Butri, quod multi loquuntur de notorio, quid sit notoriuni ignorantcs " . . V. Riener, Ice. cit
Oross, op. cit., I, p. ^9. Enuemann, lìeweislehre, p. 96 segg.
f2) C. 8, X. De cohab. cìer.'i.'ì «....Si crinieu ita publicum est ut merito deboat .ippellari
notorium in eo casa nec teslis nee accusator est necessarius cura buiusmodi crinien nulla possit. tor-
giversatione celari ». C. 15, X. De purgai, 5, 34 " . . . Ciimen publicum. . . et notorium quod nullus infi-
ciationi locus penitus existebat , utpote cuius universae viciniae populus testis erat cum ai
orimen notorium existebat non erat illi iudioanda purgatio, sed in oum condemnationis senteatia pro-
inulganda ». Cons. in proposito MOnchen, op. cit., I, 105 segg.
(3) C. IO X. De cohab. cit. «... nisi peccatum sit notorium ppr sententiam, seu oonfessioneni factara
in iure aut per evidontiam rei, quae tergiversatione aliqua celari non possit ». C. 24, X. De V. S. 5, 40
« . . . offensam illam nos re-scribimus intelligere nianiTestam, quae vel per confessionem vel probationero
legitirae nota fuerit, aut evidentia rei, quae nulla possit tergiversatione celari ». V. in proposito fìaoss,
1, cit, p. 51.
(4) Lib. Ili, tit. XXlll, 22.
(5) Nel Cod. Albertino l'indole eccezionale del procedimento appariva anche piii chiaramente scol-
pita che non nell'italiano, come risulta dal confronto delle i-ehtive disposizioni. Cod. Alb., art. 447 :
" Tale reintegrazione dovrà ordinarsi dal giudico .nilla semplice notorietà del fatto sema processo e
senso dilatione. contro qualsivoglia persona, quand'anche fos.se il proprietario della cosa di cui si è
patito lo spoglio » . Coil. civ. it., art. 606. • La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice preniM^d la cita-
zione dell'altra parte sulla semplice notorietà dr.l fatto, senza dilniione e colla maggior celerità di prò-
ci-dura contro qualsivoglia pei-sona, fosse anche il proprietario delle cose di cui si è patito lo spoglio» ■
PER CESARE NANI 12!)
Pietro II l'ammise, ma solo quanto alle ingiurie reaU e verbali. Si era allora nell'e-
poca in cui incominciava ad introdursi nei giudizi non ecclesiastici linquisizione. Alla fine
del secolo XIII essa vi si era già solidamente radicata, e nel secolo susseguente tendeva
sempre più a diventare la forma ordinaria del processo criminale (1). Quindi si spiega
facilmente come il nostro Statuto non contenga disposizioni che non sieno relative a questa,
e ninna ve ne abbia in cui sia menzionata Vaccusatio, che pure dovea costituii'e in tempo
più antico, anche in Savoia, la regola generale. L'eccezione in breve volgere di tempo ha
soverchiato la regola.
Connettendo e riordinando insieme varii articoli sparsi qua e là nello Statuto di
Amedeo VI, ne risulta, per quanto la rozzezza della forma con cui essi sono concepiti o
gU errori dell'amanuense ne rendano talora piuttosto difficile l'interpretazione, abbastanza
cliiaro l'andamento del processo inquisitorio che usavasi allora nella Contèa di Savoia,
il quale corrisponde pressoché esattamente allo stadio in cui esso era entrato nella teoria
e nella pratica italiana di quell'epoca.
L'inquisizione (2) per tre vie può essere messa in moto ; cioè o per via di notorio o
di denuncia o per mero officio del giudice. Quest'ultimo èra in principio l'unico modo per
cui il processo inquisitorio poteva essere iniziato, mentre gli altri due davano origine a due
forme distinte di procedimento. Ma avvenne dappoi, quasi per la forza delle cose (3), che
per causa di notorio o di denuncia si procedesse in quella guisa stessa che solevasi per
l'inquisizione, la quale sempre più cresceva d'importanza, tanto che da ultimo non vi fu
più che una sola qualità di processo.
Partendo da questo concetto lo Statuto non fa differenza se il procedimento sia
incoatò in seguito a denuncia o di proprio impulso del giudice (4). Qualunque sia il modo
con cui esso è istituito sono sempre le medesime nonne che lo reggono.
Si incomincia adunque collo stadio informativo. La notizia del crimine può pervenire
al giudice per qualsivoglia mezzo. Non appare che fossero costituiti nelle terre della Contèa
(1) Già Alberto Gandino osservava, Lib. de mal. « hodie de iure civili iudices potestatum de
quolibet maleficio cognoscunt ex officio suo per inquisitionem ». E più tardi Battolo « de iure
municipali in quibusdam terris ex Statuto iudex indistincte potest per inquisitionem procedere ». Biener,
op. cit., p. 99.
(2) K appena necessario di avvertire che l'inquisizione del diritto ecclesiastico, e di qui comuni-
catasi al secolare, non è da confondere, come si ò fatto erroneamente troppo spesso, coli' in quisilio
hereticae praviiatis, e tanto meno colla inquisizione spagnuola, da cui si distingue su punti d'impor-
tanza capitale.
(3) Quanto al notorio, è agevole intendere come il suo concetto potesse compenetrarsi con quello
dell'inquisizione, chi ricordi che fu appunto per crimini notorii che i glossitori ritennero potersi re-
cedere dalle norme ordinario del processo e punire il colpevole, senza necessità che precedesse l'accusa.
Quanto alla denuncia, fu per effMo delle riforme introdotte riguardo alla medesima da Innocenzo III
che essa si accostò di tanto da confondersi quasi insieme colla inquisitio. Biener, op. cit., p. 60;
MiiNCHE.s, I, 3G3 segg. Varhha, Die Verlhei'ìigung in Strafsachen (Wien, 1879;, § 6lJ. Quindi loH. Faber
Comm. in Inst. De pubi. iiid. avverte rispetto al notorio : « haec via est una et eadera cum denuncia-
tione et inquisitione, nec video quare Canonistae fecerint raembrum per se ». Lo stesso avvertiva Bald.
Frac. Quaesl., circa inquisii. Qu. 5 e Ang. Db Gambil. Traci, de mal.. Rubr. haec est quaedam inquisii,
a. 12-18 e Rubr. nec non ad denunciai.
l4) C. 24 « sive per viam denunciationis vel inquisitionisex officio Curiae (iudices procedant) ».
C. 38 « onines inquisitiones sive fiant ad denunciationem, promotionera et instigationem, sive ex
mero officio... si quidem fiant ad denunciationem, seu suggestioneni , claniam vel querimoniam ali-
cuius. . . » C. 60, e sive ... ex officio Curiae sive ad denuntiationem vel suggestionem alicuius ».
Serie II. Tom. XXXIV. 17
ino STATUTI DI AMEDEO VI
di Savoia, come se n'era introdotto l'uso in Italia, pubblici ufficiali collo speciale incarico
di denunciare i reati che si commettevano entro i confini di un detcmiinato territorio (1).
Soltanto j)er una specie di reati, ossia pei danni inferii alle biade, prati, castagneti ed
altre cose ò fatto obbligo dallo Statuto di indicare chi ne sia stato l'autore, sotto pena
di rispondere del proprio (2).
L'istruzione del processo è condotta per mandato del giudice, probabilmente secondo
la diversa ([ualitil del reato, da un chierico della Curia opjìure da un commissario del Conte
o del Consiglio o d'altro giudice (3), collo scopo di raccogliere tutte le informazioni op-
portune. Il termine entro coi deve essere menata a termine è diverso, secondocbè il reo
si trovi in istato di arresto o no. Infatti nella seconda ipotesi esso è d'un mese dal giorno
della denunzia (4); nella prima invece è più breve, cioè di dieci giorni dal dì dell'ar-
resto (5).
Xell'istruire il processo però si tiene conto della circostanza, che il denunciaute abbia
manifestato l'intenzione di prender parte attiva al suo svolgimento, che si tratti in altri
termini di una inquisitio cum promovente o cum prosequente. Questa facoltà era stata
dal diritto canonico assicurata a chi avesse fatta la denuncia del crimine. L'Autorità pro-
cede, essa ha l'iniziativa in tutto l'andamento del processo, ma chi ha presentata la
denuncia ha diritto non solo di assistere, ma eziandio di cooperare per sua pai'te affinchè le
indagini dell'Autorità inquirente riescano al loro scopo fornendo la prova dei fatti in
questione (6). Ed appunto troviamo stabilito dallo Statuto che l'inquisitore prefigge al
denunciante il termine di un mese affinchè egli corrobori con prove la sua denuncia (7).
All'inquisitore che procede sono teimti i mistrali e gli altri iu)])iegati di prestare ob-
bedienza, assistendolo nella sua opera (8).
Dopo che si è chiuso lo stadio informativo ossia preparatorio del processo, se ne apre
un secondo in cui si ha da esaminare in contraddittorio col reo tutto il materiale raccolto
nel primo. Egli quindi deve essere presente e gli si debbono esporre i fatti intorno a cui
(1) Si appellavano consules , syndaci tocorum et villarum, minislrales, officiales ed anche antiarti
o parochiani.
(2j C. 2'! (I sive clerico illiua Curiae sive por commissarium Domini vel Consilii vel aliis
facti sint pi-ocessus ». C. 3><. « Clerici Curiarum vel etiaiii alii commissarii " cfr. C. 3.5. Dove il passo
€ . . . quilibet cloricus Curiae, vel in cuius officio fiat in()uisitio actae etiam specialis commissarius alìcuius
inquisiiionis • ò evidentemente corrotto per isbaglio del copista, e mi pare che possa ristabilirsi così
n . . . quilibet cloricus Curiae, vel in cuius officio fiat inquisitio, ac etiam specialis commissarius alicuius
inquisitionis ». Nello stosso C. « cloricus Curiae vel inquisitor alius ". Secondo lo Costituzioni sicule
l'inquiaiziono era fatta dal Giustiziere. Const. 1, 53.
{T: C. 62.
(41 C. 38.
(5) C. 35.
(0) Questa singolarità nel procedimento inquisitorio fu creata dai canonisti sul fondamento del
e. 19, X. De acc. 5, 1 «... quod si ad inquisilionem fieret procedendum praedictos vel alios quos ipsius
constiterit esse iniraicos nec ad prosequendum inquisilionem nec ad perhibendum testimonium centra
ipsum Episcopum ailiiiittatis >i. Una glossa cit. da Varoiu (op. cit., p. 81\ « In inquisitione non est
actor. Si tanieu iiliqni.s volit crimen probare admitt;itur, non ut advorsarius sed tamquam adiutor ad
inquisitiononi oxpedioiidam ». V, Bienkr, op. cit., 58, 60. (jross, op. cit., II, 118. Kournikr, £75. Presto
la stessa particolarità passò nella pratica dei tribunali laici. Già Durantk, III, I, De inquis., J) 3, n. 31,
trattava deU'mi^uisid'o aliquo promoventc.
(7) C. 38 ad fulciendum scu probandum suam donunciationem, suggestiouem vel clamam >.
(8) C. 38 in fine.
PKR CESARE NANI 131
l'inchiesta si è ag^rata ed i nomi e le deposizioni dei testi già interrogati. Questo è uno
dei principii fondamentali dell'inquisizione canonica (1), che si mantiene in vigore anche
nelle inquisizioni dei tribunali secolari (2). Secondo il nostro Statuto, quando il reo sia
stato lasciato in piena libertà fino a questo punto del processo (ed egli può ottenerla,
mediante cauzione), lo si cita a comparire davanti al tribunale (3). La citazione è
fatta in persona, se è possibile; se ciò non è possibile, alla casa dove il reo abitava
al tempo del commesso delitto, oppure per mezzo di pubblico banditore nel luogo
in cui quello fu perpetrato. Nella citazione infine sarà prefisso al reo un termine suffi-
ciente per comparire (4).
Ma non solamente il reo. anche la parte fiscale ha da intervenire in questo se-
condo stadio del processo.
Perciò gli atti sono dall'inquirente consegnati anzi tutto al Procuratore della giu-
dicatura, entro il termine di cinque giorni, dopo che la istruzione sia compiuta, perchè
gli esamini dentro uno stesso intervallo di tempo e li restituisca con quei supplementi od
aggiunte che reputi del caso (5). La sua funzione adunque si restringe a fornire nuovi
elementi al processo, egli non è ancora, come fu molto più tardi in Savoia ed in Italia,
l'accusatore pubblico.
In seguito, pure nel termine di cinque giorni, è ofiFerta copia degli atti all'inqui-
sito (G), il quale {)uò anche acquistarla pagando una somma determinata in base ad
una tariffa che è stanziata dallo Statuto stesso (7) e gli si assegna un intervallo di
tempo di trenta giorni per fare le sue difese (8). Tanto il procuratore del fisco, quanto
il chierico od il «tommissario, che non osservino i termini fissati dalla legge, sono puniti
colla multa di quattro soldii forti per ogni giorno di ritardo (9).
(1) 0. 24, X, De acc. 5, I. o Debet igìtur esse praesons is, centra quem facienda est inquisitio, nisi se
por contumaciam absentaverit , et expononda sunt ei illa capitala de quibus fueiit inquirondum ut
i'acultatem haboat defendendi se ipsum et non sDlura dicla sed etiam nomina ipsa testiiim sunt ei (ut
quid et a quo sit dictum appareal) publicanda, noe non excoptiones logitimae admittendae ; no per sup-
pressionein nominum infamandi, por exceptionum vero exclusionem deponendi falsura audacia prao-
beatur ». Ibid. e. l'6. Bonauuida Summa, 1'. Il, t. 3"), (Junliter iste cantra quem inquiritur se defendat
«... peto ante omnia edi et in scriptis dari capitula sive arficulos de quibus vultis procedere centra me
ad inquirenduni et me assoritis infamatum, ut possim me defendore, et tempus ad deliberandum peto ».
(2) C. ^\. Es. di cauzione di non allontanarsi in attesa di precesso, Prot. 409, f. ;'94; e nel prot. 101,
f. 101 (a. 1372) di cauzione prestata da un terzo per un detenuto nella Curia del Conte. Nello Statuto
di Rivalla ora esplicitamente stabilito, Rubr. Quod Dominus Ri p palle non capiat aliquem volens dare
fideiubxorem. • . . . quod Dominus Rippalte non possif noe doboat capoi'e aliquam persnnam de Rippalta
quo potuerit voi voluorit dare ydonoos fuleiubxores do parendi iuri coram eo secundum inquisitionem
tUctam ex officio suo nisi essst prò aliquo magno maleficio scilicet prò honiicidio vel furtu vel sinniles
capiantur homines ». Cfr. Statuti di Riva (Trento )8G(), 3 voi. e. 36.
(3) E preci.samonte a questo punto che nella pratica italiana di quell'epoca si citava il reo.
(4) 0. 33.
(5) C. ».
(6) E ciò che nella pratica italiana dicevasi la comunicazione al reo, della charta o libellus inqui-
sitionis.
(7) C.36.
(8) C. 35, 38. E da avvertire però, che, se non ò incorso qualche errore nella copia del nostro
Statuto, esisterebbe su questo punto una contraddizione fra i due capi. Infatti mentre il primo dice
« .... sibi terminum peremptorium triginta dierum et plus assignari prò suis defensionibus faciendis»
nel secondo invoco trovo « et terminum triginta diorum vel minus quem vellet inculpatus ad hoc
sibi assignare u.
(&) C.35 in fine.
J32 STATUTI DI AMEDEO VI
Ora, come si svolge la difesa dell'inquisito ? Anzi tutto occorre stabilire quali dei
fatti che risultassero dalle informazioni raccolte egli accetti per veri . e quali egli
contesti. Perciò è inteiTogato, dà le sue risposte affennando o negando secondo il
caso (1), e per tal modo prepara il terreno su cui dovrà aggirarsi la sua difesa. Sia che
impugni le circostanze di fatto che consterebbero a suo carico, sia che egli ne adduca
di nuove a sua difesa (2), è ammesso a dare le prove occorrenti. Quindi si oppongono
prove a prove, testimoni a difesa a testimoni d'accusa. Le forme rigorose che in materia
probatoria sono introdotte nel processo civile sono escluse dal processo criminale (3).
La separazione stessa fra il processo informativo ed il processo offensivo e difensivo
non è così assoluta, che nel dibattimento delle prove disegnandosi nuovi punti di fatto
non prima avvertiti, non possa riaprirsi l'istruzione per chiarirli mediante nuove prove.
È detto infatti nello Statuto che anche dopo la pubblicazione delle difese può il giudice
procedere ad un supplemento d'inquisizione (4). Similmente è indifferente che le depo-
sizioni dei testimonii seguano o precedano le risposte del reo (5). Non sono necessarie
ne la conclusione, ne la rinuncia (6), e l'invito a sentire la sentenza basta sia fatto per
mezzo di pubblico banditore, non richiedendosi veruna citazione od assegnazione speciale
al reo (7).
Questi sono i principii fondamentali secondo cui si regolava la inquisizione negli
Stati di Casa Savoia in quei tempi. Lo Statuto li accenna senza svolgerli, richiamandosi
alle pratiche seguite nei tribunali (specialmente nelle terre al di qua dai monti), dove
questa forma di processo aveva raggiunto oramai un grado notevole di sviluppo.
Dopo che decorso il termine per la difesa il processo inquisitorio è passato per tutte
le fasi prescritte, il giudizio deve necessariamente chiudersi colla sentenza. E questa è
(f) Brani dì uà interrogatorio penale nel Prot. 47, ff.73, 80.
(2) 1 napitula inquisitionis corrispondono esattamente, nella procedura canonica d'inquisizione, agli
arlicula ed aUe positiones della procedura civile. Su quelli unicamente ha da restringersi la prova, e. 21,
J ì, X, De accusai. 5, I. Gì. ibid. < si solummodo super illis » C 31, X, De simon. 5, 3, gì. ibid. . v. pro-
positis 0. DuRANT. Spec. lib. Ili, part. 1 De acquisii.'^ 3, n. 26.M0nchkn, I, 296, Fournier, p. 293.
(3) Intorno alle differenze fra la procedura penale e la civile v. Ano. Aret., De maleficiis , Rubr.
Qui index dictum processum publicavit.
(4) C 60" quod post publicationem defensionum fortificatio inquisitionis fieri possit ».
(5) C. 60 " De ordine responsionum et attestationum testium non arcetur sed valeat inqnisitio
et procedat sivo responsio sequatur attestationem te.->tiura sive procedat (praecedat) ».
(6) C. 60 < Quod renunciatio et conclusio necessaria nullatenus exigantur » . E noto come queste
fossero indispensabili nel processo civile : Damas. Summa de ord. iud. tit. 84. « Renunciatione facta alle-
gationum et testium iudex ex quo sufficienter instructus fuerit feret sententiam ditfinitivam » Ang. Aret.
De maleficiis. Rubr. Super quibus omnibus et singulis. > Licet in civilibus libellis necessaria sit
conclusio tamen in criminalibus in accusatione vel inquisitione non est necessaria conclusio ».
V. DuRANT, lib. II, part. II, De renunciatione et conclusione, § I. Nelle Costit. siculo Nov. ConstA, 40
(Huillahd-Rbéholles, vi, 6ii).
(7) C.60. "Sufficiat piiblica et praeconia notificatio assertnrum iudicum ad sententiam audiendam
licet non facta fuerit citatio et assignatio specialia " . La presenza della parte al momento in cui veniva
pronunciata la sentenza ritenevasi necessaria già dal diritto romano, L. 60. D. De re jud. 42. 1 . L. 3. 7. C.
Quomrido et quando iudex etc. 43, 7 e lo stesso principio vigeva nel dir. canonico e. 2. Clem. De sent.
et re iud. 2. 1 1 « Dicine sententia meruit quae a indice in absentem nec citatum legitime . . .
promulgata ? .. Damas. Summa, 84 est autem sententia ferenda praesentibus partibus, vel altera
parte absento per contumaciara post litem contestatam, alias non feretur Bru.sat. Pmxis Rubr.
de cnusae conclusione. Advocatua parlis, quae victoriam expectat curet, ut ante prolationem sen-
tentiao citetur adversarius ad sententiam audiendam , et fiat citatio cum additione peremptorii , alias
non valet sententia in absentem.
PER CESARE NANI 133
pronunciata dal giudice competente nelle assisie che tiene regolarmente, come si è veduto,
quattro volte all'anno: soltanto egli ha facoltà di differire la sua pronuncia infino alle
prossime assisie, allorquando la gravità del caso o qualche grave dubbio su qualche
punto di diritto lo richieda. Ogni ingiusto ritardo è punito colla multa di un fiorino
per giorno (1).
Onde provvedere a che ogni causa sia chiamata secondo il suo turno, è stabilito che
le inquisizioni sieno iscritte nei registri della Cmia, per modo che il giudice le trovi anno-
tate per ordine di data, e ciò a pena di sessanta soldi forti (2).
Ma se il reo trovasi in istato di arresto, allora non è punto necessario che si aspetti
l'epoca delle assisie. Nei dieci giorni successivi a quello in cui od il reo od in suo difetto
il denunciante o la parte fiscale ne abbiano fatta istanza, il giudice deve emanare la sen-
tenza, a meno che non ne sia impedito da qualche giusta causa, come sarebbe l'assenza
per servizio del Principe, l'infermità od altro gi-ave motivo. La pena del contravventore è
di cinque soldi forti, per ogni giorno che egli indugi indebitamente (3).
XVI.
Non sempre però contro il reo si procede in via criminale ed il processo incoato è
condotto fino alla sentenza. Tra le miserie che affliggevano la pratica penale di quell'epoca
era anche questa, che il delinquente poteva, sborsando una somma di danaro che pattuiva
col giudice, sfuggire alla condanna in cui altrimenti sarebbe incorso. In tutta Italia si era
diffusa questa trista consuetudine (4) ed anche Savoia ne era infestata (5). La legislazione
dei Principi sabaudi, se non intese a sradicarla affatto , provvide però a ridurla entro più
stretti confini. Il vecchio Statuto di Edoardo del 13 Maggio 1325, già prima menzionato,
fece divieto severo ai balii, ai giudici, ai castellani ed a qualunque altro ufficiale di fare.
0 personalmente o per mezzo d'altri, composizioni riguardo a delitti commessi. Chi trasgi-e-
disce l'ordine è punito con multa di dieci lire forti e la composizione è destituita di ogni
efficacia (G). Ben è vero che la facoltà, che era tolta per simil modo agli ufficiali, non si
intendeva negata al Conte.
Lo Statuto nostro però non rinnova il divieto . segno manifesto che in pratica esso
non vi era stato osservato; non proibisce le composizioni o concordie, come esso le chiama,
ma le circonda di certe formalità, quanto al tempo ed modo e ne esclude assolutamente
certi crimini ritenuti di maggiore gravità (7).
(1) C. 24.
(2) C.39.
(3) C.25.
(4) V. Pertile, Storia del dir.it. IV {Padova, 1876), J 119.
(5) Basta scorrere i protocolli dei notai comitali e ducali per trovarne esempii abbastanza numerosi.
Vedasi ad es. Prot. 12. f.30 (a. 1355), prot. 101, ff. 15, 18, 19, 25, 28, 76, 81 (a. 1369). Ne accenna Cibrario,
Fin., p. 110, Econ.polAU, 182.
(6) Art. 1. Primo quod inhibeatur omnibus Bailyvis, iudicibus et castellanis et omnibus aliis ofiS-
cialibus ne ipsi aliquas compositiones super escessibus qualescumque sint faciant per se vel per alium,
quod si fecerint compositio nuUius sit momenti, et nichilominus ille qui compositionem fecerit pu-
niatur prò qualibet compositionem in decem libras fortes, sed super quibuscumque escessibus et requi-
sltionibus pronuntietur per iudicem prout fuerit rationis.
(7) Per contro le Costituzioni sicule permettevano ancora le transazioni fra accusato ed accusatore,
purché ciò avvenisse prima che fosse contestata la lite. Const. II, 16.
134 STATUTI ni AMEDEO VI
Quindi è ordinato che i castellani non possano pattuire concordie intorno a fatti
delittuosi se non durante le assisie e dopoché l'inquisizione sia compiuta e riferita nel
libro della Curia. In qualunque tempo poi, la concordia deve seguire alla presenza, oltreché
del castellano, del giudice, e del procuratore del fisco se si trova in quel luogo (1). Della
medesima, non che delle dichiarazioni che l'accompagnino, deve risultare da apposito regi-
stro da tenersi dai giudici per essere mostrato, al pari che quello delle condanne, ogni anno
ai rettori dei conti (2), ed il chierico della Curia dovrà di propria mano farne annotazione
nel registro dove fu inscritta l'inquisizione. Ma non è permesso a nessuno di transigere sopra
un crimine che abbia cagionato la morte (3) e neppm'e sopra reati di falso istrumento o
carta o scrittui-a, o di falsa testimonianza ; nel qual caso deve applicarsi il rigore del di-
ritto, ed al trasgressore è comminata la pena del quadruplo da pagarsi al fisco insieme
con quanto abbia ricevuto (4).
XVII.
Tali erano le nonne in cui, a mente del nostro Statuto, era costituita l'autorità giu-
diziaria e si amministrava la giustizia.
Ma a quella guisa che non tutta la giurisdizione emanava in quell'epoca dal Prin-
cipe, essa non apparteneva unicamente ai tribunali secolaii.
Accanto al foro civile si erigeva il foro ecclesiastico, e tra questi due è facile inten-
dere come dove.sse sorgere lotta di competenza.
Non è qui il luogo di esporre le cause molteplici e vaine onde originavano questi
conflitti. Certo è che la estensione che la giurisdizione ecclesiastica aveva preso li rendeva
pressoché inevitabili. Anch'essa era incominciata da tenui principii, sotto la forma di un
semplice arbitrato, ma si era venuta svolgendo nell'impero romano , e più tardi nell' im-
pero franco. Non solamente aveva affennato il suo predominio in modo assoluto rispetto ai
chierici, per forma che uessim altro tribunale traime l'ecclesiastico fosse competente a
decidere delle loro cause (5) , ma si era estesa eziandio (favorita in ciò dagli stessi
litiganti) dalle causae vere spirituales alle cause ecclesiasticae spiritualilms adnexae sivr
coniunctar . a quelle miserabilium personaruni, a quelle in cui il fatto di una delle
(1) C.47.
(2) C.26, 47.
(3) C. 47.
(4) C. 48. Temperamenti consimili, per lo stesso scopo difenderò meno frequenti e facili le compo-
sizioni, introducevansi pure qua e là in varii Stati d'Italia. V. Fertile, l.cit.pp. 4U5. 406.
(5) La massima era già stata proclamata dalla legislazione romana e fu più tardi confermata dalla
leg^sla/ione imperiale germanica. V. ?Jov. 1 1'3, e. ?1 e l' Authentica Slatuimiis, Cod. de episc. et ckr. (che ò
la ConstUxttio in Basilica beati Petri di Federico II a. f2?0, in M. G. L. II, 243). Tuttavia ciò non accadeva
senza contrasto, almeno per certe cause, per parte dell'autorità temporale. V. Richter, Lehrbuch des
/firc/ienrec/itó^Leipzig, I853Ì. § 192, n. )3, e Beline De^ anciennes iuridictions ecdcsiastiques (oeWa. Revxu-
étrangire et francaise di Felix, a. 1843, p 186 segg.). Naturalmente, quando l'attore fosse laico, ma il
convenuto ecclesiastico era competente il foro ecclesiastico, giusta la massima ac<orj«yMiVur/brum rei:
ma anche noi caso contrario talora rilenevasi competente lo .«fesso tribunale, c.ó. X, De foro co>np. 2. 2
a ... in plerisque parlibus aliter do consuetudine habeatur n. V. su questo punto Friedberg De finium
inter Ecclesiam et civilatem regundorum judicio quid Medii Aevi doctores et leges staluerinl { Lipsiae,
1801), p. n:j.
PER CESARE NANI 135
parti rivestisse l'aspetto di un peccato, ed interveniva pure qualora il giudice secolare
diniegasse o ritardasse la decisione (1). Quindi i limiti che naturalmente la separavano
dalla civile tendevano sempre più a scomparire, e si moltiplicavano per la confusione delle
due potestà i motivi di litigio (2). La lotta fu lunga ed aspra, specialmente sul punto, se
la causa tra due laici che per natma sua avi-ebbe appartenuto alla cognizione del foro
laico, potesse validamente, per consenso di ambedue le parti ed anche per volere di una
sola, sottrarsi alla giurisdizione laica per sottoporla alla ecclesiastica. Questa poteva invo-
care in suo favore una antica legge emanata da Costantino (3), che in verità era stata
bentosto abrogata (4) . ma la Chiesa non la riteneva pinva di ogni eflScacia, e più volte
fui'ono rinnovati i tentativi onde farla osservare (5).
L'autorità secolare vi si oppose (6). ed anche in Savoia non mancano esempi di con-
flitti suscitati per tale cagione (7). A farli cessare, il nostro Statuto in due capi di-
(1; V. RicHTER, op. 1. cit., IIiNSCHiis Geschìchle ti. Quellen des Kan. Rechls [in Holtzendorkks,
Encyclop.), p. MS. Wetzell, op. ci(., p. 338, Friedberg, Lehrb.des Kirchenrechts (Leipiig, )879) p. 169.
Id. De fin. etc, p. 110 segg. Fourmer, op. cit., p. 64 segg.
(2) Di qui trassero origine le disposi/.ioni che si leggono in più statuti municipali relative alla
giurisdizione laica ed ecclesiastica. V. Bethmann-Hollweg, op. cit., VI, 89. Sulle opinioni di Gino da
Pistoia intorno ai limiti fra la giurisdizione laica e l'ecclesiastica cons. Chiappelli, Vita e opere giu-
ridiche di Cino (Pistoia, 1881 \ p. 134 segg.
(3) « Quicumque itaque litem liabens sive possessor sive petitor erit, Inter initia litis vel decursis
temporunn curriculis, sive quura negotium peroratur,sive quum iam coeperit pronii sententia, iudicium
elegit sacrosanctae legis autistitis, etiamsi alia pars refragatur ad episcopum cum sermone litigantium
dirigatur »... (È la XVIIi Consl. Sirtnond. ed Haenel) É noto come la autenticità di questa costituzione
sia stata contestata da Gotofredo e da altri molti, ma essa fu dimostrata da Hànel. V. Puchta, Instit.
(Leipzig, 1871), p.337.
(■4) L. 9, C. De ep. aud. 1 , 4. Nov. Val. 34 pr.
(5) Essi risalgono nell'impero franco all'epoca in cui la Chiesa, fino allora legata allo .Stato, cercava
di svincolarsene. Nel coinraentario di Floro alla cit. costituzione di Costantino (in Maassen, Ein Com-
mentar des Florus von Li/on :u einigen der sogenannten Sirmond'schen. Constitutionen, \\'ien, 1879,
p. 26) si legge : '( Christianissimus iste imperator in publico litigantes, etiam si iudicialis iam sententia
proferatur, si una pars ad episcopum proclamaverit, continuo etiam nolente alia saeculares ad ecde-
siasticum iudicium dirigit. Noster vero praetorialis episcopus ecclesiasticos ad seculare examen ire
compellit. Apparet, quantum status ecclesiao dilap.sus sit, quando venerabilius sentit de honore ecclesiae
imperator nuper ex pagano conversus quam episcopus ab infantia ecclesiae lacte nutritus •■ . Ed in una
poesia dello stesso autore, del ceto ecclesiastico e del secolare si dice : « Semper distinctus duplex hic ordo
cucurrit-iudicibusque suis utraque parte viguit •> Nella collezione pseudo-isidoriana ripetevasi la legge
di Costantino attribuendola a Teodosio [li 366) ed il passo intiero con identiche parole era riportato
nel Decreto e. 37, C. XI, qu. I. « Volumus atque praecipimus ut omnes nostrae dictioni subiecti tam
Romani quam Franci , Alemanni, Bavari, Saxones, Turingi, Frisones, Galli, Burgundiones, Britones,
Longobardi, Guascones , Beneventani, Gothi , Hispani, ceterique omnes nobis subiecti, quocunque
videantur legis vinculo stricti vel consuetudinario connexi more, hanc sententiam quam ex soxtodecimo
Theodosii imperatoris libro capitulo videlicet uudecimo, ad interrogata Ablavii ducis, quum illis et
omnibus per scripturara misimus et Inter nostra capitula prò lege tenenda consultu omnium fideliuni
nostrorum, posuimus, lege cuncti perpetua teneant, id est; Quicumque litem habens, etc». — Ancora
Innocenzo HI (e. 13, X. De jud. 2, I) richiama la supposta legge di Teodosio che Carolvs innovavit
per inferirne la potestà del giudice ecclesiastico di conoscere almeno in determinati casi di cause che
concernessero un ecclesiastico ; sebbene osservi poco appresso « non humanae constitutioni sed divine
potius innitamur, quia potestas nostra non est ex homine sed ex Deo, etc. » .
(6) Le lotte che si dibatterono in Francia per questa causa da Filippo .\ugusto a Filippo di Valois
sono narrate distesamente da Fournier, op.cit., p. 94 segg. V. anche Friedberg, De fin.reg., p. 113.
(7) Nei Protocolli de' notai ducali (prot. 38, f. 49, a. 1341) si trova esempio di rimessione di un
giudiiabile dal giudice ecclesiastico all'ordinario. Il De Ville, Estat ou abregé delajuslice ecclesias-
tique et sécuUbre du paijs de Savoie (Chambéry, 1674), P. 1, liv. 1, chap. Vili, in epoca molto più vicina
a noi, tratteggiava i confini della giurisdizione ecclesiastica negli Stati di Savoia.
136 STATUTI DI AMEDEO VI
chiara altamente l'incompeteiiza del tribunale ecclesiastico rispetto ai laici nei casi che non
siano assegnati alla sua giurisdizione (1). Perciò è prescritto che nessun laico tragga o
faccia citare o convenga un altro laico fuori della Curia del Conte per qualsiasi causa che
non appartenga alla giurisdizione ecclesiastica. Chi non obbedisce al divieto è punito con
multa di cento soldi forti, ed il citato o convenuto che non riveli il fatto al Consiglio od
al giudice od al castellano fra dieci giorni dalla citazione o convenzione è punito della
stessa pena. Ma occoireva pure ovviare alle frodi con cui si sarebbe cercato di sfuggire
all'applicazione del divieto. La più freciuente doveva senza dubbio essere questa, che il
laico cedesse ad un chierico la sua obbligazione od azione, per modo che sopra la mede-
sima diventasse giudice competente l'autorità ecclesiastica. Severa assai è la disposizione
dello Statuto a questo riguardo. Il cedente perde la causa e l'azione e deve pagare cento
soldi forti jiel solo fatto che sia seguita la citazione avanti alla Curia ecclesiastica, e quegli
contro cui fu fatta la cessione, e citato non rivela, è multato della stessa somma.
Che queste prescrizioni abbiano raggiunto il loro scopo, non si può certo affermare,
dacché quasi cento anni dopo lo stesso divieto aveva bisogno di essere rinnovato (2).
XVIII.
Parecchi articoli dello Statuto, come si è visto, contengono minacce di pene a chi
contravvenga ad alcuna delle sue disposizioni ; ma è singolare come nessuna si riferisca
propriamente al diritto penale.
Neppure lo Statuto di Pietro II era ricco di disposizioni in questa parte (3). Il
diritto romano (4), e più ancora leggi e consuetudini locali fornivano le norme al giudice
quanto alla repressione dei reati.
(1) C.54, 55.
(2) Un editto del duca Lodovico del 16 febbraio 1462 (pubblicato da F. Saraceno nei Documenti
inediti del duca Lodovico, ecc. (Torino, 1876, p. 55) dopo avere lamentato ■■ quam plurimos in dominiis
nostris mediate et immediate subditis centra et preter statutorum nostronim et iuris comunis obser-
vanciam subditoa nostros, etiara et banneretorura fidelium nostrorum, sin>;ulari qiadam temeritate ad
eurias ecclesiasticas et alias alienas dietim trahero et inquietare atquo pretensia contumaciis ceterisque
modis satis exquisitis ac dolosis interdici excomraunicarique agravari reagravari et aliis variis terrendis
occlesiasticis censuris inuovari facere et obtinero iu causis etiani prophanis « prosegue» vobis (baillivis,
iudicibus, procuratoribus, castellanis, clericis curiarum et ceteris officiariis nostris mediatis et iiiime-
diatis) et vestrura cuilibet in solidum quantum ad eum spectaverit tenore presentium districte inhi-
bemus et sub pena nostre indignacionis vestrorumque privacionis oflìciorura et ulterius centum mar-
oharum argenti per quomlibet vestrum vice qualibet qua centra fecerii comictenda et nobis applicanda
ne occasionibus premissis in eosdem nostros et dictorura vassellorum nostrorum subdifos aut eorum
bona licteras . . . .compulsorias, et de mandato capiendi contra iuris et dictorura statutorum nostrorum
mentem a modo cuique concedere audeatis vel presumatis verum concessas per vos quascunque cum
inde sequutis universis revocetis Contra autem buiusmodi temerarios vexatores procedatis ad peuas
per ius comune et statuta nostra promulgatas advei-sus temerarios litigatores seu contra trabentea
subditos nostros vel nostrorum vassellorum ad eurias alienas , excusacionibus quantistibet pariter et
exceptioiiibus reiectis et non obstantìbus, et absque cuiusvis alierius expectacioiie mandati > .
(3) Tre soli reati esso contemplava, violenza ed ingiuria contro un privato, ingiuria verbale prof-
ferita in tribunale, e falso giuramento.
(1) Che esso fosse applicato come legge vigente in materia penale risulta dal Prot. ,4, f. 22 dov»
8i contiene una condanna in forza della legge lutia de vi. Che il diritto romano si studiasse in quel-
l'epoca in Savoia, risulta anche dal Prot. 32, f. 18, dove è menzionata la vendita di un Digesto fatta per
60 fiorini d'oro.
PER CESARE NANI 137
Vuol essere a questo proposito ricordato un antico Statuto , forse il primo Statuto
generale che abbia avuto vigore in Piemonte (1), promulgato il 19 ottobre 1318 da
Amedeo V e Filippo d'Acaia col consenso dei conti di Masino, di Mazze, di S. Martino,
e di Brosso (2j. contro i predoni di strada ed i loro favoreggiatori. In esso è minacciata
pena di morte, non meno agli autori della depredazione, che a quelli che vi prestano aiuto.
Ognuno degli intervenuti all'atto si obbliga di fare ogni suo potere per catturare i predoni
e punirli egli stesso, se la depredazione ebbe luogo sul territorio a se soggetto, o conse-
gnarli in mano del signore della teiTa dove quella è succeduta. Eisponsabili della depre-
dazione di cui non sia arrestato l'autore sono gli abitanti della villa più vicina al luogo
dove essa accadde, i quali per conseguenza debbono indennizzare il derubato del danno
e delle spese sofferte. Lo stesso obbligo incontra il signore che abbia dato ricetto ad un
predone. L'indennità deve essere pagata entro dieci giorni dal di della denunzia fattane
dal Vicario d'Ivrea o di Torino, o dal Balio di Val di Susa, i quali possono eziandio pro-
cedere armata mano contro quelli che si rifiutassero di osservare qualunque delle suddette
disposizioni. Oltre a ciò i signori ed i nobili sopra nominati dichiarano che presteranno
man forte al Conte di Savoia ed al Principe d'Acaia jjerchè lo Statuto abbia la sua ese-
cuzione. Però è soggiunto, clie non debbano essei'e trattati quali predoni i nobili canave-
sani che abbiano gueira privata fra di loro, quando alcuno di essi tolga ad un altro
qualche cosa dieci giorni dopo la diffida, purché ciò non avvenga sulle terre né del Conte
uè del Principe.
. Interessanti sono nel nostro Statuto le regole intomo al trattamento dei detenuti.
A quell'epoca, in Savoia, come in quasi tutta Itaha. Venezia forse sola eccettuata, le carceri
erano^ fonti di guadagno per chi ne aveva la custodia (3). Là esse erano tenute dai castel-
lani , i quali avevano l'obbligo di alimentare i prigioni e ne riscuotevano mercedi e
tasse (4). Appunto perciò era da temere che ne nascessero abusi, o per causa di detenzione
arl>itraria o per indebito rila-scio dei detenuti o per esagerate pretese rispetto alle spese
del mantenimento. Laonde Amedeo VI cerca di prevenirli, ordinando anzitutto, che ninno
possa e-ssere carcerato se non per ispeciale mandato del Conte o del Consiglio o di altro
giudice (5), e niuno parimente sia rimesso in libertà se non dietro autorizzazione data da
chi ebbe ad ordinare la cattura (G), con ciò però che spetti facoltà al Consiglio di ordinare
la scarcerazioni^ del deteiuito. anche quando quella siasi effettuata in seguito a mandato
(1) Per tale lo ritiene Cibrario, Origine e progressi, ecc. II, 89.
(2) Se ne hanno due edizioni. La prima procurata da Cibrario e D. Promis, Docu>nenti, sigilli e
monete appartenenti alla storia della nion. di Savoia (Torino, 1833, p. 258, tratta dall'originale nell'ar-
chivio della città d'Ivrea. La seconda da A. Burtolotti nella Miscel'anea di storia italiana t XII (Torino
1871) in appendice allo scritto Convensioni e statuti per l'estirpamento dei berrocieri e ladri del Mon-
ferrato, ecc. nei secoli XIII e XIV (p. 812) Si troverà ripubblicato in appendice.
(3) V. Ceccuetti, Delle leggi della repubblica Veneta sulte carcerUVenezia, 1866). Pertile, op. cit.,
V. p. 284 segg. Beltr.^ni-Scalia, Sul governo e sulla riforma delle carceri in Italia (Torino, 1868) spe-
cialmente p. 300 e segg. dove sono riferiti gli ordini di parecchi Comuni italiani circa al trattamento
dei detenuti.
(4) Nel Prot 102, f. 35 due detenuti danno cauzione al castellano di non uscire dalle camere loro
assegnate.
(Ti) C. 25 in fine, e. 51.
(6) Nei Protocolli dei notai ducali (Prot. 32, f. 137 a. 1358), si ha esempio di un ordine del Conte
di Savoia di rilasciare in libertà un carcerato.
Serie 11. Tom. XXXIV. . 18
138 STATUTI DI AMEDEO VI
di altro giudice. Responsabile dell 'adempimento di queste prescrizioni è il padrone anche
pel fatto del servo, e la pena è stabilita in dieci lire forti, oltre quella di diritto (1). K
poi tariffata la mercede, varia secondo la qualità delle persone, che il castellano ha diritto
di pretendere dai detenuti , ed è fatta facoltà a questi ultimi , qualora le vogliano , di
provvedersi a proprie spese il mantenimento (2). In questo ultimo caso il prigioniero non
ha da pagare che pel letto e pei mobili ; e la tassa è di due denari forti al giorno , se si
tratta di semplice agricoltore; di i|uattro,se di semplice borghese od agricoltore di
mediocre condizione; di otto od anche meno, se di nobili, avuto riguardo alla loro posi-
zione. Se invece il castellano s'incarica del mantenimento, gli si dovrà corrispondere dagli
agricoltori ed artigiani un denaro grosso al giorno; da borghesi e notai due; da nobili tre
o quattro, a seconda della loro qualità e dignità. Può sorgere controversia intomo a questo
punto, ed allora si dovrà stare a quanto verrà ordinato dal Consiglio o dal giudice nella
cui giudicatura si trovi il prigione.
Tasse speciali, fissate con gli stessi criterii, ha pur diritto il castellano di esigere dai
suoi carcerati (3). Ma se protende pi fi che non gli competa, dovrà restituire 1" indebita-
mente esatto e pagare per dippiù dieci fiorini per ogni volta al fiisco ; nel che si starà al
giuramento di chi ha pagato.
XIX.
Non sono che quattro gli articoli del nostro Statuto che riguardino il diritto civile,
e tutti quattro concernono la tutela e la cura. Non bastano per certo a dare un concetto
completo dell'istituto in quell'epoca; ma bastano a dimostrare come anche qui cercassero
di fondersi insieme idee romane e idee germaniche, trasformandosi nelle regole del diritto
modenio. La distinzione capitale che il diritto romano aveva introdotto fra la tutela e la
cura non appare più nello Statuto. È prevalso il concetto germanico che le accomuna sotto
un criterio più largo e comprensivo, quello della difesa dei deboli e bisognosi di soc-
corso (4), che già si era insinuato nella Glossa (5). Perciò ninna differenza nei modi con
cui tutela e cura vengono conferite ed esercitate. Con disposizione generale è statuito che
la tutela dei minori {(i) e la cura dei furiosi, prodighi, dementi ed assenti, e dei beni
(1) C.51 in fine.
(2) A Roma, il carceriere di coloro che stavano rincliiusi nello secrete non poteva esigerò ohe un
carlino al giorno per il pranzo ed un altro per la cena ; ma potendo accadere che taluni non pote>^sero
o non volesaero spendere tanto si lasciò loro libertà di stabilirò col carcei-iero ì patti che giudicassero
più convenienti. La diversità dello carceri poi influiva sul diverso diritto da pagarsi A Lucca invece
era la maggiore o la minore graviti^ del <lelìttu che determinava la tassa da pagarsi dal reo. Beltrami-
SCAl.U, op. I.cit.
(3) Qui non ò ben chiaro il concetto della legge, per qualche errore incoreo sicuramente nella
copia. Vi si dice infatti (e. 49 in fine) «prò ri/yresni vero castri capiant (castellani; ut infra, videlicet
ab agricola 2 den. fori, voi valorem, ab alììs vero non agricolis usqiio ad nobiles 4 den. fort-, a nobili
vero uuus den.grossus et prò regressu tantumdem a quolibet ultra». Come si vede, la tassa sarebbe
stabilita due volto prò regrcssu e quindi si avrebbe una ripetizione senza scopo. Ma forse è da leggere
prò ingressu la prima volta o prò eyressu la seconda.
(I) GKRMEn, System des dcutschen Privatrechls (Iena, 1878), p. 666.
(r) Ho3smnT, Doymen-Gi-schichle dcs Cicilrechls (Heidelberg, 1853), p. 299.
(6) Se qui sia indicata solo la tutela tfatica, o se debba intendersi compresa nella disposizione anche
la tutela legittima, non risulta.
PER CESARE NANI 139
loro, debba essere commessa unicamente dal Consiglio o dal giudice, esclusi il castellano
e qualsivoglia altro ufficiale (1). La pena della trasgressione è di cento soldi forti, oltre
la restituzione di quanto si sia ricevuto come prezzo della concessione (2).
Ed è pure frutto di idee germaniche la podestà che lo Statuto accorda ai parenti
prossimi ed anclie agli amici sopra alcuni atti per cui potrel)be soffrir detrimento l' inte-
resse del pupillo (8). Qui risiede il primo germe del consiglio di famiglia, clie sconosciuto
al diritto romano, appare nei Codici moderni. Per siffatta guisa è prescritto che i mobili
aj)partenenti al pupillo che non possano conservarsi debbano essere alienati (4) all' in-
canto dal tutore, in tre giorni di mercato, ed il prezzo sia rivolto a suo vantaggio, preso
poi-ò consiglio dai parenti , a meno che in modo diverso abbia disposto il testatore (5).
Derogando inoltre al diritto romano (6) , lo Statuto vuole che , finita la tutela e la cura,
debba il tutore ed il curatore rendere il conto e chiedere di essere liberato non al solo
pii])illo od amministrato, ma bensì in presenza del giudice e di quegli amici che il giudice
crederà, opjjortunn di convocai-e. La quitanza che non siasi ottenuta in questa conformità
è nulla; il tutore o curatore è punito del doppio in prò del fisco di ciò che sia por-
tato dalla quitanza : ed il notaio che l'abbia ricevuta pagherà venticinque lire forti
al Conte (7).
Poteva essere dubbio se. essendo la tutela e la cura poste sotto la sorveglianza del-
l'autorità giudiziaria, nel formare gì' inventarii alle medesime relativi occorresse valersi
dell'opera di alcuno dei scgrotarii del tribunale. Lo Statuto lo risolvo nel senso che possa
ricorrersi a qualunque notaio, a differenza degli inventarii compilati per ordine della Curia,
i quali non possono essere redatti che dai chierici alla medasima addetti (8).
XX.
Intorno ai notai, agli atti che essi ricevono, ed agli onorarii che possono percepire si
trovano nello Statuto parecchie dis]iosizioni. Risulta da esse che tre specie di notai erano
allora in Savoia. I notai del Conti! anzitutto, i fiecretorii domini, la cui più antica notizia
risalirebbe, a detta del Cibrario, all'anino 1191 (9); sono essi i notai di cui il Conte si vale
(1) Esempio di costituziono di curatore ad una pupilla fatta dal Cons. residente, Prot. 150, f I
8.1333); di tutore, Prot. 141, f. 8 (a. 1353). L'autorità ecclesiastica come protettrice delle miserabiUt
per.ionae attribuivasi talora il diritto di nominare tutori e curatori. In Francia nel secolo XIII vodonsi
sovnnto nominati tutori dagli ofliciali dopo aver preso l'avviso dai parenti, coetu.'i parentum. Fournieh,
p. 80.
(2) C.53. È noto come il dispensare la tutela fosse un mezzo di lucrare, onde si abusava in quel-
l'epoca. V. Pkrtilk, op. cit., II, 3."0.
(3) Cons. Kraut, Die Vormundschaft nach den Grundsdizen des deutschen liechts (183,5, p.77 segg.|.
(4) Cos\ stabiliva eziandio il diritto romano L.7, jj 1. D. De adm.et lìer.tut.lò, 7. Probabilmente
quanto agli altri mobili ed agli immobili restava in vigore il divieto assoluto di alienazione, a meno
di speciale autorizzazione, del diritto romano. V. Windscheid, Lehrb.der Pand.'^ 441 ; Arndts, Pand.
SS 456, 457.
(5) C. 50.
(6) L. 1 , § 3. D. De tut. et rat. distr. 27, 3. L. 9. C De arbitr. tut. 5, 51 .
(7) C.57.
(8) C. 52.
(9) Orig. e Progr., Il, ad annum 1191. V. anche Saraceno, op. cit., p. 7.
140 ^;TATVT1 DI AMEllKO VI
pei suoi affari particolari (1). Quindi ricevevano gli atti relativi al Principe ed alla sua
Corte (in IiospUio); benché possano, richiesti, prestare il loro ministero anche nell'inte-
resse dei privati (2). I loro minutarìi, dove si contengono gli atti riguardanti il Conte, deb-
bono a loro cura consegnarsi ogni anno al custode della croia di Ciamherì (3). Sono i
protocolli di questi notai , nei quali si trova memoria degli atti emanati dal Principe .
non solo d'interesse privato, ma eziandio d'interesse pubblico, che porgono preziosi sussidi!
anche allo storico del diritto.
Vengono in secondo luogo i notai addettf alle Curie (cìericì curianim), ai quali viene
affidato anche questo speciale uffizio di ricevere le note e gli istrumenti relativi ad alber-
gamenti, investiture, regichic e simili che riguardino l'interesse del Conte. Xessun altro
notaio, da questi all'infuori, può riceverli ; se alcuno contravvenga a quest'ordine è multato
per ogni volta di cinque tìoiTni a vantaggio del Conte, e l'atto è nullo (4).
"Dovevasi provvedere a che, in occasione di tali atti, non venisse a soffrir detrimento
il patrimonio del Conte. Perciò già gli Statuti di Pietro II avevano ordinato che tutti gli
atti relativi ad immobili sopra i quali il Principe avesse diritto di riscuotere qualche ca-
none od altro, dovessero essere inseriti dai notai in un registro speciale, e questi fossero
tenuti a farne di volta in volta dichiarazione al giudice od al balio od al castellano (5).
Il nostro Statuto vuole pure che degli atti della specie su menzionata sia tenuto un minu-
tario a parte, e che questo passi dal segretario che gli ha ricevuti, alla sua morte, al
segretario che gli succederà nell'uffizio. Per questo i)rivilegio di rogare tali atti i se-
gretarii della Curia dovranno pagare al Principe quanto già si soleva pagare dai loro
predecessori (G).
Infine trovansi menzionati i notai istituiti unicamente per gli affari dei privati (7).
e loro è proibito di ricevere gli atti nelle taverne sotto pena di nullità dell'atto , e di
multa di venticinque soldi forti (8).
È altamente manifestata l'intenzione del Principe che niun notaio nella Contèa di
Savoia sia ammesso a rogare atti, se non sia tale per autorità del Conte e non abbia giu-
rato nelle mani di esso o del giudice del distretto dove esercita le sue funzioni (9). Per
()) C. 42, 58, 60.
(2) C. S8.
(3) C. 64.
(4) C. 39.
(5) Art. 20. 4" È dettato collo stesso scopo il disposto del secondo articolo dello Statuto di Kdoardo
del 1325: n Item ordinatum est quod quicumque officialis domini, cuiuscuinque conditionis existat ius
domini celaverit vel aliquid recipiendo ius domini (minuerit) puniatur prò qualibet vice in viginti
quinquQ libris fortibus et nihiloniinus pen.i iuris puniatur secundum qualitateni delieti » .
(6) C. 37.
(7) C. 46.
(8) C. 44.
(!)) Di qual tenore sia questo giuramento non ò detto nello St.ituto. Ma è ovvio il supporre che
si tratti del giuramento di fedeltà che i notai hanno obbligo di prestare; onde nello Statuto d'Asti
(in DucANOE G/osior. m. etinf. lai. al vocab. Notnrius, e. 3"). >> luro ....quod non sum homo alicuius
Marchionis, vel vassallus, vel Comitis, vel Comitissae de Lombardia, exceptis comitibus de Lumello,
si fuerint notarii et Episcopi Astensis >. Una analoga disposizione si trova nelle Costituzioni sicule.
Const. 1, 79 « nuUus iudex vel notarius publicus, nisi sit de demanio et homo demanii, statuitur,
ita quod nulli sit survitìo vel conditioni subiectus, nec alicui alii personae ecclesiasticae vel sueculari ;
sed immediate nobis tantummodo teueatur » .
PER CESARE NANI 141
ben due volte in due distinti articoli (1). è ripetuto quest'ordine; ma fra questi è da no-
tare una contraddizione. Infatti in uno di essi (e. 34) è statuito, che gl'istrumenti
ricevuti dal notaio non giurato sieno colpiti di nullità ; nell'altro invece (e. 45) la validità
di tale atto è esplicitamente riconosciuta, ma viene inflitta una grave multa (100 soldi forti)
al notaio. Se non si ha da supporre qui qualche errore incorso dal copista, la contraddi-
zione non si potrebbe spiegare se non ritenendo essere le due disposizioni emanate in epoclie
diverse, o per paesi diversi.
Ad ogni modo, è notevole come, anche sotto questo aspetto, la monarchia cerchi di
esercitare essa sola quei poteri che piima altre autorità le contendevano o dividevano con
lei. Gli Statuti di Pietro II si limitano a dar norme pei notai che ricevono il loro ufficio
dal Principe : quelli di Amedeo VI non riconoscono che questi. Perciò a quelli nominati
dai conti di Lomello. forse pei- diritto discendente dall'antica carica di Conte palatino (2).
0 dalle numerose famiglie a cui gl'imperatori concedevano questa facoltà (3) negli Stati
della monarchia di Savoia, non restava che un titolo puramente onorifico, se non facevano
atto di sommissione al Principe.
Il modo con cui i notai procedono alla i-edazione degli atti non differisce gran che
da quello che consta essere stato anteriormente in vigore (4). Di ogni istrumento si stende
anzitutto la minuta (hi lirniatura) ; poi nel teimine di trenta giorni lo si ti-ascrive com-
pleto {incorporare ad plenum) nel registro o protocollo, d'onde si levano le copie in foima
pubblica (■)). Per la trascrizione delle note ricevute prima della data della pubblicazione
dello Statuto è accordato il temiine di due mesi. Ai segretarii del Conto però è concesso
un termine pifi lungo per procedervi , ossia di sei mesi tanto per le abbreviature redatte
prima, come jjer quelle redatte dopo che lo Statuto sia entrato in vigore. La pena del con-
travventore è però sempre . se non possa addune qualche legittimo motivo di scusa , di
quaranta soldi forti (6).
Allorquando un notaio venga a morire è prescritto che i suoi minutarii non possano
cedersi a chiunque perchè li venda; ma a chi, per essere notaio egli stesso o coadiutore (7).
possa levare copia degli istrumenti. Neppure possono consegnarsi a qualunque notaio, ma,
per quanto è possibile, solo ad alcuno che dimori nel luogo stesso dove aveva la sua resi-
denza il notaio defunto, o nel medesimo mandamento o per lo meno in luogo vicino. Il
figlio del notaio, purché idoneo, doveva venir preferito quando offriva una somma eguale
0 di poco inferiore a quella offerta da altri (8).
(1) C. 'M, 45. Un atto di nomina di un notaio si può vedere nel Frot. \W, f. 22 (a. 1400).
(2) Esempi di notai nominati dal conte di Lomello si incontrano nei Protocolli ducali. Cosi Prot. 6,
f. 13 (a. 1313), Prot. 31, f. 55.
(3) La concessione del diritto di nominare notai accordavasi dall' imperatore fin da tempo molto
antico. Carlo IV, a quanto pare, diede norme più precise a questo proposilo ordinando l'istituzione
di nuovi Conti palatini e quella del Conte del Palazzo Lateranense. V. Ficker, Forsch.W, n.264, 265.
(4) V. Statuto di Pietro II, Rubr. De notariis.
(5) C. 67.
(6) C. 42.
(7) Nei Protoc. de' notai ducali, Prot. 9, f. 64, vi è il testo di una patente con cui si autorizxa
un notaio a spedire atti di varii notai defunti.
(8) C. 43.
142 STATl'TI PI AMEDEO VI
XXI.
Fra le questioni a cui 1" interpretazione di un atto notarile poteva dar luogo, avve-
niva talora che si presentasse anche questa: come doveva intendersi l'espressione ecc. che
vi si trovasse adoperata ? Il dubbio realmente è sorto nella dottrina (1). e per certo Li
questione dovette agitarsi nella pratica, all'epoca della promulgazione dello Statuto; il
quale, avvisando agli inconvenienti che possono nascere, per la incertezza in cui si trovano
i notai che levano copie di atti rogati da notai defunti, intorno al senso che debbono dare
a quella espressione, dà in proposito una regola chiara ed esplicita. 0 nei minutari che essi
tengono in deposito si trovano altri istrumenti dello stesso tenore relativi a contratti
simili, ed allora dal confronto potranno traiTe un criterio sicuro d'interpretazione. 0
mancano tali atti con cui sia jiossibile il confronto, ed in questo caso bisognerà che
ricorrano al giudice da cui dipendono od al Consiglio residente a Ciamberi, il quale
indicherà loi-o che cosa debbano mettere al posto dell'espressione ecc. (^). Certo la
regola non sarebbe accettabile ora . uè si confarebbe al concetto che ora abbiamo del-
l'autorità giudiziaria : ma aveva in quel tempo il merito di prevenire molti litigi.
Provvede ancora lo Statuto a determinare gli onorarii che i notai possono per-
cepire per gli atti del loro ministero.
Quanto a quelli a cui non prendono parte che privati, la tariffa è stabilita in
base a diversi criterii. Perocché se si tratti di istrumenti di debito , di venditii , di
permuta, di donazione, di locazione e simili l' onorario è maggiore o minore secondo
l'entità del debito od il valore della cosa dedotta in convenzione.
Quando invece si tratti di testamenti, si ha riguardo od alla lunghezza dell'atto
od alla condizione economica del testatore. Perciò, dato che sia pari la lunghezza del-
l'atto, paga meno di tutti il nobile che abbia poche sostanze e più il borghese o notaio
o nobile facoltoso, ed una ta.ssa intermedia quegli che sia in istato di mediocre agia-
(f) Lo trovo infatti dibattuto in un vecchio trattato di arte notarile intitolato : Doctrinale florum
arlis nolarie sive formularium instrumentorum ad omnes materias, stampato a .Milano l'anno 1519,
di cui deve essere autore Stefano MarciUeti. In esso alla Rubr. D* dictione sive verbo etc quo notarii
sioe tabelUon^s in suis notis, prolhocollis et scripturis publicis saepius utuntur {{. 5) si avvertono i
notai di adoperare quella locuzione n tanturamodo in clausulis generalibus quae iuxta stillum cuiuslibet
iiotarii sine aliqua dubietate intelligi et estendi possunt.. . in cartis vero et instrumentis publicis nullo
modo nisi forte in ois aliqua alia scriptura inseretur que dictum etc. contineret». In altra successiva
poi, Rubr. Cui seu quibus possunt et debent notarii edere seu tradere publica inslrumenta er suis co-
gitalimibus sive notis et quedam alia capitula (f. 8) si legge: « Et tunc qualiter fit interpretatio sive decla-
ratio etc. Die aut ille qui recipit vult grossare et tunc aut vult interpretari centra naturam contractus
et non potest; talia euira que contra naturam contractus sunt non presumunt venire nisi probent
intervenisse; quia sermone sunt inquirendi .«ecundum naturam contractus. Aut vult interpretari se-
cundum naturam contractus, et tunc poterit; aut aliis vult grossare instrumentum ut quando qui
recipit notam raortuus est, et sui libri legati sunt tali vel alias in suis manibus venerunt; et tunc
si possit apparerò de aliis instrumentis in mundum reJactis sive extensis facta comparatiouo sui poterit
grossare sequendo stylum notarii mortui. Si autem eius modus vel stilus seu forma non appareat ,
hunc secundum modum suum est faciendum Seil certe raelius servatur de usu; scilicet quod alter
notarius predictura verbum etc. ponat in instruraento prout iacet in prothocoUo , et iudex in instru-
mento grossato partibus presentibua faciet interpretationem suam secundum modura predictum «.Come
ai vedo la soluzione qui suggerita è sostanzialmente la medesima che >> indicata dallo Statuto.
(2) C. 67.
PER CESARE NANI 143
tezza. Per le regichie è stabilita una tassa fissa in ragione dell'estensione dell'atto.
Siccome però l'applicazione di queste tariffe poteva facilmente dar luogo a controversie
fra il notaio e le parti, così è prescritto che in questo e nei casi simili debba starsi al-
l'arbitrato del giudice del luogo (1).
I segretarii del Conte invece non possono valersi di queste tariffe allorché roghino
istrumenti che riflettono il Principe. Viene loro raccomandato di non esigere tasse troppo
gravi, ed in caso che sorgano lagnanze a questo riguardo dovi-à decidere il Conte od
il suo cancelliere (2).
Quanto ai notai della Curia, già dallo Statuto di Edoardo era stabilito iu genere
per tutti gli atti che essi redigessero, che l'onorario dovesse essere fissato dal giudice a
suo arbitrio e nulla potessero pretendere di più. sotto pena della restituzione dell'in-
debitamente riscosso e del doppio (3). La qual disposizione è da credere si mantenesse
ancora in vigore.
XXII.
Anche intorno alle tasse che altri ufiiciali possano peicepire nell'esercizio delle loro
funzioni si diffonde lo Statuto. Non potrebbe qui avere grande interesse l'analizzare tutte
le disposizioni che si riferiscono a ((uesto argomento. Basterà quindi darne un cenno al-
quanto sommario.
Ai chierici del Consiglio era prefissa una tariffa per tutti gli atti a cui procedevano,
e questa medesima tariffa riducevasi alla metà, quando gli stessi atti si com])iessero da
chierici della Curia (4).
Quanto all'inquisizione, il chierico della Curia ed il commissario che per mandato
del Conte, del Consiglio o del Giudice vi proceda, non può nulla pretendere dal reo, ma
ha diritto ad essere pagato, nella misura stabilita dalla legge, per gli atti deiriii(]ui'^izione
che quegli voglia avere. Il commissario poi riceverà una indennità fissata dal Consiglio,
che gli sarà sborsata dal suo clavario. Tutte le altre spese sono pure anticipate dal da-
vano stesso; ma se l'inquisito è condannato, h tenuto a rifonderle al fisco; se assolto, e la
inquisizione fu aperta dietro denuncia, .sottosta a questo obbligo il denunciante. se invece fu
incominciata d'ufficio non vi ha luogo a risarcimento (ò).
Quanto alla cancellatura delle inquisizioni, i chierici della Curia ed i commissarii
inquisitori non possono pretendere emolumento, se della inquisizione fu acquistata copia
dall 'inquisito ; nel caso contrario solo quando l'inquisizione sia stata iniziata in seguito
a denuncia (6).
(1) n. -16.
(2) C. 58.
(3) Art. 3. « Item quod nuUus notarius Curie recipiat prò scripturis inquestarum vel aliÌB actis
uisi ad arbitrium iudiois, quod si coiitrariutn fecerit id totuni quod receperit restituat et in duplum
domino puniatur ».
(4) C. 59
(5) C. 36.
(6) C. 40.
144 STATUTI DI AMEDEO VI
Né quelli poi, né altro ufficiale qualunciue. possono pretendere alcunché per le cauzioni
prestate da coloro contro cui si procede inquisitoriamente, onde essere posti in libertà (1).
Per l'esecuzione dello sentenze, o per rimmissione in possesso, ed in genere per
l'adempimento degli incarichi loro affidati dal Consiglio o dal giudice, i castellani od i
inistrali hanno diritto ad una mercede, che è misurata sul valore della cosa contem-
])lata dal decreto del giudice (2). Parimente i servienti del Consiglio, a cui è commessa
l'esecuzione delle pene, l'esazione delle multe ed altri incarichi, percepiscono per ogni
giorno in cui abbiano atteso ad atti del loro ufficio una indennità diversa, secondochè
siano nobili o borghesi, e (|uesta viene pagata, secondo i casi, o dal fisco o dalla parte
instante, o dalla parte contro cui si agisce (3).
Componendosi un reato, nei casi permessi dalla legge, varie sono le pei-sone che.
oltre al fisco, si dividono la somma sborsata dal reo. Il castellano ne prende la quarta
parte, e dei tre (juarti rimanenti il giudice ed il procuratore il nono, nella misui-a di
due parti pel giudice ed una pel procuratore del fisco (4).
Finalmente in favore dei chierici addetti al servizio dei maestri dei conti è sta-
bilita una tassa per ogni originale o copia che spediscano (5).
(1) (\ 41.
(2) C. 50.
(3) n. 20.
(4) C. 47. Lo Statuto di Edoardo quanto ai l)anni, art. 7 : « Item ordinatum est quod castellani
percipiant in banuis duos solidos monete de qua facta fuerit condempnatio prò qualibet libra con-
dempnationis >.
(5) C. 6ó.
PER CESARE NANI 1^^
DOCUMENTI
Ordinamcnta et Provisiones facto et facte per Amedeum Comitem Sabaudie
et Philippum de Sahaudia Principe/m Acìwye anno MCCCXVIIL
Archiv'io centrale di Stato, Provincia d'Ivrea, Mazzo 1", n.6.
Anuo domiiiice luitiuitatis millesimo cccxviii , inditione prima , die xviiii mensis
octubris ili Yporcgia, in domo habitatiouis domini Jacometi de Solerlo, presentibus testi-
bus dominis Ebaio de Zalaut, Hugone de Carozeta, Antonio de Barge, Potrò de Berlanda
et Andrea de domino Andrea , ciuibus Yporegie et vtriusque iuris peritis , et Guil-
lelmoto de Douia clauario. Infrascripta suut urdiuumenta et prouixiones facta et facte
per illustrissimos et magnificos viros et dominos dominos Amedeum comitem Sabaudie
et in Italia marchiouem et Philipum de Sabaudia principem Achaye de consensu et
voluntate dominoruin comitum de Maxino, de Wazadio, de sancto Martino et de Brozio, et
iurata per ipsos dominos infrascriptos , scilicet dominos Petrum de Maxino, Vbertum de
Mazadio et Bartholiuum eius fratrcm, Martiuuin de Agladio, Odonum et Johannem de
Strambino, Martinum de saucto Martino et Guietum Cagnam de Brozio : Primo, quod nullus
derobet ucl det cousilium auxilium uel receptationem uec etiain mauum ut derobatio
fiat. Iteiu quod omnes derobatores furchis suspendantur et consencientes derobatori.
Item quod omnes bona fide faciaut eoruin posse capiendi derobatores ut ipsos puniautur
ut supra, si in dominio capientis robaria facta fuerit, et si non, ut remittat punicndos per
illuni in cuius dominio robaria facta fuerit. Item est ordinatum quod si robaria facta
fuerit, quod ablata cuni expensis emendentur restitueutur per homines trium villarum
magis propinquarum loco vbi robaria facta fuerit, nisi robatores capti fuerint et ut supra
puniti; quo casu homines ipsarum villarum ad emendam non teneantur sed sufSciat ipsos
malefattores ut supra fore punitos, nisi in quantum de facultatibus ipsius derobatoris uel
de rebus ablatis ipsa emenda liori possct. Item est ordinatum quod dominus qui deroba-
tores recipcrct uel contra premissa alio modo faceret predictam emendam facere teneatur.
Item est ordinatum quod predicte emende fiant infra x dics postquam hoc denuntiatum
fuerit ipsis viUis uel dominis ipsarum per vicarium yporegiensem uel taurinensem uel
bayliuum vallis Secuxic. Item quod si aliquis dominorum ipsorum locorum facere fieri
iioluerit, uel contra premissa uel aliquod premissorum fecerit, uel iuobediens in premissis
fuerit, quod predicti vicarius et baylliuus uel vuus ipsorum teneatur ire et procedere vi
armata contra inobedieutcm uel facientem contra premissa, et compellere ipsum ad pre-
missorum obseruationcm et emendam faciendam danipuaque passis ratione sue inobedientie
uel quia non obseruauerit premissa. Item quod omnes premissi domini et uobiles te-
neantur eorum posse et bona fide fortes facere predictos dominos Comitem et Principem
et predictos eorum olllciales et quemlibet ipsorum ad faciendam executioneiu de premissis.
Item derobatores non intelligantur uobiles de Canapitio, vnus capiendo de rebus alterius
quem diliìdasset, elapsis x diebus post diOìdacionem, cum quo haberet guerram, dum-
modo ipsa captio non tìeret in terra ipsorum dominorum Comitis et Principis uel alterius
ipsorum. Et de predictis preceptum est michi notarlo infrascripto fieri, et tradidi vnum et
plura publica iustrumeuta, dictauda et melioranda semel et pluries ad consilium vnius uel
plurium sapientum.
Serie II. Tom. XXXIV. 19
146 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI)
IL
Ordinamenta Comitis Eduardi de Sabaudia an. MCCCXXV.
Archivio centrale di Stato, ProlocoUo Reynaudi, n" 150, fol. 74.
Quedam Statata Sabaudie . Anno domini m" ccc" xx» quinto , xin' die mensis maii ,
ordiuatum estitit per Dominum, presentibus dorainis archiepiscopo tharantesiensi Aymone
de Sabaudia, abbate Altecombe, Aymaro de Intermontibus, et pluribus aliis de Consilio;
Oddone de Chandeya, priore Lemenci, Johanne IJertrandi, Egidio Richardi, Petro de Claro-
monte, Aymone de Serraualle, Aymone de Camera, Lauceloto de Chandeya, Petro Fran-
cisci, Anthonio de Claromonte, Johanne de Meyriaco , judice Mauriaune et Tharantasie.
Primo, quod inhibeatur omnibus bailliuis , judicibus et castellanis , et omnibus aliis
ofBcialibus ne ipsi aliquas compositioues super excessibus, qualescumque siut, faciant per
se vel per alium; quod si fecerint, compositio nullius sit momenti, et nichilominus ille
qui compositionem fecerit puniatur prò qualibet compositione in decem libris forcium;
sed super quibuscuniquc excessibus et inquisitionibus jìi-onuntietur per judicem prout fuerit
rationis.
Item ordinatnm est quod quicumque olìiciarius Domini, cujuscumque conditionis exi-
stat, jura Domini celauerit vel aliquid recipiendo jus Domini ceiauerit, puniatur prò qua-
libet vice in viginti quinque libris forcium, et nichilominus pena juris puniatur secundum
qualitatem delieti.
Item, quod nullus notarius Curie recipiat prò scripturis inquestarum vel aliis actis
Curie nisi ad arbitrium judicis : quod si contrarium fecerit , id totum quod receperit resti-
tuat et in duplum bannum Domino puniatur.
Item, quod quioumque ofSciarii Domini, qui nunc vel in posterum erunt, non reci-
piant aliquem hominum vel subditorum Domini in garda sua; et si receperint, ipsos incon-
tinenti liberent ab obligatione diete garde. Et ex nunc Dominus, statuendo, ipsas gardas
reuocat , cassat et annuUat. Et nichilominus precipit Dominus quod ab hiis qui predicta
fecerint vel facient recipiatur idonea cautio de cmendandis hiis que forefecerint in pre-
dictis gardis recipiendis.
Item ordinatum est quod castellani, mistrales , et alii officiales minores pareant et
obediant mandatis bailliuorum et judicum, simui vel diuisim. Quod nisi fecerint, puniantur
prò qualibet vice qua non paruerint in decem libris forcium Nobisdandis, nisi mandareut
excusationem quare mandata facere non deberent.
Item, quod castellani, mistrales, et ahi officiales inferiores exequantur mandata Domini;
quod nisi fecerint, puniantur prò quahbet vice in quindecim libris forcium Nobis dandis,
nisi mandarent excusationem vt supra.
Item ordinatum est quod castellani pcrcipiant in bannis duos solidos monete de qua
facta fuerit condempuatio, prò quahbet libra coudempnationis. Et cetera
PEK CESARE NANI 147
III.
Constitutio sire Ordinatio Consilii Ghambrriaci residentis, an. MCCCXXVIIII.
Archivio centrale di Stato, Materie giuridiche, Senato di Savoia, Mazzo 1, n. 1.
In nomine Domini amen. Anno eiusdem millesimo tercentesimo vigcsimo nono die
mercurii penultima mensis novembris, per modum qui sequitur ordinat dominus Aymo,
Comes Sabaudie. Consilium suum residens apud Camberiacura.
Primo quidem ordinat quod consiliari! ejus siut infrascripti , videlicet dominus frater
Jacobus de Broeut, prior de Lemencio, dominus Philippus de Provaiiis , legum professor
ejusque judex causarum appellatiouum, dominus Petrus de Muris, dominus Petrus Franch
Johannes Bonivardi , Antlionius de Claromoute, et dominus Humbertus de Castelleto.
Item ordinat quod tam in Consilio quam in causis appellationuni sit avocatus prò
jure dicti domini Comitis substinendo dominus Petrus de Muris jurisperitus, et procurator
dominus Bartholomeus Taberne de Reyvoria, jurisperitus.
Itera, quod dicti consiliarii simul quacunique die convcniant de mane in domo Fratrum
minorum in prima missa, uisi qui ex eis justam excusationem habebunt prò negotiis
ejusdem domini Comitis et subditorum siiorum occurrentibus debite expedit'iidis.
Item, quod dicti dominus Petrus de Muris et procurator etiam dictis loco et bora cum
dictis consiliariis conveuiant quando erunt vocati , et ulterius cum placebit eisdcm.
Item, quod expediciones faciendas per supradictos consiliarios debeat unus de infra-
scriptis notariis jurutis dicti domini Comitis scribere, hoc niodo videlicet quod subscribant
illi de consiliariis supradictis qui in expeditiones faciendas presentes eruut, et nomen
ejusdem notarii. Nomina quorum notariorum scu clericorura sunt hec : Viviandus Velleti,
Bomanetus Barberii, Humbertus Diderii dictus Aquabella , et Matheus Panicerie clericus
supradicti domini Philippi.
Item , quod predicti consiliarii , avocatus vel procurator , siugulariter vel in univer-
sum nihil omniuo possint ratione dicti consilii, avocationis vel procurationis , percipere
doni nisi res esculentas vel poculentas que diebus modicis verisimiliter possint consumi.
Item , quod expeditiones facicnde per consiliarios supradictos sigillentur sigillo
autheutico dicti Consilii, ordinato per dictum dominum Comitem ; quod sigillum portare
et de exitibus fìdelcm computum redderc debet dominus Philippus predictus.
Et observare hec omnia bona fide et prò posse in manibus dicti domini Comitis ad
sancta Dei evangclia juraverunt consiliarii , avocatus , procurator , et clerici seu notarii
superius nominati.
148 STATUTI DI AMEDEO TI (DOCUMENTI
IV.
Statutuni Aniede-i Comitis Sabaudie de reformatione Consihi residentés.
an. MCCCLV.
Archivio di Stato detto Camerale, Inv.° Savoja, ni, fol. 1.
Nos Amedeus comes Sabaudie uotum facimns vniuersis has nostras litteras inspe-
cturis, quod attenta frequenti et assidua multitudine causanim que ad nostram audionciam
deducuntur et quibus multipliciter occupamur, nostra propria neg-ocia non sine nostro magno
incomodo deserere nos frequenter opportet et alienis coraodis insudare. Eapropter in nostrum
Consiliura sarcinam huiusmodi transferre volentes, de cuius probitate et industria plenarie
coufidimus, ipsum nostrum Coiisilium, videlicct reiierendos in Christo patres dominos Johan-
nem Tharentasic archiepiscopum. Amedeum episcopuni maurianensem, Jacobum episcopum
yporiensem, Nicolaum episcopum augustensem, Rodiilphura abbatemsancti Michaelis clusini.
Guillelraum priorem bellicensera , compriorem prioratus conuentualis sancti Vrsi augu-
stensis, Guillelmum preceptorem sancti Anthonii Chamberiaci , et dominos Valcsium de
Balma, Johannem dominnm Ciimore. Flngonem dominuni Grandiraontmui. Johannem dnmi-
num sancti Amoris, Guillelraum de Balma, Humbertum dominum Chiuronis, Liidouicnm Re-
uoyre dominum Domaissini, Humbertum de Corgerone dominum de Meillona, Franciscum
dominum Seirate (?), Pctrum de Montegelato, Johannem Rauaisii legum doctorem dominum
sancti Maurici], Hugonem Bernardi juris vtriusque professorem, Guigonem Cachere, milites,
Johannem Nustrilis castellamim Gcbennarum, Girardum Descres legum doctorem, Guil-
lelmum de Castellione in legibus licenciatum, Robertum Pngini (?). Petrum de Monteme-
liori , Petrum de Ponte et Jacobum Morandi, jurisperitos, harum serie ordinamus et ipsis
tenore presencium committimus omnes et singulas causas tam ciuiles quam criminales,
cciam feudales, tam motas quam moucndas, cuiusciimque generis censeantur , tam prò
nobis quam centra nos, audiendas cognoscendas et fine debito terminandas, ac processus
et actus quoscunqne judiciales exerceudos ; ipsos tres vel duos ex ipsis in nostrum Con-
silium et prò nostra Curia sicut supra eligentes. Et quia frequenter contigit quamplures
de nostro Consilio in aliis nostris arduis negociis occupari . volnmus et mandamus, ne
propter huiusmodi occupatioues dictarum causarum et processuum cognitio et dccisio retar-
dentur, quod per tres aut duos ex ipsis nostris consiliariis ca<ise huiusmodi andiantur et
fine debito terminentur, sicut et quemadmodum omnes de Consilio, presentcs existentes ad
predicta, in locis quibus eis videbitur, infra tameu tcrram nostram nostri Sabaudie comi-
tatus, prenominati, aut duo vel tres ex ipsis, siue uobiscum resideant siue non, ad predicta
■vbicumque sint, infra tamen terram nostram et nostri Sabaudie comitatus, similem habeant
potestatem sicut si nobiscum continue residerent, et prò nostro nobisc.um residente Con-
silio vbilibet habeantur. Datum in Ponte Vele , die vicesima scptima mensis julii anno
domini millesimo ccc"" quinquagesimo quinto.
Per Dominum in Consilio
Rauaisins ■
PER CESARE NANI 1-49
Y.
Franchixie et Privilegia concesse et concessa Hominihus , Commiinitati , et Valli
Peruxie an. MCCCLX.
Archivio centrale di Stato, Protocotto de Mota, n. 68, foli. 17 v° et seq.
In primis, omnia et singula, omnes et singulas, capitula, statata, ordinamenta, privi-
legia, convenciones, bonas et legitimas consuetudines, libertates et immunitates dictis de
Peruxia et valle concessas et concessa, indultas et indulta per predecessores nostros in
dieta terra Pedemoncium, approbamus prò nobis etnostris pariter et confirmamus , si et
quatinus eis usi sunt et legitime ac rite processerunt. Itcm quod nulla persona de Peruxia
vel valle, vel ibi nunc habitans seu in posterum in ipso loco Peruxie ac valle, in
aliqua causa civili aut criminali , vel causa seu occasione alia quacumque.possiut aut de-
beant citari, cogi, duci, seu aliqualiter trahi vel confinari ad locum aliquem extra dictum
locum Peruxie, imo de ipsis fiat ius et iusticia ibidem secundum formam et servata forma
pactorum et convontionum atquc statutorum dicti loci, si tamen et prout fieri in premissis
extitit cousuetum. Item quod nulla persona de Peruxia vel valle, ibidem habitans nunc
vel in posterum , aliqua occasione vel causa possit detineri personaliter , vel ad castrum
Peruxie seu ad alium locum duci, dummodo possit secundum qualitatcm facti et quanti-
tates penarum (Japitulorum Peruxie et vallis, loquencium de delieto per eam comisso, de
iure puniendo, cauptionem ydoneam prestare; et ante omnia ipsam talem personam de-
beant officiales Curie Peruxie ducere ad domum ubi ius redditur in Peruxia et ibi eam
tenere quatuor horarum spacio, ut infra dictum tempus suos possit habere fideinssores ;
proditoribus , latronibus famosis, rebellionis, et aliis casibus quibus pena sanguis infertur
aut alias de scandalo teneretur, dumtaxat exceptatis. Item eisdem concedimus et largimus
quod nulla persona popularis et de plebe de Peruxia vel valle, aut ibi habitans nunc aut
in posterum, ad aliquos cxcrcitus vel cavalcatas nostri Comitis vel successorum nostrorum
ire vel mittere aut stare quomodolibet teneatur seu cogi possit aut debeat ultra montes;
citra vero montes Nos sequi debeant et teneantur, prout tamen predecessores nostros in
dieta terra Pedemontium sequi solebant , more solito , videlicet prout infra. Item quod
nulla persona de locis predictis teneatur aut debeat ire vel mittere aut alias stare in
exercitibus et cavalcatis nostris citra montes nisi per quadragiuta dies. casibus exceptis
quibus nos debellare vellemus et hoc veruni esset, et singulis aunis; quo predicta intelli-
gantur et intelligi volumus ad personas et de personis que ad exercitus nostros et ca-
valcatas de jure vel consuetudine ire tenentur. Item quod nos predictus Comes , successores
vero nostri aut heredes , castellanique vel alius quicumque officialis dicti loci Peruxie et
vallis eiusdem non possimus uec possint vel debeant mulctas seu penas imponere aliquas
aut indicere cuiquam persone de locis predictis vel districtu eiusdem, nisi secundum con-
suetudines legitimas predictorum vel secundum jus commune possit fieri et deberet, ser-
vatis tamen Capitulis dicti loci suis casibus prout supra. Item volumus. concedimus, remi-
timus.et largimur personis locorum predictorum et ibi habitantibus penas et inulctas tam
principalium debitorum quam criminum commissorum hactenus per ipsas personas in locis
predictis, exceptis prodicionis casibus, sicut et prout aliis communitatibus Pedemoncium
concessimus, remisimus, et largiti fuimus gratiose. Item quod nos Comes predictus, succes-
sores aut heredes nostri , non possimus nec nobis liceat aliquando alienationem facere
Inter vivos vel in ultima voluntate de locis predictis in quaracumque personam preter-
quam in personas de genere et progenie nostris de Sabaudia, laicus.
Datum Rippolis die xiii meusis aprilis, anno domini mccclx, indici, xiii.
150 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI)
VI.
Capitula , Statuta et Ordinampnta Amedei Comitis Sabaudie an. MCCCLXXIX.
Archivio di Stato detto Camerale, Inventario parziale Savoia, Voi. 1, n.8.
Priuceps illustris et magnificus doininus noster dominus Amedeus Comes Sabaudie,
Chablasii et Aug-ustae dux, et in Italia marchio, et princeps. Desiderio desideraiis utilitati
suorum subditoruiii salubriter providerc , veruni breve atque rectuai et immaculatum
inter ejus subditos (ieri facere :ic per longuni judiciorum tractuin dicti subiecti sumtibus
et laboribus pregravautur; volens etiani pauperibus et miserabilibus personis in eorum
cansis , sicut eis convenit, providere, ac immensam notariorum et clericorum Curiarum
pecimiaruni receptiouem prò suis scripturis, instrumentis et litteris moderare , judicum ,
castellanorum, et mistralium actus aliqualiter temperare ; debberatioue per lougum tempus
habita cum suis baronibus, railitibus, proceribus, et peritis, tam super predictis quam
aliis multis tendentibus ad boiium, utile et laudabile regimcu suo tempore totius Sabau-
die comitatus ; decrevit, statuii, et ordinavit ex ejus certa scieutia (-apitula que et
prout iuferius contineutur. Que Capitula seu Statuta vult et precepit iuviolabiliter custo
diri sicut legem in (torpore legis inclusam.
1.
Primo, quia sepe contingit hactenus, et in futurum contingere jìosset. pauperes et
miserabiles personas in judiciis interesse tam agendo quam defendeudo, que jura sua vel
agendo vel defendendo prosequi vel tueri non possent, obstante eorum paupertate, vult
|et] statuit prefatus dominus noster Sabaudie comos quod in villa Ohamberiaci resideat
unus jurista , qui erit in causis et aliis actibus persouarum paupurum advocatus ; cui
prefatus princeps dominus noster Sabaudie comes coustituet salarium certum per anuum.
2.
Item statuit quod ab inde in antea siut et resideant in suo Consilio Chamberiaci, cum
caucellario seu portante sigillum dicti Consilii,duo collaterales, ultra advocatum et prò-
curatorem fiscales, et in illis solis tribus, caucellario et duobus coUateralibus, resideant
et in eis incumbant potestas, onus et necessitas audiendi, coguoscendi causas, et dicendi
que corani ipso Consilio dcvolvuntur. Uno tameu eorum vel pluribus abscntibua, pre-
dieta resideant in prcsentibus vel presenti; et si quidem omues vel aliqui siut preseutes
et non esseut concordes, stetur majori parti eorum.
;{.
Item statuit quod si aliquis dictorum trium, Consilium facientcs, ante publicationem
horum Statutorum et ante onus hujusmodi per eos susceptum cognovisset de aliqua
causa virtute offìcii ordinarli quod habebantiir a Oomiuo, ad Consilium postea devoluta,
ejus cause cognitio et decisio ad alios tantum i)ertiiieant, ita quod ipso non deboat esse
presens in aliquibus circa dictam causam agitaudis nisi tamquam advocatus, si vellet, prò
sua sententia defendenda; et idem intelligatur in causis in quibus ante dictam publica-
tionem et oneris predicti receptiouem fuerunt advocati ; quas jirosequi valeant sicut ante.
4.
Itum quod dicti tres, cancellarius et collaterales, non possint nec debeant in aliqua
causa movenda in aliqua Curia temporali totius Sabaudie comitatus , durante eorum re-
gimine, patrocinium in litigando preljcrc palam voi occulte. Et ad hoc jurejurando so-
Icmnitor se astringcnt, et si contrafecerint , a Consilio cum ignominia sint remoti ; et si
contrafecerint, id quod acceperint inde restituant parti et quadruplum fisco solvant , lata
primo sententia centra eum prehabitis defeiisionibus, si facere voluerint.
5.
Item quod neutor dictorum trium cancellarli et coUateralium possint nec sibi liceat
l'KK CESARE NANI 151
ab iiliqua persona litigante corani Consilio, occasione litis, aliquid recipere preter escu-
lenta et poculenta ex jure licita, nec etiam ab aliqua persona comitatus Sabaudie pos-
sint nec debeant aliquam anuuam causa patrocinii pensionem habere vel recipere; et si
secus fecerit, a dicto Consilio moneatur, et receptum rostituat , et prò pena quadruplani
fisco prestet, lata primo sententia contra eum, prehabitis defensionibus, si faccre voluerit.
Preteritas auteni pensiones jam debitas possit recuperare et exigere sine pena. Et idem
in judicibus ordinariis et commissariis salariatis a Domino est statutum. Excepto dum-
taxat emolumento sigillorum [et] exceptis druUiis (1) quae fient Inter partes et de earum
voluntate, in eas concordando, et earum jura per viam amicabilem adjudicando.
().
Item quod predicti tres cancellarius et coilaterales non possint nec debeant aliquod
officium judicature preter quam dicti domini Coraitis habere vel exercere in toto Sabaudie
comitatu.
7.
Item quod nullus judex domini nostri Comitis possit aliquam judicaturam bannereti
exercere infra judicaturam quam habebit a domino nostro Sabaudie comite , nec aliquam
pensionem causa patrocinii recipiat ab aliquo qui sit de judicatura sua quod presens
Statutum ligabit. Judices nunc in officio judicature residentes fS) , postquam ipsi conscn-
serint buie Statuto, non ante, seu postquam presens Statutum fuerit publicatum.
8.
Item quod Consilium omnes suas causas cognoscere et terminare possit et debeat
simpliciter et de plano, sine strepitu et figura judicii, saltem infra annum computanduin
a tempore petitionis porrecte , non computandis feriis Nativitatis Domini et Pasche et
iis que indicentur prò mcssibus et vindemiis. Judices autcm ordinarii similiter cum
eadem qualitate tcrminent infra annum ; et judices appellationum infra diniidium annum
dictas causas appellationum cum eadem qualitate debeant terminare , nisi proptcr factum
Domini vel alia causa rationabili possent excusari ; que causa in libro Curiarum suarum
sit per clericum ipsiiis Curie registrata.
9.
Item quod nullus alius rcgulariter sedeat in banco Consilii preter dictos cancella-
rium et coilaterales et advocatum et procuratorem fiscales , exceptis prelatis Sabaudie
comitatus et cancellario Sabaudie generali et aliis de Consilio Domini.
10.
Item quod citationes tam a Consilio quam ab aliis judicibus possint [dirigi? ] omnibus
oftìciariis, vidclicet bailivis, castellanis et vice castellanis, mistralibus et submi.stralibus, et
aliis quibuscumquc a majoribus usque ad minorcs inclusive; et omnes et singuli quibus
dirigentur et fnerint presentate teneantur mandata exequi , videlicet superiores per se
vel per inferiorem, cui, presenti, verbo, vel absenti, per litteram, precipient et mandent:
non tamen anncxent eam litteris Consilii vel jndicis ; et nihil prò prccepto vel littera
sua recipiant: infcriores vero faciant prò .se, nullo super hoc superioris expectato mandato.
Et si contrafccerint in aliquo, prò qualibet vice solvant 20 solidos forcium et acceptum
restituant, et credatur juramento solventis aut litteram deferentis , qualitate jurantis
prospecta.
11.
Item ordinetur unus hostiarius in Consilio.
12.
Item quod prò executione citationis predicte, si fiat in villa vel suburbiis, in qua repc-
ritur executor, ita quod non opporteat eum extra ire, et sit una persona tantum citanda,
recipiat duos denarios fortium tantum; si vero sint plures, prò qualibet ultra primum recipiat
unum denarium fortem ; si vero propter hoc vadat extra suburbia, siquidem per Icutam vel
(I) Drutlia, b stesso che Druaylia, (v. Drouiltes, cho il Ducanqe definisce « munusculum
judicibus fere concessum, haud inultum absimile huic quod vulgo dicimuspoJ rfe rm •. Vedi l'estratto
di conto da lui riferito del 1330.
(l') Forse si ha da leggere: « de judicatura sua. Presens ist.atutum ligabit judices nunc in of-
ficio etc. :) .
152 STATITI DI AMEPKO VI (DOCUMENTI)
rninus, habeat prò una persona quatuor denarios fortium, et si sint plures, prò qualibet
ultra priinum unum denarium fortem; si vero ultra leutam disteni, habeant prò siugulis
leutis ultra primani cuiido duos denarios et obolum fortium ; et totidem redeundo prò una
persona; et prò siugulis ultra primum unum denarium fortem tantum. Et si plus reci-
piant.totum restituant parti, et quadruplum totius fisco. Et credatur juramento solventis,
qualitate prospecta ut supra.
Item quod executiones citatiouum referaiitur in scriptis per executorem, si sciat seri-
bere , ciim subscriptionc sui nomiuis et officii ; et si nesciat , faciat fieri per clericum Curie
vel per alium notarium , qui rcferat secuudum relationem ipsius exocutoris et se subscribat.
Et referat modum executionis, videlicet an in personam citati vel ad domum aut aliter
facta fucrit executio, et tempus quo facta est, et respousio quam citatus fecerit exequeuti.
Et prò ista scriptura executor , si sciat scribere, aut clericus Curie nihil recipiat; alius
vero notarius non clericus Curie recipiat unum denarium vieuneusem tantum. Et teneatur
quicumque clericus Curie et notarius, per executorem aut partem citationem procurantem
requisitus, subscriptionem seu relationem facere sub pena vigiutiquinque solidorum fortium
prò qualibet vice , et credatur juramento requirentis , ejus qualitate prospecta ut supra;
executorem etiam qui coutrafecerit in totidem prò singulis vicibus punieudo.
14.
Item quod Gonsilium omnes et siugulas personas immediate domino nostro Gomiti
subiectas, uudecumque vel ubicumque morentur, dum tamcn de contrario privilegium non
habeant a Domino, coram se possit evocare si res exegerit, puta magnitudo persone
citando vel cause, vel miserabilitas persone citari peteutis , vel alia mixta causa, ar-
bitrio Consilii despicienda , absque eo quod remissio fiat ad ordinarium , licet petatur.
15.
Item quod omnes et singuli domino nostro Corniti Sabaudie mediate vel immediate
subjecti , qui contraxerint vel quasi in villa Chamberiaci , possint coraui Consilio vel ju-
dice Sabaudie ratione solius contractus, esto quod (1) ibi se soluturum (?) non promiseriut,
conveniri , dum tanien solutio non i<it in alium certuni locum collata; et etiam ratione
contractus solius possint conveniri coram judice in cujus judicatura coutrax[erin]t , dum
tamen alibi se non promiseri[n]t soluturum (?).
Itì.
Item quod omnes citati coram Consilio vel aliis judicibus Domini prò causis civilibus ,
non comparentes juxta formam citationis, prò contumacia ultra partis interesse vel ex-
peusas puniantur ut infra ; videlicet agricultor seu affanator (2) quilibet manualis, exceptis
notariis, prò prima contumacia in quiiique solidis vieunensium, prò secunda in decem solidis
vienn., prò tertia in quindccim solidis vienu., et iu aliis sequeutibus semper duplicando
penam precedentem; nobilis vero non banneretus et burgeusis non affanator seu artifex
manuali», ac etiam notarius, prò prima in vigiutiquinque solidis vieunensium, prò secunda
in quinquaginta solid., prò tertia iu ceutum solid-, et sic de singulis duplicando; banne-
retus vero prò prima in decem libras, prò secunda ut supra, duplicando. Et hoc iu omuibus
mtelligenda sint , nisi alia major pena pecuniaria sit imposita iu citatione , que major
possit imponi prò qualitate cause aut prò modo contumacie precedentis. Pro causis vero
crirainalibus sit peua in duplum ejus quod in civilibus est predictum in singulis coutu-
maciis et persouis, arbitrio tamcn majoris imponende prò qualitate personarum et criminis ,
Consilio et judicibus reservato. Hec autem intelligantur si contumacie sint immediate con-
tinuate; si autem essent discontiuuate , tunc discontinua puniatur ut precedens in qua-
licumque causa. Castellani vero et clerici Ciiriarum penas super causis criminalibus
imponant prout sibi videbitur declarandum , postea per judicem vel Cousiiium, prout eis
videbitur expedire.
(1) Legga»! a otsi quoJ > od u otiam quod •>.
(2) " AfTdnator », operariii-s , gali. Manceuore, ab bispuaica voce Affanador , qui multo labore
operatur. Ducanou, in v.°.
* PEK CESARE NANI 153
17.
Item quod hujusmodi pene per Consilium et judicem sint et intelligantur ipso jure
imposite seu continuate et ex sola contumacia, esto quod in citatione imposite non
fuerint , ipso iure commisse.
18.
Item quod diete pene parti contumaci ad hoc citata , instante Procuratore Domini .
debeant integre declarari, nisi contumax excusaverit contumaciam suam per probationem
juste cause, per Consilium vel judices judicialiter approbate.
19.
Item quod omues pene et multe seu condemnationes pecuniarie, per Consilium vel
judicem declarate vel definite , redigantur in scriptis sub suis temporibus in libro per se
ad hoc tantum ordinato, vocato Libro mulctarum et condemnationum, qui semper sit in
bancho dum tenetur Consilium et in bancho judici.s dum tenebit suam sedem ; et ibi
signentur et caucellentur solventes manu clerici Consilii et clerici judicis , et illi detur
velut actis publicis et judicialibus piena fides.
20.
Item quod Consilium habeat duos vel tres servientes vel plures seu minores, gene-
rales , quos possit prò suo arbitrio facere vel mutare , qui de mandato Consilii , quando
expediet, faciant executiones peuarum, et mulctarum exactiones, vel aUa sibi commissa.
Et capiat quilibet singuhs diebus quibus ad ofKcium vacaverit, si sit eques , sex denarios
grossorum, si vero pedes tres denarios grossorum super parte ob cujus culpam, contu-
maciam vel defectum, certam et indubitatam, prò facto Domini ; si autem sine culpa de-
fectum vel contumaciam alterius (?) prò facto Domini laborent, capiant super Domino, et
petente defectum vel culpa refundat culposus ; si autem ad instantiam partis, tunc capiat
super parte instante, ita tamen quod prò modo et qualitate cause statim ei refundautur
vel in fine litis reserventur prout justitia suadebit.
21.
Item quod ordinetur unus clavarius Consilii , qui omnes mulctas et condemnationes
pecuniarias in Consilio (actas et illas que comittentur ex contemptu et non observantia
dictorum et infrascriptorum Statutorum exigat et exigi faciat per specialem executorem,
videlicet unum de dictis servientibus generalibus vel per alios Dominii ; et cancellarli
et alii officiarli locorum , quibus suberint condemnati, teneautur ad ejus mandata incon-
tinenti exigere et statim clamores mittere; quod si non feccrint, arbitrio Consilii sint mul-
ctandi. Clavarius autem super predictis exactionibus solvat sumptus et expensas prò
facto Domini in Consilio vel agendis coram eo necessariis, et salaria cancellarli et alio-
rum de Consilio et dictorum nunciorum et alia quecumque , ad et juxta mandata Con-
silii opportuna, que omnia in computo suo debeant alloquari. Et de receptis et libratis
teneatur clavarius reddere legitimam rationem. Et etiam ordinetur hostiarius prò dicto
Consilio.
22.
Item quod singuli judices ordinarli Domini assisias teneant in loco solito ad miuus
in anno quater, videlicet in quatuor temporibus veris, estatis , autumni , et hiemis , juxta
raajorem comoditatem temporis et locorum et subiectorum.
23.
Item quod omnes et singuli bannereti provideant sibi de judicibus ordinariis , sic
quod continue sit provisum; qui judices residentiam faciant infra terram bauneretorum
vel infra terram domini Comitis , et in loco residentie possint cognoscere de causis
civilibus usque ad senteutiam inclusive , et de criminalibus post coutestationem seu re-
sponsionem factam super inquisitionibus usque ad definitivam sententiam exclusive. Que
cause debeant terminari sicut in aliis judiciis inferius est provisum.
24.
Item quod singuli judices tam Domini quam alii, scilicet bannaretorum ordinarli .
teueantur, videlicet in singulis assisiis, omnes causas criminales , quarum tempus defen-
siouis lapsum fuerit in eundo vel in regressu, terminare definitive vel interlocutorie, sive
Serie II. Tom. XXXIV. 20
154 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI)
per viam denunciationis vel inquisitionis ex officio Curie procedant , et sive clerico illius
Curie sive per commissarium Domini vel Consilii vel alios facti sint processus, dum-
modo ratione criminis vel aliter foro suo subsint. Si tamen rei magnitudo vel magnum
dubium juris suaderet, possit ex tali juxta causa usque ad sequentes assisias differre , non
ultra. Quod si non fecerint, solvant prò qualibet die qua morosi fuerint unum florenum.
25.
Item quod singuli judices teneantur omnes causas criminales , ex quibus rei ,
quorum punitio ad eos spectat , capti persoualiter detiuebuntur, definitive vel interlocu-
torie, super questione habenda vel non, terminare vel decidere infra decem dies postquam
per captivum cui fuerit oblata copia aut ejus nomine fuerit postulatum ; vel si. lapso ad
defensiones faciendas dicto termino, captivus definiri non postulet, postquam per partem
adversam privatam vel etiam fiscalem, oblato sibi processu, fuerit postulatum; et hoc infra
judicaturas suas, carcerato presente, sive ex speciali mandato Domini vel consilii castel-
lani captivi detineantur ; et hoc sub pena quinque solidorum fortium prò quolibct die quo
morosus fuerit ultra dictum tempus. Qae intelligenda sunt nisi judex justa causa, vide-
licet absentie prò facto Domini, infirmitatis, vel alterius majoris simul, fuerit impeditus.
26.
Item quod singuli judices registra suarum concordiarum et suarum condemnationum
fiendarum in anno in singulis computis apportent rectoribus computorum, ponendo per-
sonas concordantes et condemnatas.
27.
Item quod , sicut antiquitus statutum fuerat , omnia instrumenta quibus actum fuerit
sigillentur sigillis Curiarum domini nostri Sabaudie comitis , et per hoc sigillata , vel
etiam non acto , si reperiantur concordare cum protocollo collatione facta, similiter
sigillata , possint et debeant sigillata executioni demaudari per modum infrascriptum :
videlicet quod fiat citatio debitori opposituro solutionem , quittationem , aut instrumeuti
falsitatem, vel aliam peremptoriam ; et si quidem debitor comparuerit et neutram causarum
predictarum vel aliam peremptoriam opposuerit precise , Consilium vel judex ordiuent
executionem fìendam ; si vero non comparuerit in prima dieta , citetur iterum ad idem ,
et si non compareat, tunc Consilium precise vel judex ordinet dictam executionem fien-
dam; si vero vel in prima vel secunda dieta comparuerit debitor et apportet alterata
ilictarum causarum , detur terminus congruus ad probandum , ita tamen quod hec causa
ultra tres menses non duret , et si ab hac causa principali contingerit appellare vel sup-
plicari, tunc infra duos menses a tempore appellationis dieta causa debeat terminari. Et
si quis predictorum , tam Consilii quam judicis, morosus fuerit in predictis , solvat prò
qualibet die et prò qualibet causa viginti solidos fortium.
28.
Item quod Consilium et judex possint et debeant , si expedierit , singulis advocatis
precipere consilium prestandum , et advocatis distribuere , et penam interdictiouis tem-
poralis vel aliam penam pecuniariam imponere ; quam incurrant si sine justa causa non
pareant arbitrio precipientis cause justitie decernende, et recusarent juramento affir-
mandum.
29.
Item quod ubicumque aliqua spoliatio fiet in comitatu Sabaudie , que iu loco ubi
facta fuerit erit notoria vel aliter Consilio vel judici notoria apparebit, ita quod non
possit aliqua tergi versatione celari, debeat statim sine aliquo processu ex mero oflScio fieri
restitutio spoliato.
30.
Item quod advocati causarum teneantur jurare de calumnia juxta forniam legis.
31.
Item quod lex manifeste fif. de Jiirej arandoci), scilicet quod juramentum delatum debeat
(1) Questa citazione, conio si ì; detto, si riferisce al J 38 Dig. De jureiurandv (t. XII, 21, così
concepito: « Manifestae turpitudinis et confeasionis est nolle nec jurare nec jusjurandum deferre » .
PER CESARE NANI 155
prestari vel referri , servetur in judiciis iater personas que coiitraxerint seu inierint
negotium de quo queritur , non inter successores universales vel singulares , nisi fiat de-
latio per successores alteri cujus persona gessisset negotium, non autem e contra.
32.
Item quod per solam comparitionem factam in judicio per principalem personam pro-
curator persone comparentis prius constitutus non intelligatur revocatus nec intelligi
debeat , quamquam principalis persona de hoc non faciat aliquam mentionem.
33.
Item quod quotiescumque aliquis inculpatus fuerit aliquod delictum fecisse, et talis
delinquens faciliter iuveuiri non possit et propter hoc opporteat quod citetur, responsurus
intitulatis contra ipsos, quod talis citatio fieri possit in ejus personam si reperiatur, vel
in domo quam talis delinquens habitabit tempore dehcti commissi , vel voce preconis in
loco in quo delictum fuerit factum , sub penis que superius sunt expresse vel majo-
ribus, prout qualitas delieti requirit et prout judici vel Consilio videbitur expedire ; et
talis citatio facta altero dictorum modorum proinde valebit ac si fuisset delinquenti tali
in eius propriam personam facta citatio. Ante predictam habeat intervallum competens a
tempore citationis, que fiet usque ad diem qua comparere volet ille qui citari mandabit.
34.
Item quod uuUus possit recipere aliqua instrumenta si non sit vel fuerit juratus domini
nostri Comitis, saltem in manibus judicis domini cui suberit vel ratione judicature vel
ratione resorti. Et instrumenta per notarium non juratum facta nuUius sint momenti.
35.
Item quod quilibet clericus Curie vel in cujus officio fiet inquisitio , acta etiam spe-
cialis commissionis alicujus inquisitionis fortasse centra aliquem personaliter captum ,
teneatur complevisse inquisitionem infra decem dies post captionem iuculpati , et infra
quinque dies sequentes iUam exiberc procuratori illius judicature, qui infra alios quinque
dies restituat clerico una cum supplemento et additionibus in papiro seorsum positis,
si quas presentaverit faciendis , et infra quinque dies sequentes clericus Curie vel in-
quisitor alius teneatur offerre copiam inculpato prò suis defensionibus faciendis , et ter-
minum triginta dierum vel minus , quem vellet inculpatus ad hoc , sibi assignare. Et si
clericus, commissarius, vel procurator ultra predictum tempus in aliquo morosus fuerit,
prò qualibet die quatuor solidorum fortium plectetur.
36.
Item quod clerici Curiarum et alii inquisitores quicumquc nihil recipiànt ab illis contra
quos facta fuit inquisitio, nisi tantum prò copia quando tradent ; et tunc prò siugulis pa-
ginis unius folli papiri parve forme , qui tameu habeat viginti tres lineas rei circa et
in qualibet linea decem vocabula , sex denarios fortium ; prò sumptibus vero vel labore
suo commissarii domini nostri Comitis , Consilii vel judicis , nihil ab inquisito recipiànt
sed a clavarie supradicto, qui sibi satisfaciat ad taxationem Consilii juxta quahtatem la-
boris et cause. Et si clericus vel inquisitor quivis (?) ultra quidquid receperit, omnia etiam
juste recepta restituat parti et quadruplum ini'crat fisco et credatur juramento solventis,
ejus qualitate pensata ; et siquidem inquisitus condemnetur, restituat expensas seu sumptus
per clavarium solutas ; si autem absolvatur , et inquisitio fiat ad denuntiationem partis ^
deuunciaus denunciato et clavarie per eos soluta reficiat; si vero ex officio Curie in-
(juisitio processerit , nuUus resarcet. Et omnis copia quae non annexabitur scribatur per
modum quaterui.
37.
Item quod clerici Curiarum tantum recipiànt omnes notas seu instrumenta deinceps
tìenda super albergamentis , investituris , Regichiis (1) , et laudibus ahorum contractuum
(1} o Regichium idem videtur quot rectUudo, tributum, pi-aestatio '.Così il Ducanue, che cita in
■'PPOffgio una Carta del 1368. Ma rosta a sapersi di qual natura fosso quella prestazione feudale.
156 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI)
tangentibas Dominum , et in papiro seu prothocoUo redigant in quo nulla alia instrumenta
ponantur nisi Dominum tangentia, et illa papirus seu prothocoUum semper transeaut ad
successores in clericatura predicta qui potestatem habeatC;'). Clericus qui recipiet instru-
menta predicta et clericus cujuslibet Curie solvat Domino id quod alii notarii sue cleri-
cature Domino dabant ante presens tempus ; qui notarii ab eo quod dabant ante quieti
sint. Omnis autem notarius aliter recipiens iustrumenta predicta prece clerici dictarum
Curiarum et recipiens (?) solvat Domino prò singulis vicibus viginti quinque florenos , et
nihilhominus talia instrumenta nullius sint valoris et momenti.
38.
Item quod clerici Curiarum , vel etiam alii commissarii ad inquirendum deputati, te-
neantur omnes inquisitiones, sive Oant ad denunciationem, promossionem et instigationem,
sive ex mero oflìcio, infra unum mensem a tempore denunciationis complevisse; et si quidem
fiant ad denunciationem seu suggestionem, clamam vel queremoniam alicuius, incontinenti
preiingant ei tempus dicti mensis ad fulciendum seu probandum suam denunciationem,
suggestionem vel clamam. Lapso autem predicto mense , infra quinque dies sequentes
teneautur offerre copiam iuquisitionis parti coutra quam facta est et tradere , si vult ,
sumptibus moderatis secundum taxassionem infrascriptam , et sibi terminum perentorium
triginta dierum et plus assiguare prò suis defensionibus faciendis. Et istis clericis et
iuquisitoribus pareant mistrales et officiarli Curie circa dependeutia in dicto officio, puta
in citando et similia ; et si familiaris seu mistralis dicto clerico non paruerit, solvat Do-
mino prò singulis vicibus viginti solidos fortium.
3!».
Item quod clerici Curiarum omnes inquisitiones debeant pouere in papiris Curie , non
in cedulis vel quaternis , ita quod judices omnes ipsas in libro scriptas reperiant secundum
prioritatem temporis ordinatas , et hoc sub pena prò quolibet et qualibet vice solidorum
sexaginta fortium.
40.
Item quod clerici Curiarum vel alii inquisitores quicumque nihil recipiant prò can-
cellaturis inquisitionum quarum copia capta est per partem inquisitam; et si secus fecerint,
acceptum restituant et quadruplum fisco, et credatur juramento solventis, ejus qualitate
jjcusata; prò hiis vero quarum copia non capta est, si quidem inquisitus est absolutus
et inquisitio sit ex officio Curie , nihil capiatur ; super denunciationes , videlicet prò primo
folio solo vel minus , duodecim denarios fortium, et prò secundo folio sex denarios fortium,
et ab inde supra prò quolibet duos denarios fortium; et si plus receperit, acceptum resti-
tuat et quadruplum fisco ipso jure; si autem inquisitus est condemnatas vel composuerit,
tantumdem ut supra recipiat super eo.
41.
Item , prò cautionibus prestandis per illos centra quos fient inquisitiones , nihil reci-
piant clerici Curiarum vel alii inquisitores , commissarii vel officiarli quivis ; et si secus
fecerint , restituant receptum et fisco quadruplum ipso jure.
42.
Item quod omnes notarii, exceptis secrctariis, teneantur omnia instrumenta que per
abbreviatiouem recipient infra triginta dies post receptionem in prothocollo incorporare ad
plenum, sic quod instrumentum levatum cum prothocollo concordet , ita quod non -sit in
cedulis nec solus supersutis (?), et hoc sub pena quadraginta solidorum fortium prò quo-
libet et qualibet vice; iiotas vero jam reccptas incorporent in suo prothocollo infra duos
meuses a tempore publicatiouis presentium Statutorum sub pena predicta .^Secretarli vero
habeant terminum dimidii anni prò dictis notis incorporandis et recipiendis in futurum, et
prò jam receptis habeant tantundem et pari pena qua supra dictum est puniantur , nisi
justa causa prò facto Domini vel aliter excusarentur.
43.
Item quod prothocoUa notariorum defunctorum non concedantur alieni vendituro vel
in alium translaturo , sed ei tantum qui propria mauu aut per proprium coadiutorem
PER CESARE NANI 1 5 (
instrumenta levabit et eis se subscribet ; nec concedantur alieni qui ea exportet extra
villam in qua morabatur notarius cujus fuerunt prothocolla, vel saltim extra manda-
mentum, si infra non esset aliquis notarius sufficiens; et si nec in mandamento sit aliquis
sufficiens , concedatur alieni in propinquiori loco residenti inter notarios , aut quibus Set
concessio talis preferatur defuncti notarli filius , si sit idoneus et tantum pretium seu
commodum dederit quantum alter notarius obtulerit effieaeiter se daturum , vel modicum
minus.
44.
Item quod aliquis notarius non recipiat aliqua instrumenta aliquorum contraetuum
in tabernis [alioquin] ; nuUius sint momenti , et notarius recipiens puniatur prò qualibet
vice in vigintiquinque solidos fortium.
45.
Item quod nullus notarius recipiat aliquod instrumentum seu in formam publicam
redigat in toto Sabaudie eomitatu nisi sit notarius auctoritate domini Comitis vel juratus
de Curia sua, sub pena prò qualibet vice centum solidorum fortium , valentibus tameu
instrumentis per notarium talem confectis.
46.
Item quod notarii de singulis instrumentis debitorum recipiant a creditoribùs ut
infra, videlicet: de instrumento continente decem floreuos et infra, capiant duos denarios
grossorum, et ab inde supra usque ad summam viginti florenorum capiant tres den. gross.
turonensium , vel infra et a viginti florenis supra usque ad centum florenos capiant ultra
dictos tres denarios grossorum quatuor den. fortium prò libra ; - item de instrumentis vendi-
tionum, quorum pretium erit decem florenorum et infra, capiantur tres den. gross., et ab inde
usque ad viginti floren., quatuor den. gross., et ab inde usque ad centum floren., quatuor
den. fortium prò libra, et ab inde supra prò qualibet libra duos den. fortium; - et idem
fiat de instrumentis permutationum, donationum, locationum. et similium, ratione et con-
sideratione ad valorem rerum permutatarum , donatarum et locatarum; - de testamentis
vero continentibus quartam partem unius pellis mutonine vel infra, si testator fuerit no-
bilis et parvarum facultatum , capiant quatuor den. gross. ; si testator fuerit burgensis
vel notarius vel nobilis majorum facultatum , capiant ceto den. gross. ; si vero testator
fuerit communium facultatum , et dictum testamentum contineat quartam partem diete
pellis vel infra, usque unum florenurn vel infra; si vero testamentum contineat dimidiam
pellem vel infra usque ad quartam diete pellis , capiant tertiam partem pluris quam
dictum est supra in tribus particulis supraseriptis; si vero testamentum continet unam
pellem vel infra usque ad medium diete pellis , capiant medietatem pluris ejus quod su-
prascriptum est; - de quolibet cursu regichiarum capiant sex den. grossorum, et fiant duo
cursus tales in qualibet pelle mutonina. Et si quid ultra capiant, solventi reddant et prò
qualibet vice Domino viginti solidos fortium solvaut. Si autem oriretur inter partes con-
tentio in et de predictis et aliis hic non expressis, recurrant ad judicem loci, cuius arbitrio
stetur.
47.
Item quod castellani non possint aliquam concordiam super crirainalibus facere vel
recipere nisi durantibus assisiis , et tune vel aliis temporibus judcx et castellanus simul ,
presente procuratore si sit in loco , et quilibet ipsorum registret concordias et declara-
tiones, et clericus Curie in papiro super inquisitionem propria manu notet. Nulla tamen
concordia per quemcumque fiet nisi prius inquisitio in libro Curie redacta fuerit. Nulla
etiam concordia fieri possit de crimine ex quo mors veniet inferrenda. Et super eoncordiis
castellanus recipiat quartam partem, et judex et procurator de aliis tribus partibus nonam
partem ; que nona pars dividatur in tres partes , quarum judex habeat duas partes et
procurator habeat tertiam partem prò suis expensis. Et quicumque, sive judex, sive pro-
curator, si ve castellanus, aliquid recipiant ultra quautitatem , palam vel occulte, totum
■iolventi reddant, et fisco solvant prò singulis vicibus et casibus centum florenos. De con-
demnatis vero recipiat castellanus duos solidos prò libra , sicut est consuetum.
48.
Item , quod specialiter cavetur , nulli officiano liceat super crimine falsi instrumenti
158 STATITI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI)
carte , scripture , testimouii falsi , aliquam concordiam accipere , sed puniatur secundum
rigorem juris, et concordia ipso jure sit nulla; et recipiens eam , si[ve] sit exacta vel non
exacta, quadruplum fisco solvat una cum exacto.
49.
Item quod castellani prò miallia (Ij captivorum ut infra recipiant: - videlicet si captivus
voluerit esse ad suas proprias expensas , nihil ab co prò miallia recipiat nisi prò lecto et
prò utensilibus suis, et hoc modo: scilicet prò simplici agricola duos denarios fortium in
die, prò mediocri homiue, sive agricola sive burgeiise mediocris status, quatuor den. for-
tium in die. prò nobili quolibet secundum ejus statum octo den. fortium in die et infra ,
secundum personarum qualitatem; - si vero voluerit esse ad expeusas castellani , tunc ab
agricolis et affanatoribus , esceptis notariis , capiatur prò quolibet et qualibet die uiius
denarius gross., a burgensibus vero et notariis prò quolibet et qualibet die duos den. gross.
prò omnibus , a nobilibus vero tres vel quatuor den. gross., secundum qualitatem et po-
testatem nobilis captivi. Si tamen .secundum qualitatem persone controversia oriretur ,
stetur ordinationi Consilii vel judicis in cuius judicatura talis esset captivus. Pro regressu
vero castri capiant ut infra : - videlicet ab agricola duos denarios fortium vel valorem ,
ab aliis vero non agricolis usque ad nobiles quatuor den. fort. , a nobili vero unus den.
gross.; et prò regressu tantumdem a quolibet ultra. Et si plus recipiat restituat, et decem
florenos singulis vicibus fisco ; et stetur juramento solventis ut supra.
50.
Item quod castellani seu mistrales prò executioae sententiarum seu mandatorum Con-
silii seu judicis , seu prò missione in possessionem , recipiant de viginti solidis grossorum et
infra, duos den. gross., et ab inde supra usque ad centum solidos, ultra primam libram, prò
qualibet libra quatuor den. gross., et ab inde supra prò qualibet Ifljra unum den. fort. Et
plus recipiens receptum et quadruplum fisco restituat. Et castellanus seu ejus locum tenens,
vel mistralis , seu alins quicumque officiarius non adimplens quantum poterit mandata
Consilii vel judicis, facta fide de presentatione et requesta per juramentum requirentis,
in viginti libris fortium puniatur prò qualibet vice.
51.
Item quod nuUus castellanus vel officiarius quicumque de majoribus audeat vel possit
aliquem captivum vel arrestatum de mandato Consilii vel alicujus. nisi de expresso man-
dato illius cujus mandato captus fuerit vel arrestatus, relaxare; hoc salvo quod ad man-
datum Consilii omnes debeant relaxari, cujuscumque judicis mandato siut capti. Et qui
contrafecerit, ultra penam juris solvat decem libras fortium prò quolibet et qualibet vice,
et culpa familiaris quantum ad penam pecuniariam imputetur magistro.
52.
Item quod inventaria tutorum et cnratorum et aliorum administratorum et heredum
recipiantur per quoscumque notarios , si volueriut illi qui inventaria facient ; inventaria
vero que fient ex officio Curiarum recipiantur tantum per clericos Curiarum. Et prò iis
recipiatur ut infra dicetur in taxassionem scripturarum.
53.
Item quod de regimine minorum, furiosorum , dementium, prodigorum vel absentium ,
seu honorum eorum , alteri committendo seu administrandi liceutiam dandi , castellani
vel alii officiarli preter judicein vel Consihum se uullatenus intromittant; et contrafaciens
solvat prò qualibet vice centum solidos fortium , et quod inde receperit restituat. Hoc
habeat locum citra raontes , ubi jure comuni utimur.
54.
Item quod nullus laicus trahat seu citari faciat vel conveniat aliquem extra Curiam
Domini prò causa ad ecclesiasticam Curiam non pertinente; et contrafaciens solvat Do-
(i; Miallia, Micallia, Mmiallya, dal (ra^aceae Mangeailles , chiamasi la spesa u prò incareeiati
homìnis victu et potu •• cfr. OucANaE in vocibus.
PER CESARE NANI 150
mino prò qualibet vice centum soliJos fortium, et tantundem solvat citatus vel convinctns
si non revelaverit Consilio vel judici suo vel castellano infra decem dies post actionem vel
conventionem.
55.
Item quod nuUus laicus possit facere aliquam cessionem alicujus debiti vel obliga-
tionis seu actionis alieni clerico , cujus occasione trahatur debitor ad Curiam ecclesia-
sticam. Et contrafaciens perdat causam et actionem et solvat centum solidos fortium prò
qualibet vice. Et pena hec comittatur statim post citationem coram ecclesiastica Curia
factam. Et ille contra quem facta fuerit cessio, citatus in ecclesiastica Curia, non revelans
solvat centum solidos fortium.
56.
Item quod bona pupillorum mobilia , que servando servari non poterunt , et que non
erunt necessaria pupillo , mortuo patre , subastentur ad incantum per tutorem , et suba-
stentur in tribus foris, et plus oflferenti dentur, et pretium convertatur ad utilitatem pu-
pillorum. In quibus omnibus parentum consilium reservetur. Et predicta fiant nisi testator
aliunde ordinasset.
57.
Item quod nuUus tutor possit recipere quittationem a pupillo, etiam adulto facto, nisi
talis quittatio fiat coram judice decretum interponente , vocatis iis amicis quos judex
viderit expedire , et quittatio nulla sit, et tutor recipiens talem quittationem puniatur in
duplum ejus quod reperitur quittatum, (et) pena fisco applicetur. Et idem intelligatur in
adulto durante cura. Notarius autem recipiens de hoc instrument(nm] solvat Domino prò
qualibet vice viginti quinque libras fortium.
.58.
Item quod Secretarli Domini de scripturis quibuscumque quas facient prò facto sui
officii in hospitio Domini tantum capiant moderate , sic quod Domino vel cancellano que-
remonia non fiat ; et si querela fiat , Dominos seu cancellarius Domini providebunt . In
aliis autem scripturis, quas dicti Secretarli facient extra et ultra suum officium , sequantur
ipsi Secretarli formam et modum Statutorum in aliis notariis superins et inferius ordi-
natorum.
59.
Item quod clerici Consilii capiant prò memoriali quolibet duodecim denarios fortium ,
prò citatione et commissione sex den. fort. ; prò quolibet cursu habente dimidium folium
octo den. fort. Clerici judicum capiant medietatem ejus quod in Consilio clerico est statutum
de memoriali et citationibus; de cursibus vero habentibus dimidium folium capiant de
quolibet sex den. fort.
60.
Item quod in causis inquisitionum omnium , sive factarum ex officio Curie . sive ad
denunciationem vel suggestionem alicujus , in Sabaudie comitatu , potissime citra montes
Cenisii , Montisjovis, et Columpne Jovis, stjius usitatus observetur , videlicet quod de
ordine responsionum et attestationum testium non arretur (1), sed valeat iuquisitio et pro-
cedat, sive responsio sequatur attestationem testium sive precedat. Item quod post pu-
blicationem defensionum fortificatio iuquisitionis fieri possit. Item quod renuuciatio et
conclusio necessario nuUatenus exigantur. Item quod sufficiat publica et preconia noti-
ficatio assertorum judicum ad sententiam audiendam , licet non facta fuerit citatio et
assignatio specialis. Item et omnis aliter (ìeg. alius) stylus usitatus observetur , licet hic
particulariter nuUatenus declaretur.
61.
Item quod nullus mistralis tenens ad censam aliquam mistraliam a Domino vel ban-
ueretis sit ausus aliquod pactum facere cum aliquo sue mistralie de sibi solvendo vel
aliquid dando prò solutioue sue cause, nec etiam pactum facere cum aliquo sue mistralie
per quod de aliquibus bannis grossis vel minutis, etiam bestiarum, sit paciscens cum dicto
mistrali quilibet (?) a solutioue dicti banni ; et si dictus mistralis contrafecerit , solvat
Domino sexaginta solidos fortium prò singulis vicibus et personis quibus faciet contra
(1) " Ark.\re, spendere, fr. enerrer, arrham dare, vulgo Arrher «. Ducange in v.
160 CESARE NANI - STATITI DI AMEDEO VI (dOCI'MENTI)
predicta. Similiter quilibet paciscens taliter cum dicto mistrali singulis vicibus eandem
peaam solvat. De qua pena accusator habeat tres solidos fortium prò singulis vicibus.
62.
Item quod quilibet mistralis Domini et banneretorum et aliorum habentium mistra-
lem, in cujus mistralia fiet damuuni in Ijladis , pratis , vineis , castagnetis , vel aliis rebus
sue mistralie, teueatur dainuum datum emendare damnum passo, vel demonstrare damnum
dantem.
63.
Item quod uuUus castellauus vel vicecastellanus capiat aliquam peusiouem auuuam
in sua castellauia vel aliud occasione alicujus controversie civilis vel criminalis que coram
ipso verteretur, preter quam esculenta et potulenta; et si contrafecerit, ejus quod rccipiet
quadruplum fisco solvat. Item et nullus clericus Curiarum Domini, etiam uec procurator,
in clericatura et procura suis aliquid recipiaut ab aliquo, officio suo subdito , ratione cau-
sarum in quibus versabuntur, nisi ea que supra statuta sunt cum esculentis et potulentis;
et si contrafecerint , accepium restituant et quadruplum fisco solvant.
64.
Item quod singuli Secretarii teneantur singulis annis in festo Nativitatis domini tra-
dere registrum omnium iustrumentorum que in anno retro receperiut prò domino nostro
Comite custodi crote Domini existentis iu Chamberiaco.
65.
Item quod clerici computorum capiant prò singulis cursibus pergameni (et fient in,
qualibet pelle mutonina per longitudinem pellis duo cursus tantum) tres denarios gros-
sorum, et prò copia cujuslibet cursus tres den. grossorum turonensium, non ultra; et si
quid ultra ceperint , hoc restituant , et quadruplum pene fisco solvatur.
m.
Item quod advocatus et procurator Domini fiscales in causis tangentibus Dominum
nihil capiant ab aliqua partium nisi esculenta et potulenta , sicut in consiliariis et ju-
dicibus est provisum ; et illud quod ceperint restituant , et quadruplum fisco solvant.
67.
Item quia dictus dominus noster Sabaudie Comes assiduis querelis plurium perso-
uarum inquietatus extitit super facto instrumeutorum que levantur et jam levata sunt
in formam publicam de prothocoUis notariorum defunctorum, in quibus instrumeutis le-
vatis et etiam levandis ex dictis prothocoUis est in multis locis scriptum hoc verbum etc,
quod verbum notarli quibus dieta prothocolla commissa sunt et quotidie committuntur
ampliare non audent; de quo gentes , prò quibus dieta instrumenta faciunt , leduntur et
ledi possent in futurura; statuii idem dominus Comes quod hujusmodi notarli , quibus
dieta prothocolla commissa sunt et inposterum committentur, possint et debeant impune
dictum verbum etc. secundum dictamen aliorum instrumeutorum similium seu similem
contractum habentium qualis est contractus vel imbreviatura in quo vel in qua dictum
verbum etc. scriptum erit [ampliare]. Sin autem dicti notarii non recipiant in prothocoUis
aliquam imbreviaturam seu notam ad plenum ex quo possint ampliationem predictam
facere, et eo casu dicti notarii recurrant et recurrere debeant ad judicem cui suberint
seu ad Consilium Chamberiaci residentem , qui seu quod super tahbus ampliationibus
provideant , dictando prout sibi videbitur amplianduni. Hec autem omnia intelligantur iu
futuris negotiis et casibus , non in preteritis ante publicationem presentium Statutorum-
Notandum est quod prò aliquibus penis centra consiliarios , judices , castellanos et
alios supradictos impositis, si de eis viventibus inquietati non fuerint, ejus heredes iu-
quietari non possint.
161
I PRIMI STATITI
SOPHA
LA CAMERA DEI CONTI
NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
PER
CESARE NANI
Lelta nell'adunanza del 12 Giugno 1881
Gli Statuti ciyili dell'anno 1379 di Amedeo VI Conte di Savoia furono preceduti
da altri non meno importanti del medesimo Principe che riguardano l'ordinamento finan-
ziario de' suoi Stati. Sono questi gli Statuti del 7 febbraio 1351, dai quali sono d'ac-
cordo quasi tutti gli autori aver avuto origine la Camera dei conti nella Monarchia di
Savoia (1), ma il cui tenore per un singoiar caso e rimasto finora ignorato, credendosi
dopo r affermazione del Capre di non essere riuscito a trovarli , che fossero andati
perduti (2). Coi medesimi strettamente si connettono quelli promulgati in data del
29 dicembre 1389 da Bona contessa di Savoia e da Amedeo VII. Perciò, discorrendo
dei primi, crediamo necessario estendere il nostro esame anche ai secondi.
Sarebbe fuori di luogo il volere qui rifare la storia delle finanze dell' antica
Monarchia di Savoia.
Essa fu scrittai ^ Cibrario ne' suoi tre Discorsi, insigni per erudizione ed accura-
tezza di ricerche, e [k^ -io che spetta più specialmente alla Camera dei conti ha raccolto
(i; Li accenna Capre, Tratte historigiue de la Cluimhre des comptes de Savoye (Lyon 1662), p. 19-27.
— Galli, Cariche del Piemonte {loxino 1798), L 299, il quale avvertì che si conservava negli Archivi
Camerali il registro, ossia libro, contenente Les ordonnances faites, etc sur le fait de les comptes le
7"" jour de fcorier Van 1351). — Guichenon, Histoire généalogique , etc. (Turin 1778) I, 148 —
Dictionnaire de la législation des États Sardes, p. 542. — Costa de Beauregard, Mémoires histo-
riques sur la Maison B. de Savoie, I (Turin 1816), p. 145. — Cibrario, Origini e Progressi, ecc.
(Firenze 1809), II, 118. — Id., Finanze, ecc. (nelle Operette varie. Torino 1860), p. 198. — Sclo'pis,
Storia dell'antica legislazione del Piemonte (Torino 1839), p. 253. — Vigna ed Ali berti. Dizionario
amministrativo (Torino 1840-52), vocab. Camera dei conti.
(2) Essi si trovano invece trascritti nel Registro menzionato dal Capre, che si trova tuttora nell'Ar-
chivio Camerale di Torino, e porta per titolo : Statuta Camere computorum et Decreta Ducum Sabaudie
ab anno 1351-1535.
Serie II. Tom. XXXIV. 21
162 T PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
notizie e documenti preziosi il Capre nel suo trattato storico di questa istituzione (1). Ma
non sarà inoi)portuno il ricordare in mezzo a quali circostanze in Savoia, come in altri
Stati, sia sorta la Camera dei conti. Sono queste circostanze infatti che ne spiegano l'ori-
gine, e l'esporle renderà più facile l'intelligenza dei nostri Statuti.
La Monarchia carolingica non aveva organizzato un sistema generale d'imposte nel
vasto impero. Le condizioni della pubblica finanza si serbarono pressoché immutate.
Kimasero qua e là traccio dell' antico sistema tributario romano , dove le incursioni
barbariche non lo avevano completamente distrutto, ma nulla fu fatto per ripristinarlo
nella sua interezza, e mentre si creavano istituzioni comuni a tutto l'impero, per ciò
(ho riguarda la finanza si lasciarono sussistere le consuetudini in vigore presso ciascun
popolo. Fu riordinato il potere amministrativo e giudiziario, ma la riforma finanziaria
non appare nemmeno tentata, e le entrato pubbliche sostanzialmente si mantennero
quali erano state nei regni fondati dai barbari, allorquando l'idea di Stato appena
accennava a svolgersi ed attuarsi (2).
Questa condizione di cose non potè che peggiorare dopoché , sfasciato l' impero
carolingico, sopra le sue rovine sorse lo Stato feudale. Confusi insieme i concetti di
sovranità e di proprietà , svigorito il potere centrale e smembrato il temtorio dello
Stato in tante signorie quasi indipendenti, il tributo, come la giurisdizione, doveva
risentire profondamente gli effetti del nuovo ordinamento politico. Esso non può avere
il carattere che ha nello Stato moderno, dove è essenzialmente di ragion pubblica, stabilito
dall'autorità sovrana per provvedere a' pubblici bisogni. Non è tale che per eccezione,
perchè il concetto del dominio più o meno ])ieno del signore feudale gli serve di
base ; non può essere uguale per tutti i cittadini, dacché non esiste uguaglianza di classi ;
non uniforme, dacché non è un'autorità sola, ma sono molte dentro i confini d' uno
stesso Stato, che lo impongono e lo percepiscono. Ma quello che é più singolare si é,
che la finanza regia in questo sistema è povera. Le imposizioni sono quasi infinite
di numero, i pesi clie si aggi'avano sui contribuenti spesso insopportabili, ma il fisco lotta
continuamente col bisogno, e non riesce che a stento a sopperire alle spese, per quanto
poco rilevanti, che gli incombono. Egli è clic per la necessità delle cose anche la finanza
regia è divenuta finanza feudale, e non lo sono rimaste soggette che le teiTe che dal re
dipendono inimediiitamento. Il re è sovrano l'ondalo e lo rendite sue sono quelle stosse
che ogni signore ha diritto di pretendere nel territorio a lui sottoposto.
(1) L'opera Jol Capro finora ò l'unica su tale arfromonto, bcnehii, come altri ebbe già ad avvertire, non
sia scevra di inesattezze o di omissioni, ,V. Burnier, IIì<toire du Sénat de Savoie, I, ChanibOry 1864,
pag. 57).
(2) 11 Waitz, Deutsche Verfamtungtf/eschichte, IV (Kiel 1864), p. " segg., nota, a ragione, elio i rap-
porti fìnanziarit continuarono nell'impero carolingico a portare quell'impronta di diritto privato che per
più rispetti si manifesta nulle istituzioni dello ìitato gerriuinico. Le entrato del re in fondo sono quelle
d'ogni privato , non no dilVeriscono che per la quantità e per l'estensione. 1 Capitolari anziché introdurre
principii nuovi, si limitano ad inculcare vecchie prescrizioni ed a combattere certi abusi.
CESARE NANI 163
Come nei primordii della monarcliia germanica, così ancora in quell'epoca, il tesoro
regio si alimenta principalmente colle rendite dei regii possedimenti. Diminuiti di numero
per le donazioni e le concessioni in beneficio, questi sono tuttavia abbastanza considerevoli
perchè la loro amministrazione costituisca una delle cure principali del Principe ed uno
dei più importanti uffici che spettino ai suoi impiegati. A queste entrate si aggiungono i
diritti feudali che il sovrano, come ogni signore feudale, esige ne' suoi domimi e ne' feudi
che muovono da lui , le regal'ie, le taglie ed i sussidii, le due forme di tributo medioevale
che meno si scostano dal concetto moderno e d'onde la monarchia doveva più tardi
trarre l'imposta generale (1).
ni.
Questi erano i proventi di maggior rilievo su cui, sotto la terza dinastia, poteva
contare il tesoro dei re di Francia (2).
Vi erano terre di cui il re era proprietario e che formavano il suo patrimonio e ve
n'erano di quelle di cui non riteneva che il dominio diretto. Su queste ultime percepiva i
censi, i chaniparts (3), le taglie, le decime non altrimenti che i signori sui territorii e
sulle persone soggette. Il censo, fosse esso o no d'origino romana (4). non serba nessun
carattere pubblico; è diritto prettamente signorile e patrimoniale, che come ogni altra
prestazione di cose e di opere trova la sua ragione d'essere unicamente nella organizzazione
che il feudalesimo ha introdotto nella proprietà fondiaria.
Le tasse pei trasferimenti di proprietà e le ammortizzazioni, che per certe terre le
rappresentano, non gravano che sui beni che muovono dal re; i dh-itti sopra le eredità
vacanti, le successioni degH stranieri e dei bastardi, le regalie delle foreste e della pesca
non si estendono oltre i confini del demanio regio; e mentre egli è, in teoria almeno, il
supremo giudice del regno, le ammende e le confische, i diritti di sigillo ed ogni provento
di giustizia gli competono mono come a sovi'ano che come a signore. Per lo stesso motivo,
pedaggi e gabelle, ogni specie di tasse sulla vendita o trasporto delle merci non sono levate
nel nome del re che nel suo dominio.
Altri redditi per la monarchia formarono le carte di franchigie accordate o confer-
mate ai comuni mediante pagamento di certe tasse convenute , perchè come fu arguta-
mente ossei-vato (6). le franchigie comunali furono in Francia, nel Medio Evo. piuttosto una
(1) Il Caller)' per contro in un suo notevole studio L'impót du, roi (nella Revtie des questioni
historiques, 1879) ha cercato di dimostrare che l'imposta re^ia si è svolta dalle ayrfes de l'host, il prezzo che
pagavano i non nobili per esonerarsi dall'obbligo del servizio personale militare.
(2) Vuole essere consultato su questo argomento specialmente Vuitry, Ettides sur le regime financier
de la France , Paris 1S78 , che ha con Incida esposizione riassunto i risultati delle indagini di tutti gli
scrittori precedenti. Vedi anche : N o 6 1 , Etude historique sur l'orgaìmation financière de la France,
Paris, 1881. — Pustel de Coulange,£es impóts au moyen àge, nella Eevue des deux mondes, 3""
per., t. 25, 1878. — Louandre, Les hudgets de l'ancienne France (Ibid., 3™* per., t. I, 1874). — La
Ferrière, Histoire du Droit fran^ais, IV (Paris 1852), p. 50, 59 segg.
(3) Vedi intorno a questi Boutaric, Traile des Droits seigneurianx (Toulouse 1758). p. 234 segg.
e Garsonnet, Histoire des locations perpétuelles et des baux à longue durée (Paris 1879), p. 425.
(4) Consulta in proposito Vuitry, op.cit., p. 18 segg., 86 segg. 263; Garsonnet, op. cit., p. 404 segg.
(5) Louandre, 1. cit., p. 407.
164 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI KELLA MONARCHIA DI SAVOIA
merce che una conquista. E fonte cospicua di lucro erano le contribuzioni imposte sopra
"li Ebrei ed i Lombardi die in Francia attendevano al commercio. Espulsi e riammessi a
volta a volta, ottenevano di potersi stabilù-e in qualche sito e di csercitai-vi la loro industria
di prestatori di denaro e banchieri, mediante lo sborso di forti somme al signore del
luogo (1). Non protetti dalle leggi, soltanto in queste convenzioni trovano una difesa;
considerati come fonti di rendite il loro prodotto si inscriveva in luogo cospicuo fra le
entrate regie e signorili. Perocché ancora prima che incominciasse il secolo XIII si intro-
dusse la massima, promulgata poi negli Efdlilissevicnts (ìes Juifs di Luigi Vili e di
S. Luigi, che non è libero ad un ebreo, domiciliato da antico sulle terre d'un barone, di
abbandonarle per trasferirsi altrove ; persona e beni, quando tenti di farlo, sono reclamati
dal barone del luogo dell'antico domicilio (2). Pagano quivi le tasse convenute, ed ancora,
fin dal XIII secolo, ogni volta che un nuovo signore prende possesso del dominio, gli Ebrei
gli fanno cospicui presenti al fine di ottenere lettere confermative del loro stabilimento.
Per tal modo a Filippo il Bello, allorché prese possesso della Champagne, fu dagli
Ebrei là domiciliati fatto un dono di 25,000 lire, ed a Filippo il Lungo furono regalate
100,000 lire dagli Ebrei di tutto il suo dominio (3). Essi rappresentano una proprietà
baronale, ma nel tempo stesso sono di diritto regio, ossia subiscono una onerosa prote-
zione speciale del re (4).
Dal fodrum (l'antica annona miìiiaris resa più produttiva) (5) si erano sviluppati
in Francia il droit de gite ed il droit de jnise (6). Con essi è provveduto ai viaggi del
re e del suo seguito nelle terre che ne costituivano il dominio, viaggi frequenti, fatti,
come si diceva sotto l'antica monarchia, piìi per raccogliere il denaro, clie non le testi-
monianze d'afl'etto dei sudditi (7). Si era infatti fin dal XII secolo introdotto l'uso che
le gìies si convertissero in danaro, pur riservandosi il re il diritto di pretenderle, quando
meglio gli piacesse in natura (8). Diventarono per siffatta maniera meno vessatorie e
fino ad un certo punto più tollerabili.
Ma il tributo nel quale è più profondamente scolpita l'impronta feudale è il sussidio.
È di tre specie ; legale, nei celebri quattro casi ; grazioso, quando è concesso come dono
volontario ; di rigore, quando è bensì obbligatorio, ma levato soltanto in circostanze ecce-
zionali, essendo in pericolo il feudo od il regno. Ma il suo fondamento consiste sempre
in quel legame piuttosto morale che giuridico che stringe il vassallo al signore : il re non
ha diritto di pretenderlo che come supi-emo signore feudale. Ne certo il suo diritto ora
(1) Sono interessanti i ragguagli che su questo proposito danno Brussel, Nouvel examen de Tusage
general des fìefs en Frante (Paris 17.50, I, 569 segg.)— Vuitry, op. cit., pag. 315 segg. — Saiga, De
la condition dea Juifs dana le comtéde Toulouse {Bibl. de TÉcole des Charles, XKXIX, 1878), p. 273, segg.
(2) Brussel, op. cit., p. 570. V. anche Ducange, Gloss. vocab. Judaei.
(3) Brussel, op. cit., p. 609.
(4) Brussel, op. cit. p. 615. — Secondo Callery, op. cit., p. 443, le tasse imposte agli Ebrei ed
ai Lombardi equivarrebbero ai carichi che gravavano sopra il corpo feudale.
(5i V. Waitz, op. voi. cit., p. 14, ed intorno alle modificazioni che questo tributo ha subite special-
mente in Italia cons. Post, Ueber don Fodrum, Strassburg 1880.
(fi; Il droit de gite designossi dapprima mansionaticum , poi droit de procuration ; da ultimo repat
o festin. Brussel op. cit. I, 536 segg. — Vuitry cit. 363 segg. — Louandre, La noblesse fratifaùe
(Paris) 1880, p. 62.
(7) Quando lo finanze erano esaurite, nota Brussel (1. cit. p. 551), il re andava a visitare le cìtti
ed i luoghi del reame che erano sotto la sua guardia immediata per esigervi le gite in danaro.
(8) Talora si esigevano parte in danaro, parte in natura. Brussel cit., p. 545.
CESARE NANI 165
sempre riconosciuto. I ciuchi di Normandia ed i conti di Tolosa che pure tenevano i loro
feudi dal re si erano sciolti quasi d'ogni obbligo verso di lui.
Quindi la monarchia francese è a capo del regno, ma non esercita veramente che
sopra una parte di esso il suo potere finanziario ; come è limitata la sua giurisdizione, così
è limitata la sua finanza. In realtà come è feudale il suo carattere, così sono feudali le
sue rendite ; come il re non è sovrano, nel senso proprio della parola, che sulle terre che
immediatamente da lui dipendono, così solamente sopra queste egli impone e riscuote
tributi. Questi perciò non danno che esigui proventi. Le spese necessarie per l'amministra-
zione sono certo di poca entità, poiché non esiste esercito permanente ed i lavori pubblici
non pesano sul bilancio dello Stato, e non fu per anco creato il debito pubblico, ne quella
organizzazione burocratica che le condizioni politiche dell'epoca rendevano impossibili. E
tuttavia avveniva bene spesso che il tesoro pubblico fosse impotente a farvi fronte, onde
era necessario ricorrere a qualche spediente per procacciar danaro. Si stabdivano a questo
scopo fiere e mercati sopra cui la finanza regia si riservava dei profitti; si vendevano
diplomi di protezione ai borghesi contro le angherie e soprusi dei signori laici ed eccle-
siastici (1); s'aggravava la mano sopra gli Ebrei ed i Lombardi (2) e si alteravano
le monete (3).
IV.
In proporzioni minori, la finanza della Monarchia di Savoia, nell'epoca a cui si rife-
riscono i nostri Statuti, riproduce esattamente il tipo della finanza dell'antica monarchia
francese.
Anch'essa è eminentemente feudale e feudali sono i cespiti onde attinge il suo ali-
mento. Il principe non ha ancora acquistata tanta autorità da dettare la sua legge ai
baroni e comuni, ma per via di convenzioni regola con essi, tra gli altri rapporti, anche i
sussidi! finanziarii che egli è in diritto di pretendere. Quindi anche nella contea di Savoia
sono tributi molteplici e multiformi, e l'erario pubblico, che non può contare che in
minima parte sopra redditi fissi, si dibatte frequentemente tra le strette del bisogno.
Redditi fissi non potevano dare che i beni di proprietà del principe. Questi erano
considerevoli e costituirono, almeno per molto tempo, il principal ramo d'entrata (4).
Stavano sotto l'amministrazione e sorveglianza di balii e castellani ed erano coltivati
alcuna volta per conto del principe, più spesso conceduti ad altri perchè li lavorasse (5).
Di frequente la concessione eseguivasi a titolo di aìhrrgamenio. Questo (albergue,
anhergada) aveva assunto in Savoia una forma speciale. Anche altrove era in uso, come
nel Bugey, in Linguadoca, e nel Béajrn, ma in Savoia, come nel Delfinato, aveva per effetto
(Ij Louandre, 1. cit. p. 408.
(2j Vuitry cit. p. 317, 332.
(3) Vuitry cit. p. 437 segg. Sotto Filippo il Bello narrasi che furono alterate ventidne volte le monete;
si confiscò mediante ordinanze suntuarie il vasellame d' oro dei sudditi; si condannarono e spogliarono i
Templari. Louandre cit. p. 411. Dalla prima di queste accuse perù ha cercato di scagionarlo il de Sanlge.
Philippe le Bel a-t-it mérité le surnom de faux monnayeur? 1876.
(4) Capre cit. p. 124, 178.
(5) V. Cibrario, Fw., p. 61. — Costa di Beauregard, op. cit. I, 142, 144. — Wurstemberger,
Peter der Zweite (Berlin u. Zurich 1856-1859) III, 171.
I(j6 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
di trasmettere il dominio utile, nel modo stesso che una locazione a censo signorile (1).
Certo doveva avervi acquistato non poca importanza, poiché se ne occupano gli statuti di
Pietro II che lo accennano (2) e quelli di Amedeo YI del 1379, dove è stabilito (3),
che i chierici delle Curie, e nessun altro, sotto pena di multa e nullità dell'atto, ricevano
gli atti relativi agli albergamenti del principe e li redigano in un protocollo speciale. Se
quei beni si solessero pure dare in affitto è dubbio (4) , e dalle leggi quanto meno non
risulta, ma è certo che fin dall'epoca di Pietro II era praticato rispetto ai medesimi il
contratto enfiteutico (5).
Foreste, pascoli ed acque, poiché erano diventate regalie, consideravansi come ap-
partenenti al principe, onde pel godimento concessone ai sudditi riscuotevansi in danaro
od in natura i tributi del forestagium, passano gium , herhagium, nlpagìuni, ecc. (6).
Molta parte delle terre che costituivano il suo demanio era coltivata da censuarii.
Sopra questi si accumulavano i pesi sotto forma di ti'ibuti. di tasse e di servizii, tanto più
gravi quanto maggiore era il numero delle terre nobili possedute dai vassalli. Perocché la
terra censiva ed ignobile, secondo il concetto feudale, fa che il suo possessore si ti'ovi in
condizione che si approssima alla servile. Quindi i suoi obblighi verso il proprietario del
fondo non sono limitati ad un compenso pel godimento del fondo stesso ; la loro origine
sta nella soggezione della persona a cui e affidato, e questa pm-e ne determina la esten-
sione. Consistono nel censo e nel sopracenso (siirceiis), nelle decime (pavateria, cahaì-
logiiim, fcnateria, avenagho». ecc.), nelle taglie, nelle manopere e corvate (7), e, poiché
a danaro potevasi ottenerne il riscatto, nella redenzione dalle opere reali o personali (8).
Che se la terra censile alienavasi. o per altro titolo trasferivasi ad un nuovo possessore, il
dominio diretto del principe rendevasi efficace coi lodi e vendite, coi niiifagii, coi relevii,
ripreise o placiti dilla morte (9).
Invece minor provento davano all'erario del conte di Savoia le terre concesse ai
vassalli , dai quali egli non poteva pretendere che i diritti signorili. Anche sopra di
(1) Garsonnet, op. cit. p. 392,410. — Dupin e Laboulaye Glossaire de rancieri droit fran^ais
(Paris 1846). V. Albergement. — Aubry et Rau, Cours de droit civ.fran^ais, IT (Paris, 1869\ p. 447,
n. 4 Cliarmeil, Etudes sur le droit enqìhitéotique , p. 104 — Journal de Grenoble et de Cham-
bérij, 1861, p. 14.
(2) Art. 20, 4" art. addiz. intercalato.
(3) C. 39 (negli Statuti dell'anno 1379 di Amedeo VI Conte di Savoia. — Memorie della B. A-c-
cademia delle Scienze di Torino, S. II, t. XXXIV].
(4) Wurstemberger, op. 1. cit. lo contesta ; C i b r a r i o invece Fin., p. 61, asserisce che si affit-
tavano. Parrebbe confermarlo il disposto dal e. 4 dello Statuto del 1351 dove è fatto cenno di ferme.
(.5) Stat. di Pietro 11, art. cit. Manca però ogni arfjoniento per decidere se esso conservasse in quel-
l'epoca in Savoia i caratteri che gli aveva impres.so il diritto rumano, o si confondesse colla locazione perpetua.
Sopra la questione in genere, e per ciò che riHctte più particolarmente la Francia, V. Lattos, Studi storici
sopra il contratto di enfiteusi (dalle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, S. IT, t XXV;
e. VI, e Garsonnet, op. cit. p. 414 e segg.
(6) V. Costa di Beauregard, op. cit. p. 204, n. 130. — Cibrario, Fin. p. 62. — Wurstem-
berger, op. cit. p. 173.
(7) Cibrario, Fin., p. 65. — S a i n t - G e n i s , Histoire de Savoie ( Paris , 1868) , 1 , 454. —
Wurstemberger, op. cit., p. 173. — Louandre, La noblesse franfaise, cit. p. 61.
(8) Cibrario, Economia politica del medio evo (Torino 1842), p. 153. — Ricotti, Storia
della Monarchia Piemontese, I (Firenze 1861), p. 82.
(9 Cibrario, op. 1. cit. — Costa di Beauregard, Matériau.r historiques et Documens inédits
(estr. dallo Mcmoires de la Socivté Boi/ale Acadèmi^ue de Saooie, t. XI). Chambér)-, 1842, p. 52.
CESAKE NANI 16 7
esse spettava al principe il dominio diretto, come sulle censuali ; ma la qualità delle
persone che le tenevano impediva che quello si manifestasse con uguale energia. La
proprietà, come la sovranità del principe, era coartata dal feudalesimo. Danno un utile
finanziario, anche rispetto ai feudi, le successioni per causa di morte, nonché le alie-
nazioni per atti tra vivi ; e dai vassalli, come la taglia dai censuarii, si riscuotono come
in Francia, oltre al gietum, i sussidii. Perocché l'uso di questi era per antica con-
suetudine invalso nei soliti quattro casi, anche nella contea di Savoia. Costituivano
i sussidii ordinarli, oltre ai quali, in circostanze speciali, richiedevansi i sussidii stra-
ordinarii (1). Erano invitati a prestarli così i vassalli, come i Comuni retti a franchigie.
Quando incominciarono a radunarsi le Congregazioni degli Stati, il Principe a queste
li domandava ; ma anche prima d'allora, quantunque in forma meno solenne, li consen-
tivano i tre ordini della nobiltà, del clero e degli uomini dei Comuni (2). Benché
di qui dovesse probabilmente, come già fu avvertito , sorgere la vera imposta regia,
nell'origine loro e per lungo spazio di tempo i sussidii ebbero il carattere di un donativo
accordato per un atto di spontanea liberalità, senza che vi fosse diritto di pretenderlo
in chi lo chiedeva, dovere di prestarlo in chi lo concedeva (3).
L'amministrazione della giustizia così pel principe come pei baroni è fonte di entrate.
Ma poiché la giurisdizione signorile ha soverchiata la sovrana, così pure essa ne trae
il lucro maggiore. Dove il principe non è egli stesso signore della ten-a , ammende ,
banni, confische e concordie (con questo nome designavansi allora nella contea di Savoia
(1) Cibrario, Fin. , p. 169. — C a p r é , op. cit., p. 178, 180. — C o s t a de B e a u r e g a r d,
MaUriaux, p. 42. Nun si potrebbe precisare l'epoca in cui la consuetudine si sia introdotta. Non consta
che esistesse già ai tempi di Pietro II. Wurstemberger, op. cit., p. 186.
2) ....Pro suhaidio concesso Domino de gratta xpeeiali per banneretos, religiosos et ceteros nobilex
ipsius castellanie ac per homines Domini eiusdcm casteìlaniae è detto nel conto di Aimone di Provana
castellano di Morienna, dell'anno 13.")9, citato da Capre cit. p. 180 e da Sclopis Assemblee rappre-
sentative del Piemonte e della Savoia (Torino 1878), p. 110. V. Cibrario, Fin., p. 164 e doc. n. 14 e 15.
I primi documenti di convocazioni di Stati per concessione di sussidii che si furono conservati, risalgono
al 16 marzo 1866 ( Bo 1 1 at i , Comitiorum, I, col. 39 nei Mon. Hist. Patr. XIV) ed al 24 settembre 1377.
Ibid. col. 44, pag. 16). Di un' adunanza dei tre Stati del Genevese, Bressa, Bugey e Savoia tenuta a
Ciamberi nel 1329, nella quale si convenne di un donativo a farsi ad Aimone eletto conte di Savoia, si h;i
memoria nelle Cìironiqucs de Savoie, nei ^[on. Hist. l'at. Script., I , col. 254 ed in Bollati, opera
cit. II, Cronologia, ad an. i:i39. In iJuboin, Editti, ecc. t. XX, p. 1702 può vedersi una memoria in
cui s'accenna alla serie cronologica dei documenti e provvidenze relativi a sussidii e donativi pagatisi negli
antichi Stati del Piemonte e della Savoia dall'a. 1316 al 1350 ; ed Ibid. XX, 1700 ("in nota) un Stimma-
rium computi receptoris subsidiortcm pluribus de cattsis a siibditis comitis Sabattdiae concessoriim fra
gli anni 1402 e 1403.
(3, Talvolta il Comune richiesto di un sussidio straorilinario dal Principe non piegavasi a concederlo
se quegli non dichiarava esplicitamente di riceverlo a puro titolo di liberalità e senza tratto di conseguenza.
Per es. nel 1328 Lodovico di Savoia signore di Vaud avendo richiesto il sussidio ai nobili, borghesi ed
abitanti di Moudon, l'ottenne, ma a condizione che confessasse che era fatto « en pur don et pour aimple
et franche libéralitù, d'autant que nous n'avions ni n'avons aucun droit de leur demander une ielle eontri-
bution ; et nous ne voulons point quo par ce don qui nous a été fait, il y ait quelque droit ou investiture
qui doive ètre acquise à perpétuité pour nous ni pour noshéritiers, ni que par làil se fasse quelque préjudice
aux surnomniés do Moudon ou à leurs horitiers, et nous promettons aussi, et nous faisons serment, le prétant
sur Ics Saints Evangiles de Dieu, de ne demander et de n' e.xiger en fajon qui que ce soit à 1" avenir, ni
par nous mémes ni par d'autres, soit pour nous ou par nos héritiers, le dit don de la dite communance des
nobles et bourgeois et habitans du dit Mondon» (da Grenus Docitmens relatifs à Vhistoire du Pays
de Vaud, Genève 1817, doc. n." 2\ Documenti d'ugual tenore n.' 3, 4, 22. Qualche volta avveniva che la
domanda del sussidio fosse respinta; ad es. doc. n." 25.
168 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MOKARCHIA DI SAVOIA
le composizioni col fisco, mediante cui sf aggirasi alla condanna penale) cedevano al
feudatario e quegli tutto al più poteva pretenderne una parte. Tra i diiitti di giustizia
erano anche le date, intorno a cui aveva stabilito norme precise lo statuto di Pietro II,
ordinando che per ogni lite che vertisse davanti al giudice del Conte, si dovesse da
ciascuna delle parti pagare sei denari per ogni lira della somma o del valore della cosa
dedotta in contestazione, metà in sul principio, metà in fine del processo (1). Davano
proventi, per ciò che riguarda la giui-isdizione volontaria, le tutele degli orfani e delle
vedove che vendevansi talora, come in Inghilterra (2).
Riscuotevansi tasse per l'entrata in qualunfjue uffizio [inirogio o prrysa) e pel
sigillo apposto agli atti d'indole amministrativa o giudiziaria. Doveva quest'ultimo ap-
portare non lieve beneficio alla pubblica finanza. Poiché coli 'apposizione del sigillo si
imiirimeva all'atto, come avviene ora mediante la registrazione, il carattere d'autenticità;
ed ottenevasi ancora rispetto ad una certa categoria di atti, a quelli cioè che servono
a documentare un credito, un effetto maggiore, poiché fu stabiUto che essi, per virtù
del sigillo, acquistassero forza esecutiva. Non è qui il luogo di ricordare quali fasi abbia
attraversato nel diritto sabaudo questo istituto (3), ma, considerando la cosa pura-
mente sotto l'aspetto finanziario, vuole essere avvertito, che in Savoia, come in Francia (4),
dovette generalizzarsi l'uso di munii-e gli atti del sigillo del sovi'ano o del suo Con-
siglio, poiché siccome l'autorità del principe si estendeva, a differenza della baronale o
comunale, sopra tutto il temtorio dello Stato, così per effetto di quello il creditore
era posto in gi-ado di ricoiTere dovunque, per l'espeiimento delle sue ragioni, all'ese-
cuzione parata. Le disposizioni numerose che s' incontrano a questo riguardo nei più
antichi monumenti legislativi del diritto sabaudo-piemontese fanno fede dell'importanza
che l'atto sigillato aveva assunto, e per conseguenza dell'utile che doveva provenirne
all'erario del principe.
La regalia della zecca era stata esercitata fin dalle origini dai principi della Mo-
(1) Art. 21.
(2) Wurstemberger, op. cit. p. 181. — Cibrario, Fin., p. 122, ed Econ. Ili, 187.
(3) V. a questo proposito gli Statuti di Pietro II ;nelle Memorie della R. Accademia delle Scienze
di Torino}, §§ V, VI, o gli Statuti deiranno 1379 cit. § XIII.
(4) Anche in Francia infatti dove il notaio non aveva la qualità di giudice, come in Italia, l'atto gua-
rentigiato si presenta sotto la forma di atto sigillato, poidié anche là il sigillo rappresenta il Tribunale,
sotto la cui giurisdizione il debitore che ha emesso la confessione viene a porsi. Quindi anche in Francia
l'atto esecutivo è di regola quello clie è munito del sigillo del Ke (Lettres obligatoircs passées sous le séel
roìjal), quantunque possano, con efletto più limitato, quanto al territorio in cui il creditore può protendere
la esecuzione, anche altre autorità dare coli 'apposizione del sigillo efficacia esecutoria ad un atto. Adcs.ncl
Ducato di liorgogna, per privilegio reale, il sigillo del Cancelliere ducale conferiva virtù esecutiva all'atto
(Chassenaeus, Commentaria in con^uet. Burgumiiae. Ad condasìonem et approbationem ad \. Nous
avons faict mettre notre si'el, n. C^. Col progresso della monarchia dopo Filippo il Bello prevalse l'uso che
in tutta la Francia si mandassero dei scelleurs, garde-séeh come delegati del cancelliere regio, per maggior
comodità di chi voleva far sigillare gli atti. V. Briegleb Ueber executorische Urkunden, I (Stutt-
gart, 1845), p. 185 segg.
CESARE NANI 169
narchia di Savoia (1). Esistono perciò antichi provvedimenti che essi emanarono a
questo riguardo, dei quali alcuni sono pubblicati, altri sono ancora inediti (2).
Anche le miniere furono ricercate e se ne intraprese la coltivazione; la più antica
di cui si abbia memoria è quella di Champorcher presso Bard, scoperta l'anno 1279 (3).
Altra regalia era quella della pesca e della caccia : e clii-itti dipendenti dalla
sovranità ten-itoriale le successioni degli stranieri e quelle vacanti, e le cose trovate.
Senza fermarci qui a discorrere della awocazia delle Chiese e delle salva-
guardie (4), delle concessioni, confenne ad accrescimenti di franchigie ai Comuni, non
accordati gratuitamente (5), accenniamo ancora rapidamente ad alcune tasse e balzelli
sjjeciali che esigevansi allora nella contea di Savoia.
Tenevano il primo posto fra questi i pedaggi. Non mai essi furono più numerosi
che nell'epoca feudale ; non mai essi resero più difficili le comunicazioni già inceppate
da tanti ostacoli ; non mai essi gravarono jìiù duramente sul commercio. La situazione
dei dominii di Casa Savoia, posti sui confini tra Italia e Francia, doveva far sì che
frequentemente essi fossero percorsi da viaggiatori, in ispecial modo da mercanti (6).
(1) Il C i b r a r i 0 {Fin. . p. 126 segg.) ha chiarito questo punto ne'snoi più minuti dettagli con grande
abbondanza di notizie. V. pare D n b o i n , tit. t. XVIII, 778.
(2) Numerosissimi sono i privilegi concessi dai Conti e Duchi di Savoia a monetieri. Il Cibrario,
Fin., 137 ha riportato le condizioni sotto cui fu accordato da Amedeo VI l'anno 1349 a Nicolò da Podio
il diritto di battere moneta. In Jolly, Compilation dea anciens Editi des Princes de la R. Maison de
Savoie ( Chambéry, 1679 ) p. 690, trovansi i privilegi concessi dallo stesso principe agli ufficiali della moneta
nel 1343. Cosi le prime come i secondi .si contengono in D ubo in (XVIII, 1, 759, 801 ), ed inoltre altri
privilegi degli anni 1306, 1341, 1351, 1352, 1359, 1369, 1375, 1384, 1390, 1391 ecc. (XVIII, 73, 754, 19,
770, 813, 774, 778, 783, 758, 20, 793, 814, 796 }. I più antichi però che abbiamo trovati sono quelU
tuttavia inediti di Edoardo del 20 luglio 1327, che si conservano nei prot. dei notai comitali. Prot. 150,
f. CXI. Si troveranno inserti in appendice alla presenta Memoria.
(3) Cibrario, Fin., p. 126. — Wurstemberger, p. 179. In Duboin, Editti ecc., può ve-
dersi la concessione di Amedeo V a due cittadini fiorentini di coltivare miniere in tutto lo Stato, a. 1289,
]• giugno (XXn*", 81 r.
(4) Accordavansi queste dal principe a quelle persone e luoghi che si raccomandavano per una speciale
protezione. Nello statuto di Edoardo del 1326 (Negli Stai. delF anno 1379, cit. p. 48), è fatta proibi-
zione a tutti gli ufficiali di ricevere alcuno sotto la loro guardia. La ragione di questo disposto non ò ben
chiara. Osserva Cibrario {Fin., 197 |, che esso sia dettato dal concetto, che di tutti i suoi sudditi il
principe debba essere padre e difensore comune; ma la sua supposizione difficilmente potrà ritenersi come
fondata, quando si consideri the lo stesso Edoardo concedette di queste salvaguardie speciali (V. Cibrario,
Origini, II, a. 1324, 20 settembre ). Piuttosto si potrebbe congetturare che il divieto fosse occasionato da
lagnanze dei signori delle terre dove risiedevano gli individui che avevano fatto ricorso al principe per
salvaguardia, o che questi volesse riservare a sé solo il diritto di accordarle. Esempio di simili salvaguardie
nel doc. 31 dicembre 1322, pubblicato da Cibrario in appendice al Discorso II, Fin., n. 13.
(5) Costa di Beauregard, Matériaux, p. 46. Numerosissime sono le rinnovazioni di tali fran.
cliigie. Sotto Amedeo VI furono confermate le franchigie di parecchi comuni del paese di Vaud. V. Grenus,
op. cit. , p. X segg. Ottennero pure conferma di antiche franchigie verso il 1360 i Comuni del Piemonte
(Batta, Storia dei Principi d'Acaja, Torino, 1832,1, 187. — Cibrario, Storia della Monarch. di
Savoia, Torino, 1841, III, 167. — Statuti dell'anno 1379 cit. p. 10) e numerose furono le carte di libertà
accordate in quel turno di tempo a molti Comuni di Savoia ( V. le indicazioni relative in G r i 1 1 e t. Die-
tionnaire historique des départemens du Moni Blanc et du Leman. Chambéry, 1807, p. 38 e Saint-
Genis, op. cit., p. 3001. In S?i,ia,ceno , Regesti dei Principi di Casa rf'>4cota (Torino, 1881), si può ve-
dere un esempio di una concessione siutrum franchisiarum accordata per una somma di danaro homirùbus
et comunitati hominum Montiscalerii nell'anno 1384 (p. 129 ).
(6) V. i dettagli in C ibrar io, 2^m., p. 85 e segg. — Capre, op. cit., p. 227 segg. — Saint-Gen is,
op. cit. I, 208,209, 456. - Wurstemberger, op. cit. p. 183.
Serie II. Tom. XXXIV. 22
170 1 PRIMI STATl'Tl SOPKA LA CAMEKA DEI CONTI NELLA MONARCHIA PI SAVOIA
(Quindi, sulle strade principali che gli attraversavano il fisco aveva moltiplicati i suoi
balzelli. Le vie da tenersi erano designate e proibito Tabbaudonarle per seguirne altre ;
quasi ad ogni castellania pagavasi il pedaggio: importanti sopra tutti erano quelli sta-
biliti a Kivoli, Avigliana, Susa, Mommelliano. Ciamberì. Seisello, Borgo, Pontebelvicino,
Villanova di Chillon e S. Maurizio (1).
ila l'interesse medesimo che aveva indotto a crearli consigliava pure a non spingere
oltre certi limiti il rigore nelle esazioni e, più ancora, a rendere sicure le strade, affinchè
non avvenisse che il commercio cercasse per altri Stati passaggi più facili e meno di-
spendiosi. Laonde, coi rappresentanti delle grandi società dei mercanti italiani (2) vennero
più volte a patti, come i ro di l'rancia (3) , i principi di Casa Savoia. Guarentivano
che i pedafTip non sarebbero aumentati, la incolumità delle pei-sone e delle merci, la
celerità nella definizione delle liti che insorgessero in occasione del viaggio, l'n esempio
di siffatte convenzioni è riferito dal Cibrario (4). il quale ha pubblicato il testo di
una concessione di privilegi fatta dal conte Aimone nel 13GG alla Compagnia dei mer-
canti di Milano, nel cui nome agivano Bertrando di Solaro e Contino Dalpozzo (5) :
ma sonvene altre molte, più antiche , tuttora inedite. La più antica di cui abbiamo
trovato notizia risale ai tempi di Pietro II, all'anno 12()5. addì 23 maggio ((5).
K un trattato che egli conchiuse col Comune di Asti, in forza del quale si obbligava
a provvedere alla sicurezza delle strade, dal ponte di Lione fino a Kivoli e da Rivoli
a Pietra Crispa, jiei mercanti astesi, jn-endendoli sotto la sua salvaguardia e protezione,
purché transitassero senz'armi. Rappresentava il Comune d'Asti Sicardo GaiTcto, cit-
tadino astese, il quale tra gli altri patti prometteva, che quando un mercante astese
venisse a patire offesa nella persona o nelle robe, i cittadini d'Asti, collegandosi cogli
(1) V. in proposito i Joc. 7, 8,9, pubblicati da Cibrario in appendice al Jìiscorso II, Fin.
(2) L'importanza di queste società di mercanti italiani è rilevata da Schupfer, La Società mila-
nese all'epoca del risorgimento del Comune (Bologna, 1870), p. 171.
(3) Ciià nel 1278 le società dei mercanti lombardi e toscani stipulavano di tali trattati coi Re di
Francia. V. Ducange, Gìoss. V. Longobardi — Schupfer, op. cit., p. 172. — Rota, Storia delle
Banche (Milano, 1874), p. 4-5.
(4; Fin., p. 93. Nell'ii/'con. Ili, :t04, lo stesso A. dà notizia di una salvaguardia concessa l'anno 1293
da Ludovico di Savoia signore di Yaud in i)rescnza di Amedeo V all'università dei mercanti di Lombardia,
Toscana e Provenza.
(5) Il Capre cit., p. 228, 229 ha cercato di dare una enumerazione completa delle convenzioni con-
cbinse su questo argomento dai Principi di Savoia colle università dei mercanti italiani. Ma mentre egli
accenna a quelle del 12G8, del 1293, del 1321. del Vi'Hì e del 1347, registrate in seguito dal Consiglio
residente di Ciamberì nel 1399, ne ha omesso affatto alcune, fra le altre, quella del 126.5 completata dalla
dichiarazione dello stesso anno, e quella del 1288 menzionata nel testo. Ambedue sono trascritte in uno dei
volumi dei Contracts et traités entre la maison de Savoie et Princes étrangers ^Savoia, Invent. parziale,
voi. 180, f. 1 retro ) che si conservano nell'Archivio camer.ile di Torino. Quivi pure è il testo della pro-
cura (in data del 1268' dei capitani dell'università dei mercanti luinb.irdi, toscani e provenzali, per
chiedere la sicurezza del transito per recarsi alle fiere di Champagne e di Francia. La medesima è anche
riportata nei Protocolli dei notai comitali, Prot. 410, f. 328. Altra procura pel medesimo scopo dell'anno 1288
trovasi nello stesso Prot. ff. 329, 332. Per l' antichità e singolarità loro, ci pare opportuno di inserire in
appendice la convenzione e la dichiarazione del 1265, nonché la procura del 1268. La convenzione del 1268
trovasi stampata nei Mon. Jlitt. l'atr., Chart. I, 1607, e cosi pure i privilegi conceduti da Filippo di
Savoia ai mercanti di Milano I, 1499). In D uboi n, Editti ecc.. possono vedersi i privilegi concessi a
compixgnie di mercanti nel l.ìOl, 1347, 13.51, 1399, ecc. iXV, 706. 717. XXII, 1645, 16.54. XV, 713, 723].
'6) Per verità nel Registro dei Contracts et Traité.t sopra cit., dove èf riferito in compendio il tenore
dell'atto, gli è assegnata la data dell'anno 1255. Ma dev'essere per errore, come risulta dal confronto colla
dii'hiarazione susseguente.
CESARE NANI 171
nomini flei castelli o delle terre , che il conte di Savoia possedeva in Lombardia e
Piemonte, avrebbero mosso guerra all'offensore, od a chi gli avesse dato rifugio, od al
luogo d"onde quegli si fosse partito, senza addivenire a pace o tregua, prima che l'offeso
avesse riportato piena restituzione ed ammenda.
Diede occasione ad un' altra convenzione, che segue questa prima per ordine di
data, la cattura ingiustamente sofferta nelle terre del conte di Savoia da Gioffiredo
Guerra e Masino Amodosi, ambasciatori e nunci dei capitani e della società dei mer-
canti oltramontani per le fiere di Champagne e del liegno di Francia. Fu stipulata
fra Amedeo V e Eogeri di Casate milanese, capitano di detta società, add'i 3 marzo 1288.
Onde cessare l'ingiuria, i danni, V obbrobrio, le molestie e le spese che quella ingiusta
detenzione avevano causato alla società, il conte pagò centoventicinque lire turonensi,
mediante le quali si dichiarò sopita ogni questione.
Dopo d'allora frequentemente si rinnovarono i trattati fra i Principi di Savoia e
le società dei mercanti italiani.
VI.
Colpivansi di tasse i mercanti che transitavano per le terre della contea di Savoia,
ma più gravi ancora erano i tributi che si imponevano su coloro che vi fissavano la
loro residenza per attendervi alle operazioni di credito. Erano questi Ebrei e Lombardi,
perchè con (]uesto nome vi si designavano, come in Francia (1) ed in Inghilterra (2),
i prestatori italiani. L'industria che essi esercitavano era condannata dal diritto civile
e canonico, dacché l'usura consideravasi come peccato e come delitto ; contro i primi
poi si agitavano odii feroci di razza e di religione. La leggo negava efficacia al contratto
dove fosse indizio di usuraria praritas ; il prestito ad interesse non aveva azione davanti
ai tribunali; ma ciò non impediva che esso fosse frequente nell'uso. Più elevata, come
suole, ne risultava la misura dell'interesse, ma ad Ebrei e Lombardi ricorrevano, strin-
gendo il bisogno, principi e baroni e borghesi (3). La sicurezza delle persone e delle
proprietà che il diritto comune loro negava acquistavasi dai medesimi in Savoia, come
in Francia, mediante speciali patti (4) rinnovati di tanto in tanto, dai quali ritraeva
(1) Si appellarono, fino a tutto il secolo XIII, Caorsini. Intorno all'origine del qual nome si disputa da
gran tempo fra gli autori. Alcuni, e sono i più, vorrebbero farlo derivare da Cahors (antic. Cadurcum) in
Francia. Altri invece da Cavour (antic. Caorsa), terra del Piemonte. Altri dai Corsini, famiglia di Firenze.
Cons. in proposito Ducange-Henschel, (floss. (Paris, 1840-50), voc. Caorsini. — Muratori,
Antic[. Ital. M. Ae. I, Diss. XVI, t. 890. — Depping, Essai sur les Juifs au moyen àge. — Ci-
brario, Econ. ITI, 162 segg. — Rota cit., p. 44 segg.
2i V. Bagehot, Lombard Street ou le marche financier en Angìeterre (Paris, 1874), p. 76.
(3) In Costa de Beaurogard, Matériaux, p. .56, è fatto cenno d'un mutuo contratto dai sindaci
di Ciamberì l'anno 1397 con certo Jaczono jìideo. La somma era di settanta scudi d'oro ; furono dati in pegno
parecchi oggetti preziosi e convenuto l' annuo interesse del 289 "/o ■
(4) C i b r a r i 0 , Fin., p. 76 segg. — Saint-Genis, op. cit., p. 284, 456. — Wurstemberger,
op. cit., p. 178, 179. I privilegi concessi agli Ebrei ritenevansi però sempre come contrarli al diritto comune
sebbene fondati su speciali convenzioni. V. Sessa, Tractatus de Judaeis (Augustae Taurinorum, 1717),
e. III. — Di una fra Io più antiche concordie fatte cogli Ebrei è menzione in doc. 22 febbraio 1309 pub-
blicato dal C i b r a r i 0 , Discorso III, Fin., appendice n. 6... prò concordia quam nuper fecimus cum judeis.
Lo stesso A. ha pubblicato in appendice al Dùìc. II, n. 3 il testo dei privilegi conceduti da Odoardo di
Savoia ad alcuni Ebrei, 17 novembre 1323.
172 1 PKIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA BEI CONTI NELLA MONARCHIA HI SAVOIA
non mediocre profitto l'erario. I conti dei castellani citati dal Cibrario (1) dimostrano
come a caro prezzo comperassero gli Ebrei la facoltà di mercanteggiare e di prestare
ad usura, ed i protocolli dei notai ducali stanno a provare qual profitto sapesse tran-e
il fisco dalle casanr tenute dai Lombardi (astigiani sopratutto) che fiorivano in ogni
parte del dominio di Savoia.
Sulle vendite era imposta la gabella detta Iryda o lei da in danaro od in natura.
Trattandosi di vendita al minuto di commestibili, riscuotevasi il ho ii raggio ed il pr-
saggio, e nelle alienazioni delle case il irczow (2).
Infine erano tributi ordinarii che pagavansi dai borghesi annualmente per ragione
dei loro possessi , secondo la diversa qualità dei medesimi, 'i treni, il ierrayium. e,
specialmente al di qua dei monti, il tesaggio, il fenestraggio, il eulmugio (3), ed
il focaggio (4).
VII
L'enumerazione sommaria di queste gravezze , per certo incompleta , dimostra a
quante fonti attingesse a quei tempi la pubblica finanza le sue entrate. E tuttavia,
per quanto numerose fossero le contribuzioni, e per quanto duramente pesassero sopra
i soggetti, a mala pena esse potevano dare un frutto sufiìciente. Clii percorre i pro-
tocolli dei notai comitali di quell'epoca vede a quali spedienti il principe sia costretto
a ricorrere, segnatamente quando sorge (jualche imperioso bisogno ili danaro.
Le pene incorse troppo frequentemente si commutano nel pagamento di una somma,
sempre arbitrariamente fissata, e quando la necessità si faceva sentire imperiosa, non
si rifuggiva da mezzi estremi (5). Le spese dell'amministrazione sono tenui, come
dappertutto dove il feudalesimo ha usurpato le più importanti funzioni della sovranità,
ma il fasto della Corte, le splendide giostre (6), e più che tutto le spedizioni militari
erano causa d'ingenti spese.
Il maggior vizio che allora travagliasse la finanza pubblica era l'incertezza delle
entrate , la (luale impediva che si potesse prevedere sicuramente quale sarebbe stato
in definitiva il prodotto delle riscossioni in ogni singolo anno. La qualità delle imposte
che variavano, anche (juanto alla misura, da luogo a luogo, ne era una delle cagioni :
(1) Fin., p. 78 segg. Notevole è il documento da lui riferito (n. 3) che contiene un salvacondotto di
Edoardo.
(2) Trezenum seu decimum tertium denarium è detto nel Prot. 24, f. 16. Intorno a questo tributo
erano sorte contestazioni fra Amedeo VI ed il Comune di Cianiberi. Furono transatte con atto del 16 gen-
naio 1366 (Costa de Beaurogard, Matériaiix, p. 53 1. In seguito emanò in data del 7 marzo 1382
una Declaratio locoriim in quibiis debentur Teysie et Trezenum in villa Camberii {in Jolly, p. 495, e
Duboin, XXI, 1186) dello stesso principe, ed altra successiva dell' 1 1 maggio 140'J. Declaratio Amedei
comitis in quibiis casibiis debeatar trezenum | in Jolly, p. .'iOl). Ivi ò dichiarato che il trezeno « com-
petit quotiens et quando ea (domusl contingit quomodolibet alienari >.
(3) Del culmagio è data la definizione nel Frot. 115, f. 4 e 5, a. 1351.
;4) Cibrario, Fin., p. 72 segg. — Costa de Beauregard, Matériatur , p. 52. — >V u r -
s tem be r gè r, op. 1. cit., p. 176. — G r i 1 le t , op. cit., p. 40. — Sa i n t - G e n i s, op. cit., p. 455.
i5) Cibrario, Fin., p. 200. — Econ. IH, 199. - Ricotti, op. cit., p. 85. — S a i n t - G e n i s,
op. cit. I, 458.
'.6) È noto che la Corte di Amedeo VI, come prima quella di Amedeo V, distinguevasi pel lusao.
Cibrario, Econ. II, 180; HI, 128, 133. — Ricotti, op. cit. I, 168. — Baudrillart, Ui^toire
du luxe (Paris 1880), III, 212.
CESARE NANI 173
ma si aggiungevano le difficoltà dell'esazione, la negligenza, la malafede e la corruzione
degli impiegati. La debolezza della Monarcliia rivelavasi necessariamente anche rispetto
all'azienda finanziaria, e per conTcrso doveva rinunciare all'audacia delle iniziative il
principe die troppo spesso vedovasi venir meno i mezzi per effettuarle.
La monarchia feudale non poteva avere un bilancio preventivo (1). Come bene
ha avvertito il Oibrario (2). il metodo di ridurre tutti i rami d'entrata e di uscita
in uno specchio generale e di fame un ristretto fu invenzione delle repubbliche ita-
liane (3). Perchè si potessero detei-minare esattamente le enti-ate e le spese, era neces-
saria l'imposta fissa, l'imposta generale, a somiglianza di quella che i Comuni liberi
avevano introdotta (4).
I primi tentativi per stabilirla si connettono coi primi tentativi che la Monarchia
fece nell'ordine anmiinistrativo e giudiziario per centralizzare il potere. In Francia essi
risalgono forse all'anno 1147, quando Luigi A^II impone la tassa del ventesimo, od
al 1188, allorché Filippo Augusto stabilLsce la celebre drchiin salodina (5). Ma.
anche quando vogliasi ritenere che questi tributi avessero il carattere di una imposta,
secondo il concetto moderno ((i), certo è ciie la resistenza clie essi incontrarono fu tale
che indusse il re a riimnziarvi. Filippo Augusto non solo lascia cadere in dissuetudine
la decima saladina. ma dichiara, con lettere patenti del 1189. che né egli né alcuno
dei suoi successori commetterà più la stessa co/jja , né si permetterà una cos'i condan-
nevole audacia: perocché ninno deve essere dispensato dall'osservanza di una misura
alla quah^ egli sottomette la stessa sua maestà regia. Luigi il Sauto vi si conforma,
dacché per tutta la durata del suo regno si accontenta dei donativi delle città.
Finché non sia possibile instaurare la finanza regia sopra le rovine della feudale,
la monarcliia deve limitarsi a portare lordine nelle spese, a sorvegliare i suoi impie-
gati, ad iiistituire un controllo serio ed efficace, a preservare da ogni offesa e da ogni
usurpazione i suoi diritti patrimoniali. A <iuesto modo difendeva quanto le era rimasto
e quanto riusciva ad acquistare, ed apparecchiava i mezzi e le vie per sorgere a mag-
giore altezza.
Sono antichi i regolamenti che riguardano Vostrllo del principe. In Francia, il
primo di cui si abbia notizia porta la data del 1261. ed é opera di Luigi il Santo.
Per esso Vostri è diviso in sei dipartimenti ; è determinato il numero e la qualità degli
ufficiali che dovranno essere addetti a ciascuno di questi ; fissati gli emolumenti loro
dovuti; regolati i più minuti particolari (7).
(1) Non riuscirono ad averlo neppure le monarchie normanne, dove pure la finanza pubblica fu solida-
mente organizzata. V. Deli si e, Des revcnus publicK en Normandie, p. 278 e Bianchini, Storia
delle Finame del Regno di Napoli, p. 49.
(2) Econ. Ili, 198. V. pure Fertile, Storia del Birit. ti.. Il (Padova, 1880), p. 539.
(3) Di Venezia soprattutto, dove ebbe la sua culla la statistica moderna, e di Firenze, V. Burckhardt
Die Cultur der Renaissance (Leipzig, (877), p. 69 segg.
(4) Pondavasi la medesima sull'estimo o catasto. V. in proposito Canestrini, La Scienza o VArte
di Stato, Firenze, 1862 — Bianchi, Gli ordinamenti economici dei Comuni toscani nel M. E.,
Siena, 1879. — Fertile, op. 1. cit. p. 473 segg.
,5) Louandre, cit. p. 409. — Fustel de Coulange cit., p. 697.
C6) Vuitry, op. cit., p. 391, 419, ritiene, che la decima saladina non fosse altro in sostanza che
il sussidio obbligatorio per una spedizione in Terrasanta, il quale però doveva riscuotersi anche al di fuori
dei limiti territoriali assegnati dalle regole feudali.
(7) Vuitry, op. cit, p. 473. — BaudriUart, op. 1. cit., p. 176.
174 1 PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
In Savoia non consta quando primamente sia emanato un regolamento consimile,
ma vi è argomento a credere che a (juesto riguardo esistessero ordini modellati sui
francesi (1). Alla Corte infatti vi erano maestri d'ostello preposti al governo della
casa del principe, ciambellani che avevano cura della sua camera, segretarii, ed un
tesoriere dell'ostello, i conti del quale, verificati dal gran maestro della casa (2), erano
trasmessi al tesoriere generale (3).- Kisulta eziandio che le spese dell'ostello andavano
divise fra cinque dipartimenti, ossia la imnatteria, la hiitiiitlnria. la niriim, la nin-
rescalcia e la cawcru (4).
Nel tempo stesso con gelosa cura si jìrovvedeva affinchè nulla andasse perduto
di quanto era ili spettanza del principe. Prima ancora che fosse proclamato soleime-
mente, negli Stati della Monarchia di Savoia, il principio della inalienabilità dei beni
demaniali, si cercò di impedire che. nascendo contestazioni sui diiitti fiscali o patri-
moniali, potesse recare detiiiuento al principe la malafede o la inesperienza del giudice.
Perocché la condizione dei tempi era tale che il sovrano aveva giusta ragione di temere
delle sentenze rese non solo dai giudici dei l)ai'oni, ma da quelli medesimi da lui instituiti.
Ci fu conservata una ordinanza di Amedeo VII a questo proposito (5), ma il
fatto che la medesima dovette essere nuovamente promulgata e confermata dal suo
successore, basta a mostrare quanto fosse difficile il procurarne l'esecuzione. In essa il
principe dichiaia altamente la sua volontà, che, per tutto ciò che si riferisce dh-ettamente
od indirettamente al suo patrimonio, non possa muoversi controversia se non davanti
al suo tribunale o davanti ad un giudice clie da lui abbia avuto speciali poteri in
proposito. Nessun altro giudice, per quanta autorità e potestà egli goda, sarà compe-
tente a conoscerne od emettere (lualunque dichiarazione . interpretazione o decisione
in siffatta materia. Quando alcuno si attenti di trasgredire questi ordini, non solo sarà
nulla e di nessun effetto la sua decisione, ma egli incorrerà ancora nella indegnazione
del Principe (6). e si procederà contro di lui siccome contro a disobbediente agli ordini
del sovrano.
(1) Nello statuto del 1351 sono infatti accennate l'art. 54) le ordenances de la provision de lostel. Un
regolamento intorno all'ospizio del Principe fu reso da Bona di Borbone od Amedeo VII sotto 1' 11
maggio 1390. Si contiene noi protocolli dei notai ducali (Prot. Genevesii n" 106, f. 174), ed è tuttora ine-
dito. L'autore di questa Memoria si riserva di pubblicarlo a parte.
,2) II maestro dell' Ospizio del principe appare già in doc. degli anni 1257, 1278, 1331. D ubo in
cit., t. XVm, 758, 807, 793 fnota\ I conti dell'Ospizio che si conservano nell'Archivio camerale di Torino
incominciano coli 'anno 1269.
(3' Ricotti, op. cit., p. 109. — Capre, op. cit., p. 173. Le disposizioni dello statuto del 1389 in
proposito saranno esaminate più sotto.
(4) Ciò si trae dal conto dell'ospizio della contessa di Savoia del 1299 cit. da Cibrario, Fin., p. 192.
(5) Ne esiste copia nel liegisfre contenant ìes règles et les .itatutu de la Chambre dex comptes de
Savoye (f. Xl-Xll 1 che si custodisce nell'Archivio camerale di Torino, Venne pubblicata dal Cibrario in
appendice al terzo de' suoi discorsi sulle Finanze, ecc. [Atti della R. Accademia delle scienze di Torino,
t. XXXVlì. Inesattamente però egli l'attribuisce ad Amedeo VI. Come risulta dal suo tenore, essa fu pub-
blicata da Amedeo VII il dì 5 del mese di agosto dell' anno 1386 a Torino, e rinnovata da .■Vmedeo Vili
con lettere del 17 settembre 1402 dat« a Ciainberl.
,6) Era frequente questa pena nel medio evo , colla quale sancivansi gli ordini dell'imperatore , dei
prìncipi, ed anche dei podestà dei Comuni. Ma quali ne fossero gli elVetti è dubbio. Cfr. Ficker, For-
tchungen zur Reichs — u. Rechtsgeschichle Italiens, 1 (Innsbrutk 1868), § 35 e Pertilc, Storia del
diritto italiano, V (Padova 1876 , p. 401. — Nel Protocollo De Clauso (n" 51 , b. 411, a. 1467) si ha
esempio dell'avviso cho spedivasi allorquando alcuno era caduto in disgrazia del Principe. È una lettera
del duca Lodovico potestatibus Bugelle et ceteris officiariis nostris, in cui Odetto: « vobis et singulis
CESARE NANI 175
A difendere le ragioni demaniali fin da antico erano stati deputati un avvocato
e un procuratore fiscale. L'origine loro probabilmente risale all'epoca stessa in cui ap-
paiono per la prima volta insti tuiti in Francia (1) , cioè nel XIII secolo (2). Gli
Statuti di Amedeo VI del 1379 ne fanno menzione, e stabiliscono pene per la tras-
gressione dei doveri del loro ufficio (3).
Vili.
Non temevasi soltanto dei giudici, ma sì ancora di tutti gli impiegati ai quali
era commessa la difesa degli interessi del sovrano. Più antico ancora dell'ordinanza
di Amedeo VII è un capo dello statuto di Edoardo del 13 maggio 1325 (4), con
cui si prescriveva che qualuncjue degli ufficiali del Principe , di iiualsiasi gi-ado , celi
alcun dii'itto che gli appartenga, o per aver ricevuto qualche cosa li diminuisca, sia
punito per ogni volta colla multa di venticinque lire forti ed oltre a ciò incorra nella
pena ordinaria, secondo la qualità del delitto. Ma queste disposizioni sarebbero cadute
a vuoto se non si fosse provveduto ])er tempo, affinchè le funzioni degli impiegati fos-
sero esattamente definite e non si fosse aff'ermata la loro dipendenza gerarchica ; se
non si aveva cura d'impedire ogni maniera di abusi, togliendo i mezzi di commetterli,
() reprimendoli, se commessi, colla severità dei castighi. La legislazione antica dei principi
di Savoia non è fallita a questo scopo.
p]rano impiegati fiiianziarii in Savoia i castellani, 'i'engono l'ufficio loro dal Principe,
ed hanno pure attribuzioni civili e militari. Rispondono in certo modo ai prnùts ed
ai boi Ili s dell'antica anmiinistrazione francese. A somiglianza di questi, hanno incarico
di riscuotere tutte le rendite del sovrano, e di vegliare alla conservazione di tutti i
tuoi beni e diritti. Sono intendenti del Principe e governatori nel tempo stesso. Quindi
hanno dimora nel castello che è loro affidato ; sorvegliano l'amministrazione dei pos-
sedimenti sovrani , radunano i raccolti, esigono i censi, le taglie, le multe, i servigi
dovuti ; tengono in buono assetto le strade ed i ponti coi denari che introitano, fa-
cendo fronte a tutte le spese occorrenti (5).
Subordinati ai castellani sono i mistrali , nelle mistralie in cui dividevasi cia-
scuna castellania. ed altri ufficiali di minor gi-ado addetti essi pui'e alla riscossione delle
entrate fiscali ((5). Loro superiori i balii preposti ai baliati, la maggior circoscrizione
vestrura precipiemio inandamus expresse et sub pena centum marcarum argenti prò quolibet, quatenus
Michillinum de Bugella recepti.s presentibus in nostra malagracia, voce tube et aliis locis ac moribus talia
lieri solitis, nostri parte proclametis et proclamari faeiatis ; nec non tamquam nobis malÌTolam et ingratum
ab omnibus ubicumque pertractari iubeatis, et eciam absque alterius mandati ».
(1) Nella Costuma di Montans del 1271 si trova una richiesta indirizzata al procuratore del re di
Carcassonne. Buvnier cit. , p. 39. Secondo qualche autore invece le cariche di avvocato e di procuratore
generale non sarebbero state create che nel 1312 da Filippo il Bello. Louaudre, 1. cit. pag. 438. —
Cfr. Coumoul, Préeis hùtorùiue sur le Ministère publique. Nouv. Rév. hist. VISSI', p. 303 segg.
(2) Cibrario, Degli Statuti di Amedeo Vili (negli Studii storici, Torino 1851), p. 393, Fin. p. 18.
— Ricotti, op. cit. p. 94.
(3l C. 2. .5.
14) Gli Statuti delTanno 1379, cit. p. 48.
(5; Capre, op. cit., p. 171. - Costa de Beauregard, Mém. lUstor., cit. p. 144. — Ricotti,
op. cit., p. 64. — Cibrario, Statuti, cit. p. 395. — Wurstemberger, op. cit. p. 188.
(6 Cibrario, Fin., p. 181, 182 — Ricotti, op. cit., p. 65.
176 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
amministrativa che si trovi stabilita fin dal principio del secolo decimoquarto negli Stati
della Moiiarcliia di Savoia. Costoro, per ciò che riguarda più specialmente l'azienda
finanziaria, dovevano fare il regolamento delle imposizioni e su'ssidii nei loro ballati ed
al bisogno procurarne l'esazione forzata (1).
In ogni provincia trovasi, nella seconda metà del secolo XIII, un tesoriere pro-
vinciale (2) , prima ancora forse che fossero istituiti tesorieri generali pel Piemonte e
per la Savoia (3).
Per mezzo di questi impiegati aveva eseguimento la volontii del principe e loro
era commessa la difesa dei suoi interessi. Edoardo nel suo statuto del 1325 inculca ai
medesimi l'osservanza dei proprii ordini , ed a ciascuno in particolare di (luelli che gli
provengano da un officiale a lui superiore di gi-ado. E ordinato, dice in essi, che i
castellani . mistrali , e gU altri ufficiali minori obbediscano alle disposizioni impartite
dai balli e giudici, ad ognuno di essi singolanncnte od a tutti insieme; ed a meno che
non giustifichino la inossei-vanza di siffatti ordini, incorrano per ogni volta nella multa
di dieci lire forti. Ugualmente debbono mandare ad esecuzione gli ordini del sovrano
sotto pena di quindici lire forti (4).
Ai castellani, che costituiscono come il pernio di tutta l'amministrazione finan-
ziaria, sono imposte norme rigorose da un'ordinanza del conte Aimone del 1355 (5).
Il loro scopo è principalmente di impedire che le concessioni a censo e gli appalti di
beni e diritti demaniali non tornino pregiudizievoli in qualsivoglia maniera al principe.
Quindi, sono fissati i termini da osservarsi nel procedervi : proibito ai castellani stessi
od ai loro famigliari di concoiTcrvi (tì) : vietato che i beni feudali ed enfiteutici del
conte sieno trasferiti a mani morte , prescritto che nelle vendite ed alienazioni per nessun
riguardo portino detrimento agli interessi del sovrano.
IX
Ma la condizione indispensabile perchè pigliasse migliore avviamento la pubblica
finanza era l'istituzione di un controllo severo e minuto sopra le entrate e le spese.
La finanza moderna ne ha affinati e moltiplicati i congegni, ed anche questa è una
delle caratteristiche che la distinguono dalla finanza antica e dalla medioevale. Ma già
(1) Capre, op. cit., p. 176, il quale però erroneamente vorrebbe scorgere l'origine della istituzione dei
balii nei missi dominici dell'epoca carolingica.
(2) Cibrario, Fin., p. 4[; Storia I, 115. — Wurstemberger, op. 1. cit, p. 190.
(3) Costa de Beauregard, Mém. histor. cit, p. 146. - Ricotti, op. cit, p. 84. — Cibrario,
Stat cit., p. 400. — È fatta menzione dal tesoriere generale in doc. 6 luglio 1399 (pubblicato da Cibrario
in appendice al Disc. ITI , Fin., n. 5 ) « fideli nostro Petro Andreveti tliesaurario nostro Sabaudie
generali » . — Però i conti dei tesorieri generali che si conservano nell'Archivio camerale di Torino risalgono
al 1297, e come avvertì il chiarissimo Bollati di S. Pierre, a cui debbo questa notizia, hanno l'aspetto
di veri bilanci consuntivi, poiché vi si contiene l'indicazione particolareggiata delle entrate e dei pagamenti,
e si chiudono con un riassunto dell'attivo e del passivo. — Un tesoriere al di là dei monti è ricordato nel
Prot. 101, f. 19.
(4) Gli StahUi deìTanno 1379, cit., 1. cit.
(5) Cibrario, Fin., p. 197 ne riferisce il tenore.
(6) Lo stesso divieto ò fatto agli ufficiali regii nelle ordinanze di Luigi il Santo del 1254 e 1256.
{Ree. des ordon., XI, 330).
CESARE NANI 177
la monarchia feudale ne aveva riconosciuta la necessità ed in mezzo a mille difficoltà
dato opera ad instaurarlo.
Il ricordo dei ntissi dominici di Carlo Magno non si era perduto del tutto col
dissolversi del suo impero. La carica scemò d'importanza, cessò di essere stabile, mu-
tarono le condizioni in cui l'ufficio esercita vasi anticamente; ma continuarono pure a
valersi di missi gli imperatori germanici , e se ne valsero i sovrani degli Stati maggiori
0 minori che erano sòrti sopra le rovine di quell'impero.
In Francia S. Luigi stabilisce gli enqueteurs o commissarii scelti specialmente fra
ecclesiastici, perchè percorrano le provincie e vigilino a che niun sopruso si commetta
dagli ufficiali pulilici. Più tardi gli rnquotours ricevono le istruzioni dalla Camera dei
conti e sono mandati nelle provincie per procedere alla ispezione ed alla riforma delle
finanze (1). Come all'origine della dinastia dei Capeti il gran seuescallo sorveglia,
portandosi sul luogo, la gestione dei prcvóts (2), così più tardi i tesorieri generali
sono obbligati ogni anno a fare le chcvauch&s e le visitatiovs nelle provincie per
esaminare davvicino la coni lotta degli ufficiali di finanza , vegliare all' osservanza dei
regolamenti , verificare lo stato delle casse . e confei-ire coi balli e senescalli intorno
alle riparazioni da farsi ai beni demaniali ("j).
In Savoia fin da antico esistevano i commissarii drllr rstentc. Erano chierici
della curia, mandati nelle castellanie a formarvi il ruolo dei contribuenti e delle con-
tribuzioni, ed a sorvegliare il modo con cui i castellani adempiono al loro ufficio (4).
Esiste a tal proposito un ordine di Amedeo V datato dal dì della Circoncisione del
1288, nel quale viene imposto a questi chierici di bene esaminare se i castellani
rendano conto esatto di tutti i proventi che il tesoro pubblico deve ricavare dalle
multe, dai lodi, dalle vendite, placiti ed introgii, sulle terre date in albergamento, e
dai donativi dei borghesi accolti da j)oco tempo (5). e ricercare se essi abbiano ri-
(1) Maury, L'Administration fran^aise avant la Revolution du 1789 (Reme des deux moiides
sec. per., t. 107, 1873), p. 593, 600.
(2) Vuitry, op. cit., p. 480.
(3; NoSl, Ettide ìnstorique sur Vorr/anisation financlère de la France ;Paris , 1881 \ pag. 430
Louandre, Les origines de la magistrature franraise nella Revue des deux mo)ules, 3">' per., t. 34,
an. 1879) , pag. 438.
(4) La e.stensionc del mandato loro conferito risulta dal Prot. 53 , f. 124 a. 1462 e cum piena
et ampia potestate inquirondi cxquirendive iura nobis et demanio nostro spectantia circha bona feudalia
et alia que a nobis iiioventur , in ipsa patria consistentia , comissionesque , cscbeytas , census et redditns
annuos cum aliis actionibus, droyturis, partinentiis etc. etc. nobis pertinentibus ». Anche più parti-
colareggiata è la luterà eoinmis.tionis extenlarum, a. 1448 che si legge nel Protocollo de Clauso (n. 91,
f. 144), Ludovicus dux etc. universis serie presentium fiat manifestum quod tam castra, fortalicia, manda-
menta atque loca sancti Martini . . . certis legitimis causis ad nos nostrasque raanus devenire volentes . . .
Anthonium Boynerii facimus et constituimus per presentes commissariura receptoremque extentarnm
nostrarum pariter et regichiarum castrorum mandamentorumque et locorum praedictorum suarumque soli-
tarum pertinenciarum eidem Anthunio propterea plenam et onmimodam conferentes potestatem
auctoritatemquo ipsas extentas et recognitiones recipiendi, illasque in debitam formam conficiendi et redigendi,
bona et alia que tenent ad cau-am dictorum castrorum et locorum recognoscere, recusanciura ad manus
nostras redigendo, processusque adversus eos formandi, illos citandi, arrestandi, secundum casaum exigen-
ciam , etiam relaxandi et poenas eis imponendi ac alia universa et singula circa hanc raateriam faciendi
que per alios conmiissarios et reccptores extentarum nostrarum debite fieri sunt assueta ».
(5) Di simili conferme di concessioni di borghesia si può vedere esempio in doc. 3 gennaio 1323 pub-
blicato da Cibrario in appendice al Disc. I, Fin., n. 7.
Serie li. Tom. XXXIV. 23
178 1 PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA PEI CONTI XEI.LA MONARCHIA DI SAVOIA
cevuto qualche donativo illecito, o pigliato alcuna cosa pei pagamenti che sono stati
incaricati di fare (1). In base ai ruoli da loro compilati, i castellani eseguivano le
riscossioni e si controllavano i loro conti.
Il qual controllo esercitavasi in origine dal Consiglio del Principe. Perocché nella
monarchia feudale è in questo che si accentra ogni potere. E col suo consenso che
emanano i decreti ; esso è che decide nelle cause deferite alla giurisdizione sovrana ;
è col suo concorso che si compiono gli atti più importanti di govemo. Quindi in esso
mette capo tutta l'azienda finanziaria. Il Consiglio è composto di baroni e di altri
dignitarii ecclesiastici; solo a poco a poco la monarchia potè introdurvi uomini di sua
fiducia, scelti fra esperti giureconsulti ed amministratori; e fu uno dei suoi trionfi
nella lotta contro il feudalesimo l'essere riuscito a comporlo a suo grado.
Ancora nel secolo XIII mandavansi in ogni l)aliato uno o due fra i membri del
Consiglio del Principe di Savoia ad esaminare i conti di ciascun castellano (2). Ma
in progresso di tempo fu ordinato che i castellani stessi si portassero dove il Principe
aveva dimora insieme col suo Consiglio. I conti degli ufficiali debbono rendersi al Principe
ed egli li riceve assistito o rappresentato dal suo (Consiglio (3). Tale è il concetto
a cui si infonna (juesta prescrizione.
Lo stesso avveniva anche in Francia, intorno a quell'epoca. La curia reyis. tra
l'altre funzioni che esercita, ha quella di verificai'e i conti dei Comuni e degli ufficiali
regii (4).
Da questo Consiglio si sviluppa in Francia, come in Savoia, il Consiglio stabile,
con attribuzioni giudiziarie , destinato a diventare la Corte suprema di giustizia. In
Francia anche prima di Filippo il Bello (5) ; in Savoia sotto Aimone o non molto
tempo prima (6).
Ui qui doveva pure sorgere la magistratura a cui si sarebbe affidato il principal
posto nel governo della pubblica finanza, e primo e più importante ufficio fra tutti
il controllo su tutte le spese e su tutte le entrate, la Camera dei conti.
(1) Si trova neirArchi\io camerale di Torino e lo ha riferito Cibrario, Fin., p. 195 come il più antico
che si conosca in proposito. Di altri Statuti di Aimone pubblicati nel 1341 o 1342, intomo ai conti ed ai
chierici, che sono andati perduti, è menzione in Cibrario, Fin.,p. 198; Storia, III, 62; Origini, II, III.
(2) Cibrario, Fin., p. 88.
[S] Trovo infatti nel Regesto ^ei Principi d'Ae({ja cit. di Saraceno agli anni 1323-24, 1334, 1379-81
csempii dei conti ricevuti in presenza del Principe, assistito da consiglieri e segretari! ; ed una formola di
approvazione dei conti ò cosi concepita: « Nos Philipims de Sabaudia princcps Aihaje confitemur quod
omnes et singulas libratas suprascriptas, et contentas in hiis tribus cedulis simul annexis, vidimus et
examinaviraus pcrsonaliter, presente Reviglono de S. Julia clerico nostro, et quod Franciscus Nasaporìs
clericus noster ipsas omnes libratas factas ut supra fecit de nostro speciali mandato. .. » (p. 115-116\
(4) Goffro)', La Chambre des compte.i de Paris nella Rev. de deti.v mondes , 3"" per. , t. 5,
a. 1874), p. 750.
(5) Louandre, 1. cit. p. 438.
ifi] V. l'ordinanza relativa negli Statuti dell'anno 1379, cit. p. 49 ed ibid. p. 6.
CESARE NANI 179
Ma come accadde, che questa Camera si distaccasse dal Consiglio del Principe
e, cessando di farne parte integrante, si costituisse in corpo separato, avente un proprio
organismo, capi ed ufficiali proprii? Perocché è necessario di por mente a questo,
che la Camera dei conti, nel senso vero della pai'ola , non ebbe vita quando inco-
minciò ad esercitarsi la funzione del controllo, e neppure quando fu stabilito il luogo
in cui dovesse esercitarsi, ma si bene quando il controllo fu deferito ad un magistrato
speciale. La qual cosa , per non essere stata bene avvertita . lia indotto in en'ore
quelli che finora si occuparono delle finanze negli antichi Stati Sabaudi, e fece cre-
dere a taluno la istituzione della Camera dei conti più antica clie in realtà non
sia, almeno a nostro avviso. Cosi il Capre, seguito in ciò da altri autori (1). ha
inteso in un capitolo della sua opera (2) di dimostrare che la Camera dei conti fu
dapprima ambuhvtoria , come era ambulatorio il Consiglio del Principe , e più tardi
diventò stabile a Ciamberi , per modo che essa troverebbesi già in funzione ante-
riormente all'anno 1351. 11 Costa de Beauregard poi lia creduto di poter fissare
all'anno 1295 la data della istituzione di detta Camera (3).
Ma è da notare che i documenti citati da Capre non provano altro, se non che
prima del 1351 vi erano computisti a cui si rendevano i conti dagli ufficiali, e clic già
sotto il governo di Aimone vi ha cenno di aiaìitores computorum, che sono nel tempo
stesso fiimiì/arrs del principe. Di un documento pure da lui invocato , dal quale
apparirebbe che già nel 1267 si rendessero i conti in camrra computoruni . è im-
possibile tener conto, peixhè la sola menzione che egli fa. di averlo trovato in un
vecchio registro della Camera dei conti (4) , non basta a stabilirne ne l'autenticità
né l'epoca.
Ora la denominazione di familiarcs indica che le persone accennate in (juei
documenti facevano parte del seguito del principe (5) , onde, se appellavansi audi-
tor es cowjmtorum, gli è perchè in qualità di consiglieri o segretarii attendevano al-
l'esame dei conti. Per altra parte non è punto in (luestione clie la resa dei conti si
facesse anche prima del 1351, poiché ciò risulta dai conti delle castellarne, e risulta
anche dall'ordinanza che, secondo il Capre (6). sarebbe stata emanata nel 1343 da
(1) Ad es. lo Scloiiis, Storia dell'antica legislazione del Piemonte ^Torino 1833), p. 253, ed Albini,
Storia della legisla:ione in Italia (Vigevano 1856}, p. 227.
(2) Prcm. Part., chap. III.
(Sì Matériaux cit., p. 14 segg.
(4) In quel registro sarebbe detto primo quod dominus de anno domini millesimo ducentesimo
sexagesimo septimo et ante habebat castrum et eastellanum in civitate Gebennarum qui in Camera
computorum computabat. Capre, p. 20.
(5; La cosa ò certa quanto a Pietro di Montgelaz , clie è appellato per lo appunto familiaris Domini
nel doc. cit. da Capre a pag. 21, dacché lo si trova fra i membri del consiglio nelle lettere di Amedeo VI
del 1355. Saraceno, Registro dei principi d'Acaja, cit. a. 1295 (p. 114^: — « presentibus plurimis tam
sapientibus, quam familiaribus Dili, quos secum mandaverat prò Consilio » — a. 1395 (p. 115) «... a dno
Jacobo de Palaizonibus de Florencia prò sigillo litterarum sue farailiaritatis et officii taurinensis et consilii » .
(6) Op. cit. p. 57.
180 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
Ludovico di Savoia, signore di Vaud, ed Amedeo, conte di Ginevra, in qualità di tutori
di Amedeo VI. In essa infatti sarebbe stato prescritto che nel rendere il conto ciascun
ufficiale debba pagare le rimanenze , e non allontanarsi tinche ciò non abbia fatto .
sotto pena del duplo (1). Per conseguenza, ciò che di più importante si ricava da
quei documenti si è che vi dovevano essere alcuni fra i consiglieri i quali parti-
colarmente occupavansi della contabilità, ma non se ne deduce certo la prova che
fin da tempo antichissimo fosse costituita . come organismo autonomo , la Camera
dei conti.
Né più fondata è Tipotesi del Costa de Beauregai'd. Tutto il suo ragionamento si
fonda su ciò, che nel 1397 essendosi trattato di trasportare da Ciamberì a Bourg
la sede e gli archivi della Camera dei conti , il comune di Ciamberì vi si oppose,
facondo valere in due memorie, indirizzate una al Conte di Savoia e l'altra al suo
Consiglio stabile, che essi erano stabiliti in castro et villa di Ciamberì da tempo
cosi antico qiiod dr contrario memoria hominis non existit. Ora, siccome il castello
di Ciamberì diventò proprietà dei Conti di Savoia precisamente nell'anno 1295, ne
risulterebbe che in quell'epoca dovette essere istituita nel castello di Ciamberì la Camera
(lei conti. La congettura avi-ebbe ancora appoggio nel fatto, che solo dopo il 1295
si troverebbe nei conti dei castellani ed altri ufficiali l'indicazione che essi furono rice-
vuti apud Camheriacum. Ma è troppo ovvio l'osservare come, quando pure riuscisse
dimostrato che incominciarono in quell'anno a riceversi e conservarsi i conti in Ciani-
beri, nulla prova ancora che vi funzionasse la Camera dei conti. I documenti alle-
gati dal Costa di Beaui'egard possono giovare come indizio per precisare l'epoca in
cui cessarono i consiglieri del principe di levare i conti nelle castellarne, e dovettero
gli ufficiali renderli a Ciamberì, ma non se ne può traiTO nulla di più.
In definitiva esistevano già prima del 1351 certi elementi che dovevano rendere
più agevole lo stabilimento della Camera dei conti, ma non la Camera stessa. Sarebbe
infatti difficile a supporre che questa si trovasse già stabilita in Savoia prima che
fosse organizzata in Francia , mentre tanta parte del diritto pubblico sabaudo si è
modellata sul francese ; più difficile ancora se si consideri che la prima origine della
Camera dei conti nei paesi dove essa è sorta primieramente è dovuta ad influenze nor-
manne, le quali non si vede per quali vie avrebbero potuto esercitarsi immediatamente
in Savoia.
ZI.
La Camera dei conti nei suoi principii è istituzione normanna. In Francia, come
in Inghilterra, come nel regno di Napoli , essa si sviluppò dai germi lasciativi dalla
con(iuista dei Normanni. Vi si atteggiò diversamente, ma nella varietà delle foime si
(1) Ecco il testo della disposizione, quale è riferita da Capre, il quale però non dà altre indicazioni pre-
cise in proposito : < Itcm quod in redditione computi quilibet ofticiarius suam remanentiam tenc.itur solvere
cnm etTcctu, nec de loco doncc solvcrit audeat recedere, sub rcmancntiac poena dupli ; computatoribus autem
specialiter est iniunctum etc. >.
CESARE NANI 181
intraTedono ancora i lineamenti di un istituto più antico, frutto del genio finanziario
di quel popolo (1).
È soprarvissuta, pur modificandosi profondamente, in Francia ed in Italia, in mezzo
a tante mutazioni politiche ; mentre in Ingliilterra il vecchio Excìiequer perdeva ad una
ad una le sue attribuzioni , che trasferivansi a nuovi uffici (2) , ed ancora recen-
temente la Court of Exchequer, che ne era diretta emanazione, scompariva come tri-
bunale speciale per di-rentare una sezione della suprema Corte di Giustizia (3).
Le prime traccie di questo istituto appaiono in Normandia (4). Anche là esiste
una corte feudale la curia ducis , che è il Consiglio onde si circonda il Duca, che
con lui divide la pienezza del potere. Amministrazione e giurisdizione si concentrano in
esso; ma fino da tempo anticliissimo la sua cura principale si rivolge alla pubblica
finanza. Lo spirito finanziario prevale qui, come in tutto il diritto pubblico normanno,
e della sua influenza si è risentita nel suo sviluppo la costituzione inglese.
Perciò prende il nome di curia ad scaccarium (c'ckiqmer, exchequer (5)), dal
tappeto che è steso sopra il tavolo a cui siede la Corte che riceve i conti dagli uffi-
ciali. Il nome non comparì in Normandia che sotto PJnrico II, mentre se ne trova
più antica menzione in documenti inglesi ; ma la priorità non può per questo motivo
essere contestata alla Normandia (G).
Fin dal tempo di Enrico I ne fanno parte insieme coi barones, i rappresentanti
del feudalesimo che vi siedono per diritto proprio, i iustitiarii, persone elette dal re.
In progresso di tempo andò scemando il numero dei primi e lo scaccarium fu com-
posto essenzialmente di iusticiarii chierici e borghesi, specialmente esperti di cose am-
ministrative, tanto che sotto Enrico II (1151-1189) sopra sette membri uno solo è
nobile (7).
Dapprima lo Scacchiere seguitava il Duca dovunque si recasse ; sotto il regno
di Enrico II viene stabilito che YÉchiquier des coniptrs si raduni il dì di S. Michele
(1) In altri Stati , come è noto , la Camera dei conti non fu introdotta che in epoche relativamente
recenti. In Prussia ad es. la sua prima organizzazione è dovuta a Federico Guglielmo I che la costituiva
con ordine di gabinetto del 16 giugno 1717. E. Mejer in Holtzendorffs Rechtslexicon,^': Aufl., vocab.
Oberrechnungskammer.
(2l V. Gneist, Das Englische Verivaltungsrecht, Il .Berlin 1^67), § 61.
(3) Ciò in forza del Supreme Court of Judicahire Act, 1873 (36 et 37 Vict. cap. 66).
(4~, L'argomento fu oggetto di erudite indagini per parte di più autori. Il primo che se ne occupò è
Madox, The funtori/ and antiquities of the exchequer from the Norman conqitest to the end of the
Reign of King Edward II (London 1769;. Primeggia fra tutti la dissertazione (rimasta incompleta) di
D elisie, Les revenus piiblics en Normandie au douzième siede (neìld Bibliothèque de TÉcole des
Charles, Sèrie II, 5; Serie III, 1, 3). Sono pure da ricordare Thomas, History of Exchequer 1846 ed
Id. Notes of materials for the history of publics Departetnents , 1846. Pregevoli appunti si trovano in
Brunner, Die Entstehung des Schiciirgerichte (Berlin, 1871), Vili. — Id. Die Quellen des Norman-
nischen Rechts ^in Holtzendorffs Encyclopàdie, p. 244), e Gneist op. cit., I, § 13.
(5) Sull'etimologia del vocab. vedi Delisle cit., t. V, 268. Nel Dialogus de scaccario (in Madoi
Parte 2."): « Scaccarium tabula est quadrangola quae longitudinis quasi decem pedum, latitudinis quinqne,
ad modura mensae circumsedentibus apposita undique habet limbum altitudinis quasi quatuor digitorum'
ne quid appositum excidat. Superponitur autem scaccario superiori pannus internus Paschae emptus, non
quilibet, sed niger, virgis distinctus, distantibus a se virgis vel pedis, vel palmae extentae spacio >.
(6) V. Delisle cit. , p. 270. — Gneist, op. cit. I, p. 201. — Brunner, Die Entstehung,
p. 150. Quellen, p. 244.
(7) Delisle, p. 273. — Brunner, Entstehung, p. 151.
182 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVulA
nel castello di Caen , per ricevem i conti (1). Sono tenuti a presentarsi per ren-
derli tutti gli ufficiali contabili del Ducato, o personalmente o per mezzo di procu-
ratori, e tutti quelli che sono in debito verso il tesoro. Vengono introdotti, l'uno dopo
l'altro, nella sala dove la Corte tiene la sua seduta per leggervi la memoria di quanto
ciascuno ha ricevuto e speso. La Corte conti-olla, tenendo per base, per ciò che riguarda
le entrate ordinarie, il conto degli anni precedenti ; per ciò che riguarda le variabili, le
informazioni ricevute dalla cancelleria ducale, che le trasmetteva gli atti per cui quelle
erano soggette ad aumento o diminuzione. Oltre a ciò l'ufficiale rendendo conto di
queste doveva presentare le lettere od ordinanze relative. Costituivano spese ordinarie
le elemosine, i feudi ecc.: fra le entrate straordinarie erano quelle provenienti dal-
l'amministrazione della giustizia. Dopo Ein-ico II trovandosi il demanio ducale impo-
verito, queste diventano la principale attività del fisco, e le sportule giudiziarie tengono
il primo posto nei l'uoli dello scacchiere (2). Approvato il conto lo si trascriveva
nel Bofìtiiis annnlia (3) dello scacchiere.
Tale era l'organismo dello scaccnriiim in Normandia sorto nell'undecimo secolo
e via via perfezionato nel corso del duodecimo.
XII
Ed anche in Italia , nel regno di Napoli e di Sicilia da loro conquistati, por-
tarono i Normanni i germi di questa stessa istituzione , di cui si possono scoprire
alcuni indizi nelle costituzioni di Federico II (4). Negli ordinamenti clie vi stabi-
lirono tiene un posto insigne il sistema finanziario. Non si trova menzionato lo scac-
carium, ma esiste un ufficio a cui spetta la funzione del controllo su tutti gli impiegati
che hanno il maneggio del pubblico denaro. È questa la Magna curia rationiim (5).
(1) Deli s le, p. 272.
(2) Brunner, Entstelmng, p. 1-51.
(3) Furono conservati in tutto od in parte quelli del USO, 1184. 119.5, 1198, 1201 e 120.3. Li pub-
blicò Stapleton col titolo Magni rotuli scaccarii Xormnnniae, London 18401844, corredati di Obser-
vations on the great rolls of the Exchec^ner. Li ristamparono Ledi a u de d'Amsy e Charma nelle
Mémoires de la Société dcs Antiquairea de Normandie, voli. 1.") e 16. Nelle stesse Mcmoires, voi. 16.
Deli si e pubblicò un frammento del ruolo del 11 '^4.
i4) Cons. Gì anno ne , Istoria civile del liegiio di Xapoli (Milano, 1821), HI, lib. XI, e. 6, § V.
— Gregorio, Considerazioni sopra la Storia di Sicilia. (Palenno 18051 — Bianchini, Storia delie
Finanze del Regno di Napoli (Palermo, 1839). — R a u m e r , Geschichte der Hohenttaufen III ! R e u t-
1 i n ff e n , 1829 ). - Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, I (Parisiis, 1 8.">9)
Introduction. — Portile, Storia del Diritto italiano, II ^Padova, 1880j, p. 321 segg. —La M a n t i a,
■Storta della Legislazione di Sicilia, I (Palermo 1^1 i. — Del Vecchio, ia legislazione di Fede-
rico II imperatore ^Torino 1874).
(.5) Inesattamente, a nostro avviso, vorrebbe il Gregorio, op. eit. p. 41, attribuirle un'origine romana-
L'ordinamento finanziario romano non ebbe mai alcuna istituzione che rispondesse all'ufficio della Camera
dei conti. I Quaestores urbani non sono i controllori dell' azienda finanziaria; sono invece i custodi dello
erario pubblico di cui tengono le chiavi. Domi peciiniam publicam custodiunt, dice Cicerone (De
kg. 3, 3, 6 ) sono i cassieri dello Stato, perciò mentre curano le esazioni fanno i pagamenti che loro ven-
gono ordinati dal Senato. Il loro ufficio è chiaramente descritto da Pomponio, 1. 2, § 22. D. de O. 7.
( 1. 2): € Deinde cum aorarium populi auctius esse coepisset, ut essent qui illi praeessent, constituti sunt
quaestores, qui pecuniae praeessent, dicti ab eo quod inquirendae et conservandae pecuniae causa creati erant ».
D'altronde essi non costituivano un consiglio stabile, ina erano magistrati eletti annualmente e cum pari
CESARE NANI 183
Essa è composta di magistri rationnlrs o mugistri rationmn curiae i quali, proba-
bilmente sotto la direzione del logoteta (1), esaminano i conti dei giustizieri e di
tutti gli ufficiali fiscali, dopo che già sono stati verificati una prima volta dai razio-
nali (2).
L'incarico dei magistri non è che temporario, quindi cessa allorché hanno rice-
vuto i conti che sono deputati ad esaminare (3). Se essi cumulassero colle funzioni
di revisione anche quelle giurisdizionali, e specialmente di giudici d'appello delle Corti
scerete, è dubbio (4).
Stabilivano il loro ufficio, le scholue ratiocinii, là dove potessero più comoda-
mente portarsi gli ufficiali, i cui conti trattavasi di verificare. Quindi, da principio
almeno, la 31. curia rationum non dovette aver sede fissa. Tuttavia radunossi già
da antico per la Sicilia a Palermo (5) e pel Kegno di Napoli a Barletta (6). In
una costituzione di Fedeiùco II è stabilito che d"ora innanzi le secU dove si rice-
vono i conti sieno Monopoli , Melfi e Caiazzo, per guisa che a ciascuna di esse si
rechino gli ufficiali dai giustiziariati })iù vicini. Nella stessa si ordina, che , sorgendo
qualche dubbio relativamente alle rese dei conti, debbano i maestri consultarsi a vicenda
e ricorrere per consiglio, occorrendo, alla Magna curia. Oltre a ciò sono date in altra
costituzione alcune norme circa al modo da tenersi nella verificazione dei conti (7).
potestate, d'onde è noto quali conseguenze procedessero; ed univano altre funzioni allo finanziarie, special-
mente quelle attinenti alla giurisdizione criminale che furono forse le più antiche. Sul carattere della
questura romana cons. principalmente L a n g e liiimiscJte Alterthiimer (3" Aufl. I, Berlin 1876', 881 segg.
— Mommsen, Riimisches Staatsrecht, II (2" Aufl., Leipzig 1877', p. 511 segg. — Willem s, Le
Droit public romain (4"" édit., Louvain 1880), p. 297 segg. — Madwig, Die Verfamng ii. Verwal-
tung des Riitn. Staates, I (Leipzig 1881', p. 438 segg. — Walter, Gesch.des ròm. Rechts (2" Aufl.,
Bonn 184.5\ I, §§ 128, lfi3. — Padelletti, Storia del Dir. romano (Firenze 1878), p. 24. — Neppure
1,'redo che abbia qualche analogia colla Camera dei conti moderna l' ufficio del Procurator a rationibus o
rationalis nummae rei che diventa più tardi il Comes sacrarum largitionum. Infatti egli può paragonarsi
ad un ministro di finanza (Puchta, Cursu.<i der lìulit., 7" Aufl., Leipzig 1871, p. •')21). Ha il governo
del sacriim aerarium (distinto dalla res privata e dall'arca Pracfecturae practorianae) e mediante l'o/"-
ficitim che risiedo a Roma, i rationales vicarii o comitea largitionum stabiliti nelle singole Diocesi, non che
il Comes commerciorum, i praepositi thexaurorum ecc., magistrati locali, provvede alla riscossione di tutte
le pubbliche entrate, di qualunque natura, i cui proventi tiene a disposizione dell'imperatore, L. 12, § 2, C. de
Gif. Com. sac. largii. (1. 321 (ediz. Kriiger): <■.... noverint .... aurum eiactum ad suas largitìones sine
ulla dilationu esse mittendum » V. Be t h m a n n- H o 1 1 we g , Der Civilprozess des gem. Recht'>,ììl
(Bonn 1860!, p. 71 segg. Willems, p. 606 segg. — Del resto, non è punto escluso che anche a Roma
si esercitasse una revisione sopra le riscossioni e le spe.se pubbliche, poiché senza questa non è concepibile
una ordinata amministrazione finanziaria. Ma è moderno il trovato di una magistratura, la quale, senza essere
depositaria del pubblico danaro e senza ingerirsi nella sua erogazione, abbia per suo unico ufficio il controllo
finanziario. Questo della Camera dei conti è un istituto proprio del diritto pubblico moderno, il quale,
assai più che non il diritto privato, tende a scostarsi dalle basi del diritto antico.
(1) H u i 1 1 a r d - B r é h 0 1 1 e s , Intr. cit. p. CDXVII. Del Vecchio, cit.. p. 206.
(2) Giannone, cit. p. 500. - Raumer, cit. p. 440. — Gregorio, cit. p. 39.
^3) Non si nominavano mai più di tre 0 quattro ma(7is<ra<('. Huillard- Bréholles cit., p. 219, u. 1.
(4) L'artermano Giannone, 1. cit. — Gregorio, III, p. 40. — Bianchini, p. 149. — Fer-
tile, 322. Per contro Huillard-Bréolles, p. CDXVI, senza contestarlo in modo assoluto, osserva-
che manca ogni prova positiva al riguardo.
(5) Gregorio, p. 40.
(6) Fertile, p. 321.
(7) Nella terza delle costituzioni indicate alla n. seguente (Huillard-Bréholles, p. 220) : De
apoilixis que inveniuntur in quaternis veterum rationum posite, in suspenso sic vos tenere volumus ut si
in eis justa causa suspicionis est posita, eas prò inefficacibus habeatis. Si vero nulla causa notatur in eis,
et vos potestis aut per eos qui rationes huiusmodi receperunt, aut ex vestro ingenio causam in eis com-
184 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
le quali è probabile non differissero da quelle che si osservayano nell'epoca nor-
manna (1).
Queste sono le notizie che abbiamo della Magna curia rationum , i cui poteri
dovevano più tardi trasmettersi alla Camera della Sommaria.
XIII
Dalla Normandia lo Scacchiere fu trasportato in Inghilterra (2) e vi serbò per
tutto il periodo normanno il suo stampo originale.
« Ogni anno (scrive Gneist (3)) un gran numero di alti impiegati e di uomini
del re con numerosi dipendenti erano occupati a ricevere i pagamenti dei sceriffi, degli
afìittaioli e cusfoiìes ; ad esaminare i conti e liberarli; a trasci'ivere e percepire entrate
periodiche, aids, ialhuji-s, scutaycs; a mettere in caricai sceriffi ed aXivi fcrìuors o
custodes e levarne i conti ; a decidere le cause che sorgono nella sfera di questa
amministrazione ; a destinare, per altra parte , pagamenti per i bisogni della famiglia
reale, del seguito e dei domestici , per le provvigioni da guerra e guarnigioni, per sod-
disfare i creditori del re e per le spese d'amministrazione di ogni genere; il tutto sotto
la presidenza personale del re, ovvero secondo il suo volere espresso o presunto ».
Quindi lo Scacchiere si ripartisce in due sezioni, lo scaccarium majus, la sezione
che si occupa della contabilità , e lo scaccarium inferius , scaccarium de rcccpio ,
recepta scaccarii, quella che si occupa delle entrate (4). Cos'i la prima che la seconda
sezione ha i suoi impiegati. Appartengono alla prima, oltre il lleniemhrunccr, VIii-
(jrosser ecc., gli auditorcs conipniorum che surrogarono i clrrlx jìvo ìiac vice edi baroni;
alla seconda il clrricus lirrrium , i Chamberlains , i clerici thesaurarii ecc. (5).
n denaro riscosso è versato nel Tìtesauriis regis ed i pagamenti non seguono che in
base ad ordine del re (writ o rnandafc) indirizzato al tesoriere od ai cameraiii (Trea-
siirers e Chamhvrìains) (G).
prehenJere quave debeant non aJmitti, non aduiittatis. Si vero aiit minus justam aut minus rationabilein
causam notatam in eis aut vus de ture cas non vidoritis sus))endendas ipsas voluiuus computare, et si super
hiis forte dubiuni vobis emersorit nostrae excellontiae rcferatis. De e3q)ensis autem quae per ofrìciales nostros
quocumque tempore prò nostris servitiis facte fiierint, de quibiis fai-icndis vel mandata non habuerint vel apodiias
minus solempnes ostenderunt , volumus quod sibi liquide vobis constiterit expensas nostris servitiis neces-
sarie et utiliter esse factas, licet forte fatte fuerint sine mandato vel apodixe que exinde ostenduntur aliquid
minus habeant de solempnitate que in apodixis requiritur faciendis, debeant eis nichilominus computari.
(1 Sono tre le costituzioni di Federico II relative alla Magna Curia. Furono pubblicate da H u i 1 -
lard-Bréholles cit., IV, p. 216-221 col titolo Conitifutiones super acholis ratiocinu, super nitiociniis
ab officialibus rccipiendifi, et responsiones de e.rcomputationihus de apodi.ris et expensis. — La prima di
esse trovasi in Vetri de Vin. Epiat. lib. Ili, e. XIV; la srconda ibid. Ili, LXV. La terza era inedita
— Incerto l'anno della promulgazione. L'Huillard-Bréliolles credo si possano con una tal quale
probabilità assegnare all'anno 1238.
(2; V. le opere di Madox, di Gneist e Thomas già cit. , e Fi schei, La Constitution
d'Angìeterre (trad. par Vogel). Paris 1864, p. 265 segg.
(3) Op. cit., p. IO,").
(4) Gneist, 1. cit. - Thomas, Materials, 5. — Ma do i, I, 348-350, 362-389.
(5) Madox, I, 107; II, 263 e segg. - Gneist, p. 204.
l6, Gneist, p. 196, 203.
CESAKE NANI 185
La resa dei conti procede cauta e minuziosa, tanto che non è raro il caso, che
chi deve rendere il conto si sottometta a pagare grosse somme per essere esonerato da
ogni responsabilità esso ed i suoi srrvifntrs (1).
I pagamenti fatti dai sceriffi non sono ammessi se non è presentato il mandato
(Warrant of discount), ed è necessario che sieno giustificati da un ordine del re (Kìng's
writ), o da un rescritto del tesoriere. U contabile deve comparire in pei-sona e giurare
anzitutto (le fideTi competo reddendo : talora è approvato il conto anche jj^'r fìdem o per
veruni dictuni. Solo in via d'eccezione, per un ordine regio, più tardi anche per ordine
del tesoriere, è concesso che la resa dei conti segua per mezzo di un cìrrk . come rap-
presentante (attorney) (2).
I risultati dei conti sono trascritti nel Motuìns annnnlis, the great Boll of Ex-
chequer (3). Lo scacchiere ritiene pui-e funzioni giurisdizionali. Allorché nasce conte-
stazione su qualche parte di un conto, gli impiegati supremi ileWExcheqiier si costituiscono
in tribunale, citano il contabile e si risolvono in forma contenziosa le difficoltà insorte (4).
XIV.
Mentre a questo modo si veniva atteggiando in Inghilterra, nell'epoca normanna, la
Camera dei conti, essa ])ropagavasi pure in Francia (5).
L'anno in cui vi fu istituita non si può fissare neppure per approssimazione (6);
ma questo è da ritenere come certo che non fu prima che la Normandia fosse incorporata
nel Regno di Francia. Né ciò avvenne immediatamente dopo la conquista di Filippo
Augusto. E vero che in un'ordinanza dell'anno 1256 (7), colla quale sono imposte
certe regole all'amministrazione ed alla contaljilità dei comuni, è fatto cenno di revisori
eletti dal re (nostras (/('lìtrs quc ad nostros rowjwtog drputantur), innanzi ai quali
debljono presentarsi a Parigi nell'ottava di S. Martino i magistrati comunali a rendere i
conti della loro gestione finanziaria : ma oltrecchè questa disposizione non fu che per
breve tempo in vigore (8), non vi è prova sicura che essi estendessero il loro controllo
eziandio alla contabilità degli ufficiali regii (0). Ma in sul finire del secolo decimo-
(1) Offrivansi puro soiuine di (lan.iro ut Rex faciat rccipi compotum sine ira et indignatione,
G neis t , p. 187.
(2) Gneist, p. 197. — Tliomas, Excheqiier, 49-58.
(3) M a d 0 X , II, 4.56 segg. — Gneist, p. 197, 203.
(4^ Gneist, p. 198. La procedura è descritta noi Dialogus de ScaccaHo, U, e. 1, cit.
(5) V. Boilisle, La Chambre des comptes de Paris. Piéces justificatires pour servir à Vhistoire
des premiers Présidens ( Nogent-le-Eotrou, 1873^ — Vuitry e Noel, op. cit. ed i lavori di M a u r y e
Louandre pure cit. — D a 1 1 o z , Repert. XIV. — Non mi è stato possibile di consultare D n e r o q ,
La Cour des comptes: et som histoire, 1867.
(6) Tale è la conclusione a cui è pervenuto il Boilisle, il quale ha fatto le più diligenti e minute
indagini a questo riguardo. V. pure Geffroy 1. cit, p. 749 e Vuitry, p. 509.
(7) Bee. des Ord., I, 82 , 83. « Nous ordenons que li nouvianx maires et li viez et quatre des
preudhomes de la ville . . . viegnent à Paris a nos Gens, aux octaves de Saint Martin, pour rendre corapte
de leur recette et de leurs dépenses ».
(8) Vuitry, p. 501.
(9) Tuttavia qualche autore ha ritenuto che a questa ordinanza sia da riferire la prima origine della
Camera dei conti francesi. Così il P a r d e s s u s (t. XI. Ree. des Ord. Préface, p. 102 ) — N o 6 1, 1. cit.
p. 444. — Persico, Principii di Dir- Amministrativo (Napoli, 1874), I, 133. — D a 1 1 o z , cit., n. .'5.
Serie li. Tom. XXXI Y. 24
1 86 1 PRIMI STATITI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NtLLA MONARCHIA Vi SAVOIA
terzo si fanno più numerosi gli indizii della esistenza della Camera dei conti. Verso il
1272 troviamo una decisione che è resa jìrr nuigistros curinr qui erant in com-
potis apud tniipluni. in una questione di diritto che interessava le finanze (1). Poco
più tardi si vedono menzionati maitres des comptes du roi in un atto del 1278 relativo
alla liquidazione dei debiti della città di Noyon, e parimenti in due conti del 1285 e
1288 (2). È da credere quindi che fin d'allora fosse per sorgere la Camera dei
conti , e probabilmente il suo ordinamento definitivo fu opera di Filippo il Bello, che
riordinò le istituzioni politiche del Regno (3), e di Filippo il Lungo (4).
L'esempio della Normandia, dove continuava a funzionare V Écliiquier , doveva ne-
cessariamente condurre a questo risultato. Le particolarità del fatto rimangono avvolte
nella oscurità, ma è costante che quella Camera fu un'emanazione, operatasi mediante un
lento processo, della Curia, del consiglio del re di Francia. I magisiri f»mfp senza dubbio
erano consiglieri del sovi'ano ; ma forse già i magi stri coiiipotorum del 1278, del 128.">
e 1288, erano impiegati di regia nomina.
Per tal guisa si trovò costituito un ufficio autonomo a cui spetta il controllo supremo
su tutta lammimstrazione finanziaria del regno. Stabilita a Parigi, la Camera dei conti
esamina tutti i conti del regno, ne verifica l'esattezza, li approva e decide con pienezza
di giurisdizione in tutte le cause relative alle entrate regie (5). Coli' accrescersi dello
Stato però la Camera dei conti di Parigi, pur serbando la preminenza su tutte, vide ele-
varsi d'attorno parecchie altre Camere provinciali, stabilite in differenti località (6).
XV
In Francia adunque noi troviamo organizzata (juesta istituzione sul principio del
secolo decimoquarto.
Di là è venuto linipulso onde essa si costituì anche in Savoia. Vi è sorta dagli stessi
elementi, con un procedimento congenere, e lo Statuto di Amedeo \ I del 7 febbraio 13,")]
è il primo documento che ci annunzia in modo positivo la sua apparizione.
Esso è redatto in francese antico, ed ha ti'entasette capi, concepiti talora in forma
così rozza che ne riesce difficile l'intelligenza. La sua importanza consiste essenzialmente
in ciò, che con esso è creato un nuovo ufficio, e ne sono esattamente regolate le funzioni.
L'ufficio è quello di maestro dei conti (mrstrr <lrs comptes), e le funzioni, di varia natura.
che gli vengono assegnate sono tutte dirette al buon governo delle finanze.
Vi ha nello Statuto i[ualche disposizione in cui si rinnovano ordini già prima
(1) Pa rd ess u s , 1. cit.
(2) Vuitry, p. 509.
(3) Vuitry, 1. cit.
'4)Maury, 1. cit., p. .")07. Batbie, Traili' thi'or. et prat. de droit public, VII (1868 ,
n.' 442, 443.
;.">) Maury cit., p. .").')().
(6) Cosi fu creata quella di Montpellier nel 14l'2; quella di lìouen nel 14.");i, quella di Dijon nel 1477,
di Aii nel 1483, di Nantes nel 1492 ecc. Xoel cit., p. 445.
CESARE NANI 187
in rigore (1), e ve n'ha alcuna che evidentemente ha solo effetto transitorio (2).
Secondo la consuetudine dell'epoca (3) , esso ha l'apparenza di una serie di istruzioni
date ai due maestri dei conti che venivano insigniti di tale carica. Ma ciò nonostante,
non può cader dubbio che gran parte delle norme in esso contenute erano destinate
a rimanere in osservanza, e che lo scopo loro era di costituire un nuovo organo nel-
l'amministrazione finanziaria dello Stato (4).
I due maestri dei conti ivi nominati sono Pietro di Montgelé e Guillermet Bon, e
loro è affidato il controllo delle finanze, la sorveglianza degl'impiegati che vi sono addetti,
la cura di provvedere alla incolumità dei diritti patrimoniali del conte.
Perciò è detto fin dal principio dello Statuto che d'ora innanzi i conti debbano
riceversi per loro ordine dai chierici a ciò deputati . e che essi , per la fedeltà a cui
sono tenuti verso Monsignore, faranno in modo che gli ufficiali sieno prontamente li-
berati affinchè non abbiano a lagnarsi come altre volte accadde (5).
È stabilito che gli ufficiali debbano effettuare personalmente, se il Conte non abbia
diversamente ordinato, o non possano addurre qualche giusta causa, la resa dei conti.
Quando sieno rappresentati da un ])rocuratore, occon-erà che questi sia munito di pieni
poteri, e ne sarà ritenuta la procui-a (fi).
Non è ammesso a rendere il conto chi non al)l)ia prima giurato di renderlo esatto e
fedele, uè a riceverlo il chierico che l'abbia ricevuto dallo stesso ufficiale l' anno innanzi.
La pena dolio spergiuro è di venticinf|ue lire forti, e sarà annotata a conto dell'uf-
ficiale (7). Nei cimti poi i castellani dovraiuio computare anche le (Indir ricevute in
occasione di accensamenti, di affitti o simili. La disposizione non era nuova, dacché già
nell'ordinanza di Amedeo V del 1288 trovasi stabilito che si debbano registrare tutti i
doni ricevuti dal castellano, affinciiò si sappia se alcuna cosa appartenga al principe e si
ccmosca la causa dei doni. Por dono, fosso di moneta o d'altro, s'intendeva un valsente
non minore di ciu(iuo soldi (8).
L'ufficiale non può abbandonare il suo impiego senza che siano chiusi i conti della
sua amministrazione, e finché rimane in carica non si procederà alla verifica se prima non
sieno approvati i suoi conti della stagione antecedente (9). Se risulti da questi di
(1; Cosi al e. 30 è fatto divieto agli ufficiali di comperare od acquistare per qualunque altro titolo ,
feudi 0 rctrofcudi, il che può considerarsi come una ripetizione della prescrizione di Aimone. Col e. 25 è
prescritto nuovamente agli ufficiali di nulla celare di quanto sia avvenuto a loro notizia di pregiudizievole
agli interessi patrimoniali del Conte di Savoia. Nel e. 12 è riconfermata la disposizione dell'ordinanza
del 1343 di sopra ricordata.
(2) Segnatamente quella del e. 19 , dove è fatto ordine agli ufficiali ed ai non ufficiali di mettersi
a carico e far pervenire al tesoriere le somme ricevute ]ier la spedizione che doveva aver luogo in Piemonte
e fu contromandata. Al e. 18 sono invitati gli ufficiali ad anticipare le entrate dell'anno prossimo al fine
di procurare a Monsignore i mezzi di riscattare i castelli impegnati. Sembrano pure avere carattere transi-
torio le disposizioni dei ce. 8 e 24 che si riferiscono alla pestilenza del 1348, e quella del e. 10 relativa
ai sussidii.
(3) Sono concepite nella medesima forma le lettere pure di Amedeo VI del 135.5 con cui veniva
riordinato il Consilittm nohiscum residenx.
(4) V. Guich enon, op. cit., I, 118.
(5) C. 1.
(6) C. 3.
(7) C. 2, 4.
(8) Cibrario, Fin., p. 196. — Costa de Beauregard, Matériaux, p. 46.
(9) C. 6, 5.
188 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
qualche arretrato, ovvero gli sia stata concessa una mora, dovranno, a meno di giusta
eccezione in contrario, nella susseguente resa dei conti saklarsi le differenze (1). Le
rimanenze poi debbono dai maestri porsi a registro e presentarsi a Monsignor© (2).
Per causa della pestilenza scoppiata l'anno 1348 (3) essendo diminuito il nu-
mero dei contribuenti , il totale delle riscossioni, in parecchie castellanie, difficilmente
avrebbe potuto conispondere a quello risultante dalle esientc. Perciò i maestri dei conti,
prima di ammettere la detrazione richiesta dal castellano, dovranno ))orre grande diligenza
e verificare i fatti allegati, servendosi di documenti, del giuramento e di ogni altro mezzo
di prova che loro parrà idoneo, e riferii-anno in proposito a Monsignore, uniformandosi
poi ai suoi ordini (4).
XVI
Qui hanno termine le disposizioni relative alle rese dei conti (5): alle quali, come
si è veduto, sono picposti i maestri. Lo Statuto non aggiunge alti'i particolari, ma, con
disposizione generale, è imposto ai maestri di procedere in ordine ai conti nel modo che
riesca sempre il più profittevole por Monsignore (6). E Tautorità loro sotto questo ri-
spetto è così grande che quasi si uguaglia a quella del Conte. Infatti, come egli è in di-
ritto di impoiTe pene a suo ai'bitrio, cosi possono i maestri dei conti multare gli ufficiali
per ogni loro negligenza nella resa dei conti (7).
Essa si estende ancora ad ogni parte dell'azienda finanziaria, per ciascuna delle
quali sono muniti di poteri appena inferiori a quelli del Principe. Soprastanno a tutta la
gerarchia degli impiegati che vi prestano la loro opera, ne debbono stimolare lo zelo,
impedire gli abusi. Per la fede ed il giui'amento che hanno prestato a Monsignore (8),
dice lo Statuto, essi debbono riferirgli quali fra gli ufficiali, a loro notizia, lo servano
lealmente e con suo profitto, o quali no. Sopra tutto debbono procurare che ninna delle
entrate dell'erario si disperda, ma che invece ognuna frutti sempre maggiormente.
Già abbiamo accennato sommariamente (juali fossero ; lo Statuto ne enumera pa-
recchie, sottoponendole alla vigilanza dei maestri.
I raccolti delle ten-e demaniali e le prestazioni dovute in natura tengono il primo
posto fra le rendite annuali del conte di Savoia. La cura di raduiiarle, di custodirle e di
venderle era spettata fino allora ai castellani nelle rispettive castellanie (!)). Ma foi'se
erano nati inconvenienti riguardo alle vendite delle vettovaglie, e per troncarle lo Statuto
ordina, che dora innanzi grani, vino, polli, cera, fieno e droghe, sieno vendute per cura
(1) C. 7, 12.
(2) C. 32.
(3) V. Cibrario, Storia, III, 101 sefrg.
(45 e. 8. Ha stretta attinenza, a mio avvi>o, fon questa disposizione l'altra, non ben chiara, del e. -4,
da cui risultereblie che i maestri dovranno informare Monsignore di quanto in media sia scemata la
rendita di ogni castellania per causa della mortalità.
(.')) Intorno alla procedura che si osservava nella verifica dei conti. V. Cibrario, /Vii., p. 188 segg.
(6) C. 29.
(7) C. 20.
(8) C. 27.
(9) Capre, op. cit., p. 171. — Costa do Beaurogard, Mém., p. 144. W u r s t e m b e rg e r,
op. cit., p. 188.
CESARE NANI 189
dei maestri dei conti ; al qual uopo debbono tenersi informati dei prezzi correnti in
ciascun mercato. Il ricavo delle vendite sarà consegnato al tesoriere del conte o del
suo ostello (1). Se si rendano acquisitori gli ufficiali stessi dovranno pagare o finanzare il
prezzo, prima che partano da Ciamberi, dove sono venuti per rendere i conti (2).
kWostello di Monsignore, il quale, come si è veduto, aveva una amministrazione
separata, sono parimenti dovute certe pensioni. Quali fossero, non è detto nello Sta-
tuto (3). Ora avveniva, pel disordine finanziario dell'epoca, che le somme per tal titolo
dovute fossero o pagate direttamente alla casa del principe dai debitori o richieste agli
ufficiali, prima che scadessero i termini stabiliti pel versamento dei fondi incassati (4).
Perciò, (quando trattavasi della resa dei conti, trovavansi deficienze che occorreva giustifi-
care, e la conuetudine apriva facile la via agli abusi. Anche a ciò tenta di porre riparo
lo Statuto, ed è degno di nota il modo con cui la disposizione relativa è concepita : « È
ordinato che i maestri procurino che gli ufficiali si obblighino a pagare le pensioni dovute
airostello di Monsignore, e che le portino o trasmettano nei termini e giorni fissati, nel
modo che sarà meno gravoso per Monsignore. A ciò debbono obbligarsi sotto pena del
doppio, da registrarsi nei loro conti, e loro non sia fatta grazia se la incorrono. Né ecce-
zione ne ordine che essi abbiano ricevuto in contrario non possano farsi valere in nessun
modo, a meno che le jìcnsioni od altri denari che i detti ufficiali ritengano per altra causa,
sieno stati spesi da Monsignore o dal suo ostello. Non si chiuda il loro conto, ne sieno li-
cenziati dalla Camera, finché non abbiano assunto quesfobljligo, tranne che ordini diver-
samente Monsignore, il ([uale prowederà come gli parrà meglio. E siffatta ordinanza sarà
comunicata al cancelliere, perchè nell'occasione della nomina di nuovi ufficiali la inserisca
nelle lettere di nomina, onde essi vi si sottomettano ed obblighino ; e pagliino, se si dimo-
strino negligenti, oltre alla pena sopradetta, anche le spese che fossero ' necessarie per
ricuperare le pensioni dovute, decorsi i termini » (5). La disposizione è rigorosa e
precisa, ma non consta clie essa abbia pienamente raggiunto il suo scopo; lo crederà solo
chi ha fede nella onnipotenza della legge.
L'entità di tali pensioni deve essere arbitrata dai maestri dei conti, i quali pui'
procurando che il principe ne tragga il maggior provento possibile, dovranno tener conto
della quantità più o meno grande delle imposizioni che già gravano sopra ciascuna
castellania ((5).
(1) In doc. 11 settembre 1365 (pubblicato da Cibrario in appendice al Disc. Ili, Fin., n. 1) è
fatta menzione appunto delle vettovaglie venduto ad expensas hospicii nostri.
(2) C. 9.
^3) Certo erano tra queste le pensioni che pagavansi dagli Ebrei. Infatti nel conto dell'ostello del
principe pel biennio 133S.1339, trovasi registrata (giusta nn' informazione fornitami dal chiar."'" Boll ati
J i S. Pierre) la seguente partita: « Recepit (il texoriere) loczono de la Ferté, judeo, solvente nomine
suo et aliorum judeoruin terre Domini, prò quadam composiiione quam habent cuni Domino (et solvunt in
medio cuiuslibet mensis centum florinos auri, ut in computo precedenti , et computat prò decem septem men-
sibus, quorum primus est mensis marcii anno 1338 etc. 1700 florinos auri de Florentia ». In un doc. 22 feb-
braio 1300 pubblicato da Cibrario (cit. p. 13. n. 4) Amedeo V rilascia quitanza per una somma ricevuta
«... a David judoo ... de pecunia quam ipso David nobis debot solvere in lesto nativitatis Domini proximo
venturo prò concordia quam nuper fecimus cum judeis ».
(4; Cibrario, Fin., p. 184 — Ricotti, op. cit., p. 84. In doc. 31 luglio 1355 .pubblicato da
Cibrario in appendice al Discorso HI, Fin., n. 2) il principe ordina ai maestri dei conti di allogare
una somma spesa da un ufficiale ...» quas quantitates ipse prò nobis solvit et libravit ».
(5) C. 11.
;6 C. 13.
1 90 1 l'KlMI STATITI Mll'KA LA CAMEKA DKI CONTI NKI.LA MONAKCHIA HI SAVOIA
In alcuni luoghi il demanio aveva dei crediti, che rappresentavano entrate straor-
dinarie, forse già di data antica e fino allora non esatti. È ingiunto ai maestri dei conti
di fame diligente inventario per mezzo dei documenti e delle informazioni che potranno
raccogliere, e consegnarli agli ufficiali delle castellanie dove esistono quei crediti, affinchè
non mettano indugio a riscuoterli. Nell'intento che la hisogna sia condotta col maggior
zelo, si promette agli esattori (nello statuto sono appellati devcììicrs) quel tanto sulle
riscossioni che già ottennero altra volta, ed agli ufficiali due soldi per ogni lira, oltreché
ciò che avranno ricuperato sarà imputato a conto di ciò che per avventura Monsignore
dovesse loro. Anche questa ordinanza sarà comunicata dal cancelliere agli ufficiali, nell'atto
che riceveranno le lettere per cui sono investiti del loro ufficio (1).
Le cariche pubbliche consideravansi a quell'epoca principalmente sotto il risi)ett(i
dell'utile che procuravano a chi ne era in possesso. Perciò in Savoia, come in Francia,
ritenevansi poco meno che come cose in commercio. Le mistralie nella contea di Savoia
si affittavano, si appaltavano, si vendevano (2). In Francia le prcvótrs si davano a
regìa talora per conto dello Stato, più generalmente si mettevano all'incanto : \nh tardi
si trafficarono, ed i proventi die si ricavavano per siffatta guisa si inscrivevano nel bi-
lancio sotto il nome di affaircs extraordinaires (:^). Tale essendo la consuetudine,
doveva parere affatto naturale che degli ufficii si disponesse a titolo di pegno. Lo Statuto
ha apjiunto una disposizione sopra questo argomento, con cui si ordina ai maestri dei
conti di jìoiTe in opera ogni mezzo onde liberare gli uffizi impegnati, affinclit' ritornino
intieramente a disposizione del Conte (4).
Le eredità, che si rendono vacanti nel douiiiiio del Principe, cedono a lui come
a signore feudale. Cos'i jìnrc a lui rituniMno le teiie date altrui a godere quando chi
le coltiva venga meno ai patti della concessione. I maestri dei conti dovranno invigilare
perchè gli ufficiali nell'uno e nell'altro caso, valendosi all'uopo anche dell'o]iera di
qualche persona i)roba. si mettano in possesso di quei beni e ne dispongano pel maggior
vantaggio di Monsignore (5).
Nei passaggi dei feudi a nuovi signori. piT (|iialiiniini' causa avvenissero, potevano
soffrir detrimento i diritti del Conte da cui quelli inovevano. Lo Statuto inculca ai
maestri di ])i'ovvedere a che gli ufficiali, servendo>i di chierici esiìcrti, dieuo opera nel
miglior modo alle ricognizioni dei feudi, e sollecitino, (juant'è possibile, perchè Mon-
signore già ebbe a patire danno jier questo motivo ((5).
(1) C. 14.
(2) V. Gli Statuti del 1379, cit. p. il. n. S.
(3) V. in proposito Louaniire, 1. cit. , p. 44:i. — I. a f e rr icre , op. cit. , p. -59 - B russe l,
op. cit., p. 422.
(4) C. 15.
(5) C. 17.
(6) C. 23.
CESARE XANI 1 9 1
XVII.
Anche l'amministrazione della giustizia era , come si è detto . fonte di redditi.
Perciò, il i)rocurare che essa procedesse rettamente era non soltanto un obbligo che si
imponeva al Principe, ma ancora suo supremo interesse. La monarchia doveva orga-
nizzare solidamente i suoi tribunali, ed estenderne la competenza onde combattere il
feudalesimo ; ma doveva eziandio, nella lotta ch'essa sosteneva contro la giurisdizione
ecclesiastica, fare in modo che la giustizia dei suoi tribunali paresse preferibile a quella
dei tribunali ecclesiastici. Perocché sarebbe errore il credere (1 ) che questi abbiano
potuto nel medio evo comprendere nel giro della loro competenza una sì disparata
(juantità di persone e di cause, valendosi della frode e della violenza. Fu il consenso
dei litiganti stessi che sovente forai alla Chiesa i mezzi di estendere la sua giurisdizione.
Vi fu tempo in cui i suoi mezzi di prova parvero migliori che quelli che si adope-
ravano nei tribunali laici, maggiore la scienza e la imparzialità de" suoi giudici, minori
le spese del processo. Solo per queste considerazioni si spiega la frequenza nel medio
evo delle obbligazioni confermate con giuramento, e la consuetudine prevalente in certi
luoghi che il debitore si sottomettesse alla giurisdizione AsWufficiaìe per il pagamento
del debito che contraeva alla sua presenza (2) , e gli accorgimenti sottili che si im-
piegavano dai laici onde apparire quali ecclesiastici e godere del privilegio del foro
ecclesiastico, per guisa che Filippo il Bello lagnavasi col Pontefice che vi fossero in
Francia forse ventimila mercanti italiani che portavano falsa tonsura e vestivano frau-
dolentemente gli abiti clericali . il cui esempio ora imitato eziandio dai mercanti ed
artigiani francesi ('?).
Anche in Savoia stavano a fronte le due giurisdizioni, la civile e la ecclesiastica,
od il conflitto fu lungo ed ostinato (4). Quindi è agevole il comprendere il motivo
l)er cui Amedeo VI . il quale \nÌL tardi nello Statuto del 1379 cerca di restringere
la competenza, quanto alle pereone, delle curie ecclesiastiche, già molto tempo prima,
nello Statuto del 1351, che è d'indole prettamente finanziaria, inculcasse ai giudici
(li rendere giustizia buona, pronta e non dispendiosa, affinchè ninno sia tentato di ri-
volgersi (1(1 (dira Corte. Solenne ed energica è la forma in cui è concepita la dispo-
sizione : « I maestri dei conti ingiungeranno ed espressamente comanderanno per parte
di Monsignore agli ufficiali, sotto la pena che colpisce i disobbedienti ai suoi voleri,
che essi amministrino fermamente la giustizia, tanto ai grandi che ai piccoli, e ciò per
ninna cosa al mondo non lascino da fare, p] se si trovasse per avventura alcuno ribelle
contro di essi e contro lo Stato di Monsignore, provvedano i detti maestri, in maniera
(1) Come pare che creda Laurent, L'Egliseet l'Etat, I (Bruxelles 1858), p. 87 segg.
(2) V. Fournier, Les offìcialités axi mot/en àge (Paris 1880', p. 81.
(3) V. questa lettera che è del 1288 ed altro documento consimile in Fournier, op. cit., p. 69.
(4) V. gli Statuti del 1379 cit. , § XVII. Nei protocolli dei notai ducali (prot. 38, f. 49, a. 1841) si
può vedere un esempio di testimoniali d" istanza per rimessione dal giudice ecclesiastico al secolare di nn
sedicente chierico.
192 I J'RIMI STATITI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
che salvo rimanga l'onore di Monsignore ed il loro, e sia esempio durevole per l'av-
venii'e. E nel caso che il fatto sia tale che gli ufficiali non possano adempiere al loro
dovere ricorrano al balio, ed il balio al Consiglio od a Monsignore. Quando Monsignore
trovi qualche negligenza per causa loro o dei loro luogotenenti egli li punirà per tal
modo che serva a metterli alla ragione. Giammai non avranno da Monsignore ne tali
uffizii. né altri. E loro sia ingiunto di essere così graziosi e spediti nel rendere giustizia
a quelli che la domanderanno davanti a loro che per troppa spe.sa o per soverchio
indugio non abbiano motivo di ricoiTere ad altra corte (1) ».
XVIII
Ai maestri dei conti non solo incombe la sorveglianza sopra le entrate fiscali ,
ma ancora sul demanio.
Quindi essi debbono informarsi secretamente dagli ufficiali, se ninna usurpazione
sia avvenuta nelle rispettive castellarne, cosi riguardo alla giuristlizione, come ai feudi,
retrofeudi, eredità, ecc. in pregiudizio dei diritti del Principe e riferirne a lui, affinchè
egli possa porvi riparo (2). Il segreto che si raccomanda in siffatte inchieste, tanto che
le informazioni si debbono dare o verbalmente o per lettere sigillate, è chiara prova che
non era senza pericolo il farle apertamente.
Oltre a ciò debbono i maestri, in concorso degli ufficiali del luogo, impiegare ogni
loro diligenza affinchè i beni del Principe sieno tenuti in modo che dieno maggiori rendite,
dacché (osserva lo Statuto) ve ne sono di qiu^Ui che sono costati più che non abbiano
dato di profitto. Il Conte, intesa la loro relazione, jirowederà nel modo che reputerà più
conveniente (3).
Quando sia necessaria qualclie riparazione o qualche opera intorno a quelli, gli
ufficiali ne informino i maestri , e questi Monsignore (4). A loro ciu-a si tengano
coperti i castelli (5) ; si facciano gli inventarli delle armi e munizioni che si tro-
vano in ciascuna castellania (6) . e .si provvedano di cappellani le cappellanie fondate
da Aimone (7).
Il controllo che i maestri dei conti esercitano sopra tutto ciò che costituisce il
patrimonio del principe e le sue entrate è, come si vede, amplissimo, e non gli mancano
le condizioni opportune per riuscire efficace. Ma non avviene lo stesso del controllo
quanto alle spese, indispensabile anche questo per una retta amministrazione delle finanze.
Lo Statuto su questo proposito tace. Appena si possono indicare due disposizioni che
indii-ettamente vi si riferiscono. I maestri dei conti sono tenuti a fare un elenco di
tutte le pensioni e salarii che sono a carico di Monsignore, e presentarglielo, affinchè
(1) e.
26.
(2) C.
25.
(3; C.
31.
[A)C.
21.
[5) C.
22.
(6)C.
37.
{^) e.
35.
CESARE NANI 193
egli possa mettersi in grado di soddisfarli (1) ; e dovranno avvisare quanto costino
i custodi in ciascun ufficio e moderare i salarii, fissandoli siccome loro parrà meglio (2).
La istituzione della Camera dei conti per questo riguardo è ancora imperfetta.
ZIX.
Lo Statuto contiene pure due articoli che riguardano anche i chierici dei conti.
Il primo dispone, che non possano questi estraiTe conti dal castello di Ciamberi, dove
si conservano, senza il consenso di Monsignore o dei maestri dei conti, e senza regi-
strarli. Debbono i maestri provvedere alla custodia delle chiavi dei luoghi ove sono
depositati i conti, per modo che nessuno possa entrarvi senza che essi lo sappiano ed
ordinino , e fare trascrivere tutti i conti da trenta anni addietro sopra un registro ap-
posito , affinchè ninno se ne perda e si possa conoscere quali ne manchino (3). Col
secondo è prescritto ai maestri di avvisare a che le copie dei conti che si rilasciano
dai chierici agli ufficiali sieno prontamente spedite, e non se ne esigano che onorari!
discreti (4).
Per ultimo è ordinato che questi Statuti, quelli che riguardano l'approvvigio-
namento .^eìVostcìlo. e gli altri relativi ai conti siano trascritti su pergamena e posti
là dove si custodiscono i conti, e ciascuno dei chierici ne abbia una copia (5).
In conclusione, collo Statuto del 1351, sono gettate le basi della Camera dei
conti (6). Già prima essi si levavano a Ciamberi. Ora è organizzato l'Ufficio, dinanzi
al quale debbono rendersi per l'avvenire, istituiti i capi da cui l'Ufficio dipende (7),
e determinate le loro attribuzioni. La funzione del controllo non appartiene più al Con-
siglio del principe, bens'i ad un nuovo ente che si è costituito.
Lo stesso doveva avvenire per ciò che concerne la giurisdizione. Per effetto degli
Statuti del 1379 gi-an parte di essa, la più importante, si distacca dal Consiglio no-
biscum residens e si localizza nel Consiglio che ha stanza a Ciamberi, Le due supreme
magistrature dell'antica Monarchia di Savoia ebbero da quei due statuti le loro ori-
gini (8).
(1) C. 16.
(2) C. 36.
(3) C. 28.
(4) C. 33.
(5) C. 34.
;6) La Chambre vi è due volte nominata, ai ce. 11 e 12.
;7 La carica di presidente della Camera dei conti non fu istituita che più tardi, circa il 1410. — Gui-
chenon, cit. p. 246. — Galli cit., p. 300.
(8) In Francia, come è noto, è vecchia la disputa se il Parlamento abbia preceduto in ordine di data
la Camera dei conti, o questa quello. Benché il Parlamento vi si arrogasse il titolo di Corte la più antica
del regno, parrebbe, secondo le indagini più recenti, che esso, solo qualche tempo più tardi che non la Camera
dei conti, sia diventato un corpo organizzato, perpetuo, stabile. V. Geffroy, 1. cit., p. 9.")0. Negli antichi
Stati della Monarchia di Savoia, non ci sembra dubbio che la precedenza ( come già affermava il Costa
de Beauregard, Mém., p. 145 ) spetti alla Camera dei conti.
Serie II. Tom. XXXIV. 25
194 T PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA ni SAVOIA
XX
In confronto dello Statuto del 1351 perde alquanto della sua importanza quello
Buccessivo del 29 dicembre 1389. promulgato dalla contessa Bona di Borbone e da
suo figlio Amedeo VII (1). Quantunque si trovino in esso pareccbie disposizioni nuove,
tuttavia non potrebbe affermarsi che per esso abbia ottenuto (|ualclie accrescimento
essenadale la giurisdizione già attribuita ai maestri dei conti. Soltanto il trovarne au-
mentato il numero da due a quattro (2) rivela Timportanza sempre maggiore acquistata
dal loro ufficio. Ciò che, a nostro avviso, rende singolarmente degno di nota questo Statuto,
è la preoccupazione che vi si manifesta evidente di impedù'e che per Tavvenire si rinno-
vino i disordini circa le spese anteriormente avvenuti. Per questo lato esso impone guaren-
tigie nuove, e getta i germi di ordinamenti destinati a svolgersi in progresso di tempo.
Lo Statuto del 1389 (redatto anch'esso in francese) fu, come risulta dal prologo,
deliberato insieme col Consiglio, e vi si dichiara dai Principi che lo promulgano essere
loro fermo volere, che le sue disposizioni sieno osservate dai loro successori, come essi
vi si sottomettono, e che vi obbediscano i maestri dei conti presenti ed avvenire, tutti
gli altri ufficiali e tutti i sudditi.
1 maestri debbono promettere di attendere alla revisione dei conti e ad ogni affare
clie vi abbia attinenza bene e lealmente , con gran diligenza . pel maggiore onore e
profitto dei Principi, e di non far mai nulla in contrario per amore, timore o gua-
dagno (3). Specialmente, loro è commessa la esecuzione delle disposizioni che si con-
tengono nello Statuto, e sono tenuti ad informarne ogni anno, finita la resa dei conti,
i Principi (4). Non del)bono accettare dono di sorta né da ufficiali, né da altra persona
qualunque clie abbia a trattare con loro per ragione d'uffizio (5).
l'^orse prima d'allora la carica di tesoriere poteva cumularsi con quella di maestro
dei conti. Lo Statuto li dichiara invece incompatibili fra loro ((5), e la incompatibilità
risulta invero manifesta da alcune disposizioni che saraimo esaminate in seguito.
l maestri ricevono i conti nel castello di Ciaraberì. ogni anno dal primo gennaio
al primo maggio ; entro i|uesto termine gli ufficiali sono tenuti a renderli personal-
mente , e solo per eccezione col mezzo di procuratori, sotto le pene stabihte dai
maestri stessi (7). Giurano, prima di incominciare la resa dei conti, ili eseguirla leal-
(1) Fu pubblicato da Capre, op. cit., p. 28. — J o 1 1 j-, op. cit., p. 1. - D ubo in III, 525. Ne
dà un cenno brevissimo Cibrario, Fin., p. 199 e li ricorda lo Sclopis op. cit., p. 253. La lezione del
Duboin non ò scevra di errori ed omissioni. Quanto a quella del Jolly è copia materiale, e neppure sempre
esatta, della ediz. Capre. Quindi, essendo l'opera del Capre diventata rarissima, ci pare opportuno il ri-
ferire anche il testo di questo Statuto in appendice, giovandoci della copia che ne esiste nel registro Sta-
tata computorum cit. dell'Archivio camerale di Torino.
(2) Quando emanò questo Statuto tenevano l'ufficio di maestri dei conti, come risulta dal prologo,
tìioamaro Trovana, cavaliere, Adriano di Belletrnche, Antonio Barbier e Pietro Magnin di Ciamberl.
3 CI.
(4) C. 40.
(5) C. 2.
(6) e. 24.
(7) e. 4, 5, 6, II.
CESARE NANI 195
mente e di far osservare gli ordini contenuti nello Statuto o loro imposti, per parte
del Principe, dai maestri: né possono partire da Ciamberì fino a tanto che i loro conti
non siano chiusi (1). Per un certo sentimento di diffidenza è prescritto che l'ufficiale
non sia presente all'esame dei suoi conti (2).
Trattandosi di concordie ( 3 ) in materia criminale , il controllo è regolato in
modo che difficilmente l'erario potrà essere privato d'alcuno dei proventi che gli de-
rivano per questo titolo. Infatti il Cancelliere comitale, il Cancelliere del Consiglio re-
sidente a Ciamberì , ed i segretarii debbono registrarli e dame memoria per iscritto
oi'ni mese ai maestri dei conti. Lo stesso deve farsi per ogni altra cosa riguardante
il demanio ed il patrimonio del principe (4). Per lo Statuto di Amedeo VI del 1379
bastava che ogni anno si sottoponessero dai giudici ai maestri dei conti i registri delle
condanne e delle concordie (5). Ora. come si vede, le cautele sono cresciute.
XXI
Subordinati ai maestri sono i chierici dei conti. I quali debbono essere in nu-
mero di otto e non più, compresi i due che custodiscono le chiavi dei conti, e cia-
scuno di essi ha da avere ai suoi ordini uno scrivano per redigere gli originali di essi
conti (6).
I doveri che essi promettono con giuramento di adempiere, e mancando ai quali
possono essere rimossi dall'uffizio, sono della stessa natura di quelli che incombono ai
maestri dei conti ; ma debbono per giunta obbligarsi di non attendere ad altre occu-
pazioni (7).
Sono scelti fra probi uomini, di buona fama, e sostengono un esame per dar prova
della loro capacità (8). Si presentano ogni giorno all'uffizio per ricevere gli ordini
dei maestri; non possono farsi rappresentare da un coadiutore, e quegli che ha inco-
minciato a ricevere un conto deve riceverlo sino alla fine (9). Esaminato il conto .
ne trascrivono sopra un registro a parte i risultati finali, e rimettono i conti sotto-
scritti ad uno dei chierici deputati alla custodia delle cliiavi (10). A questi incombe
la massima risponsabiUtà riguardo alla conservazione dei medesimi, e quindi sono ri-
confermate sull'argomento le disposizioni dello Statuto del 1351 (11).
Alcune norme riguardano più particolarmente gli ufficiali e le funzioni loro affi-
date. Le estente, in base alle quali i castellani riscuotono le contribuzioni, debbono
essere rinnovate di dieci in dieci anni, e pel controllo se ne consegnerà 1" estratto ai
[\) C. 9, 7.
^2) C. 10.
(3) V. intorno alle medesime gli Statuti delFanno 1379, § XVI.
(4) C. 13.
,5) C. 26.
(6 C. 14, 18.
(7) C. 15, 16, 17.
(8) C. 17.
(9) C. 20, 21.
(10) C. 22.
(11) C. 23.
19G I PRIMI STATITI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA I>I SAVOIA
maestri dei conti (1). Parimenti, per impedire che avvengano usurpazioni per parte
dei vassalli quanto alle rendite , ai servigii , ed al demanio , è stabilito che ad ogni
decimo anno i castellani procedano alla revisione dei diritti che quelli vantano, e ciò.
dice modestamente lo statuto, perchè è breve la vita degli uomini e corta la memoria,
ed i possessori dei feudi si mutano sovente. I maestri dei conti debbono ricordare questo
loro obbligo ai castellani, un anno prima di quello in cui deve aver luogo la revisione,
nell'occasione che ne ricevono i conti (2).
Venendo a Ciamberì, ogni ufficiale deve portare con sé i campioni delle misure
e dei pesi usati nel luogo di sua residenza affinchè i maestri dei conti possano rag-
guagliarli coi pesi e colle misure di Ciamberì (;ì). 11 ragguaglio era necessario per
le vettovaglie dovute al Principe, sia che fossero conservate o destinate alla vendita.
Prima era ufficio di commissarii speciali, deputati nelle provincie, lo instituire siffatto
ragguaglio (4); per lo Statuto cotesta incombenza è affidata ai maestri dei conti.
In fine è imposto agli ufficiali di non allontanai"si dai castelli o case loro asse-
gnate per abitazione o di farvisi rappresentare da luogotenenti rispettabili e capaci .
sotto pena della perdita del salario e di ogni altro diritto proveniente dall'ufficio (5):
e per togliere, almeno in parte, 1" abuso della venalità delle cariche, è loro proibito
di accensare i rispettivi uffizii ((i).
Ai maestri continua a spettare la suprema direzione e vigilanza riguardo agli im-
piegati, al demanio, ed a tutti i diritti demaniali. Ma perchè possano esercitarla con
piena cognizione di causa, è creato un nuovo ufficio , che si potrebbe appellare degli
isjucttori (Iniianiaii. Sono persone di integi-a fama, di piena fiducia dei maestri, scelti
da loro stessi, e posti sotto la loro assoluta dipendenza. Possono, sotto un certo aspetto,
paragonarsi agli rnqursfeurs dell'antica amministrazione francese. Ogni anno, terminata
la resa dei conti, sono spediti nelle provincie, previo giui-amento nelle mani dei maestri
di eseguire diligentemente e rettamente i loro incarichi (7). Quivi esaminano lo stato
dei forti, de" molini ed altri cdifizii: tengono nota del prezzo corrente dei viveri; s'in-
formano segretamente del modo con cui castellani, mistrali, ed altri ufficiali disimpe-
gnano le loro funzioni ed i cappellani adempiono ai loro doveri e se sia rispettato
1 "obbligo della residenza per parte degli ufficiali ; riscuotono le somme dovute al Prin-
cipe e le consegnano a chi deve darsene carico. Le cose vedute o pervenute a loro
notizia debbono comunicare alla Camera dei conti (8).
(Ij C. 30.
(2) C. 29. Allo stesso intento mirava il disposto del e. 23 dello statuto del 1351.
(3) C. 21.
(4) Come risulta dal conto della castellania di Ciamberì, a. 1320-1322 cit. da Cibrario, p. 196.
(5) C. 8.
6) C. 39.
(7) C. 32.
:8) C. 32-38.
CESARE NANI 197
XXII.
Il denaro che i castellani portano con se, come frutto delle contribuzioni, in quali
mani è versato ? clii ne risponde ? con quali forme si spende ?
Le disposizioni che lo statuto dà sopra questo argomento, dirette a sradicare in-
veterati abusi, sono severe: « D'ora innanzi (vi è detto) perchè le nostre finanze siano
meglio governate, non potranno essere ricevute che da tre persone; cioè dal Tesoriere
generale e dai due segretarii della spesa del nostro ostello. E quando alcuno di essi
avrà consegnato una somma, qualunque essa sia. grossa o piccola, a qualsiasi persona,
perchè sia impiegata in qualche uso. chi l'ha ricevuta dovrà, appena impiegatala, ren-
derne conto a quegli da cui l' ha avuta » (1). La responsabilità adunque dei pa-
gamenti che si eseguiscono spetta essenzialmente a quelle tre persone. E perciò, quando
il Conte o la Contessa od il tesoriere abbiano spedito qualche commissario nelle Pro-
vincie, per ricuperarvi finanze o vettovaglie . è ordinato, che appena questi sia di ri-
torno renda il conto dell'incassato e dello speso al chierico dell' o.s'/^//o del Conte o
della Contessa od al tesoriere rispettivamente , appunto perchè essi e non il commis-
sario ne diventino responsabili davanti alla Camera dei conti (2).
E sono ancora essi che hanno principalmente il carico di fare i pagamenti per
conto del Principe. Ma non possono procedervi se non osservando certe cautele e certe
formalità. Anzi tutto, niuno può pretendere di essere pagato di un credito che vanti
verso il Conte o la Contessa se la cedola o la lettera di debito non sieno accompa-
gnate dal mandato di pagamento. In secondo luogo, quegli che paga dovrà procurare
che la quitanza sia, per opera di notaio, redatta sul dorso della cedola o lettera di de-
bito, e trasmetterla in seguito ai maestri dei conti, senza di che non gli sarà menato
per buono il pagamento ( 3 ). Parimenti ogni volta che un ufficiale eseguirà qua-
lunque pagamento per conto del Principe i maestri dei conti dovranno farlo annotare
in un registro pposito, afiinchè quegli possa sempre conoscere esattamente lo stato delle
sue finanze (4). Avveniva, come si è detto più sopra, che talora qualche ufficiale
sostenesse di non avere a rendere conto di alcuna delle somme incassate, asserendo di
averle spese per ordine ricevuto dh-ettamente dal Principe. Lo Statuto dispone, che per
l'avvenire i maestri non debbano dedurre nella resa dei conti alcuna partita che sia
del demanio o del patrimonio del sovrano a nessun ufficiale, quand'anche esistano let-
tere od ordini del Conte o della Contessa, o di tutti e due insieme, se ambedue non
lo impongano verbalmente a tutti i maestri. L'interesse finanziario prevale qui sopra
ogni altra considerazione (5).
Ad ogni modo sono concetti nuovi e fecondi clie si agitano sotto la dura appa-
renza di queste disposizioni. Lo Statuto del 1351 aveva essenzialmente avuto di mira
(1)C.
25.
(2) e.
26.
(3; e.
27.
(4) e.
28.
(5) C.
3.
198 PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOU
il controllo delle entrate ; lo Statuto del 1389 va più innanzi e si studia di proT-
vedere anche al controllo delle spese.
E vi ha di più. Si adombra in quelle, benché ancora incerta e indeterminata nei
contorni, l'idea di una nuova istituzione, della Camera del tesoro, sotto la forma di
un uffizio, unico depositario ed unico dispensatore del pubblico denaro, soggetto al con-
trollo della Camera dei conti. Questa è la ragione per cui si stabilisce che i maestri
dei conti debbano tenere un registro apposito nel quale annoteranno segretamente tutte
le somme versate a mani del Tesoriere (1).
Come dal Consiglio del principe è sorta a poco a poco la Camera dei conti, cosi
da questa doveva svolgersi la Camera del tesoro, organo necessario a rendere più sem-
plice, più spedita, più efficace l'opera della prima. La monarchia feudale non potè che
iniziare questa trasformazione ; lo Stato moderno la vide compiersi.
È sotto questo punto di vista che, come abbiamo notato, ci paiono più special-
mente notevoli gli Statuti dell'anno 1389, coi quali si chiude xm periodo della legisla-
zione dei principi sabaudi, quello dei piimi tentativi di Statuti generali. Insieme con
quelli di Pietro II, di Edoardo, di Aimone, di Amedeo VI, emanati in varie epoche,
attinenti al diritto pubblico ed al diritto privato, essi sono da considerare come i pro-
dromi di un'opera di maggiore importanza, quale fu il Codice di Amedeo Vili.
Torino, Aprile 1881.
(1) C. 12.
CESARE NANI 199
DOCUMENTI
I.
(*)
Les Ordonances faictes par monseigneur le Conte de Sauoye a grant Conseil
et a meure deliberacion sus le faict de ses comptes le vij' jour de feurier
lan m uf Ij {").
Ce sdnt les ordenances faictes pae monsieur le Conte dg Sauoye a grant conseil
et a moure deliberation sos le faict de ses comptes le tu'- jour de feurier
lan courant mil. cccli.
I. Computi reddendi per Officiarios recipiantur per Clericos computorum
juxla ordinationem Auditorum eorundem
Premierement est ordone que messires P. de Montgele, Guillermet Bons soyent
mestre des diz comptes et nayent la charge, et que a lordenance de lor les diz
comptes soyent recehu pleynement pour les clers conteours, jurez de Monsig-neur
et deputez a ce, et autres que il ordeneroit. Et que lidit maistre sur la foy quii
sunt entenu a Monsigneur entendent a deliurer les officiaires si vnesmeut quii ne se
puissent plaindre eusi comme autre foiz; la quau chose serait dommage [a] Monsi-
gneur et es officiaires.
II. Quod Clerici compìitorum nullos computos recipiant sine mandato Domini aul Magistroì-um
computorum. Nullus Officiarius computet in manibiis Clerici qui precedentem compulum
talis ofjicii receperit.
Item en ordone que nul des clers desuzdit ne reczoiuent compte de nul oflBciaire
sans le commandement de Monsigneur, desdit maistres, ou daucon de lour. Item
est ordone que lesdit meistre ne faczoint en aucune maniere compier nulz officiers
en la main du clero qui auroit receup le compte de lan deuant dudit officier ou de
son office.
III. Locatenentes non admictanlur ad compulandum sine expresso mandato Domini
vel nisi justa appareat causa.
Item est ordone que leutenant ne aultres maigneuz de chastellain ou de officier
ne soit receupz a compter, fors que les maistres offlciayres qui y sont pour lettres
(*) Adempio qui ad uà gradito dovere riagraziando pubblicamente anzitutto l' illustre Barone
F. E. Bollati di S. Pierre, il quale eoa squisita e rara cortesia mi fu largo di agevolezze di ogni
maniera, e gli egregi signori Conte F. Saraceno e Cav. P. Vayra, Uffiziali archivisti, i quali mi
prestarono valido aiuto nella trascrizione dei documenti che seguono.
^**) Archivio di Stato detto Camerale, Registro intitolato Staluta Camere computorum et Decreta
Ducuni Sabaudie ab an. 1351 ad an. 1533, foli. 1 a 20.
200 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA m SAVOIA
ordones par Monsigneiir, sanz lexpres commandement de Monsig-neur cu sans bien
juste cause apparoissant esditz maistres des comptes; et en cel oas les lieuxtenantz
cu aultres qui compteroient pour lesditz officiaires non soyent receupz pour compter
synon prone et playne puissance de leur meistre a pueyr feire et lor obligier a tout
ce que porroient fere lor meistre silz estoieut presentz. Et retindrout les diz meistres
les procures desus diz affin que touz jours sen puyssent fere pleyne foy, et les feront
inserir au compte.
IV. De jnnmenin prpstando per Offiriarios antequam admiclantur ad computandum.
Pene incurse per Offìciarios allocentur in enrum computis. Quod Of/iciarii revellent di'ulias.
Item au comencement de chascon compte iurera chascons officiaires ou oil dessus
dit qui haront puissance de elx sus le sainct Euangile de Dieu de present lesditz
maistres des comptes, et sus la poyne de xxv liures des fors par chasciine foys qui
se trouueroit en parjurie, de rendre bon compte et loyal raison de toutes receptes
et liurees, en quelque maniere que receu, qui peut toucher a Monsig-neur, ne liure
ait; et seront les peynes dessus dictes escriptes en lour comptes pour pueyr en
feyre touz jours pleyne foy ; et de reueller les drolies quii barioni beu de censes
de fermes, sur lesquelz porueant de fere en compter ce que lor semblera quii au-
rient pois oultre manere et ordonance.
V. Officiarii non audiantur nec admiclantur ad computandum nisi prius computaiierint
de precedentibus.
Item est ordone que uul officiaires ne soit oiz pour compter de son contio
present qui a compter dautre saison deuant jusque il ait compte du premyer temps.
VI. Quod Officiariorum computi tam prò preterito quam presenti concludanlur.
Item est ordone que tous ceulx qui ont estez officiayres de Monsig-neur au
temps passez et qui de present ne le sont, qui non bariont clous lor couties dou
temps quii bariont tenu, soyent mande, et sus grosse poyne, de venir compter de
present et clourre lours conties. Et la poyne reg-istree soit deuers les maistres , et
se recouroit sii sont desobeissent.
VÌI. Officiarii compulent de arreragys et mffertis , nisi sii justa in contrarium causa.
Item est ordone que tous les officiayres contemt entierement des arrages et des
suffertes pour eusi quant lour est mande et enjont pour les letres de Monsigneur
sii nauoient juste exception, encontre laquelle voyent a grant diligence les maistres
desus dit.
Vili. Auditores computorwn se informenl de qucrelis et pelicionibus Offìciariorum circa
detractiones per eos petitas ob peslem ani raristiam. Et informenl Dominum de verilate,
et inde fiat iuxta mandalum Domini.
Item est ordone que sus les deductions que demanderont les officiaires ou
aucon de lour por raison de la murtilitee que les dit meistres des conties aient
tresgrant auis et bone deliberation a uoier la diligence que les dit officiaires y
haront rais, et ce por chertres et por lor serement et por tote autre seurte qui bone
lor semblera; et ce que lour semblera reportoieut a Monsigneur de boucbe, sii puet
estre, ou por letres, et apres facent sur ce que Monsigneur en ordonera et facent
a entendre par les officiayres.
DI CESARE NANI 201
IX. Omnia rictualia Domini vendantur per Auditores computorum ad comodum Domivi.
Preda victualium recipiantiir per Thesaurarium. Cere et species debite Domino soluantur
per Officiar ios in Chamberiaco.
Itera en ordone que toutes les choses, queles qiieles soyent, qiie messires (?) ait
en ses offlces, soyent bles vin polaille ciré espices et fein , soyent vendues par les
meistres conteoiirs dessns ditz anmieiiz qne fere se porrà pour le profit Monsigneur,
es ofHciayres ou aultres gent; et le pris des choses dessus dictes viendra en la
main del tresurier Monsigneur pour les neccessitees dii dit Monsigneur et de son
hostel, ensi que ordone yet; et cires et espieces soyent payees ou furees a Cham-
bery pour les offlciayres dessus dit deuant quii partissoieut de Charabery. Et ce sus
bonne poyne, laquel soit registree deuers les meistres et recouuree sii faillent. Et
que li meistre seuforment de la value des choses eu chascuue marche.
X. De certo subsidio tunc. concesso Domino.
Itera sera enioint esditz ofBciaires ce que sera ile la volente Monsigneur sur
le faict du subside dehu a Monsigneur en son poys, per on ant aceauz qui lont paie
vne foys, et pour deux anz a ces qui ne nont point paye. Et les dit meistre degent
informer Monsigneur de ceauls qui ne lont paie et des aultres par maniere que Mon-
signeur en ordouoat ainsi quant lny semblera. Et lenformation il facent au plus
brie que se porrà, si (|ue messire en ordonoit.
XI. Quod pensioncs saluantur per Officiarios.
Itera en ordone comment les dit meistres proourant en vers les ditz officiayres
quii se obligent a payer les pensions ordonees en Ihostel Monsigneur et celes pen-
sions quii apportoient ou traraectoient aux terraes et auz iours ordone au raeyns de
charge quii pourront par Monsigneur; et a ce se obligeut et submectant les dit offi-
ciaires sus la jioyne dou doble, et celle poyne registre soit en lour compte ne non
lour en soit feite grace se il la cominectoient, ne exi'eptions ne conunandement quii
heussent en contraire ne lour puisse valoir eu nulle raaniere , se ce nestoit tant
seullement que Monsigneur ou son ostel despendissaint lesdictez pensions ou liues
que tiendroient lesdictz olìiciaires; et tant que sii ofiiciaires ne lour procureur
dessusdit se soint obliges a ce, et sus la poyne dessiisdicte, ne lour soit clos compte
ne soyent licenciez de Charabery sans le commanderaent de Monsigneur qui y pouruee
ensi quorame li serablera. Et ceste ordenance sera por deiiers le Chanceilier a fin que
quant changement de officiaire se fera elle soit inseree en lour letre , et se y soub-
raectront et oblig'eront en la forme dessus diete, et parrent ly officiaire qui seront
heu negligent de payer, oultres la poyne dessus dite, touz les despens qui se feroient
au recourer les [letisions pour enx deheues pas.-^es les termes.
XII. Officiarii non relaxentur nisi prius solntis pensionibiis ne rcmnnenriis computorum.
Itera que nul ofQuiaires soit deliures ne licenciez de Chainberi ne clous ses
comptes jusque a tant quii aura paie ce quii doit des pensions du temps passez et
ce quii deuroit daultre part pour remaneuce de son corapte. Item que li dit maistre
enioignent a touz les olìiciaires quii recouurent tonz les arrages de leur offices, qui
que les doiue.
XI II. Miigislri computorum ordinent pensiones prout eis videhitur.
Itera est ordone que les dit meistres haient a arbitrer et ordoner es offi-
ciaires les pensions dessus dites sellon ce que lour sembleront cbargier ou de-
chargier les offices. Et touzjours la raetront il ou plus quii porront bonnement por
ce que Monsigneur soit raielz et plus pleineraent pourueluiz.
Serie IL Tom. XXXIV. . 26
202 1 PRIMI STATUTI SOPKA LA CAMERA DBJ CONTI NELLA MONAKCHLi DI SAVOIA
XIV. Iniuiìgalur Officiariis quod recipianl prò Domino omnia exnaordinaria eidem debita.
De bis que predali Officiarii recipient exlraordinarie hahehunl ij solidos prò libra.
Itera est ordone quii soit enioint es offlciaires por lesdit meistres de recoiirer
en lour offices toutes choses extreordinaires dyues a Monsigneiir , coinme debtes,
deiiiers , et autres deptes quii quii soyeiit, et lour bailleront les dit meistres por
iuuentoire chartres et toutes inforraations des debtes deasus dit, et les meistres les
procureront a auoir por deuers eulz sag-ement et a bone dilig-ence de toutes les
marches de la contee a fin que a cest present compte les puissent ballier es dit
officiaires ensi come dit est dessus. Et aussi quant esdit officiaires les bailleront par
inuentaire, les recoyuent de ceanz qui les lor bailleront. Et des debtes desinyz dessus
diz laissera messire auz deuelliers (?) selouc ce que autrefoiz est Leu ordone por
lui. Et a ce que les officiaires soient plus diligent al recourer, il prandront en ce
quii recouureront par Monsigneur ij solz par liure, et ce quii recouuront lour re-
mandra en descharge de ce que .Mousigneur leur seroit entenuz. Et ce il pro-
mectront bien et loialment faire a lour seirement et de rendre bon compte et mostrer
lour bonne diligence es comptes auenir de ce quii aront peu recourer des debtes
dessus dit , et ce deuant laut. Les oiliciaires a cuy seroit ceste ordonance enioincte
se changeoient par monsieur le Chancelliers deuant que les letres des offices lor
soient rendues, lour aura baille ladicte ordonance et mis en lordre qui afferra.
XV. Magislri compulorum aduisahunt circa reempHonem aut rehabitionem officiorum
impignoratorum et circa onera super illis imposila.
Item est ordone que les meistres dessus dit regardoient et auisoient pour toutes
les manieres que fere se porroit de mectre en deliurance des offices Monsigneur
tant quant il porront bonement, et cil qui porront estres deliures soient entierement
et sans anitre charge mis et ordone a la necessite de Monsigneur , ne ne tor-
noient arriers en empecbement sanz grant et mour conseil.
XVI. Magistri compulorum proiiideant circa salaria e! pen.mnes ; et de illis fiat regislrum
quod ostendaliir Domino vt super eo prouidere possit.
Item est ordone que les meistres des comptes auisoient les sallaires et les pen-
sions que Monsigneur done, quelque part que ce soit, et celle mectoint en registre.
et le registre monstroient a Monsigneur atìu quii y puisse poruoir en ce quii y seroit
tropt grauez sans bone cause. Et ce se face auant que les compties soyent acomply.
XVII. Magistri compulorum aduideant circa heredilales et successiones Domino perueaientes.
Item est ordone que les meistres sus les heritaiges des liomes de Monsigneur
qui vaquent et sont a sa main avisoient diligiement et voient la diligence qui a este
mise por les officiaires a ceaulx herilages bailler au profìct de Monsigneur. Et se
les offlciaires ny ont heu bonne cure, sy en soient repris et leur soit feyte com-
mission por les meistres, aiouste ancone bone persone des offices avoyeulx secont
la faculte de les cboses, a mectre les dit heritages ou autres choses, qui soyent a la
main de Monsigneur por cause de deflFaut de teneuientier , au plus de profit et au
mainz de domage que metre se porroit pour Mousigneur. Et ce lour sera enioint
sus lor serrement a faire bien et loyalement.
.WIII. De renieiidis raslris inìpigiioralis.
Item est ordone que les dit officiaires soient requis pour Monsigneur, sii y
puet estre , ou por autres quii y voudra ordoner, comme il lour plaise, laisser a
Monsigneur la prise de lant auenir, sans leur de rens paier pour rambre ses cha-
CESARE NANI 203
stiax qui sont en gage , lesqualx il entend a rembre a laide de Dieu et de ses
genz. Et ceste requeste faceint les raeistres , et les responces meteint a la fin de
chascon compie.
XIX. De solucione caualcate.
Item est ordone quii soit mis sus les ofSciaires en lour comptes le prist quii
auront por aler en la chiuauchie Monsigneur en Piemont, laquel chiuauche fu contre-
mande et ny alaront point ; et des autres qui ne sunt officiaires il sera faict, asauoir
es dit meistres, pour maniere quii puyssent enioindre es officiaires dessus cuy il
seront quii soient contreint por la plus fort maniere que fere se porrà a rendre et
baillier en la main du tresorier Monsigneur ce que il nauront heu; et des autres
qui ne sunt de la terre Monsigneur, qui ont heu aussi de cest argent, ordone a
Monsigneur ce que li plaira.
XX. Pene incurse per Of/iciarios allocentur in eorum computis.
Item est ordone quii soit mis sus les officiaires en lour comptes les poynes
qui leour sunt mise.s de part Monsigneur, es queles il non ont obey soit por le faict
de ce quii ne sunt venu compier quant lon les a mande, ou por les pensions de lostel
Monsigneur non paies ou por autre cause. Et auront puissance de Monsigneur de
Sauoye les dit meistres dou comptes de mectre poynes es dit officiaires por taiit
quant locherà le falci de lour comptes. Lesquelles poynes seront tenuz de registrer
les dit meistres deuers eaulx.
XXI. Magistri compulorum perquirnnl ab Officiariis et se biformenl de slatti domoìmm,
stagnorum, forcstannn, furnorum, molendinorum, et aliorum eie.
Item est ordone que lesdit meistres saichent des officiaires les deffaiiz qui seroient
es chastiax de lor offices, ou en oures a faire, ou en estayns, en fores, en fors, ou en
molins ou en aultres choses, quelles quelles soient ; et ceauz defFauz degeut retenir
les dit meistres por deuers eau.K affiu quii les puisseut mostrer a Monsigneur qui
puisse mectre le remede qui afferoil.
XXII. Officiarii leneantur manutenere domus domini coperlas, sub prua e librarum.
Item lour .sera enioint par les mestres de lenir les chastialx a sonte por la
maniere quii le doiuent fere, et ce sus poynes de e liures registrez deuers les
meistres, les ales et les autres ediffices Monsigneur.
XXIII. Piovideatur super recognitionibns pendis.
Item est ordone que les dit meistres haieut auis auoique les dit officiaires por
quel maniere et \)0V quii clers sofisant a ce faire se porrieut feire mielz les regichies
de Monsigneur et au pluys de son protìt en lour offices. Et ce reporteront les
meistres a Monsigneur a ce quii y poruee briefmant , car il y est fort dommagier
et seroit encor plus sii ne se faisoit toust por cause des genz qui sont mori et les
heritages transporter.
XXIV. Sciat Dominus diminulionem sui redditus oh peslem euentam.
Item est ordone que lesdit meistres mostroient a Monsigneur passe les comptes
que puet estre decroissu cumunelment chascons de ses offices por la reison de la
murtilite.
X.W. Officiarti dehe'ììU sub juramenlo se informare
de subtractione aut vsurpacione Juriuvi Domini ei reuelare Magislris computorum.
Item est onione quii soit demaudees officiaires dessus dit per leur seremenl sii
seiront en lour offices chose en que Monsigneur soit domagiez ne grauez a tort
204 I l'RIMl STATUTI SOPRA LA CAMKKA DEI CONTI KELLA MONARCHIA DI SAVOIA
poit en iuridition que autres approprioit a ly , soil en homages , ne en feu ne en
refeu ne en heritages, soit en enquestes cachiez, soit en cas de forfait encontre
Monsigneur et sa Court, cu aiitre liquel par fauour amour ou autres choses hait
este cachie et non mis en voye de raison ou en qiielque autre maniere que ce soit;
et ce que il en repcrteront soit mis secretement en escript deuers les dit meistres.
Et se les dit officiaires nestoyent pleinement des dictes oboses informe, ce lour soit
donez termes de duos moys , dedauz lequel il soient entenu de venir dire ou mander
en lettre dessoubz lour saielx secretement les choses dessus dites, afin que les dit
meistres puyssaut si toust qiiant il auriant lenformation faire eu raport a ilon-
signeur por manere quii y puisse poruoir et ordouer a sa volunte.
XXVI. Vagistri compuiorum iniungaiit Officiìriis sub pena qiiod vnicuù/ue
facianl instnmieiHum. Officiai ii siiil (jraciosi et expeditiui circa administracionem jusiicie
Item est ordone quii soit por les dit meistres enioint et expressement commaiide
depart Monsigneur es officiaires et sus la poyne de quant quii se porrient meffaire
enuers luy comment il tiemeut et faczoiiit firmemaut et entieremaut raison, et aussy
des granz quant des petiz, et ce por nulle chouse ne leissent. Kt se il trouoient por
auentnre aucons rebelles encontre eulx ne contre lestat de Jlonsigneur, soyt
poruoient por tei mauere quii soit lonnor de Mon.-igiieur et la lour et eximbles par-
durables a ceaux auenir. Et au cas que le fait seroit tei quii ny porrient feire bou
deuoir por eaulx, si correint a lour ballif et le ballif au Consoli et a Monsigneur, et
el cas que es choses dessus dictes Monsigneur trouueroit nul deifaut par leor culpe
ne por la culpe de leor leutenaiez , Monsigneur les en puniroit et por tei ma-
niere quant raison en porroit apporter , ne jamais naurient de Monsigneur cel
office ne autre, ainz les tiendroit pour tieux quant il seroient. Et lor soit enioint
quii soyent si gracieux et si brief en fere reison a ceaulx qui deinanderont deuant
eulx que por tropt despens ou par alongement il nayent ochoison de recorre a
autre Court.
XXVIl. Magislri cumputorum lencanlur declamre Domino (jitnliter seruiaiU dicli Officiarii.
Item est ordone que les dit meistres soyent tenuz sur la foy et le seyrement
quii ont a Monsigneur de dire li en secrest lesquelx officiaires , sellonc quii puent
apperceuoir, sieruent le dit Monsigneur bien loialement et a son profit, et li quel non.
XXVIII. Clerici compuiorum non passini e.rtrahere rompulos sine licencia Domini
aut Magistrorum romputorum. Quod rumpuli regislrenlur.
Magislri ordineni gardaui compuiorum.
Item est ordone que nyons des clers ordone es compties ne puyssent traire nul
des compties de fors sanz le commandement Monsigneur et sanz les dit eonties
registrer. Kt degeint les dit meistres ordoner de la garde des clees des comptes par
maniere que nul ny puisse entrer sanz lour sane et commandement. Et encor de-
geint les dit meistres feire registrer en on papier touz les comptes qui se troueront
lay ou on les tient deus xxx.'' anz encza, por ce que nul ne sen puisse perdre ft
que lon puisse scauoir ceans qui foudront.
XXIX. Magislri cnmpiitornm ordinenl circa aìios computcs de quibus hic non fil mencio
prout eis metius ridehitnr.
Item est ordone que les dit meistres es autres cas tochant les dit comptes de
que ne se feit mentiou dessus, et qui seroient tropt Ione a escrire ne boneraent ne
se porrient desclairier, mectaint la bone ordenance qui lor seniblera au jilus de
protìt quii porront pour Monsigneur.
CESAKE NAXI 20r)
XXX. Prohihelur Officiariis quod nemitiem lelineani prò feudo aul retrofendo.
Item deffendaiut li dit meistre es officiaires dessouz certeynes poynes quii non
retienant achetour ne autrerf aquirieurs por quelque tiltre que ce soit de feu gentil
ne de seruis, soreseruis.
XXXI. Fiat informatin de comodo et incomrido Domini circa ruralia.
Item, car en ancona leus molins et autres choses, fors praz et vig-nes, feire et
mantenir coustent mais a Monslgneur et ont costa quii nont fait de profit , et
sauisaint les meistres en touz les Ines et se enformaint sus et an Conseil doiez
officiaires dou leu dou mayour profit de Monsigneur et en faceint et en joignant
a lour sen ce qui lour semblera por le mellor, et le reporteint a Monsigneur a fin
quii en puisse fere ce que li semblera.
XXXII. Fiat registrum de remanenciis.
Item seynt tenu li meistre toutes les remaiiances qui se denront a Monsio-neur
et qui denza a registrer et enuoyer a Monsigneur por escript.
XXXII I. Prouideiint Magistri computorum circa copias computo ivm.
Item proueaint li meistre que li clert douz conpties se paient des copies por
tei manere a lauignent que li officiaire nayent cause de se pleindre ne por ce faire
mal adroit et que il soient briemant deliure.
XXXIV. Presens Ordinalio vnacum Onlinalioiie status domus Domini registrentur.
Item porueant li meistre que les pressans, ordenances, celes de la prouision de
lostel, et toutes les autres les quelles sont por les compties , soient registrez et
mises en parchemin et mises la ou se garderont les compties ; et chaseons douz
clercs dou compties ait la copie.
.\.\XV De seruicio Cnpellarum Domini ei de solutione earundem.
Item porueant li meistre a bonne diligence que les chapelles ordonees en les
chastellanies par Monsigneur jadis, que Dieus absoue, soient bien seruies et pale li
chapellain, sans fauta et diminution. Et sus ce regardaint de poruoir diligerament,
cart aussi en sont il enchargaie comme exequutoux.
.\XXVI. De moderatione custodie domorum Domini.
Item aduisaint li meistre les garnisons des quauz se conterà en chascon oflice,
et celle moderoint; et les sallaires seront ce quii lour semblera por le melliour.
XXXVII. De inuenlariis Mohilium caslroritm Domini.
' Item proueant que tuit li enuentayre darmez , garnimanz et aultres choses,
sencloant et mectant es compties de chascon.
206 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
11.
(*) Statuta et Ordinationes facte per dominam Bonam de Borhon [et Amedeum
comitem Sahaudie ] in Camera computorum [ anno m. ecc. Ixxxùc, die
xxix decemhris ].
Nous Bone de Bourbon contesse et Ame conte de Sauoye par ces presente»
faisons scauoir a tous presans et auenir que nous, heue longuement nieure deli-
beration auecqiies noz conseilliers cy dessonbtz escripcz et aultres uoz barons ,
cheualliers et conseilliers , sur le esdressement et bou gouernement par le temps
auenir de noz coiuptes , au lous honour et reuerence de Dieu , de la glorieuse be-
noite vierge Marie , et de tonte la Court celestiel , a conseruation et per Ivtilite
accroinsauce et esdressement de nostre honueur et estat et de noz pays, bieus et
subg-iez , et de noz successeurs, aussi per uous et per noz dicz successeurs a tous
jours mays , hauuns faict et faisons les ordenances et status cy dessoub escriptes ,
les queles nous volous tenir et obseruer per nous et nostres successeurs, et orde-
nons inaudons et cominandons estre obseruez et tenus per noz bien amez monsieur
Johannard Prouaue clieuallier, Andre Belletruche , Anthoyne Barbier, et Pierre Ma-
gnin de Chamberi , niaistres a present de noz comptes , et per les aultres qui se-
ront per le temps aduenir maistres et auditeurs de noz comptes, et per tous noz
aultres offlciers et subgiez presens et auenir, Fans nul deffaut, sus et per le gou-
ueruemeut de noz ditz comptps et toutes escriptures et aultres chouses tochantz a
yceulx par la forme et maniere qui se ensuyuent.
I. Forma juramenti Uagistronim computorum.
Premierement que les maistres des ditz comptes promectent de nous seruir sur
la examination des comptes et toutes autres chouses dependautz des ditz comptes
bien et loyalement a boue diligence , et garder le honneur protìt et cheuance de
nous a leur pouoir , iustice non oflFendue, et que per amour temour ne profit eu
nul eas il ne feront le contraire.
II. Quod non recipiatU dona.
Item que lesditz maistres ne poiut deulx per leur ne per anitre ne degeht
prendre nuls seruis proufits ne dons de point de oftìciers ne anitre persone qui hait
a besoigner auecque eulx per cause de leurs offices.
Ili De non delrahendo quicqunm de Palrimonio.
Item que les dicz maistres des comptes ne degent deduyre a nul officier nulle
ehouse qui soit du domayne et patrimoyne de nous , par mandement ne par lettVes
(♦) Archivio camerale, citato Registro degli Statuta computorum etc. , foli. 12' -22. — Questi Stai iti
vennero pubblicati per la prima volta da Tommaso Capre nel suo Traité historique de la Chambre dei
comptes de Savoye. Justifié par titret , Statuts , Ordonnances , Edicts, et autres preuves tirées dei
Archires. Lyon 1662, in-4'' (pagg. 28-37), senza dire donde li traesse; poi da Alessandro Jolly {Com-
pilation des anciena Kdits dex Princes de la royale Maison de Saroi/e. Ciiambery 1G79, in-4°), ed in
ultimo da Amato Duboin nella nota sua Raccolta per ordine di materie, tom. ni. Parte 2*, pagg. •'i2,">-
531. Questi ultimi bauno riprodotto il tosto, assai errato, del C'apre.
CESARE NANI 207
de nous ou daucun de nous faitz , ne deuoir a faire , se ce nestoit que nous am-
bedeux ensamble le comandessions de bouche expressement a tous les maistres
ensemble.
IV. Ouod omnes Ofjlciarii annis sìngiilis computent.
Item que tous noz officiers , de quelque condition et estat quii soyent , tant
deczay les montz comme de lay et aultre part ou que nous les hayous , presans et
auenir, soyeut enteuus de compier chascun an , et que lon raandeist chascun an
tous les dit officiers per compter , sur certaynes poynes , et que tous les comptes
se facent et soyent clous et examinez pleynement deys le premyer iour de ianuyer
iusquez le premier iour de may.
V. Ouod pene commisse in compuHs allocentur.
Item que les poynes mises es officiers per les ditz maistres a cause de leurs
oftìces , tant per venir compter comme aultrement, les queles les ditz officiers
commectront par desobeissance ou autrement , que celles telles poynes Iour soyent
alloyees en leur comptes et a leur charge.
VI. Quod principales Officiarii debenl personaliler venire eomputaturi.
Item que per le hounour et profit de nous mieulx garder tous les officiers des-
sus dicz soyent entenus de venir compter en propre persone, non point per procu-
reurs , ou cas quii non hauront iuste excuse de non pouoir venir; ouquel cas il
degent transmectre procureur tant souftìsant quii puisse et sachet excuser sur le
faict du compte de son maistre et aultres chouses qui appartiendrient a faire per
sondit maistre per cause de son office aussi bien que comme ledit son maistre
estoit present.
VII. Pene officiariis inflicle eie. De comparendo in Camera et non recedendo donec eie.
Item que les officiers non degent partir de Chamberi ou du luef ou les comptes
se recepurout iusquez a tant que leurs comptes soyent faiz compliz et examinez ,
ne sans la licence des maistres des comptes , sur la poyne de xxv. libr. de fors et
de vng florin per chascun iour quii feront le contraire.
Vili. De resideneia fienda per Officiarios in castris Domini.
Item que les officiers qui tiendront offices ou il aura chastel ou maison qui soit
nostre soyent entenus de y faire leur demourance et liabitation , ou Iour lieuxte-
nantz honorables et souffisautz; et au cas quilz feront le coutraire , que les mai-
stres des comptes ne leur alloyeut point leur sallaire ne aultre droit doffice.
IX. Forma juramenti per Ofjiciarios preslanda.
Item que tous les officiers soyent entenus au commencement de leur compte de
iurer et , sur la peyne de xxv. libr. de fors , de compter bien et loyalement et
de faire actendre et obseruer les ordouances dessus et dessous escriptes et aultres
commandemens raisonables que les maistres leur feront depart nous.
X. Officiarii non sint presenles in Camera compuloi'um.
Item que nul officier ne soit present a la examiuatiou de son compte.
208 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
XI. Omnes computi in cnstro Chamberiaci exnminentur, nec ab ipso extrahantur
sine mandato MaQistrorum.
Itera que tous les comptes se degent recepuoir et exarainer cu chastel de
Chambery, et que nul nompte ne soit poiirte ne traici hors dudit chastel sans le
commandement des maistres.
XII. De fiendo registro libratarum.
Item que les maistres deg:ent auoir vng papier quii garderont par deuers eulx,
ouquel il degent registrer secretement toutes liurees faictes a thesauriers et aulire.*
manieres de gens qui en deburont compier.
XII 1. Quod Cincellarius preudens Chamberiaci et omnes Secretarii aclus concementes
Patrimoìiiitm singulis mensihus ad Cameram mictant.
Item que nostres chancelier.* et aussi le Chancellier de nostre Conseil resideut
a Chambery, et aussi noz secretaires soyent enteiius de registrer les accordies qui
se feront , et que il les degent bailler ou tramectre en memorial par escript cha-
scuu mo3's es maistres des comptes ensemble toutes autres chouses touchans nostre
domayne et patrimoyne affin que les maistres les facent registrer la ou il se ap-
partieudra.
XIV. Nu>nerus Rfceptorum computorum, celo.
Item quii hayt vhuyt clers ppr recepuoir les comptes , et non plus , inclus
esdics vhuyt clers les duoz qui gardent les cles des dicz comptes.
XV. Formi jiiramenti BereploiU'/ì compìitornm.
Item que les ditz liuyt clers iurent et promectenl de seruir bien et loyalement
a bornie diligence et de garder nostre honneur et profìt et cheuance , et que per
profit amour ne temour il ne feront le contraire , et quii ne entrepregniant de
faire autres ouures fors que entandre sur les comptes, aiuses comme il leur sera
commande par les maistres de noz dits comptes.
XVi Recepiores computorum non reciinant miniera ab Offiriariis.
Item quii per lour ne per autre ne prendroiit nuls dons ne prouficz de point
de officier qui hait a besoigner auecques eulx per le faict de leurs offices.
XVI 1. Rereptores ìi'in obedieiiles Magi'itris passini per eos aiif^'erri ab eorum u/ficiQ.
Quod Recepiores examinentur in Camera an sinl suffìcienles.
Item que au cas que les clers dessus dicz ou point deiils ne feroient ainsi
comme il est de.^sus et des.sous ordonne et le comandement des maistres, que les
maistres les puissent ouster et mectre autres en leurs lieux, et aussi remectre en
la maniere quii leur seniblera pour nostre honneur et profìt. Et aussi nul clerc ne
soit receu audit office sinon est prodhome et de bone fame et bone conuersation ,
et quii soit examiue en la Chambre des comptes sii est souffisant ou non.
XVIII. Quilibel Receptor debct tenere vnum honum clericum hen? scrihentem.
Item que chascuu des luiyt clers dessus dicz soyent entenus de lenir auecque
soy vng bon clerc, loyal , prodhomrae et souffisant, et bien escripuant , per escri-
pre les originaulx de noz comptes.
I
CESARE NANI 209-
XIX. De continencia rotulorum et scripture.
Item que les dicz clers soient entenus de faire les rueles du long de la pel et
quii soyeut du long que les raaistres ordeneront. Et que les dicz ruelles soient regie
du grand et de la regleure que les maistres ordoneront. Et que es comptes ne se
mectent parolles superflues forsque celles qui seront neccessaires.
XX. Receptores omni die coram Magislris sese presentare debent.
Itera que lesditz clers soyent entenus de soy presenter chascun iour ouuriez
eii la Chambre des comptes affin quii soyent appareille de faire ce que les maistres
leur commanderont per nostre faict touchant a lonr office.
XXI. Receptores non recipiani computos per Coadiutores.
Item que lesditz clers ne puissent recepiioir uul compte par coadjuteur, mais que
celluy a cuy il sera commis personalmeut le deige commencier moyaner et finir.
XXII. De registrandis remanenciis computorum.
Item que les ditz clers soyent entenus de escripre incontinent ou papier des
remanences les remanences des comptes quii recepuront , et au.^si tost quii seront
examine; et que lesditz comptes, ensemble les lettres, il soyent entenus de randre
subscriptes incontinent a vn des clers qui gardent les cles.
XXIII. De non tradendis computis aut scripiuris per Clauarios sine mandato Magistrorum eie.
Item que les duoz clers qui gardent les cles des comptes ne bailliant uul compte
a nulle persone du monde; et non laisseront nul entrer la ou les comptes se garde-
ront senon per commandement des maistres; et que il ne chercheront nulles informa-
tions, escriptures ny extraitz, sans le comandement des maistres ou de duoz deulx.
XXIV. Quod nullus Thesaurarius possit esse Magisler computorum.
Item que nul tresourier, quel quii soit, ne puisse estre maistre des comptes.
XXV. Omnes Financie recipiantur per manus Thesaurarii.
Item, par ce que nostres finances soyant myeulx gardees , nous ordonnons que
lesdictes finances deys or en auaut se degent recepuoir tant seuUement par troys
persones et non point par plus; cest assauoir par nostre thesaurier g-eneral et per
les duoz clers des despens de nostres ho.stelx. Et se le thesaurier et les clers des
despens dessus ditz baillent ne deliurent point de fiuauce, soit grand ou petite, a
aucune persone , de quoy celle telle persone dege compter , que celluy qui deli-
urera ladicte finance soit entenu de faire compter et recepuoir le compte bien a
point de celluy a cuy il aura bailie ladicte finance incontinent quii aura faict et
besoigne ce perquoy lon luy aura ladicte finance bailie.
XXVI. Super reddendis computis per Conimissarios qui mictentur eie.
Item que se nous ou soit nostre tresaurier tramectent point de commissaires
per recourer finances ne viures , que incontinent que les commissayres seront re-
uenus le clero des despeyns de Ihostel de nous Contesse , se le commissaire est
ale depart nous (*) , et le thesaurier sii le aura tramis, soyent entenus de faire et
(') L'edizione Capre dopo le parole depart Noits reca quest'inciso che manca nel nostro Ms.: € le clero
Sekie il Tom. XXXIV. 27
■210 I PKIMl STATUTI SOPRA LA CAMERA UEl CONTI NELLA MONARCHIA I! SAVOIA
recepuoir le compte dudit commissayre et compier des receptes que le dit commis-
saire aura faictes affin que les liurees faictes es commissayres se alloyent baillez
au tbesaurier ou esditz clercs , non point es commissayres.
XXVII. Debiti Domini per cedulns aut obligationes non soliiantur per Thesaiirarivm
sine mandato Domini. Apponadir satisfactum in cedulis aut obligationibus.
Item que le tbesaurier, les clers des despeyus , et aultres officiers, quelx quii
soyent , ne deliurent point de fiuauces a nulle persone a cuy nous Contesse et
Conte degeons, qui en aura cedule ou lettre de debte de nous, se ce nest quii ait
lettre de mandement de payer qui soit annexee a ladicte cedule ou lettre de debte;
et se nous duoz ensemble ou le vng de nous mandons que lon deliureist point de
somme de finance a nulle persone en descbarge de ce que nous ou le vng de nous
li deurons, que celluy qui deliurera ladicte somme deuant toutes chouses la face
escripre et mectre en payeraeut ou doz de la cedule ou lettre de debte que celluy a
cuy lon payera aura de nous ou de lung de nous, et apportoit es maistres des com-
ptes tesmoiuaige par escript, seignie de raain de notaire, comme celle telle somme
est escripte et mise en payement ou doz de ladicte cedule ou soit lettre de debte.
Autremant que lon non la li alloyeist point.
XXVllI. Magistri computorum registrati facianl solutiones que jient in exonerationem
debitorum.
Item que quant point des officiers, quel quii soj'ent, deliurera point de finance
a aucune persone en descbarge de ce que nous ou le vng de nous li deurons, que
les maistres des comptes soyent entenus de faire escrire celluy tei descbarge en
vng papier affin que nous ne payons a nul plus que nous ne deurons ; et aussi que
quant nous vouldrons veoir ce que nous deurons ou ce que nous aurons paye que
lon nous en puisse incontinent et plainement informer.
XXIX. Omnes et singuli Officiarìi computent particulariter de decem annis in decem annis.
Item, quar la vie des gens est brief et la memoyre est curte, et aussi quar les
tenementiers des fiez se changent souuant, affin que riens de nostres rentes, seruis,
domayne, et aultres vsaiges ne se desperdent, cbascun officier soit entenu de com-
pter particulierement de dix ans en dix ans, et que les maistres des comptes soyent
entenus de le fayre scauoir es officiers a la reception de leurs comptes , sed assa-
uoir vng an deuant affin quii ne troueyut oucboison de faire leur dit compte parti-
culierement.
XXX. Quod Exlente renouentur de decem annis in decem annos {*).
Item que per les causes dessus dictes les extentes se facent de dix ans en dix
ans per tous les lieufs de la conte , et que cil qui feront lesdictes extentes les de-
gent apporter ensemble les extraictz dicelles es maistres de noz comptes.
XXXI. De apportandis mensuris et ponderibus Chamberiacum, et equipollentiis fiendis.
Item que les dicz maistres des comptes facent appourter a Cbamberi per deuant
eulx per gens dignes de foy les mesures iustes de blez, vin, sai, et aussi les poys
raisonables de tous les lieufs de la conte, affin quii les puissent equipoller a la
mesure et pois de Cbamberi per maniere que lon saiche comme les viures se gou-
« de l'hostcl de nons Comte, et le thésaurier etc. ». So l'aggiunta non è dell'Editore, convien dire die
il Capre ebbe sott'occhio un altro manoscritto.
(") Dopo questa rubrica viene, parimente in margine, la seguente nota: « Et ex alia Ordinatione ducali,
« de ut» annis >. 11 nostro Ms. appartiene al secolo XV; da indi la menzione di un'Ordinanza ducale.
CESARE NANI 211
uerneront et aussi par ce que les viures qua !on vendra lon les puisse vendre rai-
sonablemeut.
XXX! I. De inictendis Commissmiii ad infimationes sumenJas super preciis vktualium
Itera que lesditz maistres des comptes soyent entenus de tramectre vng cha-
scun an, feny le temps de la reception des comptes, en chascun bailliag-e de la
conte aucune persone sotiffi.<ant et proudhome qui i tirerà es mains des raaistres
que per soy ne per autre il ne prendra en nulle maniere don ne profìt de nul offi-
cier ne en viures ne autrement per fai re les chouses dessonbz escriptes secretement
a bonne diligence. Lesquelles chouses il rapporterà a la Chambre des comptes.
IN SKX CaPIT[ MS SEOL'ENTIBUS CONTINENTUR ET QUE FIENDA SUNT
l'ER DICTOS COMMISSATUOS.
Premieremeut auisera les chasteaulx , forteresses , fours, molins , et aultres
ediffìces nostres , silz sont en bon estatz , bien couuert , tenu a souste, et appa-
reillez.
Item per scauoir les pris des viures qui auront valu au marches des luefs de3's
pasques iusques le dernier iour de may.
Item se informerà se les chastellains ou luestenantz demourent en nostres
chasteaulx ou maisons contrae dessus.
Item se informerà secretement corame les chastellains, les clers de cours, me-
straulx, et aultres officiers de chascune chastellanie gouuernent nostre faict et noz
subgectz.
Itera se informerà corame nostres chappelles sunt seruies per les chappellains
a cuy lon donne les pensions , et corarae les chappellains sont payez des chastel-
lains, et aussi aultres anniuersaires , comraeraorations , et aultres aulmosnes or-
denees per nostres deuanciers et per nous.
Item recouureront des officiers et aultres gens ce quii nous deuront per les
apporter a ceulx qui ont la charge de en corapter corame dessus.
XXXIII. Nullus Offìciarius accemel officium suum.
Item que nul officier non accensoit son office.
XXXIV
Item que les maistres des comptes ou douz deulx soyent entenus chascung
an, feni le temps de la reception desditz comptes, quant nous ou le vn de nous le
manderons, de venir par deuers nous per nous informer pleynement de nostre faict
sus les ordenances dessus dictes affin que les dictes ordenances se actendent et ob-
seruent tousiours a Ihonneur de nous et des nostres.
Donne a Chamberi dessoub nostre seaulx en testraoing des chouses dessus
dictes le vingt et neuf iour de decembre lau de la natiuite nostre Seigneur mi!
troys cens quatre vingtz et neufz.
Redite liitcras ponitori.
Per Dominam et Dorainum presentibus dominis de Cossonay, Girardo dEstres
Cancellario, Johanne de Confleto et sancti Maurioii, Egidius Driueti.
212 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA HI SAVOIA
III.
Ooncessio priuilegiorum et franchisiarum facta per Eduardum comitem Sabaudie
Monetariis terre et comitatus Sahaudie anno Domini m. ecc. xxvij (*^
Nos Edduardus comes Sabaudie notum facimus vniuersis presentes literas in-
specturis quod Nos , de industria et legalitate operariorum et monetariorum artis
et officii monetarie, videlicet illorum de terra nostra comitatus Sabaudie, plenarie
confidentes, volentes ipsos eciam prosequi gracia et fauore, volumus et eisdem prò
nobis et successoribus nostris concedimus quod ipsi et eorum quilibet ad operan-
dum et monetandum in nostris monetis que nunc fiunt et quas in posterum fieri
contingerit in terra nostra et in quolibet loco terre nostre, dum ipsi fideliter ope-
rabuntur et nobis et magistris nostris raonetarum nostrarum fideles erunt , et ser-
viantur (?) et consimilibus aliis operariis et monetariis extraueis ad operandum et
monetandum in easdem preponantur , et etiam . . . prò tali bracagio ouragio et mo-
uetagio quod datar et dari consuetum est in regno Francie operariis et monetariis
regni Francie; quod quidem bracagium ouragium et raonetagium prò nobis, here-
dibus et successoribus nostris, eisdem operariis et monetariis... concedimus et
confirmamus , volentes et dictis nostris operariis et monetariis tenore presencium
eoncedentes quod ipsi e1>- eorum quilibet . . . operantes et non operantes in predictis
monetis nostris , gaudeant et vtantur libere omnibus priuilegiis libertatibus et gra-
ciis [quibus | ceteri operarli et monetarii in regno Francie et in monetis regis
Francie operantes et non operantes nunc gaudent et hactenus gaudere et vti cou-
sueuerunt. Dieta autem priuilegia libertates et franchesie secuntur prout infra. Nos
considerantes et atendentes grata et acepta seruicia nobis et predecessoribus nostris
facta et exhibita per predictos operarios et monetarios, volumus concedimus et con-
firmamus magistris nostris monetarum nostrarum et prefatis operariis et monetariis
qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint tocius terre nostre et comitatus nostri
Sabaudie, qui sunt et erunt de sacramento comitatus nostri Sabaudie, omnia pri-
uilegia et omnes franchesias que et quas predecessores comites Sabaudie condam
eisdem operariis et monetariis dederunt et concesserunt temporibus retroactis, vi-
delicet quod ipsi non teneantur de aliquo casu respondere coram aliquo indice nisi
tantummodo corani magistris nostris monetarum nostrarum , exceptis tribus casi-
bus, videlicet de omicidio , de furto , et de raptu. Volentes eciam et eoncedentes
quod ipsi sint franchi quieti et penitus liberati per totam terrara nostram et per
totum comitatura nostrum ab omnibus tagliis cost... pedagiis passagiis censiue...
oaualcatis exercitus , et generaliter ab omnibus subuencionibus existentibus , que-
cumque sint, operantes et non operantes , non obstantibus aliis priuilegiis datis
seu dandis, non facieutibus de huiusmodi priuilegiis plenariam mentionem. Et ab
inde in antea accipimus et ponimus magistros nostros monetarum nostrarum , ope-
rarios et monetarios earundem monetarum nostrarum, qui nunc sunt et qui prò
tempore fuerint, in nostra salua garda protectione et conducta, et res et bona
ipsorum. Volentes insuper et eoncedentes quod quicumque faciet grauamina seu
molestias predictis magistris monetariis . . . seu prefatis operariis et monetariis
supradictis , que sint centra libertates priuilegia franchesias supra dinta et dictas
(*) Archivio centrale di Stato io Torino, Protocollo ducale Rbynaud, n. 15U, inter foli. IIU et 111.
CESARE NANI 213
eisdem per nos concessa et concessas , quod ille uel illi qui dieta gravamina mole-
stias turbaciones seu impedimenta vel aliqua alia dampna faciet incontinenti con-
dempnetur et compellatur ad . . . et emendandum omnia dampna expensas et
turbaciones que sustinuerunt prò facto dictorum impedimentorum dampnorum et
perturbacionum , et nobis similiter emendetur secundum qualitatem et quantitatem
delieti. Volentes et districte precipientes tenore presencium omnibus iudicibus, bayl-
liuis , castellanis , mistralibus , ceterisque officialibus et subditis nostris in terra
nostra constitutis , qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint , quod ille vel illi in
cuius juridicione , castellania uel districtu, dieta grauamina molestie seu perturba-
ciones facta reperirentur seu data , breuiter , et de plano faciant totum integ:raliter
et perfecte restituì corrici et emendari , prout supra dictum est , tam dampnis
passis quam nobis; [et] illud idem volumus et districte precipimus omnibus aliis
iuriditionem quamcunque exercentibus , in terra nostra constitutis , qui nunc sunt
et qui prò tempore fuerint, atendere compiere, atendi et compleri facere, prout su-
perius est expressum. Et quia est intencionis nostre quod [predicti magistri?], ope-
rarli et monetarii nostri , in predictis franchesiis libertatibus graciis dreyturis et
antiquis suis bonis costumis per totum comitatum nostrum Sabaudie et per totam
terram nostram, operantes et non operantes, seruentur et custodiantur, iniungimus
et districte precipimus et mandamus omnibus iudicibus, bayliuis, castellanis, mistra-
libus, ceterisque officiariis nostris, et omnibus aliis iurisdicionem exercentibus, in
terra nostra constitutis, qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint, quatenus predi-
ctas libertates priuilegia et franchesias custodiant et obseruent , custodiri et ob-
seruari faciant integraliter et perfecte et sine aliquas corruptione prefatis magi-
stris, operariis, et monetariis monetarum nostrarum , per presentacionem sibi fa-
ctam copie harum nostrarum literarum absque sigillo nostro et absque aliquo alio
sigillo Curie nostre seu autentiquo. In quorum omnium robur et testimonium si-
gillum nostrum duximus presentibus apponendum. Datum Chamberiaci die xx'
mensis julii anno domini m" . ccc" . xxvij'.
IV.
(■) LlCTEBE ET INSTRUMENTA CONTRACTUOM ET ALIOROM ACTDUM INTER DOMINOS COMITBS
INDEQDB DnCES SaBAUDIE NEC NON GOMMONE ET SDBDITOS ClOITATIS ASTENSIS.
. . . Instrumentum in quo dominus Petrus comes Sabaudie et in Ytalia marchio
dedit et coucessit omnibus et singulis mercatoribus et hominibus de Ast et de posse
astensi sine armis caminum stratum et stratas a parte Lugduui qui est supra
Rodanum vsque ad castrum et villam Rippollarum , et per ipsam villatn et locum
Rippollarum et a Petra Crispa vsque ad castrum et villam Rippollarum , et ab
eodem castro et villa Rippollarum vsque ad predictum pontem et Petram Crispam,
recipiendo ipsos et quenlibet ipsorum et res eorum , eundo stando et redeundo
per dictas stratas, in saluagardia et protectione et conductu dicti domini Comitis
centra omnes homines et personas ; cum pluribus aliis pactis et promissionibus
declaratis in dicto instrumento recepto per Nicolaum de sancta Brigida et Curi-
num Croctis (?) notarium anno domini millesimo ij. Iv. die xxiij mail, signatumque
per
(*) I due documeati che seguono sono tratti da un volume manoscritto in loglio dell'Arehivio di
btato detto Camerale (foli. 583 e 584), che porta per titolo : Registre Contrats et Traités enire les Duct
de Savoie et les Princes étrangers, 1410 à 1448, ed è citato a fol. 1 lìeWImentario parziale Savoia.
214 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA
Promissio sindici Communis astensis facta nomine dicti Conimunis domino Philippo
corniti Sahaudie super conseruatione mercatonim et aliorum in strafis , prò
qtia modis infra scriptis dictum totum suum effortium deheat faccre.
Anno domini millesimo ducentesimo sexagesimo quinto, indicione octaua. die
sabbatti vif^esimo tertio mensis uiadii.
Cnm dominus Petrus , illustris comes Sabaudie , dederit et concesserit stratam
et caininum mercatoribus et ciuibus astensibus per comitatum Sabaudie , videlicet
a ponte Lug-duni et a Petra Crispa vsque Rippollas et a Rippollis in antea , super
strata saluanda et aseruanda et deffendenda fecit et habuit quedam pacta et con-
uenta vnacum Sicardo Garreto ciue astensi , procuratore et sindico Communis
astensis (vt constat de sindicatu publico instrumento scripto manu Melani Gilli
notarii eodem anno et imlicione, die jouis nouo mensis aprilis, et sigillo dicti Com-
munis astensis munito; vt constat de predictis in eis conuentione et pactis per in-
strumentum publicum factum a me notarlo infrascripto ipsa eadem die sigillo ipsius
dicti Communis roboratum de pluribus pactis et conuentis factis a dicto siudico prò
Communi astensi dicto domino corniti), voluit idem dominus comes publicum instru-
mentum . . . prenominatus procurator et sindicus nomine dicti Communis astensis
promisit dicto domino comiti et pactum fecit et Srmauit quod si contingeret quod
aliqua persona ofFensionem faciat alimi mercatori vel alii persone , in persona vel
rebus, in strata a Rippollis in antea super posse RippoUarum vel Montiscalerii vel
super posse astensi, vel suorum vel illorum de parte astensi, tunc Commune et homi-
nes astenses teneantur et debeant equitare et ire hostiliter cum toto exfortio eorum,
acum castellanis et hominibus terre ipsius domini comitis quam habet in Lombardia
in Pedemonte, centra et supra illum et illos qui ofiFensionem facerent vel qui ofiFenso-
rem receptarent vel de quorum vel cuius terra mouisset, et ei vel eis facere viuam
guerram simul cum predictis castellanis et hominibus, et nuUam cum eis facere con-
cordiam seu treugam donec de ofiFensa plenam restitutionem et emendam fecerint
iniuriam passo. Item promisit dictus sindicus nomine predicti Communis se ita fat-
turum et curaturum quod dicti domini de Plozasco , commune et homines Taurini
et de Collegio iurabunt saluare et custodire stratas et caminum et dare auxilium et
succursum toto eorum posse omnibus euntibus et redeuntibus per ipsas stratas, et
quod attendent et obseruabunt vnacum Astensibus omnia et singula supradicta. Et
promisit idem sindicus nomine supradicto predicta pacta et promissiones attendere
et obseruare et lìrma tenere et non coutrauenire, et facere et curare ita quod po-
testas et Commune astensis ea omnia et singula ratifficabunt et firmabunt quando-
cunque ab eodem domino cornile vel eius nuucio inde fuerint requisiti , et ea tirmu
et incorrupta seruabunt donec predicta strata centra mandata esset et contradicta
ex parte ipsius domini comitis predictis Astensibus , vt in supradicto instrumento
facto de concessione diete strate. Et inde dictus sindicus a me notarlo rogauit fieri
presens publicum instrumentum , vnum et plura in eodem tenore.
Actum apud Rotundum Montem in castro quod est in Vuaudo, presentibus ,
testibus vocatis et rogatis domino Vberto de Monraeliano, Thoma de Rosglone, Sy-
mone de Verterlo, et Bernardo Rusticii, et Henrico Guerre (?) de Florentia.
Et ego Jacobus Valbella, notarius sacri Palacii , rogatus a dicto sindico, in-
terfui et sic scripsi.
CESARE NANI 215
V.
LlCTERE ET INSTROMENTA DOMINORUM COMITUM INDEQDH DdCDM SaBAODIE ET SUBDITORUM
Ddcum Mediolani (*).
Procura Gapitaneorum thuchinorum mercatorum ad petendum securitatem
prò eundo ad nundinas Francie.
Venerabilibu.s in Christo patribus archiepiscopis, episcopis, ac dilectis sibi in
Christo abbatibas, prioribus, archidiacouis, decanis , et ceteri.s ecclesiarum prelatis,
et nobilibus et discretis viris dominis ducibus, comitibus, baronibus, inilitibus, ca-
stellanis, baiuli.s, prepo.sitis, et ceteris laicis locorum ordiuariis, ad quos iste lictere
perveuerint , houorabilibus (?) dominis dilectis suis , Guillelmus Zaueugus (?) pla-
centinus et Johannes Cristianiuis (?) de Monte Pessulano , capitanei et rectores vni-
uersitatis et societatis mercatorum thuscannorum, lorabardorum , et prouincialium,
ad nundinas Campanie et Francie frequeutantium , et ipsa eadem vniuersitas sa-
lutem cum omni felicitati augmentum ac paratos seruicium cum honore.
Primum quidem oportet uos prouidere iuxta dictum sapienti» de premissis ad
indempnitatem mercatorum. Hinc est enim quod nos constituimus et ordinamus
dilectos nostros Einricum de Venecia et Jacobum Vidaleni , ambos mercatores Ve-
netorum, latores presentium, qui dictum Einricum de Aragra (?) veuetum et dictum
Jacobum Vidalem certos nuncios ambaxiatores diete vniuersitatis ad petendum et
recipiendum a vobis dominis honorabilibus (?) securitatem caminorum et ad tra-
ctandum vobiscunque ea pedagia que sunt ad soluendum mercatoribus transeundo per
terram vestram et jurisdicionis vestre , cum ipsoruni bonis eundo et redeundo ad
nundinas Campanie et Francie, securiter transire permictere dignemini et velitis ,
si placet, accipiendo a mercatoribus qui per terram vestram transierunt illud peda-
gium quod quantum dictis nunciis et ambaxiatoribus supradictis vobiscum . . . do-
minis ordinatum et stabilitura fuerit. In cuius testimonium presentibus licteris si-
gillum nostre vniuersitatis et societatis mercatorum duximus apponendum.
Datis in nundinis prodomi (?) dicti Hangulphi , anno domini m" ce" Ix" viij ,
indicione xj. die vj. octobris.
(') Stesso Registre, fol. 488.
217
SIGILIOGRAPHIE DE LA SAVOIE
PREMIÈRE SERIE
SCEAUX religieux
DESSINÉS ET DÉCRITS
PAR
le General AUGUSTE DUFOUR et le Prof. FRM^OIS RABUT
Lue dans la Séance du 24 Acni 1881
INTRODUGTION
— ►«©«+.—
Déjà quelques publications se sont produites sur la sphragistique savoyarde, mais
il reste encore beaucoup à faire sur ce sujet. Farmi les travaux déjà publiés, il faut
citer hors ligne et avant tout les Sigilli de' Frincijìi di Savoia, publiés avec autant
de science que de luxe par MM" Cibrario et Promis en 1854. Cette publication,
autrement sérieuse que celle qu'a faite, deux siècles auparavant, l'historiographe Guichenon
en téte de son Histoirr géìK'alogiqiie de la Maison de Savoie , s'arréte au règne
d'Emmanuel Pliilibert inclusivemeut. Outre les sceaux des princes et des princesses de
cette illustre famille, elle renferme encore ceux de quelques administrations : Conseil
de Chambéri, Cliàtellenies des Clets, de Cossonay, de Crens, de Morges, de Nyons,
de Romont, de Ruo et d'Yverdun.
Après cet ouvrage, le seul de cette importance , qui ait para sur cette branche
intéressante de notre archeologie savoyarde , on ne peut citer que quelques articles
isolés publiés ^a et là sur un ou deux sceaux de diverses espèces. L'un de nous en
a fait connaìtre quelques-uns dans les mémoires de la Société savoisienne d'histoire
et darchéologio (1) , dans la Snbaudia (2) , dans les actes de l'Académie royale
des Sciences de Turin (3) et ailleurs.
(1) Lettres sur la sigillographie savoyarde, pa.TF. ^abut.
Dans la l'^e lettre, insérée au tome Xll, sont décrits les sceaux d'Etienne de la Thuile, pénitencier
du Pape , du Chapelain de S'-Étienne de Cuines et de l'évèque d'Aoste Pierre IV de Sonnaz.
Dans la 2<'e, insérée au tome XIV, il s'agit de ceux de Simon évèque d'Aoste, de la Cour de
Justice du Corate de Savoie à Aoste , et d'Airaou du Bois.
(2) Grand sceau equestre du due Charles Emmanuel 1, page 169.
(3) Note sur une bulle de Pierre de Savoie archevéque de Lyon, voi. XII.
Serie IL Tom. XXXIV. 28
218 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX EELIGIEUX
ir Promis a publié dans le tome 9° des Miscellanea di Storia italiana un fort
joli petit sceau ovale d'Emmanuel Philibert : M' le comte Amédée de Foras en a re-
produit quelques-uns dans son armorial et nobiliaire de la Savoie, et tout récemment
W Laurent Eabut vient de publier, dans le tome XVII des Mémoires de la Société
savoisienne, un grand sceau equestre en plomb inédit d"Amédpe Vili comte de Savoie.
Mais, nous le répétons. il y a une grande lacune à corabler, et nous avons résolu de tra-
vailler à la diminuer, en éditant quelques séries de sceaux relatifs à notre pays natal.
Nous donnons aujourdhui une première sèrie consacrée aux sceaux religieux, espérant
la faire suivre d'autres séries renfermant chacune des sceaux d'une espèce differente ;
sceaux judiciaires, sceaux féodaux, sceaux municipaux, etc. A coté d'un dessin, aussi
soignè que possible, nous placerons une description exacte de ces petits monuments et
nous y ajouterons quelques renseignemens historiques sur les persomies ou sur Ics maisons
religieuses auxquelles ces sceaux ont appartenu.
Nous avions d'abord pensé à suivre l'ordre géographique et à classer nos sceaux
suivant les divisions ecclésiastiques de la Savoie , mais cela préseutait des difficultés.
surtout à cause des changements survenus à différentes époques dans les circonscriptions
religieuses, et nous avons pi'éféré, comme plus commode, la classification suivante. Nous
les partageons d'abord en deux catégories , comme l'est le clergé lui-méme . l'une
contenant les sceaux du clergé séculier, l'autre les sceaux du clergé régulier. Dans la
première nous suivrons l'ordre Inérarchique : 1° les cardinaux et les protonotaires apos-
toliques; 2" les archevéques; 3° les évéques ; 4° les coUégiales et plébainies; 5° les
simples prétres.
Pnur les siéges épiscopaux ou arcliiépiscopaux, nous mélerons, à leiu" ordre chro-
nologique , et aux sceaux des prélats, ceux de leurs chapitres et officiers et de leurs
tribunaux.
Dans la seconde catégorie, nous passerons en revue successivement les divers ordres
religieux, Bénédictins, Franciscains, Dominicains, etc, qui ont existé en Savoie ou dans
les pays voisins qui ont été sous la domination de nos Comtes et de nos Ducs. Nous ter-
minerons en donnant, comme une sorte d'annexe, quelques sceaux de corporations reli-
gieuses ou mises sous la protection de Saints. Nous donnerons aussi les sceaux des
prélats et des religieux savoyards qui ont vécu dans des pays étrangers où ils ont
occupé des siéges ou habité des maisons religieuses.
Ce mémoire presenterà sans doute bien des imperfections , mais nous comptons
beaucoup sur l'indulgeuce des travailleurs sérieux qui tiendront compte des difficultés
de ces sortes de recherches et de la bonne volonté des auteurs.
PAE A. DUFOUR ET F. RABUT 219
I.
CLERGÉ SÉCULIER
— >«a»6?<BM~—
r CARDINAUX ET PROTONOTAIRES APOSTOLIQUES
Le Cardinal Maurice de Savoie.
1627
Sceau de forme ronde de 62 millimètres de diamètre.
Type: Dans un cartouche surmonté d'un chapeau qui n'a que trois rang6 de
houppes pendant de chaque coté 1, 2, 3, figurent les armes de Savoie écartelées comme
le due Emmanuel Philibert avait commencé à, le faire, savoir: aux 1" et 4' quartier,
de Saxe; au 2'' quartier, du duché de Chablais; au 3" quartier, du duché d'Aoste; et
sur le tout de Savoie: de gueules à la croix pìeine d'argent.
Legende. La legende, entre deux filets, est en capitales romaines et est entourée
d'une bordui'e de fleurons :
MAVRITIVS • S • R • E • DIACON • CARD • SABAVDI/s^
Mauritius sacrce romance ecclesice diaconus cardinalis Sabaudi^.
Planche I, fig. n" 1.
Ce sceau est d'un dessin élégant : Il est en ciré rouge plaqué à une charte du 1 5
Juin 1627, par laquelle la prévóté de S'-Antoine, dépendant de l'abbaye de la Chiusa,
est conférée à révérend Jean Martin Billié (1).
Relativement au type de ce sceau nous ferons remarquer qu'on voit dans la partie
supérieure du cartouche une tète d'ange, qui se rencontre souvent dans les sceaus ecclé-
siastiques et qu'au lieu des houppes de Cardinal, qui doivent étre de cinq rangs 1, 2, 3,
4, 5, le chapeau n'a que des houppes d'évéque; exemple rare d'un prince de l'église pre-
nant moins d'iasignes qu'il aurait le droit de le faire. Mais cela peut s'expliquer ainsi :
à savoir que ce sceau est celui dont le prince Maurice se servait en qualité d'Abbé de la
(1) Archives de l'Économat general - S'-Michel de la Cluse - Paquet )6.
220 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAt'X RELIGIEUX
Chiusa, bieii qu'il n'en ait pas pris le titre dans la legende. Disons ancore, pour com-
pléter la description qui précède, que les quartiers de Saxe sont subdivisés dans les
armoiries des souverains de Savoie et sur notre sceau comme suit : Farti de pourpre mi
cheval gai et contourné d'aryent, qui est de haute saxe et fasce d'or et de sable de 8
pièces au crancelin de sinopie pose en bande sur le tout, qui est de basse saxe, et ente
en pointe d'argent à 3 bouterolles de gueules, qui est d'Angrie. Les armes du duché
de Chablais sont d'argent seme de billiettcs de sable an Ij/on de sable hrochant sur
le tout (On n'aperQoit pas les billiettes sur le sceau). Le duché d'Aoste porte de sable
au hjon d'argent arme et lampassé de gueules.
Quant au personnage possesseur de ce sceau, il est assez connu; trop connu mème à
cause de la part qu'il prit dans les troubles domestiques de la Maison de Savoie avec
son frère le prince Thomas et sa sceur Marguerite, déjà du vivant de son frère le due
Victor Amédée I, et plus tard pendant les régences de Christine de France à laquelle il
reprochait sa nationalité, bien qu'elle ait été, on ne peut plus, dévouée à la Maison de
Savoie et à sa politique traditionnelle.
Xous ne parlerons donc de lui que pour rappeler ici très-sommairement qu'il était
le 5" fils du due Charles Emmanuel I, qu'il uaquit en 1593, qu'il fut créé Cardinal diacre
à l'àge de 1 4 ans, sans qu'il ait jamais regu plus tard les ordi'es sacrés ; qu'il traita
avec Mad' Roy' en 1642 et regut le gouvemement de Nice. Ce traité fut suivi du ma-
riage de Maurice de Savoie, alors premier prince du sang avec sa nièce Louise sceur du
due Charles Emmanuel II. Il renvoya son chapeau de cardinal au pape qui luì accorda
toutes les dispenses nécessaires pour ce mariage. Sa femnie n'avait que 14 ans, il en avait
près de 50. Ils n'eurent pas d'enfants et quaud il mourut en 1657, son frère Thomas
de Savoie-Carignan, devenait le plus proche héritier du tròne en cas d'extinction de la
branche ainée.
Le Cardinal Gerdil.
1788-1794.
Sceau de forme ronde de 45 millimètres de diamètre.
Type: Un écu dans un cartouche élégant est parti au 1" d'azur à une cróix
d'argent sur 3 coupeaux de montagnes, aceostee des lettres P. A. ; au 2*, coupé d'azur
a 3 étoiles à 6 rais d'or, et d'argent à un oiseau sur un trrrain au naturcl se mou-
vant de la pointe de l'écu. Un autre petit écu, qui est aussi dans un cartouche qui couvre
en partie le sommet de l'écu précédent, porte de gueule à une tige de hjs sur un terrain
de sinopie, agitce par un veni qui soufflé du frane quartier, au chef d'argent chargi'
de trois dtoiles à 6 rais de sable. Plus haut le chapeau ccclésiastique, d'où pendent,
de chaque coté, trois rangs de houppes 1, 2, 3.
Legende. La legende en capitales romaines est entre deux gi-enetis d'inégale grosseur.
le plus gros est le gi'enetis extérieur. Les points qui séparent les mota y sont remplacés
par de petites étoiles à 6 rais:
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 221
HYAC-TITVLI S-CECILIA^-S- R- E- PRESS -CARD -GERDIL-
Hyacintus tituli sanctce Cecilice sacra romance ecclesice presbiter cardinalis Gerdil.
Planche I, fig. n° 2.
Sceau plaqué sur ciré rouge renfermée entre deux papiers. Il corrobore des lettres-
patentes datées de Eome, du 27 7""^ 1788, par lesquelles le cardinal Gerdil, comme
abbé de S'-Michel de la Cluse, charge son vicaii'e general Fenero de convoquer un
synode et de le présider en son nom (1).
Il existe un autre sceau du méme personnage, de méme forme et de mème dimension
sur un acte de 1794.
Tyjìe : Le type est le méme que celui du sceau précédent, mais le dessin en est dif-
férent. Le cartouche moins élégant est accompagné dans la partie inférieure d'une cou-
ronne de feuillage. Le petit écu supérieur au lieu d'ètre dans un cartouche est tout
simplement un écu italien ou ovale. Entre ce petit écu et le chapeau apparait une
croix tréflée : tout le reste est semblable : intérieur des écus, chapeau et houppes.
Legende. La legende cUffère davantage :
«85 HYACINT S RE- PRESB • CARDINALIS • GERDIL • ABBAS •
S • MICH • DE CLVSA-
Hyacintus sacra romance ecclesice presbiter cardinalis Gerdil abbas Sancii
MichceUs de Clusa.
Planche I, fig. n° 3.
Ce sceau plaqué sur ch-e rouge, entre deux papiers, à une charte du 20 Aoùt 1704
donnée à Turin, par laquelle le cardinal, autorisé par le pape, nomme un econome à un
bénéfice destine à un nommé Jean Valetti qui n'ayait pas ancore 1 age requis pour
l'obtenir (2). C'est donc encore comme abbé de S'-Michel de la Cluse qu'agit le cardinal,
et cette fois il en prend le titre sur son sceau, et c'est pour cela sans doute qu'il n'a
fait graver sur les sceaux que nous publions que le chapeau épiscopal au lieu du chapeau
cardiualice.
Le petit écu qui domine l'écu piincipal dans les deux sceaux est celui du pape
régnant Pie VI.
Dans le gi-and écu qui est parti, le premier quartier est aux armes des Bama-
bites; les lettres P. A., qui figurent dans ces armes, sont les initiales des mots Paulux
Apostolus. Le 2^ quartier contient les armes particuhères adoptées par le cardinal qui
sont, comme nous l'avons dit, coupé d'azur à 3 ctoiles d'or et d'argent, à un oiseau
sur un terrain au naturel moiwant de la pointe de Vdcu.
Gerdil a été une des grandes gloires de la Savoie. Né à Samoens en Faucigny en
1718, il fit ses études aux colléges de Thonon et d'Auneci coniiés alors aux religieux de
()) Archives de VÈconomat general - S> -Michel de la Cluse - Paquet n» 3.
(2) Id. id. - Paquet n" 1.
222 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIECX
S'-Bamabé, vulgairement appelés les Barnabites (1). Les Barnabites ont fait en Savoie
de bonnes recrues pour leur ordre: Don Fulgence de Bellegarde, Don Claude Joseph
Greffié, Don Emmanuel Bui'uod et surtout Don Hyacinthe Sigismond Gerdil. Ils envoyèrent
ce demier étudier la théologie à, Bologne, ou il fut distingue par l'Archevèque de catte
ville Monseigneur Lambertini qui lui conferà les ordres mineurs en 1736 et en 1737.
Gerdil soutient avec applaudissement ses thèses sous la présidence du P. Gastaldi et
en 1738 il va enseigner la philosophie à Macerata. En 1739, il est nommé recteur de
philosophie à Moutù. En 1741, il est ordonné prètre et bientòt on lui confie une chaire
à l'université de Turin, où il est un des premiers membres de l'Académie des Sciences
fondée dans cette ville. Les Barnabites lapprécièrent aussi et en firent le provincial des
Maisons situées en Savoie et en Piémont.
Le roi Victor Amédée III lui conila lùducation de son fils ainé le prince de Piémont
Charles Emmanuel et lorsque Pie VI démerabra le décanat de Savoie du diocèse de Gre-
noble, il en confia l'administration à Gerdil par lettres du 8 des ides de Juillet 1775.
Déjà en 1773, le pape Clément XIV le designa In petto Cardinal avec cette note
élogieuse votus orbi, nix notus urbi, qui témoigne à la fois de la science et de la mo-
destie de Gerdil. Mais ce ne fut qu'en 1777 qu'il fut adnùs au sein du sacre College ; les
honneurs religieux lui arrivèrent en foule cette année là. En Janvier il fut nommé évéque
de Dibonna; en Février, président du Consistoire; en Mars, abbé de S'-Michel de la
eluse, et en Décembre, cardinal avec le titre de S'-Jean porte latine en 1778 et celai
de S'^-Cécilc en 1784.
C'est du roi de Sardaigne qu"il tenait l'abbaie de la Cluse. Gerdil s'occupa toujours
avec sollicitude de cette Maison, comme le prouvent les deux chartes où nous avons ren-
contré ses sceaux, celle surtout où il ordonne la convocation d'un synode prèside par son
vicaire general monseigneur Ferrari. C'est là qu'il se refugia après l'occupation de Eome
par les Fran^ais en 1798.
Très-bien accueiUi à Tuiin par le roi Charles Emmanuel IV, son ancien élève, il part
pour Giaveno au commencement de l'année salvante et en Décembre il se rend à Venise
au conclave rassemblé pour donner un successeur à Pie VI. Ce successeui- faillit étre
Gerdil qui eut toujours plus de voix que ses concurrents dans les votes des 2, 3, 4, 5,
6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 et 15 Décembre; mais l'opposition de rAutriche en guerre
avec la France où était né Gerdil fit, sur la fin du conclave donner la tiare au cardinal
Chiaramonti qui fut Pie VII.
Gerdil mourut à Rome en 1802 à Tàge de 84 ans. Pie VII donna lui-méme l'ab-
soute à ses funcrailles. Son mausolée en marbré se voit encore avec une longue inscription
composée par le P. Fontana dans l'église S -Charles des Gattinai'i à Rome.
Si, à cette chronologie sommaii-e de la vie de Gerdil, on vouloit ajouter ses mérites,
comme savant, il faudrait un long récit. Contentons nous de rappeler que les ouvrages
quii a composés, les uns en langue italienne, les autres en latin ou en fran^ais, publiés
de son vivant ou après sa raort, s'élèvent au nombre de 98 (2), et roulent sur de.s
(1) Ces religieux dirigoaìent le collège de Thonou depuis 1615, et celui d'Ànneci depuis 1614. Ils
y restèrent jusqu'en 17l'9.
(2) Eilraits ine liis de la correspondanoe et des manuscrits du Cardinal Gerdil, déposés dans le
collège dea Barnabites de 5. Carlo ai Gattinari :\ Rome, par Pierre Vachoux. Annecy, 1867, p. 17 et suiv.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 223
matières de théologie, de philosophie, de physique, etc. Déjà, de son vivant, ses travaux
avaient été réunis et publiés à Kome en 6 volumes in-4'' pendant les années 1784-
1791. Dès-lors une édition plus complète a pam dans la méme ville en 20 volumes
in-4", intitulé: Opere edite e inedite del Cardinale Giacinto Gerdil; Eoma, Poggioli,
1806-1821. Une autre édition plus complète encore, fonnat in-fol. , est en voie de
publication à Kome par les soins du P. Barnabite Yercellone à qui est confiée la garde
des manuscrits et de la coiTespondance du cardinal Gerdil.
La plupart des savants contemporains de Gerdil ont été en rapport avec lui et
il était très-estimé de tous, malgi'é lem- différence d'opinion. Jean-Jacques Rousseau
disait de lui: « Panni tant de brochures imprimées contre mes écrits et ma persomie,
« il n'y a eu que celle du pére Gerdil que j"ai eu la patience de lire jusqu"à la fin;
« il est fàcheux que cet auteur estimable ne m'ait pas compris ». Le gi-and Montesquieu
s'exprimait ainsi à propos d'une critique de Gerdil : « Je vous remercie de la critique
« du Pére Gerdil, elle est faite par un homme qui mériterait de m'entendre et puis
« de me critiquer ». Le savant De Lue de Genève se glorifiait d'étre l'ami de Gerdil.
Les travaux de notre Cardinal sur la physique ont été loués par d'Alembert et
insérés au journal des savants. Enfin M' de Mairan de l'Académie des Sciences de
Paris disait que Gerdil portait dans tous ses discours un esprit géométrique qui manquait
souvent aux géomètres mèmes.
La réputation de Gerdil est tellement établie en Piémont qu'en 1867 un journal
hebdomadaire qui paraissait à Turin et qui s'occupait de littérature et de phUosophie
s'intitulait II Gerdil et n'avait rien trouvé de mieux pour s'abriter que le nom du
savant savoyard.
Robert de Genève Protonotaire apostolique.
1359.
Sceau ogival de 55 millim.
Type: La Vierge debout, tenant l'enfant Jesus dans ses bras, sous un édicule
ogival. Au dessous, un personnage agenouillé dans une petite niche, de chaque coté de
laquelle est un écu aux armes de la maison des comtes de Genève: d'or e'quipollc
de quatre points d'azur.
Legende. En majuscules gothiques:
IS • DNI . PP£ • NOTARII •
(Sigilhim Boberti de Gebenn)is domini pape notarti.
Planche I, fig. n» 4.
Ce sceau pend par des cordons de soie verte à un acte par lequel Robert de
Genève, notaire de S'-Siége constitue, en qualité de procureur du general de l'ordre
du S -Sépulcre , le pere Droyno de l'ordi'e des Bénédictins , recteur de l'hópital du
S'-Sépulcre d' Annecy ( 1 ) : Il est en cii-e rouge étendue sur de la ciré jaune.
(1) Archiv. du Royaume - Bénéfices de là des monts - Prieuré S'-Sépulcre, Anaeci , pag. 171.
224 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX
Lc8 lettres, où il pend, sont datées d'Avignon, alors residence du pape et des
généraux dordre, et du 22 Novembre 1359.
Robert de Genève, si célèbre comme antipape, sous le nom de Clément VII, après
le retour des souverains pontifes à Eome et après la nomination en 1378 du pape
italien Urbain VI, auquel il fut oppose par quelques cardinaux, fut le demier repré-
sentant de la célèbre maison de Genève dont la branche légitime s'éteigiiit avec lui.
Les annes de cette famille ont encore été portées par la famille de LuUin, branche
bàtarde de la maison de Genève, puis par la maison de Boringe, branche bàtarde de
la maison de Lullin.
Eobert cinquième fils d'Amédée III de Genève et de Mathilde de Boulogne est
né en 1342: Il fut seigneur de Cruseilles , entra jeune dans les ordres et fut suc-
cessivement chauoine de Paris, évéque de Térouane (1) de 1361 à 1368, évèque de
Cambray de 1368 à 1372, cardinal du ti tre des douze Apótres en 1 3 7 1 et antipape
à Avignon en 1378. Il survécut à ses quatre frères ainés et fut quelques mois comte
de Genevois, de Mars à Septembre 1394, année de sa mort.
Philippe de Compey Protonotaire apostolique.
1488.
Grand sceau ogival de 110 millim. dans sa plus grande dimension.
Type : Dans un édicule ogival à trois compartimens formant trois niclies sur-
montées de clochetons très-ornés, surtout colui du milieu qui séparé le commencement
de la fin de la legende, sont debout sur des consoles de méme style trois saints per-
sonnages : au milieu, la Vierge couronnée tenant dans ses bras l'enfant Jesus dont la
tète est radiée ; les deux autres saints sont nimbés et barbus. L'un d'eux, dans la niche
de gauche, tient un livi'e ; c'est sans doute l'apòtre S"-Philippe patron du protonotaire
Compey, et dans la niche de droite, le saint qui tient dans ses bras un agneau nimbé
est S'-Jean Baptiste.
Au dessous des niches qui abritent ces trois saints, il y en a une autre moins
haute, de méme architecture, dans laquelle le protonotaire Compey est agenouillé sur
une console, les mains jointos et la tòte nue.
A droite de cette niche , un écu anx aimes des Compey de Gruffy qui porte :
d'hertnine au chef de gueules charge' d'un aiglc d'or, est surmonté d'une mitre dont
les triples bandelettes descendent de chaque coté de l'écu et interrompent la legende.
A gauche de la niche , un personnage arme de toutes pièces, la téte nue. étend au
dessus de la téte du protonotaire son bras droit et y tient une couronne de feuillage:
De la gauche, il tient un petit étendard.
Legende. En capitales gothiques:
(1) Térouane, en latin MorinenMs, ce qui a fait supposer et dire à quelque auteur, que Rober
de Qenàve avait été évèque de Maurienne, Morianensis.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 225
• S " REVERENDI » PATRIS = PHILIPPI S D t COMPESSIO ' SEDIS »
APLICE = PROTHONOTARII '
Sigillum reverendi patris Philippi de Compesio sedis apostolice protonotarii.
Cette legende est un peu oblitérée dans le commencement par suite d'un mou-
yement fait par celui qui appliquait le sceau matrice sur la ciré.
Sceau en ciré rouge renfermé dans une boite en sapin de méme forme et retenu
par des cordons de soie verte à une charte du mois de Novembre 1488, un vidimus
de conventions passées entre Troches et le comte de Savoie (1).
Planche I, fig. n» 5.
Ce sceau est, sans contredit, le plus beau de tous ceux que nous publions, soit
par la dimension , soit par le dessin des nombreux objets qui en forment le type :
archi tee ture , personnages, etc. Pour la dimension, il rappelle ceux des cardinaux et
celui de Jean de Compey frère de notre Philippe , successivement évéque de Turin ,
de Genève et archevèque de Tarentaise. Ce sceau de l'évéque Jean de Compey a été
dessiné par M' Blavignac dans son armorial genevois , mais le notre lui est bien
supérieur sous le rapport artistique et l'on regrette vivement de ne pas connaitre le
nom du graveur de ce sceau. La famille riche et puissante des Compey semble avoir
eu le privilége exclusif en Savoie de ces sceaux majestueux.
Philippe de Compey était fils de Jean de Compey seigneur de GrufTy, de Prangins
et de Grandcour, d'une branche cadette de l'ancienne famille des Compey et d'An-
toinette de la Palud-Varambon. Son pere Jean de Compey était chambellan d' Amédée VITI
qui l'envoya à Chypre avec un petit corps de troupes et son beau frère, au secours
de Janus de Lusignan, expédition dont il revint presque seul, au dire de Guichenon (2);
il fut aussi chargé de plusieurs missions délicates par ce prince et par son successeur le
due Louis, aussi re^ut-il d'Amédée Vili d'importantes donations et entr'autres les biens
considérables confisqués à l'infortuné Lageret, ce riche bourgeois de Chambéry qui fut
exécuté en 1417 sans qu'on connaisse aujourdhui le crime dont il s'est rendu coupable.
Philippe de Compey voué à la carrière ecclésiastique, comme la plupart des cadets
de famille, fut d'abord cure de Margencel, puis cure d'Arrache et de Cruseilles, prieur
de Lovagny, doyen de Savoie, chanoine de Genève et de Lausanne, vicaire perpétuel
de Genève et protonotaire apostolique (3). Il mourut le 18 Mai 149(1 à Genève et
fut enterré dans la cathédrale de cette ville à laquelle il avait fait une riche fondation
pour le repos de son àme et de celles de ses parents ; son frère Jean fut évèque de
Genève pendant un an (1483-1484) et c'est en 1483 que notre Philippe jura pour
lui les francliises de cette ville (4).
La dignité de Protonotaire apostolique lui donnait le premier rang après l'évéque.
On distinguait deux sortes de protonotaires apostoliques, les uns intra stattim, in curia
(\) Archiv. du Royaume - Abbaye d'Aulps - Paquet n° 1.
(2) Hist. généalog. de la Maison de Savoie.
(3) Besson, Mémoires pour l'histoire ecclésiastique pag. 54.
(4) Ibidem.
Serie II. Tom. XXXIV. 29
226 SIGII.LOGKAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Bomava, étaient chargés à Rome de rediger l'histoire des papes, les procès-verbaux
des consistoires, etc. ; les autres, extra statum, nommés un peu partout étoient à la
disposition du souverain Pontife pour les missions qu'il pouvait leur confier. Les pro-
tonotaires du S'-Siége étaient exempts de la juridiction de l'ordinaire et placés
immédiatement sous l'autorité du S'-Siége: ils pouvaient étre nommés par le pape
cu par un légat a Intere. Ils avaient bien d'autres priviléges : ainsi il précèdent les
autres membres des chapitres quand ils sont cbanoines eux-mémes. Leur costume est
une robe violette avec le petit manteau de mème couleur. Ils peuvent aussi porter dans
les cérémonies religieuses un anneau sans pierre précieuse (1).
La mitre placée dans notre sceau au dessus de l'écu armorié s'expliquerait par
la diguité de Doyen de Savoie : la présence de S'-Jean Baptiste dans la nicbe droite
s'explique aussi parceque S-Jeau était le patron du pere de Philippe de Compey.
celui de son frère l'évéque Jean qui l'a fait gi-aver au milieu de son sceau et le patron
vènere de la famille des Compey. L'on sait que dans la plupart des grandes familles,
il y a un prénom préféré qui revient souvent et embarasse singulièrement les généa-
logistes. Il suffira , pour se convaincre de ce fait , de jeter les yeux siu- les tableaux
de l'armorial et nobiliaire de Savoie de M de Foras , et les Amédée de la Maison
de Savoie en sont une autre preuve. Et bien chez les Compey, le prénom préféré était
celui de Jean : il revient au masculin ou au féminin, à tous les degrés, dans la branche
ainée et dans les branches cadette» (2).
Ce qui est plus difficile à expliquer dans notre sceau, c"est le personnage arme
qui tient uu étendard et une couronne de feuillage sur la tète du protonotaire et qui
ressemble à un S'-Michel ou à un S-Maurice ou à S'-Philippe patron de Compey.
Il faudrait, pour cela, connaìtre quelques détails de la vie et des honneurs conférés
à Philippe de Compey, détails qui ne sont point parvenus jusqu'il nous.
Jean Oriol Protonotaire apostolique.
Sceau ogival de 65 millim.
Ti/j)e : La Vierge tenaut l'enfant Jesus dans ses bras est debout dans une fort
jolie nicbe ogivale au dessous de laquelle se trouve un écu aiTondi en pointe dans lequel
figure une croix à deux branches.
Legende. La légeude, en caractères gotbi(iues minuscules nettement gravés, et très-
lisibles, court sur un pliilactère dont l'extrémité est un peu enroulée au bas du sceau:
. s . r . p . d , io . orioli . sedls . ap'=«. protho""' . vicarius . habniidancie ~«5<s^
SigilÌKìH reverendi patris domini Johannis Orioli sedis upostoìicc protJionotarius
vicarius habundancie.
(11 hìctionn. encyclope'diq. de la théologie catholique de Goschler; iraduct. franjais. Tome XIX.
Paris, \Sr,i.
(?) Costa, Familles histoi-iques de la Savoie - Les Compeys. — Chambc^ri . 1814 , in-1". Voir le
tableau géoéalogique.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 227
Un fleuron suivi d'un point termine la legende.
La matrice en cuivre de ce sceau esiste au musée d'Anneci : Le dessin que nous
donnons a été fait d'après une bonne empreinte que nous devons à l'obligeance de
M. Eloi Séran , alors Conservateur de ce musée , à qui nous devons plusieurs autres
empreintes.
Planche J , fig. a" 6.
La Vierge, qui forme le type principal, est la patronne de l'abbaye des cbanoines
réguliers de S'-Augustin d'Abondance en Chablais. L'église de cette riebe abbaye
existe encore et remonte au xii siècle. Elle vient d'ètre classée panni les monumens
historiques, à la suite d'un mémoire redige par un arcbitecte de Lyon, M' Cbarvet.
La tradition attribuait à S'-Colomban la fondation de cette maison religieuse: le
laborieux Besson avait accueilli cette tradition et tous les auteui's après lui, notamment
MM. C'harvet et Lecoy de la Marcbe, ont répété que S'-Colomban avait jeté les fondements
de cette abbaye; mais en 1807 M' Melville Glover a fait justice de cette croyance
en s'appuyant sur la vie de cet apótre écrite par son disciple le moine Tonas (1).
Les armes qui sont dans l'écu place au dessous de la nicbe doivent étre celles
qu'avaient adoptées les moines d'Abondance, car ce ne sont pas celles de la famille Oriol
ou d'Orici, ou de l'Oriol qui portait d'azui- à une tour d'argent senestré d'un pan de mu-
raille de méme (2). Le meublé de cet écu, la croix à doublé traverse, figurait volontiers
dans les armes des religieux ou des institutions religieuses du nord de la Savoie. Cette
croix doublé se volt dans les écus du cardinal de Brogny, du collège des Machabée de
Genève et d'Anneci, et du chapitre du S'-Sépulcre d'Anneci.
Place au dessous de la Vierge, patrone de l'abbaye , l'écu à la croix doubles
doit ètre l'insigne adopté par les cbanoines réguliers d'Abondance ; ce qui nous porte
encore davantage à le croire, c'est l'importance plus grande donnée dans la legende
au titre de Vicaire d'Abondance écrit en toutes lettres, qu'à celui de protonotaire mis
en abrégé. Le vicaire était le religieux chargé de remplacer l'abbé en cas d'absence
de ce demier.
Le volume III des Scriptonim des Monumenta historiae patriae contient un
obituaire de l'abbaye d'Abondance, mais Jean Oriol n'y figure pas.
Son sceau est classe par son style dans la fin du xiv ou le commencement
du XV siècle.
Plus tard on trouvc un Jean Oriol (3), évéque de Nice, panni les témoins de
lettres-patentes du Due de Savoie Charles II, en date du 12 Octobrc 1504 par les-
quelles ce prince nomme Louis de Miolans marescbal de Savoie.
(lì Revue Savoisienne, 1867, pag. 99.
(2) CiiEviLLARD , Arm. de Eresse, ete.
(3) Jean Oriol, un des administrateurs de l'évèque de Genève, Adriani, pag. 91.
228 SIOILLOORAPHIE DE l.K SAVOIE SCEAUX RELIGIETJX
2; ARCIIEVEQUES.
A. AECHEVÉQUES DE TARENTAISE
Herluin de
1238.
Sceau de forme ogivale de 51 millim.
Type : Archevéque debout, mitre, revétu de la chasuble terminée en pointe ar-
rondie et du pallium, bénissant de la main droite et tenant de la gauche une eresse
tournée en dedans.
Legende. La legende entre deux cordons est en capitales qui tiennent le milieu
entre les capitales romaines et les capitales gothiques, mais sont plus rapprochées du
gothique :
-h S . HERLVINl • TARENTASIEN • ARCHIEPI •
Sigillum Herìuini tarcntasiensis archiepiscopi.
Planche I , fig. 7.
Ce sceau très-bien conserve est en ciré jaune et pend par deux cordons de fil
gris, au bas du testament du comte de Savoie Amédée IV fait dans l'hopital d'Ai-
guebelle le 19 Juillet 1238 et auquel l 'archevéque Herluin mit son sceau comma
témoin: In cujus testivìonium jìi'csentihus ìittcris sigillum nostrum apposnimus et
sigillum domini Archiepiscopi Tarentasiensis , etc. (1).
Le siége de Tarentaise est le plus ancien de la Savoie ; il remonte au v siècle.
Les titulaires n'étaient d'abord que des évèques. C'est au vili siècle qu'un de ces
prélats porte pour la première fois le titre d'archevéque. Il en est ainsi jusqu'à la
revolution qui supprime le siége de Tarentaise : mais la rcstauration le rétablit comme
évéché suffragant de l'archevéché de Chambéri.
L 'archevéque Herluin était peut étre de la famille puissante alors des sires de
Chignin, mais bien sur ou de cette famille ou d"une famille alliée à cette Maison,
puisque Besson a trouvé qu'il avait un neveu nommé Aj-mon fils de WuUierme de Chi-
gnin (1). D'après cet auteur , il fut archevéque de Tarentaise de 1224 à 1248 et
dans le long article qu'il lui consacre, il rappelle des faits qui étahlissent que ce prélat
jouissait d'une grande considération : il donna la bénédiction nuptiale au comte de Savoie
(1) Archiv. du Royaume : - Tostaments. - Paquet 1, n° 3.
(2) Besson, Mémoires pour l'hist. ecclésiastique , page 204.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 229''
Amédée IV; il est souvent pris pour arbitre; l'empereur Frédéric II lui accordo la
confirmation des priviléges de son église ; il regut l'hommage des seigneurs Aymon de
Cevins et Emeric de Brianzoli. Besson a publié quatre chartes relatives à son épiscopat,
mais il ignorait qu'il eut assistè au testament d'Amédée IV, ce qui ajoute encore une
preuve à la haute considération dont jouissait notre prélat.
Quant au sceau, il ne présente aucune particularité. Suivant l'usage adopté par
plusieurs prélats dès le X siede, Herluin a fait mettre sa propre figure sur son sceau.
On a dit que la eresse tournée en dehors était un signe du pouvoir temporel et que
la eresse tournée en dedans était au contraire Tindication de l'absence de juridiction
politique. Nous croyons qu'on a attaché à ce détail une importance qu'il n'a pas, car
les faits prouvent souvent le contraire. Ainsi en est-il poui" l'archevéque Herluin pour
qui l'empereur Frédéric II renouvella les concessions de droits régaliens accordés par
Henri VI à un de ses prédécesseurs.
Bertrand de Bertrand.
1310-1318.
Sceau ogival de 55 millim.
Type : Le prélat debout sur une sorte de console, bénit de la main droite et tient
de la gauche le bàton pastoral , la crosse tournée en dehors. Il est mitre ; sur son
bras gauche il porte un manipule dont l'extrémité frangée voltige d'une fa^on inaccou-
tumée ; le bas de la soutane est frangée ou plissée : le pallium descend très-bas. Dans
le champ, de chaque coté du prélat, de petits rameaux dépourvus de feuilles , mais
dont chaque branche est terminée par un fruit rond et au dessous de ces rameaux ;
à droite un soleil; à gauche un croissant.
Legende. En capitales gothiques entre deux cordons :
.... BERTRANDI : DI : GRA : AR . . . • EPI : TARENTASIEN ...
Sigillimi hertrandi dei grafia archiepiscopi tarentasiensis.
Planche I, fig. n" 8.
L'archevéque Bertrand a appose ce sceau au bas du vidimus du testament du
comte de Savoie, Pierre, le 23 Novembre 1310 (1). Il est en ciré jaune et pend à
une bande du parchemin. Nous l'avons aussi trouvé en bas des conventions passées entre
l'archevéque de Tarentaise et le Dauphin Hugues le 9 Novembre 1318 au sajet des
foires de S'-Maxime, conventions qui ont été publiées par Besson (2).
Ce sceau est un peu plus orné que celui de son prédécesseur Herluin. Le soleil
et la lune qui figurent de chaque coté du prélat sont des symboles rebgieux souvent
employés. On les volt sur les sceaux de quelques prélats et méme sur les sceaux de
(1) Archiv. du Royaume - Testaments. - Paquet 1, n" 16.
('i) Mém. ecclésiast., pag. 422, n" 79 des preuves.
230 SIGILLOGKAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX
quelques villes (Alby, Valenciennes, Dijon, etc), sur les monnaies des archevéques de
Lyon, sur les monnaies des comtes de Narbonne, etc. Les iconographes y voient l'in-
dication de J. C. et de la Yierge (1). On les voit cependant figurer aussi de chaque
coté du Clirist lui-mème. Nous ne pouvons dire ce que sont les branches fructifères
placées dans le champ de notre sceau. EUes ne sont certainement pas empruntées au
blason de la famille Bertrand qui portait d'or au ìion de sahìe arme', conronnc et Inm-
passé de yueules et qui avait pour supports et pour cimier des lions semblables.
Bertrand de Bertrand est un des plus anciens membres connu de cette famille
célèbre qui a foumi beaucoup de prélats et de magistrats. Cette famille, dont la branche
ainée est éteinte depuis peu- et dont les branches cadettes sont encore représentées par
des femmes vivant à l'étrauger, était originaire du Piémont, ou Jean, frère de notre
prélat, était conseigneui- de BrozoUo et de San Jorio; son autre frère ^"illelme vint
s'établir à Montmeillan en 1274 (2).
Bertrand de Berti-and était le neveu de l'archevéque de Tarentaise Aymon III,
de la famille des nobles de Bruisson qui l'attira près de lui et le fit successivement
diancine et vicaire general. Il fut élu archevèque après lui en 1204 et mourut le
9 Mai 1334 (3). Pendant ce long épiscopat, l'archevéque Bertrand continuale népo-
tisme en attirant près de lui ses petits neveux Humbert qui fut chanoine, et Jean qui
sera aussi chanoine de Tarentaise puis évèque de Lausanne et archevèque de Tarantaise.
Lequel Jean fera de méme pour son neveu Jean qui fut aussi archevèque de Taren-
taise et son petit neveu Antoine Bertrand de Bertrand, fut jìrésent à plusieurs actes
signalés par Besson, et aux Etats tenus après la mort du comte Edouard. 11 vota pour
l'exclusion des femmes de la succession au comté de Savoie.
Jean de Bertrand ou Jean III.
1358.
Sceau ogival de 72 millim.
Type : Un édicule ogival compose de trois niches dont les deux principales, au
méme étage, abritent S'-PieiTe et S'-l'aul debout et nimbés; le premier tenant
de la main droite les deux clefs, le second arme d'une épée dans la main gauche, ce
qui met de la sjnnétrie dans les deux figures. La 3*" niclie, au dessus des deux autres,
plus largo et plus basse est remplie par la Vierge assise tenant l'enfant Jesus sur ses
genoux. Au bas du sceau, sous un are à plein cintre,' le prélat à genoux, les mains
jointes, la tète levée vers les saints et couvert de la mitre, et de chaque coté des
écus terminés en ogive, aux armes do la famille Bertrand. Une petite rose sculptée
entre les deux niches principales, et un fond quadrillé dans toutes les niches. donnent à
ce sceau un air de richesse.
(1) V. Annales Archi'olo/jique, tonr» V, pag. óH et suivantes.
(2) A. DK KoRAS, Armorial et nobiliaire de la Savoie. Art. Bertrand.
(3) Besson, Mem. ecdc'siast. , pag. 210.
PAR A. DLFOUR ET F. RABUT 231
Legende. En capitales gothiques, entre deux cordons:
S • lOHI S.... GRA : ARCH TARENTASIENS •
Sigilluìu Johannis dei grafia archiepiscopi tarentasiensis.
Planche I, fig. n° 9.
Ce sceau en ciré rouge pend à une bande de velin de la charte dans laquelle
le comte Amédée de Genève appelle d'une sentence arbitrale rendue le 2 Aoùt 1358
par l'arcbevèque de Tarentaise Otlion de Grandson et le cbancelier de Savoie dans une
contestation entre lui et le comte Amédée de Savoie au sujet du droit de monnoyage.
Dans.cet acte d'appel, notre prélat prend les titres de judex ac cognitor electus. . .
ab illusf. et magnificis principihns dominis Amedeo coniite Sabaudie et Amedeo
comite gebenn cette cliarte qui est inèdite a été rédigée à Clery-Frontenex le 8
Aoùt 1358. Datum cleriaci, etc. (1).
Jean de Bertrand eut, comme son grand onde, un long épiscopat de 1342 à
1365. 11 avait été auparavant, pendant deux ans, évèquc de Lausanne, et auparavant
chanoine et officiai de Tarentaise.
Il était fils de Jean de Bertrand conseig' de BrozoUo seig' de la Pérouse et de
Chamousset , et de Antoinette de Villette-Cbevron. Il fut l'un des exécuteurs testa-
mentaires du comte de Savoie Aymon et membro du conseil résident auprès du corate
Amédée VI, Besson donne le texte d'uno transaction entre ce prélat et le comte de
Savoie du 27 Juin 1358, au sujet de la juridiction de leurs officiers: Baillis, Chà-
telains, etc, et sur divers autres objets, entr'autres, celui de savoir à qui appartien-
droient les bàtards des chapellains et autres personnes ccclésiastiques nés et à naìtre
de femmes appartenantes à l'archevèque. Ils furent laissés au prélat et devenaient ainsi
ses hommes justiciables.
Jean de Bertrand ou Jean V.
1432.
Sceau ogival de 83 millim.
Type : Construction ogivale composée d'une grande nicbe principale , surmontée
d'un clocheton très-ouvragé, dans laquelle le patron du diocèse, S'-Pierre, est assis.
et de deux petites nicbes latérales et posées de biais, où sont deux anges agenouillés
sur un piédestal et tournés vers la figure du Saint. Plus bas, dans un entourage à
pans abattus, le prélat à genoux sur une console, tient une longue croix. Au dessous
des anges, contre les murailles qui soutiennent tout l'édifice, on voit des écus de forme
ogivale, où est taillé le lion des Bertrand.
(1) Archiv. du Royaume - Duché de Genevois -, pag. 6, n" 2.
232 SIGILLDGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAVX RELIGIEUX
Legende :
S : lOHS : DE : BERTRANDIS : DEI : ORA : ARCHIEPI : THAREN : ET : CONMITIS :
Sigillum Johannis de Bertrandis dei gratta archiepiscopi tharentasiensis et comitis.
Cette legende en capitales gothiques est entre deux grenetis accompagnés, chacun,
de deux filets. Dans le mot Bertrandis, Va et Vn sont liés.
Planche I, fig. n" 10.
Malgré quelques légères avaries, ce sceau est bien conserve : c'est le plus beau
connu de la sèrie des archevèques de Tarentaise. On remarquera aussi que, à mesure
que la famille Bertrand devient plus puissante, les sceaux des prélats de cette maison
prennent de plus grandes proportions. Celai de Jean V est en ciré jaune : il est enfenné
dans une boite de fer-blanc de méme forme et pend par des cordons de soie à la
ti-ausaction que ce prélat fit avec les évéques de Maurienne, de Belley et d'Aoste, d'une
part, et le due Amédée Vili le 16 Janvier 1432 pour terminer quelques contestations
8ur leurs juridictions (1): cet acte a été publié par Besson (2).
Jean de Bertrand prend sur son sceau , comme dans l'acte précité, le titre de
Comte de Tarentaise, titre que ses prédécesseurs portaient, mais qu'ils n'avaient pas mis
sur lexirs sceaux.
Jean V, neveu de Jean III, était fils de Pien-e de Bertrand de Chamousset ; il
fui évéque de Genève en 1408, et il occupa le siége de Tarentaise de 1410 à 1432.
Nous publions plus loin deux sceaux dont il s'est servi comme évéque de Genève : l'un
d'eux semblable à celui que nous venons de décrire est sans aucun doute dù au méme
graveur.
Joseph de Parpaglia.
1568.
Sceau ovale de 34 millim.
Type : Armes de la famille du prélat, d'argcnt au lion de gueules dans un écu
ovale entouré d'un cartouclie et surmonté d'une croix tréflée.
Legende. En capitales romaines:
lOSEPH ■ PARPALIA • ARCHIEPI • ET • COM • TARANT •
Plauche II, fig. n" 11.
Ce sceau est plaqué sur papier blanc en cii'c rouge au bas d'un compie de dé-
penses faites par le prélat pendant une ambassade dont il avait été chargé par S. A.
(1) Archiv. du Royaume - Archevòq. de Taraiitaise - Paquet I", n° 14.
(2) Mim. eccL, pag. 455, n." 99 dea preuves.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 283
le Due de Savoie auprès de la seigneurie de Venise. Ce compte est date de Turin le
24 Septembre 1568 (1).
Nous sommes ici en présence d'un sceau dont le prélat se servait pour ses affaires
particulières. Ce n'est pas celui dont il se servait pour les actes officiels de l'archevèclié
et c'est ce qui explique sa petite dimension et l'absence des insignes arcliiépiscopaux
dont les prélats entouroient leurs écus ; la petite croix seule fait exception.
Joseph Parpaglia était seigneur de Revigliasco en Piémont. Le Due Emmanuel
Philibert l'avait envoyé eomme ambassadeur ordinaire à Venise par lettres du 20 Avril
1564 avec le traitement annuel de 2592 livres, à partir de la date de sa nomination.
11 n'était pas encore archevéque de Tarentaise alors. 11 paraìt qu'en 1568 il re^ut
l'expectative de l'arehevéché de Moutiers, puisque Besson nous apprend que son pré-
décesseur Jerome de Valpergue mourut en 1573, que Joseph Parpaglia re^ut la buUe
de ses provisions en 1573 et fit son entrée solemnelle à Moutiers le 6 Février 1576.
11 mourut en 1598 aux AUues où il a été enseveli (2).
Jean Fran90is Berliet, Baron du Bourget.
1602.
Petit seeau ovale de 30 millim.
Type : Armes de famille du prélat dans un écu ogival entouré d'un cartouche
et surmonté d'une couronne de comte et d'une croix tréflée dont la tige passe derrière
l'écu et la couronne.
Il n'y a pas de legende, elle est remplacée par un cordon de perles.
Planche li, fig. n" 12.
Empreint sur ciré rouge au bas d'une lettre du prélat du 22 Octobre 1604 (3).
Gomme le précédent, ce sceau est celui dont le prélat se servait pour ses affaires per-
sonnelles, l'écu est écartelé: aux premier et quatriènte quartiers d'nzur à trois hesants
d'or, 2, 1, armes de la baronie du Bourget et mix 2° et 3', d'or à 3 pals de gueules
au chef d'azur chargé d'un croissant d'argent, armes de la famille Berliet. La couronne
de comte rappelle que les archevéques de Tarentaise étoient aussi seigneurs temporels.
Jean Frangois Berliet, seigneur de Chiloup et de la Ptoche, baron du Bourget,
eonseigneur des salines de Tarentaise, originaire de la Eresse, entra tard dans les ordres,
après la mort de sa femme. Il avait auparavant été un des meilleurs conseillers des
ducs Emmanuel Plùlibert et Charles Emmanuel I, auxquels il rendit plusieurs services
et dont il re^ut de nombreuses réeompenses. Il fut nommé conseiller d'Etat et premier
président de la Chambre des comptes de Savoie par Emmanuel Philibert, par lettres-
(1) Archiv. Camérales - Patent Piémont - Voi. 19, pag. 324.
(2) Besson, Mém. eccles., pag. 219.
(3) Archiv. du Royaume - Lettres des évèques de Tarentaise.
Serie IL Tom. XXXIV. 30
•234 SIGILLUGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX KELIGIEI'X
patentes de 16 Mai 1578 (1) et il a prète serment à Turin le 14 Décembre de la
méme année. Le 28 Novembre 1580 Charles Emmanuel I confirma Berliet en la charge
de conseiller d'État et de président (2). Le 20 Mai 1581 il avait été chargé par
Emmanuel Philibert des négociations relatives à l'échange du comté de Tende (3).
Le 24 Juin 1586, il re^ut l'inféodation des minières d'or, d'argent et de cuivre
de la Tarentaise et Conflans conjointement avec Jean Francois de la Crest, Guillaume
Francois Cbabod seigneur de Jacob, André de Bienvenu et Francois Caillat de Dombes
avec pouvoir de construire maisons, martinets, etc. (4).
Le 21 Octobre 1589, le due lui vend et inféode la seigneurie de Bourget « sauf
et resene le chdteau et la juridiction (Judit village et le rachat pcrpéttiel pour la
somme de 7000 écus d'or, avec promesse d'eriger cette seigneurie en baronie, et e' est
à la contemplation des grands services que nous avons receu de luy durnnt cette
guerre (5) en quali té de suiìer intendant des vivres de notre armée » (6); on ignore
quand fut accomplie la promesse de Térection de la seigneurie du Bourget en baronnie.
Berliet est qualifié de moderne sieur et baron du Bourget dans des patentes du
12 Mai-s 1605 (7). D'après Besson , J. Francois Berliet fut nommé archevéque de
Tarentaise le 8 Novembre 1598, aussitót qu'il eut embrassé Fétat ecclésiastique et
il en prit possession par procureur le 5 Janvier 1600, pendant qu'il étoit en am-
bassade à Paris: il ne fit son entrée à Moutiers que le 22 Févi-ier 1601 et il y mourut
le 2 Janvier 1607.
Dans son testament, qui à été publié par M' Albert Albrier ■(8) et qui est date
du 9 Aoùt 1605, il fait béritiers ses neveux, Jean fils de son frère Jean pour deux
tiers et Jean d'Ivoley fils de sa soeur pour l'autre tiers. Il fait des legs à ses ser-
viteurs et veut étre enseveli avec la pompe usitée dans le caveau des archevèques de
Tarentaise. En devenant archevéiiue , Berliet avait cesse d'ètre président de la Chambre
des comptes et avait été remplacé par Kené de Lucinge le 14 Juillet 1600.
Le détail suivant nous fait connaìtre un des priviléges des membres de la Chambre des
comptes. Berliet avait acheté en 1593 une grande vigne à Tresserve. Par lettres-patentes
du Souverain, de 1595, l'archevèque Berliet était exempté des laods relatifs à cette vigne
et la Chambre des comptes de Savoie en enregistrant ces patentes le 17 Novembre 1605
ordonne qu'il jouira du don de laods « pour la moitié heu esgards que l'autre moitié
» dudit laoud demeure acquise aud' suppliant par privilcge concèdè par S. A. et observé
> en faveur des seigneurs et magistrats de ce corps duquel lors de l'achept, led" s* sup-
» pliant estoit premier président » .
(1) Archiv. Ch. des comptes - Patentes de Savoie -. Voi. 13, pag. 19.
Capre dit et apròs lui M. De Foras dit aussi le -.'4 Septembro iri79.
GuiCHENON de soQ cOtu et d'apr's lui Eugène Bubmer dounent au contraire la date du 1577;
on voit qu'ils ont tous fait eiTeur d'une annóe en plus cu en moins.
(2) Ibidem, pag. 3U2.
(3) Arch. jOh. comp. - Pat. de Savoie -. Voi. 14, pag. 88.
(4) Ibidem » » 16 " 349.
(5) 11 s'agit de la guerre contro Genève.
(6) Pat. de Savoie - Voi. 18, pag. 35.
(7) Ibidem » 24 » 37.
(tì) ìlem. et documens de la Società Sav. d'hist. et d'tirch., tome XI, pag. 171.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUX 235
Francois Amédée Milliet.
1661.
Sceau ovale de 29 millim.
Type : Un écu aux armes écartelées de la famille Milliet ; « Écartelé aux l" et 4*
(Vargent à la fasce de gueuìe acconqjagnée de deux devises de méme, au lion issant
de sinopie; aux 2'' et 3" de gueule à la bande d'argent accompagnée de deux cot-
tices de méme et sur le tout d'azur à un chevron d'or chargé d'un aufre chevron
de gueules accompagné de trois étoiles d'or ». L'écu surmonté d'une couronne de
comte, du chapeau et des houppes d'évèque.
Sans legende.
Planche li, fig. n° 13.
Ce sceau est plaqué au bas d'une copie authentiquée par le prélat, de la donation
faite par Eodolphe roi de Bourgogne, à l'église de Tarentaise en 996. Cette copie est
du 21 Janvier 1(361 (1).
Francois Amédée Milliet, fils de Hector Milliet baron de Challes et d'Arvillars, pre-
mier président au Sénat de Savoie et de Madeleine de Montchenut, nacquit en 1628;
il étudia le droit et la théologie à Paris et succèda à Benoit Théophile de Villette
sur le siége archiépiscopal de Moutiers. Nommé en 1658 (2) par le due de Savoie,
il ne fut confii-mé par bulles du pape que le 15 des kalendes de Décembre 1659 (3). 11
préta serment en présence du due Charles Emmanuel le 20 Octobre 1660 (4). La régente
Marie Jeanne Baptiste le nomma, le 29 Novembre 1675 (5), premier président du Sénat
de Savoie dont il était membre depuis 1645, aux gages de 620 ducatons et 8 sols
avec une pension de 420 ducatons. La patente contient ces mots « bien entendu que
« le dit R. Archevéque exercera la dite charge de premier président, vestu des habits
« de prélat ». En 1680 (6) F. A. Milliet obtint de rentrer dans son diocèse, tout en
conservant ses titres, gages et pensions. Il mourut à 80 ans, en 1703. Après sa mort,
le siége resta vacant pendant 24 ans et fut ensuite occupé par son neveu dont nous
allons publier un sceau.
Lorsque Milliet fut nommé sénateur, le 10 Décembre 1645, il n'avait que 22 ans:
aussi la patente dit qu'il n'aura pas voix deliberative. Le Sénat enrégistra les patentes
le 21 Février 1646, à condition que Milliet serait examiné et payerait les droits de
chapelle.
(Il Arch. Roy, — Archm. Tarentaise - Paq. 1 , n* 1.
(2) Arch. Ch.des comples - Patent. de Savoie - Voi. 47, pag. 268'.
(3) ibidem >■ '• » 269.
(4) Arch. du Royaume - Archev. de Tarentaise - Paquet 2, N» 15.
(5) Arch. Ch. des comptes - Pat. de Savoie - Voi. 51, pag. 7.
(6) Ibidem » .. 52 .. 281.
236 SIGILLOGRAPHIK DE LA SAVOIE SCEAUX RELIOIKUX
Franfois Amédée Milliet.
1734.
Sceau rond de 55 millim. de diamètre.
Type : Lea armes de la famille du prélat , d'aeur au chevron d'or chargé d'un
chevron de gueules et accompagné de trois étoiles d'or, 2, 1, dans un cartoucLe sur-
monté d'une couronne ducale d'où sort une croix tréflée, le tout entouré du chapeau
d'archevèque avec les lacs et les houppes 1, 2, 3, 4 ; un cordon accompagné d'un
doublé filet court sur le bord du sceau.
Legende. Précédée d'une rose :
FRANC- AMED- MILLIET -ARCHIEPSTARANTASISR- IPRINC •
Franciscus Amedeus Milliet Archiepiscopus Tarentasiensis
Sacri Romani Imperii Princeps.
Planche II, fig. n" 14.
Ce sceau est au bas d'un acte par lequel le prélat nonune le chanoine don Claude
Ruffier promoteur du tribunal de l'officialité métropolitaine. Il est date de Moutiers le
25 Juin 1734 (1).
Francois Amédée Milliet d'Arvillars était de la branche cadette de la maison Milliet
qui remonte a Etienne Milliet capitaine au chàteau de Martigny en Chablais pour le
comte de Savoie au xiv' siede. Son grand-pere Hector Milliet fut le premier de la
branche des Milliet, barons de Challes et d'Arvillars. qui se sépai-a bientòt, elle-méme,
en deux branches, celle des barons de Challes et celle des barons d'Arvillars, com-
mencée par Silvestre Milliet, baron, puis marquis d'Arvillars, mareschal, general de camp
du Due, pére de notre prélat (1). Un fils d'Hector, nommé Francois Amédée, avait
déjà été archevèque de Tarentaise de 1658 à 1703. Il fut remplacé sur ce siége par
son neveu et fiUeul : le prélat dont nous publions le sceau.
Ce demier était dono de Silvestre Milliet marquis d'Arvillai-s et de Anne de la
Fléchòre. Il était né en 16(34, fut doyen de Tarentaise à un àge peu avance, en 1681.
pendant l'épiscopat de son onde, vicaii-e general en 1684. puis évéque d'Aoste en
1698 et archevèque de Tarentaise en 1727. Le siége avait vaqué pendant 24 ans de-
puis la mort de son onde cn 1703. Il mourut cn 1744. Son oraison funebre a été
prononcée dans l'église métropolitaine de Moutiei-s le 4 Juin 1 745 par R* Aymé Mu-
gnier chanoine pénitentiaire, vicaire general et officiai du prélat, et imprimée à Anneci
par J. B. Burdet.
(1) Archiv. du Royaume.
^2) Genealogie de la .^faison Milliet par Besson, publide par F. Rabut.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 237
n a sans doute mis sur son écu une couronne ducale, à cause du titre de prince
du S'-Empire romain qu'il prend dans la legende, affectant ainsi l'indépendance tìs-
à-TÌs du roi de Sardaigne.
Claude Humbert de Roland ou Rolland.
1752.
Sceau de forme ronde de 55 millim.
Type : Les armes de Koland d'azur à une épée d'or mise r.n pai, la pointe en
haut, dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale, d'où sort une croix tréflée,
et entouré du chapeau, des lacs et des houppes d'archevèque.
Legende (une fleur entre deux petites roses) :
CLAVDIVS HYMBERTVS DE ROLAND DE BERY ARCHIEPISCOPVS
ET COM . TARANT SRI- PRIN •
Planche II, fig. n" 15.
Ce sceau- est plaqué sur ciré rouge, recouverte d'un papier blanc découpé en forme
de rosace, au bas d'un certificai relatif à la vacance d'un bénéfice et date de Moutiers
le 19 Avril 1752.
On voit que le prélat y prend le mème titre dans la legende et la mème cou-
ronne sur son écu que son prédécesseur. C'est le demier prélat mentionné par Besson
dans sa liste des arcbcvéques de Tarentaise. Il fut nommé à. ce siége en 1749 ; il est
mort le 27 Novembre 1770.
La faraille Eoland, aujourd'bui éteinte, était des environs de Rumilly et a résidé
dans cette ville dans le courant des xvi et xvii' siècles. Claude Humbert de Eoland
était né en 1708, à Marigny, de Jean Pierre de Koland et de Anne Marie de Chavanes.
n avait fait ses premières études à. Eumilly. cbcz Ics Pères Oratoriens. Il alla les con-
tinuer à Paris en Sorbonne , et à Valence : il fut bacbelier de Sorbonne et docteur
en tliéologie de l'univei-sité de Valence, il prit ces grades après sa nomination d'ar-
chevéque. Après avoir été ordonné prétre il fut nommé chanoine de Bayeux, puis cha-
noine et vicaire general de Tour en Lorraine. Devenu archevèque, il a signé avec le
Roi Charles Emmanuel III, en 1769, une transaction, par laquelle il renonce. pour lui
et ses successeurs, au titre de Comte et à tout droit de souveraineté sur la province
de Tarentaise, contre le titre de Prince de Conflans et de S'-Sigismond et une pension
de 3000 liv. Ce fut peu après que le roi érigea en faveur de ces prélats, Conflans,
en principauté (1).
Un autre acte de son épiscopat fut d'obteuir du souverain l'application à l'hò-
pital general de la province de Tarentaise d'une aumòne qui se faisait annuellcment
à Moutiers pendant tout le mois de Mai aux frais de l'archevéque, et qui consistait
(1) Croisollet, Hist. de Rumilhj, pag. 156.
238 SIGlLLOGRAl'HIE UE LA SAVOIK SCEAVX RELIGIEVX
en 1500 bichets, moitié seigle. moitié orge. On distribuait alors à chaque pauvre une
demi livre de pain (1). Ce changement fut autorisé en 1755.
Claude Humbert Roland n'était pas riche. Sa sceur Anne Hélène de Roland avait
été mariée en 1728 à Pliilippe .Joseph de Savoiroux à qui il avait fallu payer une
dot. Aussi, quand il fut nomnié il rarchevéché de Tarentaise, il presenta une supplique
au Roi pour étre exempté de certains droits trovandosi, dit-il, in somme angustie (2).
Aussi fut il plus tard obligé d'aliéner son fief de Bery dont nous lui voyons porter
le titre sur le sceau que nous publions. Voici ce qui nous amène il avancer ce fait.
L'un de nous possedè une de ces grandes et belles thèses en placard dont Tusage était
très-général aux xvii" et xviu* siècle. C'est une thèse de théologie soutenue par
Joseph Abondance de Tarentaise en 1750, dans la grande salle de l'Hotel de viììe de
Chamhéri. Elle est dédiée à notre prélat dont les armes sont gravées dans un cai*-
touche soutenu par des anges. Le dessin de ces armoiries est la reproduction exacte
du sceau que nous publions : écu, ornemens extérieui-s, legende ; tout y est complète-
raent semblable : le graveur a copie le sceau. Mais une bande de papier converte de
fleui'ons typogi'apliiques recouvre les deux niots de herij, qui avaient été préalablement
grattés (3). Ces précautions indiquent évidemment qu'en 1750 le prélat ne portait plus
ce titre, par suite d'une aliénation du domaine et de la maison de Bery, qu'il avait
peut-étre donne en payement de la dot de sa soeur, puisquils appartiennent aujourd'hui
aux Savoiroux.
Ce qui rcstait de fortune à Claude Humbert de Roland passa il la famille de
Savoiroux, par suite des testaments qu'il fit le 14 Juillet et 28 Octobre 1770, l'année
de sa mort. en favcur de son neveu Jean Joseph de Savoh'oux fils de sa sceur Anne
Hélène (4). Claude Humbert de Roland fut le denùer de sa lignee.
M' F. Descotes a publié sur l'entrée de ce prélat à Paris, comme étudiant et sur
son entrée il Moutiers comme archevèque, des anecdotes dont il ne garantii pas l'au-
tenticité. Il en ajoute encore d'autres dans un second article, qui renferme quelques
détails historiques, entre autres sur le testament de Tarchevèque, mais qui contient quel-
ques erreurs (5).
Gaspard Auguste Laurent de St-Agnès.
1772 - 1783.
Sceau rond de 67 millim.
Type: Dans un cartouche agrémenté de branches de feuillage portant des fruits,
sont gravées les armcs suivantes que nous a permis de blasonner plus complètement
la gravure de plus grande dimension que le sceau, placée en tète des lettres-pastorales
(1) Archiv. de l'Economat.
(2) Ibidem.
(3) Bihl. de F. Rabut.
(4) A. DE KuiiAS, Armorinl et noh. de Savoie. - Art' Bracorens de Savoiroux.
(5) litKue Sai-oisienne, 1868, pag. 45 et 70.
PAR A. DUFOUE ET F. KABUT 239
du prélat: « Écartelé aux V et 4" d'argent à un murier arraclic de sinopie, fruite'
» de giieules et chargé en ahyme d'un croissant d'or qui sont les armes des Laurent
» de S'-Agnès, mix 2* et 3' d'nzur à la fasce d'argent accompagnée de trois hesants
» d'or en chef et de deux étoiles de méme en potute ».
Les armes choisies par le prélat sont « au chef d'azur à deux bras au naturel por-
» tant des stigmates et passe's en sautoir desqueìs sort une croix de gueules »; armes
des frères mineurs conventuels de Saint-Francois. Derrière l'écu sont passés en sautoir
une eresse et une épée, dont la pointe soutient une mitre; au dessus du cartouche, une
couronne ducale, d'où sort la croix archiepiscopale à deux traverses ; le chapeau. les
lacs et les houppes d'archevèque enveloppent le tout.
Legende. Où les points sont remplacés par de petites étoiles :
F * GASPAR * AVGVST + LAVRENT * DE * ST-AGNES * ARCHIEPISC *
TARANTASIENSIS ET ^ CONFLVENTI • PRINCEP *
La legende est entre deux filets et un très-petit grenetis à l'intérieur et un cordon
d'étoiles à l'extérieur.
Planche li, fig. n» 16.
Cette description est faite d'après une empreinte en ciré rouge, prise sur la ma-
trice en cuivre et classée dans la collection de l'un des auteurs de ce mémoire.
On voit que le prélat ne répudiait pas le souvenir de sa vie antérieure ; il com-
mence la legende de son sceau par la lettre F initiale du mot Fratcr qu'il prend
dans les autres actes officiels; lettres pastorales, etc. et qui rappelle qu'il a été re-
ligieux de S'- Francois d'Assise. Il le rappelle également dans le chef de ses armes.
Mais son humilité ne l'empéche pas de mettre aussi dans la legende de son sceau, le
titre de prince de Conflans, que son prédécesseur avait re^u du souverain, comme com-
pensation de l'abandon de celui de Tarentaise. Ce titre, il le constate encore dans soii
sceau par la couronne ducale et par l'épée. Les brauches fructifères qui ornent le car-
touche sont sans doute des branches de murier empruntées au meublé principal des
armes de la famille Laurent de S'-Agnès, comme les étoiles répétées à profusion dan^
la legende et dans le cordon extérieur du sceau sont empruntées à l'un des meubles
de ses armes particulières.
Laurent de S'-Agnès fut archevèque de Tarentaise de 1772 à 1783, date de
sa mort arrivée inopinément le 23 Juillet, pendant qu'il était en villégiature dans sa
campagne de Montaut , paroisse de la Motte, au diocèse de Cliambéri . comme nous
l'apprend une lettre de Té ve que de Chambéri , Michel Conseil (1).
La lettre-pastorale, par laquelle Laurent de S'-Agnès annouce son élévation au
siége de Moutiers, est du 10 Février 1772. La mème année parut à Turin un recueil
de poesies in 8°, de 32 pages intitulé : III.""' ac Bev."" Angustino Gaspari de S'-Agnè'^
ord. min. S. Francisci conventualium in Tarantasiensem archiepiscopum inaugu-
rato gratulatio.
(1) Archio. du Royaume - Lettres des Evèques.
240 SI6ILL0GKAPH1E DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Joseph de Montfalcon du Cengle.
1785-1793.
Sceau rond de 55 millim.
Tijpe: Écu ovale aux armes de la famille du prélat d'argcnt à Vaigìe éployén
de sahle membréf et hecqudc d'or dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale et
de la croix archiepiscopale. Deux aigles supportent le cartouche d'où sortent la mitre,
la crossa et l'épée passées en sautoir. Le chapeau et les houppes d'archevéque enve-
loppent le tout. Par une erreur du graveur, le fond de l'écu est couvert de traits
perpendiculaires comme si le chauip était de gueules : il a aussi abaissé les ailes de
l'aigle, ce qui est encore une eiTcur.
Legende: * lOSEPH DE MONTFALCON DV CENGLE ARCHIEP
TARANT & PRINCFPS
La legende est entra deux filets très-minces, et un gros grenetis court sur le bord
du sceau.
Planche II, fig. a» 17.
Le dessin de ce sceau a été fait sur une empreinte prise avec la matrice en cuivi-e
qui est au musée de Chambéry.
Joseph de Montfalcon est né au chàteau de Montfalcon, commune de la Bielle,
d'une ancienne famille qui a subsisté longtemps en France et cn Savoie et qui est
éteinte : suivant d'autres, il serait né à S'-Offenge. Il était fils de Claude de Mont-
falcon seigneur du Cengle et de Anne de Gautellet-Vectier, de Beaufort.
Il a été ledemier archevèque de Tarentaise, depuis l'année 1785, 14 Aoùt, jusqu'à
sa mort, arrivée le 20 Septembre 1793. Il avait fait ses premières études chcz les ora-
torians de Rumilly, comme monseigneur Koland, et comme lui, il fut un prélat liberal,
plus que lui, méme, à raison de l'epoque où il a yécu. Lorsqu'après l'occupation de
la Savoie par les armées frangaises en 1792, les députés de toutes les communes de
la Savoie se réunirent à Chambéri le 21 Octobre et se constituèrent en assemblée na-
tionale des AUobroges, il envoya à cette assemblée une lettre où il exprimc les re-
grets qu'il éprouve de ce que les circonstances, qu'il explique, ne lui permettent pas
de se rendre, comme il en avait l'intention, avec les députés du chapitre pour pré-
senter ses hommages à la convention nationale. Il envoie en mème temps le discours
qu'il se proposait de prononcer il cette occasion. Cette lettre et ce discours ont été
imprimés avec la réponse de l'assemblée en une brochure de 8 pages chez C. F. LuUin (1).
(«) Bibl. de F. Rabut.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 241
Joseph de Montfalcon du Cengia prit ses grades à Turin avec distinction, fut en-
suite chanoine de la cattedrale d'Asti, président de la Congrégation de la Superga.
Il rebàtit la chapelle de son palais archiépiscopal et fonda un mont de piété à Mou-
tiers. Il multiplia les écoles dans son diocèse.
Le 1" Mars 1793, il quitta la Savoie et gagna le Piémont par le petit S -Ber-
nard, fut bien veqn à Turin par l'archevéque, le cardinal Costa d'Arignano. Il mourut
dans cette ville.
B. ARCHEVÉQUES DE CHAMBÉRT
Antoine Martinet.
1828-1839.
Sceau rond de 55 niillim.
Type : Armes du Prélat d'argent à tme tour de gueuìes soutenant trois martinets
de sable, deux affrontés et celai du milieu en fasce, au chef d'azur chargé de trois
étoiles d'or, dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale, de la croix archie-
piscopale, de la mitre et de la crosso ; cliapeau et houppes d'archevéque : dans le bas,
deux branches de laurier en sautoir et par dessus la partie supérieure du cartouche
lui philactère portant la devise: Non hab. ine man. civit. (1).
Legende: ANTONIVS MARTINE! ARCHIEPISCOPVS CAMBERIENSIS •
Planche II, fig. n" 18.
Nous avons trouvé ce sceau sur plusieurs picces, entr'autres, en timbro sec, au bas
d'un rapport fait à l'occasion de la consécration de monseigneui" Turinaz comme évèque
de Tarentaise, sous date du 6 Mai 1838 (2).
Chambéri fut erige en évéché en 1779; suppi-imé pendant la revolution, ce siége
fut rétabli en 1801 et erige en archevèché en 1817, avec les évéques de Moutiers,
d'Annecy et de S'-Jean de Maurienne pour suffragans. Deux Prélats y ont précède
Mgr. Martinet, savoir: Mgr. De Solle et Mgr. Bigex.
Mgr. Martinet avait déjà été nommé évèque de Tarentaise le 22 Décembre 1825.
Il prèta serment à Turin le 28 Mars suivant et prit possession de son évéché le 16 Avril.
Il fut nommé Archevéque de Chambéri le 14 Mars 1828, fut dispense du serment et
prit possession le 12 Avril. Par son testament du 12 Aoùt 183G, il fait héritier le
séminaire de Chambéri et meui't le 6 Mai 1839. Il a été enseveli dans la chapelle du
Calvaire dont il avait fait achever la construction commencée par Mgr. De la Palme.
Il était grand Gordon de l'Ordi-e des Ss. Maurice et Lazare.
(1) Non habemus hic manentem civitatem.
S. Paul, aiix Hébreux, Cliap. un, vers. xiv.
(2) Archiv. de l' Economal general.
Serie IL Tom. XXXIV. 31
242 SIGIIXOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX EELIGIEUX *
Martinet était un enfant de la Tarentaise: il était né le 22 Aviil 17GG a Queige.
dans la vallèe de Beaufort, de parens peu fortunés: il avait fait ses premières études
au collège de Cbambéri et avait suivi les cours de tliéologie an séminaire de Moutiers.
n fut successivenient vicaire de la paroisse de S'-Paul, secrétaire de TArchevéque
(Mgr. de Montfalcon), professeur de tliéologie, préfet du collège royal de Moutiers.
Il avait émigrè en Piémont en 1793, mais il était bientòt revenu secrètement en
Savoie. Puis il retounia en Italie, et fut cliargé de l'éducation du jeune marquis de
Cambiano Timnetti. De nouveau supérieur du collège de Moutiers en 1816 et professeui-
de théologie en 1817, il est rappelè à Cliambèri en 1819, nommé ebanoine hono-
raire, officiai mètropolitain, grand vicaire en 1822 et èvèque de Tarentaise en 1825 et
sacre en 1826.
Les martinets qui figurent dans ses armes sont une espcce d'birondelle qui vient
passer la belle saison en Savoie.
Le portrait de Mgr. Martinet a été lithogi-aphié par M. Justin et imprimé dans
l'atelier dcs frères Courtois et Aubert à Cbambéri , foi-mat in-4°. A la suite de son
oraison funebre pronoucèe par Tabbè Rendu, le futur évéque d'Anneci, le 12 Juin
1839, dans la métropole de Cbambéri, se trouve une notice bistorique sur Mgr. Antoine
Martinet (1) dans laquelle on énumère les èglises construites dans le diocèse de Cbam-
béri , pendant qu'il le dirigeait. EUes sont au nombre de 40 et malbeureusement
d'assez mauvais goùt. A la page 55 de cette notice assez com-te, une note en an-
nonce une plus développée, due à la piume de l'abbé Martinet ebanoine de Moutiei-s,
neveu du Prélat, un des écrivains les plus féconds du clergé savoisien; nous ignorons
si elle a paru.
Vacance du aiége de Chambéri.
1839-1840.
Sccau ovale de 56 millim.
Type : Dans un cartoucbe, deux mains jointes tiennent une croix tréflée. Au dessus
du cartoucbe, une bandcrolle jiorte la legende Frntrrs in unum. Au dessous du car-
toucbe, deux braucbes de palmier en sautoii*. Cbapeau et houppes dévèque.
Legende: CAPITVLI METROPOLITANI CAMBERIENSIS
Planche II, fig. n" 19.
Ce sceau est celui dont s'est servi le cbapitre des clianoines de Cbambéri qui
a administré le diocèse pendant la vacance qui a suivi la niort de Mgi'. Martinet,
jusqu'à l'évènement de Mgr. Billiet en 1840. Il a été grave par Louis Rabut orfèvi-e
à Chambéri, le pére de l'un de nous.
(!) Chambéri, Puthod, 1839, in-S» de 70 pages.
i
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 243
Alezis Billiet.
1840-1873.
Sceau rond de 54 millim.
Type: Un écu en accolade aux armes que s'était choisies le Prélat, lorsqu'il avait
été nommé évéque de Mauiienne d'asiir à huit hiìUettcs cVor disposées en forme de
croix, 2, 4, 2; au chef d'argent chargé de deux tétes de manrrs de sahle. L'écu,
appuyé contre une croix archiepiscopale posée en pai et contre une crosse et un bàton,
surmonté d'une mitre passés en sautoir, est entouré du Gordon de l'ordre des Saints
Maui'ice et Lazare. Cliapeau et houppes de cardinal, 1, 2, 3, 4, 5.
Legende: ALEXIVS BILLIET ARCHIEPISCOPVS CAMBERIENSIS .
Planche II, fig. n" 20.
Les armes du prélat sont des armes parlantes, dont les meubles rappellent son
nom et son premier siége, colui de Maurieune. Les houppes de cardinal sont un peu
prématurées sur un sceau dont Mgr. Billiet s'est servi bien avant davoir regu le chapeau.
On rencontre en effet ce sceau sur des pièces de l'année de sa promotion à l'archevéché
de Chambéri, 1840. Est-ce pressentiment ? est-ce flatterie du gravem-? Nous avons trouvé
ce sceau plaqué au bas d'une copie de la bullo de nomination de Mgr. Billiet à l'arche-
véché de Chambéri; cette copie est datée de Chambéri, 2 Juillet 1840 (1). Les houppes
de cardinal figurent également sur les armes gravées placées en tète des mandements
archiépiscopaux des premières aimées et sur le Munuaìe Confessariorum, de 1843.
Pour les affahes courantes, Mgr. Billiet se servait aussi d'un petit sceau ovale
au mème type. La matrice du grand sceau rond que nous venons de décrire est au
musée de Chambéri.
Mgr. Billiet fut nommé à l'archevéché de Chambéri le 27 Aviil 1840, 5^ ka-
lendas Man; il l'occupa jusqu'à sa mort, le 30 Avril 1873, et l'administra avec une
grande activité, qui se prolongea jusqu'à ses derniers moments malgré son àge avance :
il avait à sa mort 90 ans et 2 mois.
La Eevue Savoisienne du 27 Mai 1873 contient un artide biographique sur
le cardinal Billiet. M. Descotes , avocat à la Cour d'Appel de Chambéri , a prononcé
l'éloge de l'archevèque Billiet dans son discours de reception à l'Académie de Savoie
le 22 Décembre 1874 (2).
Son portrait, peint par Guille, a été lithographié en 1840 à Chambéri.
La vie de ce Prélat, dont la porte est recente, est présente à la mémoire de tout .
le monde et cela nous dispense d'en parler ici. Voici seulement quelques dates et faits
(1) Archivi, de VEconomat general.
(2) Mémoires de l'Académie des Sciences de Savoie, Tome IV de la 3» serie.
244 SI6ILL0GEAVHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
essentiels: Né aux Chapelles en Tarentaise le 28 Février 1783, il entra au séminaire
de Chambéri en 1805, déjà iustruit en pliilosophie et en théologie, et l'année suivante,
il y enseignait cette demière science. Il fut sacre évéque de Mauriemie le 19 Mars
1826. D était archevéque au moment de l'annexion de la Savoie à la France en 1860
et le zèle qu'il mit à faire voter le plébiscite par le clergé, joint à ses mérites per-
sonnels, lui valut en 1861 le chapeau de Cardinal, sur la proposition de Napoléon III.
Il est mort en 1873. Mgr. Billiet fut l'un des fondateurs de l'Académie des Sciences,
lettres et arts de Savoie dont il fut un des membres les plus actifs. Il a enrichi les
mémoires de cette Société de plusieurs travaux sur la geologie, la statistique et l'iiis-
toire religieuse du pays. Il était cbevalier grand croix de l'Ordre des Ss. Maurice et
Lazare.
C. ARCHEYÉQUES DE LYON.
Philippe de Savoie.
1248-1250-1256.
Sceau ogival de 60 millim.
Type : Un personnage debout, vétu d'une longue tuniquc avec une sorte de ma-
nipule sur le bras gauche, tenant un livre, devant lui, des deux mains. Dans le champ,
de chaque coté de la tète, trois points disposés en triangle: et vers le milieu, de chaque
coté dn personnage, une étoile à six rais.
Legende, en capitales gothiques :
•ìt S : PH : PRIME : LVGD • ECCLESIE : ELECTI •
Sigillum Fhiìippi prime lugdunensis ecclesie electi.
Planche li, fìg. n» 21.
Ce sceau en ciré jaune pend, par deux cordons de soie verte, au bas du compromis
passe le 10 .luin 1250 entre PieiTC de Savoie d'une part et Guillaume comte de Ge-
nevois et ses fils Kodolplie et Henri d'autre part, en la personne de Philippe primat
de Lyon pour décider de leurs différens. Compromittinms in ven. doni. Ph. . . Dei
gratta prime lugdunensis ecclesie electum. . . (1).
Le mCme sceau en ciré jaune pend, par une bande du parchcmin, au bas du testamcnt
dufrère de l'iiilippo, Thomas 11 de Savoie, fils commc lui du Comte Thomas, du 29 Juin
1248, auquel interviennent sept témoins requis par le testateur mdelicet revercndum. . .
fratrem meum Philippum lugdunensem electmn Eadulpkuvi tarent'"' electum . . . Nous
(1) Regest. genevois d'apris Worstemberoer.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 245
l'avons aussi rencontré, en plus mauvais état, au bas du testament de Philippe, du
26 JuiUet 1256 (1).
Le personnage grave sui* ce sceau est Philippe de Savoie archevéque élu de Lyon.
On sait que les élus ne portaient pas la crosse. Les étoiles à 6 rais étaient, à cette
epoque, un des types fréquemmeot employés par les princes de la Maison de Savoie
sur leurs moniiaies (2) et leur présence, à droite et à gauclie du personnage, corrobore
notre opinion sur celui que représente le sceau. Dans la legende le mot prime rappelle,
que le siége de Lyon est l'archevéché primatial de la gaule transalpine.
Philippe de Savoie, dixième enfant du Comte Thomas, était né à Aiguebelle en
1207. Sans étre engagé dans les ordres sacrés, il avait été nommé successivement cha-
noine et primicier de Metz et prevòt de S'-Donatien de Bruges, grand gonfalonier de
l'église, évéque de Valence en 1246 et l'année suivante, archevéque de Lyon. Voyant
son frère ainé, le Comte Pierre, le petit Charì emagne sans héritiers màles, LI pensa pou-
voir arriver au tròne après lui, renonga aux lionneurs ecclésiastiques et épousa en 1267
Alix fille et héritière du comte de Bourgogne. L'année suivante, il succèda dans le comté
de Savoie à son frère et regna jusqu'à. sa mort en 1285. Il n'eut pas d'enfans et
decèda dans le chateau de Koussillon: Il fut inhumé à Hautecombe.
M. G. de Souttrait a publié trois méreaux en plomb portant d'un coté l'écu de
Savoie qu'il attribue à ce prince (3).
Pierre III de Savoie.
1331.
Grand sceau ogival de 75 millim. environ.
Type : Cinq niches de style ogival : Dans celle du milieu plus haute que les autres,
r archevéque debout, en costume pontificai, tient la crosse de la main gauche: Dans les
quatre niches latérales, quatro prélats, aussi debout et en mème costume, mais de plus
petite taille; sans doute les suifragans de l 'archevéque de Lyon, savoir les évéques d'Autun,
de Chàlons sur Saóne, de Macon et de Langres.
Au dessous des niches, deux écus; l'un aux armes de Savoie, l'autre aux armes
de Lyon, séparés et tenus par deux personnages fantastiques.
Legende: Les bords de ce sceau ont mallieureuscment été biisées et de la legende
on ne voit que les trois lettres OME [Comesi).
Planche II, fig. n" 22.
Ce sceau en ciré rouge pend par un doublé cordon de soie verte à une charte
par laquelle Pierre de Savoie Archevéque et Comte de Lyon, délégué à ces fins par le
pape Jean XXII, notifie à Humbert de Villars et à Béatrix de Savoie la dispense qui
(1) Archiv. du Royaume - Testaments - Paquet S, n." 4 et 8.
(2) Promis, Mon. dei Reali di Savoia.
(3) Móm. lu à La-Sorbonne en 1868, pag. 127.
24*) SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX
leur est accordée pour se marier, malgré leur parente au 3° degré de consanguinité-
Cette charte est du 10 Mai 1331 et a été donnée avec l'apposition du grand sceau
(lu Prélat dans sa maison dite de CJiaponay (1).
PieiTe de Savoie était fils de Thomas III frère du comte Amédée V, dit le gi-and.
et de Gine de Bourgogne. Il avait été chanoine et doyen de Salisbury en Angleten-e.
puis chanoine et doyen de Lyon én 1304. Il fut élu Archevèque de cette ville en
1308, succèda sur ce siége à Louis de Villars et l'occupa jusqu'à sa mort en 1332.
Ce fut lui qui cèda au roi Philippe le bel, en 1312, le droit de justice qu'il
exergait à Lyon. Mais pendant la réaction, qui suivit la mort de ce monarque, le droit
de justice fut rendu à l'archevéque en 1320 par Philippe Vie long, qui voulait garder
le tròne en invoquant la Ini salique et qui se faisait, dans ce but, des partisans des
vassaux du royaume.
Pien-e III ])résida, dans sa cathédrale, à la cérémonie de l'intronisation du pape
Jean XXII qui continua à résicler à Avignon, et fut toujours bienveillant pour l'ai-
chevéque de Lyon et poui- la Maison de Savoie.
L'archevéque PieiTe a eu deux bàtards , Jean dit La Mitre seigneur de Cuines
en Maurienne, et Ugonin seigneur d'UssegUo qui fùt renommé par sa bravoure et son
honnéteté.
L'un de nous a déjà public une bulle de ce Prélat. On connait aussi de lui des
jetons de différentes diuiensions sur lesquels, comme sur la bulle, la croix dans l'écu
de Savoie est chargée d'une petite croix tréflée que les Archevèques de Lyon ajoutoient
volontiers aux ai-mes de lem* famille aux xni"' et xiv" siècles.
n. ARCHEVÉ(JUES D'AUCH.
Frangois de Savoie.
1485.
Sceau rond de 52 millim.
Type : Un écu ogival à la croix pleinc de Savoie surmonté d'une croix episcopale.
L'écu est entouré au dessus et par coté d'enroulemeus qui simulent des lambrequins
et le tout est ferme par une bordure de petits ornemens en forme i' x placésà distauco
les uns des autres.
Legende :
SIGILLVM • FRANCISCI ■ DE • SABAVOIA ■ ARCHIEPI ■ AVXITANIsIS
Planche III , fig. n" 23.
Ce sceau est plaqué sur ciré rouge entro deux papiers blancs et pend pai' une
doublé liste de parchemiii au bas d'un acte par lequel Francois de Savoie, évèque élu
(Il Archiv. du Royaume - Matrimoni Casa Retile - Paq. 5, n" 5.
PAR A. DUFOUK ET F. RABUT 247
d'Auch et administrateur de l'évéclié de Genève accorde, eu qualità d'abbé commen-
dataire perpétuel de la prévoté du Grand S'-Bemard, une pension de 200 florins au
chanoine Chaffardon vicaire general de lad° prevòté des Ss. Nicolas et Bernard. Cette
charte est datée de Tmin le 23 Juin 1485 (1).
Francois de Savoie, fils du due Louis, a été abbé de Staffarde, d'Abondance,
de S'-Andi'é, de Verceil et d'Aulps, prevòt commendataire du Grand S'-Bernard en
1459, Arcbevéque d'Aucb en 1483, puis évéque de Genève en 1484. Il eut ce-
pendant beaucoup de peine à arriver à ce siége. En effet, après la mort de l'évéque
Jean Louis de Savoie, le chapitre de Genève avait élu, pour lui succèder, Urbain de
Cbivron, abbé commendataire de Tamié. Le pape Siste lY, df:ììa JRoicre, de son coté,
qui tenait à favoriser quelque membre de la famille piémontaise de la Rovere, à laquelle
il prétendait appartenir , voulant nommer le cardinal Dominique , arcbevéque de Ta-
rentaise, à l'évèché de Turin, donna en échange celui de Genève à Jean de Compeys
qui occupait alors ce siége en Piémont. Le Due de Savoie protesta, il est vi-ai, contre
la nomination de Jean de Compeys à cet évécbé , qui relevait de son autorité et
qu'il destinait dailleurs à son onde Francois; mais le Pape passa outi-e et maintint
sa décision. - Jean de Compeys fut coiifirmé évéque de Genève en Avril 1483 et
Chivi'on alla occuper le siége de Tarentaise le 20 Mai suivant. Le Pape crut pouvoir
apaiser le Due de Savoie en donnant à Francois l'archevécbé d'Aucb le 20 Octobre
de la méme année.
Le Due de Savoie, alors, donna ordre de réduire les biens de l'évécbé sous sa
main. Le Pape fulmina l'excommunication contre les commissaires du Due et pronon^a
l'interdit dans tout la diocèse. L'évéque de Compeys prit le parti de quitter Genève
le 21 Septembre 1483 et se réfugia A, la Coui- de Rome, préférant céder son évéché,
s'il était nécessaii'e.
Mais un évènement imprévu, la mort d' Urbain de Ciiivron, arrivée le 9 Novembre
1483, vint mettre fin à ces regrettables et scandaleuses discussions entre les Cours de
Rome et de Savoie, Compey accepta la sucecssion d'Urbain de Cbivron et l'arcbevéché
de Tarentaise le 16 Mai 1484, et Francois II put ainsi aller occuper l'évèché de Ge-
nève où il arriva le 25 Juillet 1484.
Francois ne résida pas plus dans son nouvel évéché de Genève qu'il ne l 'avait
fait dans celui d'Auch. C'est à peine s'il y celebra en 1485 sa première messe au
milieu d'un grand concours de peuple. dit la chronique, messe à laquelle assistèrent le
due Charles et sa jeune épouse Bianche de Jlonferrat. Le titre où pend ce sceau et dans
lequel il s'intitule prince et administrateui- de l'évèché de Genève est, comme nous
l'avons dit, date de Turin où il avait assistè quelques jours auparavant (10 Juin 1485)
à la publication des Statuts du due Charles. 11 dùt méme fixer son séjour dans cette
capitale pendant le voyage que le due et la duchesse firent en Savoie, et, plus tard.
à la mort de ce prince en 1490, il dùt résider à Turin où il fut chargé du gouver-
nement des Etats, deqà et delà les monts, à la demande de la jeune veuve, sa nièce.
qui désirait s'occuper de la tutèle de son jeune fils Charles Jean Amédée et qui voulait
s'aiderdes conseils de son onde. C'est aussi à Turin qu'il mourut en 1491. Le chevalier
(1) Archiv. du Royaume - Abbaia du Grand S'-Bernard - Paq. 1.
248 SIGILI.OGRAFHIE DE LA SAVOIE SCEAVX RELIGIEUX
Bayard, qui était aloi-s page à la Cour de Savoie , fut chargé de porter à Genève la
uouvelle de sa mort. Francois avait eu un bàtard, Jean Francois, qui fut plus tard
évèque de Genève.
Un sceau, à-peu-près sembable à celui que nous publions, a été signalé sur un
acte de 1487 (1) et le portrait de notre Prélat, tire d'une gravure sur bois mise au
frontispice d'un missel genevois de 1491 , a été reproduit dans les mémoires de la
Société d'histoire de Genève (2).
Francois de Savoie a été Lieutenant general et Gouvemeur de la Savoie en 1490.
E. ARCHETÉQUES DE TURIN.
Claude de Seyssel.
A. 1518.
Sceau ogival de 79 milUm.
Type: Une niche, en style de la renaissance, dans laquelle est assise la Vierge tenant
l'enfant Jesus: De chaque coté de la mche, le vide est rempli par deux branches de
feuillage. Eutre les bases des colonnes, sous une arcature à trois lobes, un écu aux
armes des Seyssel Gironné d'azur et d'or est surmonté d'une croix tréfiée et inter-
romp la legende au bas du sceau. Au centre de l'écu, en abjTne, on voit un besant
ou un toui'teau chai-gé d'un autre besant plus petit ou d'un gros point.
Legende: ^ S ■ CLAVQII • QE • SEISSELLO • ARCHIEPISCOPI-
THAVRINENSIS-
Dans cette legende en caractères romains majuscules les D ont été renversés par
le grave ur.
Planche III, fig. n" 24.
Ce sceau en ciré rouge, plaqué sur papier, pend il une quittance donnea aux sei-
gneurs Antoine et Christophe de Piossasque le 4 Février 1518 (3).
Les armes des Seyssel sont souvenfc blasonnées Gironné d'or et d'azur. Mais sur
notre sceau et sur plusieurs autres nionumens, on voit qu'il faut dire, G/'ronne d'azur
et d'or. Le tourteau qui est mis en abyme sui- le tout doit étre de gueules : On voit
en effet aux archives de Genève, que Claude de Seyssel brisait les armes de sa famille
d'un tourteau de gueules (4). Nous retrouvons aussi cette brisure sur un petit sceau
rond qui servait de cachet au Prélat , au bas d'une lettre adressée par lui au Due
(le Savoie (5).
(1) Man. et doc. publiés par la Soc. d'hist. et d'arch. de Genite. Tom. VII, pag. 67.
(2) Ibid., pian. XXXV.
(3) Archevèche de Turiti - Protocole LIV de Bernard Perachia, 1517-1520.
(4) Archives de Genève, Piòces historiques, n' 830 - Lettres de 1504 à 1506.
» Armorial Genevois de Blavignac, pag. 207.
(5) Turin - Archives du Royaume - Lettres de Claude de Seyssel àS.A.- Lettres ÌAìuisivì di Francia
PAR A. DUFOUE ET F. RABUT 249
Ce petit sceau rond de 8 inillim. de diamètre ne présente que les armes du Prélat
dans un écu ogival accoste des initiales C. S. (Claude Seyssel). De petits fleurons rem-
plissent le cbamp du sceau au dessus et au dessous de l'écu.
Planche III , fig. a" 25.
La lettre où nous l'avons vù plaqué est sans date , mais elle figure parmi les
lettres des ambassadeurs fran^ais. Elle appartient sans doute à l'epoque ou Claude
de Seyssel était envoyé en mission pour le roi de France auprès du due de Savoie
et avant qu'il fut archevèque de Turin en 1516.
Claude de Seyssel était fils naturel du maréchal de Savoie Claude de Seyssel: il
nacquit vers le milieu du quinzième siècle à Aix-les-Bains, d'autres disent à Seyssel. Il
a étudié le droit à Pavle et à Turin. Après son doctorat, il suivit la carrière des armes
pendant quelque temps, mais il y renon^a bientót, et en 1487, il enseigna la juris-
prudence à luniversité de Turin et ensuite à l'université de Pavie. Après la couquète
du Milanais, Louis XII le nomma membro du parlement qu'il créa dans ce duché,
puis l'appela en France, le nomma Conseiller d'Etat. Il fut alors chargé de plusieurs
missions dijilomatiiiues en méme temps qu'il entrait dans les ordres. En 1509 il fut
élu évèque do Marseille, mais il ne s'y rendit pas, fit rógir son évèché par des dé-
lógués et continua ses missions diplomatiqucs qu'il remplit, entr'autres, à Londres en
1508, à Trèves en 1512, au Concile de Latran en 1514, et auprès du due Charles II
de Savoie en 1515 et en 1516. Après la mort de l'archevéque de Turin en 1516,
il fut, avec l'appui du Due de Savoie, nommé a ce siége par bulle du 11 Mars 1517 (1).
Claude do Seyssel a été pendant trois ans arcbevéque de Turin: Il en avait pris pos-
session le 10 Juin 1517 et il mourut le 30 Mai 1520 dans son palais arcliiépiscopal (2).
Il avait testé la méme année au mois de Janvier, et fùt enseveli à S'-Jean.
Quelques personnes ont tenté de faire passer Claude de Seyssel pour fils légitime
du Marécbal Claude et ont invo(iué pour cela un abandon de succession en faveur de
ses cousius du 27 Juin 1511 (3). Mais dans ce document, c'est lui qui se donne le
titre de fils légitime et naturel. Entro Icgitimns et legitimatus l'en-eur est du reste
facile, et cet acte invoqué pour les besoins d'un procès par les descendans de notre
Prélat est suspect. 'Voici d'ailleurs les preuves qu'il était bàtard: 1° Dans la maison
de Seyssel, il a toujours été considéré comme fils illégitime. 2° C'est l'opinion des
auteurs piémontais qui se sont occupés de lui (le command' Carutti, Dominique
Promis (4) et autres). 3" La brisure du besant sur les armes de Seyssel, brisure qu'il
n'aurait pas mise s'il eut été fils légitime et unique de Claude de Seyssel. 4° Dans
une genealogie manuscrite du 17° siècle, que possedè l'un de nous, le Maréchal Claude
de Seyssel fils de Humbert de Seyssel est indiqué comme sans descendant, et le dernier
de sa lignee, au moyen du petit signe ^ qui se trouve au bas de tous les noms de
(1) Domenico Carutti, Il discorso sopra l'acquisto di Milano di Monsignor Claudio di Sei/ssel,
Torino 1861.
(2) Protocole de Perachia, déjà cité.
(3) Archiv. du Royaume 1450-iri64 - Bugey Seyssel - Paquet n» 10.
(4) Illustrazione di una medaglia di Claudio di Seyssel '^Misceli, di St. ital. Tom. XIII, pag. 73).
Serie II. Tom. XXXIV. 32
250
SIGILLOGRAPHIE DE LA SATOIE SCEAUX BELIGIEUX
ceux qui n'ont pas eu d'enfants et entr'autres de son neveu Francois Philibert mort
pupille. Nous donnons ici un petit tableau généalogique qui montrera la place que
Claude tient dans la branche ainée des Seyssel et nous y ajoutons la fiUe naturelle .
Antoinette, qu'il eut avant d'entrer dans les ordres sacrés.
AIMARD
en 1" noces à Eleonora de Clerniont
I
ANTOINE
à Jeanne de la Uochette
HUMBKRT
teste en 1 432
PHILIBERT
GABRIEL
a.
Franvoise de Seyssel
la Chambre
FRANCOIS PHILIBERT
mort pupille
CLAUDE
Marc'chal de Savoie
1
CLAUDE
Archev» de Turin
ANTOINETTE
fiUe naturelle
à
Marius d'Arenthon
d'Alex
FRANgOISE
à
Gabriel
de Seyssel
'I
JEAN Seig' de Babjac
Maréchal de Savoie
à Marguerite de la Chambre
AYMON
I
LOUIS
CHARLES
Baron
de Vermoya
I
LOUIS
Baron
de Chàteauneuf
JEAN I
C" de la Chambre
à
Barbe d'Amboise
Bàtard, légitime ou légitimé, Claude de Seyssel a été un des savants les plus dis-
tingués de son tomps : ses ouvi-ages sont très-nombreux : Il a, le premier, écrit le fran(;ais
avec quelque netteté dans la Vieto/re da roi contre les Vrnitiens : La graìule luo-
narchie de Trance; Les louanges du hon roi Louis XII; La ìoi saliqne ; Les irn-
ductions de Thucydide, de Xenophon, de Trogiie Pompée, de Justin, etc. Plusieurs
ceuvres sur des matières religieuses ont été écrites par lui en latin.
L'oraison funebre de l'archevèque de Turin a été prononcé dans la cathédralc
de cette yille le premier Juin 1520 par Fr. Thadée de Lyon, moine Augustin.
Ajoutons que Vallauri, dans son histoire des Cniversités des Etats Sardes, dit que
Claude de Seyssel a été le recteur de ce Corps en 1482, et qu'il a été chaxgé par
Louis XII de l'adrainistration de l'évéché de Lodi de 1501, année où il prit l'habit
ecclésiastique, à, 1512.
B. 1519.
Sceau rond de 47 millim.
Type: Les armes de Seyssel, sans la brisure, dans un écu do forme singulière,
surmonté d'une croix episcopale et entouré de fleurons qui rcmplissent le vide entre
l'écu et la legende:
Hh S "§> CLAVDII ^ DE -8» SEYSSELLO ^ ARCHIEPISCOPI ^
THAVRINENSIS <&
en caractòres romains majusculcs. Les mots y sont séparés par de petites flcurs à quatrc
pétales qui remplacent les points.
PAR A. DUFOUR ET F. EABUT 251
Planche III, fig. n" 26.
Ce sceau coirobore un acte de présentation et d'institution à l'église paroissiale
du prieuré de Combeniano, donne à Turin le 1" Décembre 1519 (1).
n est en ciré rouge au bas de l'acte, et recouvert de papier.
Philibert Milliet.
1622.
Sceau rond de 50 millim.
Type : Armes de la famille Milliet dans un cartouclie où figurent, de chaque coté ,
deux petits anges nuds et debout servant de tenants. Au dessus et autoui-, le chapeau
et les bouppes d'évéque.
Legende: PHILIB : MILLIETVS • ARCHIEPISC : TAVRINEN •
en caractères romains.
Planche III, fig. n" 27.
Ce sceau est plaqué sur ciré rouge et sur papier, au bas d'une lettre du 28
Juillet 1622 qui or donne la consignation des biens de la mense archiepiscopale (2).
Notre Prélat, plus modeste que d'autres qui prennent dea omements héraldiques
d'un rang plus elevo que celui qu'ils occupent, entoure, quoique archevèque, son écu
de bouppes épiscopales.
La famille Milliet, dont les armes étaient (nous l'avons vù précédemment à propos
de l'arcbevèquc de Tarentaise Francois Amédée) (ì'azur au chcvron d'or chargc d'un
chcvroii de yucules et accompagtié de 3 étoiles d'or, avait pris l'habitude de les
écarteler corame elles le sont sur le sceau de Philibert Milliet, savoii* : Eeartelé au
V eM""" quartiers, d'argent à la fasce de gueules, acconipagnce de derises de méme
au lion issant en chef de sinopie lanipassé de gueules, et aux 2""^ et 3'^°'° quartiers,
ce gueules à la bande d'argent acconipagnée de deux cottices de méme, qui est le
blason de la famille Gavit-la-Roche et sur le tout de Milliet. C'est depuis le mariage
de Pierre Milliet avec Amblarde fille de noble Petreman Gavit de Genève en 1475
que l'usage s'introduisit dans la famille Milliet de mettre dans son écu recartele des
Gavit-la-Eoche avec leur propre blason sur le tout. Cependant quelques membres de
cette maison ont continue à ne prendre que l'écu de Milliet (3).
Sur le sceau où les émaux ont généralement été bien dessinés, le graveur a mis
la fasce et les devises d'argent sur fond de gueules au lieu de gueules, sur fond d'argent.
Philibert Franc^ois Milliet, connu sous le seul nom de Philibert, est né le 15 Novembre
1561 à Chambóri du Chancelier de Savoie, Louis Milliet de Faverges et de Challes,
(1) Archives de V Archeoéché de Turin, Protocole de Perachia LV, page 44.
(2) Archives de V Archevèché de Turin.
(3) Mém, et doc. publiés par la Société Savoisienne d'hist. et d'arch. - Tom. Vili, pag. 164.
252 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX
et de Fran^oise Bay: Il fut nommé docteur en théologie à Rome en 1585. Il fut suc-
cessivement recteur de la Cliapelle de S'-Aiidró à Rome, prieur de Lémenc à Chambéri
en 1583, doyen de Viri en Genevois, coadjuteur de l'évéque de Maurienne Pierre de
Lambert son onde en 1590, évèque de Maurienne en 1591, abbé d'Aulps en 1593.
conseiller d'État la mème année, cbancelier de l'Ordre de l'Annonciade cn 1608, et
enfin arcbeveque de Turin en 1618. Il testa en 1624 en faveur de son frère ainé
Francois Amédée Milliet de Faverges et mourut en 1625 à Turin: Il a été enseveli
dans l'église des Jésuites de cette ville.
F. ARCHEVÉQUES DE GÈNES.
André Charvaz.
1852.
Nous n'avons à publier de ce Prélat savoyard qu'un tout petit sceau grave pour
servir de cacbet. Oblong, à angles abattus, ce petit monument est sans legende et contient
seulement un écu aux armes du Prélat d'azur au saiiioir d'argent, entoui'é des ornements
arcbiépiscopaux, croix, eresse, mitre, chapeau et houppes, et du cordon de l'Ordi'e des
Ss. Maurice et Lazare.
Planche IH, fig. n" 28.
Il avait adopté cet écu et la devise: Aìmt mihi gloriari nisi in cruce , lors-
qu'il fut nommé évèque de Pignerol. Cette devise a figure sur les monnaies de Charles
Emmanuel I et de Victor Amédée I (1).
L'empreinte de ce cachet nous a été commuiiiqué par M'' l'abbé Jorioz ancien
secrétaire de Mgr. Charvaz.
Mgr. André Charvaz est né à Hautecour près de Moutier en Tarentaise le 25 Dé-
cembre 1793; il fut sacre évèque de Pignerol à Cliambéri le 9 Mars 1834, et il a
été reg.u à Pignerol avec de grandcs dénionstrations de joie le 31 Mars par la mu-
nicipalité et par son chapitre (2). Son entrée fut aussi l'occasion d'une charmante
publication imprimée avec luxe de pièces de vers en italien et en latin (3). Il fut nommé
archevéque de Gènes le 27 Septembre 1852, et moui-ut à Moutiers le 18 Octobre
1870; il avait renoncé à son évPché le 7 Aoùt 1860 (4).
(1; I'romis, Monete de' He ali.
(2; Kel solenne inyresso nella sua Chiesa dell'Ulto e Ree. "io Monsignore Andrea Charvat, Vescovo
di Pinerolo, prepo.iito d'Oulx e di Chaiimoìit, sipnore dell'Abbadia di S. Pietro, Valle di Lemina e
Conte, Commendatore della Sacra religione e Ordine militare de' Ss. Maurizio e Lasiaro, il dì 31
Marzo 1834, Allocuzioni. - Pinerolo - F. Guiqhetti , in-8o, di 40 pagine.
(3; Serto poetico offerto dal Capitolo di Pinerolo a Monsignor Andrea Charvaz - Pinerolo, Massara-
Novara, 1831, in-l", titre rouge et noir (biblioth. de F. Rabut\
(4) Voir la Notice biographique publiée par le chan. Jorioz, Asti, 1871.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 253
Mgr. Charvaz avait été le précepteur des fils de Charles Albert, les Ducs de Savoie
et de Gènes. Pendant son épiscopat de Pignerol, il s'appliqua à convertir les Vaudois
qui habitaient son diocèse. Ce fut l'occasion pour lui de diverses pubHcations panni
lesquelles nous citerons le JDiscours prononcé à l'occasion de la conversion de dotize
Vaudois - 8° - 7 Janvier 1844,- et Instruction à dome Vaudois convertis - 8° de 108
pages, 25 Mars 1844. On lui doit aussi l'oraison funebre de la Beine de Sardaigne
Marie Adelaide, prononcée dans la cathédrale de Turin le 3 Mars 1855,alors qu'il
était archevèque de Gènes.
3.*^ ÉVEQUES
A. ÉYÉQUES DE MAURIENNE
Aymar.
1231.
Sceau ogival de 50 millim.
Type: L'évéque debout, mitre, revétu de la chasuble et du pallium, bénissant
de la main droite et tenant de la main gauche la crosso tournée en dedans.
Legende: en capitales gothiqucs
AYM. . ePI MAVRIANCNSIS
Sigillum Aymari Episcopi Maurianensis.
Planche III, fig. n° 29.
Ce sceau en ciré jaune pend à. une bande de toile verte attachée au parchemin
d'un acte du 31 Mai 1231 passe à S'-Jean de Maurienne, par lequel le Prélat con-
firme l'hospice du Mont-Cenis dans la possession des terres qu'il a dans le diocèse
de Maurienne et c'est avec Tavis et la volente du Chapitre de Consilio et voluntate
capituli nostri (1).
Aymar, qui est aussi appelé quelquefois Aymon sur les chartes, était évéque de
Maurienne en 1223 (2) et transigeait cotte année avec les chanoines de la cathédrale
(1) Archivi, du Roijaume - Prevòté du Montcenis. . Paquet I, n* 36.
(2) Bksson, Mémoires ecdésiastiques, pag. 2yi.
254 SIGILLOORAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEUX
relatiTcment aux redevances et aux amendes (1). M. Angley dit, dans son liistoire du
diocèse de Maurienne, qu'il prit possession de cet évèclié en 1222 et Mgr. Billiet dit
qu'il a été 14 ans évèque de Maurienne (2), ce qui ferait commencer son épiscopat
en 1221, puisqu'il fut nommé archevèque d'Embrun en 1235 et qu'il prit cette année
là possession de ce siége. Avant d etre évèque de Maurienne il avait été abbé du mo-
nastèro de S'-Pierre de Vienne en Dauphiné. On ignoro sa patrie et à quelle famille
il appai-tient; nous ne pensons pas qu'il soit savoyard. 11 mourut en 1245 et fut en-
seveli à Vienne dans l'église du monastère dont il avait été abbé.
Besson donne, dans les preuves de ses mémoires pour l'histoire ecclésiastique, une
sentence arbitrale qu'il rendit en 1225 avec Berlion abbé de Tamié, dans une con-
testation entre l 'archevèque de Tarentaise Herluin et Guillaume de Beaufort au sujet
de droits seigneriaux (3). M. Angley donne les deux inscriptions qui out été placées
sur son tombeau (4).
Les anciens historiens de la Savoie faisaient remonter l'existence de l'évèclié
de Maurienne à un Lucianus qui auroit assistè à un concile en 341. Mais l'on sait
aujourd'hui que cet évéché fut fonde par le roi Gontran, dans la seconde moitié du
sixième siècle et que son premier évèque a été Felmase.
Pierre IV de Guélis.
1272.
Sceau ogival de 52 niilliin.
Type : Le Prélat debout, mitre, tenant de la main droite une crosse et de la gauche
un livide appuyé contro sa poitrine.
Legende: S ■ P • DEI • CR. ■ ■ MAVRlANfl
Sigillum Fetri dei gratin episcopi Mauri anensis.
[•lanche III, fig. n" 30.
Ce sceau en ciré noire pend par un cordou plat de fil roux à, un vidimus du
testament d'Amedeo IV du mois d'Aoùt 1272 (5). Le testament du Comte Amédée IV
est du 19 Juillet 1238. Le vidimus du l'rélat est date de S'-Jean de Mauiienne le
samedi après la fète de S"-Pierre aux liens, qui se trouve le 1" Aoùt.
On sait peu de choses de ce Prélat et on ignoro d'où était sa famille et ce qu'il
a été avant d'aniver au siége de S'-Jean. 11 fut évèque de Maurienne dès 12G9 jusqu'à
sa mort arrivée le K! Janvier 1273, cinq mois et demi après avoii- fait apposer son
sceau au bas du vidimus où nous l'avons trouvè. 11 fut gènéreux envers son chapitro
et envers l'église de S'-Jean et chargea, par son testament, son frère Guillaume de
(1) Documens publii's par l'Académie de Savoie - Tome II, n" 45.
(2ì Ibidem, pag. 72.
(3) Besson, Preuves, n" 46.
(4) Histoire du diocèse de Maurienne, pag. K^.
(5) Archiv. du Royaume - Tostamens. - Paquet I, a" 3.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 255
Guelis, qui était son héritier, de tenir main à ce que les legs qu'il leur avait faits
parvinssent sans obstacle à leur destination (1). Ce testament a été publié par l'Aca-
démie de Savoie (2). On y voit, entr'autres détails , qu'il donne à chacun des cha-
noines demeurant à S -Jean de Maurienne un anneau d'or, comme cela avait été déjà
fait et recommandé par son prédécesseur Antelme de Clermont.
Aimon I de Miolan.
1278.
Sceau ogival de 54 millim.
Type: L'évèque debout, mitre, vétu de la chasuble en pointe, bénissant de la
main droite et tenant de la gauche une crosse. Au dessus de lui, un clocheton com-
pose de trois édic'ules ajourés, reliés par des courtines et soutenus par trois arcs à
plein cintre.
Legende: en capitales gothiques.
SAYmONIS DI GRA IIÌAVRIANEN EPI
Planche III, fig. n" 3).
Sceau en ciré jaune pendant par des cordons de soie rouge à un acte du 14
Novembre 1278 par lequel l'évèque et le chapitre de S'-Jean de Maurienne approuvent
la donation faite par un nommé Jacques Traversa à l'hospice du Mont-Cenis, d'une
maison et autres biens (3). On lit au bas de cet acte: Venerahilis dominus Aymo
episcopio presenti instrmnento impressioneni sigili) sui fecit apponi, rogans capi-
tiiluni Maurianne vt . . . . insiruntevto impressioneìu sigilli sui apponi fnciat - on
trouve en effet au bas de ce document le sceau du chapitre dont voici la description.
Sceau ogival de 45 millim.
Type: La main de S'-Jean Baptiste, patron du diocèse, avec le petit doigt et l'an-
nulaii'e fermés et les trois autres doigts ouverts.
Legende: S • CAPILI . ... I JOHIS MA ■
Sigillum capituli sancii Johannis maurianensis.
Pianelle 111, fig. n° 32.
Ce sceau en ciré jaune pend par des cordons verts.
Le sceau de l'évèque Aimon I est d'un joli aspect. La legende est interrompue
par lo type , cn haut par le clocheton, en bas par une petite console et par les pieds
du personnage. Celui du chapitre est plus gi-ossièrement grave. La main de S'-Jean
Baptiste est devenue l'armoiiie du chapitre.
(1) Besson et Ifl chaiidine Angley, déjà, cités.
(2) Documens - Tomo 11, pag. 108.
(3) Archiv. du Royaume - Prevflté du Montcenis, pag. 1, n" 52.
256 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Aimon I était de la puissante famille des sires de Miolan : il fut évèque de Mau-
rienne de 1273, année où il succèda à Pierre de Guelis, à 1300. Son pere et son
frère ainé portaient le nom d'Anthelme, sa belle-soeur s'appellait Leone. Elle approuve
avec son mari, en 1281 le 11 Juillet, une donation de 10 livres fortes faite au Chapitre
de S'-Jean par l'éreque Aimon (1). En 1285, après quelques contestations avec le
comte de Savoie Philippe I, celui-ci recoiinait que la paroisse d'Argentine appartient
ù, l'évèque Aimon et à ses successeurs. Ce Prélat a fourni des secours au comte Amédée V
pendant ses luttes avec le Dauphin de Vienne; cela resulto des lettres du 14 Mai
1287 par lesquelles ce Prince reconnait que c'est bénévolement et sans y étre obligé
que ces secours lui ont été donnés. Aimon fait encore des donations au Chapitre de
sa cathédrale par acte du 3 Décembre 1297, et entr'autres, il lui donne une somme
de 60 sols de Vienne pour féter la S'-Gontrand, ce qui le fait regarder comme l'ins-
tituteur de cette féte.
En Avril 1299 il donne au prètre Guillaume de Montaimont, son homme d'af-
faires, un pré situé près de S'-Jean. Il mourut le 26 Octobre 1300 et fut enseveli
dans la cathédrale devant l'autel de S"-Thécle (2).
Aimon II de Miolan.
1314.
Sceau ogival de 60 millim.
Tyj^e : Prélat debout, comme sui' le sceau précédent, dans une niche dont le fond
est omé d'un treillage garni de points. Au pilier de droite de l'édicule est appendu
un écu armoirié où Fon voit les bandes des Miolan avec une brisure.
Legende: + • S • AIMONIS NENSIS ■ EPISCOPI .
Cette legende en capitales gothiques présente une lacune, facile à combler du
reste, parceque le sceau est brisé dans sa partie inférieui-e.
Planche III, fig. n" 33.
Ce sceau en ciré rouge sur ciré jaune pend à une bande du velin d'une sen-
tence intervenne sur les différents qui existaient entre le Comte de Savoie et l'évèque
pour la juridiction sur la paroisse de S'-Martin d'Arve, du 2 Juin 1314 (3). Outre
le sceau du Comte et du Prélat, pendait aussi au bas de cette charte colui de l'ar-
chevéque de Tarentaise, Bertrand, dont nous avons donne précédemment le dessin et
la description (4). La cliarte a été rédigée à Chambéri dans la prairie du chàteau.
In prato retro castrum nostri comitis
(f) Académie de Savoie - Documents. Tomo II, pages 117, 121, 130, 146, 152.
(2) Anoley, Hist. du Dioc. de }faunenne. - Pages 159.
(3) Archiv. du Royaume - Province de Maurieiine. - Paquet 4 - S'-.Martin, n" I.
(4) Voyez ci-devant, pag. 16.
PAR A. DUFOUE ET P. KABUT 257
Le sceau d'Aimon II est aussi élégant que celai d'Aimon I, et l'on y voit de
plus les armes du Prélat dans un écu ogiyal. Les Miolan portaient de gueules à trois
handes d'or. Besson dans son armorial manuscrit dit, en parlant de l'écu des Miolan
« Je l'ai vù avec trois pals diminués soit le quart d'iceux soriani du chef de . . . » ;
c'est bien là l'écu de notre Prélat que nous blasonnerons plus volontiers comme suit:
de gueules à trois handes d'or, au chef de . . . charyé de trois pals de . . . Ce chef
chargé de trois pals est assez visible sur notre sceau. C'était une brisure.
Aimon II de Miolan avait fait partie du Chapitre de S'-Jeau arant d'arriver aux
fonctions épiscopales qu'il rempHt de 1308 à 1334, année de sa mort. Son nom et
ses fonctions font presumer qu'il était neveu et filleul d'Aimon I, mais nous n'avons
pas de certitude à cet égard. Dans une douation qu'il fait au Chapitre en 1312, il
parie de sa mère Alaysie et de sa belle sceur Mabilie, veuve de son frère Jean seigneur
des Hurtières (1).
Besson et le chanoine Angley lui consacrent d 'assez longs articles dans lesquels
ils s'efforcent de lui donner un ben ròle dans le célèbre soulèvement des habitans des
Arves contre les exigences féodales du Prélat. Assiégé dans son chàteau d'Arves , il
parvint à s'échapper et se réfugia dans la collegiale d'Aiguebelle d'où il implora la
protection du comte de Savoie Edouard. Il l'obtint, cn partageant avec lui la juri-
diction qu'il exerrait sur les terres de l'évéché. Cette convention a été souvent publiée;
elle porte la date du 2 Février 1327.
Nous avons rencontré, à la date de 1314, un sceau du Chapitre de S'-Jean de
Maurienne pendant par un lac cn parchemin à une pièce en mauvais état, ainsi que
le sceau qui ressemble à celui qui a été décrit ci-devant à la date de 1278 ; aussi nous
ne le reproduisons pas: le suivant do l'année 1344 est mieux conserve et mieux fait.
Le Chapitre de S^-Jean de Maurienne.
1344. 14 Mars.
Sceau ogival de 52 milim.
Type: La main de S'-Jean Baptiste niml)ée sur un fond quadrillé.
Legende: : ■ CAPITVLl • SCTI • lOHIS • BB • DE • MAVRIAN .
Sigillum Capiiuli sancii johannis baptiste de Maurinvn
riancho III, fig. n" 34.
Ce sceau en ciré jaune pend par un doublé cordon de soie rouge à une con-
vention faite entre le comte de Savoie Amédée VI et les Chapitre et Chanoines de
S'-Jean, le 14 Mars 1344, par laquelle ce Prince confirme des concessions faites par ses
prédécesseurs , et reconnait au Chapitre l'omnimode juridiction sur les teiTitoires de
Mont-Béranger, de Villar, Cernon, Cuines, etc. (2).
()) Académie de Savoie - Documeats. - Tome II, page 105.
(2) Archiv. du Royaume - Maurienne - Paquet 1, Cuines n° 3.
Serie II. Tom. XXXIV. 33
258 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Le nimbe qui entoure la main justifie l'opinion par nous emise que cette main
est celle du précurseur dont la cathédrale de S'-Jean possédait trois doigts panni ses
reliques (1). Suivant la legende, S"-Thècle ou S"-Tigre, d'une illustre famille de la
Maurienne, aurait apporté d'Alexandrie d'Egypte dans la cité de Maurienne deux doigts
et le ponce de la main droit de S'-Jean Baptiste, qui fut dès-lors le patron du diocèse,
du Chapitre et de la ville de S'-Jean de Maurienne.
Aimon III de Gerbaix.
1432.
Sceau ogival de 75 millim.
Ty))P : Un édicule de style ogival, compose de deux niches centrales superposées
et de deux niches latérales très-étroites. Dans la plus grande, dont le fond est fleuronné
ou diapré, un S'-Jean-Baptiste debout et nimbé tient dans ses bras un agneau et
une croix ; dans la niche supérieure, le buste de la Vierge tenant l'enfant Jesus ; dans
les deux niches latérales ou voit deux anges debout avec les ailes élevées. Au bas du
sceau , le Prélat agenouillé et mitre tient une crosse et lève la téte vers les Saints.
Il est, lui aussi, dans une niche de chaque coté de laquelle sont pendus deux écus
aux ai-mes du Prélat, les armes des Gerbaix ù'aziir à un chef d'argent chargé de 3
étoilcs de gticules, brisees d'une bordure dentelee.
Legende: en gothique cursive
Sitjillum (petite croix recroisetée) aiiiiou' ^^i Cirt fpi mnurianfa
[^lanche 111, fìg. ii" 35,
Ce joli sceau est en ciré jaune et renfermé dans une boite de mème forme en
tòle bianche. 11 pcnd par un doublé cordon de soie verte à la transaction entro le Due
de Savoie, rArchevè(iue de Tarentaise et les Évèques de Maurienne, Belley et Aoste
à l' occasion de l'exercice de Icur juridiction respective. Cette charte du 1 0 Janvier
1432 a été publiée par Besson (2).
Aimon de Gerbaix était un des enfans du trésorier general de Savoie. C'était
un homme instruit , il avait étudié le droit et pris ses grades et avait été prevót de
la cathédrale d'Aoste avant son élévation à l'épiscopat. Il fut évèque de 1426 à 1432.
Après lui, son frère Urbain, fut élu par le Chapitre pendant le confiit ontre le
pape Eugène IV et le concile de Bùie: mais il ne se prévalut pas de son clection ,
et LI ne compte pas parmi les évéques , n'ayant pas vu cette élection confirmée : il
resta chanoine et doyen d'Anncci.
(1) y. Mireaux de la SM -Chapelle et de l'^glise de Belley par F. Rabut, pa?. 7.
(2) Métnoires ecdésiastiques - l'rouvcs, ii° 99.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 259
Pierre de Lambert.
1567-1591.
Sceau OTale de 36 millim.
Type: armes de la famille Lambert dans un cartouche surmonté d'une eresse
et d'une mitre.
Legende: en caractères romain^ majuscules.
PETR • DE • LAMBERT • EPIS • ET • PRINC • MAVRIENEN
PlaQche III, fig. n- 36.
Nous reproduisons ce petit sceau d'après un recueil assez rare qui contient un
certain nomljre de sceaux des rois de France, beaucoup de sceaux bourguignons et quel^
ques sceaux de diverses provinces fran^aises: Il est intìtulé: Recueil des sceaux du
moyen àge ditz sceaux gotìiiques; Paris chez Antoine Boudet, 1779, in-4°, contenant
15 pages de texte, un frontispice grave et 30 planches. Les frais de cette publication
ont été faits par un M' de Mìgieux d'une famille répandue en Savoie et en Bour-
gogne: l'auteur du texte est l'abbó Boullemier.
Les armes de la famille Lambert sont : d'argent au pai d'azur chargc d'une
croix d'or angìc'e de 4 rayons à trois pointes de méme. Sur notre sceau, les rayons
n'ont qu'une pointe: c'est une abriViation du graveur.
Pierre de Lambei't est né à Chambéri au commencement du 16° siede de Philibert
de Lambert clavaire de la Chambre des comptes de Savoie et de Philippine Lottier.
Il se destina a la carrière ecclésiastique. Cbanoine de Genève lors de la revolution
de 1535, il se réfugia à Anneci avec l'évèque Pierre de la Beaume, puis à Chambéri
où il fut fait arcliidiacre et doyen de la S'' - Chapelle.
Évéque de Maurienne en Novembre 1567, il exer^a ccs fouctions pendant 24 ans
avèc zèle et mourut le 16 Mai 1591, en laissant de nombreuses traces de son passage,
entr'autres le collège Lambertin fonde par lui a S'-Jean de Maurienne, son tombeau
en marbré , qu'on volt encore dans le cbceur de la cathédrale , les boiseries de ce
chojur, etc. Aux nombreux détails que donne sur ce Prélat le cbanoine Angley. nous
ajouterons seulement, d'après les documens que nous avons trouvés: qu'il fut chargé
en 1560 par le due Emmanuel Pliilibort de porter 300 écus d'or au S' Lambert de
la Croix, ambassadeur du prince en Suisse (1); qu'en 1569 le Due, qui avait recouvré
les baillages de Ternier, Gex et Gaillard, ordouna que les revenus du prieuré de Pré-
vissin, situé au baillage de Gex fussent restitués à Pierre de Lambert, corame dépen-
dance du doyennó de la S'-Cliapelle de Chambéri (2).
En 1572, le mème prince ordonne de payer à l'évèque P. de Lambert dès le
l" Janvier 1573, et pendant 5 ans, la somme de 600 livres en considération des frais
(lì Archiv. de la Chambre - Arrèts - Voi. 1, pag. 140.
(2) Archiv. de la Chambre - Lettres-pateates - Voi. 7, page 64.
260 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIOIEUX
qu'il supporto cn reccvant dans son palais épiscopal, à leur passage, le due, sa cour
et d'autres serviteurs du prince ou des étrangers (1).
Il transigea en 1573 ayec les seigneurs du Conseil de Berne, relativement à
l'abbaye de Payeme et au Prieuré de Collombier , que notre évéque avait possedè .
comme doyen de la S""- Cliapcllo, pour une somme de 3000 écus d'or.
Enfin le due Emmanuel l'hilibert ayant touché cette somme , vendit et alièna
à l'évèque de Maurienne les émolumens du greffe d'Aiguebelle par lettres-patentes
du 14 Décerabre 1575 (2).
Hercule Berzetti.
1G58- 1(38G.
Sceau ogival de 39 millim.
Ti/pp: Amics du Prélat dans un écu.surmonté d"une couronne ducale et entouré
de chapeau et houppes épiscopales.
Legende: + HERCVL BERZETVS EPVS MAVR ET PRINCEPS.
Outre les deux filets qui limitent la legende ; un cordon de fleurons borde le sceau.
Planche III, fig. n" 37.
Notre dessin à été fait sur une empreinte que nous a donnée, il y a quelques
années , le cbanoino Albrieux , alors cbancelier de l'évccbé , qui possédait la matrice
en cuivre de ce sceau.
Les armes d' H." Berzetti étoient: Coupé de sulle et d'argent au hon de l'un
en l'autre lamjmsse' de gueules.
Hercule Berzetti «lui prcnait les titres de patrice et sénateur de Rome avait eté
Prélat domesti(iue du pape Alexandre VII et assistant au tróne pontificai. Il fnt nommé
évèque en 1658 et mourut le 4 Mars 1686, après un épiscopat de 28 ans.
TI préta serraent pour les fiefsjde l'évèché, il Turin le 8 Aoùt 1658, mais il
refusa de prèter serment à S'-Jean de Maurienne de maintenir et défendre les immu-
nités de son égUse, comme l'avaient fait ses prédécesseurs.
Une tradition rapporto «lu'il avait été militairc avant d'entrer dans les ordres.
Fran90is Hyacinthe Valperga de Masin.
I(i87 -1736.
Sceau ovale de 57 millim.
Ti/pr : Armes de la famillo des seigneurs de Valpergue, comtes de Masin. dans
un cartouclie surmonté d'une coiuonnc ducale, de la miti-e, de la crosse et du chapeau
avec liouppes d'archévéque.
Legende :
+ FRANC ^ HYAC •& DE -Si MASIN * EPVS fg» ET «> PRINC ^ MAVR
(1) Archic. de la Chambre - l'atont. de Savoie - Voi. 7, pag. 6-1.
(2) Id. id. » lU » 220.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 261
Tous les mots de cette legende sont séparés par des fleurs à 6 pétales qui rem-
placent les points : un gros cordon fleuronné enveloppe le tout.
Planche IV, fig. n" 38.
Dessiné d'après une empreinte de notre collection prise sur la matrice en cuivre.
La famille piémontaise de Valpergue portait: Fasce d'or et de gueules de six
pièces à la lìlante de chanvre nrrachée de sinopie brochant sur le tout. Besson dit
avoir tu: la piante de chanvre de trois branches de sinopie feuilUe d'argent.
Francois Hyacinthe de Valpergue appartenait à une des plus illustres familles du
Piémont : Il était fils de Francois Louis comte de Masin et de Fran^oise Marie Chris-
tine de Simiane fille du marquis de Pianezza.
Il fit des études de théologie à Paris où il prit le grade de docteur: TI re?ut
de Louis XIV l'abbaye de S'- Pierre de Chàlon. Kentré en Piémont , il fut nommé
aumònier de la Kégente S. A. R. Jeanne Baptiste de Savoie-Nemours qui administrait
pour son fils Victor Amedée II. Il fut appelé à l'évéché de S-Jean de Maurienne
en 1687, prcta sermcnt a rf. A. R. pour les biens et fiefs de l'évèclié le 8 Septembre
1687, et le mois suivant prit possession de son siége qu'il occupa pendant près de
50 ans, jusqu'à sa mort arrivée le 7 Septembre 1736. Il avait fait rebatir en 1694
le cbàteau d'Aiton où il aimait à séjoumer volontiers.
Par son testament qu'il avait fait quelques jours seulement avant sa mort , il
légue divcrscs sommes à son église et à son cliapitre. Son oraison funebre prononcée
par le P. Castagneri de Chàteauneuf, préfet du couvent des jésuites de Chambéri, a
été imprimée à Lyon en 1736 chez Henry Declaustre.
Mgr. de Valpergue se servait pour les actes courans de son évéché (coUation de
grades, etc. ) d'un petit sceau tout à fait semblable pour le type à celui que nous
venons de décrii-e, mais sans legende. Nous avons vu plusieurs de ces actes datés du
prieuré d'Aiton et suiinonté des armes. gravées sur bois, du Prélat, mais alors avec
des houppes d'évèque.
Ignace Dominique Grisella de Rosignan.
1741 - 1746.
Sceau ovale de 47 millim.
Typc : Ai'mes du Prélat dans uu cartouche derrière lequel passent, en sautoir, une
eresse et une épée qui soutient une mitre. Au dessus du cartouche , une couronne
ducale: au dessous, pend une médaille représentant l'Annonciation ; chapeau et houppe
d'évèque.
Legende: ICNAT • GRISELLA EX MAR • ROS • EPISCOPVS ■ MAVRIANENSIS
ET PRINCEPS.
Planche IV, fig. n° 39.
Ce sceau se trouve plaqué au bas de patentes qui nomment l'avocat Jean Domi-
nique Guy d'Ai've jugo de toutes les terres de l'évéché de Maurienne, sous date du
262 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEDX
20 Juin 1756 (1). Les armes des Grisella marquis de Kosignan sont: d'argent au
chàtean d'or entouré de deux hranches de groseilìcr de sinopie qui sont pnssérs
en saxdoir en pointe. La figure de rAiiuonciation au bas de l'écu rappelle que le
Prélat était membre de l'Ordre de l'Annonciade , dont il a été chancelier.
Mgr. de Kosignan fut nommé évèque par le roi de Sardaigne , au mois de
Mars 1741, après une vacance du siége de 5 ans. Son ministère fut troublé par
l'occupation espagnole de 1742 a 1748. En 174!>, il commenda ses visites pastorales.
Il eut beaucoup de tracas avec son chapitre et mourut d'une attaque d'apoplexie le
22 Septembre 1756.
Charles Filippa de Martiniana.
1757-1779.
Sceau ovale de 50 niillim.
Type: Armes du Prélat: Echiqueté d'or et de sable dans un caiiouche surmonté
d'une couronne ducale, de la mitre et de la crosse passées en sautoir, avec une épée dont
la garde apparait au bas du cartouche à scnestre. Chapeau et houppes d'archevèque.
Legende: ^ CAR • FILIPPA • EX • COMIT • MARTINIANE • EPISC •
MAVRIANENSIS • ET- PRINC
Pianelle IV, fig. n" ^0
Ce sceau se trouve au bas d'un acte de mise en possession de la prévoté de
N. D. du Mont-Cenis pour l'abbé Victor Amé Petitti de Koret, abbé de Sixt. né à
Chambéri, mais originaire de Clierasco, présente par le Eoi. Cet acte est du 31 Juillet
1773 (2).
Mgr. Filippa fut nommé évèque de Maurienne par le roi Charles Emmanuel HI
le 25 Mai 1757: Cette nomination fut approuvée par le Pape et le Prélat prit
possession de son siége le 21 Aoùt; il fit rebàtir presque en entier son palais épis-
copal dans le gout italieii et entr'autres la fagade , le grand escalier et la grande
salle qui le suit et où sont peintes les armes de l'évéque.
Il fut le dernier des évèques de S'-Jean à prendre le ti tre de prince de Mau-
rienne. En 1768, le 9 Février, il cèda au roi tout ce qui lui restait de juridiction
temporelle sur la ville et dans d'autres paroisses ; et il reQut, en écliange , pour lui
et ses successeurs une pension annuelle de 2000 livres et le titre de prince d'Aigue-
belle, qu'ont porte jusqu'à nos jours les évèques de Maurienne.
Charles Joseph Filippa de Martiniana regut de Victor Amédée III la riche abbaye
de Casanova et peu après fut nommé Cardinal par Pie VI au mois de Juin 1778.
L'année suivante, il fut transféré à l'évèchó de Verceil au mois de Juillet et remplacó
à S-Jean de Maurienne par Charles Josepli de Brichanteau.
Le Cardinal de Martiniana assista au conclave de 1800 où il eut quelques voix
pour la papauté et mourut le 7 Décembre 1802.
(1) Archw. de V Economat gt'nr'rnl à Turin.
(2) Ibidem - Prev^itó du Montcenis.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 263
B. ÉTÉQUES DE GENÈVE ET D'ANNECI
Aymon de Grandson.
1251.
Sceau ogival de 56 millim. avec contresceau ogival de 42 millim.
Type : Le Prélat debout, mitre, avec la chasuble et le pallium, bénissant de la
main droite et tenant de la gauche une crossa tournée en dedans.
Legende : en capitales gotbiques :
.... AVmONIS G€BeN . . . €CCLeSie €PI
Sigillum Aimonis gebennensis ecclesie episcopi.
Au revers est empreint un contrescel, de mème forme, mais plus petit. Le type
en est semblable, sauf que le Prélat, au lieu de tenir la eresse droite, à coté de lui,
la tient inclinée et appuyée sur son épaule.
Legende: .... A^TllONlS • GeB€NN • GPI
Plancbo IV, fig. n" 41 et 42.
Ce joli sceau en ciré noiràtre pend par une bande du parchemin à l'acte de
donation faite par Aimon de Faucigny à Pierre de Savoie, à l'occasion du mariage
de ce seigiieur avec sa fille Agnès. Cette cbarte, corroborée par les sceaux des témoins
Aimon 11 de Grandson évéque de Genève et PieiTe évèque d'Herfort, est du 20 Aoùt
1251 (1).
Le plus ancien évèque de Genève dont l'existence soit constatée, vivait au milieu
du V^ siècle: c'était Tévéque Isaac (2). Avec ce point de départ, Aimon de Grandson
serait le 08" Prélat de ce siége épiscopal qu'il occupa de 1215 à 1260, très-longtems
comme l'on voit. 11 fut le deriiier évéque de Genève élu par le peuple et le clergé. Ses
successeurs furent , en conformité d'une décision du concile de Latran , élus par le
chapitre seul, en attendant que les Papes s'attribuent le droit de nomination.
L'ancienne famille hélvétique de Grandson portait les armes suivantes : Palle
d'argcnt et d'azwr de 6 picces à la bande de gaeales brochant sur le tout et chargé
de trois coqiiilles d'or, avec la devise à petite cloche grand son. Guicbenon, dans
l'histoire de la Eresse, dit que les coquilles sont de sable.
(1) Archiv. du Royaume - Mariages - Paquet 2, n. 2. — Nous donnerons plus loin le sceau de
l'éyèquo d'Rrford, parrai ceux des évèques étrangers. Cette charte a été publiée par Guichenon et aussi
dans les Monumenta hisl. patr.
(2) Regeste genevois, pag. 478.
264 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX EELIGIEUX
Aimon (le Grandsou était fils d'Ebal seigneor de Grandson et de la Sarraz. Il
était sous diacre à Lausanne en 1210 et chantre du Chapitre de la méme ville en
1212: Il résigna ses fonctions d'évéque en 12G0 et mourut deux ans après. C'était
un homme de talent, un peu mondain, souvent en querelle ayec ses chanoines et avec
le comtes de Genève. Dix ans après son avénement à l'épiscopat, il y eut des plaintes
contre lui et une enquéte fut ordonnée par le Pape. Elle existe aux archives de Genève
et ne lui impute aucun méfait grave , mais un peu de négligence dans ses fonctions
))astorales (1).
En 1219, l'archevèque de Vienne règia , comme arbitre , une discussion entre
Aimon de Grandson et Guillaume comte de Genève , relativement à leurs droits et
juridictions respectifs dans Genève: Ce fut naturellement en faveur de l'évèque. L'a-
nalyse de ce traité a été donnea en note dans l'édition de l'histoire de Genève de
Spon, augmentée (2).
Aimon III de Menthonay.
12(58 et 127:1
Sceau ogival de 50 milUm.
Type : L'évèque debout avec la mitre, la chasuble et le manipule, bénissant de
la maiu droite et tenant de la gauche une crosse tournée en dehors.
Legende. En capitales gothiques:
+ S • FRIS HÀYMOIMIS €PI CeBCN.
sigiìlum fratris haymonis episcopi gebennensis.
Planche IV, fig. n" i3.
Ce sceau en ciré noii-e pend par une doublé bande du parchemin dont l'une sort
au bas et l'autre au coté du sceau, au vidimus d'une donation faite par Hugon comte
palatin de Bourgogne à sa femme Alix qui fut plus tard l'épouse du comte Philippe 1
de Savoie. L'évèque de Genève et l'archevèque de Tarentaise, Kodolphe, ont mis leur
sceau au bas de cotte charte, qui est du mois de Janvier 1268. La donation de Hugon
de Bourgogne est du l"' Aoùt 1266 (3).
Nous avons aussi trouvé ce sceau au bas d'un acte du méme Prélat de lannée
1273 par lequel il donne acte de la présentatiou qui lui a été faite du testament
de Hugues de Confignon chevalier et vidomne de Genève par son fils Vauthier (4).
U manque à ce second exemplaire de notre sceau la partie inférieure, mais le haut,
mieux conserve, nous a permis de mettre au commencement de la legende la petite
croix qui y figure. Le nom du Prélat que nous avons vu sur le sceau et le contre-
(1) LuLLiN ut Lekort - liegeste genevois.
(2) Genève - Fabri et Barillol, 1730, in-4'' - Tom. 1, pag. 51.
(3) Archio. du Royaume - iMariages - Paquet 2, n° 7.
(4) Archives parlicuUì-res. - Comrauniquées par le chev. Baudi di Vesme.
PAR A. DrFOUK ET F. EABUT 2(35
sceau d'Aimon II, écrit de deux fa^ons ; Aymo et Aimo, se présente ici sous une 3" forme :
Haymo. Le mot fratris nous apprend qu'Aimon III avait été religieux régulier: Besson
dit en effet qu'il fut chanoine régulier de Sixt en Faucigny. Faisons encore remarquer
sur son sceau, que la eresse est tournée en dehors comme symbole de pouvoir tem-
porel que ses successeurs ont toujours continue à constatar par le mème signe.
Aimon III, élu par le Cliapitre de la cathédrale de Genève fut évèque de 1268
à 1275, année oìi il mourut subitement à Hautecombe le 26 Novembre. Comme les
évéques de ce temps , il mit son sceau à plusieui's chartes émanées des puissants de
l'epoque et s'occupa beaucoup d'augmenter les propriétés de l'évèché dans les terri-
toires de Jussy, de Salaz et ailleurs.
Robert II de Genève.
1285.
Sceau ogival de 60 millim.
Type : Le Prélat debout sur une console avec mitre, chappe et manipule, bénit.
et tient la eresse tournée en dehors.
Legende. En capitales gotliiques :
.... ROB€RTI ■ D€l • ORA ■ €PI ■ C€B€N€N. .
Sigillum lioherti Dei (/ratta Einscoiìi Gebennensis.
Planche IV, fig. n" H.
Sceau en cii-e jauno pendant par une bande du velin au bas d'un ordre donne
par l'Évéque à sa ville de Genève d'observer le traité de paix passe entre lui et le
Comte de Savoie, donne à Genève le lendemain de la S'- Michel, soit le 30 Septembre
1285. Le traité est de la veille, du 29 Septembre (1). Ces deux pièces ont été
éditées dans le tome VIII des Mdmoires et documents puhliés par la Société d'his-
toire et d'arcliéologie de Genève.
Kobert II était fils de Guillaume II comte de Genevois et d'Alix de la Tour.
Trois de ses frères ont été évéques comme lui ; Amédée évèque de Die , dont nous
donnerons le sceau plus loin ; Aimon évèque de Viviers et Guy évèque de Langres.
Les auteurs varient sur la date de son avénement à, l'épiscopat de Genève: Besson
le trouve Évèque en 1277, mais MM. Lullin et Lefort croient qu'il fùt élu par le
Chapitre vers la fin de l'année 1275 (2); car il fit une visite pastorale en 1276.
Ce fut un Prélat très-dévoué aux intérèts de l'église et zélé réformateur des abus dans
son diocèse. Il exerga son ministèro jusqu'en 1287, année où il moui'ut le 14 Janvier.
Son épiscopat fut assez agite. Il eut des démélés avec le comte de Savoie Amédée V,
à propos de la juridiction sur Genève , et U se trouva mèle aux querelles entre les
(Ij Archiv. du Royaume - Genève, l«re catég." - Paquet 4, n." 6 et 7.
(2) Régeste genevois.
Serie II. To.m. XXXIV 34
2G6 SIGILLOGRAPHIE UE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX
princes apanagés dans son diocèse, le prince Louis de Savoie et son frère Amédée V,
et aui hostilités entre les Maisons de Faucigny, de Savoie et du Dauphiné.
Les armes des Comtes de Genevois étaient : Équipoìé d'or et d'azur, ou mieux
d'or à quatre points équipoles d'azur.
Guillaume de Conflans.
1290.
Sceau ogival de 65 millim.
Type: L'Évèque debout avec mitre, chasuble et manipule, bénit de la droite et
tient sa crosso de la main gauche. Dans le champ, une étoile à sLs rais à droite du
Prélat et un croissant à gauche (1).
Legende. En capitales gothiques:
.... GVLLern. . . • PISCOPI • GeB€N€NSlS
Planche IV, fig. ii" 45.
Ce sceau en ciré jaune pend par une doublé bande de velin dont l'une sort par
le bas du sceau et l'autre par le coté, à un compromis passe à. Asti le 19 Septembre
1290 entre le Comte de Savoie et l'Évèque de Genève au sujet du chàteau de l'Ile (2).
Le sceau de révé(iue de Belley. Pierre, avait aussi été mis au bas de cette charte.
Guillaume de Conflans succèda à Kobert II en 1287, et son épiscopat finit en
1295. Il était, d'après Besson, de la famille de Duing étabUe à Conflans, au confluent
de l'Arly et de l'Isère, oìi notre Prélat serait né. Besson nous apprend aussi qu"il avait
été chanoine de Lyon. Ce fut un pasteui- zélé pour l'église qui lui était confiée.
A peine sur le siége de Genève, il entre en lutto avec le Comte de Savoie qui
avait pris possession du chàteau de l'Ile ; il lance l'interdit sur les ten-es d'Amédée VII
(lui en appello à Rome. Le débat se termine par le traité au bas duquel pend le
sceau que nous publions et par lequel le Comte reste en possession du vidomnat de
Genève ; l'Évèque garde les propriétés des pécheries et des péages et la question du
chàteau est renvoyée à un arbitrage. Le Comte continua à l'occuper. En méme temps
les habitans de Genève s'érigent en commune sous la protection de la Maison de
Savoie.
Guillaume de Conflans mit son sceau à la fondation de la chartreuse de Mélau
dont l'acte a été publié par Besson (1292). Il mourut le 2 Mars d'après l'obituaire
manuscrit de Sixt et l'on ne trouve que le 2 Mars 1295 entre la dernière charte
émanée de Guillaume, le 7 Mars 1294 et la première de son successeui- qui est du
10 Juillet 1295 (3). Besson s'est donc trompé en faisant mouiir Guillaume en 1294:
mais son erreur est facile à comprendi'e.
(1) V. ce que nous avons dit précéJemment à propos de ces deus objets, pag. lo.
(2) Afch:r>. du Rotjaume - Genèv», 1"» catég» - l'aquet 4, ii" 24.
Cot acte, dont un uo iblu oxista aux Archives de Genève, a été publié dans les Mémoires de la
Sociétd d'Uist. et dWrch. de alle ville, Tom. 1, p. 55, 2« partio.
(3) LuLLiN et Lefokt - lìej'stc genevois, pag. XO.
PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 267
Le tribunal de l'Officialité de l'Évéché de Genève.
1290.
Sceau rond de 36 millim. avec contresceau de méme forme de 25 millim.
Type: Buste d'Évéque mitre, de profil toumé à gauche, devant lui une crosse-
toui'née en dehors.
Legende: + S • CVRIE • GEBEN ■ EPISCOPI •
Sigillum curie gebennensis episcopi.
Contrescel: Le type du contrescel est le mème ; seulement plus petit: la legende est:
Hh S • CVRIE GEBENNENSIS • AD • CAS-
Sigillum curie gebennensis ad causas.
Planche IV, fig. n»» 46 et 47.
Ce sceau en ciré noiràtre pend par un doublé cordon de soie verte et jaune.
L'un des cordons sort au bas du sceau et l'autre par le coté. Ce sceau du tribunal
du seigneur P:véque de Genève est celui dout se servait le juge ou officiai diocésain.
Nous l'avons trouvé au bas d'une charte de 1290 par laquelle une donation faite à
l'abbaye de Filly est authentiquée nu con-oborée par ce fonctionnairé qui y a fait
mettre le sceau de la cour de justice de l'Évèque et, en contre-sceau, le sceau affecté
plus spécialement aux actes judiciaires, aux procès, ari causns (1).
L'abbaye de Filly, en Chablais, était une maison de chanoines réguliers de
S'-Augustin: Nous donnerons plus loin le sceau dun de ces abbés.
Martin de S'-6ermain.
1301.
Sceau ogival de 60 millim.
Type : Le Prélat, assis sui- un siége orné de deiuc tètes danimaux, bénit de la
main droite et tient la crosse de la main gauche. Sous ses pieds une console de style
ogival.
Legende. En capitales gothiques entre deux cordons:
.... MARTINI -GRATIA D6I 6PI G€BeNN6NSIS-
Planche IV, fig. n° 48.
Ce joli sceau, dont le type et la legende sont d'un excellent dessin, est en ciré
noiràtre et pend par une bande de velin à la charte inèdite suivante :
(!) Archiv. da Roìjaume - .\bbave de Filly - Une pièce analogue et de la mème année où figure
le mòme prieur de Filly, Martin, a été piibliée dans les Mémoires de la Soc. d'Hist. et d'Archéol. de
Genève, Tome XIV, pag. 222.
268 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEUX
Nos Martinus diuina miseratione episcopus gehennensis. Notum facimus tmi-
uersis presentes litteras inspecturis quod nos liabuimus et recepinms centiim lihhras
(/chennensps a Bartliolomeo Barrali de Secusia vicedogno gebennensi prò illustri
viro domino Amedeo Cornile Sabaudiae de quadam comj}ositione fucta inter nos et
dominum Comitem ex vna parte et dominum Nycholaum de sancto Germano legum
professorem ex altera vice et nomine Guillelmi prouincialis ciuis gehennensis eo
quod dictus GuiUelmus inculpahatnr usiis fiiisse de falsis monotis quictantes et
uhsohtentes predictim dominum Comitem et predictum Bartìwìomeiim vicedognnm
unum et de dictis centum libris datiim die sahhati ante purificationem beate Marie
Virginis cum appositione sigilli nostri anno domini M" CCC primo (1).
L'évèque Martin était d'une famille du Bugey , établie à Genève au 1 3*^ siècle. Il
était déjà prétre en 12G5 et chanoine de Genève en 1273. Il succèda à Guillaume de
Conflans eu 1295 et son épiscopat dui'a jusqu'en 1303. Il était plus favorable à la
Maison de Savoie que son prédécesseur. Il s'occupa beaucoup de la fabrication de ses
monnoies qu'il voulut étre de bon aloi et dont il confia la fabrication à Benjamin
Thomas banquier d'Asti en 1300. Il fonda dans sa cathédrale une chapelle dédiée il
son patron S'- Martin (2).
Guichenon donne comma suit les armes de la famille de S'-Germain dans son
armorial de Eresse et Bugey: d'or à une fasce de gueules, et pour cimier un dextro-
chère arme tenant une épée haute.
Aimon de Quart.
1305, 1308.
Sceau ogival de 60 millim.
Type : Le Prélat debout et bénissant, dans une niche de style ogival. Dans le
champ du sceau, entre la niche et la legende, un treillage avec de petites fleurs dans
chaque carré.
Legende: S • AYfn ..... D€ EPISCOPI ■ CeB6N
Planche IV, fig. n° 49.
Sceau de ciré jaune pendant à un doublé cordon de soie rouge qui se séparé à
l'intérieur et sont de deux còtés au bas du sceau. Nous avons trouvé ce sceau au bas
de trois pièces, sans pouvoir compléter la legende : aussi ne pouvons-nous dire si les
lettres de sont le commencement de la formule DEI GKATIA, ce qui est probable,
ou de l'indication de la famille DE QUAliTO.
La première pièce ou diarte est le compromis passe à Lyon le 15 Janvier 1305,
entre l'Évèque et le Comte de Savoie, par lequel ils nomment dcs arbitres pour
{I) Archiv. du Royuume - Genève, l'"'''' catég" - Paquet 5, n" 7.
;2' Mém. Soc. Genève - Tome II, p. 149, et tome VII, p. 44 et 83.
Voir encore Bb3son - Lefort et Ll'i.lin.
PAR A. DUFOUK ET F. RABUT 269
terminer leurs différents et entr'autres Ambiarci d'Entremont évéque de Maurienne (1).
La seconde est la sentence arbitrale prononcée le 4 AttìI 1308 entre l'Evèque et
Louis II de Savoie seigneur de Vaud sur les différents qu'ils avaient relativement au
cours de leur monnaie (2).
Aimon de Quart d'une famille illustre de la Vallèe d'Aoste avait été prévòt de
l'église de Lausanne. Il fut élu évèque le 28 Féviier de l'année 1304 ; mais il ne
fut sacre que le 5 Octobre de la méme année, et ce fut en grande pompe. Il mourut
le 13 Octobre 1311 à Ivrée d'une maladie qui l'avait atteint à Brescia où il avait
accompagné, en qualité de secrétaii'e, l'empereur Henri VII de Luxembourg qui allait
faire valoir ses prétentions sur l'Italie. Il avait assistè au concile de Vienne en Dau-
phinè tenu à la sollicitation du roi Pbilippe IV par le pape Clément V.
Son épiscopat avait été très-agité par les luttes qui eurent lieu dans les pays
voisins entre le Comte de Savoie d'un coté et les Comtes de Genevois, les Sires de
Faucigny et le Dauphin de l'auti-c, et par les débats qu'il eut à soutenir pour dé-
fendre ses prérogatives , droits cu prétentions contre les seigneurs laics et contre les
citoyens de Genève (3).
Pierre II de Faucigny.
1312 - 1316 - 1319 - 1329.
Sceau ogival de 67 millim.
Tyjte : Dans une belle et l.irge nicbe de style ogival, surmonté d'un clocbeton,
l'Évèque debout, mitre, vètu de la chasuble et du pallium bénit de la main droite,
tient de la gauche la crosse tournée en dehors et foule aux pieds un dragon.
Legende: S • PETRI ■ 061 • GRATIA • 6PISCOPI ■ CeBeNNCNSIS •
Planche IV, fig. n» 30.
Au revers du sceau est empreint un contresceau ciixulaire de 28 mill. dont le
type est un bras vètu , qui tient une crosse avec la legende en capitales gothiques
comme pour le sceau, et entre deux filets.
+ SÉCRCTV • P€TRI • €PI • G€B6NeN.
Plaucho IV, fig. n" 51.
Nous avons trouvé plusieurs fois ce sceau aux arcbives du royaume ce qui nous
a permis d'en donner un dessin assez complet et la legende entière, les exemplaires
se complètant les uns les autres, malgré leurs lacunes.
(1) Archiv. du Royaume - Genève - 1*"= Catég» - Paquet 5, n" 8. - Cet acte a étó publié dana
les Mémoires de la Soc. d'iiist. de Genève, Tom. IX, pag. 239.
(2) Ibidem - N" 1 1 et aux Archio. de Genève - Publié par Spon et par la Soc. d'hist. de Genève,
Tome IX, pag. 160.
(3) V. Besson, Blavignac - Mallet - Lefokt et Lullin - Spon, etc.
270 SIGILLOGKAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAVX RELiniEUX
11 pend par un cordon de soie à une transaction intervenne le vendredi après
l'Ascension de l'an 1310 entre le Chapitre et le Comte Guillaume de Genève et à
laquelle le Prélat a été prie de mettre son sceau pour la corroborer (1). Il pend
aussi par une bande du parchemin à un vidimus de lettres par lesquelles le Dauphin,
le comte Édouard de Savoie et le Seigneur de Beaujeu se portent cautions envers dame
Agnès de Chalon qui a prie le Prélat de mettre son sceau à cette transcription. Ce
vidimus est date de Chaumont le mardi après Pàques de l'année 1312 (2). Le mot
secret uni, «lue nous rencontrons ici pour la première fois, figure souvent dans les con-
tresceaux. Le di-agon sous les pieds de l'Évéque représent« les ennemis du Prélat, ceux
qui iiiinoient ses priviléges, ou les hérétiques.
Pendant les (juerelles qui ont suivi la démolition de la maison-forte de Genève
■par les gens du Corate de Savoie , il est intervenu un certain nombre d"actes litigieux
que l'évèque Pierre de Faucigny a fait authentiquer avec son sceau ad cattsas, employé
ordinairement dans les affaires judiciaires: voici la description dece joli petit sceau.
Sceau ogival de 45 millim.
Tyi)e : le Prélat debout. sur une console, bénissant et tonant la crosse. Dans
le clianip, il droite, une clef posée en pai.
Legende: P€TRI • 061 • ORA ■ €P SIS- AD • CAVSAS ■
Sigilhtm Fefri Dei grafia episcopi gehennensis ad caiisas.
Planche IV, fig. n° 52.
Sceau de ciré jaune pendant par une doublé bande ilu velin à une quittance
de Pierre II au comte Édouard de l'iudemnité payée pour la démolitiou de la maison-
forte, du 9 Janvier 1319 (3). Nous l'avons aussi vu au bas d'une procuration du
G Janvier 1329 passée par le Prélat à son frère Jaques de Faucigny prévòt du Cha-
pitre de Genève pour transiger avec le Comte de Savoie, encore relativement à cette
affaire de la maison-forte (4).
La petite clef qui figure à coté de TÉvèque rappelle le patron du diocèse,
S'-PieiTe, dout deux clefs sont l'attribut; mais, étant seule, elle pourrait bien étre
un témoignage du droit que l'Évèque de Genève avait de posseder une prison episcopale ;
elle serait alors le signe de sa liaute juridiction criminelle.
Pierre de Faucigny fut élu le 4 Décembre 1311 et moui-ut le 28 Mars 1342.
après un long épiscopat de 31 ans. Il avait été prévòt de la catliédrale de Genève,
fonctions qui passèrent ensuite à son frère .Jaques. Le fait k- plus saillant qui se soit
produit pendant que Pierre II était évéque de Genève est la démolition par les gens
du Comte de Savoie du chàteau que Guillaume III comte de Genève possédait dans
cette ville à l'entrée du bourg de Four et quii avait cède au Prélat. Le comte
Édouard fut excommunié et l'interdit lancée contre Genève par l'Évèque qui s'était
(1) Archic. du Royaume - Genève - 4»«<« Catóg» - Paquet 1, n" 10; et i*« Catég* - Paquet 5, n» \<J.
(2) Ibid. Duché Gonevois - Paquet 3, n" 24.
(3) Ibid. GenBve - )*" Catég«. - Paquet .5. n° 17.
(4) lliid. III. .. ■■ 6, .. 13.
PAR A. DUFOIR ET F. RABUT 271
retiré dans son cliàteau de Tlay (1). Pien-e II fit constmire un hòpital pour les
femmes atteintes par la peste ; cette maison fut ensuite donnea aux religieuses de
S'^'-Claire.
Il fut créé par le Dauphin de Vienne, qui était co-seigneur de Faucigny, premier
conseiller poui- le baiUage de ce noni. Besson a publié un acte du premier Octobre
1335 par lequel ce Prélat cédait au Dauphin de Vienne la suzeraineté de plusieurs
terres et cliàteaux pour lesquels le Comte de Genève lui devait et lui refusait l'hom-
mage (2).
Alamand de S'-Jéoire.
134G.
Sceau ogival de 55 millim.
Typc : S'-Pierre debout, nimbé et tenant une clef et un livre, dans une niche
de style ogiyal dont le fond est quadrillé. Au dessous, sous une arcature à plein
cintre, le Prélat agenouillé , mitre et les mains jointes , la tète levée vers le patron
du diocèse.
Legende. En gotliiciuo majuscule :
.... LAMAmDI DC SAJTO IORIO D€l GRATIA epl GeBCNCN .
SigiUmn Alamandi de ÌSancio Jorio Dei grutia Episcopi gehennensis.
Planche V, fig. n" 53.
Ce sceau en ciré noire pend par une bande du volin A. un compromis du 1 9 Mai
1346 entre le comte Amédée de Savoie, assistè de Louis de Savoie et d'Amédée de
Genève ses tuteurs et l'évéque Alamand sur des diflférents relatifs à la juridiction dans
la ville de Genève (3).
Alamand. d'une ancienne famille du Faucigny éteinte depuis longtemps, fut sacre
Evéque , suivant les uns en 1342, suivant d'autres en 1343 par l'arclievéque de
Vienne Bertrand et mourut en 1366.
Ce fut pendant son épiscopat quo l'empereur Charles IV passa par la Savoie
pour se rendre auprès du Pape à Avignon et donna au corate Amédée VI à Cham-
béri, le 22 Mai 1365, le titre de Vicaire de l'enipii-e, titre d"où les Princes de Savoie
ont fait dériver leurs droits teniporels sur Genève.
Ces Alamand étaient ils un rameau des Alamand du Dauphiné ? on l'ignore.
Quelles étaient leurs armes ? Blavignac Icur donne celles de S'-Jéoire de gueules att
smiioir d'or. Besson les donne de deux fa^ons dans son annorial manuscrit ; une fois :
de sahlp au lion d'or à la bande de gueiilrs hrochant sur le touf : et ailleurs :
de gueules à trois tétes de clieval d'argent en faisant remarquer que Charles Auguste
(1) V. SpoN et Besson.
(2) Besson, Preuves, n° 83.
(3) Archiv. du Royaume - Geaève - Paquet 6, n° i3.
272 SIGILLOGBAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX REI.IGIEUX
de Sales dit : 3 heaumes cVuryent. 11 est bien regi-ettable que notre Évèque n"ait pas
mis ses armcs sur son sceau. 11 était riclie saus doute, car il a fait, nous dit Bcsson,
de nombreuses fondations de chapelles, chapelains et lampes dans l'église cathédrale
de Genève.
Chapitre de l'église de Genève.
XV'' SIÈCLE.
Sceau rond de 33 millim.
Type : Deux clefs passées en sautoir et liées par un cordon qui part de leurs
anneaux : au dessus une étoile à six rais.
Legende. En gothique ciirsive:
Sigillum capititll rcflfaic ©fbfncntì.
Planche V, fig. n" 54.
La matrice de ce sceau est au Musée d'Anneci. Une empreinte nous à été com-
muniquée par M' Eloi Serand. Un sceau semblable mais d'un dessin différent et dont
la legende est d'un caractère plus ancien a été publié par M' Blavignac (1). Le
nòtre paraìt ùtre du xv siècle et aura été apportò à Anneci lorsque l'Evèque et le
Chapitre de Genève se réfugièrent dans cette ville en 1535. Le tj^pe de ces deux sceaux
présente les armes du Chapitre de Téglise de S'- Pierre de Genève. Nous les avons
trouvé blasonnées : De gueules à deux clefs d'or xìosées en sautoir. Les deux sceaux
nous les montrent plus complètes et on pourrait les décrire ainsi : De gueules à deux
clefs d'or passées en sautoir et liées de. . . . accomjìagnées en chef d'une étoile à sijc
rais d'or.
Chapitre de Genève.
1317.
Sceau ogival de (35 niillini.
JV/j)e ; Un bras vètu issant de gauche et tenant deux clefs posées en pai, dont
les pemies sont en haut et dont les anneaux sont de forme differente, l'un rond, l'autre
carré tenant à la tige par un angle.
Legende. En capitales gothiiiues :
ICILVm : CAPII.. LI ; G€B6NN6NSIS .
manche V, fig. ii" 5.').
Nous avons trouvé ce sceau sur plusieurs actes, entr'autres, sur une transaction
entre le dauphin Hugues seigneur de Faucigny et le Chapitre do Genève relativemcnt
à leur juridiction sur quelques terres du i'aucigny : Vetraz, Jlonthouz, etc. (2).
(1) V. Spo.N et Besson.
(2j Archie. du Roi/aume - Province de Genevois - Ternier - I^aquel 35, n" G et 12.
PAK A. DUFOUR ET F. RABUT 273
Ce bras est évidemmeut celui de S'-Pierre qui était le patron du diocèse. Ce sont
les insignes ou armes du Chapitre dans lesquels les clefs sont de metal différent: une
d'or, l'autre d'argent. Sur notre sceau où il n'y a pas d'email indiqué, on a cependant
différencié les deux clefs par la forme diverse de leurs pennes et de leurs anneaux.
Un sceau du Chapitre de Genève, semblable à celui-ci pour le type et la legende,
mais de forme ogivale plus aigue et appartenant au siècle précédent, xiii siècle, a été
publié par M'' Blavignac dans son armorial genevois. Fig. 38.
Officiante du Tribunal de Genève.
1419.
Sceau rond de 33 millim.
Type : Buste de S'-Pierre dans un édicule ogival et au dessous un écu, dont les
meubles sont une bande et une bordure, surmonté d'une petite croix à trois branches.
Legende: S • OFFKIALATVS ■ CVRIE ■ GEBENNENSIS .
Pianelle V, fig. n" 56.
Une bande du parchemin d'un vidimus du 20 Juin 1419 d'une charte de Beatrix,
dame de Faucigny. soutient ce sceau de ciré noire dont nous avons pù compléter la
legende au moyen des divers exemplaires que nous avons rencontrés.
Nous l'avons rencontré sur un autrc vidimus, de méme date, d'une charte d'in-
feudation en faveur de Girard seigneur de Ternier.
L'officiai qui a délivró et scellé ces vidimus est le chanoine Jean de Lantenay.
Nous ne pensons pas que ce soit son écu qui figure sur ce sceau, nous pensons plutòt
que ces armes sont celles de l'évèque Pierre II à cause de la croix episcopale qui
surmonté l'écu.
Jean de Bertrand.
1411 - 1413.
Sceau ogival de 83 millim.
Type: S'-Pierre assis et nimbé , tenant les deux clefs, sous un édicule ogival
surmonté d'un clocheton très-orné. De chaque coté de cette construction, deux autres
édicules composés d'un de en magonnerie de quatre colonnes et d'un toit à deux pans,
abritent deux anges à genoux tournés vers la figure principale. Au dessous de la grande
niche, une autre niche à pans coupés entoure le Prélat mitre, agenouillé, les mains
jointes et retenant sa eresse contre sa poitrine : à droite et à gauche un écu ogival
aux armes du Prélat, Un lion rampunt.
Serie II. Tom. XXXIV 3-5
274 SKIILLOGHAI'HIE UK LA SAVOIE — SCEAl'X RELIGIEUX
Legende. En gothique, majuscules :
S : lOhlS : D€ : BGRTRAVJDIS : D6I : ORA : CPl : C€BeNN€N :
€T : PRINCIPIS •
Planche V, fig. n" 57.
Ce sceau a cela de particulier qu'il est empreint sur une couche de ciré rouge
appliquée sur de la ciré jaune. Il pend par des cordons de soie rouge à un vidimus
du 5 Mai 1411 du testament de Pierre comte de Genève de l'année 1392 24 Mars (1).
Ce beau sceau est tout-à-fait semblable à celui «lue nous avons décrit précédem-
ment et qui a appartenu au mème personnage alors qu'il était Ai'chevéque de Tarentaise.
Il était évidemmeut dù au mème artiste dont le nom nous est inconnu.
Jean de Bertrand, dont nous avons déjà parie, a occupé le siége de Genève de
1408 à 1418, c'est-à-dire jusqu'à sa nomination à Farchevèché de Tarentaise. Pendant
son épiscopat. il fit apposer son sceau à l'acte de fondation des chanoines réguliers
de S'-Augustin de Ripaille du 23 Aviil 1411; il accompagna l'empereui- Sigismond
en Espagne en 1415 et il assista au Concile de Constance.
Nous avons dù faire connaìtre un autre sceau du mème Prélat.
Sceau rond de 36 millim.
Type : Buste de S'-Pierrc dans une niche ogivale accostée de deus autres édicules
dans lesquels on voit les bustes de deux anges de profil regardant le Saint. Dans le
bas, un écu ogival aux armes du Prélat, surmonté d'une crosse.
Legende. En capitale gothique:
S • IO • D ■ BCRTRANDIS ■ DEI ■ GRA • 6PI ■ GeB€N •
Pianelle V, fig. u" 58.
Ce sceau en ciré rouge pend par une targe bande de vélin à un acte du P Mai
1413 (2), par lequel l'Évéque reconnaìt et accepte la protestation faite par Pierre de
Verbouz, abbé d'Entremont, par laquelle il déclare ne pas entendi-e renoncer à ses droits
et priviléges en assistant au synode , citra lyrcjndicntm et lesionem priuiìegiorum
suorum et dicti sui monasterii. Plus tard, en effet, le 2 Mai 1420, Ponce de Haut-
villars, conservateur de l'ordre de S'-Euff. lan^ait un monitoire dans lequel, en vertu
des priviléges de l'abbaye d'Entremont, il ordonnait à l'Évéque de Genève, sous peinc
d'excommunication, de s'abstenir de tout acte qui porterait atteinte à sa juridiction.
L'acte cité se termine par ces mots : Bntnm in prioratu S"" Victor is
nostre cittiintis Gehennrsii. . . . sub sigillo ìutstro rotondo (3), sceau. dont le Prélat
se servait sans doute poiir les objets de moindre intérét pour lesquels il n'usait pa-s
de son grand sceau ogival et pimr lesquels la bande du parchemin rerapla^ait les
cordons de soie.
(f) Archiv. du Royaumi: - Duchu flenevois - Paquet 9, n" 5.
(2) Archic. du Royaume - Abbaye (l'r)ntremoiit - Paquet 1, n" ...
(3) Ce inèrae sceau so voit encore dans des actes de 1412 et 1414. Genève - l*rc Catóg*. - Paquet 7,
n" 14 et IH.
PAR A. DTFOUR ET F. RABUT 275
Amédée de Savoie.
Officiante de Vévéché de Genève.
1445.
Sceau rond de 40 millim.
Type : Dans une niche ogivale , le buste de S'-Pien-e et au dessous un écu aur
armes de l'évèché, deux clefs passées en sautoir.
Legende. En gothique cursive :
6 • officialatutì • ffcUtìif • cjfbfuncn •
au revers un contresceau très-petit et rond porte seulement deux clefs en sautoir.
Planche V, fig. n"' 59 et 60.
Ce sceau, qui appartient au commencement de la période pendant laquelle Amé-
dée Vili de Savoie, pape sous le nom de Felix V, fut administrateur de l'église de
Genève (1444-1450) avec Jean de Grolée pour grand vicaire , pend par une large
bande du parchemin au vidimus d'une charte par laquelle le roi René d'Anjou as-
signe un douaire à Marguerite de Savoie veuve de .son frère Louis, le 28 Janvier 1437.
Le vidimus est dii 4 Juin 1445 et il est attesté par l'officiai Jean de Marie (1).
Jean de Savoie.
1517.
Sceau ovale de 20 millim.
Type: Écu de Savoie avec la barre, surmonté d'une crosse et d'une mitre.
Legende: SPES MEA DNS
Spes me a Dominus.
Planche V, fig. n° 61.
Plaqué au bas d'une déclaration de ce Prélat que, par la gràce qu'il avait ac-
cordée au nommé Tissot, qui avait été condamné à étre pendu, il n'avait pas prétendu
préjudicier à l'autorité du Due.
Jean Francois de Savoie était un bàtard de l'évèque Francois de Savoie, fìls
du due Louis. Il avait été chanoine de Turin, vicaire-général de Genève et fut promu
à l'épiscopat en 1513. Il mourut en 1522 dans l'abbaye de Pignerol dont il était
abbé commendataire perpétuel.
(I) Archiv. du Royaume - Mariages - Paquet 10, n. y.
276 SIGII.LOORAPHIE DE I.A SAVOIE SCEAIX KEI.IGIEUX
FranQois Bachod.
1567.
Petit sceau ovale de 14 niillim.
Type: Les armes du Prélat: d'azur à uve montagne à trois coupeaux d'or
atirmontée d'tinc ('toìic à six 7-ois de mime en chef accostée de deìix croisettes d'ar-
gent, dans un cartouche timbré d'une mitre.
Legende: FRAN ■ BACHODI • EPS • GEBENNE ■
Planche V, fig. n° 62.
Ce petit sceau qui servait au Prélat de cachet pour sa correspondance se voit
en placard sur une lettre écrite au Due de Savoie et datée d'Anneci le 5 Septembre
1567 (1). Il est imprimé sur ciré rouge recouverte de papier.
On sait qu'en 1535, Genève secoua, à la fois. la domination de son Évèque
et celle du Due de Savoie, et que dès lors PieiTe IV de la Baume se réfugia a Anneci
oà le clergé résida dès-lors, jusqu'à la revolution fran^aise. Francois III de Bachod
était son troisième successeur. Originaire du Bugey , il était abbé d'Ambronay et de
S'-Rambert dans ce pays. Besson nous apprend qu'il a été familier et commcnsal
du pape Paul III. creò chevalier et comte Palatiu par Charles V. Il,fut évécjue de 1556
à 1568. Il mourat cette année là le premier Juillet, à Turin et fut enseveli dans la
cathédrale où on lui eleva un tombeau de marbré blanc. Il a assistè au Concile de
Trente. Le pi'ésident Favi'e fait son éloge en quelques ligiies éloquentes dans son code (2)
et Guichenon a donne la genealogie de sa faiuille dans son histoire de la Bresse et
du Bugey.
Ange Justinien.
157(1.
Cachet ovale de 30 millim.
Type: Les armes du Prélat : Clidteau gibcllin ù (rais tours d'argent fiur un chnmp
d'azur et un chef d'or avec un aigle issant de sabìe, dans un cartouche sui-monté
d'une mitre soutenue par un bàton dont l'extrémité inférieure paraìt au bas du cartouche.
Legende: F • ANGELVS ■ JVSTINIANVS • EPISCOPVS • E • PR • GEBEN-
Fruter Angelus Jusfinianus episcopus et prìnceps gehennensis.
Plancho V, fig. n" 63.
Ce petit sceau est applique au bas d'une lettre du Prélat. sous date du 1 1
Février 1576 adressée d'Anneci au Due de Savoie et qui mérite d'étre reproduite
ici à l'honneur de cet Evéque (3):
()) Archiv. du Royaume - Lettres des Évòques - Genève.
(2; Liv. I, tit. I, pag. •-'."., éililioii 17-10.
;3; Archiv. du Royautue - Lettres des Évèques - Genève, l.")70.
PAR A. DVFOUK ET F. RABUT 277
« V altezza si maraviglicrà chr io la venglii supplicare di picola gratta,
» i poveri ne richiedono ben (V assai minori al sig. Iddio. Io mi son preso cura
» di mandar il fitto del priorato di Pellionay a monsig'' il Card' di Vercelli, Et
» a questo fine e per soccorrer qualche miei necessitosi, ho mandato a Ckiamberi
» circa 3500 fiorini moneta di Savoja et ho trovato che è prohihito mandar
» simili monete in Piemonte e di piii che li sig' della Camera mi dicono tiolerli
» ritener per il servizio di V. A. et darmi testoni del He. . . la supplico, ordinj. . .
» che per questa volta tanfo lascino jw.ssffr la soprad" somma »...
De Nissy 11 Février 1576.
Ange Justinieu ou mieux Angelo Giustiniani était d'une ancienne famille génoise
en possession do la principauté de Cliio où il nacqiiit en l.")20. Le titre qu'il con-
serve humblement sur son cachet de Frater nous rappelle qu'il fut d'abord religieux
Franciscain de l'observance.
Il assista au Concile de Trenta corame premier docteur en théologie de ^on Ordre.
et au coUoque de Poissy. choisi par le roi de France Charles IX. Il fut nommé
évèque de Genève en 1568 par le I3uc de Savoie et s'appliqua ti préserver son diocèse
du Calvinisme. Les embarras qu'il éprouva méme de la part de son clergé le déter-
minèrent à renoncer à l'épiscopat en 1579. Il permuta catte année là avec le prieur
de Talloires, Claude da Granier. Mais il voulut en vain réfonner la maison; il eut
ancore plus de contraiiétés à cssuyer de la part des moines de Talloires et aussi de
celle de l'abbé commendataire Charles de La Toui-, que de celle du clergé séculier,
et il renon^a au pricuré pour se retirer à Gènes où il mourut en 1596, le 22 Février.
S'-Fran^ois de Sales lui consacre un long article élogieux dans la préface de son rituel.
Claude de Granier.
1587.
Cachet ovale de 30 millim.
Ti/2)f •■ Armes du Prélat : de sahle à trois croix tr('ftces au )ìicd fiche' d'nrgcnt,
dans un cartouche surmonté d'une mitre.
Legende: <§j C • DE • GRANIER ■ EPS ■ ET • PRIN • GEBEN ■
Planche V, fig. n° 64.
Empreint sur ciré rouge recouverte de papier, au bas d'une lettre du 19 Juin
1587 (1).
Claude de Granier était fils do Bernardin de Granier maitre d'hotel de Jaques
de Savoie Nemours. Il fut uovice au couvent de Talloires et prieur commendataire
de cette maison à l'àge de 16 ans. Nous savons, qu'ayant éprouvé des résistances opi-
niàtres dans les tentatives de réforme du monastère, il cèda la place à Ange Justi-
nien et qu'il vint occuper le siége d'Anneci en 1579. Il mourut en 1602. Sa vie
à été écrite par Constantin de Magny et imprimée à Lyon en 1640.
(I) Archiv. du Royaume - Lettres des Évèques.
-278 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX KELItìlEUX
S^-Fraii90is de Sales.
1G02-1G22.
Sceau rond de 49 millim.
Type: Les armes de la famille de Sales, dans un écu ogival sumionté d'une
mitre et d'une eresse , et soutenu par une doublé branche de laurier.
Legende: FRANC • DE • SALES ■ EPS ■ ET ■ PRINCEPS • GEBENN •
Plancho V, fig. n» 65.
Notre dessin a été fait d'après une einpreinte en ciré rouge du sceau matrice
eu cuivre qui appartieni à M'' le comte Eugène de Roussy de Sales.
Les armes de la famille de Sales sont, d'après les meilleui's héraldistes et entr'autres
Charles Auguste de Sales: d'azitr à deux fasces de guenìes horddcs d'or, ou bieu à
deux fasces d'or chargees de deux fasces de gueuìes, (tccompagnc'es d'un croissant
d'or en cJief et de deux etoiles à 6 rais de mcme, une en tthijnie et l'autre en pointe.
Sur nóti'e sceau, les étoiles sont à 5 rais : ces erreurs sont très-fréquentes et nous
les l'etrouvons encore sur un petit sceau anépigraphe dont le Prélat s'est servi lorsqu'il
n'était que prévòt de Genève. Ce petit sceau rond ne; présente (jue les armes de
Sales dans un cartouche très-simple et dont nous donnons le dessin.
Planche V, fig. n" 6t>.
Il se trouve sur un lettre écrite par le prévòt Fi'an(;ois de Sales au due Cltarles
Emmanuel I le 27 Scptembre 1599 (1).
Mais, sur un autre petit sceau ovale dont S'-Fran^ois de Sales se servait pendant
son èpiscopat, les étoiles sont à 6 rais.
Ovale de 22 millim.
Type: Armes de Sales dans un écu ovale surmonté d'une mitre.
Legende: FRANC • DE • SALES • EPS • ET • PRINCEPS • CEBEN •
Planche V, fig. n" 67.
Nous l'avons trouvé sur une lettre originale du Prélat adressée d'Anneci au Due
de Savoie le 7 Octobre 1()13 (2).
Que dire de S'-Fran^ois de Sales qui n'ait été dit et redit. Successivement béa-
tifié et canonisé au 1 1" siècle, il vient d'ètre mis tout récemment au rang des docteurs
de l'Eglise, 1878. A cette occasion, la Société Florimontane a reproduit le testtiment
du Saint dans un article où la questiou des armoiries de Sales a été traitée d'une
fa^on assez fantaisiste (3).
(1 ) Archiv. du Royaume - Lettres originales de S'-Fran^ois de Sales.
(2) Ibid. id.
(3) Revue Savoisienne, 1878, pag. 54.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 279
Jean Frangois de Sales.
1622-1635.
Sceau ovale de 38 millim.
Type : Un écu en accolade écartelé aux V^ et 4" quartiers des armes de Sionnaz-
Vallières; aux 2^ et 3' de celles de Kichard de la Thuile et sur le tout en abjrme
de Sales: sur l'écu, une couronne ducale; autour de l'écu, le Collier de l'Annonciade:
Le tout enfermé dans le chapeau, les houppes en nombre exagéré et deux petites palmes.
Pas de legende: un gi'enetis seulement.
Empreinte prise sur la matrice que possedè le Musée d'Anneci.
Planche V, fig. n° 68.
La présence du Collier autour de l'écu permet d'attribuer sùrement ce sceau à
l'évèque Jean Francois de Sales, frère et successeur de S'-Fran^ois, car il a été chevalier
et cbancelier de l'Ordre de l'Annonciade , tandis que son prédécesseur et son neveu
Charles Auguste, qui furent aussi Evéques de Genève, n'ont pas été décorés de cet Ordre.
Jean Francois de Sales avait été d'abord capucin, puis cbanoine et cbantre de
la catbédrale de Genève, il avait été suffragant de son frère avec le titre d'évéque
de Calcédoiue en 1621, et lui succèda en 1622 et mourut en 163'». Il avait été
conseiller d'État et giand auinònier du Due. Son dévouement à Anneci pendant les
pestes de 1629 et 1630 avait été très-remarqué.
Nous pensons (lue la couronne ducale qui sui-niontc lécu est là pour rappeler
sa dignité de grand aumònier de la Cour. Quant aux armes, dont il a écartelé son
écu, ce sont armes d'alliance. La mère de Jean Francois de Sales était une demoiselle
Frangoise de Sioiinaz-Vallièros. La famille Sionnaz dans laquelle avaient fini les fa-
milles Vallières et Richard de la Thuile écartelait ses armes comme sur notre sceau.
savok aux V et 4" de sablc mi ìyon d'or arme lampassd et couronne d'azur (jui
est de Sionnaz, le dit ìyon entrelassé dans les trois bandes d'ar^ew^ des Vallières;
aux 2' et d' d'argent à la croix de sable cantonnéc de quatre fleiirs de lys de,
gueules, armes des Richard de la Thuile (1).
Vacance du siége.
1637.
Sceau ogival de 85 millim.
Type: S'-Pierre debout tenant une clef et un livi'e eutre deux colonnes en forme
de balustres ornées qui supportent un fronton triangulaire. Au dessous un écu aux armes
de l'évéché : 2 clefs en sautoir.
(1) Besson , Armorial manuscrit.
280 SlOILLOfiKAVHIE I>E l.A SAVOIE SCEAVX KELIGIEUX
Legende: S • SANCII • PETRI • VICARIATVS ■ ET- EPATVS • GEBEN .
Pianelle V, fig. n" O'J.
Sceau en placarci sur cke rouge recouverte de papier au bas d'un acte du 3
Avril 1G37 par lequel le vicaire g('uéral de róvéché de Genève Pierre Franc^ois Jai,
en latin Jaius, agit comme commissaire apostolique pour l'exécutiou de bulles relatives
à la coUation du prieuré de S" -Laurent de Chindrieux à Louis de Gerbaix et à l'annotation
des conventions quii avait faites avec le couvent de Talloires (1). Le chanoine Pierre
FrangoLs Jai était docteur en théologie et archidiacre. 11 fut cliantre du Cliapitre en
1(555 (2). 11 mourut d'une chute en lUOO.
Juste Guerin.
1G42.
Petit sceau ovale de 20 millim.
Tf/j)?; Arnies du Prélat : iVargent à un arbre de sinopie sur un Urruin de
ménte au chef d'azur chargc de cinq étoiles d'or posees 2, 3, dans un écu ovale
surinonté d'une mitre et d'une crosse entre lesquelles se voit une petite étoile. Plus liaut.
un chapeau avec des cordons -X une seule liouppe.
Pas de legende.
Plancho V, fig. n" 70.
Plaqué en ciré rouge sur une lettre datée d'Anneci le 20 Juiii 1()42 et adressée au
marquis de S'- Thomas pour obtenii- Tautorisation à ses fenniers d'exporter 300 coupes
de froment et 000 coupes d'avoine (3): elle est signée Jusfe ]'J. de Genere indigne.
Né à Tramoy, près de Montluel en Bugey, don Guerin se fit barnabite en 1600;
il fut confesseur des Princesses de Savoie, viiit fonder des maisons de son ordre à
Aimeci et à Thonon et n'accepta quo sur les instances do Jladame Koyale et sui' les
ordres du Pape l'évéché de Genève en 1639. Il mourut a Rumilly en 1645 et fut
enseveli en l'èglise des Capucins. Sa vie a été écrite par le Barnabite don Maurice
Ai'pand et imprimée à Anneci en 1678.
Jean d'Arenthon d'Alex.
1673-1676.
Petit sceau ovale de 20 millim.
T7//>«.* Armes du Prélat: Bmidé d'argrìit et de gueules , dans un écu en ac-
colade surmonté d'une couronue ducale d'où sortent une mitre et une crosse. Cbapeau
d'Évéque avec ses houppes.
Pas de legende.
(1) Archio. du Royaume - Prieuré de Chindrieux - Paquet 6, n" 1'.
{i) BessO.n, Mémoires eccUsiastiques.
(3) Archiv. ilu Roijnutìie - Lottres des Kvequos - Genove.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 281
Planche V, fig. n" 71.
Plaqué sur des lettres du Prélat adressées à S. A. E. pendant les années 1673-
1(376 (1).
Jean d'Arentlion fils de Jaques d'Arenthon seigneur d'Alex d"une famiUe issue
de celle des barons de Faucigny nacquit en 1620, fut ordonné en 1644, clianoine
de Genève en 1649, nommé Évéque en 1660 et sacre en 1661. Il mourut le 17
Juillet 1695. Sa vie a été écrite par le general des Chartreux F. Innocent. Elle a
été imprimée à Lyon chez Francois Comba en 1698 en un in-8° de 26 pages non
fbiffrées et de 592 cbiff. , orné d'un poi'trait du Prélat grave par Bouchet d'après le
portrait ad vivimi de J. de la Monce. Le méme auteur, Lemasson Innocent, a publié
en 1699 à Chambéri, chez Jean Gorrin. un autre volume in-S" intitulé: Éclaircisse-
viPììf; sur la rie de Messire Jean d'Arantlion d'Alex Évéque, etc.
Besson consacre un long article à co Prélat dans ses mémoircs pour l'iiistoire
ecclésiastique.
Ce fut pendant son épiscopat qu'eui'ent lieu à, Anneci les solemnités de la ca-
nonisation de S'-Frangois de Sales en 1666. Kappelons encore qu'il s'entendit avec
Louis XIV pour persécuter les protestants dans le pays de Gex, et qu'il fit pour cela
deux voyages en Franco. C'était un bibliopbile qui encouragea son imprimeur Jaques
Clerc à bien faire.
Michel Gabriel de Rossillon de Bernez.
1699.
Petit sceau ovale de 1 7 millim.
Type : ce sceau anépigraphe montre un petit cartouche aux armes de la famille
de Kossillon ou Kossillion de Bernex: de salde à la croix d'argent avec couronne,
mitre, crosso, chapeau et bouppes d'Arcbévéque.
Le Musée d'Anneci possedè le sceau matrice.
Planche V, fig. n» 72.
Michel Gabriel de Kossillon se servait aussi d'un sceau plus petit quo nous
avons retrouvé, en assez mauvais état, sur l'enveloppe d'une lettre qu'il adi-essait au
Due de Savoie le 26 Décembre 1699 au sujet de Madame la Princesse de SoLssons
et de la Princesse de Carignan ses fiUes, toutes deux soeurs du célèbre princo Eugène
et filles d'Eugène Comte de Savoie-Soissons et d'Olympe Mancini (2).
Michel Gabriel de Kossillon de Bernex nacquit :i Chateau-l)lanc près de Genève
de l'ancienne Maison de Kossillon au pays de Gex et fut le demier représentant de
cotte famille. Il entra jeune au couvent de S'-Antoine en Daupliiné, fut ordonné
prètre on 1681 et nommé Évéque de Genève en 1697 après une vacance de deux
ans qui suivit la mort de son prédécesseur Jean d'Arenthon. Il mourut à Anneci
en 1734. Il avait refusé en 1713 l'archevèché de Tarentaise.
(1; Archio. du Roi/aume - Lettres des Évèques - Genève.
(2) Archiv. du R'oyaume - Lettres des Evèques.
Serie II. Tom. XXXIV 36
282 SlGII.r.OfiKAl'HIE UE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Lcs Jésuites de la Roche, le P. liomeville entr'autres , lui causèrent des em-
barras en lójiandaiit le bruit qu'il s'opórait des mii'acles dans leur chapelle par
l'intercession de S'-Fran^ois Xavier. 11 fit à l'occasion de ces prétendus miracles une
lettre pastorale célèbre imprimée en 1702. Cesi entra ses mains que Madame
de Varens abjura le protestantisme.
Sa vie, écrite par M' Boudet chanoine de S'-Antoine, a été imprimée à Paris
en 1750 en un volume in-12°. orné de figures; son oraison funebre, prononcée par
le chanoine de Beimcvix, a été imprimée à Anneci par Jean Baptiste Burdet. in-8\
Officiante du diocèse de Genève.
1760.
Sceau rond de 40 millini.
Typr: Buste de S -PieiTC au dessus d'un écu aux armes de l'évèché les clefs
cn sautoir.
Légendr :
S ■ S • P • VI • ET • OFF • EPTVS • CEBEN •
Sigiììum Sancii Pctri vicariatus et officiaìatus rptscojHitus gehennensis.
Cette legende en capitales romaines est inserite sur un philactère dont les deux
extrémités em-oulées se voient de chaque coté de la téte du saint. Le graveui- à mis,
par erreur. un point entro les lettres V et 1. initiales du mot vicariatus.
• Planche V, fig. n" 7o.
Ce sceau (1) en placard sur ciré recouverte de papier est au bas d'une at-
testation donnée le 24 Mai 17(50 par le chanoine Michel Conseil . vicaire general
et officiai du diocèse, qui sera plus tard premier Evéque de Chambéri.
Jean Pierre Biord.
1764-1785.
Sceau rolli] de 45 millim.
Tyjìc: Armes de la famillo du Prélat : De giieuìcs au croissant d'argent, au
clirf d'or rluirgr d'un a/gir rplogr de gueuìrs , dans un cartouche surmonté d'une
couronne, d'une mitre et d'une crosse et soutenu de deux branches de palmier. Cha-
peau et houppes d'Archevóque.
Lc'grndr :
JOH • PET • EPISCOPVS • ET ■ PRINCEPS • GENEVENSIS-
F'ianche V, fig. n" 74.
La famillo Biord est du Faucigny. Le pere de nótre Prélat était seigneur de
Seynod et de Chàteauvieux, terres qui fui-ent érigées en Comté en favcur du sénateur
(1: Coli. !•'. Kahut.
FAK A. DITOUR ET F. RABUT 283
Paul Josepli Biord, fière da Pivlat. eii 17 76. L'évéque J. P. Biord est né a Chà-
tillon en Faucigny le 10 Octobre 1719, quoique son pere Joseph Biord, et sa mère
Claudine de Thiollaz eussent leur domicile ordinaire à Samoèns. 11 fut Évèque d'An-
neci de 1764 à 1785. Il mourut le 7 Mars 1785.
Il avait fait ses premières études à Thonon et appris la tliéologie à Paris.
L'Archevéque de cette ville le nomina cure de la S '"-Ohapelle. Il fut plus tard cha-
noine de Genève, vicaire general, prieur de Douvaine et ensuite Évéque.
Pendant son épiscopat, il essaya inutilement de convertir Voltaù-e et il obtint la
canonisation de S '^-Jeanne Frangoise Frémiot de Chantal en 1768. Sa correspondance
avec Voltaire a été publiée en 1775.
Outre ses ceuvres pastorales, on a de lui une oraison funebre de Louis XV im-
primée à Turin en deux formats et celle de Charles Emmanuel III restée à l'état
de manuscrit. On a un petit portrait de Mgr. Biord gi-avé à Paris par Quenedey.
Grillet lui a consacré un long article dans son dictionnaire, au mot Smnorns.
Le successeur de Mgr. Biord fut Joseph Marie Paget. qui fut Évéque de 1785
à 1802, epoque à laquelle il donna sa démission, à la suite du concordat. et dont
nous n'avons pas retrouvé le sceau: L'évéché fut alors réuni à celui de Chambéri et
la Savoie n'eut qu'un seul Prélat jusqu'en 1822. Cette aniiée-là. le 15 Février, fut
créé l'Evèché d'Anneci. Nous donnons ici, à la suite de ceux des Évéques de Genève,
les sceaux que nous avons rencontrés des titulaires de ce nouveau siége épiscopal.
Claude Franfois de Thiollaz
KVÉQUE d'aXXECI
1826.
Petit sceau ovale de 35 millim.
Typi': Armes de la famille de TliioUaz: ile gufuìps ù un aiglon d'anjent ac-
coììipagné de dcux ctuiles d'or cu chef, dans un cartouche surmonté d'une couronne
de comte, d'une mitre et d'une crosse; chapeau et houppes d'Archevéque.
Pas de legende.
Ce sceau est plaqué au bas d'un actc. par lequel l'Évòque institue les 40 heui-es
dans l'église do S -Nicolas -la-C hapelle et (jui est date d'Anneci 14 Septembre 1826.
Hlanche VI, fig. n" 75.
Mgr. de Thiollai: a été évéijne d'Anneci de 1822 à 1832. Il était fils de
l'ran^ois De Thiollaz et de Louise de la Faverge de Cormand, et était né le 8 Avril
1752 à Chaumont. Élève du Collège d'Anneci, il avait fait sa théologie à Paris et
avait été vicaire general du diocèse de Genève, prévót et vicaii-e general du diocèse
de Chambéri après le rétablissement du eulte. Prisonnier pendant la première répu-
blique, il avait été délivré par le dévouemout d'un nommé Matliieu d'Anneci et était
venu a Lausanne en 1793. Son oraison funebre a été prononcée, par l'abbé Challamet
et imprimée par A. Burdet en 1832.
284 bKilLLOGRAPHIE PE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Pierre Joseph Rey.
1832-1842.
Sceau ovale de 39 millim. sans legende.
Type: Armes assez peu héraldiques du Prélat: d'asur à une croix monvant de
la pointe cantre laqueUe est (q)imy& une ancre, et à sénestre nne chajielìe sur un
tertre. L'écu est surmouté d'une couronne de comte , d'une mitre, d'une crosse et
d'une croix tréflée ; le chapeau épiscopal avec les houppes entoure le tout. Au bas de
l'écu pend la crobc de l'Ordre des Ss. Maurice et Lazare et plus bas sui" une ban-
deroUe on lit la devise: Arma Potentia Beo.
l'ianche VI, fig. q" 76.
Le sceau matrice dont nous avons relevé une empreinte appartieni au Musée de
Chambéri.
Nous renvoyons, poui- les détails relatifs à ce Prélat, à la notice biograpliique
publiée par le chanoine Ruffin en 1858. Disons seulement ici qu'il a fait ses études
chez les Barnabites do Thonon. Il était au séminaii-e en 1793, et fut envoyé professer
la pliilosopbio à Tliouon, mais il partit bientòt poiu- le Piémont ; il revint en Savoie,
pendant le Dii'ectoire, fut envoyó comme missionaii'c à Bellevaux en Chablais. Devenu
ensuite vicaire de l'égUse cathédi-ale de Chambéri, puis chanoine, il se fait une ré-
putation comme prédicateui". 11 est nommé Evéque de Piguerol en 1824, Evèque
d'Anneci en 1832 et meurt en 1842. Il était conseiller d'Etat et gi-and cordon de
rOrdre des Ss. Maurice et Lazare.
On a de lui, entr'autres, l'oraisou funebre de Chai'les Emmanuel IV prononcéc
à Chambéri le Itì Décembre 1819 (1), celle de Victor Emmanuel I prononcée à
Chambéri en 1824 (2), cello de Louis XVIII prononcé à Turin en 1824 alors qu'il
était déjà Evèque de Pignerol (3).
Louis Rendu.
1843-1859.
Sceau rond de 53 millim.
Type: Ecu aux armes de l' Evéque: d'azur à deux gerbes d'or passées en sautoir
soutennnt une croix d'argrnt; au dessus la devise: Tout à Tous sur une banderole
d'où sortent la croix episcopale, la mitre et la crosse. Au bas de l'écu peudent les
croix du Mèrito civil et des Ss. Maurice et Lazai'e. Chapeau et houppes d'Archevéque.
(1) Gorrin et Routin iraprimaurs, in--!", 1819.
('<!) Id. id.
(3) Turin, Imprimerin Royale, in-4"'.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 28S
Legende :
LVDOVICVS RENDV ANNECIENSIS EPISCOPVS
Planche VI, fig. ii" 77.
Décrit et déssiné d'après une empreinte du sceau matrice en cmvi'e communiquée
par le conservateur du Musée de Chambéri. Mgr. liendu se servait aussi d'un sceau
plus petit et ovale aux mémes type et legende qu'il faisait plaquer sur des actes
de moindre importance. Il se servait aussi sur les feuilles de sa correspondance or-
dinaire d'un timbre sec dans le mème gout.
Louis Eendu est né en 1792 à Meyrin dans le pays de Gex : Il a fait ses
premières études avec son cui-é, puis au collège de Chambéri.
Il a été, à la restauration, professeur de pbysique au collège de Chambéri, puis
directeui' de cet établissement. Elu membre de l'Académie de Savoie, il en à été
quelque temps secrétaire perpétuel. Ecrivain fécond, il a laissé, outre ses travaux pas-
toraux, des mémoires sur la physique, la geologie, la philosophie, la politique, l'eco-
nomie politique , des oraisons funèbres et méme des poésies , etc. Il fut nommé
chanoine en 1839. Nommé Evèque d'Anneci par buUes du 15 Février 1843, et sacre
le 9 Avril suivant, il préta serment le 22 Aviil et fut mis en possession du siége
deux jours après. Entré à Anneci le 3 Mai 1843, il y est mort le 28 Aoùt 1859.
iprès les réformes, il a été un des premiers à renier les princes de la Maison de
Savoie qui l'avaicnt cependant comblé de bienfaits : son portrait peint par B. Claris
a été admirablement reproduit par la lithographie de J. Hebert.
Vacance du siége.
Sceau ovale de 42 millim.
Type: S '-Pierre debout, uimbé, tenant les clefs et uu livi-c, un raanipule sur le
bras gauche: sous ses pieds un écu aux armes de l'évéché, celles de l'évéché de Genève.
Legende :
SIGIL ■ EPISC • OLIM • GEBEN ■ NVNC • ANNECIENSIS •
Planche VI , fig. n" 78.
Empreinte du sceau matrice qui est au Musée d'Anneci et qui nous a été com-
muniquée imr M" Éloi Sérand.
Ce sceau est sans aucun doute celui dont s'est servi le Chapitre d'Anneci administrant
pendant l'intervalle écoulé entre la mort d'un Prélat et l'installation de son successeui-.
On volt, dans la legende , l'intention de considérer l'évéché d'Anneci comme la
continuation de celui de Genève ; cela apparali encore davantage dans le sceau suivant.
Officiante de l'Évèché d'Anneci.
Sceau ovale de 60 millim.
Type: S'-Pien-e debout comme dans le sceau précédent, dans un édicule com-
pose de deux colonnes d'ordre corinthien avec fronton, console renversée et vases
ardents. Au dessus les armes de l'évéché.
286 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SOEAIX KELIGIEUX
Legende :
SICIL • ANTIQ • PRA^TORII • CANCEL • EPISCOP • OLIM • CEBEN
NVNC- ANNECIENSIS •
Sigiìlnm antiqui praetorii cancellarii episcopatus
oliin Gebennensis nunc Anneciensis.
Planche VI, fig. ii» 79.
Le sceau matrice est au Musée d'Anneci : M ' Serand nous en a donne une
empreinte que reproduit nótre dessin.
C. ÉVÈQUES DE CHAMBÉRI
Michel Conseil.
1780-1793.
Sceau rond de 46 millim.
Type: Les armes du Prélat: d'uznr au lion d'or, au chef cousu de gneìdes à
l'étoile d'or, dans un cartouche suimonté d'une couronne ducale, d'une mitre et d'une
Grosse; au dessus, chapeau et houppes d'archevèque; au dessous deux palmes passées
en sautoir.
Legende:
MICHAEL • CONSEIL • PRIMVS • EPISCOPVS • CAMBERIENSIS •
Planche VI, fig. n» 80.
La matrice en cuivre de ce sceau est au Musée de Chambéri.
On connait de ce Prélat un sceau plus petit, ovale, au mème type, mais sans
legende.
Planche VI, fig. n" SI.
Nous l'avons vu sur une lettre de cet nvèijuc . en date du 10 Mai 1872,
adressée au secrétaire de l'Économat royal à Turin.
Les Princes de la Maison de Savoie avaient depuis longtemps songé à faire
établir un évéché à Chambéri. Le due Charles 11 avait obtcnu du Pape une bulle
du 21 Mai 1515 qui séparait le décanat do Savoie du diocèse de Grenoble et
l'érigeait en arclievèclié. Mais l'opposition du roi de France Francois I empécha
l'exécution de cctto l)ullo. Ce n'est qu'on 1770 que ce décanat est erige en un
diocèse dont le siége fut à Chambéri. L'église des frères niineui's Franciscains dcvint
la cathédrale et les clianoines de la S'*-Chapelle formòront lo Chapitre du nouvel
évéché. Le premier Evéque titulaire fut Michel Conseil nommé le 20 Mars 1780, et
sacre le 30 Avril suivant.
Michel Conseil était né à Mégève en 1 7 1 0 : il a été chanoine, puis vicaire general
du diocèse de Genève. Nommé Évéque de Chambéri. il vint résider au couvent des
PAR A. DUFOUR ET F. RABl'T 287
Frères mineurs. En 1782, il iustitua un séminaire dans une maison située au bocage
que lui cèda rÉconomat royal.
Après la constitution civile du clergé en France et l'annexion de la Savoie à
ce pays en 1793, l'Kvèque de Chambéri, qui avait cependant offert ses bommages à
la nation dans la séance du 26 Octobre 1792 de l'assemblée des AUobroges, refusa
le sermoni. 11 perdit sa place et mourut peu de mois après dans son palais épis-
copal. Il avait 77 ans et était atteint d'une bydropisie de poitrine.
Francois Tbérèse Panisset de Cbambéri, cure de S'-Pierre d'Albigni bomme de
bonnes moeurs et prétre édifiant, au témoignage de ses supérieurs ecclésiastiques, fut
élu Evèque constitutionnel du département du Mont-Blanc le tj Mars de la mème
année 1793, avant la raort de Mgr. Michel Conseil.
U. ÉVÉQUES DE MOUTIERS DE TARENTAISE
Vacance du siége.
e H A 1' I T R E DE MOUTIERS.
1836-1838.
Sceau rond de 40 millim.
Typn : Un écu en accolade portant d'astir à une téte de Saint (celle de Saint
Pierre, patron du diocèse), l'écu appuyé contre deux clefs passées en sautoir et nouées.
Des anneaux pendent, de chaque coté de l'écu, des cordons qui se croisent derrière
lui et se terminent par une bouppe. De chaque coté de l'écu les initiales D. P.
divtis Petrus, au bas une étoile.
Legende :
CAPITVLVM TARENTASIENSIS ECCLESIE •
Planche VI, fig. n" 82.
En placard sur cii'e rouge recouverte d'un carré de papier, au bas d'une copie
de l'extrait du dócòs de Mgi\ Antoinc liocbaix, du 21 Novembre 1836, signée DutoiU'
d'Héry le 27 Janvier 1838 (1).
Lorsqu'en 1817 l'évéché de Chambéri eut été erige en Archevècbé, on ne tarda
pas à lui créer des suffragans cn Savoie : l'Evècbé d'Anneci créé en 1822 et ceux
de Tarentaise et do Maurienne en 1825. Le premier Evèque de Tarentaise fut Mon-
seigneur Antoine Martinet (2) auquel succèda en 1828 Mgr. An teine Kochaix qui
mourut en 1836. Ce dernier ne fut pas remplacé immédiatement mais seulement
en 1838; de là une vacance d'environ deux ans pendant laquelle le Chapitre de
Moutiers administra et se servit du sceau que nous publions.
(1) Economat generai.
(2) V. Ant. Martinet, archevèi|ue de Chambéri, pag. 27.
288 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
Jean Fran9ois Marcellin Turìnaz.
(1838-186...).
Sceau rond de 52 millim.
Typc : Armes adoptées par le Prélat : d'argent à une croix haussée de sable
pos& sur une ferrasse de sinopie mouvant de la pointe et enlacée d'ttne vigne de
niéme, dans un écu ovale enfermé dans xin cartouche que surmonte une couronne ducale,
une mitre, une crosse et une croix tréflée et au bas duquel pend la croix de TOrdre
des Ss. Maurice et Lazare ; le tout entouré du cliapeau et des houppes archiépiscopales.
Dans le haut du cartouche, la devise, wihi vir. Christus est, est inserite sur un ruban.
Leggende :
IOAN • FRANCISC ■ MARCEL • TVRINAZ • EPISCOPVS
TARENTASIENSIS •
l'ianche VI, fig. n° 83.
Le sceau matrice en cuivre est au Musée de Cbambéri.
Mgr. Turinaz était commandeur de l'Ordre de Ss. Maurice et Lazare. Il s'in-
titnlait aussi Prince de Conflans et de S'- Sigismond. Il était né au Chàtelard en
Beauges le G Avril 1786. Il a pris sa retraite en 186. et a été admis au Chapitre
de S'-Denis.
E. ÉTÉQUES DE GRENOBLE
Falc o n.
1264.
Sceau ogival de .SO milHm.
Type : Le Prélat debout, mitre, vétu de la chasuble en pointe avec le pallium :
bénissant de la droite et tenant de la gauche une crosse tournée en dedans. Dans le
champ, à droite du personnage, une étoile il 6 rais.
Le'gende. En capitales gothiques :
S • FALCO S • 6PI • GRONOPOLIT {sic) .
Sigillum Falconis Episcopi Gratianopolitani.
Pianelle VI . fig. n" 84.
Ce sceau en ciré jaune pend par deux cordons de soie rouge au testament de
Réatrix de Savoie veuve de Béranger comte de Provence, du 14 Janvier 1264. Les
Évéques de Belley et de Grenoble ont fait mettre leur sceau à cet acte qui leur était
présente par les Archevèques de Vienne et de Tarentaise, par Philippe élu de Lyon et
par Lambert abbé d'Hautecombe (1).
[1) Archiv. du Roynume - Testameiits - Paquet 1, ii" 11.
PAK A. nUFOUK ET F. RABUT 289
Le diocèse de Grenoble qui touchait, au nord, à ceux de Belley, de Genève et
de Maurienne, s'étendait sur une partie assez notable de la Savoie, ce qui justifie la
publication des sceaux des Prélats grenoblois, que nous avons pu rencontrer, dans ces
notes de spbragistique savoyarde. Il était divise en quatre décanats dont un était le
décanat de S -André devenu ensuite décanat de Savoie.
Le doyen de S'-André avait primitivement un Chapitre et il était élu par ses
chanoines qui étaient de l'ordre des Cbanoines réguliers de S'-Augustin. Il avait de
grandes prérogatives et une juridiction contentieuse (Curia) et il pouvait étre choisi
parmi tous les membres du clergé méme régulier. Mais l'évéque Falcon. dont nous
publions le sceau, et qui a siégé de 1251 à 1266, a décrété en 1257 que le doyen
de S'-André serait désormais uommé par lui et par ses successeui*s , et pris parmi les
cbanoines de la catbédrale de Grenoble, ce qui fut fait. Le doyen quoique plus dé-
pendant de l'Evèque par cette décision conserva néanmoins son tribunal ecclésiastique
Gomme nous le voyons par le sceau suivant.
Tribunal du doyen de S'-André.
XIV'' SIÈCLE.
Sceau rond do 31 millim.
Type : Un écu ogival aux armes de la famille du doyen Guillaume de Commier :
d'argent au sautoir d'azur cantonné de quatre quintcfcuiUcs de gucuics chargc'es cu
abynie d'une cinquième quintefeuillc hrochant sur le tout, qui serait une brisure (1).
Au dessus de l'écu, un senestrochère tient une croix haussée et pattée. Dans le champ,
une étoile à six rais et le nom du doyen G. D' COMER' (Guillelmus de Comeriis).
Legende. Entre deux grenetis :
+ S-CVRie ^ D6CANI <^ SANTI ^ ANDR6€
SigUlum curie deeani Sancii Andreae.
Planche VI, {\g. n° 85.
Ce sceau, trouvé en 1834 dans les fondations du pont Morens à Anneci, appar-
tieni au Musée de cette ville. Une description en a été doonée dans la revue des
Sociétés savantes de France des mois de Mai et de Juin 1864. M. Constant Despine
Tavait déjà cité dans son ouvrage sur les abymes de Myans en 1862. il en a mis
un fac simile dans son indicateui- d"Aix-les-Bains en 1864 : mais il est trop intéressant
pour notre pays pour ne pas étre reproduit ici avec un peu plus d'exactitude d'ailleui-s
dans le dessin.
Ce sceau, qui a tous les caractères du 14'' siede, est évidemment antérieur à
lannée 1342, car à cette epoque révèque Jean II de Chissé fit supprimer les fonctions
de doyen, et l'Evèque fut doyen tam re quam nomine (2).
(f) Chorier, Hist. dìi Dauphiné - Les Comraiers, seigneurs de la Roche et de Montmiraa avaient
pour devise : Sub pennis cjus sparaho. ■>
(2j Gallia Christiana , tome XVI.
Serie II. Tom. XXXIV 37
290 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX
Les doyens de la période compris entre les années 1257 et 1342 ont continue
à résider. quant bon leur semblait. en Savoie, et ils y avaient un tribunal ecclésias-
tique qui siégeait dans une des subdivisions religieuses du décanat.
Officiante de Chambéri pour l'Évéque de Grenoble.
l;JiU» - 1417 - 1457.
Sceau rond de 43 millim.
Type : Évèque debout , mitre , bénissant et tenant une crosse , dans une niche
ogivale très-oniée de Tépoque tertiaire avec clocheton , piuacles et petites niches à
droite et à gauche ; au bas une ligne de petites étoiles.
Legende :
S • MAIVS • CVRie • OFFIC • CHAMB6R • PRO ■ DOMINO
6PISCOPO • GRATIANOPOLITANO •
Sigiìlum maius curie officialatus Ckamberiaci prò domino Episcopo Gracianopolitano.
Pianelle VI, fig. n"' 86.
Nous avons reucontré plusieurs fois ce joli sceau si intéressant pour notre ville
de Chambéri et toujours pendu à une longue bande du ])archemin où est écrit l'acte
qu'il corrobore. Il a servi en efFet à notre connoissance sous deux épiscopats : ceux
des évèques Aimon de Chissey et Sybond Allamand. Nous venons de dire qu'en 1342
l'Évéque de Grenoble fut le doyen du décanat de Savoie. Les Évèques conservèrent
alors en Savoie le tribunal ecclésiastique qu'avaient eu les anciens doyens et ils
nomraaient l'officiai de cette Cour ecclésiastique dont le siége fut fixé dés-lors à
Chambéri.
11 fut d'usage alors de s'adresser à ce fonctionuaire pour authentiquer des vidimus
et c'est sur des transcriptions de ce genre que nous avons trouvé le grand sceau de
l'officialité do Chambéri poui- l'Évéque de Grenoble.
La plus ancienne est le vidimus de la prestation de serment de fidélité du comte
Amédée de Genève au comte Amédée Vili de Savoie. Il est date de Chambéri du 2
Mai 1390 sous l'épiscopat d'Aimon de Chissey (1) et nous fait connaìtre l'officiai alors
en fonction, Guigue Bcczon, d'une famille notable de Chambéri, dont un membre Jean
Beczon alias Vulliod a été trésorier du due Charles II et a fait construire à ses frais
le grand portail de la cathédrale de Chambéri (alors église des Franciscains) sur lequel
ses armes sont répétées jilusieui-s fois : Elles sont sculptées le long de la galerie qui
occupe le milieu de ce portail et entremclées aux initiales du fondateur J. V. Ces
armes sont alternativement celles des Beczon, autrement dit, Vulliod un sautoir et celles
lUi fondateur parties avec d'autres armes , peut-étre celles de sa femme : un nrhro
nrrnchi- accompagne de deux étoiles meubles que nous trouvons dans l'écu des Chainey
de Benne en Faucigny. avec les émaux suivants, d'a->o' mi rhene nrruchc dr siiiopìr
(1) Archic. du Royaume - Duchó de Genevois - Paquet S, u' 2.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 291
accoste de deux étoiles d'argent. Nous n'hésitons pas à reproduire ce petit inonument
héraldique relatif à une famille chambérienne.
Le second vidiraus oii nous avons copie notre sceau, qui y est bien conserve, est
celai d'une charte d'Amédée Vili, par laquelle le Comte de Savoie enlève le comté
de Genevois à Humbert de Villars (1). Il est du Iti Juillet 1417 sous l'épiscopat
d'Aimon de Chissey et autbentiqué à Cliambéri par Pierre Veromey {Vrromcsii) offi-
ciai qu'il nous fait eneo re connaìtre (2).
Nous avons cncore trouvé le niéme sceau, toujours en ciré rouge mais recouvert
de papier et comme les deux précédeuts pendu à une krge bande du parchemin au
vidimus authentiqué par l'officiai Nicod Passin JS'ijcocIhs Passini à Chambéri le 10
Janvier 1457, sous le pontificat de l'cvéque Sybond Allamand, de lettres-patentes du
roi de France Charles VII du 9 Décembre 1456 par lesqueUes il atténue les exigences
du traité de Cleppié près de Feur du 27 Octobre 1452 passe avec le due Louis (3).
Outre le grand sceau de Tofficialité . cette pièce est encore corroborée par les
signes et les signatures de l'officiai et des deux notaires Jean Chappuis de Usinens et
Jean Choutagnie de Cliambéri.
Officiante du décanat de Savoie sous Laurent Allamand I.
1510 - ISlti.
Sceau rond de 26 millim.
Type : Écu aux armes de la famille du Prélat de gueules seme de fleurs de lys
d'or, à la bande d'argent hrochant sur le fout (4) surmonté d'une mitre et appuyé
contre une crosse mise en pai dont le sommet s'élève au dessus de la mitre.
Ldgende. En gotliique cursive:
Caiircntiutì 2lllonionòi .
Planche VI, fig. n" 87.
Ce sceau est imprimé sur ciré rouge au fond d'une boite cylindrique en fer
blanc et pend par des cordons de soie orange au bas d'un vidimus du contrat de
mariage du Prince de Piémont avec la fiUe ainée du roi de Chypre du 9 Aoùt 1421 (5).
(1) Archiv. du Royaume - Duchi' de Genevois - Paquet 10, u 5.
(2) Nous avons trouvé, à Chambiéri , gravós en caractères gothiques , autour d'un bénitier , les
noms d'un Johannes Verromesij de la méme famille piobablement que notre Officiai et donateur da
ce bénitier, qui était dans la cour du meuuier Collorab au boeage, lorsque nous avons relevé cette
inscription, il y a quelques années.
(3] Archiv. Municipales de Chambéri - N" 28 de l'ancien inventaire, tiroir B, n" 5.
(4) Chorier, Hist. du Dauphiné.
(5) Ce Prince de Piémont, du nom d'Amédée, mourut en 1431 avant son pére Amédée Vili , et
alors son frère Louis devint Prince de Piémont.
292 blGILLOGlìArHIE DE LA SAVOIE SCEAl'X RELIGIETX
Le vidimus autlicntiqué il Cliambc'-ri par Guillerme Corterii vicaire . officiai du dé-
canat de Savoie poui- l'évèque Laurent AUamand est du 27 Aoùt 1510 (1).
Le méme sceau figui-e, mais cette fois dans une boite cylindrique en bois, au bas
du vidimus des lettres par lesquelles le comte de Savoie Amedée V accorde à Nantelme
seigneui' des Urtières l'oninimode juridiction sur le fief de ce noni en 1296. Le vidimus
est authentiqué à Ohambéri le 31 Janvier 1510. L'officiai est Claude Le Bret (2).
Laurent I Allamand, d'une puissante famille du Daupliiné, uujourdliui éteinte, a
été Evéque de Grenoble de 1485 envirou à 1530. C'est le second Évéque de cette
famille que nous avons rencontré: Il y en a encore eu deux autres sur le mème
siége; son successeur Laui'ent II Allamand (1530-1561) et plus tard Ennemond Al-
lamand (1707-1719).
Pierre II Scarron
1632.
Sceau ovale de 28 millini.
Type: Les armes de la famille de l'Évèque: d'aznr à la bande hretesscr , dans
un écu en accolade surmonté d'une couronne de comte et d'un chapeau d'où pen-
dent des houppes 1, 2, 1, sans legende.
Planche VI, fig. n 88.
imprimé sur ciré rouge entre deux papiers et perni par une bande du velin au
bas d'un acte du l" Aviil 1(532 date de l'église S'-Léger de Ohambéri pai- lequel
la tonsure est donnée à un nommé Jaques Arestan fils de feu Francois Arestan et
de Marthe Moy, et qui est signé par le secrétaii-e épiscopal Ducouz. On y voit que ce
sceau est celui du cabinet de l'Evéque, sigillo ramere nostre, y est-il dit. Le Prélat
y prend aussi le titre de doyen du décanat de Savoie uni à perpétuité il l'épiscopat
de Grenoble decano decanatus Sahaudie episcopatm nostro perpetuo uniti (3).
Pierre Scarron 'X été Évéque de Grenoble du 27 Mars 1621 à 1670. La cou-
ronne au dessus de l'écu s'expli(iue par le titre de Prince de Grenoble qua les Evé-
ques de cette ville ont pris et porte jusqu'à la revolution.
Officiante du Décanat de Savoie.
Sons Pierre li Scarron.
1632.
Sceau rond de 36 millim.
Type: Un écu comme le précédent, aiix armes du Prélat, surmonté d'une mitre et
d'une Grosse, au dessous, deux branches de laurier. Gros gi-énetis en place de la legende.
Planche VI, fig. n» 89.
Sceau en placard sur ciré rouge couverte de papier, au bas d'une circulaire de
l'officiai du diocèse de Grenoble dans le décanat de Savoie Jean Vissol, datée de
(i) Archiv. du Royaume - Mariages - Paquet 10.
(2) Ibid. » 1.
(3) Coli. F. Rabut.
l'AK A. DIFOUR ET F. RABUT 293
Chambéri le 0 Septembre 1632 (1). Cette circulaire adressée aux curés àia sollici-
tation du Cardinal Maurice de Savoie a pom- objet de faire avertir le peuple aux
offices, que tous ceux qui ont ou qui savent où se trouvent des titres et des con-
trats relatifs aux abbayes d'Aulps et d'Abondance, appartenans au Cardinal, aient
à les restituer. On sait que le cardinal Maurice était abbé de ces deux maisons
et qu'il se démit de ces abbayes poui' se marier avec sa nièce Louise sceur du due
Charles Emmanuel II (2).
Officiante du Décanat de Savoie.
Sous Enncmond Aììamand.
1728.
Sceau ovale de 32 millim.
Type : Les armes des AUamand dans un écu ovale surmonté d'une couronne
ducale accostée d'une mitre et d'une crosse et supportò par des arabesques. Cbapeau
et houppes d'Archévèque.
Legende :
ENNEMONDVS ALLEMAND EP^ ET PRINCEPS CRATIAN^
Planche VI, fig. n" 90.
Ce sceau a été mis par l'officiai Deville le 5 Décembre 1712 à Chambéri au
bas de la légalisation de la signature du chantre et chanoine de la S'^-Chapelle. Mar-
tini, qui avait expédié un extrait de baptOnie dn sieur Charles Henri Salteur fils de
Philibert Salteur M" de Samoens et de dame Louise de Loche né le 20 Juillet 1704.
Cette pièce figure panni les pièces jointes à la présentation faite par le roi Victor
Amédée au Pape pour faire pourvoii* le jeune Charles Henri Salteur de l'abbaye de
N. D. de Sixt en Fancigny (3).
L'évèque Knncinond Allamand se servait d'une sceau tout-A,-fait semblable au
précédent, seulement do plus grande dimension (45 niill. au lieu de 33); nous l'avons
vù sur plusieurs actes (4).
F. ÉVÉQUES DE BELLEY.
Jean II.
1255.
Sceau ogival de 50 millim.
2"ype: Le Prélat debout, mitre, revétu de la chasuble en pointe. et du pallium
bénissant de la main droite et tenant de la gauche une crosse tournée en dedans.
(lì Archiv. de l'Économat general • Abbaia de S'-Michel - Paquet i.
|2) Voyez le Cardinal Maurice de Savoie, pag. 5.
(3) Archiv. du Ro'jaume - Abbave de Sixt - Paquet 1, n» 16.
(4) Coli. F. Rabut.
294 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEALX KEI.IGIEI'X
Legende. En capitales gothiques:
S • lOhlS ■ €PISCO B€LLIC€NSIS .
Planche VI, fig. u" 9).
Ce sceau en ciré jaune pend par une bande de parchcmin au bas de l'acte de
donation par le comte Philippe de Savoie et de Bourgogne d'une dot à Béatrix sa
nièce, la grand Dauphine, fillo de Pierre II en 1208 le uiercredi avant la fete des
Ss. Simon et Judes (1). L'Évéque est intervenu il cet acte avec Lambert abbé d"Haute-
combe et tous les deux y ont fait mettre leur sceau.
Nous avons aussi vù ce sceau au bas d'une donation faite par Pieire Bouvier
sire de Chàlons il Béatrix fille d'Amódée IV qu'il va cpouser, la mème année 12G8 (2).
La tradition rapporto que Tévèché de Nyons a étó transporté à Belley. où la
sèrie des Prélats commence vers 412 (3). Cet évèché dépendait de la province ecclé-
siastique de Besan^on et s'étendait avant la revolution en partie sur le territoire du
Hoyaume de Franco, et partie sur le Duché de Savoie, savoir : sur la portion com-
prise entre la rive gauche du Rhóne et la rive droite du Guiers. à l'ouest: le lai'
du Boui'get et la chaiue de montagne (jui s'étend du nord au sud depuis ce lac vers
le Mont-du-Chat jusqu'au Guiers, il l'est. Les principales paroisses en étaient S'-Jean
de Chevelu, Yenne, Verthemex, S'-Genix, Novalaise. Nances, Lépin, Aiguebellette. La
Bridoire, La Banche, Pont de Beauvoisiu, etc. La plus grande partie de ce petit
évéché s'étendait d'ailleurs sur la Eresse, le Valromey, le Bugey qui ont appartenu
pendant environ trois siècles à la liaison de Savoie avant le traité de Lyon de 1601.
Voilà pourquoi nous voyons souvent les Evèques de Belley intervenir dans les actes
officiels de la famille des Comtes et des Dues de Savoie.
Jean II est Évèque de Belley en 1255. Cette année là, il prononce avec d'au-
trcs arbitres une sentence relative à la succession de Thomas de Savoie (4). En 1258
( Décembre ) il transige avec Humbert abbé de S'-Oyen , relativement à l'église de
Virieu. Nous 1 "avons vù inteiTenir en 1268 aux mariagcs de la princesse Béatrix
fille de Pien-e II avec le dauphin Guigue VII . et de Béatrix la jeune , dite Con-
tesson, avec Pien-e de Clullon. 11 scelle encore le testament du comte Pierre. Enfin
en 1269, il appose son sceau à un acte passe entre le comte Philippe et la Com-
tesse de Savoie (5).
On ignoro à quelle famille appartenait ce Prélat.
Berlion II d'Amesin ali(i>i Werlio.
1273.
Sceau ogival de 59 millim.
Typc : Le Prélat debout sur une console ornée de larges feuilles . tient de la
main droite une eresse et de la main gauche un livie appuyé contre sa poitrine.
(1) Archiv. du Roi/aume - Mariages - Paquet 2, n" 2.
(2, Ibid. « 2, n" 6.
(3) (ialHa Christiana, tom. XV.
(4) Monum. hist. palr. chartarum, tom, li, pag. 1521.
(5) Gallia Christiana.
l'AK A. DlFOri; ET F. RABIT 295
Dans le tliamp , à droite de l'Évéque , une rose et à. gauclie une fleur de lys
héraldique.
Legende :
S • B€ -LIONIS • €PI : B€LLIC€N .
Sif/illiini Bfrlianis episcopi Bellicensis.
Planche VI, fig. n" 92.
Ce sceau de ciré pend par une doublé bande de parchemin à un vidimus du
mois d'Aoùt 1273 de l'acte de fidélité et hommage prete le 16 Juin 1263 par An-
thelme seignem- de Miolan au conite Philippe de Savoie (1).
Les deux petits types accessoires de ce sceau ne sont pas . comme on pourrait
le croire, des meubles de l'écu de la Pamille du Prélat. La famille savoisienne d'Amesin
cu d'Ameysin portait en effet (Varyent à la bande de gueule cìiargée de trois coquilles
d'or (2), on peut y voir plutót des emblèmes religieux. hi rose ììiystique et le hjs de
la calice.
Amesin est le noni d'un hameau ile la ville de Yenne qui a donne son nom à
catte famille illustre aux 13' et 14' siècles. Berliou est dono un Prélat savoyard.
Guichenon et l'auteur do la (iallia citrìstiana ne sont pas d'accord sur le rang
clu-onologi(jue de ce Prélat. Ce dernior reproche à Guichenon d'avoir niis Bernard V
après Berliou li ; il inet au contraire Berlion II après Bernard V, et il est dans le
vrai. Voici d'ailleurs les dates certaines quo nous avons trouvées pour ce personnage.
De 1264 à 1268, Berlion d'Amesin était chanoine de Vienne et fut procureur
du comte de Savoie Pierre II. En 1268, il fut l'exécuteur testamentaire de ce Prince
mort cette année là. (8).
On trouve Berlion dójà Kvé(iue de Belley en 1272 d"après Guichenon et la Gallia
clirisUana; nous le voyons signor un vidimus en 1273; il figure encore en 1280 dans
une charte publiée dans les Monumenta hisit. patriae (4). La méme année, 1280, Gui-
chenon traduit ])ar A\'illaume les doubles \\ dans lesquels l'auteur de la Gallia re-
connait plus ju-stoment les initiales de Werlion ou Berlion, ce que corrobore la charte
des Monumenta. Guichenon lo retrouvc encore en 1282. Tout cela nous permet d'étre
déjà sur de la duróo de l'épiscopat de Berlion, 1272 à 1282 et méme probablement
à 1285, date de l'avénement de son successeur.
Pierre III de la Beaume.
1290-1297.
Sceau ogival de 50 millim.
Type : L'Évéque debout bénit et tient la crosse .- à droite une étoile à plusieurs
rais et à gauche un croissant (le soleil et la lune).
J] Archif. du Royaume - Savoie - Miolan - Paqnet fl4, n» 2.
(2) A. De Foras, Armorial et nobil. de Savoie.
(3) WiiRSTEMBERGER, Hist. du comte Pierre de Havoie.
(4) Charlarum, tom. 1 , pag. 1527.
296 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEVX
Legende: En capitales gothiques:
+ S ■ P6TR1 ■ D€l • GRA • €PI ■ B€LLIC€N •
Sigillmn Pctri Dei gratta Episcopi Bcììiccnsis.
Planche VII , fig. n° 9:1
Ce sceau en cii'e rouge perni par une doublé tresso de soie de la raéme cou-
leui- à un acte du 31 Janvier 1297. Le Prélat , comme délégué du Pape, confirme
le patronage de l'église de S'^-Cathérine d'Aiguebelle au Due de Savoie (1).
Nous ne savons à laquelle des nombreuses familles de la Beaume ou Baume ou
Balme rattaclier nòtre Evé(iue. 11 y a cependant quclques présomptions . il raison de
la localitó , cn faveui- de la famille de la Baume en Vali'omcy dont le plus ancien
représentant connu est un Humbert mort avant 1306 et qui poiuTait avoir été le
frère du Prélat dont le prénom Pierre est porte par un des fils (2).
Pierre III a siégé de 1285 à 1298. Il avait pris parti en 1287 pour l'évèque
de Genève Guillaume qui accusait le Comte de Savoie do ravager ses terres, et
qui s'opposait à ce que le Comte mit le pied dans Genève pour y exercer les
droits du Comte de Genevois. Il mit fin en 1200 à des dissentiments qui existaient
entre les Comtes de Savoie et les Evèques de Belley à propos de juiidiction sur Kos-
sillon et Belley, et paya au Comte 100 livres viennoises con tre quelques coucessions
que lui fit ce Prince (3). La móme annèe 1290, ce fut en sa présence que la prin-
cesse Marguerite renouga en faveur de son pére Amedeo V à un legs de iJOOO livres
viennoises que lui avait fait sa mère Sybille de Baugé, le 6 Janvier.
Thomas II.
1310.
Sceau ogival de 50 millim.
Typc : Meme type que le précédent. sauf que le Prélat tient la crosse oblique-
ment devant lui et que le fond du sceau est couvert d'un treillage avec un point
dans les vides.
Legende :
HI- S • ThOMe • Dei • G LIC6NSIS • ePI • ■ •
Sigillmn l'/ionie Dei gratia BcUicensis Episcopi.
Notous que le petit sautoii- qui termine la legende entro deux points n'est pas
une lettre, mais un simple ornement, peut ótre un meublé des armes de la famille
du Prélat.
Planche VI , fig. n" 91.
Ce sceau d'un élégaut dessin pcnd par deux tresses de soie au bas du vidimus
d'un acte de donation par Marguerite de Savoie marciuise de Montferrat au comte
|)) Archives du Royaume - FJónéfìces delà les monts - Paquet 1, n" 4.
(2) A. De Foras - Armorint et nobil. de Savoie.
(3) Oaltia Christiana, toni. XV. Paris, 1860.
PAR A. DUFOrB ET F. RABIT 297
Amédée V son pere d'une somme de six mille livres viemioises que sa mère Sybille
de Baugé. la première femme du Comte. lui avait légué par son testament. La dona-
tion est du G Janvier 1290 : Le vidiraus scellé par l'évèque Thomas II est du mois
de Décembre 1310 (1).
L'évèque Thomas II était inconnu à Guichenon et aux frères de S"'-Marthe. La
Gaìlia Christiana le signale comme ayant prète foi à son métropolitain l'archevèque
de Besan^on Hugon, le 22 Janvier {XI lìes Kalendcs de FiUrirr) 1309. L"acte ou
pend notre sceau constate son existence à la fin de l'année 1310. Le martjTologe des
Bènèdictins de Nantua donne le jour de sa mort le 19 Avril XIII Cai. wnii Thomas
episcopiis hellicensis dr Congregationr nostra et nous apprend en mème temps qu'il
avait été religieux de Tordre de S'-Bénoit. L'année n'est pas indiquée. comme dans
la plupart des obituaires, mais ce ne peut étre plutòt que l'année 1311. Son suc-
cesseur Jaques de S'- André siége de 1325 à 134(3.
Guillerme III.
1432.
Sceau ogival de 62 millim.
Type: Deux niches en style ogival de dimen^iions et d'ornementations diverses :
au dessus de leurs clochetons une sorte de fronton commun aux deux niches et surmont»'^
d'une croix tréflée. Dans la niche de droite, la Vierge debout. tenant l'enfant Jésu ;
dans la niclie de gauche un S'-Jean Baptiste dobout. tenant un agneau. Au dessous
de la niche de droite, un écu ogival dont Ics meubles sout un pan de mur pose en
fasce ajouré d'une porte et accompagni en chef de deux roses et en pointe d'une
étoile. Au dessous de la niche de gauche, un personnage agenouillé, nù tète, les mains
jointes, dont la robe coupé la legende. Le tout d'un mauvais dessin ainsi que la legende,
en minuscules gothiques, très-barbare.
Legende :
tì . tUulUfrmi bflicfntìiij rpi .
L'S est renversé , la legende est terminée par un rameau.
Pianelle VII, fig. q" 93.
Sceau de ciré jaune enfermé dans une boite de mème forme en fer-blanc et pendu
par un cordon de soie rouge à la transaction passée entro le Due de Savoie et les
Prélats de Tareutaise. de Maurienne, de Belley et d'Aoste (2), sur des contestations
relatives à leurs juridictions. le 16 Janvier 1432. Cet acte a été publié par Besson,
au n° 99 des prcuves de ses Memoires poiir l'histoire eccle'siastique.
L'évèque Guillaume Didier a siégé de 1430 à 1437. Il a été témoin. dans la
charte d' Amédée Vili relatives à la reconstruction des murailles d'Évian. A quelle
(1) Archie. du lio'/fiums - Testaments - Paq'iet I, n" 22.
(2; .)ean de Bertrand; Aimon Cierbaix; iìiillaume Didier et Ogier Morisetti,
Serie II. Tom. XXXIV . 38
298 SIGJLLOGRAPHIE DE I.A SAVOIE SCEAUX REI.IGIEIX
famille Didier appartenait-il ? Il y a eu plusieurs familles nobles de ce noni en
Champagne , en Maurienne , en Val d'Aoste et ailleurs , mais leur blason n'est pas
<lu tout celui qui figure sur nòtre sceau , qui est en conséquence une nouvelle con-
quète héraldique.
G. ÉVÉQUES D'AOSTE.
Philibert Milliet.
1658.
Petit sceau ovale de 32 milliin.
Typc: Un écu en accolade aux arnies de la famille Milliet, comme elle les portait
après le mai-iage de Pien-e Milliet avec Amblaide de la Roche Gavit, savoir : ÉcarteU
aux \" ft 4* (Vargent à la fasce de gueules accompngn&. de deux devises de méme,
au lion issant en chef de sinopie lumpasse de gueules: aux 2' et 3' de gueules
à la bande d'argent accom pugne f de deux cottices de méme, qui est de Garit la
Roche et sur le tout l'écu des Milliet: d'azur au chevron d'or charyé d'un tiiitre
chevron dr gueules accompagné de trois ctoiles d'or. Au dessus le chapeau avec
houppes 1, 2, 1.
Legende :
FILIBER • MILLIETVS • EPVS • AVGVSTEN •
Philibertus Millietus Episcopus Augustensis.
Pianelle VII, fig. n° 96.
Ce sceau est plaqué sur la nomination de K. Nicolas Pascalis prévót de l'église
d'Aoste aux fonctions de Vicaire general eu date du 11 .Tuillet 1G58 (1).
Philibert Milliet était le 21' et dernier fils de Francois Amédée Milliet; sa mère
était demoiselle Diane Corte. 11 avait été chanoine régulier. Promu à l'évèché d'Aoste
en 1657, il n"y resta pas deux années et fnt transféré à l'évèchr- d'Ivrée vers la fin
de l'année suivante 1658.
L'évèché d'Aoste a été, pendant les premiers siècles du moyen-àge, suffragant
de l'archevéché de Milan et vers le milieu de cette periodo sans (\\ie la date en soit
connue, il rcleva de l'archevéché de Tarentaise. Nous ne donnerons que les sceaux
qui se rapportent aux Prélats savoyards que nous avons pfi rencontrer.
(I) Archiv. partk. du Chanoine Bérard à Aoste.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 299
Officiante du diocèse d'Aoste
sous Philibert Albert Bally.
1690.
Sceau ovale de 25 millini.
Type: Armes de l'évéque Bally dans lécu duquel figui-e un lémer passant
sur un terrein mouvant de la iiointe. Sur l'écu, une couronne de Comte ; au dessus,
une mitre et une eresse: plus liaut. un chapeau avec houppes d'archévéque.
Legende: presque complètement illisible:
S • VK
^lanche VII. fig. n" 97.
Sceau en placard sur une lettre circulaire du vicaire general et officiai Ribitel
poui- réunir, d'ordre du Prélat, tout le clergé du diocèse. afin de délibérer sur une
affaire pressante quo demanda le Due de Savoie (aloi-s en gueiTC avec Louis XIV
roi de France) , et pour recommander à ce clergé des prières publiques et particu-
lières à l'occasion de la guerre, fette lettre est du 30 Mars 1690 (1).
Pbilibert Albert Bally né à Grési en Savoie, religieux barnabite, fut Évèque
d'Aoste de 1659 à 1691. Ce fut un personnage tròs-original, un écrivain fécond en
tous genres. Le P. Barnabite ,1. M. Albini a public sa biografie en 1865 (2). Nous
nous proposons de publier un certain nombre de lettres inédites de l'évéque Bally,
qui jeteront un nouveau jour sur ce Prélat comme diplomate. Nous ne connaissons
pas les émaux des armes de ce Prélat. Il y avait en Savoie une famille Bailly d'Albi
qui portait de giieuìrs à un chrvro» d'or accompagne dr froin etoilcs de mcme et
d'ìcii eroissant de ìiièìiie en chef.
Déjà, avant Albert Bally, d'autres savoyards avaient siégé à Aoste, quoiqu'au
dc-là des monts et entr'autre : Humbert II de Villette au 1 3" siede , Pierre IV de
Sonnaz en 1400 et Pliilibert Milliet son prédécesseur ; mais il y en eut surtout après
lui ; Alexandre Lambert do Soirié, Francois Amédée Milliet, Jaques II Rambert. Jean
Guillet, etc.
FranQois Amédée Milliet.
1699-1727.
Sceau rond de 52 millim.
Tyjìc : Armes de la famille MilUet. Beartele V et 4" d'argent à la fasce de
gueiiles accompagnee de deux devises de méme au lion issant en chef de sinopie ;
aux 2'' et "A" de gueiiles à la bande d'argent accompagnc'c de deux cottices de méme
(1) Commiiniqué par M. Bérabd Clianoine à Aoste.
(2) Turin - Sb. Franco, iii-B", avec portrait.
300 SlOILLOflBAPHIE TiE I.A SAVOIE — SCEAUX REL1G]EIX
et sur II font rrcn il<- Miìlift daus un cartouche suniionté de la mitre, «le la crosse
et du chapeau d'Évéque qui est soutenu par deux anges.
Legende: Une coquille entre deux tleuions.
FRANCISCVS • AMEDEVS • AAILLIET ■ EPISCOPVS • AVCVSTANVS •
entre un tìlet et un grenetis.
Planche VII, fig. n° 98.
Un autre sceau ovale du nii-nie Prélat présente le méme type moins les deux
anges. et la méme legende moins les tìeurons et la coquille.
Nous avons déjà parie de F. A. Milliet à l'occasion du sceau de ce Prélat corame
archevéque de Tarentaise (1). Il avait été d'abord doyen et vicaire general du Chapitre
de Tai-entaise puis en 1G99 à l'age de 3(J ans livéque d'Aoste, où il siégea jusqu'au
moment où il fut promu à larclievéché de Tarentaise en 1727. Pendant son épiscopat
à Aoste, il embellit son chàteau de Charvensod et fit de nombreux dons à son église
et aux pauvres.
Pierre Francois de Sales.
1774.
Sceau ovale de 32 millim.
Type : Un écu ovoide aux armes de la Maison de Sales, surmonté des insignes
épiscopaux, mitre, crosse, cliapeau, et d'une couronne de comte.
Legende :
PETRVS FRANCISCVS DE SALES EPISCOPVS AVGVST •
Planche VII, fig. n" 9'J.
Plaqué entre deux papiers sur Tacte d'union, déclarée pai* le Prélat, de la chapelle
de N. D. des Gràces de S'-Sébastien et de S'-Rocli dans la paroisse de S -Cristophe,
avec la chapelle de N. D. de Pitie de S'-Pierre et S'-Léonard d'Aoste, le 8 Juillet
1774 (2).
Pierre-Francois, et non l'^ian^ois comme le disent Besson et la plupart des généa-
logistes descendait. en ligne directe et par plusieurs générations, de Gaspard de Sales
seig' de Brens, cousin de S'-Fran^ois de Sales. Pierre Francois était fils de André de
Sales seig'' de Vuad et de Marie Domen du Songey d'Arbusigni. Il avait été pourvu
tout jeune d'un canonicat dans l'église de Genève, puis de la cure de Chilli et du
doyenné de Ilumilli. Il fut sacre Évéque d'Aoste il Rome le 23 Avril 1741, prèta
serment :\ Turin lo 31 Mai et fit son entrée solennelle il Aoste le 29 Juin de la
méme année: il mourut en 1783. le 29 9*"".
(1) V. page 31. Planche 11, fig. n° 14.
{2) Archiv. du Koyaume - Bénéfìces de-là Us monts - Paquet 3, n« 9.
l'AK A. TìIKOlK ET F. KABl'T 301
Pierre Francois de Sales vivait ilans la plus grande intimité avec le pape Benoit XIV
qui le créa Prélat domestique et assistali! da tróue pontilical.
Nous pouvons doiiner sur ce Prélat une anecdote peu connue mais assez curieuse
et fort intéressante (1). il s"agit d'un accideiit qui faillit sinon compromettre, retarder
du moins ou ajourner son élection. Ce fut pendant le voyage qu'il fit avec d"autres
abbés, préconisés cornine lui , pour se rendre à Rome où ils devaient ètre présentés
au pape Bénoìt XIV pour les formalités d'usage.
« Partis de Novare le 15 Mars 1741 vers les 2 lieures après midi, dit l'abbé
» de Sales dans le rapport qu'il dut présenter, nous espérions aniver à Milan avant
» la iiuit, mais à peine sortis d'Olmo, dernier relai de poste, iious fiìmes assaillis
» par 6 ou 7 brigands armés qui se jetèrent à la téte de nos chevaux et arrétèrent
» les voitures. (^n d'eux vint à moi et me cria , en me ména^ant de son pistolet,
» 0 I (Innari o la rifa.
» .le crus d'abord ne pouvoir mieux faire <iue de me recommander ti Dieu et
» à mon patron S'-Franrois de Sales, puis j'a])pellai à mon aide le chev. Porporati,
» mais celui-ci n'était guères dans de meilleuros eaux que moi, je me décidai alors
» à dire à mon domestique de donner au voleur l'argent qu'il convoitait : mais, soit
» qu'il y iiiit peu ili' honiii' volonté ou ]ieu d'empressement, le voleur perdit patience
» et se mit à lui porter quelques couj)s de la eresse de son pistolet.
» Co fut alors qu'il me vint l'idée de me débarasser de ce visiteur incommode
» et de le mettre. sans le tuer, dans l'iinpossibilité de nous inaltraiter davaiitage ;
» je pris un pistolet i|ue j'avais dans la volture et le dirigeant sui- lui à l'épaule
» droite , je tis feu : Le voleur, qui s'attendait peu à ce résultat de son attaque ,
» fut renversé du coup et s'écria en tombant: Jo son morto.
>■> Proiitaiit de ce moment, je sautai à bas de la voiture et me jetai, pour in'y
» cacher . dans un fosse plein d'eau que j'aper^u il qiielque pas au bord de la
» route. Bientòt j'entendis (Quelques coups de pistolet, le roulement des voitures qui
» s'éloignaient, puis un va et vient des voleurs qui avaient remarqué ma disparition
'■> et qui proféraient contre moi, en me chercliant. les plus atroces menaces. Au bout
» de quelques instants , ne voyant, ni n'entendant jdus personne , je sortis de ma
» cachette et me dirigeai à pied sur Milan, où je retrouvai sains et saufs tous mes
» compagnons ».
Le Pape, instruit du fait, réunit son conseil (jui, le 9 Avril, rendit une sentence
favorable à l'al)bé de Sales. On sait qu'il fut sacre Evéque d'Aoste le 23 Avril 1741.
Jean-Baptiste-Marie Aubriot de la Palme.
(18UI-1823).
Cachet ovale de 24 millirn.
Type: Armes de la famille du Prélat, d'arycnt à deux x)ahni-s de sinopie pas-
sres cu sautoir <d surmontdes d'une couronnc de laurier de niéme, au chef d'azur
(1) Roma - Lettere Ministri - 1741 - Lettere del Contedi Riveia, Ambasciatore di S. M. il Re di
Sardegna presso la Corte di Roma.
o02 SIGILLOGRAPHIE DE I.A 5.AV0IE SCEAUX RELIGIEUX
cfiarge d'un cnsque d'urgcni , dans un cartouche avec couronne de cointe , mitre ,
Grosse et chapeau d'Évèque.
Sans legende.
Plancho Vii, fig. n" tOU.
Se trouvo sur plusieurs lettres de cet Évéque ejcistant aux arcliives de l'Économat
general à Turin.
L'évéque J.-B"' de la Palme est né dans le domaine patrinionial de la Motte-
Monfort près de Chambéri en 1753. Il a été chanoine et directour du séminaire de
Chambéri en 1780. Emigré pendant la période révolutionnaire, il a écrit à cette epoque
plusieurs ouvrages de théologie : Entretien familier d'un émis.sair'e constitutionneì
atee un cntholiqnr de C. (Chambéri); Sccours reìigicux : Frincipes catìtoliqucs
JKstifies etc.
11 succèda à M. André de Maistre sur le siège d'Aoste en 1810 A l'àge de
(>6 aus , consacrò à Turin le 1 1 Juillet . il y préta serment le lendemain, et prit
possession le 30 Juillet de la méme annéc. Quatre ans plus tard, le 20 Juillet 1823.
il renon^a à l'épiscopat et se retira à Chambéri où il mourut en 182(), le 8 Février.
Les armes des la Palme sont quelquefois blasonnées comme suit : coupé d'azur
un casquc d'urgent pose de face et d'argent à dettx branchcs de imlmier de sinopie
passées en sautoir et chargées d'une couronne de ìaurier de niènie (1). C'est sans
doute cotte exprossion chargée , au liou de sumiontée , qui a fait représenter dans
l'armorial et nobiliah-e de M. A. de Foras. cette couronne comme entrelacée dans les
deux branches de palmier, ce qui est d'un joli aspect, comme dessin, mais contredit
par le petit raonument que nous publions. La couronne de comte rappelle le titre de
comte de Cogne que portaient les évèques d'Aoste.
André Jourdain.
(1832-185...)
Sceau rond de 37 millim.
Type : Armes de l' Évéque: de sabìe à In bande onde'e d'argent, accompagnee de
deux palmiers de sinopie sur une ferrasse de niéme, dans un cartouche surmontc des
omemens ordinaires : couronne de comte, mitre, crosse , croix et chapeau A houppes.
Legende :
«j ANDREAS JOVRDAIN EPISCOPVS AVGVSTENSIS
ET COMES CO ■ . . [Cognie]
Plancho \|l, fifr. n" 101.
D'après une empreinte communitjuée par M' le chanoine Bérard. On y Toit que
le Prélat prend son titre de comte de la vallèe de Cogne sur laquelle ses prédécesseui-s
(I; Archiv. de l'Ècmwmat.
VAR A. DIFOUK ET F. RABUT 303
avant la revolution et dès le 13*^ siede avaient une autorité < jxx rf tìoììiiuluni ) égale
à celle des princes dans leurs Btats.
Mgr. Jourdain a été évéque d'Aoste de 1832 à 1859. Il est né à Notre Dame
du Villars en Mauiienne en 1780. Las armes qu'il a choisies sont des armes parlantes:
la bande ondée figurant le fleuve Jourdain comme dans les armes de Sallanche ,
où le chevron onde figure le confluent des deux Sallanches. Son portrait a été li-
thographié à Chambéri par le peintre Guille. Mgr. Joui'dain était commandeur de
rOrdre des Ss. Maurice et Lazare. Il est mort à Aoste le 29 Mai 1859.
ti. ÉVÈQUES DE LAUSANNE.
Guillaume de Champvent.
1293.
Sceau ogival de 50 niillini.
Typc: Le Prélat debout , bénissant et tenant la eresse, accoste d'un croissant
et d'une étoile à six i-ais (soleil). ,
Legende :
VILLERfni ■ DEI . C . €P1 LAVSA
SiijiUiiiii Vilìifiiii Jhi f/riit/d Kpiìicopi Lduttdììììeììsix.
Planchfi VIF, fig. ii" 102.
Ce sceau en ciré jaunc^ pend \)a\- une doublé l)ande du parchemin à un com-
promis fait entre les comtes Amédée de Savoie et Amédée de Genevois il propos du
nbàteau de Genève, en présencc de Guillaume évéque de Lausanne et de Aymon de
Quart prévót de Lausanne et précenteur de la grande église de Lyon, le 10 X'""' 1293
à Aix (1). Cet acte a été publié par la Société d'histoire et d'arcbéologie de Genève
dans le VILI volume de ses mémoires. ainsi (lu'uii autre acte du 30 Décembre 1287
auquel il se réfère (pag. 257 et 272).
Les lOvéques de Lausanne jìarvinrent de benne lieure à relever directement de
l'Empereur et pour conserver lem- indépendance. ils contìaient l'avouerie à des seigueurs
voisins qui étaient leurs protecteurs . tels que les (Jomtes de Genève , les Ducs de
Zceringen, les Seigneurs de Faucigny etc. ; apròs une ({uerelle avec le Sire de Fau-
cigny, l'Evéque raclieta l'avouerie en 122(5. Mais alors la lutto s'engagea avec les
princes de la Maison de Savoie qui possódaient dès le 13' siècle la plus grande
partie des terres du pays de Vaud. Ces terres sont domiées en apanage à Louis de
Vaud frère d'Amédée V, mais elles sont raclietées et rentrent dans les domaines de
la branche ainée en 1359.
Dès 1200, l'évéque Jean accepte la ju-otection du comte Pierre et lui cède la
moitié du pouvoir temporel. Ces conditions furent renouvellées en 131tì et 1343 et
(1) Archiv. du Royaume - Duchi' de Genevois - Paquet 2, n" i\ et Genève, )fr" catég" • Paquet 5,
n" 3.
304 SIGILLOGRAPHIE DE l.\ SAVOIE SCEAIX RELIGIEl X
pendant plus de deux siècles nous sommes , à Lausanne , sui- teiTe savoyarde. Nous
trouvons, pendant ce temps, les Évéques de Lausanne mélés aux affaires des Comtes de
Savoie. C'est pourquoi nous raettons ici les sceaux de trois Evèques de cotte période.
Guillaume a occupò le siége de Lausanne de 1273 à 1300. Il obtient en 12SHÌ
une charte de lempereur Albert qui défend à Louis de Savoie de continuer à frapper
des monnoies semblables à celles de l'Évéque de Lausanne (1).
Pierre d'Oron.
131(J.
Sceau ogival de 67 millim.
Typn: Le Prélat debout bénissant et tenant la eresse tournée en dehoi-s.
Legende :
S ■ P€TRI : D€l : GR : €PI : LAVSANEN •
l'ianche VII, fìg. n° 1(«.
Ce sceau en ciré noire pend par deux bandes du parchemin à un traité d"alliance
ou de confédération forme au mois d'Avril 1316 entro Guillaume comte de Genève,
Girard évèciue de Bàie et Pierre évéque de Lausanne contro Louis de Savoie seigneur
de Vaud, auquel ils réclamaient certains droits dont ils l'accusaient de s'étre eraparé
sui" leurs domaines (2). Nous croyons inédit cet acte qui a été signalé dans les tableaux
chronologiques de Cibrario et dans le régeste de la Suisse Komande.
Au dos de ce sceau est empreint un contrescel de petite dimension et de forme
ronde.
Type: Le chàteau que l'on voit sur les monnoies épiscopales de Lausanne, ou
plutót le sommet d'un éditìce religieux surmonté d'une croix pattée , au dessus de
laquelle se trouve uno autre croix semblable . (jui pourrait bien n'étre là quo pour
marquer le commencement de la legende.
Legende :
4- S • AIMONIS
Secr ef Hill Aìììiov/s.
Pianelle Vii, fig. n" )U-t.
Quel est cet Aimon dont le uom figure sur ce contre-sceau ? Est-ce colui du
prcvòt de Lausanne, Aimon du Quart. t[uc nous avons vu figurer dans l'acte de 1293,
au bas duquel pend le sceau de Guillaume ile Champvent ? Mais il ùtait devenu Evèque
de Genève en 1304 et il était mort en 1311! Serait-ce alors un de ses sceaux reste
à l'évéclié de Lausanne et dont l'évéque PieiTe se sei-vait comme contre-sceau ? Nous
ne pouvons trancher la question.
Pierre d'Oron a occui)é le siége épiscopal de Lausanne de 1313 à 1323.
(1' Mémoircs de la Suisse liomande, tome VII, pag. 75.
(2) Archiv. du Roi/aume - Duché de Gonevois - Paquet 4, a"
PAK A. DUFOUR ET F. RABUT 305
Jean de Rossillon.
(1335-1341).
Sceau ogiva] de G8 millim.
Type : Trois niches surmontées de clochetons artistement enchevètrés , occupent
les deux tiers du sceau: dans celle du milieu, plus grande que les autres, et ogivale,
la Vierge debout tenant l'enfant Jesus ; dans les niches latérales à plein cintre , on
voit à droite un Saint qui tient deux clefs (S'-Pierre) et à gauche un Saint qui
tient devant lui un attribut difficile à déterminer , peut-étre un agneau ( S'-Jean ) ?
Dans le tiers inférieur du sceau , on voit au milieu le Prélat agenouillé , mitre et
Grosse. Dans une niche à plein cintre, surbaissé et de chaque coté un écu ogival dont
le meublé est une croix pleine (armes des Rossillon ) de sable à la croix d'argnit.
Legende. En capitales gothiques :
S-IOlilS MISERATIONE D A . EPISCOPI LAVSAN .
Siglllum Jolumnis miseratione Divina Episcopi Lausannensis.
Pianelle VII, fig. u« 105.
Le médailler du Roi à Turi» possedè deux exemplaires de ce sceau, qui sont
détachés des chartes c^uils authentiquaient et tous les deux ont au revers un contrescel
différent. L'un d'eux en ciré verte pendait par des cordons de soie rouge. Son contrescel
anépigraphe a pour type un sautoir cantonné de quatre feuillcs de tre'fle et chnrgé
au centre d'une rose.
Planche VII, fig. n" loti.
L'autre pendait à une bande du velin. Son contresceau porte les quatre lettres
ORBA disposées en croix avec un jioint au centre.
Planche VII, fig. n" 107.
Orba, est le nom d'une ville ancienne du pays de Vaud ; Orbe, qui a appartenu
à la Maison de Savoie et qui est situé sur une rivière du méme nom.
/. ÉYÉQUES DE PIGNEROL.
Jean Baptiste d'Orlìé.
1749.
Sceau rond de 50 millim.
Type: Ai'mes de la famille du Prélat d'or à l'ours leve en pied de sable {1} ,
alias à l'ours accroupi de sable (2), mais avec un détail de plus, un collier au cou
de l'ours, dans un cartouche ayant poui- supports deux ours également accolés, avec
les ornemens épiscopaux ordinaires, couronne ducale, mitre, crosse et chapeau.
(1) Menétrier, Nouvelle meihode raisonné du blason.
(2) Besson ; - Archiv. de la Chambre, Blason.
Serie II. Tom. XXXIV. 39
306 SIOILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX
Légeììdf :
* JOHANNES • BAPT • EPISC • PINEROLIENSIS • ET ■ PREPOS •
VLTIENSIS •
Planche VII, fig. n° 108.
L'actp. où se trouve plaqué ce sccau nous a été communiqué par labbé Caffarati
cure de l'abbaye près Pignerol.
La famille d'Orlié de S'-Innocent est une des anciennes familles de la Savoie
qui n'est pas encore éteinte. Elle a donne plusieurs fonctionnaires à l'Etat et à lEglise.
Jean Baptiste nacquit à Chambéri en 1709; il fut dii-ecteur de la Superga et premier
Évéque de Pignerol en 1749. Nòtre sceau noua apprend qu'il fut aussi prévòt d'Oulx.
Il mourut en 1795 dans un àge très-avancé. Ses inandements ont été recueilUs et
publiés en un volume in-S" par les frères Reycend à Turin.
K. ÉYÉQUES DE DIE.
Amédée de Genève.
1256.
Sceau ogival de 45 millim.
Typc: Prélat debout bénissant et tenant la crosse tournée en dedans.
Legende :
JL. S • AM€D€I • DieNSIS • €PI •
Pianelle VII, fig. n" 109.
Sceau en ciré noire. pendant par une doublé attaché de fil à l'acte de donation,
faite par Agnès comtesse de Genève à son fils Rodolphc, du cliàteau de Cornillon, etc.
du 5 Octobre (8 nonas Oct.) 1256, acte où le Prélat, parent des parties, est témoin
avec le prieur de Talloires et le prieur de Pomier qui y ont aussi mis leurs sceaux (1).
L'évéque Amédée était fils de Guillaume II, comte de Genevois et de Alix de
la Tour du Pin qui cèda à son fils, frère ainé de rJJvéque, le comte Rodolphe, le
chàteau de Cornillon, le territoirc du Bornant, le fief de Duing et ses droits sur la
vallèe et les nobles des Clès et sur le Sénéclial d'Anneci, le tout contre une somme
de cent marcs dargent. Cette donation a été publiée dans les mémoires de la Société
d'histoire et d'archeologie de Genève (2).
Amédée de Genevois avait été chanoine de Lausanne en 1239, prévòt de Lausanne
en 1247, évèque de Die en 1251 jusqu'à sa mort. arrivée en 1275.
L'évéché de Die (Dea vocontiorum) passe pour un des plus anciens de la Gaule.
11 fut réuni à celui de Valence en 1276, mais il en fut séparé en 1687; et sup-
primé en 1790.
Nous avons trouvé un autre sceau de l'évr-quc Amédée, de la fin de son èpiscopat,
différent un peu du premier par la legende et par le dessin du type.
(1) Architi, du, Royaume - Ducbó de Genevois - Paqust 1, n" i3.
(2) Tome XIV, pag. 389.
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 301
Flanche VII, fig. n" llu.
11 pend par une tresse assez large de fil vert au testament du Prélat qui fait
héritier son neveu le comte Aimon li, à la date du 21 Janyier 1275, l'année de sa
mort. L'évèque de Valence, Amédée de Koussillon, met aussi son sceau à cet acte (1).
Le sceau de l'Evéque de Die porte au revers un joli contre-sceau de forme ronde.
Type: Buste du Prélat mitre accompagné d'un croissant et d'une étoile.
Legende :
A S- S€CR€TI • epi DVeN •
Siy illuni secreti Episcopi Dyensis.
Pianelle VII, fig. n" MI.
Le testament d'Amédée de Genevois a été publié par la Société d'histoii'e et
d'archeologie de Genève, Tome XIV, pag. 40.5.
Jean II de Genève évéque de 'Valence et de Die.
1287.
Sceau ogival de 67 millim.
Type : Le Prélat debout. bénissant et teuant Li eresse touniée en déhors.
Legende :
SFRIS- lOhlS ■ D S- €•• VALENTIN • €PI •
Sigìllum Fratris Johannis Diensis H Valentinensis Episcopi.
Flanche VII, fig. n" 112.
Pend en ciré jaune par deux baiules du parcliemin à l'acte du 22 Novembre 1287,
date d'Annemasse, par lequel le comte de Genève Amédée 11 promet de défendre le
comte de Savoie et de lui ètre fidèle , et donne pour garant de cette promesse son
frère Jean évéque de Die et de Valence, l'Archevèque de Vienne et les Evéques de
Langres et de Lausanne (2). Cet acte a été èdite par la Société d'hist. et d'archéol.
de Genève avec deux autres signés le mème jour , au mème lieu , cntre les mèmes
parties, qui terminaient ainsi leurs querelles (3).
L'évèque Jean était lils du comte Rodolphe dont nous avons parie précédemment
et de d."" Marie de Coligni. il est signalé en 1280 comme abbé du monastèro de
S'-Seine (Còte d'Or). 11 figure en cette quaUté dans le testament de son frère Aimon li
dont il est un des exécuteurs testamentaires. L'évécbé de Die ayaut été réuni en 1270
à celui de Valence cette année, Amédée I de Roussilloti et ses successeurs portent le
titre d'évéques de Valence et de Die. Jean li de Genève fut évéque de 1283 à 1297.
(1) Mais ce sceau, de grande dimension, est en très-mauvais état.
(2) Arehiv du Roi/aume - Duché de Genevois - Paquet 2, n° 6.
(3^ Regeste Genevois - Llllin et Lepori.
308 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX.
L. ÉVÉQUES DE HEREFORT
Pierre d'Aigueblanche.
1251.
Sceau ogival de 80 millim.
Type: L'Évèque debout, sur une console ornée de feuilles, bénit et tient la eresse;
sa chasuble est fermée par une grosse agrafe ; de chaque coté du Prélat une tète
humaiiie dans un entourage ou cadre à huit lobes inégaux. Au dessous de celle de
droite, un objet qu'on ne peut déterminer, et au dessous de celle de gauche une fleur
de lys héraldique.
Legende. En capitales gothiques :
. . . €TRVS 1 : GRACIA : HeR€FORD€NSlS : 6PISCOP •
Petrus Dei grada Herefordensis Episcoptis.
Planche VII. fig. n" 113.
Ce sceau en ciré jaune pend i)ar une bande du velin à lacte que nous ayons
déjà signalé en parlant du sceau d'Aimon II de Grandson évéque de Genève. Les
deux Prélats ont scellé cette cession d'Aimon de Faucigny à sa fille Agnès et à son
mai'i Pierre de Savoie de toutes ses terres. Acte qui a été souvent publié, par Guichenon,
dans les Monumenta storiae pafriac et par Wurstemberger.
Pierre d'Aigueblanche, évcquc d"Herefort, chef-lieu du comté de ce noni, sur
la Wye, revint mourir dans sa patrie. Il avait fonde à Aiguebelle la collegiale de
S'^-Catherine en 1254. Cette collegiale comprenait 13 chanoines, 4 diacres, 4 sous-
diacres et 14 bénéficiers. Il mourut à Aiguebelle en 1269 et y fut enseveli dans un
magnifique tombcau en bronze avec cette inscription :
Hic Jacet V. Pater D. Petrus Herfordiensis episcopus fimdator et dotntor
Inijus ecclesie qui obiit quarto Kal. decembris (28 O'"'") 12r)0. Hoc opus fecit Henricus
de Colonia.
Pierre d'Aigueblanche avait été chanoine de Genève; il avait applique à l'oeuvi-e
de la collegiale d'Aiguebelle de nombreux biens qu'il avait acquis en Savoie et des
maisons qu'il possédait à Lyon et à Paris. Il donna par testamcnt le droit de pa-
tronage à son neveu Ayméric de Brian^on.
309
TABLE
Ptanche
Fig.
I
1
))
2-3
i>
4
»
5
»
6
Introduction Pag. 217
I.
CLERGÉ SÉCULIER.
1" Cardinaux et Protonotaires apostoliques.
Date Page
Le cardinal Maurice de Savoie 1627 219
id. Gerdil 1788-1794 220
Le Protonotaire apostolique Robert de Genève 1359 223
id. Philippe de Compey .... 1488 224
id. Tean Orioi 15.. 226
2*> Arcbevéques.
A. Archevéques de Tarentaisc.
rierluin 1238 228 .. 7
Bertrand de Bertrand 1310-1318 229 » 8
Jean de Bertrand cu Jean IH 1358 230 » 9
.Jean de Bertrand ou Jean V 1432 231 » 10
Joseph de Parpaglia 1568 232 II 11
Jean Francois Berliel, baron du Bourget 1602 233 " 12
Francois .4médée Milliot 1661 235 » 13
Francois Amédée Milliet d'.Vrvillars 1734 236 » 14
Claude Humbert de Roland ou Rolland 1752 237 » lo
Gaspard Auguste Laurent de S"-Agnès 1772-1783 238 » 16
Joseph de Montfalcon du Gengle 1785-1793 240 » 17
B. Archevéques de Chambéri.
Anloine Martinet 1828-1839 241 .. 18
Vacance du siége de Chambéri 1839-1840 242 » 19
Alexis Billiet 1840-1873 243 » 20
C. Archevéques de Lyon.
Philippe de Savoie 1248-1250-1256 244 » 21
Pierre III de Savoie . . 1331 245 » 22
310 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
D. Archevéques d Auch.
Date Page Plancht Fig.
Francois <\e Savoie 1485 246 III 23
E. Arrhevéqties de Turin.
Claude de Seyssel 1518 248 » 24-25
Id. 1519 249 » 26
Philibert Milliet 1622 251 » 27
F. Archevéques de Oènes.
André Charvaz 1352 252 . 28
3" Évéques.
A. Évéques de Maurienne.
Aymar 1231 253 » 29
Pierre IV de Guèlis 1272 254 » 30
Aimon I de Miolan 1278 255 ■> 31-32
Aimon II de Miolan 1314 256 » 33
Chapitre de S'-Jean de Maurienne 13U 257 » 34
Aimon III de Gerbaix 1432 258 » 35
Pierre de Lambert 1567-1591 259 » 36
Hercule Berzetti 1658-1686 260 » 37
Francois Hyacinthe Valperga de Masin 1687-1736 260 IV 38
Ignace Dominique Grisella de Rosignan 1741-1756 261 » 39
Charles Filippa de Martiniana 1751-1779 262 » 40
B. Évéques de Genève et d'Anneci.
Aymon de Grandson 1251 263
Aimon III de Menlhonay 1268-1273 264
Robert II de Genève 1285 265
Guillaume de Connans 1290 266
Tribunal de ronìcialité de Genève 1290 267
Martin de S'-Germain 1301 267
Aimon de Quart 1305-1308 268
Pierre II de Faucigny 1312-1316-1319-1329 269
Alamand de S'-Jéoire 1346 271
Chapitre de l'église de Genève xv' siede 272
Chapitre de Genève 1317 272
Oflìcialilé du Tribunal de Genève 1419 273
Jean de Bertrand 1411-1413 273
Officiante de l'Évéché de Ginève (Amé de Savoie) .... 1445 275
B
41-42
»
43
»
44
»
45
1)
46-47
»
48
))
49
»
50-1-2
V
53
»
54
»
55
»
56
1)
57-58
»
59-60
PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 311
Date Page Fianchi Fig.
Jean de Savoie 1517 075 „ gj
I-'rancois Bachod 1567 276 » 62
Ange Justinien 1576 276 » 63
Claude de dranier 1587 277 » 64
S'-Francois de Sales 1602-1622 278 . 65-6-7
Jean Francois de Sales 1622-1635 279 » 63
Vacance du siége 1637 279 » 69
Juste Guérin -1642 280 » 70
Jean d'Arenthon d'Alex 1673-1676 280 » 71
Michel Gabriel de Rossillon de Bernex 1699 281 » 72
Officiante du diocèse de Genève 1760 282 n 73
Jean Pierre Biord 1764-1785 282 » 74
Claude Francois de Thiollaz 1826 283 VI 75
Pierre Joseph Rey 1833-1842 284 » 76
Louis Renda 1843-1859 284 » 77
Vacance du siége 285 » 78
Officiante de l'Évèché d'Anneci 285 » 79
C. Écéques de Chanìòéri.
Michel Conseil 1780-1793 286 » 80
I<1- 286 .. 81
D. Évéques de Moutiers de Tarentaise.
Vacance du siége - Chapitre de Moutiers 1336-1838 287 » 82
Jean Francois Marcellin Turinaz 1838-186. 288 » 83
E. Évéques de Grenoble.
l-'alcon 1264 288 » 84
Tribunal du Doyen do S'-Andrè xiii' siede 289 » 85
Officiante de Chambéri pour l'Évéque de Grenoble .... 1399 290 » 86
Officialité du Décanal de Savoie (Laurent Allamand) 1510-1516 291 » 87
Pierre II Scarron 1632 292 » 88
Olficialité du Décanat de Savoie (Pierre II Scarron) .... 1632 292 » 89
Id. (Ennemond Allamand) . . 1728 293 » 90
F. Évéques de Belley.
Jean II 1255 293 » 91
Berlion II d'Amesin alias Werlio 1273 294 -> » 92
Pierre III de la Beaume 1297 295 » 93
Thomas li 1310 296 » 94
Guillerme III Didier 1432 297 VII 95
312 SIGILLOGRAPHIB DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX
G. Évéques d Aoste.
Date Page Plancht Fig.
Philibert Milliet 1658 298 VII 96
Olficialité du diocèse d'Aoste sous Bally 1690 299 » 97
Francois Amédée Milliet 1699-1727 299 » 98
Pierre Francois de Sales 1774 300 » 99
Jean-Baptiste-Marie Aubriot de la Palme 1819-1823 301 » 100
Andre Jourdain 1832-1859 302 • 101
H. Évéques de Lausanne.
Guillaume de Champvent 1293 303 » 102
Pierre d'Oron 1316 304 » 103-4
Jean de Rossillon 1335-1341 305 d 105-7
I. Évéques de Pignerol.
Jean Baptisle d'Orlié 1749 305 » 108
K. Évéques de Die.
Amédée de Genève 1256 306 » 109-11
Jean II de Genève, évéque de Valence et de Die ... 1287 307 » 112
L. Évéqìies de Herefort
Pierre d'Aigueblanche 1251 308 » 113
Cai-dinauji , Praloiwlaues aposf L . irclì('\-iyues
l'Iaiu/ic .1. /.
N°2
?WiJ"^
Dti/àur fit\T
i^ii.yfl'.'.^UV|.->tiw
^Archevèques
FlamÀrn/
N!.14
A.Du/òur n'r^*'
^4r(heìv<fues : Et è^fues
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313
CARLO BONCOMPAGNI
DI MOMBELLO
COMMEMORAZIONE
LETTA DAL SOCIO
GIUSEPPE CARLE
nella adunanza del 4 Dicembre 1881
Mio intendimento non è quello di tessere un elogio alla memoria di Carlo
BoNCOMPAGNi, elogio, che sarebbe inopportuno per parto di un discepolo, che adempie
peritoso all'incarico affidatogli di commemorare la vita e le opere di un illustre e venerato
Maestro, nò quello parimenti di descrivere minutamente la sua vita, che già fu rian-
data con memore affetto dal nostro illustre Presidente, e da altri più compe-
tenti di me.
Il mio proposito è più modesto : quello cioè di richiamare a grandi tratti la nobile
figura di quell'Illustre, di cui deploriamo la perdita, riproducendone le idee, adope-
randone il linguaggio, e descrivendo gli intenti generosi, che ne ispirarono il cuore e
ne guidarono la mente : cose tutte che mi è lecito desumere dai fatti a cui ha preso
parte, e dalle opere clie ci ha lasciate.
Consentitemi pertanto, che io prenda senz'altro le mosse da un concetto, che egli
ebbe occasione di svolgere cos'i nel conversare privato, come nel pubblico inse-
gnamento.
Chiedevasi il Boncompagni la ragione, per cui oggi apparisse pressoché posta in
disparte quella questione, tanto agitata nell'antichità e ne" tempi di mezzo, intorno alla
preferenza da attribuirsi alla vita speculativa od alla vita pratica, e, dopo un largo
discorso sulle varie condizioni dei tempi, veniva a conchiudere che una tale questione
soleva riprodursi ogni qual volta per la tristezza dei tempi gli onesti uomini ed i
vigorosi ingegni erano costretti a rifugiarsi nella solitaria speculazione; ma aggiungeva
Seeie il Tom. XXXIV 40
314 I.A VITA K LE OPERE DI CARLO BONCOMPAGXI
rispondere maggiormente airequilibrio delle facoltà umane, che l'uomo dovesse cercare
di svolgersi sotto l'aspetto s^jeculativo e pratico ad un tempo (1).
Farmi, Onorandi Colleghi, che Tlilustre Uomo abbia in tale occasione descritto
se stesso e compendiata m brevi parole la propria vita. — Nato in tempi in cui
quasi non era lecito sperare gli avvenimenti che seguirono dappoi, egli si raccolse
dapprima a meditare sulle condizioni e sulle aspirazioni del suo paese, ma, appena si palesò
un risveglio nella vita pubblica ed intellettuale dei medesimo, passò senz'altro dalla
speculazione all'azione, e cercò, come ebbe a dire di lui il suo amico Giovanni An-
tonio Raineri, di tradurre nella vita e nella società i concetti che si era venuto for-.
mando nella solitudine e nella meditazione. Di ijui provenne, clie le cure travagliose
della vita pubblica non lo distolsero mai intieramente dalle meditazioni scientifiche,
e che queste gli somministrarono costantemente le norme che gli furono di guida
nella vita pubblica e privata. Vi fu così in lui una maravigliosa concordia fra il
pensiero e l'azione, e come i suoi studi sempre ebbero di mira il bene della società
e della patria, così le circostanze della sua vita e gli avvenimenti del giorno gli som-
ministrarono quotidiano argomento di meditazione e di studio.
Questo è, a parer mio, il carattere dell'Uomo: quello che ci spiega la parte viva
da lui presa a tutti i problemi che agitarono i suoi tempi, il suo passare senza ram-
marico dai più alti uffici della vita pubblica alla tranquillità dei proprii studi e della
propria famiglia, la sua costante abnegazione nel servire la patria, e la sua incom-
parabile modestia dopo averla servita, ed è quello parimenti che può condurci a seguire
il formarsi e lo svolgersi della sua mente e 1' indirizzo che egli credette di impri-
mere ai suoi studi.
I.
Nacque (Jaklo Boncojii'A(;ni in questa città il 25 Luglio 1804 da Ludovico
BONCCMPAGNi e da Sara Pastoris di Saluggia. Studi recenti lianno meglio comprovato
che le origini della sua famiglia rimontano a quel Dino Compagni . riguardo a cui
potè essere messa in dubbio l'autenticità della Cronica, ma non la qualità di ottimo
e di grande cittadino (2). 1 suoi antenati tuttavia avevano abbandonato il servizio
del Gran Duca di Toscana fin dalla metà del secolo XVII, ed erano passati a mili-
tare in Piemonte, dove il nome dei Compagni fu portato onoratamente in più di una
battaglia. Fin dal l(i(iO un suo antenato, Carlo Francesco Vittorio Compagni, dopo
(1) Il Bo.NCOMPAUNl trattò la questione di cui qui si tratta nell' inaugurazione al suo coreo di
Diritto Costituzionale nella R. Università di Torino nell'anno scolastico lb76-77 , ma quella lezione
non fu pubblicata.
(2) E da vedersi a questo proposito l'erudita opera di Isidoro Del Lungo : Dino Compagni e la
sua Cronica. Voi. 1°, Parte II, Gap. XX, pag. 1032. Tra i documenti annessi allo stesso volume,
Parte II, trovasi l'albero genealogico della famiglia Compagni.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 315
aver comprovata la sua nobiltà (1), era stato ascritto alla milizia dei Ss. Maurizio e
Lazzaro , ed investito della Contèa di Mombello , di cui trasmise il titolo ai proprii
eredi. Il padre del nostro Carlo, Ludovico Boncompagni, fu il primo della famiglia
che lasciasse le anni o il sacerdozio per avviarsi alla nobile carriera di Magistrato ,
di cui giovane ancora ebbe a percorrere i più alti gradi sotto la dominazione francese.
Da un libro clie ci rimane di lui col titolo « Analisi clclìr immogenitnrp », pubblicato
nel 1789, egli appare seguace sviscerato delle idee liberali, ma ardito e sincero abba-
stanza per combattere un decreto della Kepubblica Francese del 27 Frimaio anno VII,
il quale, conservando le lìrimogniiture e i fidecommessi, si metteva in conti'addizione
coi principii die avevano ispirata la rivoluzione francese (2). Per causa dell'uffizio del
padre i primi anni di Carlo Bokcompagni trascorsero ora a Torino, ora a Firenze, ora
a Conflans in Savoia, e in questi varii luoghi egli ricevette la prima educazione ed
istruzione dalla sua madre , gentildonna profondamente religiosa e pia, che in tempi
agitati ed irrequieti seppe dimostrare, anche nelle sventure, quel carattere equanime
ed inalterabilmente sereno, che pur trasmise al proprio figlio. Dopo la morte imma-
tura del padre, avvenuta nel 1815, il Boncompagni ritornò colla madre in Torino,
dove, compiuti gli studi secondari nelle RE. Scuole dette del Carmine, intraprese a
quindici anni gli studi legali in questa Università.
Troppo giovine ancora per aver preso parte ai moti del 21, non fu però estraneo
a quel fermento letterario e politico, che era un carattere della vita universitaria a
quei tempi. Risulta da memorie trovatesi fra le sue carte, che egli con Pinelli, con
Sappa e con altri entrò a far parte della Società o Circolo denominato dei figli di
Dante , nella iiuale ebbe il soprannome di Benevolo, e di cui egU ebbe per (jualche
tempo la presidenza. Fra le lettui'e o conferenze da lui tenute in quel Circolo ve n'ha
una in cui discorse del drspotismo nella Grecia antica ; il che comprova, quanto
egli stesso ebbe a narrare più tardi, che quindicenne appena senti nascere e svolgersi
nella sua mente una naturale propensione per gli studi relativi alla costituzione ed
al reggimento degli Stati (•'<).
All'età di 20 anni conseguiva la laurea, e due anni dopo si avviava alla carriera
stessa del genitore. Mediante la sua capacità ed il suo zelo potè in breve numero
d'anni percorrerne i varii gradi da Sostituito Avvocato dei poveri, quale lo troviamo
nel 1830, a Membro del Senato, alla qual dignità pervenne nel 1845.
(1) Narra a questo proposito l'Autore precitato che vi fu in questa occasione un lungo e laborioso
processo intorno alla nobiltà della famiglia dei Boncompagni, al quale partecipò come testimone Carlo
Strozzi. U Carlo Bonco.mpaoni poi, in una sua lettera al Del Lungo, manifestava l'avviso che l'aggiunta
del BoN al cognome di famiglia rimontasse alla sua bisavola nata Balbo, moglie di Ludovico Maria
conte di Mombello, morto nel n58, argomentandolo da ciò che sui libri della medesima occorrevano
entrambe le denominazioni.
(2) 11 titolo di quest'opuscolo è il seguente: Analisi delle primogeniture, al Popolo subalpino, al
Governo che lo rappresenta, alla Francia protettrice, con petizione a prò dei secondogeniti e dei cre-
ditori, del cittadino Ludovico Boncompagni. Torino, anno 7°, dalla stamperia del cittadino Fea. Esso
porta la seguente epigrafe tratta dal Filangeri, Scienza della legislazione, Cap. 36, Non hanno i
figli un diritto comune alla eredità del padre?
(3) Ciò narra il Boncompagni nella prolusione al corso di Diritto Costituzionale nella R. Università
di Roma, fatta addì 3 P'ebbraio 1873. Roma, 1874. Devo poi questi cenni di fatto alla cortesia del
genero del Boncompagni, Avvocato Luigi Amedeo di Lamporo.
316 l'A VITA E r.E OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI
L'esercizio della Magistratura ha avuto sulla mente e sull'ingegno del Bon'coìipagsi
una influenza , di cui si possono scorgere le traccie per tutta la sua vita. Mentre
i doveri del proprio uffizio gli porsero occasione di perfe2donare e di svolgere le sue
larghe conoscenze nella Giui-isprudenza Romana, Canonica e Civile (come lo compro-
vano le sue conclusioni (^ual Sostituito Procuratore Generale, e le sue sentenze quale
Membro del Senato, di cui molte furono fatte di pubblica ragione nei giornali giu-
ridici di quel tempo); egli trovò ancora tempo e modo per continuare quelle medi-
tazioni giuridiche e politiche, che rimontavano alla sua prima gioventù, e per esten-
dere quegli studi storici e filosofici, sovra cui doveva fondare più tardi le sue dottrine
costituzionali (1). Fu parimenti in questo periodo di tempo, che egli, o quale membro
della Commissione di statistica, o quale promotore degli Asili di Infanzia, o qual
collaboratore in questo o quel giornale, rannodò quelle forti amicizie, a cui si man-
tenne poscia costantemente fedele; come pui-e fu in (juesto tempo che egli cominciò
a matm-are quei concetti intorno alla educazione del popolo, ed alla libertà costitu-
zionale, che poi furono gli ispiratori di tutta la sua vita. Si aggiunga che l'esercizio
imparziale della Magistratura cooperò potentemente a svolgere in lui il senso pratico,
la serenità e l'imparzialità nel giudicare, la perspicacia nello scorgere i varii aspetti
sotto cui può presentarsi mia questione, la tolleranza delle altrui opinioni, e la mo-
derazione nell'espon-e le proprie, la facilità nel richiamare una discussione al vero
punto di questione : qualità tutte di cui ebbe più tardi a dare larga prova nella vita
politica e parlamentare, e in più stretta cerclùa eziandio nelle nostre discussioni acca-
demiche.
Fu questo insomma il periodo della vita del Boncompagxi, in cui la mente di lui
venne modellandosi e temprandosi ; quello in cui il pensatore modesto e solitario già
cominciò a partecipare alla vita pubblica del suo paese ; quello infine in cui il Ma-
gistrato imparziale si trasformò gi'ado grado in propagatore dell'educazione e della
istruzione popolare, in banditore della Monarclda rappresentativa, in promotore tli libe-
rali riforme, nell'uomo infino, che, senza aver mai cercato di mettere in evidenza
l'opera sua, prese tuttavia parte operosa ed efficace a tutto ciò che di nobile, di
generoso e di grande fu concepito ed attuato in questo splendido periodo del risor-
gimento italiano.
Da questo punto l'investigatore della sua vita deve per necessità distinguere ciò
che in lui si trovò congiunto in mirabile armoiua , e seguire le dii-ezioni diverse in
cui prese a spiegare la sua operosità benefica ed instancabile.
(1) Si trovano di quest'epoca scritti del Ho.ncomi'aoni , oltreché negli Annali di Giunsprudenia
in cui trattò largamente dei rapporti fra il diritto e la morate (Tomo VI, pag. 66, 408, 505, 613),
neW Antologia italiana, nello Letture popolari, che furono poi chiamate Letture di famiglia, noll'Edu-
catore primario, nel Subalpino. Cf. Vittorio Bersezio, Il Regno di Vittorio Emanuele IL Torino 1878.
Voi. r, pag. 280. Occorrono poi Conclusimi del Boncomi'agni, (juale Sostituito Procuratore Generale,
e Sentenze del medesimo, quale Membro del .Senato di l'iemonte, nel ìMantei.li, Giurisprudenia del
Codice civile. K pur degno di nota, per l'altezza del tema e per il modo eminentemente filosofico con
cui ebbe a trattarlo, il discorso da lui letto il IG Novembre 1843 nel R. Senato di Torino per l'inau-
gurazione dell'anno giuridico col titolo: Il diritto e la sdenta.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 317
II
« Fino dalla mia prima gioventù i^ensai che il popolo italiano doveva essere
rigenerato dalla educazione e dallz libertà (1).
Così scriveva il Boncompagni all'Abate Iacopo Bernardi il 12 luglio 1876 ; né
egli snienti giammai il suo nobile programma. Qualsiasi proposito del Boncompagni
soleva essere il frutto di lunghe riflessioni e meditazioni, e quindi, scelta una via,
soleva proseguire in essa con quella persistenza tenace, che è frutto appunto delle
convinzioni profonde. Di qui la continuità non interrotta di tutte le principali dù-e-
zioni della operosità del Boncompagni, le quali risalgono aìla sua prima gioventù e
perdurano per tutta la sua vita, continuità che appare anche più manifesta nella
parte importantissima, che egli ebbe nel diffondere l'istruzione infantile e popolare, e
nello svolgere e propugnare in ogni tempo il concetto della libertà costituzionale.
Finché non fu lecito discorrere all'aperto di libertà, accadde nel Piemonte
questo fatto notevole, che il sostenere o l'avversare l'istruzione popolare fu l'unico
modo con cui si potessero esprimere e manifestare quelle aspirazioni politiche, che tanto
più preoccupavano gli animi, quanto più erano compresse. Ne consegui che in questo
tempo la istituzione di una scuola d'infanzia, d'una scuola di metodo, ebbe in certo
modo l'importanza di un avvenimento politico, come lo dimostrava l'entusiasmo dei
propugnatori e l'accanimento degli avversari. In questa lotta entrò il Boncompagni a
bandiera spiegata; ed egH deve essere considerato come uno dei primi in Piemonte
che, dopo aver fatto uno studio profondo dei metodi educativi, abbia preso ad occu-
parsi dell'educazione infantile e popolare, non nell'intento di farne una speculazione
lilosolica, né una disputazione letteraria, ma per patrocinare (come egli ebbe a scrivere)
un interesse gi-avissimo e presente del nostro paese (2).
Fin dal 1825 il Marchese di Barolo aveva fondato in questa città un Asilo
infantile, ma l'opera sua generosa era passata pressoché inosservata. Fu il Boncompagni
che richiamò la pubblica attenzione sul nobile esempio, e si adoperò, per usare le
parole ili lui, con tutta la sua attività, con tutta la sua diligenza, e con tutte le sue
facoltà a propugnare e a diffondere l'istituzione degli Asili di Infanzia (3). Nel 1836
egli si recava a Friburgo in Isvizzera per conferh-e sui metodi educativi coU'abate Girard;
(1) Il testo della lettera qui accennata fu pubblicato dall'Abate Jacopo Bernardi nella sua memoria
intitolata: Di Carlo Boncompagni e del pubblico insegnamento in Italia. Atti del R. Istituto Veneto
Voi. VII, ser. V.
C'J' Così si esprime il Bo.\comp.\gni nell'indirizzo ai Torinesi che precede il suo libro: Dell: scuole
infantili. Torino, 1839.
(3) .. Mi era doveroso, scrive il Boncomp.ìgni, Delle scuole infantili, pag. 155, l'impegnare lamia
parola espressa e solenne, che ed ora e sempre finché i soscrittori della supplica ( per l' erezione
della Società degli Asili d'Infanzia), e gli altri miei concittadini vorranno collocare in me la loro
fiducia, io non tralascierò d'adope.-are tutta la mia attività, tutta la mia diligenza, tutte le mie facoltà,
affinchè la città nostra sia dotata dello scuole infantili, affinchè il loro ordinamento ed i loro effetti
corrispondano ai voti e alle speranze di chi desidera il miglioramento della umana generazione « .
318 LA VITA E LE Ol'EKE DI CARLO BONXOMPAGXI
più tarfli visitava le scuole infantili di Cremona, di Firenze, di Pisa e di Livorno e ne
apprendeva i metodi da coloro che le dirigevano. Toniato in Torino riesciva a raccogliere
intomo a se un buon numero di uomini benemeriti ed illustri , e confortato dalla
autorità dei loro nomi dirigeva nel 1838 una supplica al Re Carlo Alberto per otte-
nere di erigersi in Società per la fondazione degli Asili di Infanzia. La supplica fu
accolta, e la Società da lui iniziata, dopo aver superate non poche difficoltà nei suoi
primordii, dura tuttora con grande benefizio della educazione infantile (1). Trenta
anni più tardi il Boncompagsi, ponendo termine qual Presidente al Congresso Peda-
gogico tenutosi in Torino nel 18G9, alla qual dignità era stato acclamato sulla pro-
posta di un altro benemerito della istruzione popolare, il senatore Giuseppe Sacchi,
riportavasi col pensiero a quei tempi e compiacevasi di ricordare che « Camillo Cavoui-.
il principale iniziatore della politica per cui l'Italia divenne una grande nazione, aveva
esordito nella vita pubblica quale direttore operosissimo delle scuole infantili, di cui
aveva curato soprattutto lordinamento economico ed amministrativo (2) ». Egli allora,
come soleva, ricordava i meriti altrui, tacendo i proprii; ma egli è però universalmente
noto che l'anima di quella Società fu il Boxcompagni, il quale non dubitò di impar-
tire egli stesso lezioni negli Asili di Infanzia. Egli inoltre, per convincere i dubbiosi
ckca la bontà dell'istituzione, pubblicò nel 1839 un libro sulle Scuole Infantili, che
colloca il suo nome accanto a quello di Raffaele Lambruscliini e di Ferrante A porti,
che egli soleva clùamare i due italiani più benemeriti della istruzione popolare. 11
libro dimostra la carità che lo ispirava, il lungo studio che l'aveva preparato e l'alta
importanza che il Boncompagni attribuiva al tema da lui trattato, ed è eziandio di
facile e gradita lettura per il linguaggio che sgorga dal cuore e per il suo stile sem-
plice, alla buona e mirabilmente atto a convincere e a persuadere.
Fu questo uno dei libri, clie cominciò a rendere popolari anche in Piemonte i nomi
dell'Aporti e del Lambruschini , e a render pensieroso il Governo sulla necessità di
provvedere in qualche modo alla educazione della infanzia.
Quando poi nel 1844 l'Aporti fu chiamato in Torino per dettarvi lezioni di metodo,
egli lo accolse ospite nella propria casa, ove si adunavano ad amichevoli discussioni
i fautori del nuovo indirizzo educativo, e lo ebbe poi familiare ed amico per tutta
la vita; lo confortò e sostenne nelle lotte che gli furono suscitate contro dal partito
avversario alla istruzione popolare; concorse con lui a fondare l'Istituto femminile che
(li II BoNCOMPAG.Ni , in una nota da lui aggiunta alla vita del Cav. Cesare Saluzzo, che doveva
essere la prima delle Biografie accademiche dettale da Federigo Sclopis, la cui pubblicazione erasi dal
BoNCOMPAG.Ni incominciata negli ultimi anni di sua vita, ebbe occasione di accennare al modo in cui
fu costituita la prima Direzione di queste scuole infantili. Era Presidente della Direzione il Bo.ncom-
PAGNi, Segretario Luigi Franchi, Tesoriere Camillo Cavour. Quando si trattò di convocarla , venne
ordine dal Ministero dell' Interno che dette scuole fossero poste sotto la direzione di una Corporazione
religiosa. La Direzione propose allora alla Società dei sottoscrittori, che si facesse una protesta , con
cui, non accettando la modificazione voluta dal Governo, si sciogliesse la Società senza procedere innanzi
neir impresa. L'autorità dei nomi sottoscritti a quella protesta condusse il .Ministero a chiedere sol-
tanto che le prime maestre fossero scelte fra lo Suore di Carità di Rivarolo, e a queste più tardi suc-
cedettero maestre secolari.
\2, Atti del VI Congresso Pedagogico italiano. Torino 1869, pag. 301. Ivi è riportato il discorso
con cui il Bo.scoMPAGNi chiuse il Congresso ragionando di Camillo Cavour, Ferrante Aporti, e Antonio
Ravneri.
COMMEMORAZIONE DI GIl'SEPPE CARLE 319
giustamente si intitola dai loro due nomi insieme congiunti, e dopo la sua morte non
tralasciò occasione di ricordarne le nobili virtù , e la parte importantissima da lui
avuta nel dififondere in Piemonte l'istruzione popolare (1).
Si giunse intanto al 1848 e allora il promotore modesto degli Asili di Infanzia
trovò aperto innanzi a se un pifi largo campo e potè, qual Ministro della pubblica
istruzione, in virtù dei poteri straordinari concessigli con legge 4 Ottobre 1848, porre
le basi di tutto un sistema di pubblica istruzione qual poteva convenire ad un libero
paese. Fu egli infatti l'autore della legge 4 Ottobre 1848 sulla pubblica istruzione,
elle contiene a grandi linee un riordinamento completo delle scuole elementari, delle
scuole classicbe e dell'istruzione universitaria: fu egli parimenti che istituì i Collegi
Convitti Nazionali di educazione , assegnando loro i casamenti che già semvano ai
Convitti diretti dai Padri Gesuiti ; fu egli inlìne che nei Collegi di Torino , di Genova
e di Nizza stabUì in via di esperimento un corso speciale per giovani che non inten-
devano (li attendere agli studi classici, il qual corso fu poi il germe che, svolgendosi,
condusse alla istituzione delle attuali scuole tecniche (2).
Quando poi cessò di essere Ministro , ritornò ugualmente modesto al patrocinio
dell'educazione infantile, pubblicando nel 1851 un Sayyio di lezioni per Vinfunzid,
il (juale porta questa eloquente epigrafe: non irut qui frangeret ris. Il libro comprende
una introduzione ed un saggio pratico di lezioni. Mentre nella prima si riconosce
l'uomo di intelletto e di cuore, che ha meditato a lungo il tema dell'educazione infan-
tile, che ne ha sentita tutta l'importanza politica e sociale, che ne ha discussi i
metodi, ed ha seguito il movimento filosofico dei tempi suoi (3) ; nel secondo invece
si scorge colui, che dalla astratta speculazione sa discendere alla pratica minuta , e
che consapevole del nobile intento, che egli si propone, non crede di awilii-si per l'ap-
parente umiltà dell'opera sua.
D'allora in poi il suo vero campo di azione deve essere cercato di preferenza nella
vita politica e parlamentare; ma egli non dimentica però mai le nobili soddisfazioni
che gli ha preparato questa, che direbbesi, operosa propaganda per l'istruzione popolare,
e interviene sempre di buon animo alla inaugurazione di Asili o alla distribuzione di
premii negli Istituti di educazione (4), prende parte ai lavori dei Congi'essi pedagogici,
e non tralascia occasione di riandare nei suoi discorsi le vicende della istruzione
popolare e di ricliiamare le nobili figure degli amici che già gli erano stati rapiti.
(1) Abbiamo del Boncompagni una commovente Commemorazione di Ferrante Aporti, da lui detta
il 15 Luglio 186.T per la distribuzione dei premii all'Istituto Aporti-Boncomp.igni , che contiene una
breve storia dell'istruzione popolare in Piemonte, l'accoglimento che vi ebbe l'Aporti , le guerre a
cui fu fatto segno, colle quali si giunse fino a vietargli la celebrazione della messa.
(•2) Tutte queste disposizioni sovrane, che portano la firma del Boncompaci.vi, sono in data del 4
Ottobre 1848.
(3) Di questa introduzione, l'Abate Jacopo Bernardi, nella memoria sopra citata al Boncompagni
ebbe a dire; « che è una prova irrefragabile della dottrina e della virtù educatrice dell'uomo che la
dettava " .
(4) Fra i vari discorsi fatti dal Boncompagni in occasione di inaugurazioni di scuole è notabile
quello da lui pronunziato per l' inaugurazione del corso di letture tecniche normali presso il Reale
Museo Industriale di Torino il 6 Agosto 1866 , nel quale si contiene un quadro dell'avvenire , che
l'Italia poteva aspettarsi dall'industria e dal commercio.
320 LA VITA E LE OI'EKE DI CARLO BONCOMPAGNI
Quando infine l'età cominciò a rendergli grave il prender parte attiva alle lotte
politiche, quella parola benevola ed ispii-ata, che si era prima indirizzata a quelli che
appena si affacciavano alla vita, cercò di essere di guida a quelli che si preparavano
alla vita pubblica. Giil fin dal 1866-67 egli aveva fatta in questa Università la
storia della tradizione liberale piemontese; poscia nel 1873 aveva insegnato alla gio-
ventù italiana nella Università di Roma i diritti e i doveri dei cittadini di un libero
paese; da ultimo gli paxTO degno compimento di una vita spesa tutta a prò della
sua patria il raccogliersi ad insegnare le dottrine costituzionali alla gioventù subalpina
nella città in cui aveva avuto i natali , e in cui aveva compiuti i suoi studi. Un
medesimo intento ed una medesima fede fu cosi il termine come era stato il principio
della sua vita pubblica.
Neil' insegnamento si studiò costantemente di essere semplice e chiaro , e amò
meglio di essere capito, che di essere ammirato per la profondità astrusa dei proprii
concetti ; si diresse a un tempo alla mente ed al cuore della gioventù, e parlandole
dei mioi diritti non dimenticò mai di richiamarla all'osservanza dei suoi doveri. Egli
cercò di far dimenticare nell'insegnante l'uomo pubblico, escluse dal dominio della
scienza le battaglie della politica militante, ed evitò perfino di parlare di se medesimo
anche quando trattavasi di avvenimenti contemporanei , nei quali aveva avuto gran-
dissima parte, solo restringendosi nel cominciamento del corso ad esporre, con singolare
schiettezza, la sua fede religiosa e politica. Amò la gioventù, come aveva adorata
l' infanzia . ma si astenne di fronte alla medesima da qualsiasi adulazione. La sua
bontà d'animo, la sua affabilità, il suo conversare alla buona, senza nuocere alla rive-
renza che i giovani ebbero per lui , lo resero ai medesimi singolarmente caro e lo
trasformarono per tutti in un consigliere benevolo ed ascoltato. Il proposito suo co-
stante nell'insegnamento fu quello di mantenere viva e sana nella gioventù italiana
quella tradizione liberale, che aveva generata e svolta la libertà costituzionale in Italia.
Ili
La llherfù costituzionale, ecco l'altro dei concetti fondamentali del Boncompagni.'
che, maturato dapprima nelle solitarie meditazioni e negli amichevoli colloquii. con-
fortato più tardi con larghi studi filosofici e storici, temprato da ultimo e variamente
applicato in una lunga esperienza, illumina e spiega tutta la sua vita politica e par-
lamentare.
Quindicenne appena, in mancanza di un apposito insegnamento univei-sitario in-
tomo alla costituzione degli Stati, egli già seguiva ansioso le discussioni politiche e par-
lamentari che si facevano in Francia , come se fossero accadute in ca«:a propria . e
ciò in un tempo, come egli stesso ci dice, in cui idee francesi e idee liberali signi-
ficavano la stessa cosa. Più tardi poi, quando venne maturando il concetto dell'unità
ed indipendenza nazionale , mentre molti fra i suoi amici , e fra gli altri lo stesso
Cesare Balbo, credevano che i pensieri di tutti gli Italiani si dovessero concentrare
COMMEMORAZIONE DI TtRtSEPPE CARLE 321
nel porro unum est necessarium , e credevano non essere opportuno distrarsi da quello
scopo per amore della libertà costituzionale, il Boncompagni invece, con un senso pratico
squisito, comprese e sostenne fin d'allora che la libertà costituzionale doveva prece-
dere e preparare il terreno alla impresa della unità e della indipendenza. « Condotto,
cosi egli diceva molti anni dopo alla gioventù Komana, a meditare sul progresso della
civiltà moderna , mi era fissato nel pensiero che nessuna mutazione grande potesse
introdursi fra noi, e neppur quella che mii-ava all'indipendenza dallo straniero, senza
portar seco la libertà costituzionale. Scrissi dunque patrocinando questa libertà, che era
per me la prima e la più essenziale di queste riforme » (1).
Gli eventi gli fecero ragione, non potendo oramai dubitarsi che fu mediante le
libertà politiche che il Piemon.te potè dare asilo a tutti i generosi, che si erano ado-
perati per l'opera comune, e concentrare così in un piccolo paese la vita intellettuale
e morale di una grande nazione.
Intanto fu questa convinzione profonda che rese il Boncompagni promotore ar-
dente delle liberali riforme. Per temperamento, egli non poteva collocarsi fra gli audaci
e tanto meno fra i pusilli , non fra quelli che volevano di un tratto giungere allo
scopo e meno ancora fra quelli che avversavano qualsiasi innovazione, ma il suo posto
era fra quelli, che s'adoperavano per la concordia fra popolo e Sovrano, e che mira-
vano a vincere le resistenze opposto alle intenzioni liberali del Ke. Anche più tardi
il Boncompagni mal sapeva trovare parole adeguate per esprimere la gioia e le spe-
ranze, che gli entrarono nel cuore, quando l'ideale vagheggiato si tradusse in realtà
ed il Piemonte ebbe una costituzione preparata dalla tradizione liberale, reclamata dal
popolo, concessa e mantenuta dal Principe (2).
Da quel giorno la vita di Carlo Boncompagni trovasi associata a tutte le fasi
del risorgimento italiano nei momenti del dolore, e in quelli del trionfo.
Ministro della Pubblica Istruzione nel primo Ministero costituzionale presieduto
da Cesare Balbo, riprese il medesimo portafoglio in quel Ministero dal 19 Agosto al
10 Dicembre 1848, di cui fu anima Pier Luigi Pinelli e sotto il quale si riuscì a
conservare intatta in Piemonte quella libertà, che in un soffio potente di reazione
scompariva dalle altre parti d'Italia. Superstite al suo condiscepolo e collega, sorse
ancora nell' ultimo anno di sua vita a difenderne la memoria contro le precipitate
accuse del grande ma appassionato Gioberti, dimostrando che il Pinelli e i suoi col-
leghi non avevano mai abbandonato il pensiero dell'unità e dell' indipendenza, e che
resistendo alla parte più spinta non avevano voluto distruggere la libertà, ma difen-
derla e conservarla (3).
Dopo il disastro di Novara, non dubitò di sobbarcarsi col Generale Dabormida
al triste incarico di trattare la pace, e dimostrò nel Parlamento Subalpino la necessità
(1) Prolusione sovracitata al corso di Diritto Costituzionale nella R. Università. Roma, 1874, pag. 4.
(2) n Per questa promulgazione (dello Statuto), diceva il Boncompagni alla gioventù studiosa, una
» immensa speranza mi entrò nel cuore: ns voi, nrè altri proverà mai speranze uguali a quelle, che
» balenarono innanzi a me ed agli amici miei quando la nostra patria divenne libera». Pro Jwsione cit.
(3) Pier Dionigi Pinelli e Vincemo Gioberti, discorso letto alla Associazione Costituzionale Tori-
nese addì 9 Aprile 1880.
Serie IL Tom. XXXIV 41
322 LA TITA E LE OPERE 1)1 CARLO BONCOMPAGNI
di accettarne le dure condizioni non per rinunziare all' impresa nazionale . ma per
aspettare tempi più opportuni al compimento di essa.
Nel decennio che seguì , in cui tutti i liberali rifugiatisi in Piemonte s" adope-
ravano d'accordo all'impresa, che, secondo le sue stesse parole, i disastri del 1849
avevano turbata ma non interrotta, prese parte attiva ed operosa alla vita politica e
parlamentare, ora qual Deputato autorevole , ora qual Presidente della Camei-a im-
parziale ed ascoltato, ed ora qual Ministro operoso e riformatore (1). Lieto che
una politica veramente italiana si fosse personificata in Camillo Cavour, ne seguì co-
stantemente le parti, non perchè fosse la politica di un uomo di genio , ma perchè
(egli stesso ce lo dice) la ritenne l'espressione genuina del senno italiano (2). Nel 1857
ancorché (sono sue parole) per indole, per abitudine . per massima amico alla vita
modesta e casalinga, ritenne suo debito di cooperare alla politica liberale e nazionale
iniziata dal Governo del Ke, accettando l'incarico di Ministro Plenipotenziario in To-
scana (3). Risulta da documenti, la cui raccolta e pubblicazione è dovuta alla diligenza
di un nostro collega , che egli fece allora quanto era in lui per ottenere l'alleanza
del Granduca nella guerra d' indipendenza, esponendogli, con note energiche ed aliene
da qualsiasi artifizio diplomatico, i pericoli a cui si espongono i Principi che si mettono
in opposizione colle aspirazioni dei popoli (4). Quando poi non furono ascoltati i suoi
consigli e il Principe amò meglio abbandonare il paese, che stringere l'alleanza, egli,
forte della sua retta coscienza, e non curante delle insinuazioni che allora si sparsero
contro di lui e della politica da lui rappresentata , accettò di rimanere in Toscana
qual Commissario straordinario del Ee Vittorio Emmanuele li per la gueira d'indi-
pendenza. Fu in quella occasione che egU pubblicò un notevole opuscolo suir//rt//«
Centrale inteso a dimostrare sotto il punto di vista giuridico , che la questione del-
l'Italia centrale (come allora si cliiamava) non poteva risolversi con giustizia senza
dare pieno eifetto ai voti delle Assemblee, quali interpreti delle aspirazioni dei popoli.
(1) 11 BoNCOMPAGNi fu Ministro di Grazia e Giustizia nel 1852 nel Ministero presieduto prima da
Massimo d'Azeglio e poscia da Cavour, e in tale qualitJi presentò il disegno di legge sul matrimonio
civile approvato dalla Camera e respinto dal Senato. In questo stesso anno tenne contemporaneamente
per alcuni mesi il portafoglio della Pubblica Istruzione. Cessò di essere Ministro di Grazia e Giustizia
nell'Ottobre del 1853 e dal finire di quell'anno fino al 1856 fu Presidente della Camera.
(2) Prolusione piìi volte citata, pag. 7. « Quella politica, così egli diceva , a cui Camillo Cavour
ebbe l'onore di dare il nome, non fu invenzione sua, ma anzi espressione genuina del senno italiano. Né
questo giudizio menoma alcun che alla lode che i superstiti tributarono al Cavour, o che gli manter-
ranno ancora coloro che questo tempo chiameranno antico, giacchi"- ha merito di verace forza l'uomo
di Stato che si ispira allo opinioni ragionevoli e giuste della sua nazione, non colui che le impone i
concetti e le volontà proprie » .
(3) Queste parole sono ricavate da un indirizzo di congedo diretto dal Boncompaqni agli elettori
di Crescenlino nel 1857.
(4) Si accenna qui alla raccolta incominciata dal Barone Emmanuele Bollati col titolo: Fasti legisla-
tivi e parlamentari delle rivoluzioni italiane. 1 documenti che comprovano gli atti del Bonco.mpag.m
in Toscana nelle qualità di Commissario straordinario e di rappresentante del reggente Principe
Eugenio di Savoia-Carignano si trovano nel Voi. 11 , Parte II , la quale appunto si riferisce alla To-
scana. È notabile, riguardo al Boncompaoni come ambasciatore, la nota 21 Aprile 18.'39 da lui rimessa
la mattina stessa nelle mani del Cav. Lanzoni , cioè tre giorni prima che la rivoluzione scoppiasse.
Tale nota fu pubblicata nel Monitore Toscano del 15 Agosto 1859, e sarebbe stata pubblicata anche
prima se la delicatezza del Boncompaoni l'avesse consentito, ed è la più eloquente confutazione delle
accuse di slealtà, che allora si sono scagliate contro il Boncompaoni e la politica del paese da lui
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 323
Quanto al modo fermo ed assennato con cui egli adempiè all'alto ufficio statogli affi-
dato, esso è anche confermato dalle nobili espressioni di riconoscenza, con cui il Governo
provvisorio della Toscana ebbe ad attribuirgli la cittadinanza, che già era appartenuta
ai suoi avi (1). Eestituitosi in Piemonte, ritornò un'altra volta nell'Italia centrale,
quale rappresentante del Principe Eugenio di Savoia acclamato reggente e vi rimase
fino alla definitiva annessione della medesima.
Nel periodo che sussegui il Boncompagni continuò ad avere una parte impor-
tantissima nella vita politica e parlamentare.
Fu egli infatti che qual Deputato nel primo Parlamento italiano, nell'ordine del
giorno 27 Marzo 1861, diede una formola precisa a quella politica, che fu poi seguita
costantemente dal Governo italiano nella lisoluzione della questione Ecclesiastica e
Komana. Più tardi egli ebbe a dire che quella politica era stata audace e prudente
ad un tempo ; audace, in quanto aveva affermato di fronte all'Eui-opa il diritto de^li
Italiani alla capitale acclamata dall'opinione nazionale ; prudente , in quanto aveva
lealmente promesso di guarentire la libertà morale e religiosa della Chiesa e l'indi-
pendenza del Eomano Pontefice (2). Più fortunato di Camillo Cavour, che aveva ini-
ziata quella politica e col quale era stato concertato l'ordine del giorno 27 Marzo
1861, egli ebbe la gioia di vedere la capitale del Regno d'Italia stabile e ferma
rappresentato. In essa infatti si fa una proposta esplicita di alleanza offensiva e difensiva per la guerra
d'indipendenza e si indica la medesima come l'unico mezzo per cancellare i dissensi che potevano esser
corsi fra il Granduca e il popolo Toscano. Sono notevoli fra le altre le seguenti espressioni: « Una guerra
combattuta sugli stessi campi di battaglia, contro gli stessi stranieri, diviene principio di una con-
cordia cittadina, di cui si debbono coltivare i germi. I dissensi fra Principi e popoli si cancellano, la
concordia si cementa quando essi si consacrino ad una stessa causa, e soprattutto quando questa causa
abbia le sue radici nei sentimenti più profondi e più sacri che vivono nel cuore umano, quale è quello
della indipendenza. La neutralità fra il Piemonte e l'Austria non potrebbe in alcun modo scampare la
Dinastia ed il Governo Toscano dai pericoli che si possono temere in questi frangenti " . 11 testo
intiero della medesima trovasi nei Fasti let/islatici sopra citati nel Voi. II, Parte II, pag. 206 in nota.
(1) La cittadinanza Toscana fu conferita al Boncompaoni, già Commissario straordinario del Re
di Sardegna, con decreto 14 Agosto 1859, del tenore seguente: u 11 Governo della Toscana, Conside-
rando che il Commendatore Carlo Boncompagni venendo in Toscana tornò nella terra do' suoi avi, e
parve ritornasse nella sua famiglia tanto affetto e tanto senno pose a rendere efficace la protezione
dell'invitto Re Vittorio Eramanuelo li quando la Toscana, rimasta libera dallo straniero, sorse a com-
battere la guerra della indipendenza: Considerando che la pubblica riconoscenza debba essere racco-
mandata con solenne decreto alla memoria dei posteri
Decreta :
Art. 1°. Il Commendatore Carlo Boncompagni è dichiarato a titolo d'onore naturalizzato toscano.
Art. 2". Il Ministro di Grazia e Giustizia ò incaricato della esecuzione del presente decreto.
Firmati: Ricasoli, Ridolfì , Poggi, Busacca, Salvagnoli, Decavero, ministri. Celestino Bianchi,
segretario generale del governo della Toscana (V. Fasti legislativi. Voi. II, Parte 2», pag. 204).
(2) Ciò risulta dal notevole discorso del Boncompagni sul trasferimento della capitale e sulla Con-
venzione del 15 Settembre, da lui pronunziato il 9 Novembre 1864. Ivi, accennando allo splendido
discorso col quale Cavour aveva sostenuto l'ordine del giorno 27 Marzo 1861 , il quale era stato con
lui concertato, ebbe a dire: « In quel momento il Conte di Cavour parlò il linguaggio più audace che
abbia parlato mai un Ministro degli aflfari esteri. Udendolo coloro, che non conoscevano molto addentro
le condizioni del nostro paese, scambiavano la politica del Conte di Cavour per una politica rivolu'
zionaria. Ebbene, o signori, io affermo qui innanzi a voi, innanzi agli stranieri, che potranno occu-
parsi di queste nostre discussioni, che mai il Conte di Cavour non fece un atto di politica così sin-
ceramente liberale e conservativo ad un tempo, come allorquando egli sostenne quell'ordine del giorno «.
Egli continua poscia a dimostrare la necessità di perseverare in quello stesso programma.
324 I-A VITA E LE OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI
in Roma, e di essere chiamato nel 1870 a presiedere la Commissione incaricata di
preparare il diseguo della legge delle guarentigie Pontificie, legge cbe egli riguardava
come r esecuzione leale della promessa fatta dal Governo e dal Parlamento italiano
nel 1861 (1). Per tal modo egli che aveva formolata la gravissima questione, con-
corse pure alla risoluzione definitiva della medesima.
Gli scritti da lui pubblicati e i discorsi da lui pronunziati in questo inter-
vallo di tempo, in cui si venne maturando la risoluzione della questione romana,
furono principalmente rivolti allo studio della questione dei rapporti fra la Chiesa e
lo Stato. Seguace di quella scliiera di grandi pensatori italiani, che credevano di poter
conciliare ed armonizzare fra di loro la civiltà e la religione e spelavano che fosse
serbata all'Italia questa nobile missione (2), egli seppe distinguere nettamente fra
di loro la questione del potere temporale dei Papi da quella della libertà morale e
religiosa spettante alla Chiesa. Quanto al potere temporale dei Papi, pur professando
di essere Cristiano Cattolico, egli sostenne sempre che esso era un residuo del lledio
Evo, pregiudizievole all'esercizio del potere spirituale e destinato ad una inevitabile
caduta. Ciò egli già aveva dimostrato in un opuscolo : Sul potere tempornle dei
Papi (3), ciò ribadì in modo energico e vigoroso nella memoranda seduta del 2G
Marzo 1861, e ripetè costantemente in tutti i suoi discorsi sulla questione Komana (4).
Dall'altro canto invece, profondamente amico della libertà, voleva questa per la Chiesa,
come la voleva per lo Stato. Accettò così e sostenne in tutte le sue applicazioni la
formola libera Chiesa in libero Stato, e cercò di difenderla dalle obbiezioni che,
vi furono mosse con dimostrare che esse, più che alla formola in se stessa, dovevano
essere attribuite alla erronea interpretazione, che sovente era data alla medesima (5).
(1) E da vedersi in proposito il discorso del Boncompagni pronunziato alla Camera dei Deputati
il 25 Gennaio 1871, quando era appunto in discussione la legge delle guarentigie pontificie.
(2) 11 11 contrasto fra la religione e la libertà è uno dei maggiori ostacoli al progresso della civiltà
preeente. Inclinai sempre a credere che fosse destino della ua/.ione italiana riconciliarle; né so rinun-
ziare a quella idea ». Così il Boncompagni nella Avtertenia che precede il suo libro : La Chiesa e lo
Stato in Italia. Firenze, 1866.
(3) L'opuscolo a cui qui si accenna porta per titolo : La potensa temporale del Papa. Torino,
1861. L'epilogo die si trova in fine di quel libro fu poi ritoccato e ripubblicato col titolo: Cenni
storici sulla patema temporale dei Papi e la libertà della Chiesa , che fa parto degli studi sulla que-
stione ecclesiastica da lui pubblicati col titolo: La Chiesa e lo Stalo in Italia. Firenze, 1800. " La
potenza temporale dei Papi, così egli conchiudeva in quel libro, pot'ì riguardarsi come una istituzione
ordinata da Dio, finché si affacciò come idonea ad assicurare l'indipendenza della Cliiesa, finché era
l'espressione di un ossequio e di una obbedienza spontanei. Oggi non giova più a questo fine, perchè
mette invece il Pontefice nella dipendenza dei Potentati, che proteggono il suo Stato, lo rimuove dalla
imparzialità che si addice al suo ministoro ; mette la religione e la Chiesa in cattivo aspetto, mostrandole
opposte al progresso della umanità e della giustizia, e sconvolge i fondamenti dell'ordine politico,
mantenendo uno stato , che ha le sue ragioni di essere nel bene dei governanti , non in quello dei
governati ; sconvolge il fondamento dell'ordine morale, facendo prevalere l'interesse della Chiesa sulla
giustizia che consacra il dintto d'Italia e di Roma. Perciò la potenza temporale del Papa deve cessare ».
(4) Tali discorsi furono dal Boncompagni raccolti nel libro più volte citato: La Chiesa e lo Stato
in Italia. La pubblicazione di essi era da lui considerata come un grande atto di abnegazione, a cui
si era deciso appunto perché trattavasi di questione in cui all'occhio del volgo potevano apparire in
contrasto fra di loro le convinzioni del cristiano-cattolico e le aspirazioni del cittadino.
(n) <i lo non riguarderò mai come una applicazione dei principi! attuali, né la propensione a in-
carcerare preti e vescovi, né l' ingerenza dello Stato nelle cose e noi diritti ecclesiastici ; io voglio
la più grande, la più ampia attuazione del principio di libertà; voglio la libert.'i per la Chiesa,
come la voglio per tutte le altre comunioni dissidenti ; voglio la libertà del cattolico come quella
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 325
Del resto la questione dei rapporti fra Stato e Chiesa fu in ogni tempo un argo-
mento (li predilezione per il Boncompagni , e dei lavoi'i, che egli lasciò incompiuti,
parecchi volgerano appunto su questo argomento. Aveva fra le altre cose divisato di
pubblicare una breve biografia di Ludovico Antonio Muratori per dimostrare col-
l'esempio di un ottimo sacerdote che la più perfetta ortodossia poteva conciliarsi colla
convinzione profonda di dover combattere il potere temporale dei Papi (1).
Dopo il 1 8 7 1 il Boncompagni non prese più una parte così attiva alla vita politica
e pai'lamentare, ma ciò non ostante continuò sempre ad esprimere il proprio avviso,
ora nel Parlamento ed ora per mezzo della pubblica stampa, nelle questioni più gravi
e difficili, e di preferenza in quelle che avevano un carattere costituzionale. Il me-
desimo egli continuò a fare nella Camera vitalizia, alla quale fu chiamato nel 1874
e quale Presidente dell'Associazione politica costituzionale in questa città.
Intanto egli non tralasciò mai, anche in questi ultimi anni, gli studi politici pro-
priamente detti. Memore ancora del tempo in cui il nome della Francia era sinonimo di
libertà e di progresso gli parve grave indizio che venisse guastandosi la concordia fra la
Francia e Fltalia, e credette pregio dell'opera ricercare la causa dei malumori sorti fra
i due jiaesi, nella parte soprattutto che si atteneva alla questione Romana. Le conclusioni
a cui pervenne furono da lui consegnati in due scritti pubblicati l'uno nel 1873 e l'altro
nel 1875 (2), i quali, ancorché siano dettati per ragione di opportunità e sotto
l'impressione degli avvenimenti contemporanei, risalgono però ai principii generali, che
reggono la vita e la costituzione degli Stati. Così, ad esempio, nell'ultimo di essi, è
notabile, per imparzialità e per acutezza nell'apprezzamento dei fatti, la parte in cui,
dopo aver instituito un parallelo fra la monarchia e la repubblica e dopo aver esposte
le ragioni che in tesi assoluta gli facevano preferìre la prima, passa a dare le ridoni
particolai'i che per la Francia rendevano preferibile il Governo repubblicano (;/).
Questa fu in compendio la vita politica del Boncompagni , ed il giudizio sovra
di essa spetta alla storia.
dell'incredulo; voglio la libertà per la Chiesa, come la voglio per lo Stato, come la voglio pel Co-
mune, come la voglio per la scuola, come la voglio per l'industria, come la voglio per tutto ciò che
rappresenta un grande interesse ed un grande principio ». Così il Boncompagni sul fine del discorso
del 9 Novembre 1864 sul trasferimento della capitale e sulla Convenzione del 15 Settembre.
(1) Di questo suo lavoro ebbe a parlare il Boncompagni coU'autore di questa Notizia sulla sua vita
il giorno prima del suo decesso, mentre con una mirabile [calma e lucidezza di mente veniva deli-
neando i molteplici lavori già cominciati, e che avrebbe voluto condurre a termine. La memoria poi
del Muratori, ohe egli avrebbe voluto ripubblicare preceduta dalla vita di lui, ò quella stessa che fu pub-
blicata a Modena coi tipi di Andrea Rossi in occasione del 11 Centenario della nascita di Ludovico
Antonio Muratori, che ebbe luogo il 20 Ottobre 1872. Tale memoria fu dettata dal Muratori nell'atto
di assumere la difesa dei diritti Estensi sopra Comacchio contro la Corte di Roma. Era poi anche
suo intendimento di pubblicare su questo importantissimo argomento la traduzione da lui compiuta
dell'opera del Reichel, See of the Rome in the middle ages, la quale doveva essere preceduta da una
sua lunga introduzione, come pure uno studio sul libro del canonico Audisio : La società politica e
religiosa rispetto al secolo xix. Firenze, 1870.
(2) Questi due lavori portano i titoli seguenti : Francia e Italia, Lettere politiche. Torino , fratelli
Bocca, 1873; La Francia dopo il 24 Maggio 1873. Torino, 1875.
(3) 11 libro La Francia dopo il 24 Maggio 1873 conclude con dire : « La Francia ha necessità di
un reggimento stabile e non possono darglielo né i Napoleonidi , né i Borboni ; per questa ragione
deve tendere piuttosto verso la repubblica che verso la monarchia ».
326 LA VITA K LE Ol'ERE DI CARLO BONCOMPAGNI
A noi pelò è lecito di affermare che egli dell" uomo politico ebbe la qualità ,
che è regina e sovrana di tutte, l'integrità e la fermezza di carattere. Nella sua con-
dotta non fu mai inferiore ad alcuno dei compiti gravissimi che gli furono affidati .
e sarà certo grande ventura per il nostro paese se in momenti difficili e pericolosi
esso potrà ancora affidarsi alla abnegazione e alla coscienza intemerata di un altro
uomo della medesima tempra. Come oratore politico , se non ebbe l' eloquenza che
trascina, ebbe l'efficacia di pei-suasione che proviene dalle convinzioni profonde, l'ele-
vatezza di concetti, che trasporta gli uditori in una sfera superiore alle lotte parti-
giane, e una facilità maravigliosa per fissare in un ordine del giorno l'opinione in-
certa e discorde di un Parlamento. Più che agli uomini ed agli eventi, si propose di
servire ai principii che gli erano di guida nella vita pubblica: donde il carattere
pressoché scientifico dei suoi discoi-si e la larga erudizione storica sovra cui poggiano
1 suoi ragionamenti e le sue conclusioni. Nell'ultimo discorso, che gli occorse di fare
nel Senato , egli potè con ragione pronunziare queste notabili parole : « dapjìoichè
io entrai nella vita politica, io mi prefissi sempre di giudicare dei fatti pubblici
su cui dovessi dichiarare la mia sentenza, come se essi appartenessero alla storia di
un'età abbastanza antica, perchè fossero estinte tutte le passioni dei contemporanei » (1).
Per verità nella lunga serie de' suoi discorsi si cercherebbe indarno un'allusione od
un' invettiva personale. Uso ad obbedire ai dettami di una retta coscienza non dubitò
giammai dei motivi che potevano ispii-are gli altri nelle proprie determinazioni. Nelle
cil-costanze gravi amò meglio di rinvigorire il Governo col proprio appoggio e riservò
la propria opposizione ai casi, in cui egli credesse violato alcuno dei principii sovra
cui poggia il reggimento pailamentare. Comprese che al Governo si dovevano alter-
nare ♦ grandi partiti parlamentari, ed ebbe più d'una volta a dire che la libertà non si
impianta in uno Stato per assicurare ad un partito il privilegio di comandare. Il suo
ideale era, che nel Parlamento si potesse formare una maggioranza concorde nei gi-andi
principii, a cui doveva ispirarsi la patria italiana, e deplorava con Cesare Balbo che
l'Italia non avesse mai avuto vent'anni di storia compiutamente bella, cioè di vera
concordia, in tutti i secoli moderni. La profondità delle sue convinzioni valse a pre-
servarlo in ogni tempo dallo sconforto e dallo scoraggiamento , e se ebbe talvolta a
dire con tristezza che il Parlamento divenuto una realtà non aveva il prestigio con
cui si presentava alle menti quando non era che una speranza , non perdette però
mai la sua fiducia negli ordini costituzionali. Era anzi solito a dire che il reggimento
costituzionale aveva in Italia fatto abbastanza buona prova per tranquillare i suoi
amici (2), e quindi, anziché smanirsi negU inutili rimpianti del passato, amò meglio
trarne ammaestramento per l'avvenire, ordinando a scienza ciò, che egli aveva appreso
(1) Discorso pronunziato nel Senato nella tornata 14 Gennaio 1880. Per dimostrare la sua costanza
in questo suo punto di vista non sarà inutile di citare queste parole dell'avvertenza che precede il
suo libro La Chiesa e lo Stato in Italia. • Testimonio di uno dei fatti più importanti della storia con-
temporanea, della decadenza di quella sovranità territoriale dei Papi, di cui tutto annuncia la caduta
inevitabile, volli studiarla come si farebbe di cosa accaduta parecchi secoli addietro >>.
(2) Questi concetti fondamentali del Boncompaqni, come uomo politico, sono ricavati da un pro-
gramma politico da lui indirizzato agli elettori di Bettola, allorché anch'egli nel 18(55 per cause che
sarebbe qui lungo l'annoverare, ebbe ad essere abbandonato dai suoi antichi elettori.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 327
negli studi della sua gioventù ed in una lunga e meditata esperienza parlamentare.
Che se egli quale uomo politico seppe mantenersi sempre coerente a se stesso, se potè
apprezzare i fatti contemporanei come se fossero accaduti in altra età, se potè pro-
cedere tranquillo e fermo nella propria via senza cercare il plauso e senza lasciarsi
vincere dalle amarezze, ciò si deve in parte anche attribuire alla larghezza della sua
coltura, che lo pose in condizione di studiare i tempi e il Governo costituzionale da
un punto di vista scientifico ed obbiettivo.
IV.
Fu uno dei caratteri del risorgimento italiano l'essere stato preceduto da un grande
e potente lavoro intellettuale. Questo però, a differenza del lavoro eminentemente critico
e filosofico che precedette la rivoluzione francese, non si propose unicamente di di-
struggere il passato e di ridurre l'uomo alla sua nudità primitiva, ma si propose invece
di riedificare questo passato, per ricavare da esso un nuovo ideale per l'awenii-e. Ciò
accadde in tutte le regioni d' Italia, ma in modo anche pifi manifesto nel nostro Pie-
monte. Questo infatti, che prima aveva una tradizione più d'armi e di guerre che di
lettere e d'arti, creò in breve tempo una letteratura maschia e vigorosa come l'aspi-
razione nazionale di cui facevasi la interprete, e nutrì nel proprio seno una pleiade
di illustri storici e filosofi, che certo costituiva una ricca generazione di uomini grandi
per il piccolo paese appiè delle Alpi. Vi fu da una parte un lavoro storico, ora pa-
ziente, particolare e minuto, ora invece sintetico e complessivo, diretto ora a racco-
gliere il passato glorioso comune a tutte le regioni d' Italia, ed ora ad illustrare In
origini e le vicende della Casa di Savoia. Vi fu dall'altra un lavoro filosofico, il quale,
dopo aver preso le mosse da altissime questioni metafisiche e psicologiche, crasi pro-
posto più tardi di rinnovare una filosofia veramente italiana, ed erasi venuto occu-
pando con amore prima dello questioni educative, e più tardi anche delle questioni
giuridiche e politiche. I due lavori si vennero in certo modo correggendo e comple-
tando l'un l'altro, perchè, mentre la storia richiamava le menti alle tradizioni glo-
riose del passato e allo stato l'eale dei fatti, la filosofia si sforzava invece di descrivere
l'ideale, al quale si doveva intendere. Di qui il processo lento e graduato della rivolu-
zione italiana, la quale mentre fu audace nei suoi propositi di unità e di indipendenza,
fu anche custode gelosa della religione, della famiglia e delle altre basi dell'ordinamento
sociale, e mentre si dimostrò pertinace nelle proprie aspirazioni liberali, si mantenne
tuttavia costantemente fedele alla monarchia, e anziché essere l'opera di una sola classe,
fu invece il risultato degli sforzi concordi del patriziato e della borghesia, del Sovrano
e del popolo.
Fu in questo fermento intellettuale e politico che ebbe a formarsi ed a svolgersi
la mente di Carlo Boncompagni. Ingegno vasto e comprensivo, egli si studiò di seguire
questo fermento intellettuale in tutte le sue molteplici manifestazioni. Egli tenne dietro
fin dal loro apparire alle ardite speculazioni di Vincenzo Gioberti e alle investigazioni
328 l'A VITA E LE OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI
analitiche e psicologiche di Antonio Rosmini . come pure ebbe una conoscenza pro-
fonda delle dottrine del Roma^nosi , cui giovane ancora cercò di esporre e di
difendere dalle esagerate accuse . di cui erano state 1" oggetto. Se non che le
astratte speculazioni non erano un campo in cui l' ingegno del Boncompagni potesse
arrestarsi a lungo senza proporsi uno scopo essenzialmente pratico e sociale. Quindi
è che dei varii rami delle scienze filosofiche, egli si compiacque di preferenza in quello
che si atteneva alla scienza dell'educazione, e furono soprattutto i libri e gli scritti,
che egli pubblicò su tale argomento, che richiamarono sopra di lui gli sguardi, e
furono uno dei titoli che lo fecero accogliere fin dal 1841 a membro di questa
Accademia. Seguì paiimenti con amore le investigazioni storiche che si facevano per
opera soprattutto di quegli insigni che entravano a comporre la R. Deputazione di
storia patria, alla quale ebbe pure ad essere ascritto nel 1845. Che anzi in un'epoca,
in cui gli studi del Vesme e del Fossati e di altri benemeriti già avevano cercato
di recare qualche luce in quelle, che si chiamavano le tenebre del Medio Evo , egli
credette pregio dell'opera di ricostruire storicamente la figura pressoché leggendaria
di Severino Boezio, studiandone la vita nelle opere di lui, nelle epistole di Cassiodoro
e negli altri storici contemporanei. Il suo studio storicamente considerato potrà forse
non essere perfetto, ma certo fu nobile l'intento di lui coli istituire una ricerca nuova
ed originale sopra quell'illustre cittadino italiano, al quale (per usare le sue parole)
non per esagerazione di lode, ma per stretto rigore di verità storica, è dovuto il titolo
di ultimo dei Romani (1).
Del resto egli non pretese mai al vanto né di filosofo, né di storico nel senso
vero della parola : la storia e la filosofia erano per lui le due basi sovra cui dovevano
poggiare gli studi giuridici e sociali, che erano quelli a cui lo invitava la propria
vocazione.
Le sue meditazioni su questi argomenti cominciarono a comparire sotto forma di
articoli e di dissertazioni separate negli Annali di Giurisprudenza e in altri Giornali
e Riviste di quei tempi. In questi suoi primi lavori egli ora intende allo studio dei
rapporti che intercedono fra la morale ed il diritto, ora cerca di determinare le leggi
che governano il progresso della civiltà , ed ora si fa ad esporre le più importanti
dottrine degli autori contemporanei, come quelle del Romaguosi e quelle di Federico
Carlo Di Savigny fondatore della Scuola storica (2). Era questo il periodo in cui
studiando le dottrine altrui egli si studiava di giungere a convinzioni proprie, le quali
poi comparvero compatte e coordinate fra di loro in un'opera di lunga lena e di
grande opportunità pei tempi , che egli non diresse più al piccolo Piemonte , ma
(1) Le Sotiiie sulla vita di Severino Boetio e sulla storia dei suoi tempi furono dal Boncompagni
lette aU'.Vccademia nell'adunanza del 3 Marzo 1848, e inserite nei volumi delle Memorie; Serie II,
Tomo V, pag. 1 a 37. Fra i lavori storici del Boncompagni, in varie biografìe di lui, suole eziandio
essere annoverata una Storia della letteratura cristiana negli undici primi secoli ; ma a questo pro-
posito il professore Krmanno Ferrerò ha fatto notare a ragione, che tale opera è invece da attribuirsi
a Cesare Balbo. Carlo Boncompagni, parole dette da Ermanno Ferrerò nella Scuola di storia moderna
deirUnivorsità di Torino il 18 Dicembre 1880. Nota N» 8.
(2) Fra i lavori qui accennati meritano soprattutto di essere ricordati gli articoli da lui pubblicati
negli Annali di Giurisprudenza intorno al diritto e alle sue reiasioni colla legge morale. Anno III, Tomo VI
pag. 06, 406, 506, 613.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 329
all'Italia, intitolandola: Introduzione alla scienza ilei diritto ad uso degli Italiani.
È triplice il fondamento sovra cui riposa quest'opera, che, preparata da qualche anno,
non potè essere pubblicata per cause di varia natura, che nel 1848. Fu la filosofia
che lo guidò a distinguere il dominio del diritto da quello della morale , ancorché
fosse sua convinzione profonda che l'ordine giuridico dovesse essere subordinato all'or-
dine morale. Fu il meditare sulle storie contemporanee e sulle esigenze della civiltà
contemporanea che lo condusse a proclamare che i tempi del dispotismo sotto qual-
siasi forma erano finiti , e che i Governi che volevano aver lunga vita dovevano di
necessità fondarsi sulla libertà. Fu da ultimo lo studio delle condizioni peculiari del
nostro paese, che lo condusse a considerare come suprema necessità di esso, l'indi-
pendenza dallo straniero, e come la forma di governo, più acconcia al medesimo, la
monarchia rappresentativa. La giustezza dei suoi apprezzamenti e delle sue vedute fu
dimostrata dal fatto, che la parte del suo lavoro riguardante l'organismo della mo-
narchia rappresentativa, pubblicata separatamente, potè essere considerata come una
splendida introduzione a quello Statuto, che largito dal Ke Carlo Alberto doveva poi
trasformarsi nella costituzione del Eegno d'Italia. Nel conflitto poi, che allora già
cominciavasi a combattere nella scienza del diritto, fra la scuola filosofica e dogmatica
da una parte e la scuola storica dall'altra, egli tentò fin d'allora quella conciliazione,
che fini più tardi per apparire come una necessità ai fautori dell' una e a quelli
dell'altra (1).
Le cure della vita pubblica, sopravvenutegli dappoi, arrestarono per qualche tempo
le sue pubblicazioni di carattere scientifico, ma non le sue meditazioni sull'argomento.
Vi fu alcuno che disse, che nelle prime opere in cui comincia a rivelarsi un ingegno,
trovasi per l'ordinario il germe di quelle che verranno dappoi. Ciò in certi confini
può affermarsi anche del Bokcompagni , perchè nel libro , di cui sopra ho pailato ,
trovasi non solo il metodo , ma anche il germe delle dottrine ed idee, che ebbe a
svolgere dappoi. In esso infatti già si trova il metodo storico e filosofico che ebbe
poi a seguire in tutte le sue trattazioni giuridiche e politiche ; in esso parimenti già
occorre il concetto a cui poscia si ispirò in tutti i suoi lavori intorno ai rapporti fra
Chiesa e Stato, di conciliare e d'armonizzare la civiltà e la religione ; in esso trovasi
pure inculcato il rispetto che devesi alla pubblica opinione e l'obbligo che incombe
a tutti gli uomini colti ed onesti di illuminarla e guidarla nei momenti difficili e
pericolosi; in esso per ultimo già si trovano delineate le principali basi del reggimento
costituzionale, quali sarebbero la distinzione dei poteri sovrani . il contemperamento
fra la podestà ereditaria del Sovi-ano e la podestà elettiva dei Parlamenti, la respon-
sabilità dei Ministri , la libera professione delle opinioni e i mezzi per impedirne
gli abusi.
Questi però non erano che i germi, che furono dal Boncompagni sviluppati col
(1) « Il merito e l'utilità della dottrina della scuola storica consiste nell'aver richiamata la scienza
dalla speculazione astratta dei principii assoluti allo studio positivo ed erudito dei fatti; il suo difetto
nel non aver avvertito che siccome i principii ricevono luce dai fatti, così i fatti si debbono illustrare
coi principii, dai quali solo procedono le generose dottrine per le quali la scienza è benemerita del-
l'umana civiltà •. Introduiione alla sciensa del diritto, pag. 520.
Serie II. Tom. XXXIV 42
330 I-A VITA E I.E OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI
sussidio di nuovi studii e delFesperienza parlamentare. Mentre nei suoi primi lavori
egli aveva di preferenza attinto alle dottrine liberali francesi , egli vi aggiunse più
tardi uno studio profondo della letteratura politica inglese. Mentre le sue indagini
sulle origini delle costituzioni non si spingevano dapprima che alla Grecia ed a Koma,
egli da ultimo seguì le investigazioni più recenti sulla organizzazione della società
primitiva presso (quella nube di popoli, clie un tempo si comprendevano col nome di an-
tico e misterioso Oriente. Di questi suoi nuovi studi ci lasciò uno splendido frammento
nella orazione inaugurale per Tapertui-a degli studi universitari nel 1878-79 in cui
trattò con gi-ande erudizione e con giovanile entusiasmo del dispotismo in Oriente
e (iella libertà in Grecia (1). Infine, se prima i suoi concetti della libertà costitu-
zionale e dei rapporti che con-evano fra la civiltà e la religione, fra la Chiesa e lo
Stato a lui si presentavano in una generalità astratta , dovettero da lui più tardi
essere studiati nelle loro applicazioni concrete.
Fu con questo processo, che il suo volume di Introduzione alla scienza del diritto
si venne col tempo trasformando nella scienza del dii-itto costituzionale, (juale egli
ebbe ad intenderla e ad insegnarla ne" suoi ultimi anni.
L'opera sua rimase incompiuta, ma anche quelle parti delle sue lezioni, che furono
fatte di pubblica ragione, ci possono porgere un'idea dell'altissimo concetto, che egli
erasi formato della propria scienza.
Esordiva con una parte filosofica e razionale , che semplice in apparenza , nou
cessava però di essere profonda, la quale era diretta a porgere alla gioventù un'idea
chiara e precisa del diritto e della costituzione , della libertà individuale e dell'au-
torità sociale, dei dii-itti insomma e dei doveri del cittadino di un libero paese.
A questa succedeva, ampia e particolareggiata, una esposizione storica della costi-
tuzione degli Stati, quale si era svolta nelle dottrine degli autori e quale si era spie-
gata nell'ordine dei fatti. Nella esposizione delle dottrine intorno al reggimento degh
Stati arrestavasi di preferenza a (luegli autori , che si potevano considerare quali
rappresentanti dei sistemi diversi, come Aristotele, San Tommaso d'Aquino, Vico,
Montesquieu, Gian Giacomo Rousseau. Pervenuto così ai tempi nostri, poneva particolar
cura nello svolgimento della tradizione liberale piemontese, la quale incominciando
da Alfieri e venendo fino a Cavour aveva generata e svolta la Costituzione italiana.
Sventuratamente questa parte dell'opera sua rimase incompiuta, e le tre lezioni che
ci rimasero, di cui una su Vittorio Alfieri e due su Carlo Botta, sono tali da farci
sentire vivissimo il desiderio di quelle che le avrebbero seguite. Fu. mentre attendeva
a seguire le traccie di questa tradizione nel suo corso di iliritto costituzionale, che
egli allai-gando alquanto le proprie ricerche ne ricavò quella Memoria storica su Carlo
Botta, che fu pubblicata negli Atti di «luesta Accademia, notevole lavoro psicologico-
storico in cui, seguendo il Botta nella sua vita intima e nella parte che egli ebbe
negli avvenimenti civili e politici del Piemonte, mentre non dissimula gli cn-ori e le
(1) Il discorso, cui qui si accenna, si intitola: L'antico dispotismo orientale e la libertà della
Grecia. Fu letto il 4 Novembre 1878 in occasione del solenne riaprimento degli studi, e fu pubblicato
nell'Annuario accademico del 1878-79.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 331
illusioni del Botta, ne mette in rilievo le nobili qualità dell'animo , il disinteresse e
il patriottismo (1).
Del resto, questo genere di storia biogi-afica conveniva miiabilmente alle atti-
tudini del BoNCOMPAGNi, come ebbe anche a dimostrarlo di recente, discorrendo no-
bilmente ed affettuosamente in questa Accademia della vita e delle opere di Federigo
Sclopis , nella quale occasione ebbe a richiamare certi tratti della vita giovanile ed
intima di quell'Illustre, che senza di lui sarebbero forse sfuggiti alla storia (2).
Per la parte del suo insegnamento poi, che si riferisce alle costituzioni degli Stati
quale si era svolta nell' ordine dei fatti, era suo intendimento negli ultimi anni di
allargare le sue ricerche all'antichissimo Oriente, per continuarle poi iu Grecia, in Roma,
arrestandosi poi di preferenza alle principali costituzioni moderne, ed era suo divisa-
mente di comunicare all'Accademia i risultati delle proprie investigazioni.
Ferme cosi le basi filosofiche e storiche della propria scienza, faceva infine passaggio
alla interpretazione positiva della Costituzione italiana , valendosi in essa del sussidio
di una lunga esperienza parlamentare, e delle sue larghe cognizioni intorno alla let-
teratura politica inglese (3).
Non gli bastarono gli anni a compiere il quadi'o, ma finché gli durò la vita non
vi fu anno, in cui non aggiungesse qualche nuovo studio all'opera sua. Fidente nel
progi-esso del sapere umano tenne costantemente dietro ai nuovi studi che si vennero
facendo intorno alla costituzione degli Stati ; ebbe familiari le opere recenti del Sumner
Maine, dello Stubbs , del Lorimer, del Lieber , dell' Erskine-May, del Bluntschli, e,
senza tuttavia farsene seguace, volle essere informato di quell'indirizzo positivo e spe-
rimentale, che tendeva ad introdursi anche negli studi giuridici e sociali.
Questo poi vi ha di notabile in tutte le opere sue, che esse , per ijuauto si esten-
dano ad argomenti di natura diversa, sono tuttavia percorse da certi piincipii superiori
che ne costituiscono, per dir così, l'anima e lo spirito comune. Questi piincipii sono
quelli che costituivano quella fede politica, filosofica e religiosa, a cui egli si mantenne
costantemente fedele, e che io non saprei meglio riproduiTe che servendomi delle sue
stesse parole :
« In religione sono Cristiano Cattolico, ma tengo per fermo che non siano parte
di religione ne le consuetudini per cui le persone dei chierici ed i beni che posseggono
furono immuni dalla legge dello Stato, nò la sovranità tenitoriale del Papa, ne la
(1) Questa memoria storica su Carlo Botta fu letta dal Boncompagni alla Classe di scienze morali,
storiche, filologiche nelle adunanze del 20 Gennaio, 3 Febbraio e 17 Marzo 18(57 e pubblicata negli Atti
accademici. Voi. II, pag. 177, 259, 377.
(2) 11 discorso qui accennato fu dettato dal Bo.ncompagni dietro incarico dell'Accademia, e letto
alla medesima nell'adunanza a Classi unite del 22 Maggio 1879.
(3) Le parti del corso del Diritto Costituzionale che furono dal Boncompagni fatte di pubblica
ragione si riducono alle seguenti: 1" Tre lezioni intorno alla tradizione liberale piemontese, di cui
la prima su Vittorio Alfieri e le altre due su Carlo Botta. - 2° Nove lezioni del corso di Diritto Costi-
tuzionale da lui dettate nella R. Università di Torino fin dal 1866-67, in cui, dopo aver premesse
alcune generali nozioni intorno al diritto e alle costituzioni, prendeva in esame le varie dottrine degli
autori intorno alla costituzione degli Stati. - 3° Una prolusione e 24 lezioni del corso di Diritto Costi-
tuzionale da lui dettate nella R. Università di Roma nell'anno scolastico 1873-74.-4" E infine 12 le-
zioni di interpretazione e di commento allo Statuto italiano desunte dal suo insegnamento in questa
Università dal 1874 in poi, la cui pubblicazione non fu intieramente compiuta.
332 lA VITA E I.E OPERE DI CARLO BONCOMPAGNl
sua autorità illimitata sulla Cliiesa. In filosofia tengo per quella libertà del pensiero
umano, di cui furono iniziatori Galileo in Italia, Bacone da Verulamio in Inghilten-a,
Cartesio in Francia. Tengo per fermo non essere logica conseguenza della libertà di
coscienza l'opinione di chi voiTcbbe scalzare il Cristianesimo, menomando la fede in Dio.
nella legge morale e nella immortalità, quella fede, che le più nobili tilosofie propu-
gnaiono e sovra cui riposa ogni ordine morale e civile. In i)olitica voglio sopra ogni
cosa la libertà per tutti ; alla repubblica preferisco la monai'chia , come (jucUa che
seppe ordinare ad unità le grandi nazioni dell'Europa moderna, e che credo più idonea
ad assodare la libertà costituzionale. In Italia non credo altro reggimento accettabile
che il monarcato costituzionale della Real Casa di Savoia , la sola intorno a cui la
patria nostra abbia potuto ordinarsi ad indipendenza, a libertà, ad unità ».
« Ho coscienza del diritto che mi compete di esigere che le mie opinioni siano
rispettate. Ho coscienza altresì del dovere di rispettare ogni opinione sincera ed onesta,
che sia contralia a quella che io professo. Le opinioni false si vincono con la discus-
sione, non coi costringimenti, a cui si debba ricorrere solo quando l'espressione delle
opinioni turbi la costituzione di uno Stato che si regge a libertà » (1).
Fin qui. Onorandi Colleghi, l' L'omo ha descritto se medesimo colle sue opere, coi
suoi scritti, coi suoi discorsi : sia lecito ora al modesto espositore della sua vita di
riassumerne il quadro.
Se è vero ciò, che qualche filosofo ebbe ad insegnare, che la vita di un uomo
equilibrato nelle proprie facoltà può tutta riassumersi e compendiarsi in una idea, che
egli cerca poi di incarnare colle azioni e coi fatti, ciò può senza alcun dubbio affer-
marsi di Carlo Boncompaoxi. Fu l'idea di una patria italiana, libera ed indijicndente,
fedele al proprio Ke ed alla propria religione , che regnò sovi'ana in tutte le azioni
della sua vita e che diresse la molteplice operosità di lui. Ispirato dalla medesima
Carlo Boncompa(;ni si valse della storia per ricostruire ad ammaestramento dei con-
temporanei e dei posteri alcuno splendide figure di cittadini italiani, quali furono quelle
di Severino Boezio, di Vittorio Alfieri, di Carlo Botta, di Ferrante Aporti, di Fellegiino
Rossi, di Federigo Sclopis ; si giovò della filosofia ])er cooperare alla rigenerazione del
popolo italiano mediante l'educazione della infanzia e l'istruzione della gioventù, e si
servi infine delle sue meditazioni giuridiche e jiolitiche per sostenere la vittoria della
libertà sul dispotismo, e per mantenere intcgi'a e trasmettere alle generazioni venture
(juella tradizione liberale, che aveva generata e svolta la costituzione italiana. Fu no-
tabile in lui, più che la superiorità preponderante di questa o di (quella facoltà, l'e-
quilibrio e l'armonia delle varie facoltà umane, la concordia fra il pensiero e l'azione,
fra le sue vii'tù civili e le suo virtù domestiche e religiose. In qualsiasi campo siansi
spiegate, le sue virtù non furono di quelle splendide ed appariscenti, che per mostrai"si
in tutta la loro efiicacia abbisognano del plauso e della ammirazione delle moltitudini,
che vivono fra il frastuono e l'ammirazione dei contemporanei, e lasciano i superstiti
(I) Questa professione di fede del Roncompagni i'- desunta dalla sua prima lezione sulla tradizione
piemontese da lui fatta nel 1867 in questa R. Università.
COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 333
pressoché attoniti e maravigliati ; ma furono invece di quelle virtù umili e modeste,
che quasi cercano di celarsi appena hanno adempiuto al proprio uflSzio , che trovano
la propria radice nel sentimento profondo del proprio dovere, e che lasciano dietro di
se più mesta ricordanza e più lungo desiderio. Nelle proprie azioni non ebbe altra
guida, né cercò altro compenso che la testimonianza di una retta coscienza; ma egli
può, ciò non ostante, essere annoverato fra coloro, che lungo il corso della loro vita
videro in gran parte soddisfatte le proprie aspirazioni. Visse il periodo delle speranze
d'Italia e provò il soddisfacimento di aver cooperato efficacemente al compimento delle
medesime ; accettò con abnegazione i carichi che gli imponeva la sua posizione politica,
e non cercò mai di sottrarsi alla responsabilità dei proprii fatti, anche quando fraintesi
poterono momentaneamente privarlo del favore popolare ; non rifiutò gli onori e gli alti
ufficii, ma tornò sempre ugualmente modesto alla quiete della propria famiglia e dei
proprii studi ; ebbe amarezze e il coraggio di sopportarle con rassegnazione, ma non
gli mancarono neppure le sincere gioie e soddisfazioni, e fu nel suo nobile tempera-
mento di saper dimenticare le prime e di serbare invece perenne ricordanza delle seconde.
Senza odii e senza rancori , ebbe una vita inalterabilmente serena , lunghe e fedeli
amicizie e tutte le gioie e i conforti della vita domestica ; esente da lunghe malattie,
salvo pochi 0 non lunghi attacchi di gotta, anche in quell'ultimo attacco, che doveva
essergli fatale, non fu travagliato da lunghi dolori e conservò fino all'ultimo la luci-
dezza della jiropria mente, e quando inopinatamente sentì aggravarsi il proprio male
ripetè col giusto, volgendosi alla sua nobile Compagna : sia fatta la voìontà di Dio.
Il BoNCOMPAONi ebbe ampia la fronte : sguardo semplice e sereno ; portamento
modesto ed incesso alquanto cui'vo, non per l'età, ma piuttosto per l'abitudine del
meditare; conversazione afi"abile, alla buona, intercalata da qualche motto festevole ed
arguto; indole conciliante bensì, ma non disgiunta da tenacità e fermezza di propositi
proveniente dalla profondità delle sue convinzioni.
Incomparabilmente e sinceramente modesto, quasi cercava, sopra tutto negli ultimi
anni, di far dimenticare sé e i servigi da lui resi alla patria, ma all'annunzio della
sua morte, tutti gli ordini di cittadini sentirono la gravissima perdita, che in lui ebbe
a fare l'Italia. Ne fecero commemorazioni, oltre il nostro Presidente che perdeva in
lui un condiscepolo, un amico, un collega, i giornali tutti del Eegno, l'Accademia dei
Lincei, la R. Deputazione di storia patria, l'Istituto Veneto ed altre Società scienti-
fiche a cui trovavasi ascritto, i Professoi-i della nostra e di altre Università, le associa-
zioni politiche , la Camera dei Deputati ed il Senato. Parve tuttavia, per comune
consenso, che il luogo più additato dalle circostanze della sua vita, per erigergli un
monumento che ricordasse le sue modeste e benevole sembianze, dovesse essere la nostra
Università. Un altro monumento egli avrà nella ricordanza e nel desiderio di tutti noi,
che nei comuni studi e nella familiare convei-sazione potemmo conoscere ed apprezzare
le nobili qualità dell'animo suo.
334
NOTA
DEI PRINCIPALI SCRITTI
DEL BOisraoi*a:PA.G-Ni
DelU Scuole Infantili. Torino 1837.
n Diritto nelle sìie relazioni colla morale (Annali di Giurisprudenza). Anno III. Tomo VI, pag. 66, 408,
505, 613. Torino 1840, Tipografia Mussano.
l Diritto e la Scienza. Discorso letto addi 16 Settembre 1843 nel R. Senato di Torino per l'inaugu-
razione dell'anno giuridico. Torino 1844.
Notizie suUa vita di Severino Boezio e sulla storia de' suoi tempi. Lette alla Classe di Scienze morali,
storiche e filologiche dell'Accademia delle Scienze di Torino, nell'adunanza del 3 Marzo 1842
(Pubblicate nelle Memorie dell'Accademia stessa. Serie II. Tomo V, pag. 1 a 37).
Introduzione alla scienza del diritto ad uso degli Italiani. Lugano 1848,
Della Monarchia rappresentativa. Torino 1848.
Saggio di lezioni per l'infanzia. Torino 1851.
Considerazioni sull'Italia centrale. Torino 1859.
SuUa potenza temporale dei Papi. Torino 1861.
//'unità d'Italia e le elezioni. Torino 1861.
Commemorazione di Ferrante Aporti. Discorso per la distribuzione dei premii all'Istituto Aporti-
Boncompagni, letto addì 15 Luglio 1865. Tonno, Tipografia 6. B. Paravia e Comp.
Inaugurazione del corso di letture tecniche normali presso il Reale Museo industriale italiano. Discorso
pronunciato addi 6 Agosto 1866. Torino 1866, Tipografia Letteraria.
La Chiesa e lo Stato in Italia. Firenze 1866.
La tradizione liberale piemontese. Lezioni preliminari al corso di diritto costituzionale. Torino 1867.
Stamperìa Reale, pag. 196. Contiene una lezione su Vittorìo Alfierì e due su Carlo Botta.
Lezioni di diritto costitttzionale. Torino 1867 , Stamperia Reale. Contiene nove lezioni intomo alle
dottrine degli autori sulla costituzione degli Stati.
'Notizia storica su Carlo Botta. Letta alla Classe di scienze morali, storiche e filologiche dell'Acca-
demia delle Scienze di Torino nelle adunanze del 6 Gennaio , 3 Febbraio e 17 Marzo 1867
e pubblicata negli Atti dell'Accademia stessa. Voi. II, pag. 177, 257, 377.
LA VITA E LE OPERE DI CARLO B0NC0MPA6NI. 335
Francia e Italia. Lettere politiche. Torino-Roma-Firenze, 1873. Fratelli Bocca.
Prolusione al corso di diritto costituzionale. Letta addì 3 Febbraio 1873. Roma 1874.
Corso di diritto costituzionale. Torino 1875, Tipografia Baglione. È diviso in due parti o volumi , che
rimasero entrambi incompleti.
La Francia dopo il 21 Maggio 1873. Torino 1875, Unione Tipografica Editrice.
IntrodiÀCtion au cours de droit constitutionnel de Pellegrino Rossi. Paris, Guillaumin et Comp., 1877.
L'antico dispotismo orientale e la libertà della Grecia. Discorso per il riaprimento degli studi nella
R. Università di Torino, letto il 4 Novembre 1878 e pubblicato nell'Annuario accademico di
detta Università dell'anno 1878-79.
Della vita e delle opere del conte Federigo Sclopis, Discorso letto alla R. Accademia delle Scienze di
Torino addì 22 Maggio 1879.
Pier Dionigi Pinelli e Vincenzo Gioberti. Discorso letto alla Associazione Costituzionale torinese addi
9 Aprile 1880. Torino 1880. Libreria Casanova.
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INDICE
CIASSE DI SCIENZE «ORALI, STORICHE E FIIOLOGICHE
Esposizione critica delle dottrine psicologiche di Alessandro Bain;
di Giuseppe Allievo pag. 3
Dialetto deWEUde nelle iscrizioni testé scoperte; Memoria di Domenico
Pezzi * 75
Oli Statuti dell'anno 1379 di Amedeo VI Conte di Savoia; Memoria
di Cesare Nani » 1*^1
/ primi Statuti sopra la Camera dei conti nella Monarchia di
Savoia; di Cesare Nani » 1^1
Sigillographie de la Savoie; - Première sèrie , - Sceaux religieux ;
dessinés et décrits par le General Auguste Dufour et le Professeur Francois
Kabut * 217
Carlo Bon - Compagni di Mombello ; Commemorazione di Giuseppe
Cable * 313
Serie II. Tom. XXXIV. ^^
V° Si stampi:
EECOLE RICOTTI, Presidente
ASCANIO SOBKERO /
\ Segretarii.
Gaspare Gorresio \
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