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Full text of "Memorie della Reale accademia delle scienze di Torino"

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MEMORIE 


DELLA 


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REALE    ACCADEMIA 

DELLE     S  C  I  E  IX  Z  E 


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DI  TORINO 


SERIE     SECONDA 
Tomo    XXXIV. 


TORINO 

EB-IVEANNO     IjOESGKCEB. 

Libraio  della  R.  Accademia  delle  Scienze 

MDCCCI.XXXIII 


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MEMORIE 

DELLA     REALE     ACCADEMIA 
DELLE     S  C  I  E  IV  Z  E 

DI     TORINO 


MEMORIE 


DELLA 


REALE    ACCADEMIA 


DELLE     SCIENZE 


DI    TORINO 


SERIE     SECONDA 
Tomo    XXXH'. 


TORINO 

E  R.  IS/I  A  KT  KT  O     L  O  E  S  G  H  E  R. 

Libraio  della  R.  Accademi.')  delle  Scienze 

M  D  e  e  e  I.  X  X  X  1 1  1 


PROPRIETÀ      LETTERARIA 


Torino,  STAMPERIA    REALK. 


VII 


I]\IDICE 


Elenco  degli    Accademici  residenti ,    Nazionali  non  residenti ,   Sti-anieri  e  Cor- 
rispondenti          PAG.        IX 

Mutazioni  avvenute  nel  Corpo  Accademico  dopo  la  pubblicazione  del  pre- 
cedente volume »      XXIX 

CLASSE  DI  SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE 
E  MTCRALI 

Fenomeni  di  polarizzazione  cromatica  in  aggregali  di  corpi  bìri- 

frangenti  ;  di  Giuseppe  Basso pag.      3 

Sui  terreni  strali ficali  di  Argenterà  (Valle  della  stura  di  Cuneo); 

Memoria  paloontologico-geologica  del  Dottore  Alessandro  PoiiTls  .     .       »        25 

Studio  comparativo  del  tratto  ottico  e  dei  coipi  genicolati  nell'uomo, 
nella  scimmia  e  nei  mammiferi  inferiori;  del  Dottore  Ferruccio 
Taktikeri '-•      101 

Contributo    allo   studio   della  pelle  degli  urodeli   (Salaniandrina, 

Euproctns  e  Sperlepes);  Memoria  di  Mario  Lessona ■      125 

Studi  sulla  riflessione  cristallina  ;  di  Oiuseiipe  Hasso »     137 

Monografia  dM  genere  Casuarius  Briss.  ;  di  Tommaso  Salvadoki    .      »      1 73 

/  molluschi  dei  terreni   terziarii   del  Piemonte  e  della  Liguria  ; 

descritti  da  Luigi  Bellardi *      219 


IX 


ELENCO 


ACCADEMICI   RESIDENTI,    NAZIONALI   NON  UESIDENTI 
STRANIERI    E    CORRISPONDENTI 

AL     1°    GENN'AIO     MDCCCI.XXXIII 


Presidente 

Ricotti  (Ercole),  Senatore  del  Regno,  Maggiore  nel  R.  Esercito,  Pro- 
fessore emerito  della  R.  Università  di  Torino,  Presidente  della  Regia  Depu- 
tazione  sovra  gli  studi  di  Storia  jiatria ,  Socio  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  di   Monaco  in  Baviera,  Gr.  Ufliz.  *,   Gr.  Cord,  e,  Cav.  e  Cons.  ^,   0■ 


VICE-PRESIDEi^TE 

RicHELMY  (Prospero),  Professore  emerito  di  Meccanica  applicata  nella 
Scuola  d'Applicazione  per  gl'Ingegneri,  Socio  della  R.  Accademia  di  Agri- 
coltura,  Comm.   *  e  ©. 


Tesoriere 


Vice -Tesoriere 

Manno  (Barone  D.   Antonio),  Membro  e  Segretario  della  R.  Deputazione 
sovra  gli  studi  di  Storia   Patria  ,  *  e  Conmi.   ©. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  2 


CLASSE  DI  SCIENZE  FISICHE,  MATEMATICHE 
E    NATURALI 


Direttore 

Delponte  (Giovanni  Battista),  Dottore  in  Medicina  e  in  Chirurgia,  Pro- 
fessore Onorano  di  Botanica  nella  R.  Università,  Socio  della  R.  Accademia 
di  Affricoltura,  Ufiiz.  *,  e  Comm.  e. 


*a 


Segretario  Perpetuo 

SoBRERo  (Ascanio),  Dottore  in  Medicina  ed  in  Chirurgia,  Professore 
emerito  di  Chimica  docimastica  nella  Scuola  d'Applicazione  per  gli  Ingegneri, 
Membro  del  Collegio  di  Scienze  fisiche  e  matematiche.  Presidente  della 
R.  Accademia  di  Aericoitura,  Comm.  *,  ^,   Uftiz.  ©. 


ACCADEMICI   RESIDENTI 

SoBRERO  (Ascanio),  predetto. 

RicHEi.MY  (Prospero) ,  predetto. 

Delponte  (Giovanni  Battista)  ,  predetto. 

Genocchi  (Angelo),  Professore  di  AnaHsi  infinitesimale  nella  R.  Università, 
Uno  dei  XL  della  Società  ItaHana  delle  Scienze,  Socio  della  R.  Accademia 
dei  Lincei,  Comm.  4»,  Uftiz.  ©;  #. 

Lessona  (Michele),  Dottore  in  Medicina  e  Chirurgia,  Professore  e  Direttore 
de' -Musei  di  Zoologia,  Anatomia  e  Fisiologia  comparata  della  R.  Università, 
Socio  delle  RR.  Accademie  di  Agricoltura  e  di  Medicina  di  Torino,  Ufliz.  *, 
Comm.   o. 

DoRNA  (Alessandro),  Professore  d'Astronomia  nella  R.  Università,  di  Mec- 
canica razionale  nella  R.  Militare  Accademia  ,  Socio  Corrispondente  del 
R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere ,  della  R.  Accademia  dei  Lincei  , 
Direttole  del   I!    Osservatorio  astronomico  ili  Torino,  *,  Uftiz.  ©. 


XI 


Salvadori  (Conte  Tommaso),  Dottore  in  Medicina  e  Chirurgia,  Vice- 
Direttore  del  Museo  Zoologico  della  R.  Università  di  Torino ,  Professore  di 
Storia  naturale  nel  R.  Liceo  Cavour  di  Torino,  Socio  della  R.  Accademia  di 
Agricoltura  di  Torino,  della  Società  Italiana  di  Scienze  Naturali.  dellAcca- 
demia  Gioenia  di  Catania,  Membro  Corrispondente  della  Società  Zoologica  di 
Londra,  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Nuova- York ,  della  Società  dei  Na- 
turalisti in  Modena ,  della  Socielà  Reale  delle  Scienze  di  Liegi ,  della  Reale 
Società  delie  Scienze  Naturali  delle  Indie  Neerlandesi  e  della  British  Orni- 
thological  Union,  e  Socio  Straniero  onorario  del  Nuttall  Ornithological  Club, 
e  Membro  onorario  della  Società  Ornitologica  di  Vienna,  ©. 

GossA  (Alfonso),  Dottore  in  Medicina,  Professore  di  Chimica  minerale 
presso  il  R.  Museo  Industriale  Italiano,  e  di  Chimica  docimastica  nella  R.  Scuola 
d'Applicazione  degli  Ingegneri  in  Torino,  Socio  della  R.  Accademia  dei  Lincei, 
Uno  dei  XL  della  Società  Italiana  delle  Scienze,  Socio  dell'Accademia  Gioenia 
di  Catania,  della  R.  Accademia  di  Agricoltura  di  Torino,  Corrispondente  del 
R.  Istituto  Lombardi)  di  Scienze  e  Lettere,  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze, 
Lettere  ed  Arti,  e  dell'Istituto  d'Incoraggiamento  alle  Scienze  naturali  di 
Nap(di,  Uffiz.  *,   Comm.   ©,  e  dell'O.  di.   Catt.  di  Sp. 

Bruno  (Giuseppe),  Dottore  aggregato  alla  Facoltà  di  Scienze  fisiche,  ma- 
tematiche e  naturali.  Professore  di  Geometria  descrittiva  nella  R.  Università,  *. 

Berruti  (Giacinto),  Direttore  del  R.  Museo  Industriale  Italiano,  e  del- 
rOliicina  governativa  delle  Carte- Valori,  Ufliz.  *,  e  Comm.©,  dell  O.  di  Fran- 
cesco Giuseppe  d'Austria,  della  L.  d'O.  di  Francia,  e  della  Rejmbblica  di 
S.  Marino. 

CuRiONi  (Giovanni),  Profes.sore  di  Costruzioni  e  Vice-Direttore  della  Scuola 
d'Applicazione  degli  Ingegneri,  Dottore  aggregato  alla  Facoltà  di  Scienze  fisiche, 
matematiche  e  naturali  della  R.  Università,  Socio  della  R.  Accademia  di  Agri- 
coltura, Socio  Corrispondente  delia  II.  Accademia  di  Scienze.  Lettere  ed  Arti 
di  Lucca,  Socio  Corrispondente  della  R.  Accademia  di  Scienze,  Lettere  ed 
Arti  di  Palermo,  *,  e  Comm.  ©. 

Succi  (Francesco),  Capitano  nell'Arma  d'Arlii^licria.  Professore  di  Meccanica 
superiore  nella  R.  Università,  e  di  Matematiche  applicate  nella  Scuola  d  Ap- 
plicazione delle  Armi  di  Artiglieria  e  Genio,  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Socio  Corrispondente  della  11.  Accademia  dei  Lincei  e  del 
R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  *,  Ulliz.  ©. 

Bellardi  (Luigi),  Conservatore  delle  collezioni  paleontologiche  presso  il 
Museo  di  Geologia  della  K.  Università  degli  studi,  Prof,  di  Storia  naturale  al 
Liceo  Gioberti,  Ufliz.  *,  Cav.  e,  e  dell'O.  di  Cristo  del  Portogallo,  .Membro 
di  varii  Istituti  scientifici,  ecc. 


XII 


Basso  (Giuseppe),  Dottore  aggregato  alla  Facoltà  di  Scienze  fisiche  e 
inatematiclie,  Prof,  di   Fisica  matematica  nella  R.  Università,  ©. 

D'Ovidio  (Dolt.  Enrico),  Prof.  Ordinario  d'Algebra  e  Geomelria  analitica, 
incaricati)  di  Geometria  superiore,  e  Rettore  della  R.  Università  di  Torino, 
Socio  Corrispondente  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Napoli,  Socio  Cor- 
rispondente del  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  Socio  dell'Acca- 
demia Pontaniana ,  ecc.  ,  *  ,  Uffiz.  & . 

BizzozKiio  (Giulio),  Professore  e  Direttore  del  Laboratorio  di  Patologia 
generale  nella  R.  Università  di  Torino,  Socio  delle  RR.  Accademie  di  Medicina 
e  di  Agricoltura  di  Torino,  Socio  Corrispondente  del  Regio  Istituto  Lombardo 
di  Scienze  e  Lettere,  ecc.,  *,  e. 

Ferraris  (Galileo),  Ingegnile,  Dottore  aggregato  alla  Facoltà  di  Scienze 
fisiche,  matematiche  e  naturali  della  R.  Università  di  Torino,  Socio  della 
R.  Accademia  di  Agricoltura  di  Torino,  Prof,  di  Fisica  tecnica  nel  R.  Museo 
Industriale  Italiano,  e  di  Fisica  nella  R.  Scuola  di  Guerra,  ©. 

Naccari  (Andrea),  Dottore  in  Matematica,  Socio  Corrispondente  dell'Istituto 
Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  Professore  di  Fisica  sperimentale  nella 
R.  Università  di  Torino,  ©. 

Mosso  TAngclo),  Dottore  in  Medicina  e  Chirurgia,  Prof  di  Fisiologia  nella 
R.  Università  di  Torino,  Socio  della  R.  Accadeuìia  de  Lincei,  della  R.  Ac- 
cademia di  Medicina  di  Torino,  e  Socio  Corrispondente  del  R.  Istituto  Lonì- 
bardo  di  Scienze  e  Lettere,  *,  ©. 


ACCADEMICI  NAZIONALI  NON  RESIDENTI 

S.  E.  Ménabrèa  (Conte  Luigi  Federigo),  Marchese  di  Val  Dora,  Senatore  del 
Regno,  Professore  emerito  di  Costruzioni  nella  R.  Università  di  Torino,  Dottore 
in  Diritto  civile  nella  R.  Università  di  Oxford,  Luogotenente  Generale,  Amba.scia- 
tore  di  S.  M.  a  Parigi,  Primo  Aiutante  di  campo  Generale  Onorario  di  S.  M., 
Uno  dei  XL  della  Società  Italiana  delle  Scienze,  Socio  della  R.  Accademia 
tic' Lincei,  Membro  Onorario  del  Regio  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere, 
del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  ecc.;  C.  O.  S.  SS.  Ps. , 
Gr.  Cord,  e  Cons.  *,  Cav.  e  Cons.  ^,  Gr.  Cr.  C),  ©,  dee.  delia  Med.  doro 
al  Valor  Militare,  Gr.  Cr.  dell'O.  Supr.  del  Serafino  di  Svezia,  dell' O.  di 
S.  Alessandro  di  JNevvski  di  Russia,  di  Dannebrog  di  Dan.,  Gr.  Cr.  dellO.  di 
Torre  e  Spada  di  Portogalli»,  dell'O.  del  Leone  Neerlandese ,  di  Leop.  del 
Belg.  (Caleg.  Militare),  della  Probità  di  Sassonia,  della  Corona  di  Wurtemberg, 
e   di   Carlo    111    di   Sp.,  Gr.  Cr.    dell'O.    di   S.    Stefano   d'Ungheria,  dell'O. 


Kin 


di  Leopoldo  d'Austria  ,  di  quelli  della  Fedeltà  e  del  Leone  di  Zòhringen 
di  Baden,  Gr.  Gr.  deli  Ordine  del  Salvatore  di  Grecia,  Gr.  Cr.  dell'Ordine  di 
S.  Marino,  Gr.  Gr.  degli  Ordini  del  Nisham  Àhid  e  del  Nisham  Ifiigar  di 
Tunisi,  Coimn.  dell'Ordine  della  L.  d  O.  di  Francia,  di  Cristo  di  Portogallo, 
del  Merito  di  Sassonia,  ecc.,  ecc. 

Sella  (Quintino) ,  Membro  del  Consiglio  delle  Miniere ,  Uno  dei  XL 
della  Società  Italiana  delle  Scienze,  Corrispondente  dell'Istituto  di  Francia 
(Accademia  delle  Scienze,  Sezione  di  Mineralogia),  Presidente  della  R.  Acca- 
demia dei  Lincei.  Gr.  Cord.  *  e  ©,  Gav.  e  Gons.  ^,  Gr.  Cord,  degli  O. 
di  S.  Anna  di  R.,  di  Leop.  d'A. ,  deU'.^quiia  Rossa  di  Prussia,  di  Carlo  III 
di  Spagna,  della  Concez.  di   Port. ,  del   Mejidié   di  Turchia,  e  di  S.  Marino. 

Brioschi  (Francesco),  Senatore  del  Regno,  Professore  dldraulica,  e  Di- 
rettore del  R.  Istituto  tecnico  superiore  di  Milano,  Uno  dei  XL  della  Società 
Italiana  delle  Scienze,  Corrispondente  dell'Istituto  di  Francia  (Accademia 
delle  Scienze,  Sezione  di  Geometria)  ,  e  delle  Reali  Accademie  delle  Scienze 
di  Berlino,  di  Gottinga,  ecc. ,  Socio  della  R.  Accademia  dei  Lincei ,  delle  So- 
cietà Matematiche  di  Londra  e  di  Parigi,  del  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze 
e  Lettere,  delia  Reale  Accademia  delle  Scienze  di  Napoli,  dell'Accademia  delle 
Scienze  di   Bologna,  ecc.,  Gr.  Ufliz.  *,  (S;  ^.   Comm    dell'O.  ili  Gr.  di  Port. 

Govi  (Gilberto),  Professore  di  Fisica  sperimentale  nella  R.  Università  di 
Napoli,  Membro  del  Comitato  internaziimale  dei  Pesi  e  delle  Misure,  Socio 
della  R.  Accademia  dei  Lincei,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  e  dellAc- 
cademia  Pontaniana  di  Napoli,  e  della  R.  Accademia  d'Agricoltura  di  Torino, 
Ufliz.  *;  #,  Comm.  ©,  e  della  L.  d  O.  di  Francia. 

MoLESCHOTT  (Jacopo),  Scuatorc  del  Regno,  Professore  di  Fisiologia  nella 
R.  Università  di  Roma,  Professore  Onorario  della  Facoltà  Mcdico-Chirnrsica 
della  R.  Università  di  Torino,  Socio  della  R.  Accademia  di  Medicina  di  Torino, 
Socio  Corrispondente  delle  Società  per  le  Scienze  mediche  e  naturali  a  lloorn, 
Utrecht,  Amsterdam,  Batavia,  Magonza,  Lipsia,  Cherhourg,  degh  Istituti  di 
Milano,  Modena,  Venezia,  Bologna,  delle  Accademie  Medico-Chirurgiche  in 
Ferrara  e  Perugia,  Socio  Onorario  della  Medicoì'um  Societas  Bohemicorum 
a  Praga,  della  Société  méilicale  allemande  a  Parigi,  della  Società  dei  Natura- 
listi in  Modena,  dellAccademia  Fisio-medico-statistica  di  Milano,  della  Patho- 
logical  Societj  di  S.  Louis,  della  Sociedad  antiopoloj ica  Espahola  a  Madrid, 
della  Rubiconia  Accademia  dei  Filopatridi  di  Savignano  di  Romagna,  Socio 
dell'Accademia  Veterinaria  Italiana,  del  Comitato  Medico-Veterinario  Toscano, 
della  Société  li.  des  Sciences  Médicales  et  Naturelles  de  Bruxelles,  Socio  Stra- 
niero della  Società  Olandese  delle  Scienze  a  Harlem ,  Socio  fondatore  della 
Società  Italiana  d'Antropologia  e  di  Etnologia  in  Firenze,  Membro  Ordinario 
dell'Accademia  Medica  di  Roma,  Comm.  *  e  ©. 


Cannizzaro  (Stanislao),  Senatore  del  Regno,  Professore  di  Chimica  ge- 
nerale nella  R.  Università  di  Roma,  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana  delle 
Scienze,  Socio  della  Reale  Accademia  dei  Lincei,  Comm.  *,  Ulliz.  e»;  ce. 

Bf.tti  (Enrico),  Professore  di  Fisica  matematica  nella  R.  Università  di  Pisa, 
Direttore  della  Scuola  normale  superiore,  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Socio  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Comm.  *,  Gr.  UfViz.  e;  ^. 

Scacchi  (Arcangelo^,  Senatore  del  Regno,  Professore  di  Mineralogia  nella 
R.  Università  di  Napoli,  Presidente  della  Società  Italiana  delle  Scienze  delta 
dei  XL,  Presidente  del  R.  Istituto  d  Incoraggiamento  alle  Scienze  naturali  di 
Napoli ,  Segretario  della  H.  Accadeuìia  delle  Scienze  Fisiche  e  Matematiche 
di  Napoli,  Socio  della  R.  Accademia   dei  Lincei.  Comm.  *.  Gr.  Ufiìz.  e>;  ^. 

Bam.ada  1)1  S.  Robert  (Conte  Paolo),  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana 
delle  Scienze,  Socio  della   R.   Accademia  dei  Lincei. 

ScHiAPARFXLi  (Giovanni),  Direttore  del  K.  Osservatorio  astronouiico  di 
Milano,  Uno  dei  XL  della  Società  Italiana  delle  Scienze,  Socio  del  R.  Istituto 
Lombardo  di  Scienze  e  Lettere,  della  li.  Accademiadei  Lincei,  dell'Accademia 
Reale  di  Napoli  e  dell'Istituto  di  Bologna,  Socio  Corrispondente  dell  Istituto 
di  Francia  (Accademia  delle  Scienze,  Sezione  di  Astronomia),  delle  Accademie 
di  Monaco,  di  Vienn;i,  di  Berlino,  di  Pietrohorgo ,  di  Stoclvolina,  di  Upsala, 
della  Società  de'NaluidIisli  di  Mosca,  e  della  Società  astronomica  di  Londra, 
Comm.  *,  ©;  #;  Comm.  dell' O.  di  S.  Stanislao  di  Russia. 


ACCADEMICI  STRANIERI 

Dumas  (Giovanni  Battista),  Segretario  Perpetuo  dell  Accademia  delle 
Scienze  dell'Istituto  di  Francia,  Gr.  Cr.  della  L.  d'O.   di   Francia,  a  Parigi. 

Hei.mholtz  (Ermamio  Luigi  Ferdinando),  Professore  nella  Università  di 
Heidelberg,  Socio  Corrispondente  dell  Istituto  di  Francia  (Accademia  delle 
Scienze,  Sezione  di  Fisica  generale),  a  lieìTino. 

Dana  (Giacomo),  Professore  di  Storia  naturale  a  New  Haven,  Socio  Cor- 
rispondente dcir Istituto  di  Francia  (.Accademia  delle  Scienze,  Sezione  di  Ana- 
tomia e  Zoologia). 

Hofmann  (Guglielmo  .Augusto),  Prof  di  Chimica,  Membro  della  R.  Acca- 
demia delle  Scienze  di  Berlino,  della  Società  Reale  di  Londra,  Coriisp»:n- 
dente  dell'Istituto  di  Francia  (Accademia  dt-lh'  Scienze,  Sezione  di  Chimica), 
a   Berlino. 


XV 


Chevreul  (Michele  Eugenio),  Membro  dell'Istituto  di    Francia,    Gr.   Cr. 
della  L.   d'O.  di  Francia,  a  Parigi. 

Hermite  (Carlo) ,  Membro  dell'Istituto  di  Francia,  Uffiz.  della  L.  d'O.  di 
Francia,  a  Parigi. 

Joule  (James)  Prescott  ,  della  Società  Reale  di  Londra. 

Weierstrass  (Carlo),  Professore  di  Matematica.  nell'Università  di  Berlino. 

Thomson  (Guglielmo),    dell'Istituto   di   Francia,    Professore  di  Filosofia 
naturale  nell'Università  di  Glasgow. 

m 

Gegenbaur    (Carlo),    della   R.  Accademia  Bavarese   delle  Scienze,   Pro- 
fessore di  Anatomia  nell'Università  di  Heidelberg. 


XVI 


CORRISPONDENTI 


SEZIONE 

DI  MATEMATICA  PURA  E  ASTRONOMIA 

Gautier  (Giovanni  Alfredo),  Professore  ili  Aslronoinia  .     Ginei'ra 

Plantamour  (Emilio),  Professore  d'Astronomia  .  Ginevra 

De  Gasparis  (Annibale),  Professore  d'Astronomia  nella 
R.   Universitù  di iSapoli 

Tardy  (Placido),  Professore  di  Calcolo  infinitesimale  nella 
R.  Università  di Genova 

BoNcoMPAGNi  (D.  Baldassare),  dei  Principi  di  Piombino  .      Roma 

Cremona  (Luigi),  Professore  di  Matematiche  superiori  nella 
R.  Università  di Roma 

Cantur  (Maurizio),  Professore  di  Matematica  nell'Uni- 
versità di Heidelberg 

ScHWARz  (Ermanno  A.)  ,  Professore  di  Matematica  nel- 
l'Università di Gottinga 

Klein  (Felice).  Professore  di  Matematica  nell'Università  di     Lipsia 

Pergola  (Emanuele),  Proléssore  di  Analisi  superiore  nella 
R.  Università  di Napoli 

Beltrami  (Eugenio),  Professore  di  Fisica  matematica  e 
di  Meccanica  supcriore  nella   \\.   Università  di Pavia 

Casorati  (Felice),  Professore  di  Calcolo  infinitesimale  e 
di  Analisi  superiore  nella  R.  Università  di Pavia 

DiNi  (Ulisse),  Professore  di  Analisi  superiore  nella  R.  Uni- 
versità di Pisa 


SEZIONE 
DI    MATEMATICA    APPLICATA 

E      SCIENZA      DELI,'  INGEO  NERE      CIVILE      E     MILITARE 

CoLLADON  (Daniele  ,   Professure  di  Meccanica   ....      Ginevra 
LiAGRE  (J.  B.),  Segretario  Perpetuo  della  R.   Accademia 

delle  Scienze  del  Belgio;  alla   Scuola  militare  ìi   la   Cambre    Arf/Zc?  (Bruxelles) 
TunAZZA  (Domenico),   Professore  di   Meccanica   lazionalc 

nella   \\    Università   di Pmlova 


XVII 


Narducci  (Enrico)  ,  Bibliotecario  della  Biblioteca  Ales- 
sandrina di Roma 

PiSATi  (Giuseppe).  Professore  di  Fisica  tecnica  nella 
Scuola  d'Applicazione  per  gì  Ingegneri  in        Roma 

Sano  (Edoardo),  Socio  e  Segretario  della  Società  di 
Scienze  ed  Arti   di Edimhorgo 

Clausius  (Rodolfo),  Professore  nella  Università  di    .     .     Bonn 

Castiguano  (Alberto),  Ingegnere,  Capo  Sezione  presso  la 
Società  delle  Strade  Ferrate  A.  I Milano 


SEZIONE 

DI  FISICA  GENERALE  E   SPERIMENTALE 

Weber  (Guglielmo),  della  Società  Reale  delle  Scienze  di  Gottinga 

Sabine  (Edoardo),  della  Società   Reale  di Londra 

Fechner  (Gustavo  Teodoro) Lipsia 

Blaserna  (Pietro),  Professore  di  Fisica  sperimentale  nella 

R.  Università  di Roma 

KoHLRAustH  (Federico) ,  Professore  neir  Università  di  IFiirtzburg 

Jamin  (Giulio  Celestino),  delllstiliito  di   Francia.      .      .  Parigi 

CoRNU  (Maria  Alfredo),  dell'Istituto  di  Francia    .      .  Parigi 
Felfci  (Riccardo) ,  Professore  di  Fisica  sperimentale  nella 

R.  Università  di Pisa 

Rossetti  (Francesco),   Professore  di  Fisica  sperimentale 

nella  R.  Università  di Padova 

ViLLARi  (Emilio),  Professore  nella  R.  Università  di  .     .  Bologna 
RoiTi  (Antonio),  Professore  nell  Istituto  di  studi  superiori 

pratici  e  di  perfezionamento  di ...  Firenze 


SEZIONE 

DI  CHIMICA  GENERALE  ED  APPLICATA 

BoNJEAN  (Giuseppe) Cìuunbéry 

Plantamour  (Filippo),   Professore  di  Chimica  ....  Ginevra 

WiLL  (Enrico),   Professore  di  Ciiimica Giessen 

BuNSEN  (Roberto  Guglielmo).  Professore  di  Chimica       .  Heidelberg 

Marignac  (Giovanni  Carlo),  Professore  di  Chimica    .      .  Ginevra 

Péi.igot  (Eugenio   Melciiiorre),  dell'Istituto  di    Francia  .  Parigi 

Wi'RTz  (Adolfo),  dell'Istituto  di   Francia Parigi 

Berthei.ot  (Marcellino),  dell  Istituto  di   Francia    .     .     .  Parigi 

Serie  II.  Tom.  XTCXIV.  ; 


XVIII 

Patkrnò  (Emanuele),  Prolessore  di  Chimica  nella  Regia 

Università  di Palermo 

KòRNKR  (Guglielmo),  Professore  di  Chimica  organica  nella 

R.  Scuola  superiore  d'Agricoltura  in Milano 

Friedei.  (Carlo)  ,  dell'  Istituto  di  Francia Parigi 

Fresemus  (Carlo   Remigio),  Professore  a ìViesbaden 

SEZIONE 

DI   MINERALOGIA,    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA 

Meneghini  (Giuseppe),  Profossore  di  Geologia,  ecc.  nella 

R.  Università  di Pisa 

Studer  (Bernardo) ,  Professore  di  Geologia       ....     Berna 

De  Komnk  (Lorenzo  Guglielmo) ^'^a' 

De  Zigno  (Achille) ,  Uno  dei  XL  della  Società    italiana 

delle  Scienze Padova 

Favre  (Alfonso),  Professore  di  Geologia Ginevra 

KoKSCHAROW  (Nicola)  Di,  dell'Accademia  Imperiale  delle 

Scienze  di Pietroborgo 

Ramsay  (Andrea),  della  Società  Reale  di Londra 

Struver  (Giovanni),  Professore  di  Mineralogia  nella  Regia 

Università  di Roma 

RosENBUSCH  (Enrico),  Professore  di  Petrografia  nell" Uni- 
versità di Strasborgo 

NoRi)ENSKiòi-D  (Adolfo  Eurìco) ,  della  R.    Accademia  delle 

Scienze  di Stoccolma 

Datjbrkk  (Gabriele  Augusto),  dell'Istituto  di  Francia,  Di- 
rettore della  Scuola  Nazionale  delle  Miniere  a Parigi 

ZiRKEL  (Ferdinando),   i^rofessore  di   Petrografia  a            .     Lipsia 
Des  Cloizeaux    (Alfredo  Luigi  Oliviero)   Legra?ìi),    del- 
l'Istituto di  Francia Parigi 

Capellini  (Giovanni),   Professore  nella  R.- Università  di     Bologna 
Stoppani  (Antonio),  Professore  nell'Istituto   di  studi  su- 
periori pratici  e  di  perfezionamento  in Firenze 

SEZIONE 

DI    BOTANICA    E    FISIOLOGIA    VEGETALE 

Cesati  (Vincenzo),  Professore  di  Botanica  e  Direttore 
dell'Orlo  Botanico  della   R.  Università  di Napoli 

Trkvisan  de  Saint-Leon  (Conte  Vittore),  Corrispondente 
del   H.   Istituto  Lombardo Milano 


XIX 


Candolle  (Alfonso  De),  Professore  di  Botanica     .     .      .     Ginevra 

BoissiER  (Pietro  Ed.),  Botanico,  della  Società  di  Fisica 
e  Storia  naturale  di Ginei-ra 

Gennari  (Patrizio),  Professore  di  Botanica  nella  R.  Uni- 
versità di      .      . Cagliari 

TuLASNE  (Luigi  Renato),  deiTIstituto  di   Francia   .      .      .     Parigi 

Caruel  (Teodoro),  Professore  di  Botanica  nell'Istituto  di 
studi  superiori  pratici  e  di  perfezionamento  in Firenze 

GiBELLi  (Giuseppe),  Professore  di  Botanica  nella  R.  Uni- 
versità di Bologna 

Ardissone  (Francesco),  Professore  di  Botanica  nella  Regia 
Scuola  superiore  d'Agricoltura  in Milano 

SEZIONE 

DI  ZOOLOGIA,  ANATOMIA  E   FISIOLOGIA  COMPAEATA 

Franceschi  (Giovanni) ,  Professore  nella    K.  Università    di  Bologna 
RiJppEi.  (Edoardo),  Segretario  della    Società    Senckenber- 

giana  di  Scienze  naturali  in Francoforte ilì\. 

De  Selys  Longchamps  (Edmondo)        ^^''^^ 

BuRMEiSTER  (Ermanno),  Direttore  dei  Museo  pubblico  di  Buenos  Aires 

l^Hir.ippi  (Rodolfo  Armando) Santiago  (Chili) 

ScHr,E(;KL  (Ermanno),  Direttore  del  Museo  di  ...      .  Leida 
De  Cigalia  (Conte  Giuseppe),  Protomedico  onorario,  nel- 
l'isola di Santorino 

OvvEN  (Riccardo),  Direttore  delle  Collezioni  di  Storia  na- 
turale al   British  Muséum Londra 

KoELi.iKER  (Alberto),  Professore  di  Anatomia  e  Fisiologia  TT  ilrtzburg 
De-Siebold  (Carlo  Teodoro),  Professore    di    Zoologia    e 

Anatomia  comparsita  nellUniversità  di Mo/ioco (Baviera) 

Stannius  (Armando) Rostock 

MiLNE  Edwarlis  (Henri),  dell'Istituto  di  Francia         .     .  Parigi 
Ercolani  (G.   lì.)  ,  Direttore  della  Scuola  di  Veterinaria, 
e  Professore   di    Patologia  generale  e    speciale   ed    Anatomia 

patologica  nella  Scuola  medesima Bologna 

Golgi  (Camillo),  Professore  di  Istologia,  ecc.,  nella  Regia 

Università  di Pa\-ia 

Haeckel  (Ernesto),  Professore  nel!  Universitii  di    .     .     .  Jena 


xz 


CLASSE  DI  SCIENZE  MORAll,  STORICHE  E  FILOIOGICHE 


Direttore 

Fabuetti  (Ariodanle),  Professore  di  Archeologia  greco-romana  nell;i  Regia 
Università,  Direttore  del  Museo  di  Anlicliilà.  Socio  Corrispondente  dell  Isti- 
tuto di  Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle  Lettere),  Socio  della  Reale 
Accademia  dei  Lincei,  Membro  Corrispondente  del  R.  Istituto  Lombardo  di 
Scienze  e  Lettere,  dell'Accademia  di  Archeologia ,  Letteratura  e  Belle  Arti  di 
Napoli,  della  R.  Accademia  della  Crusca,  dell" Accademia  Lucchese  di  Scienze, 
Lettere  ed  Arti ,  e  dell'Istituto  di  Corrispondenza  archeologica ,  Professore 
Onorario  dellUniversità  di  l'erugia.  Presidente  della  Società  di  Archeologia 
e  Belle  Arti  per  la  Provincia  di  Torino,  UflTiz.  *,  Comm.  ©;  ^,  Cav.  della 
Leg.  d'O.  di  Francia,  e  C.  O.  IL  del  Brasile. 


Segretario  Perpetuo 

GoRREsio  (Gaspare),  Senatore  del  Regno,  Prefetto  della  Biblioteca  Na- 
zionale, già  Professore  di  Letteratura  orientale  nella  R.  Università  di  Torino, 
Socio  Straniero  dell'Istituto  di  Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle 
Lettere),  Socio  della  R.  Accademia  de' Lincei,  Socio  della  Reale  Accademia  di 
Scienze  e  Lettere  di  Palermo,  della  R.  Accademia  della  Crusca,  ecc. ,  Membro 
Onorario  della  Reale  Società  Asiatica  di  Londra,  ^  ice-Presidente  della  So- 
cietà di  Archeologia  e  Belle  Arti  per  la  Provincia  di  Torino,  Comm.  *,  Gr. 
Uffiz.  e;  #,  dell' O.  di  Guadai,  del  Mess.,  e  dell' O.  della  Rosa  del  Brasile, 
Uffiz.  ^lla  L.  d'O.  di  Francia,  ecc. 


ACCADEMICI  RESIDENTI 

Ricotti   (Ercole) ,  predetto. 

GoRRESio  (Gaspare),  predetto. 

Fabretti  (Ariodante) ,  predetto. 

Pkyron  (Bernardino),  Professore  di  Lettere,  Bibliotecario  Onorario  della 
Biblioteca  Nazionale  di   Torino ,  Comm.   * . 


XXI 


Vallauri  (Tommaso),  Senatore  dei  Regno,  Professore  di  Letteratura 
latina  nella  Regia  Università,  Membro  della  R.  Deputazione  sovra  gli  studi 
di  Storia  patria  ,  Socio  Corrispondente  della  R.  Accademia  della  Crusca , 
del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  e  dell'Accademia  Romana 
di  Archeologia,  Comm.  *,  Gav.  dell'Ordine  di  S.  Gregorio  Magno. 

Flechia  (Giovanni),  Professore  di  Storia  comparata  delle  lingue  classiche 
e  neolatine  e  di  Sanscrito  nella  R.  Università,  Socio  della  R.  Accademia  dei 
Lincei,  Utliz.  *,  Comm.  ©;  #. 

Glaretta  (Barone  Gaudenzio),  Dottore  in  Leggi,  Socio  e  Segretario  della 
R.  Deputazione  sovra  gli  sludi  di  Storia  Patria,  Membro  della  Società  di 
Archeologia  e  Belle  Arti  e  della  Giunta  conservatrice  dei  monumenti  d  Anti- 
chità e   Relle  Arti  per  la   Provincia   di    Torino,  Comm.  *,  e   ©. 

Bianchi  (Nicomede),  Senatore  del  Regno,  Soprantendente  degli  Archivi 
Piemontesi,  Membro  della  R.  Deputazione  sovra  gli  studi  di  Storia  patria  delle 
antiche  Provincie  e  della  Lombardia  ,  Membro  Corrispondente  delie  Deputa- 
zioni di  Storia  patria  delle  Provincie  Modenesi,  delle  Provincie  della  Toscana, 
dell'Umbria  e  delle  Marche,  Membro  Onorario  della  Società  storica  Svizzera, 
delia  R.  Accademia  Palermitana  di  Scienze  e  Lettere,  della  Società  Ligure  di 
Storia  patria ,  delia  R.  yVccademia  Petrarca  di  Scienze ,  Lettere  ed  Arti  in 
Arezzo,  deli  Accademia  Url)inate  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti,  dei  R.  yVteneo 
di  Berganu) .  e  delia  R.  Accademia  Paioritaua  di  Messina ,  Or.  Uffiz.  * , 
Comm.  ®,  e  Gr.  Uffiz.  dellO.  di  S.  Mar. 

Promis  (Vincenzo),  Dottore  in  Leggi,  Biiiliotecario  e  Conservatore  del 
Medagliere  di  S.  M.,  Membro  delia  R.  Deputazione  sovra  gii  studi  di  Storia 
patria.  Membro  e  Segretario  della  Società  d'Archeologia  e  Belle  Arti  per  la 
Provincia  di  Torino,  Ispettore  degli  scavi  e  monumenti  d'antichità  in  Torino,  *, 
Uflìz.  ©  ,  Cjr.  Ufiiz.  dell' 0.  di  Francesco  Giuseppe  d'Austria. 

Rossi  (Francesco),  Adiutore  al  Museo  d'Antichità,  Professore  d  Egittologia 
nella  R.  Università,  Membro  ordinario  dell'Accademia  orientale  di  Firenze,  ©. 

Manno  (Barone  D.   Antonio),  predetto. 

Bollati  Barone  di  Saint-Pierre  (Federigo  Emanuele),  Dottore  in  Leggi, 
Direttore  dell'Archivio  di  Stato,  detto  Camerale,  Consigliere  d'Amministrazione 
nel  R.  Economato  generale  delle  antiche  Provincie,  Membro  della  R.  De- 
putazione sopra  gli  studi  di  Storia  patria  per  le  antiche  Provincie  e  la  Lom- 
bardia ,  Socio  Corrispondente  della  Società  Ligure  di  Storia  Patria,  della 
Società  Colombaria  Fiorentina,  della  R.  Deputazione  di  Storia  patria  per  le 
Provincie  della  Romagna,  e  della  Società  per  la  Storia  di  Sicilia,  Uffiz.  *,  © 


XXII 


S(  HiAPARF.i.u  ;'Liiii;i;,  Dullore  aggregato.  Proiessorc  eli  Storia  aiUira.  e 
Presiti^  della  Faiollà  «li  I.elleri>  p  Fil.  sofia  nella  H.  Università  di  Toiino,*^ 
Comiu.  a. 

Pezzi  Domenico  )»  Dottoro  aggregato  e  Professore  straordinnrin  nella 
Facoltà  di    Lettere  e  Filosofia   della  R.  Lniversità  di  Torino,  fs. 

Ff.rkkro  (Ermanno) .  Doltoie  in  (ìinrispruden/a,  Dottore  aggregato  alla 
Facoltà  di  Lettere  e  Filosofìa  nella  R.  1  niversitfi  di  Torino.  Proiessorc  di 
Storia  militare  nell'Accademia  Militare.  Membro  della  Regia  Deputazione  sovra 
gli  studi  di  Storia  patria  per  le  antiche  Provincie  e  la  Lombardia  ,  e  della 
Società  d'Airheologia  e  Belle  Arti  per  la  Provincia  di  Torino,  Membro  Cor- 
rispondente della  R.  Deputazione  di  Storia  patria  per  le  Provincie  di  Ro- 
magna, e  dell  Imp.   In-ilitulo   Archeologico    Germanico, 


©, 


Carle    (Giuseppe),    Dottore  aggregato    alla    Facoltà    di    Giurisprudenza, 
Professore  della  Filosofia  del   Diritto  nella   R.  Università   di  Torino,  Comm.  ©. 


Nani  (Cesare),  Dottore  aggregato  alla  Facoltà   di  Giuiisprudenza,  Profes- 
di  Storia  del  diritto  nella  R.  Università  di 
Deputazione  sovra  gli  studi   di  Storia  patria,  e. 


sere  di  Storia  del  diritto   nella   R.  Università  di  Torino.  Membro  della   Regia 


Bakco  (Giambattista ),    Dottore    in   Lettere    ed   in  Filosofia,    Preside  del 
R.  Liceo   G.   B.    Bercarìa   in   Mondovì. 


ACCADEMICI  NAZIONALI  NON  RESIDENTI 

Caritti  ih  Cantogno  (Barone  Domenico),  Consigliere  di  Sialo,  Membro 
della  R.  Deputazione  sovra  gli  studi  di  Storia  pati'ia.  Socio  e  Segretario  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio  Straniero  della  R.  Accademia  delle  Scienze 
Neerlandese,  Socio  Corrispondente  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Mo- 
naco in  Baviera,  della  R.  Accademia  Lucchese,  della  Ponlaniaiia  ili  Napoli, 
Socio  Onorario  dellAteneo  di  Scienze.  Lettere  ed  Arti  di  Bergamo,  ecc., 
Membro  del  Consiglio  degli  Archivi,  Gr.  Ulìiz.  *,  Comm.  ©,  Cav  e  Cons.  ^,  Gr. 
Cord.  deirO.  del  Leone  Neerlandese  e  dell'U.  d'is.  la  Cali,  di  Sp.  e  di  S.  Mar., 
Gr.  Ulìiz.  delio,  di  Leop.  del  B.,  ddl'O.  del  Sole  e  del  Leone  di  Persia, 
e  del    Mejidic  di   ?.' ci.  di   Turchia,  (ir.  Comm.  dellO.  del  Salv.  di  Gr. ,  ^cì:. 

.\m\ri  (Michele;,  Senatore  del  Regno,  Profe.ssore  emerito  dellLniversità  di 
Palermi)  e  del  R.  Istituto  di  studi  superiori  di  Firenze;  Dottore  in  Filosofia 
e  Lettere  dcHUiiiversità  di  Leida  e  di  Tubinga;  Socio  della  Reale  Accademia 
dei  Lincei  in  Roma,  dello  RR.  .Accademie  delle  Scienze  in  Monaco  di  Ba- 
viera e  in  Copenhagen;  .Socio  Straniero  dell  i.slitulo  di  Francia  (Accademia 
delle  Iscrizioni  e  Belle  Xellere),  Socio  Corrispondente  dell'Accademia  delle 
Scienze  in  Palermo,  della  Crusca,  dellTstituto  \  enelo,  della  Società  Colom- 
baria  in   Firenze,  della   R.  Accademia  d'Archeologia    in   Napoli,  dell'Accademia 


XX!1[ 


di  Scienze,  Lettere  ed  Arti  in  Lucca  e  in  Modena,  della  R.  Deputazione  di 
Storia  patria  per  le  Provincie  Parmensi,  di  quella  per  le  Provincie  Toscane, 
dell'Umbria  e  delle  Marche,  delle  Accademie  Imperiali  di  Pietroborgo  e  di 
Vienna;  Socio  Onorario  della  R.  Società  Asiatica  di  Londra,  delle  Accademie 
di  Padova  e  di  Gottinga;  Presidente  Onoraiio  della  Società  Siciliana  di  Storia 
patria  e  Socio  Onorario  della  Ligure,  della  Veneta  e  della  Società  storica  di 
Utrecht;  Gr.   Uffiz.  *,  e  Gr.  Cr.  ©,  C;iv.  e  Gens.  ^. 

Reymond  (Gian  Giacomo),  già  Professore  di  Economia  politica  nella 
Regia  Università,  *  . 

Rrrci  (Marchese  Matteo),  Uffiz.  *,  a  Firenze. 

Mfnervini  (Giulio),  Bibliotecario  e  Professore  Onorario  della  Regia  Uni- 
versità di  Napoli,  Segretario  generale  Perpetuo  dell'Accademia  Pontaniana. 
Socio  Ordinario  della  Società  R.  di  Napoli,  Socio  della  R.  Accademia  dei 
Lincei,  Corrispondente  dell'Istituto  di  Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni 
e  Belle  Lettere) ,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Berlino,  ecc. ,  Ufliz.  4i , 
e  Comm.  e,  Cav.  della  L.  d'O.  di  Francia,  dell'Aquila  Rossa  di  Prussia,  di 
S.  Michele  del  Merito  di  Baviera,  ecc. 

De  Rossi  (Comm.  Giovanni  Battista),  Socio  Straniero  dell'Istituto  di  Francia 
(Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle  Lettere),  e  della  R.  Accademia  delle 
Scienze  di  Berlino  e  di  altre  Accademie,  Presidente  della  Pontificia  Acci^- 
demia   Romana  d'Archeologia. 

Canonico  (Tancredi),  Senatore  del  Regno,  Professore,  Consigliere  della 
Corte  di  Cassazione  di  Roma  e  del  Consiglio  del  Contenzioso  diplomatico, 
Ufiìz.  *,  e  Comm.  ©. 

Cantù  (Cesare),  Membro  etlettivo  del  R.  Istituto  Lombardo.  Sopranten- 
dente  deuli  Archivi  Lombardi,  Socio  dell'Accademia  della  Crusca,  della  R.  Ac- 
cademia  dei  Lincei,  dell'Accademia  di  Madrid,  Corrispondente  dell'Istituto  di 
Francia  e  d'altri,  Gr.  Ufliz.  *,  e  Comm.  ©,  Cav.  e  Cons.  #,  Comm.  dell' O. 
di  C.  di  Port. ,  Gr.  Ulìiz.  dellO.  della  Guadalupa,  ecc..  Officiale  della  Pubbfica 
Istruzione  e  della  L.   d'O.  di  Francia,   ecc. 

Tosii  (D.  Luigi),  Abate  Benedittino  Cassinese,  Socio  Ordinario  della  Società 
Reale  delle  Scienze  di  JNapoli. 

Berti  (Domenico),  Ministro  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio,  Depu- 
tato al  Parlamento  nazionale.  Professore  emerito  della  H.  Università  di  Roma 
e  di  Bologna,,  Socio  della  R.  Accademia  dei  Lincei,  Socio  Corrispondente  della 
R.  Accademia  della  Crusca  e  del  R.  Istituto  Veneto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti, 
Gr.  Uffiz.  *,  Gr.  Cord.  ©:  ^. 


XXIV 


ACCADEMICI  STRANIERI 

MoMMSEN  (Teodoro),  Professore  <li  Arclieologia  nella  R.  Università  e 
Membro  ilella  R.  \cca<lc;nia  delle  Scienze  di  Berlino,  Socio  Corrispondente 
deiristituln  di  Francia  'Accademia  delle   Iscrizioni  e  Belle  Lettere). 

MuLLKR  (Massimiliano),  Professore  di  Letteratura  straniera  nell'Università 
di  Oxford,  Socio  Straniero  dell'Istituto  ili  Francia  (Accademia  delle  Iscri- 
zioni e  Belle  Lettere). 

MiGNET  (Francesco)  Augusto  Alessio,  Membro  dell'  Istituto  di  Francia 
(Accademia  Francese)  e  Segretario  Perpetuo  dell'Accademia  delle  Scienze 
morali  e  politiche.  Or.  Uffiz.  della  L.  d'O    di  Francia. 

Renikr  (Leone),  Membro  dell"  Istituto  di  Francia  (Accademia  delle  Iscri- 
zioni e  Belle  Lettere),  Utfiz.  della   L.  d'(X  di  Francia. 

Eggf-r  (Emilio),  Professore  alla  Facoltà  di  Lettere  di  Parigi.  Membn^  del- 
r Istituto  di  Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle  Lellere),  Uffiz  della 
L.  d  U.  di  Francia. 

Bancroft  (Giorgio),  Corrispondente  dell'Istituto  di  Francia  (Accademia 
delle  Scienze  morali  e  politiche),  a  fVashington. 

De  VVitte  (Barone  Giovanni  Giuseppe  Antonio  Maria),  Membro  dell'Isti- 
tuto di  Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle  Lettere),  a  Parigi. 

Gregorovius  (Ferdinando),  Membro  della  R.  Accademia  Bavarese  delle 
Scienze  in   Monaco. 

Ranke  (Leopoldo),  Membro  Straniero  delflslituto  di  Francia  (Accademia 
delle  Scienze  morali  e  politiche),  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Berlino. 


XXV 


CORRISPONDENTI 


Franceschi-Ferrucci    (Catterina),    Coirispondente   della 

R.  Accademia  della  Crusca P'«<' 

SiLORATA  (Pietro  Bernabò),  Pro!.,  (]onim Roma 

WiTTE  (Cario),   Professore  nell'Università  di    ...     .  Halle 

Michel  (Francesco) Bordeaux 

Negri  (Barone  Cristoloro),  Console  generale  di    i'  Classe, 

Consultore  legale  dei   Ministero  per  gli  affari  esteri      .      .      .  7 orino 

Reumont   (Alfredo  Di),  Corrispondente  dell'Istituto  Ve- (        Horcette 
neto  di  Scienze,  Lettere  ed  Arti        \*P'^^">  ^xisgr!»"»: 

Poh  (Baldassarre),  Socio  del  Reale  Istituto  Lombardo.  Milano 

Krone  (Giulio) Fieima 

Sanguinetti  (Abate  Angelo),  delia   R.   Deputazione  sovra 

gii  studi  di  Storia  |)atria Geno^-a 

Giuliani  (P.  Giambattista),  Professore  nel  R.  Istituto   di 

studi  superiori  pratici  e  di  perfezionamento  in Firenze 


Ghampoi.lion-Figeac  (Amato) P' 


'ungi 


Laboui.aye  (Edoardo),  dell'Istituto  di  Francia  ....  Parigi 

'     Henzen  (Guglielmo) ^^ma 

Boissieu  (Alfonso  De) Lione 

Wieselkr  (Federico) Gottinga 

Adriani  (P.  Giambattista),  della  R.  Deputazione  sovra  gli 
studi  di   Storia   patria (Iwrusco 

Daguet  (Alessandro) \  Neucìidtel 

^  '      (Svizzera) 

Lepsius  (Riccardo),  della  H.  Accademia  delle  Scienze  di     Berlino 
Serie  II.  Tom.   XXXIV.  ^ 


XXYI 

PtRKENS  (Francesco) Parigi 

Regnier  (Adolfo),  dell'Istituto  di  Francia Parigi 

Odorici  (Federico),  Prefetto  della  Biblioteca   nazionale  di  Milano 

Campoiu   (Marchese  Giuseppe) Modena 

Hauli.kvili.k   (Prospero  De) Brusselle 

'  Krf.hl  (Ludolfo) Dresda 

LiNATi   (Conto   Filippo) Palina 

JouRDAi.N  (Carlo),  deiristitiiLu  di  Francia Paiigi 

Renan  (Ernesto),  dell' Tslitiilo  di  Francia Parigi 

Rendu  (Eugenio) Parigi 

Paj.ma   ni   Cesnola  (Conte  Luigi) ISew-York 

SouRiNDRO  MoHUN  Tagore Calcutta 

CoMPARETTi  (Domenico),  Professore  nell'Istituto   di  studi 

superiori  pratici  e  di  perfezionamento  in Firenze 

Vili, ARI  (Pasquale,  id.  id Firenze 

GiESEBRECHT  (Guglielmo),  dcllAccadcmia   Bavarese    delle 

Scienze  in Monaco 

Vannucci  (Atto),  Senatore  del   Regno,  Socio  della  Reale 

Accademia  dei  Lincei Firenze 

De  Leva  (Giuseppe),  Professore  di  Storia  moderna   nella 

R.  Università  di Padova 

GozzADiNi  (Giovanni),  Senatore  del   Regno Bologna 

J{a\m.inson  (Giorgio),  Professore  nella  Università  di      .  Oxfoid 

Sybel    (  Enrico   Carlo    Ludollo    ni  ) ,    Direttore    dell'Ar- 
chivio di  Stato  in Bellino 

Gachard  (Luigi  Prospero),  Socio  della  K.  Accademia  delle 

Scienze  del  Belgio Brujcelles 

Garrucci  (P.  Ralfaele),  della  C.   d.   Ci Boma 

FioREr.Li  (Giuseppe),  Senatore  del  Regno Boma 

Ascoli  (Isaia  Graziadio),  Professore  nella  R.  Accademia 

scientifico-letteraria  di Milano 

Bruzza  (P.   Luigi),  Barnabita Boma 

Curtius  'Ernesto^.  Professore  nell'Università  di  .     .     .  Berlino 


XXVIl 


BiRCH  (Samuele), Conservatore  delle  Antichità  orientali,  ecc., 

e  delle  Collezioni  etnografiche  del  Museo  Britannico  in        .  Londra 

Weber  (Alberto),   Professore  nell'Università  di      .     .     .  Berlino 

WiTHNEY  (Guglielmo),  Prolessore  nel  Collegio    Yale  New  Haven 

Mamiani  (Terenzio),  Senatore  del  Regno Roma 

Lampertico  (Fedele),  Senatore  del   Regno Padova 

Serafini  (Filippo),  Professore  di   Diritto  romano  nella   H. 

Università  di ^'''*<< 

WAr.LON  (Alessandro),  Segretario  perpetuo  dell'Istituto  di 

Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni   e  Belle  Lettere)   .     .     .  Parigi 

Taine  (Ippolito),  deiristituto  di   Francia Parigi 

BoNATEixi  (Francesco),   Professore  di  Filosofia    teoretica 

nella  R.   Università  di Padova 

RiAM-  (Conte   Paolo),  dell'Istituto  di  Francia       .     .     .  Parigi 

Curtius  (Giorgio),  Professore  di  Filologia  greca  nell'Uni- 
versità di Lipsia 


XXIX 


MUTAZIOIVI 

avvenute  nel  Qorpo  yìcccudernico 
dcbl  ±'  Jìprile    i^&i   al    i°   G-ennaio   ié ^ 3 


ELEZIONI 


Mamiam  (Terenzio) ,  eletto  il  3  Aprile  1881  a.  Corfispondenfe  delÌR  Classe 
di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Lampertico  (Fedele),  id.  id.  id. 

SERAFiNf  (Filippo),  id.  id.  id. 

Wallon  (Enrico  Alessandro)  id.  ici..  id. 

Bluntschli  (Gio.  Gaspare),     id.  id  id. 

Taine  (Ippolito  Adolfo),  id.  id.  id. 

Weierstrass  (Carlo),  eletto  il  29  Maggio  1881  a  Socio  Straniero  della 
Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Mos.so  (Angelo),  eletto  il  dì  11  Dicembre  1881  a  Socio  Nazionale  re- 
sidente della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Nani  (Cesare) ,  eletto  il  di  8  Gennaio  1882  a  Socio  Nazionale  residente 
della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

Barco  (Giambattista)  ,  id.  id.  id. 

BoNATELLi  (Francesco),  eletto  il  5  Febbraio  188;?  a  Corrispondente  della 
Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  lilologiclie. 

RiANT  (Conte  Paolo),  id.  id.  id. 

Curtius  (Giorgio)  ,  id.  id.  id. 

Clausius  (Rodolfo),  eletto  il  12  Marzo  1882  a  Corrispondente  della  Classe 
di  Scienze  fisiche ,  matematiche  e  naturali. 

Castigmano  (Alberto),  id. 

ViLLARi  (Emdio),  id. 

RoiTi  (Antonio),  id. 

Friedel  (Carlo),  id. 

Fresenius  (Carlo  Remigio) ,     id. 

Capellini  (Giovanni),  id. 

Stoppam  (Antonio)  ,  id. 

Thomson  (Guglielmo),  eletto  il  3i  dicembre  1882  a  Socio  Straniero  della 
Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

Gegenbaur  fCarloì  ,  id.  id.  id. 


id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

id. 

\xx 


MORTI 


'  ?4   Marzo    18S). 

Dei.esse  (Achille),    dell' Istituìo    di   Francia,   Coi-ìisporulente   della   Classe 
di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 


13    Luglio    1881. 

GiRAUD  (Carlo),  dell'Istituto  di  Francia,  Cori-ispoiidente  della  Classe  di 
Scien7e  morali,  storiche  e  fdolotjichc. 

13    .Vgoslo    1881. 

Sei.mi  (Francesco),  Professore  di  Chimica  farmaceutica  nella  R.  Università 
di  Bologna ,  CorrispoTidente  della  Classe  di  Scienze  fisiche  ,  matematiche  e 
naturali. 

21   Ollobrp  1881. 

Bi.uNTScHLi  (Giovanni  Gaspare),  Piofessore  nell'Università  di  Heidelberg, 
Conispotidente  della  Classe  di  Scienze  uiorali,  storiche  e  filologiche, 

?1     Dicembre    1881. 

DuLAURiER  (Edoardo),  tlelT  Istituto  di  Trancia,  Conispondentc  della  Classe 
di  Scienze  morali,  storiche  e  filolot;iclie. 

H    Gennaio    1882. 

LoNGPÉRiER  (Enrico  Adriano)  Puevost  De,  Membro  dell'Istituto  di 
Francia  (Accademia  delle  Iscrizioni  e  Belle  Lettere),  Socio  Straniero  della 
Classe  (li  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

n    Gciinnio    1882. 

ScHWAN  (Teodoro),  Professore  di  Fisiologia  neir  Università  di  Liegi,  Socio 
CorrisiMtndentc  dell"  Istituto  di  Francia  (Accademia  delle  Scienze,  Sezione  di 
Medicina  e  (ìliirurgi.i) ,  Socio  Stiaìiicro  della  TJasse  «li  Scien7e  fisiche,  mate- 
matiche e  naturali. 


XXXI 

24    Gennaio    1882. 

SioTTO-PiNTOR  (Giovanni),  Nobile  Cagliaritano,  Senatore  del  Regno,  Pre- 
sidente Onorario  di  Corte  di  Cassazione,  Gr.  Uflìz.  *,  Comna.  ©,  ecc.,  Socio 
Nazionale  residente  della  Classe  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 

8   Febbraio    1882. 

Decaisne  (Giuseppe),  Membro  dell' Istituto  di  Francia  (Accademia  delle 
Scienze,  Sezione  di  Botanica),  Corrispondente  della  Classe  di  Scienze  fisiche, 
matematiche  e  naturali. 

18   Marzo   1882. 

Gakovagmo  (Santo),  Professore  di  Botanica  e  Direttore  del  Laboratorio 
crittogamico  e  dell'Orto  Botanico  della  R.  Università  di  Pavia,  Corrispondente 
della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

20   Aprile   1882. 

Darwin  TCarlo  ,  Membro  della  Società  Reale  di  Londra,  Socio  Straniero 
della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali. 

8    Ciiugno    1882. 

CoRNAi.iA  (Emilio) ,  Direttore  del  Museo  civico  e  Professore  di  Zoologia 
applicata  nella  R.  Scuola  superiore  di  Agronomia  di  Milano,  ecc.,  Socio  Na- 
zionale non  residente  della  Classe  di  Scienze  fisiche,  matematiche   e   naturali. 

23   SclleinbiT    1882. 

Wììhlk.r  (Federico).  Professore  all'Università  di  Gottinga,  Socio  Stra- 
niero dell'Istituto  di  Francia,  Corrispondente  della  Classe  di  Scienze  fisiche, 
matematiche  e  naturali. 

i  Ottobre  1882. 

Betti  (Salvatore),  Segretario  Perpetuo  dell'Accademia  Romana  di  S.  Luca, 
Corrispondente  della  Glasse  di  Scienze  morali,  storiche  e  filologiche. 


; 


SCIENZE 


FISICHE   E  MATEMATICHE 


Serie  II.  Tom.  .  XXXIV. 


FENOMENI 

DI 

POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

ìd  aggregati  di  eorpi  birìfrangenti 


GIUSEPPE  BASSO 


Adunanza   del  5  Dicembre  1880 


La  teoria  dei  fenomeni  dovuti  al  passaggio  della  luce  attraverso  corpi  birìfrangenti  si 
fonda  sull'ipotesi,  per  cui  si  ammette  che,  in  questi  corpi,  l'elasticità  dell'etere  abbia 
valori  differenti  nelle  varie  direzioni. 

Gli  svolgimenti  analitici  di  tale  teoria,  dovuti  specialmente  a  Fresnel,  Haidinger, 
Caucht,  Senarmont.  Heissek.  Gkailich,  Sang  ed  a  parecchi  altri,  condussero  a  risultati 
che  rendono  pienamente  ragione  di  molte  proprietà  ottiche  dei  corpi  cristallizzati  e  met- 
tono in  evidenza  le  relazioni  esistenti  fra  queste  proprietà  e  quelle  che  dipendono  dalla 
loro  geometrica  costituzione. 

Però  .  i  lavori  compiuti  finora  in  questo  campo  riguardano ,  per  la  maggior  parte , 
l'esame  dei  fenomeni  presentati  da  cristalli  isolati  o  da  lamine  biriirangenti.  Il  caso  di 
agglomerazioni  regolari  di  piccoli  elementi  birifrangenti .  ciascuno  dei  quali  agisca  come 
un  cristallino  isolato ,  ma  pure  si  colleghi  con  molti  altri  consimili ,  formando  con  questi 
un  sistema  sensibilmente  continuo .  non  venne  ancora ,  che  io  sappia ,  studiato  espressa- 
mente dal  ])unto  di  vista  ottico.  Eppure  gli  aggregati  di  corpicciuoli  cristallizzati  si  trovano 
assai  abbondanti  nel  regno  minerale  e  possono  anche  artificialmente  prodursi  con  facilità  ; 
anzi,  sono  già  abbastanza  conosciute  alcune  delle  condizioni  generali  che  normalmente  si 
verificano  nella  formazione  di  cosi  fatti  aggruppamenti.  Si  collegano  appunto  con  questo 
argomento  certi  fatti  studiati  dapprima  da  Komé  de  l'Isle,  da  Hauy  e  da  Haidinger  ('), 
i  quali  fatti  condussero  poi  alla  scoperta  delle  leggi  sull'emitropia;  le  osservazioni 
microscopiche  di  Ekemberg  ,  di  Poggendorff  e  di  Frankenheim  (")  e  le  recenti 
scoperte  del  Prof.  A.  Scacchi  ('")  sulla  poliedria  e  sulla  polisimmetria  dei  cristalli. 


(')  Bultetin  (De  Férussac)  des  Sciences  naturelUs  et  de  Geologie;  1827,  tom.  1  et  suiv. 
(**)  Poggendorf's  Annalen,  1835-36;  Biblioth.  Vninerselle ;  1836. 

(•*")  Mem.  delle  R.  Accademia  delle    Scienze  di   Torino,  1862;   Atti  dell'Accademia  delle  Scienze 
di  Napoli,  1863. 


4  FENOMENI    PI    POI-AKIZZAZIONE    CROMATICA 

Io  mi  accingo  col  presente  lavoro  ad  uno  studio  analitico  e  sperimentale  dei  fenomeni 
ottici  proprii  degli  aggi'uppamenti  regolari  di  cristalli.  Per  ora  mi  restringo  al  caso  in 
<;ui  un  fascio  di  luce,  parallela  o  convergente  ,  polarizzata  rettilineamente,  è  ricevuto  iu 
un  polariscopio  analizzante,  dopo  di  aver  attraversata  una  certa  forma  di  aggregati  cri- 
stallini, a  cui  do  il  nome  di  sisfewn  raggiato. 


Si  consideii  in  un  circolo  un  raggio  qualunque,  e  lungo  di  esso  si  immaginino  disposti 
in  gran  numero  corpuscoli  hirifrangenti.  eguali  in  ispecie  ed  in  dimensioni,  e  tutti  orientati 
in  modo  da  avere  i  loro  assi  di  elasticità  ottica  rispettivamente  paralleli.  Lungo  molti  altri 
raggi  dello  stesso  circolo  siano  altre  file  di  corpuscoli  hirifrangenti  eguali  ai  primi  e  disposti 
allo  stesso  modo:  cosicché  sia  identica  per  tutti  l'orientazione  degli  assi  ottici  per  rispetto 
ai  corrispondenti  raggi  del  circolo.  Ad  un  aggruppamento  cosi  costituito  di  molti  elementi 
cristallini  do  il  nome  di  sixfrmn  r/tgginto. 

È  chiaro  che  ciascuno  degli  elementi  che  costituiscono  un  sistema  raggiato  si  com- 
porta, rispetto  alla  luce  che  lo  attraversa,  come  farebbe  un  piccolo  cristallo  isolato,  e  che 
il  complesso  di  tutti  gli  elementi  ha  press'a  poco  la  forma  d'una  sottile  piastrella  circolare 
compresa  fra  due  piani  i)aralleli. 

Suppongasi  ora  che  la  luce  del  sole  o  d'altra  sorgente  venga  inviata  da  uno  specchio 
verso  un  polarizzante,  come  sarebbe  lui  prisma  di  Jsicol  ;  all'uscita  da  questo  la  luce,  po- 
larizzata in  un  certo  piano,  passi  attraverso  ad  una  lente  o  sistema  di  lenti  L  convergente, 
il  cui  asse  intendo  rappresentato  da  OL  nella  fig.  1'.  Normalmente  a  <iuest'asse,  e  ad 
una  distanza  conveniente  da  L .  sia  disposto  in  seguito  un  sistema  raggiato,  che  sup- 
l>ongo  sia  com))reso  fra  i  piani  di  trai(^e  AA.  JiJi  ed  abbia  il  suo  centro  di  figura  O 
sull'asse  0  L.  ' 

Emergendo  dalla  lente  L.  la  luce  giungerà  alla  faccia  AA  del  sistema  raggiato  e  quella 
che  cade  sopra  un  elemento  m  qualunque  del  sistema  si  potrà  considerare  come  costituita 
da  un  fascetto  nni  «li  raggi  sensibilmente  paralleli,  la  cui  direzione  in  generale  varia  se 
si  passa  da  un  elemento  ad  un  altrfi. 

Ciascuno  di  questi  fascetti.  dopo  l'uscita  dal  sistema  raggiato,  suppongo  che  incontri 
ed  attraversi  una  nuova  lente,  o  sistema  />'  convergente,  il  cui  asse  sia  pure  OL.  Se  con- 
duciamo pel  centro  ottico  1J  la  iJ M  parallela  a  mn.  vediamo  che  i  raggi  costituenti  il 
fascette»  III»  formano  in  3/ una  immagine  reale  dell'elemento  w.  (-osi  nel  piano  Pf  focale 
principale  della  lente  Ij  avremo  un  cDuiplesso  di  fochi  reali,  di  cui  ciascuno  corrisponde 
ad  un  determinato  punto  del  sistema  raggiato  ;  perciò  questo  complesso  di  fochi  si  deve 
considerare  t;ome  l'immagine  reale  del  sistema  stesso. 

Sui)pongo  infine  che  quest'immagine  venga  osservata  attraverso  ad  un  sistema  oculare, 
iigente  come  microscojìio  semplice,  e  che  fra  quest'oculare  e  l'occhio  deiros.servatore  sia 
interposto  un  polariscopio  analizzante  .  rappresentato  ancora .  se  vuoisi .  da  un  prisma  di 
Nicol. 

Le  modificazioni  che  la  luce  subisce  ed  i  fenomeni  che  debbono  risultare  dalle  condi- 
zioni ottiche  ora  descritte  .  si  possono  agevolmente  sottoporre  ad  esame  .  (|uando  si  segua 


PER    GIUSEPPE    BASSO  5 

la  via  tracciata  da  Fresnel  (*)  nella  sua  teoria  della  polarizzazione  cromatica.  Questo  ora 
farò,  incominciando  dal  caso  in  cui  il  sistema  raggiato  è  formato  da  elementi  birifrangenti 
ad  un  solo  asse  ottico. 

II. 

Sistemi  raggiati  uììiassi. 

Lungo  la  direzione  qualunque  nm  (fig.  1')  si  propaga  un'onda  polaiizzata  rettili- 
neamente, di  cui  una  porzione  ristrettissima,  e  perciò  sensibilmente  piana,  giunge  ali  "ele- 
mento m  del  sistema  raggiato.  Essa  attraversa  quest'elemento  sdoppiandosi  in  due  onde 
rifratte.  La  distanza  fra  i  piani  AA  e  BB  essendo  piccolissima .  fra  queste  due  onde , 
di  cui  una  è  ordinaria  e  l'altra  straordinaria,  non  ha  luogo  sensibile  separazione.  Le  loro 
intensità  si  possono  rappresentare .  in  virtù  della  legge  di  Malus,  con  cos*p  per  l'or- 
dinaria e  con  sen"(5  per  la  straordinaria:  essendo  ,3  l'angolo  che  la  sezione  principale  del- 
l'elemento birifrangente  situato  in  m  fa  col  piano  di  polarizzazione  dell'onda  incidente,  ed 
assumendo  come  unità  l' intensità  di  quest'ultima. 

Le  stesse  due  onde  birifratte  escono  poi  dal  piano  BB  polarizzate,  luna  nella  sezione 
principale  dell'elemento  e  l'altra  nel  piano  normale .  e  si  propagano  ambedue  ancora  in 
direzione  sensibilmente  parallela  a  /.' w  ;  però  si  sarà  stabilita  fra  i  li'o  moti  vibratori! 
una  certa  differenza  di  fase,  che  in  ogni  caso  si  j)otrà  determinare.  Si  sa  che  questa  diffe- 
renza di  fase  non  viene  poi  alterata  dal  jìassaggio  delle  due  onde  attraverso  alla  lente  L' , 
mercè  la  quale  formasi  in  M  l'immagine  reale  dell'elemento  birifrangente  ni.  Cosi  la 
stessa  differenza  di  fase  non  è  punto  modificata  dall'azione  del  sistema  diottrico  che  ho 
supposto  esistei-e  al  di  là  del  piano  PP  e  che  fa  l'ufficio  di  microscopio. 

Ma,  per  giungere  all'ocschio.  i  due  moti  lumiriosi  birifratti  debbono  ancora  attraver- 
sare l'analizzatore .  che  immagiiio  sia  un  |)risnia  di  Nicol.  Chiamando  «  l'angolo  che  la 
sezione  principale  di  questo  prisma  fa  col  piano  di  polarizzazione  primitivo,  è  chiaio  che 
l'onda  ordinaria  d'intensità  cos'f>  dà  nello  analizzatore  due  onde:  cioè,  una  d'intensità 
cos*  fi  cos"  (|3  —  a)  polarizzata  nella  .sezione  principale  dell'analizzatore,  ed  un'altra,  pola- 
rizzata nel  piano  normale,  d'intensità  cos'|3sen'(('3  — a).  Analogamente  si  hanno,  generate 
dall'onda  straordinaria  sen'/3.  le  due  nuove  onde.  sen'|3  sen'{p— a)  e  sen'|5  cos'(|5  — ot), 
polarizzate,  luna  parallelamente  e  l'altra  normalmente  alla  sezione  piincipale  dell'anji- 
lizzatore. 

Dalla  sovrapposizione  delle  due  onde  parziali,  che  sono  polarizzate  nella  sezione  prin- 
cipale dell'analizzatore,  risulta  un'onda  unica,  della  quale  non  abbiamo  ad  occuparci  per- 
chè, se  l'analizzatore  è  un  Nicol,  esso  ha  per  effetto  di  sopprimerla.  Giunge  solamente 
all'occhio  il  moto  luminoso  che  è  polarizzato  normalmente  alla  sezione  principale  dell'a- 
nalizzatore; esso  risulta  dalla  interferenza  delle  due  onde  che,  considerate  separatamente, 
avrebbero  le  intensità: 

cos'  (3  sen'  (|5  —  a)     e     sen*  (5  cos'  (^  —  a)  . 


(*)  Annalts  de  Chimie  et  de  Physiqtie,  2«  sèrie,  t.  XVII,  Legons  d'Optique-physique,  par  E.  Vbbdbt; 
t.  II. 


6  FENOMENI    PI    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

La  teoria  delle  interferenze,  com'è  noto,  dà  l'espressione  dell'intensità  luminosa  do- 
Tuta  alla  sovrapposizione  di  due  moti  vibratori!,  polarizzati  nello  stesso  piano  ed  aventi  la 
stessa  lunghezza  /  d'onda.  Se  le  intensità  dei  due  moti  componenti  sono  separatamente  ^/ 
e  q',  e  se  fra  di  essi  esiste  una  differenza  A  di  cammino,  l'intensità  del  moto  risultante  è: 

27rA 


j=p'  +  q*+2pqcos- 


l 


Nel  nostro  caso  i  valori  assoluti  di  ^  e  5  sono   cos|3  sen(|3  — a)  e  sen|3cos(|3  —  a).    Ma, 

271^ 

per  giudicare  del  loro  segno,  si  osservi  che,  essendo  espressa  da  sen  — — -  la  velocità  di  vi- 
brazione alla  fine  del  tempo  t  per  l'onda  incidente,  ed  essendo  2' la  durata  della  vibrazione 
intiera ,  le  velocità  che,  nello  stesso  istante ,  si  hanno  per  le  due  onde  oidinaria  e  straor- 

,.      .  .         .  ,  ,        2nt  „        2nt 

dinana ,  sono  rispettivamente  rappresentate   da    +  cos  p  sen  — — •   e    —  sen  p  sen  -— -  . 

Perciò,  nel  nostro  caso,  si  deve  ritenere: 

jj  =  cos  |3  sen  (j3  —  «)   .        ?  =  —  sen  |3  cos  (|3  —  a)  . 

Ponendo  questi  valori  nella  espressione  di  j .  la  si  riduce  facilmente  alla  forma  seguente  : 

n  'T  A 

j  ="sen^  a  +  sen  2  p  sen  2  (|3  —  a)  sen'  — -    . 

Intendendo  noi  di  impiegare  la  luce  ordinaria  bianca,  per  la  quale  si  hanno  ad  un  tempo 
moltissimi  valori  differenti  di  /,  l'intensità  della  luce  che  l'occhio  riceve  dal  punto  M  si 
potrà  scrivere: 

/=:sen'a  +  sen2/3sen2  (/3  — «)2sen*— -  .  (1) 

La  direzione  m  n  ,  secondo  la  quale  si  propaga  il  moto  luminoso  attraversante  in  m  il 
sistema  raggiato  e  formante  poi  l'immagine  M  dell'elemento  birifrangente  che  ha  attra- 
versato, faccia  colla  OL  l'angolo  i.  Cliiamisi  p  la  distanza  OM,  e  rf  la  lunghezza  OL' , 
cioè,  prossimamente ,  la  distanza  focale  principale  della  lente  L' .  Si  avrà  : 

tang*=£.  (2) 

Infine,  sia  ©  l'angolo  che  il  piano  passante  per  l'asse  0  0'  e  per  il  punto  M,  cioè 
il  piano  della  figura,  fa  col  piano  di  polarizzazione  primitivo. 

Per  determinare  l'intensità  7  in  ogni  punto  della  immagine  del  sistema  raggiato, 
situata  nel  piano  P  P  e  veduta  attraverso  l'oculare  ed  il  Nicol  analizzatore,  devesi  pre- 
ventivamente cercare  la  differenza  A  di  cammino  che  si  è  stabilita  fra  l'onda  ordinaria  e 
la  straordinaria  quando  esse  attraversarono  il  sistema  raggiato,  di  cui  chiamerò  e  la 
grossezza.  La  quantità  A  è  diversa  per  i  diversi  elementi  del  sistema,  giacche  questi  sono 
attraversati  dalla  luce  con  obliquità  differenti  e,  per  conseguenza,  per  tratti  di  lunghezze 
diverse  :  inoltre,  per  uno  stesso  elemento ,  la  quantità  A  dipende  dalla  diversa  velocità  di 
propagazione  dell'onda  ordinaria  e  della  straordinaria,  ed  anche  dalla  differenza  dei  cam- 
mini percorsi  prima  di  [ìenetrare  nel  sistema. 

Di  tutto  ciò  si  tiene  conto  anche  nei  ragionamenti  che  si  fanno  studiando  i  noti  feno- 
meni presentati  dalle  lamine  birifrangenti  continue  ;  perciò  mi  limito  qui  a  ricordare  che 


PER    GIUSEPPE    BASSO  7 

tali  ragionamenti,  pure  applicabili  al  caso  nostro,  conducono  all'equazione  : 

A  =  f  sen  2  (cot  r  —  cot  »•')  .  (3) 

essendo  r.  r  gli  angoli  di  rifrazione  ordinaria  e  straordinaria  corrispondenti  all'angolo  i 

d'incidenza. 

Gli  angoli  r,  r  si  trovano  applicando  le  note  leggi  relative  alla  doppia  rifrazione  nei 
mezzi  uniassi.  Siano  a,  h  rispettivamente  il  semiasse  polare  ed  il  semidiametro  equato- 
riale dell'elissoide .  che  è  superficie  d'onda  in  questi  mezzi;  queste  due  quantità  rap- 
presentano pure  i  reciproci  degli  indici  di  rifrazione  ordinaria  e  straordinaria.  Si  sa  che, 
essendo  Q  l'angolo  che  l'asse  ottico  del  mezzo  fa  colla  normale  all'onda  straordinaria, 
quest'ultima  si  propaga  colla  velocità  u  data  dall'equazione: 

,/  =  ff'-(a*-i'/)cos*6  .  (4) 

L'onda  ordinaria  si   propaga  colla  velocità  h  indipendente  da  5.  Si  hanno  perciò  le 

^^^^^^'^■-  ^ur=.bsen,  (5) 

sen  r'  =  «  sen  >  (6) 

È  pur  facile  il  vedere  che  esiste  la  relazione  : 

cos6=cosòcosr -l-senòsenr  cosw  .  (7) 

in  cui  5  p  l'angolo  ihe  l'asse  ottico,  nell'elemento  birifrangente  che  si  considera,  fa  coll;i 
normale  al  sistema  raggiato;  e  u  è  l'angolo  compreso  fra  due  piani  condotti  per  questa 
stessa  normale  al  sistema  e  passanti,  l'uno  per  l'a-s-se  ottico  e  l'altro  per  la  normale  al- 
l'onda straordinaria  attraversante  l'elemento. 

Vedesi  come,  mediante  le  formole  precedenti,  si  possa  sempre  calcolare  l'espressione 
di  A  per  ogni  elemento  del  sistema  e  quindi  la  corrispondente  intensità  di  luce  inviata 
all'occhio  dell'osservatore.  Il  calcolo  si  potrebbe  instituire.  sotto  forma  generale,  per  un 
sistema  raggiato  comumjue  costituito  :  però  riescirà  più  chiaro  e ,  per  le  verificazioni 
sperimentali,  anche  pii"!  utile  il  trattare  soltanto  quei  casi  particolari  che  si  avverano  in 
natura  e  che  si  possono  effettivamente  studiare  sopra  certe  forme  di  aggregati  cristallini. 

Riguardo  ai  sistemi  iinia.ssi  conviene  esaminare  distintamente  i  seguenti  tre  casi  : 

1°  (;aso  —  Jri   ogni  i-Ununto   l'assi'  ottico  sin   normaìp  al  piano   del  sistemai' 
raggiato. 

Il  piano  d'incidenza  per  l'elemento  qualunque  m  (v.  fig.  P)  contiene  l'asse  ottico  del- 
l'elemento stesso.  Perciò  si  ha:  a 

P  =  ?  '■ 

l'angolo  ò  è  nullo;  e  siccome  nei  cristalli   uniassi  la  normale  all'onda  straordinaria  giace 

nel  piano  d'incidenza,  l'angolo  i)  è  pure  nullo. 

La  (7)  dà:  - 

*  cos&^=co8r. 

Dalle  (4)  e  (tì)  si  ricava  : 

SGIl    T 

«'  —  (o  '  —  6*)  cos'  r'  ~  — :—r .       donde  : 
sen  ? 


cos'r 


1  —  a'  sen'  i 
l-(a'-6')8en'«  ' 


S  FENOMENI    DI    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

ossia  :  r- : - 

,      yl  —  a  seii  i 
cot  r  ^^ 


b  sen  i 
Dalla  (5)  si  ha  : 


l/l  —b-sent 

cot  r  =  - — ; ; 

b  sen  t 

epperciò,  sostituendo  nella  (3),  ne  ricaveremo: 

A  =  U^\-b'sen'i-yi-a'sen'i)   • 

L'angolo  i  essendo  sempre  piccolissimo,  si  può,  svolgendo  in  serie,  sostituire  a  questa 
espressione  di  A  la  seguente  approssimata  : 

A  =  e  — — - —  sen  i  .  od  ancora  : 

26 

a--b'   . 

''='-2bir^  ' 

P 
poiché  si  ha  prossimamente  :  seni=:—  . 

L'intensità  luminosa  /  per  un  punto  qualunque  M,  la  cui  posizione  è  in  ogni  caso 
determinata  dalle  quantità  p  e  y,  si  può  subito  scrivere  ricorrendo  alla  espressione  gene- 
rale (1).  In  tal  modo  si  ha: 

/  =  sen'a  +  sen2a5sen2  (y  —  a)2sen*K —       ^    fi' . 

L'espressione  cosi  trovata  ci  permette  di  determinare  immediatamente  : 

1"  I  luoghi  incolori,  cioè  i  luoghi  dei  punti  che,  nella  immagine  che  si  osserva 
sul  piano  P  P.  appariscano  semplicemente  bianchi  o  neri,  sempre  quando  s'adoperi  luce 
ordinaria  ; 

2°  I  luoghi  isocromatici,  cioè  i  luoghi  dei  punti  che,  nella  stessa  immagine,  appa- 
riscono illuminati  da  un  eccesso  di  luce  semplice  di  un  determinato  colore. 

I  punti  appartenenti  ai  luoghi  incolori  sono  cosi  collocati  che,  per  essi,  l'intensità  / 
è  indipendente  dalle  singole  lunghezze  d'onda  che  entrano  nella  luce  impiegata.  Ciò  esige 
che  si  annulli  il  secondo  termine  della  precedente  espressione  di  I,  cioè  che  si  abbia: 

sen  2  y  sen  2  (i»  —  a)  =  0  . 

la  quale  condizione  si  sdoppia  nelle  due  : 

sen2a5  =  0,  sen2(s  — a)  =  0. 

n  3;: 

La  prima  di  queste  è  soddisfatta  per  valori  di  o  eguali  a  0,  —,  n ,  ——  ,  e  la  seconda  per 

valori  di  f  eguau  aa,  a  +  —  ,  a-\-n,  v.-\ . 

Vedesi  subito  a  quali  apparenze  ottiche  corrispondono  questi  risultati.  Osservando  il 
sistema  raggiato  nelle  condizioni  d'illuminamento  precedentemente  adottate,  esso  ci  appa- 
risce, generalmente,  attraversato  da  due  croci  biancastre ,  i  cui  otto  rami  s  incontrano  nel 


PEK    GIUSEPPE    BASSO  9 

centi-0  del  sistema,  e  che  hanno  tutti  la  stessa  intensità  sen'or.  Ju  una  delle  croci  due 
rami  sono  paralleli  e  gli  altri  due  normali  al  piano  di  polarizzazione  primitivo,  il  quale, 
come  si  sa,  è  normale  alla  sezione  principale  del  Nicol  polarizzante.  Della  seconda  croce 
due  rami  giacciono  nella  sezione  principale  del  Nicol  analizzatore  e  gli  altri  due  sono  a 
questa  nonnali. 

Facendo  girare  intorno  all'asse  dell'apparato  il  Nicol  analizzatore  in  modo  che  l'an- 
golo 7.  vada  aumentando,  la  prima  delle  dette  croci  rimane  ferma  e  si  sposta  la  seconda; 
intanto  va  crescendo  per  entrambe  l'intensità  luminosa,  la  quale  diventa  massima  quando 
le  croci  si  sovi-appongono.  Allora  si  avrà  una  sola  croce  bianca,  e  questo  accadrà  quando 
saranno  parallele  le  sezioni  principali  dei  due  Nicol.  Se  facciamo  invece  diminuire  l'an- 
golo a .  le  due  croci  scemeranno  man  mano  d'intensità ,  fino  a  diventar  oscure  quando  si 
abbia  a  =;  0  ;  allora  si  avrà  una  sola  croce  nera,  ed  i  due  Nicol  avranno  le  loro  sezioni 
principali  disposte  ortogonalmente.  Se  si  mantengono  in  quest'ultima  posizione  i  Nicol,  e 
si  fa  gù-are  nel  suo  piano  il  sistema  raggiato,  la  croce  nera  resta  evidentemente  immobile. 

I  luoghi  isocromatici ,  corrispondenti  ad  un  determinato  colore  semplice  di  lunghezza 
d'onda  /,  sono  evidentemente  linee  circolari  concentriche  al  sistema  raggiato.  I  loro  raggi 

sono  dati  dai  valori  di  p  che   rendono  l'espressione    sen'?:-^ —  p^  massima  ovvero 

2bld'   ' 

minima,  secondochè  il  prodotto    sen2p.sen2(y  —  a)    è  positivo  ovvero  negativo. 

Pongasi  adunque  :  ,  «     ,  •> 

'2bW    ^       2' 

intendendo  che  n  sia  numero  intero .  si  avrà  : 


11  raggio  del  circolo  isocromatico  d'un  dato  ordine  è  adunque  direttamente  propor- 
zionale alla  radice  quadrata  della  lunghezza  d'onda  che  si  considera  ed  inversamente  pro- 
porzionale alla  radice  quadrata  della  grossezza  del  sistema  raggiato.  Se  i  due  Nicol  si 
tengono  incrociati,  cioè  se  si  rende  «  nullo,  il  prodotto  sen  2  y .  sen  2  (o  —  a)  è  semi^re 
positivo  ;  perciò  nell'espressione  ora  trovata  di  p  si  deve  intendere  che  n  sia  dispari  e  per 
conseguenza  i  cerchi  isocromatici  di  vario  colore  sono  disposti  come  lo  sono  negli  anelli 

colorati  di  Newton  visti  per  riflessione.   Coi  Nicol  paralleli,  essendo  <^=— ,  il  suddetto 

ù 

prodotto  è  sempre  negativo  ;  w  dev'essere  numero  pari  e  si  ha  lo  stesso  ordine  di  colori 
che  negli  anelli  di  Newton  ossei-vati  per  trasmissione. 

Tutto  ciò  che  si  è  trovato  fin  qui  intorno  ai  sistemi  raggiati ,  il  cui  piano  è  normale 
all'asse  ottico  dei  singoli  elementi,  è  affatto  analogo  a  ciò  che  avviene  per  una  lamina 
uniasse  taghata  normalmente  al  proprio  asse  quando  la  si  studia  alla  luce  convergente. 
Tale  analogia  era  facilmente  prevedibile. 

2°  Caso  —  In  ogni  elemento  del  sistema  raggiato  l'asse  ottico  sia  diretto 
lungo  il  semidiametro  corrispondente. 

Il  piano  d'incidenza  contiene  ancora  l'asse  ottico  per  ciascun  elemento  e  ne  è  per 
Serie  II.  Tom.  XXXIV.  b 


1  0  KKSOMEXl    ni    rOI.AIilZZAZlOXF.    CROMATICA 

conseguenza  sezione  principale;  si  ha  cioè:  p^=9-  —  Inoltre  vedesi  che  si  ha:   ''^-^   "^ 
u  =  Q.  Introducendo  queste  condizioni  nelle  equazioni  (4).  (6).  (7).  se  ne  ricava: 


E  siccome  si  ha  sempre  : 
sostituendo  nella  (3)  si  ha  : 
che  si  può  anche  scrivere: 


, 

yi-6'sen-» 

n  sen  i 

cot  r  : 

.  1 

yi  —  b'sen'i 

b  sen  i 

1  \ 

«v 


se  si  tiene  conto  della  piccolezza  fh  /.  e  ritenendo  anche  qui: 


sen?^'-  . 
a 


Adunque  l'intensità  luminosa  /  in  un  punto  (jualunque  {p,  rp)  del  sistema  raggiato, 
((uale  si  vede  attraverso  al  Nicol  analizzante,  è  : 


/:=  sen'  a  +  sen  2  e; .  sen  2 


,,-«,.™.,^(i-!)(,-l^r 


Appaiisce  dalla  forma  di  quest'espressione  di  /  che,  per  ciò  che  riguarda  i  luoghi  inco- 
lori, tutto  ciò  che  nel  caso  precedente  osservammo  si  ripete  pure  in  questo.  —  Si  hanno 
anche  qui.  in  generale,  due  croci  incolore,  le  quali  si  riducono  ad  una  sola  quando  le 
suzioni  i)rincipali  dei  due  Nicol  sono  [)arallele  ovvero  oitogonali.  La  crnc#  incoloi-a 
appaiisce  bianca  coi  Nicol  paralleli  e  nera  coi  Nicol  incrociati. 

Ma  per  ciò  che  si  riferisce  ai  luoghi  isocromatici,  nel  caso  attuale,  si  hanno  condizioni 
e  leggi  diverse  da  quelle  trovate  nel  caso  precedente.  I  luoghi  isocromatici,  corrispondenti 
ad  una  particolare  lunghezza  /  d'onda,  sono  ancora  linee  circolari  concentriche  al  sistema 
raggiato.  Per  ottenere  i  valori  f>  dei  loro  raggi  bisogna  ora  ricorrere  all'equazione: 


l\h      n}\ 


1     *V'\_» 


nella  quali-  i>  (■  un  numero  intero  arbitrario,  coll'obbligo  però  di  assumerio  pari  in  cerii 
casi  e  dispari  in  certi  altri,  analogamente  a  ciò  che  s'f>  visto  nello  studio  del  sistema  rag- 
giato normale  all'asse. 

l\h       n'       2 


Ponendo  per  brevità: 
l'equazione  i^recedeute  diventa: 


„  i  ] L.  I  =  M,  donde  rica  vasi  ; 


PER    GIUSEPPE    BASSO  1  1 

Dallo  esame  di  quest'espressione  di  p  i-isulta  subito  sotto  (juali  condizioni  può  il 
sistema  raggiato  ammettere  o  non  l'esistenza  di  anelli  isocromatici;  vedesi  pure  che  le 
leggi  relative  alla  disposizione  di  tali  anelli  sono  diverse  da  quelle  trovate  pel  caso  del 
sistema  raggiante  normale  all'asse  ottico. 

La  determinazione  dei  cerchi  isoci'omatici,  nel  caso  che  ora  studiamo,  si  può  anche 
dedun-e,  in  modo  indù-etto,  dai  noti  fenomeni  di  polarizzazione  cromatica  presentati  da 
lamine  birifrangenti  continue.  Una  lamina  uniasse,  le  cui  facce  siano  parallele  all'asse 
ottico,  sia  attraversata  da  un  fascio  convergente  di  luce  polarizzata,  e  questa  venga  in 
seguito  sottoposta  all'azione  di  un  analizzatore.  Si  trova  facilmente  che  le  linee  isocroma- 
tiche in  questo  caso  sono  iperboli,  aventi  tutte  per  assi  una  retta  parallela  ed  una  per- 
pendicolare all'asse  ottico  del  cristallo.  Assumendo  il  primo  come  asse  delle  x,  ed  il 
secondo  come  asse  delle  y,  l'equazione  delle  iperboli  isocromatiche  si  può  mettere  sotto  la 

forma: 

-  ,      2cr-(q~n) 

bx^  —  atf  = ^ , 

hq 

nella  quale  si  conservano  a  tutte  le  lettere  le  designazioni  precedentemente  adottate. 
L'asse  reale  delle  iperboli   coincide  con  quello  delle  x,  ovvero  con  quello  delle  ij,  secon- 

dochè  la  quantità è  positiva  ovvero  negativa.  Ora,  nel  sistema  raggiato  che  si  vuole 

esaminare,  tutti  gli  elementi  che  si  trovano  lungo  uno  stesso  diametro  hanno  il  loro  asse 
ottico  nella  stessa  direzione  e  si  possono  considerare  come  formanti  una  sola  laminetta 
strettissima,  la  cui  lunghezza  è  parallela  all'asse  ottico.  Le  linee  isocromatiche  per  questa 
laminetta  si  riducono  adunque  agli  elementi  di  iperboli  che  sono  adiacenti  ai  vertici  di 
queste.  Ciò  potendosi  ripetere  per  ogni  altro  diametro  del  sistema  raggiato,  si  scorge 
che  i  raggi  p  dei  circoli  isocromatici  di  tale  sistema  altro  non  sono  che  i  semiassi  reali 
delle  iperboli  precedentemente  considerate.  Se,  p.  es.,  l'asse  reale  è  quello  delle  x. 
facendo  y=^  0  nell'ultima  equa^one,  si  ricava:  ' 


^=tP 


2  (</-«) 


n 
espressione  identica  a  quella  prima  trovata  per  i  raggi  dei  circoli  isocromatici. 

3°  Caso  —  Per  ogni  elemento  dei  sisìfema  raggiato   l'asse  ottico  giaccia  nel 
piano  del  sistema  e  sia  normale  al  semidiametro  corrispondente. 

Il  piano  d'incidenza  ò,  in  ogni  punto,  perpendicolare  all'asse  ottico  e,  perciò,  anche 
alla  sezione  principale  :  quindi  si  ha  : 


Questa  condizione,  introdotta  nella  espressione  generale  della  intensità  /  luminosa,  ci  dà 
ancora  : 

/=8en'a+sen2^.sen2(yipa)Zsen'— —  . 

il 


Vedesi  che,  per  ciò  che  riguarda  i  luoghi  incolori,  tutto  procede  come  nei  due  casi  pre- 
cedenti. 


12  FENOMENI    ni    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

I  luoghi  isocromatici  per  una  data  lunghezza  l  d'onda  sono  cerchi  concentrici   pei 
<[uali  è  soddisfatta  la  condizione: 

essendo  n  un  numero  pari  quando  i  due  Nicol  si  tengono  paralleh  e  dispari  se  questi  si 
tengono  incrociati. 

Per  valutare  la  (luantità  A  devesi  osservare  che  ora  si  ha  : 

2  2 

Dalla  (7)  si  ricava: 

cos5  =  0  : 
o  dalla  (4) 

M=  a  . 
Quindi  le  (5)  e  (6)  danno . 

l/r^TTsen^  ,      l/l— fl'sen'/ 

cot  r  = ,  cot  r  = . 

hseni  nsen/ 

le  quali  espressioni,  sostituite  nella  (3),  conducono  alla  seguente: 
A  =  -Jl^  (a  }/l-6"senS:-  b]/]  -a'sen»/) . 

Tenendo  conto  della  piccolezza  di  sen  /.  che  si  può  ritenere  eguale  a  3- ,  si  può  scrivere 

a 

ancora:  ,       ,.         ,        ,,    , 

ab  2       <r  ■ 

Per  avere  l'espressione  del  raggio  p  di  uno  qualunque  dei  circoli  isocromatici  coni- 
Npondenti  alla  lunghezza  /  d'onda,  basterà  sostituiie  l'espressione  ora  trovata  di  A  nel- 

A      n 

l'equazione  già  ricordata  -  =  —  ,  e  ricavarne  la  p. 

l       u 

Ritenendo  clie  si  abbia  anche  qui  : 

2.^1        Iv 

si  ottiene  cosi  : 


\      qab 


nella  quale  forinola  si  compendiano  le  leggi  lelative  alla  disposizione  de^li  anelli  isocro- 
matici. 

111. 
Sistemi  raggiati  Massi. 

Lo  studio  analitico  dei  sistemi  mggiati  composti  di  elementi  birifrangenti  biassi  sa- 
rebbe piuttosto  comphcato.  <]uando  lo  si  volesse  svolgere  in  tutta  la  sua  generalità. 
Sarebbe  allora  indispeasabile  tener  conto,  per  ogni  elemento  birifrangente.  delle  direzioni 


PEK    GIUSEPPE     BASSO  1  3 

dei  suoi  tre  assi  di  elasticità  ottica.  Alla  equazione  (4).  la  quale,  pei  mezzi  uniassi.  dà  li 
velocità  u  di  propagazione  dell'onda  |straordinaria.  bisognerebbe  sostituire  la  nota  equa- 
zione di  elasticità  : 

cos'X         cos'u         cos'v 
-5 i+    >      .8  +  -i i=0  (8) 

nella  quale  «,  h,  e  sono  i  coefficienti  di  elasticità  ottica,  e  /..  [i,  y  sono  gli  angoli  che  la 
normale  ad  una  delle  due  onde  rifratte  fa  cogli  assi  elastici.  Le  velocità  di  propagazione 
di  queste  onde  rifratte  sarebbero  espresse  dai  valori  di  u  che  l'equazione  stessa  fornisce. 
Molte  delle  considerazioni  svolte  nei  paragrafi  precedenti  relativamente  ai  sistemi  uniassi 
non  sarebbero  più  applicabili  al  nuovo  caso.  Le  due  onde  birifratte.  nelle  quali  si  sdoppia 
l'onda  polarizzata  incidente  quando  attraversa  un  elemento  qualunque  del  sistema  biasse, 
non  si  possono  più  distinguere  in  ordinaria  e  straordinaria,  poiché  né  l'una.  né  l'altra  di 
esse,  segue  le  leggi  della  rifrazione  ordinaria. 

Si  giungerebbe  tuttavia  a  risultamenti  prossimi  al  vero .  quando  si  a.s.sumesse  ancora 
come  onda  ordinaria  quella  delle  due  che,  nel  suo  propagarsi,  meno  si  allontana  dalle 
leggi  di  C.\RTKSio  :  allora  si  potrebbe  considerare  come  sezione  principale  il  piano  di  pola- 
rizzazione di  tale  onda.  Però  le  .sezioni  principali  corrispondenti  ai  diversi  raggi  non  pas- 
serebbero più  tutte  per  una  medesima  retta:  mentre,  in  un  mezzo  birifrangente  uniasse 
passano  })er  l'asse  ottico  tutte  le  sezioni  principali.  Inoltre,  nei  mezzi  biassi.  più  non  esi- 
stono direzioni  che  godano  di  tutte  le  proprietà  caratterizzanti  l'asse  ottico:  si  sa  che 
quelle  designate  con  tal  nome  altro  non  sono  che  gli  assi  di  rifrazione  conica  intema. 

Importa  però  lo  avvertire  che  gli  aggruppamenti  cristallini,  quali  effettivamente  si 
presentano  in  natura,  si  riduconf)  ijuasi  sempre  ad  avere  disposizioni  particolari  e  molto 
semplici,  per  ciò  che  riguarda  l'orientazione  dei  loro  a.ssi.  Per  questa  r;igione  lo  esame 
teorico  dei  fenomeni  presentati  da  un  sistema  raggiato  biasse .  nel  quale  i  tre  assi  di  ela- 
sticità proprii  fli  ciascun  elementf»  facessero  angoli  qualunque  col  semidiametro  corrispon- 
dente e  col  piano  del  sistema  stesso,  non  presenterebbe  molto  interesse  per  l'Ottica  fisica. 
K  d"  altronde  mio  intendimento  di  dare  a  questi  miei  studi  tale  indii-izzo ,  che  permetta , 
almeno  qualche  volta,  verificazioni  e  controlli  sperimentali.  —  B:i,sterà  adunque  ch'io  mi 
restringa,  per  i  sistemi  raggiati  bia,ssi.  a  considerare  quei  casi  in  cui,  nei  fenomeni  di  po- 
larizzazione cromatica,  si  possano  avere  ancora  luoghi  incolori  e  luoghi  isocromatici,  ana- 
logamente a  ciò  che  si  é  visto  per  i  sistemi  di  clementi  uniassi. 

A  queste  ultime  condizioni  un  sistema  raggiato  biasse  soddisfa  solo  quando  i  suoi  ele- 
menti sono  così  disposti  da  comportarsi,  per  certe  direzioni  di  i-aggi.  a  guisa  di  corpuscoli 
birifrangenti  uniassi.  Ciò  succede  tutte  le  volte  che,  per  ogni  elemento  del  sistema,  il  piano 
d'incidenza  è  perpendicolare  ad  uno  dei  tre  assi  di  elasticità  ottica.  Volendo  procedere 
nel  modo  più  chiaro  ed  ordinato  si  dovramio  considerare  in  tutto  sei  casi  particolari  e 
distinti,  come  risulta  dalle  seguenti  considerazioni. 

Siano  sempre  a.  h.  e  i  coefficienti  di  elasticità  ottica  d'un  cristallino  (jualunque  ap- 
partenente al  sistema  e.  per  conseguenza,  siano         .  —  .  -     le    velocità   di  propagazione 

a      0      r 

del  moto  luminoso  nelle  direzioni  dei  tre  assi  elastici.  Per  fissar  le  idee  si  supponga  : 
«>ft>f .  S'intende  sempre  presa  come  unità  la  velocità  della  luce  all'esterno  del  cristallo. 


14-  FENOMENI    DI    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

Si  consideri  un  sistema  raggiato  tale  che,  per  ogni  suo  elemento,  l'asse  (e)  d' elasti- 
cità minima  sia  normale  al  piano  del  sistema  e  l'asse  (o)  di  elasticità  massima  giaccia 
lungo  il  semidiametro  corrispondente.  S'inunagini  la  superficie  d'onda  avente  il  suo  centro 
nell'intemo  dell'elemento  che  si  considera.  Il  piano  d'incidenza,  corrispondente  a  questo 
elemento,  taglia  la  superficie  d'onda  secondo  una  sezione  la  quale,  come  si  sa,  è  costi- 
tuita da  un  circolo  di  raggio  i  e  da  una  dissi  concentrica  di  semiassi  a  e  e,  diretti  rispet- 
tivamente secondo  l'asse  di  elasticità  minima  e  quello  di  elasticità  massima. 

Applicando  la  regola  di  Huyohexs,  estesa  alla  detenuinazione  dei  raggi  rifratti  nei 
mezzi  biiùfrangenti  biassi,  si  scorge  che  il  fascetto  di  luce  polarizzata,  attraversante  un 
elemento  qualunque  del  sistema  ,  dà  luogo  a  due  fascetti  birifratti.  dei  quali  uno  è 
ordinario,  e  l'altro  straordinario,  giace  tuttavia  nel  piano  d'incidenza.  Le  cose  adunque 
avvengono  ancora  come  se  gli  elementi  del  sistema  fossero  uniassi. 

Se  l'asse  (e)  di  elasticità  minima  fosse  ancora  normale  al  piano  del  sistema,  ma,  lungo 
ogni  semidiametro  di  questo,  giacesse  l'asse  (6)  di  elasticità  mediana,  il  piano  d'incidenza 
per  ogni  elemento  determinerebbe  nella  superficie  d'onda  una  sezione  costituita  da  un  cir- 
colo di  raggio  a  e  da  un'elissi  di  semiassi  h  e  e  disposti  rispettivamente  lungo  l'asse 
di  minima  e  quello  di  mediana  elasticità.  Dei  due  fascetti  birifratti  che  hanno  attraversato 
un  elemento  qualunque,  uno  è  ancora  ordinario  e  l'altro,  quantunque  straordinario,  giace 
sempre  nel  piano  d'incidenza. 

Con  ragionamenti  analoghi  applicati  ad  ogni  altro  caso  in  cui  il  piano  d'incidenza 
contenga  due  dei  tre  assi  di  elasticità,  si  scorge  che  possono  esistere  sei  disposizioni  di- 
stinte di  sistema  raggiati  biassi,  i  quali,  riguardo  alla  polarizzazione  cromatica,  danno 
luogo  a  fenomeni  analoghi  a  quelli  presentati  dai  sistemi  uniassi. 

Tratterò  parti tamente  di  ognuna  di  queste  sei  disposizioni. 

1*  —  L'asse  di  minima  elasticità  sia  per  ogni  elemento  normale  al  piano 
del  sistema  raggiato,  e  l'asse  di  massima  elasticità  giaccia  lungo  il  semidiametro 
corrispondente. 

Le  considerazioni  precedenti  ci  autorizzano  a  servirci  ancora  della  formola  (1)  per 
valutare  1  intensità  /  in  un  punto  qualunque  del  sistema  raggiato  visto  attraverso  l'ana- 
lizzatore. E  ciò,  tanto  in  questo  caso,  come  in  ciascuno  degli  altri  cinque  che  ci  restano 
ad  esaminare.  Basterà  sostituire  all'angolo  ^  il  f,  cioè  l'angolo  che  il  semidiametro  del 
sistema  passante  pel  punto  d'intensità  /  fa  col  piano  primitivo  di  polarizzazione.  Perciò 
si  avrà  nel  nostro  caso  ancora  il  medesimo  complesso  di  luoghi  incolori  che  già  trovammo 
per  i  sistemi  raggiati  uniassi;  si  avrà  cioè  una  croce  nera  quando  si  tengono  i  Nicol  in- 
crociati, ed  una  croce  bianca  quando  questi  sono  paralleli. 

Che  nei  sistemi  raggiati  biassi  debba  prodursi  il  fenomeno  delle  croci  incolori  si  può 
talvolta  desumere  dalle  note  leggi  di  polarizzazione  cromatica  per  lamine  cristallizzate 
continue.  Mi  basti  far  vedere  ciò  in  un  solo  caso  speciale. 

Se  si  taglia  in  un  cristallo  biasse  una  lamina  le  cui  facce  siano  normali  all'as-se  di 
minima  ehisticità,  e  si  osserva  questa  lamina  mediante  la  disposizione  ottica  fin  «lui  adot- 
tata, essa  presenta  un  sistema  di  linee  incolore  ben  determinate,  purché  l'angolo  che 
ciascun  asse  ottico  fa  coli  asse  suddetto  sia  abbastanza  piccolo.  Tale  sistema  consiste  in 
quattro  rami  di  iperbole,  e  giova  ricordare  in  qual  modo  essi  sono  disposti.  Per  il  centro 


PER    GirSEPPF    BASSO  15 

ottico  lì ,  nella  figura  1',  couducasi  Tasse  di  minima  elasticità,  che  incontrerà  in  0  il 
piano  FT  focale  della  lente  i':  indichiamo  colle  lettere  A  ^  Ti  '\  punti  in  cui  questo 
piano  è  incontrato  dalle  rette  U A  ,  L'B  rappresentanti  le  direzioni  apparenti  degli  assi 
ottici.  Intendiamo  per  flirezione  apparente  d'un  asse  ottico  la  direzione  che  un  raggio  lu- 
minoso deve  avere  nell'aria  afiìnchè.  penetrando  nel  cristallo,  si  rifranga  secondo  lasse 
ottico.  Conducansi  nello  stesso  piano  PP,  per  il  punto  0,  la  parallela  e  la  perpendico- 
lare al  piano  primitivo  di  polarizzazione.  Si  sa  (')  che  queste  due  rette  sono  gli  assintoti 
di  una  iperbole  incolora,  della  quale  un  ramo  passa  pel  punto  A  e  l'altro  pel  punto  B. 
Inoltre,  se  per  O  conduciamo  nel  piano  PP  la  perpendicolare  e  la  parallela  alla  sezione 
principale  dell'analizzatore,  si  hanno  gli  assintoti  d'un'altra  iperbole  incolora,  di  cui  un 
ramo  passa  ancora  per  A  e  l'altro  per  B. 

Se  però  il  piano  di  polarizzazione  primitivo  è  perpendicolare  o  parallelo  alla  sezioni» 
principale  dell'analizzatore,  le  due  iperboli  si  riducono  ad  una  sola,  che  può  essere  raji- 
presentata  dall'equazione  : 

essendo  presa  per  asse  delle  x  la  traccia  del  piano  di  polarizzazione  primitivo  ed  essendo 
Ci,  fi  le  coordinate  ortogonali  del  punto  A.  È  noto  ancora  che  l'angolo  12  compreso  fra  uno 
degli  assi  ottici  e  l'asse  di  minima  elasticità  è  determinato  dalla  relazione: 


senQ 


e  che,  essendo  (i  l'angolo  d'incidenza  del  raggio  che  attraversa  la  lamina  secondo  l'asse 
ottico,  si  ha  : 


epperciò  :  sen  'i» 


Passiamo  ora  a  considerare  il  nostro  sistema  raggiato.  Un  suo  elemento  qualunque 
ip.'f)  si  può  paragonare  ad  una  piccolissima  porzione  d'una  lamina  normale  all'asse  di 
minima  elasticità  ed  il  cui  asse  di  elasticità  massima  è  diretto  secondo  il  diametro  (e)  del 
sistema.  Per  (jnesta  laminetta  elementare  gli  assi  ottici  giacciono  nel  piano  condotto  pel 
diametro  (f)  normalmente  al  piano  del  sistema  ;  per  conseguenza  i  punti  ^  e  i?  si  tro- 
vano sul  diametro  corrispondente  dell'immagine  osservata  sul  piano  PP  nella  fig.  1'. 
Indicando  con  M  la  posizione  quivi  occupata  da  tale  immagine,  si  ha  evidentemente  : 


(1  ì/a--h* 

/;    \     (I    —  r' 

Ma  si  lia  pure  :  ^^^  j^^^^^  ^^^  j^^^^ 

Perciò  l'equazione  della  iperbole  incolora  per  la  laminetta.  la  cui  immagine  è  in  M.  si 
può  scrivere  :  d*  a^  —  ò» 

./•  «  =  sen  ffi  COS  05 -i   —z r   . 

'  b    ff  —  e 
essendo  in  31  l'origine  delle  coordinate. 


(")  Vedi  E.  Verdet  -  Optique  Physique,  voi.  11.  pag.  i6.') 


16  FENOMENI    DJ    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

Trasportando  l'origine  nel  punto  O.  l'equazione  della  stessa  iperbole  diventa: 

(x— /3COS(f-)(2/  — |Osen9)=senycos9 -j— — —  . 

11  punto  il/  essendo  il  centro  della  iperbole,  non  fa  parte  della  linea  incolora  corri- 
spondente; ma  siccome  l'ultima  equazione  è  soddisfatta  per  i  valori: 

j-  ^  p  cos  ip  .  y  =  P  sen  y  , 

purché  si  abbia  : 

senycosy  =  0  , 

ne  segue  che  nel  sistema  raggiato  appartengono  a  linee  incolore  tutti  i  punti  e  soltanto  i 

punti,  pei  quali  y  è  nullo  oppure  retto.  In  altri  termini,  resta  confermato  che  si  ha,  come 

sistema  di  linee  incolore,  una  croce  i  cui  bracci  sono  paralleli  e  perpendicolari  al  piano 

primitivo  di  polarizzazione. 

I  luoghi  isocromatici  per  una  determinata  lunghezza  /  d'onda  sono  circoli  concen- 

A       n 
trici,  i  cui  raggi  si  trovano  ricorrendo  alla  solita  condizione  :    —  =  -  . 

La  determinazione  di  A  si  fa  ricorrendo  alla  equazione  (8)  di  elasticità,  nella  quale 
si  deve  porre  nel  nostro  caso: 

-      TT  n 

e  ricordando  che: 

A=:esen«(cotr  —  cotr')  ,     sen r  =  m' sen /  ,     senr'  =  M"sen«  ; 

dove  u,  u"  sono  i  valori  reali  di  u  che  soddisfanno  l'equazione  di  elasticità.  Così  si  ottiene 
agevolmente  : 

A  =  ^  (a  j/1  -/>'seu'  i-b  yi  -  e' sen'  /)  • 

Introducendo  le  semplificazioni   giustificate   dalla  piccolezza   di    sen/    e   ponendo 

p 
sempre:  sen/^*"  ,    si  avrà  per  l'espressione  del  raggio  di  un  circolo  isocromatico: 


y   e(aò-c')     ' 


p  =  d 

si  ricordi  che  : 

_2e{a-b) 
*~       ^l        ■ 

2'  —  L'asse  di  minima  elasticità  essendo  ancora  normale  al  piano  del  sisteìtta 
raggiato,  giaccia  lungo  il  semidiametro  di  questo  l'asse  di  elasticità  mediana. 

Si  può  evidentemente  passare  dal  caso  precedente  a  questo  scambiando  semplicemente 
a  in  6  e  dando  al  numero  n  arbitrario  tale  segno  che  permetta  alla  p  di  essere  reale.  S 
ha  quindi  : 


y    e(ab-c*) 


PER    GIUSEPPE    BASSO  17 

Basteranno  semplici  permutazioni  di  lettere  e  l'avrertenza  di  scegliere  conveniente- 
mente il  segno  di  n  per  ottenere  immediatamente  le  espressioni  di  p  conispondenti  a  cia- 
scuna delle  quattro  disposizioni  che  si  possono  ancora  presentare.  Le  passo  rapidamente 
in  rassegna. 

3'  e  4"  —  L'asse  di  massima  elasticità  sia  normale  al  piano  del  sistema. 

Ponendo  :  ,     2e  (h  —  c) 

q  =  — ; — ; —  .         SI  avrà  : 
h  e  l 


A/cl(n  +  q)  1 


n+q)  ,._A/^''(9~n) 

€(a*  —  bc) 


secondochè  luvgo  ogni  semidiametro  del  sistema   è  diretto  l'asse  di  minima,  ovvero 
quello  di  mediana  elasticità. 

5"  e  6"  —  Sia  normale  al  piano  del  sistema  l'asse  di  elasticità  mediana. 
Ponendo  : 

,      2  e  (a  — e) 
^  ^~~acl       ' 

8Ì  ottiene  : 


_    l/a/(g"— w) 
f-    j/  e(ac-b') 

se  l'asse  di  massima  elasticità  è  diretto  lungo  i  semidiametri.  Si  ha  invece  : 


f  e{ae  — 


-q) 


quando  in  tale  direzione  si  trova  l'asse  di  minima  elasticità. 

Per  le  diverso  specie  di  mezzi  birifrangenti  i  coefficienti  di  elasticità  possono  avere 
valori  tali  da  rendere  il  prodotto  «  e  maggiore  o  minore  di  Ir.  Affinchè  l'espressione  di  p 
sia  sempre  reale,  in  ciascuno  dei  due  ultimi  casi  dovrà  il  numero  n  essere  talvolta  positiva 
e  talvolta  negativo. 


IV. 


Il  concetto  astratto  di  elementi  birifrangenti,  cosi  aggi'uppati  fra  di  loro  da  costituire 
ciò  che  io  chiamo  un  sistema  raggiato,  si  ha  effettivamente,  quantunque  non  sempre  con 
perfetta  regolaiità ,  in  aggregazioni  di  piccoli  cristalli.  Di  queste  ci  offrono  esempi  molte 
specie  minerali  e  se  ne  possono  ottenere  delle  fogge  svariate  provocando  artificialmente 
la  cristallizzazione  di  composti  chimici  convenientemente  scelti.  Questa  facoltà  posseduta 
da  molte  sostanze  di  assumere,  cristallizzando,  la  forma  raggiata  dipende  da  modi ,  non 
ancora  ben  definiti  nella  loro  generalità,  di  esercitarsi  delle  azioni  molecolari.  È  impor- 
tante uu'osservazioue  che  a  questo  riguardo  fa  il  Prof.  A.  Scacchi  (*)  nello  studio  del 


(*)  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Sciense  di  Torino,  XXI,  18G2. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV. 


]  8  KKXOMEXI    I»I    POLARIZZAZIONE    CROMATICA 

t'enomeno.  da  lui  scoperto,  della  policdria  dei  cristaili,  per  cui  molte  volte  uhm  facoi.i 
piana  di  un  cristallo  trovasi  sostituita  da  una  superficie  poliediica,  cioè  da  un  complesso 
di  faccette  piane  facenti  fra  loro  angoli  molto  ottusi.  Giova  che  io  (jui  rijiorti  lo  parole 
stesse  dell'illustre  mineralogo  : 

«  Tra  i  fatti  più  owii  che  troviamo  in  molte  s))ecie  di  cristalli  si  è  la  loro  maniera 
di  disporsi  gli  uni  a  lato  degli  altri,  in  guisa  che.  convergendo  in  un  punto,  finiscono  dalla 
parte  opposta  divergenti  come  raggi.  Talvolta  sembra  chiaro  che  molti  cristalli  si  siano  in 
tal  modo  aggruppati  ;  altra  fiata  sembra  piuttosto  che  le  parti  dello  stesso  cristallo  da 
una  banda  si  dilatino  e  dall'altra  si  restringano.  Dall'uno  all'altro  caso  non  credo  vi  sia 
reale  differenza.  E  (ine)  che  importa  avvertire  è  che  per  talune  specie,  come  per  l'arago- 
iiite,  pel  mesotipo.  per  la  stilbite.  per  la  prenite  e  per  molte  altre,  la  disposizione  rag- 
giante dei  cristalli  è  loro  carattere  abituale  e  quasi  distintivo;  mentre  altre  specie,  o  non 
mai  0  assai  di  rado,  si  trovano  avere  la  medesima  disposizione.  Discorrendo  della  poliedria 
delle  facce  li  della  Phillipsite  abbiamo  mostrato  come  esse  deviano  convergendo  vei-so  il 
centro  del  cristallo  e  come  a  questa  loro  qualità  vada  unita  l'altra  di  unirsi  i  cristalli  in 
gruppi,  la  qual  cosa  è  naturale  conseguenza  della  prima  ;  dap])oichè  se  sulle  facce  polie- 
driche di  un  cristallo  primitivo  che  ha  cominciato  ad  ingrandii-si.  si  attaccheranno  altri 
novelli  cristallini,  questi  si  troveranno  con  i  loro  assi  di  tanto  divergenti  dagli  assi  dello 
stesso  nome  del  primo  cristallo  per  quanto  le  facce  di  questo  erano  deviate  dalla  loro  po- 
sizione regolare.  Avanzandosi  l'ingrandimento  dei  secondi  cristalli,  ancor  essi  poliedrici,  gh 
altii  cristalli  che  vi  si  attaccheianno  si  troveranno  situati  con  raddoppiata  divergenza 
dal  cristallo  primitivo:  e  così  per  gli  altri,  finché  duri  l'ingrandimento  e  vi  sia  spazio  da 
potersi  congiungere  ncrvelli  cristallini  sulle  facce  dei  precedenti  ->. 

<•  Fra  le  produzioni  artificiali  i  cristalli  ortogonali  di  paratartrato  acido  di  soda  for- 
niscono uno  dei  più  rilevanti  esenqìi  di  aggi'uppamenti  raggianti.  In  essi,  dal  mezzo  delle 
facce  B  che  sono  poliecb-iche.  si  partono  altri  minori  cristalli  divergenti,  e  (jualche  cosa 
di  somigliante  si  rinviene  tra  le  produzioni  naturali  nei  cristalli  eli  baritina  disposti  a 
rosette.  Quando  (juesti  aggruppamenti  si  manifestano  semjìlici  è  facile  persuadersi  che  essi 
altro  non  siano  si^  non  l'unione  di  due  o  più  cristalli  congiunti  per  le  loro  facce  polie- 
driche. Ma  nello  stes.so  paratartrato  acido  di  soda  ortogonale,  il  più  delle  volte  i  grup- 
])etti  di  facce  poliedriche  simo  assai  più  stretti,  a  guisa  di  mezze  sfere  composte  di  folte 
lamine  raggianti;  ed  ai  medesimi  non  potendosi  attribuire  diversa  origine  di  quelli  di  più 
semplice  composizione,  si  giunge  alla  naturai  conseguenza  che  la  poliedria  sia  la  cagione 
l>rinci])ale.  se  non  la  .sola,  della  disposizione  raggiante  dei  cristalli  >>. 

Essendomi  lìroposto  di  sotto])ori-e  anche  ad  esame  sperimentale  i  fenomeni  di  pola- 
lizzazione  cromatica  negli  aggruppamenti  cristallini  che.  più  o  men(j,  si  accostano  al  tipo 
teorico  di  sistema  raggiato,  ho  dovuto  innanzi  tutto  cercare  mezzi  ed  artifizii  per  ottenere 
artificialmente  cristallizzazioni  di  tal  fatta  disposte  per  osservazioni  microscopiche.  Ho 
passato  per  ciò  in  rivista  molti  conqxtsti  chimici  lasciandone  evajiorare  a  secco  le  solu- 
zirmi  in  piccole  quantità  ed  esaminandone  al  microscopio  i  residui  ottenuti.  Cosi  potei 
riconoscere  ([uali  sostanze  sono  meglio  disposte  a  dare  aggregazioni  cristalline  di  foiina 
raggiata  e  mi  sono  specialmente  fermato  su  quelle,  delle  quali  sono  abbastanza  noti  i 
cajatteri  ottici  e  cristallografici  pei-  jiennettere.  almeno  in  certi  casi,  la  verificazione  ilelle 
leggi  teoriche  esposte  precedentemente. 


PER    GIUSEPPE    BASSO  19 

Do  qui  la  lista  dei  nomi  delle  principali  sostanze  da  me  finora  esaminate,  e  vi  unisco 
qualche  indicazione  bibliografica  sufficiente  per  potere,  quando  ciò  sia  opportuno,  rintrac- 
ciare gli  elementi  numerici  caratteristici  di  ciascuna  di  esse. 


Cristalli  romboedrici. 

1.  Nitrato  sodico Des  Cloizeaitx;  Annales  dcs  Mines,  t.  XI  (1857). 

2.  Ioduro  di  cadmio    ....  Id.  Id.  Id. 

3.  Ioduro  di  piombo    ....  Id.  Id.  Id. 

4.  Cloruro  di  stronzio     .   .   .  Makignac.  Id.  t.  IX  e  t.  XI. 

Cristalli  dimctrici  ortogonali. 

5.  Prussiato  giallo  potassico  .  Des  Cloizeaux:  Annales  des  Mines,  t.  XI. 

6.  Fosfato  ammonico  ....  Id.  Id.  Id. 

7.  Solfato  di  nichelio  ....  Id.  Id.  Id. 

8.  Urea Id.  Id.  Id. 

Cristalli  trimetrici  ortogonali. 

9.  Mannite Fkankenheim  ;  zur  Krystallkunde  ;  Charakteristilc 

der  Krystalle. 

10.  Tartrato  acido  di  potassio  Id.  Id.  Id. 

11.  Bicarbonato  sodico.   .    .   .   WlRTZ  ;  Bictionnaire  de  Chimie,  etc. 

12.  Deutoclorui'o  di  mercurio.        Id.  Id. 

13.  Nitrato  di  alluminio  ...        Id.  Id. 

14.  Nitrato  di  cadmio  ....  Rammelsberg ;  V.   Bictionnaire  de  Chimie,  etc, 

di   WURTZ 

15.  Solfato  potassico  biasse    .   Des  Cloizeaux;  Ann.  des  Mines,  t.  XI. 

16.  Nitrato  potassico Id.  Id.  t.  XIV. 

17.  Solfato  di  zinco Id.  Id.  t.  XI  e  t.  XIV. 

18.  Solfato  ammonico   ....            Id.  Id.  t.  XIV. 

19.  Citrato  sodico Id.  Id.                Id. 

20.  Cloruro  di  rame Id.  Id.                 Id. 

21.  Bicromato  potassico    ...             Id.  Id.  t.  XI. 

22.  Solfato  di  magnesio    .   .   .  Mitscherlich  ;  De  Senarmont,  ^«wa/cs  de  CAw»> 

et  Physique,  3'  Sèrie,  t.  XXXIII. 

23.  Proto  carbonato  sodico  .   .   Haidinger,  Rammelsberg,  Marignac;  Annales  des 

Mines,  t.  XII. 

24.  Cloruro  di  bario Marignac  ;    Mémoires   de    la    Societé  Physique , 

t.  XIV,  1'  partie. 

25.  Ossalato  acido  di  ammonio    De  la  Provostaye  ;  Annales  de  Chimie  et  Phy- 

sique (3),  t.  IV. 


FENOMENI    DI    FOI.AEIZZAZIONE    CROMATICA 

Cristalli  trimetri  ci  wonoclini. 

26.  Acido  tartarico De  la   Provostate;  Annalcs  de   Chimi  e  et  Phy- 

sique,  (2)  t.  XXXI  et  {■^)  t.  III. 

27.  Nitrato  di  stronzio  ....   Des  Cloizeaux.  Annales  des  Mines.  t.  XI. 

28.  Acido  ossiilico Id.                             Id.  Id. 

29.  Borato  sodico Id.                             Id.  Id. 

30.  Iposolfito  sodico Id.                             Id.  Id. 

:n.  Solfato  di  manganese.   .    .             Id.                             Id.  t.  XIV. 

32.  Acetato  di  piombo  ....             Id.                             Id.  Id. 

33.  Zuccaro  di  canna    ....            Id.                            Id.  Id. 

Cristalli  trimrtrici  triclini. 

34.  Solfato  di  rame Des  Cloizeaux;  Annales  des  Mines.  t.  XI. 


Le  sostanze  ora  enumerate  furono  trattate  tutte  con   un  procedimento  semplicissimo 
ed  uniforme,  allo  scopo  di  ottenerne  agglomerazioni  cristalline  di  foggia  costante  e  facile  in 
ogni  caso  a  riprodursi.  Di  ciascuna  di  esse  si  preparò  una  soluzione  poco  concentrata  nel- 
l'acqua; solo  per  il  deutocloruro  di  mercurio  e  per  lo  zuccaro  di  canna  preferii  adoperare 
l'alcool  come  solvente.  Mossa   una  goccia  della  soluzione  su  d'una  laminetta  di   vetro,  la 
lasciavo  evaporare  spontaneamente ,  ovvero  .  per  accelerare    alquanto  la  evaporazi(me, 
posavo  la  lamina  bt-n  orizzontale  su   d'uno   strato  di   sabbia  scaldato   a    moderata  teni^ 
peratura.    Io  procurava  così  di  ottenere  sul  vetro  una  crosticina  molto  sottile,  poco  com- 
patta e  quasi  pellucida  della  sostanza  da  studiare.   Questa  preparazione  collocavasi  sul 
portaoggetti  di  un  buon  microscopio  polarizzante  deH'tìflicina  R.  Fle.ss  di  Berlino,  che  il 
Prof.  6.  Si'EZIA  ha  messo  gentilmente  a  mia  disposizione.   Potevasi  così  osservare  con  in- 
grandimento conveniente  la  cristallizzazione  formatasi  sulla  laminetta  ed  era  agevole  stu- 
diare gli  effetti  di  polarizzazione  cromatica,  sia  per  luce  parallela  come  per  luce  convergente. 
Alcune  delle  sostanze  da  me  osservate  ed  indicate  di  sopra  non  mi  diedero  mai  ag- 
gregazioni di  minuti  cristalli  con  forma  raggiatii  ;  altre  invece  presentarono  la  forma  rag- 
giata costantemente  ed  in  modo  abbastanza  regolare  ;   da  molte  infine  ottenni  lo  stesso- 
fenomeno  sovente,    ma   non   scniiprc;   oppure   lo  ottcìini    in  mudo  imiìcrfetto  ed    incom- 
pleto.   Notati   !•  scipiti   i  corpi,    nei   <iuali   la  forma  raggiata  si    può  j)rodurri'    con  co- 
stanza o  regolarità,  la  verificazione  delle  leggi  teoriche  precedentemenU^  stabilite  esigeva 
che  io  mi  ponessi  in  grado  di  studiare,  coll'osservazione  microscopica,  le  jìarticolarità 
relative,  sia  ai  luoghi  incolori,  come  ai  luoghi  isocromatici.   Però  mi  occupo,   in  questo 
lavoro,  solamente  di  ciò  che  riguarda  i  luoghi  incolori  e  la  loro  disposizione  nei  casi 
j)iii  interessanti,  cioè  (juando  le  sezioni  principali  dei  due  Xicol  sono  parallele  od  ortogonali. 
Le  osseiTazioni  delle  linee  isocromatiche  ottenute   per  polarizzazione  sono,   in  generale, 
molto  difficili ,    ed   esigono   speciali   precauzioni.    Ordinariamente  esse  non  sono  visibili 
quando  s'impiega  luce  ordinaria  o  bianca  e  devesi  far  uso  di  luce  monocromatica:  infatti. 


PEK    GIUSEPPE    BASSO  21 

i  punti  nei  quali  un  certo  colore  presenta  il  massimo  d'intensità,  posseggono  ad  un 
tempo  l'intensità  minima  per  un  altro  colore  la  cui  lunghezza  d'onda  è  pochissimo 
differente  da  quella  del  primo  ;  perciò  le  colorazioni  sono  per  ordinario  insensibili.  Per 
altra  parte,  le  forme  raggiate  microscopiche  essendo  sottilissime,  esigono  per  la  produzione 
di  linee  isocromatiche  l'impiego  di  luce  convergentissima.  E  anche  probabile  che  non  si 
possano  ottenere  veri  anelli  completi  a  cagione  della  non  uniformità  di  grossezza  e  della 
imperfetta  identità  di  orientazione  radiale  negli  elementi  cristallini  costituenti  l'aggregato. 
Passando  in  rassegna  i  corpi  che,  cristallizzando  per  evaporazione  della  loro  soluzione, 
presentano  aggruppamenti  analoghi  a  sistemi  raggiati,  trovo  che  essi  si  possono  distin- 
guere nelle  seguenti  tre  categorie  principali. 

—  r  Categoria  — 

Ogni  gruppo  è  formato  da  cristallini  prismatici  lunghi  e  sottili,  i  quali,  partendo  da 
un  centro  comune,  si  dispongono  come  raggi  di  un  cerchio.  La  figura  2*  rappresenta 
questa  forma  di  aggruppamento  raggiato,  quale  si  scorge  al  microscopio  impiegando  luct> 
naturale;  essa  è  la  riproduzione  dal  vero  di  una  preparazione  ottenuta  colla  maniìife. 
Parecchie  fra  le  sostanze  da  me  esaminate  danno  spesso  gruppi  cristallini  che  offrono 
(questa  apparenza;  debbo  citare  principalmente  l'acido  tartarico,  il  tartrato  d'ammonio, 
l'ossalato  acido  di  ammonio,  l'iposolfito  di  sodio,  il  cloruro  di  stronzio,  il  cloruro  di 
i-ame,  il  solfato  di  rame  ed  il  bicromato  potassico.  Non  sempre  però  si  ottengono  sistemi 
raggiati  o  stelle  compiute  ;  sovente  gli  aghi  prismatici  non  divergono  da  un  punto  o  da 
un  cristallino  centrale,  ma  sono  tangenti  per  una  loro  estremità  ad  una  curva  di  piccola 
estensione,  la  quale  apparisce  in  tal  modo  come  l'inviluppo  delle  rette  rappresentanti  la 
maggior  dimensione  dei  cristallini.  Però  sono  prodotti  gli  stessi  fenomeni  ottici,  cosi  dalle 
stelle  (complete  e  regolari  come  dalle  stelle  parziali  o  dai  ))ennacchi  divergenti  nel  modo 
anzidetto.  I  luoghi  incolori  sono  quali  la  teoria  ci  ha  indicati  :  essi  si  riducf)no  ad 
una  croce  bianca  o  luminosa  quando  si  fa  l'osservazione  coi  Nicol  paralleli  e  ad  una 
croce  nera  od  oscura  se  questi  si  tengono  incrociati.  —  Nell'un  caso  e  nell'altro  i  bracci 
della  croce  sono  paralleli  e  perpendicolari  alle  sezioni  principali  dei  Nicol.  È  specialmente 
colla  disposizione  dei  Nicol  incrociati  che  il  fenomeno  della  croce,  caratteristiro  dei 
sistemi  raggiati  birifrangenti,  appare  più  manifesto  e  spesso  anche  molto  elegante. 

La  figura  3'  rappresenta  appunto,  visti  al  microscopio  coi  Nicol  incrociati,  i  gnippi  di 
mannite  che,  nella  fig.  2',  sono  quali  appaiono  alla  luce  naturale.  Facendo  girare  nel  suo 
piano  la  preparazione  o  comun(iue  spostandola,  ciascun  braccio  di  croce  in  ogni  stella  cri- 
stallina conserva  inalterata  la  sua  direzione,  cioè  in  tutte  le  croci  un  braccio  si  man- 
tiene parallelo  alla  sezione  principale  del  Nicol  polarizzante  e  l'altro  parallelo  alla 
sezione  principale  del  Nicol  analizzatore. 

—  2'  Categoria  — 

Un'altra  disposizione  di  forma  raggiata  si  ottiene  da  alcune  fra  le  sostanze  che  ho 
studiato  e  fra  di  esse  primeggia  il  bicarbonato  sodico.  Preparata  una  soluzione  nell'acqua 
di  questo  sale  e  versatane  una  goccia  sul  vetro  da  microscopio,  devesi  lasciare  che  questa 


22  FENOMENI    DI    POLARIZZAZIONE    CKOMATICA 

Spontaneamente  si  evapori,  o,  se  la  si  vuole  riscaldare  alquanto,  fa  d'uopo  che  l'elevazione 
di  temperatura  sia  cosi  moderata  da  non  determinare  la  parziale  decomposizione  del  sale 
e  la  sua  trasformazione  in  protocarbonato  sodico.  Esaminata  al  micioscoi)io  la  macchietta 
hianca  residua,  si  osservano  talvolta  fasci  di  sottilissimi  cristalli  prismatici,  paralleli  f 
poco  divergenti .  e  porgenti  l'apparenza  di  covoni  ;  altre  volte  si  hanno  laminette  isolate 
presentanti  figure  di  rombo  molto  allungato,  simili  alla  forma  ordinaria  degli  aghi  da 
bussola.  Però,  molto  più  spesso  e,  si  può  dire,  normalmente,  si  hanno  eleganti  aggruppa- 
menti di  cristalli  minutissimi  che  in  complesso  presentano  l'aspetto  di  stelle  a  raggi  non 
tutti  uguali. 

Non  è  facile  discemere  chiaramente  il  modo  di  riunione  degli  elementi  cristallini  in 
una  stella  di  bicarbonato  sodico,  a  cagione  dell'estrema  tenuità  degli  elementi  stessi.  Panni 
tuttavia  che  essi  siano  per  ordinario  aghetti  rombici,  disposti  in  tante  file  divergenti  da  un 
centro  ben  detcrminato  ;  gli  aghetti  componenti  ciascuna  fila  hanno  dii-ette  nel  senso  di 
questa  le  loro  diagonali  maggiori  e  ciascuno  si  salda  al  successivo  per  un  vertice  comune. 
Oltre  le  file  principali,  che  costituiscono  i  semidiametri  del  sistema  raggiato,  si  staccano 
da  qualche  punto  di  esse  altre  file  secondarie  che  formano  delle  ramificazioni;  queste,  che 
si  scorgono  nettamente  alla  luce  polarizzata ,  non  hanno  mai  direzione  molto  diversa  da 
quella  dei  semidiametri  del  sistema  e  perciò  non  uuocouo  sensibilmente  alla  produzione 
dei  fenomeni  ottici  proprii  dei  sistemi  raggiati. 

A  giudicar  bene  delle  posizioni  relative  degli  elementi  cristallini  in  una  stella  di  bicar- 
bonato sodico ,  giova  paragonare  una  di  queste  a  quelle  che  si  ottengono  da  certi  sali 
deliquescenti,  fra  cui  ho  segnatamente  notato  il  nitrato  di  cadmio.  Ottenuta  per  evapo- 
razione a  dolce  calore  una  macchietta  molto  sottile  di  quest'ultima  sostanza,  e  portatala 
al  microscopio,  essa  ci  apparisce  costituita  in  gran  parte  da  forme  raggiate,  di  cui  ciascun 
raggio  è  appunto  formato  da  ima  serie  di  cristallini  minutissimi  ed  acuminati  agli  estremi, 
per  i  quali  essi  successivamente  si  attaccano.  Ma  la  deliquescenza  del  sale  non  tarda  a 
disfare  il  delicato  edifizio  ;  ben  presto  ciascun  raggio  del  gi'uppo  cristallino  si  scinde  in 
frazioni  minutissime  ;  queste  prendono  la  forma  di  laminette  oblunghe  coi  vertici  estremi 
arrotondati  e  vanno  rapidamente  impiccolendosi  per  isquagliamento. 

La  fig.  4"  rappresenta  un  gruppo  di  stelle  di  bicarbonato  sodico ,  quale  si  vede  al 
microscopio  polarizzante  colle  sezioni  principali  dei  Nicol  ad  angolo  retto.  La  croce  nera 
vi  è  molto  netta,  e  presenta  le  varie  particolarità,  già  spiegate  precedentemente ,  che  di- 
stinguono questo  fenomeno  ottico  nei  sistemi  raggiati  birifrangenti. 

—  3"  Categoria  — 

Ona  terza  disposizione  di  elementi  cristallini,  che  si  può  ancora  collegare  coi  sistemi 
raggiati,  almeno  per  ciò  che  riguarda  i  fenomeni  di  polarizzazione  cromatica ,  ho  riscon- 
trato in  certi  composti  chimici,  e  specialmente  nel  solfato  di  tnaìiganese  e  nel  solfato  di 
zinco.  Sono  conosciute  (*)  alcune  proprietà  singolari  di  questi  due  sali,  relative  al  loro 
sistema  di  cristallizzazione.  Il  solfato  di  manganese,  mantenuto  al  di  sotto  di  (i°cent.,  ha 
sette  molecole  d'acqua  ed  è  monoclino;  fra  i  G"  e  i  25°  circa  ha  sole  cinque  molecole 


(*)  Vce'gasi  ppp  cs.  :  Gi-undtage  der  modernen  l'hemie  ,  vou  D'  Eugeu  SiLL. 


PER    GIUSEPPE    BASSO  23 

d'acqua  ed  è  triclino  ;  al  di  sopra  di  questa  temperatura  esso  non  possiede  più  che  quattro 
molecole  d'acqua  e  ridiventa  monoclino.  Similmente,  il  solfato  di  zinco,  al  di  sotto 
di  30°,  possiede  7  molecole  d'acqua  ed  appartiene  al  sistema  trimetrico  o  del  prisma 
romboidale  retto:  a  temperatui-e  alquanto  superiori  a  questa,  ha  sei  molecole  d'acqua  ed 
è  monoclino. 

Come  in  queste  due  sostanze  il  sistema  cristallografico  cambia  anche  per  variazioni 
poco  notevoli  di  temperatura .  così  l'esame  microscopico  dei  gi'uppi  cristallini,  che  da  ess  ■ 
si  ottengono  coll'adottato  procedimento,  conduce  al  riconoscimento  di  forme  facihnent  > 
mutevoli,  singolari  e  svariate.  Mi  limito  per  ora  ad  esporre  ciò  che  riguarda  le  apparenza  ^ 
ottiche.  La  lieve  crosticina  che  si  ottiene  evaporando  una  goccia  di  solfato  di  manganesi' 
sciolto  nell'acqua  presenta  al  microscopio  un  intreccio  di  cristalhni  più  o  meno  sviluppali 
e  di  varie  forme,  ma  quasi  sempre,  e  segnatamente  verso  l'orlo  rilevato  della  crosticina, 
osservansi  molte  piastrelle  aventi  figura  circolare  o  qua.si.  In  altri  termini,  si  hanno  molti 
dischetti  press'a  poco  circolari  ;  spesso  vi  si  notano  lievi  fenditure,  che  possono  essere  ret- 
tilinee,  dirette  radialmente  e  formanti  angoli  al  centro  eguali,  oppure  circolari,  e  sonn 
allora  concentriche  al  disco.  Tali  fenditure  danno  ad  ogni  disco  un  asjìetto  che  ricorda 
quello  di  una  sezione  trasversale  in  un  tronco  d'albero.  La  figura  5"  rappresenta  un  gru|)- 
petto  di  questi  dischi  di  solfato  di  manganese,  quale  si  osserva  al  microscopio  polaiizzante 
coi  Nicol  incrociati. 

11  Prof.  A.  C'ossa,  in  un  .suo  studio  microscopico  sulla  diorite  di  Cessato  nel  Biel- 
lese  ('),  avvert'i  l'esistenza  di  certe  concrezioni  radiate  di  colore  giallo  scuro,  interposte 
fra  lamine  di  clorite,  le  quali,  a  cagifine  della  loi'f>  forma  lenticolare .  egli  chiamò  sferoi- 
doliti.  Lo  stesso  nostro  Collega  ebb(^  la  cortesia  di  donarmi  una  preparazione  pre.sentante 
alcuni  di  questi  corpuscoli  e  di  aggiungere  al  dono  utili  indicazioni  per  il  loro  studio:  al 
microscopio  polarizzante  essi  hanno  una  particolare  rassomiglianza  coi  dischetti  ottenuti 
artificialmente  col  solfato  di  manganese  e  manifestano  precisamente  i  fenomeni  principali 
dei  sistemi  i-aggiati.  Ed  api>unto  nel  lavoro  ora  citato  il  Prof.  Cossa  scrive  le  parole 
seguenti  : 

«  Osservando  la  preparazione  (  degli  sferoidoliti  )  coi  Nicol  incrociati,  apparisce  una 
croce  nera,  le  cui  braccia  sono  parallele  alle  direzioni  dei  piani  di  polarizzazione  dei 
.Vicol  :  il  rimanente  della  lamina  è  chiazzata  di  rosso  sopra  un  fondo  giallo.  Quando  si 
muove  la  preparazione  in  un  piano  orizzontale,  lasciando  invariati  i  Nicol .  la  croce  nera 
non  cambia  punto  di  posizione  rispetto  alle  sezioni  principali  dei  Nicol .  quantunque  aji- 
parentemeiite  sembi'a  che  faccia  un  movimento  in  direzione  contraria  a  quella  che  si  fa 
subire  al  pn^parato.  Facendo  girare  il  Nicol  analizzatore,  la  croce  nera  si  sposta  nella 
stessa  direzione  del  .Nicol ,  però  con  velocità  di  rotazione  di  valore  metà  » . 

Anche  quest'ultima  particolarità  si  può  considerare  come  prevista  dalla  teoria  dei 
fenomeni  propiii  dei  sistemi  raggiati.  Infatti  essa  equivale  a  questo  .  che  partendo 
dalla  posizione  dei  Nicol  incrociati,  se  si  gira  il  prisma  analizzante  d'un  angolo  elemen- 
tare dx  ,   il   punto  che  sul   sistema  raggiato  conserva  costante   la  sua    intensità    /   si 

sposta  angolarmente  della  quantità  -  d  x  .     Che   ciò  debba  avvenire  si  può   dimostrare 


(*l  Sulla  diorite  quarzifera  porfiroide   di  Cassato  nel  Biellesc;   Aui  dHln  R.  Accademin  de' Lincei  ^ 
tom.  Ili,  serie  2'. 


24  FENOMENI    DI    POLARIZZAZIONE    CROMATICA    -    PER    GIUSEPPE    BASSO. 

ricorrendo  all'espressione  generale  deirintensità  /,  quale  >i  trova  a  pag.  8,  relativa  ad 
un  punto  qualunque  (  » ,  ^)  del  sistema  raggiato.  Si  differenzii  quest'espressione  di  / 
ritenendo  come  invariabili    a  e  y  ;  se  si  pone    :  d  7=  0    e    :  a  i=  0  ,    si  ottiene  subito  : 

^      2 

L'analogia  che  si  riscontra  fra  il  modo  di  comportai'si  dei  sistemi  i-aggiati  in  genere 
(e  più  specialmente  delle  piastrelle  discoidali  del  solfato  di  manganese)  o  quello  degli 
sferoidoliti  delle  rocce  dioritiche  di  Cossato ,  si  ripete  ancora  per  altri  aggregati  di  cor- 
puscoli che  non  sono  più  veri  elementi  cristallizzati  birifrangenti.  Il  sig.  Des  Cloizeaux  . 
nella  sua  Memoria  sull'impiego  del  microscopio  polarizzante  (') ,  ricorda  che  Beewsteu 
diede  il  nome  di  .sali  circolari  a  certe  sostanze  artificiali  che.  quantunque  appartengano 
al  sistema  cubico,  pure  per  la  loro  struttura  fibrosa  presentano  fenomeni  aualoglii  a  quelli 
della  croce.  Però  questa  pseudocroce  cangia  di  posizione  girando  il  corpo  che  la  mani- 
festa ed  è  visibile  soltanto  quando  s'impiega  luce  parallela,  mentre  non  si  palesa  in  modo 
sensibile  colla  luce  convergente.  Tracce  di  croce  al  microscopio  polarizzante  presentano 
pure  alcune  sostanze  colloidi ,  i  grani  di  fecola  e  certe  concrezioni  calcari. 

dono  ancora  a  notarsi  certe  forme  raggiate  che  Vogeslang  cliiama  cristalliti  e  che 
egli  ha  studiate  nel  solfo,  nel  carbonato  calcare,  nelle  scorie  artificiali  e  nelle  rocce  ve- 
trose artificiali.  Quantunque  queste  aggi-egazioni  siano  probabilmente  formate  da  cor- 
puscoli monorifrangenti  che  il  Vogeslang  stesso  chiama  glohuliii,  pure  s'illuminano  leg- 
germente al  microscopio  polarizzante  coi  Nicol  incrociati,  e  manifestano  la  tendenza  a 
produiTe  i  fenomeni  dei  sistemi  raggiati. 

Infine,  Michel  Lé\y,  in  una  Memoria  sui  diversi  modi  di  struttura  delle  rocce  erut- 
tive studiate  al  microscopio  col  mezzo  di  lastre  sottili  (**),  dice  di  aver  osservato  appa- 
renze ottiche  analoghe  alle  precedenti  nelle  scorie  tratte  dai  crogioli  di  fusione  nella 
fabbrica  d'acciaio  di  Ermont  (Seine-et-Oise).  Queste  scorie,  tempestate  di  piccoli  globuli 
di  acciaio  fuso,  si  comijortano  alla  luce  polarizzata  come  il  vetro  perfettamente  omo- 
geneo; ma  intorno  a  ciascun  globulo  metallico,  quando  si  tengano  i  Nicol  colle  loro 
sezioni  principali  ortogonali,  apparisce  una  zona  con  tracce  di  croce  nera  simile  a  quella 
data  dagli  sferoidoliti.  Queste  apparenze,  che  si  osservano  in  mezzi  non  cristallizzati  e 
natuj'almente  isotropi,  non  si  possono  attribuire  verosimilmente  ad  altro  che  ad  azioni 
di  compressione  o  di  distensione  analoghe  a  quelle  che,  com'è  notissimo,  imprimono  al 
vetro  ordinario  caratteri  transitorii  di  bii'ifrangenza. 


(•)  AnnaUs  des  Mines ,  1864. 
(••;    Ib.     1875. 


(^cc<xd.  lK^  JiAVe.Sc. di  %otiiiv.  (3ùiòòeyÀxSc.J"i:>.  ^XhcLl.Sez'ie  2*^   A3oiitoXX\/Vy 


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SUI 

TERRENI  STRATIFICATI 

DI  ARGENTERÀ 

(VA.LX.E  DELLA.  STURA-  DI   CinSTEO) 

MEMORIA  PALEONTOLOGICO -GEOLOGICA 

DEI, 

Dott.  ALESSANDRO  PORTIS 


Adunama  del  30  Gennaio  1881 


PARTE    PRIMA 

Nell'Agosto  1879  il  Cav.  Michelotti  mi  consegnava,  per  studiarli,  alcuni  fossili  da 
lui  raccolti  nell'alta  valle  della  Stura  di  Cuneo  e  precisamente  alla  sommità  della  mede- 
sima, nella  località  detta  Le  Grangie,  a  dieci  minuti  a  monte  dell'alpino  villaggio  di 
Argenterà  e  ad  un'ora  a  valle  dal  confine  italo-francese  della  Maddalena.  I  fossili  erano 
da  lui  stati  cercati  allo  scopo  di  venir  una  volta  in  chiaro,  studiandoli  e  determinandoli , 
suir  età  da  assegnarsi  al  famoso  calcare  dolomitico  affiorante  in  cotanti  punti  nelle  Alpi 
occidentali ,  e  che  già  fu  oggetto  di  numerosi  lavori  e  menzioni  dei  Professori  Gastaldi  e 
Michelotti. 

Dopo  essersi  fermato  qualche  tempo  lassù ,  e  dopo  aver  raccolte  varie  impronte ,  mi 
aveva  il  Michelotti  consegnato  il  frutto  delle  sue  ricerche  incoraggiandomi  a  continuarle 
e  dandomi  all'uopo  tutte  le  necessarie  indicazioni  sulla  località.  La  ricerca  e  la  raccolta 
di  materiale  fossilifero  che  proseguii  alla  mia  volta  e  nello  stesso  hanco  per  un  mese  di 
seguito  nel  1879  e  per  un  altro  mese  nel  1880,  non  furono  così  abbondanti  come  avrei 
potuto  sperare,  avuto  riguardo  al  tempo  impiegato  ;  ebbero  però  per  risultato  di  fornire 
alquanti  fossili  iìno  ad  un  certo  punto  deteraiinabili. 

Raccolto  sul  luogo  tutto  quanto  parveini  aver  appartenuto  ad  estinti  organismi , 
cercai  nel  passato  anno  di  determinare  i  fossili  componenti  l'insperato  tesoro  onde  potermi 
fare  una  giusta  idea  sull'età  del  banco  al  quale  essi  appartenevano  e  dopo  questa  delle 
roccie  circostanti.  Farmi  esser  giunto  allo  scopo  prefissomi,  e  mi  affretto  quindi  a  parte- 
cipare altrui  e  la  lista  ragionata  dei  fossili  trovati ,  e  le  conseguenze  che  parmi  doverne 
logicamente  dedurre. 

11  banco  fossilifero  in  questione  fu  da  me  nell'alta  valle  della  Stura  segu'ito  dal 
punto  di  affluenza  del  Rio  di  Eoburent  colla  Stura  (mezz'ora  di  strada  al  disopra  di 
Bersezio),  dove  comincia  a  mostrarsi  sulla  sinistra  della  valle  e  sporge  al  disopra  delle 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  d 


26  SUI    TEKKENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

balze  che  verticalmente  scendendo  limitano  il  piano  di  azione  del  torrente ,  lino  al  vil- 
laggio di  Argenterà  ;  dietro  il  villaggio  di  Argenterà,  ed  oltre  il  villaggio  per  più  chilometri 
fino  al  confine  italo-francese  della  Maddalena  ;  inoltre  dallo  stesso  affluente  per  tutto  il 
vallone  di  Roburent  fino  al  confine  francese,  e  finalmente  giacimenti  ancor  fossiliferi  dello 
stesso  calcare  vennero  trovati  in  più  punti  del  vallone  di  Pourriac. 

Il  banco  o  meglio  i  banchi  che  presentemente  ci  occupano  constano  di  calcare  deci- 
samente stratificato,  quantunque  non  sempre  siano  l'un  dall'altro  discernibili  i  successivi 
strati,  appoggia  ora  sulle  roccia  triasiche  in  stratificazione  discordante,  ora  concordante- 
mente  sulle  roccie  del  Dogger ,  e  sopporta  in  stratificazione  or  concordante  ed  or  discor- 
dante altri  calcari  molto  più  nettamente  stratificati  ed  a  strati  sottili  e  difi"erenti  dai 
precedenti  per  la  loro  tinta  grigio-chiara ,  ma  ancor  più  per  le  reliquie  organiche  che 
contengono. 

Le  località  in  cui  ho  trovato  maggior  copia  di  fossili  son  le  seguenti:  1°  L'affluente 
di  Koburent  nella  valle  di  Stura  all'estremità  meridionale  del  contraff'orte  separante  il 
vallone  dalla  arteria  principale.  2"  Qualche  punto  isolato  nel  vallone  stesso  di  Koburent; 
3°  la  frana  scendente  dal  banco  fossilifero  all'abitato  delle  Grangie  (la  più  ricca  in  fos- 
sili) ;  4°  l'enorme  frana  discendente  dalle  roccie  Mortier  al  piano  della  Maddalena  ;  e  5"  i 
prati  della  G  oretta  nel  vallone  di  Pourriac.  Per  tutto  il  resto  della  loro  estensione  cono- 
sciuta ed  indicata,  i  banchi  si  mostrano  ancor  fossiliferi  e  soltanto  le  condizioni  di  con- 
servazione meii  favorevole  impediscono  di  estranie  e  studiarne  gli  organismi. 

E  poiché  ho  ricordate  le  condizioni  di  conservazione,  non  sarà  fuor  di  proposito  che 
io  le  accenni.  Gli  organismi  che  rimasero  racchiusi  in  questo  calcare,  hanno,  come  per  lo 
più  avviene  in  tal  caso,  perduta  la  loro  intima  struttura  e  fu  la  sostanza  lor  propria  sosti- 
tuita da  calcare  spatico  quasi  altrettanto  ricco  in  particelle  carboniose  quanto  il  materiale 
avviluppante.  A  cagione  di  ciò  nella  roccia  esposta  agli  agenti  atmosferici  e  per  conse- 
guenza un  poco  alterata  e  di  tinta  più  cliiara,  molto  di  rado  avviene  il  poter  scorgere  se 
un  frammento  di  roccia  contenga  fossili  o  no.  Egli  è  cercando  il  mio  materiale  in  tempo  di 
pioggia,  allorché  i  calcari  assumevano  una  bella  tinta  nera,  che  io  riuscivo  a  trovar  qualche 
cosa,  spiccando  i  fossili  per  tinta  alcunché  più  chiara  sul  fondo  scuro  che  li  attorniava. 
Sezioni  microscopiche  e  macroscopiche  praticate  attravei-so  a  più  frammenti,  quantunque 
non  presentanti  allo  estemo  traccie  di  fossili,  mi  diedero  poi  un'idea  della  straordinaria 
quantità  di  organismi  che  vissero  in  quella  località  e  che  colle  loro  spoglie  contribuirono 
precipuamente  o  quasi  esclusivamente  alla  fondazione  di  questo  banco. 

I  fossili  più  grandi,  si  trovano  impastati  nella  massa  calcarea,  donde  è  difficilissimo 
l'estrarli ,  in  frammenti  più  o  men  numerosi ,  e  divisi  sovente  in  più  parti  da  fessure 
riempite  di  spato;  né  in  istato  men  frammentario  si  ritrovano  i  fossili  più  piccini;  in  alcuni 
pochi  e  rari  casi  solamente  succede  che  l'alterazione  atmosferica  corroda  la  roccia  rispet- 
tando fino  ad  un  certo  punto  i  fossili  contenuti;  questi  in  tal  caso  sporgono  per  un 
tratto  fuor  della  roccia  e  possono  allora  mostrare  o  no  la  loro  superficie  esterna.  Solo  in 
questi  casi,  come  ben  si  comprende,  venne  fatto  di  poter  spingere  la  determinazione  fino 
alla  specie  ;  quasi  sempre  le  determinazioni  portate  innanzi  col  solo  mezzo  delle  sezioni 
(quando  possibile ,  praticate  secondo  una  o  più  direzioni  date ,  ma  il  più  delle  volto  for- 
tuite) non  arrivavano  che  alla  distinzione  del  genere  e  questo  ancora  con  una  non  esigua 
dose  di  incertezza  ;  ma  di  queste  farò  special  menzione  nel  corso  del  mio  lavoro  parlando 


PER    ALESSANDRO    POKTIS  27 

delle  singole  famiglie  e  dei  singoli  generi  sulla  determinazione  dei  quali  esistono  a  mio 
credere  maggiori  dubbi. 

Eicorderò  ancora  come  l'esistenza  di  fossili  nel  banco  calcareo  di  Argenterà  sia  cosa 
già  da  lungo  tempo  nota ,  avendone  già  fatta  menzione  i  principali  fra  quelli  che  si  occu- 
parono della  geologia  delle  nostre  Alpi,  ma  che  appunto  il  cattivo  stato  di  lor  conserva- 
zione abbia  fino  ad  ora  impedito  di  trarne  le  conseguenze  desiderabili.  Spero  con  questa 
mia  nota,  quantunque  incompleta,  poter  contribuire  positivamente  alla  classificazione  del 
banco  in  questione,  e  passo  quindi  alla  descrizione  dei  singoli  fossili. 


VERTEBRATI 

PESCI 

Per  lungo  tempo  ho  invano  cercato  un  qualunque  rappresentante  di  questa  classe, 
solo,  dopo  aver  finito  tutto  quanto  lo  spoglio  del  materiale  raccolto  per  due  anni,  mi 
trovai  ricco  di  due  avanzi  ben  poco  meritevoli  per  sé,  ma  accolti  con  gioia  perchè  mi 
servivano,  l'uno  principalmente,  a  constatare  una  classe  della  quale  non  mi  avrei  potuto 
spiegar  la  mancanza  frammezzo  ad  una  si  copiosa  fauna. 

Genere  Strophodus. 

Questo  pesce  si  è  rivelato  per  uno  de'  suoi  denti  ben  caratteristici  e  facilmente 
riconoscibili.  Il  dente  sgraziatamente  incompleto  appartiene  alla  serie  principale  della  gola 
dell'animale,  misura  nim.  11  di  larghezza  per  mm.  30  di  lunghezza  e  mm.  10  di  massimo 
spessore.  Ha  la  forma  solita  di  parallelei>ipedo  a  base  rettangola  ed  a  superficie  superiore 
subcilindrica.  Sulla  superficie  masticante  stessa  si  osservano  colla  lente  le  rugosità  che 
la  caratterizzano,  ma  minutissime  ;  e  nella  superficie  di  frattura  sono  visibili  i  prismi  dello 
smalto.  Il  dente  è  del  resto  quasi  tutto  impastato  nella  roccia  dalla  .quale  è  impossibile 
estrarnelo. 

Col  rinvenimento  di  questo  dento  ho  pertanto  confermata  l'induzione  della  possibile 
presenza  di  Cestraciontidi  fra  mezzo  ad  una  fauna  ricchissima  di  ct)ralli  e  di  altri  animali 
inferiori  a  scheletro  calcareo. 

Il  genere  Strophodus  conosciuto  fossile  dai  ten-eni  triassici  a  tutti  i  terreni  cretacei 
presenta  un  relativamente  gi-ande  sviluppo  nei  ten-eni  giurassici  specialmente,  nei  superiori. 
Nel  calcare  a  Terebratula  Diphya  di  Trento  lo  Zittel  cita  di  questo  genere  lo  S.  Tri- 
dentinus  Zitt.  fonna  gigantesca,  i  cui  denti  possedono  fino  a  51"""  di  lunghezza  per  24 
di  larghezza,  (Vedi  Zittel  Faune  der  Aeltere  cephalopodenfiihrenden  Tiihonhiìdungen 
in  Supplement  zur  Falaeontographica,  Cassel  1870, pag.  24,  Tav.  l,fig.  2).  Nel  calcare 
a  Teiebratula  janitor  di  Favara  ne  cita  il  Gemmellaro  due  specie  ;  l'una  :  lo  S.  subre- 
ticulatus  Ag.,  l'altra:  lo  S.  nebrodensis  Gemm.  (G.  G.  Gemmellaro,  Studi  paìconto- 
logici  sulla  fauna  del  calcare  a  Terebrattila  janitor  del  Nord  di  Sicilia,  parte  1*, 
fase.  1°,  pag.  9-10,  Tav.  1,  fig.  3.5-5G).  Lemenc  invece  non  ne  ha  ancor  fornito,  benché 
non  vi  manchino  le  reliquie  di  altri  pesci  di  generi  affini.  Il  dente  di  Strophodus  delle 
Gl'angle,  allontanandosi  di  molto  dalla  specie  tii'olese.  presenta  la  massima  analogia  con 


28  SUI    TEKKENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

quelli  dati  dal  Gemmellaro  sotto  il  nome  di  S.  subreticulatus  tanto  nella  fonna ,  che 
nell'onianientazione  della  superficie  triturante,  che  nelle  dimensioni,  specialmente  con 
quelli  rappresentati,  fig.  3G-37-38,  per  modo  che  sarei  inclinato  a  considerarlo  come 
appartenente  a  questa  specie. 

Dietro  un  esemplare  frammentario  appartenente  ancora  alla  serie  principale,  usato 
dalla  masticazione  e  riconosciuto  posteriormente,  sarei  autorizzato  ad  ammettere  nel  calcare 
di  Argenterà  la  presenza  ancora  della  seconda  specie  siciliana  :  lo  S.  nebrodensis,  essendo 
il  dente  in  questione  molto  più  appiattito  e  sottile  del  precedente,  e  differendone  pui-e, 
per  quanto  si  possa  riconoscere,  nel  non  parallelismo  dei  maggiori  lati  cosi  da  accostarsi 
molto  agli  esemplari  rappresentati  a  Tav.  1,  fig.  48-55  dal  Gemmellaro. 

Cololiti. 

La  seconda  traccia  che  attribuii  a  pesci  è  ben  più  dubbiosa  e  meno  importante 
della  precedente,  essa  consiste  in  un  mucchietto  di  escrementi  (o  di  contenuto  di  inte- 
stina), quali  compaiono  in  molti  terreni  e  specialmente  negli  schisti  litografici  di  So- 
lenhofen  e  che  vengono  tutti  assieme  compresi  nel  nome  generico  di  cololiti.  Essi  ricoprono 
una  superficie  di  un  centimetro  quadrato  circa  e  sono  tutti  a  frammenti  ricurvi  da  2  a 
3"°  di  lunghezza  e  sottilissimi.  Li  ho  arbitrariamente  considerati  come  escrementi  di 
pesce,  niente  impedisce  però  che  possano  anche  provenù-e  da  crostacei,  dei  quali  pure 
abbiamo  d'altronde  trovati  avanzi. 

Crostacei. 

Dempodi  Anomuri. 
?  Gen.  Prosopon  H.  v.  Meyer  (1)  an  BoUna  Et. 

Nella  campagna  del  1880  mi  venne  fatto  di  riscontrare  nella  località  delle  Grangie 
un  avanzo  di  crostaceo  consistente  in  una  chela  molto  ben  distinguibile  come  tale,  ma  tanto 
più  difficile  ad  esaminarsi  in  quanto  che  essa  e  quasi  per  intero  racchiusa  nella  roccia,  dalla 
quale  non  è  possibile  estrarla  senza  correr  grave  rischio  di  perderla.  La  piccola  porzione 
che  ne  appare  e  che  ho  potuto  per  un  certo  tratto  ingrandh-e,  mostra  distintamente 
l'articolazione  del  dito  mobile  e  la  quasi  totale  lunghezza  del  medesimo  (12°""),  nonché 
l'indice  fisso  e  porzione  della  parte  allargata  della  chela.  Le  due  dita  che  non  sono 
visibili  che  di  fianco,  paiono  leggermente  cui-vate  Luna  verso  le  altre,  massime  il  fisso 
dove  la  curvatura  si  osserva  oltreché  sulla  superficie  opponibile ,  anche  sulla  esterna . 
Tutta  la  porzione  visibile  della  chela  é  uniformemente  ricoperta  da  fittissima  e  minuta 
granulatura,  la  quale  si  va  facendo  ognor  più  minuta  a  misura  che  ci  accostiamo  alla 
estremità  delle  dita:  finalmente  sul  dito  mobile  sono  osservabili  ad  1  e  a  2  terzi 
della  totale  lunghezza  del  dito  due  forellini,  i  (inali  attravei-sano  il  guscio  calcareo 
ed  hanno  un  diametro  di  '/j  di  millimetro. 


(t)  Vedi  oltre  agli  altri  lavori  anteriori  e  posteriori  dello  stesso  autore:  H  V.  Meyer:  Die  Pro- 
soponiden  oderdie  l'amilie  der  Masìunìirebsg  in  Paìaeontograjjhica ,  Vi'1.7,  pag  183,  1861.  —  Vedi  inoltre: 
A.Rkuss,  Xur  henntniss  fossiler  Krabben.  Dcnlischrf.  d.  k.  Àhad.  d.  "Wiss.  3u  Wi<;n,  Voi.  17,  1859,  p.  1 
e  seg.,  Tav.  24. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  29 

La  relativa  cortezza  e  robustezza  di  questa  chela,  nonché  il  modo  di  sua  orna- 
mentazione porterebbero  a  credere  che  essa  appartenne  ad  un  crostaceo  brachiuro  od 
anomuro.  È  noto  però  quanto  la  prima  di  queste  due  classi  sia  scai'samente  rappre- 
sentata nei  terreni  secondarii  essendone  incerti  gli  avanzi  in  terreni  anteriori  alla  creta , 
mentre  la  seconda  si  è  già,  con  relativamente  abbondanti  avanzi,  manifestata  in  più 
depositi  fossiliferi  dell'epoca  giurassica  dimostrando  come  a  quell'epoca  essa  già  pos- 
sedesse un'abbastanza  vasta  distribuzione  geografica.  Molti  dei  rappresentanti  giuras- 
sici di  questa  classe  (specialmente  di  giacimenti  della  Germania  e  dell'Austria)  vennero 
riferiti  al  genere  Prosopon  H.  V.  Meyer  od  a'  suoi  sottogeneri,  le  cui  specie  però  non 
sono  finora  conosciute  che  pel  loro  cefalotorace,  poche  essendo  le  altre  parti  di  organismo 
state  finora  .trovate  (particolaraiente  chele  e  qualche  traccia  di  anelli  addominali)  e  queste 
sempre  isolato  per  modo  da  non  poterle  con  sicurezza  accostare  ad  alcuna  specie.  Alcuni 
altri  rappresentanti  di  crostacei  giurassico-superiori  (particolarmente  di  località  francesi), 
vennero  riferiti  al  genere  Bolina  dallo  Etallon  (  1  ) ,  e  di  queste  conosconsi  esemplari  più 
completi  e  parti  diverse  riferibili  ad  un  medesimo  individuo.  Ora  io  mi  accontenterò  di 
far  notare  come  l'ornamentazione  osservabile  sul  fossile  di  Argenterà  ricordi  tanto  quella 
che  si  riscontra  sul  cefalotorace  di  alcune  specie  siciliane  del  genere  Prosopon  (Pr.  Etallon 
Gemm.  e  Pr.  Keussi  Gemm.  (2),  come  quella  che  è  visibile  sulle  chele  dei  calcari  a  Pro- 
sopon di  Oerlingen  (3) ,  ma  che  la  forma  generale  del  pezzo  consei-vato  molto  più  si 
accosti  a  quella  della  Bolina  Girodi  Et.  (loc.  cit.,  pag.  168,  Tav.  4.  fig.  9),  colla  quale 
concorda  pure  nel  sistema  di  ornamentazione,  nelle  proporzionali  dijnensioni  e  nella  di- 
sposizione delle  singole  parti ,  per  modo  che  io  sarei  molto  più  inclinato  a  riferire  a 
(questo  secondo  genere  il  crostaceo  fossile  che  ci  lasciò  in  Argenterà  questa  unica  traccia. 
Abbiamo  esempi  di  prosoponidi  nei  principali  giacimenti  giurassico-superiori  collocati 
esternamente  ai  piedi  delle  Alpi,  no  abbiamo  nella  estremità  N.  0.  della  Francia,  no  ab- 
biamo nell'Hannover  ed  in  Sicilia.  11  genere  Bolina  discende  fin  nel  giura  bruno-inferiore, 
ha  però  maggiore  sviluppo  nel  giura-bianco  ed  è  limitato  a  minor  numero  di  giacimenti  ; 
abbia  per  conseguenza  l'individuo  nostro  appartenuto  all'uno  od  all'altro  di  questi  generi, 
cosa  che  con  una  sola  chela  è  difficile  di  definire ,  noi  abbiamo  un  indizio  di  più  per  rife- 
rire il  terreno  in  cui  venne  trovato  a  periodi  posteriori  almeno  al  lias  e  anteriori  almeno 
ai  primi  strati  crostacei  formatisi. 

CEFALOPOBI 

Ordine  dei  Dibranchiatl 
Genkki  Belemnites  e  Loligo. 

La  numerosa  famiglia  dei  beleinnitidi  non  fu  finora  rappresentata  nel  calcare  di 
Argenterà  che  da  povere  traccie  e  da  insignificanti  frammenti  di  belemnite.  La  natura 
del  mare  locale  poco  profondo  e  limpido  non  era  invero  consentanea  alla  vita  di  (luesta 


(1)  Etallon,  Description  des  Cruslacc'es  fossiles  de  la  Haute  Savoie  et  du  Haut-Jura.  Bull.  Soc.  géol. 
d.France,  Voi.  16,  Sér. 2»  l^5.',  pag  1(J0  et  suiv. 

(2)  Gemmbllaro,  Sludi  Paleont.  s.  cale,  a  T.  janitor  d.  N.  d.  Sicilia,  Parte  )",  pag.  12-14,  Tav.  2, 
fig. 50-54. 

(3)  Quenstedt.  Ver  Jura,  pag  779. 


30  Sn    TERRENI    STRATIFICATI    PI    ARGENTERÀ 

famiglia  di  animali.  Dobbiamo  pertanto  accontentarci  di  segnalare  il  poco  stato  trovato 
durante  la  campagna  del  1880  e  cbe  si  riduce:  1°  ad  un  frammento  di  beleranite  che  vidi 
in  posto  nel  calcare  del  vallone  di  Roburent,  ma  che  si  trovava  cotanto  guasto  da  non 
esser  quasi  più  riconoscibile,  ed  oltracciò  in  posizione  tale  da  non  essere  stato  possibile 
l'estrarnelo  e  il  trasportarlo  meco:  e  2°  ad  una  impronta  della  quale  sarà  necessario  far 
breve  cenno. 

Sulla  scoperta  superficie  di  uno  strato  del  calcare  nero  delle  Grangie.  il  mio  cugino 
Cav.  Carletti,  che  prendendo  diletto  gi-andissimo  agli  studi  paleontologici  era  venuto 
meco  a  rifrugare  la  località,  trovava  una  impronta  lanciforme  della  lunghezza  di  mm.  100 
per  24  di  massima  larghezza.  Questa  impronta ,  che  a  prima  vista  pareva  essere  stata 
lasciata  da  una  bolemnite  lanciforme  che  vi  fosse  stata  primitivamente  adagiata  e  poi 
distrutta,  apparve  in  seguito  dovere  invece  la  sua  origine  ad  un  ossicino  interno  di  un 
cefalopodo  vicinissimo  per  organizzazione,  più  che  a  tutti  i  loliginidi  giurassici,  al  genere 
Loligo  vivente. 

L'impronta,  le  cui  dimensioni  abbiamo  date,  è  rotta  alla  sua  parte  anteriore,  della 
quale  si  può  dall'analogia  indurre  non  manchi  che  brevissima  parte.  La  forma  è.  lo  di- 
cemmo pure,  astata:  da  una  estremità  posteriore  aiTotondata  e  di  G"™  di  larghezza,  i  bordi 
esterni  divaricano  comprendendo  un  angolo  di  30"  fino  a  SS"™  dalla  estremità  stessa,  dove 
il  fossile  assume  la  massima  sua  larghezza  di  24°"";  di  l'i,  abbracciando  un  angolo  uguale 
alla  metà  del  precedente,  tornano  i  due  margini  del  fossile  a  convergere  sino  alla  distanza 
di  85"°  dall'estremità  posteriore  .  punto  in  cui  la  larghezza  del  fossile  non  supera  i  IS""", 
i  margini  tornano  di  qui  ad  allontanarsi  con  un  angolo  più  aperto  fino  al  punto  di  rot- 
tura del  fossile  ove  esso  misura  1 7"""  di  larghezza.  Nella  parte  sua  posteriore  il  margine 
destro  presenta  lievissime  traccie  di  strie  di  accrescimento  non  discernibili  che  colla  lente 
ed  un'attenzione  gi-andissima,  e  non  vi  è  osservabile  alcuna  stria  d'altro  sistema:  la  parte 
media  longitudinale  del  fossile  è  come  rigonfiata  di  più  verso  la  linea  mediana,  meno  verso 
i  margini,  il  che  ci  dimostra  che  l'impronta  si  modella  sulla  superficie  interna  o  ventrale 
dell'  ossicino  di  cefalopodo,  e  che  questa  superficie  relativamente  piana  secondo  la  sezione 
longitudinale  era  invece  leggermente  curva  secondo  la  trasversale  e  che  sulla  linea  me- 
diana, a  giudicarne  dalle  esigue  traccie  lasciate,  non  vi  dovea  esistere  che  una  costa  ben 
poco  svilujipata. 

Finalmente  per  compiere  la  descrizione  di  questo  fossile  dirò,  come  a  partire  da 
45"""  dall'estremità  posteriore,  si  osservi  presso  la  linea  mediana,  ma  più  verso  sinistra 
una  specie  di  grossa  protuberanza  piano-convessa  a  contorni  irregolarmente  elittici  delle 
dimensioni  massime  di  IS"""  secondo  la  linea  mediana,  e  di  T""  secondo  la  trasversale. 
Quantunque  la  roccia  che  forma  questo  tubercolo  non  si  presenti  per  nulla  differente  dalla 
circostante,  jinr  tuttavia  la  fonua,  dimensione  e  jiosizione  sua  mi  porterebbero  a  credere 
di  aver  dinanzi  il  riempimento  della  boi-sa  ad  inchiostro ,  la  quale  abbia  tanto  lungo 
tempo  resistito  da  obbligare  la  roccia  in  via  di  formazione  a  modellarsi  pure  su  di  se 
stessa. 

La  mancanza  di  un  fiagmocono  e  di  un  rostro,  e  la  forma  generale  dell'osso,  ci 
portano  ad  escludere  le  famiglie  delle  Belemnitiili  e  delle  Teutidi  e  a  collocare  il  fossile  in 
questione  nella  famiglia  dei  Loliginidi,  che  è  d'altronde  già  rappresentata  nel  lias  superiore 
col  genere  Loligo  stesso  e  nel  giura  superiore  col  genere  Leptoteuthis.  Fra  i  diversi  generi 


PER    ALESSANDRO    POETIS  31 

della  famiglia  la  forma  della  conchiglia  fossile  mi  porterebbe  a  scegliere  di  preferenza  il 
genere  Loligo,  il  quale  verrebbe  così,  con  una  specie  di  Argenterà,  ad  acquistare  un  rap- 
presentante anche  nel  terreno  giurassico  superiore. 

Ordine  dei   Tctralranchiati. 

Genere  Ammonites. 

N.    1   Ammonites  cf.   miitahilis  Sow. 

La  cagione  che  impedi  la  vita  dei  Belemnitidi  ad  Argenterà  valse  pure  per  le  Ammo- 
nitidi.  Fino  ad  ora  non  ho  potuto  trovare  che  quattro  imperfettissime  impronte  di  Ammo- 
nite, 0  meglio  quattro  piccoli  frammenti  di  impronta.  Di  questi  0  più  preciso,  quantunque 
piccolissimo,  è  perfettamente  riconoscibile  presentare  l'impronta  di  parte  di  un  anfratto  ; 
non  vi  si  scorge  che  porzione  di  un  lato  e  del  bordo  sifonale.  Tutti  i  caratteri  necessari 
alla  classificazione  di  un'Ammonite  qui  mancano,  e  io  non  sono  ridotto  che  al  solo  criterio 
dell'ornamentazione  esterna  della  conchiglia,  consistente,  per  Tesemplare  che  ho  dinanzi, 
in  costoline  alquanto  flessuose  ripiegantisi  alquanto  sul  bordo  sifonale.  Se  esse  poi  conti- 
nuino per  tutto  il  bordo  sifonale,  senza  interruzione  o  no,  se  esse  variino  accostandosi 
all'ombellico,  non  mi  è  dato  saperlo  mancandomi  le  parti  corrispondenti  dello  anfratto: 
contuttociò,  avuto  riguardo  alla  regolarità  e  direzione  di  queste  costoline  ed  alla  forma 
del  bordo  sifonale  che  indica  una  concliiglia  compressa  ma  non  carenata,  bensì  con  bordo 
sifonale  rotondo  ,  e  ad  anfratti  ,  il  cui  maggiore  spessore  è  presso  al  bordo  ombilicale , 
panni,  non  andar  molto  errato  accostando  la  conchiglia  che  lasciò  questa  impronta  ali 'Am- 
monites mutabilis  Sow.  (1). 

Per  ciò  che  si  riferisce  all'ornamentazione  esteriore,  questa  specie,  allorché  si  incontra 
in  esemplari  intieri,  oltre  all'esser  compressa,  non  carenata  e  a  dorso  (bordo  sifonale) 
tondeggiante,  presenta  ancora  sui  lati  dogli  anfratti  e  presso  il  bordo  ombilicale  coste 
poco  numerose  (16  a  18),  sporgenti  e  corte,  le  quali,  cessando  quasi  subito,  son  sostituite 
per  più  della  metà  del  lato  dell'anfratto  da  piccole  coste  flessuose  (0  per  ognuna  delle 
coste  primitive),  le  quali  si  estendono  fino  ai  fianchi  del  dorso  dove  esse  s'interrompono 
totalmente  lasciando  un  solco  liscio  sulla  linea  mediana,  lascio  da  parte  i  caratteri  tratti 
dalla  bocca  e  dall'ombellico,  come  quelli  non  aventi  importanza  di  sorta  nel  caso  mio 
particolare. 

La  specie  in  questione  caratterizza  in  Francia  il  terreno  Kimmeridgiano  .  come 
pure  in  Inghilten-a,  mentre  nella  Germania  meridionale  caratterizzerebbe  il  giura  bianco 
medio  [Wcisser  y  Quenst.),  in  nessuna  però  delle  località  ove  incontrasi  questa  specie  essa 
discende  al  di  sotto  del  Coralliano  quantunque  la  sua  vera  posizione  sia  per  la  maggior 
parte  dei  casi  più  in  su  nel  Kimmeridgiano.  Un'altra  specie  poi  di  Ammoniti,  la  quale  pre- 
senta nell'ornamentazione  gi-andissima  analogia  con  quella  di  Argenterà  che  presentemente 
ci  occupa,  si  è  l'Ammonites  Gazolae  Cat.  del  Veronese,  rinvenuta  nella  calcarea  rosso- 
ammonitica  che  colà  rappresenta  il  giura  superiore  (2). 


(t)  SowERBT,  Minerai  Conchology,  Voi.  4,  pag.  145,  Tav.  405  —  Orbigny  Pai.  Fr.  Terr.  Jur., 
V.  l,p  55-2,  Tav.  214  -    Quenstedt.  Jiira,  pag.621,  Tav.  77,  fig.2. 

(2)  Vedi  Catullo,  Prodromo  di  geognosia  paleozoica  delle  Alpi  Venete.  Modena,  1847,  p.  136, 
Tav.  11,  %.  5. 


32  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

N.   2  Ammonites  sp.   ind. 

Un  secondo  frammento  di  ammonite  trovato  ad  Argenterà  non  mostra  che  un  fram- 
mento di  bordo  sifonale  lungo  al  più  un  1 7  mm.  e  largo  1 0  ;  in  questo  non  distinguo  che 
una  serie  di  costoline  le  quali  attraversano  il  bordo  aiTotondato  stesso  senza  interrompersi 
o  variare  in  alcun  modo  ;  di  ogni  altro  carattere  non  vi  ha  traccia  di  sorta  :  il  frammento 
li  ha  tutti  perduti.  Su  dati  cosi  meschini  è  impossibile  lo  stabilire  un  ravvicinamento  a 
qualcuna  delle  specie  conosciute  ;  rammenterò  solo  che  la  stessa  forma  di  bordo  sifonale , 
congiunta  allo  stesso  metodo  di  ornamentazione  trovo  più  specialmente  neirAmmonites 
eupalus,  Orb.  {Pai.  Fr.  Terr.  Jurass. ,  Voi.  1,  p.  555,  Tav.  217)  che  in  Francia 
riscontrasi  nel  ten'eno  Kimmeridgiano  ,  nell' Ammonites  (Stephanoceras)  Cannizzaroi  , 
Gemmell.  Studi  geoì.  sulla  fauna  a  Terebratuìa  janitor  del  Nord  di  Sicilia,  Parte  1\ 
pag.  45,  Tav.  9,  fig.  9-11  e  neWAtiiììionites  (Feri  spimi  ci  es)  sp.  ind.  dello  stesso  autore 
(pag.  44  e  Tav.  (ì,  fig.  5-G)  ambedue  queste  ultime  ammoniti  appartengono  al  ten-eno 
Titonico  od  al  Kimmeridgiano,  ed  io  quantunque  labbia  riferito  dapprima  all'Ammonites 
(Perisphinctes)  eupalus,  sarei  tuttavia  imbarazzato  nel  definire  se  l'esemplare  che  sta  in 
mia  mano  si  accosti  piuttosto  a  questa  che  a  quella  delle  tre  specie  nominate,  non  po- 
tendo nemmen  scorgere  i  limiti  del  bordo  sifonale  e  dovendomi  per  conseguenza  acconten- 
tare della  parte  mediana  del  medesimo. 

Noi  troviamo  ancora  nella  calcarea  rosso-ammonitica  delle  Alpi  venete  una  Ammonite 
che  ricorda  molto  il  presente  frammento,  ed  è  l'Ammonites  contiguus  Cat.  (Vedi  Catullo, 
seconda  Appendice  alla  precedente  memoria,  Luglio  1847,  pag.  12,  Tav.  13,  fig.  4). 

N.   3  Ammonites  {Oppelia)  Lithograj)Mca  Opp  (1). 

L'unico  cattivo  avanzo  di  questa  specie  fu,  come  quello  della  seguente,  raccolto  du- 
rante la  campagna  del  1880.  Esso  consiste  in  un  frammento  di  roccia  che  rinvenni  isolato 
fra  i  detriti  e  che  non  presenta  altro  di  visibile  che  una  porzione  lunga  un  sei  centimetri 
del  bordo  sifonale  di  una  Ammonite.  Impossibile  la  minima  osservazione  dei  fianchi  o  di 
altra  parte  di  conchiglia.  Sul  bordo  sifonale  sono  osservabili  nettamento  due  file  longitu- 
dinali di  piccoli  tubercoletti  separati  fra  loro  da  distanza  eguale  alla  lunghezza  dei  tubercoli 
stessi.  Di  queste  due  file,  luna  più  rilevata  è  la  mediana,  Tal  tra  un  po'  )iiù  depressa  è  una 
delle  laterali  :  simmetrica  a  questa  si  scopre  dall'altra  parte  della  mediana  una  terza  fila 
di  nodi,  quest'ultima  però  interrotta  da  successive  rotture  non  è  a  prima  vista  ben  discer- 
nibile, e  solo  l'attenta  osservazione  la  fa  scoprire. 

Il  modo  di  ornamentazione  di  questa  Ammonite  ci  ricorda  più  che  tante  altre  l'Oppelia 
lithographica  Opp.,  la  quale  però  parmi  abbia  i  tubercoli  che  compongon  le  tre  carene  ad 
una  relativamente  maggior  distanza  fra  loro,  questo  però  in  ben  piccola  projiorzione. 

Ravvicino  questa  terza  specie  di  Ammoniti  di  Argenterà  alla  specie  or  nominata,  ba- 
sandomi sull'unico  carattere  osservabile  (lo  spessore  d(-l  bordo  sifonale  e  la  sua  curvatui-a 
corrispondendo  essi  pure)  non  stupirei  però  che  individui  meglio  conservati  e  presentanti 
maggior  facilitil  di  determinazione,  abbiano  in  tempo  awenii-e  ad  esser  liferiti  a  specie 
anche  lontanissime  da  quella  cui  io  la  accostai. 

(1)  Vedi  ZiTTEL,  Fauna  d.  Aelt.  Cephalopodenfuer.  TUhonb.ìSlO,  p.69,  T.  4,  f.  31. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  33 

N.   4  Ammonites  {Perispliinctes)  Aìhertinus   Catullo  (1). 

L'ultimo,  ed  altrettanto  che  gli  altri  incompleto  esemplare  di  Ammoniti,  consiste  in  un 
frammento  d'impronta  (colla  sua  contrimpronta)  che  ho  scoperto  nello  spaccare  un  fram- 
mento di  roccia  da  cui  volevo  liberare  un  calice  di  corallo.  Il  frammento  ha  una  lunghezza 
di  2  '/^  cm.  e  presenta  piccola  porzione  di  un  fianco  della  conchiglia  ornato  di  alcune 
coste,  le  quali  non  si  può  nemmen  ben  accertare  se  si  sdoppino  verso  il  bordo  sifonale^ 
quantunque  ciò  paia  molto  probabile,  né  pure  puossi  ben  verificare  come  terminino  verso 
la  sutui'a. 

La  piccola  porzione  conservata  non  presentando  sufficienti  caratteri  atti  alla  determi- 
nazione, ho  pur  qui  dovuto  accontentarmi  di  riferirlo  con  tutte  le  possibili  riserve  ad  una 
specie  con  cui  ha  grossolanamente  comune  l'abito  esterno  che  è  l'Ammonites  (Perisphin- 
ctes)  Albertinus  Catullo,  già  riscontrata  nei  terreni  giurassici  superiori  delle  Alpi  lombarde 
e  che  potrebbe  benissimo  venir  riscontrata  in  terreni  isocroni  delle  Alpi  marittime. 

MOLLUSCHI  GASTEROPODI 

Ordine  dei  Prosobranchii. 

Genere  Nerinaea. 

Le  numerose  sezioni  praticate  in  diversi  frammenti  di  calcare  mi  hanno  portato  a 
scoprire  in  esso  questo  genere  di  gasteropodi  eminentemente  caratteristico  pei  terreni 
secondarii.  Le  conchiglie  di  questo  genere  sono  relativamente  frequenti  nel  calcare  di 
Argenterà  e  si  lasciarono  finora  dietro  il  solo  carattere  delle  pieghe  boccali  dividere  in 
4  specie: 

N.    1   Nerinaea  Bruntrutana  Thurm.   (2). 

Un  frammento  della  lunghezza  di  30""°  appartenente  alla  sommità  della  conchiglia 
e  mostrante  per  sezione  naturale  l'interno  dei  due  suoi  più  grossi  anfratti  fu  da  me  ripor- 
tato alla  N.  Bruntrutana:  5  pieghe  boccali  di  cui  3  columellari  e  2  labraU  sono  visibili 
in  questo  frammento  ;  è  pur  facile  colla  lente  il  vedere  come  la  piega  columellare  supe- 
riore e  la  inferiore  siano  per  lo  meno  bifide,  probabilmente  anche  la  media,  ma  in  grado 
minore,  così  pure  è  decisamente  bifida,  per  lo  meno,  la  piega  superiore  labrale,  semplice 
la  inferiore.  Per  queste  condizioni  si  avvicina  alla  specie  or  nominata,  come  vi  si  accosta 
pure  per  la  grossezza  della  columella  che  mostra  una  certa  tendenza  a  divenir  ombilicata 
verso  la  parte  sua  anteriore.  Dell'angolo  d'apertura  della  conchiglia  non  posso  dir  gran 
cosa,  stante  le  deformazioni  sopravvenute  posteriormente  per  la  spatizzazione,  parmi  però 


(1)  ZiTTEL,  Fauna  d.Aelt.  Tithonhild JSIO  p.  104,  T.  10,  f.  1. 

(2)  Thurmann,  i/(!(/!a«n  6run<>-u(onf7,  pag.  94,  Tav.7,  fig.39. —  D'Orbigny,  Pa^  Franf.  Terr.  Jurass., 
Voi.  2,  pag.  154,  Tav.  283,  fig.  4-5. —  Vedi  anche  perla  Nerinaea  subbruntrutana:  D'Archiac,  Descrip. 
Géolog.du  dèpart.de  l'Aisne,  Mem.Soc.Geol.de  France,  Voi.  5,  pag.  382  (del  volume),  Tav.  30,  fig.  11*. 
—  D'Orbigny,  Pai. Frane.,  Voi.?,  pag.Qt,  Tav. 254,  fig.  12.—  Per  la  N.  carpatica  Zeuschn.  Thurman 
et  Etallon,  Lcthaea  bruntrutana  ,  pag.  95,  Tav.  7,  fig.  4U.  —  Per  la  N.  pseudo-bruiitrutana  Gemm., 
Ge.mmellaro,  Studi  pahiontologici  sulla  fauna  del  calcare  a  Terebratula  janitor  del  nord  di  Sicilia, 
Parte  2,  pag.  1 2.  Tav.  2  bis,  fig.  6-7.  —  Zittel,  die  Gasteropoden  der  Stramberger  Schichlen,  in  Paleontolo- 
gische  Mitlheilungen  pag.  351,  Tav.  41,  fig.  23->5.  1873. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  D  * 


34  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

che  in  generale  non  vi  sia  molta  differenza  da  quello  della  specie  di  Porrentray.  Così  pure 
non  ho  potuto  vedere  in  alcun  frammento  la  superficie  estema  e  studiarne  per  conseguenza 
romamentazione  ;  però  dalla  sezione  normale  longitudinale  che  tengo  innanzi  parmi  aver 
potuto  rilevare  che  ogni  anfratto  sia  provvisto  inferiormente  di  un  forte  bordo,  mentre  i 
suoi  due  terzi  anteriori  sarebbero  scavati  ed,  aggiungerei,  lisci.  In  tutti  questi  caratteri 
concorderebbe  completamente  colla  N.  bruntrutana  (1).  mentre  fra  le  due  specie  che  più 
si  assomigliano  a  quest'ultima,  la  V  o  N.  subbruntrutana  D'Orb.  concordando  per  la 
disposizione  delle  pieghe  boccali,  si  distacca  dalla  Nerinea  di  Argenterà  pella  mancanza 
del  bordo  inferiore  ad  ogni  anfratto  ,  e  la  2"  o  N.  Carpathica  Zeusch.  (2)  avrebbe  un 
angolo  d'apertura  maggiore  ed  anfratti  più  corti. 

Oltre  all'esemplare  in  questione  tengo,  provenienti  dalla  medesima  località,  altri  4  o 
5  frammenti  di  minor  importanza,  che  dopo  aver  sezionati  in  direzioni  diverse  ho  riferito 
alla  presente  specie. 

La  N.  bruntrutana  si  riscontra  in  Francia  e  Svizzera  colla  N.  carpathica  nel  terreno 
Giurassico  superiore  e  specialmente  nel  Kimmeridgiano,  mentre  la  N.  subbruntrutana  D'Orb. 
si  riscontra  in  Francia  presso  alla  sommità  del  terreno  Giurassico  medio  (Dogger  dei 
Tedeschi). 

N.  2   Nerinaea  n.  sp. 

Due  sezioni  longitudinali,  l'una  naturale,  l'altra  da  me  praticata,  mostraronmi  carat- 
teri tali  da  doverle  separare  dalla  specie  precedente  e  considerarle  come  una  2*.  Nessuna 
delle  due  sezioni  mostra  l'estremità  o  la  bocca  della  conchiglia,  ma  entrambe  ne  appar- 
tengono agli  anfratti  mediani  ;  esse  appartengono  ad  una  Nerinea  di  forma  pressoché  cilin- 
drica, avendo  un  angolo  d'apertura  piccolissimo.  La  forma  e  le  dimensioni  esterne  della 
conchiglia  la  avvicinerebbero  assai  alla  Nerinaea  implicata  D'Orb.  (3)  o  anche  alla  N.  ba- 
cillus  D'Orb.  (4),  differisce  però  da  entrambe  per  aver  la  columella  perforata  in  tutta  la 
sua  lunghezza  da  un  ombellico,  che  in  uno  dei  frammenti  che  ho  dinanzi,  assume  fino  a 
5°"°  di  diametro  su  12"""  dell'intiero  diametro  della  conchiglia,  mentre  le  due  specie 
or  nominate  non  mostrano  traccia  di  ombellico.  Anche  nel  numero  e  nella  disposizione 
delle  pieghe  boccali  nella  specie  di  Argenterà  incontransi  analogie  e  differenze  colle  due 
specie  in  questione. 

Nella  specie  di  Argenterà  mi  fu  dato  osservare  6  pieghe  boccali,  di  cui  tre  columellari 
e  tre  labrali;  delle  tre  columellari:   la  superiore  allungata  semplice  ed  obliquamente 


(1)  DifTorirebbe  però  dalle  figure  dell'  Orbigny  per  il  bordo  posteriore  che  ho  detto  esistere  ad 
ogni  anfratto,  bordo,  che  nella  N.  bruntrutana  figurata  dall'Orbignv,  loc.cit.,si  troverebbe  invece  ante - 
riormente  o  dalla  figura  di  Thurmann  od  l^ltallon  che  non  lo  indica  mi  anteriormente  né  posto- 
riorinontc,  non  facendo  nel  testo  monzione  che  di  «  Tours  plans,  lisses  li''g"'rement  séparus  par  la  suture 
(Loc.  cit.  pag.  91). 

(2)  La  Nerinea  che  Thurmann  ed  Ktallon  chiamano  Carpatica  Zeuschn  che  è  appunto  quella  che 
mi  serve  di  b  ise  in  questo  confronto  ,  ma  Che  è  diversa  dalla  vera  N.  Carpatica  Zeuschn,  viene  più 
tardi  l'iferita  alla  N.  pseudo-bruntrutana,  per  conseguenza  i  rapporti  eie  differenze  che  ho  detto  esistere 
tra  la  N.  di  Argenterà  e  le  N.  subbruntrutana  e  carpathica  debbono  essere  invece  intesi  esistere  tra  la 
N.  di  Argenterà  e  le  N.  subbruntrutana  e  pseudo-bruntrutana. 

(3)  U'OBBio.NY,  Pai  Fratif.  Verr.  Jur.\o\.,2,  pag.  B2,  Tav.  251,  fig.  4-7. 

(4)  D'Orb.,  Loc.  cit.,  pag.  84,  Tav.  I>52,  fig.  3-6. 


PER    AI-ESSANDRO    POKTIS  "35 

rivolta  allo  ingiù,  semplice  la  media,  quasi  trifida  l'inferiore  ;  delle  tre  labrali  la  superiore 
semplice,  la  seconda  trifida  e  pur  trifida  la  inferiore.  Nelle  due  specie  dell'Orbigny 
oltre  che  la  piega  superiore  labrale  è  almeno  bifida,  la  serie  columellare  consta  di  quattro 
pieghe,  una  superiore  semplice  che  non  ha  rappresentanti  nella  specie  che  ci  occupa,  una 
seconda  bifida  corrispondente  alla  superiore  nostra  e  due  altre  che  corrispondono  nella 
posizione  e  nella  forma  rispettivamente  colla  media  ed  inferiore  della  specie  di  Argenterà. 
La  forma  esterna  degli  anfratti  (che  potei  verificare  per  due  sole  porzioni  d'anfratto  di 
una  delle  sezioni  descritte  e  per  un  terzo  frammento  di  conchiglia  isolato  posterior- 
mente e  misurante  6  centimetri  di  lunghezza)  si  mostra,  come  già  accennai,  abbastanza 
simile  a  quella  delle  N.  implicata  e  bacillus,  però  quasi  più  simile  alla  2'  di  esse,  essendo 
essi  leggermente  scavati  nella  lor  metà  inferiore  (boccale),  nel  loro  assieme  però  gli  anfratti 
costituiscono  una  conchiglia  sottile  allungatissima,  quasi  cilindrica  e  liscia.  Questa  specie 
di  Nerinea  appare  contemporaneamente  nella  località  delle  Grangie,  donde  provengono  i 
due  esemplari  che  servirono  alla  descrizione  quanto  nella  località  fossilifera  della  Goretta 
(in  individui  molto  più  mal  conservati  e  quasi  completamente  spatizzati)  e  probabilmente 
anche  nel  calcare  del  vallone  di  Eoburent,  dove  non  ne  ho  trovato  che  un  solo  esemplare, 
il  quale  per  essere  stato  esposto  ad  una  potente  forza  diretta  secondo  l'asse  della  conchiglia 
e  rotto  per  conseguenza  in  diversi  frammenti,  risaldati  poi  da  anelli  frapposti  di  spato 
calcare,  non  offri  colla  sezione  dati  sufficienti  alla  propria  determinazione.  Pare  però  dietro 
la  forma  generale  esterna,  che  essa  debba  appartenere  alla  stessa  specie  rappresentata  dai 
due  esemplari  delle  Grangie. 

La  N.  implicata  e  la  N.  bacillus  sono  entrambe  state  raccolte  in  Francia  in  giaci- 
menti appartenenti  ai  piani  mediani  del  terreno  Giurassico  medio  (Dogger). 

È  duopo  infine  che  io  aggiunga,  come  nei  ten-eni  titonici  inferiori  del  nord  della  Si- 
cilia compaia  un  rappresentante  di  queste  forme  bacilliformi  di  Nerinea  nella  N.  Som- 
nambula,  Gemm.  (1),  specie  essa  pure  bacilliforme  e  notevolmente  ombilicata,  ma  alcun 
poco  più  conica  della  specie  di  Argenterà,  e  munita  di  pieghe  boccali  più  semplici  e  in 
minor  numero  che  per  gli  esemplari  che  presentemente  ci  ocupano. 

N.   3   Nerinaea  ci.  haciìlus  D'Orb. 

Nella  località  fossilifera  della  Goretta  ho  nel  1880  riscontrata  una  terza  specie  di 
Nerinea,  alla  quale,  meglio  che  per  le  due  precedenti,  si  adatta  la  descrizione  della  N.  ba- 
cillus del  D'Orbigny.  La  conchiglia  di  cui  tengo  scarsi  esemplari  è  allungatissima,  liscia, 
bacilliforme  e  non  ombilicata.  La  sezione  longitudinale  dimostrò  la  presenza  di  8  pieghe, 
5  columellari  e  3  labrali.  Delle  columellari  la  superiore  è  semplice  e  nella  sezione,  tuber- 
coliforme,  la  seconda  rivolta  allo  ingiù  e'  bifida,  trifida  la  terza  rivolta  essa  pui'e  obliqua- 
mente allo  ingiù,  quasi  quadrifida  la  quarta,  la  quinta  invece  semplicissima  ed  appena 
visibile  nella  sezione  (di  questa  quinta  non  vi  ha  traccia  nelle  figure  della  N.  bacillus  del- 
l'Orbigny (2)).  Le  pieghe  labrali  son  tutte  tre  rivolte  in  senso  orizzontale  un  po'  inclinato 


(1)  Gemmellaro  (i.  G.,  Prima  appendice  agli  studi  paleontologici  sulla  fauna  a  Terebratulajanitor 
del  Nord  dMa  Sicilia  in  Atti  dell'Accademia  Gioenia  di  St.Nat.in  Catania,  Ser.  3,  Voi.  12,  1878,  p.  106, 
Tav.  A,  fig.  lU-11. 

^2)  Pai.  Frani-.,  Terr.  Jur    Voi.?,  p.84.  T  252,  f.  3-6. 


36  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

in  giù  e  tutte,  specialmente  la  media,  almen  bifide,  sovente  trifide  (nella  N.  bacillus  Orb. 
è  invece  la  piega  inferiore  quella  maggiormente  sviluppata):  dalla  disposizione  delle  pieghe 
nella  presente  specie  ne  viene  che  il  varco  libero  in  ogni  anfratto  sia  ridotto  ad  una  stretta 
fessura  collocata  quasi  verticalmente  ed  offrente  allo  indentro  ed  allo  infuori  strette  rami- 
ficazioni. La  solida  columella  occupa  quasi  la  metà  del  diametro  della  conchiglia.  Quan- 
tunque il  numero  e  disposizione  delle  pieghe  boccali  ed  il  volume  della  columella  non 
corrispondano  ancora  esattamente  con  quanto  si  osserva  nella  N.  bacillus  d'Orb.,  tuttavia 
la  riferisco  per  ora  a  questa  specie  aspettando  a  separamela  allorché  conoscendone  con- 
chiglie intere,  io  potrò  più  sicuramente  giustificare  il  mio  asserto. 

N.   4  Nerinaca   n.   s}). 

Un  frammento  di  calcare  che  presentava  un'  impronta  offrente  una  qualche  analogia 
colla  valva  grande  di  una  Cranio,  sezionato,  dimostrò  contenere  invece  un  frammento  di 
una  Nerinea  diversa  dalla  specie  precedente.  Il  frammento  di  conchiglia  lungo,  8°"  largo  9, 
non  mostra  che  la  sezione  di  un  solo  anfratto  ;  anche  qui  la  columella  è  probabilmente 
ombilicata  come  nella  specie  precedente  ;  non  son  però  sicuro  di  questo  fatto.  Le  pieghe 
boccali  mostrano  però  grandissima  differenza  in  numero  e  disposizione  da  quelle  della 
specie  precedente  ;  abbiamo  qui  in  tutto  4  pieghe  boccali,  2  columellari  e  2  labrali.  Delle 
columellari  1  "inferiore  mostrasi  un  po'  allargata,  la  superiore  semplice  :  delle  labrali  trifida 
è  la  inferiore,  semplice  la  superiore.  Non  parlo  della  forma  esterna,  che  non  potei  verifi- 
care, parmi  però  aver  anch'essa  dovuto  essere  cilindroide,  lungliissima  e  liscia  come  nella 
specie  precedente.  Ne  mi  stupirei  se  con  fossili  ulteriormente  trovati  venissi  a  constatare 
esser  questa  specie  nient'altro  che  un  qualche  esemplare  della  specie  precedente  in  cui 
qualche  piega  fosse  stata  per  una  causa  qualunque  durante  la  vita  dell'animale  obliterata 
o  durante  la  fossilizzazione  scomparsa,  che,  malgi-ado  le  differenze  citate,  la  cavità  del- 
l'anfratto dell'una  specie  richiama  per  la  sua  forma  alla  mente  la  cavità  dell'anfratto 
dell'altra. 

N.   5  Nerinaca  n.  sjy. 

Alla  superficie  di  qualche  frammento  di  calcare  alterato  dalle  intemperie  potei  vedere 
e  colla  lente  osservare  alcune  piccole  conchiglie  della  lunghezza  di  5  ""^  al  più.  Taluna 
comparve  anche  nelle  numerose  sezioni  microscopiche  fatte.  La  forma  loro  e  la  presenza 
osservata  di  traccio  di  pieghe  boccali  mi  persuasero  a  collocarle  fra  le  Nerinee  sia  come 
giovani  individui,  sia  più  facilmente  come  una  quinta  specie  della  località  che  presente- 
mente ne  occupa.  Infatti,  da  quanto  ho  potuto  osservare  parmi  che  per  la  lor  forma  ge- 
nerale queste  concliigliette  si  accosterebbero  alla  N.  bruntrutana,  differirebbero  però  dalla 
medesima  :  1°  per  la  columella  proporzionatamente  molto  più  sottile,  2°  perla  presenza  di 
4  sole  pieghe  boccali,  di  cui  2  columellari  (la  N.  bruntrutana  ne  ha  3)  e  2  labrali. 
Entrambe  le  pieghe  columellari  paiono  complicate,  la  superiore  trifida,  l'inferiore  bifida, 
entrambe  le  labrali  invece  paiono  semplici,  3"  per  la  relativa  minor  lunghezza  degli 
anfratti.  Aggiungerò  che  questa  specie  differisce  dalla  N.  Lorioli  Zitt.   (  1  )  per  aver 


(1)  ZiTTBL,  Die  Gasteropoden  der  Stramherger  Schichten  in  PalaeotU.  Mitth.  2**' Band ,  3*«  Abth., 
pag.360,  Tav.  41,  fig.  26-29. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  37 

un  maggior  angolo  d'apertura  della  conchiglia  e  per  la  disposizione  delle  pieghe  boccali, 
avendone  questa,  come  si  è  detto,  due  columellari  e  due  labrali,  mentre  la  N.  Lorioli  ne 
avrebbe  tre  columellari  ed  una  sola  labrale;  così  pure  differisce  per  maggior  angolo  d'a- 
pertura dalla  N.  Roemeri  Pliilipp.  (1)  e  per  non  avere  quest'ultima  che  due  pieghe  colu- 
mellari per  una  labrale  e  gli  anfratti  relativamente  più  lunghi.  Non  ho  trovato  in  lette- 
ratura cenno  di  alcuna  specie  che  raggiunga  solamente  le  dimensioni  accennate  per  questa 
(5"""),  nella  quale  ho  per  altro  potuto  ben  distinguere  e  studiare  ben  7  anfratti,  d'altra 
parte  ben  conoscendo  le  gi-andi  variazioni  che  possono  succedere  nel  passaggio  dallo  stato 
giovanile  allo  adulto,  sia  nelle  pieghe  boccali  come  nella  forma  degli  anfratti ,  egli  è 
colla  massima  riserva  che  io  proporrei  di  considerar  come  nuova  specie  (minuta)  la 
piccola  Nerinea  che  non  raramente  si  riscontra  nel  banco  calcareo  di  Argenterà. 

N.   6  Nerinaea  sp. 

Prima  di  chiudere  il  genere  Nerinea  menzionerò  una  6*  specie  di  questo  genere,  la 
quale  non  si  è  rivelata  che  con  un  solo  frammento  quasi  informe  trovato  alla  Goretta. 
Esso  ci  rivela  una  conchiglia  di  forma  conica  più  aperta  che  la  N.  bruntrutana,  di  cui 
parlai,  con  anfratti  scavati  nella  metà,  e  raggiungente  dimensioni  medie,  poiché  il  fram- 
mento presenta  una  sezione  di  20  """  di  diametro  e  non  pare  appartenere  all'ultimo 
anfratto.  Per  la  scarsità  del  materiale,  non  ho  potuto  ottenerne  una  sezione  longitudinale 
soddisfacente,  non  la  posso  quindi  accostare  preferibilmente  ad  alcuna  specie.  Solo  mi 
accontento  di  segnalare  questo  frammento  per  mostrare  come  il  genere  Nerinaea  oltre  ad 
essere  diffuso  numericamente,  presentava  anche  una  certa  qual  varietà  di  specie.  Fra 
queste  dominavano  decisamente  le  specie  bacilliformi. 

Genere  Chemnitzia. 

Chemnitzia  ?  sp. 

Una  sezione  microscopica  fatta  per  cercar  forarainiferi  mostrò  fra  gli  altri  microfossili 
la  sezione  della  conchiglia  di  un  gasteropode  alla  quale  erano  stati  per  effetto  del  leviga- 
mento  tolti  tutti  i  caratteri  necessari  alla  distinzione  del  genere  (non  parliamo  della 
specie)  :  di  più  la  sezione  aveva  incontrata  obliquamente  la  conchiglia,  di  modo  che  nem- 
manco  era  visibile  l'asse  della  medesima,  e  la  forma  della  cavità  degli  anfratti  rimaneva 
alterata  (potei  però  osservarvi  l'assenza  completa  di  pieghe  boccali).  Gli  è  per  conseguenza, 
con  tutte  le  risei-ve  che  appoggiandomi  alla  forma  di  ciò  che  rimane,  oso  proporre  un 
nome  per  questa  conchiglia,  accostandola  ai  generi  Acteonina  e  Chemnitzia,  credendo  però 
doverla  con  maggior  probabilità  considerare  come  appartenente  ad  una  delle  forme  turri- 
culate  di  questo  ultimo  genere. 

Genere  Natica. 

Natica,  sp.  ind. 

Riguardo  come  appartenente  a  questo  genere  una  sezione  naturale  di  conchiglia  tro- 
vata nel  1879  alle  Grangie,  offrente  due  anfratti  eccentrici  e  contigui,  i  quali  mal  trove- 


(2)  GoLDF.,  Petref.    Germ.,  Voi.  3,  pag.  43,  Tav.   176  ,  fig.  5.  —  Quknst.  ,  Jura,  pag.  769,  Tav.  94, 
fig.  21-23. 


38  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

rebbero  collocamento  in  qualsiasi  altro  genere.  Per  la  parte  solamente  rappresentata  che 
ne  rende  dubbiosissima  la  determinazione  anche  generica,  l'importanza  di  questo  fossile  è 
affatto  secondaria  o  meglio  nulla,  ho  creduto  però  non  doverlo  trascurare  per  far  per 
quanto  possibile  esatta  la  lista  dei  fossili  della  località,  sperando  che  anche  i  generi  dub- 
biosi vengano  ulteriormente  con  più  fortunate  ricerche  accertati. 

Nel  successivo  anno  1880  mi  venne  fatto  di  trovare  un  altro  esemplare  di  gastero- 
podo,  il  quale,  quantunque  non  offrisse  più  alcun  dubbio  sul  genere  a  cui  dovesse  essere 
riferito  (al  genere  Natica),  pur  tuttavia  non  è  ancor  sufficientemente  liberabile  dalla  ganga 
da  permettere  una  determinazione  specifica.  Appartenne  ad  una  specie  di  media  grandezza 
presentando  sezioni  di  45  °"°  di  diametro  ed  ebbe  forma  eminentemente  globosa,  dimo- 
strando in  tal  modo  non  appartenere  alla  stessa  specie  dell'esemplare  precedentemente 
trovato.  La  sua  superficie  esterna  poi  pare  sia  stata  ornata  di  piccole  strie  parallele. 

MOLLUSCHI    ACEFALI 

Ordine  delle  Myacee. 

Genere  Pholadomya. 

Nella  collezione  geologica  delle  Alpi  fatta  dal  Prof.  Sismonda  ho  trovato  fra  i  pochi 
fossili  stati  raccolti  nel  1845  nel  banco  calcareo  in  questione,  tre  conchiglie  che  dal  Pro- 
fessore Bellardi  vennero  allor  determinate  come  Pholadomye:  di  esse  fu  già  fatta  men- 
zione in  precedenti  lavori  si  del  Sismonda  (1)  come  del  Gastaldi  (2).  Questi  tre  fossili  son 
ridotti  in  un  miserrimo  stato  e  certamente  non  si  può  per  la  determinazion  loro  andar  a 
più  sottile  distinzione  che  quella  del  genere. 

H  materiale  proprio  della  conchiglia  manca  completamente  ed  i  fossili  ridotti  a  mo- 
delli conservano  alla  lor  superficie  traccia  dell'ornamentazione  esterna  del  guscio  ;  essa 
consisteva,  a  quanto  si  rileva  da  due  degli  esemplari ,  in  strie  radiali  ed  in  strie  concen- 
triche e  probabilmente  era  diversa  nei  due  esemplari  che  la  mostrano,  essendo  nell'uno  le 
coste  radiali  più  rade,  e  sottili  e  frequenti  le  strie  concentriche,  avvicinandosi  per  conse- 
guenza alla  Ph.  nodosa  Goldfuss  (vedi  Petref.  Gerì».,  Parte  2%  pag.  2G8,  Tav.  156. 
fig.  5)  della  formazione  giurassica  del  Wurtemberg,  che  ricorda  anche  nell'abito  generale; 
mentre  nell'altro  esemplare  le  coste  radiali  sou  forti  e  spesse,  lasciando  fra  l'una  e  l'altra 
un  intervallo  largo  tanto  come  la  costa  ;  e  le  strie  concentriche,  .sono  solamente  sensibili  per 
le  interruzioni  che  cagionano  alle  coste  radiali  ridotte  cos'i  a  file  continue  di  nodi  :  questa 
forma  ricorda  molto  e  in  questo  carattere  e  nella  sua  forma  troncata  anteriormente  la 
Ph.  Murchissoni  Sow.,  varietas  Truncato  cordata  Goldf.  (Prfref  Gemi.,  Voi.  2,  pag.  205, 
Tav.  155,  fig.  2  n-b  della  formazione  oolitica  inferiore  della  Germania  occidentale  e 
meridionale).  Il  terzo  esemplare  poi  non  conservò  traccia  di  ornamentazione,  e  nessuno  dei 
tre  era  tanto  completo  da  poterne  trarre  misure  sufficientemente  approssimative. 


(1)  Classificazione  dei  terreni  stratificati  delle  Al/ii  Ira  il  Monte  Bianco  e  la  Contea  di  Niua.  Metn. 
della  R.  Acc.  della  Scienie  di  Torino,  Seria  U,  Voi.  12,  I8n2,  pag  21  [dell'estratlo;  —  Lettre  à  Elie  de 
Beaumnnt  in  Bull,  de  la  Soc.Oéol  de  France,  Voi."),  Serio  2,  1848,  pag.  412. 

(2)  In:  Alcuni  fossili  paleozoici  dell-  Aljii  Mantnmi:  e  dell'Appennino  ligure,  stxtdia'i  da  G.  Miche- 
lotti,  Mem.  dell' Acc.  de'  Lincei,  Classe  di  Scienze  Fie.  Mat  e  ^at.,  Serie  3,  Voi.  I,  1877,  pag.  18  (del- 
restratto). 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  39 

Un  quarto  modello  riferibile  al  genere  Pholadomya  fu  ancora  trovato  nel  1880. 
Minima  ne  è  però  l'importanza. 

Genere  Panopaea. 

Nelle  ricerche  da  me  fatte  sul  luogo  mi  venne  poi  fatto  di  trovare  un  quinto  fram- 
mento di  conchiglia  diverso  dalle  due  precedenti  specie  ed  appartenente  per  quanto  pare 
al  genere  Panopaea.  L'esemplare  trovato,  che  ho  posteriormente  estratto  dalla  roccia 
per  tutta  la  porzione  ancor  conservata,  appartenne  alla  valva  sinistra  d'un  individuo  di 
ggmm  ^  lunghezza,  per  23  di  altezza  e  forse  18  di  spessore  a  valve  riunite.  La  con- 
chiglia era  evidentemente  beante  dalla  parte  sua  posteriore,  forse  anche  alcun  poco 
all'anteriore,  a  bordo  inferiore  regolarmente  dittico,  a  guscio  sottile  ed  ornato  di  strie, 
senza  alcuna  traccia  di  angoli  e  coste  radiali  di  accrescimento  abbastanza  sentite.  Il 
cardine  suo  andò  perduto.  Ancora  qui  stimo  prudente  il  fermarmi  alla  sola  constatazione 
del  genere. 

Ordine  deììp    Vencracec. 

Genere  laocardìa. 

Se  io  non  ebbi  la  fortuna  di  trovare  fossili  appartenenti  a  questo  genere  .  esso  fu 
però  constatato  dal  Prof,  Bellardi  nel  materiale  raccolto  dal  Sismonda  e  di  cui  già  parlai. 
Abbiamo  in  tutto  una  sola  valva  sinistra  di  cui  non  si  può  scorgere  che  in  parte  la 
superficie  esterna. 

L'Isocardia  in  questione  era  cortissima  ,  più  larga  che  lunga  ed  una  forte  carena 
arrotondata  discondente  verticalmente  dall'apice  alla  base  separava  nettamente  il  campo 
boccale  dallo  anale  dando  all'animale  intero  un  gi-audissimo  spessore.  La  superficie  estema 
della  conchiglia  è  ricoperta  da  fine  strie  radiali  collocate  fittamente  l'una  presso  l'altra  in 
modo  da  lasciar  fra  loro  uno  spazio  minore  della  larghezza  di  ciascuna  di  esse.  L'uncino  è 
molto  ben  svilupjìato,  spirale  e  rivolto  all'indietro. 

Non  mi  arrischio  di  avvicinar  questo  fossile  ad  alcuna  delle  specie  conosciute. 

Ordine  delle  Ostreacee. 

Genere  Lima. 

N.    1.    Lima    sp. 

Il  materiale  raccolto  dal  Sismonda  contiene  ancora  un  frammento  di  modello  intemo 
di  conchiglia  presentante  la  metà  inferiore  col  bordo  basale  di  una  valva  sinistra  di  Lima  : 
almeno  tale  la  si  può  arguire  dal  poco  che  avanza,  e  tale  la  determinò  il  Bellardi  allorché 
essa  venne  trovata.  Anche  qui,  mancando  tutto  quello  che  possa  condurre  ad  un  riavvici- 
namento specifico  qualsiasi,  mi  contento  della  constatazione  del  genere. 

N.   2  Litnn  cf.  Picteti  Et.  (1). 

Al  genere  Lima  dobbiamo,  oltre  al  precedente,  riferire  ancora  un  secondo  esemplare 
raccolto  nel  1880  ed  anch'esso  in  istato  molto  scoraggiante.  Esso  dimostra  però   di  aver 


(1)  Thurm  ed  Etallon,  Leth.  Brunir.,  pag.238,  Tav.  32,  fig.7. 


40  SUI    TERREN'I    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

appartenuto  ad  una  spncie  molto  più  piccola  che  la  precedente,  ed  aver  avuta  la  conchi- 
glia ornata  di  costoline  presso  a  poco  raggianti ,  subeguali ,  rotonde  e  separate  da  inter- 
valli minori  della  grandezza  loro  ;  sulle  costoline  si  scopre  ancora  qualche  traccia  di  strie 
concentriche,  è  impossibile  però  scoprirne  delle  radiali.  Anche  per  questa  Lima  è  sparito 
il  cardine  od  il  bordo  inferiore,  quindi  impossibile  una  determinazione  più  che  approssi- 
mativa. 

Ritengo  però  questa  specie  per  quanto  vi  ha  ancora  di  osservabile  siccome  molto 
vicina  alla  L.  Picteti  Et.  propria  nella  Svizzera  occidentale  del  terreno  coralliano  supe- 
riore. 

Genere  Pecten. 

Ho  trovato  ad  Argenterà  due  piccoli  campioni  riferibili  a  questo  genere,  due  altri 
furono  raccolti  dal  Sismonda:  in  questi  quattro  campioni  parvemi  ravvisare  i  rappresen- 
tanti delle  tre  seguenti  specie. 

Pecten  articulatus  Schlot.   secondo  Goldfuss  (1). 

Ho  raccolto  assieme,  come  appartenenti  a  questa  specie,  due  valve  di  Pettine  raccolte 
l'una  dal  Sismonda,  l'altra  da  me.  Esse  presentano  ad  un  dipresso  le  stesse  dimensioni, 
e  per  la  forma  loro  e  la  natura  delle  coste  loro  presentano  grandissima  analogia  col  Pecten 
articulatus  dato  dal  Goldfuss  (loc.  cit.),  e  più  ancora  con  quello  dato  da  Pillet  e  Fro- 
mentel  come  proveniente  dal  calcare  della  Montagnole  presso  Lomenc.  Le  due  valve  in 
questione  sono  entrambe  valve  destre  e  misui-ano  l?""""  di  lunghezza  per  19°"°  di  lar- 
ghezza. Lo  spessore  loro  tocca  pochi  millimetri,  come  si  vede  sono  ancora  dei  piccoli  in- 
dividui della  specie.  Dei  tubercoli  scagliosi  che  dovevano  in  vita  ornare  le  coste,  non  si 
scorgono  or  più  che  lievissimi  avanzi.  Solo  in  uno  degli  esemplari  ho  potuto  veder  traccia 
dell'orecchietta  anteriore,  nell'altro  sono  invisibili  entrambe.  Tai  quali  sono  però,  questi 
avanzi,  si  scostano  grandemente  dal  Pecten  articulatus  figurato  dal  Thurmann  nella 
Lethaea  Bruntrutana  (loc.  cit.)  principalmente  per  la  maggior  finezza  e  numero  delle  coste, 
come  pure  per  la  minore  proporzionale  lunghezza .  mentre  invece  paiono  molto  accostarsi 
al  P.  erctensis  Gemm.  e  di  Blas.  (loc.  cit.),  cosa  che  del  resto  è  ben  naturale  avendo  già 
i  suUodati  Autori  segnalata  la  grande  analogia  che  passa  tra  la  specie  ultima  nominata 
e  il  P.  articulatus. 

Una  terza  valva  di  Pettine  raccolta  successivamente  venne  pur  da  me  riferita  alla 
specie  che  ne  occupa,  quantunque  per  la  sua  maggiore  lunghezza  in  proporzione  dell'al- 
tezza, e  per  la  disposizione  delle  coste  radiali  sue,  ricordi  alcun  poco  anche  il  P.  subtex- 
torius  Munster  (2). 

H  Pecten  articulatus  e  il  P.  subtextorius  si  riscontrano  nelle  assise  superiori  del 


(1)  Vedi  GbLDFUSs,  Pelref.  Germ.,  1834-40,  •2'«  Tli.,  pag.  47,  Tab.90,  fig.  IO.  —  Quensteot,  Der  Jura 
pag.7r)4,  Tav  1)2,  fig.  II.—  Tuurm.  od  Et.,  Leth.  Btunti-ut.,  pag.  25",  Tav. '.W,  tìg.  2  —  Pillet  et  Fro- 
MBNTEL,  Descriplion  de  la  colline  de  Lemenc  sur  Chainbénj.  Chimhàry  I87.S,  Meni,  de  l'Acnd.  de  Savoie, 
pag.  75;  Tsv.  8,  fig.  40,  pag.  131,  Tav.  14,  fig.  21.—  Vedi  anello  Gemmellaro  e  Di  Blasi,  Pettini  del 
Tilonio  inferiore  del  Nord  della  Sicilia  in  Alti  dell' Acc.  Gioenia  di  Se.  Naturali  in  Catania,  Voi.  'J,  Serie  3, 
pag.  8,  Tav.  1 ,  per  il  l'ecten  erctensis. 

(2)  Vedi  GoLDF.;  loc.  cit.,  p.  48,  Tav. 00,  fig.  11. 


^  PER    ALESSANDRO    PORTIS  41 

giura  bianco  nella  Germania  meridionale  e,  lasciando  dubbio  l'esemplare  figurato  dal 
Thurmann,  si  riscontra  di  nuovo  certamente  nel  terreno  Titonico  di  Lemenc:  mentre  la 
vicinissima  forma  P.  erctensis  si  riscontra  nel  Titonico  inferiore  del  nord  della  Sicilia. 

N.   2   Pectrn  subpunctatus  Miinst.   (1). 

Il  secondo  Pettine  stato  raccolto  dal  Sismonda  era  dame  stato  dapprima  riportato  alla 
specie  precedente  :  ulteriori  osservazioni  mi  indussero  a  staccamelo  e  ad  avvicinarlo  alla  pre- 
sente specie  di  cui  presenta  i  caratteri  per  quanto  almeno  mi  è  dato  di  vedere  :  è  di  nuovo 
una  piccola  valva  isolata  cui  mancano  le  orecchiette,  la  cui  superficie  esterna  manca  in 
più  punti  e  che  misura  10"™  di  lunghezza  per  10°°"  di  larghezza.  E  ima  forma  come  la 
precedente,  pochissimo  rigonfia,  ma  ne  differisce  per  esser  proporzionalmente  più  lunga  e 
per  aver  le  sottili  costoline  che  Tadoniano  più  staccate,  in  modo  da  lasciar  fra  l'una  e 
l'altra  uno  spazio  maggiore  che  la  costolina,  e  più  Liscie  :  non  potei  vedere  come  si  dispo- 
nessero negli  spazi  intercostali  le  ornamentazioni  concentriche.  Il  Pillet  nella  descrizione 
citata  della  colUna  tli  Lemenc  stabilisce,  a  pag,  132,  Tav.  14,  fig.  20,  una  nuova  specie 
cui  dà  appunto  il  nome  di  Subpunctatus.  Questa  forma  ha,  per  quanto  mi  è  dato  ricavare 
dalle  descrizioni  e  figure,  molto  maggiori  affinità  col  P.  articulatus  e  col  P.  erctensis  di  cui 
si  parlò  precedentemente,  che  non  colla  specie  Miinsteriana  quale  vien  data  dal  Goldfuss. 
Certamente  però  esso  non  ha  molta  analogia  coli'  individuo  di  Argenterà  riferito  al  P.  sub- 
punctatus. e  ciò  appunto  per  quei  caratteri  che  ho  dianzi  citati  come  distinguenti  le  due 
specie,  specialmente  i  rapporti,  diversi  nelle  due  specie,  fra  la  lunghezza  e  la  larghezza. 

Nella  campagna  del  1880  potei  trovare  anch'io  tre  o  quattro  imperfettissime  valve 
attribuibili  a  questa  specie,  dalle  quali  ])erò  non  ho  ottenuto  alcun  ulteriore  dettaglio. 

Il  Pecteu  subpunctatus  Miinst.  si  riscontra  come  il  precedente  nel  sud  della  Ger- 
mania ed  in  Savoia  alla  sommità  del  giura  bianco  (Malm).  Fra  i  molti  Pettini  raccolti  dal 
Gemmellaro  in  Sicilia  non  ne  vidi  alcuno  che  lo  rappresenti,  lo  stesso  dicasi  per  quelli 
finora  studiati  della  Sardegna. 

N.   3  Pecten  nionsheliardensis  Ctjn  (2). 

Ho  attribuito  a  questa  specie  un  frammento  di  impronta  di  valva  da  me  stato  tro- 
vato ad  Argenterà.  Per  la  natura  ed  ornamentazione  delle  coste,  di  cui  non  sono  visibili 
che  7  od  8  (è  questo  l'unico  carattere  conservato),  parvemi  dover  accostare  il  Pettine  cui 
hanno  appartenuto  alla  specie  or  nominata,  quantuncjue  io  non  ritenga  questa  determi- 
nazione che  jìer  una  semplice  probabilità  che  potrebbe  venir  distrutta  dalla  scoperta  del- 
l'intiera valva. 

Anche  il  Pecten  monsbeliardensis  si  trova  in  Isvizzera  ed  in  Savoia  abbastanza 
comune  nel  piano  Kimmeridgiano. 

Un  successivo  esame  di   questo  fossile  in  confronto  col  Pecten  Kochati  Lor.   (3), 


(1)  Vedi  GoLDK.,  loc.cit.,  pag.  48,  Tav. 90,  fig.  13.  —  Pillet  et  Frome.ntel,  loc.  cit.,  pag  29,  Tav.4, 
fig.  8. 

(2)  Vedi  Thurmann  ed  Etallon,  Op.  cit.,  pag.  2rii,  Tav-S.^,  fig.  5. 

(3)  LoRlOL,  Descrip.  des  foss.  de  l'ool.  corali,  de  VEt.   Valangien  et  Urgonien   dti  mont  Salì've  in 
Favre  :  Recherches  géologiques  dans  les  parlies  de  la  Savoie,  Piémont  et  Suisse  voisines  du  moni  Diane, 

•Genève,  1867,  Voi.  1,  pag.  336,  Atlas  PI.  B,  fig.  1-2. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  d»* 


42  SUI    TEERENl    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

suscitò  nella  mia  mente  il  dubbio  non  avessi  coU'individuo  di  Argenterà  piuttosto  dinanzi 
questa  specie  di  Pettine  (dello  stesso  orizzonte  geologico  della  precedente).  Le  ragioni  che 
mi  impedirono  dai)prima  di  riferire  l'esemplare  in  questione  al  P.  nionsbeliardensis,  mi 
impediscono  pure  di  risolvere  questo  mio  posteriore  dubbio  in  certezza. 

^V.    4   Prcten  giganteus  Mttnst.   (1). 

Prima  di  abbandonare  il  genere  Pecten  è  di  mestieri  che  ricordiamo  una  f[uarta 
specie  affatto  diversa  dalle  precedenti  e  che  si  è  resa  nota  con  un  frammento  di  valva  tro- 
vato nel  1880.  Da  questo  frammento  si  può  scorgere  come  la  conchiglia  fosse  subcirco- 
lare.  abbastanza  sottile  e  munita  di  costole  radiali  in  piccolo  numero,  regolari,  aiTotondate 
e  separate  da  intervalli  pure  arrotondati  e  quasi  delle  stesse  dimensioni.  Manca  il  cardine 
e  mancano  le  orecchiette!  per  ciò  che  riguarda  l'ornamentazione  esterna  ho  verificata  la 
presenza  di  poche  strie  di  accrescimento,  e  negli  intervalli  fra  l'una  e  l'altra  costa,  di  fine 
strie  radiali  molto  marcate. 

La  specie  cui  appartenne  questo  frammento  pare  sia  appunto  il  P.  giganteus  Jliinster 
o  molto  prossima  a  quella,  ricorda  pure  fra  le  altre  il  P.  subfibrosus  D'Orb.  (2). 

Il  P.  giganteus  Muust.  si  è  finora  trovato  nella  Germania  meridionale  in  terreni 
appartenenti  al  Giura  superiore  e  corrispondenti  al  Coralliano. 

Genere  Spondylus. 
Spotìdyltis  rf.  rrlafiis  Goldf.  (3). 

Oltre  al  genere  Pecten,  abbiamo  pure,  della  stessa  famiglia  dei  Pettinidi,  un  altro 
rappresentante  nel  calcare  di  Argenterà:  esso  consiste  di  un  solo  frammento  di  una  gi'ossa 
conchiglia,  della  ijiiale  non  presenta  che  la  parte  inferiore  di  una  valva  con  abbastanza 
ben  conservato  il  bordo  inferiore  della  medesima.  La  forma  di  quest'ultimo  e,  per  quanto 
arguir  si  possa,  generale  della  conchiglia,  il  di  lei  spessore  e  l'ornamentazione  consistente 
in  costole  radiali  subeguali  e  press'a  poco  uguali  anche  agli  spazi  interposti,  mi  fan  col- 
locare la  conchiglia  in  questione  (in  mancanza  di  meglio)  presso  allo  Spondylus  velatus 
Goldf.,  con  cui,  per  quanto  è  visibile,  concorda  nella  figura  e  nella  desci'izione. 

Lo  S.  velatus  Goldf.  è  già  stato  trovato  in  molti  dei  giacimenti  fossiliferi  giurassico- 
saperiori  della  Germania  meridionale. 

Genere  Ostrea. 
Ostreri  sp.  iial. 

In  un  frammento  di  roccia  è  visibile  parte  dell'interno  di  una  valva  di  ostrea  alte- 
rata dalla  spatizzazione  e  poi  dagli  agenti  atmosferici  non  ci  serve  che  alla  constatazione 
del  genere  d'altronde  comunissimo  nei  bassi  fondi  giurassici. 


|I)  Vedi  UoLDF.,  Petref  Germ.,  Voi.  2,  pag.  18,  Tav.  90,  fig.  14. 

(2)  Vedi  GoLDP.,  loc.  cit.pag.46,  T.90,  fig.  6  (fibrosus).  —  Tburm  ed  Et.,  Lelh.  bntnt.,  pag.  254, 
Tav.36,  f.l. 

(3)  Vedi  Goldf.,  loc.  cit,,  pag.  94,  T.  lOS,  fig.  4. 


PER    ALESSANDRO    POETIS  43 

Genere  Exogyra. 
Exogyra  cf.  spirai is  Goldf  (1). 

Alcuni  massi  del  calcare  di  Argenterà  sono  quasi  completamente  costituiti  da  una 
lumachella  di  piccole  conchiglie  cementate  intimamente  fra  loro,  intrecciate  e  frantumate. 
EgU  è  si  può  dire  impossibile  il  poter  estraiTe  un  individuo  intero  da  quel  piccolo  banco 
consolidato  di  ostriche,  pur  tuttavia  mi  è  riuscito  di  poter  avere  un  10  o  12  modelli  in- 
terni e  qualche  traccia  di  valve  :  quantunque  variabilissime  nella  forma  loro  in  modo  da 
non  trovar  due  individui  perfettamente  simili,  pur  tuttavia  non  parmi  dover  ammettere 
la  presenza  di  più  di  una  specie,  e  questa  apparterrebbe  al  genere  Exogyra,  e  sarebbe  più 
che  ad  altre  simile  all'È,  spiralis,  per  quel  tanto  almeno  che  se  ne  scorge.  L'Exogyra  di 
Argenterà  si  avvicina  pure  all'  E.  reniformis  Goldf.  quasi  tanto  come  alla  prima,  ma  con 
esemplari  così  imperfetti  come  quelli  che  ho  potuti  ottenere  non  si  può  sciogliere  il  dubbio 
a  quale  delle  due  specie  sicuramente  appartenga,  per  conseguenza  le  ho  dato  il  nome  della 
specie  che  più  le  si  accosta  nell'abito  generale. 

Tanto  l'Exogyi'a  spiralis  quanto  la  reniformis  sono  per  tutte  le  regioni  che  circon- 
dano il  versante  nordico  delle  Alpi  caratteristiche  delle  più  alte  assise  del  giura  superiore 
e  si  incontrano  in  esse  frequentemente  ed  in  numero  stragrande  di  individui  insieme 
associati. 

Genere  Patella. 

Non  se  n'è  finora  riscontrata  che  una  sola  di  piccolissime  dimensioni  di  forma  conica 
■ben  pronunziata,  ma  con  apice  distrutto  e  non  affatto  determinabile  specificamente.' 

Per  finirla  coi  lamellibranchi,  dirò  d'avere  ancora  dinanzi  una  diecina  di  frammenti 
appartenenti  a  questa  classe  di  molluschi  pei  quali  però  sarebbe  arrischiato  un  qualsiasi 
generico  accostamento. 

BKACHIOPODI 

Terehratuìidi. 

Genere  Terebratula. 

Le  Terebratule  non  sono  infrequenti  nel  calcare  di  Argenterà.  Alcune  verniero  già 
raccolte  dal  Prof.  Sismonda  nel  1845,  e  di  queste  appunto  fu  fatto  cenno  nel  suo  lavoro 
citato  sulla  classificazione  dei  terreni  stratificati  delle  Alpi  tra  il  monte  Bianco  e  la  Contea 
di  Nizza,  e  venne  data  la  figura  nel  JhiU.  de  in  Soc.  Géol.  de  Francr,  ser.  2,  Voi.  5, 
1848,  pag.  412.  Venivano  allora  nominate,  oltre  le  T.  (Rhynchonella) ,  tetrahcdra, 
V.  Buch.  e  Concinna  Sow. ,  le  specie  seguenti  :  T.  perovalis  Sow. ,  T.  globata  Sow. ,  T.  biplicata 
Sow.,  T.  biplicata  var.  inflata  v.  Buch..  Altre  due  specie  erano,  sebbene  non  citate,  state 
rinvenute,  portavano  in  collezione  l'indicazione  di  T.  orbicularis  Sow.  e  T.  sp.  della  fami- 


(1)  Vedi  GoLDK  ,  Op.  cit.,  Parte  2,  pag.  33,  Tav.  6,  fig.  4.  —  Que.nstedt,  v/ttra,  pag.  752,  Tav.  91, 
fig  31-32  -  Th.  et  Er.,  Op.  cit..  pag.  24  (Ostrea  ,  Tav.  39,  fig.  73.  —  Quenstedt,  Handb.  d.  Petref. 
Ed.  1867,  pag.  600,  Tav.  51,  fig  35.—  Pillet  et  From.,  Op.cit.,  pag.  132,  Tav.  14,  flg.  22-23.  —  Vedi 
ancora  por  la  E.  reniformis  Goldf:  Goldk  ,  Op.cit.,  pag.  34,  Tav  86,  fig.  6-7. 


44  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

glia  delle  Jugatae,  v.  Buch.  A  (questo  materiale  aggiunsi  quello  da  me  stato  raccolto  nella 
località  e  sottoposi  il  tutto  ad  una  nuova  determinazione,  aiutata  da  alcuni  fra  i  lavori 
pubblicati  su  corrispondenti  terreni  delle  regioni  che  ci  attorniano.  Il  risultato  fu  di  avere 
dinanzi  1 7  specie  di  Brachiopodi,  fra  cui  1 4  appartenenti  al  genere  Terebratula  e  sotto- 
generi Waldheiraia  e  Terebratulina  0  al  genere  Rhynchonella  ed  uno  al  genere  Crania. 

X.    1    Terebratula   Sìqìrajureiisis   Th.    (1). 

Questa  specie  tengo  rappresentata  da  quattro  incompleti  esomiilari,  di  cui  due  già 
raccolti  dal  Sismonda  (coli "indicazione  appartenenti  alla  famiglia  delle  Jugate,  v.  Buch)  (2). 
e  due  raccolte  ultimamente  da  me.  Questi  esemplali,  quantunque  un  po'  più  piccoli  in 
generale,  conispondono  abbastanza  alla  descrizione  ed  alla  figura  che  ne  danno  i  due 
citati  Autori. 

La  T.  suprajui'ensis  è  caratteristica,  come  lo  indica  il  proprio  nome,  dei  tenoni  giu- 
rassici superiori,  a  partire  dal  coralliano  superiore  :  difl'ondendosi  ed  acquistando  in  numero 
di  varietà  e  di  individui  nel  Kimmeridge,  (3)  per  diminuire  in  seguito  di  voliune  e  di 
quantità  nel  Portland. 

N.   2    Terebratula  bieskidettsis  Zeuschn.    (4). 

Anche  questa  specie  è  rappresentata  da  esemplari  trovati  prima  dal  Prof.  Sismonda 
e  da  altri  da  me  rinvenuti.  Questa  specie  che  in  Isvizzera  è  abbastanza  variabile  si  presenta 
da  noi  un  po'  più  costante  sia  nel  volume,  che  nella  forma,  almeno  tanto  posso  dire  dei 
C  individui  che,  oltre  ad  alcuni  frammenti,  ho  dinanzi  e  che  presentano  ad  un  dipresso 
gli  stessi  caratteri  che  li  fanno  avvicinare  piuttosto  alla  varietà  meno  rigonfia  figurata  dai 
citati  Autori  nelle  figure  2  a,  b,  e,  che  alle  seguenti  <1,  r,  f. 

Questa  specie,  più  rara  della  precedente  ed  avente  una  minor  estensione  verticale,  si 
incontra  in  Isvizzera  alla  sommità  del  teiTcno  coralliano  presso  al  limite  suo  col  Kim- 
meridge. 


'o^ 


N.   3    Terebratula   nrbrodensìs  Gemm.   (5). 

Questa  specie  stabilita  dal  Gemmellaro  nel  terreno  titonico  del  nord  della  .Sicilia 
venne  pur  da  me  trovata  nel  conùspondcnte  teiTeno  di  Argenterà.  Non  ne  ho  che  due  ben 
guasti  esemplari,  i  quali,  pei  pochi  caratteri  ancor  conservati,  paiono  dover  essere  riferiti 
a  questa  specie. 


(I)  Vedi  Thurm,   e.l  Et  ,  Op.cit.,  pag.  283,  T;iv.4l,  fìg.  I . 

'2)  Vodi  Essai  iV  une  classification  et  d'une  d escri ption  des  tercbratules ,  par  Leopold  de  Buch. 
Traduit  <le  l'.Mlemand  par  H.  Le  Cocq  ;  Mem.  de  la  Soc.  gèol.  de  France,  \"  Séiio,  T.  3"",  1838,  1"  Parile, 
pag.  201  et  suiv. 

(3)  Por  la  donominazione  dei  terreni  e  dei  piani  seguo  per  la  più  gran  parte  il  gran  quadro  pub- 
blicato dal  Renevier  nel  1874  nel  Bull,  de  la  Soc.  Vaud.  d.  Se.  Nat.,  N°'  70,  71  et  72,  Lausanne. 

(4)  Vedi  Tii.  ed  Et.,  Op.  cit.,  p  284,  T.  41 ,  fìg.  2.  —  .\.  Favre,  Op.  cit.,  p.  340,  Tav.  B,  fig.  7.  —  E  Favbe, 
Description  des  fossiles  des  couches  Tithoniques  d<'s  Alpes  Fribourgeoises.  Mém.  de  la  Soc.  Paléont.  Suisse, 
Vol.O.  1879,  pag.53,  Tav.  4,  fig  O-IO  (della  memoria). 

{.'))  Vedi  Studi  PaUont.  sulla  fauna  del  cale,  a  T.janitor  del  N.  di  Sicilia,  Parte  3«,  1871,  pag.  7, 
Tav.  2,  fig.3-4. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  45 

N.   4    Tercbratula  hisuffarcinata  Schloth.   (1). 

La  Terebratula  bisuffarciuata  caratteristica  dei  terreni  immediatamente  inferiori  al 
Kimmeridge,  e  del  Kimmeridge  stesso  venne  pure  ritrovata  nel  banco  fossilifero  di  Ar- 
genterà. In  tutto  ne  ho  dinanzi  un  individuo  incompleto  ed  un  frammento  di  un  secondo, 
entrambi  vennero  raccolti  dal  Prof.  Sismonda,  ed  il  migliore  venne  da  lui  figm-ato  nel 
1848  (loc.  cit.)  sotto  la  designazione  di  T.  biplicata  Sow.  var.  Inflata.  v.  Buch.  Essendosi 
più  tardi  la  specie  di  Sowerby  riconosciuta  come  composta  di  specie  diverse,  a  me  tocca 
ricordare  come  la  specie  di  Argenterà  si  avvicini  piuttosto  alla  T.  bisuffarciuata  Zeusch. 
Dalla  T.  bisuffarciuata  lo  Zittel  ed  il  Gemmellaro  separarono  la  T.  pseudobisuffarcinata, 
la  quale  però,  parmi  abbia  colla  specie  di  Argenterà  minore  relazione  clie  la  vera  bisuf- 
farcinata. 

Questa  specie  godrebbe,  tenendosi  talora  nel  giura  medio,  ma  il  più  sovente  nelle 
assise  superiori  della  formazione  oolitica  e  particolarmente  in  piani  corrispondenti  al  Kim- 
meridgiano,  di  una  grandissima  estensione  geogi'afica.  trovandosi  in  Ingliilterra,  nel  mezzodì 
della  Germania,  in  Francia  e  Savoia,  ed  or  nelle  Alpi  marittime,  essendo  rappresentata 
ad  Oriente  ed  a  Mezzogiorno  dalla  pseudobisuffarcinata  Gemm. 

N.   5    Ttrcltraiula   cnrpathira   Zitt.   (2). 

Gli  esemplari  rappresentanti  ad  Argenterà  questa  specie  furono  raccolti  in  numero 
di  2  dal  Prof.  Sismonda,  e  portavano  in  un  con  un  esemplare  della  T.  suprajurensis  la 
designazione  di:  T.  della  famiglia  delle  Jugatae.  Toltone  1" esemplare  appartenente  al- 
l'altra specie  parvemi  di  dover  accostare  i  due  rimanenti  alla  Terebratula  carpathica 
dello  Zittel  quantunque  non  avessi  ancor  a  mano  il  lavoro  originale  dello  stesso  Autore, 
ma  mi  dovessi  servire  del  disegno  degli  individui  di  Lemenc  riferito  a  questa  specie  e  coi 
quali  perfettamente  concordano. 

La  T.  carpathica  rappresenta  tanto  a  Strainberg  quanto  a  Lemenc  il  terreno  titonico. 

.V.   6    Terebratula  nucleata   Schloth.?  (3). 

Di  due  esemplari  della  collezione  Sismonda.  che  dapprima  mezzo  rinchiusi  nella 
roccia  avevo  attribuito  alla  T.  Moravica  (Glocker  sp.),  dopo  averli  completamente  estratti, 
l'uno  v(Miiie  riferito  alla  T.  bisuffarciuata,  l'altro  alla  T.  nucloata  Schloth.  alla  quale 
ultima  riferii  poi  ancora  2  imperfetti  individui  raccolti  nella  campagna  1880.  Essa  almeno 
concorda  colla  descrizione  e  colle  figure  date  dal  Pillet  per  le  Terebratule  di  Lemenc 


(I)  VeJi  Bull.  Soc.geol.de  Fr.,1  Sei-,  Voi.  5,  1818,  la  Tav.  a  pag.  4|-2,  fig.  1 1  a  h  ;T.  biplicata  Sow. 
[var.  inflata  v.  Buch])  —  Quenst.,  Jura,  pag.  648,  Tav.  79,  fig  17-19.  —  Pillet  et  From.,  Op.  cit.,  pag.  31, 
Tav.  4,  fig.  10-11  e  pag.  GO.  —  Vedi  anche  per  la  T.  pseudo-biauffarcinata  Gemm.  Op.  cit.,  p.  9,  Tav.  2, 
fig.  7.—  Inoltre  Sow.,  Min.  Condì.,  Voi.  5,  pag.53,  Tav.  437,  fig.  23.  Voi  1,  pag.  201,  Tav.  90.  -  L.  v. 
Buch.,  Op.  cit.,  pag.  2'..'0. 

(2|  Vedi  Zittel,  Aelt.  Tithonbild.  ÌSl^,  pag.  255,  Tav.  38,  fig.  6-8.  —  Pillet  et  From.,  Op.cit.,  p.79, 
Tav.  9,  fig  24-26  —  E.  Favre,  Faune  tithonique  des  Alpes  Fribourgeoises,  pag.  52. 

(3)  Vedi  Pillet  et  From.,  Op.cit.,  pag.  56,  Tav.  6,  fig.  16-19.—  Vedi  pure  perla  T.  moravica  Tu. 
ed  Et.,  Op.cit.,  pag  286,  Tav.  41,  fig.  8  —  Favre  A.,  Op.  cit.,  pag.  339,  Tav.  B,  fig.  6.  —  Gemmelu, 
Op.cit.,  pag.  9-10,  Tav.2,  fig.8-13.—  Pillet  et  From.,  Op.cit,  pag.  78,  Tav.  9,  fig.  9- 14,  Tav.  1 1,  fig.  6. 


46  Sri    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

riferite  a  questa  specie,  invece  non  ha  alcuna  relazione  con  quelle  riferite  dal  Quenstedt 
alla  stessa  specie  e  da  lui  descritte,  pag.  038  e  figurate  Tav.  70,  fig.  12-11). 

L'esemplare  in  questione  ha,  come  quelli  di  Lemenc,  una  forma  subpentagonale  più 
lunga  che  larga  a  superficie  liscia,  gran  valva  molto  rigonfiata,  e  piccola  valva  molto  più 
appiattita,  bordo  diritto  in  tutto  il  suo  percorso  e  ad  uncino  non  molto  ricurvato  (il  del- 
tidio  pochissimo  sviluppato).  Questa  specie  è.  come  ricordai,  i)ropria  al  terreno  titonico  di 
Lemenc  e  può  benissimo  essersi  diffusa  fin  nelle  Alpi  marittime  ad  Argenterà. 

iV'.    7    TerehraUila  hiUiemrnsis  Gemm.    (1). 

Ho  cosi  nominati  tre  individui  di  Terebratula  provenienti  dall 'Argenterà  ed  ivi  rac- 
colti dal  Sismonda,  nella  cui  raccolta  si  trovavano  sotto  le  denominazioni  di  Terebratula 
biplicata  Sow.  var.  lata,  e  di  Terebratula  globata,  come  pure  tre  individui  da  me  colà 
raccolti.  Tutti  hanno  una  forma  assai  rigonfia,  tanto  la  piccola  che  la  gran  valva  piuttosto 
convesse.  Il  seno  frontale  della  gran  valva  è  abbastanza  sviluppato  e  stretto,  la  commes- 
sura flessuosa,  facendo  ai  fianchi  una  curva,  la  cui  convessità  è  rivolta  vei"so  la  piccola 
valva  ed  alla  fronte  due  laterali  concave  vei"S0  la  stessa  piccola  valva,  ed  una  mediana 
concava  verso  la  grande.  L'apice  poco  sviluppato  è  curvato  sulla  piccola  valva  e  attra- 
versato da  una  piccola  apertiu'a.  Il  delticlio  pare  affatto  nascosto.  Le  valve  paiono  poi 
ancora  marcate  da  oscure  ripiegature,  da  poche  e  sottili  lineo  di  accrescimento  e  da  mi- 
nutissime strie  radiali.  Nel  loro  abito  generale  gli  individui  di  Argenterà  presentano  ol- 
treché alla  specie  nominata  una  certa  analogia  colla  T.  formosa  Suess  del  monte  Salève 
(vedi  Favre,  Eech.  gc'ol.  d.  1.  Savoie,  Pieni.,  Siiisse  vois.  du  moni  JBìanc,  Voi.  1, 
pag.  341,  Tav.  B,  fig.  8),  dalla  quale  differiscono  per  minor  sviluppo  delle  pieghe  longi- 
tudinali e  per  minor  lunghezza. 

La  Terebratula  Billiemensis,  che  in  numerosi  esemplari  si  riscontra  nel  titonico  infe- 
riore di  Sicilia,  può  aver  avuto  con  tutta  probabilità  anche  rappresentanti  nelle  Alpi 
marittime  e  della  Savoia. 

X.  8    Terebratula  himernensia  Cìemm.  (2). 

Attribuisco  a  questa  specie  propria  del  titonico  inferiore  di  Sicilia  un  individuo  di 
Argenterà  da  me  riscontrato  nella  collezione  Sismonda  fra  gli  individui  appartenenti  alla 
Terebratula  biplicata  (var.  inflata).  L'individuo  è  come  gli  altri  non  molto  ben  conser- 
vato, anzi  in  più  modi  ripiegato  e  guasto,  per  modo  che  gli  è  sol  dubbiamente  che  io  lo 
riferisco  alla  specie  in  questione. 

N.   fi    Terehratnla  Parandieri  Et.   (3). 

Iliferi.sco  pur  colla  massima  riserva  alla  T.  Parandieri  3  individui  da  me  trovati  ad 
Argenterà,  e  la  cui  determinazione  non  fu  fatta  che  dietro  l'abito  generale  esterno,  essendo 
gli  esemplari  mancanti  delle  parti  necessarie  ad  una  buona  e  scientifica  determinazione. 


(l;  Vedi  (ìe.mmei.i...  Op.  oit.,  pag.  16,  fit'.  lO-Cl 

(2)  Velli  (Iemm.,  Op.cit.,  pag.  17,  Tav.  4,  fig.  1. 

(3)  TH.ed  Kt.,  Op.cit.,  pag.  288,  Tav.  42,  fig.  1. 


PER    ALESSANDRO    POKTIS  47 

La  T.  Parandieri  si  incontra  in  piccolo  numero  di  individui  nel  piano  coralliano 
della  Svizzera,  per  conseguenza  di  poco  inferiormente  alle  specie  precedenti. 

N.   10    Tfrehratula  globata  Sow.    (1). 

Uno  degli  individui  raccolti  ad  Argenterà  dal  Sismonda  e  riferiti  alla  T.  globata 
Sow.  (non  però  quello  raffigurato  sotto  tal  nome  in  Bnlì.  d.  ì.  Soc.  Géoì.,  1848,  Tav.  A, 
pag.  411,  fig.  9,  che  venne  da  me  riferito  alla  Terebratula  rupicola  Zitt.),  pare  vera- 
mente appartenere  a  questa  specie,  quantunque  le  due  pieghe  della  piccola  valva  paiano 
risalire  più  in  su  che  negli  individui  figurati  dal  Sowerby,  avendo  la  loro  origine  presso 
all'apice  della  valva.  Del  resto  è  una  piccola  forma  fortemente  rigonfia,  a  bordo  for- 
temente sinuoso  massime  dal  lato  frontale  e  con  apice  forte  e  fortemente  carenato. 

Essendo  l'esemplare  ridotto,  come  per  quasi  tutte  le  altre  specie,  a  modello  interno, 
non  ho  molti  indizi  sopra  la  striatura  della  conchiglia,  panni  però  che  le  strie  concentriche 
di  accrescimento  dovessero  essere  ben  poco  sentite. 

La  Terebratula  globata  Sow.  gode  in  Inghilterra  di  una  grandissima  estensione  stra- 
tigrafica abbracciando  tutto  il  giura  superiore  al  lias  fino  al  coralliano. 

N.    11    Tprebratula  Euthymi  Pictet  (2). 

Una  bella  piccola  forma  mi  venne  pur  fatto  di  riscontrare  ad  Argenterà,  ed  è  la 
Terebratula  Euthimi  Pictet.  Sventuratamente  non  ne  possiedo  ancora  che  un  solo  difet- 
toso individuo,  pur  tuttavia  sono  in  esso  ben  distinte  :  nella  gran  valva  le  due  gi'osse  pieghe 
dorsali  collo  stretto  solco  mediano,  e  nella  piccola  sono  meno  visibili  le  tre  pieghe  carat- 
teristiche della  specie.  La  commessura  delle  due  valve  è  lateralmente  sinuosa  pella  metà 
superiore  colla  convessità  rivolta  alla  piccola  valva:  meno  nella  metà  inferiore;  nel  bordo 
frontale  essa  non  par  che  leggerissimamente  sinuosa  verso  la  metà.  La  gran  valva  è  mar- 
cata da  forti  linee  concentriche  di  accrescimento  che  rendono  nodosi  gli  apici  delle  pieghe. 
L'apice  è  fortissimo  e  molto  i-ipiegato  sulla  gran  valva. 

Se  i  ravvicinamenti  indicati  dal  Pillet  son  esatti,  cosa  di  cui  non  dubito,  questa  specie 
oltre  all'esser  stata  trovata  nei  terreni  Titonici  e  Kimmeridgiani,  osservata  nelle  regioni 
appai-tenenti  al  versante  nordico  delle  Alpi,  e  a  gran  parte  del  Giura,  verrebbe  coU'indi- 
viduo  di  Argenterà  d' or  innanzi  indicata  anche  in  terreni  di  egual  età  collocati  al  di  qua 
delle  Alpi. 

N:    12    Terebratula  cf.   Boiiri  Zeuschn  (3). 

La  Terebratula  Bouei  Zeuschn,  la  quale  è  già  stata  raccolta  in  alcuni  classici  giaci- 
menti Titonici,  pare  debba  pxire  esser  rappresentata  nel  calcare  di  Argenterà,  giacché  due 
frammenti  stati  trovati  nella  campagna  1880  nello  spaccare  alcuni  massi  dello  stesso  cal- 
care, paiono  più  che  ad  ogni  altra,  dover  essere  accostati  a  questa  specie. 


(1)  Vedi  Sow.,  Op.  cit ,  Voi.  5,  pag.  51,  Tav.  436,  fig.  1. 

(2)  Velli  PiLLET  et  From.,  Op.cit.,  pag.  78,  Tav.  9,  fig.  18-20.  -  E.  Favre,  Description  des  fossiles 
des  couches  Tithoniqufs  des  Alpes  Fribourgeoises.  Mim.de  la  Soc.  paléont.  Suisse,  Voi.  6,  IS'Q,  pag.  50, 
Tav.  5,  fig.  3  (ilella  memoria). 

(3)  Vedi  ZiTTEi.,  Fauna  d.  Aeìt.  cephal.  fuehr  "fit.  Bild.,  pag.  131,  Tav.  13,  fig.  15-24.—  E.  Favre, 
Faune  lithon.  des  Alpes  Fribourg.  1819,  pag.  51. 


48  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

N.    1-^    Tcrphrnfvìa   ivitis  Suess   (1) 

Oltre  la  precedente  e  la  seguente,  le  ricerche  fatte  nel  1880,  hanno  pur  condotto  a 
ritrovar  la  presente  specie  la  cui  determinazione  però  può  esser  incertissima  per  esser  basata 
su  due  molto  meschini  esemplari  che  non  offiiiono  altro  che  la  forma  generale  esterna, 
questa  ancora  in  alcune  parti  visibilmente  alterata. 

Se  la  presenza  della  Terebratula  mitis  fosse  per  Argenterà  accertata,  vi  avremmo  una 
nuova  specie  titonica  caratteristica  sendosi  tanto  a  Stramberg  quanto  a  Favarotta  in  Si- 
cilia trovate  in  depositi  Titonici  ben  accertati. 

N.    14    Terebratula  BìUinehi  Suess  (2). 

La  T.  Biliraeki  Suess.  essa  pure  caratteristica  dei  giacimenti  Titonici  dei  Carpati, 
delle  Alpi  e  di  Sicilia,  non  è  finora  rappresentata  nel  giacimento  che  ci  occupa,  che  con 
4  individui  tutti  ancora  giovanissimi,  il  più  grande  dei  quali  non  arriva  ancora  ad  un 
centimetro  di  larghezza.  Essi  però  paion  portare  i  caratteri  della  specie  ed  accostarsi ,  più 
che  ad  altri,  agli  individui  di  simili  dimensioni  descritti  e  figurati  da  E.  Favre  e  prove- 
nienti da  Riondanaiie. 

N.    15    Terebratula  sjì.   (3). 

Il  Sismonda,  nella  già  citata  lettera  ad  K.  de  Beaumont,  inserta  per  sunto  nel  Bol- 
lettino della  Società  Geologica  di  Francia .  presenta  nella  fig.  8  una  nuova  Terebratula 
referendola  alla  T.  perovalis  Sow.  Ho  esaminato  diligentemente  i  due  esemplari  che  nella 
collezione  portano  questo  nome  (fra  cui  l'originale  della  figura),  li  ho  paragonati  alle  figure 
originali  del  Sowerby,  ma  non  posso  assolutamente  adattarmi  a  considerarli  come  apparte- 
nenti a  questa  specie.  Dirò  di  più,  finora  in  nessuno  dei  giacimenti  giurassici  superiori  che 
ci  attorniano  ho  scorto  ima  forma  analoga  a  (i|uella  che  ho  dinanzi,  per  modo  che,  con 
tutto  il  rispetto  dovuto  a  chi  prima  di  me  si  occupò  di  questi  fossili,  dovetti  rassegnarmi  a 
considerarlo  come  una  nuova  specie. 

La  citata  figura  del  Sismonda  è  esattissima  e  ci  presenta  una  Terebratula  (non  cono- 
scendone rinterno  non  oso  affermare  sia  una  Waldheimia,  come  il  suo  abito  estemo  me  la 
fa  suppon-e)  allungatissima  (mm.  29)  in  proporzione  della  sua  larghezza  (mm.  11)  e  del 
suo  spessore  (mm.  (i)  a  piccola  valva  più  rigonfia  della  grande  e  ad  essa  unita  con  una 
commessura  pressoché  diritta  in  tutto  il  circuito  della  conchiglia.  Questa  Terebratula  è 
come  appuntita  alla  sua  estremità  frontale  ed  è  visibilmente  asimmetrica  in  ambidue  gli 
esemplari  che  ho  dinanzi,  la  superficie  delle  valve,  oltre  a  traccie  di  lievi  pieghe  longitudi- 
nali sensibili  al  tatto,  mostra  pure  alcune  linee  concentriche  di  accrescimento  e  finissime 
strie  longitudinali. 


(1)  Vedi  (Jemmkli.aro,  Sludi  paleotit.s.  fauna  a  T.  janilor  d.  S.  d.  Sicilia,  Parto  3*,  1871,  pag  13, 
Tav.  3,  fig.  4 

^2)  Vedi  ZiTTEL,  Fauna  Aell.  Tit.  7?t'W.,  pag.  138,  Tav.  14,  fig  9.—  Gemmellabo,  Faujia  a  lerebr. 
janilor  J.  N.  d.  Sicilia,  pag.  13,  Tav.  3,  fig.  Ti-O.  — .li.  Favre,  Couches  Tithon.  d.  Alpes  Frib.,  pag.  53, 
Tav.  5,  fig.  4-5. 

(3)  Vedi  Bult.\8lS,  Tav.,  p.411,  fig.8.-  Sow.,  Op.  cit.,  VoL  5,  p.5l,  Tav.  431,  flg.2-3. 


PER    ALESSANDRO    POETIS  49 

L'apice  anch'esso  fortemente  asimmetrico  è  forte,  molto  ricurvato  sulla  piccola  valva 
e  portante  un'apertura  relativamente  assai  grande  senza  che  sia  visibile  traccia  di  deltidio. 

Come  dianzi  accennai,  non  saprei  avvicinarla  ad  alcuna  delle  specie  giurassiche  a  me 
note,  se  non  fosse  un  poco  la  seguente. 

X.    16    T.    (Wnìrìheimia)   ilrlrmontlana   Opp.    (1). 

Ho  riferiti  a  questa  specie,  oltre  a  parecchi  frammenti.  7  esemplari  di  cui  2  apparte- 
nenti alla  collezione  Sismonda.  Tutti  e  7,  quantunque  presentanti  fra  loro  piccole  differenze, 
si  accostano  pei  caratteri  loro  esterni  alla  specie  oppeliana.  Tutti  son  leggermente  asim- 
matrici,  non  nel  grado  però  della  specie  precedente  dalla  quale  differiscono  pure  per  minor 
proporzionale  lunghezza,  presenza  di  carene  laterali  all'apice  e  maggior  convessità  dell'in- 
tiera conchiglia. 

La  Waldheimia  delemontiana  trovasi  nella  catena  del  giura,  nei  teiTcni  immediata- 
mente inferiori  al  Kimmeridge. 

N.    17    T.   (TcrebratuUna)  substriata  Schlot.    (2) 

Non  ho  che  un  piccolo  incompleto  individuo  riferibile  a  questa  graziosissima  specie 
propria  del  Titonico  di  Stramberg,  Nattheira  e  Lemenc.  È  facilmente  riconoscibile  ai  suoi 
caratteri  esterni  unici  conservati. 

Genere  Rhynchonella. 

N.    1    Rhynchonella  senikonstans  Et.    (3). 

I  due  esemplari  di  Kynchonella  che  nella  citata  lettera  del  Sismonda  erano  stati  rife- 
riti alla  T.  (Khynchonella)  concinna  Sow,  paionmi,  dopo  un  nuovo  accurato  esame  delle 
parti  conservate  in  confronto  colle  figure  del  Sowerby,  appartenere  piuttosto  alla  Rh.  semi- 
constans  Et.  almeno  colla  descrizione  e  figura  della  medesima  concordano  essi,  a  quanto 
pare,  completamente. 

La  Rh.  semiconstans  si  incontra  nel  Giura  superiore.  Svizzera,  nei  banchi  immedia- 
tamente inferiori  al  piano  Kimmeridgiano. 

N.   2   Rhynchonella   Thurnianni  Bronn  (4). 

La  Rh.  Thurmanni  che  si  incontra  comunemente  nei  terreni  Giurassici  superiori  (Co- 
ralliano  inferiore  di  Thurmann)  della  Svizzera  occidentale  e  della  Francia  orientale,  pare 
sia  anche  rappresentata  da  noi,  ciò  almeno  secondo  due  individui  ultimamente  raccolti,  i 
cui  riconoscibili  dettagli  consuonano  colla  descrizione  datane  dal  Thurmann. 


(1)  Vedi  Th.  e.l  Et.,  Op.  cit.,  pag. 'J89,  Tav.  42,  fig.  2  C  ?  —  Quenstedt,  Jura,  pag.747,  Tav.91, 
fig.  13-1 1. 

(2)  PiLLET  et  From.,  Op.cit.,  pag.58,  Tav.  4,  fig. 24-25,  pag.82,  fig.  29-30. 

(3)  Vedi  Sow.,  Op.cit..  Voi.  1,  pag  192,  Tav.  85,  fig.  6.  —  TH.ed  Et.,  Op.  cit.,  pag.  290,  Tav.  42, 
fig.  4.  Bull.  Soc.  geul.  Fr.,  1848,  Tav.,  pag.  411,  fig.  7  (T.  concinna). 

(1)  Vedi  ZirTEL,  Fauna  d.  Aelt.tUhonbild.,  pag.147,  Tav.  14,  fig.  29-31. 

Serie  II-  Tom.  XXXIV.  d*** 


50  SUI    TERKESI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

N.    3  Rhynchonclìa  Hoheneggrri  Suess  (1). 

Non  è  finora  stata  riconosciuta  alle  Grangie  che  per  due  frammenti  mal  conservati  e 
molto  investiti  dalla  roccia. 

Questa  specie,  la  cui  presenza  alle  Grangie  ha  ancor  bisogno  di  conferma,  trovasi  del 
resto  nei  giacimenti  Titonici  tipici  dei  Carpazi  quali  Stramherg  e  Rogoznik. 

N.  4  Rhynchonelld  copili  afa  Zitt.  (2). 
Questa  specie,  abbastanza  riconoscibile  per  la  sua  esterna  scoltura,  si  rese  pur  mani- 
festa con  iliversi  frammenti  comparsi  mentre  estraevo  dalla  roccia  gli  altri  fossili.  La  forma 
e  struttura  di  questi  frammenti  e  la  loro  ornamentazione  portano  a  credere  che  abbiano 
realmente  appartenuto  alla  Eh.  capillata  Zitt.  la  quale  gode  d'altronde  di  una  grande 
estensione  geografica  abbracciando  quasi  tutta  la  regione  mediterranea  dell'Europa  occi- 
dentale. 

N.   5  jRhynchoneUa  cf.   tatrica   Zeuschn.    (3). 

Un  solo  frammento  molto  guasto  di  Rhvnchonella  ricorda  questa  specie  per  il  poco 
visibile  di  sua  forma  e  più  pel  modo  di  sua  scoltiu-a;  è  però  molto  incerto  che  vi  appartenga. 

La  Rh.  tatrica  si  riscontrerebbe  secondo  lo  Zittel  assai  raramente,  e  per  lo  più  in 
valve  separate  (come  per  Argenterà),  nel  giacimento  titonico  di  Rogoznik. 

N.   6   Bliinchonclht   trlralicdrit   Sow.   (4) 

Questa  specie  è  rappresentata  dai  tre  esemplari  raccolti  nel  1845  dal  Sismonda,  il 
migliore  dei  quali  fu  (ristorato)  rappresentato  noUa  citata  tavola.  A  me  non  occorse  dap- 
prima di  trovare  alcun  individuo  né  di  questa  specie,  ne  della  R.  semiconstans,  era  per  con- 
seguenza per  me  una  fortuna  il  poter  completare  col  materiale  del  Sismonda  il  catalogo 
delle  specie  fossili  di  Argenterà  da  me  raccolto.  Successivamente  però  raccolsi  ancora  un 
paio  di  esemplari  riferibili  alla  presente  specie ,  nonché  tutti  i  rappresentanti  delie  altre 
specie  citate  di  Rhynclionella. 

La  Rh.  tetrahedra  sarebbe  in  Ingliilterra  e  Germania  caratteristica  piuttosto  del  lias 
e  della  formazione  giurassica  inferiore,  sarebbe  per  conseguenza  in  opposizione  completa 
con  tutte  le  altre  specie  finora  trovate;  frattanto  io  non  jìosso  negare  che  questa  deter- 
minazione di  brachiopodi  da  me  fatta  è  in  molti  casi  dubbiosa  assai,  causa  il  cattivo  stato  • 
generale  di  conservazione,  per  modo  che  se  trovando  altri  individui  meglio  conservati  verrà 
forse  da  una  parte  ridotto  il  numero  delle  specie  da  me  citate,  può  anche  darsi  che  gli 
individui  che  furono  riferiti  a  quest'ultima  specie  di  Rinconella  vengano  invece  riferiti  a 
qualche;  altra  specie  che  meglio  che  la  Rh.  tetrahedra  si  armonizzi  col  restante  della 
fauna  del  banco  di  Argenterà. 


(1)  Vedi  ZiTTEL,  Aell.,  tilhonbitd.,  pag  149,  Tav.  \ i,  fijj  38-41.  —  Gemmellaro,  Fauna  a  Ter.janitor 
d.  N.  d.  Stcilta,  pag.  28,  Tav.  4,  fig.  16.  —  E.  Favre,  Couches  tUhoniques  des  Alpes  fribourg.,  pag.  61 ,  Tav.  Xì, 
flg  rM3. 

(2)  Vedi  Zittel,  Aelt  Tilhonbild  ,  pag.  147,  Tav.  M,  fig  3'2. 

(3)  Vedi  Sow.,  Op  cit.,  Voi.  I,  pag.  191,  Tav.  83,  fig.  4.—  Bull.  Soc.Geol.d.Fr  ,  1818,  Tav  ,  p.411, 
flg.  6. 

(4)  Vedi  Thurm  e  Etall.,  Leth.  Brunir.,  pag.  291,  Tav.  42,  fig.  6. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  51 

Genere  Crania. 
Crania  corallina   Quenst.    (1). 

Sopra  un  frammento  di  roccia  in  cui  gli  agenti  atmosferici  han  messa  a  nudo  una 
certa  quantità  di  fossili,  ho  ravvisata  una  piccola  (3  "'"')  valva  superiore  di  Crania.  Essa 
non  presenta  che  la  superficie  esterna  la  quale  è  ornata  da  una  serie  (in  tutto  1 8)  di  coste 
raggianti  da  un  punto  eccentrico  alla  conchiglia  che  venne  distrutto,  lasciando  così  pene- 
trare il  guardo  nell'interno  della  conchiglia.  Non  vi  si  scorge  però  altro  che  una  piccola 
lamella  calcarea  longitudinale  che  pare  a  mo'  di  sette  dividesse  in  due  il  campo  interno 
della  valva.  Farmi  dover  riferire  questo  esemplare  di  Crania  alla  C.  corallina  di  Quenstedt, 
colla  quale  ha  qualche  relazione. 

In  un  paio  di  individui  trovati  in  seguito  su  di  un  secondo  frammento  di  roccia  potei 
assicurarmi  (avendo  dinanzi  l'interno  della  valva  inferiore)  della  presenza  delle  Cranie  in 
Argenterà. 

BKIOZOI 

Dopo  la  mia  campagna  del  1879,  così  ero  costretto  a  dire,  parlando  dei  Briozoi  : 
Questi  sono  finora  scarsamente  rappresentati  nella  fauna  di  Argenterà  ;  la  piccolezza  loro 
e  la  natura  del  calcare  eminentemente  alterato  dalla  spatizzazione  li  fanno  molto  facil- 
mente sfuggire  alla  osservazione;  per  conseguenza  quantunque  io  non  abbia  finora  raccolti 
che  due  esemplari  rappresentanti  due  diverse  famiglie  di  Briozoi  (Berenicea  e  Cellepora), 
vista  la  natura  della  fauna  rimanente  di  Argenterà  e  del  bassofondo  in  cui  essa  viveva, 
son  certo  che  la  classe  fu  molto  più  copiosamente,  tanto  per  riguardo  al  numero  dei  generi 
che  a  quello  degli  individui,  rappresentata  in  questo  mare. 

E  le  mie  previsionisi  avverarono.  La  campagna  del  1880  portò  la  scoperta  (princi- 
palmente nella  locaUtà  delle  Grangie)  di  una  quantità  notevole  di  Briozoi.  Ai  due  generi 
citati  dovetti  aggiungerne  altri  8  o  10,  ed  ho  certezza  che  altri  ancora  si  aggiungeranno 
successivamente. 

Ecco  intanto  questi  primi. 

N.   1   Genere  Diastopora  Lamx. 

Una  unica  colonia  fogliforme  strettamente  addossata  ad  un  frammento  di  roccia 
venne  attribuita  a  questo  genere,  le  cellule  vi  son  difficili.ssimaraente  visibili  e  paiono  essere 
state  cilindriche. 

N.  2  Genere  Berenicea  Lamx. 

Berenicea  densata   Et.   (2). 

Il  genere  Berenicea  è  rappresentato  in  Argenterà  sia  da  colonie,  di  cui  una  isolata 
costituente  una  lamina  irregolarmente  elittica  (maggior  diametro  10""")  ondulata  e  spessa 
a  quanto  pare  circa  un  millimetro.  La  colonia  si  mostra  costituita  da  una  miriade  di  in- 
dividui minutissimi  disposti  irregolarmente  in  strie  radianti  a  un  di  presso  dal  centro  della 


(1)  Quenstedt,  Jura,  pag.749,  Tav.9l,  fig.  19.  —  Pillet  et  Fro.m.,  Op.  cit.,  pag.83,  Tav.  10,  fig.5. 

(2)  Vedi  Th.  ed  Et.,  Op,  cit.,  pag.  29;',  Tav.  42,  fig.  10. 


52  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

colonia  ed  aventi  una  posizione  inclinata  dalla  faccia  inferiore  alla  superiore  ed  al  bordo 
della  colonia. 

Gli  intervalli  fra  una  stria  e  l'altra  son  minori  del  diametro  di  ciascuna  cellula. 
Quasi  ogni  cellula  ha  la  sua  faccia  superiore,  corrosa  per  modo  che  non  ho  potuto  deter- 
minare la  forma  e  posizione  dell'apertura  loro,  parmi  però  abbia  dovuto  essere  a  un  di 
presso  temiinale. 

Questo  briozoo  corrisponderebbe,  secondo  il  mio  modo  di  vedere,  abbastanza  alla  de- 
scrizione (la  figura  non  è  gran  che  utilizzabile)  che  fa  rfjtallon  della  Berenicea  densata 
alla  quale  l'ho  riferito. 

N.   3  Genere  Entalophora  Lamx. 

La  presenza  di  questo  genere  è  stata  determinata,  quantunque  in  assai  dubbio  modo, 
basandosi  sopra  un  unico  frammento  di  colonia  che  dovetti  sezionare  onde  poterlo  ricono- 
scere. Avrebbe  dimensioni  abbastanza  utilizzabili,  ma  è  i)rofondamente  spatizzato,  e  quindi 
inetto  ad  uno  studio  ulteriore.  La  forma  della  colonia  e  l'ordinamento  delle  celle  rendono 
probabile  che  si  tratti  del  genere  Entalophora. 

N.  4  Genere  Terebellaria  Lamx. 

Questo  genere  è  abbondantissimo  nei  calcari  di  Argenterà.  Tanto  alle  Grangia  che 
alla  G  oretta,  che  nel  vallone  di  Roburent  vi  costituisce  piccole  colonie  di  2  a  5"""  di 
dimensioni,  le  quali  talora  risaltano  molto  nettamente  in  bianco  sul  fondo  scuro  circostante, 
ed  hanno  allora  un  aspetto  ceroide  nel  (juale  nettamente  si  scopron  le  celle,  oppure  sono 
come  annegate  in  un  calcare  omogeneo  finissimo  che  non  presenta  altra  differenza  da  quello 
costituente  il  fossile  che  nella  sua  maggior  alterabilità  agli  agenti  esterni  ed  allora  riesce 
impossibile  1'  esame  microscopico  in  individui  freschi .  che  solo  vien  reso  un  po'  più  facile 
dalla  alterazione  della  roccia  per  cui  rendonsi  di  nuovo  evidenti  alcune  delle  celle. 

N.   5  Genere  Fascicularia  M.  Edw. 

Riferisco  a  questo  genere  una  grossa  colonia  solida  le  cui  celle  a  più  piani  raggiano 
da  un  centro  comune.  Quantumiue  non  abbia  potuto  vedere  la  superficie  di  questa  colonia 
la  sezione  che  ne  ho  ottenuta  risi>onde  abbastanza  all'ordinamento  che  si  osserva  in  molte 
specie  di  ijnesto  genere.  Non  fu  finora  trovato  che  nel  giacimento  della  Goretta. 

N.  6  Genere  Ceriopora  Goklf.   S.  str. 

Questo  elegantissimo  briozoo  ha  grandissima  jiarte  nella  fauna  di  Argenterà  (jiarti- 
colarmente  le  Grangie).  Si  costituì  su  colonie  scarsamente  dendroidi  dove  il  fusto  è  costi- 
tuito da  successivi  strati  sovrapposti  di  celle  che  sono  questa  volta  molto  ben  distinguibili 
quantunque  guasti,  iiicordano  molto  per  la  forma  e  disposizione  degli  strati  i  fossili  pa- 
leozoici descritti  dal  Goldfuss  sotto  il  nome  di  Calamopora  infundibulifera  var.  gracilis  e 
C.  spongites  (1)  <iuantunque  in  molto  minori  jiroporzioni. 

Del  genere  Ceriopora  ho  già  potuto  constatare  la  presenza  di  due  specie,  luna  den- 
droide 0  quasi  ed  a  cellule  poliedriche  ricordante  le  due  specie  sovraindicate  del  Goldfuss, 


(1)  00LDFU33,  Petref.  Q:rm..  Voi.  I,  pag.  79-81,  Tav.27,  fig.5,  Tav.  28,  fig.1. 


PER    ALESSANDKO    PORTI  S  53 

l' altra  come  mespiliforme  ed  a  cellule  più  cilindriche  accostantesi  molto  di  più  a  quella 
che  il  Ooldfuss  chiamò  Ceriopora  diadema  (1). 

N.   7  Genere  Radiopora  D'Orb. 

Constatato,  benché  con  non  sufficiente  sicurezza,  per  mezzo  di  un  unico  esemplare  del 
giacimento  delle  Grangie. 

N.   8  Genere  Heteropora  Bl. 

Questo  genere  è  nel  giacimento  delle  Grangie  quasi  altrettanto  diffuso  quanto  il 
genere  Ceriopora.  Ci  si  manifesta  con  colonie  ramifonni  ad  una  o  due  ramificazioni  e  nelle 
quali  sono  ancora  sufficientemente  distinguibili  le  singole  cellule  a  cono  allungato  partenti 
dal  centro  del  ramo  e  dirette  in  curva  alla  superficie  dove  presentano  una  sezione  circolare. 
Non  fu  finora  possibile  il  distinguere  più  di  una  specie. 

N.  9  Genere  Stomatopora  Bronn  —  an  Tubipora. 

Una  colonia  che  ricorda  eccessivamente  i  Chaetetes  delle  epoche  paleozoiche  venne 
pur  ritrovato  alle  Grangie  ;  consiste  di  un  fascio  di  tubilli  sottilissimi  collocati  in  posizione 
radiale  o  quasi,  Tuno  accosto  dell'altro.  A  differenza  dei  Chaetetes  paleozoici,  i  tubilli  hanno 
ciascuno  lor  propria  parete  che  si  unisce  a  diverse  altezze  con  le  adiacenti  per  mezzo  di 
sottili  lamine  calcaree. 

Quantunque  io  abbia  riferito  questo  fossile  al  genere  Chaetetes  non  tacerò  che  esso 
per  una  parte  si  accosta  immensamente  al  genere  precitato  Fascicularia  per  le  lamine  cal- 
caree menzionate,  come  nella  Fascicularia,  e  jiiù  ancora  al  genere  Stomatopora  jierchè  mi 
parve  aver  osservate  aperture  circolari  a  diverse  altezze  nei  tubilli.  Per  altra  parte  ricorda 
pure  vivamente  il  genere  di  coralli  Tubipora,  il  quale  come  ha  rappresentanti  molto  vicini 
in  alcuni  dei  generi  paleozoici  potrebbe  benissimo  aver  nel  giura  rappresentanti  che  appar- 
tenessero al  genere  stesso.  Sta  intanto  il  fatto,  che,  collocati  l'uno  accosto  dell'altro  il  fossile 
in  questione  ed  un  frammento  di  Tubipora  purpurea  sia  molto  difficile  lo  stabilire  fra  i  due 
differenze  altre  che  specifiche. 

N.   10  Genere  Cellepora  Fabr. 

Una  piccola  colonia  di  figura  elittica,  il  cui  maggior  diametro  sia  di  2"""  e  mezzo, 
denudata  dal  calcare  circostante,  gi-azie  alle  intemperie,  rappresenta  in  Argenterà  questo 
genere. 

I  singoli  individui  componenti  questa  colonia  erano  l'uu  dall'altro  perfettamente 
separati,  avendo  ciascuno  la  sua  propria  parete  calcarea  in  forma  di  cartoccio  con  un'a- 
pertura terminale  o  quasi.  Gli  individui  medii  o  più  vecchi  eran  disposti  verticalmente 
alla  superficie  inferiore  della  colonia,  i  più  giovani  invece  inclinati  con  un  angolo  sempre 
crescente  verso  il  centro  della  superficie  superiore,  per  modo  che  essa  appar  molto  più 
piccola  della  base  e  tutta  tempestata  fittissimamente  dalle  aperture  dei  singoli  individui, 
in  disposizione  inversa  cioè  a  quanto  si  osserva  nel  genere  cretaceo  Discoflustellaiia,  dove 
la  colonia  diventa  convessa  colle  aperture  in  fuori,  mentre  nel  nostro  fossile  essa  divente- 


((}  Loc.cit.,  pag.  39,  Tav.  11,  fig.  12. 


54  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

rebbe  concava  colle  apertui-e  in  dentro.  Le  aperture  stesse  o  piuttosto  le  sezioni  interne 
degli  invogli  individuali  appaiono  colla  lente  essere  state  generalmente  esagonali  quan- 
tunque alcune  si  mostrino  anche  con  un  maggiore  o  minor  numero  di  lati.  La  colonia 
intera  poi  non  e  aderente  ad  alcun  altro  fossile,  cosa  questa  di  importanza  affatto  secon- 
daria, potendo  benissimo  essersene  posteriormente  staccata. 

Di  questi  Celleporidi  vennero  successivamente  trovate  altre  piccole  colonie  in  gran  nu- 
mero, tutte  però  in  quello  strano  stato  di  mummificazione  o  piuttosto  di  annegamento  in 
un  materiale  calcareo  quasi  ceroso  ed  avente  gli  stessi  caratteri  ottici  del  materiale  del 
fossile  di  cui  riempie  (qualunque  benché  minimo  meato,  come  accennai  pel  genere  Tere- 
bellaria ,  per  cui  riesce  impossibile  il  determinare  la  presenza  di  im  tale  fossile  nel 
materiale  fresco,  dovendosi  invece  servii-e  di  materiale  già  eroso,  in  cui  sia  già  stata  eli- 
minata parte  di  questo  calcare  infiltratosi  posteriormente. 

Tanto  le  Cellepore  che  le  Terebellai-ie  formano  in  questo  stato  dei  corpicciuoli  sub- 
sferici od  elissoidici,  di  dimensioni  variabili  fra  i  2  ed  i  7"""  di  massimo  diametro,  di  un 
calcare  cereo  a  prima  vista  perfettamente  amorfo  e  spiccante  in  bianco  sul  nero  fondo 

della  roccia. 

Accanto  a  questa  è  visibile  un'altra  colonia  di  minori  dimensioni,  ma  molto  meno 
1)en  conservata,  della  quale  non  si  può  dir  con  certezza  se  appartenga  allo  stesso  genere. 
Queste  colonie  ricordano  quelle  descritte  dal  Quenstedt  (1),  quantunque  gli  individui  ne 
siano  di  gran  lunga  più  grandi. 

N.   11  e  12  Generi  Eschara  e  Retepora. 

Più  volte  mi  venne  fatto,  nelle  numerose  sezioni  microscopiche  fatte,  di  osservare 
organismi  i  quali  mi  ricordavano  i  generi  Eschara  e  Ketepora.  Intanto  non  essendomi  mai 
capitate  colonie  di  questi  generi  fra  mani  prima  della  preparazione,  le  sezioni  che  ne 
vennero  fatte  furon  sempre  in  direzioni  fortuite  e  non  atte  a  fornire  indicazioni  al)bastanza 
sicure  da  potere  stabilii-e  con  sufficiente  i)robabilità  il  genere  cui  esse  avevano  appartenuto. 

ECHINODERMI 

A  malgrado  di  un  mese  di  continua  ricerca  non  erami  stato  possibile  nel  1879  di 
constatar  questa  classe  altrimenti  che  con  Radioli  fornitimi  in  istato  tale  da  rendere 
irriconoscibili  i  loro  ornamenti  esterni  e  da  obbligarmi  a  fermarmi  alla  constatazione  della 
classe.  Le  ricerche  fatte  nel  1880  hanno  fornito  qualche  cosa  di  più;  qualche  guscio  o 
modello  intemo  di  guscio  è  comparso  alla  luce,  e  qualcuno  si  potè  interamente  liberar 
dalla  roccia.   Fra  questi  parvemi  aver  riconosciuti  i  generi  seguenti: 

ECHINOIDEI    REGOLAllI 

Famigìin  dei   Cid aridi 

Genere  Rhabdocidaria  Desor. 

Tre  0  quattro  Echini  che  ho  potuto  liberar  dal  calcare  circostante  vennero  riferiti  al 
genere  Hhabdocidaris  :  il  più  completo  di  questi  individui  lia  una  forma  sferoidale  legger- 


ai) Jura,  pag.  665,  Tav.  81,  fig  72. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  55 

mente  elittica,  con  un  diametro  di  1 7"""  al  massimo ,  i  suoi  campi  ambulacrali  strettis- 
simi non  contengono  che  due  file  longitudinali  di  gi-anulazioni,  ed  erano  leggerissimamente 
sinuosi;  i  campi  interambulacrali  son  5  volte  almeno  altrettanto  grandi  che  gli  ambulacrali 
e  cospersi  di  rade  e  relativamente  grossissime  pustole  radiolari,  che  erano,  a  quanto  pare, 
superiormente  denticolate  e  perforate  ;  la  bocca  non  è  consei'vata,  sola  una  piccola  porzione 
del  suo  peristoma,  dimostra  come  questo  fosse  rotondo  ed  intero.  L'apparecchio  apicale  è 
pure  scomparso  e  solo  breve  apertura  alla  sommità  della  corona  ne  indica  la  posizione. 
Se  collocai  questi  Cidaridi  nel  genere  predetto,  gli  è  perchè  mi  pai-ve  aver  osservato  un 
canaletto  incavato  fra  i  due  pori  di  ciascun  paio  ambulacrale.  Il  più  grande  individuo 
riferito  a  questo  genere  non  misurava  più  di  4  centimetri  di  diametro,  tutti  poi  paionmi 
aver  dovuto  appartenere  a  giovani  individui.  Ne  per  questo,  né  per  alcuno  dei  successivi 
generi  mi  arrischio  ad  un  ravvicinamento  specifico,  causa  la  quasi  assoluta  mancanza  dei 
dettagli  di  ornamentazione  della  superficie ,  senza  la  quale ,  troppo  facile  saria  prendere 
abbaglio. 

Genere  Acrosalenia. 

Vi  riferisco  tre  perisomi,  dei  quali  uno  incom])letissimo,  uno  sezionato  trasvei'sal- 
mente  ed  il  terzo  mostrante  parte  dell'esterno.  Fn  quest'ultimo  ho  potuto  osservare  un 
peristoma  intagliato,  dei  campi  ambulacrali  leggermente  ondulati  ed  un  po'  più  larghi 
che  pel  precedente  genere,  due  file  di  granulazioni  fra  una  fila  e  l'altra  di  doppi  pori . 
nonché  il  solco  fra  i  pori  di  ciascun  jìaio.  Nei  campi  interambulacrali:  di  nuovo  due 
file  di  grosse  pustole  radiolari  che  paiono  essere  state  alla  lor  sommità  liscie  ed  iiiq)er- 
forate.  L'appareccliio  apicale  sconosciuto,  il  diametro  massimo  del  perisoma  può  esser 
stato  di  32""°.  Come  si  vede  dalla  descrizione,  fra  i  caratteri  distintivi  del  genere  non  ci 
son  i-imasti  che  quello  della  intagliatura  del  peristoma  e  l'altro  della  maggior  largliozza 
dei  campi  ambulacrali,  nonuliè  della  presenza  di  granulazioni  di  media  grandezza  fra 
l'una  e  l'altra  serie  di  doppi  pori.  Aggiungerò  aniiora  che  questi  non  paion  raggiungere  il 
peristoma.   L'apparecchio  apicale  che  fornirebbe  caratteri  sicuri  è,  il  ricordai,  mancante. 

Genere  Hemicidaris. 

Credo  dover  ammettere  la  presenza  di  un  terzo  genere  di  Cidaridi  appoggiandomi 
sopra  un  franuncnto  di  individuo  raccolto  allorché  non  ne  era  visibile  che  una  gran 
piastra  interambulacrale  e  che  libei'ai  poi  alquanto  dalla  roccia.  Di  questo .  che  ha  un 
diametro  di  circa  45™'",  mancano  tanto  il  peristoma  che  il  disco  apicale  e  non  è  visibile 
che  porzione  della  periferia  della  corona.  Questa  molto  rigonfiata  e  quasi  sferica ,  con 
campi  ambulacrali  assai  stretti,  ma  di  cui  non  si  può  ben  vedere  il  genere  di  orna- 
mentazione ;  i  campi  interambulacrali  muniti  ancora  di  enormi  pustole  radiolari,  netta- 
mente denticolate  e  perforate,  circondate  da  una  vasta  areola  e  attoi'iio  a  questa  una 
grandissima  quantità  di  pustoline  graniformi.  Quantunque  qui  debba  arrestare  la  mia 
descrizione  per  mancanza  di  dati,  risulta  però  bastantemente  la  distanza  che  corre  fra 
il  presente  ed  i  precedenti  Cidaridi,  e  se  realmente  quest'ultima  corona  descritta  non 
appartiene  al  genere  Hemicidaris  in  stretto  senso,  egli  è  però  certo  che  essa  vi  si  accosta 
grandemente  e  che  ad  ogni  modo  non  appartiene  ai  due  generi  precedentemente  segnalati. 


56  SUI    TERRENI    SRTATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

l)ue  individui  poi  non  presentanti  che  tavole  isolate,  furono  riconosciuti  appartenere 
ai  Cidaridi  senza  poterne  però  precisare  ulteriormente  il  genere. 

Radioli. 

Per  completare  la  serie  dei  Cidaridi  di  Argenterà  occorre  ancora  che  io  parli  dei 
Kadioli,  dei  quali  alcuni  vennero  già  scoperti  fin  dal  1879,  altri,  e  diversi  per  forma, 
e   copiosi  per  numero,  vennero  raccolti  nel   1880.   In  questi  Kadioli,  benché    di  varia 
dimensione,  doltbiamo  riconoscere  essenzialmente  due   tipi:   Tuno    di  Kadioli    cilindrici 
esili,  anzi  spiniformi  ed  a  superficie  liscia;   di  questi  ne  tengo  fra   gli  altri  uno  che 
misurava  intero  la  lunghezza  di  30""",  con  la  sua  articolazione,  ed  il  suo  collo  ben  con- 
servati, la  superficie  un  po' corrosa,  e  Testremità  infranta,  ma  improntata  sulla  roccia. 
La  forma  e  costituzione  di  questi  Kadioli  sarebbero  indizi  a  supporre  la  presenza  dei 
Salenidi  nel  banco  calcareo  che  ci  occupa;  infatti  abbiamo  già  nella  descrizione  dei  Pe- 
risomi  indicata  appunto  la  presenza  del  genere  Acrosalenia,  il  quale  assume  in  questo 
modo  un  doppio  grado  di  probabilità.  Il  secondo  tipo  ci  offre  dei  Kadioli  bacilliformi. 
ma  visibilmente  più  corti  e  più  sostenuti,  misurando  la  loro  sezione,  nel  corpo,  fino  a 
4"™  di  diametro.  La  superficie  di  questi  Kadioli  è  ornata  di  granulazioni  acute,  appiattite 
liarallelamente  alla  lunghezza  del  Kadiolo  e  nello  stesso  senso  ordinate  in  file  quasi  inin- 
teiTotte,  passando  successivamente  per  lieve  depressione  Luna  nell'altra  granulazione.   I 
solchi  che  scoiTono  tra  l'una  e  l'altra  di  queste  serie  di  granulazioni  son  più  larghi  che 
ciascuna  e  si  mostrano  nel  loro  fondo  finamente  striati,  sempre  ancora  in  senso  longitu- 
dinale. Questi  Kadioli  hanno  esatti  rappresentanti,  si  nelle  dimensioni  che  nella  forma  e 
nella  esterna  granulazione,  in  quelli  stati  trovati  a  Dat  e  dal  Favre  accostati  alla  C.  Blu- 
menbachi.  dei  quali  è  fatta  menzione  a  pag.  63  e  data  la  figura,  Tav.  5,  fig.  19  della 
Faune  Tifhoniquc  dcs  Aìpes  frihourgroiscs.  Anche  per  questo  secondo  tipo  abbiamo  la 
stessa  controprova  che  ebbimo  pel  primo,  infatti  il  modo  di  ornamentazione  di  questi 
Radioli  troviamo  in  primo  luogo  nei  pretti  Cidaridi  e  più  limitato  anche  nei  Diadematidi. 
Ecco  iiertanto  che  noi  dopo  aver  segnalate  le  corone  di  Khabdocidariti  e  di  Hemici- 
dariti,  troviamo  una  grande  abbondanza  di  Kadioli  i  quali  appartengono  al  primo  di 
questi  generi  o  ad  un  suo  affluissimo,  oltre  a  qualcuno  che  può  essere  con  sufliciente  pro- 
babilità riferito  al  secondo. 

ECHINODERMI  IRREGOLARI,  ATELOSTOMI 
Disasterini. 

Mefaporhinus  roiiicrits?  Catullo  (1). 

Riferisco  provvisoriamente  ai  presenti  genere  e  specie  un  unico  esemplare  di  Echi- 
noderma,  il  quale  per  la  porzione  che  ne  è  stata  messa  a  nudo  si  manifesta  appar- 
tenente agli  irregolari  e  più  specialmente  aver  analogie  coi  Jletaporinidi,  e  ciò  molto 

(1)  CoTTBAii  Pai.  Frant.  Echinod.  irrcg.  18')7,  pag.  28,  Tav.  1;  1874,  pag.  ri04  -  Zittel,  Fauna 
d.  aeU.  rUhonb..  pag.  151,  Tav.  15,  fi^.  1-4  —  l'iLLETiet  Kiiomentel,  Descr.  yeol.  et  paleont.  de 
Lemenc,  pag.  :J3.  Tav.  4,  fig.  X'4-20i  pag.  87,  Tav.  lu,  fig.  27-28  -  V..  Favre,  Faune  Tithonique  dis 
Alpes  Fribourgeoises,  pag.  65,  Tav.  5,  fig.  '2i-'i'X 


PEK    ALESSANDRO    PORTIS  57 

più  per  l'abito  generale,  che  non  per  caratteri  definiti  e  visibili,  essendo  esso  come  gli 
altri  fossili  in  uno  stato  di  conservazione  veramente  pessimo.  L'esemplare  in  questione 
appartenne  ad  un  giovane  individuo,  e  non  misurava  più  di  14""°  di  lunghezza,  essendo 
notevolmente  compresso  dai  lati,  per  cui  il  diametro  trasversale  vien  ridotto  a  soli  O"™. 
Impediti  dai  piani  di  sfaldatura  del  calcare,  non  son  più  visibili  che  pochissimi  dei  tuber- 
coli di  articolazione  delle  spine  e  questi  uniformemente  e  raramente  sparsi  sulla  superficie. 
La  superficie  posteriore  appare  anche  qui  troncata.  Quantunque  altro  non  sia  possibile 
di  ricordare,  essendo  scarsissimi  i  dettagli  conservati,  esso  rassomiglia  molto  al  M.  con- 
vexus  quale  ci  vien  figurato  non  tanto  dal  Cotteau,  quanto  dal  Zittel,  dal  Pillet  e 
Fromentel  e  dal  Favre,  i  quali  tutti  trovarono  la  presente  specie  in  giacimenti  pretta- 
mente Titonici  od  a  questi  per  l'epoca  di  formazione  corrispondenti. 

Asteroidei. 

Sphaeraster  Quenst.  sp.   (1). 

Quelle  piastrelline  calcari  più  o  meno  esagonali  che  vengono  in  tanta  quantità  rac- 
colte nel  Giura  superiore  di  Streitberg  e  che  ricevettero  varii  e  diversi  nomi  dai  diversi 
autori,  i  quali  vanno  però  d'accordo  in  riconoscere  in  essi  articoli  mediani  della  faccia 
superiore  di  Eclùnodermi  Asteroidi,  si  riscontrano  pure  ad  Argenterà  in  quantità  sufliciente 
a  ricoprire  intere  lastre  di  calcare.  Esse  san  per  lo  più  mal  conservate,  di  piccole  dimen- 
sioni, esagonali  e  liscie,  salvo  qualcuna  che  mostra  ancora  al  centro  traccia  di  un  tubercolo 
per  l'articolazione  della  spina.  Seguendo  l'esempio  dato  dallo  Zittel  nel  suo  Nitoi-o  ma- 
nuale di  Paleontologia,  senza  ulteriormente  dilungarmi  sulla  loro  origine,  le  ho  riferite 
al  genere  Sphaeraster  Quenst.  il  loro  stato  di  conservazione  non  permettendo  l'aggiunta 
di  un  nome  specifico. 

Esse  sono  accompagnate  da  piastre  del  bordo  di  Asteroidi  ;  forse,  si  appartenevano  a 
vicenda?  In  queste  masse  di  frammenti,  ove  tutto  è  insieme  confuso,  non  è  possibile  il 
constatarlo. 

Crinoidei. 

Gen.  Apiocrinus. 

Un'  unica  volta  potei,  per  mezzo  di  una  sezione  microscopica  fatta  dal  Prof.  Spezia 
per  osservare  i  Cristalli  di  Albite  e  di  Quarzo  rac('hiusi  nel  calcare,  aver  dinanzi  la  sezione 
di  un  fossile  che  considerai  come  un  articolo  di  stilo  di  un  Apiocrinus  :  la  sezione  era 
capitata  parallelamente  alle  faccie  dell'articolo  e  vicinissimo  all'una  di  esse,  per  modo  che 
vi  si  potea  scorgere  il  caratteristico  disegno  della  faccia  articolare,  simile  affatto  a  quello 
degli  Apiocrhii.  Come  tale  la  indicò  per  conseguenza  il  Prof.  Spezia  nella  sua  relazione  (2) 
sopra  questi  minerali  e  sul  loro  giacimento  in  una  roccia  fossilifera.  Tuttavia  io  son  ancor 


(1)  Vedi  QuENSTEDT,  Jura ,  pag.  585,  Tav.  73,  fig.  91;  pag.  650,  Tav.  80,  fig.  23-47;  pag.  725, 
Tav.  88,  fig.  31-52  —  Goldf.  ,  Op.  cit. ,  pag.  210,  Tav.  63,  fig.  63,  fig.  7-9  —  Zittel,  Handb.  d. 
Palaeont.  Miinchen  1879,  pag.  457. 

(2  Spezia.  Sul  Calcare  albitiftro  dell'Argenterà  iCuneo)  in  Atti  della  R.  Acc.  di  Torino.  Voi.  15, 
1880,  adunanza  del  20  giugno  (pag.  4,  Tav.   1,  fig.  1  dell'estratto). 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  H 


58  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

Oggi  nel  dubbio  se  abbia  da  conservare  alla  detta  sezione  questa  determinazione,  o  non 
abbia  a  considerarla  come  la  sezione  normale  di  un  calice  di  Turbinolia,  della  quale  ho 
già  rinvenuto  altri  esemplari.  La  natura  intima  del  fossile,  che  in  altri  casi  sarebbe  di 
grande  aiuto  a  risolvere  il  problema,  qui  non  serve,  essendo  stata  distrutta  dalla  spatiz- 
zazione.  Da  qualunque  parte  però  sia  per  essere  la  verità,  noi  possiamo  altrimenti  dimo- 
strare la  presenza  ad  Argenterà  tanto  dei  Crinoidei  che  delle  Turbinolie. 

Entrochi. 

Alcuni  frammenti  di  calcare  compatti  e  neri  si  mostrano  così  fittamente  tempestati 
di  articoli  di  crinoidi  da  costituire  un  vero  calcare  ad  Entrochi.  Essi  sono  intimamente 
collegati  al  calcare  che  li  avviluppa,  cosicché  ne  per  denudazione,  ne  per  alcun  mezzo 
meccanico  fu  mai  possibile  il  poterne  isolare  alcuno.  Hanno  perduta  l'ornamentazione 
di  tutta  la  lor  superficie  e  non  appaiono  nelle  faccio  di  rottura  o  di  levigamento  del  calcare 
che  come  chiazzettine  bianche  spruzzate  sovra  un  fondo  nero.  Ammessa  quindi  la  pre- 
senza di  Crinoidei  nel  mare  che  occupò  la  regione  in  discorso ,  rimane  a  sapersi  da  quali 
generi  essi  fossero  rappresentati. 

CELENTERATI 

Esacoralli  (1). 

Il  mare  di  Argenterà,  oltre  ad  aver  fornito  condizioni  adatte  alla  vita  ed  allo 
sviluppo  delle  Terebratule,  delle  Nerinee  e  dei  Briozoi,  offerse  pure  tutte  le  condizioni  fa- 
vorevoli al  prosperare  dei  Corallarii  i  quali  vi  fiorirono  in  quantità  piuttosto  notevole,  per 
quanto  se  ne  possa  giudicare  dalli  avanzi  a  noi  trasmessi.  Numerosi  erano  i  polipai  ce- 
spitosi e,  nelle  acque  tranquille,  all'ombra  degli  scogli  da  essi  formati,  crescevano  i  delicati 
calici  dei  Corallarii  individuali,  questi  per  lo  più  in  minor  numero  e  di  piccole  dimensioni. 
Se  cerchiamo  di  conoscere  a  quali  famiglie  e  generi  abbiano  questi  Corallarii  appartenuto, 
ci  troviamo  più  che  mai  arrestati  dalla  solita  difficoltà  che  finora  fu  d' intoppo  alla 
precisa  determinazione  dei  fossili,  vale  a  dire  dalla  oltremodo  progredita  spatizzazione 
del  calcare.  Infatti,  se  a  prima  vista  si  può  dire  con  certezza  di  avere  un  polipaio  fra  mani, 
poiché  i  singoli  calici  pieni  di  calcare  bianco  spiccano  nettamente  sul  fondo  nero  avvilup-. 
pante,  allorché  vuol  andar  più  oltre,  si  accorge  l'osservatore  che  questo  calcare  bianco 
che  riempie  il  calice,  ha  sovente  fatta  perdere  la  traccia  delle  lamine  mesenteriali  di 
cui  non  sempre  é  dato  scoprire  il  numero,  mai  la  natura,  ha  assorbita  la  columella,  ha 
cancellata  ogni  traccia  di  parete  e  di  epitccio.  Le  preparazioni  con  acqua  acidulata,  le 
sezioni  microscopiche  e  macroscopiche,  hanno  talora  portato  per  conseguenza  la  scoperta 


(lì  11  Professore  A.  D.  Achiardi  ha  reoenteniente  pubblicata  uua  sua  memoria  {Coralli  Giurassici 
deWItnlia  settentrionale.  Atti  della  Soc.  Tose,  ili  Se.  Nat.  Voi.  4,  fase,  i",  188',  tav.  t-4  estratto)  in  cui 
vengono  illustrati  i  Corallarii  di  varie  provincie  dell'Italia  superiore  compresovi  anche  Mentono.  Sarebbe 
stato  mio  desiderio  mettere  le  mie  detei-minazioni  in  acccordo  con  questo  importante  lavoro,  ma  quan- 
tunque ne  abbia  diligentemente  esaminate  le  d'scrizioni  e  le  figure  e  quantunque  di  passaggio  per  Pisa 
abbia  potuto  esaminare  diruttamonte  gli  originali,  non  fu  possibile,  per  i  già  troppo  lamentati  difetti 
di  conserva/.ione,  sorprendere  fra  i  Corallari  descritti  dal  Prof.  D'Achiardi  e  i  miei  la  minima  relazione 
e  ricavarne  alcuna  conseguenza. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  59 

di  qualche  calice  ancor  conservato,  talora  hanno  avuto  effetto  affatto  negativo,  sovente 
son  rimaste  senza  risultato;  quindi,  nella  relativamente  grande  quantità  di  CoralU  che 
vissero  nel  banco  delle  Grangie,  ben  pochi  sono  i  generi  che  potei  finora  riconoscere. 
EccoU  intanto. 

ASTREIDI 

Tribù  delle  Litìiophylliaceae  E.    et  H. 

N.  1  Genere  Montlivaultia  Lamx. 

Questo  genere  di  Coralli  distinto  dalla  sua  forma,  dal  suo  epitecio  spesso  e  dai  suoi 
setti  numerosi  e  denticolati  si  trova  nel  calcare  di  Argenterà,  in  relativa  abbondanza  alle 
Grangie,  scarso  alla  Goretta,  ne  ancor  lo  ravvisai  nel  vallone  di  Roburent.  Ne  avrei  dinanzi 
almeno  due  specie,  tuttedue  di  piccole  dimensioni  (diametro  del  calice  10-20  mm.)  distin- 
guibili per  la  differenza  di  sviluppo  dei  setti  dei  diversi  cicli  e  fors'anco  una  terza  di 
dimensioni  alquanto  più  grandi  (30  mm.)  che  non  è  che  in  parte  conservato  e  che  si  trova 
ora  nella  collezione  del  cav.  Rovasenda. 

lo  aveva  già  finito  il  capitolo  dei  Coralli,  quando  mi  capitò  fra  mani  un  frammento 
di  calcare  portante  ancor  le  traccie  di  un  grosso  calice  di  un  Corallario  che  doveva  avere 
almeno  5  centimetri  di  diametro,  un  grandissimo  numero  di  setti  e  un  fortissimo  epitecio 
e  che  pare  avere  avuto  la  massima  relazione  col  genere  Montlivaultia.  Il  suo  stato  di  con- 
servazione non  mi  ha  permesso  un  ulteriore  ravvicinamento. 

N.  2  Genere  Cyathophyllia  From. 

Non  ho  che  un  solo  imperfettissimo  esemplare  che  consiste  in  una  sezione  trasversale 
di  un  calice,  formatasi  per  l'azione  degli  agenti  atmosferici  sulla  roccia  nella  quale  il 
fossile  è  compreso.  Il  calice  ajìparteneva  ad  un  corallo  isolato  ed  aveva,  a  quanto  pare, 
una  forma  cilindrica  a  sezione  tondeggiante,  leggermente  elittica,  con  un  maggior  diametro 
di  1 4  mm.  La  muraglia  è  sottilissima,  percorsa  da  sottili  coste  e  rivestita,  a  quanto  pare, 
da  sottile  epitecio.  I  setti  molto  numerosi,  sottili,  solidi  e  subeguali,  vanno  fin  presso  la 
columella  ;  se  ne  contano  4  cicli  completi,  un  quinto  ciclo  è  pur  esso  molto  facilmente 
discernibile,  ma  i  setti  non  son  più  ugualmente  sviluppati  che  pei  procedenti,  essi  sono 
ridotti  a,  piccole  laminette  poco  allontanantisi  dalla  muraglia  ed  alternanti  con  ciascun 
setto  dei  precedenti  cicli.  Di  pali  non  vi  è  traccia,  vi  è  invece  una  columella  solida  molto, 
ben  sviluppata  ed  a  sezione  elittica. 

Quali  dimensioni  abbia  avuto  in  lunghezza  questo  calice  e  come  terminasse  inferioi'- 
mente  è  impossibile  il  constatarlo,  da  quanto  però  son  venuto  dicendo  parmi  avere  suffi- 
cienti indizi  per  collocare  questo  Corallario  fossile  nel  genere  Cyathophyllia  From. 

Questo  fossile  ricorda  superficialmente  il  Trochocyathus  Canavarii  d'Ach,  (1)  princi- 
palmente nella  disposizione  dei  setti,  una  minuta  osservazione  fa  però  riconoscere  in  questo  : 
1°  la  mancanza  di  paluli;  2"  la  natura  solida  della  columella;  3°  la  natura  solida,  non 


(1)  Meneqhini  e  D'Achiardi,  Nuovi  fossili  Titanici  di  Monte  Primo  e  di  Sanvicino  neW Appennino 
centrale;  in  Atti  della  Soc.  Tose,  di  Se.  Nat.,  Voi.  4,  Tav.  lu,  fig.  9,  (dell'estratto  pag.   II). 


60  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    HI    ARGENTERÀ 

perforata  dei  setti  ;  4°  finalmente  la  presenza  di  numerosi  dissepimenti  (traverses)  in  qual- 
cuno dei  loculi  intermesenteriali. 

Stimo  precipitato  il  dare  un  nome  specifico  ad  un  avanzo  così  incompleto. 

N.  3  Generk  Leptophyllia  Eeuss. 

Anche  il  genere  Leptophyllia  è  abbastanza  abbondante  tanto  nel  giacimento  di 
Grangie  che  in  quel  di  G  oretta. 

Son  per  lo  più  calici  che  han  perduta  gran  parte  del  loro  muro  e  nei  quali  è  facile 
riconoscere  i  setti  numerosi  e  sottili  e  l'assenza  completa  di  columella,  han  dimensioni 
variabili  tra  10  e  15  mm.  di  altezza  e  10  e  12  di  diametro,  non  vi  si  scopre  traccia  di 
epitecio,  ma  traccie  ben  marcate  di  coste.  Anche  per  questo  genere  è  probabile  la  pre- 
senza di  almeno  due  specie. 

N.  4  Genere  Calamophyllia  E.  et  H. 

Ho  trovato  e  riferisco  a  questo  genere  un  frammento  che  mi  mostra  l'esterno  di  alcune 
celle  coralline  assieme  aggruppate,  vi  osservo  un  muro  leggermente  costato,  con  quelle 
espansioni  cordoniformi  che  li  circondano  ad  altezza  diversa  in  più  punti  del  loro  percorso 
ed  anche  traccie  di  epitecio.  L'interno  dei  calici  è  qua.siper  tutti  distrutto  dalla  spatizzazione 
quindi  iuosservabile,  solo  due  o  tre  calici  fanno  eccezione  mostrando  numerose  lamine 
mesenteriali  sottili  ed  assenza  completa  di  paluli  e  columella.  Le  cellule  hanno  una  lun- 
ghezza assai  considerevole  (fino  a  50  e  60  mm.),  e  una  sezione  presso  a  poco  circolare  del 
diametro  di  3-4  mm.  Più  che  altro  ricordano  apjiunto  il  genere  Calamophyllia,  come 
ma  in  minor  grado,  il  ricordano  altri  Coralli  di  cui  parlerò  in  seguito  ai  generi  Stylina 
e  Stylohelia. 

Non  ho  di  questa  Calamophyllia  trovato  che  l'esemplare  in  questione  al  giacimento 
delle  Grangie  e  questo  ancora  molto  profondamente  alterato.  Kicorderò  come  il  genere 
Calamo])hyllia  sia  molto  diffuso  nel  Giura  supcriore  e  che  come  vedremo  abbia  rappre- 
sentanti tanto  al  Cliaberton  che  al  Mont-Salève.  Sarebbe  però  desiderabile  il  poter  stabilire 
anche  una  identità  specifica  tra  i  Coralli  di  queste  ti-e  località,  cosa  questa  che  non  pare 
debba  così  presto  avverarsi. 

N.   5  Genere  Techosmilia  E.  et  H. 

Ne  furono  trovati  diversi  esemplari  tanto  alle  Grangie  che  alla  Goretta.  Si  presentano 
quai  calici  talora  isolati,  tal  altra  aggrup])ati  a  duo,  a  tre  con  muro  relativamente  sottile 
(son  per  lo  più  sezioni)  ed  un  forte  strato  epitecalc,  lamine  sottili  ed  assai  numerose,  più 
o  meno  accostantisi  al  centro  dove  manca  la  columella.  Gli  individui  di  questo  genere 
hanno  grandissima  importanza  in  questo  calcare  alcuni  massi  del  quale  (specialmente 
Goretta)  ne  sono  affatto  pieni. 

N.   t;  Genere  Cladophyllia  E.  et  H. 

Ho  trovato  fra  il  materiale  raccolto  ad  Argenterà  due  frammenti  di  calici  di  Coral- 
larii  in  condizioni  di  conservazione  identiche  al  Corallo  trattato  nel  genere  precedente.  Anche 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  61 

qui  un  calice  normalmente  sezionato  in  un  colla  roccia  incassante  dagli  agenti  atmosferici  ; 
anche  qui  impossibile  il  dire  con  sicurezza  la  forma  estema  del  fossile  e  se  esso  fosse  libero 
0  fisso  e  la  sua  lunghezza.  Contentandoci  delle  parti  conservate,  diremo  dunque  che  la 
sezione  si  mostra  circolare  con  un  diametro  di  mm.  22  circa.  La  muragha  doveva  essere 
fortissima  (almeno  3-4  m.)  lievemente  e  raramente  costata  allo  esterno  e  rivestita  di  sottile 
epitecio,  delle  lamine  mesenteriali  son  chiaramente  visibili  4  cicli  completi,  esse  son  molto 
regolari  e  sottili,  quelle  del  2°  ciclo  subeguali  a  quelle  del  primo,  poi  un  po'  meno  svilup- 
pate quelle  del  3"  ed  ancor  meno  quelle  del  4°,  in  progressione  decrescente  regolarissima. 
Non  mi  fu  possibile  il  vedere  se  abbia  margine  denticolato  o  liscio,  di  pali  non  si  scorge 
traccia,  assenza  completa  di  columella,  così  pure  paion  mancare  i  dissepimenti. 

Avuto  riguardo  ai  caratteri  accennati  e  considerando  che  col  non  potersi  osservare 
quale  fosse  la  natura  primitiva  della  muraglia  e  dei  setti  e  se  il  calice  fosse  isolato  od 
appartenente  ad  un  polipaio  (dendroide),  resta  l'imbarazzo  della  scelta  tra  gli  Astreidi  col 
genere  Cladophyllia  e  i  Turbinolidi  col  genere  cretaceo  Desmophyllum  (1);  credo  però,  visto 
il  piccolo  sviluppo  delle  coste,  di  poter  attribuire  il  fossile  in  questione,  al  primo  genere 
citato  anziché  al  secondo,  tanto  più  se  si  considera  che  il  genere  Cladophyllia  è  da  lungo 
tempo  conosciuto  nel  Giura  superiore,  mentre  per  ammettere  l'esistenza  del  genere  Dermo- 
phyllum  in  un  terreno  in  cui  non  venne  finora  trovato,  ci  vorrebbero  almeno  campioni  in 
migliore  stato  di  conservazione  dei  miei. 

N.   7  Genere  Baryphyllia   From. 

Questo  genere  non  mancando  alle  Grangie  è  però  specialmente  sviluppato  alla  Goretta, 
ove  forma  dei  frammenti  talora  relativamente  grandi,  ma  tanto  guasti  e  confusi  da  rendere 
ben  sovente  indistinguibili  i  calici.  Anche  ricorrendo  alle  sezioni  ho  avuto  pochissimo  aiuto 
nella  determinazione  che  ne  è  rimasta  mal  sicura. 

Tribù  delle  Faviacre. 
N.  8  Genere  Favia  Oken. 

Non  ho  di  riferibili  a  questo  genere  che  3  o  4  frammenti  provenienti  dalle  Grangie 
e  non  facilmente  determinabili. 

Tribù  delle  Cladocaraceae. 
N.   9  Genere  Cladocora  Ehrbrg. 

11  genere  Cladocora  ha  numerosi  individui  che  lo  rappresentano  specialmente  alla 
Goretta.  Son  piccoli  polipai  dendroidi,  portanti  piccol  numero  di  celle  cilindriche  con 
calici  rotondi  piccoli  e  parete  costata  ;  per  la  cattiva  conservazione  non  si  possono  bene 
osservare  le  particolarità  dei  setti,  si  nota  però  la  presenza  di  paluli  e  di  una  columella 
negli  esemplari  corrosi. 


(1)  MiLN.  Edrs.  et  Haime,  Rech.  sur  les  Polipiers  récents  et  fossiles  (Desmophyllum  Stockesi),  Voi.  1°, 
pag.  255,  Tav.  7,  fig.  12. 


62  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

N.   10  Genere  Goniocora  E.  et  H. 

Riferii  con  tutte  le  riserve  a  questo  genere  4  o  5  esemplari  oscurissimi  e  che  si 
dimostrarono  refrattarii  a  tutti  i  mezzi  di  studio.  Provengono  dalla  Ceretta  ed  uno  dalle 
Grangie. 

EUSMILINE 

Tribù  delle    Trocìiosmiliaceae 

N.   11   Genere  Plesiosmilia  Milasch. 

Consiste  in  un  solo  calice  malmenato  delle  Grangie,  che  mostra  alcuni  dei  caratteri 
del  genere  e  pel  quale  sono  ancora  in  dubbio  sio  non  l'abbia  da  attribuire  piuttosto  al 
genere  Epismilia,  col  quale  presenta  pure  alcune  analogie. 

N.   12  Genere  Azosmilia  E.  et  H. 

I  pochi  calici  che  ho  attribuiti  a  questo  genere,  provengono  quasi  tutti  dalla  Goretta. 
Mostrano  per  lo  più  l'interno  del  calice  o  sezioni  trasversali,  nelle  quali  sono  osservabili: 
un  forte  muro  avvolto  in  un  forte  epitecio ,  un  gran  numero  di  setti  congiungentisi  colla 
columella  appiattita,  periferia  del  calice  leggermente  elittica.  Pare  che  la  forma  loro  sia 
stata  di  cono  allungato  e  alla  sommità,  quasi  cilindrica,  non  potei  però  osservarne  alcuno 
abbastanza  completamente. 

Tribù  delle  SfiUnncene. 
N.  13  Genere  Stylina  Lam. 

In  2  frammenti  di  calcare  bigio-cupo,  vidi  trasparire  i  bianchi  calici  dei  singoli 
individui.  Uno  di  essi,  l'esemplare  il  meglio  conservato  di  tutta  la  raccolta  di  Argenterà, 
ha  qualcuno  dei  calici  abbastanza  ben  conservati  (rotondi,  e  di  2,5  mm.  di  diametro)  da 
potervi  colla  lei^te  osservare  una  ben  sviluppata  columella  solida  con  assenza  di  paluli.  Le 
lamine  mesenteriali  sono  abbastanza  ben  distinte  e,  pare,  liscie  ;  ne  potei  contar  1 2  di  primo 
ordine  e  vedere  che  fra  l'una  e  l'altra  ve  n'era  almeno  una  di  secondo.  Ogni  calice  ha  una 
parete  propria,  sporgente  dal  polipaio  il  quale  viene,  a  quanto  pare,  composto  dalle  singole' 
celle  e  da  oscure  coste  che  si  protendono  dall'una  all'altra  cella,  continuandosi  nell'in- 
terno del  calice  colle  lamine  mesenteriali.  Alcune  celle  toccansi  direttamente  per  la 
parete,  ma  sono  il  minor  numero.  Disposizioni  analoghe  alle  or  descritte  potei  osservare 
per  mezzo  di  sezioni  microscopiche  per  tre  o  quattro  calici  dell'altro  frammento  nominato; 
li  ho  ora  riferiti  entrambi  allo  stosso  genere  Stylina. 

n  materiale  di  questo  genere  quantunque  successivamente  aumentato  di  nuovi  cam- 
pioni raccolti  nei  giacimenti  di  Grangie  e  di  .Goretta,  non  è  sufficiente  perchè  io  possa 
decidere  se  si  tratti  di  specie  nuova  o  già  conosciuta,  mi  contenterò  di  far  osservare  che 
questo  genere  si  trova  pur  rappresentato  da  una  molto  simile  forma  al  Mont-Salève  (1) 


(1)  Patri,  op.  cit.  (Stylina  htrta,  Edw.  et  Haime),  pag.  352,  Tav.  B,  flg.  14. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  63 

presso  Ginevra  e  come  questo  sia  un  punto  di  analogia  di  più  tra  le  faune  delle  due 
località. 

I  polipai  del  genere  Stylina  oltreché  al  banco  delle  Grangie  sono  comuni  nel  giaci- 
mento di  Goretta,  ove  compongono  or  da  soli,  or  con  altri  Coralli,  massi  aventi  talora  più 
decimetri  di  diametro. 

N.  14  Genere  Columnastraea  E.  et  E. 

Nello  stesso  frammento  dianzi  accennato  come  U  più  felicemente  osservabile,  ho 
scorto  due  o  tre  calici  insieme  aggruppati,  i  quali  paiono  appartenenti  ad  un  genere  diverso 
dal  precedente,  essi  se  ne  diversificherebbero  per  aver  le  lamine  numerosissime,  sottili, 
sporgenti  al  di  sopra  della  parete  della  cella  e  continuantisi  per  conseguenza  visibilmente 
nelle  coste  che  univano  fra  lor  le  celle,  oltracciò  ,  attorno  alla  columella  sottile  e  quasi 
invisibile  ,  è  osservabile  una  forte  corona  di  paluli  sviluppatissimi.  Questi  calici  sono 
alquanto  più  grandi  che  quelli  riferiti  al  genere  Stj'Una,  misurando  4,5  mm.  di  diametro, 
anch'essi  son  rotondi  o  leggermente  elittici.  11  genere  cui  meglio  si  accosterebbero  questi 
pochi  individui  corallini  sarebbe  il  g.  Columnastraea,  finora  non  ancor  conosciuto  che 
nella  Creta,  con  tutto  ciò  faccio  considerare  che  gli  è  appunto  caratteristico  dei  giacimenti 
Titonici  questo  comparir  di  animali  Cretacei  in  una  fauna  generalmente  Giurassica  ;  2°  che 
il  genei-e  Columnastraea  ha  una  quantità  di  generi  aflinissimi  che  già  vivono,  e  nel  Giura, 
e  in  tempi  anteriori  ;  3°  finalmente,  che  la  pochezza  e  la  cattiva  conservazione  dei  residui 
osservati,  rende  molto  incerta  la  determinazione  fatta  per  cui  potrebbe  darsi  benissimo  si 
trattasse  qui  di  un  altro  genere. 

I  polipai  di  questo  genere  non  son  finora  stati  trovati  che  nel  banco  fossilifero  delle 
Grangie  ;  mancano  alla  Goretta. 

N.   15  Genere  Stylohelia  From.  an  Calamophyllia. 
Styìohelia  nianiillata   From.   (1). 

I  Corallarii  riferiti  a  questa  specie  formano  tanto  nel  banco  delle  Grangie  e  delle 
roccie  Mortier,  quanto  in  quello  del  vallone  di  Roburent,  quanto  in  quel  della  Goretta,  la 
massa  principale  dei  rappresentanti  della  classe ,  essi  vi  si  trovano  talora  in  massi  di 
più  decimetri  cubici  nei  quali  ogni  traccia  di  intima  organizzazione  è  sparita.  Questi 
appunto,  comò  già  accennai ,  maggiormente  imbarazzano  poiché  dopo  che  ci  si  è  per- 
suasi che  si  ha  dinanzi  mi  Gorallario  riesce  impossibile  qualunque  ulterior  cognizione. 
I  calici  piccolissimi,  2  mm.  di  diametro  al  più,  tondeggianti,  sono  stati  riempiti  di 
calcare  apatico  bianco,  nel  quale  si  è  perduta  ogni  traccia  delle  lamine  mesenteriali  e 
della  columella,  quindi  impossibile  il  dire  quali  parti  sieno  state  presenti  e  quali  no; 
pare  che  i  singoli  individui  fossero  uniti  in  un  polipaio  massiccio  per  mezzo  delle  pareti 
spesse  e  fuse  insieme,  almeno  è  impossibile  distinguere  nel  calcare  nero  del  fondo  una 
traccia  qualunque  di  separazione  fra  l'uno  e  l'altro  individuo,  del  resto,  né  levigature,  né 
sezioni  microscopiche,  né  preparazioni  con  acqua  acidula,  han  mai  portato  alla  scoperta 


(I)  PiLLET  e  From,  loc.  cit.,  pag.  )03,  Tav.  13,  fig.  2. 


64  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

di  una  singola  porzione  eli  calice  un  po'  ben  conservata.  Egli  è  solamente  ripassando  la 
lista  dei  fossili  di  Lemenc,  che  mi  venne  fatto  di  trovare  nella  Stilohelia  maniillata 
From.  un  fossile  che  allo  esterno  si  presentava  precisamente  come  i  Corallari  fossili  di 
Argenterà.  Anche  là  la  conservazione  di  questi  fossili  non  fu  in  niente  favorevole  al  loro 
studio  e  ci  si  dovette  accontentare  di  una  determinazione  sommaria. 

Può  ben  darsi  che  Lemenc  (fase  di  Vigne  Droguet)  ed  Argenterà  rappresentando  due 
banchi  di  Corallo  del  medesimo  mare  Giurassico  fossero  abitati  da  specie  anche  identiche. 

Successivamente  però,  confrontando  questi  fossili  colle  descrizioni  e  figure  del  genere 
Calamophyllia,  mi  è  sorto  il  dubbio  non  si  potessero  essi  fors'anco  avvicinare  a  quest'ultimo 
genere;  con  esso  concordano  nell'avere  le  singole  cellule  molto  allungate,  dicotome  e  scor- 
renti come  parallelamente,  talor  persino  confondendosi  ;  per  le  ragioni  dette  pria  non  si 
possono  avere  altri  dettagli,  è  certo  però  che  essi  fossili  debbono  esser  vicinissimi  all'  uno 
e  all'altro  di  questi  generi.  Ricorderò  ancora  come  appunto  il  genere  Calamophyllia  compaia 
secondo  il  Loriol  nella  Oolite  Coralliana  del  monte  Saléve  coUa  specie  C.  Stockesi  Edw. 
et  Haim.  e  come  sia  molto  probabilmente  una  specie  di  Calamophyllia  quella  che  abbonda 
nel  calcare  del  Chaberton  e  di  cui  vennero  raffigurati  più  esemplari  dal  Michelotti  nella 
nota  del  Gastaldi:  Su  alcuni  fossili  paleozoici  delle  Alpi  Marittime  e  dell'Appennino 
Ligure  (1);  e  nell'altra:  Sui  fossili  del  Calcare  dolomitico  del  Chaberton  studiati 
da   G.  Michelotti  (2),  e  che  certamente  non  appartengono  al  genere  Cyathophyllum. 

Famiglia  delle   Oculinidi. 
N.   16  Genere  Fsammohelia  From. 

Non  ho  trovato  di  appartenente  a  questo  genere  che  un  grazioso  piccolo  frammento 
di  polipaio  (alle  Grangie)  mostrante  alcuni  calici  ancor  relativamente  conservati  e  dei  quali 
si  poteva  osservare  la  forma  rotonda,  i  sottili  e  relativamente  poco  numerosi  setti  (essendo 
molto  piccoli  quelli  dei  cicli  successivi  al  primo)  e  la  presenza  di  una  piccola  columella;  i 
calici  sono  poi  e.ssi  stessi  scavati  nella  massa  generale  del  C'enenchima.  Della  forma  esterna 
del  polipaio  nulla  di  osservabile.  Questo  genere  manca  finora  alla  Ceretta  ed  alle  roccie 
Mortier. 

N.    17  Genere  Enallohelia  E.   H. 

Questo  genere  è  rappresentato  con  scarsi  avanzi  tanto  alla  Ceretta  che  alle  Grangie. 
È  per  lo  più  malissimo  conservato,  ma  la  disposizione  dei  calici  sul  polipaio,  la  forma  di 
questo  secondo  e  qualche  raro  calice  che  si  è  potuto  esaminare,  lo  fauno  sufficientemente 
distinguere. 

N.    18   Oculina  (s.  ext). 

Appartenenti  alla  famiglia  delie  Oculinidi,  ma  genericamente  indeterminabili  si  tro- 
yano  ancor  qua  e  là  sparsi  per  la  roccia  alcuni  frammenti  di  polipaio  che  F  esame  micro- 


(1)  Memorie  deW Accademia  dei  Lincei,  Classe  matematiche.  Roma  1877,  Serie  3",  V<i|.    1.  Tav.  I. 
(2;  Boll,  dil  R.  ComU.  Geol.  Anno  1875.  N.  11-12  (pag.  6-8,  fig.  4,  M.  7,  15,  16,  19  dell'estratto). 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  65 

scopico  ci  obbliga  a  collocare  iu  questa  prossimità  ma  che  per  lo  più  sono  estremità  di  rami 
mancanti  di  calici. 

Famiglia  delle  Bàsmidi. 

Tribù  delle   Trochocyathaceae. 

K   19  Genere  Trochocyathus?  E.  et  H. 

In  questo  genere  colloco  un  Corallario  manifestatosi  con  porzione  di  calice  in  una 
sezione  microscopica.  Questo  calice  di  cui  non  potrei  nemanco  dire  se  fosse  di  un  individuo 
isolato  od  associato,  mancando  la  parete,  misura  internamente  3  min.  di  diametro  e  doveva 
aver  lamine  mesenteriali  molto  ben  sviluppate,  sottili  e  rare  non  essendo  visibili  che  le  6  del 
1°  ciclo  ben  sviluppate  e  forti,  e  poi  più  ridotte  quelle  appartenenti  al  2°,  più  ancora 
quelle  appartenenti  al  3".  Di  un  quarto  ciclo  non  ho  potuto  scorgere  traccia,  né  pure  potei 
scorgere  traccia  di  columella,  né  orientarmi  sullo  spessore  e  sulla  natura  della  muraglia.  Su 
cosi  pochi  dati  credo  impossibile  il  precisare  a  (juale  speciale  sezione  di  Coralli  possa  appar- 
tenere questo  fossile.  Debbo  però  ricordare  che  una  disposizione  di  setti  analoga  alla 
descritta  si  riscontra  nel  Trochocyathus  truncatus  Zitt.  (1)  di  Stramberg  dove  però  son 
sensibili  il  doppio  di  setti  che  per  la  specie  di  Argenterà  essendo  bene  ed  ugualmente  svi- 
luppati quelli  del  1"  e  2°  ciclo  e  molto  meno  poi  (come  nel  caso  nostro  per  minor  numero 
di  cicli)  quelli  di  3°  e  4"  ordine.  Ma  là  abbiamo  una  columella  che  qui  o  manca  o  fu 
cancellata  nella  spatizzazione.  Egli  é  quindi  colla  più  grande  riserva  che  riporto  questo 
fossile  al  genere  Trochocyathus. 

Softofawiglia    Turhinolinne. 
N.  20  Turbinolia  —  (an  Trochocyathus?). 

In  un  gran  munero  delle  sezioni  praticate  per  lo  studio  microscopico  della  roccia  di 
Argenterà  comparvero  sezioni  di  calici  isolati  di  Corallarii  di  piccolissime  dimensioni.  Uno 
venne  anche  trovato  sopra  un  frammento  di  roccia  corroso  dalle  intemperie.  Son  piccoli 
calici,  aventi  una  forma  conica  più  o  men  regolare,  che  non  giungono  a  mm.  2  di  dia- 
metro al  più,  con  una  parete  distintamente  costata.  Nellintemo  pare  sia  stata  presente 
e  ben  sviluppata  una  columella  solida,  le  lamine  abbastanza  numerose,  ben  sviluppate 
e  sottili  superano  la  parete  della  quale  formano  le  coste.  Non  ho  potuto  constatar  la 
presenza  di  paluli,  nemmeno  potei  assicurarmi  che  mancassero;  così  pure  non  potei  assi- 
cm-armi  della  natura  massiccia  o  perforata  della  parete  e  dei  setti  :  son  per  conseguenza  in 
dubbio  a  quale  dei  due  generi  sopra  indicati  io  l'abbia  da  rifem-e. 


N.    21. 

Prima  di  lasciare  la  famiglia  delle  Turbinolidi  debbo  ancor  ricordare  un  ultimo  Coral- 
lario manifestatosi  in  un  frammento  di  roccia  in  cui  col  mezzo  di  acidi  avevo  cercato  far 


(J)  ZiTTKL,  Die  Fauna  der  Aelt.    Cephalopodenfuehrenden  TUhonbildwngen,  Cassel  1870,  pag.  164, 
Tav.  15,  fig.  20  n  e  6. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  i 


66  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

spiccare  uii  grosso  esemplare  di  Ellipsactinia.  Anche  qui  non  mi  sono  avanzati  che  6  a  7 
calici  di  piccole  dimensioni  (la  lor  sezione  tondeggiante  ed  un  po'  elittica  ha  3  mm.  di  dia- 
metro) sparsi  per  il  frammento  e  molto  mal  conservati.  La  muraglia  che  si  è  più  o  man 
confusa  colla  roccia  circostante  ha  dovuto  esser  spessa  ;  se  costata  o  no,  se  rivestita  o  no  di 
epitecio  impossibile  il  distinguere.  Sono  ancor  visibili  i  setti,  i  quali  erano  sottili,  subeguali 
(almeno  per  quelli  visibili,  che  appartengono  ai  tre  primi  cicli)  e  giungevano  presso  il  centro. 
Può  darsi  che  nell'anello  calcareo  spatico  che  io  considero  come  la  muraglia,  vi  fossero 
oltre  a  questo  anche  setti  meno  sviluppati  appartenenti  al  quarto  ciclo;  non  ne  è  però  visi- 
bile alcuna  traccia.  Esaminando  minutamente  il  centro  di  questi  piccoli  calici  oserei  affer- 
mare la  presenza  di  una  columella  che  non  potrei  dire  se  solida  o  foliacea  o  bacilliforme, 
e  forse,  ma  con  molto  minor  sicurezza,  anche  quella  di  una  corona  di  paluli.  Farmi  che 
per  lo  più  gli  individui  fossero  isolati  ;  in  un  solo  caso  credo  d'aver  osservato  due  individui 
attaccati  ad  uno  stesso  piede.  In  complesso  la  sezione  di  questo  Corallario  ricorda  iiuella  della 
Caryophyllia  primaeva  Zitt.  (1)  del  Titonico  di  Rogoznik  di  cui  ha  molto  minori  dimensioni  ? 

Io  chiudo  qui  la  serie  dei  Corallarii  sco{)erti  in  Argenterà,  ricordando  come  siano 
appunto  questi  Turbinolidi  i  Corallari  appartenenti  alla  categoria  dei  cos'i  detti  Coralli 
di  gran  fondo,  i  quali  assieme  a  molti  dei  già  citati  generi  di  Coralli  monozoici,  vissero 
nel  bacino  formato  dai  Coralli  banchiferi  e  da  loro  protetti.  Essi  assunsero  nel  banco 
corallifero  di  Argenterà  dimensioni  non  molto  considerevoli,  tali  però  che  son  sufficienti 
a  farne  discernere  e  constatare  la  loro  esistenza,  e  fino  ad  un  certo  punto  le  loro  relazioni 
di  parentela  cogli  altri   Corallari  della  medesima  epoca  (2). 

CELENTERATI 

Ottocoralli. 

Sono  nei  giacimenti  di  Argenterà  molto  più  scarsi  che  non  gli  Esacoralli  riducendosi 
ai  seguenti: 

Famiglia  delle  Elioporidi. 
N.   1   Genere  Heliopora  Blv. 

Riferisco  con  tutte  le  possibili  risei-ve  a  questo  genere  alcuni  piccoli  frammenti  di 
polipaio  mostranti  alla  lente  traccie  di  piccoli  calici  quasi  senza  lamine  affondati  in  un 
cenenchima  celluloide.  Può  darsi  non  si  tratti  che  di  un  qualche  Corinide  alterato. 

Famiglia  delle   Gorgonidi. 
N.   2  Genere  Gorgonia  (s.  ext.). 

È  uno  dei  più  strani  fossili  che  io  mi  abbia  trovato  alla  tìoretta.  È  una  espansione 
calcarea  dendroide  distesa  su  di  un  frammento  di  calcare  e  misurante  ben  1 0  mm.  di  lun- 


(1)  Vedi  ZiTTBL,  Fauna  d.  Aelt.  Ceph.  Tith.  Bild.,  pag.  165,  Tav.  38,  fig.  4?-43. 

(2)  Vedi  por  una  breve  e  succinta  sistematica  dei  Coralli,  ed  in  generale  degli  animali  inferiori 
tossili,  i  fascicoli  già  pubblicati  del  nuovo  trattato  dello  Zittkl:  Handbuch  der  Palaeontologie ,  8». 
Mùnchen  1876-80  e  seg. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  67 

ghezza  per  3  di  larghezza  massima.  Ha  disposizione  simile  più  che  ad  altro  ad  una  penna 
partendo,  come  in  quella,  disticamente  da  un  fusto  o  calamo  mediano  delle  barbatelle  cal- 
caree solide,  rivolte  allo  infuori  e  suljeguali  alcune  delle  quali  misurano  fin  40  mm.  di  lun- 
ghezza per  1  mm.,  talor  meno,  di  spessore.  Il  calamo  mediano  è  esso  pur  sottilissimo 
(1,5  mm  )  e  leggermente  contorto.  Con  somma  pena  mi  paiTe  poter  scorgere  alla  base 
qualche  piccola  apertura  a  mo'  quasi  di  calice  ;  alla  sommità  invece  parmi  che  le  pinnule 
vadano  man  mano  assottigliandosi  e  si  colleghino  per  mezzo  di  espansioni  laterali  calcaree 
staccantisi  ad  angolo  retto  o  quasi.  A  parte  ciò,  la  forma  e  disposizione  di  questo  fossile 
ricorda  molto  vivamente  da  una  parte  alcune  specie  del  vivente  genere  Pterogoi'gia,  il 
quale  ha  però,  come  è  noto,  scheletro  per  la  maggior  parte  corneo,  quindi  non  con- 
servabile, e  dall'altra  alcuni  dei  fossili  descritti  dal  Goldfuss  sotto  il  generico  nome  di 
Gorgonia  (1),  e  delle  quali  alcune  vennero  più  tardi  allogate  fra  i  Briozoi. 

Ora  possono  darsi  due  probabilità  :  1'  che  un  rappresentante  Giurassico  del  genere 
Pterogorgia  avesse  scheletro  in  gran  parte  calcareo,  quindi  fossilizzabile  e  che  quindi  ne 
provenisse  il  fossile  in  questione;  avremmo  in  favore  di  questa  ipotesi  la  forma  generale  del 
fossile  e  la  disposizione  delle  impressioni  calicinali  che  credo  avervi  osservate.  2''  Invece  il 
fossile  apparterrebbe  ad  un  Briozoo  come  molte  delle  Gorgonie  del  Goldfuss  e  avremmo 
per  ciò  il  fatto  che  parvemi  aver  osservato  della  relazione  di  una  coli 'altra  pinnula  in 
modo  da  formare  una  specie  di  maglia  rettangolare  la  quale  potrebbe  rappresentar  lo 
scheletro  di  una  qualche  Keteporide  o  Fotiestellide.  L'interna  struttura  del  fossile  che  ci 
potrebbe  dare  qualche  poco  di  luce  è  affatto  perduta  e  ci  dobbiamo  per  conseguenza  ac- 
'contentar  di  questa  provvisoria  collocazione  del  medesimo  fra  due  diversi  stipiti  di  ammali. 

Idrozoi. 

Tuhularine. 

Gli  Idrozoi  hanno  in  questo  calcare  fossilifero  uno  sviluppo  relativamente  considere- 
vole; su  quasi  tutti  i  frammenti  di  roccia  da  qualche  tempo  esposti  all'atmosfera  sporgono 
infine  corpi  globulari  di  colore  nerastro  e  di  piccole  dimensioni  i  quali,  esaminati  colla 
lente  ed  al  microscopio,  si  svelano  come  avanzi  di  organismi  appartenenti  a  questo  tipo. 
Altri  compaiono  per  mezzo  delle  sezioni  e  del  trattamento  negli  acidi  e  ben  sovente 
si  può  fino  ad  un  certo  punto  osservare  la  loro  intima  struttura,  cosa  di  prima  neces- 
sità anche  per  una  superficiale  api)rossimazione  ad  un  genere.  Quantunque  numerosis- 
simi sieno  gli  individui  trovati  appartenenti  alle  Tubularie,  tuttavia  son  essi  a  raccogliersi 
in  un  piccolo  numero  di  generi  e  di  specie,  né  io  credo  averne  alcun  tralasciato  ridu- 
cendo a  4  il  numero  dei  generi  di  Idrozoi  fossiH  nel  banco  di  Argenterà. 

Genere  Thalaminia  Steinm  (2). 

In  un  frammento  di  roccia  è  abbastanza  visibile  la  sommità  di  una  piccola  colonia 
a  sezione  circolare  il  cui  diametro  non  arriva  a  5  mm.  Quantunque  non  sia  la  sua  forma 


(1)  Nella  Pelrefacta  Germaniue,  Voi.  I,  Tav.  7. 

(2)  Vedi  SrEiNM,  Ueber  fossile  Hyiroioen  atts  der  Familie  der  Corinidenj  in   Palaeontographica. 
Band  2,5,  1878,  pag.  112,  Tav.  1,  fig.  8-9.  —  Zittel,  Handb.  der  Pai.,  pag.  283. 


08  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

estema  gran  che  conservata,  pur  tuttavia  essa  ofifre  abbastanza  analogia  con  quelle  raffi- 
gurate dal  Goldfuss  (1).  specialmente  con  quella  rappresentata  alla  figura  9Ì>.  In  essa  son 
visibili  numerose  lamine  disposte  radialmente  al  centro,  spesse  forse  un  decimo  di  milli- 
metro e  tutte  attraversate  da  una  parte  all'altra  da  numerosi  canali.  La  disposizione  delle 
lamine  e  dei  canali  concordano,  a  quanto  è  dato  di  vedere,  colla  descrizione  e  figure 
date  dallo  Steinmann,  non  così  le  dimensioni  che  son  di  gran  lunga  inferiori  a  quelle  da  lui 
indicate  e  che  molto  più  si  accordano  con  quelle  che  si  potrebbero  avere  dalle  colonie  figu- 
rate dal  Goldfuss.  Comunque  la  cosa  sia,  è  certo  che  questo  fossile  è  strettamente  legato 
al  genere  Thalaminia  del  quale  può  benissimo  essere:  tanto  una  specie  diversa  della  Th. 
Cottaldina,  quanto  una  più  giovane  colonia. 

Egli  è  di  grande  importanza  il  trovar  qui  questo  genere  finora  non  rinvenuto  che  in 
giacimenti  Giurassici  suj)eriori  o  Cretacei  inferiori,  poiché,  se  dai  descritti  fossili  abbiamo 
già  jìotuto  arguire  ad  una  fauna  precipuamente  Giui-assica  superiore  con  qualche  traccia  di 
abito  Cretaceo  ;  da  questo  e  dai  seguenti  generi,  per  la  loro  distribuzione  geologica  limita- 
tissima, potremo  con  tanto  maggior  sicurezza  trarre  argomento  a  confermare  i  già  ottenuti 
risultati. 

Genere  Sphaeractinia  Steinm. 

Frammezzo  alle  numerose  colonie  d'Idrozoiche  vissero  al  volger  dell'epoca  Giurassica 
nel  bacino  di  Ai'geutera.  la  maggior  j)arte  perdettero  assolutamente  la  intima  struttura  del 
loro  scheletro,  mentre  altre  non  l'haimo  perduta  che  in  parte  e  queste  servono  a  spiegarci  • 
l'origine  delle  numerose  piccole  masse  di  calcare  cristallino,  aventi  forme  esteme  tondeg- 
gianti più  0  men  regolari,  che  in  tanta  quantità  compaiono  in  ogni  microscopica  sezione 
che  venga  praticata  in  questo  calcare. 

Yeniamo  ai  fatti  :  In  una  sezione  microscopica  praticata  attraverso  ad  un  globulo 
elittico  di  calcare  bianco  grasso  e  del  diametro  di  2  millimetri,  che  dapprincipio  appa- 
riva completamente  amorfo,  potei  scoprire  da  un  lato  traccie  ancora  dell'antica  organizza^ 
zione.  L'elissoide  si  ora  formato  per  successivo  accrescimento  attorno  ad  un  corpo  estraneo 
che  nella  sezione  era  visibile  come  un  frammento  di  calcar  nero  di  forma  irregolare  ed  il 
di  cui  maggior  asse  non  aveva  la  minima  visibile  relazione  coll'asse  maggiore  della  colonia. 
Attorno  attorno  a  questo  corpo  si  scorgono  (talora  inteiTotti  dal  medesimo)  successivi  sottili 
strati  di  cellule  di  forma  ad  un  di  presso  cubica,  separate  ciascuna  dalle  contigue  nello 
stesso  piano  e  da  quelle  delli  strati  anteriori  e  successivi  da  una  sottil  parete  calcarea.  La 
sezione  viene  così  ad  acquistare  l'aspetto,  che  dirò  con  una  frase  non  mia,  di  un  nniro  di 
mattoni.  Non  vi  potei  però  scorgere  traccia  di  canali  radiali  ,  ne  osservare  la  natura 
della  parete  esterna  del  fossile.  Successivamente  e  colla  guida  di  questa  prima  sezione 
ho  scoperti  organismi  simili  in  molte  altre  sezioni  e  jiarimente  trovai  nella  roccia  altri 
fossili  dello  stesso  genere  con  dimensioni  molto  più  grandi  cioè  giungenti  fino  ad  un  cen- 
timetro di  diametro.  Essi  si  presentano  nel  calcare  grigio  nero  come  piccole  masse  bianche 
o  nere  sferoidali  e  non  offrenti,  nemmanco  esaminati  con  una  forte  lente,  traccia  alcuna  di 
organizzazione.  Per  scoprirla  bisogna  sottoporre  una  sottile  sezione  di  questi  corpi  ad  un 


(l)  Pelref.  Oerm. ,  voi.  I,  pag.  38-39,  Tav.  11,  fig.  9-10. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  69 

ingrandimento  di  almeno  60  diametri,  essendo  poi  molto  più  comodo  lo  studiarla  e  descri- 
verla ad  un  ingrandimento  di  250.  Fossili  di  egual  natui-a  ed  organizzazione  furono  già 
trovati  nel  Giura  superiore  di  Streitberg  e  vennero  descritti  dallo  Steinmann  (1)  sotto  il 
nome  di  Sphaeractinia.  L'unica  specie  però  che  egli  ne  descrive, la  S.  diceratina,  ha  dimen- 
sioni tanto  esterne  che  interne  assai  maggiori.  Così,  se  i  suoi  esemplari  oscillano  nelle 
dimensioni  dell'intiera  colonia  fra  i  20  ed  i  60  millimetri,  i  miei  stanno  invece  fra  i  2  ed 
i  12  ;  se  negli  esemplari  di  Streitberg  la  distanza  ft-a  una  lamina  e  Taltra  (ciò,  che  io  ho 
chiamato  le  dimensioni  delle  cellule  cubiche)  sta  tra  gli  estremi  0,3  e  0,5  mm.,  in  quelli 
di  Argenterà  non  arriva  a  0,1  di  mm. 

Tanto  negli  uni  poi  che  negli  altri,  la  disposizione  generale  è  la  stessa,  uno  scheletro 
composto  di  lamine  concentriche  separate  da  spazi  interlaminari  più  grandi  che  le  lamine 
stesse,  divisi  da  colonne  disposte  verticalmente  in  cellule  irregolarmente  cubiche.  Sono 
intanto  portato  a  tener  distinta,  come  diversa  da  quella  di  Streitberg ,  la  Sphaeractinia 
fossile  di  Argenterà. 

IDROCORALLINE 

Genere  Ellipsactinia  Steinm. 

Per  mezzo  di  preparazioni  con  acqua  acidula  e  di  sezioni  microscopiche,  son  pure 
venuto  a  constatare  la  presenza  di  questo  genere.  Cousistono  i  fossili  a  questo  appartenenti 
in  masse  irregolarmente  tondeggianti  di  calcare  bianco-rossastro,  spiccanti,  nelle  prepa- 
razioni fresche ,  molto  bene  sul  calcare  nero  che  le  avviluppa  da  ogni  parte  e  dal  quale  è 
quasi  impossibile  estrarneli.  Le  maggiori  dimensioni  osservate  nelle  colonie  di  t[uesto 
genere  raggiungono  fino  ai  4  centimetri  ;  queste  maggiori  colonie  sono  però  già  (juasi  tutte 
spartite  in  lobi,  solamente  le  minori  hanno  una  forma  sferoidale.  Sezioni  microscopiche 
normali  esaminate  con  piccolo  ingi'andi mento  (60  diametri)  mostrano  distintamente  lo 
scheletro  composto  tli  una  serie  di  lamine  concentriche  avvolgenti  un  corpo  estraneo  e 
separate  da  spazi  interlaminari  di  uno  spessore  eguale  o  minore  di  ciascuna  lamina.  Le 
lamine  si  presentano  nelle  sezioni  normali  con  bordi  iiTegolari  e  punto  paralleli,  sono 
frequentemente  saldate  alle  superiori  ed  alle  inferiori  per  mezzo  di  riawicinamenti  o  di 
colonnette  calcaree  rendendo  così  concamerati  gli  spazi  interlaminari.  Esaminata  colla 
lente,  la  superficie  estema  di  una  lamina,  si  mostra  come  leggermente  zigi-inata  ed  ondulata 
e  portante  qua  e  colà  grossi  (  qualche  decimo  di  millimetro  )  tubercoli  calcarei  tondi  ed 
avanzi  della  lamina  superiore  nei  punti  in  cui  le  era  in  diretto  contatto.  IVattanto  debbo 
ai  cambiamenti  avvenuti  in  seguito  alla  spatizzazione  il  non  poter  assolutamente  scorgere 
l'apertura  dei  canali  che  necessariamente  dovevano  attraversare  ciascuna  lamina  e  dei 
quali  neppur  più  si  vede  col  microscopio  il  percorso. 

Le  mie  osservazioni  mi  portano  intanto  a  riferire  questi  fossili  al  genere  Ellipsactinia 
stabilito  or  son  pochi  anni  dallo  Steinmann  (2)  per  Idi'ozoi  fossili  trovati  nel  Giura  supe- 
riore di  Streitberg  associati  ad  esemplari  del  genere  precedente.  Anche  qui  però  parmi  non 


(1)  Vedi  lavoro  citato,  pag.  H6. 

(2)  Steimann.,  Ice.  cit.,  pag.  118,  Tav.  3". 


70  SUI    TERRENI    STBAtlFICATI    DI    ARGENTERÀ 

dover  stabilire  identità  specifica  colla  Ellipsactinia  descritta  dallo  Steinmann.  Infatti 
anche  ijui  come  pel  genere  precedente  si  osserva  fra  gli  esemplari  dell'una  e  dell'altra 
località  una  differenza  nelle  dimensioni  degli  elementi  dello  scheletro  tutta  in  disfavore 
dei  fossili  di  Argenterà.  Anche  <iui  le  lamine  son  molto  più  sottili  e  per  conseguenza  molto 
più  ravvicinate,  quindi  minore  sviluppo  dei  tubercoli  che  si  slancino  verticalmente  da  una 
lamina  all'  altra  e  tanto  minor  sviluppo  dei  canali  radiali  in  guisa  da  renderli  o  invisibili 
o  molto  più  facilmente  cancellabili  col  movimento  dovuto  alla  spatizzazione.  Anche  l'or- 
dinamento concentiico  delle  lamine  diventa  men  regolare,  essendo  molto  più  frequenti  le 
adesioni  di  ciascuna  lamina  colla  superiore  e  colla  inferiore  e  bastando  l'intoppo  di  un 
benché  minimo  corpo  estraneo  a  disturbare  lo  sviluppo  delle  lamine  in  quel  punto  e  per 
conseguenza  a  produrre  soluzioni  di  continuità  che  si  manifestano  nel  progressivo  accre- 
scimento coi  vani  frapposti  alle  digitazioni  degli  esemiìlari  più  grossi  e  più  vecchi.  La 
Ellipsactinia  di  Argenterà  è,  in  somma,  specie  ben  diversa  dalla  E.  elliptica  di  Streitberg. 
Faccio  intanto  notare  questa  associazione  di  generi  con  specie  corrispondentisi  tanto 
a  Streitberg  come  ad  Argenterà,  associazione  che  ci  si  è  già  manifestata  per  tutti  gli 
Idrozoi  che  abbiamo  finora  passati  in  rivista. 

Genere  Porosphaera  Steinm. 

Prima  di  lasciare  gli  Idrozoi  mi  sia  permesso  il  far  menzione  di  un  ultimo  genere 
che  panni  aver  riscontrato  tra  i  fossili  di  Argenterà.  In  alcune  delle  sezioni  fatte  attraverso 
a  corpi  che  all'esterno  mi  parevano  appartenere  al  genere  Sphaeractinia ,  incontrai  poi 
una  struttura  dello  scheletro  ben  diversa  da  quella  caratteristica  di  quest'  ultimo  genere. 
Per  una  forma  generale  del  fossile  ad  un  di  presso  sferoidale,  del  diametro  di  10  mm., 
si  riscontrano  internamente  lamine  ordinate  concentricamente  l'una  sull'altra  bens'i,  ma 
molto  confusamente  :  le  lamine  sono  altrettanto  grandi  che  gli  spazi  interlaminari  e  son 
congiunte  ciascuna  colla  sovra  e  sottostante  per  mezzo  di  una  quantità  di  colonne  o 
meglio  trammezzi  regolarmente  disposti  che  tornano  (come  nel  genere  Spaeractinia )  a 
dividere  gli  spazi  interlamellari  in  una  quantità  di  cellule  contigue. 

Si  osservano  però  dal  genere  Sphaeractinia  le  differenze  ;  1°  che  le  cellule  hanno  un 
diametro  presso  a  ]ioco  uguale  allo  spessore  delle  lamine  e  dei  tramezzi  interlaminari  ; 
2°  che  i  tramezzi  sono  molto  più  vicini ,  più  regolarmente  collocati ,  e  inspessiti  verso  i . 
j)unti  di  contatto  colle  lamine  superiori  ed  inferiori;  3°  che  le  cellule  risultanti  vengono 
per  la  natura  delle  lamine  e  dei  tramezzi  a  ricevere  una  forma  sferoidica  e  non  più  cubica  ; 
4°  finalmente  e  conseguentemente  alle  3  differenze  precedenti,  che  l'intiera  massa  viene  ad 
assumere  un  aspetto  reticolato  in  cui  per  l'uguaglianza  delle  dimensioni  dei  vani  (coloriti 
in  nero),  con  (juclle  delle  pareti  (qui  colorite  in  bianco),  non  si  riesce  più  a  distinguere 
subito  gli  elementi  dello  scheletro  dalle  cavità,  e  solo  posteriormente  osservando  come  le 
cellule  0  concamerazioni  siano  per  lo  più  isolate  entro  la  massa  di  calcare  bianco  cristal- 
lino che  le  circonda,  le  isola  e  le  dispone  in  strati,  si  viene  a  stabilire  la  disposizione  dello 
scheletro,  che  trovammo  a  prima  vista  cos'i  ben  discernibile  nel  genere  Spbaoractinia. 
Come  nei  generi  precedenti  non  potei  «lui  osservare  traccia  di  canale  scoriente  in 
qualsiasi  senso,  e  cos\  pure  i  miei  tentativi  di  ossei-vazione  della  superficie  esterna  son 
rimasti  senza  risultato.  Tenendomi  pertanto  al  finquì  osservato  ed  avuto  riguardo  alle 


PER    ALESSANDRO    POKTIS  71 

differenze,  che  il  fossile  in  questione  presenta  colla  Sphaeractinia  di  Streitberg  e  con 
quella  di  Argenterà  debbo  concliiudere  :  o  trattarsi  di  una  terza  specie  del  medesimo 
genere  o  più  facilmente  di  una  specie  appartenente  ad  un  genere  diverso.  E  questo  sa- 
rebbe per  me,  dalla  desciizione  dell'  autore,  e  dal  poco  profitto  che  trarre  posso  dalle 
figui'e,  il  genere  Porosphaera  Steinm.  (1). 

Gli  è  bensì  vero  che  il  genere  Porosphaera  è  sin  ora  solamente  conosciuto  come  Cre- 
taceo inferiore ,  ma  quanto  a  me  risolverei,  questa  come  ho  già  risolta  una  precedente  dif- 
ficoltà di  simil  genere  con  dire  che  anche  ammettendo  fosse  certa  la  mia  determinazione  : 
1°  il  genere  Porosphaera,  che  non  è  stabilito  e  conosciuto  che  da  due  anni  appena,  può  benis- 
simo aver  rappresentanti  Giurassici  cui  la  non  conoscenza  del  genere  abbia  finora  impedita 
una  adeguata  classificazione  ;  2°  che  una  identica  distribuzione  geologica  l'hanno  altri 
fossili  della  stessa  elevatezza  organica  e  del  resto  affinissimi  che  pur  li  accompagnano  ; 
3°  è  appunto  caratteristico  delle  faune  Titoniche,  questo  incontrarsi  di  qualche  genere 
finor  conosciuto  come  Cretaceo  per  entro  una  fauna  di  aspetto  generalmente  Giurassico. 

Segue  CELENTERATI 

Classe  delle  Spugne. 

Fra  i  numerosi  ordini  ultimamente  stabiliti  dallo  Zittel  (2)  in  questa  classe,  nessuno 
di  quelli,  comprendente  spongiali  a  scheletro  siliceo,  ha  fin  qui  rivelata  la  sua  presenza  nel 
banco  fossilifero  che  ho  preso  a  trattare  ;  tutta  la  piccola  fauna  appartenente  a  questa  classe 
che  ho  potuto  scoprire,  e  radunare  in  questa  località,  tutta  fin  qui  appartiene  al  7°  ed 
ultimo  ordine  dello  Zittel,  a  quello  cioè  delle  spugne  a  scheletro  calcareo ,  Calcispongiae 
Blaind.  Tutte  le  spugne  fin  qui  raccolte  sono  malissimo  conservate,  e  solo  coll'aiuto  della 
forma  estema  e  della  posizione  delle  bocche  e  delle  cavità  viscerali  riferite  ai  rispettivi 
generi.  Eccole  intanto. 

CALCISPONGIE 

Genere  Peronella  Zitt.  (3). 

Il  genere  Peronella  è  rappresentato  nel  calcare  di  Argenterà  nelle  quattro  località 
di  Grangie,  Goretta,  roccie  Mortier  e  Koburent  da  individui  piuttosto  numerosi  apparte- 
nenti a  quanto  ])are  ad  una  sola  specie  o  tutt"  al  più  a  due. 

Ogni  individuo  è  alto  per  lo  più  2  centimetri,  regolarmente  cilindrico  per  la  sua  mas- 
sima parte  superiore  (diam.  10  mm.),  e  distintamente  pedicolato  inferiormente.  Esso  consta 
di  una  spessa  parete  circolare  di  3,5  mm.  di  spessore  circondante  una  cavità  viscerale  che 
discende  giù  fin  presso  alla  estremità  pedicolare  e  che  non  presenta  alla  sua  superiore 
apertui-a  alcun  restringimento  boccale.  Lo  scheletro  constava  o  doveva  constare  di  grossi 


(1)  Steimann,  loc.  cit.,  pag.  121,  Tav.  3,  fìg.  8-12. 

(2)  Zittel,  Studien  ueber  fossile  Sponqien,  fase.  1 ,  2,  3.  Abh.  d.  k.  Bayr.  Akad.  d.  Wiasensch.,  2*  ci., 
1877,  Bd  13.  —  Zur  Stammesgeschichte  der  fossile  Spongien.  Festschr.  d.  Phil.  Fac.  in  Munchen  zum 
50  jàhr.  Doctoi'-Jubil.  des  Prof.  V.  Siebold.  Munchen  1878  —  Handb.  d.  Palaeonlologie,  pag.  127  e  seg. 

(3)  ZiTTKL,  Ueber  fossile  Spongien,  Fase.  3,  pag.  30,  Tav.  12,  fìg.  4-6. 


72  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

fasci  irregolari  di  spiculf  calcaree  iasieme  saldate  ;  frattanto,  per  effetto  della  sopravvenuta 
spatizzazione,  per  quante  sezioni  io  abbia  osservato  al  microscopio,  non  mi  fu  dato  più  di 
scoprii'  traccia  di  spicule  ;  anche  i  granili  fasci  avevano  perduta  la  caratteristica  natura  della 
lor  superficie,  e  non  erano  più  visibili  che  fasci  rosariformi  di  calcare  cristallino  a  superficie 
più  o  men  liscia,  tutti  contorti  e  fra  loro  intrecciati  o  meglio  saldati.  Similmente  non  potei 
più  scoprire  se  gli  individui  fossero  alla  base  rivestiti  di  epitecio;  parvemi  di  no,  alla  sommità 
non  lo  erano  sicuramente.  Come  già  feci  osservare,  la  mas.sima  parte  degli  individui  sono 
isolati,  alcuni  però  paiono  saldati  alla  base  a  gruppetti  di  2-4  o  5  individui,  comunicando 
allora  inferiormente  le  cavità  viscerali  dei  diversi  corpi.  Può  darsi  che  gli  individui  isolati 
da  una  parte,  e  quelli  associati  dall'altra  appaiiengano  a  due  specie,  non  lo  credo  però  molto 
probabile  non  potendosi,  oltre  all'accennata,  rilevar  alcuna  differenza  di  costruzione  o  di 
forma.  Tutti  invece  concordano  nella  forma  esterna  colla  Peronella  Bronnii  Miìnster  sp.  (1), 
che  abbonda  noi  Giura  medio  e  superiore  del  Mezzodì  della  Germania,  ed  alla  quale  io  li 
riferisco. 

Genere  Corynella  Zitt.  (2). 

A  questo  genere  riferisco  un  unico  frammento  di  Spongiale  calcareo,  a  cui  per  la  levi- 
gatura son  riuscito  a  scoprire  la  cavità  viscerale,  la  natura  della  spessissima  parete  e  le  se- 
zioni dei  canali  che  in  diverso  modo  attraversano  quest'ultima.  Lo  scheletro  si  componeva  di 
grossi  fasci  calcarei  irregolari,  attorcigliati  e  saldati,  i  quali  presso  alla  cavità  visce- 
rale si  son  fusi  in  una  sola  massa  calcareo-cristallina  bianca,  ove  esse  non  son  più  riconosci- 
bili che  per  l'estremità  sporgenti.  A  giudicarne  dalle  <limensioni  del  frammento  rimastomi 
l'intiero  spongiale  doveva  avere  un  disco  superiore  di  almeno  25  mm.  di  diametro,  im- 
possibile il  dedurne  l'altezza.  Pare  che  manchi  un  epitecio  e  che  i  canali  attraversanti  la 
parete  termimno  più  suddivisi  e  fini  nelle  esterne  porosità  della  medesima.  La  costituzione 
insomma  del  fossile  mi  indica  il  suo  posto  nel  genere  Corynella,  la  pochezza  però  del  mate- 
riale conservato ,  mi  impedisco  di  dargli  un  nome  specifico.  Anche  il  genere  Corynella  ha 
nel  Giura  uno  sviluppo  considerevole  e  quasi  tutti  i  giacimenti  spongiferi  di  quest'epoca  ne 
contengono.  Trovasi  alle  Grangie  ed  alla  Goretta. 

Genere  Stellispongia  D'Orbigny  (3). 

Di  questo  genere  non  ho  dinanzi  che  un  piccolissimo  numero  di  esemplari,  uno  dei 
quali  ancor  abbastanza  ben  conservato  da  mostrare  la  forma  esterna  mespiliforme  con  breve 
e  grosso  pedicolo,  vi  son  visibili  ancor  le  traccio  di  un  osculo  superiore  terminale  e  di  un 
secondo  laterale  (jier  la  restante  porzione  laterale,  non  mi  è  possibile  il  verificare  essendo 
ancor  aderente  la  roccia).  L'osculo  superiore,  poco  profondo,  porta  ancor  traccia  delle  aper- 
ture dei  canali  deferenti  e  di  alcuni  dei  canali  afferenti.  Di  questi  ultimi  si  vedono  ancor 
alcune  aperture  sparse  per  la  superficie  esterna.   Questo  spongiale  era,  a  quanto   pare. 


(1)  Vedi  GoLDPuss,  Petref.  Gemi.,  Voi.  1",  pag.  91,  Tav.  33,  fig.  9  (Scyphia). 

(2)  ZiTTBL,  Fase    cit.,  pag.  35. 

(3.  ZiTTEL,  Fase,  cit.,  pag.  39  (129).        Handb.  d.  Palaeotuologie,  pag.  192. 


PEE    ALESSANDRO    POKTIS  73 

vestito  di  un  epitecio,  almeno  ne  trovai  traccia  presso  alla  base.  L'esame  microscopico  su 
individui  di  questo  genere  non  mi  palesò  che  la  solita  confusione  di  fasci  (più  piccoli  che 
pei  generi  precedenti) ,  calcarei  attorcigliati,  saldati,  irregolarissimi  e  mancanti  di  una 
intima  struttura  per  la  cristallizzazione  del  materiale.  Anche  qui  se  credo  ancor  possibile 
la  distinzione  generica  del  fossile  stimo  però  impossibile  una  giusta  determinazione  spe- 
cifica, dalla  quale  per  conseguenza  mi  astengo.  Località  :  Grangie  e  Goretta. 

Genere  Oculospongia  From.  ?  (1). 

Riferisco  a  questo  genere  uno  Spongiale  piccolissimo  (poco  più  di  un  centimetro) 
trovato  ad  Argenterà,  il  quale,  colla  costituzione  microscopica  pressappoco  eguale  a  quella 
degli  altri  Spongiali  calcarei  della  stessa  località,  mostra  un  piccolo  disco  convesso  attra- 
versato verticalmente  dalle  aperture  di  5  cavità  viscerali  intemantisi  nella  massa  fibrosa 
dello  Spongiale  che  pare  fosse  rivestito  di  un  epitecio. 

Il  genere  Oculospongia  è  finora  solamente  conosciuto  come  Cretaceo:  tuttavia  il  mio 
fossile  pare  si  accosti  più  a  questo  che  ad  altro  genere,  d' altronde  abbiamo  già  più  volte 
nel  corso  di  questo  mio  lavoro  incontrata  e  rimossa  questa  diflScoltà.  Località  :  Grangie. 

Geneke  Elasmostoma  From.  ?  (2). 

Lo  Spongiale  che  ho  riferito  a  questo  genere  si  presenta  sotto  l'aspetto  di  una  espan- 
sione fogliforme  di  uno  spessore  variabile  fra  gli  8  e  i  10  mm.,  costituito  dei  soliti  elementi 
microscopici  (sempre  tenuto  conto  delle  modificazioni  avvenute  per  il  metamorfismo  del  ma- 
teriale), e  con  una  superficie  superiore  ed  inferiore  rivestite  di  uno  strato  corticale  liscio  e 
sottile.  Nella  superficie  superiore  questo  strato  corticale  è  traforato  da  una  quantità  di 
osculi  piccolissimi,  tondeggianti  (0,2  mm.  di  diametro),  sparsi  irregolarmente  ed  a  quanto 
pare  abbastanza  profondi.  In  una  sezione  fatta  ho  ravvisate  traccie  di  una  grossa  cavità 
viscerale  eccentrica,  cilindrica  (2,5  mm.  di  diametro)  collocata  immediatamente  sotto  al 
detto  strato  corticale,  ma  di  cui  allo  estemo  non  appare  traccia  di  sorta.  Lo  Spongiale  intero 
(di  cui  non  possiedo  che  un  frammento) ,  aveva  figura  irregolarmente  tondeggiante  con  un 
diametro  di  30  mm.  al  più,  e  la  cavità  viscerale  di  cui  ho  parlato  dista  dalla  periferia  di  soli 
■5  mm.  :  forse  ve  ne  eran  parecchie  in  simile  posizione  ?  Anche  qui  la  forma  e  la  costituzione 
del  fossile  mi  hanno  indotto  a  riferirlo  ad  un  genere  finora  solamente  Cretaceo,  ma  valga 
per  questo  come  pel  precedente  genere  ciò  che  abbiam  detto  altre  volte  in  simili  casi. 
Località:  Grangie. 

PROTOZOI 
Rizopodi. 

Ordine    dei   Foraminiferi. 

I  Foraminiferi  si  sono  copiosamente  sviluppati  nel  tranquillo  mare  frapposto  ai  banchi 
coralliferi  di  Argenterà.  Pressoché  ogni  sezione  microscopica  osservata,  me  ne  faceva  di- 


(1)  ZiTTEL,  Fase,  cit,  pag.  43  (133). 

(2)  Vedi  ZiTTEL.  Fase.  cit. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV. 


74  SUI    TEEKEXl    STRATIFICATI    DI    AKGENTl^KA 

scernere  parecchi,  già,  qualche  frammento  di  Calcare  se  ne  mostrava  quasi  interamente 
composto.  Nella  grande  quantità  di  animali  di  quest'ordine  scoperti  nella  roccia,  non  mi 
fu  però  mai  dato  di  poterne  isolare  alcuno  e  quindi  di  poterne  vedere  la  superficie.  Tutte 
le  mie  determinazioni  furono  per  conseguenza  fatte  sulla  configurazione  di  sezioni  quali 
fortuitamente  avvenivano  sezionando  la  roccia  in  varie  direzioni.  Oltracciò  la  spatizzazione 
che  alterò  cosi  profondamente  tutti  gli  altri  fossili,  non  rispettò  neppure  i  Foraminiferi, 
distruggendone  o  confondendone  il  guscio  per  modo  che  della  natura  del  medesimo  poco 
più  o  nulla  se  ne  riconosce,  e  rendendo  cosi  impossibile  la  distinzione  dei  generi  che  con 
analoga  forma  esterna,  appartengono  in  un  caso  agli  imperforati,  nell'altro  ai  perfo- 
rati. In  qualche  caso  (come  per  le  Glanduline  e  le  Saccamine)  rese  dubbio  se  si  trattasse 
di  un  corpo  organico  o  di  una  formazione  pisolitica,  dubbio  che  ho  creduto  di  aver  risolto 
trovando  migliaia  di  questi  globuli,  fra  uno  o  due  che  parevano  aver  conservata  traccia  di 
una  oscura  concamerazione,  ma  che  non  è  ancor  di  pianta  rimosso.  Allorché  i  Foraminiferi 
sono  un  po'  meglio  conservati,  essi  si  presentano  sul  fondo  bigio  nero  del  Calcare  circostante 
con  una  parete  molto  più  oscura  e  con  le  cavità  interne  ripiene  di  Calcare  bianco  spatico, 
in  mezzo  al  quale,  quando  ancor  conservate,  spiccano  pure  in  nero  le  pareti  inteme.  Solo 
in  due  o  tre  individui  di  Foraminiferi  in  numero,  su  migliaia  di  riconosciuti,  mi  fu  dato 
scorgere  ancora  traccia  di  perforazioni  attraversanti  le  pareti,  per  tutti  gli  altri  le  ho 
trovate,  come  dissi,  inevitabilmente  cancellate. 

Or,  tenuto  conto  di  questa  difiicoltà,  son  ben  lungi  dall'esser  sicuro  di  aver  scoperto 
tutti  i  generi  di  Foraminiferi  contenuti  in  questo  Calcare,  mi  accontento  pertanto  di  qui 
enumerare  i  generi  della  cui  esistenza  sono  convinto  (1). 

Nella  famiglia  delle  Cornuspiridi  parmi  avere  incontrato  i  generi  Saccamitìu  e 
Trochammina. 

Nella  famiglia  delle  Lagenidi  ho  ravvisati  i  generi  Vaginulina,  Cristellaria  (con 
più  specie),  Robulina,  Frondi  calar  la,  Gìandulina?  (in  grandissima  quantità). 

Nella  famiglia  delle  Globigerinidi  i  generi  Glohigprina,  Orbulina?  Tfxtuìaria. 
Pulvintiìina  (frequentissima),  Planorbuliiia. 


Finalmente  dal  regno  animale  saltando  nel  vegetale  parmi  avere  nelle  sezioni  micro- 
scopiche fatte,  incontrato  non  sovente  individui  di  Xnvicula. 


Il  Calcare  di  Argenterà  non  è  che  una  Lumachella  composta  di  tutti  i  generi  precitati 
di  fossili  con  pochissimo  materiale  cementante,  il  quale  proviene  dagli  stessi  organismi 
scomposti  e  non  fa  che  riempire  i  meati  da  essi  lasciati.  La  classe  di  animali  clic  in  (|uesta 


(I)  Per  la  denomi nazioDe  dei  generi  mi  son  servito  principalmente  dei  seguenti  lavori  che  più 
facilmente  mi  erano  a  mano  :  D'Orbiu.vt,  Foraminiftres  Fussites  du  bassin  Teitiaire  de  Vienna,  Paris 
1846.  —  Bornema.nn  I.  G.  Ueber  die  Lias  Formation  in  der  umgegend  von  GóUingen  und  ihre  orga- 
nischen  Einschlùsse,  Berlin  1854.  —  TERnv^yi,  Recherches  sur  les  Forainitiifères  du  Lias  et  du  sist.  Oot. 
de  la  MosdU.  Metz  18Ó8-I874,  in-S".  —  Sur  les  h'oraminif^res  du  Bajocien  de  la  Af oselle ,  Paris  1877. 

—  ScHWAOER,  Saggio  di  una  classi/ica tione  dei  Foraminiferi.  Boll,  del  Comit.  geol.  Ital.   Roma  1877. 

—  ZiTTEL,  HandOuch  der  Palaeonlologie,  Mùnchen  1876,  pag.  61  e  seg. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS 


75 


Lumachella  ha  la  maggiore  importanza  e  forma,  per  cosi  dire,  il  fondo  del  quadro  in  ogni 
sezione  microscopica  è  quella  dei  Foraminiferi.  —  Dopo  vengono  i  Brachiopodi  dei  quali 
per  ogni  dove  si  incontrano  frammenti  di  guscio.  Seguono  ancora  abbondantissimi  gli 
Esacoralli,  ed  ancora  abbondanti  ma  già  senza  importanza  qual  materiale  primo  della 
Lumachella  divengono  le  Calcispongie.  Una  classe  ancor  importante  per  certe  parti  del 
materiale  è  quella  delle  Idromeduse  ;  a  queste  succedono  in  ordine  sempre  decrescente  i 
Gasteropodi  ridotti  a  pochi  generi  con  mediocre  sviluppo  individuale  e  numerico,  i  Lamel- 
libranchi  ancor  più  ridotti  e  finalmente  i  Cefalopodi  scarsissimi.  Scarsissimi  pure  i  Ver- 
tebrati. 

Egli  è  naturale  l'ammettere  che  tutto  il  carbonio  accumulato  in  tanti  organismi 
contemporaneamente  viventi  ed  affollati  in  si  breve  spazio  ,  non  abbia  potuto  essere 
esportato  o  distillato  colla  stessa  rapidità  con  cui  avveniva  la  generazione  e  la  morte 
dei  singoli  organismi,  ma  che  pur  liberandosene  alquanto,  la  maggior  parte  avesse  a 
restare  rappresa  e  impigliata  in  mezzo  alla  massa  calcarea  che  in  grande  abbondanza 
veniva  pur  prodotta  e  rapidamente  accumulata.  Egli  è  perciò  che  il  Prof.  Spezia  nelle  sue 
ricerche  sul  materiale  xilbitifero  che  io  gli  avevo  fornito,  avendo  sciolti  in  acido  diversi 
frammenti  di  questo  Calcare,  ne  ottenne  una  notevole  quantità  di  carbone  non  ancora 
modificato  tanto  come  l'Antracite,  ma  piii  simile  alla  Lignite  ed  al  Litantrace,  e  che  am- 
bidue  riteniamo  come  carbone  di  origine  animale.  Finalmente  una  eguale  origine  attri- 
buisco ai  bei  cristallini  bipiramidati  di  Quarzo,  che  lo  stesso  Professore  ottenne  pure  in 
(juantità  grandissima  unitamente  al  carbone.  Fra  gli  organismi  citati,  benché  calcarei, 
moltissimi  ve  ne  sono  che  hanno  parti  dello  scheletro  silicee;  oltracciò  posso  benissimo 
supporre  la  presenza  di  Spugne  e  di  Foraminiferi  a  scheletro  interamente  siliceo,  e  che  lo 
scheletro  loro,  disciolto  per  un  agente  qualsiasi,  si  sia  poi  ridepositato  in  cristalli  nello 
stesso  materiale  calcareo  entro  cui  era  impigliato. 

Dei  cristalli  di  Albite  poi,  parlerò  in  seguito. 

Kiassiumiamo  intanto  la  lista  dei  fossili  fin  qui  menzionati  : 


Vertebrati,  1  genere,  2  specie. 

1.  Strophodus  sp.  -  S.  subreticulatus  Ag. 

2.  Strophodus  sp.  -  S.  nebrodensis  Gemm. 

Crostacei,  idi  genere. 
S.   Bolina  sp. 

Cefalopodi   3  generi  6  specie. 

4.  Belemnites  sp. 

5.  Loligo  sp. 

(ì.   Ammouites  cf.  mutabilis  Sow. 

7.  Ammonites  sp.  (1)  -  A.  Eupalus  D'Orb. 


8.  Ammonites  (Oppelia)  Lithographica  Opp. 

9.  Ammonites  (Perisphinctes)  Albertina  Ca- 

tullo. 

Gasteropodi,  4  generi,  9  specie. 

10.  Nerinaea  Bruntrutana  Thurm. 

11.  Nerinaea  1"  n.  sp.  -  N.  bacillus  D'Orb. 

12.  Nerinaea  cf.  bacillus  D'Orb. 

13.  Nerinaea  2'  n.  sp. 

14.  Nerinaea  3^  n.  sp.  -  N.  Lorioli  Zitt.  - 

N.  Koemeri  Phil. 

15.  Nerinaea  4*  n.  sp. 


(I)  Per  alcune  delle  specie  che  ho  lasciate  senza  nome  in  questa  lista,  ho  posto  accanto  preceduto 
da  un  —  il  nomo  della  specie  a  cui  senza  doverla  riferire  l'ho  confrontata  od  avvicinata  nel  corso  di 
questo  mio  lavoro.  Così  pure  ho  fatto  seguire  il  nome  di  una  o  più  fra  le  località  dove  la  stessa  specie 
o  dove,  e  queste  tra  (  ),  una  prossima  rappresentante  era  pur  stata  trovata. 


76 


SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 


16.  Chemnitzia  sp. 

17.  Natica  2  sp.  indeterminate. 

18.  Patella  sp. 

Lamellibeaxchi,  8  generi,  13  specie. 

19.  Pholadomya  sp.  -  Ph.  nodosa  Goldf. 

20.  Pholadomya  2"  sp.   -  Ph.  Murchissoni 

Sow.  \'ar.  truncato-cordata  Goldf. 

21.  Isocardia  sp. 

22.  Panopaea  sp. 

23.  Lima  sp. 

24.  Lima  cf.  Picteti.  Porrentruy. 

25.  Pecten   articulatus  Schloth.  Porren- 

truy, Lémenc. 

26.  Pecten   subpunctatus  Miinst.   Streit- 

berg,  Lémenc. 

27.  P.  monsbeliardensis Ctj.  Porrentruy, 

Mont-Salève. 

28.  P.  giganteus  Munst.  Streitbe'rg. 

29.  Spondylus  cf.  velatus  Goldf.   Streit- 

berg. 

30.  Ostraea  sp. 

31.  ExogjTa  cf.    spiralis  Goldf.    Porren- 

truy.  Streitberg,  Lémenc. 

Beachiopodi,  3  generi  e  24  specie. 

32.  Terebratula    suprajurensis    Th.    Por- 

rentruy. 

33.  T.  bieskidensis  Zeuschn.  Porrentruy, 

Lémenc,  Mont-Salève. 

34.  T.  nebrodensis    Gemm.    Xord  di  Si 

ci  li  a. 

35.  T.  bisufifarcinata  Schl.  Lémenc,  (Nord 

di  Sicilia). 

36.  T.   Carpathica  Zitt.  Lémenc,  Kogoz- 

nik,  Maudens. 

37.  T.  nucleata    Schlot.    Lémenc.  (Por' 

rentruy,   N.  di  Sicilia,  Mont- 
Salève). 

38.  T.  Billiemensis  Gemm.   Nord   di   Si 

cilia,  (Mont-Salève). 

39.  T.  Himeraensis  Gemm.  Nord   di  Si 

cilia. 

40.  T.  Parandieri  Et.  Porrentruy. 

41.  T.  globata  Sow. 


42. 
43. 
44. 

45. 

46. 
47. 

48. 

49. 

50. 
51. 

52. 
53, 

54. 
55. 


56. 
57. 
58. 
59. 
60. 
61. 
62. 
63. 
64. 
65. 
{]ù. 
67. 
68. 


69. 
70. 
71. 
72. 
73. 
74. 
75. 


T.  Euthrmi  Pict.  Lémenc,  Dai. 

T.  Bouei  Zeuschn.  Rogoznik. 

T.  mitis  Suess.  Stramberg.  N.  di 
Sicilia. 

T.  Bilimeki  Suess.  Stramberg,  Dat. 
N.  di  Sicilia. 

T.  n.  sp. 

T.  (  Waldheimia  )  Delemontiana  Opp. 
Porrentruy. 

Terebratulina  substriata  Schloth.  Lé- 
menc. 

Ehinchonella  semiconstans  Et.  Por- 
rentruy. 

Eh.  Thurmanni  Bromi.  Porrentruy. 

Rh.  Hoheneggeri  Suess.  Stramberg, 
Nord  di   Sicilia. 

Eh.  cf.  Tatrica  Zeuschn.  Rogoznik. 

Eh.  capillata  Zittel.  Dat,  Eogoz- 
nik,  Stramberg,  N.  di  Sicilia. 

Eh.  tetrahedra  Sow. 

Crania  corallina  Quenst.  Lémenc. 

Briozoi  1 3  generi. 

Diastopora  sp. 

Berenicea    densata   Et.    Porrentruy 

Entalophora  sp. 

Terebellaria  sp. 

Fascicularia  sp. 

Ceriopora  2  sp. 

Eadiopora  sp. 

Heteropora  sp. 

Stomatopora  sp. 

Cellepora  sp. 

Eschara?  sp. 

Eetepora  ?  sp. 

Tubipora?  sp. 

Echinodermi,  7  generi. 

Ehabdocidaris  sp. 
Acrosalenia  sp. 
Hemicidaris  sp. 
Metaporhinus  sp. 
Sphaeraster  sp. 
Àpiocrinus  sp. 
Entrochus  sp. 


PEB    ALESSANDEO    POKTIS 


77 


Idkozoi,  3  generi. 

99.   Thalaminia    sp.  —  T.   crispa  Goldf. 
sp.   (Streitberg). 

100.  Sphaeractinia  sp.  -  S.  diceratina  Steinm. 

(Stramberg). 

101.  Ellipsactinia  sp.  -  EUipsoidaea  Steinm. 

(Stramberg). 

Calcispongie,  5  generi. 

102.  Peronella  Bronnii?  Goldf. 

103.  Corynella  sp. 

104.  Stellispongia  sp. 

105.  Oculospongia?  sp. 

106.  Elasmostoma?  sp. 

FoEAMiNJFERi  1 2  generi  e  numerose  specie. 


Coralli  Zoantaeii  ed  Alcionaeii, 
23  generi. 

76.  Montlivaultia  2  sp. 

77.  Cyathophyllia  sp. 

78.  Leptophyllia  2  sp. 

79.  Calamophyllia  sp. 

80.  Thecosmilia  sp. 

81.  Cladophyllia  sp. 

82.  Baryphyllia  sp. 

83.  Faviasp. 

84.  Cladocorasp. 

85.  Goniocora  sp. 

86.  Plesiosmilia  sp. 

87.  Axosmilia  sp. 

88.  Stylina  sp.  -  Stylina  hirta  Edw.  et  H. 

(Mont-Salève). 

89.  Columnastiaea  sp. 

90.  Stylohelia  sp.  —  St.  mamillata  From. 

Le  me  ne. 

91.  Psammohelia  sp. 

92.  Enallohelia  sp. 

93.  Oculina  sp. 
94    Trochocyatus    sp.    —   Tr.    truncatus 

Zitt.   (Kogoznik). 
95.   Turbinolia  sp. 
96?  Caryopyllia    sp.    -    C.   primaeva   Zitt. 

(Kogoznik). 

97.  Heliopora  sp. 

98.  Gorgonia  sp. 

Abbiamo  cosi  in  tutto  quasi  un  centinaio  di  generi  ed  in  questi  una  certa  quantità 
di  specie  più  o  men  bene  riconosciute. 

Come  si  è  potuto  vedere  nel  corso  della  enumerazione  dei  singoli  generi  e  specie 
io  mi  sono  assolutamente  astenuto  dal  traire  dalla  presenza  di  un  genere  o  di  una  specie 
conseguenze  sulla  età  del  terreno  in  cui  essi  erano  rinchiusi,  questa  conseguenza  che 
appoggiata  alla  presenza  di  un  sol  fossile  per  lo  più  mal  determinabile  avrebbe  potuto 
esser  falsa  oppure  dar  motivi  a  forti  dubbi,  appoggiata  invece  all'esame  di  tutta  la 
fauna,  ancorché  mal  conservata,  acquista  un  certo  carattere  di  sicurezza  che  non  è  più 
cosi  facilmente  contestabile.  Infatti  se  le  Ammoniti  nou  determinabili  o  poco,  non  ci 
indicano  precisamente  la  zona  in  cui  il  banco  fossilifei'O  deve  essere  collocato,  ci  tirano 
però  già,  coi  soli  indizi  di  loro  presenza,  fuori  di  tutto  il  gruppo  dei  terreni  primarii  e 
questo  è  già  molto  quando  si  consideri  che  appunto  fossili  compagni  ai  nostri,  ma  trovati 
in  altre  parti  delle  Alpi  occidentali,  furono  ritenuti  per  primari.  Dimostrato  colle  Ammo- 
niti che  ci  troviamo  nella  cerchia  dei  terreni  secondari,  il  genere  Nerinsea,  colla  sola  sna 
presenza  ben  dimostrata,  ci  indica  non  trattarsi  nel  caso  nostro  ne  di  Trias  ne  di  Lias,  ma 


107. 

Saccamina. 

108. 

Trochammina. 

109. 

Vaginulina. 

110. 

Cristellaria. 

111. 

Robulina. 

112. 

Frondicularia. 

113. 

Glandulina. 

114. 

Globigerina. 

115. 

Orbulina. 

116. 

Textularia. 

117. 

Pulvinulina. 

118. 

Planorbulina. 

78  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

l)ensì  di  terreni  da  collocarsi  fra  il  Giura  medio  e  la  Creta  superiore.  Ma  sappiamo  che  il 
principale  sviluppo  del  genere  Nerinsea  coincide  nell'Europa  meridionale  colle  assise  su- 
periori del  terreno  Giurassico  ;  d'altronde  delle  specie  rinvenute,  una  si  lascia  riferire  ad 
una  specie  già  conosciuta  come  appartenente  al  piano  Kimmeridiano.  le  altre  quantunque 
nuove  hanno  incontestabili  rapporti  con  specie  di  egual  età.  Saltando  di  pie  pari  i  generi 
Chemnitzia,  Natica  e  Patella,  nel  nostro  caso  poco  sicuri,  abbiamo  il  genere  Pholadomya 
che  benché  già  comparso  nell'epoca  Liassica,  tuttavia  ha  il  suo  più  grande  sviluppo  nel 
Giura  superiore  ;  e  i  pochi  rapporti  osservabili  negli  individui  di  Argenterà,  tutti  sono  per 
specie  appartenenti  od  al  Giura  medio  od  al  supeiiore.  Similmente  il  genere  Pecten  è 
rappresentato  con  3  specie  che  si  lascian  direttamente  riportare  a  specie  Kimmeridiane  e 
con  una  quarta  che  mal  conservata,  pur  tuttavia  molto  ricorda  specie  della  stessa  età. 
Saltiamo  il  genere  Spondylus  troppo  scarso  fin  qui  :  anche  il  genere  Exogyra  caratteristico 
dei  terreni  Giurassici  in  generale,  vien  in  Argenterà  trovato  con  una  forma  affatto  carat- 
teristica dei  piani  superiori  di  questi  terreni  ;  sopra  16  specie  di  Terebratule,  nientemeno 
di  1 5  si  riscontrano  nei  diversi  giacimenti  Kinimeridiani  o  Titonici  del  resto  di  Europa, 
quantunque  poche  di  esse  abbian  già  vissuto  anche  in  epoche  anteriori,  sopra  sei  specie  di 
KhjTichonella  cinque  sono  proprie  del  Giura  superiore,  l'altra  quantunque  comparsa  prima, 
si  trova  pur  nel  Giura;  e  il  genere  Crania  ci  presenta  una  specie  conosciutissima  ed 
appartenente  agli  strati  superiori  del  Giura.  Non  voglio  dare  troppa  importanza  ai  Briozoi. 
però  debbo  far  notare  come  appunto  il  grande  sviluppo  che  vediamo  a  prendere  a 
questa  classe  di  animali,  sia  nel  numero  dei  generi  che  in  quel  delle  specie  e  delli  indi- 
vidui, ci  indicano  prossima  l'epoca  Cretacea  nella  quale  appunto  toccarono  l'apogeo  del 
loro  sviluppo  i  generi  trovati  in  Argenterà.  Ne  possiamo  trascurare  gli  Echinodermi  che 
ci  mostrano  alcuni  generi  i  quali  appunto  nei  tempi  intermediari  al  Giura  ed  alla  Creta 
raggiunsero  il  massimo  di  importanza.  Veniamo  ai  Coralli  :  trascuriamo  gli  Alcionari  e 
occupiamoci  dei  soli  Zoantari.  Son  tutti  Esacoralli  ;  le  specie  non  son  più  tutte  ricono- 
scibili ma  i  generi  son  tutti  che  o  cominciarono  a  vivere  nel  Giura  e  specialmente  nel 
Giura  superiore  o  in  quell'epoca  raggiunsero  l'apogeo  del  loro  sviluppo.  I  rapporti  che 
si  mostrano  in  questi  Coralli  son  tutti  marcatamente  per  specie  Giurassiche  superiori  (1) 
già  talor  anche  per  specie  Cretacee. 

Ed  allora  passiamo  in  un  altro  campo  di  considerazioni  :  Gli  autori  che  si  sono  occu- 
pati dello  studio  del  terreno  Titonico,  lo  han  considerato  come  una  fase  di  passaggio 
avvenuta  al  cadere  dell'epoca  Giurassica,  e  proseguitasi  anche  mentre  nelle  contrade  Setten- 
trionali di  Europa,  si  era  già  cominciata  a  svolgere  la  fauna  Cretacea.  Per  conseguenza 
pur  durando  in  generale  nei  giacimenti  Titonici  l' impronta  Giurassica  della  fauna,  vi 
si  associano  di  già  qualche  genere  e  specie  Cretacei.  Questa  mescolanza  caratterizza 
appunto  i  terreni  Titonici:  essa  è  men  sensibile  nei  giacimenti  Titonici  più  antichi  come 
sarebbero  appunto  quelli  posti  ad  Occidente  delle  Alpi,  al  Nord  della  Sicilia,  in  alcuni 
punti  dei  Carpazi;  è  più  sensibile  invece  nei  Titonici  superiori,  come  sarebbero  altri 


(I)  Non  posso  passare  sotto  silenzio  l'analogia  di  fauna  corallina  esistente  tra  il  giacimento  di 
Argenterà  e  quello  di  S'-Michel  (Meuse)  analogia  che  salta  immediatamente  agli  occhi  ^benché  non  si 
poaaa  rigorosamonte  e  sciontificameiittì  finnr  stabilire)  allorché  si  compara  il  complesso  delle  forme 
cespitose  della  piiina  località  con  quelle  dell'altra,  a  quanto  almeno  posso  indurne  dalle  descrizioni  e 
figure  date  dal  Michelin  neWIconographie  loophitologique .  Paris  I8J0-47,  in-4»,  pag.  88-93,  Tav.  19-21. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  79 

giacimenti  dei  Carpazi  medesimi  o  delle  Alpi  Meridionali.  Per  noi  adunque  è  importante 
il  far  notare,  che  l'aspetto  della  fauna  di  Argenterà  che,  per  gli  animali  superiori  ai 
Coralli,  si  era  mostrato  decisamente  Giurassico  superiore  ;  per  i  Briozoi  e  per  i  Coralli, 
mostra  una  qualche  tendenza  alla  fauna  Cretacea,  e  che  tale  tendenza  torniamo  a  veri- 
ficare negli  Idrozoi,  dove  di  quatti'o  generi  trovati,  due  sono  finora  conosciuti  come  esclu- 
sivamente Giurassico-superiori ,  uno  come  Giurassico  superiore  ad  un  tempo  e  Cretaceo 
inferiore,  e  l'altro  esclusivamente  Cretaceo,  ed  ancor  più  nelle  Spugne  dove,  di  cinque 
generi  stabiliti,  l'uno  è  incerto  e  non  merita  ne  teniamo  conto,  un  secondo  era  finora 
conosciuto  come  non  anteriore  al  periodo  Cretaceo ,  mentre  gli  altri  erano  diffusi  tanto 
nel  Giura  superiore  quanto  nella  Creta. 

Appoggiato  a  queste  considerazioni,  io  non  esito  a  considerare  il  giacimento  di  Argen- 
terà, siccome  Titonico.  Considerato  poi  che  l'aspetto  della  fauna  di  questo  giacimento  si 
dimostra  ancor  prevalentemente  Giurassico  superiore,  mentre  i  tipi  Cretacei  sono  in  gran- 
dissima minoranza,  corrispondendo  per  conseguenza  principalmente  colla  Facies  a  Coralli, 
Gasteropodi  e  Brachiopodi  del  Titonico  inferiore,  sarei  di  opinione  di  considerare  pure 
questo  giacimento  come  rappresentante  nelle  Alpi  Marittime  il  Titonico  inferiore  stesso. 

E  risultato  dalla  discussione  dei  singoli  fossili  una  analogia  grandissima  tra  la 
fauna  di  Argenterà  da  una  parte,  e  quella  del  Sud  della  Germania,  principalmente  di 
Streitberg  (Spenge  ed  Idrozoi)  (1);  e  di  Porrentruy  (Brachiopodi).  La  fauna  di  Argenterà 
ha  di  nuovo  analogie  grandissime  coi  giacimenti  Giurassico-superiori  posti  all'  Occidente 
del  tratto  delle  Alpi  compreso  fra  il  Monte  Bianco  ed  il  Moncenisio;  infatti  molte  specie 
di  Coralli  e  di  Brachiopodi  sono  comuni  ai  giacimenti  di  Argenterà  e  di  Lémenc  da  una 
parte ,  di  Argenterà  e  del  Mont-Salève  dall'  altra.  Qualcuna  delle  specie  di  Argenterà, 
ma  poche,  son  pur  comuni  al  giacimento  Titonico  di  Kogoznik  (2),  e  le  Ammoniti  di  Argen- 
terà ricordano  forse  quelle  delle  Alpi  Venete.  Finalmente,  la  fauna  di  Argenterà  ha,  per 
ciò  che  riguarda  i  Brachiopodi,  ancora  stretti  rapporti  colla  fauna  Titonica  inferiore  del 
Nord  della  Sicilia  mentre  la  presenza  e  lo  sviluppo  dei  Briozoi  ne  costituiscono  la  parte 
caratteristica.  Tutti  questi  rapporti  colle  sopraindicate  faune  risultano  chiaramente  dalle 
note  poste  in  seguito  a  ciascun  nome  tanto  nel  corso  della  discussione,  quanto  nella  lista 
dei  fossili. 

Un  fatto  è  però  ancor  degno  di  esser  notato ,  ed  è  che  tra  i  numerosi  fossili  di 
cui  ho  fatto  cenno  siccome  trovati  in  Argenterà,  non  sia  ancora  occorso  di  trovarne  alcuno 
il  quale  bene  o  male  ricordasse  o  la  T.  Diphia  o  la  T.  Janitor.  Ella  è  nota  la  grande 
importanza  che  hanno  questi  due  Brachiopodi  nella  stratigi-afia  dei  terreni  Titonici,  e  che 
in  molti  casi  la  collocazione  di  qualche  terreno,  nel  grujìpo  superiore  od  inferiore  dei 
terreni  Mediterranei,  dipenda  dalla  presenza  dell'una  o  dell'altra  di  queste  due  specie. 
Le  considerazioni  che  abbiamo  fatte  precedentemente  sulle  relazioni  esistenti  tra  la  fauna 
di  Argenterà  e  quelle  di  Mont-Salève  e  di  Sicilia,  ci  inducono  da  una  parte  a  considerare 


(1)  Colle  faune  di  Stramberg  e  di  Lémenc  presenta  la  fauna  di  Argenterà  ancora  una  grandissima 
analogia  nell'aspetto  generale,  essendo  come  quelle  una  facies  a  Cefalopodi,  Gasteropodi,  Bivalvi  e  Coralli 
assieme  riuniti. 

(2)  La  fauna  di  Rogo/;iuk  non  può  aver  con  quella  di  Argenterà  che  ben  poche  specie  comuni 
essendo  quella  di  mare  profond  )  e  quindi  ricca  di  Cefalopodi,  questa  invece  di  basso  fondo  e  ricca  per 
conseguenza  di  Coralli  associati  e  di  Brachiopodi. 


m)  sn    TEREBNI    STKATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

il  giacimento  di  Argenterà  siccome  contemporaneo  a  queste  ultime,  cioè  a  collocarlo  nel 
Titonico  inferiore  (strati  di  Kogoznik,  etage  du  Calvaire  a  Lémene),  opinione  questa  che 
vieu  confermata  d'altra  parte  dalla  concordanza  di  molte  specie  del  giacimento  in  questione 
con  quelle  di  classici  giacimenti  appartenenti  al  Coralliano  della  Sveria,  della  Franconia 
e  della  Svizzera.  Anzi  io  partirei  da  questa  associazione  della  facies  Mediterranea  o  Tito- 
nica  con  quella  dell'Europa  media  per  considerare  Argenterà  come  una  stazione  di  confine 
tra  le  due  facies  e  dove  esse  per  conseguenza  appaiono  associate.  Già  si  conosce  come 
questo  confine  corra  nelle  Alpi  OccidentaU  parallelamente  al  piede  estemo  delle  mede- 
sime, passando  per  il  Mont-Salève,  Chamberg  e  Grenoble. 

Una  nuova  vera  stazione  di  confine  la  riscontriamo  così  ad  Argenterà,  di  dove 
jìartendo,  possiamo  scorgere  la  formazione  Giurassico-superiore,  unitamente  ad  altre  più 
recenti,  prendere  non  secondaria  parte  nelle  grandi  masse  stratificate  che  costituiscono  le 

Alpi  Marittime. 

Accennata  così  la  mia  opinione  che  trattisi  per  Argenterà  di  terreni  corrispon- 
denti al  Titonico  inferiore,  e  prima  di  parlare  di  alcuni  banchi  che  regolarmente  sotto  - 
e  sovrastanno  al  banco  fossilifero  di  questa  località,  passiamo  ad  esaminare  alcune  opinioni 
state  espresse  in  proposito  dai  Maestri  che  mi  precedettero,  voglio  dire  dal  Sismonda 

e  dal  Gastaldi. 

Del  banco  fossilifero  di  Argenterà,  non  trovo  ancora  cenno  nella  memoria  del  Sismonda 
sui  terreni  stratificati  delle  Alpi  (1),  dove  però  vengono  già  dati  dettagli  su  terreni  della 
Cima  di  Pourriac,  di  cui  avremo  a  riferire  in  seguito.  Troviamo  già  citato  invece  lo  stesso 
banco  nelle:  Xofizip  sulla  costituzione  geologica  delle  Alpi  piemontesi  dello  stesso 
autore  (2)  ed  in  una  lettera  da  lui  scritta  il  26  maggio  1848  ad  E.  de  Beaumont  (3). 
dove  i  fossili  sono  considerati  come  Liasici  e,  nelle  Notizie,  vengono  paragonati  con  quelli 
che  si  incontrano  all'origine  della  valle  della  Tinea  (pag.  81)  e  di  cui  parleremo  in  se- 
guito, nella  Lettera,  insieme  a  quelli  incontrati  al  Perron  des  Encombres,  ancora  riferiti 
al  Lias.  D'allora  in  poi  la  località  di  Argenterà  diviene  pel  Sismonda  giacimento  Lia^ico. 
sul  quale  insiste  più  volte,  riportandone  dapprima  i  fossili  nella  lista  a  pag.  88  delle 
stesse  Notizie,  poi  citandola  nella  Classificazione  dei  terreni  stratificati  delle  Alpi  tra 
il  Monte  Bianco  e  la  Contea  di  Nizza  (4)  a  pag.  21  e  67.  In  questo  lavoro  il  Calcare  del 
•Tan  banco  fossilifero  di  Argenterà  viene  unito  al  Calcare  di  Yillet  e  considerato  siccome 
sincrono  di  quello  del  Colle  du  Chardonnet  (5),  du  Bonhomme  e  des  Encombres,  località 
tutte  che  dietro  i  fossili  raccolti,  vengono  considerate  appartenenti  al  «  Terreno  Antraci- 
toso  inferiore  (parte  superiore)  »  e  rappresentanti  il  Lias  superiore.  Le  stesse  affermazioni 
vengono  fatte  nella  Lettera  ad  E.  de  Beaumont  letta  alla  Società  Geologica  di  Francia 
nella  seduta  del  7  maggio  1855  (6)  eJ  al  Calcare  di  Villette,  e  per  conseguenza  paralle- 


(1)  Mem.  della  R.  Acc.  d.  Se.  di  Torino,  Serie  2«,  Voi.  3°,  1841  (letta  nell'adunanza  15  dicembre  1839). 

(2)  Mem.  della  R.  Acc.d.  Se.  di  Tonno,  Serie  2'.  Voi.  9".  18J8  (adunanza  19  gennaio  1845)  pag.  72. 

(3)  Bull.  Soc.  Geol.  de  Frane*.  Voi.  5,  Ser.  2.  IBIS,  pag.  410. 

(4)  Mem.  Acc.  di  Torino,  S.TÌe  2",  Voi.   12,   1852. 

(5)  Per  questa  importante  località  non  sarà  inopportuno  il  citar  di  nuovo  il  lavoro  originalo  di 
IC  De  Beaumont  :  Sur  un  ginemenl  de  V^gélatix  fussiles  et  de  GrophUe  situé  au  Col  du  Chardonnet 
(ITnulex  AtpesJ.  Anniiles  des  Sciences  nalurelles.  Tome  \r<,  1828,  pag.  353. 

(6;  Vedi  Bull. -Soc  Oc'ol.  de  France,'^'  Ser.,  Voi.  12,  1855,  pag.  635.  In  questa  seduta  venne  inoltre 
dal  Gaudry  fatto  u»  esatto  riassunto  dello  stato   della  questione  .dei  Calcari  Alpini  a  quel  momento, 


PEK   ALESSANDRO    PORTIS  81 

lizzati  con  quel  di  Argenterà,  vengono  successivamente  aggiunti  i  giacimenti  fossiliferi  del- 
l'Esseillon  (1)  e  della  Magdelaine  in  Savoia  (2).  Siccome  però  il  Calcare  «  des  Encombres  » 
e  du  Bonhomme  era  stato  unito  coi  Calcari  «  del  Brian^onnais  »  (3),  ne  veniva  di  naturai 
conseguenza  che  tutti  i  nominati  giacimenti,  compresi  quello  di  Argenterà  e  quello  «  del- 
l'Esseillon  »  venivano  compresi  nella  immensa  zona  dei  «  Calcari  »  che,  attribuiti  al  Lias 
superiore  ed  inferiore ,  si  estendevano  attorno  al  piede  Francese  delle  Alpi  Occidentali, 
a  partire  dall'estremità  Meridionale  del  Massiccio  del  Monte  Bianco  e  anivando  fino  alle 
sorgenti  della  Tinca  nelle  Basse  Alpi  (4).  Frattanto  però  questo  vasto  mantello  dei 
«  Calcari  del  Brian^onnais  »  veniva  esso  stesso  scomposto,  riconoscendovisi  i  rappresen- 
tanti di  varii  gruppi ,  e  ai  margini  del  medesimo  incontrandosi,  principalmente  verso 
Francia,  giacimenti  assai  posteriori.  Cosi  trovo  che  già  nel  1844,  il  Rozet  faceva  risal- 
tare le  condizioni  particolari  delle  roccie  di  Yizille  dove  la  formazione  «  Antracitica  » 
veniva  nettamente  ricoperta  dai  «  Calcari  a  Belemniti  »  (considerati  come  Liassici)  e  questi 
da  altri  Calcari  compatti,  simili  a  quello  della  Porte  de  Trance  (5)  e  che  questi  Calcari 
venivano  diligentemente  classificati  nella  formazione  Colitica  superiore  in  confronto  coi 
sottostanti  e  coi  Xeocomiani  sovrastanti  dal  Chamousset  (6).  Successivamente  nel  1855 
Rozet  accentua  ancora  quanto  disse  nel  1844,  allargando  il  territorio  occupato  dai 
«  Calcari  simili  a  quelli  della  Porte  de  Prance  »,  ed  estendendolo  nella  valle  dell'  Ubaye 
fino  al  Confine  Italiano,  sostenendo  infine  questa  sua  opinione  con  l'appoggio  di  fossili 
trovati  in  più  località  delle  Basse  Alpi  (7).  Così  nel  bel  mezzo  di  questo  vasto  dominio 
del   «  Calcare  del  Brian(;onnais  » ,  comincia  il  Lory  a  distinguerci  nel  Calcare  stesso  una 


questione  a  cui   molto  si   attacca   la  nostra  speciale,  nonché  delle  pubblicazioni  fino  allora  fattesi  al 
riguardo. 

(1)  ìsole  sur  le  calcaire  fossilifere  du  fori  de  V Esseillon  prh  de  Mudane  \  extrait  de  lettre  de 
M.  le  Prof.  A.  Sismonda  à  M.  E.  De  Beaumont.  Compt.  rend.  de  l'Acad.  d.  Se.  de  Paris-  seance  19 
septembre  1859,  Voi.  49.  Vedi  pure  Nuore  osservazioni  geologiche  sulle  Roccie  antracitifere  delle  Alpi 
del  Comm.  A.  Sismonda.  Mem.  d.  Acc.  di  Torino,  Serie  2*,  Voi.  24,  IB67  pag.  (della  memoria)  20. 

(2)  Leltres  sur  la  Conslitution  Géolugique  de  quelques  parties  de  la  Savoie,  adressi^es  par  M.  le 
Prof.  A.  Sismonda  à  M.  E.  Dk  Beaumo.nt.  Extr.  du  compte-rendu  de  l'Acad.  d.  Se.  de  Paris.  Séances 
du  26  octobie  et  7  décembre  1857. 

(3)  Vedi  SciPioN  Gras,  Introduction  à  un  essai  sur  la  Conslitution  Géologique  des  Alpes  CentraUs 

de  la  France  et  de  la  Savoie.  Bui.  Soc.  GJol.  de  Franco,  Ser.  2,  Voi.  1",  pag.  690  (pag.  70i  e  seg.).  

Lory,  Nouveaux  documents  sur  i:s  Gr^s  de  la  Maurienne  et  des  Hautes  Alpes    Bull.  Soc.  Géol.  Fr. 
Voi.  17,  Ser.  2^  pag.  179,  e  pag.  481.   18tì0  —  Loby,  Nouveaux  détails  sur  un  Gisement  de  Nummulites 

en  Maurienne  et  considérations  sur  l'usage   des   caraclh-es  stratigraphiques  dans  les   Alpes.  Lokt, 

Note  sur  la  Constiluiion  strvtigrvphique  de  la  Haute  Maurienne,  stesso  Boll.,  Voi.  18,  pag.  34  (pag.  41 
44,  45l  e  pag.  47  Lettre  de  M.  Favre  à  M.  De  Verneuil  sur  le  mème  sujet —  e  pag.  742  Lory,  Compte- 
rendu  de  la  course  de  Modane  à  Bramans  et  au  fori  de  V Esseillon.  Réunion  extraordinaire  a  Saint- Jean 
de  Maurienne  (pag.  749).  —  Lory,  Coupes  et  cortes  géologiques  du  Brian ponn ais :  stesso  Boll.,  Voi.  20 
1803,  pag.  233,  pi.  3  o  4.  —  Vignet,  Noie  sur  une  Coupé  du  Calcaire  du  Briangonnois:  stesso  Boll. 
Voi.  23.  1865,  pag.  181  —  e  pag  482  Lory.  Communication  surla  Carle  Géologique  de  la  Maurienne 
et  de  la  Tarantaise  par  Lory  et  Vallbt  (pag.  493,  Tav.  10). 

(4)  Vedi  Bull.  Soc.  Géol  de  France,  Voi.  12,  2»  Ser.,  pag.  204-254,  PI.  9  e  10.  —  Rozet,  Mémoire 
géologique  sur  les  Alpes  Franfaises. 

(5)  Bull.  Soc.  Géol.  de  France,  Voi  f  ",2»  Ser.,  pag.  651 .  Réunion  extraordinaire  à  Chambéry,  pag.  652, 
e  discussione,  pag.  6'i9.  —  RjZet,  Sur  quelques  parties  des  Aliies  Dauphinoises. 

(6)  Sur  les  Caractìres  et  l'indépendance  des  lerrains  Jurassiques  et  Néocomiens  de  la  Savoie.  Stesso 
Volume,  pag.  787. 

(7)  Rozet,  Mémoire  géologique  sur  les  Alpes  Francaises:  Bull.  Soc.  Geol.  de  France,  VoL  12  2"  Ser. 
1855,  pag.  2ll4  e  seg.  (pa-.227);  vedi  pura  la  seguente  nota  di  Scipiom  Gbas,  Sur  la  Conslitution  Géo- 
logique du  terrain  anthracifère  alpin  et  les  différences  qui  le  séparent  du  terrain  Jurassique,  a  pag.  255 
dello  stesso  Volume. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  t. 


82  Sri    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

certa  qual  complessività  contenendo,  col  concorso  dei  terreni  rappresentanti  le  sue  due 
facies  principali  (Lias  compact  et  Lias  sc/»s<f «a^, fossili  delle  epoche  dall'Infralias  sino  al 
Lias  superiore  (1),  ed  il  Vignet  ci  divide  tutta  questa  immensa  pila  di  Calcari  in  4  gruppi, 
facendoci  notare  la  relazione  che  passa  fra  i  Calcari  del  4"  gruppo  (costituenti  il  vertice) 
del  Chabertou  ed  i  Calcari  dell' Esseillon  (2).  Frattanto  insorgono  dubbi  sulla  contempo- 
raneità del  Calcare  dell'Esseillon  con  quelli  des  Encombres,  specialmente  dopo  la  scoperta 
fatta  del  terreno  Nummulitico  di  Mont  Kicher  (3),  i  quali,  dopo  alcuna  discussione,  portano 
il  Lory,  pur  ritenendolo  nelle  roccia  e  Calcari  del  Briangonnais,  a  considerarlo  come 
Triassico  (4).  Vi  sarebbe  per  conseguenza  qui  aperta  contraddizione  fra  i  risultati  del 
Vignet  e  del  Lory,  l'uno  ritenendo  questo  giacimento  come  Lias  superiore  e  fors'anco  Ooli- 
tico  inferiore,  l'altro  come  Triassico.  I  «  grès  antracitiferi  »  venivano  frattanto  dal  Gastaldi 
come  di  conseguenza,  collocati  fra  i  terreni  Paleozoici  ;  e  nei  terreni  ad  essi  inferiori  veni- 
vano collocati  i  Calcari  di  Rivara ,  Levoue ,  Lessolo ,  Montaldo  Dora  che  bordano  il  piede 
delle  Alpi  in  Piemonte  (•)).  Ma  con  questi  Calcari  veniva  per  analogia  di  struttura  confuso 
il  Calcare  della  sommità  del  Chabertou,  il  quale,  come  quello  del  Chinivert  dal  1850, 
già  dal  1872  cominciava  ad  offiire  qualche  traccia  di  fossili  non  ancora  determinabili  (6) 
ed  insieme  ad  esso  i  Calcari  del  Monginevi-o,  di  Villarodin  e  dell'Esseillon.  Ma  nel  1875 
i  Calcari  (detti  dolomitici)  del  Chaberton.  del  Chinivert  ecc.  vengono  nettamente  separati 
dalle  pietre  verdi  su  cui  giacciono,  ed  in  opposizione  al  Loiy,  portati:  neW orizzonte  infe- 
riore del  paleozoico',  a  questa  decisione  conduce  specialmente  la  determinazione  dei  fossili 
trovati  nella  campagna  precedente  al  Chaberton,  fatta  dal  Michelotti,  secondo  il  quale  i 
predetti  fossili  sono  decisamente  di  abito  Paleozoico  (7).  Altri  fossili  provenienti  da 
diverse  località  delle  Alpi  Marittime  vennero  pure  confinati  per  lo  meno  nel  Siluriano, 
e  di  naturai  conseguenza  anche  le  roccie  che  U  contenevano  (8).  Io  ho  già  a  pagina  63  di 
questa  mia  Nota,  parlando  dei  generi  Stylohelia  e  Calamophyllia,  fatta  notare  la  gi-ande 
relazione  che  passa  fra  le  specie  di  Corallarii  di  Argenterà  e  quelle  del  Mont^Salève  e  fra 
quelle  del  Mont-Salève  e  quelle  descritte  dal  Michelotti  e  provenienti  dal  Chabei-ton 
e  da  Vernante  ;  ora  non  mi  resta  più,  per  chiudere  questa  già  un  po'  lunga  rivista,  che 


(llXoRV,  Carie  et  Conpes gcologiques  du  Brianfonnais ;  Bull.  Soc.  Geol.  de  France,  Voi.  20,  Ser.  "2*, 
pag.   m,  f863. 

(2)  Vignet,  Note  sur  un*  Coupé  des  Calcaires  du  Brianconnais  :  Bull.  Soc.  Geol.  de  France,  Voi.  23, 
Ser.  2',  pag.  178,  1866. 

(3  Vedi  Réunion  extraordinaire  de  la  Soc.  Geol.  de  France  a  Saint-Jean  de  Maurìenne ;  Boll., 
Voi.  18,  Ser.  2',  1861,  pag  742;  Course  de  Modane  à  Bramans  et  au  fort  de  VEsseillon  (pag.  7-19)  — 
e  pag.  47  e  34  stesso  Voi.  le  note  citate  di  Favrk  e  Lory  —  e  Voi.  17,  pag.  177  l'altra  nota  già  citata 
di  LoBY.  —  Favre,  Note  sur  le  Terrain  Triasique  de  la  Savoie,  suivi  d'une  lettre  de  M.  Ch.  Lory  sur 
le  tnème  sujet.  Arch.  d.  Se   de  la  Bibl    Univ.de  Genove,  Mai  1867,  page  54. 

(i)  Bull.  Soc.  Geol.  de  Fi-ance,yo\  1",  Ser.  3«,  1873,  pag  l'66  :  Lory,  Ohservations  sur  tes  Alpes  Graies 
et  Cottiennes.  —  Lory,   Dcscrip.  Geol.  du  Dauphine,   1860,  pag.  .VJO  e  seg. 

(Ti)  Gastaldi,  Studi  Geologici  sulle  Alpi  Occidentali  in  .Memorie  del  R.  Comitato  Geologico  d'Italia. 
VoL  1°,  1871,  pag.  20  e  seg. 

(6)  Atti  della  R.Acc.d.  Sciente  di  Torino,  Voi. 7";  1872;  Gastaldi,  Deux  mots  surla  Geologie  des 
Alpes  Cottiennes  (pag.  3,  15  e  17  dell'estratto)  —  in  Moinorie  del  R.  Com.  Geol.,  voi.  2":  Gastaldi, 
Studii  geologici  stUle  Alpi  Occidentali,  F'arte  2",  1874,  (pag.  39  della  .Memorial. 

(7)  Gastaldi,  Nota  .<rui  fossili  del  Calcare  dolomìtico  del  Chaberton  (Alpi  Cozie)  studiati  da  G.  Miche- 
lotti.  UoU.  del  R.  Comit.  Geol.,  anno  187.^  N°  11-12  (pag.  8  dell'estratto)  e  stessa  nota  in  Voi.  3°, 
Serio  2*,  1876  degli  Atti  della  R.  Acc.  dei  Lincei. 

(S",  Gastaldi,  Su  alcuni  fossili  Paleoioici  delle  .ilpi  marittime  e  dell'  Appennino  Ligure,  studiati  da 
0.  MicuELOTTi.  Mera,  della  CI.  di  Se.  Fis.  .Mut.  Nat.  della  R.  Acc.  dei  Lincei,  Serie  3*,  Voi.  1",  1877. 


PER   ALESSANDRO    POKTIS  83 

dire  che  l'opinione  che  i  Calcari  del  Chaberton  e  delle  valli  di  Macra  e  di  Stura  come 
pure  dell'Appennino  Ligure  appartenessero  al  Siluriano,  venne  successivamente  dal  Gastaldi, 
in  seguito  alle  ossei-vazioni  paleontologiche  di  Meneghini,  Zittel  e  Giimbel,  quasi  com- 
pletamente corretta,  accostandosi  Egli  alla  opinione  del  Lory,  che  il  «  Calcare  del  BrianQon- 
nais  »  fosse  di  epoca  Liassica  bensì,  ma  allargandola  nel  senso  che  esso  potesse  contenere 
in  sé,  e  inferiormente,  anche  i  rappresentanti  dei  Terreni  inferioii  al  Lias  (1).  In  tal  modo 
si  andava  accostando  alla  verità,  e  vi  si  accostava  tanto  più  quando  ammetteva  la  presenza 
di  «  lembi  Giurassici  »  attorno  al  margine  dell'elissoide  granitico  del  Mercantoui-  i^uasi  a 
contatto  col  Gneiss  (Su  alcuni  fossili  paleozoici,  ecc.  pag.  18  dell'estratto);  quantunque 
egli  facesse  ben  notare,  subito  dopo,  che  la  roccia  contenente  i  fossili  in  quest'ultima 
regione  era  ben  differente  dal  «  Calcare  Dolomitico  »  di  cui  era  stata  si  lunga  questione. 
Ora  i  risultati  ottenuti  dallo  studio  del  Calcare  fossilifero  di  Ai'geutera,  dal  confronto 
di  questo  giacimento  con  quanto  vien  riferito  sui  classici  giacimenti  del  Mont-Salève  (2), 
di  Aix  e  Chambéry  (3),  di  Grenoble  (4),  ed  in  generale  della  Porte  de  France  (5),  dalla 
rivista  che  siamo  venuti  facendo  sulla  storia  del  Calcare  del  Brian^onnais  (6),  princi- 
palmente dai  dati  del  Rozet  e  del  Chamousset,  mi  porterebbero  a  così  esprimere  la 
mia  opinione:  Il  Calcare  Fossilifero  di  Argenterà  appartiene,  come  in  generale  il  Calcare 
della  Porte  de  France,  al  Titonico  inferiore.  II  Calcare  della  Porte  de  France  per  con- 
seguenza oltre  ad  estendersi,  secondo  Pillet  e  Pictet,  dal  Mont-Salève  fino  a  Grenoble, 
oltrepassa  ancor  questa  località,  e  passando  per  Vizille  con  una  gi-ande  curva  attorno 
al  Monte  Viso,  e  cambiando  la  natura  della  roccia  ma  non  il  contenuto  fossilifero,  ])assa 
alla  sommità  della  Valle  dell' Ubaye  e  di  là  per  la  sommità  della  Valle  della  Stui-a  entra 
in  Italia.  Oltre  a  questa  striscia  il  Calcare  della  Porte  de  France  ne  forma  una  seconda, 
che  sovrapponendosi  ai  «  Calcari  del  Brian^onnais  »  si  manifesta  con  divei-si  lembi  compresi 
finora  nel  tratto  tra  la  Valle  dell'Are  e  quella  della  Vermenagna,  e  dei  quali  i  principali 
sono  quello  dell'Esseillon  e  di  Villarodin,  quello  del  Chaberton,  quello  del  Cliinivert, 
quello  di  Argenterà,  dove  incontrerebbe  la  prima  striscia,  e  finalmente  quello  di  Vernante 
(del  quale  ultimo  non  avendo  visti  i  fossili  non  sarei  affatto  sicuro)   (7). 


(1)  Gastaldi,  Sui  rilevamenti  Geologici  falli  nelle  Alpi  Piemonlesi  durante  la  campagna  del  1877. 
R.  Acc.  dei  Lincei,  Classi!  di  Se.  Fis.,  Mat.  e  Nat.,  Voi.  T,  Ser.  3\   1878. 

(2)  A.  Favrk,  Rjcheixhes  dans  les  Paijs  voisins  du  Moni  Blanc,  Voi.  1",  pag.  236.  Le  Mont-Salh)e, 
descrisione  geologica  e  Loriol,  Descrizione  paleontologica,  Atlas  l'I.  A  e  B.  —  LoRY,  Sur  quelques 
faits  de  la  slruclure  des  Massifs  Centraux  des  Alpes.  Bull.  Soc.  Uéol.  de  France,  Voi.  1",  Sér.  3«,  1873, 
pag.  397. 

(3)  Pillet,  Descriplion  gc'ologique  des  environs  d'Aix  (Savoie) :  Ména.  Acad.  Imp.de  Savoie,  2*  Sér.. 
Voi.  3°,  1859.  —  Pillet,  Descriplion géol.  des  Environs  de  Chambéry:  Acad.  Sav.,  VoI.8°,  1865.  —  I'illet, 
Carles  géologiques  ;  Acad.  Sav.,  Voi.  8",  1865.  —  Pillkt,  VÈtage  Tithonique  à  Lémenc  (Savoie)  ;  .\rchives 
des  Sciences  de  la  Bibl.  Univ.  de  Genève,  1871. —  Pillet  et  Fromentel,  Descriplion  géologique  et 
paléontol.  de  la  colline  de  Lémenc  sur  Chambéry  ;  Móm.  de  l'Acad.  de  Savoie,  VoL  18,  1875,  con  Atlante. 

(4)  Lory,  Sur  le  Gisemenl  de  la  Terebralula  diphya  dans  les  Calcaires  de  la  Porte  de  France  aux 
environs  de  Grenoble  el  de  Chambéry;  Bull.  Soc.  G,;ol.  Frane.  2'  Sér.,  Voi.  23,  pag.  516  e  nota  di 
Hesert,  pag.  521,  186(3. 

(5)  PicTBT,  Notice  sur  les  Calcaires  de  la  Porle  de  France  el  sur  quelques  Gisements  voisins;  Archives 
des  Sciences  de  la  Bibliothèque  Universelle  de  Genève,  1867.  —  Pictet,  Elude  provisoire  des  Fossiles 
de  la  Porte  de  France,  d'Aisy  et  de  Lémenc;  Mélanges  Paléontologiques,  4"'  partie,  1868. 

(6)  Mi  son  perciò  molto  servito  delle  indicazioni  del  Fournet  in  Détails  concernants  l'Orographie 
et  la  Geologie  de  la  partie  des  Alpes  comprises  enlre  la  Suisse  et  le  Comté  de  Sice;  Mém.  de  l'Acad. 
des  Se,  Belles  Lett.  et  Arts  de  Lyon,  1863  (pag.  74  e  seg.). 

(7)  Potrebbe  darsi  il  caso  chea  Vernante  avessimo  invece  dinanzi  un  giacimento  prettamente  Cretaceo. 


g4  SII    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

Allo  scopo  di  confermare  questa  opinione  ,  ho  di  nuovo  sottoposti  i  fossili  del 
Chaberton,  già  descritti  dal  Michelotti,  ad  accurato  esame  e  in  essi  ho  trovato  una 
grandissima  quantità  di  Coralli  tutti  quanti,  per  ciò  che  permette  di  vedere  lo  stato 
odierno  di  conservazione,  riferibili  al  genere  Calamophyllia,  come  ho  già  detto  più  avanti. 
Vidi  che  i  presunti  Entomostraci,  ecc.  altro  non  erano  che  sezioni  longitudinali  eviden- 
tissime di  Terebratule  e  che  infine  vi  si  potevano  trovar  traccie  di  Calcispongie  del 
genere  Peronella  ;  anche  la  roccia  contenente  i  fossili  nelle  due  località  presenta,  checché 
ne  sia  stato  detto  prima,  grandissima  analogia  sia  nel  colore  che  nella  struttura,  che 
nello  stato  e  modo  di  consei-vazione  dei  fossili,  tanto  che  io  non  esito  a  considerare  Cha- 
berton (sommità)  come  un  secondo  Campo  Corallifero  dell'epoca  Giurassica  in  cui  invece 
del  genere  Stylohelia  aveva  la  prevalenza  di  sviluppo  il  genere  Calamophyllia  (con  specie 
vicinissime  alla  C.  Stokesi  del  Mont-Salève),  il  quale  vi  costituiva  ammassi  poderosissimi 
frammezzo  ai  quali  vivevano  e  trovavano  condizioni  adatte  una  infinità  di  Terebratule, 
qualche  Calcispongia  ed  alcuni  Echinodermi  appartenenti  all'ordine  dei  Crinoidei. 

Un  altro  banco  corallino  pure  con  sviluppo  prevalente  del  genere  Calamophyllia, 
sorgeva  nella  località  che  ora  venne  innalzata  alla  sommità  del  Chinivert,  almeno  così 
ne  lasciano  arguire  i  pochi  Polipai  fossili  sin  qui  trovati  in  una  roccia  presentante  con 
quelle  delle  due  citate  località  grandissime  analogie  fisiche. 

E  finalmente:  le  località  del  Forte  dell' Esseillon  sono  anche  fossilifere,  ma  i  fossili 
fin  allora  colà  trovati  non  furono  determinati  con  sicurezza;  però  i  Generi  colà  trovati 
ed  incertamente  collocati  paiono  compaiire  anche  in  Argenterà,  e  la  roccia  presenta  di 
nuovo  lo  stesso  preciso  aspetto  che  la  roccia  di  Argenterà,  e  come  quella  è  gremita  di 
cristalli  neri  di  Albite  che  restano,  come  residuo  mescolati  ad  una  grandissima  quantità 
di  una  polvere  nera  carboniosa,  allorché  il  Calcare  (che  come  quello  di  Argenterà  non 
si  può  chiamar  dolomitico)  viene  disciolto  in  acido  cloridrico. 

Ho  detto  al  principio  di  questa  mia  nota  che  il  banco  calcareo  di  Argenterà  giaceva 
in  stratificazione  pressoché  concordante  sopra  un  potente  banco  di  Anidrite  (ed  aggiun- 
gerò ora  e  di  Camiolo)  :  senza  ulteriormente  diffondermi  sulla  età  che  si  volle  attribuire 
ai  Gessi,  età  che  dovette  sempre  esser  rilevata  per  mezzo  di  quella  delle  roccie  incassanti, 
mancando  essi  stessi  di  fossili,  dirò  solamente  che  la  stessa  giacitura  dei  Calcari  Fossiliferi 
per  rispetto  ai  sottostanti  Gessi  si  osserva  unitamente  alla  stessa  struttura  fisica  e  chimica 
dei  Gessi  stessi,  tanto  al  Chinivert,  quanto  al  Chaberton,  quanto  all' Esseillon  e  a  Villa- 
rodin;  che  varie  sono  le  Roccie  che  sottostanno  ai  Gessi  e  Camioli  nelle  varie  località, 
essendo  qua  Calcari,  là  Serpentini  e  più  in  là  Talcoschisti.  Ma  dappertutto  si  rileva 
questa  associazione  di  Gessi  alla  base  e  di  Calcari  Fossiliferi  probabilmente  Giurassico- 
superiori  superiormente.  Che  questi  Gessi  e  Carnioli  debbano  veramente  avere  nna 
imiìortanza  geognostica?  e  che  lasciato  di  rappresentare  il  Trias,  come  pria  si  creJova. 
delibano  oggi  passare  a  rappresentare  il  principio  dell'epoca  Titonica  e  a  separarla  dalle 
precedenti  e  principalmente  dalla  Liassica?  Io  conosco  questa  associazione  in  località 
troppo  circoscritte  e  non  ancor  ben  sincronizzate .  espongo  questa  mia  ipotesi  basata 
sulla  osservazione  di  pochi  fatti  accertati,  spero  che  quando  ne  avrò  raccolta  una  mag- 
giore copia  potrò  accertarla. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  85 


PARTE  SECONDA 


Io  ho  finora  esaminato  il  banco  fossilifero  di  Argenterà  in  modo  aflfatto  isolato 
e  pei  soli  Materiali  Paleontologici  che  esso  conteneva.  È  d'uopo  ora  che  io  parli  dei 
rapporti  che  esso  presenta  coi  Terreni  sovrastanti  e  con  quelli  sottostanti,  e  di  cui  non 
feci  che  troppo  brevemente  menzione  nelle  prime  pagine  di  questa  mia  Nota.  A  questo 
studio  si  presenta  favorevolissimo  il  vallone  di  Pourriac  che  dal  colle  di  questo  nome 
mena  alla  Stura  un  rio  :  il  primo  affluente  di  destra  del  rio  Maddalena,  a  cui  si  immette 
sotto  all'abitato  delle  Grangie  e  che  da  questo  punto  porta  il  nome  di  Stura.  Il  vallone  di 
Pourriac  è  una  vasta  fessura  che  attraversa  una  grandissima  quantità  di  strati  di  diversa 
età,  in  direzione  obliqua  a  quella  dei  teiTeni  stessi  e  pressoché  normale  al  primo  tratto 
della  Valle  della  Stura  che,  come  avi'emo  a  dire,  non  è  altro  che  un'altra  fessura  offrente 
però  condizioni  affatto  diverse  da  quella  di  Poumac.  Se  adunque  tiiiamo  una  linea 
dalla  cima  di  Pourriac  pel  vallone  di  Pouniac,  il  colle  di  S.  Martino,  le  roccie  Ciaussis, 
il  vallone  di  Koburent  ed  il  colle  della  Scaletta  e  la  seguiamo  nel  senso  indicato,  avremo 
dalle  due  parti,  ma  più  specialmente  a  destra,  una  stupenda  sezione  di  terreni. 

Appoggiandoci  al  Gneiss  che  occupa  la  sommità  della  valle  della  Tinea,  troviamo 
sul  suolo  Francese  a  100  metri  al  disotto  del  confine  Italico  ossia  dal  vertice  del  Colle 
di  Pourriac  uno  straterello  di  materiale  roccioso  verde,  che  ad  una  superficiale  osserva- 
zione ci  si  rivela  per  un  Tufo  Porfirico  eguale  a  quello  di  cui  avremo  a  discorrere  con  rnsig- 
gior  diffusione  più  oltre  quando  avrem  raggiunto  il  sommo  del  vallone  di  Eoburent.  Questo 
materiale  è  decisamente  stratificato  e  frapposto  regolarmente  al  Gneiss,  ed  al  Calcare 
Liassico  che  vi  ti  appoggia.  Non  sporge  che  per  una  lunghezza  di  una  quarantina  di  metri, 
e  non  vien  attraversato  che  per  3  o  4  metri.  Ha  l'inclinazione  del  sovrastante  Calcare, 
di  35"  ad  ore  0,1 2\  e  sarei  portato  a  considerarla  come  il  prodotto  di  una  eruzione 
avvenuta  in  seno  al  mare  al  primo  aprirsi  dell'epoca  Liassica.  Alla  Boccia  Porfirica  verde 
si  appoggia  un  potente  complesso  di  Calcari  aventi  l'inclinazione  predetta,  un  colore 
grigio  nerastro ,  una  struttura  passante  per  un'  infinità  di  gradazioni  insensibili  dalla 
terrosa  alla  compatta  ed  alla  schistosa,  ed  in  generale  un  tatto  abbastanza  ruvido  e  gra- 
noso proveniente  da  grande  quantità  di  silice  frappresa.  Questi  Calcari  estesi  da  Est 
ad  Ovest  formano  tutta  la  Rocca  dei  Tre  Vescovi,  il  Colle  di  PouiTiac  il  promontorio 
del  Baraccone  di  Pourriac,  si  immettono  nel  vallone  di  Colombart,  di  cui  formano  tutta 
la  parete  Settentrionale,  fin  sotto  Ferrière  alla  immessione  del  Kio  di  Colombart  nella 
Stui-a.  Questi  Calcari  vengono  attraversati  nel  piano  della  nostra  sezione  per  un  650 
a  700  metri  senza  che  la  lor  massa  possa  venire  petrograficamente  divisa  in  gruppi 
minori.  Sappiamo  però,  e  di  certo,  che  il  loro  complesso  rappresenta  la  serie  dal  Lias 
inferiore  al  Giura  Dogger  medio  (Oxfordiano). 


86  SVI    TERRENI    STRATIFICATI    ì)l    ARGENTERÀ 

In  fatti  in  due  località  del  vallone  di  Colombart,  cioè  presso  all'origine  sua  ed  ai 
prati  della  Serre,  vennero  trovati  dal  Micbelotti,  dal  Eoasenda,  dal  Bruno,  e  da  me 
numerosi  sebben  mal  conservati  esemplari  di  Ammoniti  che  tempo  fa  vennero  determinati 
dallo  Zittel  appartenenti  allo  A.  Spiratissimus  Quenst.  (1),  e  di  Bclemniti  appartenenti  al 
gruppo  dei  Paxillosi:  dietro  determinazione  ancora  del  prelodato  Zittel.  Inoltre  dall'  anno 
scorso  tengo  in  mia  mano  un  campione  trovato  dal  Micbelotti,  che  pare  porzione  di  un  calice 
di  un  Crinoide,  forse  di  un  Pentacrino,  vista  la  molteplice  dicotomia  delle  sue  braccia, 
ma  di  cui  stante  la  cattiva  e  piccola  porzione  consei-vata,  non  si  può  guarentire  l'identità. 
Se  tutti  assieme  trovammo  alla  base  di  questi  Calcari  dei  fossili  Liassici,  a  me  avvenne 
(juesta  scorsa  estate  di  trovar  ju-esso  la  lor  sommità  un  paio  di  esemplari  cattivi,  ma 
riconoscibili  di  un'altra  specie  di  Ammonite,  cioè  dell'A.  plicatilis  Sow.  (2).  L'uno  di  essi 
anzi  misiu'erebbe  intero  1 8  cm.  di  diametro,  ma  è  grandemente  deformato,  avendo  acqui- 
stata una  forma  elittica  ed  essendo  stato  molto  schiacciato  parallelamente  ai  lati.  Or  l'Am- 
monites  ])licatilis,  attorno  al  piede  Settentrionale  delle  Alpi  e  fin  nel  dipartimento  delle 
alte  Alpi,  si  trova  nei  terreni  Giurassico-medii  che  caratterizza  giungendo  fino  all'Oxfor- 
diano  superiore;  di  più  per  tutta  la  potenza  di  questi  Calcari  si  riscontrano,  come  me  ne 
potei  assicurare,  di  tratto  in  tratto  frammenti  e  traccie  di  Belemniti.  e  non  si  osserva  in 
tutto  il  percorso  traccia  alcuna  di  dislocazione. 

Se  adunque  in  questa  pila  di  Calcari  troviamo  che  essi  si  son  formati  senza  inteiruzione, 
l'un  di  seguito  all'altro,  se  alla  base  vi  troviamo  fossili  Liassico-inferioii  ed  alla  sommità 
fossili  Giurassico-medii  o  superiori,  quantunque  non  possiamo  ulteriormente  separare  i 
gruppi  siamo  forzati  ad  ammettere  che  la  serie  intera  rappresenta  il  complesso  dei  ten-eni 
formatisi  dal  cominciare  dell'epoca  Liassica  fino  al  chiudersi  dell'epoca  Giui'assico-media, 
al  finire  del  periodo  Oxfordiano.  Lo  stesso  fatto  si  osserva  anche  nel  versante  Francese  delle 
Alpi  dove,  dice  il  Lory  {Bescription  géologique  du  Dauphine,  1 860):  «  Les  assises  inférieui'es 
de  l'étage  Oxfordien  reposent  sur  les  assises  supérieures  du  Lias  sans  (jue  l'on  puisse  dis- 
tinguer entre  elles  un  gi-oupe  de  couches  qui  représente  nettement  le  groupe  Oolitique 
inférieur,  nous  admettrons  donc  que  ce  groupe  qui  est  déjà  si  réduit  ou  mème  complè- 
tcment  supprimé  à  Crussol  et  à  Privas  manque  d'une  maniere  generale  dans  les  Alpes.  . .» 
pag.  54.  Cos'i  pure  a  pag.  105  dopo  aver  parlato  dei  pochi  fossili  Liassici  delle  Alpi, 
conchiude  nei  limiti  di  questo  terreno  :  «  On  volt  d'après  cela  qu'il  serait  diflacile  dans 
l'état  actuel  de  nos  connaissances  de  partager  en  plusieurs  étagcs  distincts  l'ensemble 
des  schistes  argilo-calcaires  (jui  forment  le  teirain  du  Lias,  l'aspect  des  roches  est  le 
mème  sur  tonte  l'enorme  épaisseur  de  ce  terrain  ;  les  fossiles  qu'on  y  trouve  paraissent 
indiquer,  sur  divers  points  l'existence  des  trois  étages  qu'on  distingue  habituellement  dans 
le  Lias,  mais  ces  fossiles  sont  trop  rares  pour  iiu'il  soit  possible  de  reconualtre  et  de 
tracer  les  limites  respectives  de  ces  trois  étages  ».  Cos"i  pure  a  pag.  245  come  dii'ò  in  ap- 
presso. 

Una  maggior  grassezza  dei  Calcari  neri  che  si  attraversano,  nonché  qualche  più  fre- 


fl)  Vedi  il  più  volte  citato  lavoro  del  compianto  Gastaldi:  Sui  Rilevamenti  Geologici  nelle  Alpi 
Piemontesi  durante  la  campagna  del  1877  ;  ]>Rg.  6  dell'estratto. 

(2)  Vedi  O'Orh.,  Pai.  Franc.-Ten:  Jurass.,  Voi.  1°,  pag.  óU9,  Tav.  191-192.  —  Pillet  et  Frombntbl, 
Lémenc,  pag.  23,  Tav.  I,  fìg.  7-8. 


PER    ALESSANDRO    POKTIS  87 

quente  traccia  di  fossili  nei  Calcari,  ci  rende  avvertiti  allorché  noi  progrediamo  discendendo 
il  vallone  di  Pourriac  o  dal  Colombart  ascendendo  alle  Lose,  che  noi  siamo  esciti  dalla  prima 
serie  di  terreni  stratificati  per  entrare  in  una  seconda.  I  Calcari  appartenenti  a  questa  se- 
conda serie  segnati  sulla  cartina  in  giallo  e  colla  lettera  T,  son  neri,  su  di  essi  risaltano  in 
bianco  traccie  di  fossili  ;  son  stratificati  a  grossi  banchi  e  si  accostano  petrograficamente  e 
paleontologicamente  ai  Calcari  che,  pel  loro  contenuto  organico ,  ho  alle  Grangie  ed  alla 
Goretta  discusso  ed  avuto  di  mira  nella  prima  parte  di  questo  mio  lavoro.  Essi  vengono 
attraversati  dalla  linea,  segnata  AC,  di  sezione  per  un  250  metri.  Anche  il  loro  andamento 
si  è  sensibilmente  modificato.  L'inclinazione  che  alla  base  dei  Calcari  della  prima  serie  era 
di  35°  ad  ore  0.12°,  si  è  nella  prima  e  seconda  serie,  senza  che  da  strato  a  strato 
successivo,  cessasse  menomamente  la  concordanza,  insensibilmente  modificata  sino  ad 
essere  alla  sommità  dei  Calcari  della  seconda  serie  di  39°  ad  ore  3,7°. 

Con  tutto  il  complesso  di  questi  Calcari  rappresentanti  il  Titonico  inferiore  e  medio, 
aggiunto  al  complesso  precedente,  noi  abbiamo  nella  località  scelta  rappresentato  tutto  il 
Giura  (1)  che  noi  ora  abbandoniamo  per  entrare,  discendendo  il  vallone  di  Pourriac 

0  dal  Colombart  facendo  gli  ultimi  trenta  metri  di  salita  del  contrafforte  delle  Lose, 
attraversando  la  cresta  del  medesimo  e  ancora  i  primi  trenta  metri  di  discesa  del 
versante  Settentrionale,  in  una  terza  serie  di  Calcari  essi  pure  stratificati,  ma  più  recenti. 

1  Calcari  di  questa  terza  serie  segnata  sulla  cartina  con  tinta  neutra  e  colla  lettera  C, 
sono  attraversati  dalla  linea  AC  Ai  sezione  per  una  lunghezza  di  metri  600,  hanno  tinta 
variabile  dal  grigio  scuro  al  grigio  chiaro  ed  al  biancastro,  son  nettamente  stratificati  in 
banchi  potenti  da  uno  a  tre  decimetri  e  tanto  più  ben  discernibili,  in  (pianto  che  un  banco 
è  per  lo  più  di  tinta  diversa  dal  precedente  e  dal  successivo  ;  riposano  concordantemente 
sui  Calcari  Titonici ,  però  pervengono  a  modificar  essi  pure  gradatamente  le  condizioni  di 
inclinazione  che  risulta  di  34°  ad  ore  2,10°  per  gli  strati  superiori,  se  la  misuriamo 
entro  il  vallone  di  Pourriac ,  ma  che  varia,  per  ripetuti  ripiegamenti  in  vario  senso,  e  di 
valore,  e  di  orientazione,  allorché  la  osserviamo  alla  sommità  delle  Lose  dove  è  di  20°  ad 
ore  0,10°,  od  al  Colle  del  Piano  dove  ha  ripreso  ad  un  di  presso  il  valore  e  l'orientazione 
che  aveva  in  Pourriac. 

In  questi  Calcari  seguibili  sui  due  fianchi  del  vallone  di  Pourriac  dove  si  scorgono 


(1)  La  sezione  dei  terreni  giurassici  fin  qui  seguita  concorda  nei  grandi  tratti  colla  sezione  gene- 
ralo riferita  dal  Lory  (op.  cit.)  a  pag.  31-40  (Plateau  calcaire  juiassique  du  nord  de  l'isòre)  e  concorda 
con  quella  vicinissima  a  noi  della  valle  del  Drao,  di  cui  dice  a  pag.  2-15:  «  En  partant  du  Drac  pour 
<c  gagner  les  hauteurs  du  bassin  de  la  Gresse  ou  celles  du  Ti-iàves,  ou  encore  celles  du  col  de  Bayard 
«  à  rOuest  de  la  route  de  Gap,  on  traverse  une  suite  do  couches  qui  se  recouvrent  toutes  successive- 
II  mont;  on  passe  dea  schistes  à  Bélemnites  du  Lias  (il  Lias  schistoso),  à  des  couches  qui  conimencent 
<i  à  renformor  des  A.ramonites  caractéristiques  de  l'ótage  Osfordien  et  on  s'eleva  de  proche  en  proche 
«  jusqu'à  la  grande  assise  du  Calcaire  compacte  de  la  Porte  do  Franco  »,  che  il  Lory  colloca  invece 
che  nel  Coralliano  ancora  nell'Oxfordiano.  Quest'enunciato  viene  poi  ampiamente  sviluppato  nelle  sus- 
seguenti pagine  245-270. 

Quanto  poi  ai  torroni  Giurassici  affatto  superiori,  vogliamo  noi  con  alcuni  chiamarli  Titonici  o  con 
altri  Coralliani,  tolti  pochi  punti  e  brevi  striscio  sparsi  principalmente  nella  regione  deU'lsère  e  citati 
a  pag.  38-44  e  pag.  271 -■-'76,  essi  vengono  dal  Lory  affatto  esclusi  dalla  costituzione  della  catena  cen- 
trale delle  Alpi,  così  esprimendosi  a  pag.  276  l'egregio  .\utoro:  ii  Quant  aux  localitt^s  plus  rapprochées 
f  de  l'intérieur  des  Alpes  je  n'en  connais  aucune  qui  prósente  des  traces  de  l'ótage  Corallien  «  .  Anche 
G.  De  MonTiLLET  (Prudrome  d'une  Geologie  de  la  Savoie,  Genève  1855,  a  pag.  27)  nega  la  presenza  del 
Giura  superiore  nell'interno  delle  Alpi  :  «  Le  corallien  ne  pénètre  pas  dans  les  Alpes  » . 


88  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    PI    ARGENTERÀ 

come  immensi  nastri  discendenti  obliquamente  dal  monte  al  rivo,  ed  obliquamente  risalenti 
sull'altro  versante,  non  potei  per  qualche  tempo  scoprir  traccia  di  fossili.  Poi  ne  incontrai, 
e  fu  un'impronta  lasciata  dall'essersi  liberato  dall'alveolo  che  lo  racchiudeva  un  Brachio- 
podo,  forse  una  Ehynchonella  indeterminabile.  Dopo  esser  giunto  ripetutamente  ed  in 
diversi  punti  sulla  faccia  degli  strati ,  ne  trovai  qualcuno  di  più,  ed  anzi  con  una  certa 
abbondanza.  Erano  dessi  però  per  la  maggior  parte  Fucoidi  consistenti  in  cilindri  di 
roccia,  forti  men  di  un  centimetro,  e  lunghi  talora  un  decimetro,  talvolta  dritti,  tal  altra 
più  o  meno  attorcigliati,  sovente  isolati,  sovente  insieme  congiunti  a  più,  a  più  ;  alcuni 
massi  ne  eran  zeppi,  altri  ne  mostravano  scarse  traccie,  nessuno  però  ne  era  affatto  sprov- 
visto. Questo  enorme  sviluppo  di  Fucoidi ,  mi  risvegliava  alla  memoria ,  quanto  avevo 
visto  in  altri  teiTeni,  quantunque  di  epoca  diversa,  e  principalmente  nel  classico  giacimento 
a  Tartarughe  di  Solothurn.  Non  bastandomi  però  questi  fossili  di  generi  comuni  a  molti 
teiTCìii,  nei  quali  sono  rappresentati  da  specie  poco  distinguibili  fra  loro  e  sovente  pocliis- 
simo  distinte,  mi  diedi  a  rompere  quanto  incontravo,  e  ad  attentamente  esaminare  le 
sezioni  degli  strati  su  cui  passavo  finche  riuscii  a  trovar  di  meglio  :  la  mia  attenzione  fu 
ad  un  tratto  richiamata  su  di  una  sezione  di  una  conchiglia  che  riconobbi  a  prima  vista 
per  una  grossa  Ippurite. 

Dopo  questa  ne  ho  incontrate  molf  altre  specialmente  nei  massi  caduti  dall'  alto, 
tutte  però  erano  allo  stato  di  sezioni  trasversali,  sole  poche  volte,  mi  avvenne  di  trovare 
ancor  traccie   della   valva  superiore,  però  anche  questa  fu  posta  fuor  di  dubbio.  Le 
migliori  sezioni  così  trovate  nei  massi  vennero  da  me  raccolte  e   portate  poi  a  Torino  : 
mi   occorreva  intanto  trovarne   qualcuna  nello  strato  in  posto.   Dopo  di  aver  ancora. 
per  questo  scopo,  diligentemente  perlustrato  il  mio  campo,  sul  promontorio  che  separa  il 
Rio  della  Toussia  dal  Rio  di  Pourriac,  dove  gli  strati  calcarei  mi  affioravano  fra  l'erba 
sotto  ai  piedi  per  qualche  tratto,  potei  trovare  qualche  grosso  individuo  ancora  nella  posi- 
zione che  aveva  dovuto  avere  in  vita,  vale  a  dire  impiantato  verticalmente  (per  rispetto 
s'intende  alla  posizione  primitiva  orizzontale  dei  singoli  strati),  nel  limo  calcareo  or  tra- 
sformato in  solida  roccia.   Non  fu  più  cosi  facil   cosa  allorquando  si  trattò  di  pren- 
derne qualcuno  per  portar  meco.  La  lunga  esposizione  agli  agenti  atmosferici,  aveva  cosi 
alterato  e  fracellato  il  Calcare  spatico,  che  ne  costituisce  la  spessa  conchiglia  che  esso 
saltava    in    pezzi   al  minimo    urto  comunicato  alla  roccia   a  benché  notevole  distanza. 
Non  fu  che  dopo  ripetuti  tentativi  che  mi  riusci  di  mettere  assieme  i  10   o  12  fram- 
menti soli,  in  cui  era  andata  una  Ippuritide  più  felicemente  estratta  e  numerarli   ed 
os,servarne  sul  campo  la  giusta  posizione  per  rifarla  poi  con  comodo  e  colla  a  Torino. 
Sono  in  questo  modo  certo  di  trovarmi   nel  terreno  Cretaceo  (più  innanzi  vedremo  come 
questi  terreni  Cretacei  non  siano  immediatamente  posteriori  al  Titonico.  quindi  non  possano 
rappresentare  la  Creta  iufeiiore),  ma  mi  fu  impossibile  lo  spingere  più  oltre  la  divisione  in 
giuppi.  Gli  strati  son  tutti  quanti  l'uno  all'altro  simili,  tutti  contengono  gli  stessi  fossili 
(Fucoidi  ed  Ippuritidi)  egualmente  ripartiti:  i  Fucoidi  in  grandissima  quantità,  gli  Ippuritidi 
in  molto  minor  immero.  Fra  gli  Ippuritidi  scoperti  è  ben  evidente  il  genere  Hippurites  stesso, 
di  cui  ho  innanzi  alcune  sezioni  trasversali  ;  mi  son  pur  procurato  un  grosso  esemplare  del 
genere  Radiolites,  sventuratamente  però  esso  oltre  all'esser  quasi  completamente  spatizzato. 
si  trovò  lungo  tempo  allo  affioramento  dello  strato  ed  è  profondamente  eroso  dalle  intem- 
perie e  dai  Licheni  tanto  da  renderlo  a  prima  vista  irriconoscibile.  Per  mezzo  di  una  sezione 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  89 

longitudinale  credo  pur  d'aver  messo  in  saldo  il  genere  Caprina,  almen  la  forma  delle  due 
valve  mostra  con  questo  genere  grandissima  analogia.  Quanto  a  specie,  nessuna  è  finora 
determinabile  ;  dirò  solo  che  gli  individui  del  genere  Hippurites  si  presentano  quasi  sempre 
in  gruppi  di  più  individui  insieme  saldati  e  che  l'individuo  appartenente  al  genere  Radiolites 
ha  una  immensa  espansione  laterale  massiccia  che,  forse  estendendosi  tutto  allo  intomo 
della  valva,  gli  dava  una  forma  di  cono  tronco,  ma  di  cui  non  si  possono  ben  stabilire  i 
limiti  antichi. 

Mi  basta  l'aver  posto  in  sodo  questi  generi,  di  per  se  stessi  sono  già  sufficienti  a  dimo- 
strarci che  in  (questo  teiTeno  abbiamo  dinanzi  una  delle  fasi  Mediterranee  del  periodo 
Cretaceo,  le  cui  corrispondenti,  altrove,  sono  piuttosto  confinate  nei  piani  superiori  del 
periodo  Cretaceo,  e  che  per  la  località  di  Pourriac  e  di  Argenterà  sarei  portato  a  credere 
abbia  durato  ininteirottamente  e  senza  mai  cambiar  di  facies  dal  cominciare  del  Gault, 
al  cominciare  del  periodo  Eocenico. 

Gli  stessi  generi  di  Ippuritidi,  che  ivi  primi  si  svolsero,  vi  trovarono  condizioni  adatte 
al  loro  svolgimento  e  si  riprodussero  ascendendo  di  strato  in  strato,  man  mano  che  questi 
venivano  depositandosi.  I  fossili  appartenenti  alla  famiglia  degli  Ippuritidi  non  furono  i 
soli  a  svolgersi  in  (juei  mari  :  Belemiiiti  vennero  pure  incontrate  in  quelle  località,  tanto 
dal  Sismonda  (che  collocò  questi  strati  nel  Giurassico  superiore),  quanto  dal  Gastaldi  e  da 
me.  Io  vi  ho  pur  già  scoperto  un  individuo  indeterminabile  di  Ehynchouella  ed,  alle  Barri- 
cate, un  Trochite  e  forse  una  Panopaea. 

I  terreni  Cretacei  superiori,  che  a  quanto  rilevo  dall'opera  del  Lory  e  dalla  Carta 
Geologica  di  Francia,  sono  assai  ben  rajipresentati  nei  dipartimenti  Francesi  prossimi  alla 
località  nostra  da  piccoli  lembi,  alcuni  dei  quali,  vicini.ssimi  al  confine  Italiano,  se  non  pos- 
sono ancor  venire  utilmente  comparati  col  nostro,  aggiungono  però  forza  alla  possibilità  che 
(gualche  lembo  possa  venire  scoperto  anche  sul  suolo  Italiano,  dove  era  stato  finora  ignoto 
tutto  il  complesso  Cretaceo  (astrazion  fatta  dell'Ammonite  rotolata  della  Grotta  del  Ban- 
dito, citata  dal  Gastaldi). 

Progredendo  nella  nostra  linea  di  sezione  e  discendendo  il  vallone  di  Pourriac.  allorché 
dopo  aver  per  600  metri  tagliata  la  serie  dei  Calcari  Cretacei,  ci  accostiamo  al  Pio  di 
Piedejun,  i  terreni  di  qua  e  di  là  del  vallone  cambiano  d'aspetto.  Gli  strati,  poco  prima 
di  questo  livo,  cominciano  a  div(>ntar  i)iù  sottili  e  raddrizzati.  L'osservazione  diretta  colla 
bussola,  mi  ha  data  una  inclinazione  di  52"  ad  ore  2  per  Pourriac.  mentre,  causa  i  già 
citati  ripiegamenti  in  vario  senso,  essa  è  di  35"  ad  ore  22,5°,  se  osservata  sul  versante 
settentrionale  presso  la  sommità  delle  Lose  e  di  39°  ad  ore  2, 12"  se  osservata  sugli  strati 
affioranti  nella  Stura  in  faccia  a  Bei-sezio.  Il  Calcare  che  compone  questi  strati,  diventa 
schistoso  e  terroso,  di  un  colore  grigio-opaco  e,  se  lo  si  esamina  dal  punto  di  vista  Paleon- 
tologico, invece  degli  scarsi  e  mal  conservati  avanzi  di  Ippuriti  e  dei  numerosi  Fucoidi  degli 
strati  avanti  citati ,  ci  presenta  una  straordinaria  ricchezza  di  fossili ,  appartenenti  per  lo 
più  alla  famiglia  delle  Nummulitidi  (1),  fra  le  quali  già  in  un  rapido  sguardo  potei  distin- 


(1)  I  numerosi  fossili  che  compaiono  in  questa  località  e  presso  Preinardo  faraone  unitamente  ai 
fossili  cretacei,  allorché  avrò  raccolto  sufficiente  materiale,  probabilmente  l'oggetto  di  un  prossimo 
lavoro,  in  cui  ceiclierò  di  fare  spiccare  le  relazioni  che  essi  offrono  coi  fossili  dei  corrispondenti  terreni 
affioranti  nella  Contea  di  Nizza. 

Serie  II  -  Tom.  XXXIV.  » 


90  Sri    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

guere  specie  appartenenti  alle  due  sezioni  delle  Assiline  e  delle  vere  Nummuliti.  Non 
mancano  però  i  rappresentanti  di  altri  tipi  di  animali,  e  già  qualche  Gasteropodo,  analogo 
per  forma  ai  Ceritii  ed  alle  Melanie,  si  è  manifestato  per  mezzo  di  sezioni  naturali  e 
numerose  Bivalvi  e  copiosi  Coralli  appartenenti  a  varie  famiglie  ed  a  varii  generi,  fra  cui 
largamente  rappresentato  il  genere  Tlirochocyathus,  ci  han  già  forniti  molti  calici  isolati 
e  molti  polipai  composti.  Questi  Schisti  calcarei  che  in  alcuni  punti  passano  a  vere  ardesie, 
come  al  confluente  del  rio  della  Tussia  col  rio  di  Poui-riac  donde  procurai  vemssero  utiliz- 
zate industrialmente,  hanno  piccolissima  potenza,  non  essendo  attraversate  che  per  una 
sessantina  di  metri;  riposano  concordantemente  sui  sottostanti  Calcari  Cretacei  (la  diffe- 
renza di  direzione  e  d'inclinazione,  manifestandosi  fra  i  Calcari  Cretacei  e  gli  strati  Nummu- 
litici  e  fra  questi  ed  i  successivi  di  macigno  senza  salti,  ma  progressivamente  di  strato  in 
strato)  (1)  da  cui  poco  nettamente  possono  venir  separati  e  si  estendono  (lall'Enchastraye, 
di  cui  formano  la  sommità,  in  una  striscia  che  raggiunge  ed  attraversa  il  rio  di  Pourriac. 
risale  il  contrafforte  opposto,  costeggia  verso  Nord  tutta  la  costa  delle  Lo>.e  ed  il  Monte 
Incanaux  e,  alla  estremità  Nord  di  questo,  cambia  di  direzione  e  rimane  scoperto  per  gran 
tratto,  formando  colla  faccia  dei  suoi  strati  il  versante  Settentrionale  di  questa  punta,  fino 
a  raggiungere  Bersezio  (2). 

Gli  stessi  Calcari  Eocenici  sopportano  in  Pourriac  (quindi  avanzando  nel  discendere 
il  vallone)  una  potentissima  formazione  di  Arenarie  (inclinate  di  43°  ad  ore  2,10"  se 
misurate  in  Pourriac,  di  34"  ad  ore  22,5"  se  misui-ate  alle  Lose),  segnate  nella  annessa 
Carta  con  tinta  verde-pomo  e  la  lettera  M.  Queste  Arenarie  attraversate  dalla  linea  AC  di 
sezione  per  una  lunghezza  di  ben  due  chilometri,  constano  di  una  roccia  quasi  interamente 
silicea,  non  mostrando  che  traccie  di  effervescenza  allorché  vengono  toccate  con  acidi, 
e  son  costituite  talora  in  strati  sottilissimi  (1-2  cm.),  separati  da  straterelli  ancor  più 
sottili,  micacei.  carl)oniosi  e  come  fangosi.  I  loro  elementi  sono  allora  per  lo  più  finissimi 
e  contengono  numerose  pagliette  micacee.  Il  più  sovente  invece  constano  di  banchi  che 
raggiungono  uno  e  talora  due  metri  di  potenza,  a  grossi  elementi  per  lo  più  solidamente 
impastati  ed  irriconoscibili,  dei  quali  raramente  se  ne  scorgono  ancora  i  contomi,  e  sono 
allor  ciottolini  di  1  fino  a  5  cm.  di  diametro:  la  Mica  nei  materiali  di  questa  seconda 
varietà  scompare  o  se  ne  incontrano  insignificanti  traccie  e  gli  elementi  son  quasi  tutti 
quarzosi  accompagnati  da  quantità  insignificanti  di  materie  ferrugino.se.  Queste  Arenarie 
siano  esse  a  grandi  banchi  od  a  sottili  strati,  ma  più  (luoste  ultime,  sono  ricchissime  di 
fossili  vegetali,  particolarmente  (dirò  meglio  unicamente)  Kquiseti,  di  cui  si  incontrano 
frequenti  sulle  superficie  degli  strati  gli  internodii  membranosi  riconoscibilissimi.  Molto 
più  di  rado  avviene  di  incontrar  qualche  frammento  di  Cauli  :  qualcuno  però  si  è  potuto 
raccogliere.  Sovente  una  maggior  quantità  di  questi  Vegetali,  si  confuse  in  una  vernice 
carboniosa  sulla  faccia  superiore  di  uno  strato  ed  in  essa  non  è  più  quasi  visibile  traccia 
di  organizzazione,  tolto  forse  (jualcuno  dei  già  citati  dischi  membianacei  più  resistenti 
i  quali  ci  possono  svelar  l'origine  della   sostanza  carboniosa  stessa. 

Altri  fossili  non  furono  per  anco  trovati  in  questa  Arenaria  se  facciamo  astrazione 


il)  Vedi  per  analoghi  rapporti  stratigrafici  iii  vicini  puuti  dolle  stesso  .Alj.i  .Mai  iltiiiie  la  conclusioni 
del  Pehez  ;  Sui  Limiti  geognostici  del  terreno  Cretaceo  nelle  Alpi  Marittime  in  Atti  dell'ottava  riunione 
degli  Scienziati  Italiani  in  Genova.  Sez.  di  Geologia,  Seduta  23  sett,  1846, 

(2)  È  segnata  nella  cartina  con  vrrde-cu|'0  e  colla  lettera  N. 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  91 

da  qualche  impronta  lasciata,  passando,  dal  piede  di  qualche  Uccello  o  di  qualche  Anfibio, 
impronte  delle  quali  già  feci  menzione  in  una  mia  precedente  nota  (1).  sotto  i  nomi  di 
Ornitichnites  Argenterae  e  di  Saurichnites  Pourriaci  o  da  qualche  rarissimo  NemertUitp. 

I  banchi  di  Arenaria  vengono  tagliati  fin  presso  al  punto  di  afiluenza  del  Eio  della 
Goretta,  il  quale  appunto  nel  suo  ultimo  tratto  scorre  sulla  faccia  superiore  inclinata 
e  da  lui  denudata  del  supremo  strato  della  pila  di  Arenarie  che  abbiamo  finora  seguita  : 
Anche  queste  Arenarie  giacciono ,  come  già  accennammo,  in  stratificazione  concordante 
sugli  strati  a  Nummuliti,  come  questi  giacevano  concordantemente  sui  supremi  strati 
Cretacei  ;  ma,  volendo  seguire  la  nostra  sezione ,  noi  siamo  interrotti  propriamente  al 
punto  di  confluenza  del  rio  della  Goretta  da  uno  dei  fatti  che  più  di  frequente  si 
incontrano  nella  stratigrafia  pratica  e  che  qui  ci  si  presenta  in  tutta  la  sua  semplicità, 
voglio  dire  da  un  salto  accompagnato  da  ripiegamento. 

Gli  strati  che  succederebbero  ai  descritti  di  Arenaria  son  di  nuovo  calcarei  e  non 
visibili  che  per  la  parte  collocata  più  presso  la  Cresta  dell'Enclausette.  tutta  la  parte 
inferiore  essendo  ricoperta  da  materiale  detritico  in  quantità  immensa  proveniente  dalla 
rottui-a  0  meglio  dallo  stritolamento  degli  strati  stessi.  Presso  la  (.'resta  suddetta  osservasi 
però  ancora  che  il  materiale  calcareo  in  questione  è  distintamente  stratificato,  che  riposa 
discordantemente  sugli  strati  di  Arenaria  che  interrompe  in  più  punti,  avente  una  incli- 
nazione inferiormente  di  una  cinquantina  di  gradi  ad  ore  0,5°  superiormente  e  accostantesi 
alla  verticale  che  oltrepassa  verso  la  cresta  di  ben  poca  cosa.  Questi  Calcari  sono  identici 
petrograficamente  a  (juei  che  abbiamo  già  incontrati  presso  al  confine  e  che  dicemmo 
rappresentanti  assieme  l'intiero  complesso  dal  Lias  inferiore  fino  all'Oxfordiano.  Quan- 
tunque non  abbia  in  essi  incontrati  fossili,  son  però  portato  a  credere  che  essi  rappre- 
sentino ancor  questo  stesso  complesso  e  ciò  tanto  dalla  natura  del  materiale,  quanto  dai 
rap])orti  di  stratificazione  colle  roccie  superiori  fossilifere  di  cui  passiamo  immediata- 
mente ad  occuparci,  non  senza  jjerò  aver  aggiunto  prima  sul  conto  di  questi  Calcari  che 
essi  vengono  tagliati  dalla  nostra  linea  di  direzione  AC  per  un  tratto  di  una  cinquantina 
di  metri  e  che  nella  nostra  Cartina  vennero  contrassegnati  collo  stesso  colore  e  la  stessa 
lettera  L  dei  Calcari  della  prima  serie. 

A  questi  Calcari  sovrastaimo  altri  i  quali  sono  identici  petrograficamente  e  paleonto- 
logicamente con  quelli  della  seconda  serie,  vale  a  dire  costituiscono  un  ricchissimo  giaci- 
mento fossilifero  dal  quale  i-i(!avai  molti  e  preziosi  fra  i  fossili  descritti  nella  prima  parte 
di  questo  mio  lavoro.  Essi  sono  di  consueto  stratificati  in  grossi  banchi  i  quali  seguono  tutti 
gli  accidenti  di  stratificazione  del  materiale  sottostante,  vale  a  dire  inclinati  dapprima  di  un 
50"  a  Nord,  van  via  via  avvicinandosi  alla  verticale  fino  a  superarla  e  ad  airovesciarsi  oltre 
a  quella  presso  la  cresta  dell'  Enclausette  ,  dove  la  linea  di  direzione  li  taglia  ancora  come  i 
precedenti  per  una  cinquantina  di  metri.  Questi  Calcari  essendo  indubbiamente  Titonici,  ne 
vien  per  conseguenza  che  i  Calcari  lor  concordantemente  sottostanti  sieno  più  antichi,  ed 
essendo  questi  petrograficamente  simili  a  quei  che  in  ben  prossima  località  rappresentano  i 
terreni  Giurassici  inferiori  e  medii,  vien  naturale  la  conclusione  che  probabilmente  gli  uni  e 
gU  altri  appartengano  ad  una  stessa  e  medesima  epoca. 


(1)  Sopra  alcune  impronte   eoceniche  di   Vertebrati.  .\tti   della   R.  .\cc.   delle   Scienze   di   Torino, 
Voi.  15,  18S0,  pag.  221. 


92  SUI    TERHEXI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

Oltrepassati  gli  strati  Titonici  la  linea  di  direzione  AC  taglia  ancora  per  un  centinaio 
di  metri  dei  Calcari  che  rappresentano  stratigraficamente  e  petrograficamcnte  quelli  che 
abbiamo  pur  già  anteriormente  trovati,  che  nominammo  della  terza  serie  e  che  dietro  le 
Ippuriti  contenute  abbiamo  determinati  Cretacei;  anclie  questi  Calcari  in  basso  inclinati  in  un 
senso  son  poi  in  alto  ravvicinati  alla  verticale  e  poi  arrovesciati  a  C.  Oltre  questo  incidente 
anzi  essi  non  son  già  interrotti  come  quei  della  prima  e  seconda  serie,  ben  più,  essi  si  allun- 
gano per  un  certo  tratto  distendendosi  oltre  il  jiunto  di  rovesciamento  ed  essendo  man  mano 
ad  uno  per  volta  ti'ovati  poi  dalla  frastagliatura  della  vetta  dell'Enclause. 

Infine  a  questi  strati  Cretacei  succede  ancora  una  trentina  o  quarantina  di  metri  di 
Calcari  Nummulitici  ripiegati  essi  pure  nettamente  a  C  e  che  sono  identici  con  quei  della 
quarta  serie  dinanzi  riscontrata.  In  cotal  modo  abbiamo  sulla  sinistra  del  vallone  di  Pour- 
riac,  e  solo  da  questa  parte,  una  esatta  rijietizione  delle  serie  di  teireni  anteriormente  incon- 
trate ;  per  un  disturbo  di  stratificazione  che  non  posso  che  limitarmi  a  constatare  senza 
spiegazione,  questi  terreni  ci  si  presentano  raddrizzati,  rovesciati,  laminati  e  con  una  com- 
plessiva potenza  di  gran  lunga  inferiore  a  quella  che  già  imparammo  a  conoscere  per  gli 
stessi  terreni  ;  inoltre  essi  si  estendono,  nel  territorio  Italiano,  dal  confine  fino  in  fondo  al 
vallone  di  Pouiriac  dove  si  affondano  sotto  al  materiale  detritiro  e  poi  morenico,  senza  che 
dall'altra  parte  del  vallone  l'andamento  generale  stratigrafico  sia  stato  menomamente  tur- 
bato poiché  noi  là  in  faccia  alla  accennata  dislocazione  ti'oviamo  il  limite  tra  il  Macigno 
Eocenico  di  cui  parlammo  ed  un  sesto  terreno  di  cui  passiamo  ora  a  parlare  e  che  adagian- 
dosi da  un  lato  del  vallone  concordantementc  sul  Macigno  stesso,  dall'altro  lato  si  adagia 
ancora  concordantementc  sopra  la  sottile  pila  di  strati  Nummulitici  che  abbiamo  segnato 
come  ripetizione  della  prima  e  ne  segue  tutte  le  accidentalità,  come  tentai  di  accennare  nella 
unita  sezione.  La  sezione  nostra  che,  dopo  avere  oltrepassati  per  la  seconda  volta  gli  strati 
mummulitici,  bo  diretta  dal  punto  C  al  punto  B  allo  scopo  di  incontrar  possibilmente 
tutti  i  terreni  della  località,  scon-e  per  due  nuovi  chilometri  su  di  un  complesso  di  materiali 
a  volta  a  volta:  Calcare,  Macigno  e  Scbisto  decisamente  stratificati  ed  estendentisi  sul  suolo 
Italiano:  dal  colle  della  Maddalena  e  dalla  serra  di  Ventassuso  lungo  il  rio  della  Maddalena, 
attraverso  il  rio  di  Pourriac  e  lungo  la  Stura  sul  versante  Settentrionale  della  montagna 
delle  Lose  fino  al  Pra  de  Mulaz  dove  si  assottiglia  lasciando  traspam-  sotto  di  se  dapprima 
il  Macigno  di  cui  si  ò  già  parlato  e  poi  il  Nunimulitico.  Questi  materiali  giacciono,  come 
abbiam  già  detto,  a  sinistra  del  vallone  di  Pourriac  direttamente  sul  Nuuimulitico  di  cui 
seguono  tutti  gli  accidenti,  essendo  i  loro  strati  inferiori  ])ure  per  un  certo  tratto  cajiovolti. 
poi  man  mano  va  scomparendo  nei  successivi  strati  ogni  traccia  di  questo  sconvolgimento. 
e  gli  strati  superiori  finiscono  poi  per  essere  nettamente  inclinati  di  45°  ad  ore  2.  come 
potei  verificare  a  N.  0.  del  lago  della  Maddalena,  di  28°  ad  ore  1,4".  alla  cresta  di  Ven- 
tassuso ed  ai  Combaiassi  e  di  32'  ad  ore  4,10",  alla  cima  del  Poni.  La  faccia  superiore 
dell'ultimo  strato  di  questo  complesso  forma  e  limita  pure  il  velante  Setteiitrionale  della 
serra  di  Ventassuso  che  appare  quindi  con  una  regolare  pendenza;  e  inferiormente  presso  alle 
Qrangie  la  frastagliatura  delle  testate  degli  strati  dà  origine  ai  piccoli  promontori  che  in 
tempi  poco  da  imi  remoti  vennero  utilizzati  costruendovi  sopra  i  Baracconi  a  difesa  dei 
valichi  della  Maddalena  e  di  Pourriac. 

Sulla  destra  del  rio  di  Pourriac  infine  il  complesso  di  strati  che  or  ci  occupa,  copre  con- 
cordantcmente  il  Macigno  Eocenico  avendo  una  pendenza  di  30"  ad  ore  3  e,  come  alla 


PER    ALESSANIiKO    POKTIS  93 

sinistra,  forma  colla  sua  faccia  superiore  parte  del  versante  settentrionale  della  Lose  a  cui 
conferisce  una  regolare  inclinazione. 

Questo  complesso  di  strati  la  cui  potenza  effettiva  è  quasi  di  un  chilometro,  vien  nello 
schizzo  annesso  contrassegnato  con  tinta  verde-giallognola  e  colla  lettera  F.  Lo  considero 
come  rappresentante  il  Flisch  degli  Svizzeri  e  dei  Tedeschi,  infatti  vi  si  accordano:  e  la 
posizione  stratigi'afica  e  i  pochi  fossili  trovati.  Questi  sono  finora  tutti  vegetabili  e  coni^i- 
stono  in  numerosissimi  esemplari  di  Helniivthoidaea  laht/rhìfhicn  Heer_  che  ho  raccolti  tanto 
per  tutta  la  superficie  del  versante  di  Ventassuso.  quanto  in  diversi  giacimenti  lungo  il 
taglio  di  Pourriac  ed  in  esemplari,  pure  assai  belli  sebben  men  copiosi  di  Fucoidi  apparte- 
nenti per  la  maggior  parte  al  Chondrites  intricatus  Sterno,  e  al  Ch.  Targionii  Sterni),  con 
poca  probabilità  di  trovar  altre  specie  molto  numerose.  Negli  alternanti  strati  di  Macigno 
si  trovano  ancor  traccie  di  Equiseti  indeterminabili. 

11  rio  della  Maddalena  e  la  prima  parte  della  Stura  che  incontriamo  al  limite  Setten- 
trionale di  questo  terreno  rappresentante  del  Flisch  percorrono  una  fessura  prodottasi  in 
strati  continui  che  siano  stati  sollevati  parallelamente  da  forze  agenti  su  diversi  punti  della 
loro  estensione.  Quindi  chi  scende  il  fh/ilwrg  del  rio  della  Maddalena  vede  a  destra  la  faccia 
superiore  degli  strati  Eocenico-superiori  ed  a  sinistra  le  testate  degli  infimi  strati  di  una  suc- 
cessiva pila,  è  ili  una  parola  rigettato  da  teiTeni  di  una  relativa  vicinanza  ai  nostri  tempi  ad 
altri  molto  più  antichi  e  deve  per  raggiungere  ancora  una  volta  i  terreni  Eocenici,  risa- 
lire una  serie  ancor  più  lunga  della  precedente. 

Dietro  (al  Nord)  del  villaggio  di  Argenterà  e  strettamente  addossate  allo  abitato,  si 
innalzano  per  una  ventina  di  metri  gli  orridi  dii'upi  denominati  Le  Balze,  tagliati  per  lo  più 
verticalmente,  superabili  in  pochi  punti,  dai  quali  si  staccano  talor  massi  del  volume 
di  più  metri  cubi,  la  caduta  dei  quali  die  talor  occasione  a  registrare  luttuosi  avveni- 
menti. Queste  Balze,  che  è  dato  seguire  dall'affluente  del  rio  di  Roburent  fino  alle  Roccie 
Mortier,  e  di  là.  non  più  cosi  facilmente,  fino  al  confine  Francese  son  costituite  di  un  Calcare 
compatto,  grigio  screziato  o  venato,  pochissimo  alterabile  agli  agenti  atmosferici ,  quindi 
producente  un  potente  scalino  che  sporge  allo  infuori  degli  altri  Calcari  più  teneri,  e  confu- 
samente stratificato  in  j)otentissimi  banchi  inclinati  di  2 2 "ad  ore  22  (esaminato  alla  estre- 
mità S.  E.  del  contrafforte  che  separa  il  vallon  di  Roburent  dalla  Valle  di  Stura)  o  di  22° 
ad  ore  1,8°  (esaminato  ai  Combala.ssi  in  prossimità  del  Poggio  di  San  Martino);  son  na- 
scosti da  immensa  copia  di  materiale  Morenico  e  da  detriti  rocciosi  e  sopportano  alla 
sommità  una  piccola  quantità  di  Gesso  ed  Anidrite  come  appunto  si  scorge  alla  Gippiera 
al  taglio  della  nuova  Strada  Nazionale  ed  a  poclii  metri  al  Nord  della  stessa  cappella  di- 
roccata di  San  Martino,  fabbricata  come  tutte  le  Case  di  Argenterà  e  delle  Grangie  a  spese 
di  questo  strato  Ma  torniamo  al  nostro  Calcare:  Mi  giuoco  lo  stesso  tiro  che  i  Calcari 
cretacei  ;  dapprima  assenza  completa  di  fossili  malgi'ado  che .  a  causa  dello  imbarazzo 
che  tale  assenza  mi  cagionava,  io  ne  percorressi  il  massiccio  in  ogni  senso  e  \i  arrivassi 
sopra  da  ogni  dù'ezione.  Poi  un  giorno  mi  si  rivelò  un  unico  articolo  che  poteva  essere  di 
un  Crinoide.  poi  altri  parecchi  che  stavolta  non  vi  era  più  dubbio  a]>partenevano  allo 
Encrinus  liliiforuiis,  poi  migliaia  e  migliaia  dei  medesimi  ed  infine  massi  che  ne  erano 
quasi  intieramente  costituiti. 

Questa  fortunata  scoperta  coincideva,  per  riguardo  al  tempo,  con  una  visita  che  mi 
aveva  fatta  sul  luogo  il  Prof.  Bruno  di  Mondovì  il  quale  aveva,  alcuni  anni  addietro,  a^- 


94  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

3Ìeme  al  Prof.  Gastaldi,  trovato  alla  Scaletta  lo  stesso  Encrinus  e  sulle  coi  indicazioni  io 
l'avevo  pure  colà  trovato  (in  quali  condizioni  vi  si  trovi  dirò  in  seguito)  ;  ma  anche  il 
Bruno  era  abbastanza  incerto  sull'età  da  assegnarsi  al  Calcare  delle  Balze  :  la  scoperta  in 
esso  deW'Fìì cri» US  ìiliiformis,  della  quale  lo  posi  a  parte  e  che  gli  mostrai  sul  luogo, 
troncò  ogni  dubbio  e  mi  autorizza  ora  a  collocare  questo  Calcare  nei  piani  superiori  del 
Trias  e  a  considerarlo  come  rappresentante  il  Muschelkalk. 

Successivamente  trovai  ancora  grandi  masse  di  un  organismo,  probabilmente  di  un 
qualche  Stromatoporide ,  il  quale  per  la  grande  importanza  e  il  grande  sviluppo  che  pare 
abbia  acquistato  in  questo  terreno,  ha  risvegliato  in  alto  grado  il  mio  interesse  e  fa 
presentemente  l'oggetto  di  uno  studio  speciale;  finalmente  parmi  di  essere  sulle  traccia 
di  qualche  Gh'roporclla. 

n  Calcare  delle  Balze  è  nello  schizzo  annesso  segnato  con  tinta  giallo  d'ocra  e  colle 
lettere  T.  M.  ha  minore  sviluppo  al  SO.  della  sua  zona  di  estensione  e  maggiore  al 
Nt).  essendo  colà  attraversato  dalla  nostra  linea  CB  di  direzione  per  un  tre  o  quattro  cento 
metri.  Sopporta,  come  già  annunziai,  un  poco  potente  strato  di  Anidrite  e  Selenite  (vi  si 
trova  qualche  minuto  e  ben  sviluppato  cristallo  di  Selenite  )  segnato  con  punteggiatura 
rossa  e  colla  lettera  g.  esagerato  sulla  Carta  per  renderlo  visibile,  ed  al  quale  si  può  tener 
dietro  dalla  Gippiera  sopra  l'antico  casotto  doganale  fin  oltre  il  rio  Kivet.  Abbandonati  i 
Gessi  che  sono  in  qualche  punto  accompagnati  da  Carnioli.  noi  ci  inoltriamo  nei  Calcari 
'J'itonici  delle  Grangie  identici  con  quei  che  abbiamo  già  menzionati  alla  Rocca  dei  Tre 
Vescovi,  a  Pourriac  e  Lose  ed  alla  Goretta,  segnati  nella  Carta  collo  stesso  colore  e  lettera  e 
che  per  U  loro  abbondante  contenuto  di  Organismi  Fossili  furono  lungamente  trattati  nella 
prima  parte  di  (juesto  lavoro.  Questi  Calcari  vengono  attraversati  dalla  linea  CB  di  sezione 
per  una  sola  ([uarantina  di  metri  se  ci  bmitiamo  alla  superficie:  affondandosi  però  il  piano 
di  sezione  non  li  abbandona  ])er  un  1500  metri.  Infatti  se  consideriamo  l'andamento 
stratigrafico  di  questi  Calcari,  vediamo,  e  ciò  riesce  evidentis.simo  nella  salita  al  colle 
del  Tinetto  e  fu  da  me  riportato  nella  annessa  sezione,  vediamo  dico,  come  i  banchi  abbiano 
una  inclinazione  di  30°  ad  ore  2.8".  Questa  inclinazione  riene  ad  un  tratto  cambiata  in 
:i3°  ad  ore  14,  per  riassumere  poi  dall'altro  versante  del  vallone  di  Roburent  una 
orientazione  pressoché  eguale  alla  primitiva  :  ne  risultano  così  formati  dapprima  una 
conca  la  cui  linea  mediana  si  trova  giacente  presso  a  poco  nel  piano  verticale  abbas- 
sato lungo  lo  spartiacque  delle  roccie  Mortier .  ed  una  sella  o  volta  la  cui  anticlinale 
percorre  il  thalwcij  del  vallone  di  Roburent.  ha  parte  mediana  di  questa  volta  fu  rotta 
ed  esportata  ;  non  ne  rimangono  .  di  ([ua  e  di  là  del  vallone  e  riconoscibili  a  chi  il 
percorra  longitudinalmente,  che  le  due  gambe  dello  anticlinale  stesso  riconoscibili  alla 
direzione  o])posta  degli  strati.  I  Calcari  Titonici  delle  Grangie  adunque  sporgono  lungo 
una  linea  diretta  da  NO.  a  SE.  nel  vallone  della  Maddalena  e  nella  alta  Valle  di 
Stura,  dove  si  adagiano  in  stratificazione  discordante  sui  sottostanti  Calcari  ad  Encrinus 
ìli  una  lista  che  ha  circa  due  chilometri  di  larghezza  alle  due  estremità,  e  che  verso  il 
mezzo  si  biforca  circondando  o ,  dirò  meglio ,  sop]iortando  un  massiccio  di  un  altro 
tiirreno  di  epoca  più  recente. 

Questo  consiste  in  Calcari  a  strati  sottili,  idontici  petrograficaraente  con  quelli  già 
due  volte  incontrati  nella  nostra  sezione  e  stati  considerati  come  Cretacei.  Paleontologica- 
mente. ])aiono  confermare  la  collocazione  loro  con  questi  Calcari  cretacei,  avendovi  trovate 


PER    ALESSANDRO    PORTIS  95 

oscure  traccie  che  paionmi  dover  essere  riferite  ad  Ippuriti.  Tanto  il  Prof.  Sismonda  in 
altri  tempi,  quanto  io  nell'ultima  estate,  vi  abbiamo  trovate  delle  Belemniti  «  tronconate  » 
ed  indeterminabili  specificamente ,  quantunque  vi  abbia  già  trovati  i  rappresentanti  di 
almen  due  sezioni  (Paxillosi  ed  Hastafi),  non  si  trovano  in  grande  quantità,  ma  quasi  in 
ogni  escursione  mi  riesciva  di  metter  la  mano  addosso  a  qualcuna.  Abbiamo  adunque 
questi  Calcari  qui  affioranti  per  la  terza  volta ,  come  una  quarta  li  troviamo  alle  Barri- 
cate, ma  in  ogni  località  noi  li  vediamo  in  condizioni  stratigrafiche  differenti. 

Infatti,  alle  roccie  Mortier  ed  al  Tinetto,  è  verificabile  come  esse  non  ricoprano  che 
per  lieve  potenza  il  sottostante  Calcare  Titonico  (  che  abbiam  detto  presentare  in  questa 
linea  la  sinclinale  della  conca  descritta)  sul  quale  e  nel  quale  si  adagiano  empiendo  la 
conca  stessa  coi  loro  strati  inclinati  verso  i  due  pioventi  del  contrafforte,  di  cui  formano 
la  sommità,  a  mo'  dei  due  pioventi  di  un  tetto. 

Abbiamo  quindi  nello  stesso  piano:  al  disopra  l'anticlinale  degli  strati  Cretacei,  al 
disotto  la  sinclinale  dei  Titonici,  la  conca  fonnata  da  questi  sendo  stata  riempita  da  quelli. 
Questi  rapporti  poco  chiari  allorché  il  contrafforte  vien  tagliato  dal  percorso  CB  lo 
diventano  invece  molto  di  più  sul  percorso  AB  e  si  mostrano  poi  evidentissimi  a  clii  segua 
il  percorso  che  sulla  carta  ho  indicato  colle  lettere  DE. 

Per  finirla  con  questi  Calcari  Cretacei  mi  occorre  ancora  render  noto  un  fatto  di 
grande  importanza.  Ho  già  parlato  dei  rapporti  esistenti  fra  i  fossili  scoperti  nel  Calcare 
delle  Grangie  e  quelli  trovati  nel  Calcare  del  Chaberton.  e  che  io  sia  inclinato  a  credere 
sincroni  questi  terreni.  Aggiungo  ora  come  il  sig.  Bottan,  che  già  aveva  accompagnato  a 
Clavières  ed  al  Chaberton  il  prof.  Gastaldi  ed  il  llichelotti,  recatovisi  ancora  nell'estate 
1880  vi  abbia  trovato  un  frammento  di  roccia  che,  avuto  in  comunicazione  dal  prof.  Mi- 
chelotti,  scopersi  con  gioia  essere  identico,  quanto  ai  suoi  caratteri  e.'iterni  e  per  il  modo 
di  alterabilità  agli  agenti  atmosferici,  col  Calcare  da  me  studiato  al  Tinetto,  ed  anzi  soj)- 
portare  come  quello  una  porzione  di  Belemnite  che  si  potrebbe  benissimo  confondere  con 
quelle  del  Tinetto.  In  una  parola  i  due  Calcari  collocati  l'uno  accosto  dell'altro  non  si 
distinguono  in  modo  alcuno  fra  loro  e  paion  esser  due  frammenti  di  uno  stesso  ed  identico 
masso.  E  ad  aggiungere  probabilità  alla  cosa  il  contenuto  organico  dell'  uno  ha  con 
quello  dell'altro  comunanza  di  Genere  e  di  Sezione,  peccato  manchi  la  determinabilità 
della  specie.  Non  conosco  finora  in  quali  rapporti  si  trovi  col  Chaberton  questo  Calcare 
relativamente  all'altro,  ma  proponendomi  di  andarli  ad  accertare  sul  terreno,  son  pur 
già  lieto  di  constatare  come  si  accentui  la  probabilità  di  poter  trovare  a  notevole  distanza 
(per  terreni  accidentati  come  le  Alpi  Occidentali)  i  rappresentanti  di  alcune  delle  sezioni 
riscontrate  in  Argenterà. 

Ritorniamo  alla  nostra  antica  linea  CB  di  direzione.  Essa  ha,  come  già  dicemmo 
attraversato  per  una  quarantina  cU  metri  il  Calcare  Titonico  delle  Grangie;  attraversa 
ora  per  un  800  metri  le  roccie  cretacee  e  per  altrettanti  ancora  il  Titonico  di  Koburent; 
portandosi  poi  ora  presso  il  lago  incontra  dapprima  un  giacimento  Eocenico  ricchissimo 
di  fossili,  specialmente  Coralli.  Bivalvi,  che  è  contemporaneo  col  Nummulitico  di  Pourriac 
e  Bersezio,  ed  al  quale  ho  assegnato  sulla  Carta  lo  stesso  colore  e  la  stessa  lettera. 
Questo  terreno  Eocenico,  in  strati  sottili,  adagia  concordant emente,  a  quanto  parvemi.  sul- 
l'inferiore Calcare  Titonico,  vien  attraversato  dalla  linea  nostra  di  direzione  BC  per  men 
di  un  centinaio  di  metri  e  vien  discordantemente  ricoperto  da  potenti  banchi  di  una 


Qg  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

roccia  che  :  ha  in  basso  l'aspetto  di  Quarzite  compatta,  più  in  su  di  (luarzite  gi-anulosa, 
più  in  su  assume  Feldspato  in  grani  rari  e  minuti  che  van  rapidamente  aumentando  di 
quantità  e  volume  fin  che  la  roccia  finisce  per  presentarcisi  sotto  l'aspetto  di  un  con- 
glomerato di  Quarzo  e  Feldspato  e  numerosi  altri  minerali  secondari,  fra  cui  il  Corindone  : 
In  questo  cosidetto  conglomerato  i  cristalli  di  Feldspato,  rossi  per  posteriore  alterazione 
ra<«nungono  talor  il  volume  di  un  uovo  di  gallina  e  spiccano  sulla  massa  restante  a  gi-ossi 
elementi  bianchi  e  verdi  fornendoci  cos'i  una  roccia  brillantissima  sebbene  in  questo  stato 
pochissimo  tenace.  Quale  sarà  l'origine  di  questa  roccia?  Sarei  portato  a  credere  essa  non 
sia  che  il  materiale  vulcanico  emesso  a  grande  profondità  sottomarina  jirima  dell'emissione 
della  lava  che  nel  caso  nostro  sarebbe  una  roccia  porfirica  di  un  bel  color  rosso  che  nella 
stessa  località  ho  trovata  stratificata  al  disopra  della  roccia  in  ijuestione,  con  una  ])otenza 
di  metri  20  ed  una  inclinazione  di  47"  ad  ore  1,7":  e  che  ben  merita  colla  sotto-  e  la 
sovrastante  di  essere  studiata  a  parte.  Finalmente  al  disopra  di  questo,  che  per  ora  chia- 
merò ancor  Poi-fido,  si  adagia  concordantemente  un'altra  roccia  porfirica  a  grana  più 
fina  e  di  color  verde  e  che  io  considererei  come  il  Tufo   N'ulcanico  formatosi  per  mezzo 
del  materiale  sciolto  vomitato  dal  Vulcano  dopo  l'emissione  della  Lava,  e  sottoposto  ad 
una  grande  pressione;  questo  materiale  avrebbe  una  potenza  di  60  ad  80  metri  e  forma 
colle  due  roccia  preaccennate  il  fondo  e  parte  dei  pioventi  del  valloncino  ove  giace  il 
maggior  lago  di  Koburent.   Il  bacino  di  quest'ultimo  è  pienamente  scavato  in  queste  tre 
roccie  porfiriche  che  lo  incorniciano,  che  prendon  parte  ciascuna  alla  sua  formazione  e  che 
\i  si  avanzan  fin  dentro  a  mo'  di  piccoli  contrafi'orti.  Premuto  dal  tempo  non  potei  osser- 
vare verso  SE.  l'estensione  di  questo  apparato  vulcanico,  il  quale  dall'altra  si  inoltra  ancor 
per  gran  tratto  sul  suolo  Francese.  Ricordo  anc(Ji-a  come  un  Tufo  Poi-firico  verde  abbiamo 
incontrato  al  sommo  della  valle  della  Tinca  al  colle  di  Pourriac,  i)unto  di  jìartenza 
della  nostra  sezione,  e  come  potrebbero  benissimo  aver  reciproca  relazione  questi  due 
Tufi  Porfirici  non  separati  che  da  una  distanza  di   8  chilometri,  massime  allorquando 
si  osservi  che  il  Tufo  Portìrico  in  una  delle  località  sottostà  direttamente  al  Lias  e  nel- 
l'altra ad  un  terreno  che,  come  vedremo,  deve  esser  portato  ad  un'epoca  più  recente 
di   quella  che  ne  indichino  i  suoi  fossili.   E  per  finirla  affrontiamo  ancor  quest'ultimo 
Calcare  che  forma  a  Nord  il  limite  della  nostra  sezione  e  che  costituisce  il  massiccio 
della  Scaletta.   È  stratificato  concordantemente  alle  sottostanti  roccie  i)oi'firiche,  ed  in 
esso  trovarono,  il  prof.  Gastaldi  ed  il  Bruno,  gli  articoli  dello  stilo  di  Encrinus  liliiformis. 
Era  naturale  lo  ammettere  che  il  terreno  che  li  conteneva  ajjpartenesse  al  Muschelkalk. 
del  quale  l'Encrinus  è  fossile  affatto  caratteristico.  ]mr  sono  ora  forzato  ad  ammettere 
che  il  terreno  in  (questione  sia  posteriore  al  Muschelkalk  e  contemporaneo  al  Lias  o  ad 
un  teiTeno  ancor  più  recente. 

Infatti,  sulle  indicazioni  del  prof.  Gastaldi,  trovavo  bensì  l'Encrinus;  ma  osservavo 
altresì  che  l'Encrinus  non  vi  si  trovava  per  cosi  dire  che  di  seconda  mano.  In  una  parola 
il  Calcare  della  Scaletta  è  un  Brecciato  e  gli  strati  son  composti  di  elementi  angolosi 
di  Calcare  di  varia  natura  e  varia  tinta  intimamente  saldati  da  un  cemento  calcareo 
compatto  di  tinta  jiiìi  chiara  ed  avente  ad  un  dipresso  la  stessa  alterabihtà  degli  elementi 
che  racchiude.  Alcuni  i)oi  degli  elementi  contengono  o  sono  esclusivamente  composti  di 
articoli  (anzi  per  la  più  gran  parte  minutissimi  franinicnti  degli  articoli  stessi)  di  Encrinus 
del  (juale   non   si   incontra  alcuna  traccia  nel   cemento  che  impasta  gli   clementi  della 


PER    ALESSANDRO    POKTIS  97 

Breccia.  Sono  adunque  portato  a  credere  che  uel  mar  Triassico  vissero  gli  Encrini  (e  lo 
vedemmo  alle  Balze  dove  sono  in  posto)  e  formarono  coi  loro  avanzi  immensi  depo- 
siti di  roccia,  che  questa  roccia  già  pienamente  formata  fu  in  un  tempo  successivo 
sfracellata  e  riutilizzata  alla  formazione  di  nuovi  strati,  i  quali,  benché  finora  non  fossi- 
liferi per  se  stessi,  contengono  invece,  per  usurpazione,  fossili  che  ,  esaminati  in  buona 
fede,  sono  fallaci  e  porterebbero  a  fallaci  conseguenze. 

Forsechè  la  roccia  Porfii-ica  che  abbiamo  veduto  in  Pouniac  sottostare  concordan- 
temente  al  Lias  e  qui  sottostare  ancor  concordantemente  a  questi  Calcari  debba  servii'ci 
d'indizio  per  collocar  nel  Lias  ancor  questi  ultimi  ?  Io  mi  accontento  di  lasciar  irrisolta 
la  questione,  e  per  conseguenza  invece  di  assegnare  a  questi  Calcari  il  colore  che  ho 
assegnato  a  quelli  considerati  come  appartenenti  al  Lias  e  Giura  medio,  preferii  assegnar 
loro  quello  già  scelto  pei  Calcari  ad  Encrini  delle  Balze  di  Argenterà.  Solamente  debbo 
avvertire  che  in  questo  caso  comunanza  di  colore  indica  solo  comunanza  di  fossili,  non 
comunanza  di  età.  Al  Colle  della  Scaletta  tronco^  la  mia  sezione  che  rimase  già  abba- 
stanza complessa  osservando  come  in  e-ssa  per  ben  tre  volte  vengano  ad  incontrarsi  gli 
stessi  teri'eni,  ed  in  condizioni  semjire  diverse  ed  immensamente  istruttive,  e  come  la 
maggior  parte  di  questi  teiTeni  abbiano  con  se  portato  il  Jlateriale  Fossilifero  necessario 
a  distinguerli,  se  non  abbondante,  almen  per  lo  più  sufficiente. 

Prima  di  finire,  due  parole  ancora  sul  Terreno  Glaciale  che.  pi-r  l'interesse  dovuto 
agli  altri  terreni  più  antichi,  ho  affatto  escluso  dalla  Cartina  delle  località. 

Traccie  di  antichi  ghiacciai  sou  pochissimo  discernibili  nel  vallone  della  ^Maddalena 
dovendosi  anco  il  laghetto  di  (jucsto  nome  considerare  come  prodotto  dallo  sbarramento 
del  Vallone  per  mezzo  dei  detriti  del  Rio  des  Parties.  i  quali  finiranno  in  breve  unitamente 
a  quei  di  un  superiore  torrentello  e  di  quel  di  Ventassuso  per  colmare  il  lago  stesso. 
Qualche  lembo  di  ghiaccio  avrà  pur  fatto  discesa  dal  Becco  della  Signora  e  qualche 
insignificante  traccia  deve  trovarsi  a  monte  della  Maddalena  e  questo  è  il  tutto.  Foi-se 
del  mateiiale  morenico  che  troviamo  al  poggio  di  San  Martino  qualche  piccola  parte 
vien  da  questo  vallone  ed  è  quella  che  si  trova  sulla  sommità  del  poggio,  mentre  tutto  il 
resto  è  prodotto  dell'attività  glaciale  del  vallone  di  Pouniac. 

In  questo  secondo  vallone  troviam  lungo  tutto  il  thaltveg  traccie  evidenti  del 
passaggio  glaciale  e  dap]irima,  ad  un  chilometro  a  valle  del  Baraccone,  due  o  tre  serie  di 
collinette  concentriche  ed  in  miniatura  che  sbarrano  l'alto  vallone  e  che  già  sostennero  un 
laghetto,  or  ricolmato,  ma  ancor  peifettamente  riconoscibile  alla  livellazione  del  terreno. 
Proseguendo  nella  discesa  troviamo  qua  e  là  frequenti  i  ciottoli  striati,  ma  più  sj)ecial- 
mente  sotto  al  promontorio  Cretaceo  della  Tussia  la  roccia  costituente  il  fondo  del  val- 
lone è  in  più  punti  lisciata  e  striata.  Il  successivo  Macigno  Eocenico  ha  fornito  al 
Ghiacciaio  una  immensità  di  materiale  trasportabile,  non  ha  però  ricevuto  traccia  ricono- 
scibile dal  suo  passaggio.  A  partir  dal  rio  della  Goretta  e  fino  al  poggio  di  San  Martino 
seguiamo  senza  interruzione  la  Morena  Laterale  Sinistra  sviluppatissima,  indistinguibile 
dalla  Morena  Profonda  iinialzantesi  fino  a  40  ed  a  50  metri  sul  thalwpg  del  vallone,  in 
più  punti  tagliata  e  scoscesa  or  dal  Pouniac,  or  dai  suoi  affluenti  e  costituita  di  un'im- 
mensità di  ciottoli  striati,  levigati ,  angolosi  e  fi-ammentam  di  ogni  volume  e  di  ogni 
sostanza  impastati  in  un  cemento  argilloso  di  colore  azzurro-cenerognolo  e  di  una 
enorme  resistenza  agli  agenti  esterni.  Giunta  al  piede  del  Poggio  di  San  Martino  questa 
Serie   IL   Tom.   XXXIV. 


98  SUI    TERRENI    STRATIFICATI    DI    ARGENTERÀ 

Morena  Sinistra  si  ripiega  ad  angolo  retto  e  forse  più,  prendendo  la  direzione  della 
prima  parte  della  Valle  della  Stura,  costituendo  il  fondo  su  cui  è  fabbricata  la  Frazione 
delle  Grangie  e  proseguendo  oltre,  ma  senza  essere  più  visibile  che  col  mezzo  di  profondi 
intagli  (come  a  tal  uopo  servirono  le  trinciere  pei  «  torniclietti  »  della  nuova  strada) 
essendo  mascherata  da  uno  immenso  cumulo  di  materiale  franato  e  trasportato  dai  nu- 
merosi ed  ancor  più  capricciosi  torrentelli  che  precipitano  dal  versante  sinistro  della 
valle  e  non  ricomparendo  che  un  buon  tratto  al  disotto  di  Bersezio  dopo  aver  disceso 
il  cono  del  Kio  di  Stiracul. 

Le  traccie  della  Morena  Laterale  Destra  son  di  ben  altro  genere,  essendo  stata  espor- 
tata la  parte  profonda,  non  rimase  che  la  parte  superiore  ;  Questa,  la  corrispondente  parte 
della  Sinistra  e  la  Frontale  son  rappresentate  da  immensi  blocchi  del  Macigno  Eocenico 
citato  nella  sezione,  collocati:  da  una  parte  sul  versante  Orientale  delFEnclause,  ma  in  molto 
maggior  numero  sulla  faccia  Meridionale  del  poggio  di  San  Martino  e  dall'altra  sull'acuta 
costa  che  limita  a  destra  il  vallone,  in  posizioni  e  luoghi  che  non  hanno  molto  di  rassicurante 
sulla  stabilità  del  loro  equilibrio.  Debbo  a  questo  proposito  notare  che  i  più  belli  di 
questi  massi  hanno  appunto  dovuto  sparà'e  nello  scorso  anno.  Il  materiale  che  li  costituiva, 
possedeva  «lualità  troppo  ricercate,  perchè  non  venisse  impiegato  come  materiale  di 
costruzione  dei  murazzi  a  sostegno  della  Strada  Nazionale  passante  per  l'Argenterà.  Le 
mine  e  gli  scalpelli  lianno  sacrificato  alcune  centinaia  di  questi  massi.  Pochi  superstiti 
di  piccole  dimensioni  sono  rimasti.  Speriamo  che  ugual  sorte  non  sarà  serbata  ai  loro 
compagni  di  destra,  separati  come  essi  sono  da  un  profondo  e  stretto  vallone  che  ne 
rende  costoso  il  trasporto  e  collocati  in  sito  tale  che  non  è  presumibile  possa  in  prossimi 
tempi  servir  di  base  ad  una  costruzione  qualsiasi. 

L'estremità  Nord  del  vallone  di  Pomriac  e  la  sommità  della  Valle  della  Stura. 
sono  poi  occupati  dai  Depositi  di  Ciottoli  di  foimazione  contemporanea  dei  rivi  e  torrenti 
che  li  percoiTono:  di  formazione  pure  contemporanea  sono  i  Travertini  di  Ventassuso 
e  di  Combalunga. 

Kiassumendo,  ecco  la  serie  dei  terreni   incontrati  nella  sezione  finora  descritta 

1.  Gneiss.  12.  Flisch. 

2.  Tufo  porfirico.  13.   Calcari  a  Encrini. 

3.  Calcari   rappresentanti  il  Giura  Nero      14.   Gessi. 

e  il  Bruno.  15.   3  Calcari  Titonici. 

4.  Calcari  Titonici.  16.   3  Calcali  Cretacei. 

5.  Calcari  Cretacei.  17.4   Calcari  Titonici. 

3   Calcari  Eocenici. 
2   Porfidi  e  Tufi  Porfirici. 
Calcari  a  Encrini  più  recenti  del  Trias. 
In  fondo  allr  valli  e  valloni. 
Morene  ed  Enatici. 
Materiale  di  trasporto  contemporaneo 

e  Travertini. 


6. 

Calcari  Eocenici. 

18, 

7. 

Macigno  Eocenico. 

19, 

8. 

2  Calcari  rappresentanti  il  Giura  Nero 
e  il   Bruno. 

20, 

9. 

2  Calcari  Titonici. 

21 

10. 

2   Calcari  Cretacei. 

22 

11. 

2   Calcari   Eocenici. 

PER    ALESSANDRO    PORTIS  99 

Egli  è  tempo  finalmente  di  raccogliere  quanto  son  venuto  fin  qui  esprimendo  in  una 
forse  un  po'  lunga  disserta2done  e  concretarlo  in  pochi  punti. 
I  risultati  adunque  fino  ad  ora  ottenuti,  sono  i  seguenti  : 

1°  Le  roccie  che  costituiscono  le  Balze  dietro  Argenterà  sono  Fossilifere  ed 
appartengono  al  Muschelkalk  ; 

2°  È  probabile  che  i  Gessi  e  Camioli,  che  loro  sovrastanno,  appartengano  pure  al 
Muschelhalk  ;  ad  ogni  modo,  non  son  qui  sufficienti  a  servire  quale  Orizzonte  Geogno- 
stico a  stabilire  il  limite  fra  i  terreni  Triassici  ed  i  sovrastanti: 

3°  Il  Calcare  della  Scaletta,  benché  contenente  gli  stessi  organismi  che  quel  delle 
Balze,  non  gli  è  contemporaneo  ; 

4°  La  roccia  fossilifera  di  Argenterà  o  delle  Grangie,  che  finora  era  stata  attri- 
buita al  Lias,  appartiene  al  Giura  superiore  e  corrisponde  al  piano  Titonico  inferiore; 

5"  Essa  si  adagia  regolarmente  sulle  roccie  del  Lias  e  del  Dogger,  che  se  ne 
distinguono  paleontologicamente  ; 

6°  Alla  lioccia  Calcarea  Fossilifera  di  Argenterà,  si  sovrappone  discordantemente 
il  Calcare  Ippuritico ,  che  finora  era  stato  escluso  dalla  composizione  delle  Alpi  e  che  si 
frammette  al  Titonico  ed  al  Nummulitico; 

7°  Il  terreno  Eocenico  si  sovi-appone  direttamente  ai  terreni  Cretacei  e  consta  di 
tre  formazioni  nettamente  distinte ,  cioè  :  una  inferiore  Calcareo-schistosa  ricchissima  in 
Nummuliti ,  una  media  di  Arenarie  ad  Equiseti ,  ed  una  superiore  di  Macigno,  Schisti 
Calcarei  e  Schisti  Argillosi  a  Fucoidi  ; 

8°  Al  terreno  Eocenico  non  sovrastanno  che  depositi  appartenenti  all'epoca  Gla- 
ciale ed  alla  Contemporanea. 

Torino,  in  ottobre  1880. 


C\c.;^.ih''^h:l<e  S^  a.   -T^.n.....    n\v..>r  A,  S,    'Jufnlcii.  .>^..<'  S''Km.,..  XXXIV, 


A^,^-^'ii,~>^^mr.lcLjaU,^^  <.-.  .)...!.■.. li  .1.  Clr,,.-,.I.-..T        lì„„r,,rh, ^rfjli rx.M,.Unl,J,  lnr„fr,mmPa.TS..tampnin,ìmadÌ0. 


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101 

STUDIO   COMPARATIVO 


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TRUTTO  OTTICO  E  DEI  CORPI  lìENICOlìTI 

NELL'UOMO,  NELLA   r^CIMMlA 
E    NEI     MAMMIFERI     INFERIORI 


Dott.  FERRCCCIO  TARTIFERI 


Letta  ed  approvata  nell'adunanza  29  Maggio  1881 


Uno  dei  punti  più  oscuri  die  tuttora  esista  nella  conoscenza  delle  vie  ottiche  si 
riferisce  al  modo  di  comportarsi  di  quella  porzione  del  tratto  che  trovasi  suhito  sopra 
il  peduncolo  cerebrale,  ove  cessando  di  essere  cordone  compatto  si  spennella  in  fasci 
di  fibre  frammezzati  da  sostanza  cinerea. 

Nei  primati  sembrava  non  potesse  venir  contraddetta  la  concorde  asserzione  degli 
anatomici  che  il  corpo  genicolato  esterno  fosse  il  primo  ganglio  che  incontra  il  tratto 
ottico,  quando  recentemente  il  Verga  descrive  un  nuovo  ammasso  di  sostanza  cinerea 
(ganglio  cordato),  che  prima  del  grigio  del  corpo  pfifìcolato  laterale  si  interporrebbe 
alle  fibre  ottiche. 

Nei  mammiferi  inferiori  poi  le  cose,  benché  non  siano  state  ancora  controverse, 
sono  ciononostante  molto  oscure  :  in  essi  speciale  sarebbe  la  conformazione  dell'origine 
apparente  del  tratto  ;  questo  nel  più  dei  casi  non  assumerebbe  tutti  que'  rapporti  che  si 
osservano  nei  primati  ;  il  pulvinar  thalami  non  esisterebbe  che  in  alcuni  e  solo  in 
condizioni  rudimentali.  Struttura  poi  e  rapporti  del  tutto  eccezionali  avrebbe  quella 
formazione  che  nel  loro  cervello  rappresenterebbe  il  corpo  genicolato  esterno  àéiVuomo 
e  della  scimmia.  I  pochi  anatomici  che  di  questa  formazione  fanno  parola,  sono  tutti 
concordi  nel  considerare  come  tale  quella  grossa  eminenza  (1)  più  o  meno  piriforme  ri- 
coperta dal  tratto  ottico,  posta  avanti  e  all'esterno  delle  eminenze  higemine  anteriori  e 
ampiamente  adiacente  al  talamo  ottico. 


(I)  Questa  eminenza  sembra  da  alcuni  Autori,  di  quelli  che  non  parlano  del  corpo  genicolato 
esterno,  esser  designata  come  parte  del  talamo  ottico,  dico  sembra  poiché  le  figure  e  le  indicazioni 
sono  in  alcuni  poco  chiare  (Vedi  Stieda  -  Studien  ùber  das  centrale  nercensystem  der  Vògel  und 
Sauyethiere.  Leipzig,  1868.  Tav.  2,  fig.  41 ,  42,  43,  44.  Topo  =  e  Lussana  e  Lemoigne:  Fisiologia  dei 
centri  nervosi  encefalici.  Padova  1871.  Voi.  1,  fig.  233,  234,  235  =  Lepre  -  pecora.  —  Panizza  -  Os- 
servazioni sul  nervo  ottico.  Mem.  dell' Istit.  Lombardo,  1855.  Tav.  IX,  fig.  4  cane,  fig.  6  cavallo. 


102  STUDIO  COMPAKATIVO   DEL  TRATTO  OTTICO  ECC. 

Le  sole  ricerche  microscopiche  che  io  conosca,  comprovanti  questa  corrispon- 
denza, non  furono  fatte  che  pochi  anni  indietro  dal  Forel  (1)  sotto  la  dilezione  del 
Meynert. 

Esse  naturalmente  dovevano  tendere  soprattutto  ad  escludere  che  la  detta  eminenza 
rappresentasse  il  pulvinar  timi  ami  dei  primati. 

Il  pulvinar ,  dice  il  Forel ,  è  la  continuazione  posteriore  ed  estema  dello  strato 
superiore  (oberes   Lager)   dell'estremiti,  posteriore  del  talamo. 

Esso  perciò  non  può  trovarsi  sopra  le  parti  situate  più  all'indietro  e  all'infuori 
come  sarebbero  i  corpi  genicolati.  Se  adunque  la  parte  designata  nelle  figure  '5,  7,  8  (2) 
come  corpo  genicolato  esterno  sta  evidentemente  sullo  strato  superiore  del  talamo  non 
può  essa  in  nessuna  guisa  corrispondere  al  pulvinar. 

Di  più  questo  si  assottiglia  dall'avanti  verso  l'indietro  mentile  la  parte  in  discorso 
si  assottigUa  invece  dall'indietro  all'avanti. 

Di  più  infine  la  sostanza  del  pulvinar  viene  attraversata  dalle  braccia  delle  emi- 
nenze hi  (/emine. 

E  contro  la  facile  ma  grave  obbiezione  che  il  corpo  genicolato  estemo  dei  mam- 
miferi non  avrebbe  più  la  struttura  caratteristicamente  stratificata  dei  primati,  risponde 
ammettendo  che  le  fibre  nei  piccoli  mammiferi  siano  poco  visibili  per  il  piccolo  spessore 
della  guaina  midollare  e  poco  numerose  per  il  piccolo  sviluppo  delle  ii-radiazioni  degli 
emisferi  in  questi  corpi  genicolati  esterni. 

Con  ciò  sembrava  chiusa  la  via  a  nuove  ricerche. 

Io,  in  un  lavoro  (3)  pubblicato  due  anpi  indietro,  dovei  parlare  incidentalmente 
del  corpo  genicolato  esterno  dei  mammiferi.  Trovando  cosi  concordi  gli  osservatori  , 
nella  designazione  di  questa  parte,  e  sembrando  ancora  a  me  abbastanza  verosimili  le 
conclusioni  che  questi  avevano  tratto  dall'anatomia  macroscopica  comparativa,  credei 
poter  accettare  le  risultanze  dei  loro  studi  senza  bisogno  di  instituire  speciali  osserva- 
zioni microscopiche. 

Non  ostante  l'identità  dei  risultati  che  gli  osservatori  (4)  trassero  dagli  studi  ana- 
tomici comparativi,  non  ostante  l'accuratezza  delle  ricerche  di  anatomia  microscopica 
di  un  valente  osservatore  quale  il  Forel,  purtuttavia,  come  il  presente  studio  ci  porterà 
a  concludere,  si  fu  sinora  lontani  dal  vero  ;  quanto  nei  mammiferi  inferiori  si  designò 
come  corpo  genicolato  esterno  o  superiore  ,  o  anteriore  appartiene  invece  nella  sua 
massima  parte  al  talamo  ottico  ;  la  formazione  clie  realmente  corrispondo  al  corpo  geni- 
colato laterale  dei  primati,  non  è  stata  ancora  ne  osservata  ne  descritta  (5). 

Le  indagini  per  cui  io  giunsi  a  determinarla,  furono  occasionate  dall'avere  osser- 
vato che  questo  cos'i  detto  corpo  genicolato  esterno  dei  mammiferi  inferiori  (fig.  7 
e  6,  P-hCGA)  non  presentava  ovunque  la  stessa  tessitura  né  per  rispetto  alla  quantità 


(1)  Forel  —  Beitràge  lur  Kenntniss  des  Thalamus  opticus  und  der  ihm  umgebenden  Gebilde  bei 
den  Sàìigelhieren.  Zurich,  1872. 

(2)  Forel  —  Loc.  cit.  Tav.  2. 

(3)  Tartukeri  —  Le  eminenie  bigemine  anteriori  ed  il   tratto  ottico   della   talpa  europea.    Riv. 
gperìm.  di  Freniatria  e  Med.  legale,  1878,  pag   22. 

(4)  'Iratiiilet,  Lonqet,  Inzani  o  Lemoigne,  Luys,  Krausk,  Gudden,  Huqoenin 

(5)  Tahtukeri  —  /  corpi  genicolati  dei  mammiferi  studiati  nei  loro  rapporti  colle  fibre  del  tratto 
ottico  e  nelle  loro  forme  cellulari  (Com.  prev.  fatta  al  Congresso  di  Freniatria  di  Reggio  Kmilia,  1880. 


PEL    DOTI.    FERRUCCIO    TARTUFERI  103 

e  disposizione  delle  fibre  nervose,  ne  per  rispetto  alla  forma  delle  cellule  gangliari,  mentre 
invece  il  corim  genicolato  esterno  o  laterale  dei  primati  (fig.  14,  15)  ha  ovunque  la 
stessa  tessitura  e  le  stesse  fonne  cellulari. 


METODO  DI  INDAGINE. 

Nelle  presenti  ricerche  mi  trovai  nella  necessità  di  esaminare  serie  non  interrotte 
di  sezioni  successive  del  tratto  ottico  a  partire  dai  peduncoli  sino  alle  eminenze  bigemine 
anteriori.  Il  tratto  (e  le  parti  da  lui  ricoperte)  venne  sezionato  trasversalmente,  longi- 
tudinalmente ossia  parallelamente  al  suo  margine  anteriore  ;  obliquamente  ossia  tras- 
versalmente all'asse  mesencefalico.   Molte  sezioni  vennero  fatte  col  microtomo. 

Per  determinare  il  decorso  delle  fibre  nervose  usai  soluzioni  diluitissime  ('/eooo.  Vioooo) 
di  acido  osraico  secondo  il  mio  metodo. 

Per  determinare  le  forme  delle  cellule  nervose  mi  servii  della  colorazione  nera 
(Golgi),  metodo  preziosissimo  al  quale,  benché  poco  diffuso  e  da  poco  scoperto,  pure  già 
spetta  l'incontestabile  vanto  di  avere  apportato  alla  conoscenza  della  fina  anatomia  del 
tessuto  nervoso  un  contributo  tale  che  nessuno  dei  metodi  finora  conosciuti  può  meno- 
mamente vantare. 


KICERCHE  DI  ANATOMIA  MICROSCOPICA. 

Porco.  —  Osservando  attentamente  il  (ratto  ottico  nella  sua  porzione  nastriforme 
a  livello  del  corpo  (/micolafo  posteriore  (1),  vediamo  che  si  può  considerare  come  diviso 
in  due  fasci  per  una  leggera  solcatura  (vedi  schema  6°,  S)  che  qui  comincia  e  che  decorre 
obliqua  verso  l'alto  e  l'avanti  sulla  superficie  anteriore  estema  déìVEminenza  talamo- 
genicolata  (2).  Questa  solcatura,  talora  evidentissima,  ha  una  grande  importanza 
poiché  costituisce,  come  vedremo,  Vìoiiro  accenno  per  cui  all'esterno  e  macroscopica- 
mente possano  in  modo  approssimativo  delimitarsi  parti  sottoposte  di  tessitura  molto 
differente. 

Se  facciamo  una  sezione  trasversa  del  tratto  un  poco  al  di  sotto  del  corpo  genicolato 
posteriore  vediamo  che  esso  è  nastriforme  e  che  l'area  di  sezione  delle  sue  fibre  può 
per  la  solcatura  sopra  accennata  (fig.  1  ,  S)  distinguersi  in  due  aree  secondarie  quasi 
di  eguale  lunghezza,  una  anteriore,  l'altra  posteriore  rappresentanti  le  rispettive  sezioni 
dei  due  fasci  in  cui  il  tratto  può,  come  dicemmo,  considerarsi  diviso. 

Le  linee  limitanti  il  contorno  estemo  di  queste  aree  secondarie  sono  leggerissi- 
mamente curve,  ma  ben  presto  (più  in  alto),  la  linea  limitante  il  contorno  dell'area  po- 
steriore diventa  notevolmente  curva  sia  rispetto  a  quello  e, e  prima  era.  sia  rispetto 
al  contorno  dell'altra. 


(1)  Chiamo  nei  mammiferi   inferiori  corpo  genicolato  posteriore ,  quello  corrispondente  al  corpo 
genicolato  interno  o  mediale  dei  primati. 

(2)  Designo  con  questo  nome,  per  ragioni  che  esporrò  in  appresso,  l'eminenza  sin  oggi  erronea- 
mente ritenuta  corrispondente  al  corpo  genicolato  laterale  od  esterno  dei   primati. 


104  STUDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 

Procedendo  iu  alto  colle  sezioni  vediamo  già  a  livello  della  parte  inferiore  del 
corpo  genicolato  posteriore  come  al  di  sotto  delle  due  menzionate  porzioni  del  tratto 
esistano  formazioni  diverse.  Al  disotto  del  fascio  anteriore  e  della  porzione  anteriore 
del  fascio  posteriore  esiste  xinarea  di  sostanza  mista  (fig.  1,C6A).  I  fascetti  che  vi  si 
osservano,  sono  come  le  fibre  del  tratto  sezionate  trasversalmente  e  formano  in  corri- 
spondenza del  fascio  anteriore  una  serie  ordinata  parallela  alla  superficie  e  posta  nella 
linea  d'unione  del  quarto  esterno  coi  tre  quarti  interni  dell'area.  Più  all'indentro  (nei 
tre  quarti  interni),  vi  sono  rari  ed  isolati  fascetti  che  tendono  a  formare  un'altra  serie 
analoga  alla  precedente.  Al  di  sotto  della  porzione  anteriore  del  fascio  posteriore  si 
vedono  sezioni  trasverse  di  fascetti  separati  da  poco  grigio  interposto  e  che  si  confondono 
con  (luelle  dei  fascetti  che  all'interno  limitano  l'area  mista  sopra  descritta. 

Al  di  sotto  poi  della  porzione  posteriore  del  fascio  posteriore,  immediatamente  al 
davanti  del  corpo  genicolato  posteriore  e  con  questo  confinante  si  vede  la  sezione  di  una 
formazione  prevalentemente  grigia,  che  appare  come  un'area  chiara  a  forma  ili  virgola 
molto  incui'vata  con  la  punta  in  avanti  (fig.  1.  P). 

Essa  è  prevalentemente  costituita  di  sostanza  giigia  e  con  i  metodi  comuni  si  vede 
risultare  di  grosse  cellule  come  vescicolaii. 

Presenta,  tra  le  altre  fibre  nervose  che  l'attraversano,  distintissimo  un  ordine  (se- 
zionato per  trasverso  in  sezioni  trasverse),  che  divide  quasi  esattamente  iu  due  parti  la 
sua  estremità  appuntita.  Più  in  alto  quest'area  grigia  si  estende  in  avanti,  e  quando 
la  sua  estremità  anteriore  ha  raggiunto  la  solcatura,  allora  si  mostra  romboidale  con 
gli  angoli  arrotondati. 

Non  si  vedono  più  allora  i  fascetti  posti  tra  essa  e  l'area  mista,  la  quale  cos'i 
risulta  solo  della  sua  porzione  anteriore,  di  quella  cioè  ove  esiste  l'ordine  di  fascetti 
parallelo  alla  superficie. 

Nella  fig.  2  si  vedono  chiaramente  questi  dettagli  nella  pecora. 

Procedendo  in  alto  si  vede  che  l'area  grigia,  conservando  la  sua  forma  romboidale 
ad  angoli  arrotondati,  continua  ad  estendersi  verso  l'avanti  :  Varca  mista  va  conseguen- 
temente sempre  più  accorciandosi  e  finisce  per  scomparire.  La  solcatura  diviene  sempre 
meno  profonda  ed  un'unica  curva  finisce  per  limitare  all'  esterno  la  sezicme  del  tratto. 
L'angolo  anteriore  dell'area  grigia  si  mostra  iliviso  in  due  da  una  serie  di  sezioni  tras- 
verse di  fibre  nervose. 

Cavallo.  —  Il   fratto  ottico  è  sviluppatissimo.  Esso  ben  presto  si  appiattisce  e 

diventa  nastiiforme. 

Facendo  un  taglio  trasverso  sul  peduncolo  pi-osso  il  margine  superiore,  aiiparisce 
come  un'area  molto  allungata  di  sezioni  trasverse  di  fibre  nervose  stipate  che  poggiano 
direttamente  sulle  fibre  peduncolari. 

Presso  l'estremità  inferiore  del  corpo  genicolato  posteriore,  forma  il  rivestimento 
midollare  di  un'rtr^rt  di  .fostanjsa  mista,  i  cui  fascetti  nervosi  tendono,  come  nel  ]iorco. 
a  disporsi  in  serie  parallele  alla  linea  esterna  di  contorno,  la  quale  qui  già  comincia 
a  divenire  curva. 

All'estremità  inferiore  del  corpo  genicolato  posteriore  persiste  la  detta  arra 
di  sostanza  mista,  ma  posteriormente  a  lei  tra  essa  e  corpo  genicolato  posteriore 
comincia  come  nel  porco  ad  apparire  un'orca  prevaìentenìriite  grigia  reniforme  ricoi)erta 


PEL    DOTI.    FERRUCCIO    TART^FERI  105 

nella  sua   porzione   esterna  dalle    fibre  del  tratto ,   e   composta  di   cellule    nervose  di 
apparenza  vescicolare  abbastanza  grosse  e  di  fascetti  di  fibre  nervose  tra  loro  paralleli. 

Quest'area  grigia  ci  appare  sempre  maggiore  man  mano  che  procediamo  in  alto 
colle  sezioni,  poiché  la  sua  estremità  anteriore  si  arrotonda,  si  ingrandisce  e  si  spinge 
verso  l'avanti.  Ella  così  assume  forma  di  virgola  la  cui  punta  sia  volta  verso  lindietro, 
la  testa,  il  davanti.  —  Il  lato  concavo  è  ricoperto  dalle  fibre  del  tratto. 

Varrà  vìistu  per  l'ingrandimento  dell'area  grigia  viene  spinta  verso  l'avanti  e 
diminuisce  proporzionatamente  di  lunghezza.  Quando  è  scomparsa  troviamo  la  linea  di 
contorno  della  sezione  del  tratto  molto  convessa  a  al  di  sotto  di  lui  esiste  da  sola 
l'area  prevalentemente  grigia. 

Nel  cavallo  in  una  parola  abbiamo,  senza  notevoli  differenze,  le  stesse  immagini 
che  nel  porco. 

Pecora.  — ■  Anche  nella  pecora  la  formazione  mista  ha  forma  di  lamina,  ed 
assume  colla  formazione  grigia  gli  stessi  rapporti  che  nel  porco  e  nel  cavallo. 

Coniglio.  —  Il  tratto  ottico  subito  in  vicinanza  del  chiasma  comincia  ad  ap- 
piattirsi, diviene  poi  nastriforme:  un  fascetto  di  fibre  ad  esso  apparentemente  appar- 
tenenti, e  costituenti  il  suo  margine  posteriore,  si  approfonda  tra  i  due  fasci  del  pe- 
duncolo cerehrale,  il  resto  forma  (in  gran  parte)  uno  strato  di  corteccia  M'cminema 
talamo-genicolata. 

Se  l'osserviamo  in  sezioni  tra-> verse  successive  a  partire  dal  fascio  superiore  del 
jicduncolo  lo  vediamo  dapprima  costituire  un'area  di  fibre  nervose  un  poco  schiacciata, 
diretta  all'avanti  e  all'esterno,  il  cui  asse  maggiore  sta  al  minore  all'incirca  come  3:1. 

Procedendo  in  alto  quest'area  mostra  la  linea  supei-ficiale  di  contorno  sempre  più 
convessa  ed  in  una  sezione  fatta  a  livello  della  parte  inferiore  del  corpo  genicolato 
posteriore  abbiamo  l'immagine  disegnata  nella  fig.  3.  Qui  il  complesso  delle  sezioni  della 
maggior  parte  delle  fibre  del  tratto  ha  appunto  forma  di  C  (fig.  3.  T  0).  Al  di  sotto 
di  questo  C  esiste  una  formazione  di  sostanza  mista  caratterizzata  dalla  disposizione 
dei  fascetti  di  fibre  nervose  (fig.  3,  CGA).  Vi  è  un  ordine  di  grossi  fascetti  vicino  alla 
corteccia  midollare,  come  nel  maiale,  nel  cavallo  e  nella  pecora.  Più  in  dentro  si  vedono 
per  solito  quando  la  sezione  è  esattamente  trasversale,  due  ordini  di  piccoli  fascetti,  il 
più  esterno  dei  quali  si  continua  coU'estreraità  anteriore  del  C,  il  più  interno  coU'estre- 
mità  posteriore.  Quest'ultimo  ordine  serve  a  tracciare  nettamente  il  limite  tra  Varca  mista 
in  discorso  ed  un'area  grigia  (fig.  3,  P)  analoga  a  quella  descritta  nei  mammiferi  pre- 
cedenti, e  che  i\\ù  comincia  ad  apparire.  Essa  è  popolata  da  cellule  nervose  relativamente 
grosse  e  che  in  preparati  coloriti  con  soluzioni  osmiche  diluitissime  appaiono  (per  cos'i  dire) 
come  chiari  vacuoli  rotondeggianti,  mentre  neWarca  mista,  sempre  collo  stesso  metodo, 
appariscono ,  per  solito  poco  distintamente .  piccole  cellule  nervose  in  mezzo  ad  un'ab- 
bondante sostanza  informemente  e  grossolanamente  granulosa  tinta  in  bruno-verdastro 
dall'acido  osmico  (1). 

Fascetti  nervosi  diretti  verso  l'interno  traversano  l'arra  grigia.  Questi  fascetti 
vengono  sezionati  esattamente  per  traverso  in  sezioni  leggermente  oblique  in  basso  e 
in  dentro  ;  essi  sono  disseminati  abbastanza  regolarmente  in  mezzo  alla  sostanza  grigia, 


(1)  Queste  differenze  di  tessitura,  che  eoa  soluzioni  oamiclie  diluitissime  si  appalesano  tra  la  for- 
mazione mista  6  la  formazione  grigia ,  si  osservano  in  tutti  i  mammiferi  da  me  esaminati. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  o 


]  Oti  STI'DIO  COMPAEATIVO  DEL  TRATTO  OTTICO  ECC. 

mai  trovansi  gli  uni  vicini  agli  altri  disposti  in  serie  più  o  meno  parallele  alla  linea 
di  contomo  dell'eminenza. 

In  sezioni  fatte  più  in  alto  si  ha  l'immagine  della  figura  4.  L'area  wisia  (fig.  4,C  G  A) 
ha  conservato  all'incirca  le  stesse  dimensioni,  l'area  grigia  (fig.  4,  P)  è  divenuta  invece 
un  poco  maggiore.  Se  la  sezione  è  un  poco  obliqua  si  vede  che  i  fascetti  che  formano 
l'estremità  posteriore  della  sezione  del  tratto  costituiscono  uno  stesso  ordine  con  quelli 
che  traversano  1"  arra  grigia .  e  lo  stesso  si  nota  per  i  piccoli  fascetti  che  dividono 
quest'ultima  à-^Warra  mista. 

Procedendo  in  alto  Varca  prevalentemente  grigia  (fig.  5,  P)  diviene  rotondeggiante, 
si  ingrandisce  sempre  più  e  viene  a  porsi  immediatamente  sotto  alle  fibre  posteriori  del 
tratto  (ùg.  5,T0)  tra  il  corpo  genicolato  posteriore  e  l'area  mista.  Quest'  ultima  impic- 
colisce proporzionatamente,  viene  spinta  verso  l'avanti  ed  in  questa  sua  porzione  terminale 
risulta  (fig.  5,CGA)  di  una  corteccia  midollare  fornita  dal  tratto  e  di  un  ordine  di  grossi 
fascetti  separati  da  grigio  interposto.  Una  regolare  serie  di  piccoli  fascetti  di  fibre  ner- 
vose la  separa  nettamente  dall'areia  grigia.  Questo  netto  limite  fra  le  due  formazioni 
vedesi  anche  molto  distintamente  in  sezioni  trasverse  verticali  all'  asse  mesencefalico 
(vedi  fig.  7). 

Scompai-sa  l'area  mista,  il  tratto  riveste  unicamente  l'ar<'(( preialenteì)te»tr  grigia. 
la  quale  rappresenta  la  sezione  di  (quell'ammasso  di  sostanza  grigia  che  costituisce  come 
nei  mammiferi  precedenti  la  massima  parte  dellVwi/nen^a  talamo-genicolata. 

Se  ora  osserviamo  sezioni  fatte  in  un  piano  parallelo  al  margine  anteriore  del  tratto 
vediamo  che  ([uesto,  giunto  al  margine  superiore  Ac\  peduncolo,  si  divide  in  due  porzioni 
(fig.  6).  una  compatta,  supei-ficiale  (fig.  <;.  TO)  che  forma  imo  strato  di  corteccia  All'emi- 
nenza talamo-genicolata;  una  profonda  suddivisa  in  tanti  fascetti  che  si  dispongono 
parallelamente  fra  loro.  Questi  fascetti  sono  scarsi  e  diradati  nell' orm  grigia  (fig.  fi,  P), 
abbondantissimi  e  stipati  nell'arra  mista  (fig.  0,  CGA). 

Confrontando  fra  loro  le  diverse  immagini  che  si  lianno  nelle  sezioni  fatte  in  diversi 
piani,  deduciamo  che  la  formazione  mista  ha  presso  a  poco  la  forma  della  metà  di 
una  pera  torta  attorno  il  suo  asse  maggiore,  in  modo  che  la  faccia  convessa  della  sua 
estremità  globosa  (che  ò  presso  il  margine  superiore  del  peduncolo),  sia  volta  verso  l'esterno 
ed  un  poco  verso  l'indietro,  la  faccia  convessa  della  sua  estremità  appuntita  vei"so  l'avanti 
ed  un  poco  verso  l'esterno. 

L'area  grigia  conisponderebbe  poi  alla  sezione  di  una  formazione  prevalentemente 
grigia  presso  a  poco  piriforme,  la  cui  punta  sia  in  basso  profondamente  al  di  dietro 
dell'arca  mista  e  avanti  il  corpo  genicolato  posteriore,  e  la  parte  rigonfiata  in  alto 
tutt'affatto  superficiale. 

Si  spiega  così  il  limite  curvo  che  in  sezioni  parallele  al  margine  anteriore  del 
tratto  si  osserva  tra  le  due  formazioni  (vedi  fig.  li). 

Lepre.  —  La  formazione  mista  e  la  formazione  grigia  hanno  la  stessa  forma 
e  gli  stessi  rapporti  clie  nel  coniglio. 

Cavia.  —  F^a  formazione  mista  e  la  formazione  grigia  hanno  gli  stessi  rap- 
porti clic  negli  animali  precedenti  :  rispetto  alla  forma  occupano  un  posto  intei-medio 
al  porco  ed  al  coniglio. 

Cane.  —  11   tratto  ottico   presenta  in  corrispondenza  del  peduncolo  una  leggera 


PEL    DOTT.   FERRUCCIO    TARTDFERI  107 

solcatura  cl.e  si  prolunga  in  alto  e  che  lo  divide  apparentemente  in  due  fasci. 
Osservando  la  superficie  laterale  ieìVeniin'"ma  talamo-genicolata  vediamo  che  il  suo 
orlo,  che  in  alto  limita  posteriormente  il  solco  della  tenia  dell'ippocampo,  in  basso 
si  dirige  divenendo  meno  acuto  verso  il  mezzo  dell'  eminenza.  Considerando  questo 
orlo  abbiamo  la  delimitazione  di  un'eminenza  a  forma  di  virgola,  come  nel  porco  per 
la  solcatura  che  menzionai. 

In  sezioni  trasverse  il  tratto  dapprima  ci  apparisce  come  un'area  ovale  allungata 
con  estremità  rotondeggianti:  la  linea  del  contorno  esterno  è  nel  mezzo  rientrante  per 
la  solcatura  sopranotata  (fig.  8). 

In  appresso  le  estremità  dell'area  si  appuntiscono  ed  essa  assume  una  leggeris- 
sima cui-va  sigmoidea.  Al  di  sotto  della  concavità  anteriore  del  sigma  comincia  ad 
osservarsi  sostanza  cinerea  molto  ricca  di  fibre  nervose  (fig.    9.  CGA). 

La  curva  sigmoidea  ben  presto  scompare  e  il  complesso  delle  sezioni  delle  fibre  del 
tratto  assume  prima  la  forma  di  C,  poi  si  trasforma  in  semicerchio.  Lo  spessore  di 
questo  semicircolare  rivestimento  midollare  va  sempre  più  diminuendo,  mentre  invece 
aumenta  la  sostanza  mista  (fig.    10,   CGA)   contenuta  nella  sua  concavità. 

Le  cellule  nervose  che  popolano  quest'area  di  sostanza  mista  coi  metodi  comuni 
appaiono  spesso  indistinte  ;  i  fascetti  a  loro  interposti  tendono  a  disporsi  parallelamente 
alla  superficie.  Essi  sono  wo//o  vicini  gli  uni  agli  altri  ed  al  rivestimento  midollare; 
vanno  gradatamente  diminuendo  di  dimensioni  verso  l'interno,  i  più  grossi  perciò  come 
negli  animali  precedenti  sono  i  più  periferici. 

Questa  vicinanza  dei  fascetti  tra  loro  e  alla  corteccia  midollare  fa  si  che  piuttosto 
difficile  sia  1'  ottenere  sezioni  in  cui  chiaramente  si  osservi  la  loro  disposizione  ;  per 
osservar  ciò  è  necessario  che  essi  siano  sezionati  esattamente  per  traverso. 

Quest'area  di  sostanza  mista  rivestita  dal  tratto  ottico  corrisponde  per  le  sue  con- 
nessioni, per  i  suoi  rapporti  e  per  la  sua  struttura  a  quella  descritta  collo  stesso  nome 
nel  porco,  nel  coniglio.  ... 

Procedendo  in  alto  colle  sezioni  vediamo  che  al  di  sotto  del  rivestimento  midollare 
immediatamente  al  davanti  del  corpo  genicolato  posteriore  comincia  ad  apparire  un'  area 
chiara  (fig.  11 ,  P  )  risultante  prevalentemente  di  cellule  nervose  piuttosto  grosse  e  con 
diluite  soluzioni  osmiche  appaiono  come  chiari  vacuoli.  L'area  mista  conseguentemente 
all'apparizione  deW  a  rea  grigia  viene  a  trovarsi  anteriormente  (fig.  11,  CGA);  di- 
venta ovale  e  finisce  per  scomparire  rapidamente.  Scomparisce  nel  punto  ove  la  cresta 
dell'eminenza  talamo-genicolata  comincia  a  dirigersi  verso  l'interno  e  l'indietro.  Osser- 
vando la  fig.  1 1  vediamo  come  l'area  mista  anche  macroscopicamente  possa  all'ispezione 
molto  bene  essere  delimitata  nella  sua  parte  terminale. 

L'area  grigia  va  bruscamente  aumentando  di  volume  e  finisce  ben  presto  per  co- 
stituire da  essa  sola  l'eminenza  talamo-genicolata.  In  essa  (fig.  12,  D)  si  osservano 
serie  di  fibre  nervose  corrispondenti  a  quelle  notate  nel  porco  (vedi  fig.  1)  fornite  molte 
di  sottile  guaina  midollare,  che  nelle  parti  inferiori  le  danno  un'apparenza  come  stra- 
tificata. Questa  apparenza  però  è  molto  differente  da  quella  che  abbiamo  nell'ar^'a  mista 
di  tutti  i  mammiferi.  Qui  la  stratificazione  è  data  da  fibre  nervose  fornite  da  spesse 
guaine  midollari,  che  si  tingono  intensamente  in  bruno  coU'acido  osmico  ;  di  più  sono 
riunite  in  fascetti  piuttosto  grossi  vicini  fra  loro  e  che  formano  molte  serie  parallele 


jOg  STliDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 

alla  superficie.  Nella  formazione  grigia  invece  le  fibre  che  danno  T  apparenza  stra- 
tificata sono  in  numero  molto  minore,  più  delicate  e  si  tingono  pallidamente  coU'acido 
osmico:  di  più  non  formano  mai  grossi  fascetti.  ma  si  dispongono  in  serio,  su  linee  ir- 
regolarmente ondulate  e  non  parallele  al  contorno  della  formazione. 

Questa  apparenza  stratificata  della  formazione  grigia  mi  sembra  facilmente  spie- 
gabile, quando  si  consideri  la  fig.    6. 

Le  fibre  del  tratto  che  vanno  nell'interno  della  formazione  grigia  sono  m  parte 
derivazione  di  quelle  che  si  spennellano  nell'interno  della  formazione  mista.  Siccome 
questa  ha  struttura  stratificata,  cos'i  analoga  struttura  dovrà  avere  anche  nel  suo  prin- 
cipio la  formazione  giigia. 

Gatto.  —  Nel  gatto  abbiamo  presso  a  poco  le  stesse  immagini  che  nel  cane. 

Riassumendo  possiamo  dire  che  nei  mammiferi  inferiori: 

r  il  tratto  ottico  (1)  cessa  di  essere  cordone  compatto  per  costituire  una  for- 
mazione da  me  provvisoriamente  designata  col  nome  di  formazione  mista. 

2°  Questa  formazione  di  sostanza  mista  ha  perifericamente  un  rivestimento 
midollare  :   nel  suo  intenio  fascetti  di  fibre  nervose  disposti  più  o  meno  parallelamente 

alla  superficie. 

•ó"  Le  fibre  nervose  della  formazione  mista  provengono  in  massima  parte  (2) 

dal  tratto  ottico. 

4"  Questa  formazione  mista  è  immediatamente  contigua  al  margine  superiore 
del  peduncolo  cerebrale  ed  è  in  parte  al  di  sotto,  in  parte  al  davanti  della  forma- 

eione  grigia. 

5°  La  formazione  grigia  consta  prevalentemente  di  sostanza  cinerea. 

6°  Il  tratto  ottico  forma  un  rivestimento  midollare  alla  formazione  grigia  ed 
invia  fibre  nervose  anche  nel  suo  intemo. 

7"  La  formazione  grigia  si  immette  tra  corpo  genicolato  posteriore  e  forma- 
zione mi.ita. 


Quale  è  il  .significato  anatomico  della  formazione  mista  e  della  formazione 
grigia  2 

La  soluzione  di  tale  quesito  non  può  evidentemente  esserci  fornita  che  da  osser- 
vazioni comparative  fatte  sul  cervello  dei  primati,  ossia  su  cervelli  che  presentano  il 
più  completo  differenziamento  morfologico. 

Se  noWiiomo  o  nella  scimmia  studiamo  il  fratto  ottico  in  sezioni  trasverse  suc- 
cessive dal  basso  all'alto,  vediamo  clie  esso  dapprima  forma  un  cordone  compatto  di 
fibre  nervose  rotondeggiante.  In  seguito  viene  a  perdere  questa  sua  compattezza  ed  in 
corrispondenza  della  metà   circa    dei  peduncoli  là  ove   comincia  quella    solcatura  che 


(1)  In  altro  lavoro,  cho  tra  breve  pubblicherà,  parlerò  di  quelle  porzioni  del  tratto  che  trovasi  sui 
poduncoli  cerobrali,  e  sul  tither  cinereiim.  non  che  dei  risultati  sperimentali  che  nelle  vie  ottiche,  e 
nei  centri  visivi  ebbi  dopo  l'enucleazione  elei  bulbo  oculare. 

(2)  Non  si  può  evidentemente  escludere,  anzi  ciò  ò  molto  probabile  per  alcuni  fatti  che  si  hanno 
dopo  l'onucloaziono  del  bulbo  oculare,  che  alle  fibre  del  tratto  se  ne  aggiungano  altre  che  sorgono 
dalle  cellule  gangliari  della  formazione  o  che  provengono  da  altre  parti  (corteccia?). 


PEL    DOTT.    FERRUCCIO    TARTl'FERl  109 

delimita  la  così  detta  radice  al  corpo  genicolato  interno,  troviamo  (fig.  13)  che  i  suoi 
fascetti  centrali  sono  tra  loro  distanti  per  sostanza  grigia  interposta,  mentre  i  fascetti 
periferici  formano  un  completo  e  spesso  rivestimento  midollare  allarea  mista  centrale  (1). 
Procedendo  più  in  alto,  la  sostanza  grigia  interposta  va  gradatamente  aumentando  con- 
servandosi sempre  piuttosto  povera  di  fibre  nervose  verso  l'esterno;  i  fascetti  maggiori 
a  cui  è  interposta  sono  disposti  in  tre  o  più  serie  parallele  tra  loro  e  alla  superficie  ; 
lo  strato  di  rivestimento  diventa  relativamente  sottile  (fig.    14  e   15). 

Questa  formazione  di  sostanza  mista  costituisce  nel  cervello  dei  primati  quanto  si 
designa  come  corpo  genicolato  esterno  o  laterale. 

Lo  spennellamento  del  tratto  ottico  e  quindi  la  formazione  del  corpo  genicolato 
esterno  può  anclie  vedersi  macroscopicamente  facendo  molti  piccoli  tagli  in  modo  da  avere 
una  superficie  irregolare  di  sezione  in  cui  le  fibre  àaWottico  appaiono  nel  loro  decorso. 
La  superficie  di  sezione  cosi  ottenuta  guarda  in  Ìjusso:  all'esterno  ed  un  poco  in  avanti, 
in  alto:  all'esterno  (2). 

Nella  fig.  IG  è  disegnata  la  proiezione  del  complesso  della  superficie  di  sezioni 
fatte  con  questo  fine  ;  in  esse  .si  V(ìd(i  cliiaramento  (in  isj)ecial  modo  quando  si  faccia 
uso  di  mia  forte  lente),  come  le  fibre  del  tratto  parte  licoprano  il  corpo  genicolato 
esterno  (fig.    10,   C'GE),  parte  vi  penetrino  e  vi  si  spennelUno. 

Nella  figura  in  discorso  si  nota  inoltre  come  il  corpo  genicolato  esterno  sia  im- 
mediatamente adiacente  al  margine  superiore  del  jìcduncolo  cerebrale  (Pe)  e  al  di  sotto 
del  pulvinar  tìialanii  (P). 

Queste  connessioni  e  questi  rapporti  di  contiguità  possono  anche  vedersi  in  altri 
tagli  come  nella  fig.  17.  Questa  rappresenta  la  jjroiezione  di  una  convessa  superficie 
di  sezione  formata  dall'insieme  di  piccole  superficie  di  sezioni  piane.  In  basso  essa  guarda 
in  basso  ed  in  avanti;  nel  mezzo  guarda  in  avanti  ed  all'esterno:  in  alto  in  avanti 
ed  in  alto.  Qui  vediamo  che  nel  corpo  genicolato  esterno  appaiono  lamine  midollari 
curve  ed  ondulate,  mentre  nella  figura  precedente  si  nota  invece  un  pennello  di  fibre. 
Ciò  è  dovuto  alla  differente  direzione  del  taglia  e  alla  struttura  stratificata  del  corpo 
genicolato  esterno.  Nella  fig.  10  questo  è  sezionato  secondo  il  piano  AB  (fig.  15). 
nella  fig.    17  secondo  il  piano  CD   (fig.    15). 

Se  ora  facciamo  delle  sezioni  successive  parallele  ad  un  piano  tangente  le  estre- 
mità superiori  dei  due  corpi  genicolati  ed  obliquo  indietro,  in  basso  e  all'indentro, 
abbiamo  nelle  sezioni  fatte  un  poco  sotto  la   loro   metà,   l'immagine  della  fig.  18;  in 


(1)  11  Verga,  in  una  comunicazione  preventiva  fatta  al  2"  Congresso  della  Società  Freniatrica  ita- 
liana in  Aversa  nel  settembre  del  1877,  descrisse  un  nuovo  ganglio  ilei  tratto  ottico  che  chiamò  jranp/io 
delle  fettucce  ottiche  o  ganglio  cordato.  Esso  si  troverebbe  in  prossimità  dei  corpi  genicolati,  sarebbe 
triangolare,  avrebbe  la  base  in  dietro,  l'apice  in  avanti,  lo  sono  dolente  non  poter  confermare  questa 
osservazione,  perchè  costantemente  ho  veduto  tanto  in  serie  complete  di  sezioni  trasverse  successive 
del  tratto  ottico  ,  quanto  in  sezioni  longitudinali  ,  che  il  primo  ammasso  di  sostanza  grigia,  che  ."fi 
frappone  alle  fibre  del  tratto,  facendone  così  cessare  la  sua  compattezza,  appartiene  (vedi  fig.  13)  al 
corpo  genicolato  esterno. 

Quanto  poi  al  nucleo  ottico  del  Talamo  del  Wagner  (  Ueber  den  Urspnmg  der  Schnervenfasem 
im  menschlichen  Gehirn,  Dorpat  1862),  esso,  come  notò  il  Meynert ,  non  è  che  il  corpo  genicolato 
esterno,  benché  le  figure  datene  siano  per  me  poco  chiare  perchè  non  complessive. 

(2)  La  profondità  del  solco  che  separa  la  così  detta  radice  al  corpo  genicolato  interno,  dal  fascio 
dell'ottico  che  va  al  corpo  genicolato  esterno  e  da  quest'ultimo,  è  variabile  nei  diversi  individui,  onde 
la  superficia  di  così  complesse  sezioni  non  potrà  essere  costantemente  rivolta  nella  identica  direzione. 


110  STUDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 

sezioni  fatte  più  in  alto  appare  (fig.  19)  tra  corpo  genicolato  esterno  e  corpo  geni- 
coìnto  interno  un'area  (fig.  19  P)  di  sostan2a  prevalentemente  grigia  che  va  brusca- 
mente aumentando  verso  l'alto,  mentre  i  corpi  genicolati  diminuiscono  (fig.  20)  e  fi- 
niscono per  scomparire.  Quest'area  grigia  non  è  altro  che  il  pulrinar  thaìaml.  Questo 
fatto  e  cioè  l'immissione  del  piiìvinar  tra  corpo  genicolato  esteino  ed  interno  può 
anche  vedersi  macroscopicamente.  Nella  Scimniia  basta  un  taglio  trasverso  verticale  (vedi 
fig.  21  P),  nell'uomo  un  taglio  concavo  o  meglio  due  tagli  verticali,  l'uno  diretto  verso 
l'indentro,  l'altro  verso  l'avanti  e  l'esterao  in  modo  da  formare  un  angolo  ottuso  (vedi 
fig.  22).  Perchè  questa  ossei-vazione  sia  molto  dimostrativa  bisogna  scegliere  quei  cer- 
velli nei  quali  il  corpo  genicolato  esterno  è  molto  inferiore  rispetto  all'interno,  e  non 
bisogna  (  per  ragioni  che  appaiiranno  in  appresso)  .  approfondarsi  molto  coi  tagli. 
Quest'ultimo  inconveniente  si  può  lamentare  un  poco  nel  preparato  da  cui  fu  tratta 
la  fig.   22. 

Riassumendo  possiamo  dire  che  nei  primati  : 

1°  Il  tratto  ottico  cessa  di  essere  cordone  compatto  per  formare  il  corpo  ge- 
nicolato esterno  o  laterale. 

2°  n  corjjo  genicolato  esterno  ha  perifericamente  un  rivestimento  midollare  : 
nel  suo  intemo  fascetti  di  fibre  nei"vose  disposti  in  serie  tendenti  a  disporsi  parallela- 
mente tra  loro  e  alla  supei-ficie. 

3°  Tutte  queste  fibre  nervose  provengono,  nella  loro  maggior  parte,  dal  tratto 

ottico  (1). 

4°  Il  corpo  genieolnto  esterno  è  immediatamente  contiguo  al  margine  superiore 
del  peduncolo  cerebrale  ed  è  posto  sotto  e  all'esterno  del  pulvinar. 

5"  Il  pulvinar  thalami  consta  prevalentemente  di  sostanza  cinerea. 

6°  Il  tratto  ottico  forma  un  rivestimento  midollare  al  pulvinar  od  invia  fibre 
nervose  anche  nel  suo  intemo. 

7°  TI  pulvinar  thalami  si  immette  tra  il  corpo  genicolato  interno  o  mediale 
e  il  corpo  genicolato  esterno  o  laterale. 


Errerebbe  di  molto  chi  credesse  che  i  rapporti  menzionati  tra  corpo  genicolato 
esterno,  corpo  genicolato  interno  e  pulvinar  appaiano  subito  cos'i  chiari  ed  evidenti 
come  io  li  esposi;  la  loro  esatta  determinazione  costituì  anzi  la  parte  più  indaginosa 
delle  presenti  ricerche,  perchè  variando  il  piano  di  sezione  si  ottengono  immagini  tra 
loro  molto  diverse  e  che  appaiono  l'una  coU'altra  inconciliabili.  Per  poter  giungere  alle 
conclusioni  esposte  io  fui  obbligato  di  eseguire  serie  di  sezioni  successive  nelle  direzioni 
le  più  variate  e  tener  esattissimamente  conto  del  piano  di  sezione  e  giovarmi  dell'ispe- 
zione macroscopica  di  questo. 

Parlerò  (lui  solo  delle  immagini  che  furono  per  me  le  più  difficili  ad  essere  chia- 
rite, trovando  le  altre  facile  spiegazione  in  quanto  sono  per  dire. 


(1)  Anche  per  il  corpo  genicolato  esterno  dei  primati  vale  quanto  dissi  per  la   formazione  mista 
dei  mammiferi. 


PEL    DOTI.    FERRrCCIO    TARTUFEUI 


HI 


Se  facciamo  un  poco  sopra  la  rilevatezza  del  corpo  genicolato  esterno  sezioni  oblique 
in  basso  ed  all'indentro  (schema   1 .  25).  ovvero  sezioni  trasversali  orizzontali,  in  modo 


Schema    1  " 


REKI 


però  che  il  piano  di  sezione  sia  un  poco  obliquo  in  alto  all'esterno  ed  in  avanti,  nelle 
prime  abbiamo  l'immagine  della  fig.  25,  nelle  seconde  quella  della  fig.  20. 

Con  sezioni  successive,  ovvero  con  sezioni  macroscopiche  trasverse  orizzontali  com- 
binate a  sezioni  verticali  dii'ette  all'avanti  e  all'esterno,  si  dimostra  che  l'area  strati- 
ficata (fig.  25.  OGE:  fig.  2('>,  CGE).  è  parte  del  corpo  gruiroìafo  rstrmo.  Questo 
adunque  verrebbe  a  trovarsi  o  all'interiio  del  puliinar  o  nel  mezzo  della  sostanza  di 
questo  sempre  profondamente.  E  cos'i  i  rapporti  tra  i  corpi  gitticoUtti  ed  il  pulvinar 
thalami  sarebbero  in  tutto  differenti  da  ijuelli  clie  sopra  esposi.  Che  ciò  in  realtà  non 
sia  si  dimostra  facendo  dei  tagli  (schema  T  27,  28.  29.  30)  fondamentalmente  tras- 
versi verticali,  ma  leggermente  obliqui  in  alto,  in  avanti  ed  all'esterno. 

Nei  più  posteriori  di  questi  tagli  vediamo  limma^ne  della  fig.  27,  nei  succes- 
sivi (fig.  28)  vediamo  come  l'estremità  superiore  del  corpo  genicolato  esterno  si  in- 
curvi verso  l'esterno  al  di  sotto  del  pulvinar,  approfondandosi  apparentemente  nella 
sostanza  di  questo,  ma  separatane  costantemente  da  limite  netto  (1). 

Dopo  ciò  è  facile  l'interpretazione  delle  esposte  immagini,  poiché  i  tagli  nei  quali 
abbiamo  l'apparenza  che  il  corpo  genicolato  esterno  si  trovi  all'interno,  o  in  mezzo 
alla  sostanza  del  pulvinar  sono  tutti  leggermente  (fig.  28  Z-Z)  obliqui  in  alto  e  al- 
l'esterno. Ci  rendiamo  anche  ragione  del  perchè  nei  tagli  tangenti  le  estremità  supe- 
riori dei  corpi  gi'ìiicolnti  ed  obliqui  in  basso,  in  dietro  e  all'interno  (fig.  20  e  19, 
fig.  28  X-Y)  otteniamo  il  genicolato  esterno  superficiale,  e  tra  esso  e  corpo  genico- 
lato  interno  il  jìulvinar. 


Un  altro  punto  che  merita  di  essere  chiarito  ci  vien  dato  daUa  così  detta  radice 
interna  dell'ottico,  o  radice  al  corpo  genicolato  interno.  In  trattati  di  anatomia  dei 
centri  nervosi,  anche  recenti,  si  afferma  che  il  tratto  ottico  è  per  una  profonda  solcatura 
(fig.  13,  14,  15  So  e  schema  1°  So)  diviso  m  due  fasci,  Yuno  esterno  (schema  1°  RE)  : 
radice  esterna  o  al  corpo  genicolato  esterno:  V altra  interna  (schema  1"  RI)  o  al  corpo 


(I)  Questo  apparente  approfondamento  del  corpo  genicolato  esterno  nella  sostanza  Ae\  puhinur 
in  parecclii  cervelli  io  l'ho  veduto  quasi  insignificante  ;  quello  designato  nella  fig.  2S  è  il  massimo 
da  me  osservato. 


112 


STIDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    F.CC. 


gpnicoìntn  ivtprno.  Questa  distinzione  se  era  giustificabile  per  gli  anatomici  antichi  oggidì 
deve  definitivamente  abbandonarsi,  poiché  non  regge  alla  più  grossolana  osservazione  mi- 
croscopica. Questa  cosi  detta  radice  interna  dell'ottico  non  è  che  una  parte  del  corj)o 
genicolato  esterno  ;  difatti  ha  la  stessa  struttura  stratificata,  e.  come  vedremo,  le  stesse 
forme  cellulari;  né  tra  essa  e  quanto  si  designa  come  corj'o  genicolato  externo  esiste,  in 
qualunque  dii-ezione  le  sezioni  si  facciano,  limite  alcuno  di  demarcazione.  Per  convincersi 
di  ciò  basta  dare  uno  sguardo  alle  fig.  14  e  15  che  rappresentano  l'immagine  di  una 
sezione  trasversa  del  corpo  genicolato  esterno  e  della  cosi  detta  radice  interna  dell'ottico. 

Le  fibre  dal  tratto  che  vanno  al  corpo  genicolato  interno  non  formano  un  cor- 
done distinto,  ma  appartengono  probabilmente  alle  fibre  superfieiali  di  rivestimento  del 
corpo  genicolato  sterno.  Di  queste  fibre  supei-ficiali  le  mediali  rivestii-ebbero  il  corpo 
genicolato  interno,  le  laterali  il  pulvinar  per  andare  le  une  e  le  altre  a  terminare 
nello  eminenze  higemine  anteriori.  Di  fatti ,  come  si  vedrà  in  appresso .  le  fibre 
inteme  della  corteccia  midollare  del  corpo  genicolato  esterno  sembrano  connettersi 
colle  cellule  gangliari  di  questo. 

Che  poi  esistano  fibre  del  tratto  clie  decorrenti  profondamente  vadano  al  corpo 
genicolato  interno  è  molto  probabile  perchè  molti  anatomici  l'afi'ermano.  io  però  non 
potrei  dirlo  con  sicurezza  perchè  uon  ho  fatti  bene  accertati,  né  d'altra  parte  voglio 
dare  gran  valore  in  questioni  cosi  diificoltose  ad  apparenze  spesso  ingannevoli. 

Chiarite  per  tal  modo  le  dubbiezze  che  da  taluno  potevano  venire  accampate  come 
obbiezioni,  dal  raffronto  delle  conclusioni  da  me  ricavate  dallo  studio  del  tratto  ottico 
dei  mammiferi  inferiori  con  (luelle  dedotte  dallo  studio  del  tratto  dei  primati: 


Mammiferi  inferiori. 

1°  Il  tratto  ottico  cessa  di  essere  cor- 
done compatto  per  costituire  una  forma- 
zioTie  da  me  provvisoriamente  designata  col 
nome  di  formazione  mista. 

2"  Questa  formazione  di  sostanza  mi- 
sta ha  perifericamente  un  rivestimento  mi- 
doUai'e,  nel  suo  interno  fascetti  di  fibre 
nervose  disposti  più  o  meno  parallelamente 
alla  superficie. 

3"  Le  fibre  nervose  della  formazione 
mista  provengono  in  massima  parte  dal 
tratto  ottico. 

4°  Questa  formazione  mista  è  immedia- 
tamente contigua  al  margine  superiore  del 
2>ednvenìo  eirelirale  od  ò  in  parte  al  di 
sotto,  in  parte  al  davanti  della  formazione 
grigia. 

5"  La  formazione  grigia  consta  pre- 
valentemente di  sostanza  cinerea. 

6*  Il  tratto  ottico  forma  un  rivesti- 
mento midollare  alla  formazione  grigia 
ed  invia  fibre  nervose  nel  suo  interno. 

7°  La  formazione  grigia  si  immette 
tra  corpo  genicolato  posteriore  e  forma- 
zione mista. 


Primati. 

1°  11  fratto  ottico  cessa  di  essere  cor- 
done compatto  per  formare  il  corpo  ge- 
nicolato esterno   o   laterale. 

2"  Il  corjìo  genicolato  esterno  ha  pe- 
rifericamente un  rivestimento  midollare  . 
nel  suo  interno  fascetti  di  fibre  nei-vose 
disposti  in  serie  tendenti  a  disporsi  pa- 
rallelamente tra  loro  e  alla  superficie. 

3"  Tutte  queste  fibre  nervose  proven- 
gono, nella  loro  maggior  parte,  dal  tratto 
ottico. 

4°  Il  corpo  genicolato  esterno  è  im- 
mediatamente contiguo  al  margine  supe- 
riore del  peduncolo  cerebrale  ed  è  posto 
in  parte  sotto ,  in  parte  all'esterno  del 
pulvinar  thalami. 

5"  Il  pai  vi  no  r  consta  prevalentemente 
di  sostanza  cinerea. 

0*  Il  tratto  ottico  forma  un  rivesti- 
mento midollare  al  pulvinar  ed  invia  fibre 
nervose  nel  suo  interno. 

7°  Il  pulvinar  si  immette  tra  corpo 
genicolato  interno  o  mediale,  ed  il  corpo 
genicolato  esterno  o  laterale. 


PEL    DOTT.    FERRUCCIO    TARTUFERI  113 

possiamo  dedurre,  fondandoci  sull'uguaglianza  di  connessioni,  di  rapporti  e  di  struttura  : 
1"  che  la  forina.^ione  grigia  rappresenta  nel  cervello  dei  maniniiferi  inferiori 
il  pulvinar  thalami  dei  primati. 

2°  che  la  formazione  mista  nel  cervello  dei  mammiferi  inferiori  costituisce 
ciò  che  nel  cervello  dei  primati  si  disegna  come  corpo  genicolato  esterno,  o  laterale. 
3°  che  il  tratto  ottico  nella  sua  porzione  soprapeduncolare  si  comporta  ugual- 
mente ed  assume  gli  stessi  rapporti  fondamentali  sia  nei  primati  che  nei  mammiferi. 
Oltreché  dall'identità  di  tessitura,  di  rapporti  e  di  connessioni  la  esposta  corrispon- 
denza di  significato  anatomico  viene  anclie  convalidata  da  osservazioni  di  morfologia 
cellulare. 

EICERCHE   DI  MORFOLOGIA  CELLULARE. 

Queste  vennero  fatte,  come  dissi,  con  il  metodo  della  colorazione  nera  del  Golgi 
e  le  forme  che  io  do  sono  esattissimamente  copiate  colla  camera  lucida  di  Oberhauser 
da  preparati  che  conservo. 

Non  ostante  che  per  più  di  un  anno  abbia  durato  in  variati  tentativi,  pure  debbo' 
confessare  che  ne'  mammiferi  inferiori  non  mi  riusci  ancora  di  ottenere  la  reazione  molto 
estesamente  come  avrei  desiderato.  Tuttavia,  siccome  la  determinazione  del  significato 
anatomico  àeM' eminenza  talamo-genicolata  che  io  faccio  non  poggia  solo  su  argomenti 
di  morfologia  cellulare,  e  siccome  d'altra  parte  ottenni  forme  cellulari  somigliantissime 
a  quelle  del  pulvinar  e  del  corpo  genicolato  esterno  dell'uomo  .^^olo  e  costantemente 
quando  la  reazione  era  meglio  riuscita,  così  non  volli  indugiare  di  più  a  pubblicare 
il  presente  studio. 

L'esattezza  con  cui  ritrassi  le  immagini  delle  cellule  gangliari  mi  dispensa  da  una 
lunga  descrizione  che  d'altra  parte  riuscirebbe  difficile,  inutile  ed  oscura. 

Le  forme  àel  pulvinar  thalami  dell'uomo  (fig.  1,  2)  hanno  corpo  irregolare,  talora 
tendente  al  triangolare,  talora  rotondeggiante  abbastanza  indipendente  dal  numero  e 
grossezza  dei  prolungamenti  protoplasmatici.  Questi  sono  numerosissimi  ed  esili  ed  il 
loro  tronco  di  origine  comincia  a  dividersi  dicotomicamente  in  prossimità  del  corpo  cel- 
lulare. Le  forme  complete  da  me  ossei-vate  nella  parte  deWeminenza  talamo-genicolata 
che  io  dimostrai  corrispondere  al  puhinar  hanno  gli  stessi  caratteri  (fig.  3,  4,  5). 

Nel  corpo  genicolato  esterno  dell'uomo  (fig.  6,  7)  abbiamo  perifericamente  im- 
mediatamente vicino  al  rivestimento  midollare  del  tratto  serie  ordinate  di  cellule  ner- 
vose a  corpo  presso  a  poco  triangolare  od  a  cuore.  Da  un  angolo  del  triangolo  sorgo 
il  prolungamento  c.ilinder  aiis  talora  da  solo,  talora  insieme  ad  un  esile  processo  pro- 
toplasmatico.  Quest'angolo  fornito  del  prolungamento  nervoso  è  costantemente  rivolto 
(e  ciò  vale  anche  per  le  cellule  meno  periferiche)  verso  l'esterno,  ossia  verso  le  fibre 
del  tratto  ottico  che  rivestono  il  corpo  genicolato.  I  prolungamenti  nervosi  delle  cellule 
più  superficiali  sono  a  contatto  delle  fibre  nervose  di  rivestimento.  È  perciò  molto 
probabile  la  supposizione  che  le  cellule  in  discorso  si  connettano  con  i  cilindri  assili 
delle  fibre  interne  della  corteccia  midollare. 

Dal  lato  del  triangolo  opposto  al  prolungamento  nervoso  e  dagli  altri  due  angoli 
sorgono  robusti  prolungamenti  protoplasmatici. 

Serie  11.  Tom.  XXXIV.  p 


114 


STUDIO    COMPAKATJVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 


Più  internamente  vedonsi  talora  in  sezioni  trasverse  forme  come  alla  fig.  8.  Siffatte 
forme  per  me  sono  probabilmente  uguali  alle  precedenti,  e  la  diversità  apparente  dipende 
da  che  sono  vedute  non  da  lato  ma  obliquamente. 

Le  fig.  9,  10,  11,  12  mostrano  che  le  forme  cellulari  che  popolano  la  parte  del- 
l'eminenza talamo  genicolata  che  io  dimostrai  costituire  il  vero  corpo  genicolato  an- 
teriore dei  mammiferi  appartengono  allo  stesso  tipo  delle  precedenti. 

Nel  corpo  genicolato  interno  e  posteriore  {yeàì  fig.  13,  14,  15)  abbiamo  forme  cellu- 
Itui  il  cui  corpo  non  ha  forma  a  sé,  indipendente,  ma  è  subordinata  al  numero  e  alla 
grossezza  dei  processi  protoplasmatici  che  da  esso  sorgono.  Questi  nascono  con  ima  base 
conica  e  non  si  suddividono  come  nel  piUvinar  dicotomicamente  in  prolungamenti  esili 
ed  uniformi  ma  presentano  un  grosso  tronco  principale  da  cui,  spesso  allo  stesso  livello, 
sorgono  prolungamenti  secondari  conici  pur   essi  alla  loro  origine. 

Oltre  di  ciò,  stando  alle  reazioni  avute,  io  troverei  di  caratteristico  in  confronto 
alle  cellule  del  pulvinar  la  maggior  ricchezza  di  prolungamenti.  A  chi  ripeterà  queste 
indagini  di  morfologia,  piuttosto  difficoltose,  io  consiglio  di  non  formulare  il  suo  giu- 
dizio che  dopo  avere  osservato  un  grande  numero  di  cellule  per  potere  con  sicurezza 
discemere  i  caratteri  tipici  di  quelli  accidentali. 


DIFFERENZIAMENTO  MORFOLOGICO 


I  corpi  genicolati  dei  primati  sono  disposti  su  di  un  piano  perpendicolare  al- 
l'asse mesencefalico  e  debbonsi  conseguentemente  distinguere  in  corpo  genicolato  in- 
terno 0  mediale  e  in  corpo  genicolato  esterno  o  laterale. 

Schema   2°. 


l'KIlvuri. 


CGE  Corpo  genicolato  esterno  o  laterale. 
COI  Corpo  genicolato  interno  o  mediale. 


Nei  mammiferi  inferiori  invece,  come  risulta  da  quanto  esposi,  i  due  corpi  geni- 
colati trovansi  su  di  un  piano  verticale  leggermente  obliquo  verso  l' indietro  e  l' in- 
dentro, onde  in  essi  dobbiamo  distinguere  un  corpo  genicolato  anteriore  (corrispondente 


PEL    DOTI.    FERRUCCIO    TARTl'FERI 


115 


all'esterno  dei  primati),  ad  un  corpo   genicolato  posteriore  (corrispondente  all'interno 
dei  primati). 


Schema 


MAMMIFERI  INFERIORI. 

CGA  Corpo  genicolato  anteriore  corrispondente  all'esterno  dei  primati. 
CGP  Corpo  genicolato  posteriore  corrispondente  all'interno  dei  primati. 

Un  esame  comparativo  del  corpo  genicolato  esterno  (primati),  ed  anteriore  (mam- 
miferi inferiori),  ci  fa  concludere  che  esso  nella  sua  più  semplice  espressione  consta  di 
una  lamina  di  sostanza  mista  dovuta  allo  sprnneUamento  del  tratto  ottico,  e  ca- 
ratterizzata dalla  tendenza  dei  suoi  fascetti  di  fibre  nervose  a  disporsi  in  serie 
parallele  alla  linea  di  contorno  del  rivestimento  midollare  di  corteccia. 

Questa  lamina  è  piana  ed  ha  il  suo  asse  quasi  antero-posteriore  nella  pecora,  nel 
porco,  nel  cavallo,  ecc. 

È  leggermente  incurvata  con  la  convessità  esterna  nel  coniglio,  nel  lepre.  .  . 

È  fortemente  incurvata  con  la  concavità  esterna  (in  sezioni  trasverse  orizzontali) , 

nella  scimmia. 

Nell'uomo  è  sigmoidea  (in  sezioni  trasverse  orizzontali),  incurvata  con  la  convessità 
esterna  (in  sezioni  parallele  ad  un  piano  tangente  le  estremità  superiori  dei  due  corpi 

genicolati). 

Schema  4». 


PFCORA 

CONIGLIO 

SCIMMIA 

PORCO 

LEPRE 

(sei.  oriti.) 

CAVALLO 

CANE 

(sexioiii  parallele 
eslreniilà  super^ 
corpi  geoicolari  ) 


Il  corpo  genicolato  esterno  dei  primati  forma  una  rilevatezza  abbastanza  bene 
delimitata  per  cui  è  distinguibile  alla  semplice  inspezione. 

Il  corpo  genicolato  anteriore  dei  mammiferi  invece  non  si  rivela  chiaramente  che 
per  l'osservazione  microscopica  ;  i  suoi  limiti  esterni  sono,  e  solo  in  alcuni  animali,  ap- 
pena accennati.  Non  formando  esso  adunque  una  rilevatezza  a  se,  ma  confondendosi  con 
il  tubercolo  posteriore  del  talamo  ottico  in  una  sola  eminenza  piriforme,  non  potremo 
per  i  caratteri  macroscopici  parlare  separatamente  né  di  un  corpo  genicolato  ante- 
riore ne  di  un  pulvinar  thalami.  Conseguentemente  io  mi  credo  autorizzato  di  pro- 
porre di  chiamare  l'eminenza  formata  dalla  loro  unione  :  Eminenza  talamo-genicolata. 


116 


STUDIO    COMPARATIVO    DKI.    TRATTO    OTTICO    ECC. 


Per  rintracciare  ora  la  causa  alla  quale  è  dovuta  la  diversità  della  conformazione 
estema  e  dei  rapporti  apparenti  che  riscontriamo  tra  i  corpi  genicolati  dei  primati  e 
quelli  dei  mammiferi  inferiori,  dobbiamo   porre  mente  ai  seguenti  fatti. 

1"  La  solcatura  tra,  corpo  genicolato  estimo  (corpo  genicolato  estimo  \iiii  così 
detta  radice  interna  dell'ottico),  e  pulvinar  è  nell'MOWfO  adulto  posta  orizzontalmente, 
mentre  nei  mammiferi  inferiori  essa  è  obliqua  verso  il  basso  e  lindietro. 

2°  Il  corpo  genicolato  esterno  dei  primati  ha  nella  sua  faccia  estema  una 
profonda  solcatura  (1). 

[1  corpo  genicolato  anteriore  ilei  uiamniiferi  non  ha  nella  sua  faccia  esterna  al- 
cuna solcatura. 

3°  In  una  sezione  trasversa  verticale  un  poco  obliqua  in  alto,  in  avanti  e  al- 
l'esterno si  osserva  il  corpo  genicolato  esterno  approfondarsi  (apparentemente)  rispetto 
ad  un  piano  orizzontale  nel  pulvinar. 

4°  Il  corpo  genicolato  internu  dei  primati  non  è  allo  scoperto  in  tutta  la 
sua  periferia,  ma  è  ricoperto  del  pulvinar  nel  suo  terzo  anteriore. 

5°  Tra  pulvinar  thalami,  eminenze  higemine  anteriori  e  corpo  genicolato  in- 
terno esiste  nei  primati  una  profonda  solcatura  in  cui  decorrono  le  fibre  del  tratto  ottico. 
Nei  mammiferi  inferiori  invece  tra  le  dette  parti   o  non  vi  è  solcatura  o  leg- 
gerissima, ed  il  tratto  decorre  tutto  allo  scoperto. 

6°  1  corpi  genicolati  rispetto  all'asse  mesencefalico  sono  nei  primati  distin- 
guibili in  estemo  ed  interno  ;  nei  mammiferi  inferiori  in  anteriore  e  posteriore. 

Poiché  in  questi  fatti  si  compendiano  tutte  le  diversità  di  conformazione  e  di  rap- 
porti apparenti  che  i  corpi  genicolati  presentano  nella  serie  dei  mammiferi,  così  sarà 
ragionevole  il  ritenere  come  causa  la  più  verosimile  di  esse,  quella  che  le  chiarisce  tutte  e 
facilmente.  L'unica  ipotesi  che  io  veda  fornita  di  tali  caratteri  consiste  nell'ammettere  un 
ruotamento  del  pulvinar  thalami  e  del  corpo  genicolato  esterno  verso  il  di  dietro  ed 
il  basso. 

Schema  5°. 


MAMMIFEBI  IMFERIORI. 

P.        l'alvinar  thalami. 
N.       Emiuenze  bigeinine  anteriori. 
CGI.   Corpo  genicolato  intorno. 
COR.  Corpo  genicolato  posteriore. 
CGE.  (lorpo  genicolato  esterno. 
CGA.  (^orpo  genicolato  anteriore. 


PRIMATI. 

TO.  Tratto  ottico. 

BP.  Braccio  congiuntivo  posteriore. 

T.  Porzione  terminale  i  macroscopi- 
camente) del  ti  alto  (braccio  con- 
giuntivo anteriore  nei  primati). 

Pe.  Peduncolo  cerebrale. 


La  tinca  punteiir/iatti  nello  schema  dei  prinmli  indica  la  solcatura  esistente  tra  braccio  congiuntivo  anteriore,  eorpu 
genicolato  interno  e  cosi  ilcUa  rodici;  interna  dtWntliru  ^porzione  interna  del  corpo  genicolati!  esterno/  da  una  parte,  pul- 
vinar e  corpo  genicolato  esterno  {porzione  esterna^  dall'altra  parte.  La  linea  punteggiala  nello  schema  dei  maminiferi  in- 
feriori indica  il  luogo  corrispondente  alla  solcatura  dei  primati. 


(I)  Solcatura  che  nell'anatomia  macroscopica  iti  dice  delimitare  il   corpo  genicolato  esterno  dalla 
radice  interna  dell'otticu 


PEL    POTT.    FERRUCCIO    TARTUFERI  117 

Effetti  di  questa  rotazione  sarebbero  tutte  le  notate  differenze,  e  cioè  : 

La  posizione  che  rispetto  all'asse  mesencefalico  assumono  i  corpi  genicolati. 

La  solcatura  del  corpo  genicolato  esterno. 

La  profonda  solcatura  tra  pidvinar,  corpo  genicolato  interno  e  nates. 

È  cosi  ancora  che  facilmente  spieghiamo  come  solo  nelle  sezioni  oblique  in  basso, 
all'indieti-o  e  all'esterno  dei  primati  abbiamo  le  stesse  apparenze  che  nelle  trasverse 
dei  mammiferi  inferiori:  come  il  corpo  genicolato  esterno  appaia  approfondarsi  nel 
pulvinar.  A  quest'ultimo  riguardo  non  è  necessario  ammettere  un  ruotamento  nel  pul- 
vinar  indipendente  da  quello  del  corpo  genicolato  esterno,  ammettere  cioè  che  il  corpo 
genicolato  esterno  ruoti  colla  sua  metà  estema  attorno  ad  un  asse  verticale  verso  il 
di  dietro,  ed  il  pulvinar  ruoti  indipendentemente  e  successivamente  verso  il  di  dietro  ed 
il  basso,  poiché  l'approfondarsi  del  corpo  genicolato  esterno  in  quest'ultimo  non  è  che 
apparente  e  non  esiste  nelle  sezioni  fatte  nel  piano  corrispondente  al  trasverso  orizzon- 
tale dei  mammiferi  inferiori  (1). 

La  causa  ultima  di  questa  rotazione  potrebbe  forse  risiedere  nel  maggior  numero 
delle  fibre  del  sistema  di  proiezione  del  primo  ordine  del  Meynert. 

Il  differenziamento  massimo  dei  primati  viene  collegato  al  differenziamento  mi- 
nimo dei  ruminanti,  dei  solipedi  e  dei  pachidermi  per  differenziamenti  intermedi  che 
osserviamo  negli  altri  mammiferi. 

Nella  pecora  il  tratto  ottico  voluminoso  nastriforme  con  uno  spesso  strato  di  cor- 
teccia riveste  il  corpo  genicolato  posteriore  (2)  e  1"  eminenza  talamo-genicolata.  Il 
corpo  genicolato  posteriore  è  appena  appariscente,  esso  insieme  dÀVcmincma  talamo- 
genicolata  forma  una  superficie  pianeggiante  essendo  pochissimo  marcate  le  solcature  tra 
eminenza  talamo-genicolata  e  nates  ,  tra  E.  talamo-genicolata  e  corpo  genicolato 
posteriore.  Il  tratto  ottico  decorrerà  perciò  completamente  allo  scoperto.  I  due  corpi 
genicolati  trovansi  in  un  piano  leggennente  obliquo  (quasi  parallelo)  rispetto  all'asse 
mesencefalico. 

Nel  coniglio  il  tratto  ottico  riveste  ugualmente  V eminenza  talamo-genicolata.  11 
corpo  genicolato  posteriore  è  molto  sporgente,  il  suo  asse  maggiore  è  verticale.  Le  sol- 
cature tra  corpo  genicolato  posteriore  eA  eminenza  talamo-genicolata,  tra  eminenza 
talamo-geni  col  at<i  e  nates  sono  più  profonde  che  nella  pecora.  Il  tratto  però  decorre 
sempre  allo  scoperto.  I  due  corpi  genicolati  sono  in  un  piano  leggermente  obliquo  ri- 
spetto all'asse  mesencefalico. 


1,1)  Se  anche  nei  casi  più  esagerati  ,fig.  28)  facciamo  sezioni  secondo  il  piano  xy  ossia  corrispou 
dente  al  piano  trasverso  orizzontale  dei  mammiferi  inferiori ,  non  avranno  il  ricoprimento  del  corpo 
genicolato  esterno  per  parte  del  pulvinar,  ed  il  primo  anche  nei   primati    sarà  sempre  allo  scoperto. 

(2)  L'orlo  posteriore  del  tratto  ottico  della  pecora  è  un  poco  differente  da  quello  degli  altri  mam- 
miferi, non  per  formazioni  eccezionali,  ma  per  lo  sviluppo  maggiore  di  alcuni  fasci  di  fibre.  11  fascio 
ottico  peduncolare  del  tuber  si  vede  (all'ispezione)  sorgere  alla  superfìcie  del  tuber  con  un'espansione 
a  zampa  d'oca,  procedere  in  alto  costituendo  1'  orlo  posteriore  del  tratto.  Non  si  immette  come  nel 
coniglio  colla  sua  massima  parte  di  fibre  tra  i  fasci  peduncolari,  ma  appare  che  vi  si  immetta  solo  in. 
piccola  porzione,  la  maggior  parte  continua  a  procedere  in  alto  sul  fascio  superiore  del  peduncolo 
costituendo  sempre  l'orlo  posteriore  del  tratto  ottico.  Al  margine  superiore  peduncolare  le  sue  fibre 
si  voltano  in  alto  e  in  dietro,  e  si  espandono  a  zampa  d'oca  sul  corpo  genicolato  posteriore.  Alla  su- 
perficie di  questo  si  confondono  con  le  fibre  del  tratto  propriamente  detto.  Non  può  poi  escludersi  che 
a  questi  due  ordini  di  fibie  se  ne  aggiunga  un  terzo  proveniente  dal  brachium  coniunctivum  posterius. 


1  1 8  STUDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 

Nel  cane  (manifestissimamente  in  taluni  casi)  troviamo  il  tratto  diviso  da  una 
leggera  solcatura  che  comincia  in  corrispondenza  dei  peduncoli  cerebrali,  onde  esso  può 
considerarsi  come  apparentemente  diviso  in  due  fasci.  11  corpo  genirolnto  posteriore  è 
moltissimo  sporgente  :  il  suo  asse  maggiore  ò  obliquo  in  basso  e  all'esterno.  La  sommità 
àQWeminenzd  talamo -genicolata  sorpassa  di  molto  il  corpo  genicolato  posteriore  e  le 
nates.  Tra  corpo  genicolato  posteriore  ed  eminenza  talamo-genicolata  esiste  una  solca- 
tura abbastanza  profonda  che  si  prolunga  trasversalmente  indentro  immediatamente  al 
davanti  del  margine  anteriore  delle  nutrs.  La  porzione  terminale  del  tratto  decorre  perciò 
non  in  una  superficie  rivolta  in  alto  e  leggermente  all'  indietro  come  nella  pecora  e 
nel  coniglio,  ma  in  alto  e  fortemente  all' indietro.  I  corpi  genicolati  sono  in  un  piano 
molto  obliquo  rispetto  all'asse  mesencefalico  (vedi  fig.  9,  10.  11). 

Un  differenziamento  intermedio  importantissimo  l'osserviamo  nel  Delfino.  In  questo 
mammifero  i  corpi  genicolati  sono  disposti  come  nei  primati  in  un  piano  fondamen- 
talmente perpendicolare  all'asse  mesencefalico.  Nel  delfino  questo  piano  è  esattamente 
trasversale,  mentre  nei  primati  è  leggermente  diretto  verso  il  dietro  e  l'esterno.  La 
sommità  àeW eminenza  talamo-genicolata  sorpassa  di  molto,  come  nei  primati,  le 
nates  ;  e  tra  loro  esiste  un  ampio  angolo  nel  lato  anteriore  (superficie  posteriore  del 
pulvinar),  e  nel  fondo  dal  quale  decorrono  allo  scoperto  le  fibre  apparentemente  ter- 
minali del  tratto.  Nel  delfino  così  abbiamo  un  grado  di  ruotamento  dei  corpi  geni- 
colati uguale  a  quello  dei  primati;  il  pulvinar  avrebbe  ruotato  verso  l'indietro.  ma 
non  avrebbe  completato  il  ruotamento  verso  il  basso ,  invece  perciò  di  quella  profonda 
solcatura  che  nell'uomo  esiste  tra  nates,  brachium  coniunctivum  imsterius ,  corpo 
genicolato  interno  e  pulvinar,  qui  esiste  un  ampio  angolo.  Rassomiglianza  maggiore  e 
più  dimostrativa  non  potrebbe  desiderarsi. 

Altri  punti  di  ravvicinamento  potrà  probabilmente  trovare  chi  avrà  la  fortuna  di 
avere  cervelli  di  individui  appartenenti  agli  ultimi  sottordini  dei  quadrumani,  come  a 
quello  degli  arctopitheci,  e  dei  prosimi. 

Adunque  —  le  solcature  più  o  meno  profonde  tra  corpo  genicolato  interno  e 
eminenza  talamo-genicolata,   tra  eminenza   talamo-genicolata  e  nates; 

la  posizione  più  o  meno  obliqua  o  perpendicolare  rispetto  all'asse  mesencefalico 
del  piano  in  cui  trovansi  i  corpi  genicolati  ; 

il  sorpassamento  del  cor}to   genicolato   interno    e  delle  nates  per  parte  della 
eminenza   talamo-genicolata  ; 

la  solcatura  del  tratto  ottico  ; 

l'obliquità  dell'asse  maggiore  del   corpo  genicolato  interno; 
costituiscono  altrettanti  punti  ili  ravvicinamento  tra  il  completo  differenziamento  dei  pri- 
mati e  quello  rudimentale  di  alcuni  ruminanti  (pecora). 

Che  realmente  debbasi  dar  valore  ai  fatti  sui  quali  io  baso  questo  ravvicinamento 
e  conseguentemente  che  questo  non  sia  artificioso ,  potrei  dimostrarlo  con  vari  argo- 
menti; mi  limito  qui  a  notare  conio  un  maggiore  o  minor  grado  dei  differenziamento 
sopranotato  corris])onda  ad  una  morfologia  cerebrale  più  o  meno  complessa  e  ad  un 
minore  o  maggiore  sviluppo  dei  centri  sensitivi. 


PEL  DOTT.  FERRUCCIO  TARTUFERI 


119 


Di  fatti  se  confrontiamo  il  Tolume  delle  eminenze  bigemine  anteriori  (centri  sen- 
sitivi dell'apparato  della  visione)  con  quello  del  talamo  ottico,  troviamo  che  le  prime  sono- 
sviluppatissime  nella  pecora,  nel  porco,  nel  cavallo.  .  .  ; 
meno  sviluppate  nel  cane  e  nel  gatto  ; 
pochissimo  sviluppate  nel  delfino. 
Lo  sviluppo  perciò  dei  centri  sensitivi  dell'apparato  visivo  sta  in  ragione  inversa 
del  differenziamento  mentovato.  Sappiamo  d'altra  parte  che  il  grande  sviluppo  dei  centri 
sensitivi  in  genere  (l/ulhi  olfattori,  eminenze  bigemine.  .  .  )  caratterizzano  i  cervelli  degli 
ordini  inferiori,  ed  in  questi  cervelli  appunto  noi  trovammo  il  minimo  differenziamento. 

I  due  anelli  estremi  della  catena  oltreché  per  fatti  di  anatomia  comparativa  ven- 
gono collegati  tra  loro  anche  emhriologicamente. 

Nel  feto  umano  (G  mesi?)  i  corpi  genicolati  sono  allo  stesso  livello.  Siccome 
la  così  detta  radice  interna  dell'ottico  è  parte,  come  dissi,  del  corpo  genicolato  esterno, 
così  la  solcatura  tra  corpo  genicolato  laterale  e  pulvinar  non  sarà  orizzontale  come 
nell'adulto,  ma  obliqua  in  basso  e  allintemo,  meno  obliqua  però  che  nei  mammiferi 
inferiori,  e  perciò  le  sezioni  che  nel  feto  corrispondono  alle  trasverse  dei  mammiferi 
saranno  rispetto  all'orizzonte  meno  oblique  che  nell'adulto.  Restando  costante  l'angolo 
che  forma  il  piano  di  sezione  col  piano  passante  attraverso  la  detta  solcatura,  pos- 
siamo porre  i  seguenti  schemi  : 

Schema  «°. 


UOMO  ADULTO. 

Pu     Pulvinar  thalami. 
CGE  Corpo  genicolato  esterno. 
CGA  Corpo  genicolato  anteriore. 
CGI  Corpo  genicolato  interno. 
CGP  Corpo  genicolato  posteriore. 


FETO  UMANO. 


MAMMIFEHI  mFERIORI. 


TO  Tratto  ottico. 

Pe    Peduncolo  cerebrale; 

S      Solcatura  tra  corpo  genicolato  esterno 

u  anteriore,  e  pulvinar. 
P     Piano  (li  sezione. 


Mi  faccio  dovere  di  rendere  qui  pubblicamente  i  miei  più  vivi  ringraziamenti  al- 
l'illustrissimo Prof.  Golgi  e  all'illustrissimo  Prof.  Bizzozero  per  le  cortesie  usatemi  ;  e 
colgo  quest'occasione  per  rendere  a  quest'ultimo  speciali  grazie  per  la  somma  genti- 
lezza con  cui  mi  accolse  nel  suo  laboratorio. 


Torino,   M.    1880. 


120  STUDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 


SPIEGAZIONE  DELLE   FIGURE 


Tutte  le  presenti  figure  furono  da  me  con  scrupolosa  esattezza  disegnate,  su  prepa- 
rati che  conservo,  per  mezzo  del  prisma  o  della  camera  lucida  di  Oberhauser. 

Fig.      l .   Immagine   di    una  sezione    orizzontale    trasversa   di   un'  ewinema    talamo^ 
genicolata  di  porco  "/,  . 

»  2.  Immagine  di  una  sezione  orizzontale  trasversa  leggermente  obliqua  in  basso 
e  in  dietro  di  un  eminenza  talamo-genicolata  di  pecora  "/,  . 

>  3.  Immagine  di  una  sezione  orizzontale  trasversa  di  un'  eminenza  talamo- 
genicolata  di  coniglio  fatta  in  corrispondenza  della  parte  inferiore  del 
corpo  genicolato  intemo  '/,  . 

»  4.  Immagine  di  una  sezione  trasversa  orizzontale  di  un'  eminenza  talamo- 
genicolata  di  coniglio  fatta  più  in  alto  deUa  precedente  '/,  . 

»  5.  Immagine  di  una  sezione  orizzontale  trasversa  di  ìia' eminenza  talamo- 
genicolata  di  coniglio  fatta  più  in  alto  della  precedente  y, . 

»  6.  Immagine  di  una  sezione  di  xm'eminenza  talamo-genicolata  di  coniglio  fatta 
secondo  la*  direzione  delle  fibre  del  tratto  ottico  '/,  . 

>  7.  Immagine  di  una  sezione  di  un  eminenza  talamo-genicolata  di  coniglio  fatta 
in  un  piano  perpendicolare  all'asse  mesencefalico  "/,  . 

»  8.  Immagine  di  una  sezione  trasversa  orizzontale  del  tratto  ottico  di  un  cane 
in  vicinanza  del  corpo  genicolato  posteriore  2  '/'/^  circa. 

»  9,  10,  11,  12.  Immagini  di  sezioni  successive  trasverse  orizzontali  di  un'emi- 
nenza  talamo-genicolata  di  cane  2  '/i/l    circa. 

»  13.  Immagine  del  principio  à&\  corpo  genicolato  esterno  di  una  scimmia  (cer- 
copithecus  cynosurus). 

»  14.  Immagine  di  una  sezione  orizzontale  trasversa  del  corpo  genicolato  estemo 
di  una  scimmia  (cercopithecus  cynosurus)  fatta  in  corrispondenza  della 
metà.   Ingrandita  '/,  . 


PEL    DOTT.    FEKRUCCIO    TAKTUFERI  121 

Fig.    15.   Immagine  eli  una  sezione  trasversa  orizzontale  del  corpo  genicolato  estemo 
di  un  uomo  fatta  in  corrispondenza  della  metà  circa.   Ingi-andita. 

»  16,  17.  Immagine  di  sezioni  del  corpo  genicolato  esterno  di  un  nomo  fatte  se- 
condo la  direzione  delle  fibre  del  tratto  ottico.   Grandezza  naturale. 

»  18,  19,  20.  Immagini  di  sezioni  successive  dei  corpi  genicolati  di  un  uomo  fatte 
parallelamente  ad  un  piano  tangente  le  loro  estremità  superiori.  Gran- 
dezza naturale. 

»  21.  Immagine  della  superficie  di  sezione  di  un  taglio  verticale  trasverso  in  cor- 
rispondenza della  estremità  anteriore  delle  iintrs  in  una  scimmia  (cercopi- 
thecus  cìjnosurus) ,  grandezza  naturale. 

»  22.  Immagine  delle  superficie  di  due  sezioni  incontrantesi  ad  angolo  ottuso  in 
con-ispondenza  dei  corpi  genicolati  di  un  uomo,   gi-andezza  naturale. 

»  23,  24.  Immagini  di  sezioni  fatte  secondo  un  piano  passante  per  la  estremità 
superiore  esterna  del  corpo  genicolato  estemo  ed  inclinato  verso  l'interno 
senza  però  raggiungere  il  corpo  genicolato  in  temo.  Uomo,  grandezza  na- 
turale. Vedi  schema   1°,  linee  23-24. 

»  25.  Immagine  di  una  sezione  fatta  sul  puìvinàr  thalami  in  un  piano  obliquo 
in  basso  e  all'indentro  sopra  l'estremità  esterna  del  corpo  genicolato  esterno 
Uomo,  grandezza  naturale.   Vedi  schema   1°.  linea  25. 

»  26.  Immagine  di  una  sezione  fatta  sul  ptitcinar  thalami  un  poco  sopra  la  ri- 
levatezza  del  corpo  genicolato  esterno  in  un  piano  orizzontale  trasverso  un 
poco  obliquo  in  alto,  all'esterno  ed  in  avanti.  Uomo,  grandezza  naturale. 

»  27,  28,  29,  30.  Immagini  di  sezioni  trasverse  verticali  leggermente  oblique  in 
alto,  in  avanti  e  all'esterno  del  ptilvinur  e  dei  due  corpi  genicolati.  Uomo, 
grandezza  naturale.  Vedi  schema  \°,  linee  27.   28,   29,   30. 


TO    Tratto  ottico. 
CGA    Corpo  genicolato  anteriore  (Tartuferi)  corrispondente  all'esterno  dei  primati. 

CGP    Corpo  genicolato  posteriore,  corrispondente  all'interno  dei  primati. 

P    Pulvinar  thalami ,  o  tubercolo  posteriore  del  talamo  nei  mammiferi  inferiori. 

F  P  T    Fascio  peduncolare  trasverso  dell'Inzani  e  Lemoigne. 

S    Solcatura  esistente  nella  superficie  laterale   dell'  eminenza   talamo-genicolata 
del  porco. 

Serie  li.   Tom.  XXXIV.  Q 


122  STVDIO    COMPARATIVO    DEL    TRATTO    OTTICO    ECC. 

FPTO  Costituisce  la  sezione  trasversa  di  un  fascetto  di  fibre  del  tratto  che    appare 
macroscopicamente   nel   suo    decorso    distintissimo  dopo   l' enucleazione   del 

Ijulljo. 

RI  Indica  quanto  erroneamente  si  designa  nei  pruuati  come  radice  interna  del 
tratto  ottico  o  radice  al  corpo  genicolato  interno.  Essa ,  come  è  facile  il 
vedere,  non  è  che  parte  del  corpo  genicolato  estemo. 

Sb-cp    Strato  Inanco-cinereo  profondo  delle  ìuifrs  (fig.  4.  porzione  laterale  inferiore; 
fig.  5.  porzione  mediana). 

6C  Grigio  centrale  o  dell'acquedotto  di  Silvio. 

Ce  Cappa  cinerea  delle  ìHites. 

Sb-cs  Strato  liianco-cinereo  superficiale. 

Pe  Peduncolo  cerelìrale. 

T-  Tubercolo  medio  del  talamo  ottico.  In  tutti  i  mammiferi  il  talamo  può  dividersi 
per  le  apparenze  macroscopiche  in  tre  tubercoli:  uno  anteriore,  uno  medio, 
uno  posteriore  (}}>iìvlnnr).  Il  posteriore  diviene  evidentissimo  dopo  l'enuclea- 
zione del  bullio  oculare. 

ST  SMn   trriììiìì(iìi><   (Henle). 

A-M  Asse  mesencefalico. 

CGE  Corpo  genicolato  esterno  o  laterale  dei  primati. 

CGI  Corpo  genicolato  interno  o  mediale  dei  primati. 

BCA  Brachi um  roniimcthmm  anterius  (primati)  o  fibre  del  tratto  ottico  apparen- 
temente terminali.  Corrispondono  alle  fil)re  designate  con  T  nei  mammiferi 
inferiori  (vedi  schema  5°). 

AS  Acquedotto  di  Silvio. 

E  A  Eminenza  bigemina  anteriore  o  nates. 

IH.  Terzo  ventricolo. 

C  g  Commissura  grigia. 

SO  Solcatura,  che  nell'anatomia  macroscopica  si  dice  (erroneamente)  delimitare 
la  radice  interna  dell'ottico  (rad.  al  corpo  genicolato  intemo),  dalla  radice 
esterna  (rad.  al  corpo  genicolato  esterno).  Come  invece  dimostrano  le  fig.  14, 
!.'■>,  18,  22  questa  pretesa  radice  non  è  che  parte  del  corpo  genicolato 
laterale. 


PEL    I>OTT.    FERRUCCIO    TARTUFERI.  123 


MORFOLOGIA     CELLULARE. 

Fig.      1.   Cellula  nervosa  del  j9M'«'«Mrtr  thalami  àaW  uomo. 

»        2.  Id.  id.  id. 

»        3,   4.    Coniglio.  Cellula  nervosa  della  parte  AeW eminenza  talamo-genicolata  da 
me  dimostrata  corrispondente  2X  indrinar  Ag\\.'uoìiio. 

*        5.   Gatto.   Id.  id. 

>        6,    7,    8.   Cellule  gangliari  del  corpo  genicolato  esterno  deir«o>«o. 

»        9,    10,  11,12.  Cellule  gangliari  del  mio  corpo  genicolato  anteriore  del  coniglio. 
Nelle  fig.  10,  11  la  reazione  non  è  completa. 

»      13,    14,    15.   Cellule  gangliari  del  corpo  genicolato  posteriore   Gatto. 

In  tutte  queste  figure  Pcx  indica  il  prolungamento  cilinder-axis ;  nella 
figura  8  indica  un  precipitato  probabilmente  formatosi  nel  punto  di 
origine   del  prolungamento  nervoso. 

Le  fig.  1,  2,  3,  13,  14,  15  sono  state  disegnate  colla  camera  lucida  di 
Oberhauser  -  4  Hartnack  -  tubo  chiuso  -  sul  tavolo. 

Le  altre  colla  camera  lucida  di   Oberhauser  -  2  Verick  -  tubo  chiuso  - 

sul  tavolo. 


(ficcete. !>\  ^f  D cCfc  Se. D l%c^lv^  .  CU.^.^^  D-i.  S<y.  %^ . e  J^G^.  Sc^cx^   2^^  1?ov^^o    XXXIV 


Dottor  Ferruccio  Tarluferi  dis. 


Tonno. LiL  SalussoKa 


ì 


Tav.  U 


Dottor  Ferruccio  TartuÌ"erA   dia 


Torino, Lìt.  Salussolia 


125 

CONTRIBUTO  ALLO  STUDIO 


DELLA 


PELLE    DEGLI    URODELI 

(SaUroandrina,   Euproetus   e   Sperlepes) 


MEMORIA 


MARIO    LESSONA 


Letta  nell'adunanza  del  i"  Maggio  I88t 


Proponendomi  io  qui  di  esporre  il  risultamento  delle  mie  ricerche  istologiche  sulla 
pelle  di  alcuni  tritouidi  propri  esclusivamente  del  nostro  paese,  e  lasciando  in  disparte 
ogni  considerazione  di  sistematica,  brevissima  sarà  la  rassegna  di  quanto  venne  fatto  sino 
ad  ora  in  proposito  intorno  a  questi  animali,  e  limitata  a  poche  recenti  pubblicazioni. 

Il  primo  che  si  sia  fermato  sulla  confonnazione  della  pelle  della  Salamancbina  per- 
spicillata  è  R.  Wiedersheim  (1),  che  nella  monografia  intorno  a  questa  specie  vi  dedica 
un  cenno  in  cui  ricorda  lo  spessore  dell'epidermide  già  menzionato  dal  Eamorino  (2), 
nota  il  grande  numero  di  ghiandole  cutanee,  descrivendone  brevissimamente  e  figurandone 
l'apertura  estema  del  condotto  escretore,  segnala  la  mancanza  di  vere  parotidi,  come  pure 
la  presenza  dei  tubercoli  delle  estremità,  i  quali  attribuisce  esclusivamente  allo  ispessirsi 
dell'epidermide  in  questi  punti. 

Più  importanti  sono  le  ricerche  del  Leydig.  il  quale  già  nella  sua  monografia  sul  te- 
gumento degli  anfibi  (3)  notava  alcune  particolarità  intomo  alla  pelle  di  questo  urodelo, 
e  specialmente  sulla  natura  delle  papille  del  derma,  e  piii  tardi,  ritornando  sull'argomento, 
a  proposito  degli  organi  dei  sensi  degli  urodeli  (4),  in  una  breve  ma  esatta  descrizione 
mette  in  cliiaro  alcune  particolavità  non  menzionate  dal  Wiedersheim,  cioè  gli  ispessimenti 
della  cuticola,  e  le  papille  del  derma  entro  cui  sono  contenuti  certi  particolari  corpicciuoli. 


(1)  Salamandrina  perspicillata  und  Gtrolriion  fusctis.  Annali  del  Museo  civico  di  Genova,  1875. 

(2)  Appunti  sulla  storia  naturale  della  Salamandrina  perspicillata.  Genova,  1863. 

(3)  Ueber  din  alUjenioinen  Bi;dehungcn  der  Amphibien.  Archiv.  f.  miki'Osk.  .\nat.,  VoLXll,   1876. 

(4)  Die  Hautdecke  und  Hautsinnesorgane  der  Vrodelen.  Morphologisches  Jahrbuch,  Voi.  Il,  1876 


126  CONTRJBUTO  ALI-0  STUDIO  DELLA  PELLE  DEGLI  URODELI 

Dello  Euproctus  non  si  occupò  altri  che  il  Wiedersheini,  il  quale  in  una  monografia 
sullo  E.  rusconii  (1)  consacrò  alcune  pagine  alla  descrizione  della  pelle;  primo  egli  notò 
le  singolari  papille  epidermiclie  che  appaiono  esternamente  come  tanti  tubercoletti  vi- 
sibili ad  occhio  nudo;  inoltre  distinse  nell'epidermide  1',  cuticola  e  l'epidermide  propria- 
mente detta;  quanto  alle  ghiandole,  egli  ne  descrive  una  sola  forma,  notando  solo  diffe- 
renze di  dimensioni  ;  una  sezione  della  pelle  è  figurata  nella  tavola  che  accompagna  il  testo, 
ma  a  dir  vero  poco  se  ne  può  ricavare.  Sulla  pelle  dolio  Fiijtrocfux  scrisse  recentemente 
il  professore  (ìiglioli  (2),  ma  solo  dal  punto  di  vista  sistematico,  e.  dovendo  i-itornare  di 
nuovo  su  questo  argomento,  rimando  ad  altro  punto  Tesame  dei  l'isultamenti  ottenuti  da 
questo  naturalista. 

Intorno  allo  Speri  rpcs  non  trovo  nella  letteratura  batracologica  ni  una  indicazione, 
e  il  Wiedersheim  non  ne  tratta  nella  già  citata  monografia,  limitandosi  quivi  ad  illustrare 
la  ghiandola  sottomascellare,  su  cui  più  estesamente  si  diffonde  nel  suo  lavoro  posteriore 
intorno  alle  ghiandole  del  capo  degli  anfibi  (3). 

Epidermide.  Da  tempo  è  noto  come  lepidermide  degli  anfibi,  non  solo  allo  stato 
larvale  ma  anche  negli  adulti,  presenti  produzioni  cuticolari  che  si  presentano  in  vario 
modo  e  segnatamente  in  forma  di  lamine  ispessite  :  così  nella  Salamandrina  furono  già 
osservate  e  figurate  dal  Leydig ,  il  quale  riconobbe  anche  come  di  natura  cuticolare 
certi  corpicciuoli  rotondeggianti ,  emisferici ,  giallicci  e  splendenti ,  rivolti  in  basso  ; 
queste  formazioni  sono  diffuse  per  gran  parte  della  superficie  del  corpo,  e  corrispon- 
dono particolarmente  ai  rialzi  papillari  della  cute;  oltre  a  ciò,  io  osservai  nella  superficie 
palmare  delle  estremità,  così  della  mano  come  del  jìiede.  delle  formazioni  particolari, 
le  quali  producono  sullo  strato  più  esterno  delle  cellule  dello  strato  corneo  una  scoltura 
quale  è  rappresentata  nella  figura  1 ,  dove  in  a  si  vedono  degli  ispessimenti  roton- 
deggianti, i  quali  appaiono  fra  le  cellule  epidermiche,  e  che  sono  perfettamente  distinti 
dai  già  menzionati  corpi  emisferici  del  Leydig ,  che  si  trovano  sulle  papille  cutanee  , 
poiché,  a  differenza  di  questi,  non  sono  emisferici,  e  non  si  colorano  affatto  sotto  alla 
azione  delle  sostanze  coloranti,  che  agiscono  invece  intensamente  su  questi. 

Formazioni  cuticolari  quali  sono  descritte  dal  Leydig  per  la  Salamandrina  .si  osser- 
vano perfettamente  nell'epidermide  degli  Euproctus,  e  in  duo  maniere  diverse  nelle  due 
specie  del  genere:  nella  superficie  palmare  delle  estremità  dello  E.  ruscau/i  (pìatij- 
crphalati)  lo  strato  esterno  dello  strato  corneo  appare  come  formato  da  una  serie  di  cellule 
poligonali  o  grossolanamente  aiTotondate,  con  nucleo  granuloso  ben  distinto,  non  in  con- 
tatto l'una  coU'altra  ma  separate  da  un  intervallo  che  consta  di  sostanza  intercellulare, 
sopra  cui  si  sovrappone  come  un  reticolo  costituito  da  corpi  rotondeggianti,  posti  per  lo 
più  in  prossimità  dei  nuclei  delle  cellule  sottostanti  e  collegati  apparentemente  da  sottili 
filamenti:  questo  reticolo  trae  origine  appunto  dagli  isjìessimenti  laminiformi  (fig.  2,  a)  ed 
emisferici  (fig.  2,  h)  della  cuticola.  Al  di  fuori  della  superficie  palmare  delle  estremità 
all'opposto  non  ebbi  ad  osservare  formazioni  cuticolari  né  sui  grossi  tubercoli  nella  cui 
formazione  ha  parte  essenziale  lo  strato  inferiore  della  epidermide,  ne  sulle  papille  più 


(1)  Bemerhunr/en  sur  Anutomie  des  Euproctus  rusconii.  Annali  del  Mii.-ieo  civico  di  Genova.   Itì75. 

(2)  Nota  Sitile  specie  italtane  del  genere  Euproctus.  Annali  del  Museo  civico  di  Genova,  1878,  2. 
{^)  Die  Kopfdriisen  drr   geschraiìsten   Amphibien  und  die  Glnndida    ivlermaxillans   der  Amirtn. 

ZeiUchrifl  fur  Wiss.  Zool.  Voi.  XXVII,  lt<7t;. 


PI    BIAKIO    LESSONA  127 

superficiali,  di  cui  dirò  in  particolare  più  avanti.  Nello  E.  niontanus  invece  su  tutta  la 
superficie  del  dorso  l'epidermide,  la  quale  presenta  una  notevole  analogia  con  quella  della 
Salamandrina,  è  provveduta  degli  ispessimenti  emisferici  che  caratterizzano  quest'ultima. 
Nello  Spcrlepcs  finalmente  riconobbi  nella  superficie  palmare  delle  estremità  produzioui 
analoghe  a  quelle  teste  menzionate  dello  JEuprocttis. 

Esternamente  la  cute  appare  nella  Salamandrina  bitorzoluta  e  provveduta  di  nume- 
rosi minuti  tubercoletti  cupuliformi  (fig.  4)  i  quali  diiferiscono  essenzialmente  da  quelli 
degli  Euprociits  perchè  comspondono  ciascuno  ad  una  papilla  del  derma,  come  ci  di- 
mostra la  figura  7.  L'epidermide  (fig.  7,  a)  consta  di  parecchi  strati  di  cellule,  in 
numero  per  lo  più  di  cinque  a  sette  o  otto,  e  più  in  speciali  regioni  del  corpo:  queste  cel- 
lule sono  piuttosto  grosse,  con  nucleo  rotondeggiante,  granuloso,  provvedute  di  ciglia  ri- 
gide, resistenti.  Perfettamente  evidente  è  la  distinzione  di  esse  nei  due  strati  mucoso  e 
corneo  ;  quest'ultimo  è  costituito  di  scaglie  omogenee,  splendenti,  di  aspetto  corneo,  sal- 
date fra  loro  :  il  massimo  sviluppo  dello  strato  corneo  epidermico  si  presenta  nella  porzione 
mediana  della  superficie  inferiore  della  coda,  che  si  mostra  in  forma  di  una  carena  la 
quale  si  estende  dall'apice  della  coda  sin  presso  all'apertura  cloacale  (fig.  4.  a)  ;  questa 
carena  nella  sezione  trasversa  appare  in  forma  di  una  scaglia  semplice,  larga,  alta,  in  cui 
non  è  possibile  distinguere  traccia  della  fusione  degli  elementi  che  concorsero  a  formarla  ; 
qui  inoltre  manca  ogni  formazione  cuticolare.  Anche  nel  tubercolo  della  mano  (fig.  10)  e 
del  piede  (fig.  11)  l'epidermide  presenta  uno  spessore  alquanto  maggiore  che  non  sia 
quello  del  resto  del  corpo,  ma  tuttavia  non  è  esatta  1'  affermazione  del  '\\  iedersheim, 
il  quale  ad  essa  esclusivamente  attribuisce  queste  formazioni  :  certamente  qui  non  si 
ha  da  fare,  come  nota  lo  stesso  autore,  con  alcunché  di  corrispondente  alla  ghiandola  del 
pollice  degli  anuri  maschi,  ma  io  potei  accertarmi  mediante  numerosi  tagli  verticali  come 
oltre  allo  ispessimento  della  epidermide  partecipino  alla  produzione  di  questi  tubercoli  le 
ghiandole  che  vi  sono  più  grosse  e  talora  agglomerate  in  un  certo  numero,  come  pure  la 
musculatura  cutanea  qui  più  robusta. 

Ho  figurato  queste  formazioni  cutanee  sebbene  ciò  abbia  già  fatto  il  Wiedersheim 
nella  sua  citata  monografia,  perchè  la  figura  che  ne  da  (1)  è  inesatta  al  tutto. 

Nell'epidermide  si  trova  frequentemente  diffuso  in  maggiore  o  minor  quantità  del 
pigmento  il  quale  costantemente  è  bruno  o  nero,  e  si  trova  soltanto  in  quei  tratti  del 
corpo  che  appaiono  neri  ;  ma  là  dove  la  tinta  è  chiara  o  rossa  non  si  trova  mai  pigmento 
nell'epidermide. 

Particolarità  molto  più  notevoli  che  non  la  specie  precedente  ci  presenta  l'epider- 
mide degli  Eìiproctiis,  di  cui  la  pelle  esaminata  semplicemente  dall'esterno  e  ad  occhio 
nudo  attrae  l'attenzione  pel  suo  singolare  aspetto.  Nello  E.  ruscoiiii  la  regione  dorsale 
del  corpo  si  mostra  provveduta  di  numerose  papille  di  color  bianco ,  le  quali  spiccano 
particolarmente  negli  individui  colorati  in  bruno  carico  o  in  rosso  ruggine,  i  quali  a  dir 
vero  sono  molto  meno  numerosi  degli  altri  :  anche  in  questi  tuttavia  le  papille  spiccano 
perfettamente  sul  fondo  generale  del  corpo,  e  specialmente  sulle  macchie  di  tinta  più  ca- 
rica che  si  estendono  ai  due  lati  della  linea  mediana  dorsale,  che  si  estende  dal  capo  al- 
l'origine della  coda,  è  più  chiara  del  resto  del  dorso,  ed  è  costantemente  sprovveduta  di 


(1)  Salamandrina,  ecc.,  fig.  121. 


128  CONTKIBUTO    ALLO    STUDIO    DELLA    PELLE    DEGLI    l'RODELI 

cotali  papille;  queste  poi  sono  più  numerose  verso  i  fianclii,  e  mancano  totalmente  nella 
regione  ventrale,  come  pure  nella  superficie  intema  delle  estremità.  Nello  E:  montanus 
invece  la  pelle,  parimente  sul  dorso,  è  provveduta  di  minutissimi  tubercoletti  rotondi,  più 
fitti  che  non  nel  caso  precedente,  dello  stesso  colore  del  resto  del  corpo,  e  quindi  malage- 
volmente discenùbili  ad  occhio  nudo,  per  modo  che  la  pelle  appare  quasi  liscia,  o  almeno 
finamente  granulosa:  le  figure  5  e  G,  che  rappresentano  due  tratti  della  pelle  di  quelle  due 
specie  disegnati  colla  lente,  mostrano  a  colpo  d'occhio  la  differenza  che  passa  tra  loro. 
Questa  differenza  poi  appare  molto  più  spiccata  mercè  la  sezione  verticale  della  pelle  la 
quale  ci  mostra  la  costituzione  di  queste  singolari  formazioni. 

Nella  epidermide  dello  E.  rusconii  io  distinguo  tre  strati ,  che  sono  il  corneo  e 
il  mucoso  (fig.  8,  a  e  e)  cui  si  aggiunge  un  terzo  strato  interposto  fra  essi,  il  quale  io,  per 
analogia  con  quello  che  fu  riconosciuto  nell'uomo,  chiamerò  strato  lucido.  Queste  tre 
parti  dell'epidermide  presentano  tra  loro  notevoli  differenze  non  solo  per  la  posizione  ma 
anche  per  la  qualità  e  il  numero  degli  elementi  onde  risultano.  Lo  strato  corneo  è  costi- 
tuito di  cellule  irregolarmente  esagonali  (fig.  13,  a),  appiattite,  sottilissime,  larghe,  con 
nucleo  distinto,  aderenti  immediatamente  l'una  all'altra  ;  si  possono  riconoscere  qui  par- 
ticolari formazioni  papillari,  le  quali  comspondono  alle  papille  dello  strato  mucoso  epi- 
dermico; esternamente  alle  papille  lo  cellule  dolio  strato  corneo  si  presentano  nel  loro 
aspetto  normale;  verso  il  mezzo  e  nel  centro  emergono  in  una  eminenza  cufìuliforme  al- 
cune cellule  nucleate  come  le  esterne,  ma  più  spesse,  con  nucleo  meglio  distinto  e  granu- 
loso, e  che  si  colorano  molto  più  intensamente  sotto  all'azione  dei  reagenti.  Lo  strato 
corneo  è  costituito  da  pochissimi  strati  di  cellule  che  appaiono  nella  sezione  ti'asversa  sot- 
tilissimi, trasparenti,  fiuasi  splendenti,  e  pocliissimo  sensibili  all'azione  delle  sostanze 
coloranti,  e  sulle  papille  esso  appare  come  un  velo  diafano  sovrapposto  al  tubercolo 
sottostante.  Questo  aspetto  che  presenta  lo  strato  corneo  lo  fece  considerare  inesat- 
tamente dal  A\'iedersheim  (1)  siccome  una  produzione  cuticolare,  che  risulta,  cito  le 
parole  dell'autore,  «  aus  einem  einschiclitigen ,  grossen,  poligonalen  Plattenepithels 
mit  deutlich  gi-anulirten,  rundlichen  Kenien  !   ». 

Immediatamente  sotto  allo  strato  corneo  si  trova  lo  strato  lucido  (fig.  8,  li),  che 
per  parecchi  caratteri  differisce  dal  reticolo  malpigliiano  sottostante.  Esso  consta  di  un 
solo  strato  di  cellule  nucleate  quadrangolari,  a  sezione  in  forma  di  un  rettangolo  irregolare, 
rigonfio  verso  il  mezzo  in  corrispondenza  del  nucleo,  clie  aderisce  pei  suoi  lati  più  brevi  alle 
cellule  prossime;  questi  elementi  si  distinguono  oltreché  per  la  forma  anche  per  l'attitudine 
che  hanno  a  colorirsi  intensamente,  molto  più  delle  cellule  del  reticolo  malpighiano, 
anche  di  quelle  che  stanno  in  contatto  o  in  prossimità  del  derma  :  questo  strato  lucido  è 
distinto  su  tutta  l'epidermide,  ma  si  presenta  meglio  spiccato  e  apparente  nelle  papille. 
Lo  strato  mucoso  dell'epidermide  consta  di  pochi  strati  di  cellule  poligonali  o  rotondeg- 
gianti, le  più  basse,  provvedute  tutte  di  un  nucleo  granuloso,  e  sovrapposte  regolarmente 
per  modo  che  la  cute  appare  esternamente  liscia  nei  tratti  compresi  fra  le  papille  già  ri- 
petutamente menzionate.  Queste  constano  di  otto  o  dieci  strati  di  cellule  e  sulla  loro 
maggiore  larghezza  ne  comprendono  al  più  una  ventina,  per  modo  che  gli  strati  orizzon- 
tali decrescono  rapidamente  in  numero  dal  basso  verso  l'alto:   nei  pochi  strati  cellulari 


(1)  Euproclut,  pp.  55.",  55T^i/ 


DI    MARIO    LESSONA  129 

inferiori  che  formano  come  la  radice  della  papilla,  questa  non  presenta  differenze  di  sorta 
dal  resto  dell"  epidermide  ;  negli  strati  superiori  poi  le  cellule  sono  più  grosse  di  quelle 
del  reticolo  malpighiano  delle  altre  regioni  dell'epidermide,  mostrandosi  come  grossi  corpi 
poliedrici,  con  nucleo  granuloso,  conservando  questa  forma  poliedrica  sino  a  contatto  dello 
strato  lucido. 

Rispetto  alla  significazione  di  queste  formazioni  non  posso  che  accettare  pienamente 
l'aifermazione  del  Wiedersheim.  il  quale  ne  riconobbe  la  vera  natura  dichiarandole  pro- 
duzioni esclusivamente  epidermiche  e  senza  rapporto  alcuno  con  organi  di  senso  cutanei, 
come  si  sarebbe  indotti  a  credere  a  prima  vista  pensando  alla  vita  in  gran  parte  acqua- 
tica di  questo  urodelo.  Prima  di  lasciare  questo  argomento  debbo  aggiungere  come  nella 
divergenza  di  opinione  ft-a  il  Gene  e  il  Bonaparte  intorno  alla  ])resenza  o  meno  delle 
papille  epidenniche  nel  girino  (  1  )  abbia  ragione  il  secondo  di  (juesti  autori  in  quanto  che 
in  più  di  una  dozzina  di  girini  dello  E.  ruscon/i  in  diversissimo  stadio  di  sviluppo  io 
potei  riconoscere  come  carattere  assolutamente  costante  la  mancanza  di  tubercoli  sugli 
individui  ancora  provveduti  di  branchie  :  anzi,  sebbene  io  non  abbia  mai  trovato  un  adulto 
colla  pelle  liscia,  sono  tuttavia  indotto  a  credere  che  l'apparire  delle  papille  epidenniche 
segua  qualche  tempo  dopo  la  metamorfosi;  poiché  in  un  girino  colle  In-ancliie  (juasi  inte- 
ramente atrofizzate  non  ne  trovai  traccia.  Per  (juanto  ho  potuto  osservare  1  "epidermide 
non  è  sede  di  depositi  di  pigmento,  il  quale  nell'adulto  e  nel  girino  è  limitato  al  derma. 

Diversa  per  aspetto  e  per  conformazione  è  la  epidermide  dello  is.  wniitanus  da 
quella  della  specie  precedente,  per  la  sua  maggiore  senqdicità  contraddistinta  dalla  man- 
canza dello  strato  lucido  già  menzionato,  e  pel  diverso  rapporto  che  intercede  fra  i  due 
strati  onde  risulta.  Mentre  nello  E.  rusconi/  lo  strato  corneo  è  teuuissimo,  traspa- 
rente, costituito  da  cellule  larghe  e  sottili,  nel  nwntnnu.t  si  presenta  analogo  a  quello 
della  Salamandrina,  risultando  (fig.  9.  a)  di  gi-osse  scaglie  parimente  saldate  e  di  aspetto 
corneo,  che  col  loro  sovi-apporsi  danno  origine  ai  tubercoletti  onde  appare  rivestita  la 
pelle:  (lueste  papille  epidermiche  sono  pertanto  costituite  da  tre  o  (juattro  scaglie  larghe, 
spesse,  entro  a  cui,  ad  eccezione  della  più  esterna,  pei-siste  un  nucleo  che  si  fa  sempre 
più  visibile  a  mano  a  mano  che  si  procedo  verso  lo  strato  mucoso;  un'altra  analogia 
colla  Salamandrina  consiste  in  ciò  che  queste  papille  sono  fre(iuentemente  attraversate 
dal  condotto  escretore  di  una  ghiandola  che  va  ad  ajn-irsi  al  vertice  di  esse,  ciò  che 
non  ha  mai  luogo  pei  gi'ossi  tubercoli  dello  E.  riisconii.  Un  pigmento  bruno  si  trova 
abbondantemente  diffuso  nelle  scaglie  esteme  dell'epidermide  per  tutta  la  supei-ficie  dor- 
sale, colorita  in  grigio-ferro  carico  o  in  bruno-ruggine  più  o  meno  intonso.  Lo  strato 
mucoso  (fig.  9,  //)  comprende  pochi  strati  di  cellule  grosse,  rotondeggianti  od  ovoidi,  con 
nucleo  distintamente  granuloso,  le  quali  appaiono  similmente  conformate  per  tutto  lo  spes- 
sore dello  strato  stesso.  Queste  cellule  non  sono,  come  le  scaglie  dello  strato  corneo,  infil- 
trate di  pigmento,  ma  questo  vi  si  mostra  in  forma  di  cellule  distinte,  isolate  (fig.  9,  d). 
(juali  si  trovano  nel  derma,  ma  molto  meno  abbondanti. 

L'epidermide  nello  Sprrìejìrs  è  sottile,  delicata,  trasparente,  e  costituita  da  uno 
strato  corneo  che  appare  fornito  da  un  solo  strato  di  cellule  sottili,  larghe,  nucleate,  le 
(inali  aderiscono  strettamente  per  tutta  l'estensione  della  pelle  allo  sti-ato  sottostante,  per 


(1)  "Wiedersheim,  Euprocius.  p.  557. 
Seeie  li.  Tom.  XXXIV. 


130  CONTRIBUTO    ALLO    STIDIO    DELLA    PELLE    DEGLI    URODELI 

modo  che  appaiono  nella  sezione  trasvei-sale  come  una  lamella  di  aspetto  vitreo  sovrap- 
posta alle  cellule  dello  strato  mucoso.  Queste  sono  rotonde,  grosse,  trasparenti,  con  nucleo 
"ranuloso  {&".  14.  /')  e  si  succedono  in  numero  di  un  paio  di  strati  dalla  lamella  esterna 
sino  al  derma.  Lo  strato  corneo  non  è  mai  pigmentato.  mentre  il  reticolo  sottostante  è 
sede  di  un  abbondante  pigmento  (fig.  14,  rf) .  che  appare  in  forma  di  cellule  stellate 
isolate,  distanti  l'una  dall'altra,  oppure  ammassate  in  maggior  numero,  ma  però  general- 
mente distinguibili  Tana  dall'altra  :  ((uesta  pigmentazione  più  abbondante  si  osserva  sul 
dorso,  il  quale  è  colorato,  negli  individui  di  Sardegna  che  io  esaminai,  in  un  debole  bruno 
ruggine  :  nei  fianchi  è  ^liù  scarsa,  e  manca  affatto  sul  ventre. 

Dekiia.  Il  derma  presenta  nelle  quattro  specie  di  cui  ho  studiato  la  pelle  molto 
maggiore  uniformità  che  non  l'epidermide,  e  quindi,  non  avendovi  trovato  nulla  di  ri- 
marchevole, mi  limiterò  a  darne  un  cenno  complessivo.  Gli  strati  limitanti  superiore  e 
inferiore,  costituiti  regolannentc  di  connettivo  molle,  sono  relativamente  poco  sviluppati, 
e  in  uno  strato  relativamente  sottile,  che  scorre  orizzontalmente  oppure  sinuosamente 
(Sperìepcfi).  Rialzi  papillari  si  osservano  nel  derma  in  due  maniere  distinte  nella  Sala- 
mandrina.  cioè  in  forma  di  papille  contenenti  una  ghiandola,  e  di  papille  minori,  in  cui 
si  alloga  un  corincciolo  piriforme  chiaro  di  cui  la  base  sta  affondata  nel  pigmento,  e  l'apice 
emerge  verso  l'epidermide,  per  modo  che  tutta  (questa  fra  i  grossi  tubercoli  del  derma  si 
vede  agevolmente  una  punteggiatura  chiara:  il  Leydig  (1.  e),  che  primo  osservò  e  descrisse 
questi  corpi,  si  mostrò  dubbioso  intorno  alla  loro  natura  e  tende  a  considerarli  siccome 
terminazioni  nervee  :  intorno  a  ciò  non  posso  dare  un  parere  perchè  nelle  mie  osservazioni 
non  riuscii  che  a  constatare  quanto  fu  già  riconosciuto  dal  menzionato  autore.  Nello 
strato  limitante  superiore  si  espande  una  rete  di  capillari  sanguigni  estesissima,  che  cir- 
conda in  ogni  senso  le  ghiandole  ;  parimente  grossi  tronchi  nervei  scorrono  fra  le  ghian- 
dole ai  muscoli  della  parete  delle  quali  mandano  diramazioni. 

Il  pigmento  si  trova  nello  strato  limitante  superiore  e  corrisponde  a  (juei  punti 
della  pelle  che  macroscopicamente  appaiono  colorati  (figg.  7,  8,  9.  14,  il).  Delle  quattro 
specie  di  pigmento,  che  Leydig  distingue  nella  pelle  degli  anfibi  (1),  una  è  rappresentata 
in  tutte  le  specie  di  cui  parla,  e  due  nella  Salamandrina.  e  sono  il  pigmento  bruno  o 
nero  di  gran  lunga  il  più  diffuso  così  negli  urodeli  come  negli  anuiù,  e  il  giallo  o  ranciato. 
A  proposito  di  questo  il  Leydig  lo  accenna  dubitativamente  come  la  causa  del  color  rosso 
intonso  della  supei-ficie  inferiore  della  coda  e  delle  zampe  della  Salamandrina:  dall'esame 
di  individui  relativamente  freschi  e  di  altri  che  avevano  soggiornato  a  lungo  nell'alcool 
mi  convinsi  che  veramente  il  rosso  splendente  che  colora  questo  grazioso  animaletto  di- 
pende da  un  pigmento  di  natura  adiposa  e  che  scompare  sotto  all'azione  dell'alcool,  quale 
appunto  è  il  pigmento  della  seconda  specie  di  Leydig  ;  quanto  alla  tinta  e  all'intensità, 
(juali  non  si  trovano  in  nessun  altro  anfibio,  non  è  che  una  quistionc  di  grado,  e  nel  girino 
io  potei  osservare,  accanto  a  numerosissime  cellule  pigmentali  stellate  di  color  nero,  altre 
di  color  giallo  [ìaglierino.  le  quali,  più  semplici  nella  forma  delle  altre,  e  labili  sotto  al- 
l'azione dell'alcool,  rappresentano  evidentemente  nella  larva  le  sferule  rosse  dello  adulto. 

Il  ])igm(!nto  bruno  si  presenta  in  vario  modo  distribuito  a  seconda  delle  diverse 
parti  del  corpo:  manca  totalmente  solo  in  quei  punti  che  microscopicamente  appaiono 
bianclii  nella  Salamandrina  e  nelle  altre  forme  sulla  regione  ventrale  del  corpo. 

(1)  AUijemeinen  B^dichunijen  ,  p.  liO. 


TU    MAKIO    J.ESSONA  131 

In  ogni  caso  tuttavia  il  dorso  è  la  sede  della  più  abbondante  pigmentazione  del  derma, 
che  è  anche  accompagnata  da  quella  dell'epidermide  là  dove  il  corpo  appare  più  intensa^ 
mente  colorato:  in  nessun  caso  tuttavia,  contro  a  (juanto  afferma  il  ^\iedersheim  (1)  e 
ripete  da  lui  il  Leydig  (2)  nel  cenno  bibUogi-afico  che  da  intorno  al  lavoro  di  questo 
autore,  che  assegna  come  sede  del  pigmento  il  derma  pel  tronco  e  l'epidermide  pel  capo  e 
per  la  nuca,  io  non  ho  mai  osservato,  in  ninna  parte  del  corico,  una  pigmentazione  della 
epidermide  non  accompagnata  da  una  maggiore  o  minore  abbondanza  del  pigmento  nel 
derma;  anzi  l'intensità  del  colore  bruno  o  nero  della  epidermide  è  costantemente  in  ra- 
gione diretta  dello  sviluppo  dello  strato  pigmentale  che  le  sta  sotto,  per  modo  che  là  dove 
l'epidermide  appare  fortemente  colorata  in  bruno  o  in  nero,  anche  negli  strati  più  esterni, 
persino  nelle  scaglie  supei-ficiali.   il  pigmento  del  corio  si  ammassa  intorno  allo  strato 
molle  limitante  di  esso  in  modo  da  nasconderlo  affatto,  e  si  interpone  come  una  massa 
uniforme  nera  .  opaca  fra  l'epidermide  e  lo  strato  delle  fibre  orizzontali  più  profonde 
nel  derma.  Meno  abbondante  ma  tuttavia  in  generale  notevolmente  diffuso  e  il  pigmento 
dermico  nello  Euproctus  ruaconii,  in  cui  tuttavia  manca,    come  del  resto  anche  nel 
suo  congenere  e  nello  Spcrìrpr^.  sul  ventre  :  appare  quasi  come  un  reticolo  iier  lo  unirsi 
dei  prolungamenti  delle  cellule  che  sono  qui  abbondantemente  ramificate,  e  solo  nei  punti 
(li  tinta  più  carica  si  condensa  in  una  massa  opaca  :  cellule  isolate  sono  rare,  e  limitate 
ai  fianchi,  là  dove  il  colore  passa  dal  bruno  del  dorso  al  bianco  del  ventre  e  vanno  de- 
crescendo in  numero  e  in  dimensioni  fino  a  che  scompaiono.   Regioni  di  transizione  di 
((uesta  sorte  non  si  trovano  nella  Salamandrina.  in  cui,  come  accanto  ad  una  macchia 
nerissima  sta  uno  spazio  bianco,  cos'i,  nella  sezione,  a  lato  di  una  papilla  fortemente  colo- 
rata in  nero  sino  allo  strato  corneo,  ve  ne  ha  una  perfettamente  incolora.  Nello  E.  mon- 
tanus  il  pigmento  è  piuttosto  scai-so.  e  non  mai  cosi  agglomerato  come  nella  specie 
precedente  ;  solo  verso  il  mezzo  del  dorso  esso  appare  nella  sezione   raccolto  in    una 
striscia  continua  :   ai  due  lati  del  dorso  e  ai  fianchi  si  mostra  soltanto  in  cellule  isolate. 
Nello  Sperìrpcs  pai-imente  è  relativamente  abbondante  soltanto  sul  dorso.  Per  quanto 
riguarda  la  sua  distribuzione  nel  derma  nel  senso  dell'altezza,  noterò  soltanto  come  esso 
in  ogni  caso  non  si  trovi  che  nello  strato  limitante  superiore,  ne  scenda  mai  sino  a  rag- 
giungere lo  strato  limitante  inferiore,  il  quale  ne  è  costantemente  privo  :  nella  Salaman- 
(h-iua  tuttavia .  seguendo  l'arcatura  della  papilla  e  avvolgendo  la  giiiandola  nella  sua 
superficie  superiore,  scende  lungo  la  ghiandola,  sino  alle  fibre  orizzontali  :  nello  Euproctus 
rusconii  si  abbassa  talora  lungo  le  fibre  verticali  clic  collegano  i  due  strati  limitanti  in 
basso  e  in  alto,  ma  non  raggiunge  mai  lo  strato  delle  fibre  orizzontali  ;  negli  altri  casi 
finalmente  è  semi)re  sul  confine  fra  il  denna  e  l'epidermide,  che  talora  copre  nella  sua 
])orzione  più  profonda. 

La  pelle  aderisce  più  o  meno  allo  strato  più  superficiale  dei  muscoli,  e  nella  Sala- 
mandrina tale  adesione  giunge  a  tal  punto  che  riesce  malagevolissimo,  specialmente  sul 
dorso  e  alla  coda,  il  separamela;  sotto  al  derma  stanno  muscoli  striati  longitudinali 
(fig.  7,  (/),  e  in  certi  punti  si  vedono  far  capo  adesso  numerose  fibre  parimente  striate. 
Anche  negli  Euproctus,  e  segnatamente  nel  rusconii,  la  pelle  entra  in  stretto  rapporto 
col  primo  strato  muscolare,  da  cui  tuttavia  si  può  separare  non  malagevolmente. 


(1)  Salamandrina,  p.   IGl. 

fj)  Bauldiiche  der  VrudeUn  ,  p.  303. 


132  COKTKIBIIO    ALLO    6TIDI0    DELLA    PELLE    ULULI    IKOHELl 

Nel  derma  esistono  parecchie  forme  ghiandolari,  a  condotto  escretore,  che  nella 
varietà  in  cui  si  presentano  si  possono  ridurre  atre  principali,  distinte  siccome  niucipare, 
rolloidi  compo.itr  e  colloidi  srmjtlici  :  queste  ultime  sono  limitate  al  genere  Euproctus. 
mentre  le  altre  si  trovano  nelle  ipiattro  specie  che  io  esaminai.  Le  ghiandole  mucipare 
(tigg.  7,  8  e  9  ^,  e  fig.  3)  coastano  di  un  sacculo  limitato  da  coimettivo,  e  contenente 
due  sorta  di  cellule:  protoplasmatiche,  nelle  parti  più  alte  e  superficiali  (tìg.  Iti.  a)  e 
mucipure  (fig.  1(3,  //)  nelle  parti  più  profonde  e  interne:  il  sacculo  presenta  un  divei-so 
spessore,  ma  io  non  el)l)i  mai  ad  osservarvi  fibre  muscolari,  che  si  trovano  invece  costan- 
temente presenti  nelle  altre  due  forme  di  gliiandole.  Il  condotto  escretore  delle  gliiandole 
mucipai-e.  come  anche  (luello  delle  altre,  sbocca  alla  supei-ficie  dell'epidermide  attraver- 
sando quest'ultima  quasi  verticalmente.  Queste  gldandole  corrispondono  per  la  forma  a 
quelle  che  il  Leydig  alloga  nella  prima  categoria  delle  sue  f/hùnulolr  yramli  rotondf  (1); 
io  allogo  qui  anche  quelle  piccole  ghiaudolette  parimente  l'otonde  ed  egualmente  con- 
formate, ma  molto  \n\i  piccole  che  si  trovano  abbondanti  in  varie  regioni  del  corpo  e 
che  sono  rappresentate  in  d  nella  figui-a  18.  Per  quanto  è  della  loro  diffusione,  noterò 
soltanto  che  sono  molto  più  rare  delle  seguenti,  ma  tuttavia  dift'use  a  tutta  la  super- 
ficie del  corpo. 

Le  ghiandole  che  io  chiamo  colloidi  composte  (tìg.  7)  constano  di  una  membrana 
connettiva,  splendente  (tìg.  1."»,  e)  in  cui  si  osservano  nuclei  allungati,  i  quali  spettano  a 
cellule  muscolari  lisce,  che  si  dii)art(nio  raggiatamente  dallo  sbocco  ghiandolare,  come 
si  può  riconoscere  da  sezioni  orizzontali  della  cute  spennellate  o  meglio  fatte  dopo  esportata 
l'epidemiide.  Questi  muscoli  lisci  sono  carattere  costante  delle  gi'osse  ghiandole  colloidi 
di  tutti  i  batraci.  11  contenuto  consta  di  due  parti:  la  minore,  laterale  o  superiore,  cioè 
verso  lo  sbocco,  è  formata  di  cellule  ben  costituite  (fig.  1 5)  granulose,  talora  somiglianti 
ulh-  mucipare,  ed  è  limitata  verso  l'altra  da  una  linea  netta,  che  non  raramente  appare 
comò  una  lunga  cellula  nucleata  (fig.  15);  la  parte  maggiore  consta  di  cellule  a  nuclei 
più  grossi  delle  in-ecedenti .  costituite  da  una  massa  colloide  che  rappresenta  il  loro 
protoplasma  con  unito  il  secreto  della  cellula  stessa  ;  sono,  in  una  parola,  le  cos'i  dette 
celìuìc  yiydììti  del  Leydig  (2).  Spesso  parecchi  di  questi  corpi  composti  si  fondono  in 
gi'umi  iiTegohui.  lucenti,  in  cui  si  notano  talora  dei  vacuoli  (fig.  5,  /').  Si  possono  se- 
guire facilmente  i  passaggi  di  cellule  ben  conformate  a  cellule  giganti  per  tal  modo  che, 
specialmente  nella  Salamauchiua,  si  può  gi-adatamente  passare  da  una  di  queste  ghiandole 
composte  costituita  quasi  esclusivamente  di  cellule  ben  conformate  ad  una  che  appare 
siccome  quasi  piena  di  una  massa  unica  giallognola  o  verdiccia,  sparea  di  nuclei  verso  la 
periferia,  con  qualche  cellula  mucipariforme  spinta  contro  alla  parete. 

Verso  lo  sbocco  finalmente  si  osservano  cellule  allungate  (fig.  15,  h),  che  menano  nel 
condotto  escretore.  Queste  ghiandole  sono  molto  più  grosse  delle  precedenti,  e  stanno, 
nella  Salamandrina.  entro  ai  rialzi  papillari  della  cute,  al  vertice  di  cui  vanno  quasi 
sempre  a  sboccare  col  loro  condotto  escretore  diritto,  più  o  meno  allungato  a  seconda 
dello  spessore  della  epidermide:  in  alcuni  rari  casi  tuttavia  si  può  riconoscere  come  l'a- 
pertura del  tulio  ghiandolare  sia  jìosta  lateralmente  nella  pai)illa.  più  o  meno  distante 


;i)  AUgemeinen  Redechungen,  p.  81. 

(2)  Uber  die  Molcht  d,-r  luOrtlunnlj.  Fauna,  Ar.  f.  Saturg.,  1867,  p.  249. 


DI    MARIO    LESSONA  133 

dal  vertice  (1).  Nelle  altre  specie  queste  ghiandole,  che  negli  Euproctus  sono  in  gran 
parte  sostituite  dalle  colloidi  semplici,  posano  semplicemente  sullo  strato  orizzontale  del 
derma,  e  si  aprono  regolarmente  alla  superficie  della  pelle  che  nello  Spcrìrpcs  presenta 
generalmente  una  infossatura  in  corrispondenza  della  ghiandola. 

Finalmente  le  ghiandole  che  chiamo  colloidi  semplici  appartengono  alla  categoria 
delle  ghiandole  grandissime  di  Leydig.  e  differiscono  dalle  precedenti  per  ciò  che  il  loro 
contenuto  è  costituito  esclusivamente  dalle  cosi  dette  cellule  giganti,  senza  che  vi  si  trovi 
traccia  di  cellule  mucipariformi  :  al  di  fuori  di  ([uesta  proprietà  non  differiscono  dalle 
precedenti  nella  intima  tessitm-a,  ed  essendo  inoltre  notissime,  siccome  già  descritte  in 
molti  altri  anfibi  anuri  e  urodeli,  non  mi  ci  intrattengo  oltre,  solo  notando  come  esse  siano 
numerosissime  (fig.  8  e  9,  /')  nello  Euproctns,  dove  sono  sparse  per  tutta  la  superficie 
del  dorso  e  dei  fianchi,  ad  eccezione  della  linea  mediana  dorsale. 

Le  diverse  sorta  di  ghiandole  sopra  enumerate  variano  natui-almente  nel  loro  rap- 
porto a  seconda  delle  varie  regioni  del  corpo:  di  queste  è  particolarmente  importante 
quella  che  sta  dietro  all'angolo  delle  mascelle,  in  cui  la  pelle  è  provveduta  della  cosi  detta 
parotide,  che  appare  esternamente  come  un  rigonfiamento  o  tumescenza  dipendente  dalla 
presenza  di  un  ammasso  di  follicoli  ghiandolari.  Keceiiti  osservazioni  intonio  agli  Euproctus 
italiani  hanno  sollevato  una  questione  cui  merita  di  essere  consacrata  qualche  parola. 

Studiando  comparativamente  V Euproctus  di  Corsica  con  altri  di  Sardegna  il  Giglioli 
venne  alla  conclusione  che  si  tratti  di  due  specie  distinte,  che  chiamò  E.  niontanns 
Savi  (Corsica)  ed  E.  rusconri  Gene  (Sardegna)  :  la  ragione  di  questi  nomi  è  data  dal 
Giglioli  nel  lavoro  già  citato  e  ad  esso  rimando  il  lettore  desideroso  di  più  ampi  ragguagli. 
I  caratteri  distintivi  più  importanti  delle  due  specie  sono  la  presenza  di  una  parotide 
nel  montanus  e  la  mancanza  di  essa  nel  rusconil  e  cute  liscia  con  piccoli  tul)ercoli 
in  questo,  e  granulosa  in  quello  :  inoltre  differenze  nella  colorazione,  nelle  dimensioni  e 
nella  forma  del  tubercolo  fibolare  della  femmina.  Di  questi  caratteri  gli  ultimi  non 
hanno  grande  valore,  e  mercè  Tesame  di  un  certo  numero  d'individui  di  Sardegna  potei 
convincermi  come  la  stessa  specie  presenti  differenze  di  colore  e  di  dimensione  notevolissime. 
All'opposto  la  struttura  della  pelle  è  molto  diversa,  e  dopo  la  descrizione  minuta  che 
ne  ho  dato  non  ho  bisogno  di  insistere  su  ciò  ;  parimente  valevolissimo  e  il  carattere 
della  parotide.  Nella  tìg.  18  si  vede  il  capo  dello  E.  niontanns  e  il  carattere  distintivo 
principale  delle  due  specie  appare  per  tal  modo  evidente  che  rende  superflua  ogni  de- 
scrizione. Sezionata  verticalmente  (tìg.  1 9)  la  parotide  appare  costituita  da  due  o  tre 
strati  di  ghiandole  colloidi  semplici  ammassate  in  grande  quantità,  e  grosse  come  non  si 
osservano  in  ninna  altra  parte  del  corpo  :  non  mi  fermo  a  descriverla  perchè  non  potrei 
che  ripetere  quanto  si  può  leggere  in  ogni  manuale  di  erpetologia  sulla  parotide  della 
Salamandra,  del  rospo,  ecc.  Corrispondente  allo  aspetto  esterno  è  nello  E.  ntsconii  la 
struttura  della  pelle  alla  regione  parotidea,  cioè  eguale  a  quella  di  tutto  il  resto  del 
corpo,  tanto  che  non  sarebbe  possibile  riconoscerla  nella  sezione.  Il  Savi,  che  aveva  ri- 
conosciuto le  parotidi  nello  Euproctus  di  Corsica,  che  fu  da  lui  descritto  col  nome  di 
Mcgapterna  montana,  dice  che  sono  propoi'zionatamente  più  piccole  di  quelle  della  Sala- 
raandi'a   terrestre  ,    e  costituite  da  un    piccolo    numero  di  follicoli  ;   per    quanto  posso 


(1)  Talora  poi  iu  un  solo  rialzo  stanno  due  ghiandole,  por  lo  più  di  diversa  natura. 


134  CONTRIBl'TO    ALLO    STI'DIO    DELLA    PELLE    DEGLI    l  KODELI 

riconoscere  dall'esame  dei  tre  individui  che  ho  a  mia  disposizione  e  dei  quali  due  sottoposi 
all'esame  microscopico,  questa  afifermazione  del  Savi  è  errata,  e  VEuproctus  di  Cor- 
sica ha  una  parotide  tanto  sviluppata  almeno,  relativamente  alle  dimensioni  del  corpo, 
quanto  la  Salamandra  comune,  e  costituita  da  un  grande  numero  di  follicoli  ghiandolari 
potentemente  sviluppati  :  debbo  aggiungere  tuttavia  che  per  questo  riguardo  vi  debbono 
essere  notevoli  differenze  individuali,  perchè  in  uno  dei  due  individui  che  io  ho  esa- 
minato la  parotide  è  molto  più  grossa,  spessa  e  comprendente  un  maggior  numero  di 
strati  di  ghiandole  che  non  nell'altro.  Da  quanto  precede  emerge  come  realmente  le  specie 
italiane  di  Euprocius  siano  due,  una  di  Sardegna  e  una  di  Corsica,  e  non  abbia  ra- 
gione d'essere  il  dubbio  emesso  in  proposito  dal  De  Betta  (1).  il  quale  del  resto  non 
reca  in  sostegno  di  questa  sua  opinione  nessun  argomento  di  fatto  ne  osservazioni  proprie. 
Prima  di  terminare,  aggiungerò  una  parola  sulla  ghiandola  sotto  mascellare  dello 
Sperìrpes  (fig.  21).  Il  Wiederslieim  (2),  che  pel  primo  la  osservò,  la  considera  siccome 
indubbiamente  analoga  delle  jiarotidi  e  delle  ghiandole  laterali  della  Salamandra,  e  al- 
trove (3)  la  dichiara  una  ghiandola  mucipara  nel  pieno  senso  della  parola:  questa  se- 
conda affermazione  è  perfettamente  esatta,  e  distrugge  la  precedente,  in  quanto  che  ninno, 
credo,  considera  la  parotide  siccome  una  ghiandola  mucipara.  Del  resto  lo  stesso  "\Vie- 
dersheim  ne  riconobbe  la  struttura  e  la  rappresentò  in  una  specie  affine  nella  fig.  9 
(tav.  II)  del  suo  lavoro  sulle  ghiandole  cefaliclie,  ciò  che  ne  renderebbe  superflua  una 
nuova.  All'  opposto  ho  figurato  la  ghiandola  quale  appare  esaminata  collo  ingrandi- 
mento di  una  lente  ordinaria  perchè  la  figura  del  Wiederslieim  (Kopfdriisen,  tav.  I,  fig.  2) 
è  inesatta  al  tutto. 


1)  Nuota  serie  di  note  erpetologiche ,  ecc.  Atti  Ist.  Yen.,  ser,  V,  voi.  V,  1877. 

(2)  Salamandrina  perspicillata.  Opera  citata,  p.  179. 

(3)  Die  Kopfdriisen  der  Amphibien,  p.  42. 


DI    MARIO    LESSONA  135 


SPIEGAZIONE   DELLE    FIGURE 


Fig.     1.   Strato  corneo  deUepidermide  della  supei-ficie  palmare  della  uiauo  nella  Sala- 
mandrina  persp.  :  a  ,  produzioni  cuticolari. 

»  2.  Strato  corneo  dell'  epidermide  della  superficie  palmare  della  mano  nello 
Euproctus  rusconii:  «,  ispessimenti  laminiformi  cuticolari;  b,  ispessimenti 
cuticolari  rotondeggianti. 

»  3.  Strato  corneo  dell"  epidermide  dello  Euproctus  montanus  :  a ,  ispessimenti 
cuticolari. 

»       4.   Carena  caudale  della  Salam.  persp.,  in  n. 

y       5.   Superficie  della  pelle  nello  Eupr.  rase. 

»       6.  »  »  »  »       niont. 

»  7.  Sezione  vert.  della  pelle  nella  Salam.  prrsp.:  a,  scaglie  epidermiche  esterne; 
b,  strato  corneo;  e,  derma;  rf,  pigmento;  e,  ghiandola  mucipara;  /,  ghian- 
dola colloide;  g,  muscoli. 

»  8.  Sez.  vert.  della  pelle  nello  Eupr.  rusc.  :  a.  strato  corneo  dell'epidermide; 
b,  strato  lucido:  e.  reticolo  malpighiano;  d,  pigmento;  r,  ghiandola  muci- 
para:  /',  ghiandola  colloide  semplice;  g,  derma. 

»  9.  Sez.  vert.  della  pelle  dello  E.  montanus:  a,  scaglie  dello  strato  corneo  dell'e- 
pidermide; b,  reticolo  malpigliiano ;  d.  cellule  pigmentali;  e,  f,  g,  come 
nella  fig.  precedente. 

»     10.   Mano  di  Sai.  prrsp.  :  a,  tubercoli. 

»     11.   Piede     »  »  »  ». 

»     12.   Msmo  ài  Eupr.  rusconii':  a,  tubercolo. 

»  13.  Papilla  dello  strato  corneo  dell'epidermide  dello  Eupr.  rusc:  a,  cellule  dello 
strato  piano  ;  b.  cellule  del  vertice  della  papilla  :  e,  strato  amorfo  interposto. 

»  14.  Sez.  vert.  della  pelle  dello  Sjìrrìrprs  fuscus  :  a,  strato  corneo  dell'epidermide  ; 
b,  reticolo  malpigldano;   e,  derma;   (/,  cellule  pigmentali. 

»  15.  Ghiandola  colloide  composta  della  pelle  della  Sai.  persp.  :  a,  epidermide: 
b,  fibre  del  derma;  e.  invoglio  della  ghiandola;  d,  nuclei  delle  cellule  mu- 
scolari; e,  cellule  mucipariformi  ;  /",  cellule  giganti;  g,  condotto  escretore, 
h,  cellule  allungate  che  conducono  in  questo. 


K^tj  M.   LESSONA    -    CONTRIBUTO  ALLO    STUDIO  DELLA  PELLE  DEGLI   LKODELI. 

Fig.  16.   Ghiandola  mucipara  :   a.  cellule  protoplasmatiche  ;   h,  cellule  mucipare. 

»     17.   Sezione  orizzontale  di  una  gliiandola  colloide  composta. 

»     18.   Testa  di  Euproctus  :   1.  montanus,   2.  rusconii. 

»  19.  Sez.  della  parotide  dello  Eupr.  moni.:  a,  cellule  muscolari  della  parete  della 
ghiandola  che  convergono  raggiatamente  verso  il  condotto  escretore  :  h,  cel- 
lula gigante;  e,  nucleo  della  stessa:  d.  piccole  ghiandole  mucipare;   e,  timo. 

»     20.   Parotide  di  Eupr.:  a,  follicoli  ghiandolari;    h,  timo. 

»     21.   Ghiandola  sottomascellare  dello 'Sper/epe.9 /"«scw*. 


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137 


STUDI 


SULLA 


RIFLESSIONE    CRISTALLINA 


GIUSEPPE     BASSO 


Memoria  letta  ed  approvata  nell'adunanza  del  i.?  Novembre  iS8t 


PARAGRAFO    PRIMO 


PRELIIIIIL4RI. 

Le  modificazioni  di  varie  specie  che  subisce  un  elemento  d'onda  luminosa  nel 
passaggio  da  un  mezzo  trasparente  in  un  altro  si  possono  razionalmente  investigare 
applicando  i  principii  della  Meccanica  ai  postulati  che  costituiscono  il  sistema  delle 
ondulazioni.  Appartiene  a  questa  sorta  di  studi  la  ricerca  delle  leggi  secondo  cui  si 
opera  la  rifieshioue  del  moto  luminoso  alla  superficie  d'un  mezzo  qualunque  diafano, 
sia  esso  isotropo  o  sia  birifrangente.  Una  teoria  affatto  generale ,  fondata  su  basi 
inconcusse  e  confermata  sperimentalmente  nelle  sue  conseguenze,  non  venne  finora  su 
quest'argomento   compiuta. 

Io  mi  propongo  iu  questo  lavoro  di  trattare  il  problema  della  riflessione  ;illa  super- 
ficie dei  mezzi  birifrangenti ,  se  non  iu  tutta  la  sua  generalità ,  almeno  in  modo  da 
giungere  a  conclusioni  applicabili  ai  casi  particolari  più  importanti  e  meglio  atti  a 
subire  il  controllo  della  sperienza. 

Per  maggiore  chiarezza  credo  conveniente  premettere  un  rapido  cenno  sullo  stato 
attuale  della  questione  facendo  brevi  considerazioni  sui  principali  lavori  teorici  che  in 
questa  parte  già  possiede  l'Ottica  matematica. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  s 


138  STUDI    SnXA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

Lavori  di  A.  Fresnel  ('). 

Agostino  Fresnel  ammette  come  postulato  fondamentale ,  che  nei  diversi  mezzi 
isotropi  l'etere  abbia  la  stessa  elasticità,  ma  cambii  di  densità.  Ciò  gli  permette  di 
determinare  il  rapporto  che  passa  fra  le  masse  di  due  cilindri  eterei  i  quali  appartengono 
ciascuno  ad  uno  dei  due  mezzi  separati  dalla  superficie  riflettente,  insistono  su  d'uno 
stesso  elemento  di  questa  superfcie  ed  hanno  altezze  rispettivamente  eguali  alle  lun- 
ghezze d'onda  corrispondenti  ai  due  mezzi.  La  conoscenza  di  questo  rapporto  gli  serve  in 
seguito  per  stabilire  l'equazione  esprimente  il  principio  di  conservazione  delle  forze  vive. 

Un'altra  equazione  Fresnel  si  procura  applicando  il  principio,  che  egli  chiama  di 
continuità,  alle  componenti,  parallele  alla  superficie  riflettente,  delle  velocità  vibra- 
torie {*')  proprie  del  moto  incidente,  del  riflesso  e  del  rifratto. 

In  qualunque  piano  trovisi  "polarizzato  il  moto  incidente,  la  prima  delle  dette  equa- 
2doni  è  sempre  la  stessa  ;  la  seconda  invece  è  diversa ,  secondochè  il  moto  incidente  è 
polarizzato  parallelamente  ovvero  perpendicolarmente  al  piano  d'incidenza.  In  ogni  caso 
poi  dal  detto  sistema  di  equazioni  si  deduce  l'esjn-essione  della  intensità  della  luce  riflessa 
e  l'espressione  che  dà  l'azimut  del  suo  piano  di  polarizzazione,  essendo  noti  l'angolo 
d'incidenza,  l'angolo  di  rifrazione  comspondente  e  l'angolo  che  il  piano  di  polarizza- 
zione del  moto  incidente  fa  col  piano  d'incidenza. 

La  teoria  meccanica  della  riflessione  della  luce  si  può  adunque  ritenere  come  pie- 
namente costituita  da  Fresnel  per  ciò  che  riguarda  i  mezzi  isotropi.  Tale  teoria  subì 
in  modo  soddisfacente  la  prova  dell'esperienza  per  molti  e  svariati  casi  particolari.  Basti 
ricordare  i  lavori  sperimentali  di  Augusto  Seebeck  ("")  aventi  lo  scopo  di  verificare  la 
nota  legge  di  Brewster,  le  sperienze  dello  stesso  Fresnel  ("")  sulla  rotazione  impressa 
al  piano  di  polarizzazione  dalla   riflessione  e  dalla  rifrazione,  le  ricerche  fotometriche 

di  Arago  ( )  sull'intensità  della  luce  naturale  riflessa  e  le  più  precise  misure  calorime- 

triche  di  La  Provostaye  e  Desains  ( ). 

Ma  se  il  mezzo  riflettente  è  anisotropo  o  birifrangente,  i  principii  accolti  da  Fresnel 
non  valgono  più  da  soli  a  determinare  le  leggi  teoriche  della  liflessione.  Ciò  risulta 
immediatamente  dalle  seguenti  due  considerazioni  : 

l"  Ogni  onda  elementare  incidente  generando,  oltre  ad  un'onda  riflessa,  anche 
due  onde  rifratte  generalmente  distinte,  il  principio  della  consei-vazione  delle  forze  vive 
vuole  che  il  moto  (forza  viva)  del  raggio  incidente  si  ripartisca  fra  il  raggio  riflesso 
ed  i  due  raggi  rifratti  comspondenti  ;  ora  1'  equazione  che  traduce  questo  principio 
doviebbe  contenore  i  rapporti  di  certe  masse  eteree  che  i  semplici  postulati  di  Fresnel 
sono  impotenti  a  fornire  ; 


[*)  Annales  de  Chimie  et  de  Physique,  serie   2,   voi.  XVII   e  XLVI  ;  -  Oeuvres  complèles,  t.   1, 
pag.  640  e  767. 

'*•)  Chiamo  velocità  vibratoria  nel  moto  vibratorio  rettilineo  dell'etere  la  velocità  massima  della 
vìbrazioue,  cioè  quella  che  anima  la  particella  eterea  passando  per  la  sua  posizione  di  equilibrio. 
(•»•)  Annali  di  Puggendorf;  XX,  37. 
(*♦♦•)  Oeìivres  complèles;  1,  640. 

( )  Comptes  rendtis,  etc;  XXX,  pag.  365  e  42ri. 

(*"•••)  Annales  de  Chimie  et  de  Physique ;  serie  3,  XXX. 


PER    GIUSEPPE    BASSO  139 

2*  Ammettendo  pure  che  si  sappia  stabilire  l'equazione  delle  forze  vive  sorge 
un'altra  difficoltà.  Chiamiamo  1,  v,  u,  v,  i-ispettivamente  le  velocità  vibratorie  dell'onda 
incidente,  dell'onda  riflessa  e  delle  due  onde  rifratte.  Siano  inoltre  a,  a',  ci',  a,  gli 
angoli  che  queste  quattro  velocità  vibratorie  fanno  colla  traccia  del  piano  d'incidenza 
sulla  superficie  piana  riflettente,  e  ^,  /3',  [l>" .  |5,  gli  angoli  che  le  medesime  fanno  colla 
normale  al  piano  d"  incidenza.  Il  principio  di  continuità .  inteso  nel  senso  datogli  da 
Fresnel,  permette  di  scrivere  le  equazioni  : 

cos  a  -\-  r  cos  «'  =  u  cos  a    +  ?',  cos  a^ 
(«) 


cos  ^  +  V  cos  |3'  =  M  cos  j3''  +  U^  COS  |3,  . 

Inoltre,  essendo  i  l'angolo  d'incidenza,  5  e  (i  gli  angoli  che  col  piano  d'incidenza 
fanno  rispettivamente  il  piano  di  polarizzazione  della  luce  incidente  e  quello  della  luce 
riflessa,  è  facile  il  vedere  che  si  ha  : 

cos  a  =  cos  /  sen  S 


o 


3S  0 


COS  p  =  cos 

(6) { 

cos  a  :=  cos  I  sen  <li 

cos  j5'  =  cos  ó   . 

Ora,  quando  siano  noti  i  e  6  che  determinano  le  condizioni  della  luce  incidente, 
gli  angoli  «",  (3",  c^.^ ,  p,  si  potranno  in  ogni  caso  determinare  ricorrendo  alle  leggi 
conosciute  della  rifrazione  doppia.  Servendoci  delle  quattro  equazioni  (b)  possiamo  ancora 
scrivere  le  (n)  sotto  la  forma  seguente  : 

1   cos  /  (sen  6  +  v  sen  •-/<)  =  n  cos  «"  +  ?/,  cos  a, 

(   cos  S  +  r  cos  (|»  =  ««  cos  fi"  +  «,  cos  (3,  . 


(«). 


Nelle  due  equazioni  (<l)^  ed  in  quella  delle  forze  vive  entrano  lo  quantità  v,  u, 
ti    e  (f,  nella  cui  determinazione  sta  appunto  la  risoluzione  del  problema  proposto. 

Vedesi  cos'i  che,  per  rendere  il  problema  determinato,  si  esigerebbe  una  nuova 
equazione,  distinta  dalle  tre  ora  indicate.  Questa  quarta  equazione  si  potrebbe  ottenere 
subito  quando  il  principio  di  continuità  si  potesse  applicare  in  modo  completo,  cioè 
quando,  invece  di  restringerlo  alle  sole  componenti  delle  velocità  vibratorie  che  sono 
parallele  alla  superficie  riflettente  ,  lo  si  estendesse  anche  alle  componenti  normali 
a  questa  superficie.  In  tal  caso ,  chiamando  7  e  7,  gli  angoli  che  colla  normale 
alla  superficie  riflettente  fanno  lo  due  velocità  vibratorie  rifratte,  angoli  che  in  ogni 
questione  particolare  si  sanno  determinare,  si  avrebbe  la  nuova  equazione  : 

((■) sen  i  (sen  Q  +  v  sen  '^)  =  u  cos  7  +  ?',  cos  7,  . 

Ma  è  facile  il  vedere  che  la  introduzione  dell'equazione  (e)  non  h.  legittima  e. che 
anzi,  in  certi  casi  particolari,  conduce  a  risultati  assurdi.  Consideriamo,  p.  es.,  il  caso 
della  luce  incidente  polarizzata  perpendicolarmente  al  piano  d'incidenza,  appartenendo  la 
superficie  riflettente  ad  un  cristallo  uniasse,  il  cui  asse  ottico  sia  normale  alla  superficie 
stessa.   Per  ragione  di  simmetria  sarà  pure  perpendicolare  al  piano  d'incidenza  il  piano 


J40  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

di  polarizzazione  del  raggio  riflesso  ;  cioè,  essendo  ^  =  4  .  sarì^  V^^  ^  "  2  '  ^°°^*^®' 
per  le  note  leggi  della  rifrazione  doppia,  nel  caso  attuale  il  raggio  rifratto  ordinario 
trovasi  estinto,  cioè  si  ha  :  u  =  0  .   Ed  infine  si  sa  pure  che  le  linee  di  vibrazione  stra- 

ordinaria  giacciono  nella  sezione    principale,  per  cui  sarà    /3,=—   e    cos7,  =  sena,. 
Cosi  le  due  equazioni  {n)^  si  riducono  ora  alla  sola  seguente  : 

cos  /  (1  +  «)  =  «1  cos  a,  , 

e  la  (e)  diventa: 

sen  i  {ì  +  v)  =  M,  sen  a,  . 

Kisulta  manifesta  la  incompatibilità  di  queste  due  ultime  equazioni. 

Si  conclude  che  il  procedimento  puro  e  semplice  di  Fresnel,  in  qualunque  modo 
intendasi  esteso  il  principio  di  continuità,  non  serve  a  risolvere  il  problema  della  rifles- 
sione cristallina. 

Lavori  di  A.  Cauchy. 

Ne'  lavori  precedentemente  accennati  è  trattato  il  solo  caso  delle  vibrazioni  ret- 
tilinee e  trasversali  alla  linea  di  propagazione  del  moto  :  di  più  si  ammette  implici- 
tamente, senza  dimostrazione,  che  alla  superficie  di  separazione  di  due  mezzi  si  compia 
bruscamente  e  senza  transizione  il  mutamento  di  velocità  e  di  direzione  nei  moti  riflesso 
e  rifratti.  Ora  una  teoria  completa  della  riflessione  dovi'ebbe  essere  tale  che  tutte  le 
leggi  generali  della  propagazione  di  moti  eterei  qualunque  scaturissero  esclusivamente 
dai  postulati  fondamentali  clie  definiscono  la  costituzione  deirctere. 

Le  basi  di  una  teoria  siffatta  pose  appunto  Agostino  Cauchy  in  una  serie  di  studi 
analitici  (*)  fra  cui  è  pur  compreso  l'esame  della  riflessione  cristallina.  Di  tali  studi 
sarebbe  malagevole  fare  un  riassunto  succinto  e  chiaro  ;  pel  mio  scopo  basterà  che  ne 
accenni  brevissimamente  l'indole  ed  i  caratteri  principali. 

Si  consideri  un  sistema  di  punti  materiali  di  pochissimo  spostati  dalle  loro  posi- 
zioni di  equilibrio  stabile  e  sollecitati  da  forze  che  tendono  continuamente  a  ricondurveli. 
Kiferendo  tali  punti  a  tre  assi  ortogonali  e  per  uno  qualunque  di  essi  essendo  x,  y,  e 
le  coordinate  della  sua  posizione  d'equilibrio,  alla  fine  del  tempo  qualunque  t  gli  spo- 
stamenti a,  fi,  y  del  punto,  computati  parallelamente  agli  assi,  sono  le  parti  reali  di 
tre  variabili  immaginarie,  rispettivamente  eguali  ai  prodotti  di  tre  costanti  immaginarie 
per  una  stessa  esponenziale.  L'esponente  di  quest'ultima,  pure  immaginario,  è  una  fun- 
zione lineare  di  x,  y,  z,  t.  Perciò,  indicando  con  a ,  [i  ,  7  queste  tre  variabili  imma- 
ginarie, che  Cauchy  chiama  gli  spostamenti  simbolici,  corrispondenti  agli  spostamenti 
effettivi  a,  |3,  7,  si  ha  : 

oc  —  Ae 


ux+vy  +  toM—st 

7=  Ce" 


Hx  +  vy+  wz  — st 


(*)  Comples  rendits  eli:.,  18.18,  tom.  7,  pag.  983  e  seguenti,  fino  al  tomo  31  dal  1850. 
Mémoire.i  do  l'Acadénie  des  Sciences,  1800,  toni.  22. 


PEK    GIUSEPPE    BASSO  141 

dove  le  costanti  A,  B,  C,  «,  v,  w,  s  sono  in  generale  immaginarie.  L'esponenziale 
g"x+>y+w-^-st  gì  pu5  decomporre  in  un  binomio  della  forma: 

u'x  +  v'y  +  w'z—s't    ,        (a"r +  i'"!/  +  n>'';  — J("()i 

e  +e 

nel  quale  il  primo  termine  reale  è  il  modulo,  ed  il  secondo  termine  si  riduce  ad  una 

esponenziale  trigonometrica  di  cui  l'argomento  è  u"x  +  v"y  -\-  w  z  —  s't . 

In  questo  stesso  binomio  le  quantità  reali  u'.  v',  w',  s',  u" ,  v'\  iv'\  s"  soddisfanno 

alle  condizioni  : 

Il  =  u'  +  u   i 

V  =  V   +  v"  i 

w  r=w'  -\-tv'  I 

s  =  .?'  +  s"  i  . 

Secondo  l'usato,    i    è  una  delle  radici  quadrate  dell'unità  negativa. 

Ciò  posto,  si  può  facilmente  dimostrare  che  la  propagazione  del  moto  attraverso 
il  sistema  si  fa  per  onde  piane,  tutte  parallele  al  piano  invariabile  che,  all'origine  del 
tempo,  è  rappresentato  dall'equazione  : 

II"  X  4-  v"  y  +  V)  ,ì  ^  0  . 

Sono  pure  piane  e  giacenti  in  piani  paralleli  le  orbite  dei  singoli  punti  materiali,  ma 

questi  loro  piani  non  sono  necessariamente  paralleli  al  piano  invariabile  delle  onde. 

Affinchè  il  moto  eccitato  in  un  punto  del  sistema  sia  durevole  e  persistente,  è 

necessario  che  il  modulo,  a  cui  è  proporzionale  lo  spostamento  effettivo,  sia  indipendente 

dal  tempo  :  cioi'  si  deve  avere  : 

.s'  =  0  . 

Se  poi  si  considera  il  moto  in  quanto  si  propaga  da  punto  a  punto,  vedesi  jìui'e  che 
esso  va  procedendo  senza  affievolimento,  solo  quando  il  modulo  sia  indipendente  dalle 
coordinate  ;  il  che  esige  che  si  abbia  : 

«'  ^  0  ,      V  =z  0  ,      ((;'  =  0  . 

Quando  queste  tre  costanti,  od  alcuna  fra  esse,  non  siano  nulle,  rampifzz.i,  dfllo  spo- 
stamento, e  per  conseguenza  l'intensità  dell'onda  luminosa  ove  trattisi  di  moto  etereo, 
andrà  variando  insieme  alla  posizione  dell'onda.  Anzi,  se  all'origine  del  tempo  il  piano 
dell'onda  passa  per  l'origine  delle  coordinate,  da  tale  istante  in  poi  l'ampiezza  del  moto 
considerato  sull'onda  che  si  va  propagando,  decrescerà  in  progressione  geometrica,  mentre 
la  distanza  del  piano  d'  onda  dal  piano  primitivo  andi'à  crescendo  in  progressione 
aritmetica. 

Da  questi  ragionamenti  trasse  il  Cauchy  la  necessità  di  ammettere  la  possibile 
esistenza  di  due  sorta  di  raggi  luminosi,  cioè  dei  raggi  visibili,  costituiti  da  moti  eterei 
per  i  quali  il  modulo  anzidetto  è  costantemente  eguale  all'unità,  e  dei  raggi  evanescenti , 
cioè  che  si  spengono  rapidissimamente,  anche  a  distanze  piccolissime  od  insensibili  dalla 
origine  dello  scuotimento  ;  questi  secondi  risultano  da  moti  eterei  per  i  quali  l'ampiezza 
di  vibrazione  dipende  da  una  funzione  esponenziale  delle  coordinate.  La  convenienza  di 


142  STUDI    SULLA    EIFLESSIONE    CRISTALLINA 

introdurre  la  considerazione  di  tali  raggi  evanescenti  era  già  stata  segnalata  da  Giorgio 
Green  nel   1837. 

Passando  ora  allo  studio  della  riflessione  alla  supei-ficie  di  un  mezzo  trasparente 
di  costituzione  qualunque,  supponiamo  piana  la  superficie  riflettente  ;  prendiamola  come 
piano  delle  y  z  ,  e  facciamo  giungere  su  di  essa,  sotto  l'angolo  dincidenza  I,  un  raggio 
determinante  come  piano  dincidenza  il  piano  delle  x y  . 

Siano  ancora  a,  (3,  y  gli  spostamenti  effettivi,  computati  parallelamente  ai  tre  assi, 
di  una  particella  eterea  del  raggio  incidente  alla  fine  del  tempo  t ,  e  siano  a ,  ^ ,  y 
gli  spostamenti  simbolici  corrispondenti.  La  esponenziale  che  caratterizza  il  moto  inci- 
dente si  può  rappresentare  con  : 


2 ;r cos /  .                     2z  sen I  .  2n  . 

essendo  :  i(  =  — -, i   ■  v  = -, '   .  *'  =  -~  *   • 

T  esprime  la  durata  di  vibrazione  e  /  la  lunghezza  d'onda. 

Affine  di  avere  tante  equazioni,  quante  sono  necessarie  e  sutìicienti  per  rendere 
determinato  il  problema  della  riflessione,  è  necessario  ammettere  che  dal  raggio  inci- 
dente vengano  generati  due  raggi  riflessi,  di  cui  uno  visibile  e  l'altro  evanescente  e  tre 
raggi  rifratti,  dei  quali  due  siano  visibili  e  possano  talvolta  ridursi  ad  un  solo  ed  il 
terzo  sia  evanescente. 

Le  quantità  analoghe  alle  a.  [j,  y,  u  del  raggio  incidente  vengano  designate  con 

per  il  raggio  nflesso  visibile  : 
per  il  raggio  riflesso  evanescente  : 


«. 

0 

1^- 

y,   « 

a,. 

r^^ 

V.  «. 

f/ 

r^' 

v'  « 

a" 

f 

y"   u 

1 

(3/ 

'h   ". 

\ 


per  i  due  raggi  rifratti  visibili  : 

per  il  raggio  rifratto  evanescente. 

Ogni  spostamento  simbolico  sia  designato,  come  già  sì  è  fatto  dianzi,  colla  lettera  desi- 
gnante il  corrispondente  spostamento  effettivo,  alla  quale  si  sovrapponga  un  tratto 
orizzontale. 

Sei  equazioni  fondamentali  vengono  immediatamente  ottenute  da  Cauchy  appli- 
cando il  principio  di  continuità  agli  spostamenti  simbolici,  cioè  scrivendo  che:  la  somma 
drqìi  spostamenti  simbolici  di  ciascima  specie,  corrispondenti  ai  diversi  raggi  che 
si  propagano  in  ciascun  me:zso,  conserva  lo  stesso  valore  quando  si  jmssa  da  una 
pnrtr  nlì'dltrn   della  superficie  riflettente  per  un    tratto  di   lunghezza  infinitesima. 

Si  ha  cos'i: 

■z  +  a,  —  z'  —  a"=  a,  —  a, 

v  +  -/.-7'-y"=7'.-7. 

U  {'■/.  —  7.,)  —  t(  or'  —u'  C/."=uJ  tXg  —  UtUf 

«  ( 7  - 7. )  —  "' 7'  —  "'  7  "=  "/ 1'  —  "e  7'  • 


PER    GIUSEPPE    BASSO  143 

La  trasversalità  delle  vibrazioni  nel  raggio  incidente  e  nel  raggio  riflesso  conduce 
alle  due  equazioni  seguenti: 

il  X  -+-  r  [ì  =1  0   , 
Infine  per  il  raggio  riflesso  evanescente  si  ha  ancora: 

Combinando  convenientemente  le  equazioni  precedenti,  se  ne  ottengono  le  seguenti 
quattro  : 

V  +  'A- '/-'/'  =  ''  ' 

u{y  —  '/,)  —  "7  —  "  '/'  — yt'  («-H  a,  —  a—  a")   . 
nelle  quali  s'intende: 


Adunque  la  risoluzione  completa  delle  questioni  relative  alla  riflessione  della  luco 
in  generalo  è  subordinata  alla  conoscenza  di  tre  quantità,  X  (coefliciente  di  elitticità), 
ju,  V,  le  quali  derivano  dalla  considerazione  dei  raggi  evanescenti,  ma  che,  generalmente 
parlando,  non  si  sanno  valutare.  Questa  essenziale  difficoltà  è  superabile,  parzialmente 
od  in  tutto,  in  certi  casi  molto  particolari.  Così,  per  un  cristallo  uniasse,  non  dotato 
di  potere  rotatorio,  o  tagliato  perpendicolarmente  all'asse  ottico,  si  trova  facilmente: 

«■  =  0  .  ^'  =  0  ,  7  —  0  '  7^=^  ' 

e  per  conseguenza  y  =  0. 

Pei  mezzi  isotropi,   oltre  a  queste  ultime  condizioni,   si  ha  ancora: 

ed  applicando  la  teoria  ili  Cauchy  al  caso  di  un  raggio  polarizzato  parallelamente  o 
perpendicolarmente  al  piano  d'incidenza,  si  ricade  sulle  note  formolo  di  Fresnel. 

Vedesi  che  la  teoria  sulla  riflessione  di  Cauchy,  indipendentemente  dall'alto  pregio 
analitico  che  la  distingue,  non  è  d'indole  tale  da  piegarsi  alle  veiificazioni  sperimen- 
tali e  non  può.   per  conseguenza,  essere  guida  sicura  negli  studi  di  ottica  fisica. 


1  44  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

Lavori   di  F-E.  Neumann ,  di  J.  Mac-Cullagh 
e  di  A.   Cornu. 

Verso  la  fine  dell 'anuo  1835  F-E.  Neuiuann  presentò  all'Accademia  delle  Scienze 
di  Berlino  una  sua  Memoria,  che  venne  in  seguito  riprodotta  altrove  ('),  sulla  ricerca 
teorica  delle  leggi,  secondo  cui  la  luce  è  riflessa  e  rifratta  alla  superficie  separante 
due  mezzi  trasparenti.  Due  anni  dopo.  James  Mac-CuUagh  lesse  sullo  stesso  argo- 
mento (")  all'Accademia  delle  Scienze  di  Dublino  un  suo  lavoro,  il  quale,  quantunque 
concepito  indipendentemente  da  quello  di  Neumann.  e  perciò  condotto  con  procedimento 
di  forma  diversa,  parte  tuttavia  dagli  stessi  principii.  Questi  giova  qui  ricordare  som- 
mariamente. 

Il  principio  di  continuità  o,  come  lo  chiama  Mac-Cullagh,  àeìV equivalcma  delle 
vibrazioni  da  una  parte  e  dall'altra  della  superficie  riflettente  viene,  come  già  si  notò, 
ammesso  da  Fresnel  soltanto  per  le  velocità  vibratorie  che  si  computano  parallelamente 
a  questa  superficie  ;  esso  non  si  potrebbe  estendere  alle  componenti  normali  delle  ve- 
locità, senza  che  ciò  conduca  ad  equazioni  in  certi  casi  incompatibili. 

Questa  incompatibilità  sparisce  quando  si  ammette  che  in  ogni  raggio  luminoso 
le  vibrazioni  rettilinee  sono  parallele,  e  non  più  normali,  al  piano  di  polarizzazione. 
Perciò  uno  dei  principii  su  cui  fondasi  la  teoria  di  Neumann  e  di  Mac-Cullagh  è  ap- 
punto (questo,  che  :  il  piano  di  polarizzazione  per  un  raggio  polarizzato  rettilinea- 
mente passa  per  la  direzione  del  raggio  e  contiene  le  linee  di  vibrazione. 

Inoltre,  per  giungere  a  formole  generali  le  quali,  applicate  al  caso  di  mezzi  iso- 
tropi, coincidano  con  quelle  di  Fresnel  e  coi  risultati  sperimentali,  dovettero  Neumann 
e  Mac-Cullagh  fare  quest'altra  ipotesi,  che:  l'etere  sia  egualmente  denso  in  tutti  i 
mezzi  e  diversamente  elastico  secondo  la  varia  natura  di  questi. 

Si  applichi  il  principio  della  continuità  completa  alle  componenti  delle  velocità 
vibratorie  secondo  tre  assi,  i  quali  possono  essere  :  la  traccia  del  piano  d'incidenza 
sulla  faccia  riflettente,  la  normale  a  questa  faccia  e  la  normale  al  piano  d'incidenza. 
Esso  fornisce  immediatamente  tre  equazioni  nelle  quali  figurano,  oltre  le  velocità  vi- 
bratorie diretta,  riflessa  e  due  rifratte ,  anche  gli  angoli  che  determinano  le  direzioni 
delle  quattro  specie  di  vibrazione  e  l'angolo  d' incidenza.  Per  ciò  che  riguarda  gli 
angoli  che  cogli  assi  formano  le  direzioni  delle  due  vibrazioni  rifratte  .  si  possono 
agevolmente  dedurre  i  loro  valori  dalle  note  leggi  della  dojipia  rifrazione. 

L'na  quarta  equazione  si  ottiene  applicando  il  princijìlo  di  conservazione  delle 
forze  vive.  In  essa  entrano  le  espressioni  di  due  masse  eteree,  corrispondenti  ai  due 
raggi  rifratti .  lo  quali  ricevono  contemporaneamente  il  moto  vibratorio  inviato  dal- 
l'unità (li  ma'^sa  eterea  corrispondente  al  raggio  incidente.  L'ipotesi  dell'eguaglianza 
di  densità  nell'etere  di  ambi  i  mezzi  permette  di  sostituire  sempre  ai  rapporti  ili  tali 
masse  quelli  dei  relativi  volumi,  i  (juali  ultimi  si  possono  facilmente  calcolare. 


(•)  Journal  d-^  Mathématiqxies  pures  et  nppHquées,  di  J.   Liouville,  Tom.  VII;  Ottobre  1842. 
^••        Id.  li.         Tom.  VII,  Giugno  1842. 


PER   GIUSEPPE    BASSO  145 

Si  ha  cosi  in  definitiva  un  sistema  di  quattro  equazioni  che  ci  può  dare,  in 
yalore  ed  in  direzione,  la  velocità  vibratoria  del  moto  riflesso  oltre  ai  valori  delle  ve- 
locità vibratorie  rifratte.  Però  è  importante  avvertire  che  i  lavori  sperimentali  di  Fizeau, 
i  quali  pongono  fuori  dubbio  l'influenza  dello  stato  di  riposo  o  di  moto  dei  mezzi 
ponderali  sui  fenomeni  ottici  che  vi  si  producono,  ci  obbligano  a  ripudiare  assoluta- 
mente l'ipotesi  dell'eguaglianza  di  densità  dell'etere  nei  diversi  mezzi.  Invero  questa 
ipotesi  non  si  potrebbe  giustificare  se  non  supponendo  pure  che,  nel  muoversi  dei 
corpi,  l'etere  che  vi  è  contenuto  non  si  mova  con  essi  affatto,  oppiu'e  ne  sia  integral- 
mente trasportato.  Ora  le  esperienze  di  Fizeau  dimostrano  che  i  mezzi  ponderali  in 
moto  trascinano  seco  una  parte  del  loro  etere,  lasciando  immota  solo  quell'altra  parte 
clie  occuperebbe  un  egual  volume  di  spazio  vuoto. 

n  Prof.  A.  Cornu  trattò  pure  della  riflessione  cristallina  in  lavori  dei  quali  duolmi 
di  non  aver  potuto  prendere  cognizione,  se  non  per  i  riassunti  che  se  ne  pubblicarono 
nei  Resoconti  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Parigi.  Nel  primo  di  questi  (*)  l'A.  adotta 
completamente  le  idee  di  Mac-CuUagh  e  riesce  a  traiTe  dalle  espressioni  analitiche 
trovate  dal  Mac-Cullagh,  alcuni  eleganti  teoremi  che  si  possono  enunciare  sotto  forma 
puramente  geometrica  e  dei  quali  alcuni  si  possono  considerare  come  un'applicazione 
delle  ricerche  di  Chasles  sui  fasci  dei  piani  omogi-afici.  In  un  secondo  lavoro  (*")  il 
Prof.  Cornu  ritoma  ai  postulati  di  Fresnel,  ammettendo  con  questi  una  diversa  den- 
sità dell'etere  nei  differenti  mezzi  e  la  perpendicolarità  del  piano  di  polarizzazione  alle 
linee  di  vibrazione.  Ammette  pure  il  principio  di  continuità  per  le  componenti  delle 
velocità  vibratorie  parallele  alla  superficie  riflettente  ;  ma  alle  due  equazioni  che  questo 
principio  gli  fornisce,  ne  aggiunge  una  terza,  la  quale  dice  che  v'ha  equivalenza  fra 
le  quantità  di  moto  per  le  componenti  delle  velocità  vibratorie  che  sono  normali 
alla  superficie  riflettente. 

Bene  si  scorge,  e  lo  avverte  l'Autore  stesso,  quanto  siavi  di  arbitrario  e  di  in- 
giustificato nell'aggiunta  di  questa  quarta  equazione,  quantunque  essa  renda  il  pro- 
blema determinato  e  permetta  di  arrivare  a  risultati  che  coincidono  iim  quelli  di 
Fresnel  quando  si  discende  al  caso  dei  mezzi  isotropi. 

Terminando  questo  rapido  cenno  sui  principali  lavori  teorici  intorno  alla  rifles- 
sione cristallina,  credo  di  poter  conchiudere,  non  essere  sperabile  che  si  possa  costruire 
una  teoria  su  questa  parte  dell'Ottica  matematica,  se  i  principii  su  cui  essa  si  fonda 
sono  incompatibili  con  quelli  ammessi  da  Fresnel  pei  mezzi  isotropi.  Io  cercherò  nelle 
pagine  seguenti  di  dimostrare  che,  dando  ai  postulati  di  Fresnel  un  carattere  di  mag- 
gior generalità,  d'altronde  giustificato  dalle  nozioni  che  si  hanno  sulla  costituzione  dei 
corpi  cristallizzati,  si  può  giungere  a  determinare  completamente  le  condiv:ioui  d'in- 
tensità e  di  polarizzazione  per  la  luce  riflessa  alla   superficie  dei  mezzi  anisotropi. 


(•)  Comptes  rendus  etc.  Tom.  60,  1865. 
(*•)  Comptes  rendus  etc,  Tom.  63,  1866. 


Serie  II.   Tom.  XXXIV. 


14t)  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 


PARAGRAFO  SECONDO 


Conservazione  delle  forze  vive  eteree 
alla  superficie  che  separa  due  mezzi  trasparenti. 

Un  raggio  polarizzato  rettilineamente  è  costituito  dal  moto  yibratorio  rettilineo 
che  si  propaga  attraverso  l'etere  in  una  determinata  direzione,  per  modo  che  le  linee 
di  vibrazione,  trasversali  alla  linea  di  propagazione,  giacciano  tutte  in  uno  stesso  piano. 
Non  esiste  fenomeno  ottico,  dal  cui  esame  direttamente  si  possa  riconoscere  quale  po- 
sizione abbia,  per  un  raggio  polarizzato,  il  piano  che  contiene  tutte  le  linee  di  vibra- 
zione rispetto  a  quell'altro  piano  che  dalle  esperienze  è  indicato  come  piano  di  polarizza- 
zione. Però  l'interpretazione  di  molte  leggi,  specialmente  riguardanti  la  doppia  rifrazione, 
sarebbe  assai  difficile  se  non  si  ammettesse  che  questi  due  piani  sono  fra  loro  perpen- 
dicolari. Cosicché  si  })uò  ritenere  che  l'ortogonalità  del  piano  di  polarizzazione  rispetto 
a  quello  delle  vibrazioni  è  dimostrata,  quantunque  in  modo  indiretto,  da  fatti  impor- 
tanti, fra  i  quali  cito  solo  il  seguente.  L'esperienza  prova  che  il  raggio  ordinario  at^ 
traversante  un  cristallo  uniasse  è  polarizzato  nella  sezione  principale  di  questo.  Ora, 
la  velocità  di  propagazione  del  raggio  ordinario  essendo  la  stessa  in  ogni  direzione,  col 
cambiare  di  quest'ultima  le  hnee  di  vibrazione  dell'etere  debbono  formare  un  angolo 
costante  coU'asse  ottico  del  cristallo.  Ma  le  linee  di  vibrazione  sono  normali  al  raggio  ; 
perciò  non  potranno  mantenere  invariato  il  loro  angolo  coU'asse  mentre  la  direzione 
del  raggio  cambia ,  se  non  a  patto  che  esse  siano  normali  all'  asse  stesso.  Le  linee 
di  vibrazione  sono  adunque  normali  ad  un  tempo  al  raggio  ed  all'asse;  e,  questi  due 
giacendo  nella  sezione  principale  che  è  pure  piano  di  polarizzazione,  il  piano  che  le 
contiene  è  anche  normale  allo  stesso  piano  di  polarizzazione.  Questa  conclusione  si  può 
estendere  a  (jualunque  caso,  perchè  tutti  i  raggi  polarizzati,  qualunque  sia  la  causa 
della  loro  polarizzazione,  godono  delle  stesse  proprietà  e  sono  egualmente  costituiti. 

Ciò  premesso,  si  esamini  il  passaggio  del  moto  etereo  dal  vuoto  in  un  mezzo 
ponderale  che  può  essere  rappresentato  da  un  cristallo  birifrangente. 

Presa  sulla  superficie  del  cristallo  una  porzione  q  piccolissima  ed  arbitraria,  si 
consideri  tale  porzione  come  sezione  comune  di  quattro  fascetti  luminosi ,  diretti  se- 
condo i  raggi  incidente,  riflesso  e  i  due  rifratti.  Si  limitino  questi  fascetti  in  modo 
che.  per  ciascuno  di  essi,  la  lunghezza  sia  eguale  alla  lunghezza  d'onda  del  moto  cor- 
rispondente, e  si  considerino  le  quantità  di  etere  contenute  nei  quattro  prismetti  che 
così  ne  risulteranno.  Essendo  i  l'angolo  d'incidenza,  r  e  (S  gli  angoli  di  rifrazione  per 
i  due  raggi  birifratti,  /  la  lunghezza  d'onda  pel  moto  incidente,  /'.  ì'  le  lunghezze 
d'onda  pei  moti  rifratti,  i  volumi  dei  quattro  prismetti  sono  rispettivamente  : 

/  5  COSI   ,  {^cosi  ,  r^cosr  ,  l'gcosp  , 

poiché  le  loro  sezioni  rette  sono: 

q  co8  «  ,  q  008  i  ,  q  cos  r   ,  q  cos  f)  . 


PER    GIUSEPPE    BASSO  147 

In  ciascuno  dei  quattro  prismi  il  moto  vibratorio,  in  un  certo  istante,  varia  di 
fase  da  sezione  a  sezione  retta,  ed  in  maniera  che  in  tutto  il  prisma  siano  rappre- 
sentate contemporaneamente  tutte  le  fasi  possibili  di  vibrazione.  Inoltre  questi  prismi 
eterei  sono  tali  che  il  tempo  impiegato  dal  moto  luminoso  a  propagarsi  lungo  ciascuno 
di  essi  è  lo  stesso  per  tutti,  ed  è  uguale  alla  durata  di  vibrazione  che  si  indicherà  con  T. 
E  siccome  il  moto  riflesso  ed  i  due  moti  rifratti  altro  non  sono  che  il  risultato  della 
trasformazione  integrale  avvenuta  nel  moto  incidente,  il  principio  di  conservazione  delle 
forze  vive  esige  che  la  forza  viva,  la  quale  in  un  istante  qualunque  anima  la  massa 
eterea  del  prisma  corrispondente  al  moto  incidente  eguagli  la  somma  delle  forze  vive 
che,  nello  stesso  istante,  animano  le  masse  eteree  degli  altri  tre  prismi,  corrispondenti 
al  moto  riflesso  ed  a  due  moti  rifratti. 

Proponiamoci  di  calcolare  ciascuna  di  queste  quattro  forze  vive.  Prendasi  come 
unità  la  velocità  vibratoria  incidente  ;  e  si  intenda  sempre  per  veìocità  vibratoria 
nel  moto  vibratorio  rettilineo  dell'  etere  la  velocità  massima  della  vibrazione ,  cioè 
quella  che  anima  la  particella  vibrante  quando  passa  per  la  sua  posizione  d'equilibrio. 
Le  particelle  eteree,  che  sono  situate  sulla  base  del  prismetto  incidente  più  lontana 
dalla  supei'ficie  riflettente,  sono  animate,  alla  fine  del  tempo  t  qualunque,  da  una 
velocità  che  si  può  esprimere  con 

sen—  , 

Invece  le  particelle  che  occupano  una  sezione  retta  situata  alla  distanza  x  da  quella 
base  avranno  la  velocità  comune 

sen2nj---^    . 

Sia  5  la  densità  dell'etere  libero.  La  forza  viva  dello  straterello  di  grossezza  dx  adia- 
cente alla  sezione  considerata  è: 


'  t       x\ 
qècQsi-  dx  •  sen*  2 ;r  |  —  —  y  1 


e  la  forza  viva  di  tutto  il  prisma  si  otten-à  integrando  rispetto  a  a;  da  zero  fino  a  l  ; 
cosicché  essa  sarà  : 


^cosildx  sen*  2  tt  |  —  —  -  1   . 


qo 


Se  chiamasi   F  la  velocità  vibratoria  propria  del  moto  riflesso ,  sarà 

■2nt 


Fsen- 


la  velocità  che  alla  fine  del  tempo  t  anima  l'etere  che  si  trova  alla  base  del  prisma 
corrispondente  e  la  forza  viva  totale  di  questo  prisma  sarà  manifestamente: 


F'^^cosi  I  dx?,ea2n  i  ™  — r  ) 


148  STUDI    SULLA    KIFLESSIONE    CRISTALLINA 

La  ricerca  delle  forze  vive  che  si  riferiscono  ai  due  moti  rifratti  presenta  speciali 
difficoltà.  Invero ,  noi  non  possiamo  concepire  la  costituzione  dell'etere  in  un  mezzo 
birifrangentc  omogeneo  come  si  fa  per  quella  dell'etere  libero  o  dell'etere  contenuto 
in  un  mezzo  isotropo. 

L' omogeneità  di  un  sistema  di  punti  materiali  può  essere  di  due  specie.  H 
sistema  è  omogeneo  in  senso  assoluto  quando ,  condotta  attraverso  di  esso  una  retta 
in  qualunque  direzione ,  essa  incontra  sopra  una  lunghezza  arbitraria  a  un  numero  n 
di  punti  equidistanti,  il  qual  numero  non  cambia  col  cambiare  della  direzione  della 

retta  ;  in  tal  caso  il  rapporto  -    è  costante    per    tutte  le  rette    e  per    tutti   i   punti 

n 

d'una  retta  qualunque. 

Nell'etere  libero  o  appartenente  ad  un  mezzo  monorifrangente  omogeneo,  i  fe- 
nomeni luminosi  si  fanno  appunto  in  modo  da  obbligarci  ad  ammettere  in  esso  l'omo- 
geneità in  senso  assoluto.  La  velocità  di  propagazione  del  moto  etereo  è  allora  la  stessa 
per  tutte  le  direzioni;  la  densità  dell'etere  è  necessariamente  costante  e  per  conseguenza 
è  naturale  che  si  accolga  il  postulato  di  Fresnel,  secondo  cui  la  densità  dell'etere  può 
essere  rappresentata  dall'inverso  quadiato  della  velocità  di  propagazione  del  moto. 

Non  cos'i  avviene  per  le  masse  eteree  imprigionate  nei  mezzi  birifrangenti  e  nei 
cristalli  in  genere.  La  omogeneità  di  questi  corpi,  e  per  conseguenza  anche  l'omoge- 
neità dell'etere  inchiusovi,  va  intesa  in  senso  ristretto.  Devesi  cioè  immaginare  che  le 
particelle  eteree  incontrate  da  una  retta  condotta  in  qualunque  direzione  trovinsi  bensì 
a  distanze  successivamente  eguali  :  ma  che  la  distanza  fra  due  successive  particelle  cambii 
di  valore  col  variare  della  direzione  secondo  cui  la  retta  attraversa  il  cristallo.  Gli 
studi  di  Delafosse.  di  Bravais,  di  Beer.  ecc.  (')  intomo  alla  struttura  intema  dei  cri- 
stalli ci  permettono  di  farci  un  concetto  abbastanza  preciso  della  costituzione  che  si 
può  attribuire  all'etere  nei  mezzi  anisotropi  omogenei. 

Nell'interno  d'uno  di  questi  mezzi  prendasi  un  punto  0  qualunque  e  conducasi 
per  esso  una  retta  quahmciue.  Il  modo  di  distribuzione  dell'etere  lungo  questa  retta 
varia  colla  sua  direzione,  ed  esiste  nella  massa  un  numero  grandissimo  di  punti,  vici- 
nissimi fra  loro,  intomo  a  ciascuno  dei  quali  l'etere  è  disposto  allo  stesso  modo  che 
intorno  al  punto  O.  Chiamando,  come  altri  fanno,  pìinti  nnnìoghi  questi  pimti  che  hanno 
proprietà  identiche,  risulta  da  ciò  che  ora  si  è  detto  che,  se  per  due  punti  analoghi 
si  conducono  rette  parallele,  lungo  di  queste  la  materia  eterea  si  trova  distribuita  alla 
stessa  maniera. 

Si  considerino  ora  due  punti  analoghi  0  e  vi.  tali  che  non  si  trovi  altro  punto 
analogo  sulla  retta  che  li  congiunge.  Prolungando  (juesta  retta  in  ambi  i  sensi .  si 
troverà  su  di  essa  un  numero  grandissimo  di  punti,  tutti  analoglìi  e  tali  che  la  di- 
stanza fra  due  qualunque  successivi  è  sempre  eguale  &  OA. 

Fuori  della  retta  ora  considerata  prendasi  un  altro  punto  analogo  B  qualunque, 
ma  tale  che  fra  0  e  JB  e  sulla  loro  congiungente  non  si  trovi  altro  punto  analogo. 
Sulla  retta  indefinita  OB  ai  troveranno  pure  in  numero  grandissimo  punti  analoghi 
e  tali  che  la  distanza  di  due  successivi  qualunque  è  uguale  alla   O  U. 


(*)  Traile  de  Crislallographie  Géométriqut  et  Physique,  par  K.  Mallard,  Tomo  1' 


PER    GIUSEPPE    BASSO  149 

Se  per  i  singoli  punti  analoghi  distribuiti  lungo  la  retta  indefinita  OA  condu- 
ciamo le  parallele  ad  OjB  e  per  i  singoli  punti  analoghi  della  indefinita  OB  con- 
duciamo le  parallele  alla  OA,  abbiamo  nel  piano  OAB  Ma  reticolo,  le  cui  maglie 
sono  parallelogi-ammi  eguali  a  quello  che  ha  per  lati  contigui  OA,  OB.  I  vertici  di 
questi  parallelogrammi  rappresentano  tanti  punti  analoghi  e  nel  loro  piano  non  ne 
esistono  altri  fuori  di  essi. 

Immaginiamo  ancora  che  lo  stesso  piano  si  muova  parallelamente  a  se  stesso  fino 
ad  incontrare  un  altro  punto  analogo  C,  tale  che  fra  A  e  C,  sulla  loro  congiungente, 
non  ve  ne  siano  altri.  Sulla  retta  AC  indefinita  si  hanno  moltissimi  punti  analoghi 
equidistanti  e  la  distanza  fra  due  successivi  è  uguale  &  OC.  l  piani  paralleli  al  primi- 
tivo OAB.  condotti  per  i  singoli  punti  analoghi  della  OC  contengono  tutti  reticoli 
eguali,  i  cui  vertici  o  nodi  rappresentano  tutti  i  punti  analoghi  esistenti  nello  spazio. 

Il  sistema  si  può  dunque  considerare  come  un  reticolo  a  tre  dimensioni,  le  cui 
maglie  sono  parallelepipedi  similmente  orientati  e  tutti  eguali  a  quello  che  ha  per 
spigoli  contigui  OA,  OB,  OC.  I  vertici  di  tali  parallepipedi  o  nodi  del  reticolo 
tengono  il  posto  di  tutti  i  punti  analoghi  da  cui   il  sistema  è  costituito. 

Siffatta  formazione  di  un  sistema  omogeneo  di  particelle  o  punti  materiali  è 
adottata  generalmente  per  ispiegare  la  struttura  dei  corpi  cristallizzati  e  per  interpre- 
tarne le  leggi  geometriche.  Ora  è  ben  ragionevole  ammettere  che  la  massa  eterea,  con- 
tenuta in  ognuno  di  questi  corpi,  presenti  una  somigliante  disposizione  di  particelle, 
almeno  per  quella  sua  parte  che  è  solidale  al  corpo,  cioè  che  viene  da  questo  trascinato 
con  sé  in  caso  di  movimento,  siccome  risulta  dalle  ricerche  sperimentali  del  Fizeau.  Così 
s'intende  come  un  elemento  d'onda  attraversando  un  cristallo,  scuota  nel  suo  propa- 
garsi i  successivi  strati  di  un  fascetto  etereo,  la  cui  densità  può  essere  diversa  secondo 
la  sua  varia  direzione.  Non  v'ha  dunque  difficoltà,  perchè  si  estenda  anche  al  moto 
luminoso  nei  cristalli  il  principio  ammesso  da  Fresnel  pei  mezzi  isotroj)i,  cioè  che  si 
assuma  sempre  come  rappresentante  la  densità  dell'etere  lungo  una  data  linea  l'invei-so 
quadrato  della  velocità  di  propagazione  del  moto  lungo  la  linea  stessa. 

Dalle  note  leggi  della  rifrazione  doppia  si  può  sempre  avere  l'espressione  della 
velocità  di  trasmissione  del  moto  luminoso  in  un  mezzo  birifrangente,  qualunque  sia 
la  sua  direzione. 

Esamino  subito  il  caso  più  importante,  cioè  quello  dei  cristalli  uniassi.  Dei  due 
raggi  rifratti  che  nascono  da  im  raggio  incidente  qualunque,  l'ordinario  si  propaga 
con  velocità  costante  per  tutte  le  direzioni  ed  eguale  al  reciproco  dell'indice  di  rifra- 
zione ordinaria  ;  il  raggio  straordinario  si  propaga  con  velocità  variabile  colla  direzione 
di  propagazione.  Adunque  la  massa  totale  d'etere  contenuta  in  un  cristallo  uniasse  si 
compoi-ta,  in  quanto  alla  trasmissione  dei  due  moti  rifratti,  come  farebbero  due  masse 
compenetrantisi  ma  distinte  ;  una  di  queste ,  omogenea  in  senso  assoluto ,  sarebbe  il 
veicolo  del  moto  rifratto  ordinario;  l'altra,  omogenea  in  senso  ristretto,  cioè  assimilabile 
ad  un  reticolo  a  tre  dimensioni  a  maglie  eguali  parallelepipede,  trasmetterebbe  il  moto 
rifratto  straordinario. 

Sia  presa  come  unità  la  velocità  della  luce  aUo  esterno  del  cristallo,  cioè  la 
velocità  del  raggio  incidente.  —  Siano  a,  6  le  velocità  di  propagazione  rispettiva- 
mente nella  direzione  trasversale  e  nella  direzione  parallela  all'asse  ottico  del  cristallo. 


150  STUDI    SULLA    KIFLESSIONE    CRISTALLINA 

La  velocità  con  cui  si  trasporta  ogni  elemento  d'onda  ordinaria  sarà,  sempre  eguale  a  -. 

E  chiamando   IT  la  velocità  di  propagazione  di  un'  onda  straordinaria  elementare ,  si 
sa  che  essa  è  determinata  dalla  relazione  : 

U^=^  a —  (a —  ì/)  cos*  Q  , 

dove  Q.  è  l'angolo  che  fa  coU'asse  ottico  la  normale  all'elemento  d'onda  straordinaria. 
Chiamando  ò' ,  5"  le  deasità  diverse  che,  per  le' considerazioni  precedenti,  si  deb- 
bono attribuire  all'etere  del  cristallo,  secondo  che  esso  si  presta  alla  propagazione  del 
moto  ordinario,  ovvero  a  quella  dello  straordinario,  si  avrà,  in  vii'tù  del  principio  più 
sopra  ricordato  (')  : 

Ora  possiamo  esprimere,  anche  per  i  due  raggi  lif ratti,  la  forza  viva  conispon- 
dente  ai  due  prismi  eterei,  attraverso  i  quali  si  propagano  durante  il  tempo  T  della 
vibrazione  i  moti  ordinario  e  straordinario.   Per  il  moto  ordinario ,   devesi  considerare 

il  prisma  di  volume   l'q  cos  r  e  di  densità  — .   Un  suo  straterello,  parallelo  alle  basi, 

di  grossezza  dx  e  distante  della  quantità  x  dalla  base  più  vicina  alla  superficie  ri- 
frangente, è  costituito  da  particelle  eteree,  la  cui  velocità  alla  fine  del  tempo  t,  è 
rappresentata  da: 

«.sen2  7t  If  —  f 

essendo  ?i,  la  velocità  vibratoria  propria  del  moto  ordinario.  La  massa  dello  strate- 
rello essendo: 

èqcosr  , 

la  sua  forza  viva  sarà  data  da: 


Ìl^-..sen.2.(i-;) 


Per  avere  la  forza  viva  di  tutto  il  prisma  basta  integrare  rispetto  a  x  da  zero 
fino  a  /',  cosicché  la  sua  espressione  sarà: 

Sqì 


fM/cosrf  /  /       .r\ 

-^^^J./..sen'2.(^-p) 


Le  stesse  considerazioni  si  ripetono  per  il  prisma  etereo  di  volume  l  qcosp , 
attraverso  il  quale  si  propaga,  nel  tempo  T,  il  moto  rifratto  straordinario.  Si  troverà 
per  espressione  della  forza  viva  che  gli  corrisponde  :  ' 


(•)  Nei  lavori  intrapresi  da  Augusto  Seebeck  {Annali  di  Poggendorf,  tomo  XX)  in  continuazione 
delle  ricerche  di  Brewster  intorno  agli  angoli  di  polarizzazione  delle  sostanze  cristallizzate,  l'Autore 
deduce  pure  la  densità  dell'etere  dalla  velocità  di  propagazione;  ma  assume  per  ambi  i  raggi  rifratti 
la  stessa  densità  ;  il  che  non  è  ammessibile. 


PER    GIUSEPPE    BASSO  151 

l" 


essendo  u^  la  velocità  vibratoria  propria  del  moto  straordinario. 

Si  può  scrivere  ora  l'equazione  che  esprime  la  conservazione  delle  forze  vive, 
considerando  che  il  moto  incidente  si  trasforma  integralmente  nel  moto  riflesso  e  nei 
due  moti  rifratti.   Tale  equazione,  soppresso  in  tutti  i   termini  il  fattore  5q,  sarà: 

{  i 

cos i  iclx sen* 2  ni  Tf,  —  -,  I  =  F' cos  /  j  dx  sen' 2 t:  I  -^  —  -  1 

o  o 

;•  i" 

M'cosr/,         i^    I  i      x\      M.'cosp  r .         i«    /  ^       ^\ 
+  -^^^jdxsen2n[---.)  +  ^jdx^n2ni^--j.,y 

u  O 

L'equazione  si  semplifica  immediatamente  se  si  osserva  che  nell'integrale  del  primo 
membro,  che  è  identico  al  primo  integrale  scritto  nel  secondo  membro  si  può  porre: 

x  =  ly, 
e  si  ha  : 

I  f?:rsen*2  7r/ -  — -  \=^\  f^ysen*2  7i/ -  —y\- 

o  o 

E  ponendo  successivamente:  x:^  l'y  nel  secondo  integrale  che  entra  nel  secondo 
membro  e   x^  l"y   nel  terzo  integrale  del  secondo  membro ,  si  ottiene  : 

ìdxsen^2nl-—^,j  —  l'\  rfysen*  2;t  /  -  —  (/ 1   , 

ì  d X sen  2n  1-  —  ^\  =  l"  J  dysen^2nl-  —  yj  ■ 

Sostituendo  nell'equazione,  essa  si  riduce  subito  alla  forma  seguente: 

_       l'u*cosr      Z'm/coso 
o'  il 

od  ancora: 


cos^ 


n      ^,.      ^'ycosr       l'cosp 


Notisi  ora  che,  b  essendo  il  reciproco  dell'indice  di  rifrazione  ordinaria,  si  ha: 

sen  ri'                        .  lì 

b  = :  —  -  ,           epperciò  :  — ,  =  -    . 

sen  il  Ib        b 

l" 

Inoltre,  il  rapporto  —   è  uguale  al  rapporto  fra  le  velocità  di  propagazione  del 


152  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

raggio  straordinario  e  del  raggio  incidente.  Ma  il  modo  rifratto  straordinario  che,  iu 
un  certo  istante,  parte  dal  punto  d'incidenza,  si  trova  dopo  l'unità  di  tempo  distri- 
buito sulla  superficie  elissoidica  di  Huygheiis,  cosicché  il  cammino  percoi-so  nell'unità 
di  tempo  del  raggio  straordinario  è  uguale  alla  lunghezza  L  della  retta  che  unisce 
il  punto  d'incidenza  col  punto  in  cui  l'elissoide  di  Huyghens  tocca  il  piano  dell'onda 
elementare  straordinaria.   Si  avrà  dunque 

la  lunghezza  L  sapendosi  in  ogni  caso  calcolare  col  mezzo  della  costruzione  di  Huyghens. 
Perciò  l'equazione  delle  forze  vive  si  può  presentare  sotto  la  forma: 

^,  ,       cos  »•     ,     L  cos  p     ,  , , , 

cos/(i-r^)=-^»;+-jp^«;  (!)■ 


PARAGRAFO   TERZO 


Relazioni   generali   fra  le   velocità   vibratorie 
dei  moti  incidente,  riflesso  e  rifratti. 

Data  una  superficie  separante  l'etere  libero  da  un  mezzo  trasparente  qualunque 
isotropo  od  anisotropo,  la  si  consideri  nell'atto  in  cui  essa  riflette  e  rifrange  il  moto 
luminoso.  Le  particelle  eteree  che  le  sono  vicinissime  al  di  fuori  del  mezzo  vibrano 
in  virtù  del  moto  incidente  e  del  moto  riflesso  ;  le  particelle ,  pui'c  vicinissime  alla 
superficie,  ma  nell'interno  del  mezzo,  vibrano  iu  virtù  dei  due  moti  rifratti.  Ora  le 
velocità  vibratorie  delle  prime  e  le  velocità  vibratorie  delle  seconde  debbono  fra  loro 
differire  d'una  quantità  estremamente  piccola  rispetto  ai  loro  valori  assoluti.  Infatti, 
se  la  loro  differenza  fosse  dello  stesso  ordine  di  grandezza  che  compete  alle  velocità 
stesse,  le  forze  elastiche  che  si  svilupperebbero  nella  massa  eterea  diventerebbero  gi'au- 
dissime  rispetto  a  quelle  che  realmente  agiscono  ed  istantaneamente ,  cioè  in  un  tempo 
estremamente  breve,   ridui-rebbero  <iuelle  differenze  ad  essere  insensibili. 

Si  può  ((uindi,  por  ogni  fenomeno  di  riflessione  e  di  rifrazione,  accogliere  il  prin- 
cipio di  continuità  di  Fresnel  e  ritenere  che  le  velocità  vibratorie  incidente  e  liflessa 
da  una  parte  e  le  velocità  vibratorie  rifratte  dall'  altra .  quando  si  proiettino  lungo 
una  stessa  linea ,  sono  tali  che  la  somma  delle  due  primo  non  differisce  sensibilmente 
dalla  somma  delle  due  ultime. 

Devesi  però  avvertire,  come  fece  il  Fresnel  stesso,  che  tale  principio  è  vero,  in 
generale,  soltanto  per  le  componenti  delle  velocità  parallele  alla  superficie  riflettente. 
Ciò  dipendo  da  che  la  triisvei-salità  delle  vibrazioni  lispetto  alla  linea  di  jìropagazione 
trac  seco  per  conseguenza  che  la  trasmissione  delle  onde  luminose  attraverso  alla 
suporfici(>  potrebbesi  ancora  effettuare  ,  quand'  anche  si  producesse  una  discontinuità 
qualunque  nel    senso  longitudinale.     E  questo    il    caso    inverso  di   quello    presentatoci 


PER    GIUSEPPE    BASSO  153 

dalla  trasmissione  del  suono  dall'aria  nell'acqua.  In  quest'ultimo  il  moto  vibratorio 
è  longitudinale  rispetto  alla  linea  di  propagazione ,  ed  il  principio  di  continuità  non 
è  necessariamente  vero  se  non  per  le  componenti  delle  velocità  vibratorie  normali 
alla  superficie  dell'acqua.  Invero,  gli  è  appunto  e  soltanto  in  questa  direzione  normale 
che,  durante  la  propagazione  del  moto,  si  produce  sull'acqua  una  pressione  costante 
e  continua  e  per  nulla  influirebbero  su  tale  propagazione  i  movimenti .  in  virtù 
dei  quali  le  particelle  vibranti  dell'  aria  tendessero  a  scivolare  lungo  la  supei-ficie 
dell'acqua  stessa. 

Il  principio  di  continuità ,  nel  senso  da  noi  adottato ,  si  applica  al  caso  della 
riflessione  cristallina  dando  luogo  a  due  relazioni  distinte  fra  le  velocità  vibratorie, 
incidente,  riflessa  e  rifratte.  Infatti,  se  si  considerano  due  direzioni  ortogonali  qua- 
lunque, giacenti  sulla  superficie  del  cristallo,  ciascuna  delle  quattro  velocità  vibratorie 
si  proietta  sopra  ciascuna  delle  direzioni  così  scelte  e,  per  ciascuna  di  questa,  esiste 
l'eguaglianza  fra  la  somma  delle  proiezioni  delle  velocità  incidente  e  riflessa  e  la  somma 
delle  proiezioni  delle  due  velocità  riù'atte. 

Prendasi,  per  comodità,  una  delle  dette  due  direzioni  parallela  al  piano  d'inci- 
denza. Sia  d  l'angolo  che  il  piano  di  polarizzazione  della  luce  incidente  fa  col  piano 
d'incidenza.  Proiettando  la  velocità  vibratoria  incidente,  che  si  assunse  come  unità, 
lungo  la  traccia  del  piano  d'incidenza  sulla  faccia  riflettente  e  lungo  la  normale  allo 
stesso  piano  d'incidenza,  si  trova  facilmente  che  la  prima  proiezione  vale  cosisene 
e  la  seconda  cosO. 

Siano  ancora  v,  v  le  componenti  della  velocità  V  vibratoria  riflessa,  rispettiva- 
mente parallela  e  nonnaie  al  piano  d'incidenza:  saranno  vzq%ì  e  v'  i  valori  delle 
proiezioni  di  V  lungo  le  due  direzioni  scelte  precedentemente.  Infine  siano  a, .  ,3,  i 
coseni  degli  angoli  che  la  velocità  ?i,  ordinaria  rifratta  fa  colla  traccia  del  piano  di 
incidenza  sulla  faccia  riflettente  e  colla  normale  al  piano  d'incidenza  ;  saraimo  a,  u, , 
^,M,  le  componenti  della  «<,  che  dobbiamo  considerare.  Analogamente,  per  il  moto 
rifratto  straordinario,  avremo  le  componenti  a^w^,  ^^u^  della  velocità  vibratoria  u 
essendo  «^ ,  |3^  i  coseni  degli  angoli  che  la  u^  fa  colle  note  due  direzioni. 

Si  hanno  subito  le  due  equazioni: 

cos  i  (sen  ^  -\-v)  —  ii,a.^-^  u^ a.^   \ 

alle  quali  si  può  aggiungere  la  seguente: 

r'=ze;'+y''  (3). 

Gli  angoli ,  i  cui  coseni  sono  rappresentati  da  a,  ,  a,  ,  |3,  ,  /3^  si  possono  de- 
terminare ricorrendo  a  leggi  note  della  doppia  rifrazione.  Si  sa  infatti  che  il  raggio 
ordinario  è  sempre  polarizzato  nella  sezione  principale;  perciò  la  linea  di  vibrazione 
nel  moto  ordinario  è  normale  al  piano  che  contiene  il  raggio  ordinario  e  lasse  ottico. 
Per  il  raggio  straordinario  si  sa  pure  che  la  linea  di  vibrazione  è  parallela  alla  in- 
tersezione del  piano  dell'onda  elementare  straordinaria  col  piano  che  passa  per  il 
raggio  straordinario  e  l'asse  ottico.  È  dunque  possibile  determinare  in  ogni  caso  le 
Serie  II.  Tom.  XXXIV.  ^ 


154  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

direzioni  della  velocità  u,  ,  «,  vibratorie  rifratte  e  per  conseguenza  anche  le  quan- 
tità a,,  a,,  P,,  ^^  che  ne  dipendono. 

Le  due  equazioni  (2)  aggiunte  alla  (1)  delle  forze  vive  basterebbero  a  risolvere 
il  problema  della  riflessione  cristallina,  cioè  a  procurarci  i  valori  di  v,  v' ,  quando 
si  conoscefese  ancora  una  nuova  relazione  fra  le  velocità  vibratorie  rifratte.  Se  ciò  fosse, 
si  avrebbero  quattro  equazioni  fondamentali,  fra  cui  si  potrebbero  eliminare  le  incognite 
ausiliarie  u,  ,  m,  e  cosi  si  avrebbe  modo  di  esprimere  v ,  v'  per  mezzo  delle  sole 
quantità  che  sono  i  dati  del  problema,  cioè  di  /,  5  e  delle  costanti  che  dipendono 
dalla  specie  del  mezzo  cristallino  e  dalla  disposizione  della  sua  faccia  riflettente. 

Or  bene,  una  relazione  fra  n,  e  u^  ci  è  indicata  da  quelle  stesse  considerazioni 
razionali  che  conducono  alla  notissima  legge  di  Malus  intomo  alla  ripartizione  della 
quantità  di  luce  rifratta  fra  il  raggio  ordinario  e  lo  straordinario.  Cliiamiamo  (p  l'angolo 
che  il  piano  di  polarizzazione  del  moto  incidente  fa  colla  sezione  principale,  cioè  col 
piano  del  raggio  incidente  e  dell'asse  ottico.  La  velocità  vibratoria  incidente,  eguale 
all'unità,  si  può  concepii'e  sostituita  dalle  sue  due  componenti,  cos  ©  normale  e  sen  <p 
parallela  alla  sezione  principale.  Se  tutto  il  moto  incidente  penetrasse  nel  mezzo  biri- 
frangente,  se  cioè  non  ci  fosse  riflessione,  la  velocità  vibratoria  »,  ordinaria  sarebbe 
precisamente  eguale  a  cos  y  e  sarebbe  eguale  a  sen  y  la  velocità  ìt^  straordinaria. 
Dovendosi  tener  conto  dell'esistenza  del  moto  riflesso,  si  potrà  scrivere: 

«,  =  h  cos  f  ,  «1=  k  sen  ^   , 

essendo   h  ,   k  minori  dell'unità. 

Una  teoria  completa  sulla  propagazione  della  luce  dovrebbe  poter  fornire  le  espres- 
sioni di  h  e  di  k  per  mezzo  degli  elementi  caratteristici  del  mezzo  e  dell'angolo  di  inci- 
denza.  Le  ricerche  finora  eseguite  su  quest'argomento  non  bastano  a  ciò  fare;  però  non 

h 
è  difficile  indicare  un  valore  approssimato  del  rapporto  - .  Rigorosamente   parlando ,   i 

A 

due  termini  di  tale  rapporto  sono  diseguali,  poiché,  come  osserva  il  Fresnel  (*),  l'ela- 
sticità del  mezzo  birifrangente  non  essendo  la  stessa  nelle  due  direzioni  della  vibra- 
zione ordinaria  e  della  straordinaria,  le  componenti  sen  a  e  cos  o  della  velocità  vibratoria 
incidente  non  si  scindono  in  egual  misura  nella  luce  riflessa  e  nella  trasmessa.  Tuttavia 
è  anche  manifesto  che,  nei  cristalli  che  esistono  in  natura,  la  birefrangenza  essendo 
sempre  molto  debole,  il  rapporto  di  h  a  k  non  può  differire  notevolmente  dall'unità. 
A  ciò  si  aggiunga  che  la  legge  di  Malus  intomo  alle  intensità  relative  dei  raggi 
ordinario  e  straordinario  suppone  appunto  l'eguaglianza  di  /j  e  di  k.  Ora,  le  dehcate 
esperienze  di  Arago  verificano  in  modo  assai  soddisfacente  questa  legge  e  si  possono 
(juindi  ritenere  come  una  conferma  a  posteriori  dell'ipotesi  : 

h  =  k  . 

Noi  assumeremo  come  vera  quest'uguaglianza  ed  avremo  le  relazioni  : 

u,=^h  cos  f    I 


hsen  <p 


(4) 


(*)  Oe-uvres  complete!  d'Augustin  Fresnel  {  Tome  deuxième,  pag.  282. 


PEK    GIUSEPPE    BASSO  155 

L'angolo  «p  dipende  dalla  disposizione  della  faccia  riflettente  del  cristallo  e  si  può 
sempre  determinare  nel  modo  seguente: 

Sia  XOY  (fig.  V)  la  faccia  riflettente,  OZ  la  sua  normale  dentro  il  cri- 
stallo, 0  il  punto  d'incidenza,  0  S  il  raggio  incidente,  OAla,  direzione  dell'asse  ottico. 
Sia  OM  la,  proiezione  dell'asse  OA  sul  piano  XY.  Chiamisi  7  l'angolo  AOZ  del- 
l'asse ottico  colla  normale  alla  faccia  riflettente  e  w  l'angolo  MOX  che  la  proiezione 
dell'asse  ottico  sulla  faccia  riflettente  fa  colla  traccia  0  X  del  piano  d'incidenza  sulla 
stessa  faccia.  Considerando  la  superficie  sferica  di  raggio  tino  e  di  centro  in  0,  si  ha 
il  triangolo  sferico  3fAB  rettangolo  in  M  nel  ([uale  i  lati  A  31  e  31 B  hanno  rispet- 
tivamente per  ampiezze  - —  7  e  a.   Perciò  sarà  : 

cos  y  cos  7 

cos  .4  J5  =  cos  w  sen  7   ,  sen  3IBA  =        7^  =  ,  / ,  ^         »-    ■ 

'  seaAB       y  l—cos  0 sen  7 

Inoltre  nel  triangolo  sferico  SAB  l'angolo  SBA  ha  per  valore  -+3IBA  , 
il  lato  SB  vale  - +  «'  ed  il  lato  AB  è  determinato  dall'espressione  di   cos^Z?   ora 

dà 

trovata.   Si  può  dunque  calcolare  l'angolo  sferico  in  -S'  che   chiamerò  9',  e  si  avrà: 

cos  <a  cos  i  —  cot  7  sen  / 

cot  o  ^ • 

sena 

Finalmente  si  osservi  che  si  ha  : 

9  =  5  — 9'  ; 

essendo  sempre  5  l'angolo  compreso  fra  il  piano  di  polarizzazione  del  raggio  incidente, 
ed  il  piano  d'  incidenza.  In  ogni  caso  adunque  1'  angolo  9  si  può  considerare  come 
conosciuto. 

Le  equazioni  fondamentali  della  riflessione  cristallina  si  possono  ora  scrivere  di- 
rettamente.  Ponendo  per  semplicità: 

M^^.,  i^=^— ^  (5) 

b  cos  r  V     cos  % 

e  tenendo  conto  della  (3)  e  delle  due  (4),  l'equazione  (1)  che  esprime  la  conserva- 
zione delle  forze  vive  diventa: 

l_(t,'4.t,'')  =  /t'(i)fcos'9  +  iVsen*9)  (6). 

Le  due  equazioni  (2)  che  esprimono  il  piincipio  di  continuità  si  trasformano  nel 

modo  seguente: 

cos  i  (sen  5  +  f  )  =  /»  (a,  cos  9  +  a,  sen  9) 


(7) 

cos  5  +  w'=  A  (|3j  cos  9  +  |3j  sen  9) 

Le  condizioni    del    moto   riflesso    essendo   completamente   determinate   quando   si 
conoscono   i  valori  di    v    e  di   z;',  bisognerà  servirci   delle   tre  equazioni  (6)  ,    (7)   e 


(8) 


156  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

considerarri  h  come  incognita  ausiliaria.  Pongasi  per  brevità: 

5^= .  (a,  cosffi  +  a.sencs)   ( 

cos  (  '     * 

Kz=  |3,  cos  y  +  p»  sen  y  ] 

Si  ayranno  le  tre  equazioni  fondamentali: 

1  —  (w*+  v   )  =  /»'  (If  cos'  9  +  JVsen*  y) 

i&xi6+v=^hH  \  (9) 

Siccome  nella  prima  di  queste  tre  equazioni  le  v  e  v  appaiono  alla  seconda 
potenza,  si  potrebbe  temere  una  duplicità  di  soluzione,  la  quale  non  sarebbe  conforme 
alla  natura  dei  fenomeni.  È  facile  però  il  vedere  che  ciò  non  ha  luogo.  Infatti,  rica- 
viamo dalle  due  ultime  delle  (9)  le  espressioni  di  «  e  di  v' ,  quadriamole  e  som- 
miamole. Avremo: 

v^+ 1;'  *=  1+  ;»'  (fl'+  Z')  -  2  7i  (fl-sen  e  +  ^cos  (?  )  , 
ossia: 

1_ («,'+2;'*)  =  2h (Hsen Q  +  .^cos Ù) ~h^{H'+K")  . 

Sostituendo  nella  prima  delle  (9)  e  sopprimendo  il  fattore  h  comune  ai  due 
membri,  si  ha: 

h{Mcos"cp  +  Nsenf  +  H"+  K")  =  2  (If  sen  6  +  Kcos6)  . 
Si  ricavi  di  qui  h  e  si  sostituisca  in  ciascuna  delle  due  ultime  (9).   Si  avrà: 
t;  ( JJf  cos'y  +iVsen»a)+S''+Z')  =  sen  6  {n=-—K')+  2  ^Zcos  6—  senfi  (Mcos'f+Nsentp)  ; 
v'iMcos'f+Nseiì^cp+H^+K^)  —  cos  0  {K"—H^)+ 2HKsen  fi— cos  0  (3Icos^a+Nsen'  f) . 

Donde  : 

_  2HKcos6-senO{Mcos''<p  +Nsen(p—H'+K') 

,     2i/Zsen5-cos5(JHcos>+iV'sen*(p  +  ir— JS:') 

Jlf  cos'  rf  +  iysen'y  -^-W+K'  •■■  K      I- 

Le  espressioni  (10),  (11),  di  v  di  v'  risolvono  completamente  il  problema,  poiché 
l'intensità  J  della  luce  riflessa,  essendo  uno  l'intensità  della  luce  incidente,  è  data  da  : 

T       >  ■     ■' 

e  chiamando  ^  l'angolo  che  il  piano  di  polarizzazione  del  raggio  riflesso  fa  col  piano 
d'incidenza,  è  facile  vedere  che  si  ha: 

V 

tang  ò=  -,  . 


VER    r.IUSEPPE    BASSO  15  7 


PARAGRAFO    QUARTO 


Verificazioni. 

Una  teoria  sulla  luce  riflessa  dai  mezzi  birifrangenti  sarebbe  immediatamente  da 
rigettarsi  quando,  introdotte  nelle  formole  a  cui  essa  conduce  le  condizioni  che  ridu- 
cono il  mezzo  birifrangente  a  mezzo  isotropo,  si  ottenessero  risultati  discordi  da  quelli 
di  Fresnel,  i  quali  hanno  ricevuta  in  molte  guise  la  sanzione  sperimentale.  Perciò  gio- 
verà applicare,  a  modo  di  verificazione,  le  formole  dei  paragrafi  precedenti  ad  alcuni 
casi  particolari,  e  precisamente  a  quelli  che  si  possono  far  rientrare  nella  teoria  della 
riflessione  sui  mezzi  isotropi. 

Superficie  riflettente  parallela  all'asse  ottico  ; 
casi  di  rifrazione  uniradiale. 

Sia  SO  (fig.  2")  il  raggio  incidente  ed  0  il  punto  d'incidenza.  Sia  0  X  la 
traccia  del  piano  d' incidenza  sulla  faccia  riflettente  ed  OA  la.  direzione  dell'  asse 
ottico.  Questa  giace  nella  faccia  riflettente  e  fa  colla  0 X  un  angolo  AO Xz:^  a.  Siano 
infine   0  Z  normale  alla  faccia  ed   0  Y  perpendicolare  a  0  Z  ed  a  0  X. 

Prendasi  lungo   0  X,  a  partire  da  0,   OT  =  :    e,  considerata  l'elissoide  di 

sen  t 

Huyghens,  sia  M(x,  y,  z)  il  punto  in  cui  questa  è  tangente  al  piano  condotto  per  T 
parallelamente  a  OY.  La  direzione  del  raggio  straordinario  è ,  come  si  sa ,  rappre- 
sentata da  0  i)f  e  la  lunghezza  0  M  h  appunto  la  quantità  L  che  entra  nella  seconda 
delle  equazioni  (5)  e  che  devesi  innanzi  tutto  calcolare. 

Applicando  il  solito  procedimento  della  Geometria  analitica  ,  del  quale  sarebbe 
inutile  dar  qui  lo  sviluppo,  si  ottengono  le  coordinate  del  punto  M  espresse  nel  modo 
seguente  : 


a' 6' P' sen  e  «'è'Osen/  1 /,         n'b'F' 

y=Tr^ — 5rs-^  '  ^  =  «1/1  + 


Q'-FF-    '  '-Q'-FF-    '  *-"|/l-r^"_pp'   ' 

"  '  F  =  a^  cos'  a  +  ?/  sen^  a 

F'=z  a^  sen' co  +  //  cos'  a 

^=:(a^— ò')sena)C0S  M   . 
Da  ciò  si  ricava: 


essendo  : 

7?  =  6'(6'-a')cos'<i)  . 

Così  si  può  calcolare  immediatamente  l' angolo  M  0  Z,  cioè  1'  angolo  di  rifra- 
zione straordinaria  che  nella  seconda  delle  equazioni  (5)  è  indicato  con  p.  Si  ha: 

z        a  l/ 1  —  F'  sen'  / 

COS(S=—  — 


ya^+B 


sen  i 


158  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

Essendo  sempre   U  la  velocità  di  propagazione  dell'elemento  d'onda  straordinaria 
e  ricordando  che,  in  generale,  si  ha: 

Z7'=  n—  {a—  h*) cos' Q  , 

ci  resta  a  calcolare  l'angolo  0  che  la  normale  all'onda  straordinaria  in  M  fa  coll'asse 
ottico.  Perciò  si  osservi  che  questa  normale  giace  nel  piano  d' incidenza  X  Z  e  che 
si  confonde  colla  ON  perpendicolare  alla  T  T',  essendo  questa  TT'  la  traccia  sul 
piano  X  Z  del  piano  tangente  in  31  alla  elissoide  di  Huyghens.   Perciò  si  vede  che: 

0T'  = 


j/l— P'sen'?: 

e  che: 

a  sen  ?  a  sen  i 


COS  NO  X: 


Y  i  4-  (a»— P'  )  —  sen'  i       V'  1  -+-  («'—  i')  cos*  co  sen'  i 

Inoltre  risulta  dalla  iigura  che  l'angolo  tiiedro  in  0,  i  cui  angoli  piani  NOX 
e  AOX  comprendono  il  diedro  retto  di  spigolo  OX,  ha  il  terzo  angolo  piano  NO  A 
eguale  appunto  a  Ù ,   mentre  si  ha  AOX=:  w.  Perciò  sarà  : 

a  cos  w  sen  i 


cos 


Q.  =  cos  a  cos  NO  X  =  ■ 


y'  1  +  {«'—  fi')  cos'  (U  sen'  » 
Conseguentemente  : 

1         1       «'-ò'      , 

-— »  =  — j  -I cos  a  sen'  ^  . 

L        a  ct^ 

L'equazione  generale  (G)  è  ora  direttamente  applicabile  al  caso  nostro,  intendendo 
che  nell'espressione  (5)  di  N  si  pongano  per  Zcosp  e  per  —,  i  valori  trovati  ed  av- 
vertendo che,  essendo  sempre  : 

a;  =  ^  —  9'   , 

l'espressione  generale  che  trovammo  per  cot'^;'  (jui  si  riduce  a: 

cot  f  '  =  cot  a  cos  ì   . 

Venendo  poscia  alle  equazioni  (7) ,  è  necessario  trovare  pel  caso  nostro  le  espres- 
sioni di  «,  ,  (/^ ,  ("B^  ,  *,  ,  le  quali  dipendono  dalle  direzioni  delle  linee  di  vibra- 
zione nei  due  moti  rifratti.  Si  sa  che  la  linea  di  vibrazione  ordinaria  è  nonnaie  al 
piano  che  contiene  il  raggio  ordinario  e  l'asse  ottico.  L'  equazione  di  questo  piano  si 
può  trovare  facilmente  ed  è: 

X  cot  )•  tang  &)  +  j/  cot  r  +  z  tang  w  =:  0   , 

essendo  sempre  r  l'angolo  di  rifrazione  ordinaria. 

E  siccome  l'equazione  del  piano  si  può  pur  mettere  sotto  la  forma: 

a:  cos  a  -H  2/  cos  |3  4-  .2  cos  7  =  0 

in  cui  a ,  1^ ,  7  sono  gli  angoli  che  la  sua  normale  fa  cogli  assi  coordinati,  sarà  nel 

caso  nostro: 

cos  a  =  a,   ,  cos  ^  ==  p,   . 


PER    GIUSEPPE    BASSO  159 

Tenendo  conto    della   relazione:    cos'a  +  cos'p  +  cos  y  =1  ,    si   ricava   subito: 

cos  /■  sen  w 


^■- 


y  1  —  sen'  r  cos'  oj 
cos  r  cos  a 


V^ 


■ sen  r cos  w 


In  quanto  al  raggio  straordinario  che  è  polarizzato  normalmente  alla  sezione  prin- 
cipale, la  sua  linea  di  vibrazione  si  trova  ad  un  tempo  nel  piano  dell'onda  elemen- 
tare che  gli  coiTisponde  e  nel  piano  determinato  dal  raggio  stesso  e  dall'asse  ottico. 
Eicorrendo  alle  espressioni  delle  coordinate  del  punto  M  (fig.  2  ")  precedentemente  trovate, 
si  possono  subito  scrivere  le  equazioni  dei  due  piani  e  quindi  dedurne  i  coseni  of,  ,  |3, 
degli  angoli  che  la  loro  linea  d'intersezione  fa  rispettivamente  cogli  assi  OX,  0  Y. 
Cosi  si  troverà  : 

cos  w 


^'(l+<')(l+/'sen'w) 
„         sen  (à  y\+f 


Vi  +  f 


sen  u 


li  j  <*^  sen"  /.  ,      ,       , 

avendo  posto  :      t  =  , — ; r-  ,     e  ricordando  che  : 

1  — P  sen  t 

=  a  sen  a  +  b  cos  w  . 

Basterebbe  ora  fare  le  debite  sostituzioni  nelle  espressioni  generali  (10),  (11) 
e  se  ne  deduirebbero  l'intensitù.  del  raggio  riflesso  e  l'azimut  del  suo  piano  di  pola- 
rizzazione. 

Se  vuoisi  discendere  immediatamente  al  fenomeno  particolare  della  rifrazione  uni- 
radiale,  si  noti  che,  per  lamino  parallele  all'asse,  esso  si  presenta  quando,  l'asse  ottico 
essendo  parallelo  o  normale  al  piano  d'incidenza,  il  piano  di  polarizzazione  della  luce 
incidente  è  parallelo  o  normale  allo  stesso  piano  d'incidenza.  Si  lianno  perciò  quattro 
casi  distinti,  cioè: 

r  Caso:  M  =  0   ,        O  —  O. 

Si  trova  subito  : 

f=0;        y=0;        «=0;        ^.  =  1;        «.  =  -^==  ;       ^  =0  . 

Quindi  si  ha  dalle  (8): 

H-0 ,       K— 1 . 
e  dalle  (10),   (11): 


E  siccome  si  ha 


1EK     ^ 

""    ■     M         '-' 

V 

1,^       <^os  r 

1 

0  cos  1 

h 

-M+l 
'  M+1 

seni 

» 

senr 


160  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

sarà 

,.     sen(i-r) 

-^=^'  = — .,.  ,    >  '  (f  =0  . 

sen  (2  +  r) 

Cioè  il  raggio  riflesso  è  polarizzato  nel  piano  d'incidenza  ed  ha  la  stessa  inten- 
sità, che  avrebbe  secondo  la  teoria  Fresnel,  se  la  superficie  riflettente  appartenesse  ad 

iin  mezzo  isotropo  d'indice  —  . 

2"  Caso  :  6j  =  0  ,        0—'~. 

Si  ottiene: 

TI  1 

5,'=o;     ?=-'     '^.=^;     ^•^'^'^    "'=j7TtT''     ^^^^  - 

Dalle  (8)  si  ricava: 

A'  =  0   ; 

e  per  essere  • 

, ^  1  +  («'—  fc')  sen^  /  __^  l  +  {a^—b')  sen  i 

'  ~       |/l  — è^sen'i       "~  cosr 

si  ha 

1  cos  r 

H= -==  = ^  . 

cos  2  y  1  +  P      cos  iy  1  +  («'—  6')  sen' / 

Quindi  la  (10)  darà 

^=    N+H'     ' 
e  la  (11)  v'^O  . 

L'espressione   generale   di  N  data  dalla  seconda  delle   equazioni  (5)  nel  nostro 

caso  diventa  : 

cos  r  [  1  +  (a' —  ò')  sen^  i  ] 

a  cos  i 
perchè  si  ha  qui  : 

r  in — Ti ~-  1        l  +  («'-i')sen%' 

i  cos  p  =  a  V  1  —  0  sen  «  =  a  cos  »•  ;        e        ^75  = ; • 

'  '  Va 

Perciò  se,  per  brevità,  scriviamo 

T=l  +  (a'-ò')sen%'  , 


sarà 


cosr  ,^      Tcosr 

H  — 7=  ,  N— .  . 

cosi^  T  «  COSI 

Sostituendo  nella  espressione  pai'ticolarc,  ora  trovata,  di  v,  sarà: 

a  cosr—  T'cosi 
o  cos  r  +  1   cos  ì, 

Infine  l'intensità  della  luce  riflessa  è: 

a  cosr—  T^co%i  \* 


(a  cos  r  —  T  cos  e  \ 
7ir^ : 
acosr  +  T  cosi  / 


PER   GIUSEPPE    BASSO  161 

V  TT 

Essendo    in   generale  :    tang  (i  =:  -  ,    si  trova  nel  caso  nostro  :    ó  =:  -  ,   cioè  la  luce 

riflessa  è  polarizzata  perpendicolarmente  al  piano  d'incidenza. 

Se  il  mezzo  che  si  considera,  invece  d'essere  cristallino,  fosse  isotropo,  si  avrebbe: 

a  ir:  6  ,  e  per  conseguenza  : 

_  /  wcosr  — cos«  \' 

\  a  cos  r  +  cos  i  / 

senr 

Ma  in  tal  caso   si  avrebbe  :    a  := ;  ;  epperciò  : 

sen2 

sen  2r  —  sen  2-i  V"      tang'  (i  —  »•) 


/  sen  2r  —  sen  2  «  \ 
\  sen  2  r  +  seu2  i  I 


tang^  (i  +  r) 

Quest'ultima  è  appunto  l'espressione  trovata  da  Fresnel  per  la   riflessione  sopra 
un  mezzo  isotropo  della  luce  polarizzata  perpendicolarmente  al  piano  d'incidenza. 
3°  Caso: 


«.  =  0;     /3,=  1 


• 

5  =  0 

TI 

Si  trova  subito  :          y  =:=  —  ; 

2 

K,  =:  cos  r  ; 

r^.  =  o 

Per  conseguenza  si  ha  dalle  (8)  ; 

H=0, 

K=\ 

dalla  (10): 

r—Q, 

e  dalla  (11): 

V  = - 

essendo  anche  qui,  come  nel  caso  precedente: 

Tcosr 


N: 


a  cos  1 
Si  ottiene  subito: 

a  cos  /  —  T  cos  r 


V  =z- 


acos  ^ -t-  Tcos  r 
Quindi  : 

^        ,i       /  acosi  —  Tcos  »•  \' 

I  =  v    =  [  : 1         ed  inoltre  :        <//  =  0  . 

\  a  così  +  fcosr  /  ' 

Nell'ipotesi  che  il  mezzo  riflettente  sia  isotropo,  essendo    a  =  è,  e  perciò   ^=1, 

sen'  (  /  —  r) 

SI  ha    I  =  — J-— ,    formola  data  da  Fresnel. 

sen  (  «  -H  r) 

4°  Caso:  n  r. 

"=2    '  ^^2- 

Sarà:  (p=0;        a_  =r  cosr  ;        ^,  =  0;        a^  =  0  ;        |3^  =  1  . 

Facendo  la  sostituzione  come  nei  casi  precedenti  ,    si  trova   che  la  luce    riflessa 
è  polarizzata  perpendicolarmente  al  piano  d'  incidenza  e  che  la  sua  intensità  vale: 

tang  "■  [i  —  r) 
tang^(i  +  r)  " 

il  che  significa  che  in  questo  caso,  come  già  vedemmo  avvenire  nel  primo,    il  mezzo 
riflettente  si  comporta  per  la  riflessione  come  se  fosse  isotropo. 
Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


162  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CBISTALLINA 

Superficie  riflettente  normale  all'asse  ottico. 

La  sezione  principale  coincide  sempre  col  piano  d'incidenza  ed  in  questo  piano 
giacciono  pur  sempre  entrambi  i  raggi  rifratti.  Prendasi  il  piano  d'incidenza  come 
piano  di  figura  (fig.  3°);  sia  JX  la  traccia  della  superficie  riflettente,  JF  la  sua 
normale  nell'interno  del  cristallo,  7  il  punto  d'incidenza.  L'elissoide  di  Huygbens  col 
centro  in  I  avrà  per  raggio  equatoriale  IA=:  a  e  per  semi-asse  polare  I N^b ,  che 
sarà   pure   raggio    dell'onda   sferica   ordinaria.    Preso    sopra    IX,    a   partire    da  I, 

I T  =: ,  e  condotta  la   T3I  tangente  in  31  alPelissi  di  semi-assi  lA,  IN,  si 

sen  i 

sa  che  IM  è  la  direzione  del  raggio  straordinario ,  YI3I  1"  angolo  p  di  rifrazione 
straordinaria  e  la  lunghezza  131  rappresenta  la  quantità  L  che  figura  nelle  nostre 
equazioni  generali. 

Si  trova  facilmente  che  le  coordinate  del  punto  31  sono: 

x  =  a^seni  ,         «/  =  6  ^Z  1  —  a'  sen'  i  , 

e  che  si  ha  pure:  

Lcosp^byi  —  a^seni   . 

In  quanto  all'angolo  Q  che  la  nonnaie  all'elemento  d'onda  straordinaria  in  ilf  fa 
coll'asse  ottico,  esso  nel  nostro  caso  è  uguale  all'angolo  IT 31.   Perciò  si  avrà: 

y  b  scn  /  .    , .  ^  .  1  —  o'  sen'  / 

tangQ=-— ^^ =  .,  =^  ;        quindi        cos  i2=- —-, —  ,        ,  .  • 

1  V  1  —  a'  sen'  i  1  —  (o  —  6  )  sen*  » 

sen  i 

La  formola  generale: 

U^=^a  —  («'  —  h')  cos'  Q. 

diventa  nel  nostro  caso  : 


1  —  {n  —  b^)  sen'j 
Perciò  le  due  equazioni  (5)  qui  si  possono  scrivere  così- 


cosr  .._.      l/l— rt'sen'/  ,        ,        ,  . 

31  = ,  N  =  ^ — ; : 1  1  —  («  —  6  )  sen  «  1  . 

b cos  i  b  cos  t 

Venendo  alle  direzioni  delle  linee  di  vibrazione  nei  moti  rifratti,  si  vede  che  il  piano 
di  polarizzazione  del  raggio  ordinario  è  lo  stesso  piano  d'incidenza;  perciò  si  avrà: 

«,  =  0,        p,  =  i. 

Nel  raggio  straordinario  le  linee  di  vibrazione  hanno  la  direzione  della  retta  TM  (fig.  3*) 
che  è  intersezione  del  piano  d'onda  straordinaria  e  della  sezione  principale  ;  perciò  sarà  : 


_  l/ 1  —  a'  sen'  /  ^        ^ 

y/l_(a'_6')sen'i  ^' 


Si  noti  ancora  che  si  ha  :  f  =  6 


PER    GIUSEPPE    BASSO  163 

Le  equazioni  generali  (8)  diventano  : 


_      senSl/      1— a^sen^?  „ 

CCS  «  y   1  —  (a*—  V  )  sen'  i 

Per  procedere  alle  sostituzioni  nelle  espressioni  generali  (10),  (11)  converrà,  per 
semplicità  di  scrittura,  porre  : 

cosf/^j/l  —  a*  sen*  «    , 


cos  y  =  y  1  —  (a'  —  6')  sen*  i   , 
cosicché  iJ.  e  V  sono  gli  angoli  di  rifrazione  che  corrisponderebbero  all'angolo  i  d'in- 
cidenza per  due  mezzi  isotropi,  rispettivamente   d' indice    -   e 

a 


Mediante  semplici  calcoli  materiali  si  ottiene: 

cos'  ^  cos  r  +  seu*  Q  cos  fx  cos'  v 


ya'-b' 


Jf  cos'  (p  +  iVsen'  f  = 


b  cos  * 
cos"  6  cos'  i  cos'  V  +  sen'  6  cos'  (j. 


cos'  i  cos'  V 

K  — il   = 

cos'  i  cos'y 


2  cos  (EX  sen  $  cos  5 
"  S.  K'= • 

cos  t  cos  V 

Nello  eseguire  le  sostituzioni  si  possono  dare  alle  espressioni  di  t;  e  di  w'  forme  rela- 
tivamente semplici  ed  abbastanza  comode  per  applicazioni  a  calcoli  numerici. 

Essendo  noti  gli  angoli  »•,  |7.,  v  perchè  essi  si  deducono  subito  dai  valori  dati  di 
i,  a  e  b,  possiamo  valercene  per  determinare  cinque  quantità  «,  /3,  y,  B,  s,  tali  da 

soddisfare  le  relazioni:  » 

«rzcos  /JL  cos  V  —  cos  r 

P =cos  /A  —  cos  v  cos  i 

7  =  cos  fz  +  cos  V  cos  i 

8:=cos  r  +  b  cos  i 

£=cos  r  —  b  cos  i  . 

Si   possono  in  séguito  calcolare  le  nove  quantità  determinate  dalle  relazioni  se- 
guenti: ^        2  ■       o  ; 

jP  m  0  COS  V  COS  e  —  2  0  cos  [J.  cos  V  cos  t 

P  =■  S  COs'v  COS  i 

m  =  a  COS  'v  cos  /  —  6  ^  * 
wj'  ==  a  COS  'v  cos  2 -f-  i  P  ' 
«.  :=a  cos^v  cos  1  +  b  ^  y 
s  =  0  cos  V  cos  ? 
g'  z=ìn  +p 
q'z=.nì'+p' 
t  ^z  n  +  s  . 


164  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

Ciò  fatto,  le  espressioni  cercate  di  w  e  di  v'  si  possono  presentare  sotto  la  forma: 

,p  cos'6  +  gsen"5 


v^  —  sen  $ 


V  ^  —  cos 


s  cos'6  +  t  sen'  Q 
jj' cos*  5  4- 3  sen' 5 


s  cos'  5  +  <  sen'  Q 

L'intensità  della  luce  riflessa  in  rapporto  a  quella  della  luce  incidente  è  : 

sen'5(jj  +  >«  sen*6)'+cos*  5(  jj'+>»'sen'5)' 

(s  +  «sen'5)'  ^     ^' 

L'angolo  «^  che  il  piano  di  polarizzazione  del  raggio  riflesso  fa  col  piano  d'inci- 
denza è  dato  nel  modo  seguente: 

.  «  cos'  5  +  o  sen  "  6  .  »  +  wj  sen'  Q 

tang  i|/  =  tang  Q    .  _^^  _     , ^^  —  tang  Q  — 


p  cos'  0  +p  sen'  9 


p'+m  ^G\i$ 


Consideriamo  le  conseguenze  più  semplici  che  scaturiscono  dalle  formolo  ora  trovate. 

sen  (/  —  r) 


1°  Se  supponiamo   5  =  0  ,     si  ha    i'  =  0  ,    v - 


e    i^  =  0  .     Cioè 


sen(i  +  r) 

la  riflessione  ha  luogo  secondo  la  legge   di  Fresnel  e  come  se  la  supei-ficie  riflettente 
appartenesse  ad  un  mezzo  isotropo. 


2"  Per    e  =  -   si  ha    v  =  0  ,    v  =  - 


cos  /  cos*  V  — 6  cos  a 


(^  =  -  .     Cioè   pel 


2  cos  i  cos*  V  +  6  cos  p. 

raggio  incidente  polarizzato  nonnalmente  al   piano   d' incidenza  1"  intensità   della  luce 

riflessa  non  è  più  quella  che  sarebbe  ove  il  mezzo  fosse  isotropo;  diventerebbe  però  tale 

quando  si  facesse  :    az=.h ,   perchè  allora   si  avrebbe  :     cos  fi  =  cos  r  ,     cos  v  =  1    e 

tang  ( 2  —  r) 

vz= concordemente  alla  teoria  di  Fresnel. 

tang(^^-r) 

3°  Si  può  avere  estinzione  totale  di  luce  riflessa.  Ciò  succede  quando,  essendo 

B  ^-^Tt  l'angolo  d'incidenza  è  tale  da  sodtlisfare  alla  relazione  ■ 

cos  icos''v=:b  cos  fX  . 

In  nessun  altro  caso  l'intensità  della  luce  riflessa  può  ridursi  a  zero. 

4*  So  si  pone  nelle  formole  i:=0  ,  cioè  si  considera  l'incidenza  normale,  si 
trova  : 


v=z  —  senS  = 


1 


v'=:  —  cos  6 


1 


r- 


-.0,     I 


<^^  ■ 


\-\-b'     '  '"'  1  +b' 

risultati  che  si  potevano  prevedere  e  che  si  accordano  con  quelli  di  Fresnel. 

5*  Per  l'incidenza  radente,  cioè  per  *=  r  ,  si  ottiene  7=1  ,  come  debb'essere. 

ù 

Una  verificazione,  quantunque  alquanto  grossolana ,  delle  formole  precedentemente 
ottenute  si  può  eseguire  partendo  dalla  considerazione,  che  la  birefrangenza  nei  cristalli, 
compresa  pure  la  calcite,  è  sempre  assi  debole,  cioè  che  per  tutti  i  cristalli  naturali  il 
rapporto  di  a  —  h  ad  a  è  una  frazione  molto  piccola.  Da  ciò  consegue  che  i  risultati 


PER    GIUSEPPE    BASSO  165 

numerici,  i  quali  scaturiscono  dalle  formole  applicate  ad  un  caso  particolare  qualunque 
di  riflessione  cristallina,  non  debbono  mai  essere  molto  diversi  dai  risultati  corrispon- 
denti che  si  otterrebbero,  quando  al  mezzo  cristallino  si  sostituisse  un  mezzo  isotropo. 
Così,  si  consideri  come  liflettente  la  faccia  normale  all'asse  ottico  di  un  cristallo  di 
calcite;  noi  possiamo  alla  medesima  applicare  le  formole  dianzi  trovate,  che  deter- 
minano l'intensità  /  della  luce  riflessa  per  ogni  angolo  di  incidenza  e  per  ogni  azimut 
del  piano  di  polarizzazione  della  luce  incidente.  Per  altra  parte  possiamo  istituire 
calcoli  analoghi  per  un  mezzo  isotropo  ideale,  a  cui  si  attribuisca  un  indice  di  rifra- 
zione eguale  all'indice  di  lifrazione  ordinaria  della  calcite  ;  ciò  si  farà  ricorrendo  alle 
foi-mole  di  Presnel,  sull'esattezza  delle  quali  non  si  può  sollevare  ragionevole  dubbio. 
Or  bene,  se  le  formole  da  noi  trovate  rappresentano,  almeno  in  modo  verosimile, 
i  fenomeni  reali,  si  dovranno  trovare  per  ogni  angolo  d'incidenza  e  per  ogni  azimut  dì 
polarizzazione,  risultati  poco  diS'erenti  in  entrambi  i  casi  ora  detti. 

Tale  confronto  tra  i  fenomeni  di  riflessione  prosentati  da  un  mozzo  birifrangente 
e  quelli  dati  da  un  mezzo  monorifrangente  di  egual  indice  di  rifrazione  ordinaria,  quando 
si  estenda  fino  ai  valori  numerici  relativi  ai  singoli  casi  particolari,  riesce  anche  utile 
nell'apprezzamento  delle  verificazioni  sperimentali  dirette,  delle  quali  qualche  saggio  ho 
j)ur  cercato  di  ottenere,  come  dirò  fra  poco.  Mosso  specialmente  da  questa  ragione,  ed 
aiutato  da  giovani  studiosi,  mi  decisi  a  calcolare,  mediante  le  formole  ottenute  dianzi, 
molti  valori  di  /  per  una  superficie  normale  all'asse  di  un  cristallo  di  calcite,  sapendo 
che  per  tale  sostanza  le  migliori  determinazioni  sperimentali  danno  : 

rt=:0,G742  ,  b=(),GOi^  . 

Ho  fatto  questo  calcolo  per  valori  dell'angolo  *  d'incidenza  che  variano  di  quindici  in 
quindici  gradi  da  0°  fino  a  90".  Per  ciascuno  di  tali  valori  applicai  la  formola  (12) 
e  ne  ricavai  le  intensità  della  luce  riflessa  corrispondenti  a  valori  di  5  varianti  pure 
di  quindici  in  quindici  gradi  da  0°  a  00". 

Riguardo  al  mezzo  isotropo  ideale,  che  immagino  abbia  per  indice  di  rifrazione 

;,  . ,, .  ^  ,  ricorsi  alla  formola  di  Fresnel  che  dà  l' intensità  I,  della  luce  riflessa  da 
0,0045 

tale  mezzo,  quando  la  luce  incidente  6  polarizzata  in  un  piano  di  azimut  6  qualunque. 

Si  sa  che  tale  formola  si  può  scrivere  : 

I 

/,  =  ^cos*6  +  Esento  , 

essendo  : 

^^sen*  (i-r)  ^  ^^  tang'(t-/) 

sen'  (  «  +  r )  '  tang*  (i  +  r) 

I  calcoli  numerici  furono  anche  qui  istituiti  per  i  valori  di  i  compresi  fra  0°  e  90° 
e  varianti  di  quindici  in  quindici  gl'adi,  e  per  valori  varianti  allo  stesso  modo  del- 
l'angolo 6  . 

1  risultati  di  tali  calcoli  si  trovano  raccolti  nella  tavola  seguente  : 


166 


STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 


i=    0° 
/=15° 

1 

I 
I, 

e=r 

^=15° 

5=30° 

5  =  45° 

5"  =  60 

5=75°     5=90° 

0,0608 
0,0608 

0,0608 
0,0608 

0,0608 
0,0608 

0,0608 
0,0608 

0,0608 
0,0608 

0,0608  '   0,0608 
0,0608!   0,0608 

I 

0,0660 
0,0660 

0,0652 
0,0654 

0,0629 
0,0635 

0,0598 
0,0609 

0,0567 
0,0583 

0,0545     0,0537 
0,0564     0,0557 

i  =  30° 

I 

0,0868 
0,0868 

0,0810 
0,0848 

0,0711 
0,0764 

0,0582 
0,0650 

0,0459 
0,0536 

0,0374 
0,0453 

0,0343 
0,0422 

i  =  45" 

I 

0,1282 
0,1282 

0,1182 
0,1207 

0,0926 
0,1003 

0,0611 
6,0723 

0,0334 
0,0444 

0,0155  1   0,0094 
0,0239     0,0164 

/  =  60» 

I 
I. 

0,2267 
0,2267 

0,2037 
0,2117 

0,1592 
0,1702 

0,0853 
0,1135 

0,0377 
0,0569 

0,0111     0,0029 
0,0154     0,0022 

i=75° 

I 
I, 

0,4582 
0,4582 

0,4068 
0,4339 

0,2989 
0,3676 

0,2060 
0,2770 

0,1535 
0,1863 

0,1322     0,1272 
0,1199     0,0957 

i  =  90° 

I 

1                1 
1                1 

1 
1 

1 
1 

1 
1 

1 

1 

1 

1 

Ricerche  sperimentali. 


Il  controllo  sperimentale  delle  formole  stabilite  precedentemente  per  la  riflessione 
cristallina  e  particolarmente  per  le  leggi  relative  alla  intensità  della  Iure  riflessa  offre 
difiìcoltà  assai  gl'avi.  Di  queste  alcune  sono  inerenti  all'  argomento  speciale  di  cui  si 
tratta;  altre  sono  comuni  a  tutti  i  procedimenti  che  esigono  misure  fotometriche.  Tut- 
tavia ho  tentato  alcune  ricerche  a  questo  riguardo  e,  quantunque  i  risultati  ottenuti 
non  siano  appieno  soddisfacenti,  essi  non  infirmano  ]ierò  la  giustezza  delle  formole.  anzi 
dimostrano  che  il  carattere  generale  dei  fenomeni  va  d'accordo  colle  deduzioni  teoriche. 

Mi  sono  preoccupato  innanzi  tutto  della  condizione  di  nettezza  e  di  levigatezza  in 
cui  devesi,  nelle  sperienze,  trovare  la  faccia  destinata  a  riflettere  la  luce.  Preziose  in- 
dicazioni a  questo  riguardo  vengono  fornite  da  parecchi  fisici,  che  prima  d'ora  si  oc- 
cuparono di  riflessione  sopra  facce  cristalline.  Cos'i,  Seebeck  notò  che,  quando  si  spe- 
rimenta su  cristalli  di  calcite,  la  pulitui'a  delle  facce,  segnatamente  di  quelle  inclinate 
all'a-sse  ottico,  non  devesi  operare,  come  spesso  si  usa,  mediante  polvere  di  coìcotar; 
poiché  questa  sostanza,  contenendo  quasi  sempre  tracce  di  solfato  di  feiTo,  ha  per  effetto 
di  convertire  superficialmente  il  carbonato  calcico  in  solfato  calcico,  assai  meno  bire- 
frangente  della  calcite.     Seebeck  tentò   l'uso  dell'acido    tannico ,  il  quale   diede    pure 


PER    GIUSEPPE    BASSO 


167 


risultati  poco  soddisfacenti  e  si  decise  ad  adoperare  semplice  creta  polverulenta.  Anche 
Brewster  avvertì  l'influenza  grande  della  pulitezza  per  la  faccia  riflettente  e  riconobbe 
che  quest'  influenza  è  diversa ,  secondochè  si  tratta  di  facce  di  sfaldatura  o  di  facce 
artificialmente  tagliate.  Mac-CuUagh,  nella  sua  grande  Memoria  citata  al  principio  di 
questo  lavoro,  nota  che  la  pulitura  di  facce  artificiali  può  generare  su  queste  delle 
piccolissime  scaglie  romboedriche,  le  quali  alterano  l'indole  dei  fenomeni  che  si  vogliono 
studiare. 

Nei  saggi  sperimentali,  a  cui  finora  ho  dato  opera,  io  non  potei  adoperare  se  non 
facce  di  calcite  normali  all'asse  ottico,  e  trovai  sufficiente  uno  strofinamento  preliminare 
operato  con  pelle  di  camoscio  e  susseguito  da  un  prolungato  sfregamento  contro  un  foglio 
ben  disteso  e  ben  liscio  di  carta  bibula. 

In  quanto  alla  disposizione  ottica,  dopo  parecchi  tentativi,  adottai  quello  che  è 
rappresentato  prospetticamente  nella  fig.  4^  ed  in  sezione  orizzontale  schematica  nella 
fig.  5".  Un  eliostato  invia  nellintemo  d'una  camera  buia,  attraverso  ad  un  foro  cir- 
colare del  diametro  di  due  millimetri,  un  fascio  di  raggi  solari,  la  cui  direzione  sa 
è  orizzontale  e  si  mantiene  invariabile.  Il  fascio  penetra  in  un  tubo  a  h  seguendone 
l'asse  ed  attraversa  un  prisma  di  Nicol  e  (fig.  5*),  il  quale  è  fermato  in  un  secondo 
tubo  imboccante  nel  primo.  Il  Nicol  ha  una  sezione  abbastanza  considerevole ,  cioè 
assai  più  grande  della  sezione  del  fascio  luminoso.  II  tubo  ed  in  cui  il  Nicol  è  infisso 
può  girare  intorno  al  suo  asse  d'un  angolo  qualsivoglia,  misurabile  per  mezzo  di  una 
graduazione  portata  dall'orlo  del  tubo  stesso;  a  questo  modo,  conoscendo  la  posizione 
della  sezione  principale  del  Nicol,  si  può  far  variare  e  misurare  l'angolo  che  il  piano 
di  polarizzazione  del  fascio  luminoso  escente  fa  col  piano  orizzontale.  Quando  il 
fascio  esce  dal  tubo  attraversa  una  lente  d  a  lungo  foco,  la  quale  ha  per  uflicio  di 
renderlo  alquanto  convergente.  Lo  stesso  fascio,  là  dove  la  sua  sezione  è  minima  o 
press'  a  poco ,  incontra  in  i  la  superficie  della  laminetta  cristallizzata  che  si  vuole 
sottoporre  all'esperienza. 

Questa  laminetta  trovasi  appiccicata  con  un  po'  di  cera  al  suo  contomo  sopra 
una  piccola  tavola  m  tinta  in  nero  e  non  lucida,  per  modo  che  estingua  l'azione  riflet- 
tente della  faccia  posteriore  del  cristallo.  Questa  tavola  nera  è,  alla  sua  volta,  fermata 
con  morsetto  sul  piano  di  un  anello  jj,  a  cui  dalla  parte  posteriore  è  infisso  un  piccolo 
tubo  n  n  (fig.  5")  imboccante  in  un  tubo  maggiore  q  q  .  Quest'ultimo  è  sostenuto  da 
due  bisaccia  A  A  (fig.  4')  che  si  attaccano  a  due  punti  diameti-almente  opposti  di  un 
anello  gg  &  quest'anello  è  infilato  ad  un'estremità  di  un  nuovo  tubo.  Le  braccia  A  A 
che  sorreggono  l'anello  p,  facendo  a  questo  da  pernio,  permettono  al  suo  piano  di  girare 
intorno  ad  un  suo  diametro  ed  un  cercliietto  graduato  M  può  in  ogni  caso  dare  la 
misura  dell'angolo  di  cui  l'anollo  si  fa  ruotare. 

Così  s'intende  come  alla  lamina  riflettente  siano  consentite  quattro  sorta  di  mo- 
vimenti distinti,  cioè: 

1°  Il  suo  piano  può  trasportarsi  parallelamente  a  se  stesso  :  perciò  è  facile 
disporlo  in  modo  che,  qualunque  sia  l'ampiezza  della  lamina  cristallina,  il  fascette 
luminoso  <<u,  uscendo  dal  Nicol  polarizzatore  e  reso  alquanto  convergente,  colpisca  la 
lamina  nella  sua  regione  centrale  od  in  quell'altra  per  cui  la  pulitura  apparisce  meglio 
riuscita  ; 


1(38  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

2°  La  stessa  lamina  può  girare  giacendo  sempre  nello  stesso  piano  e  si  può, 
quando  occorra,  misurarne  lo  spostamento  angolare  provvedendo  di  graduazione  il  lembo 
dell  "anello  p  : 

3"  Il  piano  della  lamina  può  gii'are  intorno  a  quel  diametro  dell'anello  j>  la 
cui  direàoue  passa  pel  centro  del  cercliio  gi'aduato  31;  così  si  può  vaiiai'e  a  piaci- 
mento l'angolo  d'incidenza  e  misurarne  il  valore  ; 

4"  Il  piano  in  cui  giacciono  le  braccia  A  A  può  girare  intomo  all'asse  del 
tubo^A;  la  graduazione  deiranello  (/  ne  misurerà  lo  spostamento  angolare  ed  in  tal 
modo  si  potrà  spostare  il  piano  d'incidenza  e  determinarne  in  ogni  caso  la  posizione. 

Nelle  esperienze  finora  da  me  eseguite  il  piano  d' incidenza  si  conservò  sempre 
orizzontale. 

n  fascetto  di  luce  .  polarizzato  in  un  piano  arbitrario  e  conosciuto ,  dopo  aver 
subita  in  /  la  riflessione  sulla  faccia  cristallina,  entra  nel  tubo  gh  e  poi  nel  tubo  hr 
che  lo  imbocca  ;  la  sua  direzione  si  può  far  coincidere  esattamente  coli 'asse  comune  a 
questi  tubi  col  mezzo  della  vite  che,  incastrando  nel  settore  dentato  /,  permette  di 
modificare  la  direzione  di  tale  asse.  11  fascetto ,  prima  di  escire  dal  tubo  7(  r  trova 
presso  l'estremità  e  ed  attraversa  una  lastra  a  facce  piane  di  vetro  colorato  di  ima 
tinta  arancio-gialla,  il  cui  ufiìcio  sarà  presto  indicato.  Esso  cade  infine  sulla  faccia  s 
d'un  foglio  bianco  sò',  producendovi  una  chiazza  luminosa  di  tinta  giallognola,  di  forma 
ciicolai'e  ed  avente  il  diametro  di  cii-ca  quattro  centimetri. 

Il  foglio  su'  fa  l'ufficio  di  fotometro  Bun.sen  ;  a  tal  fine  esso  è  incollato  al  suo 
contorno  sopra  un  telaio  N  (fig.  5')  disposto  nel  piano  normale  alla  direzione  della  luce 
che  lo  colpisce  ed  al  suo  centro  poi'ta  una  macchia  d'  olio  di  forma  circolare  e  del 
diametro  di  quasi  due  centimetri.  Gli  sta  vicino  un  sistema  di  due  s]iecclii  HH  ver- 
ticali, la  cui  linea  d'intersezione  giace  nel  piano  del  foglio  fotometrico.  Dando  all'an- 
golo di  questi  due  specclii  un  valore  conveniente,  l'osservatore  situato  in  0  davanti  ai 
medesimi,  così  che  il  piano  del  foglio  passi  press'a  poco  pel  suo  occhio,  vede  ad  un 
tempo ,  per  riflessione ,  le  due  facce  del  foglio  stesso  e  può  esaminai'c  sidl'una  e 
sull'altra  la  macchia  traslucida  d'olio.  Quest'ultima  apparisce  distinta  finche  le  due 
facce  sono  disegualmente  illuminate  e  sparisce  quando  su  di  esse  l'intensità  luminosa 
diventa  eguale. 

Se  si  procede  oltre .  nella  direzione  in  cui  la  luce  caninùna .  trovasi  un  nuovo 
tubo  tt'  orizzontale,  il  cui  asse  passa  per  il  centro  del  foglio  fotometiico.  La  bocca 
anteriore  t  di  questo  tubo  è  aperta,  mentre  la  posteriore  /'  è  chiusa  da  un  dischetto 
di  vetro  smerigliato.  Allo  stesso  tubo  è  fissato  un  ampio  schermo  Q  Q'  col  suo  piano 
perpendicolare  all'asse. 

Il  disco  /  di  vetro  smerigliato  fa  nelle  mie  spericnze  l'ufficio  di  luminare  a  potere 
illuminante  variabile.  Ecco  in  qual  modo.  La  fiamma  F  Uà  una  lampada  a  petrolio 
ed  a  lucignolo  piatto,   posta  ad  una  distanza  variabile  Ft'-=.d  dal  piano  del  disco  t', 

produce  su  quest'ultimo  un'intensità  luminosa,  che  si  può   rappresentiu'e  con   -^  ,  prcn- 

d 

dendo  come  unità  1"  intensità  che  la  fiamma  è  capace  di  produrre  su  di  un  ele- 
mento normale  al  raggio  che  lo  colpisce  ed  all'unità  di  distanza.  Si  deve  awertii-e 
che ,  affinchè  ciò   sia  ammessibile ,  è  necessario  che    la   linea  congiuugente  un   punto 


PER    GIUSEPPE    BASSO  169 

qualunque  del  disco  t  ed  uu  punto  qualunque  della  fiamma  si  possa  ritenere  come 
normale  al  piano  del  disco.  Lo  stesso  disco,  alla  sua  volta,  invia  raggi  luminosi  che 
percon-ono  l'interno  del  tubo  da  f'  verso  t  ed  escono  dalla  bocca  t  formando  un 
fascio  conoideo  di  piccola  apertura  ;  questo  incontra  la  faccia  posteriore  .s'  del  foglio 
fotometrico  e  vi  produce  una  chiazza  illuminata  circolare  avente  il  diameti'O  di  cii'ca 
quattro  centimetri. 

E  facile  ora  il  vedere  come  si  possa  in  ogni  esperienza  far  variare  in  un  rap- 
porto noto  l'intensità  j  sulla  faccia  .s'  della  luce  inviata  dal  disco  smerigliato  t' .  La- 
sciando per  tutta  una  serie  di  sperienze  allo  stesso  posto  il  tubo  tt'  ed  il  fotometro, 
l'intensità  j  della  luce  su  quest'ultimo  è  evidentemente  proporzionale  al  potere  illu- 
minante w  del  disco  t' .  ed  a  questo  potere  si  possono  attribuire  valori  variabili  me- 
diante spostamenti  della  lampada  lungo  la  normale  al  piano  del  foglio.  Pei-  una 
distanza  qualunque  Ft'^^cl   si  può  ammettere  che  si  al)bia  : 

w 

Perciò ,  finché  la  fiamma  F  conserva  inalterato  il  suo  splendore  intrinseco  e  rimane 
costante  la  distanza  ts',  la  quantità  w  si  mantiene  pui'e  costante. 

Le  facce  s ,  s  opposte  del  foglio  fotometrico  essendo ,  in  una  qualunque  delle 
sperienze,  illuminate  rispettivamente  colle  intensità  /  e  ;/.  bisognerà  far  variare  d  in 
modo  da  rendere  j=I:  di  questo  lo  sperimentatore  s'accorge  quando  non  distingue  più, 
su  ambe  le  facce  del  foglio,  la  macchia  oleosa. 

Abbastanza  preciso  era,  nelle  prove  da  me  fatte,  quest'atto  della  sparizione  della 
macchia,  ed  appunto  per  ciò  ottenere  si  adoperava  il  vetro  giallo  che  dava  alla  luce 
solare  proiettata  in  s  una  tinta  somigliante  a  quella  della  fiamma  a  petrolio. 

Ho  tentato  dapprima  di  determinare  il  rapporto  fra  l'intensità  della  luce  incidente 
e  l'intensità  della  luce  riflessa  sulla  calcite  normale  all'asse  ottico,  per  un  dato  valore 
dell'  angolo  /'  d'  incidenza  e  (juando  0  era  nullo .  cioè  il  piano  di  polarizzazione  era 
orizzontale.  Però,  i  miei  tentativi  non  ebbero  esito  soddisfacente.  La  difficoltà  di  man- 
tenere costante .  per  un  tempo  alquanto  lungo ,  lo  splendore  intrinseco  della  fiamma, 
l'alterazione  di  dimensioni  e  di  forma  geometrica  che  facilmente  subisce  il  fascetto  di 
raggi  solari  soggetto  alla  riflessione,  la  necessità  di  dilatare,  coll'artifizio  di  una  lente, 
il  fascio  incidente  per  renderne  la  intensità  facilmente  comparabile  a  quella  della  luce 
proveniente  dal  disco  smerigliato,  ed  altre  circostanze  facili  a  concepirsi,  resero  inattua- 
bile la  determinazione  clic  dapprima  mi  proponevo. 

L'inconveniente  potè  tuttavia  rimediarsi  in  parte  per  la  seguente  ragione.  Si  è 
visto  che,  quando  si  ha  9=zO  .  le  formoli-  che  si  tratta  di  verificare  coincidono,  come 
dcbb'essere,  con  quelle  di  Fresnel  che  si  ammettono  da  tutti  come  rispondenti  al  vero. 
Si  possono  quindi  ritenere  come  esatti,  senza  bisogno  di  ulteriore  conferma  sperimen- 
tale, i  valori  di  /  consegnati  nella  tavola  numerica  di  pag.  166  per  i  singoli  valori  di  i, 
e  corrispondenti  a  5  nullo.    Servendoci  di  essi  si  potrà  calcolare   per   ciascun    angolo 

w 
d'incidenza  il  valore  di   iv  mediante  la  formola  j:=—-^,  essendo  ri  fornito  dell'espe- 
rienza e  corrispondendo  in  ogni  caso  alla  condizione  :  j^^l  ■ 

Serie  11.  Tom.  XXXIV.  x 


170  STUDI    SULLA    RIFLESSIONE    CRISTALLINA 

Ciascuna  serie  di  esperienze  si  può  cosi  eseguire  per  un  solo  e  immutabile  valore 
di  /  ;  le  varie  parti  dell'apparato,  una  volta  ben  centrate,  non  debbono  più  essere 
spostate  durante  tutta  la  serie.  Basta  ,  per  ogni  sperienza,  far  rotai-e  il  tubo  d 
che  porta  il  Nicol  e  polarizzatore ,  così  che  varii  di  una  quantità  nota  l'angolo  5  : 
allora  si  fa  scorrere  lungo  un  solco  XX  apposito  il  sostegno  della  lampada  F, 
cioè  si  fa  variare  la  d  fino  a  rendere  egualmente  illuminate  le  due  facce  del  foglio 
fotometrico. 

Procedendo  per  questa  via.  le  più  gravi  cause  d'en-ore  vengono  in  gi-an  pai-te  eli- 
minate. Potendosi  effettuare  in  poco  tempo  tutte  le  esperienze  per  le  quali  si  fa  variare 
il  6 ,  ma  si  mantiene  /  costante .  non  si  corre  grave  rischio  d"  incontrare  mutamenti 
notevoli  nell'intensità  della  luce  solare  ed  in  quella  della  fiamma.  Inoltre,  il  fascetto 
luminoso  incidente  ed  il  corrispondente  riflesso  conservano  in  tutte  le  spei'ienze  della 
serie  le  stesse  posizioni  ,  grandezze  e  forme  geometriche  e  la  regione  in  cui  la  la- 
mina cristallina  è  colpita  dalla  luce  si  conserva  sempre  la  stessa.  Non  sono  tuttavia 
schivati  altri  inconvenienti,  la  cui  gravità  può  essere  scemata  solo  dall'accuratezza  con 
cm  si  fanno  e  si  ripetono  più  volte  le  operazioni.  Tali  sono  :  i  difetti  di  purezza  del 
Nicol  polai-izzatore.  la  non  precisa  lettura  degli  angoli,  la  lieve  diversità  di  tinta  che 
persiste  nelle  luci  che  illuminano  le  due  facce  opposte  della  carta  fotometrica,  la  non 
esatta  applicabilità  della  legge  dell'inverso  quadrato  della  distanza  alla  intensità  lumi- 
noso del  disco  di  vetro  smerigliato,  la  limitata  sensibilità  dell'occhio,  per  cui  la  distanza  (/ 
può  subh-e  variazioni  di  riualche  millimetro,  senza  che  gli  effetti  ottici  appaiano  mo- 
dificati. Tutto  iiiu'ste  circostanze  sfavorevoli  nuocono  alla  precisione  dei  risultati  spe- 
rimentali :  gli  è  per  ciò  che  per  ora  mi  limito  a  citar  pochi  fra  quelli  che  ho  già 
ottenuti,  avvertendo  che.  nel  loro  complesso,  se  essi  non  costituiscono  una  verificazione 
completa  e  rigorosa  delle  formolo  teoriche,  confermano  tuttavia  l'ammissibilità  dei  piin- 
cipii  da  cui  queste  scaturiscono. 

Non  provai  a  sperimentare  per  angoli  d'incidenza  minori  di  4ó".  perchè  al  disotto 
di  questo  valore  le  variazioni  dell'  intensità  /  sulla  faccia  anteriore  del  foglio  foto- 
metrico .  le  quali  si  osservano  mentre  si  fa  girare  il  Nicol  polarizzatore ,  sono  ben 
piccole;  ciò  del   resto  debb 'essere  e  risulta  anche  dalla  tavola  numerica  di  pag.  166. 

Disposto  l'apparecchio  in  modo  da  farlo  servire  per  l'angjdo  d'incidenza  di  45", 
ed  assicuratomi  della  fissità  di  luce  della  lampada,  trovai  che,  quando  0  era  nullo,  per 
rendere  j  eguale  a  /.  dovevo  spostare  la  lampada  tanto  da  fare:  (/r:=132mm.  La 
tavola  numerica  della  pag.  100  dà,  per  questo  caso  .  7=0,1282.  Perciò,  dalla  for- 
moletta  iv—Jd^  ricavasi:  w=z22SA.  e  si  può  ammettere  che  questo  valore  si  man- 
tenga inalterato  anche  nelle  esperienze  successive.  Poscia,  essendosi,  mediante  la  rota- 
zione del  Nicol,  dati  a  0  successivamente  i  valori  -.U)".  4.'>",  75°,  90°.  si  trovò  che 
per  rendere:   yz=/ dovevasi  fare  d  rispettivamente  eguale  a  millimetri  1  •")!•,  1!^0.  438, 

2234 
444.    Ora  la  relazione  J  =  - dà  per  valori  di  /corrispondenti  a  questi  trovati  di  a 

numeri  che  non  sono  molto  diversi  da  quelli  teorici  contenuti  nella  tavola  a  pag.  100, 
e  che  sono  inscritti  nella  prima  dello  tre  tabelle  seguenti.  Tali  tabelle  riassumono  i 
risultati  delle  principali  misure  die  ho  potuto  eseguire  per  angoli  d'incidenze  eguali  a 
45".   00"  e   75"  t-  per  varii  valori  di  azimut   0   di   polaiizzazione. 


PEK    GIUSEPPE    BASSO 

1°  Per     /  =  45°     si  ha       u  =  2234 


171 


j 
6       \        0° 

30° 

45° 

75° 

1 
90° 

d"""    1       132 
/      ,    0.1282 

159              196 
0,0883   !    0,0581 

438 
0,0116 

444 
0.0113 

2°  Per     ?  =  60°     ottenni     w=l796 


6 

0° 

30°             45° 

60° 

90° 

I 

89 
0,2267 

108             150 
0,1540       0,0798 

214 
0,0392 

355 
0,0142 

3°    Per     «=75",     trovai     m;  =  1819 


Giova  ricordare  che  i  valori  di  /  corrispondenti  a  6  nullo  e  scritti  nelle  prece- 
denti tabelle  si  ritengono  eguali  a  quelli  fomiti  dalle  formole  teoriche  e  che  sono 
già  consegnati  nella  tavola  di  pag.    166. 


eÌivaaK'?.\.l'&  S^.  .\  X^oiUw.  C'fcuwc  .\  Se .  ;iì...  riièal .  e*!^.^  t  U-  ?"  "Ò'oiuo  XX/I\  ' 


MONOGRAFIA 


DEL 


GEN.   CASUARIUS,   BRISS. 


PER 


TOMMASO      SALVADORI 


(Con   due  Tavolo  colorite) 


Memoria  letta  ed  (ipprovala  nell'adunanza  del  13  .\ovembre  I88f. 


INTRODUZIONE. 

Il  genero  Casuariuf<  fu  stnbilito  nel  17(50  dal  Brisson,  cui  ne  era  nota 
una  sola  specie,  quella  che  il  Linneo  ciiiamò  Slridh/n  casuariiis;  quel  nome 
generico  fu  accettato  dal  Lathnni  e  dagli  autori  posteriori,  se  non  che  nel 
1842  il  Gloger,  rifiutandolo  come  barbaro,  gli  sostituì  quello  di  Htppa- 
fectryo,  che  anche  il  Sundevall  (Methndi  Natnralìs  Avmm  Diaponendarvm 
Tentameìi,  p.  152)  adopera  a  preferen/.a  di  quello  di  Casnarius. 

Per  pili  di  due  secoli  e  mezzo,  dopo  il  1597,  non  si  conobbe  che  una  sola 
specie  del  genere  Casuarins,  cioè  il  C.  ga/eatiis;  nel  1854  fu  fatta  menzione 
di  una  seconda  specie,  il  C.  auslralis,  scoperto  dal  Wall  nella  parte  set- 
tentrionale d'Australia,  e  dal  quale  non  e  diverso  il  C.  johusonii,  Miiller 
(1866);  poscia  nel  1857  il  Gouid  descrisse  il  C.  bennetti  della  Nuova  Bri- 
tannia,  nel  1860  furono  descritti  dal  Blyth  il  C.  unoappendiculatiis,  cui 
è  da  riferire  il  C.  km/p/'i ,  Rosenb.  (1861),  e  dallo  Sclater  il  C.  bica- 
runcuìalus;  nel  1871  per  opera  dello  Schlegel,  che  lo  confondeva  col 
C.  bennetti,  apparve  la  prima  descrizione  del  C.  papiianiis,  Rosenb.,  dal 
quale  secondo  me  non  differiscono  il  C .  weslermannì ,  Sclat.  (1874)  ed  il 
C.  edwardsii,  Oust.  (1878);  finalmente  nel  1875  furono  descritte  quattro 
specie,  cioè  il  C.  picticoìlis,  Sclat.,  il  C.  beccarli,  Sclat,  al  quale  sembrano 
riferibili  tanto  il  C.  salvadorii ,  Oust.  (1878)  (=  attijugiis,  Sclat.)  (1878), 
quanto  il  C.  sc/aterii,  Salvad.  (1878),  il  C.  tricarunculatuft,  Becc.  ed  il  C. 


174  MONOGRAFIA    DEI,    OEN.    CASUAEIUS 

occipilalis,  Salvad.  Sono  quindi  state  descritte  dieci  specie,  una  delle  quali, 
il  C.  tricaricnculalus,  come  vedremo,  è  ancora  poco  nota  ed  incerta. 

Molti  autori  si  sono  occupati  dei  Casuari  per  indicarne  i  caratteri  di- 
sfintivi, per  istudiarne  l'anatomia,  per  fissarne  la  più  esatta  posizione  si- 
stematica e  per  descriverne  i  costumi.  Alla  fine  di  questa  breve  introdu- 
zione io  mi  propongo  di  dare  una  enumerazione,  per  quanto  mi  sarà 
possibile  compiuta,  dei  lavori  che  trattano  dei  Casuari.  Pel  rispetto  zoo- 
logico di  essi  si  sono  occupati  principalmente  lo  Sclater,  lo  Schlegel  e 
THarting;  lo  Sclater  non  solo  ci  ha  fatto  conoscere  per  lo  meno  tre  specie 
di  questo  genere,  cioè  il  C  hicarunculatns,  il  C.  pict'icolUs  ed  il  C.  bec- 
cavi i,  ma  inoltre  ha  pubblicato  numerosi  lavori  intorno  ai  medesimi  ed  ha 
fatto  figurare  la  massima  parte  delle  specie  conosciute,  parecchie  delle  quali 
in  diversi  stadi;  lo  Schlegel  ha  descritto  le  specie  conservate  nel  Museo 
■di  Leida  e  finalmente  THarting  ha  riunito  con  sufficiente  esattezza  quanto 
■gli  era  noto  intorno  alle  specie  di  questo  genere  '.  Anche  io  ho  contribuito 
con  un  lavoro  speciale  alla  conoscenza  di  alcune  specie  poco  note  di  Casuari. 

L'anatomia  dei  Casuari  è  stata  investigata  dal  Perrault  e  Duverney, 
dal  Merrera,  dal  Geofl'roy-Saint-Hilaire,  dal  Meckel  e  più  recentemente  dal 
Flower,  che  studiò  in  particolar  modo  lo  scheletro  del  C  mistralis  in 
confronto  con  quello  del  C  galeatus.  Inoltre  il  Garrod  ha  investigato  le 
carotidi,  mostrando  che  ambedue  sono  presenti  nei  Casuari,  come  anche 
nei  generi  Struihio  e  Dromaeus,  mentre  nei  generi  fìhea  ed  Aptennjx  si 
trova  soltanto  la  carotide  sinistra.  Lo  stesso  Garrod  ha  investigato  anche 
la  disposizione  dei  muscoli  delle  estremità  inferiori  del  C.  hennelti,  del 
C.  galeatus  e  del  C.  hicarunculatns  in  confronto  di  quella  che  si  trova 
nei  generi  Apter/jx,  Dromaeus,  Rhea  e  Struthio  '. 

Recentemente  il  Gadow  ha  pubblicato  un  lavoro,  che  ancora  non  ho 
potuto  vedere,  nel  quale  sono  descritti  i  muscoli  della  pelvi  e  delle  estre- 
miti! inferiori  dei  generi  Struthio,  Rhea  e  Casuarins. 

Dalle  ricerche  zoologiche  ed  anatomiche  è  risultato  che  i  generi  Ca- 
suarius  e  Dromaeus  costituiscono  nell'ordine  degli  Struthiones  la  famiglia 
delle  Casuariidae,  distinta  da  quella  delle  Struthionidae  per  le  piume  con 
stelo  duplice,  per  le  ali  quasi  nude,  per  la  mancanza  di  coda  e  per  la  pre- 
senza di  tre  dita  nei  piedi;  lo  Sclater,  attribuendo  grande  valore  alla  sin- 
golare pterilosi  ed  ai  caratteri  osteologici  delle  specie  della  famiglia  delle 


(1)  L'Harting   non  fa   menzione   del  C.  tricarunculatus ,  Becc,   né  del  C.  occipiialis,  Salvad.,  di 
cui  non  pare  che  avesse  conoscenza. 

(2)  P.Z.S.  1873,  p.  470,  471,  644. 


TOMMASO     SALVADOR!  175 

Casuariidae  ha  proposto  di  farne  un  ordine  distinto  della  sottoclasse  delle 
Ratitae,  col  nome  di  Casuarii  (Ibis,  1880,  p.  410).  Il  genere  Casiiarius 
poi  si  distingue  dal  genere  Dromaeus  per  la  testa  nuda  e  fornita  di  un 
alto  casco,  pel  becco  alquanto  compresso,  stretto  ed  ottuso  e  per  l'unghia 
del  dito  interno  generalmente  molto  lunga. 

Diversi  osservatori  si  sono  occupati  dei  costumi  dei  Casuari  tanto  nello 
stato  selvaggio,  quanto  in  schiavitù ,  e  tra  gli  altri  sono  da  nominare  il 
Bennet,  il  Jouan,  lo  Sclater,  il  Kamsay  ed  altri. 

Nello  stato  selvaggio  i  Casuari  vivono  nei  grandi  boschi,  nei  luoghi 
vicini  ai  corsi  d'acqua,  solitari  od  in  coppie  ;  sono  timidissimi,  per  cui  fug- 
gono al  minimo  pericolo;  si  nutrono  principalmente  di  fruita,  ma  sono 
avidissimi,  come  scrive  il  Beccar! ,  anche  di  cibo  animale  e  specialmente  di 
lucertole,  topi,  granchi,  pesci,  ecc.;  i  loro  escrementi  sono  così  copiosi  che 
sono  stati  scambiati  per  quelli  di  qualche  grande  mammifero.  Il  Moorup, 
0  Casuario  della  Nuovn  Britannia,  vive  nelle  pianure  ricoperte  da  altis- 
sime erbe. 

I  Casuari  che,  come  si  è  detto,  frequentano  le  vicinanze  dei  corsi  d'acqua, 
amano  di  bagnarsi  e  nuotano  con  facilità,  per  cui  sono  stati  veduti  attra- 
versare fiumi  e  perhno  bracci  di  mare;  il  Beccari  scrive  che  i  Casuari  che 
egli  aveva  vivi  a  bordo  del  suo  skooner  bene  spesso,  nelle  ore  più  calde, 
si  gettavano  spontaneamente  in  mare,  ina  non  si  allontanavano  dalla  nave. 

Le  femmine  depongono  parecchie  uova  in  un  incavo  del  terreno,  na- 
scosto sotto  fitti  cespugli  ;  queste  uova  sono  di  colore  verdognolo  e  rico- 
perte di  fitti  tubercoletti  a  modo  quasi  di  pelle  di  zigrino;  esse,  secondo 
il  von  Rosenberg,  vengono  collocate  per  modo  da  essere  disposte  a  ,='=.; 
asserisce  il  Wallace  che  le  uova  del  C.  galealuft  sono  covate  alternati- 
vamente tanto  dal  maschio,  quanto  dalla  femmina  ;  invece  il  von  Rosen- 
berg menziona  soltanto  la  femmina  come  attendente  alla  covatura;  ma 
anche  questa  asserzione  non  sembra  esatta ,  giacché  in  schiavitù  le  uova 
sono  covate  soltanto  dal  maschio. 

I  pulcini  al  sortire  dall'uovo  sono  rivestiti  di  piumino  di  colore  ful- 
viccio  ed  hanno  strie  scure  longitiulinali  sulle  parti  superiori;  in  essi  il 
casco  è  rappresentato  da  una  semplice  lamina  quasi  piana,  e,  se  appar- 
tenenti alle  specie  carnncolate  mostrano  già  le  carimcole,  che  avranno  più 
sviluppate  nell'età  adulta;  in  uno  stadio  successivo  perdono  le  strie  scure 
e  diventano  di  colore  fulvo-bruniccio  pressoché  uniforme,  e  hnalmente, 
dopo  parecchi  anni,  diventano  di  color  nero  uniforme;  da  prima  hanno  la 
testa  ed  il  collo  rivestiti  di  piume,  poi  queste  parli  si  denudano  e  presentano 


n 


17li  MONOr.RAFIA     DEI,    liEN.    CASUARIUS 

^radataiiiontc  i  colori  vivaci  da  cui  sono  tinte  nell'eia  adulta;  anche  il  casco  si 
sviluppa  lentamente  e  soltanto  dopo  parecchi  anni  acquista  la  l'orma  normale. 

In  schiavitù  i  Casuari  mangiano  quasi  di  tutto  ed  amano  di  essere 
soli;  se  duo  sono  collocati  nello  stesso  recinto  si  combattono  e  si  feriscono. 
Il  Beccari  discorrendo  dei  Casuari,  scrive:  «  sono  animali  molto  batta- 
glieri, sin  da  jiiccoli  si  esercitano  a  tirar  calci  contro  ima  pietra,  un  tronco 
d'albero  od  altro,  ed  i  lord  colpi  diventano  terribili  coU'età,  tanto  che  non 
è  possibile  tenerli  liberi  quando  sono  grandi.  Spesso  ragazzi  ed  anche  uomini 
adulti  sono  rimasti  uccisi  da  un  solo  colpo  di  jiiode.  A  Warbusi  i  miei 
cacciatori  hanno  trovato  un  grossissimo  Pitone  semivivo  con  tutta  la  pelle 
lacerata  ed  intorno  ad  esso  il  terreno  tutto  calpestato  dai  Casuari  ;  proba- 
bilmente un  Casoar  aveva  battuto  il  Pitone.  Nelle  ore  calde,  quando  non 
possono  sfogarsi  con  altri,  è  contro  i  tronchi  di  alberi  che  rivolgono  i  loro 
colpi;  talvfdta  ciò  fanno  con  lo  scopo  di  farne  cadere  i  frutti  ». 

I  viaggiatori  indicano  la- carne  dei  Casuari  come  buona  da  mangiare; 
il  D'Albertis,  durante  le  sue  esplorazioni  del  Fiume  Fly,  considerava  come 
giorno  di  festa  quello  in  cui  veniva  ucciso  (}ualche  Casuario,  colla  carne 
del  quale  poteva  nutrire  i  suoi  uomini. 

Le  specie  del  genere  Casuarhis  vivono  tutte  nella  Regione  Australiana 
e  pili  precisamente  nella  sottoregione  Papuana  (costituita  dalle  isolo  Papuane 
e  dalle  Molucche)  e  nella  parte  settentrionale  della  Nuova  Olanda,  che 
tanti  rapporti  ha  colla  sottoregione  Papuana. 

Delle  dieci  specie  conosciute  tre  vivono  sui  confini  dell'area  occupata 
dal  genere,  cioè  il  C.  ansimi  in  vive  nella  parto  settentrionale  d'Australia, 
il  C.  (jalealus  vive  nelle  Molucche  ed  il  €.  hcnnelti  nella  Nuova  Britannia; 
tutte  le  altre  invece  vivono  nelle  isole  Papuane  propriamente  dette,  cioè 
cinque  {C.  tricari/ncu/atus,  C.  becoarii,  C  iinnappendiculatus,  C.piclicoUis 
e  C.  papuanus)  nella  Nuova  Guinea,  una,  il  €.  bicanincuìaùiis^ueWQ  Isole  Ani, 
ove  si  trova  anche  il  C.  beccari i,  e  finalmente  una,  il  C.  occ/p/lah's,  in  Jobi. 

Delle  cinque  specie  della  Nuova  Guinea,  lasciando  per  ora  in  di.«;parte 
il  C.  tricarunculatus,  due  sole  sono  esclusive  di  quella  grande  isola,  il  C. 
ptipuanus,  proprio  della  penisola  occidentale-settentrionale,  ed  il  C.  picti- 
oo//is,  vivente  all'estremitti  opposta,  cioè  nella  penisola  orientale-meridionale, 
mentre  il  C.  hcxcarii,  che  vive  nella  parte  meridionale  e  centrale  della 
mi^desima  isola,  si  trova  anche  nelle  Isole  Aru,  ed  il  C.  vnoappendicnlatìis 
jiroprio  della  costa  occidentale  della  Nuova  Guinea  vive  anche  nella  vicina 
isfila  di  Salavatti. 

Dall'esame  della  distribuzione  geografica  delle  varie  specie  apparo  come 


TOMMASO    SALVADORI  177 

ciascuna  occupi  un'  area  distinta:  cosi  il  C.  unoappendicidaMs  è  la  sola 
specie  che  viva  in  Salavatti  e  sulla  costa  vicina  della  penisola  occidentale- 
settentrionale  della  Nuova  Guinea  fino  a  Tangion-Ram;  sulla  costa  orien- 
tale della  medesima  penisola,  e  più  precisamente  verso  settentrione,  vive 
il  C.  papuanus,  il  quale  si  estende  dalle  vicinanze  di  Borei  fino  ad  Em- 
berbaki  sulla  costa  settentrionale;  in  Jobi  vive  soltanto  il  C.  occipitalis, 
rappresentante  del  C  tmoappendicu/aius  ;  nella  penisola  orientale-meri- 
dionale della  Nuova  Guinea  si  trova  solo  il  C.  piclicoì/is,  rappresentante 
del  settentrionale-occidentale  C.  papuanuK;  nella  Nuova  Britannia  trovasi 
solo  il  C.  bennetli,  affine  al  C.  pictìcollis  ed  al  C  papuanus  ;  nella  parte 
settentrionale  della  Nuova  Olanda  vive  il  C.  auslnilis,  affine  al  C.  galeatus 
ed  al  C.  beccarli  ;  questo  occupa  da  solo  la  parte  meridionale  e  centrale 
della  Nuova  Guinea  estendendosi,  a  quel  che  pare,  verso  settentrione  fin 
presso  Wandammen  e  presso  Warbusi  sulla  costa  della  Baja  del  Geelwink 
e  verso  mezzodì  fino  nell'  isola  di  Vokan ,  una  delle  più  settentrionali 
delle  Isole  Ani,  nelle  quali  vive  anche  il  C.  bicaruncuìatus,  ma  non  nelle 
stesse  isole  nelle  quali  è  stato  trovato  il  C.  beccarii;  finalmente  soltanto 
in  Ceram.  vive  il  C.  fjaleatus. 

A  questo  fatto  dell'  occupare  ciascuna  specie  un'area  propria  e  distinta 
(sul  quale  ha  giustamente  insistito  lo  Schlegel  ')  farebbe  eccezione  il  C.  tri- 
carunculaiiis,  di  cui  il  Beccari  ha  ottenuto  l'unico  esemplare  che  si  co- 
nosca presso  Warbusi,  ove  sarebbe  stato  trovato  anche  il  tipo  del  C.  sal- 
vadorii,  Oust.,  che  sembra  riferibile  al  C  beccarli;  quella  circostanza,  se 
esatta,  avvalora  grandemente  il  mio  sospetto  che  il  C.  Iricarunculatus  sia 
specie  da  eliminare,  perchè  forse  fondata  sopra  qualche  accidentale  anomalia 
del  C.  beccarii.  Anche  di  questa  specie  e  del  C.  bicaninculatus  non  si 
può  dire  che  esse  occupino  aree  affatto  distinte,  giacché  il  tipo  del  C  bec- 
carii fu  ucciso  in  Vokan,  isola  molto  vicina  a  Wammcr,  ove  il  von 
Rosenberg  ha  uccisa  una  femmina  del  C.  bicarunculatìis. 

Quoy  e  Gaimard,  nel  Voyage  de  rUranie,  Zool.  p.  31,  dicono  di  aver 
trovato,  entro  capanne  abbandonate  di  Waigiou,  cinture  e  scacciamosche 
fatte  con  piume  di  Casuario,  la  quale  cosa  potrebbe  far  supporre  che  una 
qualche  specie  di  Casuario  si  trovi  anche  in  Waigiou,  a  meno  che  non  si 
voglia  supporre  che  quelle  piume  fossero  state  portate  in  Waigiou  dalla 
Nuova  Guinea,  o  da  Ceram. 

Anche  presso  la  Baja  di  Humboldt  vive  una  specie  di  Casuario;  il  von 


(1)  Muséum  des  Pays-Bas,  Slrulhiones,  p.  12. 
Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


178  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUARIUS 

Rosenberg  ',  che  ne  ha  osservato  le  pelli  adoperate  dagli  indigeni,  ha  sup- 
posto che  si  tratti  del  C.  papiianus,  la  quale  cosa  non  credo  verosimile; 
mi  sembra  molto  più  probabile  che  si  tratti  di  una  specie  non  ancora 
descritta,  a  meno  che  non  sia  il  C.  picticol/is,  od  il  C.  beccarii. 

L'Hutton  {Ibis,  1869,  p.  352)  asserì  che  due  esemplari  di  una  specie 
di  Casuario,  portati  viventi  in  Auckland,  provenivano  dalle  Isole  Salomone, 
ma  poscia  fu  riconosciuto  che  uno  di  essi  almeno  apparteneva  al  C.  bennetti 
(P.  Z.  5. 1872,  p.  150,  nota),  e  pare  che  la  provenienza  menzionata  fosse 
erronea  (P.Z.S.1 873,  p.  519). 

Aggiungo  un  quadro  nel  quale  è  indicata  la  distribuzione  geografica 
delle  10  specie  ammesse  in  questo  lavoro;  da  esso  appare  a  colpo  d'occhio 
come  nessuna  località,  ad  eccezione  di  Warbusi,  possegga  più  di  una  specie. 

(1)  Ber  Malayische  Archipel,  p.  563. 


TOMMASO    SALVADORI 


179 


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180  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUARIUS 


BIBLIOGRAFIA 


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2«  Panie,  pp.  155-171,  pi.  56-57,  1733;. 

(1760)  Brisson,  Ornilhologie,  V,  genus  Casuarii,  p.  10-14. 

(1816)  ViEiLLOT,  L.  P.,  Dictionnaire  d'Histoire  Naturelle,  Art.  TcMar,  V,  p.  345-347. 

(1819;  Merrem,  B.,  Beschreibung  des  Gerippes  eines  Casuars  'Casuarii  goleati),  nebst  einigen  bei- 
lUufigen  Bemerkungen  iiber  die  fiachbriistigen  Vogel  (Avcs  ralitaej  (Abhandl.  Berlin.  AUad. 
1817,  p.  179-198). 

(1822)  Geoffroy-Saimt-Hilaire,  Composition  des  appareils  génitaux,  urinaires  et  intestinaux  a  leur 
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Système  sexuel  du  Gasoar,  pp.45(J-456,  pl.2i;. 

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280;  1832,  pp.  273-370). 

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nelli,  Gould). 

(1858)  Gr.\y,  Dr.  J.E.,  On  the  Egg  of  the  Mooruk,  Casuarius  bennelU  {E  Z.  S.  1858,  p.  271,  pi.  CXLIVl. 

(1860)  Bennet  ,  Dr.  G.,  Gatherings  of  a  Naturalist  in  Aiistralasia;  London,  1860  (Chapter  XI.  The 

Mooruk  or  Gassowary  of  .\ew  Britain,  South  Pacific  Ocean  (Casuarius  bennetti) ,  pp.243- 
264,  pi.  IV.). 

»     BiYTH,  E.,  Letter  on  an  apparantly  new  species  of  Gassowary  (Casuarius)  (Ibis,  1860,  p.l93). 

u  —  Description  of  a  new  species  of  Gassowary  living  in  the  Menagerie  of  the  Babu  Ra- 
jendra  Mullick  at  Calcutta  (Jo«r«. /1j.. Soc.Benj.  XXIX,  pp.  27, 112  (1860);  XXX,  p. 185(1861). 
—  Ann. limi  mag.y'at.llisl.{'i)  VI,  p.113  (1860'  (Casuarius  uno-appendiculatus ,  BlythV 

B  ScLATER,  P.L.,  Un  the  Rheas  in  the  Society's  Menagerie,  with  Remarks  on  the  known  species 
of  Struthious  Birds  (P.Z.S.  1860,  p.  207-211  ;  Casuarius,  pp.  210-211)  (Casuarius  birarim- 
nclalus,  Sclat.). 

«  —  .Notes  on  Two  Struthious  Birds  now  living  in  the  Society's  Gardens  (Casuarius  bica- 
runculatiis)  (P.Z.S.  1860,  p.  247-250). 

»  —  On  the  Struthious  Birds  living  in  the  Society's  Menagerie  {Trans.  Zool.  .Sor.  IV,  Ca- 
suarius, pp.  357-360,  pi.  LXXl,  LX.Ml,  LXXlll,  LXXIV). 

(1861)  RosENBEnn ,  G.  von ,  Ueber  einen   iieuen    Gasuar  und   einige  andere  Vògel  von  .\eu-Guinea 

'Journ.  f.  Orn.  1861,  p.  44,  Taf.  1)  (disuarius  Kmipi,  Rosenb.)  (=  C.  uno-appendicutalus,  Blyth). 

»  Sclater,  P.  L.,  Remarks  on  the  late  Increase  of  our  knowledge  of  the  Struthious  Birds  (Rep. 
Bril.Atsoc.  1861,  l'art.  Il,  p.  158). 


TOMMASO    SALVADOEI  181 

(1862)  Schlegel,  Dr.  H.,  De  Kasuaris  met  een  lei,  Oisuorius  uni-appendiculnius  (met  eene  plaat) 

(Jaarb.  Zool.  Genotsch.  Nat.  Ari.  Mag.  1862,  pp.  195-200). 

(1863)  ScLATER ,  P.  L.,   Notes  on   the  Method   of  Incubation  among  the  Birds  in  the  Order  Stru- 

thiones  {P.Z.S.  1863  (The  Cassowaries),  p.234}. 

»         —        .Notes  on  the  Breeding  of  Bennett's  Cassowary  in  the  Society's  Gardens  (P.  ^.  5.  1863, 
p.  518-519;  1864,  p.271). 

..     Jouan,  H.,  Note  sur  le  Cascar  de  Nouvelle  Bretagne  (Mém.  Soc.  Se.  Nat.  Cherb.  IX,  p.  322-327. — 
Bev.et  Mag.  (le  Zool.  1867,  p.75;. 

(1866)  Schlegel,  Dr.  F.,  Die    Kasuare  unserer  zoologische   Garten    (Oer  Zoologische  Garlen  ,  1866, 

pp.  177-180). 

"     Schlegel,  H.,  Observations  Zoologiques  ^Casuaritts  uni-appendiculatus)  (Ned.  Tijdschr.  Dierk  III, 
p.250);  {Casuarius  bicaruncxilalus)  (ibid.  p.  347;. 

»     Scott,  W.l.,  Letter  on  the  .\ustralian  Casscwary  (P.Z.S.  1866,  p.557\ 

..     MiJLLER,  Dr.  F.,  Letter  concerning  the  Australian  Casscwary  (^lutra/asian,  15'''  Decomber  1866. 
—  P.Z.S.  18G7,  pp.  241-242)  {Casuarius  johnsoni,  Miill.)  [=  Causlralis,  Wall). 

(1867)  Caiìron,  J.,  Lettor  on  Casuarius  johnsoni  [Sydney  Heral/Ì,  8">  February  1867.  —    P.  Z.  S.  1867, 

p.  473-474). 

).     IvREFFT,  G.,  Description  of  a  .New  Species  of  Cassowary  from   .Northern   Queensland  (Sydney 
Herald,  8"'  February  1867.—  P.Z.S.  1867,  pp.  482-483)  (Casuarius  johnsoni). 

«     Bennet,  G.,  Letter  relating  to  the  rediscovery  of  Casuarius  autlralis  [P.  Z.  S.  1867,  pp.  473-474). 

(1868)  ScLATER,  P.  L.,  Exhibition  and  Remarks  upon  a  skin  of  the  .\ustralian  Cassowary   [P.  Z.  S. 

1868,  pp.  376-377). 

(1869)  Krefft  ,  G. ,  Letter  roncerning  the   Australian    Cassowary  (Casuarius  auslralis)  {Bis,  1869, 

p.  348-350). 

(1871;  G.  R.  Gray,  Hand-Lìsl  of  Birds,  111,  Casuarius,  p.2. 

*     Schlegel,  H.,  Observations  Zoologiques  (Ned.  Tijdschr.  Dierk.  IV,  Casuarius  OenneUi ,  p.  53-54) 
(Casuarius  papuanus,  Rosenb.). 

»     Flower,  \V.  il,  On  the  Skeleton  of  the  Australian  Cassowary  (Casuarius  australis)  (P.Z.  S.  1871, 
p.  32-35). 

(1872)  ScLATER ,  P.  L.,  On  Kaup's  Cassowary  (Casuarius  haupi)  and  on  the  other  known  Species  of 

the  Genus  (P.Z.S.  1872,  pp.  147-150,  pi.  IX.). 

(1873)  Schlegel,  IL,  Muséum  des  Pays-Bas,  Slruthinncs  (Casuarius,  pp.  8-13). 

»     Rosenberg,  G.  von,  Ein  Wort  iiber  Casuarius  Kaupi  (Journ.f.Orn.  1873,  p.  390-391). 

(1874)  Sclater,  P.  L.,  Remarks  on  a  Cassowary  in  the  Society's  Gardens,  received  from   the  Zoolo- 

gical  Society  of  Amsterdam  in  1871  (P.Z.S.  1874,  pp.  247-248)  (Casuartiis  uestermanni,  Sclat.) 
(=  C.  papuanus,  Rosenb.). 

«     Ramsay,  e.  P.,  Letter  addressed  to  the  Secretary  concerning  a  Cassowary  (Casuarius  auslralis) 
intended  for  the  Society's  Collection  ^P.Z.S.  1874,  p.  325;. 


182  MONOGRAFIA    DEL    OEX.    CASUARIUS 

(1875)  Sci.ATER,  P.  L.,  Further  remarks  on  the  Cassowaries  living  in  the  Society's  Gardens,  and  on 
other  Species  of  the  genus  Casmrius  [P.Z.  S.  1875,  pp.  84-87,  pi.  XVIII,  XIX,  XX)  {Casuarius 
picticoUis,  Sclat.  et  C.  heccarii,  Sclat.)- 

■  —  Remarks  on  the  skin  of  a  chick  of  a  Cassowary  {Casuarius  piclicollis)  !P.  Z.  S.  1875, 
p.  3 '.!)). 

»         —        Remarks  upon  Casuarius  becrarii  {ibid.  p.527) 

»        —        On  Cassowaries  {Nature,  XII,  p.  516^. 

»  Beccari,  0.,  Lettera  ornitologica  di  0.  Recoari  intorno  agli  Uccelli  osservati  durante  un  suo 
recente  viaggio  alla  Kuova  Guinea  {Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  VII,  p.  704-720)  {Casunrius  tricarun- 
eulalus,  Becc). 

o  Salvadohi,  T.  (Note  alla  Lettera  ornitologica  di  0.  Beccari)  {ibid.  p.  718)  {Casuarius  occipilalis, 
Salvad.)- 

(1877)  Harting,  J.  E.,  Ostriches  and  Ostrich  farming.  London.   1877  (Casuarii,  T.hapter  V-XIII, 

pp.  95-1 30). 

»  Ramsay,  e.  P.,  Notes  on  the  Australian  Cassowary,  G.  auslralis,  Wall  {Pr.  Linn.  Soc.  N.  S.  W.  II, 
pp.  376-377,  pi.  XI). 

(1878)  Sci.ATER,  P.  L.,  Exhihition  and  remarks  upon  a  skin  of  a  Cassowary  in  the  Collection  of  the 

British  Museum  (P.  Z.  S.  Febr.  19,  187S,  pp.  212-214). 

..  OusTALET,  E.,  Ohservations  nouvelles  sur  les  Oiseaux  coureurs  de  la  Papouasie  Ass.  Se.  de 
Prancc,  Bullet.  n.539,  pp.  349-35,  23  Févr.  1878)  [Casuarius  salvadorii,  Oust.). 

,  —  Description  d'une  nouvelle  espèce  de  Casoar  {Casuarius  edwardsi)  (P.  Z.  S.  Aprii  2<i , 
1878,  pp.  389-390,  pi.  XXI)  (=  C.  papuanus,  Rosenb.). 

»  Meyer,  a.  B.,  IJeber  einen  Papuanischen  Kasuar  in  Dresdner  Museum  (.Inurn.  f.  Orn.  1878 
(13  Aprii),  pp.  199-203). 

»     Salvadori.T.,  Intorno  ad  alcune  specie  di  Casoari  poco  note  {Ann.  Mus.Civ.Gen.XÌÌ,  pp.  419-425). 

»  Meyer,  A.  B.,  Nachschrift  zìi  den  Aufsatze  «  Ueber  einen  Papuanischen  Casuar  «  in  diesem 
Journ.S.  199  u  ff.  Unum.  f.  Qm.  1878,  pp.  299-300). 

;1879)  Editors  of  the  Ibis,  List  of  the  known  Species  of  Cassowaries  {Ibis,  1879,  p.  96). 

Pelzeln,  a.  von,  Letter  relating  to  yotornis  mantelli a.nd  Casuarius  bercarii  {Ibis,  1879,  pp.  376-377). 

(1880)  PowEi.L,  W.,  Field   notes  on  the  Morroop,  Casuarius  bennetti,  of  New  Britain  (P.  Z.  S.  1880, 
pp.  493-495). 

(188!)  Pbi.zei,n,  a.  von.  Note  on  the  Egg  of  Casuarius  becc^rii,  Sclater  {Ibis,  1881,  pp.  401-402). 


TOMMASO    SALVADOR!  183 

Orbo  STRUTHIOIES 

Fam.  casuariidae 

Gen.  CASUARIUS,  Briss. 

Typus : 

Casuarius,  Briss.,  Orn.  V,  p.  10(1760)  —  Lath.,  Ind.Orn.  !I,  p.  664  (1790).    Slrulhio  nisuarius,  Linn. 

Rhea,  Lacép.  (nec  Lath.),  Mém.  de  l'Inst.  HI,  p.  519  (18U0-I). 

Hippalectryo,  Gloger ',  Gemeinn.  Ilandb.  (1842) Slrulhio  rasnarius^lÀnn. 

nostrum  leviler  compressum,  angustutn,  oblusiim.  l'yons  et  oerlex  lubere,  seu  galea  magna, 
ossea  lodi.  Carunculai\  seu  palearia  in  cullo  aiilice.  Narrs  suhrolundatae,  versus  apicem  roslri  in 
sulco  longo  sitae.  Ala  parva,  prò  remigibus  primariis  srapis  fere  quinque  vel  sex,  crassis,  coriieis, 
subaculis,  pogonio  carenlibus  armata.  Cauda  vix  ulla.  Unguis  pedis  intemus  longus  ,  validus  ; 
ovines  crassi,  sitbacuti.  Plumae  duplices  (hypoplilo  magnu)  setosae. 

Hab.  in  Moluccis,  Papuasia,  Nova  Hollandia  seplenlrionali. 

Le  specie  del  genere  Casuarius  si  possono  dividere  in  due  gruppi  a  seconda  della 
forma  del  casco  ;  in  uno  di  questi  gruppi  il  casco  è  compresso  lateralmente  e  la  faccia, 
o  spigolo  posteriore  è  più  o  meno  sottile  e  diritto  o  rivolto  all' indietro;  a  questo 
gruppo  appartengono  cinque  specie:  il  C  f n'cariaiculatus,  sTpecìc  dubbia,  il  C.  h/ca- 
runculatits,  il  C.  (jntratus,  il  C.  australis  ed  il  C.  he.ccurii,  cui  io  ho  riunito  anche 
il  C.  salvadorii,  sebbene  non  sia  inipo.ssibile  che  questo  costituisca  una  specie  distinta. 
Quelle  cinque  specie  alla  loro  volta  si  possono  distinguere  pel  numero  e  per  la 
disposizione  delle  caruncole  e  pei  colori  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo. 
Nel  secondo  gi'uppo  il  casco  ha  distintamente  la  forma  di  piramide  triangolare  colla 
faccia  posteriore  più  o  meno  larga  e  diretta  obliquamente  all'innanzi  ;  a  questo  gruppo 
appartengono  pure  cinque  specie:  il  C.  unouppendiculatus.,  il  C.  occipitaìis,  il  C. 
papiiduas,  il  C.  pictlcollis  ed  il  C  hennetti;  le  prime  due  presentano  sulla  parte 
anteriore  del  collo  una  caruncola  mediana  piriforme  indivisa ,  che  manca  affatto  nelle 
altre  tre  specie,  e  le  une  e  le  altre  si  distinguono  allo  stato  adulto,  come  quelle  del 
primo  gruppo,  pei  colori  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo.  Nella  seguente  chiave 
sono  indicati  i  principali  caratteri  pei  quali  si  possono  distinguere  le  dieci  specie  anno- 
verate in  questo  lavoro. 

Clavis  specierum  generis  ('asuarii  : 

I.  Casside  lateraliter  compressa  : 
a.  palearibus  tribus,  uno  medio  parvo  inferiore ,  duobiis  lateralibus  et 

superioribus  majoribus Ì.C.  Iricarunculatus. 

h.  palearibus  duobus  : 

a.  palearibus  valde  distantibus "..'.     u   bicarunculalus. 

h.  palearibus  proximìs: 
a',  minor,  casside  hreviore  et  superius  crassiore;  ungue  digiti  in- 
terni breviore 3.    «   galeaius. 


(1)  Ex  auctore  antiquo,  nomine  omisso,  sed  verisimiliter  ex  .Aeschylo,  qui   «  Hippalectrionem  u 
in  tapete  persico  pictam  affert  {Sundevall). 


184  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUARIUS 

h'.  major;  casside  altiore  et  superius  subtiliore;  ungue  digiti  interni 

longiore k.    C.  auslroiis. 

e.  paleari  unico,  magno,  ad  apicem  plus  minusve  profunde  diviso  .     .    5.    ■<   beccarii. 
II. Casside  pyramidali  triquetra,  facie postica  piana  et  antrorsum  inclinata: 

a.  paleari  unico,  pyriformi,  medio  et  collo  imo  flavis: 

a',  paleari  majusculo,  capite  et  collo  sunimo  caeruleis 6.    ■•   unoappendii-ulalus. 

b'.  paleari  minusculo,  capite  et  collo  summo  caeruleis,  macula   lata 

occipitali  flava 7.     »   occipitalis. 

b.  palearibus  nullis  : 

a.  capite  et  collo  versicoloribus  : 

a',  gula  caerulea,  collo  imo  postico  rubro-aurantio 8.     »  papuanus. 

b'.  gula  rubra,  cervice  caerulea 9.    «  piclkollis. 

b.  capite  et  collo  caeruleis,  fere  unicoloribus 10.    »   bermetli. 

Sp.  1.  Casuarius  tricarunculatus,  Becc. 

Casuarius  tricarunculatus,  Becc,  .\nn.Mus.  Civ.  Gen.  \\ì,  p.  717  (1875'  (Warbusi).  —  Sclat., 
Ibis,  1876,  p.2'iD.—  Id.,  P.Z.S.  1878,  p.214.—  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.203.  —  Salvad.,  Ann. 
Mus.  Civ.  Gen. XII,  p.'il9  (nec  p.  i20)  (187,8:.  -  Sclat.,  Ibis.  1879,  p.  96.— Salvad.,  Ibis,  1879,  p.  10.5 
{partim). 

Casside  u/t  in  C.  galealo  lateralilcr  compressa;  palearibus  tribus,  uno  medio  inferiore  parvo, 
iluobus  lalernlibus  el  superioribus  majoribus. 

Ilab.  in  Papiiasia  —  .Nuova  Guinea,  prope  Warbusi  [Beccari). 

Questa  specie  finora  è  imperfettamente  conosciuta;  la  sua  esistenza  riposa  sopra 
un  solo  giovane  individuo,  avuto  vivo  dal  Beccari  a  Monni  presso  Warbusi,  località 
posta  un  po'  più  al  sud  di  Uorei;  ecco  le  parole  del  Beccari  (7.  e.)  intorno  al 
medesimo  : 

«  A  Monni  presso  A\'arbusi  ho  comperato  un  piccolo  C'asoar ,  che  forse  è  una 
specie  nuova,  ma  non  è  ancora  abbastanza  sviluppato  per  mostrare  tutti  i  caratteri 
differenziali;  è  però  distintissimo  da  tutti  quelli  indicati  dallo  Schlegel  per  la  dispo- 
sizione delle  caruncole,  che  sono  collocate  molto  diversamente,  vale  a  dire  due  grandi 
distinte  in  alto  ed  una  j)iccola,  sferica,  più  in  basso,  solitaria  e  mediana.  Il  casco  non 
è  ancora  sviluppato ,  ma  è  probabile  che  debba  essere  elevato  e  compresso  (lateral- 
mente) ».  Queste  parole  il  Beccari  scriveva  da  Dorei  il  5  Giugno  1875;  più  tardi, 
scrivendo  da  Ternate  il  4  Agosto  1875,  dopo  aver  parlato  del  C.  impuaniia  e  del 
C.  unoappenilìculfitiis,  egli  dice:  «  Ho  tuttora  vivo  un  individuo  di  un'altra  specie 
trovata  a  AVarbusi,  e  che  chiamerei  volentieri  C.  tricarunculatus,  perchè  ha  tre  carun- 
cole che  vanno  sempre  più  svilu]ipandosi il  suo  casco  non  è  ancora  bene  sviluppato. 

ma  mi  sembra  che  tenda  a  prendere  una  forma  simile  a  quella  del  casco  del  Casoar 

di  Ceram  e  di  Ara Sembra  positivo  che  questo  C.  tricarunculatus  si  trovi  anche 

in  Salvatti  '>. 

L'individuo  suddetto  fu  affidato  dal  Beccari  alle  cure  del  sig.  Bruijii  in  Ternate, 
nella  speranza  che  sarebbe  diventato  perfettamente  adulto.  Il  sig.  Laglaize  mi  ha 
detto  che  aveva  visto  questo  individuo  l'ultima  volta  nel  Luglio  del  1877,  che  con- 
servava ancora  l'abito  giovanile  di  color  bruno  ed  il  casco  poco  elevato  e  che  notevo- 
lissime erano  sempre  in  esso  le  tre  caruncole.  Egli  avrebbe  inteso  dire  dai  cacciatori 
malesi,  cui  (luesta  specie  sarebbe  nota,  che  essa  si  trova  anche  presso   Wandammen. 

Io  credetti  di  aver  riconosciuto    un    secondo    individuo    di    questa    specie    in    un 


TOMMASO    SALVADORI  185 

esemplare  inviato  dal  Laglaize  al  Conte  Turati,  e  di  esso  io  feci  menzione  in  una  mia 
nota  intitolata  Intorno  ad  alcune  sprcir  di  Casoar  poco  note  (An.  Mus.  Civ.  Gen. 
XII,  p.  420),  ma  dopo  che  esso  fu  montato  la  caruncola  mediana,  che  appariva  nella 
pelle  disseccata,  scomparve,  per  cui  conviene  dire  che  essa  non  fosse  una  vera  caruncola, 
ma  una  semplice  piega  cutanea  che  ne  aveva  l'apparenza.  L'esemplare  del  Museo  Turati 
sembra  riferibile  al  C  salvadorii.  Dopo  ciò  l'esistenza  del  C.  tricarimculatus  riposa 
ancora  soltanto  sull'esemplare  menzionato  dal  Beccari  e  che  ignoro  se  sia  ancora  vivo. 
L'Oustalet,  discon-endo  del  tipo  del  C.  salvadorii,  lo  dice  proveniente  da  Warbusi, 
che  egli  colloca  al  fondo  della  Baja  del  Geelwink,  la  quale  cosa  non  è  esatta,  tro- 
vandosi invece  Warbusi  molto  più  a  settentrione  sulla  costa  occidentale  della  stessa 
baja;  è  egli  possibile  che  l'Oustalet  invece  di  Warbusi,  volesse  scrivere  AVandammen, 
che  realmente  si  trova  nel  fondo  di  quella  baja?  Sarebbe  importante  di  poter  verificare 
questa  cosa,  giacche  se  realmente  si  tratta  di  Wandammen,  il  tipo  del  C.  salvadorii 
proverrebbe  dalla  stessa  località  d'onde  è  venuto  il  tipo  del  C.  alfijugus,  Sclat..  che 
è  stato  già  identificato  col  C.  salvadorii,  e  (a  meno  che  non  si  voglia  suppori'e  che 
il  C.  tricarimculatus  non  sia  una  buona  specie,  ma  fondato  sopra  una  qualche  ano- 
malia del  C  beccarti,  cui  sembra  riferibile  il  C.  salvadorii)  non  avremmo  la  singo- 
larità del  trovarsi  presso  Warbusi  due  specie  di  Casuari,  cioè  il  C.  tricarimculatus 
ed  il  C.  salvadorii,  mentre  in  nessun' altra  località  si  è  trovata  finora  più  di  una 
specie  di  Casuario. 

Sp.  2.  Casuarius  bicarunculatus ,  Sclat. 
Tav.  I,  fig.  I  '  (nx  Goiild,  B.  New  Guin.  pt.  XII,  pi.  13)*. 

Casuarius  bicarunculatus,  Sclat.,  P.Z.  S.  )860,  p.  211,  248,249,  f.6  (juv.e.v  patria  ignota)  (Tipo 
esaminato).—  Id.,  Ibis,  1860,  p.310.— Id.,  Ann. and  MaR.  Nat.  Ilist.  ser.  Ili,  voi.  VI,  p.  1  H  (nota)  et 
p.145  (1860).—  Id.,  Ibis,  1861,  p.312.  —  Id.,  Tran.-;.  Zool.  Soc.  IV,  p.358,  fÌR. /^  pi.  LXXIII  (1862)  — 
Crisp.,  P.Z.  S.  1862,  p.  137  {cislifdlm).  —  Schleg.,  Jaarb.  zool.  Genotscb.  Nat.  Art.  Mag.  1862,  p.  198 
(1862).—  Finsch,  Neu-Guinea,  p.  180  (!865).  —  Sclat.,  P.Z.S.  1866,  p.  168.— F.  Scbleg.,  Zool.Gart. 
1866,  p.  178.  —  Schleg.,  Ned  Tijdsclir.  Dierk.  Ili,  p.  2.'»0,  ÌM  (1866).—  Id.,  Dierent.  Vogels,  p.239. 
—  Id.,  in  Rosenb.,  Rcis  naar  zuidoostereil.  p  .V>'  (notai  (1867).  —  Sclat.,  P.Z.S.  1869,  p.  149.  — 
G.R.Gr.,  Hand-List,  III,  p.  2,  sp.  9849  (1871).—  Gieb.,  Thes.  Orn.  I,  p.  .595  (1872).—  Sclat.,  P.Z.S. 
1872,  p.l50,  49.5,  pi.  XXVI.  -  Garrod,  P.Z.S.  1873,  p.  470,  644.  —  Sclat.,  P.Z.S.  1873,  p.519.— 
Schleg.,  Mus.  P.  B.  Struthiones,  p.  10  (1873).—  Rosenb.,  .lourn.  f.  Orn.  1873,  p.  39u.—  Id.,  Reist. 
naar  Geeiwinkb.p.  117  (1875).  —  Sclat.,  P.  Z.  S.  1875,  p.87.  —  Id.,  Guide  to  the  Gardens  of  the 
Z.  S.L.  p.57  (1877).—  Harting,  Ostr.and  Ostr.  Farm.  p.  110  (1877).  —  Salvad.,  Ann.  Mus. Civ.  Gen, 
XII,  p.346  (1878)  (Ad.  nel  Museo  di  Brenna).—  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  203.  —  Id.,  Ibis,  1879 
p.96.  —  Rosenb.,  Malay.  Archip.p.  373  (1878-79;.—  Sclat.,  List  Vert.  Anim.Z.  S.L.  ed.  VII,  p.  472 
(1879.—  Gould,  B.New  Guin.  pt.  XII,  pi.  13  (1881). 

?  Casuarius  galeatus,  Wall,  (nec  Vieill.),  Ann.  and  Mag.  Nat.  Hist.  XX,  p.  477  (1857). 

?  Casuarius  emeu,  G.R.Gr.  (nec  Lath.),  P.Z.S.  1858,  p.l87  (sternum)  et  p.  196  (partim).  —  Id., 
Gat.  B.New  Guin.  p.  50,  61  (partim)  (1859).—  Finsch,  Neu-Guin.  p.  180  (partim)  (1865). 


(1)  I  disegni  coloriti  che  accompagnano  il  presente  lavoro  sono  stati  fatti  sotto  la  mia  direzione 
^dal  mio  amico  Dr.  Martorelli,  già  assistente  nel  Museo  Zoologico  di  Torino  ed  ora  Professore  di  Storia 

Naturale  nel  Liceo  di  Sassari  in  Sardegna. 

(2)  La  figura  di  questa  specie  è  stata  tratta  da  quella  dello  Sclater  (P.  Z.  S.  1875,  pi.  XXVI), 
ma,  avendo  io  ricevuto  durante  la  stampa  di  questo  lavoro  la  parte  XII  dell'opera  del  Gould,  Birds 
of  New  Guinea,  nella  quale  si  trova  la  figura  dell'individuo  perfettamente  adulto,  la  figura  1  della 
Tav.  I  è  stata  colorita  secondo  quella  del  Gould. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  , 


186  JIONOUKAFIA    DEI.    liEN.    CASrARIlS 

?  Casuariua  kaupi,  ('■.  R.  Or.,  P.  Z.  S.  1861,  p.  i38  (nec  Rosenberg,  neque  Sclater).  —  Hosenb., 
Naluiirk.  Tijclschr.  Nederl.Iiid.XXV,  p.  2.V2  (nec  p.  251)  (1S63).  —  Id.,  Journ.  f.  Urn.  1)^64.  p.  135  (nec 
|i.l34. 

Casuarius  aruensis,  Schleg.,  Ned.Tijdschr.  Dierk.  Ili,  p.347  (1866). 

Casuarius  galeatus,  Rosenb.  (nec  Vieill.),  Reis  naar  znidoostereil.  p  52  ,1867;. 

Knilari,  Abilanli  delle  Isole  Aru  [von  ìlosenberg). 

Casside  nigra,  latpralìter  compressa,  mrdiorri.  basi  xiricla;  capile  caeruko-i'irescenle ;  cullo 
caeruho;  ren'icf  inferius  nibro-minincpa :  paìcarilius  lateralihus  valle  dislanlibiis,  longis,  riibro- 
violaceis;  ptilosi  avis  adiillae  idgricunle,  juvenis  britnnvsrentP. 

Hab.  in  Papuasia  —  Ins.  .\ru  [M'aliare],  Wanimer  {voti  Bosenberg),  Kobroor  [von  lìonenberg). 

Questa  specie  appartiene  al  gruppo  di  ijuclle  rlie .  come  il  ('.  <jal<'<Uns .  hanno 
il  casco  compresso  lateralmente  e  non  appianato  posteriormente  ;  essa  si  distingue 
specialmente  per  aver  due  grandi  caruncole,  distanti  luna  dall'altra,  collocate  sui 
lati  del  collo;  inoltre,  secondo  lo  Sclater,  essa  si  distingue  anche  pel  casco  più  pic- 
colo di  ([uello  del  C.  r/K.Imfx.'i.  e  che  sorge  sul  vertice  con  una  base  molto  più  ri- 
stretta: pel  colorito  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo  l'adulto,  (juale  è  stato 
figurato  dal  Gould ,  somiglia  a  quello  del  C.  galentua  :  negli  individui  non  ancora 
al  tutto  adulti,  come  quello  figurato  dallo  Sclater.  la  testa  e  la  parte  superiore  della 
cervice  sono  di  colore  ceruleo-verde,  la  jìarte  inferiore  della  cervice  di  color  (jiaUo- 
ocraceo,  tutta  la  parte  anteriore  e  laterale  del  collo  di  color  azzuiTO  e  le  due  caruncole 
di  color  carneo-violaceo. 

Secondo  il  von  Rosenherg,  che  al  dire  dello  Schlegel  avrebbe  preso  le  .sue  note 
sopra  un  individuo  vivo  (giovane)  ora  esistente  nel  Museo  di  Leida,  il  becco  ed  il 
casco  sarebbero  di  colore  di  corno  volgente  al  giigio  cupo,  la  base  della  mandilìola 
inferiore  volgerebbe  al  rosso  grigio-brunastro,  lo  stesso  colore  si  osserverebbe  intorno 
alla  base  del  casco,  le  parti  nude  della  testa  e  del  collo  sarebbero  di  color  ceruleo- 
grigio  e  le  caruncole  di  color  rosso  mattone. 

Questa  specie  fu  descritta  nel  18(30  dallo  Sclater  sopra  un  individuo  giovane, 
vivente  nel  Giardino  Zoologico  di  Londra,  e  d'incerta  provenienza;  un  secondo  indi- 
viduo, anch'esso  giovane  e  d'incerta  località,  visse  nello  stesso  giardino  nel  1809  ;  questo 
proveniva  dal  giardino  zoologico  di  Rotterdam  ;  ambedue  morirono  prima  di  anivare 
all'età  adulta  ed  ora  sono  nel  Museo  Britannico. 

Un  terzo  individuo  vivo,  e  questo  adulto,  acquistato  nel  1872  dal  Jamrack.  che 
lo  aveva  comperato  in  Calcutta,  visse  pure  nel  Giardino  Zoologico  di  Londra  ;  esso 
mori  l'anno  seguente,  il  1"  Aprile  1873;  la  sua  spoglia  fu  donata  da  Lord  AA'alden 
al  Museo  dell'Università  di  Cambridge. 

Un  altro  inilividuo  adulto  viveva  nell'Ottobre  del  1877  nel  Giardino  Zoologico  di 
Londra,  ove  io  l'ho  visto;  questo  esemplare  è  stato  menzionato  soltanto  nella  Lista  degli 
animali  viventi  nel  Giardino  Zoologico  di  Londra,  settima  edizione  (1870,  p.  472).  sa- 
rebbe stato  acquistato  il  7  Marzo  1877  o  morì,  secondo  una  lettera  scrittami  dallo 
Sclater.  il  !)  Novembre  dello  stesso  anno.  Finalmente  un  esemplare  adulto,  d'ignota 
provenienza,  si  conserva  da  lungo  tempo  nel  Museo  di  Brema,  dove  io  l'ho  esaminato. 

Dobbiamo  al  von  Rosenberg  la  conoscenza  della  patria  di  questa  specie  ;  egli  ne 
raccolse  duo  individui   nelle   Isole  Aru,  una  femmina  quasi  adulta,  uccisa   il    1  ■'>  Aprile 


TOMMASO    SALVADOR!  Jgy 

.  18G5  in  AVamiuer.  piccola  isola  della  regione  Nord-Ovest  del  gruppo  di  Aru,  ed  una 
femmina  giovane  presa  viva  nell'isola  di  Kobroor;  le  spoglie  di  questi  due  individui 
si  conservano  nel  Museo  di  Leida  ,  ove  li  ho  esaminati  anche  io .-  uno  è  pulcino  : 
l'altro  è  grande,  ma  ancora  di  color  bruno,  e  quindi  non  è  una  femmina  adulta, 
come  dice  il  von  Rosenberg;  in  ambedue  le  caruncole  sono  perfettamente  separate, 
ma  non  tanto  quanto  negli  adulti  '. 

Sebbene,  come  si  è  detto,  la  scoperta  della  patria  di  questa  specie  si  debba  al 
von  Rosenberg,  tuttavia  la  prima  notizia  della  esistenza  di  una  specie  di  Casuario  nelle 
Isole  Aru  si  deve  al  Valentyn  (Vedi:  S.  Muli.,  Vcrhandl.  Land-  en  Volkenlc.  p.  109) 
e  nei  tempi  moderni  al  Wallace,  che  portò  imo  sterno,  ora  depositato  nel  Museo 
Britannico.  Questo  sterno  fu  riferito  dal  6.  R.  (iray  prima  al  C.  cmcii  (=r  C.  ga- 
Iratiis)  e  poi  al  C.  kaiipi  :  lo  Schlegel  invece  lo  ha  attribuito  al  C.  hicaruncuìatus  ; 
ma  ora  che  si  conoscono  due  specie  di  Casuari  delle  Isole  Aru  mi  pare  che  la  cosa  sia 
alquanto  incerta. 

Intorno  ai  costumi  di  questa  specie  ecco  ijuanto  ne  dice  il  von  Rosenberg:  «  Uno 
dei  giorni  di  caccia  più  importante  per  me  nelle  Isole  Aru  fu  il  15  Aprile  (1805), 
nel  quale  mi  riuscì  di  uccidere  la  femmina  quasi  adulta  di  un  Casuario,  che  più  volte 
aveva  veduta.  Tuttavia  alla  fine  fui  alquanto  deluso  nella  preda  di  questo  uccello 
(di  cui  il  Wallace,  malgrado  molte  ricerche,  potè  avere  soltanto  uno  sterno),  giacché 
mentre  io  aveva  sperato  di  trovare  anche  qui  il  C.  kaiqìi  (  =:  unodjìji'ìnliciilatKS . 
Blyth),  scoperto  da  me  in  Salvatti  nel  1800,  invece  quando  mi  avvicinai  all'uccello 
ucciso  vidi  giacere  ai  miei  piedi  un  C.  galeatus  '.  L'uccello  aveva  ancora  il  colore 
bruno-grigio  dell'abito  giovanile,  il  (juale  solo  negli  individui  adulti  si  cangia  in  nero, 
cominciando  dalle  piume  del  collo. 

«  AU'infuori  del  tempo  degli  amori,  che  nelle  Isole  Aru  avvengono  nei  mesi  di 
Giugno  e  di  Luglio,  i  due  sessi  vivono  separati.  La  femmina  fabbrica  una  specie  di 
nido  grossolano  fra  i  cespugli,  sul  nudo  terreno,  e  covale  uova  per  28  giorni,  mentre 
il  maschio  fa  la  sentinella  a  poca  distanza.  In  un  nido  non  si  trovano  mai  più  di 
cinque  uova,  collocate  su  due  linee,  che  s'hicontrano  ad  angolo  acuto  ^c^=. .  Fuori  del  nido 
si  trovano  sempre  uno  o  due  uova,  che  la  madre,  appena  i  primi  piccoli  sono  sbuc- 
ciati dall'uovo,  rompe  perchè  servano  loro  di  nutrimento.  In  schiavitù  questo  Casuario 
mangia  di  tutto;  ma  in  libertà  si  ciba  principalmente  di  frutta.  I  vecchi  maschi,  che 
vengono  feriti  durante  la  caccia,  assalgono  il  cacciatore,  che  può  chiamarsi  fortunato 
se  riesce  a  cavarsela  senza  gravi  ferite.  Questo  Casuario  vive  solamente  nelle  isole  più 
gi-andi  (?)  e  si  cliiama  nella  lingua  degli  abitanti  Kudari  ». 


(1)  Lo  Schlegel,  discorrendo  di  questi  due  individui  {Ned.  Tijdschr.  Dierk.  Ili,  p.  347),  dice  che 
il  più  giovane  dei  due  non  ha  traccia  di  caruncole  (la  quale  cosa  non  è  esatta),  e  che  nell'altro,  un 
po'  più  giovane  del  tipo  dello  Sclater ,  le  due  caruncole ,  sebbene  separate  da  uno  spazio  considere- 
vole, sono  molto  più  ravvicinate  che  non  nella  figura  b  che  si  trova  alla  pag.  249  del  Voi.  IV  delle 
Transactions  della  Società  Zoologica  di  Londra,  .aggiunge  lo  Schlegel  :  supponiamo  che  il  Casoar 
delle  Isole  .\ru  sia  identico  col  C.  hicaruncuìatus,  a  meno  che  non  si  voglia  farne  una  specie  distinta 
coU'epiteto  di  arnensis. 

(2}  Questo  è  un  errore  del  von  Rosenberg,  mentre,  come  ha  fatto  notare  lo  Schlegel,  si  trattava 
del  C.  hicarv.nculatus. 


188  MONOGRAFIA    DEI.    GEN.    CASVARIUS 

Probabilmente  a  <]uesta  specie  sono  da  rifeiire  anclie  le  osservazioni  del  Wallace 
intorno  ad  un  Casuario  delle  Isole  Aru,  che  anche  egli  eironeamente  chiama  Ca- 
suarius  gaìeutus :  «  il  gigante  delle  foreste  Aruane,  scrive  il  Wallace,  è  il  Casuario; 
esso  non  è  punto  raro  ed  i  giovani  sono  portati  in  gi'au  numero  a  Dobbo,  dove  ben 
presto  diventano  domestici  e  vanno  con-ondo  per  le  strade  e  beccando  ogni  sorta  di 
rimasugli.  Quando  sono  molto  giovani  presentano  larglie  fascio  di  im  bel  bruno  e  di 
color  fulvo  pallido;  a  poco  a  poco  essi  diventano  di  color  bruno  cliiaro,  e  finalmente 
neri  quando  saranno  adulti.  Essi  sogliono  riposare  appoggiati  sulle  loro  tibie  (?) ,  e 
dormono  giacendo  sul  petto  ;  sono  molto  scherzevoli ,  rovesciandosi  sul  dorso  e  sal- 
tellando nella  maniera  più  ridicola  con  tutti  gli  atti  di  un  piccolo  gatto  ». 

Sono  state  fatte  alcune  osservazioni  anatomiche  intorno  a  questa  specie:  dal  Crisp 
intomo  alla  cistifellea,  che  sarebbe  molto  più  somigliante  a  quella  dei  mammiferi  che 
non  a  quella  degli  altri  uccelli,  e  dal  Garrod,  che  indica  la  presenza  di  due  carotidi 
come  nel  C.  henni-ttU,  nel  Dromneus  novae  ìiollaniìiae  e  nello  Stntfhio  camelus,  e 
che  descrive  la  disposizione  di  alcuni  muscoli. 

Sp.  3.  Casuarius  galeatus,  Vieill.  '. 
Tav.  I,  fìg.  -2  (ex  Sclat.,  Trans.  Zool.Soc.  IV,  pi.  LXXI). 

Casuarius,  Olear..  Mus.23,  1. 13,  f.2.  —  Alh,  Av.  2,  p.  .i6,  t.CO.  —  Frisch,  A.v.  t.  )U5.  —  Briss.,  Orn.  V, 
p.  IO,  1.1,  f.  2  (1760). 

Cela,  Moehr.,  Av.  Gen.  56. 

Emeu,  Dodart,  Mem.  377.  —  Raj,  Av.  36.  —  Clus.,  Kxot.  97,  t.  98.  —  Bont.,  -iav.  71.  —  Willu^by, 
Orn.ior),  1.25.—  Jonst.,  Av.  172,  t.  56.  —  Aldrov.,  Orn.3,  p.  541,  t.5^1.—  Alb.,  Av.  2,  p.39,  t.  6U. 

Struthio  casuarius,  Linn.,  Syst.  .Nat.  1,  p.  265,  n.2  (1766).—  Gm.,  Syst.  Nat.I,  p.  726,  n.  2  (1788). 

Galeated  Cassowary,  Lath.,  Syn.lII,  1,  p.  IO,  n.l,  t.  72. 

Le  Cascar,  Perr.  et  Diivern.,  Mém.  Ac.  Se.  depuis  1666-1699,  Tom.  Ili,  2»  part.  p.  155,  pi.  56,  57.  — 
Montheill.,  Hist.Nat.Ois.il,  p.  59. 

Cascar  des  Indes  crientales,  D'Aubent.,  PI.  Eni.  313. 

Casuarius  Emeu,  Lath.,  Ind.  Orn.II,  p.  661,  n.l  (1790)  -  Dnrn.,  Dict.  Se.  .\at.  VII,  p.  199  1817) 
((^eram).—  Less.,  Man.  d'Orn.II,  p.209  (partim)  (1828)  (excL.Nova  Guinea).—  Id.,  Voy.  Coq.  Zool. 
I,  pt.  2,  p.7ll  (pnrfim)  (1828).-  Id.,  Tr.  dOrn.  p.  7,  pi.  2,  fi  (1831)  (ex  Gerani,  lìouru  (!  ,  Nova 
Guinea  (!!!).—  Temm.,  Tabi.  MiHh.  PI  Eni  I,  p  88  (18i0).  -  G.  U.  Gr.,  Gen.  15.  Ili,  p.  528  (/;nr/im) 
(1844).—  Gulliver,  P.Z.S.  1848,  p.  37  (eorpiiseoli  del  sanguo).  —  Bp.,  Compi.  Rend.  XLIII,  p  8'il, 
sp.6  (1856).—  G.R.Gr.,  P.  Z.  S.  1860,  p.  362.  —  b'insch,  Neu-Guin.  p.  180  (p«r((in)  ;I865).— G.R.Gr., 
iland-List,  III,  p.  2,  sp  9848  (1871).—  Schleg.,  Mus.  P.  B.  5/ru//iionej,  p.9  ,1873).  — Gulliver,  P.Z.S. 
1875,  p.  188. 

Casuarius  casuarius,  HI.,  Prodr.  Mamm.et  Av.p.247  (1811). 

Casuarius  galeatus,  Vieill.,  Nouv.  Diet.  V,  p.  345,  pi.  C,  II,  f.  1  (1816).  —  Merrem,  Abh.  Beri. 
Ak.  1819.  p.  179.  —  Steph.,  Gen.  Zool.  XIV,  2,  p.432,  pi.  29  (1819;.  -  Ranz.;  Klem.ZooI.  Ili,  pu  1, 
p.  97(1821).  —  Vieill.,  Kne.Méth.  p.4,pl.1,  1.2  (1823).  —  Id.,  Gal.  Ois.  Il,  p.  77,  pi.  225  (1825).— 
Merrem,  Erseh.  Grueher's  Encycl.  XV,  p  348  (1826).  —  .Utum,  .lonrn.  f.  Orn.  1854,  p.  XXVIl.— 
Gould,  P.Z.S.  18.57,  p.  269.—  Bennet,  P.Z.S.  1857,  p.  720.  —  llomeyer,  Jonrn.  f.  Orn.  1859,  p.365. 

-  Sclat.,  Ibis,  1859,  p.  115.-  Id.,  P.Z.S.  1860,  p.2IO,  250.—  Blyth,  Ibis.  1860,  p.  307.  —  Sclat., 
Ibis,  18110,  p  310.  —  Id.,  Ann.  and  Mag.  .\at.  Ilist.  (ser.  Ili)  voi.  VI,  p.  H5  J860\  —  Rosenb., 
.lourn.  f.  Orn.  1S6I,  p.  45.  —  Blyth,  Ibis,  1862,  p.  78.  —  l'.risp,  P.Z.S.  1862,  p    137  (ei.stifellpa). 

—  Sclat ,  Trans.  Zool.  Soc.  IV,  p.  3.58,  f.  n.  et  360  (nota)  pi  71  (1862).  -  Schleg.,  Jaarb.  zool.  Genotseh. 
Nat  Art.  Mag.  1862,  p.l96  —  Selat.,  P.Z.S.  1863,  p.234.  —  Id.,  P.Z.S.  1866,  p.  168.  —  Sehieg., 
Dierent.  Vogels,  p.  238.  —  F.  Schleg.,  Zool.  Gart.  1866,  p.  177.  —  Sclat.,  P.Z.S.  1867,  p.  179.  - 

(r  Questa  specie,  per  ragione  di  priorità,  dovrebbe  essere  chiamata  col  nome  di  Casuarius  emeu, 
Lath.,  ma  siccome  il  nome  Emeu  ù  quello  volgare  delle  specie  del  genere  Dromaetts  e  l'adoperarlo 
per  una  specie  del  genere  Casuarius  potrebbe  ingenerare  confusione,  perciò  generalmente  si  usa  a 
preferenza  il  nome  di  C  yalealus,  sebbene  posteriore. 


TOMMASO    SALVADOKI  189 

Muller,  P.Z.S.  1867,  p.  242.  —  Krefft,  P.Z.S.  1867,  p.183.—  Sclat.,  P.  Z.  S.  1868,  p.  376.  —  Id., 
P.Z.S.1869,  p.628.  -  Wall.,  Malay  Arch.  Il,  p.  150  (1869).  -  Flower,  P.Z.S.  1871,  p.  32,  33,  34, 
35.  —  Sclat.,  P.Z.S.  1872,  p.  \hi),  i9',.  —  Gieb.,  Thes.  Urn.  I,  p.  595  (1872).  —  Oarrod ,  P.Z.S. 
1873,  p.  G4'i.  —  Rosenb.,  Journ.  f.  Oni.  1873,  p.  39U.  —  Kalliusiu.s,  .lourn.  f.  Orri.  1874,  p.  10.  —  Sclat., 
P.Z.S.  1875,  p.  86,  87.— IIarling,Ostr.  and  Ostr.  Farm.  p.  103,  ciim  tabula  (1877).—  Sclat.,  P.Z.S. 
1878,  p.  80,  214.  —  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  202.  -  Kathus.,  Journ.  f.  Orn.  1879,  p.  346. 
—  Ibi.s,  1879;  p.96  -  Pelz.,  Ibis,  1879,  p.  376.  -  Rosenb.,  Malay.  Archip.  p.323  (1879).—  Sclat., 
List  Vert.An.Z.  S.  L.  1879,  p.472.  —  Id.,  P.Z.S.  1880,  p.315. 

Casuarius  orìentalis,  S.  Muli.,  Verh.  Land-  eri  Volkenk.  p.  109  (panini  (1839-184'i)  (ex  Ceram 
tantum,  minime  ex  Nova  Guinea). —  Hartl.,  Journ.  f.  Orn.  1854,  p.  257. 

Javanese  (!:  Cassowary,  Gnlliver,  P.Z.S.  1846,  p.  26. 

Hippalectryo  casuarius,  Sundev.,  Metli.  nat.  av.  disp.  tent.  p.  152  (1872). 

Casuarius  javanicus  (!),  Gulliver,  P.Z.S.  1875.  p.  478,  488. 

Casuarius  beccarii,  Pelz.  (nec  Sclat.';,  Ibis,  1879,  p.  376-377  (esemplari  vivi  nel  Giardino  Zoolo- 
gico di  Schoenbrunn).  -  Id.,  Ibis,  1881,  p.  401  (ovo|. 

Medius  niger;  caamle  laleraliler  compressa,  alla,  margine  superiore  crassiusculo ,  latere  po- 
slfrìore  fere  prrpewUculari ,  valdn  ìtrevinrp  qunm  anteriore;  capile  pallide  cacruleo-viresccnte, 
collo  caeruleo-violacco,  pwtlice  rubro  ;  area  nuda  ulrinque  rulli  lalirum  rubro-violacea,  aiitice  cae- 
ruleo  marginata;  palearihus  duobus  proximis  rubro-carnds. 

Long.  lol.  circa  r",:)50  ;  rostri-  liial.  0"',125;  larsi  0"',2G0;  ung.  dig.  ini.  0"',080. 

Ilah.  in  Moluccis  —  Ceram  {Dumonl,  Forslen,  Wallace,  Reccari);  ?  Aml)oina  {Beccarij. 

Ho  esaminato  molti  esemplali  di  (luesta  specie,  tra  i  i^uali  i  seguenti  raccolti  dal 
Beccari  in   Ceram: 

fi  (_)  cT  Ceram  Dicembre  1874  (B.). 

Individuo  adulto  colle  piume  nere,  col  casco  alto  e  bene  sviluppato. 

h  (— )  —  jun.  Ceram  1873  (C). 

Individuo  non  al  tutto  adulto,  uu  poco  più  piccolo  del  precedente,  col  casco  più 
piccolo,  colle  caruncole  più  brevi  e  colle  piume,  specialmente  delle  parti  posteriori  ed 
inferiori ,  in  parte  brune.  L'area  nuda  sui  lati  del  collo ,  invece  di  essere  di  color 
rosso-violaceo  e  marginata  di  azzurro  antorioi-niente,  come  nel  precedente,  ò  percorsa  da 
linee  discendenti  azzurre,  se  pure  quelle  {)arti  sono  state  esattamente  colorate  nel- 
l'esemplare che  è  conservato  nel  Museo  Civico  di  Genova. 

e  (— )  9  juv.  Wahai  (Ceram)  1874  (C). 

Individuo  giovane  di  color  bruno  ,  molto  più  piccolo  del  precedente,  col  casco 
appena  incipiente ,  col  capo  e  col  collo  ricoperti  ancora  di  brevi  piume  ;  le  due 
caruncole  brevissime;  la  pelle  della  testa  e  del  collo  di  colore  azzurro,  la  cervice  di 
colore  giallo-ocraceo. 

(Questa  specie  appartiene  al  gruppo  di  quelle  col  casco  compresso  lateralmente  ; 
essa  ha  due  caruncole  sulla  parto  anteriore  del  collo,  contigue  fra  loro  e  per  questo 
carattere  somiglia  al  C.  australis  del  Capo  York  più  che  non  a  qualunque  altra 
specie.  Secondo  lo  Sclater  (P.  Z.  S.  18G8,  p.  37G)  le  due  specie  differirebbero  nei 
seguenti  rispetti:  1"  nella  forma  del  casco,  il  quale  nel  C.  mistraìis  sarebbe  più  ele- 
vato ed  estremamente  compresso  verso  i  margini  ;  2"  nei  tarsi  più  gl'ossi  e  più  robusti 
nel  C.  onstraìis,  nel  quale  inoltre  l'unghia  del  dito  interno  sarebbe  più  lunga  e  più 


190  MONOGRAFIA    DEL    GEX.    CASIARIIS 

diritta  :  3*  nel  bel  colore  azzurro-cobalto  della  pelle  nuda  della  gola  e  della  parte 
anteriore  del  collo  nel  C.  austraìis,  mentre  le  stesse  parti  nel  C  galeatus  sono  di 
color  violetto  cupo.  Finalmente  pare  che  il  C.  austrnlis  giunga  a  dimensioni  maggiori 
di  quelle  del  C.  (jalcatus.  Lo  Sclatcr  ha  fatto  anche  notare  che  le  caruncole  del  C. 
austraìis  sono  sparse  di  rari  peli,  i  quali  mancano  nelle  altre  specie. 

11  Flowcr  (P.  Z.  S.  1871,  p.  'A2  e  seg.).  discoirendo  dello  scheletro  del  C.  au- 
straìis, conferma  che  questo  ha  dimensiom  maggiori  di  quelle  del  C.  gaìeatus  ed  inoltre 
relativamente  alla  forma  del  casco  fa  notare  che  mentre  nel  C.  (jaìeatus  esso  ha 
l'apice  rivolto  ali  indietro,  con  il  margine  anteriore  più  lungo  e  molto  convesso  ed  il 
posteriore  più  breve  e  verticale,  nel  C.  austraìis  invece  il  casco  ha  l'apice  alquanto 
rivolto  all'innanzi.  con  i  due  margini  quasi  di  uguale  lunghezza,  Tanteriore  quasi  ver- 
ticale e  leggermente  concavo  ed  il  posteiiore  un  poco  inclinato  airinnanzi  ed  alquanto 
convesso.  Si  noti  tuttavia  che  questa  cosa  non  è  costante,  giacche  non  ho  potuto  con- 
statarla negl'individui  da  me  esaminati,  e  neppure  appare  nell'esemplare  figurato  dal 
Gould,  dal  quale  ho  tolta  la  figura  che  accompagna  questo  lavoro. 

Per  la  forma  del  casco  v'è  una  certa  somiglianza  fra  il  C.  galentus  ed  il  C.  hcc- 
carii,  se  non  che  il  casco  del  C.  beccnrii  è  notevolmente  più  alto  ed  assottigliato  sul 
margine  :  inoltre  il  C.  bcccarii  differisce  dal  C.  ynìcatus  per  avere  non  due  caruncole 
affatto  divise  fin  dalla  base,   ma  una  sola  caruncola  divisa  all'apice. 

Il  C.  (/ulrafìis  è  la  specie  più  anticamente  conosciuta.  11  primo  individuo  giunse 
vivo  in  Europa  nel  1597  '  per  opera  di  marinai  olandesi,  i  quali  lo  avevano  avuto 
in  Giava  e  lo  portarono  in  Amsterdam;  esso  fu  posseduto  prima  dal  conte  Solms 
di  Gravenliage,  poi  dall'Elettore  Ernesto  van  Keulen  e  finalmente  dall'Imperatore 
Rodolfo  II.  11  C.  gaìeatus  viene  ora  frequentemente  portato  vivo  in  Eui'opa  e  fino 
a  questi  ultimi  tempi  era  l'unica  specie  che  si  conoscesse. 

Il  C.  gaìeatus  è  la  sola  specie  propria  delle  Molucche  e  foi-sc  vive  esclusivamente 
in  Ceram  ;  è  stato  asserito  che  si  trovi  anche  in  Amboina,  ma  questa  cosa  non  è  certa, 
sebbene  non  sia  improbabile  stante  la  vicinanza  di  Amboina  a  Ceram.  la  facilità  che 
hanno  i  Casuari  di  nuotare  e  l' abitudine  di  attraversare  talora  bracci  di  mare  di 
(jualche  larghezza.  Il  Beccari  (Cosmos  di  Guido  Cora.  1875,  p.  01)  dice:  «  in 
Amboina  sembra  che  si  trovi  un  Casoar  speciale,  differente  da  quello  di  Ceram  '■■,  ma 
(luesta  cosa  non  è  stata  confermata  da  alcun  fatto  e  neppure  sembra  probal)ile.  Il 
Lesson  ha  asserito  che  il  C.  gaìeatus  vive  anche  in  Bum,  ma  questa  cosa  non  è  stata 
confermata  da  altri  :  s'intende  poi  come  l'asserzione  del  Lesson  e  di  altri  che  questa 
specie  si  trovi  anche  nella  Nuova  Guinea  derivi  dall'errore  d'avere  confuso  con  essa 
una  o  l'altra  delle  specie  della  Nuova  Guinea.  Ignoro  su  cosa  si  fondasse  il  Wallace 
(Aìin.  and  Mog.  Nat.  Hisf.  XX,  p.  477)  per  asserire  che  il  C.  gaìeatus  si  trovi 
anche  in  Goram. 

Si  hanno  poche  osservazioni  intorno  ai  costumi  di  questa  specie  allo  stato  selvatico  ; 
narra  il  Valentyn  che  nel  ItJtìO  alcune  persone  che  lo  accompagnavano  trovarono  in 
Ceram  un  Casuario  che  covava  tre  uova. 


(1)  Hist.  Gen.  de  Voy.  Vili,  p    112. 


TOMMASO    SA  LV  ADORI 


191 


Il  Wallace  {Ibis,  1861,  p.  280)  dice  che  questo  Casuario  è  piuttosto  comune  nel- 
l'interno di  Gerani,  ma  che  tuttavia  non  potè  ottenerne,  ne  vederne  alcun  individuo. 
Egli  dice  di  averne  veduto  il  casco  colla  mascella  superiore  nella  casa  di  un  indigeno 
ed  accennò  alla  possibilità  che  la  specie  di  Ceram  differisse  da  quelle  della  Nuova 
Guinea.  Più  tardi  nel  Mala/i  Arcliipcìnyo  (l.  e.)  dice  che  i  Casuarii  vanno  vagando 
nelle  estese  foreste  montane  che  coprono  l'isola  di  Ceram,  nutrendosi  principalmente 
di  frutta  cadute,  d' insetti  e  di  crostacei  :  egli  aggiunge  che  la  femmina  depone  sopra 
uno  strato  di  foglie  da  tre  a  cinque  uova  verdi  elegantemente  zigi-inate,  e  che  il 
maschio  e  la  femmina  le  covano  alternativamente  per  circa  un  mese. 

11  von  Rosenberg  alla  sua  volta  così  si  esprime  :  "  Questo  uccello  è  molto  comune, 
ma  raramente  si  uccidono  o  si  prendono  i  vecchi  ;  i  giovani  e  le  uova  mi  venivano  portati 
frequentemente.  Il  tempo  della  cova  è  al  principio  del  monsone  asciutto.  Il  nido  suole 
tiovarsi  nei  boschi  più  cupi  sotto  folti  cespugli  :  esso  è  composto  di  foglie ,  di  steli  di 
graminacee  e  di  simili  materiali  che  la  femmina  aduna  in  un  cumulo  pianeggiante  di 
un  braccio  e  mezzo  di  diametro,  nel  quale  essa  depone  da  3  a  5  uova,  disposte  a  modo 
di  un  V.  Parecchie  uova  vengono  deposte  fuori  del  nido.  Il  petto  dell'uccello  conisponde 
all'apertura  del  V  ;  cova  soltanto  la  femmina  e  tutte  le  volte  che  essa  è  costretta  ad 
abbandonare  il  nido  copre  le  uova  con  foglie.  Dopo  30  giorni  d'incubazione  na,scono 
i  pulcini  e  vengono  nutriti  cogli  aninialucci  che  sono  attratti  dalle  uova  maicite  e 
fetenti  deposte  intorno  al  nido.  Come  è  noto  i  giovani  nel  primo  anno  sopra  un  f(mdo 

grigio-gialliccio  presentano  strie  longitudinali  bruno-scure,  nel  secondo  anno  diventano 

di  color  grigio-gialliccio  bruno    uniforme    e    nel    terzo    mettono  il    colore    nero  degli 

adulti. 

•-    11  nutrimento  consiste  principaluientc  in  frutta,  talora  in  quelle  di  Tomi-tomi. 

Gli  Alfuri   cacciano  questi    u(;celli    principalmente  per  le  loio  carni,  che  nei  giovani. 

hanno  gusto  squisito Anche  le  uova  sono  l)uone  da  mangiare  ». 

11   Beccari  scrive  quanto  segue:    «  Alcuni  cacciatori  mi  hanno    raccontato  che  il 

Cascar  di  Ceram  spesso  va  in  mare  ed  usa  accovacciarsi    nei  luoghi   dove    l'acqua  è 

poco  profonda,  fra  i  coralli,   dove  ablxmdano  pesciolini,  gi'anchi,  ecc.:   ritornato  sulla 

spiaggia  scuote  le  sue  penne,  e  tutti  i  piccoli    animali    marini  die    vi  erano    rimasti 

impigliati  diventano  sua  preda  ». 

Secondo  il   S.   Miiller  in  Ceram  il  Casuario  contribuisce  alla  disseminazione  delle 

noci  moscate  e  dei  frutti  di  Kanari  ,  giaccliè  esso  ingoia  interi  i  frutti  di  (juesti  alberi. 

ne  digei'isce  soltanto  le  parti  esterne  più  tenere  e  ne  emette  insieme  cogli  escrementi 

il  nocciolo  intatto,  dal  (juale  si  sviluppa  una  nuova  pianta.   In  schiavitù  questo  Casoar 

mangia  di    tutto. 

Due  volte  il   C.  galeatus  si  è  propagato    nel    giardino    zoologico  di    Londra.   Lo 

Sclater  (P.  Z.   S.    18()7,  p.    179)  ricorda  che  nel  Giugno  del   IStìli,  per  la  jirima 

volta  in  Europa ,   nacque  un   individuo  in  (jucl  giardino. 

Le  uova,  di  foi-ma   piuttosto   allungata,  sono  di  color  verde  con  numerosi    punti 

rilevati,  come  quelli  dello  zigrino  ,  ma   esse  variano   trovandosene    alcune  più    chiare 

ed  altre  più  oscure  :  il  Valentyn  dice   di    averne  veduto  uno  colore  di  fegato   e   senza 

macchie. 

L'anatomia  di    questo  uccello  è  stato  argomento  di    numerosi  studi  per  parte  di 


192  MOKOfJKAFIA    llEL    OEN.    CASUARIl'S 

Perrault  e  Duverney  ' ,  di  Men-ein  * .  di  Meckel  '  e  di  alcune  parziali  ricerche  del 
Gcoffroy",  del  GuUiver  intorno  ai  corpuscoli  del  sangue",  del  Garrod  intorno  ai 
muscoli  delle  estremità  inferiori  ^,  del  Flower  intorno  alle  diifei'enze  del  suo  scheletro 
confrontato  con  (|uello  del   C.   aiisfrolis  '  e  di  altri. 

Sp.  4.  Casuarius  australis,  Wall. 
Tav.  I,  fig.  3  (ex  Uould,  B.  Austr.  Suppl.   pi.  70). 

Casuarius  australis,  Wall,  llliistr.  Sydn.  Herald,  185i,  3"'  .lune.  —  Gould,  P.  Z.S.  1857,  p.  269, 
27U.  -  U  ll.flr.,  l'.Z.  S.  t85S,  p.  1!16  —  Id.,  Cat.  H.  .New  (luin.  p.  61  (1859).  Sclat.,  P.  Z.S.  1860, 
p.  l'Ili.  —  Id.,  Ibis,  1860,  p.  310.  —  Id.,  Trans.  Zool.  Soc.  IV,  p.  360  (1862).  —  Schleg.,  .laarb. 
zool.  Geriotsch.NaL.'Vrt.  Mag.  186-',  p.  200.  -  Gould,  Ilandh.  B.  .\ustr.  II,  p.  2(l6  (1865.  -  Kinsch, 
Neu-Guin.  p.  180  (1865).  -  F.  Schleg.,  Zool.  Gart.  1866,  p.  180.  -  Sclat.,  P.  Z.  S.  1866,  p.  168,  557  ; 
1867,  p.242.  —  Rennet,  P.Z.  S  1867,  p.  573.  —  Sciai.,  P.Z.  S.  1868,  p.  376.  —  Id.,  Ibis,  1868,  p.348. 

—  Ramsay,  P.  Z.  S.  1868,  p.  381,  388.  —  Gould,  B.  of  Austr.  Suppl.  pi.  7(1,  71  (pt.  V,  1  Agosto  1869). 

—  Krefft,  Ibis,  1869,  p.  348.  —  Ibis,  1870.  p.  119,  120.  —  G.R.Gr.,  Iland-List,  III,  p.  2,  .sp.  9851 
(1871).  —  Flower,  P.Z.S.  1871,  p.  32  e  seg.  (scheletro).  —  Sclat.,  P.Z.S.  1871,  p.  5/i7  (esemplare 
■vivo).  —  Gicb.,  Tbes.  Orn.  I,  p.  59'i  (1872|.  —  Schleg.,  Mas.  P.  R.  Strulhùnm,  p.  9  (1873).-  Ramsay, 
P.  Z  S.  1874,  p.  325.—  Sclat.,  P.  Z  S.  1875,  p.  2,  82,  85.86,  87.  —  Id.,  .Nature,  XII,  p.  516  (1875). 
Sorby,  P.Z  S.  1875,  p.  362.  —  Sclat.,  P.Z.S.  1875,  p.  'i69  (2»  esemplare  vivo),  527.  —  Ramsay, 
P.Z.S.  1876,  p.  119  e  seg.  —  Sclat.,  P.Z.S.  1876,  p.  414.  —  Ramsay,  Pr.  Line.  Soc.  .\.  S.  W.  I, 
p.  186  (1876);  lì,  p.  196,  n.  559;  p.  376,  pi.  XI  (c.iput)  (1877).—  Krefft,  P.Z.S.  1877,  p.  28  (vivo). 

—  Ilarting,  Ostriches  aiid  Ostr.  Farming,  p.  95  (1877).  —  Ibis,  1877,  p.  237.  —  Sclat.,  P.  Z.  S. 
1878,  p.  214.  —  Meyor,  .lourn.  f.  Orn.  1878,  p.  203.  —  Ibis,  1879,  p.  96.  —  Sclat.,  List  Vert.  An. 
Z.S  L.   1879,  ]!.  472.  —  Ibis,  1881,  p.  500. 

Casuarius  johnsonii,  Miill.,  Australasian,  December  lo"',  1866.  —  Id.,  P.  Z.  S.  1867,  p.  242.  — 
Krefft,  P.Z.S.  1867,  p.  483.—  Diggics,  Orn.  of  Austr.  pt.  XII,  XIII.  —  Ibis,  1868,  p.348.  —Krefft. 
Ibis,  1869,  p.  348.  —  Newt.,  Ibis,  1870,  p.  120. 

Casuarius  regalis  (errore),  Rosenb.,  Journ.f.  Orn.  1873,  p.  E90. 

Major;  msside  nigro-brunnca,  lateialiler  compressa,  altissima,  margine  sufieriore  sublili,  po- 
sleriori'  inlerditm  vix  breviove  quam  anteriore  ,  rapite  pallide  caerulco-viresrentc ,  collo  antico 
saturale  caernlro,  cervice  infcrius  rubra;  jialearibus  diiubus  a  basi  seiunrtis,  rubris  ;  plilosi  nigrn. 

Ilah.  in  iNova  Iloiianciia  seplenlrionali,  ad  Caput  York  {Wall),  prope  Sinum  Uockin- 
gham  (Johnson,  Charles  Scoti),  ad  Flumen  Burdakin  (IV.  J.  Scott). 

Questa  specie  ha  grande  somiglianza  col  C.  galcatus  e  col  C  hcccarii;  somiglia 
al  primo  per  avere  le  caruncole  divise  fino  alla  base,  ma  ne  differisce  tanto  per  la 
forma,  quanto  pel  colorito  :  per  la  forma,  giacche  ha  il  casco  sottile  superiormente  e  più 
alto,  i  tarsi. più  grossi  e  più  robusti,  l'unghia  del  dito  interno  diritta  e  più  svilujipata  ; 
pel  colorito  giacche  il  C.  australis  ha  la  gola  e  la  parte  anteriore  del  collo  di  un 
bel  turchino  cobalto,  mentre  quelle  parti  sono  di  color  violaceo  cupo  nel  C.  gnlcafiis. 

Lesistenza  di  un  Casuario  in  Australia  fu  scoperta  nel   1854  da  Thomas  A^'all. 

(1)  Description  anatomiiiuo  do  quatre  Casoars,  avec  2  pi.  (Mem.  Ac.  Se.  depuis  1666-1699,  t.  IH, 
P.2,  p.  15Ó-I71). 

\2)  Beschreibung  des  Gerippes  eines  Casuars  (Casuarii  galeati),  nebst  eìnigen  beilàufigon  Beraor- 
kungeii  ilbor  die  flachbrustigen  Vógel  {Ar>es  ratilae)  (Abh.  der  Beri.  Akad.  1816-17,  Phy.w  Kl.  p.  179- 
19H)  (niit  ■^  Taf.). 

(3)  Beitriigo  zur  Anatomie  dea  indischen  Kasiiars  \Arch.  f.  Anat.  und  Physiol.  1830,  p.  200-280; 
1832,  p.  273-370). 

(4)  Composition  des  appareil  gónitaux,  urinaires  et  intestìiiaux  à  leurs  points  de  rencontre  dans 
l'Autruche  Gt  dans  le  Casoar  {Mèm.  du  Mus.  d'hist.  nat.  IX,  1822,  p.  438-456,  pi.  21). 

(5)  P.Z.S.  1846,  p.2r),  1848,  p.37,  et  I87.'i,  p.  488. 

(6)  P.Z.S.  1873,  p.  «44. 

(7)  P.Z.S.  1871,  p.  32-3.'i. 


TOMMASO    SALVADOKI 


193 


che  come  molti  altri  esploratori  di  quel  vasto  continente ,  morì  per  mancanza  di 
cibo,  nei  suoi  inospitali  recessi ,  mentre  era  tutto  intento  nelle  scientifiche  ricerche. 
Il  primo  esemplare  raccolto  fu  ucciso  dal  Wall  presso  il  Capo  York,  ove  egli  incontrò 
questa  specie  in  truppe  di  sei  ad  otto  individui  entro  a  profondi  burroni,  quasi  inac- 
cessibili, alla  base  di  alte  colline.  Quell'esemplare  andò  disgraziatamente  perduto  presso 
la  Baja  Weymouth,  come  è  stato  narrato  da  Mr.  Carron  ',  uno  dei  superstiti  della  di- 
sgraziata spedizione  del  Kennedy,  alla  quale  il  Wall  apparteneva  in  qualità  di  natu- 
ralista. Tuttavia  una  descrizione  di  quell'esemplare  fu  pubblicata  dal  fratello  del  Wall 
Mr.  William  Sheridan  Wall,  Direttore  del  Museo  di  Sydney,  nel  giornale  «  lUustrated 
Sydney  Herald  »  del  3  Giugno  1854.  La  descrizione  era  inesatta,  giacché  l'elmo  vi 
era  indicato  di  colore  rosso  vivo  (!) ,  e  le  caruncole,  in  numero  di  sei  od  otto  (!!), 
venivano  descritte  di  colore  turchino  e  rosso;  tali  errori  nella  descrizione  derivarono 
da  che  Mr.  W.  S.  Wall  non  aveva  alcun  esemplare,  ma  faceva  la  descrizione  secondo 
quanto  gli  aveva  narrato  il  Carron ,  che  non  ricordava  più  con  precisione  il  colore 
delle  parti.  Passarono  dodici  anni  prima  che  si  avessero  altre  notizie  positive  intorno  al 
C.  ausimi is  ;  nel  1866  Mr.  W.  J.  Scott,  il  quale  possedeva  una  numerosa  mandra  di 
pecore  nella  vallo  dei  Lagoons,  lungo  il  fiume  Upper  Bunlakin,  circa  cento  miglia  ad 
occidente  dalla  Baja  Kockingham,  notificò  alla  Società  Zoologica  di  Londra  il  fatto  che 
nella  detta  località  il  Casuario  era  ben  noto  agl'indigeni  col  nome  di  Emeu  nero,  ma  che 
era  molto  difficile  di  procurarselo.  Lo  stesso  Scott  mai  ne  aveva  incontrato  alcuno,  ma 
egli  inviò  un  manipolo  di  piume  di  Casuario,  che  erano  state  trovate  nella  capanna  di  un 
indigeno  '. 

Nell'autunno  dello  stesso  annolHGG  Mr.  Q.  Kandall  Johnson,  visitando  la  regione 
presso  la  Baja  Rockingham,  uccise  un  Casuario  nei  boschi  di  Gowrie  Creek.  che  egli 
preparò  e  donò  al  Museo  di  Sydney;  questo  esemplare  fu  descritto  col  nome  di  Ca- 
suarius  johnsoni  dal  Dottor  Miiller  '  e  dal  Krefft  *  e  figurato  e  nuovamente  descritto 
dal  Diggles  nella  sua  Ornitologia  d' Australia.  Il  Can-on  '  riconobbe  che  quell'indi- 
viduo era  della  specie  stessa  di  quella  cui  apparteneva  l'esemplare  ucciso  dal  Wall. 
Da  ultimo  il  Eamsay  riuscì  per  mezzo  di  Mr.  Charles  Scott,  fratello  del  W.  J.  Scott 
sopramenzionato,  ad  ottenere  una  spoglia  perfetta  di  questo  uccello,  la  inviò  nel  1868  * 
alla  Società  Zoologica  di  Londra,  e  dalla  medesima  il  Gould  trasse  la  figura  che  si 
trova  nel  supplemento  alla  sua  opera  «  Birds  of  Australia  »  ;  per  tal  modo  si  poterono 
valutare  con  esattezza  i  caratteri  pei  quali  il  C.  australis  si  distingue  dal  C.  galeatus. 

Il  C.  australis  si  trova  soltanto  nella  parte  settentrionale  della  Nuova  Olanda, 
cioè  nella  penisola  del  Capo  York  e  presso  la  Baja  Rockingham. 

Intorno  ai  costumi  di  questa  specie  si  hanno  già  numerose  osservazioni  tanto  in  libertà, 
quanto  in  schiavitù.   La  narrazione  più  compiuta  e  quella  del  Eamsay  ',  che  cosi  scrive  : 

«  Uno  degli  scopi  principali  della  mia  visita  alla  Baja  Rockingham  era  quella  di 
studiare  i  costumi  di  questo  nobile  uccello.  Nel  1867  io  aveva  inviato  il  mio  col- 
lettore,  Edward  Spalding,   in  quella  regione  col  medesimo  scopo,  ma  quasi  con  nessun 


(1)  P.Z.S.  1867,  p.  474. 

(2)  P.Z.S.  180(5,  ]).  557. 

(3)  P.Z.S.  1867,  p.  242. 

(4)  P.Z.S.  1867,  p.  482. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


(5)  P.Z.S.  1867,  p.  473-174. 

(6)  P.Z.S.  1868,  p.  388. 

(7)  P.Z.S.  1876,  p.  119  e  seg. 


194  ilUXOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUAKILS 

risultato.  Mentre  io  era  in  Brisbane,  avviato  verso  quella  regione,  comperai  telegra- 
ficamente un  bell'esemplare  giovane,  il  primo  che  fosse  stato  preso  ed  allevato,  e  riuscii 
poscia  a  condurlo  vivo  in  Sydney  ed  a  spedii-lo  alla  Società  Zoologica  di  Londra,  cui 
giunse  sano  e  salvo;  io  appresi  inoltre  che  erano  stati  presi  parecchi  giovani  Casuari 
della  stessa  specie  e  che  per  la  prima  volta  era  stato  trovato  un  nido  colle  uova;  ciò 
era  cosa  molto  interessante  e  non  ho  bisogno  di  dire  quanto  mi  affrettassi  per  giungere 
alla  stazione  di  polizia  del  fiume  Herbert,  dove  io  fui  accolto  molto  ospitalmente  dal- 
l'Ispettore Johnstone,  che  era  stato  il  primo  a  ritrovare  e  farci  conoscere  in  quella 
regione  l'esistenza  di  questa  interessante  specie  '.  Io  trovai  che  l'ispettore  Johnstone  era 
un  vero  cacciatore,  un  ardente  ammiratore  della  natura  ed  anche  un  zelante  naturalista 
ed  un  diligente  osservatore  ;  io  gli  debbo  molte  informazioni  importanti  intorno  alle 
abitudini  ed  ai  costumi  degli  aborigeni,  intorno  ai  costumi  di  molti  uccelli  per  me  nuovi, 
e  specialmente  intorno  alla  specie  presente.  Il  Casuario  australiano  abita  nelle  dense  e 
cupe  boscaglie  sparse  nella  regione  della  Baja  Rockingham  e  si  estende  al  nord  fino  al 
fiume  Endeavour.  Esso  era  discretamente  abbondante  soltanto  pochi  anni  fa  anche  nelle 
vicinanze  di  Cardwell;  ma  dopo  l'arrivo  dei  piantatori  delle  canne  da  zuccliero,  ecc.  lungo 
il  fiume  Herbert  ed  i  vicini  corsi  d'acqua,  questi  interessanti  uccelli  sono  stati  uccisi 
senza  discrezione  per  averne  le  pelli,  le  quali  io  stesso  ho  visto  adoperate  come  tappeti.  Da 
prima  si  avevano  con  facilità,  ma  da  ultimo  sono  diventati  così  sospettosi  ed  il  loro 
numero  è  tanto  diminuito,  che  soltanto  colla  più  grande  pazienza  si  riesce  a  tirare  loro 
un  colpo.  Io  non  conosco  uccello  più  sospettoso  e  più  timido  di  ((uesto,  e  sebbene  le 
impronte  recenti  dei  loro  piedi  siano  abbastanza  numerose  e  si  trovino  facilmente  sul 
fango  lungo  le  rive  dei  ruscelli,  o  sotto  gli  alberi  dei  frutti  dei  quali  si  nutrono  , 
tuttavia  raramente  si  riesce  a  vedere  gli  uccelli  stessi.  Dui'ante  il  giorno  essi  restano 
nelle  parti  più  folte  dei  boschi,  percorrendo  le  rive  dei  corsi  d'acqua  e  dei  ruscelli, 
involandosi  a  traverso  i  cespugli  e  le  piante  rampicanti  al  più  piccolo  rumore.  Verso 
sera  e  di  buon  mattino  essi  visitano  ordinariamente  i  loro  alberi  favoriti  ,  quali  i 
fichi  indigeni,  l'albero  di  Leichai'dt  (-S*.  Icicìuinìti)  e  diverse  specie  di  Acnema,  Jnni- 
bosa,  Davidsonia,  ecc.;  sembra  che  essi  amino  molto  i  frutti  astringenti  dell'albero 
di  Leichardt  e  di  una  specie  di  Marauta ,  che  produce  gruppi  di  grosse  bacche 
ripiene  di  polpa  succulenta,  sinnigliante  al  contenuto  di  un  frutto  maturo  di  Pas- 
siflora (P.  cduUs).  Frutta  e  bacche  d'ogni  sorta  sono  avidamente  cercate;  l'esem- 
plare domestico  di  mezza  età,  che  io  inviai  alla  Società  Zoologica  di  Londra  nel 
1875,  era  divenuto  così  avido  del  Moro  del  Capo,  che  non  jiermetteva  ad  alcuno 
di  avvicinarsi  all'albero  di  cui  aveva  preso  possesso.  Questo  uccello  sovente  divorava 
in  una  volta  3  quarta  di  frutta  di  Eriohofr/ii  j(iponic<i  e  divei-si  aranci  interi 
oltre  alla  ordinaria  quantità  giornaliera  di  pane,  cioè  circa  3  libl)re  inglesi.  Io  trovai 
che  nello  stato  selvatico  essi  fre(;[ucutemente  sortivano  dai  loro  nascondigli  nel  po- 
meriggio andando  lungo  i  cespugli  e  le  rive  dei  liiimi  e  dei  ruscelli  ed  ingoiando 
gran  numero  di  ciottoli.  In  schiavitù  l>ananc  e  patate  dolci  in  grossi  pezzi  od  intere 
sono  il  loro  cibo  prediletto,  non  trascurando  ([uaUnKiue  cosa  incontrino,  grilli,  ragni, 
lombrici,  blatte,  larve  di  ogni  ^mta.   pasta  e  perfino  carne  cruda.    Essi  si  assicurano 


(1)  L'Ispettore   Johnstone  moii/iorialo  dal  Rnmsay  ò  Io  stesso  che  Mr.  '■.  Randall   Johnson  men- 
zionato dal  Moller  e  dal  Krolfl? 


TOMMASO    SALVADORI  195 

del  gusto  del  loro  cibo  prendendolo  prima  coU'apice  del  becco  e  dandogli  una  leggera 
strizzatina,  e  se  non  è  conveniente  lo  gettano  via.  Io  mi  accorsi  che  essi  costantemente 
rifiutano  frutti  immaturi  di  Eriobafrin,  e  che  prima  li  prendevano  sempre  col  becco  per 
assaggiarli.  In  schiavitù  diventano  molto  docili  e  possono  essere  lasciati  liberi  senza  alcun 
freno,  accorrendo  alla  chiamata,  e  spesso  seguendo  la  persona  che  suole  dar  loro  il  cibo. 
Se  disgustati  o  delusi  non  raramente  mostrano  segni  di  volersi  risentire  sollevando  le 
piume  e  dando  calci  ai  lati  od  innanzi  con  tal  forza  da  far  cadere  un  uomo  robusto, 
cosa  di  cui  sono  stato  testimonio  più  di  una  volta.  Questi  uccelli  sono  molto  forti  e  sono 
molto  pericolosi  quando  sono  feriti.  Più  di  una  volta  un  uccello  ferito  ha  obbligato  un 
naturalista  ad  aiTampicarsi  sopra  un  albero  ;  l'unghia  acuta  del  loro  dito  interno  è  un'arme 
pericolosa  quanto  le  unghie  di  un  grande  Kanguro  e  capace  di  fare  altrettanto  danno. 

«  Io  osservai  che  i  Casuari  sono  eccellenti  nuotatori,  e  spesso  li  ho  seguiti  a  traverso 
un  ruscello  od  un  fiume  di  una  certa  estensione.  Essi  sono  stati  incontrati  sovente 
nell'isola  Hinchenbrook,  situata  a  circa  un  miglio  e  mezzo  dalla  costa,  ed  io  stesso 
li  ho  uditi  gridare  di  notte  e  di  buon  mattino,  mentre  attraversava  il  canale,  alla 
distanza  di  almeno  due  miglia  dalla  medesima.  Mr.  Johnstone  mi  assicura  di  averne 
incontrato  uno  mentre  attraversava  a  nuoto  un  fiume  di  considerevole  larghezza  du- 
rante la  spedizione  esploratrice  della  costa  Nord-Est ,  di  cui  egli  faceva  parte.  Il  loro 
grido,  per  lo  più  emesso  dal  maschio,  è  formato  da  una  serie  di  suoni  aspri,  gutturali 
e  prolungati,  ripetuti  con  rapidità  e  continuati  per  circa  tre  minuti  ;  quel  grido  è  molto 
forte  e  stando  in  mare  lo  si  può  udire  alla  distanza  anche  di  tre  miglia  durante  le 
notti  tranquille.  Io  l'ho  udito  risuonare  nella  foresta  alla  distanza  di  un  miglio  e 
mezzo,   ed  allora  mi  pareva  vicino  ed   uno  dei  più  strani  che  si  possano  udire. 

«  Questo  Casuario  si  riproduce  nei  mesi  di  Agosto  e  di  Settembre.  Il  primo  nido 
fu  trovato  da  uno  dogli  uomini  neri  dell'Ispettore  Johnstone  e  Mr.  Miller,  un  colono 
del  fiume  Herbert,  comperò  da  esso  alcune  uova.  Uno  di  queste,  che  egli  mi  donò,  è 
della  varietà  verde-chiara,  che  descriveremo  più  sotto.  Il  nido  consiste  in  una  de- 
pressione fra  le  foglie  cadute  ed  i  frammenti,  coi  quali  il  suolo  della  foresta  è  rico- 
perto, coll'aggiunta  di  alcune  foglie  secche.  Il  luogo  prescelto  pel  nido  è  sempre  nella 
parte  più  folta  e  nascosta  da  masse  vegetali  intrecciate.  Le  uova  erano  in  numero  di 
cinque  nei  due  casi  che  si  conoscono,  ed  in  ambedue  un  uovo  differiva  dagli  altri  per 
essere  di  colore  verde-chiaro  e  col  guscio  molto  liscio.  Tutti  gli  altri  avevano  un  guscio 
ruvido,  coperto  piuttosto  radamente  con  aree  irregolarmente  elevate  di  color  verde- 
cupo, ma  vivo,  sopra  un  fondo  verde  più  chiaro  e  liscio.  Nella  varietà  pallida  queste 
elevazioni  del  guscio  sono  più  ravvicinate  e  non  tanto  sviluppate;  in  ambedue  le  va- 
rietà le  elevazioni  sono  più  rade  verso  la  parte  media  che  non  alle  estremità  dell'uovo. 
In  complesso  le  uova  somigliano  molto  a  quelle  del  Casuarins  hennetti,  nelle  quali  si 
osservano  simili  variazioni,  ma  sono  più  grandi.  Io  sono  debitore  all'  Ispettore  Kobert 
Johnstone  per  la  bella  serie  di  uova  di  questa  specie  che  posseggo  nella  mia  colle- 
zione.  Ecco  le  dimensioni  di  alcune  uova  delle  due  specie: 

Casuarins  atistraìis 

N.    1.   Guscio  verde-chiaro  e  liscio  pollici  ingl.   5.33x  3.73  =  0"',136  x0'",092. 
N.   2.   Guscio  verde-cupo  e  ruvido        »         »      5.3    X  3.88  =  0°', ISTxO", 094. 


195  MONOGRAFIA    DEL    GEX.    CASUARIUS 

Casuarius  bennetti 


N 


1.   Guscio  verde-chiaro  e  liscio  pollici  ingl.  5.65  x  3.54  =0™  ,141  X  O"  ,09U. 

N.   2.   Guscio  verde-cliiaro  e  ruvido     »  »  5.32x3.31  =  0™  , 135x0"  ,083. 

N.   3.   Guscio  verde-chiaro  e  ruvido     »  «  5.84x3.4    =0", 137x0°', 085. 

N.   4.   Guscio  verde-cupo  e  ruvido      »         »  5.2    x  3. 32  =  0", 131  xO", 084. 

«  I  giovani  del  C.  ansfrali.'i  sono  di  color  bruno-rugginoso,  e  le  piume  sovente 
hanno  lungo  lo  scapo  una  stria  nericcia,  per  cui  ne  viene  un"  apparenza  striata.  Dopo 
il  primo  anno  le  piume  prendono  una  tinta  più  cupa  ,  alcune  piume  nere  appaiono 
mescolate  alle  brune  ed  altre  sono  in  parte  brune  ed  in  parte  nere.  Più  tardi,  all'età 
di  18  a  24  mesi,  le  piume  nere  predominano,  ed  il  casco,  che  finora  è  rimasto  ru- 
dimentario.  simile  quasi  allo  scudo  frontale  di  una  folaga,  comincia  a  mostrare  una 
carena  nel  mezzo,  che  rapidamente  cresce  in  altezza.  La  pelle  del  capo,  sulla  quale 
restano  ancora  alcune  poche  piume  piliformi,  comincia  a  mostrarsi  rugosa  e  colorata, 
variando  dal  verde-azzun-ognolo  all'aranciato  sulle  parti  inferiori  :  la  pelle  è  di  color 
turcliino  sui  lati  del  collo  e  le  caruncole  vanno  facendosi  di  color  cannino.  Il  casco  resta 
comparativamente  piccolo  e  rudimentario  anche  lungo  tempo  dopo  che  le  caruncole  e  le 
parti  nude  del  collo  sono  diventate  colorate.  Io  credo  che  il  casco  non  acquisti  le  massime 
dimensioni  fino  al  quarto  od  al  (juinto  anno  almeno.  Nell'attravei-sare  le  boscaglie  la 
testa  viene  portata  bassa  presso  il  suolo  e  le  liane  ed  i  rami  degli  alberi  percuotendo 
l'elmo  scivolano  sul  medesimo.  Senza  di  ciò  nelle  folte  boscaglie  di  liane,  che  si  tro- 
vano sulle  rive  del  fiume  Herbert  ed  altrove,  sarebbe  grandemente  impedito  il  pro- 
cedere ;  appunto  per  quella  disposizione  i  Casuari  possono  attraversare  le  boscaglie  con 
meravigliosa  rapidità,  saltando  sopra  alberi  abbattuti  e  sopra  cumuli  di  legname  che 
si  trovano  sul  loro  cammino.  Un  individuo  giovane,  lo  stesso  esemplare  che  fu  inviato 
alla  Società  Zoologica  di  Londra  dal  Marchese  di  Xormanby,  mentre  era  in  possesso 
dell'Ispettore  Jonhstone,  durante  la  mia  seconda  visita,  fu  capace  di  saltare  fuori  del 
suo  steccato  alto  più  di  6  piedi,  mentre  l'area  del  medesimo  non  era  più  di  12  piedi 
per  lato. 

«  Io  trovai  che  i  Casuari  adulti  erano  in  muta  nel  Marzo,  ma  le  nuove  piume  non 
erano  tutte  comparse  nel  Jlaggin.  Durante  questi  mesi  gli  individui  in  schiavitù  erano 
molto  irascibili  e  di  mal  umore,  rifiutando  perfino  il  cibo  (ciò  che  avviene  sempre 
quando  sono  malati),  e  talora  attaccavano  perfino  i  loro  custodi;  ma  è  specialmente^ 
verso  gli  estranei  che  essi  mostrano  la  loro  antipatia.  Io  ho  sempre  osservato  che  sono 
molto  amanti  di  bagnarsi;  l'esemplai-e  non  ancora  adulto,  da  me  inviato  alla  Società 
Zoologica  di  Londra,  sovente  stava  aspettando  pressd  la  pompa  clie  qualcuno  andasse 
ad  attinger  acqua,  ed  allora  esso  si  accovacciava  quietamente  sotto  il  getto  abbon- 
dante di  acqua,  allungando  il  collo  e  sollevando  le  piume  per  far  sì  che  la  medesima 
giungesse  fino  alla  pelle.  I  Casuari  non  amano  di  trovarsi  all'aperto  e  sempre  cercano 
di  essere  riparati  dal  sole.  Nello  stato  selvaggio  essi  raramente  lasciano  le  boscaglie  e 
certamente  ciò  non  fanno  mai  nelle  ore  più  calde  do!  giorno  a  meno  che  non  vi  siano 
costretti;  in  generale  essi  sopportano  bene  la  schiavitù   ». 

Secondo  d'  Hartùig  questa  specie  avrebbe  nidificato  nel  Jardiu  des  Plantes  ui  Parigi, 


TOMMASO    SALV ADORI  197 

ed  il  Géoffroy  St.  Hilaire  avrebbe  osservato  che  il  mascliio  covava  le  uova,  ma  gli 
Editori  dell'Ibis  (1877,  p.  237,  nota)  fanno  notare  che  non  si  trattava  del  C.  au- 
stralis,  ma  del  Dromaeus  novae  hollandiae. 

Lo  scheletro  di  questa  specie  è  stato  studiato  accuratamente  dal  Flower  in  con- 
fronto con  altri  del  C.  galeatus,  e  n'  è  risultata  la  conferma  di  quanto  aveva  già 
asserito  lo  Sclater,  cioè  che  il  C.  australis  supera  per  le  dimensioni  il  C.  galeatus,  e 
come  non  sia  da  porre  troppa  importanza  nella  forma  del  casco,  variabile  coll'età  ed 
anche  individualmente. 

Sp.  5.  Casuarius  beccarli,  Sclat. 
Tav.  1,  fig.  4  (ex  icone  inedita  Albertisii). 

?  Casuarius  sp.,  S.  Muli.,  Verh.  Land-  en  Volkenk.  p.  22  (1839-1844)  (Utanata,  Prinses  Marlanne- 
straat). 

?  Casuarius  orientalis,  S.  Miill.,  Verh.  Land-  en  Volkenk.  p.  109  {parlim,e\  Nova  Guinea)  (1839- 
1844). 

Casuarius  beccarii,  Sclat.,  P.Z.S.  1875,  p. 87,  f.  I,  2  (pa';.86)(Vokan-Arii),  p.  527,  pi.  LVllI  (Nova 
Guin.  merid.),  et  p.  533.  —  Id.,  Nature,  XII,  p.  516  (1875).—  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  VII,  p.  717 
nota)  (1875).  —  Sclat.,  P.Z.S.  1876,  p.  4 n  (esemplare  vivo).— Harting,  Ostr. and  Ostr.  Farm.  p.  107 
(1877).—  Forbes,  P.Z.S.  1877,  p.  3U7,  316  (Cloaca  et  Bnrsa  Fabricii).—  Sharpe,  Ibis,  1877,  p.  325. 

—  Sclat.  et  Salv.,  Ibis,  1877,  p.  372  (nota).-  Oust.,  As.s.  Se.  de  France,  Ball.  n.  539,  p.  35U  ;1878). 

—  Meyer,  Journ.f.Orn.  1878,  p.202,  301).—  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.  421,  422  (1878).  — 
Sclat,  P.Z.S.  1878,  p.  2IÌ.—  Sclat.  et  Salv.,  Ibis.  1878,  p.48l.  —  Id.,  Ibis,  1879,  p.96.  -  D'Alb. 
et  Salvad.,  Ann.  Mus.  Giv.  Gen.  XIV,  p.  136,  137,  138,  139,  140,  141,  142,  143,  144,  14.5,  6g.  p.  137, 
139,  140,  141,  142,  143  (1879).  —  Ibis,  1879,  p  482.  —  Sclat.,  List  Vert.An.Z.  S.  L.  1879,  p.472.  - 
D'AIb.,Nuovafiuinea,p.  494,  588(1880).  —  Sharpe,  Ibis,  1881,  p.  500. 

Casuarius  bicarunculatus,  Becc.  (nec  Sclat.),  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  VII,  p.  717  (1875). 
Casuarius  australis,  D'Alb.  (nec  WalP,  Sydn.  Mail,  1877,  p   243.  —  Id.,  Ann.  Mus.  Giv.  Gen.  X, 

p.  19  (1877).  -  Id.,  Ibis,  1877,  p.  372. 
?  Casuarius  altijugus,  Sclat,  Nature,  XVil.  p.  375  (1878).—  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.  420, 

421,  422  (I87.s;.—  Sclat.  et  Salv.,  Ibis,  I»7.S,  p.48l.—  Salvad.,  Ibis,  1879,  p.  105. 
?  Casuarius  salvadorii,  Oust.,  Ass.  Se.  do  France,  Bull.  n.  539,  p.  350  (23  Febr.  1878).  —  Sclat., 

P.Z.S.  1878,  p.  213,  214.—  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  202,  203.  —  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen. 

XII,  p.420,  421,  422  (1878).—  Sclat. et  Salv.,  Ibis,  1878,  p.48t;  1879,  p.96.—  Salvad.,  Ibis,  1879, 

p.  105.—  Pelz.,  Ibis,  1879,  p.  377. 
?  Casuarius  tricarunculatus,  part.,  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.  420  (1878).—  Ibis,  1878, 

p.  481. 
Casuarius  sclaterii,  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.  422(19  Luglio  1878)  (=  C  beccarti,  Sclat., 

P.Z.S.  1875,  p.527,  pI.LVlII).—  Ibis,  1878,  p.48t.—  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  300.  —  Sharpe, 

Ibi.s,  1879,  p.  116  Jipo  nel  Mus.  Brit.). 

Niger;  casside  antice  et  postiee  crassa,  lateraliler  in  medio  valde  compressa,  altissima,  mar- 
gine superiore  subtili;  latere  posteriore  plus  minusve  relrorsum  inclinato,  interdum  fere  perpen- 
diculari,  hreviore  quam  anteriore;  capite  griseo-caeruìeo ;  laenia  a  matidibulae  basi  jìavida,  postiee 
in  rubruin  colorcm  desinente;  giila  et  Interibus  colli  caeriileis;  cervice  superne  rubra,  inferue 
anrantia;  area  nuda  utrinque  colli  imi  laterum-  carnea;  paleari  unico  longissimo  ad  apicem  di- 
viso, pallide  carneo. 

Long.  lol.  1  "',600;  rostri  hial.  CMiO;  tarsi  0'",280  ;  ung.  digiL  int.  0"',078. 

Hab.  in  Papuasia  —  Ins.  Aru,  Vokan  {Beccari);  Nova  Guinea  meridionali  prope  insula 
Touan  [Sclaler),  ad  Flumen  ¥\y  [D'Albertis],  ?  prope  Wandammen  (Bru;)'»),  ?  prope  Warbusi 
[Bruijn  fide  Ousliilet). 

Il  Beccari  ed  il  D'Albertis  hanno  raccolto  i  seguenti  esemplari  di  questa  specie, 
il   primo  nelle  Isole  Aru,  il  secondo  lungo  il  Fiume  Fly: 


198 


MONOGRAFIA  DEL  GEN.  CASUAKIUS 


§  Adulti. 

fi  [  —  )  (f  Vokan  (Aru)  1S73  (B.). 

Individuo  al  tutto  adulto,  tipo  della  specie,  del  quale  non  si  conoscono  con  cer- 
tezza i  colori  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo,  le  quali  sono  state  dipinte  di 
colore  azzurro,  più  chiaro  sulla  testa;  la  cervice  inferiormente  è  dipinta  di  color 
bruno,  le  caruncole  e  l'area  nuda  sui  lati  del  collo  di  color  carnicino. 

6  (105)—  Fiume  Fly   1876  (U'A.) 


Fifiura   (  '. 


Grande  individuo  adulto  ;  casco  normale,  altissimo,  piegato  a  destra,  grosso  e  rigonfio 


(()  Debbo  alla  cortesia  del  Marchese  Giacomo  Doria,  Direttore  del  Museo  Civico  di  Genova,  il 
potere  riprodurre  in  questo  lavoro  le  incisioni  rappresentanti  il  C.  beccarti,  giìi  pubblicate  negli  Annoti 
d«l  Museo  Civico  di  Genova,  voi.  XIV,  p.  137  e  aeg. 


TOMMASO    SALVADOR! 


199 


Terso  la  fronte,  assottigliato  verso  la  sommità,  coi  due  margini ,  anteriore  e  posteriore  , 
rivolti  obliquamente  all'indietro  dal  basso  in  alto  ;  becco  color  di  cuoio  ;  occipite  grigio- 
ceruleo  ;  cervice  posteriormente  aranciata ,  regione  avanti  agli  occhi  e  gola  azzurre  ;  carun- 
cola grandissima  lunga  0'",110,  lobi  0'",065  ;  il  lobo  sinistro  presenta  una  piccola  digita- 
zione sul  margine  interno  presso  la  base;  un'  altra  più  grande  è  sul  margine  esterno  del 
lobo  destro,  ma  ambedue  debbono  essersi  prodotte  per  lacerazioni  ;  la  grande  sembra  l'ef- 
fetto di  una  lacerazione  recente,  forse  avvenuta  al  momento  della  uccisione.  Tarso  ©"".SI  0. 

e  (584)  9  Fiume  Fly  (420  m.)  6  Settembre  1877;  (D'i). 


Ki;;iira  2. 


Grande  individuo  adulto.  Casco  quasi  come  nel  primo  esemplare,  ma  meno  piegato 
a  destra;  caruncola  meno  lunga,  ma  più  larga,  lunga  O'°,080,  divisa  per  quasi  tutta  la 
sua  lunghezza.  Casco  verdognolo,  nero  anteriormente  e  sul  culmine,  color  di  cuoio  po- 
steriormente. «  Occipite  celeste,  cervice  superiormente  rossa,  inferiormente  gialla  ;  parte 
anteriore  e  laterale  del  collo  azziure,  inferiormente  vinacea;  una  linea  gialla  lungo  la 
base  della  mandibola,  la  quale  posteriormente  passa  al  rosso;  becco  nero  ».  (BA.). 


200  MONOGRAFIA    DEL    GEK.    CASUARIUS 

d  (19)  cT  Fiume  Fly  (Alligalor  Pointl  30  Maggio  <877  [D'A.). 


Fif!iira  3. 

Individuo  di  mediocri  dimensioni  ;  casco  non  molto  grande  ;  caruncola  piccola , 
lunga  0°',040;  lobi  0"\020. 

«  Casco  color  di  cuoio,  anteriormente  verso  la  base  nero;  occipite  celeste-chiaro; 
cervice  vinacea  superiormente  :  inferiormente  giallo-arancio  vivo  ;  gola  azzurra  ;  alla  base 
della  mandibola  una  stria  gialla;  caruncole  bianco-rosee:  becco  corneo  ».  {D'A.).   . 

e  (800)  —  Fiume  Fly   1877  [D'A.]  (Vodi  fig.  4). 

Testa  e  collo  soltanto.  Casco  guasto  all'apice,  molto  alto  e  quasi  verticale,  ma 
un  po'  volgente  a  sinistra,  col  margine  anteriore  non  molto  inclinato  posteriormente . 
e  col  posteriore  quasi  verticale:   caruncola  grandissima,  lunga  0'",120:  lobi   0'",090 

/  (i84)  9    Fiume  Fl\    (4H0  m.)   18  Agosto  1877  [D'A.)  (Vedi  lig.  5). 

Grande  individuo  adulto,  ma  col  casco  meno  alto  che  non  nel  precedente,  guasto 
anch'esso  all'apice,  tutto  solcato  alla  base,  e  col  margine  posteriore  quasi  verticale 
(come  nel  tipo  del  C.  saìvadorn).  Caruncola  gi-andissima  lunga  n™.l;!0.  lobi  O^jOtìS. 

«  Casco  presso  la  fronte  e  sul  culmine  nero,  lateralmente  all'innanzi  verdognolo, 
posteriormente  color  di  suola  ;  becco  nero  :  base  della  niandiliola  con  una  stria  gialla 
che  si  estende  sui  lati  della  testa  e  termina  di  color  rossiccio;  ocelli  di  color  castagno: 


TOMMASO    SALVADOKI 


201 


occipite  celeste-chiaro  ;  ceryice  rossa  superiormente ,  arancio  inferiormente ,  lati  d^ 
collo  inferiormente  vinacei  ;  collo  anteriormente  azzurro  ;  caruncole  bianco-rosee  ;  piedi 
plumbei,  traenti  al  verdognolo   »    (D'A.). 

g  (772)  cf  Fiume  Fly  1   Novembre  1877  (D'.4.)  (Vedi  fig.  6). 

Individuo  adulto,  col  casco  piegato  a  destra ,  molto  più  basso  che  non  nei  pre- 
cedenti, col  margine  anteriore  molto  inclinato  all'indietro  e  col  posteriore  tondeggiante; 
caruncola  mediocre,  lunga  0"',070,  lobi   0™,050. 

Tutti  questi  esemplari  sono  grandi  ed  adulti ,  colle  piume  nere  ;  il  casco  varia 
alquanto  per  l'altezza  e  per  essere  più  o  meno  rivolto  all'indietro;  in  quattro  volge 


Figura  U. 


a  destra,  in  uno  lievemente  a  sinistra  ;  in  tutti  è  notevolmente  grosso  alla  parte  ante- 
riore.  La  caruncola  varia  di  grandezza,  in  alcuni  è  enorme,  in  tutti  è  divisa  in  due  lobi. 
Gli  esemplari  del  Fiume  Fly   sono   stati  confrontati  col  tipo    delle    Isole   Aru    e 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  »b 


202 


MOSOGRAFJA    DEL    GEX.    CASUAKIUS 


sembrano  appartenenti  alla  medesima  specie,  sebbene  non  possiamo  essere  certi  di 
questa  cosa  finche  non  si  conosceranno  con  certezza  i  colori  delle  parti  nude  della 
testa  e  del  collo  degli  esemplari  delle  isole  Aru. 


Figura  5. 

§   Giovani. 

h  (573)  — Fiume  Fly  (430  m.)  Sellcmbre  1877  {D'A.). 

Individuo  giovane  simile  al  tipo  del  C.  sclaterii,  Salvad. ,  conservato  nel  Museo 
Britannico.  Casco  poco  elevato,  a  culmine  tondeggiante;  caruncole  mediocri  .  lunghe 
O^jOTS,  lobi  O^jOS.*).   Piume  di  color  Imino-nevo. 

i  (485)  —  Fiume  Fly  (i:ìO  m.l   1S  Agosto  1877   [D'A). 

Individuo  giovane  col  casco  appena  sporgente  e  di  color  nero  ;  caruncola  piccola , 
con  due  lobi  divisi  fin  presso  la  base.  Piume  di  color  bruno-rossigno.  Pelle  del  collo 
^enza  colori  vivaci. 

j  (718)  — Fiume  Fly  [loO  m.)  4  OUobre  1877  [D'A). 


TOMMASO    SALVADORI 


203 


Individuo  giovane  col  casco  più  piccolo  del  precedente  ,  ma  colle  caruncole  al- 
quanto più  lunghe.   Piume  bruno-rossigne.  « 

H  tipo  di  questa  specie  è  un  esemplare  adulto ,  avuto  dal  Beccari  in  carne  in 
Vokan,  la  più  settentrionale  delle  Isole  Aru,  ed  ora  conservato  nel  Museo  Civico  di 
Genova.  Alla  stessa  specie  fu  riferito  dallo  Sclater  (P.  Z.  S.  1875,  p.  527,  pi.  LVIII) 
un  individuo  che  visse  nel  Giardino  Zoologico  di  Londra,  e  che  nel  1873  era  stato  dato 
agli  Ufficiali  della  nave  da  gueiTa  inglese  il  Basilisk  dai  nativi  di  Touan  o  Comwallis, 


Kisura  6. 

piccola  isola  nello  stretto  di  Torres  ,  posta  a  quattro  miglia  di  distanza  dalla  costa 
meridionale  della  Nuova  Guinea  ',  sulla  quale,  al  dire  dei  nativi,  essi  lo  avevano  preso; 
esso  fu  portato  a  Wellington  nella  Nuova  Zelanda  nel  Luglio  dello  stesso  anno  e  si 
supponeva  che  allora  avesse  9  mesi  ;  poscia  fu  donato  alla  Società  Zoologica  di  Londra 
da  Sir  James  Fergusson  ;  visse  circa  tre  anni  nel  Giardino  Zoologico  di  quella  Società , 
ed  ora  si  conserva  nel  Museo  Britaimico ,  ove  io  l' ho  esaminato  e  descritto ,  consi- 
derandolo come  appartenente  ad  una  specie  distinta,  col  nome  di  C.  sclaterii,  diffe- 
rendo dal  tipo  del  C.  hcccarii  pel  casco  basso,  superiormente  tondeggiante  e  col  margine 


(1)  Moresby,  Biscovery  and  Suroeys  in  New  Guinea,  pp.  229,  230  (1876). 


204  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASIAKIIS 

poeteriore  tondeggiante  e  grosso,  e  per  la  caruncola  meno  lunga:  quando  poi  il  D'Al- 
bertis  portò  in  Europa  la  serie  di  Casuari  del  Fiume  Fly  soprannoTerata  io  dovetti 
riconoscere  che  quell'esemplare  non  era  al  tutto  adulto,  e  che.  come  quelli  del  Fiume 
Ply,  apparteneva  veramente  al  C.  beccari,  come  anche  lo  Sclater  aveva  sospettato 
(P.  Z.  S.   1875,  p.   527.  —  Il>is,  1877,  p.   372,  nota). 

Finalmente  dall'esame  di  quella  serie  io  sono  stato  condotto  ad  ammettere  che  al 
C.  beccarli  appartengano  anche  gli  esemplari  delle  vicinanze  di  Wandammen  ,  nel 
fondo  della  Baja  del  Geelwink,  ai  quali  sono  stati  dati  i  nomi  di  C.  salvadorii , 
Oust.  e  di  C.  altijugus ,  Sclat.,  sebbene  potremo  avere  la  certezza  di  questa  identifi- 
cazione soltanto  quando  conosceremo  il  colore  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo 
di  quegli  esemplari  '. 

Il  von  Pelzeln  (Ibis,  1879,  p.  376;  1881,  p.  401)  ha  riferito  al  C.  beccarli 
due  individui  viventi  nel  Giardino  imperiale  di  Schoenbrunn  presso  Vienna,  ma  dal- 
l'esame di  due  disegni  di  quei  due  esemplari,  che  lo  stesso  von  Pelzeln  ha  avuto  la 
cortesia  di  mandarmi,  mi  sembra  che  essi  appartengano  invece  al  C.  gaìratus. 

Il  Casuari  US  beccarli  per  la  forma  del  casco  compresso  lateralmente  appartiene  al 
gruppo  delle  specie  che  comprende  il  C.  galeatus  e  si  distingue  dalle  altre  per  avere 
una  grande  e  lunga  caruncola  mediana  divisa  in  due  grandi  e  lunghi  lobi. 

Notevoli  sono  le  differenze  individuali,  dipendenti  dall'età,  specialmente  nella  forma 
e  nelle  dimensioni  del  casco  più  o  meno  alto  e  più  o  meno  piegato  all'indietro. 


(I)  Agli  esemplan  del  fondo  della  Baja  del  Geelwink,  i  quali  se  distinti  dovranno  portare  il  nome 
di  C.  salvadorii,  appartengono  le  seguenti  citazioni  : 

Casuarius  salvadorii,  Ocst. 
Tav.  I,  f.  5  (ex  Sciai.,  P.  Z.  S.  1878,  fig.  in  pag.  213;. 

Casuarius  altijugus,  Sclat.,  Nature,  XVII,  p.  375  (1878)  (Wandammen).  —  Salvad. ,  Ann.  Mus. 

Civ.  Geo.  XII,  p.420,  421,  422  ;I878).  —  Ibis,  1878,  p.  481.  —  Salvad.,  Ibis,  1879,  p.  105. 
Casuarius  salvadorii,  Oust.,  Ass.  Se.  de  France,  Bull.  no.  539,  p.  350  ;2:5  Febr.  1878\  —  Sclat., 

P.Z.  S.  1878,  p.213,  214,  fig.  in  pag.  213.  —  Meyer,  .Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  202,  203.  —  Salvad., 

Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.  420,  421,  422  (1878).  —  Ibis,  1878,  p.  481  ;  1879,  p.  96.  —  Salvad., 

Ibis,  1879,  p.  105.  —  Pelz  ,  Ibis,  1879,  p.  377. 
Casuarius  tricarunculatus,  pari.,  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen,  XII,  p.  420  ^1878).  —  Ibis,  1878, 

p.  481. 

La  figura  5  della  Tav.  1  rappresenta  la  testa  ed  il  collo  dell'esemplare  che  fu  descritto  dallo 
Sclater  col  nome  di  C.  altijugus,  nomo  che  egli  cortesemente  soppresse  in  favore  di  quello  di  C.  sal- 
vadorii, pubblicato  quasi  contemporaneamente  dall'Oustalet. 

Si  noti  che  in  quella  figura  le  due  caruncole  appaiono  perfettamente  distinte  e  tali  vengono  de- 
scritte dallo  Sclater,  il  quale  dice  :  le  caruncole  sono  due,  una  per  ciascun  lato  della  linea  mediana, 
ma  divise  fin  quasi  alla  loro  origine;  più  sotto  lo  stesso  Sclater  soggiunge  che  il  Casuario  di  Wan- 
dammen si  distingue  dal  C.  beccarii  dello  isole  Aru  per  le  caruncole  più  compiutamente  divise.  Invece 
l'Oustalct  descrivendo  il  tipo  del  C.  salvadorii  dice  :  la  caroncule  de  la  gorge  est  forlement  bifide, 
comtne  dans  le  C.  beccarii. 

Un  ter/.o  esemplare  che  sembra  riferibile  al  0.  salvadorii  è  quello  da  me  menzionato  precedente- 
mente, discorrendo  del  C.  tricarunculatus,  e  che  è  stato  venduto  dal  Laglaize  al  Conte  Turati  come 
proveniente  dalla  Nuova  Guinea;  esso  è  stato  inviato  dal  Kruijn,  <i  certamente,  come  i  due  descritti 
dall'Oustalet  e  dallo  Scluter,  proviene  dalla  costa  della  Baja  del  Geelwink;  in  esso,  dopo  la  prepa- 
razione, è  scomparsa  quell'apparente  caruncola  mediana,  che  io  menzionai,  dovuta  forse  ad  una  piega 
cutanea,  che  mi  aveva  fatto  credere  che  si  trattasse  del  C.  tricarunculatus,  ed  inoltre  le  due  caruncole 
laterali  sembrano  avere  una  base  comune  ,  o  meglio  sembrano  i  lobi  di  un'unica  caruncola  medìan.i 
divisa  all'apice. 


TOMMASO    SALVADOEI  205 

Questa  specie  occupa  un'area  molto  estesa,  giacche,  secondo  le  identificazioni  so- 
praindicate, oltre  al  trovarsi  in  Yokan,  una  delle  Isole  Aru,  si  troverebbe  anche  nella 
parte  meridionale  e  centrale  della  Nuova  Guinea,  e  si  estenderebbe  verso  oriente  fino 
nella  penisola  orientale-meridionale  della  Xuova  Guinea,  d'onde  proverrebbe  un  esem- 
plare acquistato  recentemente  dal  Maseo  Britannico  (Ibis.  1881,  p.  óOO),  e  verso 
settentrione  fino  presso  Wandammeu  nella  parte  meridionale  della  Baja  del  Geelwink, 
a  meno  che  gli  esemplari  di  quest'ultima  località  non  appartengano  ad  una  specie 
distinta  (C  salvadorii,  Oust.).  Sebbene  per  le  scoperte  del  D'Albertis  siasi  constatato 
che  frequente  è  il  caso  di  specie  di  uccelli  della  Xuova  Guinea,  specialmente  della  parte 
meridionale  e  centrale,  le  quali  si  trovano  anclie  nelle  Isole  Aru,  tuttavia  il  verificarsi 
questo  fatto  per  una  specie  di  Casuario  è  molto  importante  ed  è  una  prova  dell'antica 
congiunzione  delle  Isole  Ara  colla  Xuova  Guinea;  il  fatto  poi,  oltre  all'essere  im- 
portante, è  anche  singolare  pel  trovarsi  un'altra  specie  di  Casuario  nelle  Isole  Aru, 
cioè  il  C.  hicarunculatus.  il  quale  però  non  vive  in  Vokan.  ove  trovasi  il  C.  bec- 
care, ma  in  due  isole  più  meridionali .  cioè  in  Wammer  ed  in  Kobroor.  Un'  altra 
singolarità  che  appare  in  questo  fatto  è  che  mentre  ambedue  le  specie  viventi  neUe 
Isole  Am  appartengono  al  gruppo  del  C.  galeatus ,  tanto  luna  quanto  l'altra  ne 
difi^eriscono  per  divei^gere  in  senso  opposto  dal  C.  galentus,  giacché  mentre  l'una.  il 
C.  hicarimcuìatus,  ha  le  due  caruncole  non  solo  distinte,  ma  molto  allontanate,  l'altra, 
il  C.  beccarti,  ha  le  due  caruncole  saldate  alla  base  e  formanti  una  caruncola  unica , 
divisa  all'apice  in  due  lobi. 

Oltre  che  per  la  conformazione  speciale  delle  caruncole  il  C.  beccarti  si  distingue 
per  le  particolarità  del  colorito,  presentando  la  parte  posteriore  del  collo  rossa  supe- 
riormente e  giallo-aranciata  inferioimente.  almeno  tali  erano  gli  esemplari  adulti  del 
Fiume  Fly,  raccolti  dal  D'Albertis.  Le  differenze  che  per  rispetto  al  colorito  si  osser- 
vano tra  quegli  esemplari  e  l'esemplare  che  visse  nel  Giardino  Zoologico  di  Londra, 
il  quale  secondo  lo  Sclater  e  l'Harting  aveva  la  parte  posteriore  del  collo  di  color 
arancio,  probabilmente  sono  da  attribuire  a  ciò  che  l'ultimo  esemplare  non  era  al 
tutto  adulto. 

Sp.  6.  Casuarius  unoappendiculatus ,  Blyth. 
Tav  li,  fig.  6  (et  specimine  adulto  in  Museo  Genuensi'.. 

Casuarius  n.  sp.,  Blyth,  Ibis,  1860,  p  193.—  Sclat.,  P.Z.S.  1860,  p.2IO.  -  Id.,  Ann.  and  Mag.  .Nat. 
Hi't  >er.  III.  voi.  VI.' p  Ho    I^GOj. 

Casuarius  unoappendiculatus,  Blyth,  J  \.  S.B.XXIX,  p.  I12(jiiv.)  (1860;. —  Id.,  .\nn.and  Mag. 
.Nat.  Hist.  ser.  Ili,  voi.  VI.  p.  113  (1860).—  Sclat.,  ibìd.  (noU)  —Blyth,  Ibis.  1860,  p.  307.—  Sclat., 
Ibis,  186J,  p.310.—  Bennet,  Ibis,  1860,  p.  403,  pi.  14  Ou»-)-—  Sclat.,  ibid.el  p.42o;  1861,  p.3l2. 

—  Blyth.  J.  \.  S.  B.  XXX,  p.  185  (1861).  -  Ibis,  1862,  p.  78.  —  ScIaU,  Trans.  Zool.  Soc.  IV,  p.  3.ó9,  pi.  74 
(juv.)(l862;.  —  Schleg..Jaarb.zool.Genolsch.  Nat. \rt.  Mag.  1862,  p.  198,  pi.  —  Id.,  Dierent.  Vogels, 
p.239,  f.p.  240,  et  tabula.  -  Sclat.,  P.  Z.S.  1863.  p.  225.  —  Finsch..\eu-Guin.  p.  180  (1865).—  Sclat., 
P.  Z.  S.  1866.  p.  3i.  168.  -  F.  Schle^  .  Zool.  Gart  1866,  p  179.  — Schleg.,  .Xed.  Tijdschr.  Dierk.  lll,p.  250, 
3\7(l866j.—  Id.,  in  Rosenb.,  Reis  naar  zuidoosiereil.  p.52  (noU,  (1867;.  -  Gould,  SuppI.B.  .\ustr. 
pi.  74.  75    1869).—  .Vewt-,  Ibis,  187o,  p.  119,  12J.—  Schleg.,  .Ned.  Tijdschr. Dierk.  IV,  p  53  (187!  . 

—  G  R.Gr..  Hind-List,  Ili,  p.2.sp. 9852 (1871).  -  Gieb.,  Thes.Om.  I.  p. 595 '1872).  -  Sclat.,  P.Z.S. 
1872,  p  147.  Ii9,  150.—  Schleg.,  yias.P.B.  Strulhiona,  p.  10  (1873) —Rosenb.,  Journ.f.Orn.  1873, 
p.390.  —  Meyer.  Sitzb.k.  .\k.Wissensch.  zu  Wien.  LXIX,  p.218  (1874).  -  Sclat.,  Ibis.  1874,  p.417. 

—  Id.,  P.Z.S.  1874,  p.247.  49.5.  — Id.,  P.  Z  S.  1875.  p.  85,  pi.  XX.  f.  1.2  (juv.,  p  87,  533  —  Rosenb., 
Reist.  naar  Geeiwinkb.  p.  17,69, 117  (1875).  -  Becc...\nn.  Miis.  Civ.  Gen.  VII,  p.  717  (I875\  — Salvad., 
ibi.i.  p.7l9  (1875).-  Sclat.,  Ibis,  !S76,  p.  254.  —  Id.,  P.Z.S.  1876.  p.  414  ;esemplare  vivo).  —  Forbe«, 


206  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUARIUS 

P.  Z.S.  1877,  p.307,  313,  315,  316  (Bursa  Fabricii).—  Sclat.,  P.  Z.  S.  1877,  p.  419  (esempi,  vivo  in 
Anistenlam\  531  (un  esempi,  vivo  in  Londra).  —  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  X,  p.  167  (1877) 
(Soroniii.  —  liarting,  Ostr.  and  Ostr.  Farm.  p.  112  (1877).  -  Oust.,  P.  Z.  S.  1878,  p.  389,  3!)U.  —  Salvad., 
Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  XII,  p.346  (Sorong),  424,  425  (1878).  —  Ibis,  1878,  p.482.  —  Meyer.  Journ.f 
Orn.  1878,  p.  2u3.  —  Rosenb.,  Malay.  Archip.  p.  396  (cum  fig.  capitis),  481,  563  (1878-79).—  Ibis. 
1879,  p  96. 

Casuarius  kaupi,  Rosenb.,  .\atuurk.  Tijdschr.  Nederl.  Ind.  XXIII.  p.  43,  tab.  (1861)  -  Id.,  .lourn. 
f.Urn.186l,  p.44,  taf.l.—  Sciai.,  Ibis,  1861,  p.  312.  —  Id.,  Trans.  ZooI.Soc.  IV,  p.  36U  (nota)  (1862). 
—  Scl)leg.,  Jaarb.  zool.  Genotsch.  .Nat.  Art.  Mag.  1862,  p.  199-  —  Rosenb.,  Natuurk.  Tijdschr.  i\ed.  Ind. 
XXV,  p.25l,  sp.246  (1863).—  Id.,  Journ.f.  Orn.  1864,  p.  134,  sp.246.—  Finsch,  Neu-Guinea,  p.  181 
(1865).  —  Sclat.,  P.  Z.  S.  1866,  p.  168.  —  F.Schleg.,  Zool.Gart.  1866,  p.  180.  —  Rosenb.,  Reis  naar 
zuidoosiereil.  p.  52  (1867).  —  iNewton,  Ibis,  187u,  p.  120.  —  Schlog. ,  Mus.P.  B.  Strutkiones,  p.  12 
(1873).—  Rosenb.,  Journ.f.  Orn.  1873,  p.3yo.—  Id.,  Malay.  Archip.  p.  ,563  (1878). 

Casuarius  sp.,  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  X,  p.  167,  sp.  IHO  (1877)  (Sorong)  (juv.). 

}famlieba.  Abitanti  di  Sorong  {von  lìosenberg). 
hallo,  Abilanli   di  Salavalli  {von  lioscnhery]. 

Miiior,  ni(i<'r;  cassiik-  iiyruinidali  liiquelia  fusco-olivacea;  capile,  gala  et  collo  postico  summo 
caeriileis  ;  collo  imo  et  palcare  unico,  medio,  pijri formi  flavis ;  area  nuda  loiigiludinali  juxla 
rolli  Intera  carnea,  (lavo  circnnidiita. 

Jan.  Genis  el  gnla  cacrnli'is,  rollo  antico,  paleare  et  area  nuda  juxla  colli  latera  flavis; 
occipite  ci  cervice  virescentibus  ;  plilosi  niijra  (ex  (ìouid). 

Juv.  Casside  parum  elrvala  et  nondum  Iriquelra;  yenis  et  gula  caeruleis,  collo  antico,  pa- 
leare  unico,  medio  el  area  longitudinali  juxla  colli  latera  flavis;  occipite  el  cervice  erubescen- 
libus;  plilosi  brunnescenle  (ex  Blylh. 

Long.  lol.  I'", 655;  rostri  hiat.   0"',i:i3;  tarsi  O'",280;  ung.  dig.  int.  0"',084. 

Hab.  in  Papuasia  —  Salavalli  [Bernstein,  von  liosenberg,  Bruijn)  ;  Nova  Guinea,  Sorong 
(lìernstein  ,  D'Alberlis,  lieccari],  prope  sinuni  Threshold  [Moresbg] ,  Tangioo-Ram  (Beccari, 
Bruijn). 

«  (  —  )  9   Tangion-Uam  (Papua)  Febbraio  1875  {H.). 
Individuo  adulto,   molto  grande. 

6  (  — )  O"  Tangion-Kam  12  Fel)braio   1875  [Bruijn). 
Simile  al  precedente,   ma  un  poco  j)iù   piccolo. 

e  (  —  )  —  Salavalli  [Bruijn). 
Simile  in  tutto  al  precedente  '. 

d  (1 30)  cf  pullus.  Sorong  Maggio  1 872  •  Becco  scuro  ;  piedi  gialli  ;  occhi  neri  »  [D'A.). 

Giovane  di  forse  un  mese  di  età.  di  color  fulviccio-chiaro  con  larghe  strie  brune 
sulle  parti  superiori. 

e  [  —  )  — pullus.  Sorong  Febbraio  1875  \B.). 

Pulcino  da  poclii  giorni  sortito  dall'uovo,  simile  al  precedente,  ma  di  color  fulvo- 
biancliiccio  più  chiaro  <;  con  larghe  strie  brune  piii  scure  lungo  le  parti  superiori  e 
le  coscie. 


(1)  La  parte  inferiore  del  collo  di  questo  individuo,  montato  nel  Museo  Civico  di  Genova,  ò  stata 
tinta  di  uii  giallo  più  vivo,  e  cosi  pure  i>ii!i  vivo  appare  il  colore  rosso-carnicino  dell'area  nuda  sui 
lati  del  collo. 


TOMMASO    SALTADOR]  207 

Ambedue  questi  giovani  individui  '  presentano  evidentissimo  un  rudimento  del- 
l'unica caruncola  terminata  da  un  ciuffetto  di  piume. 

Il  tipo  di  questa  specie,  descritto  dal  Blyth,  era  un  giovane  individuo  d'ignota 
provenienza,  vivente  nel  serraglio  del  Babu  Kajendra  Mullick  in  Calcutta,  nel  Marzo  del 
1860  ;  esso  a  quanto  pare  è  andato  perduto.  Nello  stesso  anno  viveva  un  altro  individuo 
giovane  della  stessa  specie  nel  Giardino  Zoologico  di  Amsterdam,  e  questo  fu  descritto 
e  figurato  dal  Bennet  (/.  e).  Nel  1862  .lo  Sclater  pubblicò  una  figura  del  tipo  del 
Blyth  nelle  Transactions  della  Società  Zoologica  di  Londra  {l.  e),  e  nel  1869  il 
Gould  (/.  e.)  pubblicò  la  figura  dell'individuo  vissuto  nel  Giardino  Zoologico  di  Am- 
sterdam, ma  fatta  quando  non  era  ancora  pei'fettamente  adulto,  come  credeva  il 
Gould,  mentre  lo  stesso  esemplare  allo  stato  adulto  era  già  stato  figurato  dallo  Schlegel 
fin  dal   1862  (/.  e). 

Questa  specie  ha  il  casco  in  forma  di  piramide  triangolare,  colla  faccia  posteriore 
del  medesimo  piana,  dilatata  ed  inclinata  all'  innanzi  come  nel  C.  occipitaìis  ,  nel 
C.  pniìuanus  e  nel  C.  picticolìis;  dagli  ultimi  due  il  C.  unoappoulicuìatus  si 
distingue  facilmente  per  avere  la  caruncola  unica  mediana,  piriforme  e  di  color  giallo, 
come  la  parte  inferiore  ed  anteriore  del  collo ,  sottostante  alla  gola  azzurra  ;  esso 
somiglia  moltissimo  al  C.  occixìitaìis  di  Jobi.  dal  quale  differisce  cospicuamente  per 
mancare  della  grande  macchia  gialla  occipitale  propria  di  questa  specie  .  per  la  ca- 
runcola piriforme  più  grande,  per  la  faccia  posteriore  del  casco  molto  più  larga  e  di 
forma  ovale,  pel  casco  di  colore  più  scuro  e  pel  colore  giallo  del  collo   più  intenso. 

Nulla  si  sapeva  intorno  alla  patria  di  questa  specie  prima  che  il  Bernstein  inviasse 
al  Museo  di  Leida  sei  individui  da  lui  raccolti  in  Salavatti  e  sulla  costa  della  Nuova 
Guinea  di  rimpetto  a  Salavatti,  e  che  lo  Schlegel  riconobbe  appartenere  al  C.  unoap- 
pendiciilatìis. 

Siccome  poi  il  von  Kosenberg  aveva  raccolto  in  Salavatti  il  tipo  del  suo  C.  kaitpi, 
cos'i  lo  Schlegel  suppose  che  questo  fosse  identico  col  C.  unoapprndiculatus,  e  per  dai- 
credito  a  questa  supposizione,  contro  la  quale  stava  il  fatto  della  mancanza  di  carun- 
cola nel  tipo  del  C.  haiipi,  Kosenb.,  si  disse  (P.  Z.  S.  1866,  p.  168)  che  essa  non  è  svi- 
luppata negli  individui  giovani ,  la  quale  cosa  non  è  esatta,  trovandosi  invece  la  caruncola 
anche  negli  individui  giovanissimi.  Il  von  Rosenberg  poi  (Journ.  fiir  Orn.  1873,  p.  390) 
per  spiegare  la  mancanza  della  caruncola  nel  tipo  del  suo  C.  kaupi  suppose  che  essa 
mancasse  per  un  accidente,  come  per  una  morsicatura,  o  per  altra  circostanza. 

Lo  Sclater  dapprima  credette  che  il  C.  kaupii,  Rosenb.  fosse  realmente  una  specie 
distinta  dal  C.  unoappendiculatus,  ma  poscia,  quando  il  von  Rosenberg  stesso  dichiarò 
assolutamente  che  il  suo  il  C.  kaupii  era  lo  stesso  che  il  C.  unoappendiculatus Mconohhe 
che  il  Casuario  da  lui  considerato  come  C.  kaupii,  Rosenb.  era  diverso  da  quello 
del  von  Rosenberg  é  lo  chiamò  C.  ivestermanni ,  che  ora  io  credo  si  debba  identi- 
ficare col  C.  papuamis.  Ad  onta  di  tutto  ciò,  secondo  me,  non  è  tolta  ogni  dubbiezza 
intorno  al   C.   kaupii,  Rosenb.,  e  forse  la  questione  è  veramente  insolubile,   giacche 

(1)  L'individuo  d  è  quello  che  in  una  precedente  occasione  {Ann.  Mus.  Civ.  Gen.  X,  p.  167)  dissi, 
sulla  fede  di  altri,  non  avendolo  meco  in  quel  momento,  privo  di  ogni  traccia  di  caruncola,  mentre 
ne  ha  un  rudimento  evidente. 


208  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASUAKIUS 

secondo  il  Kaup,  Direttore  del  Museo  di  Darmstadt,  nel  quale  il  tipo  del  C.  haiipii, 
Rosenb.  si  conserva,  quali  "esemplare  ha  la  testa  ed  il  collo  originali,  il  cori)o  rifatto 
colla  pelle  dello  stesso  individuo,  e  le  ali  e  le  gambe  di  un  altro  individuo!  (P.  Z.  S. 
1872,  p.  149).  In  verità  non  si  comprende  come  questo  individuo  mutilato  e  rifatto 
possa  essere  quello  stesso  stato  ucciso  da  un  cacciatore  del  von  Rosenberg  e  porta- 
togli nella  sua  barca  !  Come  va  che  il  von  Rosenberg  non  ha  mai  menzionato  le  mu- 
tilazioni di  quell'individuo  ?  Come  va  inoltre  che  anche  il  giovane  individuo ,  che  il 
von  Rosenberg  dice  di  aver  avuto  nella  stessa  occasione,  non  aveva  neppure  esso  la 
caruncola  mediana  del  collo  ,  mentre  essa  è  visibile  anche  nei  giovanissimi  individui 
del  C.  nnoappendiculatus  ?  Ad  onta  di  questi  dubbi  io  debbo  dire  che,  avendo  esa- 
minato nel  Museo  Britannico  il  modello  della  testa  del  tipo  del  C.  haupi,  mi  sembra 
che  realmente   esso  comsponda  colla  testa  del   C.   unoappendìcuìatus. 

Questa  specie  è  stata  trovata  finora  soltanto  in  Salavatti  e  sulla  costa  opposta  della 
Nuova  Giiinea  fin  presso  Tangion-Ram  a  settentrione.  Il  von  Rosenberg  asserì  da  prima 
che  essa  si  trovasse  nelle  Isole  Ax\i  (Nat.  Tijdsthr.  Xed.  Ind.  XXV,  p.  252;  Journ. 
of  Orti.  1864,  p.  135),  ma  più  tardi  {Reis  naar  zuidoostereil.,  p.  52)  corresse  l'errore. 
Il  Giebel  poi  [l.  e.)  ha  affermato  che  essa  si  trova  anche  in  Mysol;  probabilmente 
il  Giebel  è  stato  tratto  in  errore  dal  titolo  del  lavoro  nel  quale  il  von  Rosenberg 
descrisse  la  prima  volta  il  C.  kaiq)/,  che  è  intitolato  :  Neuvc  vogel  soortrn  ran  3Iysool 
en  Sahvatti  (Nat.  Tijdsclir.  Ned.  Ind.  XXIII,  p.  42-45),  e  non  s'è  accorto  che 
la  località  Mysol  non  si  riferisce  al  Casuarius  kaupi ,  ma  al  PìyctolophHS  macro- 
lophus,  che  si  trova  jìure  descritto  nel  medesimo  lavoro. 

Nulla  si  sa  intorno  ai  costumi  di  questo  Casuario  in  libertà.  Esso  è  stato  più 
volte  tenuto  vivo  in  scliiavitù  :  abbiamo  menzionato  come  fosse  vivo  in  Calcutta 
il  tipo  di  questa  specie  e  come  un  altro  individuo  abbia  vissuto  parecchi  anni  nel 
Giardino  Zoologico  di  Amsterdam;  nel  1874  il  Moresby,  Cap.  del  BasiU.sk,  donò  al 
Giardino  Zoologico  di  Londra  un  individuo  catturato  il  29  Maggio  1874  all'estre- 
mità occidentale  della  Nuova  Guinea  e  precisamente  nella  Baja  Threshold  (lat.  S.  1°, 
long.  E.   132°),  venti  miglia  circa  al  Nord  di  Salavatti. 

Il  von  Rosenberg  scrisse  che  tornando  in  Ternate  portò  seco  vivo  un  bell'esemplare 
di  questo  Casuario,  donatogli  dal  Ragia  di  Salavatti  :  esso  aveva  più  di  due  anni  e  seb- 
bene quasi  gi'ande  come  gli  adulti  vestiva  ancora  l'abito  bruno  giovanile  ;  ma  il  bel 
colore  giallo  del  collo,  che  appare  subito  dopo  deposto  l'abito  primo,  spiccava  già  in 
tutto  il  suo  splendore  ;  invece  il  colore  azzurro  del  capo  era  soltanto  incipiente  ;  la 
caruncola  unica  alla  parte  inferiore  del  collo  aveva  le  ordinarie  dimensioni.  Quando 
esso  veniva  eccitato  erigeva  le  lunghe  piume  che  scendono  dal  gropjìone  e  contempo- 
raneamente emetteva  un  grido  molto  forte  a  mo'  di  soffio,  seguito  sovente  da  un  grugnito, 
simile  a  quello  del  porco.  Esso  correva  liberamente  di  qua  e  di  là,  era  assai  man- 
sueto ed  amico  degli  uomini,  ma  nemico  acemmo  dei  cani  e  dei  gatti.  11  suo  man- 
tenimento costava  al  von  Rosenberg  dieci  fiorini  al  giorno! 

Un  uovo  deposto  dalla  femmina  nel  Giardino  Zoologico  di  Amsterdam  fu  mostrato 
dallo  Sclater  alla  Società  Zoologica  di  Loudra  (P.  Z.  S.  1860,  p.  34);  esso  era, 
come  quello  delle  altre  specie  del  genere  Citsi(arins,  di  color  verde  chiaro,  fittamente 
coperto  di  punti  rilevati  di  color  verde  cupo,  e  misurava  O^jlSG   per  0'",089. 


TOMMASO    SALVADOKI  209 

Sp.  7.  Casuarius  occìpitalis,  Salvad. 
Tav.  li,  Hg.  7  (ex  icone  inedita  Beccarii). 

?  Casuarius  papuanus,  part.,  Rosenb.,  Reist.  naar  Geelwinkb.  p.  117  (1875)  (Jappen).  —  Id.,  Malay. 

Arohip.  p.  r.63  (partim)  (1875). 
Casoar  di  Jobi,  Reccari,  Ann.  Mus.Civ.  Gen.  VII,  p.  718  (1875). 
Casuarius  occipitalis,  Salvad.,  ibid.  (nota\—  Sclat.,  Ibis,  1876,  p.  245  (nota).—  Salvad.,  op.  cit. 

XII,  p.'in  (1878).—  Ibis,  1878,  p.  482.—  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  2U3,  300  (nota).  —  Ibis, 
1879,  p.96. 

Oramai,  Abilanli  di  Jobi  [Meyer).  ' 

Major;  nirjer,  casside  pyramidali  triquelra,  pallide  olivacea,  facie  postica  plana,  antrorsum 
inclinala,  strida;  paleare  uno  meiiin,  pyrifurmi  parvo;  capile,  gula  et  parte  superiore  colli  postici 
caeruleis,  macula  occipitali  triangulari,  colli  parte  nuda  inferiore  et  paleare  (lavis;  area  nuda 
colli  imi  laleruni  carnicina;  rostro  et  pedilms  fusco-olivaceis. 

Long.  lei.  1'",670;  rostri  hiat.  0"',I37;  tarsi  0'",2S0  ;  ung.  dig.  ini.  0'",070. 

ffofc.  in  Papuasia  —  Jobi  {Beccari). 

Si  conosce  un  solo  individuo  di   questa  specie: 

a  (— )  Cf  Ansus  (Jobi)  16  Aprile  1875  (B.). 
Grande  individuo  adulto,   t/jm  della  specie. 

Il  Casuarius  occipitalis  somiglia  moltissimo  al  C.  unoappendiculntus,  Blyth,  ma 
ne  diiTerisce  per  la  bella  macchia  triangolare  gialla  sull'occipite,  per  la  forma  del  casco, 
die  ha  la  faccia  posteriore  molto  più  stretta  e  quindi  non  di  forma  decisamente  ovale, 
ma  allungata,  pel  colore  giallo- oli vaceo  del  casco,  per  la  caruncola  piriforme  sul 
mezzo  della  parte  inferiore  del  collo  molto  più  piccola,  pel  colore  giallo  della  parte 
inferiore  del  collo  più  verdognolo,  e  che  si  addentra  in  alto  sui  lati  con  due  punte 
neir  azzurro  della  parte  superiore,  e  finalmente  per  l'area  nuda  sui  lati  della  parte 
inferiore  del  collo,  la  quale  appare  tutta  di  color  carnicino  e  non  circondata  di  giallo. 

Come  ho  già  fatto  notare  altrove,  la  descrizione  originale  data  da  me  di  questa 
specie  non  era  al  tutto  esatta,  giacché  essa  fu  fatta  sopra  uno  schizzo  inviato  dal  Beccari, 
nel  quale  non  appariva  la  caruncola;  il  Beccari  nella  lettera  nella  quale  mi  scriveva 
del  Casuario  di  Jobi  diceva  come  esso  avesse  la  pelle  del  collo  lacerata  precisamente 
nel  luogo  ove  sogliono  trovarsi  le  caruncole,  per  cui  soggiungeva:  «  non  potrei  assi- 
curare che  un  rudimento  di  caruncola  non  esistesse,  ma  in  ogni  caso  non  poteva  essere 
che  solitaria  e  centrale  e  non  più  grande  di  un  pisello  »;  e  tale  veramente  è  ap- 
parsa quando  l'esemplare  è  stato  diligentemente  preparato  e  montato. 

n  Beccari  (/.  e.)  accenna  ad  un'  altra  specie  di  Casoar  che  esisterebbe  in  Jobi  > 
giacche  egli  intese  dire  dagl'indigeni  che  esistono  grandi  differenze  fra  i  Casuari 
maschi  e  femmine  di  Jobi,  e  siccome  questa  cosa  non  sembra  ammissibile,  poiché  in 
tutte  le  altre  specie  non  sogliono  verificarsi  differenze  sessuali  notevoli,  perciò  egli  sup- 
pose che  realmente  esistesse  in  Jobi  una  seconda  specie  di  Casuario  che  era  stato  supposto 
potesse  essere  il  C.  loestermanni  ;  io  non  inclino  ad  ammettere  una  seconda  specie  di 
Casuario  in  Jobi,  giacche,  da  quanto  sappiamo  finora,  in  nessun  altro  luogo  si  trovano 
due  specie  insieme,  ed  inoltre  il  tipo  del  C.  tvestermanni,  secondo  me,  non  è  diverso  dal 

Seiìie  II.  Tom.  XXXIV.  »c 


210  JlUNUUKAFlA    DEL    GEX.     CASLAKILS 

C.  impuautis.   Xon  ò  improbabile  che  le  differenze  asserite  dagl'indigeni  di  Jobi,  come 
esistenti  negli  esemplari  di  quell"  isola,  siano  «iuelle  derivanti  dall'  età. 

Tanto  il  Meyer  (Sitzh.  k.  Ak.  Wissensch.  Wien.  LXIX,  p.  217),  quanto  il  von 
Rosenberg  (Éeist.  naar  Gedwinkb.  p.  117)  avevano  accennato  all'esistenza  di  una 
specie  di  Casuario  in  Jobi  ;  il  von  Rosenberg  anzi  lo  ha  riferito,  non  so  con  qual  fonda- 
mento, ma  probabilmente  per  una  semplice  supposizione,   al   C.  papiianiis. 

Sp.  8.  Casuarlus  papuanus,  Rosene. 
Tav.  II,  fi«.  8  (ex  Goiild,  B.  .New  Ouin.  pt.  V,  pi.  i). 

?  Gasuarius  emeu,  part.,  Less.,  Voy.  Cori.  Zool.  I,  pt.  2,  p.  717  (1828)  (ex  Nova  Guinea).-  Id.,  Man. 

d'Ori).  Il,  p.  2U9  [pnrlim]  (1828).—  Id.,  Tr.  d'Orn.  p.  7  {parlim)  (1831).  —  Sclat..  .lourn.  Pr.  Linn. 
•   Sodi,  p.  168,  sp.  152  (1858).  -  G.R.  Gr.,  1>.Z.  S.  18.i8,  p.  196  (pnTUm).  —  Id..  Cat.  B.  .\ew  Guin. 

p.  .50,  61  {piìì-hm)    1859).—  hi.,  P.Z.S.  1861,  p.43S.  —  Finsch,  Neu-Guin.  p.  181)  [parlim)  (1865). 
7  Gasuarius  orientalis,  S.Miill.,  Verh.  Land-  on  Volkenk.  p.  109  [parlim)  (I839-I8Ì4). 
Gasuarius  bennettii,  Schles-  (nec  Gould),  i\ed.Tijd.schr.  Dierk.  IV,  p.  [3  (187!)  (.Nova  Guinea). 
Gasuarius  papuanus,  Kosenb.,  in  litt.  —  Schleg.,  I.c.  p.  54  (1871)  (Tipo  esaminato).—  Id.,  Mus. 

1'.  R.  SlriUhwiifs,  p.  li  (1873)  (.\ndai).  —  Rosenh.,  Journ.  f.  Orti.  1873,  p.  390,  391.—  Meyer,  Sitzb. 

k.  Ak.Wiss.  Wion,  I.MX,  p.2l6,  217  (187Ì).—  Sclat.,  Ibis,  187.'i,  p.4l7.-  Id..  P.Z.S.  1875,  p.  85, 

87.—  Ro.^onb.,  Reist.  naar  (ìoolwinkh.  p.  84,  117,  144,  pi. XVII  (1875).  —  Beccar!,  Ann.  Mus.  Civ. 

Gen.  VII,  p.  717  (1875).  —  Salvad.,  ibid.  p.  796(1875,  (Andai).  -Sciai.,  Ibis,  1876,  p.  258.  -  Harting, 

Ostr.  and  Ostr.  l'arm.  p.  1 18  (1877).  -  Oust.,  P.  Z.  S.  1878,  p.  389.  —  Meyer,  .lourn.  f.  Orn.  1878,  p.  200, 

201,  203,  299.-  Ibis,  1878,  p.482;  1879,  p. 96.—  Rosenh..  Malay.  Archip.  p.  ,563,  595  (1879). 
Gasuarius  kaupii,  Sclat.  (nec  Rosenb.),  P.  Z.  S.  1871,  p.  627  (Mansinam).  —  Id.,  P.  Z.  S.  1872,  p.  147, 

148,  149,  150,  pi.  IX  (Mansinam).  —  Id.,  P.Z.S.  1873,  p.474.  -  Meyer,  Sitzb.  k.  Ak.  Wiss.  Wien. 

LXIX,  p  216,  217    1874).-  Sclat.,  Ibis,  1871,  p.4l7  (nota)  —  Oust,,  P.Z.S.  1878,  p.389. 
<  Gasuarius  papuensis,  Rosenh.  »,  Sclat,  P.Z.S.  1872,  p.  149,  1.50. 
Gasuarius  westermanni,  Sclat.,  P.Z.S.  187'i,  p.2'i8  (Tipo  esaniiiiaio\  —  Id.,  Ibis,  1874,  p.417 

(nota).—  Id.,  P.Z.S.  1875,  p.85,  87,  380,  pi.  XIX.  -  hi..  Nature,  XI,  p.5l6  (1875).—  Id.,  Ibis,  1876, 

p.  245,  258.—  Hartinu,  Ostr.  and  Ostr.  Farm.  p.  I  IO  (I877\  -  Sharpe,  Ibis.  1877,  p.  325.  — Gould,  B. 

of  New  Guin.  pt.  V,  pi.  4  (1877).  -  Meyer,  .lourn.  f.  Orn.  1878,  p.  200,  20l,  203,  299.  -  Oust.,  P.  Z.  S. 

1878,  p.389.—  Ibis,  1878,  p.482;  1879,p  96  -  Sclat.,  List  Vert.Ani.m.  Z.  S.  L.  ed  VII,  p.  473  J879). 
Gasuarius  sp.,  Meyer,  Sil/.h.  k.  Ak.  NViss.  Wien,  LXIX,  p.2l6  (1874). 
Gasuarius  edwardsii,  Oust.,  P.Z.S.  1878,  p.389,  pi. XXI  (Dorei).  -  Salvad.,  Ann.  Mus.  Civ.  Gen. 

XII,  p.  425  (1878).  -  Meyer,  Journ.  f.  Orn.  I87S,  p.  299,  300.  —  Rchnw.,  Journ.  f.  Orn.  1878,  p.  2u3.— 

Sclat.  et  Salv.,  Ibis,  1878,  p.482.  -  hi..  Ibis,  1879,  p.  Oli. 

Meswaar,  Abilanli  di  Andai  [von  Riixciiln'rii) 
Wonggé,  Abilanli  di  Dorei  {von  Roseiibcnj). 
Nhamdia,  Abilanli  di  Balani  {von  Rosenberg). 

Minor,  niger;  casside  pyramidaU  Iriqiielra.  fnscn-nigra,  farii<  postica  plana,  aHlrorsiim  in- 
clinala; pnli'arihiis  nìdlis;  rapili»,  gnla  et  rullo  antiri>  rarnileis  ,  orcipile  et  rrgionr  auricnlari 
griseo-viresceiitiliiis;  cello  postico  aiiruulio  '  srnsiin  siipra  colli  lalera  in  roseum-carnriiin  roloreni 
transeunte;  pedibus  griseo-virescentibus  ;  iride  nigricante. 

Lon?.  lol.  1"',400;   larsi  0'",260;  rostri  hialus  0"',120;  ung.  di?,  ini.  0"',078. 

Ilab.  in  l'apuasia  —  Nova  fiuinea,  Dorei  (iwi  Rosenberg).  Andai  {lìniijn) ,  Kuilierliaki 
{linùjn,  Laglaizr).  Monlc  Arl'ak  {lleccari,  Driiijn). 

Oltre  al  tipo  di  questa  specie  nel  Museo  di  Leida  e  ad  altri  esemplari  nel  Museo 
Britannico  e  nel  Museo  Turati  ho  esaminato  i  seguenti  individui  raccolti  dal  Beccai'i 
e  dai  cacciatori  del  Bruijn  : 


(I)  Nella  dosoriziono  originale  dello  Schlegel  la  parte  posteriore  del  collo  è  indicata  di  color 
rosso-minio;  questa  indicazione  deve  essere  stata  data  dal  von  Rosenberg,  che  poi  nella  figura  so- 
pracitata rappresenta  quella  parte  di  colore  arancio. 


TOMMASO    SALVADOKI  211 

a  ( — )  —  Andai  Giugno  1874  {Bruijn). 

b  (— )  —  Andai    1874  {Bniijn). 

C  (— )  —  Arfak  Giugno  1874   [Bruijn]. 

Questi  tre  individui  sono  al  tutto  adulti  e  non  presentano  che  lievi  differenze 
nelle  dimensioni  ;  essi  non  mostrano  sulle  parti  nude  della  testa  e  del  collo  i  colori 
propri  dei  vivi. 

d  (— )  cf  jun.  Emberbaki  Luglio  1874  [Bruijn). 

Individuo  giovane  di  color  bruno,  nereggiante  sulla  parte  inferiore  del  collo  ed 
anteriore  del  tronco,  colla  testa  e  col  collo  rivestiti  di  piume,  tranne  i  lati  della  testa 
e  l'area  sulla  parte  inferiore  e  laterale  del  collo  che  è  tinta  di  giallo  nella  spoglia, 
mentre  i  lati  della  testa  sono  tinti  di  azzurro  ;  il  casco  è  appena  incipiente. 

e  ( — ) —  juv.  Andai  Giugno  1874  [Bruijn). 

Individuo  più  giovane  del  precedente ,  di  color  bruno ,  cogli  steli  delle  piume 
nerastri. 

/  (— )  cf  juv.  Andai  8 1875  [B.]. 

Simile  al  precedente,  ma  un  poco  più  piccolo  e  con  macchie  nerastre  più  distinte 
sulle  parti  superiori. 

Questa  specie  appartiene  al  gruppo  di  quelle  col  casco  piranoddale  triangolare  colla 
faccia  posteriore  piana  ed  inclinata  ali 'avanti ,  e  senza  caruncole. 

Essa  somiglia  al  C.  picticoUis,  ma  ne  differisce  per  diversa  colorazione  delle  parti 
nude  della  testa  e  del  collo  ;  nel  C.  papuanus  la  gola  è  azzurra  e  la  parte  poste- 
riore-inferiore della  cervice  è  di  color  arancio,  mentre  nel  C  picticoUis  la  gola  è  rossa 
e  la  parte  posteriore-inferiore  della  cervice  è  di  color  ceruleo. 

Il  C.  papuanus  fu  scoperto  dal  von  Kosenberg  presso  Andai;  egli  ne  raccolse  due 
esemplari,  una  femmina  adulta  ed  un  maschio  giovane,  che  ora  si  trovano  nel  Musco 
di  Leida  ;  lo  Schlegel  da  prima  li  riferì  al  Casuarius  bennetti,  ma  ben  presto  cor- 
resse l'errore  ;  altri  due  individui ,  e  questi  giovanissimi ,  furono  raccolti  dal  Meyer 
presso  Dorei  e  posteriormente  il  Bruijn  ha  inviato  gl'individui  sopra  indicati,  uccisi 
presso  Andai  ed  Emberbaki  ;  di  questa  ultima  località  ho  visto  anche  un  individuo 
adulto  raccolto  dal  Laglaize.  Il  Beccari  ha  inviato  un  solo  individuo  giovane  di  Andai  ; 
egli  dice  che  questa  specie  si  trova  anche  sui  monti  Arfak  e  di  averne  trovate  le 
traccio  sulle  cime  più  alte  da  lui  salite.  Il  von  Kosenberg  {Malaij.  Archip.  p.  563) 
crede  probabile  che  questa  specie  viva  anche  presso  la  Baja  di  Humboldt,  ove  vide  pelli 
di  Casuari  adoperate  dagl'indigeni  ;  a  me  pare  più  probabile  che  quelle  pelli  apparte- 
nessero al  C.  picticoUis,  o  ad  altra  specie  non  ancora  descritta ,  giacché  nel  fondo 
della  Baja  del  Geelwink  vive  una  specie  distinta,  il  C.  beccarti,  o  C.  salvadorii,  e 
non  è  presumibile  che  il  C.  papuanus  viva  in  due  regioni,  fra  le  quali  è  interposta 
quella  abitata  dal   C.   heccarii,   o   C.  salvadorii. 

Al  C.  papuanus  secondo  me  sono  da  riferire  tanto  il  C.  ivcstermanni,  quanto 
il   C.   edwardsii. 

Il  tipo    del   C.  westermanni    visse    per    parecchi  anni  nel    Giardino    Zoologico  di 


212  MONOGRAFIA    T)EL    (iEN.    CASlARIfS 

Londra;  esso  proveniva  dal  Giardino  Zoologico  di  Amsterdam;  era  ancora  giovane 
quando  giunse  in  Londra  e  dallo  Sclater  fu  riferito  da  prima  al  Casuan'us  hmipl  del 
Ton  Rosenberg,  ma  poscia,  (luandcj  ({uesti  credette  di  poter  asserire  che  la  specie 
così  da  lui  denominata  era  un  esemplare  del  C.  unoappendiculatus,  lo  Sclater  ne 
fece  il  tipo  dal  C.  ivestcrmauìii  ;  la  prima  figura  che  lo  Sclater  dette  di  quell'esemplare 
(P.  Z.  S.  1872,  pi.  IX)  differisce  notevolmente  da  quella  data  posteriormente  nel  1875 
(P.  Z.  S.  1875,  pi.  XIX);  nella  prima  tutta  la  parte  posteriore  del  collo  appare  rivestita 
di  piume  nerastre,  e  la  fascia  trasversale  dell'occipite  è  di  color  giallo  ;  invece  nella 
seconda  figura,  fatta  quando  l'esemplare  era  adulto,  tutto  il  collo  è  nudo,  la  fascia 
sull'occipite  appare  grigia,  l'occipite  e  la  parte  superiore  delle  cervice  sono  di  colore 
nero-violaceo ,  e  la  parte  inferiore  della  cei-vice  è  di  color  rosso.  Lo  stesso  esemplare 
è  stato  figurato  una  terza  volta  dal  Gould,  che  ne  ha  dato  due  figure,  una  fatta  dal 
vivo  dal  Wolf,  e  l'altra  poco  dopo  la  morte  di  quell'esemplare;  questa  ha  servito  di 
modello  alla  figura  8  della  Tav.   II,   che  accompagna  questo  lavoro  '. 

L'origine  di  quell'individuo  è  alquanto  incerta;  dice  lo  Sclater  che,  secondo  quanto 
veniva  asserito,  esso  sarebbe  stato  cattiu-ato  da  un  missionario  residente  a  Wunsinam  (sic), 
0  più  esattamente  Mansinam  presso  Dorei  nel  18(39.  Il  Meyer  ha  fatto  notare  che 
Mansinam  è  il  capoluogo  della  piccola  isola  di  Manaswari,  la  quale  per  la  sua  piccolezza 
e  per  essere  molto  popolata  non  può  albergare  di  certo  alcuna  specie  di  Casuaiio  : 
è  quindi  molto  più  probabile  che  esso  provenisse  dai  luoghi  vicini,  cioè  da  Dorei  o  da 
Andai,  ovvero  da  Mansiman  o  Mansema  alle  falde  del  Monte  Arfak  ,  anziché  suj)- 
porre,  come  ha  fatto  il  Meyer,  che  esso  provenisse  da  .lobi,  dove  sappiamo  di  certo 
che  vive  il  Casuariits  occipitaìis  ;  il  Beccari,  come  si  è  detto ,  ha  supposto  che  in 
.lobi  potessero  trovai-si  due  specie  di  Casuari,  ma  nessun  fatto  conferma  questa  cosa, 
la  quale  sarebbe  in  opposizione  con  quanto  si  sa  intorno  alla  distribuzione  geografica 
delle  varie  specie  di  questo  genere ,  ciascuna  delle  quali  sembra  occupare  un'  area 
distinta.  Se,  come  sembra  probabile,  il  tipo  del  C.  ivestermanni  proviene  dalle  vici- 
nanze di  Dorei,  o  di  Andai,  dove  sono  stati  raccolti  i  tijti  del  C.  juqnianus,  non  vi 
può  essere  alcun  dubbio  intorno  alla  loro  identità ,  sebbene  nella  figura  del  C.  pn- 
puawis,  pubblicata  dal  von  Rosenberg,  manchi  ogni  traccia  della  fascia  chiara,  grigia 
o  grigio-verdognola,  dell'occipite,  che  si  vedeva  nel  tipo  del  C.  ìcrstmiuiiìni:  nel  resto 
quella  figura,  grossolanamente  disegnata  e  colorita,  si  accorda  abbastanza  bene  colle 
figure  del  C.  tvestermavvi  pubblicate  dal  Gould. 

Più  difficile  è  di  mettere  d'accordo  la  figura  del  C  rchvariìsii  (/.  e.)  con  quelle 
del  C.  itapuauìis  e  del  C.  ivrstermanni ,  ma  siccome  il  tipo  del  C.  r(^ic(in1sìì  b  an- 
ch'esso di  Dorei,  conviene  supporre  che  (juella  figura  sia  stata  molto  inesattamente 
colorita  dal  Maindron ,  che  no  dava  lo  schizzo  all'Oustalet.  Gli  editori  dell' //>/-v 
hanno  già  manifestato  l'opinione  che  il  C.  cdivardsii  sia  da  riferire  al  C.  papuanus. 
ma  non  potrei  convenire  con  loro  che  esso  rappresenti  l'adulto  di  (piesta  specie. 


(I)  Nell'Agosto  del  1878  viveva  nel  Giardino  zoologico  di  Rotterdam  un  altro  individuo  adulto, 
di  cui  lo  Sclater  mi  ha  inviato  cortesemente  un  disegno;  osso  era  simile  in  tultn  al  tipo  del  C,  irn- 
siermanni  diventato  adulto. 


TOMMASO    SALV ADORI  21o 

Poco  si  sa  intorno  ai  costumi  di  questa  specie,  ma  è  naturale  il  supporre  che 
essi  non  differiscano  da  quelli  delle  altre  specie. 

Dice  il  von  Kosenberg  che  il  primo  individuo,  che  egli  potè  avere  attaccò  furio- 
samente il  suo  cacciatore  Achmat,  che  lo  aveva  ferito,  e  fu  con  grande  difficoltà  che 
questi  potè  difendersi  ed  abbatterlo  con  un  colpo  di  coltello  da  caccia. 

Sp.  9.  Casuarius  picticoUis,  Sclat. 
Tav.  II,  fig.  9  (ex  Gould,  B.  New  Guin.  pt.  V,  pi.  3). 

Casuarius  picticollis,  Sclat.,  P.Z.  S.  1875,  p.  83,  9:>,  pI.XVllI  Milne  Bay,  in  Nova  Guinea  meri- 
dionali-orientali) et  p.  3'i9  (juv.  Milne  Bay)  (Tipo  esamin.nto}.  —  Id.,  Brit.  .\,ssoc.  1875.  —  Id., 
Journ.  f.  Orn.  1876,  p.  258.  —  Id.,  P.  Z.  S.  1876,  p.  414  (vivo)  -  Id.,  List  Vert.  Anim.  Z.  S.  L. 
ed.  VI.  p.  423  (1877).  -  Gould,  B.  of  .New  Giiin.  pt.  V,  pi.  3  (1877).  -  Forbes ,  P.  Z.  S.  1877, 
p.3i)7,  315,  316  (.cloaca).—  HartiiiR,  Ostr.  and  Ostr.  Farm.  p.  121  (1877).  -  Sharpe,  Ibis,  1877,  p.  352. 

—  Meyer,  Jonrn.  f.  Orn.  1878,  p.  2u3.  —  Sclat.,  Ibis,  1871),  p.  %.  —  Sharpe,  Ibis,  1879,  p.  116  (typel. 

—  Sclit.,  List  Vert.  Anim.  Z.S.  L.  ed.  VII,  p.473  (1879). 

Casuarius  kaupi,  Sharpe  (nec  Rosenb.},  Ibis,  188!,  p.  .500   South-eastern  .New  Guinea). 

Casside  pijramiilali  Iriqiwtra  ,  poslice  plana  et  antrorsum  inclinala  ,  niqra:  jialeare  nullo; 
occipite  oriseo-cacruleo  '  ;  gala  et  area  lorKjIluilinati  juxla  colli  imi  lalera  nibris;  collo  postico 
superius  caeruleo-vialacno,  infi'rius  pallide  caenileo;  imque  digiti  inlerni  longissima. 

Long.  loL  V'^iOO;  hiatus  rostri  0"',120;  tarsi  0"',2io;  unguis  digiti  inlerni  0"'J2:>. 

Hab.  in  Papuasia  —  Nova  Guinea  orienlali-moridionali,  prope  sinuni  Milne  (Bennel). 

Oltre  al  tipo  ho  esaminato  parecchi  esemplari  di  questa  specie  nel  Museo  Turati. 

Il  tipo  della  medesima  è  un  individuo  che  ha  vissuto  nel  Giardino  Zoologico  di 
Londra  e  che  ora  si  conserva  nel  Museo  Britannico;  esso  era  stato  dato  quando  era 
ancora  molto  giovane  dai  nativi  di  Milne  Bay,  nelle  Discovery  Bay,  sulla  costa  S.-E. 
della  Nuova  Guinea,  a  Mr.  Goodman,  medico  della  nave  da  guerra  inglese  il  Basi- 
lisk  ;  altri  individui  furono  successivamente  portati  a  bordo  della  stessa  nave  ed  acqui- 
stati; quello  fu  portato  a  Sydney  nell'Aprile  del  1873  e  rimase  otto  o  nove  mesi  nel 
Giardino  Botanico  di  quella  città,  d'onde  fu  poi  inviato  a  Londra,  ove  visse  nel  Giar- 
dino Zoologico  dal  27   Maggio   1874  fino  al   1(3   Ottobre   1876. 

La  pelle  di  un  altro  individuo  giovanissimo,  anzi  pulcino,  probabilmente  riferibile 
alla  stessa  specie,  giacchi"-  aveva  la  stessa  provenienza,  fu  inviato  dal  Bennet  allo  .Sclater; 
questo  era  rivestito  ancora  di  piumino .  di  color  bruno  isabellino  chiaro  colla  testa 
rossigna  superiormente;  il  dorso  era  di  color  scuro  con  una  fascia  mediana  e  due 
laterali  larghe  di  color  bruno  chiaro  ;  queste  fascio  correvano  regolarmente  parallele 
lungo  tutto  il  dorso.  La  lunghezza  della  pelle  dal  becco  alla  coda  era  di  pollici  in- 
glesi 10.5  (=0"', 26(3),  del  tarso  2.9  (=0'",070)  e  del  becco  dalla  commessura  2.5 
(=0'",061). 

Bue  esemplari  di  questa  specie  si  conservano  nel  Museo  Turati;  uno  non  è  al 
tutto  adulto  ed  ha  l'unghia  del  dito  interno  lunga  soltanto  0'°,0(38;  in  esso,  oltre 
a  6  steli  di  penne  sulle  ali,  si  nota  anche  una  sorta  di  unghia  cuiTa  in  coiTÌspon- 
denza  del  pollice  ;   l'altro  è  perfettamente  adulto. 


(1)  Nella  tavola  XVIII  dello  Sclater  sopraindicata  sull'occipite  v' è  una  macchia  trasversale  bian- 
chiccia, e  la  parte  posteriore  del  collo  è  superiormente  violacea  ed  inferiormente  cerulea. 


•214  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASl'ARIUS 

Suppongo  che  a  questa  specie  sia  da  riferire  anche  l'esemplare  della  Nuova  Guinea 
meridionale-orientale  recentemente  acquistato  dal  Museo  Britannico  e  menzionato  col 
nome  di  C.  kaupi  {Ibis,  1881,  p.  500);  questa  mia  supposizione  si  fonda  sulle  con- 
siderazioni che  tanto  il  C.  Icnupi ,  Rosenb.  (=  unoappendiculatus,  Blj-th).  quanto  il 
C.  kaupi,  Sclat.  {=^  pnpuanus ,  Rosenb.)  sono  specie  della  parte  occidentale-setten- 
trionale della  Nuova  Guinea,  e  che  le  pelli  secche  del  C.  p/cticoììis  somigliano  mol- 
tissimo a  quelle  del  C.  ìcaiipi,  Sclat.  {=z  impiianus,  Rosenb.),  per  cui  è  da  credere 
che  l'esemplare  sopramenzionato  sia  stato  erroneamente  attribuito  al  C.  kaupi,  e  che 
appartenga  invece  al   C.  picticollis  *. 

Questa  specie  appartiene  al  gi'uppo  di  quelle  col  casco  in  forma  di  piramide  trian- 
golare e  senza  caruncole  e  si  distingue  facilmente  dalle  affini,  C.  impuanus  e  C.  ben- 
netti,  pel  color  rosso  della  gola,  la  quale  in  quelle  specie  è  di  color  azzurro  ;  si  noti 
tuttavia  che  quel  color  rosso  della  gola  non  è  sempre  ugualmente  cospicuo;  inoltre  il 
C.  picticollis  differisce  dal  C.  papuanus  per  non  avere  la  parte  posteriore-inferiore 
della  cervice  rossa,  ma  celeste  cliiara,  per  cui  somiglia  più  al  C.  bennetti  che  non  al 
C.  papuaìius. 

Il  C.  picticollis  è  stato  trovato  finoi'a  soltanto  nella  parte  meridionale-orientale 
•della  Nuova  Guinea  presso  Milne  Bay. 

Kp.  10.  Casuarius  bennetti,  Gould. 
Tav.  11,  lig.  lU  (ex  Gould,  B.  Aiislr.  Suppl.  pi.  72). 

Casuarius  bennetti,  Gould,  P.  Z.  S.  1857, p.  269,  pl.CXXlX.—  Id.,  Ann.  and  Mag.  Nat.Hist.(3)  Voi.  I, 
p.299  (1858).  -  J.  E.  Gr.iy.  P.  Z.  S.  1858,  p.27l,  pi.  CXLIV  (oviim  .  —  Id.,  Ann.  and  Mag.  Nat.  Hist.  (3), 
II,  p.  469  (1858).-  Bennpt,  P.  Z.  S.  1859,  p.  32.  —  Sclat.,  Ibis,  1859,  p.  102,  115,212,  335.-  Gould, 
Birds  of  Atistr.  Suppl.  pi.  72,  73  (pt.  Ili,  pi.  7,  8)  (1859).  -  Bartlett,  I>.  Z.  S.  1860,  p.205,  pl.CLXII 
(ovuin).  -  Sclat.,  P.  Z.  S.  I86U,  p.  210.  -  Id.,  Ann.  and  Mag.  .Nat.  Hìst.  (3|,  voi.  VI,  p.  145  (1860;.  —  Id., 
Ibis,  186U.  p.  310.  —  Bennet,  Gatherings  of  a  Katuralist  in  Australasia.  p.  243,  pi.  IV  (1860).  -  Sclat., 
Ibis,  1861,  p.  197,  312.—  Id.,  Trans.  Zool.  Soc  IV,  p.  359,  pi.  I,XI1  (1862).  —  Bennet,  P.  Z.  S.  1862, 
p.  1.—  Sclat.,  P.  Z  S.  1862,  p.  32'i  (pullus).  -  Schles-,  .laarb.  zool.  Genotsch.  .Nat.  Art.  Ma^.  1862, 
p.  198.  -  Sclat.,  P.  Z.  S.  1863,  p.  23ì,  518,  pi.  XLII.  —  Jouan.  MiTn.  Ac.  Se.  Nat.  Gherb.  IX,  p.  323  (1863). 

—  Sclat.,  P.Z.  S.I86Ì,  p.  271.  — Gould,  Ilan.Ib.  Birds  of  Austr.  II,  p.  561  (1865).  —  Sclat.,  Ibis,  1865, 
p.  338.  -  Id.,  P.Z.S.  1866,  p.  168. -l'.Schlog.,  Zool.  Gart.  1866,  p.  178.  -  Sclat.,  P.  Z.  S.  1867,  p.  179. 

—  Id.,  P.Z.S.  1869,  p.  126,  628.-  Id.,  P.  Z.  S.  1871,  p.  627.- G.  1\.  Gr  ,  Iland-List,  IH,  p.2,  sp.  9850 
(1871)  -  Sclat.,  P.  Z.  S.  1872,  p  149,  150.  —  Gieb.,  Thes.  Orn.  I,  p.  595  (I872\  -  Schleg.,  Mus.  P.  E. 
Struthinnes.  p  11  (1873).  —  Benn.  et  Sclat.,  P.Z.S.  1873,  p.519.  -  Garrod,  P.Z.S.  1873,  p.  470, 
644.  -  Rosenb.,  Journ.  f.  Orn.  1873,  p  391.—  Ramsay,  P.Z.S.  1874,  p.325.  -  Sclat.,  P.Z.  S.  1875, 
p.  85,  87.-  Sorhy,  P.Z.S.  1875,  p.  362.  -  Sciai.,  Bnt.  Assoc.  1875.  -  Id.,  .lourn.  f.  Orn.  1876, 
p.  25S.—  Beuu.  et  Sclat.,  P.Z.S.  1876,  p.2.-  Bauisay,  P.Z.S.  1876,  p.  122.—  Sclat.,  P.Z.S.  1876, 
p  414  (vivi).-  Id.,  P.  Z.  S.  1877,  p.  97,  113  (notPl— Ilartins,  Ostr.  and  Ostr.  Farming,  p  123(1877). 

—  Oust.,  P.  Z.S.  1878,  p.  390.  —  Meynr,  Joiiru.  f  Orn.  1878,  p.2o3.  —  (Sclat.  ?\  Ibis,  1879,  p.  06. — 
Sclat.,  P.Z.S.  1879,  p.  5  (nota)  (si  trova  soltanto  nella  Nuova  Britannia).  —  Id.,  List  Vert.  An. 
Z.S.  I,.  1879.  p. 'i73.  -  I,a>ard,  Ibis.  18H0,  p  303  (coturni).— Powell,  P.Z.  S.  1880,  p.  493  (costumi). 

Gassowary  from  the  Solomon  Islanda  ^errore),  Ilutton,  Ibis,  1869,  p.  352. 

Montup,  Abilanli  della  Nuova  Britannia  [Brown). 

Nif)pr;  canside  piirami(lalitiiqiictra,posliceìilanii  et  anlrorsiim  inrlinata,  nvira;  collo  cae- 
riili'o,  infcrius  nIriìKitic  arra  )iuiìa  viiiarra  prartlìto;  rnslro  iiirjro;  pedibits  fiiscis. 


(1)  Da  una  lettera  dello  Sclater,  ricevuta  dopo  la  presentazione  di  questa  memoria,  apprendo  che 
io  mi  sono  bene  apposto,  e  clie  quoll'esemplaro  del  Museo  Britannico  porta  ora  il  noma  vero  di  C. 
jiìcticollis. 


TOMMASO    SALVADORI  215- 

Long.  lot.  1"',340;    rostri   hiatus  0'",IIO;  tarsi  0'",240;  unguis   digiti  interni  0"',073- 
0°",090. 

Jun.   [ìiifescens,  nigro  varius  ;  pelle  mula  cnlìi  caeruleo-vitlacea,  rosea  et  interdum  virescenle. 
Puilus.  Rufus,  superne  per  tongiludinem  nigro-taeiiiatus. 

Hab.  in  Papuasia  —  Nova  Britannia  [Bennel,  Latjard,  Brown ,  Powell). 

Ho  veduto  diversi  esemplari  di  questa  specie  e  tra  gli  altri  un  adulto  tutto  nero- 
nel  Museo  Turati;  esso  ha  l'unghia  del  dito  interno  lunga   0™,090. 

Questa  specie  appartiene  al  gi-uppo  di  quelle  col  casco  triangolare  colla  faccia 
posteriore  inclinata  ali 'innanzi  e  si  distingue  dalle  altre  senza  caruncole  pel  tarso 
notevolmente  corto  e  pel  colore  ceruleo  quasi  uniforme  della  pelle  nuda  del  collo  allo 
stato  adulto. 

Il  C.  hennrtt/  è  proprio  della  Nuova  Britannia  ;  fu  asserito  che  esso  si  trovi 
anche  nelle  Isole  Salomone  (P.  Z.  S.  1872,  p.  150),  ma  questa  cosa  non  è  esatta 
e  l'errore  fu  tosto  rettificato  (P.  Z.  S.  1873,  p.  519);  il  Bennet  fa  notare  che  se 
mai  un  Cascar  si  troverà  nelle  Isole  Salomone,  esso  molto  probabilmente  apparterrà 
ad  una  specie  distinta. 

La  scoperta  di  questa  specie  si  deve  al  Capitano  Devlin,  comandante  del  Cutter 
«  Oberon  »,  il  quale  ottenne  vivi  i  primi  esemplari  dagli  abitanti  di  un  villaggio 
collocato  presso  due  colline,  conosciute  dai  naviganti  col  nome  di  Madre  e  Figlia,  in 
quella  parte  della  costa  della  Nuova  Britannia  che  sta  fra  il  Capo  Palliser  ed  il  Capo 
Stephen  ;  essi  non  erano  perfettamente  adulti.  Insieme  cogli  uccelli  vivi  il  Cap.  Devlin 
ebbe  anche  alcune  uova.  Uno  di  quei  Casuari  giunse  vivo  in  Londra,  visse  per  qualche 
tempo  nel  giardino  zoologico  di  (india  città  e  fu  descritto  e  figurato  dal  Gould. 
Dopo  d'allora  numerosi  individui  di  questa  specie,  vivi  ed  in  pelle,  sono  giunti  in 
Europa,  ove  sono  stati  studiati  i  suoi  costumi  in  schiavitù,  la  riproduzione  ed  alcuni 
fatti  relativi  all'anatomia. 

Il  Bennet  specialmente  ha  descritto  in  più  luoghi  i  costumi  degli  individui  da  lui 
tenuti  vivi.  In  schiavitù  questo  Casoar  ha  i  costumi  degli  altri  ;  si  addomestica  facil- 
mente e  si  nutro  delle  medesime  so.stanze;  anch'esso  ha  l'abitudine  d'ingollare  tutto 
ciò  che  gli  capita  ;  il  Bennet  narra  di  uno  che  una  volta  fece  scomparire  un  paio 
di  manichini  in  mussolina,  i  quali  erano  in  un  vaso  insieme  con  dell'amido,  e 
che  li  rese  per  l'ano  dopo  qualche  tempo,  perfettamente  intatti ,  ma  bisognevoli  di 
una  buona  lavatura.  Nel  Giardino  Zoologico  di  Londra  questo  Casoar  si  è  riprodotto 
diverse  volte. 

Le  uova  sono  come  quelle  degli  altri  Casoar  di  color  verde ,  ora  granulose  ed 
ora  quasi  affatto  liscie. 

Lo  Sclater  dice  (P.  Z.  S.  18(33,  p.  518)  che  una  femmina  cominciò  a  deporre 
uova  nel  mese  di  Marzo  del  1863  con  intervalli  di  ch'ca  8  giorni  (?)  e  che  il  maschio 
cominciò  a  covarle  il  25  dello  stesso  mese,  nel  qual  tempo  erano  già  in  numero  di  5  (?); 
un  altro  uovo  fu  deposto  posteriormente;  il  17  Giugno,  dopo  52  giorni  di  covatura, 
nacque  un  pulcino,   che  era  molto  debole,  e  che  morì  dopo    12  ore. 

In  altro  luogo  lo  Sclater  (P.  Z.  S.  1863,  p.  234)  fa  notare  che  il  maschio 
soltanto  cova  le  uova,  e  qui  afferma  che  la  covatura  durò  sette  settimane. 


216  MONOGRAFIA    DEL    GEN.    CASVAEIUS 

11  Gap.  Devlin  narrò  al  Bennet  che  gli  indigeni  della  Nuova  Britannia  prendono 
questi  uccelli  giovani,   e  che  li  allevano  con  molto  amore. 

Il  Layard  dice  che  gFindigeni  della  Nuova  Britannia  per  fare  la  caccia  a  questi 
uccelli  circondano  una  grande  estensione  di  terreno  erboso  e  vi  mettono  il  fuoco  tutto 
intomo,  lasciando  soltanto  una  stretta  uscita,  per  la  quale  gli  uccelli  spaventati  cercano 
di  fuggire,   esponendosi  per  tal  modo  ai  colpi  di  spiedo  dei  cacciatori. 

Tanto  il  Brown,  quanto  il  Layard  recentemente  hanno  fatto  notare  che  il  vero 
nome  dato  a  questo  uccello  dagl'indigeni  della  Nuova  Britannia  è  Moorup  e  non  Moorid-. 
come  per  molto  tempo  si  è  scritto. 

Il  Garrod  riconobbe  la  presenza  di  due  carotidi  in  questo  come  nel  C.  gaìeatus, 
e  descrisse  alcune  cose  relative  ai  muscoli  delle  estremità. 


Dopo  aver  passato  in  rassegna  le  diverse  specie  del  genere  Casuarms,  credo  utile 
di  segnalare  airattenzione  degli  Ornitologi,  e  specialmente  dei  Naturalisti  viaggiatori, 
i  principali  dubbi  e  questioni  che  ancora  restano  da  risolvere  intorno  ai  Casuali: 

1.  Se  il  Casuarnts  tricarttnculatus,  Becc.  sia,  o  no  una  buona  specie.  Per  ri- 
solvere questo  dubbio  converrà  esaminare  possibilmente  l'esemplare  tipico  lasciato  vivo 
dal  Beccari  al  Bruijn  in  Ternate,  o  raccogliere  altri  esemplari  nelle  vicinanze  di  War- 
busi.  Se,  come  sospetto,  la  terza  caruncola  dell'individuo  tipico  menzionato  dal  Beccali 
è  dovuta  a  qualche  accidente,  è  probabile  che  gli  esemplari  di  A\'arbusi  appartengano 
al  C.  salvadorii ,  Oust.  (?  =  C.  beccarn,  Sclat.)  cioè  alla  stessa  specie  di  quelli  di 
Wandammen,  località  posta  anch'essa  lungo  la  costa  della  Baja  del  Geelwink,  ma 
più  al  sud. 

2.  Se  il  C.  bicarunculatus,  Sclat.,  che  è  stato  trovato  dal  von  Rosenberg  in 
Wammer  ed  in  Kobroor,  ed  il  C.  beccarli,  Sclat.,  che  è  stato  trovato  dal  Beccari  in 
Wokan,  vivano  anclie  in  altre  delle  Isole  Aru,  per  poter  (juindi  determinare  la  loro 
rispettiva  distribuzione  in  quelle  isole. 

3.  Se  al  C.  beccarti,  Sclat.  appartengano  veramente  anche  gU  esemplari  della 
Nuova  Guinea  meridionale,  e  specialmente  quelli  della  costa  presso  l'Isola  Touan,  o 
Comwallis  e  della  regione  bagnata  dal  Fiume  Fly ,  i  quali  se  distinti  dovranno  portare 
il  nome  di  C.  sclaterii,  Salvad.,  a  meno  che  non  siano  identici  col  C.  salvadorii, 
Oust.  Si  potrà  risolvere  la  questione  mediante  il  co  nfronto  degli  individui  di  dette 
località  con  altri  delle  Isole  Ai-u,  adulti  e  vivi,  o  dei  quali  siano  stati  indicati  con 
esattezza  i  colori  delle  parti  nude  della  testa  e  del  collo. 

4.  Se  siano  veramente  da  riferire  al  C.  beccarii,  Sclat.  anche  gli  esemplari  della 
Baja  del  Geelwink  presso  Wandammen  {C.  salvadorii,  Oust.  =C  aìtijugus,  Sclat). 
i  quali  forse  non  sono  diversi  da  quelli  di  Warbusi   {C.   fricarunciiìatus,  Becc). 

5.  A  (juale  specie  appartengano  gli  esemplari  della  Nuova  Guinea  meridio- 
nale, presso  la  costa  dello  stretto  della  Principessa  Maiianna,  menzionati  da  S.  SlUUer 
(Veri.   Land-  ni    VoIkniJ,'.   p.    22. 


TOMMASO    SALVADOKI  217 

6.  Se  il  Casuario  dei  Monti  Ai-fak,  menzionato  dal  Beccari  e  di  cui  i  caccia- 
tori del  Bruijn  hanno  raccolto  un  esemplare  (antea,  p.  175,  e),  appartenga  vera- 
mente, come  io  credo,  alla  stessa  specie  che  si  trova  al  piano,  presso  Dorei  ed  Andai, 
cioè  al  C.  papnanus,'Ro5&và).,  ovvero  ad  un'altra  specie;  importa  di  accertare  questa 
cosa  per  togliere  il  dubbio  che  gli  esemplari  dei  Monti  Arfak  appartengano  ad  una 
specie  distinta,  e  che  sopra  un  esemplare  dei  Monti  Arfak  sia  fondato  il  C.  edwardsii, 
Oust.,  che  è  stato  descritto  invece  come  proveniente  da  Dorei. 

7.  Quale  sia  il  Casuario  che  vive  lungo  le  coste  della  Baja  di  Humboldt, 
menzionato  dal  von  Eosenberg  (Ber  Malayiscìie  Archipel,  p.  563). 

8.  Se  in  Waigiou  viva  un  Casuario,  come  farebbe  supporre  il  fatto  dell'averne 
ivi  Quoy  e  Gaimard  (Voyage  de  l'Uranie,  Zool.  p.  31)  vedute  le  penno  adoperate 
per  ornamento    dagli   indigeni ,  ed  a    quale  specie  esso  appartenga. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV.  »d 


TAV.  I. 


1.  CasuariLis  bicarunculatus  2.    Casuarius    galeatus 

S.  Casuarius    ausiralis  4  .    Casuarius    beccarli 

5.  Casuarius    salvadorii 


TAK/I. 


7 


e.Casuanusuniappendiculatus  /.  Casuanus   occipitalis. 

S.Casuapius  papuanus. 

9  Casuarius  picticolJis  in  p^        ■       l 

'       ^^^'"^-  lU.  Lasuapius  bennetti. 


%. 


I  MOLLUSCHI 


DEI    TERRENI   TEEZI^AEII 

DEL    PIEMONTE    E    DELLA    LIGURIA 


DESCRITTI 


DA 


LUIGI   BELLARDI 


Memoria  letta  ed  approvata  nell'adunanza  del  93  Giugno  1878. 


PARTE   Tir. 


4.  Famìglia  BUCCINIDAE  Chenc  (i859). 

I.  Sotto-famiglia  NASSINAE  II.  et  A.  Ad.  (1858). 

I.  Genere  COMINELLA  Gray  (1847). 
1 .  (Cominella  dertonensis  Bell. 

Tav.  I,  6g.  1  (a,  i). 

Testa  ovata:  spira  brevis,  paruni  acuta,  medio  subinflala.  -  Anfraclus  versus  suturarti 
anticam  infiali,  postice  depressi,  sulwanaliculali ;  vllimus  maynus,  dimidia  lonoitudine  longior, 
ventrosus,  anlice  paruin  depressus:  sulurac  panini  profundae  ;  postica  marginala.  -  Superficies 
longitudinaliliT  costala,  Iraiisverse  coslulala  et  striala  :  coslae  longitudinales  cantra  canaliculum 
poslicum  terminalae,  in  ventre  et  in  parie  antica  ultimi  anfraclus  evanescentes  ,  ohtusae,  rectae, 
axi  lestae  parallelae ,  a  sulcis  amjustis  in  primis  anfractibus,  latioribus  in  ultimis,  separaiae: 
coslulae  transversae  parvulae ,  interse  salis  dislnntcs,  praesertinì  in  ultimo  anfractu;  stria,  vel 
slriae  iionnullac  miniilae  inlerpositae:  manjo  suturae  poslicae  irreguìariter  rugulosus.  -  Os 
ovali-eloiigatuin  ;  labrum  sinislrum  subarcuatum,  postice  depressum ,  inlerius  leve:  colu- 
meiia  medio  excavata,  antice  subrecla,  subunibiiicala. 

Long.  17,  27  mm.  :  Lai.  10,  16  mm. 

Non  conosco  (li  questa  forma  cbe  due  esemplari,  dei  quali  ho  fatto  figurare  quello 
che  ha  minori  dimensioni,  perchè  il  maggiore  ha  il  labbro  sinistro  raccomodato  a  due 
riprese  dall'animale,  e  perciò  meno  regolai-e  di  quello  dell'altro  esemplare. 


220  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Questa  forma  fossile  ha  non  poca  analogia  nei  suoi  caratteri  generali  colla  Com. 
lagenaria  (Lamck.)  della  fauna  attuale. 

Miocene  snperiore  :  Colli  tortonesi,  S^  Agata-fossili ,  Stazzano,  rarissimo  ;  Coli,  del 
Museo  (1)  e  Michelotti  (2). 

2.  Genere  PHOS  Montfort  (i8io). 
1'  Serie. 

Anfractus  versus  suturam  posticam  stibcarinati,  postice   depressi,  canaliculati 
et  cantra  suturam  marginati.  -  Costae  longitudinales   ad  suturam  posticam    non' 
productae. 

I  caratteri  principali  di  questa  prima  serie,  rappresentata  da  una  sola  e  raris- 
sima forma,  sono  i  seguenti:  1"  la  sutura  posteriore  accompagnata  da  un  grosso  orlo; 
2°  la  depressione  posteriore  degli  anfi-atti  larga  e  profonda;  3"  le  coste  longitudinali 
terminate  prima  della  scanalatura  posteriore,  cioè  sulla  carena. 

1.  Phos  roidus  Bell. 

Tav.  I,  fig.  2  (a,  b). 

Testa  subfusiformis.  -  Anfractus  poslice  late  et  profande  canaliculati  ;  ultimus  dimidia 
longitudine  longior,  anlice  parum  depressus:  sutura  postica  irregulariler  nodoso-marginala.  - 
Superficies  lonsiluilinalilcr  costata  et  transverse  costulata:  costae  lonrjitiidinah's  12,  obtusae, 
cantra  canaliculum  poslicum  tenninalae ,  in  parte  aulica  ullimi  anfractus  subbifidae:  costulae 
Iransversae  inler  se  valde  distantes  ,  super  costas  longitudinales  ci  in  earura  interslitiis 
conlinuae,  in  intersecatione  costarum  sitbaculae,  3  in  primis  anfraclihus,  8  in  ultimo,  penul- 
tima posterior  major,  subspiuifura.  -  Os  elongatum:  columella  medio  subarcuala. 

Long.  20  ram.:  Lai.  <3  mm. 

Miocene  medio  :  CoUi  torinesi ,  Baldissero-torinese ,   rai-issimo  ;  Coli.  Michelotti. 

2'  Serie. 

Anfractus  convexi,  postice  non  carinati,  vel  vix  siihcarinati:  sutura  non  mar- 
ginata. -  Costae  longitudinales  ad  suturam  posticam  productae. 

Nelle  forme  di  questa  seconda  serie  le  coste  longitudinali  corrono  continuo  tino 
alla  sutura  posteriore,  gli  anfratti  sono  convessi ,  poco  depressi  posteriormente ,  e  la 
carena  manca  o  vi  è  d'ordinario  poco  sporgente. 


(1)  Dopo  die  il  Musco  di  Geologia  fu  separalo  da  quello  di  Mineralogia,  Io  collezioni  paleontologiche 
fanno  parte  del  Musco  geolngico ,  sicclii;  l'indicazione  «  Coli,  del  Museo  .1  significa  che  i  fossili,  cui  si 
riferisce,  esistono  nel  .Musco  di  Geologia  della  I\.   Università  degli  Sludi  di  Torino. 

(3)  La  collezione  paleontologica  del  Sig.  Cav.  Miciielotti  fu  donata  dal  suo  proprietario  al  Museo 
di  Geologia  della  R.  Vnivcrsilii  degli  .Sludi  di  Roma. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  221 

In  questo  gruppo  si  hanno  forme  che  senza  dubbio  sono  fra  loro  strettamente 
coUegate  da  parecchi  caratteri  e  che  si  devono  riguardare  come  modificazioni  dello 
stesso  tipo,  ma  che  pure  a  mio  giudizio  meritano  di  essere  distinte  con  nome  proprio, 
poiché  ognuna  di  loro,  considerata  nei  suoi  caratteri  estremi  ed  osservabili  nel  maggior 
numero  di  esemplari  della  medesima  provenienza,  corrisponde  ad  un  ambiente  speciale 
distinto  0  per  età  o  per  posizione  geogi-afica  o  per  qualità  del  sedimento  che  la 
racchiude. 

Le  forme  di  questa  seconda  serie  sono  fra  loro  più  o  meno  affini,  e  non  è  dif- 
cile  conoscere  i  legami  che  rannodano  le  forme  più  antiche  alle  posteriori. 

Infatti  il  Phos  cHliarella  (Broiign.)  passa  per  gradate  modificazioni  al  Phos  or- 
ditus  (Bon.)  ambedue  del  miocene  medio  ;  e  quest'ultimo  si  avvia  al  Phos  jìolygonus 
(Brocch.),  caratteristico  del  pliocene  inferiore,  per  mezzo  del  Phos  conncctens  Bell., 
proprio  del  miocene  superiore. 

2.  Phos  citharella  (BR0Nr,.\). 
Tav.  1,  fìg.  8  («,  b). 

Testa  turrita:  spira  longa,  vaido  acuta.  -  Anfractus  convexi,  postica  leviter  infiali;  ul- 
timus  Vj  totius  longiludinis  vix  superans,  an7/ce  cnWf  (/t>y))-essus.- sulurae  profundae.  -  Super- 
ficies  tota  longiludiiialiler  costata  et  transversc  striala:  costai  longitudiitales  plerumquc  10-12. 
magnae,  obtusae,  inlerslilia  subaequantes,  reclae,  axi  teslac  parallelao,  conlra  suliiram  poslicam 
producine,  cantra  rimam  in  ultimo  anfraclu  plus  minusve  inflexae:  striae  Iransversae  crebrae 
tum  minutac,  tiini  niinutissimae,  in  interstiliis  costarum  et  super  costas  continuac,  in  parte 
antica  ultimi  anfractus  majores.  -  Os  ovali-elongatum;  labrum  sinistrura  simplex,  subarcualum, 
interius  pluri-plicatum:  coiumella  versus  parlem  posticara  plus  minusve  excavala. 

Long.  24  nini.:  Lai.  10  mm. 

Biiccinum  /le.riwsum    BON.,  Cai.,  MS.,  n.559. 
1820.   Nassa  /Irxuosa  BORS.,  Orilt. pieni.,  I,  pag.  38  (in  parie). 

1823.    y„lula  cilharclla         BRONGN.,  .Mcm.  FUrnt.,  pag.  6-i,  lav.  VI,  fig.  9. 
?   1838.   Nassa  /Ictuosa  GRAT.,  Calai.  Feri,  et  Inveri.  Girotide,  pag.4I. 

1842.    Buccimtm  flexuosum    E.  SlSiMD.,  iyw.,  pag.40. 
1847.  Nassa  /icxuosa  MlCUTTl.,  Foss.mioc.,  pag.  209. 

1847.       /,/.       ,,/.  E.  SISMO.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  29. 

1852.   Buccimim  flctunsum    D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  86. 
!!?■  ■'''■  '"'■  NEUGEB.,  5yi<.^cr;.-«77.-,V<,//.-GcA.,  pag.  10. 

DODERL.,  Centi,  geol.ierr.mivc.sup.  Ital.centr.,  pag.  105. 
COCC,  Eniim.  Sist.  Ufoll.  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac.,  pag.  75. 
MAY.,  System.  I^erz.  rerst.  ffelv.,  pag.  33. 
1878.    P/ios  flexuosus  FUCllS,  Slud.  ieri.  Bild.  Ober.  Ital.,  pag.  49. 

Tarieia  \. 

Tav.  I,  fìg.  3  (a,  b). 

Spira  mafiis  aperta.  -  Anfractus  breviores.  -  Costae  longitudinales  minores,  frequetiliores. 
Long.  2G  mm.:  Lai.  13  mm. 


1864.         /,/.  ,-,/. 

?   1873.         Id.  id. 

?   1873.         Id.  id. 


Varietà  B. 


Striae  Iransversae  majores,  frequenliores. 
Long.  24  mm.:  Lat.  16  mm. 


222  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Varie»  C. 

Tav.   I,  Cg.   7  {a,  b). 

Testa  minor.  -  Cosine  loìiQUudiimles  in  ullima  dimidia  parie  ultimi  anfractus  minulae,  vix 
costuHs  longitudinali  bus  majores,  frequenliores,  iixde  supprficies  ibi  eleganler  clalhrala. 
Long.  23  nini.:  Lai.  10  min. 

La  forma  descritta  dal  Brocchi  col  nome  di  Buccinum  flexuosum  che  io  ebbi 
sott'. occhio,  gentilmente  comunicatami  dalla  Direzione  del  Museo  Civico  di  Milano 
€  che  con-isponde  esattamente  alla  figura  datane  dal  precitato  autore,  è  affatto  di- 
stinta dalla  ])reseiite:  «luesta  tì  fu  riferita  prima  dal  Borson,  quindi  dal  Bonelli,  dal 
Sismonda ,  dal  Sig.  Cav.  Michelotti,  ecc.  La  forma  citata  del  Brocchi  è  una  vera 
Nassa  ed  appartiene  alla  XVII  serie  che  ha  per  tipo  la  N.  intercisa  (Gene)  ;  finora 
la  forma  descritta  e  figurata  dal  Brocchi  non  si  rinvenne  nei  teiTeni  terziarii  del  Pie- 
monte e  della  Liguria. 

Non  hawi  dubbio  che  il  fossile  descritto  e  figurato  dal  Brongniart  col  nome  di 
Voluta  citharcìla  sia  lo  stesso  di  questo  qui  descritto:  la  figura  vi  corrisponde  esattar- 
mente,  come  pure  la  località  Montagne  de  Turin  :  anche  la  descrizione  conviene  coi 
caratteri  della  presente  forma  ad  eccezione  delle  due  o  tre  pieghe  che  il  Brongniart 
dice  trovarsi  alla  base  della  columella,  le  quali  non  sono  segnate  nella  figura:  sulla 
parte  anteriore  della  columella  (base  secondo  Brongniart)  hawi  la  piega  caratteristica 
del  Genere  Phos,  cui  senza  dubbio  questa  forma  appartiene. 

Questa  specie  è  molto  frequente  in  quasi  tutte  le  località  a  me  note  del  terreno 
miocenico  medio  dei  colli  torinesi,  di  cui  si  può  risguardare  come  caratteristica. 

Ho  distinte  come  varietà  le  forme  meglio  caratterizzate,  le  quali  si  collegano  stret- 
tamente col  tipo  per  numerose  modificazioni  intermedie. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Eio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà, 
Pino- torinese  ,  Val  Ceppi ,  Baldissero-torinese  ,  frequente  ;  Coli,  del  Museo ,  Miche- 
lotti  e  Rovasenda. 

3.    PnOS    ORDITUS    BON. 
Tav.  I,  Hi,'.  4  (</,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  sequenles  nolao: 

1.  a  Ph.  citharella  (Rrongn.) 

Testa  bri'vior.  mnijis  vcnlrosa:  spira  viinits  acnla.  -  Anfractus  longiorcs,  minus  frequenles, 
medio  obsc.ure  carinati.  -  Strine  et  cosluhie  Iransversae  majores,  praesertim  super  costas  longi- 
ludinales.   -  Os  lonriins;  lahnim  siìiislnim   ilipressiim. 

2-  a  Ph.  polijgonus  (Broccli.) 

Testa  minar:  spira  mitins  arnia.  -  Anfractus  pauciores,  non  dislincte  carinali,  poslice  minus 
depressi.  -  Costa  super  rarinam  decurreus  non  spinulosa.  -  Os  minus  elomjntum:  columella 
medio  magis  dipiessa. 

Long.  20  nim.:  Lai.   IO  mm. 


I 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  223 

Plws  ordilus  BON.,  C«(.  MS.  n.  1312. 

1842.    Buccinnm  ordilum  E.  SISMO.,  Syji.,  pag.  40. 

1847.    Nassa  ordita  E.  SISMO.,  5^n.,  2.  ed.  pag.  29. 

1852.        Jd.       id.  D'ORB.,  Frodr.  voi.  Ili,  pag  85. 

Il  Bonelli  nel  Catalogo  manoscritto  dei  Molluschi  del  E.  Museo  di  Zoologia  scrisse 
a  proposito  di  questa  forma:  «  Mttrex  senticosus  L.  affìms  at  non  spinulosus.  -  Phos 
longitudinaìiter  co  status ,  transverse  et  inaeqiialiter  elevato-striatus ,  anfractibus 
supra  tiimidis,  siibcarinatis.  Intermedio  al  flezuosus  ed  al  senticosus  vivo  ,  forse 
semplice  varietà  del  primo  ». 

Il  Bonelli  aveva  già  riferito  questa  forma  al  Genere  Phos  del  Montfort. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Termo-fourà,  Val  Ceppi,  Albugnano,  raro;  Coli, 
del  Museo. 

4.  Phos  connectens  Bell. 

Tav.  I,  fig.  6  (a,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  Ph.  jiolijijonus  (Brocch.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  crassior  :  spira  hrevior,  magis  aperta.  -  Angulus  suhmedianus  anfracluum  oh- 
tusior,  plerumque  vix  nolatus.  -  Costae  longiludinales  obtiisae,  non  compressae,  super  ilimidiam 
partem  ultimi  anfraclus  oris  contiguam  minores ,  freque.ntiores ,  iiUcrdum  minulae  et  frequenlis- 
simae,  inde  superficies  ibi  cancellala. 

Long.  '■18  mra.  :  Lai.  15  mm. 

1847.    Nassa  pnbjcjnna  MICIITTI,  Fuss.  mioc,  pag.  207  (non  lav.  XIII,  Cg.  2  a,  b)  [in  parte). 

1847.    Buccinnm  polijgo7iiiin  E.  SISMO.,  5yn.  2  ed.,  pag.  30  (in  parie). 

1864.         /(/.  id.         DODEUL,,  Cenn.  geol.terr.  mioc.  siip.  hai.  cenlr.,  pag.  105. 

PER.  D4  COST.,  Gastcr.tcrc.Port.,  pag.  109,  lav.  XV,  flg.  13,  14. 

COPI".,   Calai,  foss.  mioc.  e  plioc.  Ufoden.,  pag.  24. 

COCC,  Enum,  sistcm.  MoU,  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pari.  I,  pag.  75  (in  parte). 

COI'P.,  Paleont.  moderi.,  p.  32  (in  parie). 

Questa  forma  collega  i  Phos  del  terreno  miocenico  medio  dei  Colli  torinesi  col 
Phos  polygonus  (Brocch.),  caratteristico  del  pliocene  inferiore,  mercè  parecchie  mo- 
dificazioni, le  quali  dimostrano  la  sua  parentela  colle  forme  congeneri  che  la  prece- 
dettero, e  con  quella  che  le  tenne  dietro. 

I  caratteri  clie  distinguono  il  Pìios  connectens  Bell,  dalla  specie  del  Brocchi 
sovracitata ,  alla  quale  fu  fino  adesso  riferita ,  sono  principalmente  i  seguenti  ;  la 
brevità  della  spira  ;  la  maggiore  apertura  dell'angolo  spirale  ;  l'angolo,  o  carena  che 
si  voglia  chiamare,  che  rialza  verso  la  metà  gli  anfratti  ,  notevolmente  più  ottuso , 
talora  ajipena  indicato  ;  la  lunghezza  maggiore  dell'ultimo  anfratto  ;  e  le  costicine  tras- 
versali piccole,  aiTotondate,  non  appiattite  a  guisa  di  bende. 

Le  costicine  trasvei'sali  variano  di  numero  e  di  grossezza  ;  le  coste  longitudinali 
anch'esse  sono  incostanti  nel  numero  e  nella  grossezza,  la  quale  va  in  generale  dimi- 
nuendo all'approssimarsi  del  labbi"o  sinistro,  mentre  nello  stesso  tempo  va  ivi  aumen- 
tando il  numero  delle  coste;  in  alcuni  esemplari  le  coste  longitudinali  in  prossimità 
della  bocca,  negli  individui  adulti,  sono  numerosissime  ed  uguagliano  presso  a  poco 
le  costicine  trasversali  per  maniera  che  la  superficie  riesce  ivi  ricoperta  da  una  specie 


1867. 

Id. 

id. 

1869. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

id. 

1881. 

Phos 

id. 

224  I    MOLLUSCHI    DEI    TEKRENI    TEKZIARII    DEL    J'IEMONTE    ECC. 

(li  rete  quasi  regolare;  anche  l'angolo  spirale  varia  nella  sua  apertura,  pui"  conser- 
vandosi più  aperto  di  quello  del  Flios  poìyyomts  (Brocch.). 

Non  ho  citata  nella  sinonimia  la  forma  delle  vicinanze  di  Bordeaux  figurata  dal 
Grateloup  (Atì.  Condì,  foss.  tav.  XXXVI,  fig.  38)  che  fu  riferita  dallo  stesso  alla 
precitata  specie  del  Brocchi  e  che  il  D'Orbigny  distinse  con  nome  proprio  (Buccinum 
Ruhlìoìygonmn  D'Orb.,  Prodr.  voi.  Ili,  pag.  86)  perchè,  quantunque  l'aspetto  gene- 
rale della  forma  di  Bordeaux  sia  presso  a  poco  uguale  a  quello  della  presente  specie, 
e  certamente  diverso  da  quella  del  Phos  polygonus  (Brocch.),  tuttavia  l'imperfezione 
della  figura  non  permette  di  dare  a  questo  risguardo  un  giudizio  adequato,  special- 
mente perchè  la  carena  suhmediana  degli  anfratti  vi  è  notevolmente  sporgente  e  quasi 
spinosa  all'incontro  colle  coste  longitudinali. 

Medesimamente  non  ho  osato  di  riferire  la  presente  forma  a  quella  di  Vienna 
e  di  Siebenburgen  figurata  dal  Hornes  e  distinta  col  nome  di  Phos  Hoernesi  dal 
Sig.  Semper  (1861.  Palaont.  Untersueh,,  voi.  I,  pag.  224),  perchè,  se  essa  pure  è 
distinta  dalla  specie  del  Brocchi  ed  è  per  alcuni  rispetti  affine  alla  presente,  non  vi 
ho  trovato  né  la  lunghezza  caratteristica  dell'ultimo  anfratto,  ne  per  conseguenza  la 
figura  della  bocca  così  stretta  e  così  lunga  come  nella  forma  dei  Colli  tortonesi. 

Miocene  sìiprriore:  Colli  tortonesi,  S'  Agata-fossili,  Stazzano,  frequente;  Coli, 
del  Museo  e  Michelotti:  Moncucco  verso  Moja,  raro;  Coli.  Eovasenda. 

5.  Phos  poltgonus  (Bnoccn.}. 

Tav.  I,  fig.  5  [a,  b). 

Tesla  turrita ,  yohjqyrala:  spira  longa ,  elata ,  valde  acuta.  -  Anfraclus  versus  suturam 
poslicam  stibcaiinali,  antice  lìrpressi,  poslice  subcarialiculati;  ultimus  '/j  tolius  lon^^itudinis 
parum  superaiis,  antice  parum  depressus:  suturae  parum  prol'undae.  -  Superticies  loia  lon- 
gitudinalitcr  costata  et  transverse  coslulala:  coslae  loiuiHudinales  10-16,  reclae,  leviter  sini- 
strorsum  ohìiqualae,  ab  iulerstiliis  laliitscuìis  separatac,  ad  sitluram  posiicam  ]iroductac,  in  ul- 
timo aiifractii  cunlra  rimam  lenninatae  H  ibi  injlcxan  :  coslulae  Iransversae  inaequales,  una 
vel  duae  niajores  super  anguluni  anfracluum  deciirrcnles,  in  inlersecalione  coslarum  longilu- 
dinalinm  siibapinnsap,  omnes  continuae,  in  inlcrslilia  coslarum  et  super  costas  decurrentes: 
striac  vel  sulci  interduin  coslis  traiisvcrsaiibus  inlerpositi.  -  Os  ovaio,  antice  leviler  dila- 
laluni,  poslice  anguslatum;  labrum  sinislrum  antice  salis  profunde  emarginalum;  columella 
subarcuata. 

Long.  40  nini.:  Lai.  19  inm. 

1814.    Buccinum  pohjgoiium  BUOCC.II.,  Conch.fass.  sul.,  pag.  344,  lav.V,  fig.  10. 
1890.    Nassa  fohjgona  UORS.,  On'rf. /«Vm.  1,  pag.  35. 

1825.       Id.         id.  DEFll.,  Dici.  Se.  Nat.,  voi.  XXXIV,  pag.  244. 

1827.    lìiicrinum  pniygonut»  SASS.,  Sagg.ijcol.  Bac.  terz.  Albengn,  pag.  481. 
1829.  /./.  id  MAUC.  DE  SKRR.,  GfojH. /f/r. /cr(„  pag.  122. 

ItllO.NN,  hai.  lert.-Ccb.,  pag.  22. 

.I.\>',  Calili.  CoiK II. /h.<.<.,  pag.  1.3. 

K  .SIS.Ml).,  Si/n.,  pag.  io. 

IM.VTll.,  Calili,  incili  et  lìcscr,  fuss.  Bntuhcs-ilii-Iili6nc,  pag.  324. 

TCIIIIIATCIl.,  Asie  mineiir.  Gèol.,  voi. Ili,  pag.91. 
1847.    Nassa  poUjijnna  SIICHTTI,   Foss.niioc,  paR.  907  (in  parte). 

1847.    Buccinum  jwìijgnwim   E.  SISMI».,  Sijn.,  2.  cil.,  pag.;W  (in  parte). 
1852.  /(/.  id.  ll'Onil,  /Vm/;-.,  voi.  Ili,  pag.  176. 


1831. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1812. 

Id. 

id. 

1812. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  225 

1854.   Nassa  polygona  UE  RAYN.,  VAN-DEN-HECK.  et  PO.NZ  ,  Calai,  foss.  M.te  Mano,  pag.  13. 

1868.    Buccinum  jìolygonwn  FOREST.,  Calai.  Moli. plioc.Bulogii.  I,  pag.  35. 

MANZ.,  Fami.  mar.  mioc.  Alt.  Ital.,  pag.  14. 

NICAIS.,  Calai.  Aidm.  foss.  prov.d^Alger,  pag.  107. 

COPP.,   Stud.jial  icnn.moden.,   pag.  33,  Tav.  Ili,  fig.  64. 

COCC,  Enum.  SisC.  .Moli.  mioc.  e  jilioc.  Pann.e  Piac,  pag.  75  (in  parte). 

MAY.,  Sijst.f^erz.  Versi.  Heh.,  pag.  33. 

COPP.,  Calai,  foss.  mioc.-plioc.  Moden.,  pag.  2. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.  hai.  merid.,  pag.  278. 

1875.  Buccinum  polygonum   PONZ.,  Cronac.  sitbapenn.,  pag.  26. 

1876.  /(/.  id.  MAY.,   Mer  glar.au  pieds  des  Alpes,  pag.  202. 

1877.  /(/.  id.  ISS.,  App.paleont.    I,  pag.  19. 

1877.    Phos  polygonus  UE  STET.,  Slral.plioc.  Siena,  p.ig.  174. 

1877.  Nassa  polygona  COTT.,  Faun.lerr.1al.  Cors.,  pag.  48. 

1878.  Id.  id.  BENOIST,  £(«(/. /o)'(»H.  Gi'row/f,  pag.  5. 

1878.     Id.         id.  DE  STEF.  e  PANTAN.,  Moli,  plioc.  di  Siena,  pag.  97. 

1881.      /(/.  id.  COPP.,  Le  marn.tureh.e  foss.  del  Moden.,  pag.  14. 

1881.      /(/.  id.  COPP.,  Paleonl.  moden.,  pag.  32  (in  parie). 


1869. 

Id.            id. 

1870. 

Id.             id. 

1872. 

Id.            id. 

1873. 

Id.            id. 

1873. 

Id.            id. 

1874. 

Id.             id. 

1875. 

Phos  polygonus 

Spira  liinqior,   magis  acuta. 
Long.  38  mm.  :  Lai.  14  inm. 


Varietà  A. 


Varietà  B. 


Spira  brevior,  mafjis  aperta.  -  Carina  oblusior.  -  Coslae  longiludinales  iitimerosiores,  siiprr 
carinam  submuticue. 

Long.  lìO  nini.:  Lai.  14  nim. 

Colla  forma  distinta  come  varietà  IJ  la  forma  tipica  della  presente  specie  si  mostra 
intimamente  collegata  colla  specie  precedente. 

La  forma  riferita  alla  presente  specie  dal  Sig.  Cuv.  Michelotti  (Foa-s.  viioc,  tav.  XIII. 
fig.  2  a,  h)  è  una  Nassa  della  serie  XXIV  e  descritta  in  quest'opera  col  nome  di 
Nassa  fallax  Miclitti. 

Non  ho  notate  le  citazioni  che  si  riferiscono  alla  forma  del  bacino  di  Vienna, 
che  l'Hòrnes  identificò  colla  specie  del  Brocciii,  por  i  motivi  esposti  a  proposito  della 
specie  precedente. 

Miocene  superiore  :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti ,  non  raro  ;  Coli.  Eo- 
vasenda. 

Pliocene  -inferiore:  Vezza  presso  Alba:  Borzoli  presso  Sestri  ponente:  Fornaci  e 
Zinola  presso  Savona:  Albenga- vallone  Torsero,  frequente;  Coli,  del  Museo  e  Mi- 
chelotti. 

Varietà  A.  —  Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba:  Borzoli  presso  Sestri  po- 
nente ,  non  frequente  ;  Coli,   del  Museo. 

Varietà  B.  —  Pliocene  inferiore:  Albenga-vallone  Torsero,  frequente;  Coli. 
del  Museo. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


226  ]    MOLLUSCHI    DEI    TEKKENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

3.  Genere  EBURNA  Lamck.  (1801). 

I  Sezione. 
Testa   umhilicala. 

1.    EbUBNA    APENNINICA    BeLL. 
Tav.  I ,  (ig.  9    a,  i). 

Tesla  infiala:  spira  parum  acuta.  -  Anfractus  vix  convexi,  postice  profunde  et  anguste  ea- 
naliculali;  ultimus  inllatus,  antice  valde  <lepres<u>,  ^7-  totius  longitudinis  subaequans.  -  Os 
obliquum,  antice  dilalatum,  postica  angiistatim,  canaliculalum  ;  labrum  ileiterum  in  regione  um- 
bilicali  (jracile,  liberum,  postice  in  callum  incnissalum  produclum  :  columella  arcuala:  umbi- 
licus  magiius,  profumlus,  infandibiliformis :  rima  postice  Irifuniculatu  ;  funiculi  subaequales  (vix 
poslicus  major),  a  sulcis  angustis  separati. 
Long.  23  mm.  :  Lai.  IG  min. 

Miocene  inferiore:  Sassello-regione  Capete,  raro;  Coli,  del  Museo. 

Il  Sezione. 
Tesla  ìnumbliicata. 

2.  Eburna  caronis  ;Brongn.). 

Tav.  I,  fi-.  10  {a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  ab  Eb.  ebumoides  (Malh.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  anr/ustior.  -  Anfraclm  posUo:  depressi.  -  Rima  antice  posticeque  earinala. 
Long.  l'J  mm.  :  Lai.  13  mm. 

1823.  yassa   Caronis  RRONGN-,  Mem.  yiiatt.,  pa-.  Ci,  lav.  HI,  liy.  10  (in   parte). 

1824.  Ruecinum  id.  BHO^.N,  Sij.-t.  Komli.,  pag.  50,  lav.  Ili,  lig.  13. 
1831.          Id.        id.  BRONN, /((//. /(■»(.-(;<•*.,  pag.  25  (in  parie). 
1812.  Nassa          id.  CATl,"LL.,  Ossiti',  (jengn.  Atp.  l'eii.,  pa^-  25. 
1850.  Id.             i<l.  D'OIU?.,  P/Wc,  voi.  Il,  pag.  320. 

1801.      III.    ti«/7ioi(/ci  MICllTTl.,  Fvss.  mine,  inf.,  pag.  i:(0  jn  parie). 

1870.  Eburna  Caronis  FUCIIS,  Beitr.  Kennl.  Condì,  yicent.  tertiar.-Geb.,  pag.3,  34,  43,  50,  0*,  TI,  1ò. 

18-0.      Id.  id.      BAY.,  Iltiid. pat.,   I,  pag.  72. 

'    1872.  Buciiiium    id.  »      var.  TOL'RN'.,   'J'crr.  iiui)iiii.C<i.<trll.,  pag.  713. 

?    1879.  Jd.  id.      TOl'RN.,  /•>««. /</7   ll.iss.    tip.,  pag.  500. 

I  fossili  dell'Appennino  comspondono  esattamente  a  quelli  di  Ronca  nel  Vicentino: 
non  raggiungono  per  altro,  che  io  ini  sappia,  le  dimensioni  alle  quali  giunge  talvolta 
questa  forma  nel  Vicentino. 

II  Brongniart  ed  altri  in  seguito  raccolsero  sotto  lo  stesso  nome  la  l'orma  di 
Ronca  e  quella  dei  colli  torinesi ,  già  distinta  dal  Borson  ,  le  iiuali  sono  fra  loro 
disgiunte  per  parecclii  caratteri,  quali  la  forma  meno  lunga  e  notevolmente  più  ri- 
gonfia, la  minor  lungliezza  di  ogni  anfratto,  e  soprattutto  i  due  rialzi  che  limitano  la 
smargiiiatura  anteriore  della   bocca .  i  (juali  nella    forma    del    miocene  inferiore  sono 


DESCRITTI    DA    L.     BELLARDI  227 

grossi  e  foggiati  a  guisa  di  due  cordoni,  mentre  nella  forma  dei  colli  torinesi  l'ante- 
riore di  essi  è  obliterato  ed  il  posteriore  poco  sporgente  e  separato  dalla  superficie 
ventrale  dell'ultimo  anfratto  da  un  solco  molto  meno  profondo  del  conispondente 
nei  fossili  vicentini. 

Miocene  inferiore:  Sassello-regione  Capeto,   Carcare,  Cassinelle.  non  raro:   Coli, 
del  Museo  e  Michelotti. 


3.    EbLRNA    EBLRNOIDES    (MaTH.) 

Testa  magna,  veiilrosa:  spira  parum  acuta.  -  Anfractus  poslice  convexi,  anlice  leviter 
depressi,  cunlra  sitturam  jwslicam  profunde  el  late  canaliculali  ;  margo  anticus  caualiculi  acutus; 
anfractus  ultimus  magnus,  in  flatus .  obliqmis,  diraidia  longitudine  plus  minusve  longior.  -  Os 
antice  dilalalum,  poslice  anguslalum,  canaliculatum;  labrum  dexlcrum  ultra  os  lale  el  regu- 
lariler  produclum,  adnatum,  regionem  umhilicalein  late  recumbens ,  postice  callosum:  columella 
subarcuala  :  rima  poslice  acide  caritiala. 

Long    40  mm.  ■  Lai.  .'iO  mm. 

18-30.  iXiisM  mutabilU  BORS.,   Oriti. pieni.  \,  pag  40,  la\.l,  fig.  12. 

18-23.      /(/.      Caronis  BRONGN.,  ;1/<«i.  l'ìcc/it.,  pag.04  (in  parie;. 

1825.      /(/.  ili.  DEFR.,  Z)iV<..SV..Va(.  voi.  XXXIV,  pug   2  i3  (in   parte). 

182.5.  Ehunia  spiritili  BAST.,  Meni.  Bnrd. ,  pag.  48. 

1835.  liuitinum  Cuiunis  BRON>,  lini.  leit.  Gcb..  pag.  25  (in   parie'. 

1838.  III.         ipiralum  GR.\T.,  Calai,  l'eri,  et  Inveri.  Gironde .  pag.  IO. 

1840.  /(/.         Caronis  MICIITTI.,  liiv.  Gasler.foss.,  pag.  24  (in   parie). 

1840.  Nassa  spirata  GRAT.,  ^(/.  Cn«c/j. /òm.  lav.  XLVI,  lig.6. 

1842.  Buccinum  Caronis  E.  SISMO.,  Syn.,  pag.  41   (in  parie). 

1842.  /(/.        chiirnoides  MATII.,    Caini,  mclh.  et   de.»r.  fnss.  Bouchis-dii-Rhòne,    pag.  324.    lav.    XI., 

fig.  14-lG. 

1847  .Sassii  Caronis  MICIITTI.,  Foss.mioc.,  pag.  203  vin   parie). 

1847.      Id.  id.  E.  SISMI).,  Syn.  2.  ed.  pag.  28    In  parie;. 

1847.  f^biirnu  spirata  SOW.  in  SMITH,  Tcrt.  Beih  of  the  Taijus.  pag.  4161. 

1852.  Buccinanops  spiralum  O'ORB.,  Piodr.  voi.  II,  pag.  87. 
1852.          Id.          eburnoides  U'ORB.,  Prodr.  voi.  Il,  pag.  87. 

1861.  Pseudoliva  brtiijadina  SEMI'.,  Paltoni,  i'nlersuc/i.,  pag.  2tl   [in  parie). 

1873.  Buvcinum  Caronis  MAY.,  Syst.  t'irz.  Ter.sl.  Ileh:,  pag.  32. 

1875.  Elnirim  id.  BENOIST,   Tist.foss.de  la  liréde  il  de  Saiicalz  ,  pag. 382. 

?    1878.  Biudnuin      id.  D"ANC.,  Mioc.di  Ciminna,  pag.  7. 

Varietà  A. 

Sutura  postica  anguste  canaliculala. 
Long.  4o  mm.  :  Lai.  33  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,  Kio  della  Batteria ,  Villa  Forzano,  Baldissero- 
torinese,   Termo-fourà,  Valle  Ceppi,  frequente:   Coli,   del  Museo. 

4.  Eburna  derivata  Bell. 

Dislinguunl  liane  speciem  ab  Eh.  eburnoides  (Malh.)  sequenles  nolae: 

resto  crassior  ,  ventricosior  :  spira  brevior,  magis   aperta.  -  .infractus  tnagis  convexi;  ul- 
limus  pìerumque  longior.  -  Os  amplius  ;  labrum    dexlcrum  crassius:   rima  postice  non  carinata. 
Long.  50  mm.  :  Lai.  35  mm. 


228 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


1829. 

.\assa  Curonis 

1840. 

Buccinum  id. 

1840. 

El/uriui  hrigadina 

1843. 

Buccinum  Caronis 

1847. 

jVassu             id. 

1848. 

Buccinum      id. 

1853. 

Id.             id. 

1853. 

Id.             id. 

1860. 

Id.             id. 

18CI. 

Pseudoliva  brugadiiia 

1804. 

JVassu  cburnoides 

1867. 

Buccinum  Caronis 

1869. 

Id.              id. 

1869. 

Pteudoliva      id. 

1878. 

Ebiivna  brugadina 

1872. 

Buccinum  Caronis 

1874. 

Id.             id. 

1878. 

Id.             id. 

1881. 

Eburiia          id. 

MAnC.  DE  SERR.,  Géogn.terr.leìl.,  pag.  121. 

MKUITTI.,  Ki-.Gast.foss.,  pag.  2i  (in  parte). 

GRAT.,  Jll.Comh.fuss.,  lav.  XLVI,  fifr.  11. 

E.  SIS.MD.,  Si/n.,  pag.  41   (in  parie). 

E.  SISMI).,  Syn.  2.  ed.  pag.  28  (in  parte). 

llOElOi.,  yerz.in  Cryzili's  Ertant.z.  ycogn.  kart.i'.  ff^ien,  pag.  17. 

HOERN.,  MoU.foss.H'ien,  vol.l,  pag.  139,  lav.  XII,  fig.  1,  2,  3. 

>'EUGEB.,  Beilr.tert.  Moli.  Ober-Lapugy,  pag.  235. 

ISEUGEB.,  Syst.  l'ersi,  terl- Moli. -Celi.,  pag.  9. 

SEMI'.,  Palaout   Untersucli.,  pag.  211   (in  parie). 

DODEIIL.,  Cenn.  geol.  terr.  mioc.sup.  Ital.  cerilr.,  pag.  105. 

l'ER.  HA  COST.,  Gaster.lerc.Porl.,  pag.  87.  lav.  XIII,  flg.  14-18. 

COl'l'.,  Catal.foss.mioc.e  jilinc.  Moden.,  pag.  24. 

MANZ.,   Faun.mioc.  Alt.  Ital.,  pag.  12. 

DE  KOEN.,  Mioc.  Xord-Tcusclil.  Moti.  Fami.,  pag.  188. 

COPI'.,  Stud.pat.icon.modtn.,  pag.  32,  lav.  Ili,  Cg.  60. 

COPI*.,   Catal.  foss.mioc.-ptioc.  Modcn.  Colt.  Ciipji.,  pag.  2. 

D'.\NC.,  Mioc.  di  Ciminna,  pag.  7. 

COPI».,   Paleoiìt.  moden.,  pag.  32. 


Varietà  A. 


Testa  longior  :  spira  minus  aperta.   -  Sutura  postica  anguste  canaliculata. 


Long.  57  nini.:  Lat.  35  nini. 


Varietà  B. 

Spira  ad  apicem  subobtusa.  -  .infractus  pimultimus   longior:  sutura  postica  angustissime 
canaliculata. 

Long.  45  min.  :  Lat.  30  mm. 

Abbenchè  la  forma  qui  descritta  sia  intimamente  collegata  colla  Eb.  cburnoidcs 
(Math.)  dei  colli  torinesi,  alla  quale  fu  finora  generalmente  riunita,  tuttavia  ho  cre- 
duto opportuno  di  distinguerla  con  nome  proprio,  poiché  rappresenta  nel  miocene  su- 
periore un  particolare  stadio  di  svolgimento,  che  dalla  forma  predominante  del  mio- 
cene medio  guida  a  quelle  della  fauna  attuale. 

Miocene  .'superiore:  Colli  tortonesi,  S' Agata-fossili ,  Stazzano,  non  frequente; 
Coli,   del  Museo. 


11  genere  Eburna  rappresentato  nel  miocene  inferiore ,  medio  e  superiore ,  scom- 
parve nel  pliocene  inferiore  e  nel  pliocene  superiore  del  Piemonte  e  della  Liguria  e 
manca  nella  fauna  attuale  dei  nostri  mari. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  229 


4.  Genere  NASSA   Lamck.  (l'-pg). 


Quando  intrapresi  la  rivista  delle  Buccinuli  finora  raccolte  nei  terreni  terziarii 
del  Piemonte  e  della  Liguria,  era  lungi  dallo  immaginarmi  che  le  forme  di  quelle 
provenienze  riferibili  al  Genere  Nassa,  qual  è  generalmente  circoscritto  dai  moderni 
Malacologi,  sarebbero  state  così  numerose  quali  sono  le  (jui  descritte. 

Di  fronte  ad  una  tanta  varietà  di  forme  appartenenti  al  medesimo  genere  io  com- 
presi tosto  la  necessità  di  disporre  queste  forme  in  gruppi,  in  ognuno  dei  quali  fos- 
sero raccolte  (luelle  che  sono  tra  loro  collegate  da  talune  particolarità  comuni,  e  ciò 
sia  per  rendere  intelligibile  la  descrizione  dei  caratteri  di  ognuna,  al)breviandola  col 
tacere  in  ciascuna  i  princijjali  caratteri  proprii  del  gruppo  e  perciò  comuni  a  tutte 
le  forme  comprese  in  ognuno  di  essi,  sia  per  meglio  mettere  in  evidenza  i  reciproci 
legami  delle  forme  descritte. 

A  tal  fine  io  mi  rivolsi  alle  classificazioni  già  proposte  per  il  genere  Nassa  ed 
in  particolar  modo  a  quella  dei  fratelli  Adams.  nella  quale  questo  genere  fu  smem- 
brato in  un  ragguardevole  numero  di  gruppi  differentemente  importanti.  Jla  debbo 
confessare  che  per  quanto  attentamente  io  abbia  studiato  i  gi'uppi  proposti,  non  riescii 
che  a  riferire  ad  alcuni  di  essi  alcune  poche  forme  nostrali:  e  ciò  sia  perchè  molte 
forme  fossili  non  hanno  i  loro  rappresentanti  nella  fauna  attuale,  sulla  quale  esclu- 
sivamente fu  basata  la  classificazione  predetta ,  sia  i)orchè  i  gruppi  proposti  furono 
per  la  maggior  parte  definiti  così  inii)orfettamente,  in  modo  cosi  vago,  che  mi  riesci 
impossibile  di  formarmi,  nel  maggior  numero  dei  casi,  un  esatto  criterio  dei  caratteri 
assegnati  ad  ognuno  e  per  conseguenza  dei  rispettivi  loro  confini. 

Dovendo  perciò  trovare  il  modo  più  conveniente  per  disporre  le  numerose  forme 
che  aveva  il  compito  di  descrivere  in  questa  Monogi-afia ,  esaminai  attentamente  le 
singole  parti  del  guscio  per  vedere  quali  fossero  quelle  che  piìi  facilmente  mi  potes- 
sero guidare  allo  scopo  prefissomi,  quello  cioè  di  formare  gruppi  circoscritti  da  ca- 
ratteri ben  definiti  (per  quanto  possibile),  in  ognuno  dei  quali  si  potessero  raccogliere 
tutte  quelle  forme  che  sono  fra  loro  jiid  intimamente  collegate  dalla  natura  dei  loro 
caratteri. 

I  caratteri,  che  mi  parvero  più  acconci  por  siff"atta  distribuzione,  sono  1"  la 
forma  del  nucleo  embrionale  ;  2°  la  forma  generale  ;  3"  il  modo  di  svolgimento  della 
spira;  4°  la  figura  dell'intaglio  anteriore  della  bocca,  e  delle  parti  prossime;  5"  il 
lalìbro  sinistro  ;  0°  il  labbro  destro  ;  7°  la  bocca  ;  8°  la  columella  ;  9°  gli  ornamenti 
superficiali. 

\ .  Nucleo  enibrionnle.  —  Il  nucleo  embrionale  ha  due  modi  di  essere  :  ora  è  lungo, 
stretto  ed  acuto;  ora  breve,  largo  ed  ottuso.  In  sulle  prime  ho  creduto  di  potermi 
valere  di  questo  carattere  per  stabilire  nel  genere  due  grandi  sezioni  ;  senonchè  avendo 
trovato   il    nucleo  embrionale  di  differente  natura  in  forme  che    non  era   ragionevole 


230  I     MOM>r>CHI     l'KI    TERRENI    TERZIARII    PEI,    PIEMONTE    ECC. 

di  allontanare  fra  loro  per  questo  solo  carattere,  mentre  era  evidente  la  loro  affinità 
pel  complesso  di  tutte  le  altre  loro  particolarità ,  ho  dovuto  limitarmi  ad  indicarlo 
come  senijìlice  carattere  di  serie. 

2.  Forma  neiierale.  —  La  forma  predominante  è  la  torricciolata,  (juclla  cioè,  nella 
quale  la  maggior  larghezza  del  guscio  si  trova  nella  nietà  anteriore  :  in  alcuni  casi  si 
avvicina  alla  gloljosa.   in  altri  alla  semiglobosa. 

3.  Modo  (li  sviluppo  della  spira.  —  Lo  sviluppo  dulia  spha  è  in  generale  regolare 
attorno  all'asse:  in  talune  specie  l'ultimo  anfratto  è  più  o  meno  obliquo  e  spropor- 
zionatamente ampio  per  m(jdo  da  costituire  una  gran  parte  del  guscio:  l'angolo  spirale, 
che  quasi  sempre  cresce  regolarmente  col  crescere  del  numero  degli  anfratti,  ritorna 
in  certe  specie  verso  l'estremità  anteriore  ad  essere  più  stretto,  sicché  la  spira  riesce 
rigonfia  verso   il  mezzo,  e  foggiata  a  botticina. 

4.  Figura  e  posizione  dell'iiilai^lio  anteriore  della  bocca  e  delle  parli  prossime.  —  L'in- 
taglio anteriore  della  bocca  è  ordinariamente  fesso  nella  parte  la  più  anteriore  del  guscio, 
è,  vale  a  dire,  terminale  ;  in  certe  specie  è  più  o  meno  obliquo    all'asse  e  laterale. 

La  sua  figura  jiresenta  parecchie  modificazioni  :  ora  ([uest'intaglio  è  profondo .  coi 
margini  laterali  quasi  paralleli,  più  largo  sul  davanti  ed  alquanto  più  stretto  in  fondo, 
ora  è  di  figura  irregolarmente  triangolare,  vale  a  dire  più  stretto  all'  ingi-esso  e  più 
largo  nel  mezzo. 

Le  sue  labbra  sono  per  lo  più  brevissime  ;  in  altre  forme  sono  alquanto  prolun- 
gate per  maniera  da  dare  origine  ad  una  specie  di  coda. 

La  superficie  dell'ultimo  anfratto  è  sempre  più  o  meno  depressa  in  prossimità 
dell'intaglio,  e  talora  è  ivi  scavata  a  guisa  di  gronda  che  accompagna  il  labbro  po- 
steriore dell'intaglio. 

Finalmente  il  labbro  posteriore  dell'intaglio,  talora  brevissimo  e  quasi  indistinto, 
è  in  molte  specie  più  o  meno  lungo,  diritto,  o  ])iù  o  meno  rivolto  verso  il  dorso  del- 
l'ultimo  anfratto. 

5.  Labbro  sinistro.  —  Il  labbro  sinistro  è  (luasi  sempre  arcato ,  raramente  de- 
presso posteriormente  :  il  suo  margine.  i)or  lo  più  acuto,  è  talvolta  inspessito  ester- 
namente da  un  orlo  che  lo  trasforma  in  una  varice  ;  nel  suo  interno  è  d'ordinario 
guernito  di  pieghe  trasversali  o  di  denti,  nel  (inai  ultimo  caso  i  denti  sorgono  sopra 
un  orlo  più  o  mono  sporgente. 

(».  Labbro  di'siro.  —  Sono  parecchie  le  maniere  di  svolgersi  del  labbro  destro . 
le  quali   porgono  in    generale  un   nn^zzo  ovvio  per  aggruppare    fra  loro  molte  forme. 

Nel  maggior  numero  delle  specie  il  labbro  destro  non  si  estende  oltre  il  piano 
della  bocca:  nelle  altre  lo  oltrepassa  e  si  protrae  più  o  meno  ed  in  divei"sa  dire- 
zione sulla  superficie  dell'ultimo  anfratto. 

(^u;ui(lo  oltrepassa  il  ])iano  della  bocca  la  sua  dilatazione  non  si  estende  d'ordi-j 
)iario  fino  alla  sutura  posteriore,   alla   ([iialc  vu  tuttavia  in  alcune  serie;   (juando  non 
è  ])rotratto  oltre   il   i)iano  della   bocca,    o    quando    roltr(q)assa    soltanto    nel   mezzo  Oj 
posteriormente,  lascia  allo  scoperto  l'estremità  della  columella  e  dà  origine  ad  un  prin- 
cipio di  ombellico.    In  generale  il  suo  margine  è  più  o  meno  accollato  alla  superficie! 
dell'ultimo  anfratto;    talora  sottilissimo  è  fuso  con  essa  cos'i  bene  da  non  potei-si  di- 
stinguere dove  finisca  :  in  alcune  serie  invece  si  rialza   più  o  meno  e  si  fa  libero. 


DESCRITTI    DA    L.    BEI.LARDI  231 

La  dilatazione  del  labbro  destro  d'ordinario  ha  luogo  posteriormente,  altre  volte 
sulla  parte  anteriore  della  columella  per  modo  da  coprirla  interamente  o  quasi  e  così 
da  far  scomparire  ogni  traccia  di  ombellico:  inoltre  la  dilatazione  in  talune  forme  è 
smarginata  nel  mezzo  a  guisa  di  C  gi'ossolano  ;  in  altre  invece  avviluppando  l'estre- 
mità della  columella  ed  essendo  smarginata  nel  mezzo,  si  trasforma  posteriormente  in 
una  grossa  callosità,  la  quale  si  protrae  fino  alla  sutura  posteriore  ;  ovvero,  estesis- 
sima e  grossa  in  tutte  le  direzioni,  giunge  sul  dorso  dell'ultimo  anfratto  dove  forma 
un  ribordo  quasi  continuo  col  ribordo  variciforme  del  labbro  sinistro,  nel  qual  caso 
ricopre  una  porzione  più  o  meno  grande  della  spira  :  finalmente  in  parecchie  specie 
si  estende  solamente  nella  regione  mediana. 

Non  è  rara  la  presenza  di  rughe  o  di  tubercoletti  sulla  parte  anteriore  od  anche 
su  ((uella  mediana  e  posteriore  del  labbro  destro:  questo  labbro  in  prossimità  del 
suo  incontro  col  sinistro  è  frequentemente  inspessito  e  calloso,  e  non  di  rado  porta 
una  0  pifi  pieghe  trasversali,  che  restringono  il  canaletto  in  cui  finisce  posteriormente 
la  bocca  e  che  si  addentrano  più  o  meno  nelle  fauci. 

7.  Columella.  —  La  columella  è  quasi  sempre  foggiata  ad  arco,  vale  a  dire  ha 
la  maggior  concavità  nel  mezzo  :  questa  trovasi  talvolta  nella  parte  anteriore  o  po- 
steriore:  dal    die   risulta  una  differente  figura  alla  bocca. 

8.  Bocca.  —  La  figura  della  bocca  varia  secondo  la  forma  della  columella  e  quella 
del  labbro  sinistro;  è  in  generale  iiTegolarmente  circolare,  qualche  volta  più  lunga 
che  larga,  ed  è  modificata  da  una  specie  di  canaletto,  in  cui  si  restringe  all'incontro 
che  fanno  fra  loro  posteriormente  il  labbro  destro  ed  il  sinistro,  il  eguale  canaletto 
è  talora  fatto  molto  stretto  e  bene  distinto  dal  grande  sviluppo  della  callosità  poste- 
riore  del   labliro  destro. 

!).  Ornamenli  Sliperlicialì.  —  La  superficie  è  di  rado  interamente  liscia,  (ili  orna- 
menti longitudinali  sono  coste,  costicine,  strie  e  bende,  i  trasvei-sali  solclii,  solchettini, 
strie,  coste  e  costicine:  nel  maggior  numero  delle  specie  tutta  la  superficie  è  rico- 
perta dagli  ornamenti  suoi  proprii;  in  alcuni  grupiii  questi  ornamenti  scompaiono  jìiù 
o  meno  compiutamente  negli   ultimi  anfratti,  raramente  nei  primi. 

Questi  caratteri,  di  cui  ho  fatta  una  sommaria  rivista ,  se  non  sono  assoluti .  la 
([ual  cosa  è  consentanea,  come  l'osservazione  ci  afferma  ogni  giorno  di  più.  alle  leggi 
che  regolano  lo  sviluppo  dei  corpi  organici,  hanno  tuttavia  un  certo  grado  di  stabi- 
lità, per  cui  si  possono  mercè  di  essi  stabilire  centri  abbastanza  lien  definiti,  attorno  ai 
(piali  si  vedono  raccogliersi  le  forme  nostrali  finora  note  :  ed  a])benchè  per  corte  serie 
siffatto  modo  di  aggruppamento  si  possa  risguardare  come  sistematico,  non  è  men  vero 
clie  nel  maggior  numero  dei  casi  si  debba  ritenere  come  naturale,  in  (guanto  che  per  esso 
vediamo  ravvicinate  fra  loro  forme  indubbiamente  affini  pel  complesso  della  loro  struttura. 

Per  fare  le  numerose  serie,  in  cui  ho  distril^uite  le  numerosissime  forme  desci-itte 
del  genere  Nassa,  io  mi  valsi  naturalmente  dei  caratteri  più  importanti  fra  cpielli 
precitati  :  e;l  lio  ragione  in  generale  di  essere  soddisfatto  degli  aggruppamenti  otte- 
nuti, perchè  nel  maggior  numei'o  delle  serie  riescirono,  col  mezzo  adottato ,  raccolte 
forme  che  senza  dubbio  sono  fra  loro  collegate  da  stretti  vincoli   di  afiinità. 

Per  separare  poi  le  forme  che  ho  descritte  con  nome  proprio  mi  sono  servito 
dei  caratteri  di  importanza  minore,  senza  poter  adoperare  lo  stesso  criterio  per  tutte. 


232  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

E  <iui  nii  viene  in  acconcio  di  pi-evenire  un'accusa,  che  mi  si  potrebbe  fare,  di  incon- 
seguenza cioè,  nella  delimitazione  dei  confini  di  queste  forme.  Ho  infatti  in  alcuni  oasi 
riferite  sotto  lo  stesso  nome,  come  semplici  varietà,  forme  diverse  i  cui  estremi,  con- 
siderati isolatamente,  sono  separati  fra  loro  e  dalla  forma  tipica  alla  quale  sono 
riforiti,  da  caratteri  molto  più  notevoli  di  quanto  non  siano  quelli  che  per  altre  forme 
mi  consigliarono  a  distinguerle  con  nome  proprio.  Ecco  le  ragioni  del  mio  operato  : 
nel  primo  caso  ho  fatta  la  riunione  ogni  qualvolta  io  conobbi  le  forme  intermediarie 
agli  estremi,  ed  in  ispecial  modo  quando  queste  forme  vissero  contemporaneamente  e 
si  svolsero  nello  stesso  ambiente  ;  nel  secondo  caso  ho  creduto  di  fare  la  distinzione 
quando  mancavano  le  forme  intermedie  e  particolarmente  quando  le  dette  forme  vis- 
sero in  ambienti  diversi,  e,  succedendosi  le  une  alle  altre,  ci  dimostravano  in  (^ual 
modo  certi  tipi  di  forme  si  siano  modificati  nel  tempo. 


1'  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  (in  illaesis)  longiis ,  aciitus,  angustus.  -  Anfractus  u1- 
timus  dimidiam  longitudinem  acquans  tei  stibacqiians.  -  Sìqìrrficirs  tota ,  vcl  in 
parte,  transverse  silicata;  tota,  vel  saltem  in  primis  anfractubiis,  longitudinaìitrr 
ecostata.  -  Os  suborhicularc,  posticc  parimi  angustatum  ;  labrum  sinistritm  sinipììex. 
subarcuatum ,  interius  pluri-plicatum  ;  labrum  dexterum  crassiusculum  ,  ultra  o.« 
productum,  praesertim  iti  regionem  medianam  et  posticam:  columella  antice  valdt 
excavata:  rima  lata,  profunda ,  a  labris  brevibus  ,  subparallclis,  circumscripto  . 
posticc  carinata  et  anguste  canaliculata. 

Le  forme  di  questa  prima  serie,  della  quale  la  specie  tipica  {N.  inconstans  Bell.) 
è  stata  finora  confusa  colla  JV.  mutabiUs  (Linn.)  differiscono  da  (juelle  della  quarta, 
cui  quest'ultima  specie  appartiene:  1"  per  la  mancanza  di  costicine  longitudinali  sui 
primi  anfratti  ;  2°  per  la  presenza  di  numerosi  solchi  trasversali  sui  medesimi  :  3°  per 
il  labbro  destro,  il  quale  si  protrae  fuori  del  piano  della  bocca  meno  nelle  forme  di 
questa  serie  di  quanto  abbia  luogo  in  ciucile  della  quarta. 

1.  Nassa  l^'C0NSTA^'s  Bell. 

Ta>.  I.   li-.   Il   (n,  li). 

Tesla  subomta:  spira  acuta,  medio  [)lerunique  inUala.  -  Aiifraclim  convrxi,  posUce  leviler 
inllaU  el  conira  siiluram  jioslicam  depressi  ;  ullimus  parum  obliquìis,  renlmsus,  atiUre  valile  de- 
inessus,  -i.^  lolius  lonj;iludinis  subaequans,  regiilaris.  -  Siiper/ìcies  tota  Irausverse  silicata:  silici 
minuti,  iiiler  se  vaidc  dislantcs,  6  vel  7  in  jiriniis  anfriiclilnis,  I  i  in  ultimo,  in  ref/ione  iinlini 
cantra  rimani  UUiores,  profundiores  el  Inter  se  magis  proximi,  prope  sulnram  puslicnm  nonnulli 
niajorcs.  -  Os  subovaio.  |)nslico  Icvitor  anpiislaliim  ,  arilicc  parum  dilalaluni:  labrum  .*iiii- 
slrum  simplex,  aculum,  inlorius  pluri-i)liraluni:  lalimm  dextruim  ultra  ns  in  rallnm  crassnm, 
Inlum  productum,  antice  re(]ionom  nmbilicalem  in  parte  recumbens ,  posticc  versus  labrum 
sinislrum  ploruiiuiuo  uniplicalum. 

Long.  28  mm.  :  Lai.  16  min. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  233 


1847.  Nassa  mutabilis  MICHTTI.,  Foss.mioc,  pag.  204  (in  parte). 

1847.     Jd.  id.  E.  SISMO.,  Syn.,  2.  ed.,  pag.  29  (in  parte). 

1864.  Id.  id.  DODERL.,  Cenn.geol.ierr.mioc.sup.Ilal.cenlr.,  pag.  103. 

1881.     Id.  id.  COPP.,  Pa/eon(.  morfen.,  pag.  36  (in  parte). 


Tarieia  A. 


Labrum  dexterum  muUi-rugosum,  pnstice  uniplicatum. 


Long.  25  mm.  :  Lat.  1 4  ram. 


Varietà  B. 


Silici  transversi  viinores,  numerosiores,   17,  postici  vix  majores. 
Long.  21  mm.  :  Lai.  1 4  mm. 


Varietà  C. 


Sulci  transversi  in  regione  mediana  anfracluutn  nulli,  vel  vix  notati. 
Long.  26  mm.  :  Lat.  16  mm. 


Varietà  D. 


Siiperlicies  in  ullimis  anfractibus  tota  transverse  esulcala,  exceptis  sulcis  transversis  rimae 
proximis. 

Long.  30  mm.  :  Lai.  20  mm. 

Varietà  E. 

Testa  conoidea.  -  Anfractus  ullimus  antice  profuude  depressus.  -  Super/icies  in   ullimis  an- 
fractibus sublaevis,  vix  obscurc  passim  transverse  costulata.  -  Os  subquadratum. 
Long.  17  ram.:  Lat.  11   mm. 

Fra  gli  esemplari  rappresentanti  la  forma  tipica  per  i  loro  ornamenti  superficiali, 
se  ne  incontrano  di  quelli  piccolissimi  (Lungh.  17  mm. ,  Largh.  10  mm.) ,  ed  altri 
nei  quaU  la  forma  generale  si  fa  più  breve  e  tozza  ;  anche  il  numero  dei  solchi  tras- 
versali varia  da  tredici  a  quindici:  in  tutti  peraltro  il  carattere,  che  tosto  colpisce, 
si  è  la  maggiore  larghezza  e  profondità,  di  tre  o  quattro  solchi  in  prossimità  della 
sutura  posteriore,  i  quaU  danno  luogo  fra  loro  ad  una  costa  più  o  meno  sporgente  ; 
la  spira  parimente  è  pure  più  o  meno  raccorciata. 

Varietà  A.  —  In  questa  forma ,  rarissima ,  ai  caratteri  del  tipo  si  aggiungono 
numerose  rughe  trasversali  sul  labbro  destro.    • 

Varietà  B.  —  L'unico  esemplare  a  me  noto  che  rappresenta  quasta  varietà  ha 
diciassette  solclii  piccolissimi  ed  equidistanti,  ed  i  quattro  posteriori  appena  appena 
maggiori. 

Varietà  C.  —  In  questa  varietà  i  solchi  trasversali  mancano  affatto  nella  regione 
mediana  degli  anfratti,  o  vi  sono  qua  e  là  appena  segnati  ;  nelle  forme  che  vi  ap- 
partengono la  spira  varia  nella  sua  lunghezza  e  nella  sua  apertui'a  presso  a  poco 
corno  nella  forma  tipica. 

Varietà  B.  —  Nella  vai-ietà  B  mancano  affatto  i  solchi  trasversali  sugli  ul- 
timi anfratti,  perfino  i  più  grandi    posteriori ,  meno  quelli    ordinarii    che    corrono  in 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  'f 


234  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIAKII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

prossimità  dell'intaglio;  gli  anfratti  sono  più  rigonfi  e  quasi  scanalati  contro  la  sutura 
posteriore;  e  la  spira  in  generale  è  più  breve  e  più  aperta. 

Varietà  £.  —  Finalmente,  nell'unico  esemplare  a  me  noto  che  rappresenta  questa 
varietà,  la  spira  è  conica  e  l'ultimo  anfratto  è  straordinariamente  depresso  anterior- 
mente per  modo  da  formare  una  specie  di  larga    gronda  in  prossimità  dell'  intaglio. 

Questa  forma  è  stata  da  parecchi  paleontologi  riferita  alla  iV.  mufahlis  (Linn.), 
dalla  quale  è  bene  distinta  per  parecchi  caratteri,  oltre  a  quelli  della  serie  cui  ap- 
partiene, ed  in  particolar  modo  per  la  presenza  nel  maggior  numero  di  esemplari  ili 
due  o  tre  solchi  più  larghi  e  più  profondi  che  corrono  in  prossimità  della  sutura 
posteriore. 

Poche  altre  specie  del  genere  Nassa  presentano  tanta  mutabilità  nei  loro  carat- 
teri quanto  questa;  per  la  qual  cosa  vengono  a  l'accogliersi  attorno  ad  essa  parec- 
chie forme  già  note  ed  una  nuova:  fra  quelle  si  devono  citai'e  in  ispecial  modo  le 
seguenti:  1.  Nassa  Rosthorni  (Partsch),  2.  Nassa  caceìlensis  (Per.  da  Cost.) , 
3.   Nassa  congìohatissma  (Per.  da  Cost.). 

La  prima  di  queste  specie,  della  quale  ebbi  sott'occhio  due  esemplari  tipici  dei 
dintorni  di  Vienna,  diffeiisce  dalla  presente  per  la  sua  forma  più  breve  e  quasi  glo- 
bosa, per  i  solchi  trasversali  più  larghi  e  più  profondi,  per  la  bocca  più  obliqua  al- 
l'asse, per  il  labbro  sinistro  anteriormente  angoloso  e  per  la  presenza  ordinaria  di 
numerose  e  gi-osse  rughe  sul  labbro  destro  e  di  una  piega  trasversale  sulla  sua  por- 
zione posteriore,  le  quali  rarissimamente  si  osservano   nei  fossili  dei  colli  tortonesi. 

La  seconda,  cioè  la  N.  cnccUensis  (Per.  da  Cost.)  [Gast.  fere.  Pori.,  tav.  XIV, 
fig.  9  a,  b),  che  non  conosco  che  dalla  figura  e  dalla  descrizione  del  Sig.  Pereira 
da  Costa,  ha  una  forma  più  lunga,  e  la  spira  più  acuta,  non  rigonfia  nel  mezzo, 
manca  dei  solchi  posteriori  più  grandi  e  più  profondi  degli  altri,  ed  ha  una  grossa 
piega  sulla  parte  posteriore  del  labbro  destro,  della  quale  è  molto  raro  incontrare 
tracce  sugli  esemplari  tortonesi. 

La  terza  specie  finalmente,  N.  congìohatissma  (Per.  da  Cost.)  {o]}.  rit.,  tav.  XV, 
fig.  5  a,  li),  abbenchè  sia  molto  bene  distinta  per  la  sua  forma  globosa  dal  tipo  della 
N.  inconstans  Bell.,  vi  è  tuttavia  collegata  per  mezzo  di  alcune  forme  appartenenti  alla 
varietà  B,  la  quale  è  sprovvista  dei  solchi  trasversali  proprii  della  forma  tipica  ed 
esistenti  nei  fossili  del  Portogallo. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S"  Agata-fossili ,  Stazzano,  frequente;  Coli, 
del  iluseo  e  Michelotti. 

2.  Nassa  consimilis  Bell. 

Tav.  I,  li-.   1;ì  (.;,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  inconstans  Bell,  sequenles  nolae: 

Tesla  brevior :  .s/iira  mnQis  aperta  -  Aiifractus  ultimu^  inflatus.  -  Siiper/icies  undiquf-  trans- 
verse late  el  profuiule  sulcaln.  in  iiltimis  anfraclubiis  lonfìiludinaliter  costata:  costae  taiae,  obtusae, 
pantm  promini'nli's,  a  sulcis  /inri/Hi  jìrdfiiiiiUs  el  aiiijuslis  spparnlne. 

Long.  '25  min.:  Lai.   IO  min. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  235 

Miocene  superiore  :  Moncucco  verso  Carossana,  raro  ;  Coli.  Kovasenda  :   Tetti  Bo- 
relli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  raro;   Coli,   del  Museo  e  Kovasenda. 


3.  Nassa  ventricosa  (Gbat.). 

Tav.  I,  fig.  12  {a,  b). 

Tesla  subfìloho.m :  spira  brevis.  -  Anfractus  primi  el  medii  breves,  parum  convexi; 
ultimus  nuifiims,  inflatus,  '/s  totius  lonrjUudinis  subaeqiians:  sulurae  subcanaliculalae.  -  Su- 
perficies  loia  Iransverse  su\ca.\,à,  et  in  ultimis  anfractubus  longiludinaliler  costulata :  su\ci  pro- 
fundi,  lati,  numerosi:  coslulae  numiirosae,  obliquae,  parum  prominenles,  a  sulcis  Iransversis 
inlerruplae,  in  inlersecalione  costularum  inler  sulcos  transversos  decurrentium  granosae;  sulcus 
Iransversus  poslicus  penulliinus  lalior.  -  Os  suborbiculare;  labrum  sinislrum  arcualum,  in- 
lerius  pluri-plicalum;  labrum  dcxleruui  laeve,  iiilcrdum  poslice  uniplicalum. 

Long.  22  mm.  :  Lai.   16  '/\,  uim. 

1827.  Biiccinuni  ventrìcoxum  GU.\T.,  liuti.  Sm\  l.inn.  Bordeaux,  voi.  II,  pag.  14. 

18:$2.  /</.               ili.  GRAT.,  Tabi  fo.<s.  Pax,  N.498. 

1840.  /(/.               id.  GRAT.,  ^«i.  C07. /;<«.,  tav.  XXXVI,  fig.  4. 

1847.  Na.isa  pseudoclat/irata  MICHTT!.,  l'oss.mioc.  pag.  208,  lav.  XIII,  Cg.  1. 

1847.  /(/.               id.  E.  SISMI).,  .Si/H,  2.  eil.,  pag.29. 

18.'i2  Id                id.  D'ORB.,  l'rodr.,  voi  Ili,  pag.  85. 

18G4.  Id.               id.  DOOKÌU..,  Coni.  (jcnl.  Ieri,  mioc.sup.  Ital.cenlr.,  pag.  iOS. 

18G9.  Id.                id.  ^Ì^Xl.,l■^ann.mioc.JitIlal.,pag.\•ì. 

1860.  Buirinum  pscudoclidltralum  COi'IV,  Calai,  fnss.  niioc.  e  plioc.  JVoden.,  pag.  24. 

1872.  M  id.  covi'.,  Slud.  Pai.  kon.inoden.,  iiig.  .Vi. 

1873.  Nas.ia  pseudoelathrata  COCC,  Enum.  sistem.  Moll.mioc.t  ptioc.Parm.e  Piac,  pag.  76. 

1874.  Buccinum  pseuduclathratum  COPP.,  Calai  foss.  mine,  ptioc.  Muden.  Coli.  Copp.,  pag.  2. 

1875.  Nas.in  pseuiindathrala  BENOIST,   Tesi,  foss.de  la  Bride  et  de  Saucalz,  pag.  386. 
1878.      Id        ventricosa  ItK.NOLST,  Élag.  torlon.  dv  la  Cironde,  pag.5. 

1881.      Id.      pseudoclallirala  COPP.,  Paleont.  modiii.,  pag.  32. 

Varietà  A. 

Spira  loiujior.  -  Costulae  longilitdinales  minores,  numerosiores.  -  Os  poslice  anguslaliim. 
Long.  22  mm.  :  Lai.  16  mm. 

L'imperfezione  della  figura  che  il  Grateloup  lia  pubblicata  del  suo  Buccinum 
ventricosum  mi  lasciava  incerto  sulla  identità  del  fossile  delle  vicinanze  di  Bordeaux 
con  quelli  dei  colli  tortonesi  descritti  dal  Sig.  Michelotti  col  nome  surriferito.  Mi 
tolsero  ogni  dubbio  parecchi  esemplari  tipici  della  specie  di  Grateloup  provenienti  da 
Salles  e  gentilmente  comunicatimi  dal  Sig.  Benoist  di  Bordeaux ,  i  quali  collimano 
esattamente  con  quelli  del  Tortonese. 

E  notevole  l'affinità  di  questa  specie  colla  N.  Rostìiorni  (Partsch)  per  rispetto 
alla  forma  generale:  ne  è  peraltro  bene  distinta  per  la  presenza  di  numerose  costi- 
cine  longitudinali  sugli  ultimi  anfratti,  e  per  la  mancanza  di  rughe  e  di  pieghe  sul 
labbro  destro. 

La  N.  perpiìKjuìs  Hinds  della  fauna  attuale  richiama  a  primo  aspetto  alla  me- 
moria la  presente  ed  in  ispecial  modo  per  la  natura  degli  ornamenti  superficiali,  ma 
ne  differisce  per  l'ultimo  anfratto  meno  lungo,  per  la  profonda  scanalatura  che  corre 


236  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

contro  l'intaglio,  e  per  la  diversa  figura  di  questo,  le  cui  labbra  sono  molto  più  lunghe 
e  più  rivolte  sul  dorso  dell'ultimo  anfratto. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S"  Agata-fossili,  Stazzano,  non  frequente; 
Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

3'  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  longus,  actitus,  atigustus.  -  Anfractus  uìtimus  magnus , 
dimidia  longitudine  longior.  -  Superficirs  tota  transverse,  minute  et  laxe  sulcata  ; 
tota  longitudinaliter  ecostata.  -  Os  suborbiculare ,  xwstice  catialiculatuin  ;  labrum 
sinistrum  postice  depressum,  antiee  subarcuatum,  incrassatum ,  interius  phiri- 
plicatum;  labrum  dexterum  callosum,  late  ultra  os  producttim,  praesertim  in  regionem 
posticam,  prope  labrum  sinistrum  tmiplicatum:  columella  antiee  valde  excavata: 
rima  antiee  angustata,  postice  dilatata,  profunda,  valde  reflexa,  a  labiis  breris- 
simis,  subnullis,  circumscrìpta,  postice  anguste  canaliculata. 

La  forma  che  rappresenta  questa  serie  ha  in  comune  con  quelle  della  precedente 
non  pochi  caratteri  ed  in  ispecial  modo  la  natura  degli  ornamenti  superficiali,  ma  ne 
diiferisce  :  1  °  per  il  guscio  più  grosso  ;  2°  per  la  spii-a  più  lunga  e  più  acuta  ;  3°  per 
il  labbro  sinistro  più  spesso  e  più  depresso  posteriormente;  4°  per  il  labbro  destro 
che  si  protrae  maggiormente  fuori  del  piano  della  bocca  o  forma  una  grossa  callo- 
sità ;  5°  e  finalmente  per  la  figura  dell'  intaglio  anteriore ,  la  quale  è  stretta  al- 
l'ingresso, più  larga  posteriormente,  presso  a  poco  corno  nelle  forme  della  Serie  XII. 

4.  Nassa  tornata  Doderl. 

Tav.  I,  fig.  14  (a,  b). 

Testa  crassa,  romidea:  spira  longa,  valtle  acuta.  -  Anfraclus  ^nslìce  infiali,  contm  su- 
turam  posticam  suhcanaìicidali;  ultimus  dimidiam  longiludinem  subaequans,  aulice  valde  dr- 
pressus:  sulurae  profundae.  -  SaperfìciQS  sublaevis,  transverse  rare  et  minutissime  striala:  s\r\ae 
Inter  se  valde  et  ac(]ue  distanlos,  plerum(|uo  7  in  primis  anfraclibiis  ,  16-18  in  ultimo.  - 
Os  subovale,  antiee  dilatalum.  postico  anrjustalum;  labrum  sinistrum  incrassatum  ;  labrum  dex- 
terum in  callum  crassum  ultra  os  productnm:  columella  profunde  excavala,  subarcuata:  rima 
valde  obliqua. 

Long.  <3  ^1^-21  nini.:  Lai.  9  '/j-'"  "i'"- 

1862.   Nassa  toì-nala  DODERL.,  Ceim.geol.  Ivrr.mwc.  siip.Ual.  cctitr..  pag.  103. 

Mercè  un  esemplare  tipico  della  raccolta  del  Sig.  Prof.  Doderlein,  che  mi  fu  gen- 
tilmente comunicato  dalla  Direzione  del  K.  Museo  geologico  di  Palermo,  ho  potuto 
riconoscere  che  ad  essa  si  riferiscono  parecchi  esemplari  provenienti  dai  colli  torto- 
nesi, i  quali  erano  procedcntomcnte  confusi  con  quolli  della  N.  inconstans  Bell,  e 
tutti  erroneamente  riferiti  alla  N.   mutabiUs  (Liiin.). 

Tutti  gli  esemplari  di  questa  specie  che  ho  esaminati,  una  ventina,  hanno  la  su- 
perficie ovunque  attraversata  da  strie,   poche  di  numero  e  fra  loro  assai  distanti,   le 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  237 

quali  corrispondono  ai  solchi  trasversali  della  N.  inconstans  Bell,  di  cui  la  presente 
non  è  altro,  probabilmente,  che  una  singolare  deviazione. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,   Stazzano ,  non  frequente  ;  Coli,   del  Museo. 


3'  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  aciitus,  longiis,  angustus.  -  Anfractus  postice  depressi, 
antice  iuflati;  ultinius  diniidia  longitudine  longior.  -  Superflcics  tota  laevis ,  cx- 
ceptis  suìcis  nonnullis  transversis  cantra  rimam  decurrentibus.  -  Os  ovale,  elon- 
gatum,  postice  angustatum;  labrum  sinistrum  .subincrassatum,  interius  laeve;  la- 
brum dexterum  ultra  os  valde  productum  ,  regionem  umhilicalem  late  recumbens , 
medio  emarginatum  ,  jìostice  contra  labrum  sinistrum  callosum  :  columella  antice 
et  parum  excavata  :  rima  latissima ,  profunda ,  a  labiis  brevibus  circumscripta , 
parum  reflexa,  postice  carinata  et  vix  canaliculata. 

A  primo  aspetto  la  foriìia  generale  della  specie  tipica  di  questa  serie  richiama 
alla  mente  quella  di  alcune  Bullie  ed  in  particolare  della  B.  laevissima  (Desh.)  : 
senonchè  la  spessezza  ed  il  ribordo  esterno  del  labbro  sinistro,  la  grossezza  e  la  figura 
della  callosità  in  cui  esso  si  protende  anteriormente  e  posteriormente  fuori  del  piano 
della  bocca,  il  labbro  destro,  e  finalmente  la  fonna  della  columella  la  allontanano 
dal  genere  del  Gray  e  la  chiamano  nel  genere  Nassa. 

5.  Nassa  Bonellii  (E.  Sismd.). 

Tav.  I,  fig.  15  (a,  b). 

Testa  ovoides  :  spira  ad  apicem  aculissima.  -  Anfractus  antice  convexi,  postice  depressi; 
ullinius  magnus,  inllatus,  obliquus ,  ^/j  lolius  longitudinis  subaequans:  suturae  simplices, 
parum  profundae.  -  Superficies  iota  laevis.  -  Os  antice  dilatahim,  postice  angustatum,  cana- 
licuialum. 

Long.  22-33  mm.  :  Lai.  12-16  inm. 

1814.    Bmcinum  (Ncuisa)  muuibilc  BUOCCH.,  Condì,  foss.  sub.,  pag.341,  lav.  IV,  fig.  18. 
BORS.,  Oriti,  pieni.,  I,  pag.  41. 
PUSCH,  Poi.  ptdàont.,  pag.  122. 
E.  SISMO.,  Sijn.,  pag.  10. 
E.  SISMO.,  Att.  Congr.Nap.,  pag.  115. 
E.  SIS.MO.,  Syn.,  2.  ed.,  pag.  28. 
O'ORB.,  Prodi:,  voi.  Ili,  pag.  176. 
KOllEST.,  Calai.  .ìfotLpliocIiologn.,  pari.  I,  pag.  46. 
NICAIS.,  Catal.  Anìm.  foss.Proi\  Alger,  pag.  106. 
SEGUENZ.,   Form,  plioc.  Ilat.meriil.,  pag.  276. 
PANTAN.,  Jtl.Jccad.Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 
COPI'.,  Paleont.  moden.,  pag.  37. 

Varietà  A. 

Anfraclus  mediani  passim  loiujiludinaliter  plicati;  plicae  minutae ,  lamelliformes ,  inter  se 
satis  distantcs. 

Long.  35  mm.  :  Lat.  22  mm. 


1820. 

Nas.ui 

N 

19 

18.Ì7. 

Id. 

mutabilis 

1842. 

Buccinum  politum 

1847. 

Id. 

Bonella 

1847. 

Nassa 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

1868. 

Id. 

id. 

1870. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

subpotila 

238  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Variet*  B. 

Superficies  transverse  obsolete  sulcata;  suìci  minuli,  paruin  profundi,  inler  se  valde  dislantes. 
Long.  25  mm.  :  Lai.  13  mai. 

Pliocene  superiore  :  Colli  astesi ,  Valle  Andona,  ecc. ,  non  frequente  ;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

6.  Nassa  dubia  Bell. 
Tav.  I,  fig.  16  (a,  b). 

Dislinguunl  hanc  specietn  a  N.  Boneìlii  (K.  Sismd.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  crassior  :  spira   magis  acuta ,   regularis.  -  Anfraclus   ullimus  minus  inflatus , 
minus  obliquus  et  antice  minits  dilatalus.  -  Columella  ad  apicem  sinistrorsum  subincurvata. 
Long.  22  nim.  :  Lai.  11   lum. 

Miocene  superiore  :   Colli  tortonesi.   Stazzano  ,  rarissimo  ;   Coli.   Michelotti. 

4'  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  parvus,  longiis,  acutissimus.  -  Anfractus  convexi,  postice 
inflati  ;  tdtitnus  magnus,  dimidia  longitudine  longior.  -  Superficies  tota,  vel  in 
parte  transverse  sulcata;  in  primis  anfractibus  longitudinaliter  costellata,  dein 
ecostata.  -  Os  ohliquum;  labrum  sinistrum  postice  depresstim,  antice  dilatatum, 
plus  minusve  incrassatum,  interius  pluri-plicatum  ;  labrum  dexterum  ultra  os  pro- 
ductum,  medio  et  postice  late  expansum:  columella  antice  valde  excavata:  rima 
lata,  profunda,  a  labiis  brevibns  circumscripta,  valde  rcflexa,  postice  carinata  et 
canaliciduta. 

Il  nucleo  embrionale  piccolo  e  molto  acuto,  la  presenza  di  costicine  longitudinali 
sui  primi  anfratti,  la  loro  assenza  sugli  ultimi  e  la  maniera  colla  quale  il  labbro 
destro  si  estende  fuori  del  piano  della  bocca,  sono  i  caratteri  più  notevoli  di  questa 
serie,  che  ha  per  tipo  la  N.  mutahilis  (Linn.). 

7.  Nassa  pbaecedf.ns  Bell. 
Tav.  I,   fiK.  17  (<i,  b). 

Dislinguunl  liane  speciera  a  N.  mnlahili'i  (Linn.l  sequenles  nolao: 

Testa  minor:  spira  minus  aperta,  medio  subinllata.  -  Anfractus  lonniores,  postice  magis  infiali, 
inde  sniitriie  subranaliculatne;  iinfraclus  ullimus  medio  rnmplanains ,  antice  maiiis  depressns.  - 
-  SM/icr/ifics  non  tranivcrse  sulcata.  -  Labrum  dexterum  in  callum  magis  crassum  et  regioneni 
umbilicalem  recumbens  produclum. 

Long.   i;j  mni.  :   Lai.  9  min. 


Varine   A. 


Testa  brevior,  magii  infinta. 
Long.   1 3  mm.  :  Lai.  9  mm. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLABDI  239' 

Varietà  B. 

Testa  hrevior,  inagis  venlricosa.  -  Super jicies  Iransverse  silicata;  sulci  lineares,  inter  se  valde 
dislantes. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  10  mm. 

Miocene  superiore:  Stazzano,  non  frequente;   Coli,   del  Museo. 
Varietà  A.  —  Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  raro;   Coli,   del  Museo. 
Varietà  B.  —  Pliocene  superiore:  CoUi  astesi,  Valle  Andona,  rarissimo;  Coli, 
del  Museo. 

8.  Nassa  cbassilabris  Bell. 

Tav.  I,  fig.  18  (a,  6). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV,  mutabilis  (Linn.)  sequenles  nolae  : 

Testa  minor  :  spira  magis  acuta.  -  Anfractus  parum  convexi,  non  postice  inflati.  -  Superfi- 
cies  in  ultimis  nnfractibus  tota  laevis.  -  Labrum  sinistrum  exlerius  incrassatum,  postice  canalicu- 
latum  ;  labrum  dexterum  medio  emarginatum,  postice  uniplicatuin,  antice  biplicatum  :  rima  minus 
profunda. 

Long.  10  inni.:  Lai.  6  mm. 

Pliocene  superiore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  frequente;  Coli. 
Eovasenda. 

9.  Nassa  obliquata  Brocch. 

Tav.  1,  fi5.  19  (n,  b]. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  mulubilis  (Linn.)  sequenles  nolae  : 

Testa  minor,  crassior:  spira  magis  acuta.  -  Anfractus  ultimus  brevior ,  magis  obliquus.  - 
Superficies  in  itltimis  anfractibus  tota  transvirse  sulcata  ;  sulci  profundi,  satis  inter  se  dislantes. 
-  Os  ma(jis  iibliquum;  labrum  sinistrum  ante  mnrginem  inflatum,  antice  magis  dilatalnm;  labrum 
dexterum  in  callum  magis  crassum  et  postice  magis  dilalatum  produclum,  in  fauce  plerumque 
muUi-rugatum :  columella  magis  profunde  excavata:  rima  latior,  brevior. 

Long.  22  mm.  :  Lai.  15  mm. 

1814.  Bucciniim  (Nassa)  obli<iualum  BUOCCtl  ,  Conch.foss.sub.,  pag.  336,  lav.  IV,  fig.  16. 

1820.  Nassa   obliquata  BORS.,  (h-itt  pieni.,  I,  pag.  37. 

1825.  1(1.  ili.  DEPR.,  /Jir(.  Se.  na(.,  voi.  XXXIV,  pag.  241. 

1827.  Buccinum  ubtiquatum    SASS.,  Sngg.geol.Bar.terz.Albenga,  pag.  481. 

1832.  /(/.         mutabile     var.  '/s  JAN,  Catal.  Condì,  foss.,  pag.  13. 

1837.  Nassa  obliquata  PUSCll,  Pai.  paliionl.,  pag.  123. 

?    1838.    BuLcinum  obliqunlum    GRAT.,  Calai,  f'erl.  et  Invert.Gironiìe,  pag. 40. 

1838.  Id.        mutabile     var.  ■/  BRONiN,  Leth.gcngn.,  voi.  11,  pag.  1099. 
1842.  Id         gibbum  E.  SISMO.,  Syn..  pag.  40. 

1842.  /(/.        obliquatum     ICHUlXTCll.,  Const.  gèol.  Prov.  mérid.Naples  et  Nice,  pag.  ììt. 

1844.  Iti.             id.  DESH.  io  LAMCK..  Jnim.s.vert.,  2.  ed.,  vol.X,  pag.  204. 

1847.  Nassa  obliquata  E.  SISMO.,  Siju.,  2  ed.,  pag.  29. 

1852.  /(/.           id.  D'ORB.,  Prorfr,  voi.  Ili,  pag.  85. 

1864.  /•/.      gibba  CONT.,  Monte  Mario,  pag.  34. 

1868.  /(/.       obliquata  M\Kl.,  Saijg.  Couch.  foss.  sub.,  p3'^.39. 

1868.  Id.           id.  FORESI.,  Catal.Moll.plioc.Botogn.,  I,  pag.  46. 


1870. 

Nassa 

gibba 

J873. 

Id. 

obliijuata 

1873. 

Id. 

id. 

1875. 

hi. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Bucciniim  gibbum 

1878. 

Nassa 

mittabilis 

1878. 

Id. 

obliquala 

1881. 

Id. 

id. 

240  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1870.    Buccinum  obliquatum    NlCAIS.,  Calai.  Anim.foss.Prov.Alger,  pag.  108. 
BELL,  Calai.. Moli. foss.de  Biot,  pag. 9. 

COCC,  Enum.  Sist.  .Moli.  mtoc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pag.  87. 
SEGUENZ.,  Form. plioc.  Ital.mnid.,  pag.  300. 
SEGL'ENZ.,  Form.pliuc.  Ilal.merid.,  pag.  270. 
I'A>'T-\>'.,  Alt.  Accad.  Fi.<iocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 
SORD.,  Faun.  mar.  Cascina  Rizzardi,  pag.  37. 
PON'Z.,  Cron.  subapenn.,  pag.  14. 
DE  STEF.  e  P.\NT.\>-.,  .ì/oll.plinc.  di  Siena,  pag.  99. 
PANT.AN.,  Conch.plioc.    di  Pielra/ìtla,  pag.  271. 
COPP.,  PaUont.moden.,  pag.  36. 
• 

Varietà  .\. 

Testa  longior:  spira  magis  amia.  -  Anfraclus  uìtimns  minor.  -  Os  magis  obliquum. 
Long.  25  ram.  :  Lat.  17  min. 

La  forma  figurata  dal  Sig.  Du  Boi.s  de  Montpereux  (Conch.  foss.,  tav.  I,  fig.  G,  7) 
e  dallo  stesso  riferita  al  Biicc.  ohliqitatum  Brocch.  appartiene  certamente  ad  una 
specie  diversa  sia  per  la  forma  globosa  che  la  ravvicinerebbe  alla  2V.  conglobata 
(Brocch.),  sia  per  la  figura  o  per  gU  ornamenti  della  bocca. 

Pliocene  inferiore:  Albenga  (fide  Sassii):  Vezza.  presso  Alba,  frequente;  Coli, 
del  Museo  e  Michelotti. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  valle  Andona,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 

Varietà  A.   —  Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  non  frequente;  Coli,  del  Museo. 

10.  Nassa  mutabilis  (Linn.). 

Testa  obliqua,  plus  minusve  inflala:  spira  brevis,  valde  acuta.  -  Anfraclus  convexi,  po- 
stice  inlìali.  inde  sulurae  profundae  ;  anfraclus  ullimus  magnus,  iiipalua,  obhquus,  ^Z,  lolius 
longiludinis  apquans.  -  Suppriicios  pliTunique  laevis.  conira  suluram  posticam  transverse  sul- 
cata;  sulci  3-o,  parum  profiimli:  anfraclus  duo  ve l  trcs  primi  post  nncleum  embrionalcm  parvi 
longitudinaliter  oblique  costati,  transverse  costulali ;  pars  anlica  ullimi  anfraclus  Iransverse 
sulcala;  sulci  4-o,  profuiiJi,  inler  se  salis  dislanlcs.  -  Os  vaìdc  obliquum,  antice  dilalatum, 
postice  angustatum:  labrum  sinislrum  inlerius  plerumque  pluri-plicalura,  inlerdum  laeve; 
labrum  dexlerum  laeve,  late  ultra  os  productum ,  praesertim  in  regionem  medianam:  coluraella 
anlice  profunde  escavala.  ^ 

Long.  30  mm.  :  Lai.   19  mm. 

1766.    Nassa  mulabilis  LINN.,  Syst.  Nat.,  pag.  1201. 

1792.    Buccinum  mutabile        OLIV.,  Zool.adriat..  pag.  1  i3. 

1814.  Id.  (Nassa)  obli'juatum  var.  BROCCIl.,  Comh.  foss.  sub.,  pag.  336. 

BOnS  ,   Orili,  piem.,  1,  pag.  41. 

UISS.,  Pro.lr.  Eur  mcrid.,  voi.  IV,  pag.  179  {fide  BRONNI> 

PAYll.,  Clini.. ìfotl.Cors.,  pag  156. 

MARC.    I»E  SERK.,  Crogn.  terr.Inl.,  pag.  122. 

BRON.N,  llal.  Urt.  Geb..  pag.  25. 

UESU.,  Rrpéd.sc.  A/orée,  Zoo/.,  pag.  197. 

J.AN,  Calai.  Conch.  foss.,  pag.  13. 

SCACCII.,   Calai.  Coni/i..\eap.,   pag.  11. 

PIIIL.,  Moli.  Sic,  I,  pag.  227. 

GRAT.,  Calai,  l'eri,  et  Inveri.   Cironde,  pag.  41. 


1820. 

Nassa 

mutabilis 

1826. 

Id. 

mediterranei. 

1826. 

Buccinum  mutabile 

1829. 

Id. 

id. 

1831. 

Id. 

id. 

18i2. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1836. 

Id. 

id. 

1836. 

Id. 

id. 

J838. 

Id. 

id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  241 

MICHTTI,  Geogn.  Aus.  tert.  Bild.  Piedm.,  pag.  396. 
CAI.C,  Conch.foss.  Altav,,  pag.  62. 
E.  SISMD.,  Syn.,  pag.  40. 
PHIL.,  Moli. Sic,  11,  pag.  193. 

DESn.  in  LAMCK,  Ànim.  s.vert.,  9  ed.,  vol.X,  pag.  166. 
VERAN.  in  Descr.di  Genova,  voi.  I,  pag.  94. 
E.  SISMO.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  29  (in  parie). 
HOERN.,   rei:.  foss.-Rest.  tert.  beek.  ff^ien,  pag.   17. 

DE  UEYN.,  VAN-DEN-UECH.  et  PONZ.,  Catal.  foss.  Monte  Mario,  pag.  13. 
Glj'lSC,  Fiiun  foss.  resuf.,  pag  II. 
MENEGH.,  Palénnt.de  Sard..  pag.  465. 
CONT.,  .afonie  Mario,  pag  31. 
BRUS.,  CoH/r.  Faun.  Moli.  Dalm.,  pag.  66. 
PER.   DA  COST.,  Gaster.  terc.  Pori.,  pag  102,  tav.  XV,  fig.  4. 
FOUEST.,  Calai  Moli,  plioc.  Bologn.,  I,  pag.  46. 
M.\NZ.,  Sagg.  Conc/i.  fo.!S.sub.,  pag.  38. 
WEINK.,  Condì.  .ìfillelm.,  voi.  Il,  pag.  66. 
COPI'.,  Catal.  foss.  mioc.  e  plioc.  Moden.,  pag  24. 
TAPPAR.,  Ind.  sist.  Moli.  Test.  Spezia,  pag.  27. 
MANZ.,   Faun  mine.  Alt.  Ital.,  pag.  1.3. 
ISS.,  Malae.del  Mar  lìosso,  pag.  125. 
ARAD.  et  BE.NOIT,  Coneh.viv.  mar.Sieil.,  pag.  292. 
NICAIS.,  Catat.Anìm.foss.Proy.d'Alger,  pag.  107. 
BELL,  Catal.  .Itoli,  foss.  de  Biol,  pag.  8. 
CONT.,  .ìfonle  .Vario,  2  ed.,  pag.  40. 
PONZ.,  Foss.  Barin.  Roma,  pag.  4. 

COPI'.,  Slud.  Paleont.  Iciin.  moden.,  pag.  33,  tav.  Ili,  Cg.  63. 
MONTEU.,  Condì,  foss.  di  S.  Pellegrino  e  Fiearazzi,  pag.  33. 
MO.NTER.,  Noi.  Condì,  mediterr.,  pag.  49. 
COCC,  Enum.  Si.it.  .Moli.  mioc.  e  plioc.  Parm.e  Piac,  pag.  86. 
SEGUENZ.,  Form,  plioc  Ilal.merid.,  pag.  300. 
MAY.,  Syst.  rerz.-Ferst.  Ilelv.,  pag.  33. 
DE  STEF.,  Foss.  plioc.  SI   Minialo,  pag.  35. 

SEGIIENZ.,  Form. plioc.  Ilal.merid.,  pa-.  ,300.  * 

PONZ.,  Cronac.subapenn.,  pag.  9,  21,  26. 
PANTAN.,  Atl.Accad.Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 
M.\NTOV..   Descr.geol  Camp,  rom.,  pag.  41. 
SORD.,  Faun.  mar.  Cascina  /liz:ardl,  pag.  37. 
CRESPELL.,  IVot.geol.Sarign.,  pag.  18. 
MONTER.,  Niiov.  Rio.  Conch. mediterr.,  pag.  41. 
BEN'OIST,  Test.foss.de  la  Bride  et  Sautatz,  pag.  386. 
FOREST.,  Ceiin.geoI  e  paleont.  plioc.  ant.  Cattrocaro,  pag.  20. 
STOEIIR,  Terr.  plioc.  Girg.,  pag.  469. 
PONZ.,  Foss.  Monte  Faticano,  pag.  16. 

FISCll.,  Coq.rec.el  foss.Camrn.Fr.et  Liqur.,  pag.  331,  332. 
ISS.,   .-Ipp. paleont.,  \,  pag  20. 

MONTER.,  Catal.  Condì,  foss.  Monte  Pellegrino  e  Fiearazzi,  pag.  37. 
DE  .STEF.,  Strat.  plioc.  Siena,  pag  170,   171,  173,  250. 
FICUS,  plioc.  bild.  Zant.u.Corfn,  pag.  4. 
FISCll.,  Paleont.  Ile  de  RliAdes.  p.ig.  39. 
1878.      Id.         id.  ISS,  Ciof.(/i-/  /Wnnff,  pag.  16. 

1878.  Id.  id.  MOM'ER.,  Enum.  e  sinom.  Condì.  niedileiT.,  pag.  43. 

1879.  Id.  id.  MELI,  Sui  Vini. di  Cidlame/iìa,  Aot  geol.,  pag.  10. 

1880.  Id.  id.  SARTOR.,  Coli.  S'  Colombano  e  suoi  foss.,  I,  p.  14. 

1880.  Id.  id.  BKVG:ì.,  Condì,  plioc.  Caltanisetta,  pag.  lOÌ. 

1881.  /,/.  id.  COPP. ,  Marn.turdi.  Moilen.,  pug.ii. 
1881.  Id.  id.  COPP.,  Paleont  moden.,  pag.  36  (in  parte). 
1881.  Id.  id.  PAKtA.:^.,   Moli. pltoc.  foss.  viv.  Mediterr.,  pag.eS. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


1838. 

Buccinum  gibbum 

1841. 

Id.         mutabile 

1842. 

Id.              id. 

1844. 

Id.              id. 

1844. 

Nassa  mulabilis 

1846. 

Buccinum  mutabile 

1847. 

Nassa  mutabilìs 

r   1848. 

Buccinum  mutabile 

1854. 

Nassa  mntabilis 

1856. 

Id.             id. 

1857. 

Id.             id. 

1864. 

LI.           id. 

186G. 

Id.           id. 

1867. 

Buccinum  mutabile 

1868. 

Nassa  mulabilis 

1868. 

Id.             id. 

1868. 

Id.             id. 

1869. 

Buccinum  mutabile 

1869. 

Nas.ta  mulabilis 

?   1869. 

Buccinum  mutabile 

?   1869. 

Nassa  mulabilis 

1870. 

Id.          id. 

1870 

Buccinum  mutabile 

1870. 

Nassa  mulabilis 

1871. 

Id.            ut. 

?  1872. 

Buccinum   mutabile 

1872. 

Id.              id. 

1872. 

Nassa  mutabilìs 

1872. 

Id.            id. 

1873. 

Id.            id. 

1873. 

Id.             id. 

?  1873. 

Buccinum  mutabile 

1874. 

Id.              id. 

1875. 

Id.              id. 

?   1875. 

Buccinum   mutabile 

1875. 

Nassa  mulabilis 

1875. 

Buccinum  gibbum 

1875. 

Nassa  mulabilis 

1875. 

Buccinum   mutabile 

1875. 

Nassa  mulabilis 

1875. 

Id.          id. 

1876 

Id.          id. 

1876. 

Id.          id. 

?  18:6. 

Buccinum  mutabile 

1876. 

Nassa  mulabilis 

?  1877. 

Id            id. 

1877. 

Id.            id. 

1877. 

Id.            id. 

1877. 

Buccinum  mutabile 

1877. 

Nassa  mulabilis 

242  1    .MOLLVSCin    dei    terreni    TEKZIARII     del    PIEMONTE    ECC. 

Varietà  A. 
Tav.  1,  6g.  20  (a,  b). 

Labrum  dexterum  anlice  erectum,  ad  marginem  fere  totum  liberum;  regio  umbilicalis  plus 
minusve  detecta;  inde  testa  subumbilicata,  interdum  distincte  umbilicata. 
Long.  32  miu.  :  Lai.  20  mm. 

Varici»  B. 

Testa  magna:  spira  longior,  medio  injìata.  -  Anfradus  jtoslice  magix  inflati;  ultimus  dimi- 
diam  loiirjiludinem  subaequans.  -  Superficies  Iransverse  sulcala  ;  salci  lineares ,  intcr  se  satis 
distanles. 

Long.  50  rara.  :  Lai.  32  mm. 

1874.    Nassa  coiiglobatissima  COCC,  Enum.Sist.  Moll.mioc.e  plioc.Parm.  e  Piac.,  pag.  87. 

VarieU  C. 

Testa  crassior  :  spira  brevior.  -  Anfradus  ullimus  ventrosus,  */j  totius  longiiudinis  superans. 
-  Superficies  tota  transverse  sulcata;  sulri  numerosi,  iitaequales,  latiores  conira  suturam  posticam. 
Long.  35  mm.  :  Lai.  25  mm. 

1814.    Nassa  oìiliquula      var.  BROCCH.,  Cnnrh.foss.  sub.,  pag.  656,  tav.  XV,  fig.2I. 

1873.     Id.      guidoniana  COCC,  Eniim.  Sist.  Moli.  mioc.  e  plioc.  Parili,  e  Piac,  pag.  88,  tav.  II,  fig.  78. 

Varìeià  D. 

Tav.  r,  fig.  21  («,  b). 

Testa  longior:  spira  magis  acuta.  -  Anfradus  postice  vix  infiali.  -  Superficies  tota  trans- 
verse  sulcata;  sulci  6  vel  7  in  primis  anfractubus,  plerumquc  16  in  ultimo,  profundi ,  angusti, 
inter  se  valde  dixtautes,  in  regione  antica  ultimi  anfradus  latiores.  -  Labrum  sinistrum  postice 
magis  depressum  ,  labrum  dexterum  postice  magis  productum. 

Long.  37  mm.  :  Lai.  24  mm. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba  ,  raro  ;   ColL  del  Museo. 

Pliocene  superiore  :  Colli  astesi,  Valle  Andona  :  Volpedo  presso  Voghera ,  comu- 
nissimo;  Coli,   del   Museo. 

Varietà  A.   —   Pìiocene    superiore:  Colli  astesi,  comunissimo;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  B.  —  Pliocene  superiore:  Colli  astesi:  Volpedo  presso  Voghera:  Mas- 
serano  presso  Biella:   Villalvernia   presso   Tortona,  non   frequente;    Coli,    del  Museo. 

Varietà  C.  —  Pliocene  superiore  :  Masserano  presso  Biella ,  rarissimo  ;  Coli,  del 
Museo. 

Varietà  /).  —  Pliocene  superiore  :  Colli  astesi ,  frequente  :  Jlasserano  presso 
Biella:   Villalvernia  presso  Tortona,  frequente;  Coli,    del    Museo. 

Vive   nel  Mediterraneo  e  nell'Adi'iatico. 


DESCRITTI   DA    L.    BELLAKDI  243 


5'  Serie. 


Nucleus  embrionalis  angustus ,  loìigiusculus ,  valde  acutus.  -  Anfractus  con- 
vexi  ;  ultimus  tum  regularis  et  dimidiam  longitudinem  siibaequans ,  tum  obliquus, 
gihhosus,  dimidia  longitudine  longior.  -  Super ficies  in  primis  anfractubus  longitu- 
dinaliter  costata,  in  ultimis  ecostata.  -  Os  postice  profunde  canaliculatum;  labrum 
sinistrum  incrassatum,  praesertlm  in  parte  postica,  postice  depressum,  antica  di- 
lafatum  ;  labrum  dexterum  ultra  os  productum,  crassum,  regionem  umbilicalem  plus 
minusve  recumbens,  medio  emarginatum,  postice  angustatum,  callosum  :  columella 
antice  profunde  excavata  :  rima  lata,  brevis,  a  labiis  brevibus  circumscripta,  parum 
reflexa,  postice  carinata  et  vix  canaliculata. 

Le  forme  di  questa  serie  sono  strettamente  collegate  con  quelle  della  serie  pre- 
cedente por  la  forma  generale,  e  per  la  natura  degli  ornamenti  superficiali  ;  il  ca- 
rattere, pel  quale  mi  parve  opportuno  il  distinguemele,  sta  nella  forma  del  labbro 
destro,  il  quale  è  molto  dilatato  antoriormente  per  modo  da  ricoprire  la  regione  om- 
bilicale,  è  smarginato  nella  regione  mediana,  ed  è  molto  meno  dilatato  posteriormente. 

11.  Nassa  agatensis  Bell. 

Tav.  1,  fig.  22  [a,  b). 

Testa  crassa,  turrila:  spira  longa,  satis  acuta,  regnìariter  involuta.  -  Anfractus  parum 
convexi;  ullinius  leviliT  obliquus,  anlice  parum  depressus,  dimidiam  longitudinem  aequans: 
sulurae  parum  profundae.  -  Superficies  laevis ,  exceptis  primis  anfraclibus  longitudinaliter 
coslalis  et  tiansverse  costuiatis  et  sulcis  Iransvorsis  anlicis.  -  Os  obliquiim,  suborbiculare ; 
labrum  sinislrum  ante  inargincm  incrassalum,  intcrius  iiluri-plicatuni,  antice  dilatatum,  postice 
depressum;  labrum  dexterum  crassum,  suhtotam  regionem  umbilicalem  recumbens. 

Long.  12-19  min.:  Lat.  8-11   mm. 

Varici!  A. 

Testa  brevior,  ventricosior. 

Long.  17  mm.  :  Lai.  11  V»  nim. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  raro;  Coli,  del  Museo. 
Varietà  A.  —  Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo  ;  Coli,   del 
Museo. 

12.  Nassa  coarctata  Eicw. 

Tav.   I,  fig.  93   [a,  b). 

Testa  brevis,  subqlobosa:  spira  brevissima,  id  apicera  acutissima,  dein  magis  aperta,  vix 
acuta.  -  Anfractus  convexi;  primi  breoissimi;  ultimus  maximus,  inflalus,  '/^  tolius  longitudinis 
aequaus,  poslice  inflalus,  interdum  subgibbosus.  -  Superficies  lawis,  exceptis  primis  anfra- 
ctibus  longitudinaliter  costati*  et  transverse  costuiatis,  et  sulcis  transversis  anlicis.  -  Os 
obliquum,  suborbiculare,  poslice  profunde  canaliculatum,  antice  dilatatum;  labrum  sinistrum 
ante  marginem  incrassalum,  interius  pinri-plicalum  ;  margo  antice  satis  profunde  sinuosns,  sub- 
rimosus;  labrum  dexterum  tolum,  vcl  sallem  maxima  in  parte,  regionem  umbilicalem  recumbens, 
eique  adnatum:  columella  a»<ice  profunde  excamla;  plica  columellaris  antica  valde  prorainens. 
Long.  19  mm.  :  Lat.  15  mm. 


1830. 

iXaisa 

coarctata 

1830. 

W. 

volhynica 

1831. 

Buccìnum  mutabile 

1837. 

Nassa 

volhynica 

1837. 

Buicinum  callosunt 

1838. 

Id. 

gibbum 

1838. 

Id. 

callosum 

1844. 

Id. 

Dujardini 

1847. 

Nassa 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

244  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEKZIAEII    HEL    PIEMONTE    ECC. 

EICW.,  .V,i<ur/»'.v(.  .Sliizze.  pa-.  323. 
AM)R.,  Biill.tU  .Vnscoii,  pap.  97,  lav.IV,  fi},'.  3. 
1)C  BOIS  DE  MO.NT.,  Cumh.fuss.,  pag.  26,  tav.  I,  Cg.  30,  31. 
l'LSCH,  Pol.jmlàont.,  pag.  122. 

1)L'J.,  Mém.tjéol.Tour.,  pag.  88,  lav.XX,  fig.  5  et  7  (non  WOOU). 
MICHTTI.,  Ceo.jn.  Aus.  terl.  Bild.  Piejm.,  pag.  396. 
GR.VT..  Calai.  Fert.  et  Imerl.  Ginmde,  pag.    10. 
DESH.  in  L.VMCK.,  Anim.  s.veit.,  2  ed.,  voi.  X,  pag.  211. 
MICHTTI.,  Foss.mioc.,  pag.  210,  tav.  XII,  fig.  5. 
E.  SISMD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  ì6. 
1852.    Buccinum  coarclatiim  EICW.,  Letti,  ross. period.  mod.,  pag.  171,  tav  VII,  fig.  7. 

1852.  Nassa  Dujardim  D'OHB.,  /';Wr.,  voi.  HI,  pag.  84. 

1853.  Buccinum  mutabile      HOt^R.N.,  iHoll  foss.  ff'ien,  voi.  I,  pag.  154,  lav.  XIII,  fig.  1. 

1853.  Id.  id.  NECGEB.,  Bfi'fr.  (<Tf..Vo//.  0Afr-Lrt/>u3i/,  pag.  238. 

1854.  Nassa  semistriala         >IIM-.,  Paléimt.  de  Main.ei  I.oir..  pag.  164  (in  parte). 
1860.    Buccinum  Dujardim    .NELMJEB.,  Sysi.  l'crz.tert.  Moli.-  Gch.,  pag.  10. 
1862.  Id.  id.  SEGtIE.NZ.,  /•'«rm.  »i!oc.  i'/iJiÌH.,  pag.  5. 

1862.  Nassa  id.  SEGUENZ.,  Form.  mior.AciV.,  pag.  0. 

1864.  Id.  id.  \ìOnFAUj.,  Cenn.gcol.ten:  mioc.  Slip.  Ital.  Cent.,  fig.  iOó  (excì.var.). 

1864.  Id.  semistriata  MILL.,  Indicatile  .Maia,  et  Loir.,  voi.  I,  pag.  679. 

1867.  Buccinum  Dujardim  PEK.  D.\  COST.,  Gaster.terc.  Pnrt.,  pag.  103,  lav.  XV,  fig.  7. 

1869.          Id.  id.  COPP.,  Calai.  Fnss.  mioc  e  plioc.  Mitdin.,  pag.  25. 

1869.          Id.  id.  M.\>"7,.,  Faun.  mioc.  Alt.  Ilal.,  pag.  13  (in  parte). 

1872.  Id.  id.  COPP.,  .Stud.  FaUniit.  Icoii.moden.,  pag.  3G,  tav.  Ili,  fig.  69. 

1873.  JVassa  id.  COCC,  Eniim  Sist.  .Vali.  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pa^.SG. 
1873.   Buccinum       id.  .MAY.,  ."ìyjf.  A^ecs. /''cnf  //f/i-.,  pag.  32. 

1873.  Nassa  id.      \ar.  PlSCH.  elTOVRS.Jmert.  foss.  du  .ìt.  Leiemi,  pag.  124,  tav.  XVIII,  fig.  9,  10. 

1874.  Buccinum        id.  COPP.,  Catal.  foss.  mioc.  e  plioc  fllodcn.  Coli.    Copp.,  pag.  2. 

1874.  Id.  id.  VVCHS,  Alt.  Ieri.  Schicht.v.  Malta,  jisfi.  4. 

1875.  Nassa  id.  BE.N'OI.ST,   Test.  foss.  de  la  Bride  el  de  Saucalz,  pag.  385. 

1876.  /(/.  id.  rONT.,  Élud.Slral.e  Palcoiil.  Bassin  du  Rhcìiie,  pag.  34,  37-59. 
1878.      Id.                id.  D'ANC,  Mioc.de  Ciminua,  pag.  7. 

1878.      Id.  id.  FONT.,  Faun.malac.mioc.de  Tersannes  et  de  Hauterii-e,  pag.  13. 

1881.      Id.  id.  COPP.,  Paleonl.  Moden.,  pag.  36. 

1881.      Id.  id.  BARD.,  Étud. paleonl.  Main.  et  Loir.,  pag.  103  (in  parto). 

VarieU  A. 

Spira  longior,  niagis  acuta. 
Long.  17  mm.:  Lai.  12  mm. 

7   1837.   Nasja  latvigata    PUSCH,  Poi.  Pataont.,  pag.  123,  tav.  XI,  fig.  8. 
1847.      Id.      j/otufcja  MICHTTI.,  Fo.v.5.m.of.,  tav.  XII,  lig.  6. 

Variano  in  questa  specie:  1°  l'ultimo  anfratto  che  è  più  o  meno  rigonfio  poste- 
riormente; 2°  la  spira,  la  quale  è  più  n  meno  breve;  3"  la  callosità  anteriore  del 
labbro  destro  che  ordinariamente  ricopre  tutta  la  regione  umbilicale ,  e  talora  ne 
lascia  scoperta  una  certa  porzione. 

H  Deshayes,  nella  seconda  edizione  dell'opera  di  Lamarck,  riferisce  al  Bucciuuni 
interruptum  Brocch.  la  forma  figurata  dal  Dubois  de  Montpereux  col  nome  di  Buc- 
eintim  mutahiìr  Linn.  La  forma  figurata  dal  Brocchi  col  precitato  nome  è  certamente 
una  deformi t:l  ])roveniente  da  imperfetta  rappezzatura  del  guscio,  come  è  facile  lo 
scorgere  nella  figura  3''  della  tavola  V:  riesce  perciò  difficile  il  poter  giudicare  a 
qual  forma  si  debba  riferire:  ad  ogni  modo  la  natura  degli  ornamenti  superficiali  dei 
cinque  primi  anfratti,  ornamenti  interrotti  nel   penultimo  anfratto  per  frattura    antica 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  246 

durante  la  vita  dell'  animale,  esclude  affatto  che  si  possa  risguardare  la  forma  del 
Brocchi  come  uguale  a  quella  del  Duhois. 

La  forma  generale,  le  solcature  trasversali  anteriori,  la  superficie  liscia,  le  costi- 
cine  longitudinali  prossime  al  margine  della  bocca  non  ben  definite,  la  spessezza  del 
guscio,  e  soprattutto  la  figura  del  labbro  destro  smarginata  nel  mezzo ,  e  la  brevità 
della  slabbratura  anteriore  sono  altrettanti  caratteri  che  mentre  allontanano  la  forma 
del  Dubois  dalla  N.  mutnhiìis  (Linn.)  cui  l'ha,  riferita,  la  ravvicinano,  e,  a  mio  giu- 
dizio, la  identificano  colla  forma  qui  descritta. 

La  forma  riferita  alla  N.  Bujardini  Desh.,  e  perciò  alla  presente,  dal  Sig.  Bouillé 
{Paleontologie  de  Biarritz,  ecc.,  tav.  T,  fig.  9)  è  certamente  una  forma  da  questa 
diversa. 

Dall'esame  comparativo  dei  fossili  di  Cabrières  riferiti  dal  Sig.  Fischer  {Moli. 
Foss.  Mont.-Lébéron ,  tav.  XVIII,  fig.  9)  alla  N.  Dujardini  Desh.  e  dallo  stesso 
gentilmente  comunicatimi  ,  con  quelli  dei  colli  tortonesi  qui  descritti  ,  ho  trovate  le 
seguenti  differenze:  gli  esemplari  di  Cabrières  (N.  156  B)  hanno:  1°  la  spira  più 
lunga  e  più  acuta:  2°  l'ultimo  anfratto  meno  rigonfio  e  meno  obliquo:  gli  anfratti 
più  convessi  e  più  rigonfii  verso  la  sutura  posteriore;  3"  il  labbro  destro  internamente 
liscio;  4"  la  scanalatura  che  accompagna  posteriormente  l'intaglio,  più  profonda. 
Questi  fossili  hanno  inoltre  una  certa  analogia  colla  N.  praeccdens  Bell,  dalla  quale 
tuttavia  differiscono:  1*  per  il  labbro  destro  smarginato  nel  mezzo  ;  2°  per  gli  anfratti 
più  convessi  ;  3"  per  l'intaglio  uguale  a  quello  della  presente  serie;  4"  perii  labbro  destro 
internamente  liscio. 

Finalmente  la  forma  figurata  a  tav.  XVIII,  fig.  8  dell'opera  precitata,  a  mio  parere, 
deve  essere  affatto  separata  dalla  K.  Dujardini  Desh.  soprattutto  per  la  spira  più 
lunga  e  più  acuta,  per  le  costicine  longitudinali  dei  primi  anfratti,  rette ,  parallele 
all'asse  e  protratte  su  di  un  mag^or  numero  di  anfratti,  per  il  labbro  sinistro  più 
grosso  e  guernito  all'interno  di  pieghe  più  grosse,  per  l'angolo  che  fa  anteriormente 
il  labbro  sinistro,  in  conseguenza  del  quale  la  bocca  prende  grossolanamente  la  figura 
quadrata,  per  il  labbro  destro  smarginato  meno  profondamente  nel  mezzo,  per  l'in- 
taglio quasi  apicale  e  più  rivolto  verso  il  doi-so  dell'ultimo  anfratto  ed  accompagnato 
da  una    scanalatui'a  più  profonda. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  S"  Agata-fossili,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

13.  Nassa  pulcora  D'.4nc. 

Tav.  I,  fig.  24  (rt,  h\ 

Distinguunt  hanc  speciem  a  iV.  cnarctata  Eicw.  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  loiigior,  magis  acuta.  -  Anfraclus  primi  longiores  ;  nìtimus  minor  ;  omnes, 
et  praesp.rlim  ullimus,  postice  ma(]is  Inflafi.  -  Os  poslice  magis  anguslatum  et  magis  profitnde 
rnnaUniìaiam  ;  lahrum  sinistrum  anlicc  miiius  dilalatnm,  poslice  stipra  anfradum  praecedetitem 
magis  productuin;  labrum  dt'.ileriun  supra  regioiwm  itmhilicalem  minus  produclum:  columella 
minus  excavata,  antice  rugosa;  plica  cnlumellaris  antica  minor. 

Long.  20  mm.  :  Lai.  IO  mm. 


246  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

18G1.    Niissa  Dujardini  DODERL.,  Cenn.  geol.terr.mioc.  siip.  [tal.  cenlr.,  pag   105  (Tar.   spira  produdiore ; 

anfiactibus  suhcompressis). 
1878.      fil.      pulclira      D'ANC.  in  DE  STEF.  e  PANT.,  MM.plioc.  Siejiu,  pag.  106. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  S"  Agata^fossili,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

Pliocenp  inferiore  :  Albenga-vallone  Torsero,   raro  ;   Coli,   del   Museo. 


6"  Serie. 

Niicleus  embrionalis  (in  illaesis)  acutiis,  longus,  angustus.  -  Anfractus  farum 
convexi;  ultinnts  dimidiam  longititclinem  subaequans.  -  Superficies  tota  longitndi- 
naliter  ecostata.  -  Os  postice  angustatuvi  et  profunde  canaliculatum  ;  labrum  si- 
nistrum  postice  depressum,  antice  arcuatum,  incrassatum;  labrum  dextermn  ultra 
OS  productum,  regionem  umhilicalcm  recumbens,  medio  emarginatum ,  postice  an- 
gustatum,  callosum:  columdla  subarcuata:  rima  ì^alde  reflexa,  postice  subcarinata 
et  anguste  canaliculata. 

Nelle  specie  di  questa  serie  la  forma  generale  è  più  lunga  e  più  stretta  che  in 
quelle  della  serie  precedente  ;  tutti  gli  anfratti  inoltre  mancano  di  costicine  longi- 
tudinali. 

14.  Nassa  crassiuscl'la  Bell. 

Tav.  11,  Cg.  1  (fl,  4). 

Testa  hnrja,  aiifjmla:  spira  valde  aciila,  medio  subinlìnla.  -  Anfraclus  parum  convexi, 
longi;  ullimus  dimidiam  loiifiiludinpm  parum  siiporans,  aulire  parum  doitressiis.  -  Super6cies 
tota  laevis,  excpplis  sulcis  nonnullis  Iraiisvcrsis  super  partem  anlicam  ultimi  anfractus  de- 
currenlibus.  -  Os  ovaìi-elongalum,  poslice  profunde  canaliculatuin;  labrum  sinislrum  incras- 
satum, subvaricosum,  interius  subdentalum;  labrum  dexlerum  poslice  projie  labrum  sinistnim 
uttitìibircntiilum  :  columella  arcuata,  centra  plicam  anlicam  subcallosa. 

Long.  22  mm.  :  Lat.  13  mm. 

Alla  forma  qui  descritta  è  molto  affine  quella  della  Turrena  cui  il  Millet  diede 
il  nome  di  Nassa  acuminata  Mill.  :  le  differenze  che  ho  notate  fra  la  forma  della 
Turrena  e  questa  del  Piemonte,  dietro  il  confronto  di  esemplari  tipici  della  prima  che 
mi  furono  cortesemente  inviati  dal  Sig.  Prof.  Bardin,  sono  le  seguenti:  forma  gene- 
rale più  stretta,  più  lunga,  dimensioni  minori. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  raro  ;   Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 
Pliocene  inferiore  :  Vozza  presso  Alba,  raro  ;   Coli,   del  Museo. 

15.  Nassa  defossa  Bell. 

Tav.  II,  (ij;    2  (,<,  b). 

TesU  subfu'iiformis,  ventrosa,  rcgularilor  involuta:  spira  parum  acuta,  medio  leviter 
infiala.  -  Anfraclus  vix  convexi;  ullimus  anlice  conlra  rimam  valde  depressus ,  '/,  circitor 
lotius  iontritudinis  acquans  :  sulurae  supertìcialos.  -  Siipcrlicics  tota  laevis,  oxceplis  sulcis 


,  DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  247 

nonnuUis  super  parlem  anlicam  ullimi  anfraclus  decurrenlibus  ;  anfractus  ultimus  longitudi- 
naliler  undulalus;  tmdae  5  (&  prope  marginem  oris  vix  notala),  magnae,  oblusae,  irregularex, 
ab  interslitiis  lalis  separalae.  -  Os  ovale;  labrum  sinislrum  inlerius  laeve,  anlice  vix  dila- 
talum;  labrum  dexlerum  vix  ultra  os  productum,  postice  parum  incrassalum:  columella  parum 
excavata.  • 

Long.  21   mm.  :  Lai.  12  mm. 

Miocene  superiore  :   Colli  tortonesi ,   Stazzano,  rarissimo  ;   Coli.   Michelotti. 


T  Serie. 

Nueleus  emhrionalis  hrevis,  parvus,  acutus.  -  Anfractus  ultimus  magmis,  '/j 
totius  longitudinis  subaequans,  parum  obliquus.  -  Superfìcies  tota  laevis.  -  Os  po- 
stice profunde  canaliculatum  ;  labrum  sinistrum  incrastatum,  exterius  marginatuw, 
varicosuìii,  interius  plicatum;  labrum,  dexterum  filtra  os  productum,  regionem  um- 
bilicalem  late  recumbens ,  medio  profunde  emarginatum,  postice  super  anfractum 
praecedentem  usque  ad  suturam  in  callum  magnum  lacrymam  simulans  productum  : 
columella  subarcuata,  profunde  excavata  :  rima  terminalis,  lata,  profunda.  a  labiis 
indistinctis  circums cripta,  postice  canaliculata. 

Ho  formata  una  serie  a  parte  coli' unica  specie  (jui  dopo  descritta  per  meglio 
far  risultare  come  essa  per  i  suoi  caratteri  valga  a  collegare  le  forme  della  serie  pre- 
cedente con  quelle  della  seguente.  Infatti  questa  forma  ha  in  comune  con  quelle  della 
prima  la  forma  del  labbro  destro  nella  sua  parte  anteriore  e  media,  e  si  collega  con 
quelle  della  seconda  per  la  grossa  callosità  in  cui  lo  stesso  labbro  si  protende  fin 
contro  la  sutura  posteriore  in  forma  di  una  grossa  lacrima,  per  il  grosso  ribordo 
esterno  del  labbro  sinistro,  e  per  le  sue  dimensioni. 

16.  Nassa  lacryma  Iìet.i.. 
Tav.  II,  fig.  3  [a,  b). 

Testa  parvula,  depressa,  rras'^a,  obliqua:  spira  brevis,  acuta.  -  Anfractus  primi  breves; 
penuUimits  major;  nllimus  inaMinits,  "'/^  lolim  longiludinis  subaequans.  -  Superfìcies  tota  laevis. 
-  Os  suborbiculare,  postice  angustatum  et  profunde  canaliculatum  ;  labrum  sinistrum  incras- 
satum,  inlerius  minute  plicatum,  postice  in  callum  magnum  cuntra  suturam  posticam  penultimi 
anfractus  productum;  labrum  dexterum  anlice  incrassalum,  lolam,  et  ultra,  regionem  umbilicalem 
recumbens,  medio  profunde  emarginatum:  columella  medio  profunde  excavata:  rima  brevis,  lata. 

Long.  9  mm.  :  Lai.  5  '/a  mm. 

Il  Sig.  Pereira  da  Costa  ha  pubblicata  nella  sua  opera  sui  Gasteropodi  terziari 
del  Portogallo  col  nome  di  Bucc.  cuneanum  Per.  da  Cost.  (pag.  106,  tav.  XV, 
fig.  17,  18)  una  forma  che  ha  qualche  analogia  colla  presente  per  la  gi'ossa  callo- 
sità posteriore  del  labbro  destro,  ma  che  se  ne  distingue  per  parecchi  caratteri,  quali 
1°  l'intaglio  anteriore  che  per  la  sua  figui-a  triangolare  la  chiama  fra  le  forme  della 
XII  Serie  ;  2°  la  mancanza  del  grosso  orlo  esteriore  del  labbro  sinistro  ;  3"  la  presenza 
di  strie  trasversali;   4°  il  labbro  destro  che   non    riveste  tutta  la  regione   umbilicale. 


248  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEEZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Miocene  superiore  :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  frequente  ;   Coli,   del 
Museo  e  Kovasenda. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Aadona,  rarissimo;   Coli,  del  Museo. 


8'  Serie. 

Nucleus  einhrionalis  parvus,  brevis,  acutus.  -  Anfracfus  ultimus  magnus,  '/j 
totius  longitudinis  aequans  vel  super ans  ,  depressus  ,  obìiquus.  -  Super fìcies  tota 
laevis.  -  Os  postice  2ìrofimde  canal icuìatum:  lahriim  sinistrum  incrassatum ,  ez- 
terius  marginatum,  varicosum,  subarcuatum ,  interius  laeve  vel  vix  rugulosum; 
labrum  dexterum  plerumque  crassissimuvi ,  ultra  os  latissime  extensum,  dimidium 
anfractum  ultimum  et  totani,  vel  magna  ex  parte,  spiram  recumbens:  columella 
subarcuata,  profunde  excavata  :  rima  terminalis,  lata,  profunda ,  a  labiis  subin- 
distinctis  circum scripta,  postice  anguste  canaliculata. 

Il  carattere  essenziale  delle  forme  di  (questa  serie  è  la  grossa  callosità  in  cui  si 
estende  il  labbro  destro  la  quale  ricopre  una  gran  parte  dell'anfratto,  e  si  protrae 
talvolta  fin  all'apice,  o  quasi,  della  spira:  a  questo  caa-attere  si  aggiungano  il  grosso 
ribordo  esterno  del  labbro  sinistro,  l'ampiezza  dell'ultimo  anfratto  e  la  brevità  della 
spira. 

Specie  tipica  della  serie  N.  gibbosula  (Linn.). 

17.  Nassa  magnicallosa  Bell. 

Dislinguuiil  iianc  speciem  a  N.  gibbosida  (Linn.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  cnissinr.  -  Aufrarlns  nltiiniis  aiitice  magis  obliqtms.  -  Labrum  dcxlerum  medio 
emarqinalum,  anticc  fn(«<i.s-si»i<'  callosum,  jiostici'  sujier  dorsiim  anfraclus  nllimi  miiius  proditctiim. 
Long.  13  Va  mm.  :  Lai.  11  '/^  mn'- 

1847.  Nassa  ijibbnsiila  MICHTTI.,  Foss.mioc,  pag.  2tO  (in  parte). 

1847.  Id.         ili.  E.  SISMO..  5//n.,  2.  eJ.,   pag.  99  (in  parie). 

18G4.  fd.  id.  UODERL.,  Centi,  tjeol.  lerr.  mioe.sii/>.  Ilul.cenlr.,  pag.  105  (in  parie). 

1874.  Buccinum  gibbosulum  COPI'.,  Cutul.  .ìMt.  mioc.  e  plioc.  .Uoden.  Coti.  Copp.,  pag.-  (in  parie). 

n  carattere  principale  che  distingue  facilmente  questa  forma  propria  del  miocene 
superiore  dei  colli  tortonesi  dalla  JV.  gibbosuìa  (Linn.),  alla  quale  fu  finora  riferita, 
è  la  maniera  colla  quale  il  labbro  destro  termina  verso  il  dorso  dell'ultimo  anfratto. 
Nella  N.  gibbosula  (Linn.)  il  margine  del  labbro  destro  costituisce  contro  il  doi*so 
dell'ultimo  anfratto  un  grosso  orlo  che,  continuo,  va  regolarmente  a  guisa  di  una 
varice  dall'intaglio  anteriore  fino  al  suo  incontro  sulla  spira  coli"  orlo  esterno  del 
labbro  sinistro:  nella  nostra  specie  al  contrario  l'orlo  del  labbro  destro  è  a  poca 
distanza  dalla  sutura  posteriore  profondamente  smarginato:  la  parte  anteriore  inoltre 
del  labbro  destro  porta  una  callosità  molto  grossa,  che  si  estende  dalla  regione 
ombilicale    fino    alla    smarginatura  predetta;    la    callosità    posteriore   è    più    piccola 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  249 

dell'anteriore  e  si  protrae  d'ordinario  fin  quasi  all'estremità  della  spira  e  talvolta  lascia 
allo  scoperto  i  tre  o  quattro  primi  anfratti. 

Pliocene   superiore  :  Colli    tortonesi ,   S"  Agata-fossili ,   Stazzano  ,  non  raro  ;    Coli. 
del  Museo  e  Michelotti. 


18.  Nassa  gibbosula  (Linn.). 

Tesla  crassa,  suborbicuìaris  :  spira  brevis.-  Anfraclus  ullimus  magnus,  '/^  lolius  longi- 
iìidinh  circiler  «cf/»aK.s,  dorso  jileruinque  gibbosus.  -  Labrum  sinislrum  subarcualum;  labrum 
dexlerum  in  callum  maguum,  irregulare,  lulam,  vel  fregupnler  maxima  ex  piirte,  spiram  recum- 
hens,  producliim,  versus  dorsum,  ultimi  anfraclus  extensum;  ibi  per  marginem  crassum,  continuum, 
regularem,  varicem  simulantem,  a  rima  antica  ad  labrum  sinislrum  decurrcntem,  terminatum. 

Long.  18  mm.  :  Lai.  12  nim. 

1766.    Buccinum  gibbosulum  LIXN.,  Si/st.Nat.,  ed.  XII,  pap.  1201. 

1825.  Nassa  gibbosula  DEFH.,  J)kt.  Se.  \al.,  voi.  XXXIV,  pag.  ^45. 

1826.  Buceinum  (jibbosulum  PA\R.,  Catal.  Moll.Curs.,  pag.  158. 
SASS.,   Sagg. geni.  Bue.  lerz.  Atbeiiga,  pag.  481. 
MAKC.  DE   SKItU.,  Ccogn.hir.tert.,  pag.  124. 
BRO.NN,  Ilal.lvrl.Geb.,  pag.  25. 
JXfi.  Calai.  Coiteli,  fuss.,  pay.  13. 
E.  SISMB.,   Syn.,  pag.  41. 

TCHIHATCH.,  Omstit.geol.  Prov.  merid.Najites  et  Atee,  pag.  210. 
UESH.  in  I.AMCK.,  Jnim.s.varl.  9  ed.,  toI.X,  pag.  181. 
MICIIfTI.,  l'oss.  mioc,  pag.  210  (in  parte). 
E.  SISMD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  29. 
REQ..  Calai.  Coq.  Corse,  pag.  81. 
D'OR».,  Piorfc,  voi.  Ili,  pag.  81. 
CAI'ELL.,  Calai.  Test.  Spezia,  pag.  60. 
COXT.,  ^ronle  Mario,  pag.  34. 
DODERL.,  Centi,  geni.  terr.  mioc.  sup.  hai.  ccntr.,  pag.  105  (in  parte). 

?   1867.    Buccinum  gibhosulum  PER.  DA  COST.,  Gaster.terc.Porl.,  pag.  104. 
?  1868.    Nassa  gibbosula  FOREST.,  Calai.  .Voli,  plioc.  Bologn..  I,  pag.  47. 

1868.  Id.  id.  WEIN'K.,  Conili.  .Mittclm,  voi.  II.,  pag.  55. 

1869.  Cgclops  gibbosulum      TAI'I'AR.  CA>'EER.,  Ind.  <>isl.  .ìfoll.  lesi.  Spezia,  pag.  28. 

1870.  Nassa  gibbosula  ARAI),  e  BENOIT,  Condì,  viv.  mar.  Sicil.,  pag.  295. 

1870.  Id.  id.  BELL.,  .VoH. /;«.«. /?/of,  pag.  9. 

1871.  Id.  id.  COST.,  .afonie  Mario,  2  ed.,  pag.  40. 

1872.  Id.  id.  ìlONTF.n.,  Condì,  foss.  di  Monte  Pellegrino  e  Ficarazzi,  1)3^.33. 

1872.  Id.  irf.  MONTER.,  jVf)«.  Conr/i.  merfirerr.,  p3g.49. 

1873.  Id.  id.  SEGVK7Ì7..,  Forniaz.  plioc.  Ilal.  mcrid.,  p3f.  300. 

I87,\  F.ione  id.  COCC,  F.num.  Sist.  Moli.  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piar.,  pag.  89. 

1874.  Buceinum  gibbosulum  COPP.,  Calai.  Moli,  mioc.-plinc.  Moden.  Colt.  Copp.,  pag.  9  (a  parie). 

1875.  Nassa  gibbosula  SEQUENZ.,  Formnz.  plioc.  hai.  merid.,  pag.  276. 
?   1875.  Buccinum  gibbum  l'ONZ.,  Cronac.  subapenn.,  pag.  91,  26. 

1875.    Nassa  gibbosula  l'AiNTAN.,  Jlli  Accad.  Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

1875.  Id.  id.  MONTER.,  iVuoi'.fliV.  Conc/i.  mcrfilcrr.,  pag.  41. 

?   1875.      Id.  id.  BENOIST,  Test.  foss.  de  la  Bride  et  de  Saucatz.,  pag.  386. 

1876.  III.  id.  FOREST.,  Cenn.  gcol.  e  paleont.  plioc.  ani.  Caslrocaro,  pag.  20. 

1876.  /(/.  id.  FISCII.,   Cnij.  ree.  et  foi^s.  dcs  Cai'ern.  de  Fr.  et  de  Lig.,  pag.  330,  334. 

1877.  Id.  id.  ÌIOST:ì:\\.,  Calai.  Condì.  Foss.  Monte  Pellegrino  e  F,cara:zi,f3g.31. 

1877.  Id.  id.  DE  STEF.,  Slral.  plioc.  Siena,  pag.  167,  169-171,  174,  263. 

1878.  filone         id.  DE  STEF.  e  PA.XTAN.,  .Volt,  plioc.  Siena,  pag.  99. 

Serie  II.  Toji.  XXXIV.  »h 


1827. 

Id. 

id. 

1829. 

Id. 

id. 

1831. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1844. 

Na.tsa 

gibbosi 

Illa 

1847. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1818. 

Id. 

id. 

1859. 

Id. 

id. 

1860. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

id. 

260  i    Ì101,HS(HI    DEI    TERRENI    TERZIAKII    UEI,    PIEMONTE    ECC. 

1878.    Naasa  gibhosula  MONTER.,  Eiium.  sistem.  Condì,  mcdiurr.,  pag.  43. 

T  1878.      Id.  ili.  BE.NOIST,  Etag.  tortoti.  Gironde,  pag.  3. 

1880.  Id.  id.  BRL'GN.,  Comh.plioc.CaUaiiisHIa,  pag.   108. 

1881.  Eione  id.  COl'P.,   Paleiml.  moden.,  pag.  37. 

1881.    Nassa        id.  PANTAM.,  .Moli,  pliuc.  foss.  viv.  Medilerr.,  pag.  68. 

Varici*  A. 

Tav.   II,  Og.  8  (»,  h). 

Testa  crassior,  brevior.  -  Anfracliis  ultimus  muijis  obliiiuus  :  fjibba  dorsi  major. 
Long.  13  min  :  Lat.   12  min. 

VarirlA  B. 

Testa  subdvata,  longinr,  angustiar.  -  Calliim  fjitremum  apicem  si>irae  ainpleclcus, 
J.ong.  12  min.:  Lai.  9  '/^  "'ni. 

Varici»  C, 

Tav.  11,  lig.  G  [a,  b). 

Testa  minor:  spira  longior,  viiigis  acuta.  -  Aiifrartus  primi  liberi. 
Long.  'J  mm.  :  Lai.  7  mm. 

Gli  esemplari  del  pliocene  inferiore  di  Vezza  presso  Alba  e  quelli  del  pliocene 
superiore  dei  colli  astesi,  che  ho  (ini  riferiti  alla  forma  tipica,  hanno  dimensioni  mi- 
nori, abbenchò  adulti,  di  quelle  degli  esemplari  ordinari  del  Mediterraneo  e  la  spira 
relativamente  un  poco  più  lunga. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;   Coli,   del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  raro;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  A  e  B.  —  Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  frequente;  Coli,  del 
Museo. 

Varietà  C.  —  Pliocene  supcriore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  rarissimo;  Coli, 
del  Museo. 

19.  Nassa  ringicula  Bei.l. 
Tav.  II,  Cg.  4  (a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  gibbosula  (Linn.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  longior,  magis  acnla.  -  Anfraclus  regulariter  involuti,  ultimus  non  gib- 
bosus;  4  primi  liberi. 

Long.  1 1  mm.  :  Lai.  7  ram. 

Questa  specie  si  distingue  dalle  seguenti  per  la  maggior  lunghezza  e  regolarità 
della  sua  spira,  pel  labbro  destro  il  quale  non  si  protende  lino  all'apice  della  spira 
ma  ne  lascia  liberi  i  primi  anfratti,  per  la  grossezza  notevolmente  maggiore  del 
ribordo  esterno  del  labbro  sinistro  e  per  la  maggior  regolaiità  colla  <iuale  crescono 
gli  anfratti. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  raro;   Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 


descritti  da   i,.  bellardi  251 

20.  Nassa  Soldanii  Bell. 
Tav.  Il,  fiR.  5  (<i,  h]. 

Testa  subovaia,  angusta:  spira  brevis.  -  Anfraclus  regulariler  involuti;  ullimus  subgilt- 
bosus,  parum  roitrosus,  3/j  lolius  longitudinis  subaequans.  -  Os  ovale,  elongatum  ;  labrum 
sinislrum  subarciiatuni;  margo  exlernns  lalus  ;  labrum  dexlerum  gracile,  ad  apicem  spirae  pro- 
duclum,  dorsi)  ultimi  anfraclus  adnatum.  non  in  marginem  variciformem  terminatum. 

Long.  10  mm.:  Lat.  7  mm. 

1814.    Hitccinum  gMnsulum  BKOCC,   Comli.  foss.  sub.,  pag.  6.58,  lav.  XV,  fig.  99. 

Le  dimensioni  date  sono  quelle  dell 'esemplare  tipico  del  Brocchi  che  mi  fu  gen- 
tilmente comunicato  dalla  Direzione  del  Museo  civico  di  Milano  e  che  è  quello  qui 
figurato:  (juelle  di  un  altro  esemplare,  l'unico  a  me  noto,  oltre  il  tipo  precitato,  e 
che  proviene  dalle  vicinanze  di  Ventimiglia,  sono  minori  (Long.  8  mm.  :   Lat.  5  mm.). 

Oltre  alle  minori  dimensioni,  alla  forma  stretta  e  relativamente  lunga,  il  carat- 
tere proprio  di  questa  forma  sta  nella  sottigliezza  del  labbra  destro  e  nel  modo  col 
quale  questo  labbro  Unisce  sul  dorso  d(iir  ultimo  anfratto  ,  al  quale  sta  accollato  e 
sul  quale  non  si  rialza  in  un  orlo  grosso  come  nella  N.  gibbosula  (Linn.). 

Pliocene  inferiore:  ycvAirai^VA,   raro;   Coli,   del  Museo:   Albenga    (fiiìe  Sa.tsii). 
Pliocene  superiore:  YaMe  Andona,  rarissimo;  Museo  Civico  di  Milano  (fiile  Brocchii). 

9»  Serie. 

Nucleits  embrionalis  minimus.  -  Anfraclus  uU/inun  dimidiam  longitudinrm 
acquans  vel  siiperans.  -  Siiprrficies  tota,  vel  in  parte,  transverse  striata  et  sulcaia, 
longitudinaliter  costata.  -  Os  postice  profundc  canali culatum;  [labrum  sinislrum 
incrassatum,  varicosum,  postice  depressum,  antice  subarcuatum,  postice  supra  an- 
fractum  praecedcntem  plus  minusve  productum;  labrum  dexterum  non  ultra  os  pro- 
ductum.,  inde  regio  nmbilicalis  detecta:  columella  medio  jyrofunde  excavata,  antice 
sinistrorsum  inflexa:  rima  lata,  jrrofunda,  postiee  dilatata,  reflcxa ,  a  labiis  bre- 
vibus  circumscripta,  postice  anguste  canaliculata. 

,  Le  forme  raccolte  in  questa  serie  sono  fra  loro  collegate  da  pai-ecclii  caratteri 
che  ne  costituiscono  un  gi'uppo  alciuanto  naturale:  tali  sono  1°  il  guscio  notevolmente 
grosso  ;  2"  la  spira  ordinariamente  breve  e  molto  acuta  all'apice  ;  3°  il  labbro  sinistro 
grosso ,  varicoso  ed  alquanto  pi'olungato  suU'  anfratto  precedente  ;  4"  la  bocca  pro- 
fondamente scanalata  nell'incontro  del  labbro  sinistro  col  labbro  destro;  5"  il  labbro 
destro  non,  o  (juasi  punto,  protratto  oltre  il  piano  della  bocca  ;  6°  la  regione  ombi- 
licale  scoperta  ed  incavata;  7"  la  columella  arcata  nel  mezzo  ed  incurvata  all'apice 
verso  il  labbro  sinistro. 


252  1  molluschi  dei  terreni  terziari!  uei,  l'iemonte  ecc. 

21.  Nassa  subesi'ixata  Bem,. 
Tav.  II,  Cg.  9  (a,  b). 

Testa  brevis,  lata:  spira  brevis,  ad  apicem  valile  acuta.  -  Anfraclus  convexiusculi, 
postice  levitpr  infiali;  ultimus  masnus,  ^'5  lolius  longiluJinis  subaequans  :  suturae  paniin 
profundae.  -  Ooslae  longituilinalcs  obluMi',  rectae,  asi  Icstae  subparatlelae,  in  primis  anfructubus 
numerosae,  in  duobus  ultimis  ohsolelae,  in  ullimo  2  vel  3,  magnae ,  irrer/iilares,  oblusae ,  prope 
martjinem  orisnuUae:  slriae  [Tànsversae  in  ullimis  anfra/tubus  nuUac;  sulci  3-4  super  parlem 
anlicam  ultimi  anfraclus  decurrenles.  -  Os  poslire  prolumh;  canalicidalum ,  aiilice  parum 
dilataluiu  ;  labrum  sinistrum  valle  incrassalnm,  exlerius  lale  mnn/i/m/um ,  interius  pluri- 
plicatum,  postice  caltosum,  super  anfraclinn  firarceilenlrm  valile  produclum;  labrum  dexterum 
ultra  OS  vix  et  reguiariter  produclum:  columeila  arcuala. 

Long.  12  min.:  Lat.  8  «/»  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese.  Villa  Forzano,  raro;  Coli,  del 
Museo. 

22.  Nassa  Bowerbanki  Michtti. 

Tav.  H,  fig.  IO  (a,  b). 

Distinguunl  hanc  speciem  a  iV.  subesulcala  Bell,  sequenles  nolae: 

Spira  medio  infiala.  -  Anfraclus  longiores.  -  Superficics  loia  transverse  sulcala;  sulci  an- 
gusti, lineares,  plerumque  9,  inter  se  late  dislantes;  sulct\s  prope  suturam  poslicam  decurrent  ab 
aliis  magis  dislans:  coslae  longitudinale^  irregulares,  uggne  ad  labrum  sinislrum  produclae,  ibi 
minores  et  numerosiores.  -  Labrum  sinislrum  super  anfraclum  praecedentem  mtigis   produclum. 

Long,  li  mm.  :  Lai.  9  nini. 
1817.    Nassa  Bowerbanki  MlCllTTl.,  Foss.  mine,  pag.  211. 

Varietà  h. 

Spira  longior.  magis  acuta.  -  CoHae  longitudinales  minores,  numerosiores. 
Long.  14  mm.  :  Lai.  8  '/«  i>n»- 

La  N.  Boiverhanhi  è  strettamente  collegata  colla  N.  saUomacensis  (May.)  por 
parecchi  caratteri,  ma  se  ne  distingue  soprattutto  perchè  la  sua  superficie  è  attra- 
versata da  solchi  stretti  e  fra  loro  distanti,  mentre  che  nella  N.  saììomacensis  (May.) 
la  superficie  è  attraversata  da  solchi  numerosi,  profondi  e  larghi,  i  quali  danno  luogo 
fra  loro  a  costicine  che  corrono  continue  sulle  coste  longitudinali  e  nei  solchi  loro 
interposti:  inoltre  nei  fossili  dei  colli  torinesi  le  coste  longitudinali  sono  piii  grosse 
e  meno  numerose. 

La  varietà  A  segna  vieppiù  1  "affinità  delle  due  specie  precitate  per  il  maggior 
numero  e  minor  grossezza  delle  coste  longitudinali,  ma  conserva  tuttavia  i  solchi  tras- 
versali identici  a  quelli  della  forma  specifica  cui  è  riferita. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Eio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-foui-à. 
Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  non  frequente  ;  Coli,   del  Museo. 


descbitti  da  i..  bellabdi  253 

23.  Nassa  senilis  Dod. 

Dislinguunt  liane  speciem  a  N.  Bowerbanki  Michlli.  sequenles  oolae: 

Testa  aiir/ustior,  lonijinr:  spira  lonffior.  -  Anfrartus  ullimiis  longior  ,  prope  marginem  oris 
depressiis.  -  Cosine  bnr/itiidinales  in  primis  anfraclubus  numerosiores  et  minores,  in  ultimo  3  vel 
4,  magnae,  noiliformes,  ab  inlerstitiis  majoribiis  separatae.  -  Os  longius,  angustius  ;  labrum  sini- 
strum  postice  valde  depressus,  super  anfractum  praecedentem  minus  prodticlum. 

Long.  20  mm.  :  Lai.  7  mm. 

18G4.  Nassa  senilis  DODERL.,  Cerni,  gcul.  teir.  mioc.  sup.  Itat.  venir.,  pag.  105. 
1874.  Bucciniim  iJ.  COPP.,  Cutul.  Moli,  mioc.-plioc.  moJen.  Coll.Copp.,  pag.  2. 
1881.    Nassa        iti.       COPP.,  Paleotit.moilcn.  pag.  33. 

Pliocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli,  del  Museo  e  del 
Museo  di  Zurigo  (Prof.  Mayer)  ;  S'^  Agata-fossili ,  rarissimo  ;  Coli,  del  R.  Museo  di 
Geologia  di  Palermo. 

24.  Nassa  Basteroti  Michtti. 

Dislinguunt  hanc  speciera  a  N.  Bowerbanki  Michlli.  sequenles  nolae: 

Testa  minor.  -  Anfraclits  ultimus  brevior.  -  Coslae  longilmlinales  minores,  numerosiores, 
reclae,  minus  obliquae  :  sulci  transìgersi  numerosiores  et  profundiores.  -  Os  brevius;  labrum  sini- 
strum  super  anfractum  praecedentem  minus  productum. 

Long.  19  min.:  Lai.  7  mm. 

I8i7.  Nassa  Bastenti  MlCUTTI  ,  Fo.^s.  micc,  pag.  20C,  (av.XVII,  fig.  11. 

1853.  Buccinum  relieulatum  HOERN.,  UMl  fnss.  IVien,  pag.  151,  tav.  XII,  fig.  18  a,  b. 

?   1864.  Nassa  Basteroti  DOUEIlL.,  Cenn.  ijeot.  lerr.mioc.  siip.Ilal.  centr.,  pag.  105. 

1875.        A/.  i(l.  KESOIST,   Test,  foss  de  la  Brède  et  Saucalz,  pa^.'Mi. 

?   1878.  Bttceinum  id.  .MAY.,  Dècouv.  Cvinli.  ù  Coiujeria  RhAne,  pag.  13. 

?   1881.  Nassa         id.  COPP.,  Paleont.  modeii.,  pag.  37. 

Sgraziatamente  l'esemplare  tipico  figurato  e  descritto  dal  Sig.  Cav.  Michelotti 
andò  perduto  ;  ed  egli  e  con  riualche  esitanza  che  riferisco  a  questa  specie  due  fossili 
dei  colli  torinesi  appartenenti  al  Museo  di  Zurigo,  nei  quali  il  numero  delle  coste 
longitudinali  è  minore  di  quello  che  osservasi  nella  figiu-a  precitata  dell'opera  del 
Sig.  Cav.  Michelotti,  specialmente  sull'ultimo  anfratto  in  prossimità  del  labbro  sinistro. 

Egli  6  appunto  por  questo  motivo  che  ho  creduto  far  bene  a  dare  di  questa 
specie  una  descrizione  comparativa  colla  N.  Bowerhanki  Michtti.,  e  soprattutto  perchè, 
avendo  avuto  sott'occhio  gli  esemplari  suaccennati  dopo  che  le  tavole  erano  disegnate, 
non  ho  potuto  darne  la  figiu-a. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Termo-fourà  ;  raro  :  Coli,  del  Museo  di  Zurigo 
(Prof.  Mayer). 


254  i  molluschi  pei  terreni  terziarii  del  piemonte  ecc. 

25.  Nassa  turgidula  Bell. 

Tav.  II,  Og.   Il  {a,  b]. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  Bowerbanki  Michlli.  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  longior,  magis  acuta.  -  Labrum  sinistrum  antice  subangulatum,  poslice 
supra  anfraclum  praecedentem  minus  produclum. 
Long.  12  roin.  :  Lat.  7  mm. 

Varici*  A. 

Testa  brevior,  venlricosa. 

Long.  10-11  '/«  nim.  :  Lai.  6-8  mm. 

VarieU  B  lao  species  distiogaenda?). 

Anfractus  poslice  inflati ,  inde  sulurae  ma^is  profundae.  -  Pars  antica  tantum  ultimi  an- 
fractns  transverse  silicata.  -  Labrum  dexterum  aniice  biruiialum.  -  Columella  magis  profunde 
excavata. 

Long.  1 1   mm.  :  Lai.  6  mm. 

Questa  forma,  che  ho  ci'eduto  dapprima  doversi  riferire  alla  N.  aquitanica  (May.), 
e  che  la  rappresenta  nel  miocene  medio  dei  colli  torinesi,  ne  è  bene  distinta  da  molti 
caratteri  che  ebbi  occasione  di  esaminare  in  parecchi  esemplari  di  Saucatz  gentilmente 
comunicatimi  dal  Sig.   Prof.  Mayer  del  suo  Buco,  aquitanicum. 

I  caratteri  dififereuziali  sono  i  seguenti:  1°  dimensioni  maggiori;  2°  guscio  più 
grosso  ;  3°  spira  meno  lunga ,  rigonfia  nel  mezzo  :  4°  anfratti  meno  numerosi  e  più 
lunghi  ;  5°  coste  longitudinali  più  grosse ,  meno  numerose ,  più  ottuse ,  ed  oblique  ; 
6°  bocca  più  stretta  e  più  lunga  ;   7"  labbro  sinistro  depresso  posteriormente. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Baldissero-torinese ,  raro;  Coli, 
del  Museo. 

26.  Nassa  acuminata  Bell.* 
Tav.  II,  fig.  13  (<i,  l>). 

Tesla  sublurrila:  spira  longa,  valde  acuta,  regulariler  involuta.  -  Anfractus  convcxi; 
nìtimus  dimiiiiam  longiliidinem  anqutins,  venlrosns,  aulire  ralde  depre.^sus.  -  Suporlicies  in  primis 
anfraclubus  longilutliiialiler  costala,  in  ullinio  ecoslata;  coslae  cn-brac,  obtusae,  obliquae,  ab 
interstitiis  auguslis  Sfparatae:  slriae  Iransversae  obsoletae,  passim  pcrspicuae  :  pars  postica  ultimi 
anfractus  lacvis,  pars  antica  transverse  mullisulrala  ;  sulci  lati.  -  Os  suborbiriilare?  ;  labrum 
sinistrum  arcuatum?;  labrum  dexterum  ultra  os  breviter  pt  regulariler  produclum:  columella 
aniice  valle  excavata,  ad  apicem  dislincle  sinistrorsum  curvala. 

Long.  10  ';,  mm.:  Lai.  5  '/,  mm. 

Quantunque  l'unico  esemplare  a  me  noto  di  questa  specie  sia  molto  imperfetto, 
mi  parve  tuttavia  meritevole  di  essere  descritto  per  la  singolarità  dei  suoi  caratteri 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Sciolze ,  rarissimo  ;  Coli.   Michelotti. 


descritti  da  l.  bellardi  255 

27    Nassa  Mayf.ri  Bell. 
TaT.  Il,  fig.  16  {a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  tumida  (Eicw.)  sequenles  nolae: 

Testa  brevior,  ventraia:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfractus  omnes  longiturlinaliter  costati, 
vix  ultima  terlia  pars  ultimi  anfractus  anlice  ecostala;  cosine  numerosiorrs ,  magis  regulares, 
miiwres,  in  ultimo  anfractu  siibsinnosae.  -  Columella  ad  apicem  sinistrorsum  minus  incurvala. 

Long.  10-18  mm.  :  Lat.  6-10  min. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba ,  non  raro  ;   Coli,   del  Museo. 
Pliocene  superiore  :  Colli  astesi,  nelle  sabbie  azzurre ,  raro  ;  Coli,  del  Museo. 

28.  Nassa  tumida  (Eicw.) 

Tav.  II,  6g.   13  (a.  b). 

Testa  lurrila,  suliregularitcr  involuta:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfractus  convexiu- 
sculi  ;  ultimus  dimidiam  longiludineni  subaequans,  anlice  salis  depressus :  suturae  parum  pro- 
fundae.  -  Superfiries  nitida,  longitudinaliter  ceciata  et  transvprso  costulala  :  coslae  longilu- 
dinales  plerumque  10,  magnae,  a  sulcis  lalis  et  profundis  separatne,  ante  margincm  oris  eva- 
nescenles  ;  costulae  transversac  in  ullimis  anfraclubus  ohsolelae.  subnullae:  pars  antica  ultimi 
anfractus  Iransverse  costulala;  costulae  angustae,  inler  se  valde  distantes,  3  plerumque 
majores.  -  Os  axi  testae  obliguum,  subovale;  labrum  sinistrum  incrassatum,  variciforme,  po- 
slice  depressum,  antico  subarcualum,  interius  denlatum;  labrum  dexterum  crassum,  poslice 
plerumque  uniplicatum,  contra  pìicam  columellarem  anticam  valde  prominentem  callosum;  co- 
lumella valdf  contorta,  ad  apicem  sinistrorsum  inflexa  :  rima  valde  recurvala  el  obliqua. 

Long.  10-20  mni.  :  Lat.  5-10  mm. 

1830.  Nassa  liimidn  EICW.,  X.ilur/iisl.  Skizze,  pag.  993. 

1830.      W.      Xhorzewski  A>"1»R.,  Bull.  Moscou,  voi.  II,   pag. 96.   tav.  IV,  Og.4. 

1837.  W.        id.  PUSCII,  Po/./«i/uonJ.,  png.  193,  lav.  XI,  fig.  7  a,  i. 

1859.  Buccinum  tumidtim  EICW.,  Lelli.  ross.  Period.mod.,  pag.  170,  tav.  VII,  fig.  6  o,  6. 

1864.  Nassa   bufo  DODEUL.,  Centi,  geol.  Ieri:  mioc.sup.  Ilal.centr.,  pag.  105. 

1868.  Id.        id.  POi^EST.,  Calai,  lì/oli. plioc.Bologn.,  l,  pag.  4T. 

1869.  Buccinum  Dujardini  var.  3  MANZ.,  Faun.  mioc.  Alt.  Ilal.,  pag.  13. 
1874.         Id.        bufo  DE  STEF.,  /•■»*.(. />/ioc.  &.  .ì/mi<ifo,  pag.  35. 

1874.    Nassa  Ba.steroli     var.  bolUnensh,  TOURN.,   Tcrr.terl.  T/iezier,  pag.  307,  lav.  IX,  fig.  10. 
SEGUENZ.,  Form,  plior.  ìtal.  merid.,  pag.  976. 
PANTAN.,  Alt.  Accad.  Fisiocr.  Siena,  pag.  4. 

FONTAN.,  Élud.strat.et  pal.Terr.tert.Bass.du  Rhóne,  pag.  17,  91,  40,  69. 
DE  STEF.,  .Stral. plioc.  .Siena,  pag.  163.  166,   180,   186. 
DE  STEF.  e  PANTAN.,  Muli. ptioc.  Siena,  pag.  106. 
COPP.,  Paleonl.  moden.,  pag.  37. 


1875. 

Id. 

bufo 

1875. 

Id. 

id. 

1876. 

Id. 

Basterò  ti 

1877. 

Id. 

bufo 

1878. 

Id. 

bollenensis 

1881. 

Id. 

corniculu 

Varietà  A. 


Testa  brevior:  spira  magis  aperta. 
Long.  13  mm.  :  Lat.  8  mm. 


Varietà  B. 

Tav.  II,  fig.   14  (a,  4). 


Contai'   longiludinales  in  nufrartulus  inlermediis  tum  ohsolelae,  lum  nullae,  in  ultimo  pau- 
ciores,  majores,  irregulares.  -  Os  nxi  testae  minus  obliqnum. 


Long.   12-17  nini   :   l.al    S-IO. 


256  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARIl    HEL    PIEMONTE    ECC. 

VarieU  C. 

TaT.  Il,  fig.   15  (a,  b). 

Spira  longior,  aculior.  -  Superlicies  Iota  ecoslala. 
Long.  17  nim.  :  Lai.  9  nini. 

Le  diverse  forme  qui  descritte  richiamano  alla  memoria  per  la  loro  fisionomia 
generale  e  per  la  molteplicità,  e  natura  delle  modificazioni  che  presentano  la  N.  corni- 
culum   (Oliv.)   dei  nostri  mari  attuali. 

Avendo  paragonati  fra  loro  un  buon  numero  di  esemplari  delle  forme  fossili  con 
molti  della  specie  vivente,  riscontrai  tra  loro  le  seguenti  differenze  : 

Nella  forma  fossile  il  guscio  è  d'ordinario  più  grosso,  la  bocca  più  breve  e  più 
larga,  la  columella  notevolmente  più  contorta  e  più  profondamente  depressa  nel  mezzo. 

Finora  non  fu  trovato,  che  io  mi  sappia,  nei  terreni  terziarii  del  Piemonte  e  della 
Liguria  alcun  fossile  clie  si  possa  riferire  alla  N.  cornicuìxm  (Oliv.)  della  fauna 
attuale. 

Miocene  siqìeriorc :  Colli  tortouesi,  Stazzano,  S'*  Agata-fossili,  non  frequente;  Coli, 
del  Museo. 

Pliocene  siiperior e:  QioWì  astesi,  Valle  Andona,  non  frequente;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  A.  —  3fiocene  superiore:  Colli  tortonesi ,  S'^  Agata-fossili,  non  fre- 
quente ;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  B.  —  Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese ,  rarissimo;  Coli, 
del  Museo. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   S'"  Agata-fossili,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;  Coli,  del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  raro  ;  Coli,   del  Museo. 

Varietà  C.  —  Miocene  superiore:  Colli  torton&si,  S'"  Agata-fossili,  rarissimo; 
Coli,  del  Museo. 

10»  Serie. 

Nucleus  embrionalis  hrevissimus,  acuius.  -  Anfractus  depressi  ;  ultimus  dimidia 
longitudine  longior.  -  Superfìcies  in  primis  anfractubus  longifudinaliter  costata,  in 
aliis  laevis.  -  Os  postice  canaliculatum  ;  labrum  sinistrum  incrassatum  praesertim 
postice,  interius  plicatum,  jìostice  depressum,  antice  subnrcuntuni  ;  labrum  deateruni 
crassuni  ,  parum  et  nniformiter  ultra  os  productmn:  columella  medio  excarata  , 
antice  rugata:  rima  antice  angusta,  medio  et  postice  dilatata,  subtriangularis,  a 
labiis  indistinctis  circumscripta,  dorso  rcflexa,  postice  vi.v  canaliculata. 

Ho  isolata  questa  forma  per  meglio  far  risultare  il  passaggio  da  quelle  prece- 
denti alle  seguenti  :  il  principale  carattere  della  serie  è  la  spessezza  e  la  forma  del 
labbro  destro,  il  quale  per  tutta  la  sua  lunghezza  si  estende  notevolmente  ed  unifor- 
memente al  di  liV  del  jiiano  della  bocca ,  lasciando  però  scoperta  in  parte  la  regione 
ombilicale. 


descritti  da  l.  bellardl  257 

29.  Nassa  toberifeba  (May.) 

Tav.  II,  fif;.   17  (n,  b). 

Testa  crassa,  subfusiformis  :  spira  medio  leviler  excavata.  -  Anfractus  complanali,  cantra 
suturam  poslicam  .lubmarqiitali ;  u\[\m\is  ma^nas,  ^/j  lolius  longiludinis  subaequans,  venlrosus. 
-  Superticies  in  duobus  primis  anlraclubus  longiludinaliler  costala  et  transverse  coslulata, 
in  caeleris  lacvis,  exceplis  sulcis  transvcrsis  5,  panini  profundis,  inter  se  satis  dislanlibus, 
in  parte  antica  ultimi  anfractus  decurrenlibus.  -  Os  subovale,  obliquum  ;  labrum  sinistrum 
incrassatum,  poslice  depressum ,  inlerius  inaequaliter  plicatum;  labrum  dexlerum  anlice  in 
fauce  triplicatum,  poslice  uniplicalum. 

Long.   18  mm.  •  Lai.  IO  mm. 

1813.    Bucciììuin  liiheriferum  MAY.,  Journ.dc  Conili.,  voi.   XXI,  pag.  S89,  tav.  X,  fig- 3. 

L'esemplare  figurato  nella  presente  monografia  è  più  piccolo  dell'esemplare  tipico 
descritto  e  figurato  dal  Sig.  Prof.  Mayer,  ed  ha  gli  anfratti  un  poco  più  convessi  e 
la  piega  posteriore  del  labbro  destro  meno  grossa. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli,  del  Museo  e  del 
Museo  di  Zurigo  (Prof.  Mayer). 

11'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  breoi.s,  obtusus.  -  Anfractus  ulfimus  dimidia  longitudine 
ìongior.  -  Superficies  subtota  laevis,  longitudinaliter  obsolete  costuìata  in  primis 
anfractubus,  subccostata  in  ultimo.  -  Os  postìce  vix  canal iculatuin  ;  labrum  sini- 
strum incrassatum,  postice  .^upra  anfractum  praecedentem  j)roductum,  inferius  pluri- 
plic.atum,  subarcuatum;  labrum  dexterum  latissime  ultra  os  productum,  fofam  re- 
gionem  umbilicalem  amplectens,  postice  fere  usque  ad  suturam  praecedentem  pro- 
ductum :  eolumella  medio  profunde  e.vcnrata:  rima  suhtrinngularis,  antice  angusta, 
postice  dilatata,  profunda,  a  labiis  subindistinctis  circutnscripta,  non  jwstice  cari- 
nata,  nec  canaliculata. 

La  grande  espansione  del  labbro  destro  distingue  questa  serie  dalla  precedente  , 
ed  il  ricoprire  che  questo  labbro  fa  intieramente,  ed  oltre,  la  regione  ombelicale,  la 
separa  dalle  forme  delle  seguenti:  la  forma  del  nucleo  embrionale,  breve  ed  ottuso, 
la  disgiunge  dalle  altre  afiìni  per  gli  altri  caratteri. 

30.  Nass.\  BiFonms  Bei.l. 

Tav.  Il,  fig.   IS  (rt,  b). 

Testa  crassa,  subfusiformis;  spira  subdecollaUi.  -  Anfractus  convexiuscuii;  ultimus  di- 
luidiam  lonj^itudinom  parura  superans,  anlice  salis  depressus:  sulurae  superficiales.  -  Super- 
ficies nilen.i,  lacvis,  in  aiifraclubus  primis  Inngiludiualiler  costala;  costae  maf;nae,  obtusae,  a 
sulcis  anguslis  soparatae  ,  reclae ,  axi  lestae  vix  obliquae:  anfractus  2  ultimi  subecostali; 
ultimus  antico  Iransverse  7  sulcatus.  -  Os  suborbicularc,  poslice  vix  canaliculalum;  labrum 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  'i 


258  1    MOLUSCHl    DEI    TERRENI    TKRZIARII    DEI,    PIEMONTE    ECC. 

sinislruiu  subarcualum,  exterius  marginalum,  iiilerius  plicaluni  ;  labrum  dexlerum  in  ralluni 
lalissimiim,  Mani  reginnem  umbilicalem  rccumbeii.i,  postica  (ere  usqui'  ad  xuluram  posticam  an- 
fraclus  praeceilfiilis  produclum,  aniice  in  fauce  hiruijnlum  :  columella  medio  profiinde  excavata. 
Long,  io  min.:  Lai.  'ò  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   S"*  Agata-fossili,  rarissimo;   Coli,  del  Aluseo. 

12»  Serie. 

Nucleus  embrionalis  winimus,  ncutun.  -  Anfractns  ultimus  d  ini  idi  ani  longitii- 
dineni  aeqnnns  vel  stibaeqiians.  -  Superficieiì  ìovgiiudinfiìiter  contata  vel  costuhita  , 
transverse  striata  vel  silicata.  -  Os  postice  angustatuni ,  canal icidatum  ;  lahrinii 
sinistrum  incrassattini ,  interius  plicattim;  labrum  dextcrum  ultra  os  plus  minusve 
productnm,  regionem  umbilicalem  in  jxtrfr  tantum  recumbens,  postice  plus  minusve 
extensum  :  columella  medio  prnfunde  excavata,  ad  apicem  sinistrorsum  plus  mimisve 
incurvata:  rima  subtriangularis ,  antice  angusta,  medio  et  postice  dilatata,  a 
lahiis  brevibus  circumscriptn,  recurva,  postice  canaliculata. 

La  figura  triangolare  (lell'iutaglio,  stretto  all'ingresso  e  largo  in  fondo,  là  regione 
ombilicale  per  la  massima  parto  scoperta,  cioè  non  rivestita  interamente  dal  labbro 
destro  che  ivi  è  alquanto  ristretto,  e  la  dilatazione  posteriore  più  o  meno  ampia  del 
labbro  destro  sono  lo  note  caratteristiche  di  questa  serie. 

A.  I.iibrum  devlernin  medio  salis  diliitaluiiu  poslìct;  pariim  productnm. 

Nelle  forme  raccolte  in  questo  gruppo  il  labbro  destro  ricopre  per  buona  parte 
la  regione  ombilicale.  e  poco  si  protrae  posteriormente,  ma  si  protende  alquanto  nella 
regione  mediana. 

31.  Nassa  Bohsoni  Bell. 

Tav.  II,  fig.   19    ,1,  i). 

Tesla  crassa,  subfusiformis:  spira  longiuscula ,  parum  acuta.  -  AnfracUis  romplanali , 
cantra  suliirain  poslicatn  leviler  inflati;  ullimus  '/,  lolius  longitudinis  subaequans,  aniice  salis 
dcprpssus:  suturae  parum  profumlai?.  -  Coslao  longiludinnios  panivi  obliquae  in  primis  an- 
fracluhus,  inaiiis  in  ultimo,  subarnialae  rontra  sidiirnm  posticam,  oblusao,  al)  inlorstitiis  aiipu- 
slis  separalae,  numerosae  in  primis  anfraclubus ,  majores  et  paiiciores  in  penultimo  et  praeserlim 
in  prima  dimidia  parte  ultimi,  miniilae,  numerosae  H  ab  interalitiis  aiifiustis  separatae  in  ultima 
diinidia  parte  ultimi  anfraclus,  seii  prupe  marginem  uris  :  coslulae  Iransvorsae  ^  vel  4  dele- 
clae  in  primis  anfraclubus,  Il  in  ullinio,  iwcepla  iiostica  majore  omnes  unifurines  ,  a  sulco 
lato  et  pliinulato  siparatae,  in  intrrsliliis  coslnrum  lonfiiliidinalium  valile  prominenles,  .vi//)"/- 
coslas  lonyitudinaics  ohsolrlae ;  margo  suturae  posticae  late  eiostiilalus.  -  Us  subovale  ;  labrum 
sinislrum  subarcualum,  postice  super  anfrac'.um  praecedetilem  parum  productnm  ;  hhrum  dexle- 
rum rrassum,  aiitic"  regionem  umbilicalem  in  parie  recumbens  medio  magis  extensum  quatti  pò- 
.itice:  columella  prol'unile  ineiiio  excavala,  antice  plicata,  medio  rugulosa. 

Long.  15  min.:  Lai.  9  mm. 

Miocene  superiore:   Colli  tortonesi,   S'"  Agata-fossili,   raro;   Coli,   del  Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELIjARDI  259 

32.  Nassa  Copph  Bell. 

Tav.   II,   C^r.  20  {a.  b). 

Testa  crassa,  subovaia:  spira  ad  apicem  valde  acuta,  medio  infiala.  -  Anfractus  com- 
planali;  ullimus  magnus,  dimidia  longitudine  longior,  antice  valde  depressus  :  sulurae  su- 
perliciales.  -  Costae  longituiliiiales  in  primis  anfraclulms  obliisae,  parum  prominenles  obliquae, 
ab  inlerstittis  aiifjìistis  et  parum  profundis  separatae,  in  anfraclubus  mediis  obsoletae,  in  ultimo  8, 
magnae,  tnagis  obliquae,  subsinuosac,  ab  interstitiis  latis  et  profundis  separatae:  coslulae  Irans- 
ver-sae  in  primis  anfraclubus  anguslae,  prominenles,  super  costas  iongiludinales  decurrenles, 
in  anfraclubus  mediis  et  ullimn  latae,  depressae,  a  sulco  minuto  separatae:  sulci  antici  ullimi 
anfraclus  numerosi  ci  profundi.  -  Os  subovale,  poslice  angustatum  el  canaliculalum  ;  labrum 
sinislrum  inrrassalum.  praesertim  pnstice.  supra  anfractum  praecedentem  aliiptanto  produclum, 
inlerius  plicalo-denlalum.  poslice  depressum.  anlicc  subarcuatura;  labrum  dexterum  crassum. 
callosum,  medio  magis  produclum  guam  poslice:  columella  medio  profunde  excavala  ,  anlice 
birugala. 

Long    18  nim.  :  Lai.  IO  '/s  'H'" 

I  caratteri  principali  di  questa  forma  sono  l'obliterazione  delle  coste  longitudinali 
sugli  anfratti  mediani,  e  hi  notevole  dilatazione  del  labbro  destro  nella  sua  re<'ione 
mediana. 

Miocene  medio:  Colli   torinesi.   Monte  dei  Cappuccini,  rarissimo:  Coli.  Rovasenda. 

33.  Nassa  subreticulata   Bell. 

Tiiv.   11.  lii;.  i\   [a.  II). 

Dislinguunt  liane  specieni  a  lY.  rcticulala  (Linn.j  sequenles  nolac: 

Spira  brcvior,  magis  aperta.  -  Costae  longitudiuales  in  ultimo  anfractu  suhsinuosac,  majores, 
ab  interslitiis  profundis  separatae.  -  Os  brevius ,  suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  arcuatum  ; 
labrum  dexterum  pnstice  minus  produclum:  rima  a  lahiis  brerissimis  circunscripta ,  pnstice  non 
canaliculata. 

Long.  16  mm.  :  Lai.  10  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Baldissero-torinese.  Bersano.  Rio  della  Batteria, 
raro:   Coli.   Rovasenda. 

34.  Nassa  speciosa  Bell. 

Tav.   Il,  fig.  92  (a,  4). 

Tesla  brevis,  subovaia:  spira  brevis  ,  parum  acula.  -  Anfraclus  vi\  convexi;  ullimus 
mugnus,  dimidia  loniftludine  longior,  antice  valde  depresius.  -  Coslae  Iongiludinales  magnae, 
valde  prominenles,  ab  inlersliliis  anguslis  separalae ,  obliquae,  plerumque  15  in  ullirao  an- 
l'raclu,  prope  margivcm  oris  minnres  et  numrrnsiores:  sulci  Iransversi  angusti,  profundi,  costas 
Iongiludinales  secanles,  imk  saperficies  decussalo-granosa.  -  Os  suborbiculare,  poslice  an''usla- 
tum  el  profunde  canaliculalum;  labrum  sinislrum  incrassalum,  poslice  depressum,  anlice 
subarcualum  ,  inlerius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  antice  ei  medio  ultra  os  satis  pro- 
duclum, aulire  in  fauce  birugatum ,  poslice  uniplicatum  :  columella  medio  profunde  excavala: 
rima  a  labiis  brevissimis  circumscripta. 
Lon».  10  mm.  :  Lai.  7  mm. 


260  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEf,    PIEMONTE    ECC. 

Le  minori  dimensioni,  la  spira  più  aperta,  le  coste  longitudinali  più  numerose,  i 
solchi  trasversali  più  larghi ,  più  profondi  e  più  frequenti  distinguono  questa  fonna 
dalla  precedente. 

La  maniera,  colla  quale  il  labbro  destro  si  estende  sull'ultimo  anfratto  l'allon- 
tanano dalla  N.  Basteroti  Michtti. ,  oltre  ai  caratteri  della  serie  cui  appartiene. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi ,  non  frequente  : 
Coli,   del  Museo  e  Rovasenda. 

35.  Nassa  porrecta  Bell. 
Tav.  [I,  fis.  23  (a.  b). 

Tesla  rrassa:  spira  longa,  ad  apicrm  valile  acuta,  medio  excavata,  ilein  maais  aperta.  - 
Anfraclus  complanali;  ullimus  diinidiam  lonjiiludinem  aequans,  anlice  parum  depressus  ; 
sulurae  superficiales.  -  Coslao  longitudinales  obtusae,  lalae,  reclae,  ohliquae^  in  vllimu  an- 
fracltt  xubarcuatae,  prope  marfiiiiein  (iris  minores  ri  numerosiorcs:  sulci  Iransversi  5  in  priini.s 
anfraclubus,  13  in  ultimo,  angusti,  unifonnes,  inter  se  aeqiiidistanles,  in  inter-^lilia  eoslaruni 
et  super  coslas  cnnlinui  -  Os  ovale;  labrum  sinistrum  subarcualum,  inlerius  incrassalnm  et 
viagni-plicalum  :  labrum  dextenim  crassum,  praeserlim  postine,  anlice  rugulosum. 

Long.   10  mm.  :  Lai.  6  mm. 

VarIplA   A. 

Testa  brevior  :  spira  magis  aperta,  midiu  vix  excavata. 
Long.  9  mm.  :  Lai.  5  '/«  ni'". 

Miocene  .superiore:  Colli  tortonesi.   Stazzano,  rarissimo;   Coli,   del  Museo. 

36.   Nassa  Melii  Bell. 

Tav.   Il,  fig.  54  (a,  b). 

Testa  lirevis,  subovata:  spira  parum  acuta.  -  Anfraclus  vix  coiivexi  ;  ullimus  magnus. 
dimidia  longitudine  longior,  ventrosus,  anlice  salis  depressus  :  sulurae  parum  profundao.  - 
Coslae  longiludiiiales  obtusae,  magnae,  parum  prominentcs,  ah  inlrrslitiis  angustis  et  parum  pro- 
fundis separalac,  reclae,  axi  lestae  subparallelae ,  super  ultimam  dimidiam  parlcm  ultimi  an- 
fraclus obsoletae:  sulci  Iransversi  minutissimi,  super  coslas  longiludinales  decurrenles,  ab  inier- 
stiliis  lalis  separali,  4  vel  5  in  primis  anfraclidius  perspicui,  12  in  ultimo.  -  Os  suborbiculare, 
poslice  anguslalum,  vix  canaliculalum  ;  labrum  sinistrum  incrassatum,  praeserlim  pnstice,  sub- 
arcualum, interius  irregulnrilcr  paiiri-rugutum  ;  labrum  dexlerum  valde  incrassatum,  poslice 
conlra  labrum  sinistrum  callosum,  versus  suturam  poslicam  anfraclus  praecedenlis  valle  eTtensuw: 
columolla  medio  prnfunde  excavata,  anlice  irirugala:  rima  a  labiis  subnullis  cirrumscripla. 

Long.  7  '/«  '"I".  '■   I-^l-  5  ""11. 

Miocene  sitji/r/ore:   Colli  tortonesi,   Stazzano,  raro;   Coli,   del  Museo. 

//    Labriiiii  dexlmim  medio,  et  prae.sfriìm  [losiice,  late,  cxlcnsiini. 

In  questo  gruppo  il  labbro  destro  è  poco  esteso  sulla  regione  ombilicale  per  modo 
che  buona  parte  di  (juesta  rimane  scoperta,  ed  è  alquanto  dilatato  nella  regione  me- 
diana e  dilatatissinio  nella  posteriore. 


descritti  da  l.  bellardi  261 

37.  Nassa  laxesclcata  Beli.. 

Tav.   Ili,  fig.   1   (a,  b). 

Testa  lurrila:  spira  lonr/a,  valde  acuta.  -  Anfraclus  convexi,  poslicfi  leviter  iiillati;  uUimus 
dimidiara  longitudiiiem  subaequans,  parum  injlatus ,  anlicc  salis  depressus:  sulurae  salis 
profundae.  -  Costae  longitudinales  magnae,  oblusae,  rectae,  axi  teslae  suhparallelae,  ih  o»/"ra- 
ctubus  primis  numcrosae ,  in  mediis  pnuciores,  mnjores,  versus  marginem  oris  obsoletae,  contra 
manjinem  oris  nonnullae  minores  et  magis  inler  se  proximalae:  sulci  Iransversi  minuti,  in  aii- 
fractubus  mediis  et  ultimo  inter  se  valde  dislanles.  -  Os  suborbiculare,  poslice  angustatum; 
labrum  sinistrum  incrassatum,  exlirius  marqinnlum,  intcrius  pluri-plicalum,  anlice  arcualum, 
poslice  depressutn,  super  aiifraclnm  praeceileiitrm  valile  produclum;  labrum  dexterum  anace  e( 
medio  parum  ultra  os  produclum,  poslice  incrassatum,  nallosum  et  late  produclum:  columella 
medio  profunde  excavala,  antice  triplicala:  rima  a  labiis  brevissimis  circurascripla. 

Long.  H   min.:  Lai.  5  '/«  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'*  Agata-fossili,  raro;   Coli,   del  Museo. 

38.  Nassa  becticostata  Beli.. 

Ta%.  Ili,  fi;,'.  2  {a,  h). 

Distinguunl  hanc  speciem  a  N.  reticulala  (Linn)  sequenles  notae  : 

Testa  minor,  ijracilior:  siiira  mngis  nenia.  -  Anfraclus  ultimus  brevior.  -  Costae  ìongitudi- 
nales  minores,  compressae,  ab  intersliliis  lalioribus  separatae,  rerlae,  axi  teslae  paraltclae;  striae 
transversae  minulac,  uniformes,  numernsae,  inler  se  aeijuidistantes,  contiguae  super  costas  longi- 
ludinales  decurrentes,  10  in  primis  anfractuhus  perspicuae  ,  22  in  uìlimo.  -  Os  brevius,  suborbi- 
culare ;  labrum  dexterum  super  regionem  umbilicalem  magis  produclum. 

Long.  H   mm.:  Lai.  6  mm. 

Avendo  paragonato  questa  forma  colla  N.  unì  fasciata  Kien.  {N.  encaustica  Brus.) 
e  colla  N.  costui ata  (Ken.),  delle  quali  mi  furono  comunicati  parecchi  esemplari 
pescati  nell'Adriatico  sulle  coste  di  Dalmazia  dal  Sig.  Prof.  Brusina.  ho  potuto  con- 
statare nella  forma  fossile  qui  descritta  le  seguenti  differenze  dalle  due  precitate  specie 
della  fauna  attuale. 

La  prima  delle  precitate  forme  viventi  differisce  dalla  fossile:  1°  per  essere  più 
stretta  e  più  lunga  ;  2°  per  avere  il  labbro  sinistro  più  depresso  ;  3"  per  le  coste 
longitudinali  più  numerose,  separate  da  solchi  più  stretti,  rette,  quasi  parallele  al- 
l'asse; 4°  per  i  denti  del  labbro  sinistro  più  piccoli  e  più  numerosi;  5°  per  le  pieghe, 
0  rughe,  anteriori  della  columella  più  piccole  e  più  numerose;  6°  e  per  il  labbro  destro 
più  sottile  ed  accollato  pel  suo  margine  posteriore  alla  superficie  dell'ultimo  anfratto. 
La  seconda  :  1°  per  le  coste  longitudinali  più  numerose,  separate  da  solchi  più  stretti, 
e  sinuose  nell'ultimo  anfratto;  2°  per  l'ultimo  anfratto  più  rigonfio;  3°  per  la  sca- 
nalatura anteriore  meno  profonda;  4°  e  per  il  labbro  posteriore  dell'intaglio  brevis- 
simo,  quasi   nullo. 

Pl/oecne  super iore  :   Colli  astesi,   Valle  Andona.   rarissimo  :   Coli,   del   Museo. 


2(j2  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL  J>IEMONTE    ECC. 

39.  Nassa  atava  Bell. 

Tav.   Ili,  fig    3  (a,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  N.  reticulata  (Linn.)  sequenles  nolae  : 

Testa  minor,  gracilior.  -  CoHae  loìigiludinalex  compresme,  minofcs,  subnrcualae  in  omnibus 
anfraclnbiis  :  sitici  transversi  numerosiores,  minits  profundi,  inaequnles,  obsoleti  in  primis  anfra- 
clubiis  et  super  coslas  luiigiluilinales.  -  Os  suhorbirulare  ;  labrum  dexterum  anline  magis  pro- 
ductum:  rima  a  labiis  longioribus  circumscripta. 

Long.  10  mm.:  Lai.  6  mm. 

Pliocene  superiore:   Colli  astesi;   Valle  Andona,   rarissimo;   Coli,   del  Museo. 

40.  Nassa  corrugata  (Bbocch.1. 
Tav.  Ili,  fig.  4  >,  A). 

Dislinguunl  hanc  spccieni  a  N.  reliculala  (Linn.)  sequenles  nolae: 

Testa  multo  minor,  venlrosa:  spira  breiiior,maiiis  aperta.  -  Costae  loiujitudinales  pauciores, 
compressae,  tnagis  prominenles ,  obliquae,  subnrcualae:  salci  transversi  nunwrosiores,  inler  se 
inaequaliler  dislanles.  -  Os  brevius,  latius,  suborbiculare;  labrum  si nislrum  arcualum,  non  poslice 
depressum;  labrum  dcxti'Tum  super  regionem  tmibilicalem  mnijis  productum  :  colamella  arcuala. 

Long.  8  min.  :  Lai.  5  mm. 

1814.  Baicinum  corriigatum  BROC.CH.,  Conch.  foss.  juh.,  pa;;.  652,  lav  XV,  fig.  16. 

1897.  Id.                id.  S.'i'^S,  Sagg.geol.Bac.  tei  z.Jlbenga,  pa^ASt. 

1829.  Id.               id.  MARC.  DE  SERU..  fJfojn./m-. /fi-f.  png.  152. 

1831.  Id.                id.  BRON.N,  /(a/.  (cr^.-t-'cA.,  pag  23. 

1870.  Nassa  corrugata  BELL,  Catat.  .Vvll.  fiss.  Biut,  pag.  9. 

1875.  W.          id.  PANTA.N.,     Ul.  Jccad. /L'Hitler.  Siena,  \o\.V\\.  pas^.  i. 

Gli  esemplari  di  Villalvernia  collimauo  esattamente  con  quelli  della  CoUezioue  del 
Brocchi  coi  quali  li  ho  paragonati. 

Pliocene  inferiore  :  Albenga  (firlc   SassH). 

Pliocene  superiore  :  Villalvernia  presso  Tortona-regione  Fontanili,  non  rare  ;  Coli, 
del  Museo. 

41.  Nassa  antioca  Beh.. 
Tav.  IH,  fig   5  (<i,  Al. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  reticulata  (Linn.)  sequenles  nolae: 

Testa  venlrosa:  .'ìpira  magis  aperta.  -  Aufractus  ullimus  magis  inflatus.  -  Costae  loiigitu- 
ilinales  majores,  in  ultimo  aufraclu  dislincle  sinunsae:  siilei  /ninvtiflr.si  profiindiores,  numcrosiores, 
5  vel  6  in  primis  anfractubus  perspicui,  12  vel  li  tu  ultimo.  -  Labrum  sinislrnm  mimts 
depres.iuin,  subarcualum  ;  labrtim  dexterum  super  regionem  medianam  et  praesertim  super  po- 
sticam  magis  productum. 

Long.  22  mm.  :  Lai    f,3  min. 

Pliocene  superiore:   Volpedo  presso   Voghera,   non   frequente;   Coli,   del   Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  263 

C.  Labriiin  dexleium  antìcc  iirevissime,  {toslìce  lalissìme,  ultra  os  prodiictom : 
re£!Ìo  umbìlicalis  subtota  detecta. 

Nelle  forme  di  questo  gruppo  il  labbro  destro  è  poco  esteso  anteriormente  per 
modo  che  la  regione  ombelicale  è  quasi  tutta  scoperta ,  lo  è  poco  parimente  nella 
regione  di  mezzo  e  moltissimo  nella  posteriore. 

42.  Nassa  beticulata  (Linn.). 
Tav.  HI,  fig.  7  («,  b). 

Testa  crassiitseula  :  spira  loiiga.  -  .\nfractus  complanali  ;  ullimus  dimidiam  longitudinem 
subaequans  ,  antice  valde  dei)ressus:  sulurae  parum  profundae.  -  Coslae  longiludinales  in 
primis  anfracluhus  numerusae,  ab  inlcrsUliis  parum  latis  separalae,  oblusae,  subreclae,  vix  leviler 
obli(]uae;  in  lUliino  plerumque  20,  mdjoriis,  ab  iulersliliis  lalioribus  separalae,  subsinuosae  :  s\ì\ci 
Iransversi  angusti,  iiUer  se  aequiilislantes ,  conlinui ,  3  vel  4  in  primis  anfractubus  perspicui, 
10  plerumque  in  ullimo.  -  Os  elongalum,  angusluni  ;  labrum  sinislrum  extei-ius  maroinalum, 
iìileriiis  iiicrassalum ,  magni-plicalum,  pnstice  (li'pretsum,  parum  supra  nnfractum  praecrdeiitem  pro- 
duclum,  antice  subarcualum  ;  labrum  dexlerum  coiUra  regionem  umbilicalem  incrassatum,  angu- 
slum,  postici  late  expansum,  tutum,  vel  in  parte  ])raeserlim  antica,  rugatum  :  coluniella  medio 
profunde  excavala,  anlice  subrecla  :  rima  lata,  axi  leslae  valde  obliqua  ;  labia  riraae  versus 
dorsum  ullimi  anl'raclus  valde  revoluta. 

Long.  20  mm.  :  Lat.  1 1   mm. 

1758.  Buccinum  relicutalum  LlNN.,  Si/sl.  Nat.,  ed.  X,  pap.  740. 

1799.  Id.              id.  OLIV.,  Zoo/,  flrfrm/.,  pag.  144. 

1814.  ld.(Nassa]i<l.  BUOCCH.,  Conili,  foss.  sub.,  pag.3.36,  tav.  V,  fig.  11. 

1817.  Id.              id.  DEFR.,  W/ct.  AC.  nn».,  voi.  V,  pag.  402. 

1823  2!).   Id.  id.  DELLE  CHIA.  in  POM,  Test.,  voi  III,  pari.  9,  pag.  47,  lav.  47,  Cg.  1,  9. 

1825.  Nassa   retiailatn  BAST.,  Mei».  Boni.,  pag.  48. 

1825.  Id.  id.  DErn. ,«««.&.  «n«.,  voi.  XXXIV,  pag.  241. 

1826.  Planaxis         id.  UISS.,  Prod.  Europ.  mérid.,  voi.  IV,  pag.  173  (/trf«  BRONNI). 
?  1826.          Id.       mamiltala     RISS.,  Prorf.  &/io;>.  »i( Virf.,  voi.  IV,  pag.  178,  fig.  199. 

1826.   Buccinum  lilii-alatum  PAYR..  CiUal.  Muli.  Cors.,  pag.  156. 

id.  S\SS.,  Siiiig.geol.  Bue.  Urz.  Albcnga.  pag.  481. 

id.  MARC.  DE  SERR.,  Geogn.  terr.  tert.,  pag.  122. 

lotorutum  EICVV.,  Naturh.-Skizz.,  pag.  229. 

relirulatum  BRON.N,  Ital.lerl.-Geb.,  pag.  22. 

id.  JAN,  Cutul.  Conili,  fus.i.,  pag.  13. 

id.  DESK.,  EtpcJ.sc.df  .Moiei-  Znol.,  pag    196. 

?  1833.    .Vassa  pule/iella  ANUR.,  Bull.  Mo.scou,  VI,  p.  438,  lav.  XI,  fig.  2. 

1836.  BuiTinuin  reticulatum  l'IllL.,  M(dl.  Sic,  voi.  I,  pag.  220. 
?  1837.          Id.              id.  DL'J.,  .W/H.jeo/.  iTouj-.,  pag.  297. 

?  1837.  /,/.         variabile       Dl'J.,  il/em.j^o/.  iTour.,  pag.  998,  lav.  XX,  fig.  4. 

1837.  /(/.       reticulatum    ll\S\NG.,  Letti,  svecica,  pag.  ii. 

1837.  Na-ua  retiiulula  PL'SCH,  l'ul.  Palàunt.,  pag.  123. 

1838.  Id.  id.  GRAT.,  Catal.  yen.  et  Imert.  Gironde,  pag.  41. 
18.38     Bui cinum  reticulatum  S(;ACr.ll.,  Cutal.  Coiteli.  Ncap.,  pag.  11. 

18.38.    Nassa  reticulata  FORB.,  Calai.  Moli.  Iste  o/Wau.  pag.  24. 

1841.  Buccinum  reticulatum  CALC,  Cimeli.  fo.\s.  Altavilla,  pag.  63. 

1842.  Id.  '    id.  E.  SI.SMD.,  Syn.,  pag.  40  (in  parie). 

1812.         /(/.  id.  MATII.,  O'^i/.  mc/A  e(  rfe.Tir.  Fd.vj.  Boi(f/i«.t-i/u-A'Adnf,  pag.  394. 

1812.  /,/.  id.  1  CH\H, \TCAÌ. ,  Constil.gèol.Proi-.inérid.Naples  et  Nice,  pag.  no. 

1844.         Id.  id.  PUH...  j»/o//.S)f.,  voi.  II,  pag.  191. 


1827. 

Id. 

1829. 

Id. 

?  IS.ÌO. 

Id. 

1831. 

Id. 

1832. 

Id. 

1832. 

Id. 

264  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    PEL    PIEMONTE    ECC. 

desìi,  in  LAMCK  ,  Ànim.s.vcrl.,  2  eJ.,  voi.  X,  pag.  161. 
E.  SIS.MI).,  Syn.,  9  ed.,  pag.  99. 
TENN.,  Strat.Lisl  of  Brilli,  foss.,  pag.  6. 
D'OKB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  I7«. 
MENEGH.,  l'aleniti,  de  Sard.,  pag.  56 i. 
COST.,   Oi.tfCf.  Condì.  St  Miniato,  pag.  17. 
FISCII.,  Fault.  Coiich.  mal .  Ciionde,  pag.  80. 
BRUS.,  Coiitr.  Fault.. Voli.  Daini.,  pag.  66. 
MANZ.,  Sagg.  Cnnrk  foss  sub.,  pag.  37. 
FOREST.,  Calai.  .Itoli,  plioc.  Bolngii.,  I,  pag  4.1. 
WEl.NK.,  C««<7<  .Millelm.,  voi  11,  pag.  58. 
TAHI'.VR.-CANEFR.,  Ind.  Si.-t.Moll.  lesi.  Sjiezia,  pag.  95. 
PETIT,  Cat.il..yntl.Te.-l.  Mcrs  d'Eur.,  pag.  171. 
AKAD.  e  UE.NOIT,  Comh.iw.mar.  SidL,  pag.  991. 
BELL,  Moll./i,.s.<,.  lìioi,  pag.  9. 
MOEKCH,  Sijn.  Muli,  mar  Daitiae,  pag.  40. 
MO.NTEIl.,  Coiteli  fo.ts.  Itfottle  Pellegrino  e  Ficarazzi,  pag  S.'J. 
MO.NTEK.,  Noi.  Conck.  iiiediteiT.,  pag.  50. 
(;Or.C.,  Euiim.Sisl.  .ìfoll.  inioe.e  plioe.  Parm.e  Piac,  pag.  78. 
SEGL'ENZ.,  Form,  plioc  Iial .inerid.,  pa<».  300. 
COPI'.,   Culai,  fuss.  mioe.-plior.  Modeu.  CoU.Copp.,  pag.  9. 
I  DE  S'IEF.,  Foss. plioc.  *  Minialo,  pag.  34. 
FOUEST.,  Cenn.  geol.  e  paleoiìt.  plioc.  ani.  Casirocaro,  pag.  19. 
SORD.,  Fault,  mar.  Cascina  nizzardi,  pag.  36. 
LA>G,  List  mar.  Seliells  of  Hallinijs,  png.  4. 
SEGCENZ.,  Form,  plioc.   hai.  merid.,  pug.  276. 
MONTEU.,  Niiov.  AiV.  Conili,  iitedilen:,  pag.  40. 
BENOIST,   Te.\l.li>s.ì.de  la  Blinde  et  de  Saiicalz,  pag.  385. 
FlSCll.,  Coi/,  ree.  et  foss.  Ca>ernes  de  Fr.et  Lig.,  pag.  339,  339,  334. 
FISCH.,  Paleonl.de  file  de  Rliodes,  pag.  99. 
FOREST.,  Ctnn.  geol.  e  paleont  plioc.  tint.  Castrocarn,  pag.  19. 
SiOEHR,  Form. plioc.  Girgeiili,  pag.  460. 

MO>TER.,   Cahd.Ci'nch.fif.'^s.  Monle  Pillegrino  e  Ficarazzi,  pag. 37. 
PA^TA^■.,  Plioc  dint.  Cliianciano,  pag.  7. 
FISCH,  Bradi  e  Moll.Lit.  Occan.de  Fr.,  pag.  99. 
CAFIC,  .Stud.  geol.  del  l'izzinese,  pag.  10. 
MOMTEU.,  Eniim.e  Sinon.  Condì,  medi lerr.,  pag.  43. 
P.\MAX.,  Condì. plioc.  di  Pieirajìlla,  pag.  979. 
BRUGN.,  Condì  plioc.  Cattanisetla,  pag.  105. 
COPP.,   Palloni,  nioden.,  pag.  33. 
PA>'T.\N.,   Moli,  plioc.  tose.  viv.  Medilerr.,  pag.  68. 

Varine  h. 

Tav.  Ili,  lig.  6  {a,  b). 

Testa  hrfvinr,  rras^inr:  xpira  minim  lonqa.  maqis  api'rta.   -   Contai^  longiludinales    majores, 
pauciores,  ah  inlersliUix  lalioribus  scjmralnf,  jiraeserlim  in  ultimo  anfraclu. 
Long.  19  mm.:  Lai.  (ì-l  I   mm. 

1867.    IVassa  nilida  JEFFR.,  Brilh.  Cimch  ,  voi.  IV,  pag.  :?49. 

I  fos.sili  dei  dintorni  di  Vienna  riferiti  dall'Hoernes  alla  presente  specie  ne  sono 
bene  distinti  per  non  poclii  caratteri  e  costituiscono  una  specie  particolare  che  ebbe 
dal  Prof.  Mayer  il  nome  di  vindohonmsis. 

Numerose  sono  le  modificazioni  che  si  incontrano  nei  caratteri  di  questa  specie 
sia  negli  esemplari  della  fauna  attuale,  sia  in  quelli  fossili  qui  descritti. 

Indi|)endentemente  da  quelle  proprie  della  forma  che  ho  distinta  come  varietà  A, 


1844. 

Nassa 

reticulata 

1847. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1859. 

Id. 

id 

1857. 

Id. 

id. 

1861. 

Buccinum  rclicutat 

1865. 

Nassa 

reliculata 

1866. 

Id. 

id. 

1808. 

Id. 

id. 

1868. 

Id. 

id. 

1868. 

Id. 

id. 

1869. 

Id. 

id. 

1869. 

Id. 

id. 

1870. 

Id. 

id. 

1870. 

Id. 

id. 

1871. 

Id. 

ni. 

1879. 

Id. 

id. 

1879. 

Id. 

.</. 

1873. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

id. 

1874. 

Id. 

id. 

1874. 

Piuccinum  reliculat 

1874. 

Nassa 

reliculata 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

187C. 

Id. 

id. 

I87fi. 

Id. 

id. 

1876. 

Id. 

id. 

1876. 

Id. 

id. 

187-. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

18-8. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1880. 

Id. 

id. 

1880. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

DESCKITTI    DA    h.    BELLARDI  265 

le  principali  difTerenze  che  ho  osservate  nei  fossili  del  Piemonte  e  della  Liguria  si 
possono  riassumere  nelle  seguenti:  1°  le  dimensioni  degli  adulti  variano  da  10  a 
20  mm.  di  lunghezza;  2"  la  spira  talora  si  allunga  per  modo  da  superare  la  lun- 
ghezza dell'ultimo  anfratto,  nel  qual  caso  riesce  comparativamente  più  acuta:  tal 
altra  si  raccorcia  notevolmente  e  si  fa  più  aperta  ;  3°  le  coste  longitudinali  variano 
in  grossezza  ed  in  numero  ed  in  certi  esemplari  sono  quasi  cosi  piccole  e  numerose 
come  nella  N.   luusiua  Brocch. 

Pliocene,  inferiore:  Albenga  {fide  Sassii):  Vezza  presso  Alba,  frequente:  Coli, 
del  Museo  e  Miclielotti. 

Pliocene  superiore  :  Colli  astesi .  Valle  Andona  :  Volpedo  presso  Voghera .  non 
frequente  :   Coli,   del   Museo. 

Varietà  A.   —  Pliocene   inferiore  :  Yc/.za  \nvfiso  A\ha.  non  raro:   Coli,   del  Museo. 

i'i.  Nassa  musiva  Broccii. 

Tin.  Ili,  fig.  8  (fl,  h]. 

Tesla  subfusifonnis  :  s|)ira  loiiga,  salis  acuta,  iiicdio  levilpr  inllala.  -  Anfraclus  paruni 
coiivevi  ;  ulliiiiiis  longus,  iiiiUrc  vuldedeiirrssiix,  diiiiidiain  longiludinciu  suhaequans  :  sulurae 
parum  prorumlac,  -  Coslulap  longiluiiinales  nuinciosissimae,  mÌKulac,  subaculnp,  ab  inlerstilm 
in  primis  anfraclubns  tinijiisUs,  in  ullimis  lalioribus,  separalae,  Ivviter  obliquac,  suharcualae  in 
primis  anfraditlms,  siimosae  in  nltimn  :  sulci  Iransvcrsi  angusti,  ab  inlerstiliis  plannlalis  separati, 
inter  se  acquidislaiiles,  5  in  primis  anfracliibus  perspicui,  16  plerumque  in  ullimo,  continui, 
rostulas  Imu^iludinales  secantes,  inde  siiperfìcies  eìeganler  granuloso-relieulala.  -  Os  subovale, 
anlice  dilalatum,  postico  parum  angiistalum  ;  labrum  sinistrum  e.rterius  angnsle  marijinatiim, 
inlerius  pluri-plicalum ,  parum  posticc  supra  aiii'ractuni  praecedentem  productum  ;  labrum 
dextcruin  poslice  late  eipansum  :  cokimella  parum  contorta,  autice  prol'unde  excavata,  intcrduu) 
anlice  rugata:  rima  lata,  a  labiis  brevihus  circumscripta. 

Long.  '22  min.:  Lai    IO  mm. 


'e- 


1814.  liuiiinum  {.Sassit]  mmìfiini  UKOCCH.,  Com/i.  foss.  sul/.,  pag.  :ì  iO,  la\.V,  fi;;.  I. 

1S20.  Nassa    miisii'ii          BOUS.,  Oriti. pian.,  1,  pag.36. 

1823.  Id.         id.             IIKKR.,  Oict.Sc.  ^^n/.,  voi.  XXXIV,  pa({.  94.1. 

18.31.  lìiiidmiiii  miisii'um  ISUOiN.N,  llal.lcrt.-Gcb.,  pag.92. 

18,«.  /,/.              id.          ,IA^,  Calai.  Condì,  f, ss.,  pag.  13. 

I8;W.  Id.            id.         IMUL.  ;J/i-H.  5i'c,  voi  I,  pat-.a^O. 

18 il.  /./.             id.        CM.C.,  C(mh.fos.y.    //(«ciV/»  ,  pag.  G;t. 

184-1  /</.             id.         K.  SISMI).,  .Sj/H.,  pag.  40. 

1842.  Id.              ut.          TCllIllATCll.,  (\iiistit.griil.lirm:m,htd..\ai>l.ct  iVic.  pag.  SS"). 

1844.  /</.            /(/.         PHIL.,  iVoH.Sic.,  vol.ll,  pag.  191. 

1844.  Id.            id.         DliSH.  in  LAMCK.,   .iiiim.s.  rerl..  9  cil.,  voi.  X,  pag.  921. 

1847.  Nas.M  »/«.vn'„          K.  SISMU.,  Siju.,  2  ed.,  pag.  29. 

1852.  Id.         id.             ICOKli.,  /'m/r.,  vol.lll,  pag.  176. 

1854.  /(/.         ((/.            1)K  RAYN.,  VA.N-1)EN-11ECK.  ci  l'O.NZ.,  Cattai.  Fiiss.  .Monte  .Vario,  pag.  13. 

1863.  KiKcinum  ntusivtini  MOKTILL.,  Coup.  yvol.  Coli.  Siena,  pag.  6. 

?   1864.  .ViiMo  mH.Mi'ii  var.   DOUEUL.,  Cerni,  geol.  terr.  niioc.  snp. /tal.  ccnlr.,  pag.  105. 

1864.  Id.  id.            CONT.,  Monte  .Vario,  pag.  34. 

1866.  Id.      iiìsnlita       MILL.,  Foss.  nouv.  Maine  et  Loirc,  pag.  14. 

1868.  /(/.      musiva  t'ORV.S'V.,  Calai.  Moli. plioc.  Bologn.,  ì,  pa^.4:i. 
1868  /(/.         id.            MA.NZ.,  .S'"(/3.  Con(7i./"o.v..-..$ui.,  pag..37. 

1869.  Bindni/m  musifu/n  COPI'.,  Calai,  foss.  niioc.  e  ptioc.  Moden.,  pag.  25. 

Serie  li.  Tom.  XXXIV.  '  » 


litio 


I    MOLUSCIU    DEI    TERRENI     IKKZIAKII    DEI.    l'IEMONTE    ECC. 


1870. 

.V(l.ijti   muiira 

1871. 

IJ.          id. 

1873. 

Id.          id. 

1873. 

Id.           id. 

1874. 

Buainuiii  musivum 

1874. 

Nassa  musiva 

1874. 

Bttvcinitm  musii'um 

1875. 

Id.         id. 

1875. 

iVassa  musiva 

1875. 

Biiccinuin  musivum 

1875. 

Nassa  musiva 

1876. 

Id.         id.    var. 

1877. 

Bucci num  musivum 

1877. 

Nassa  musiva 

1877. 

Id.          id. 

1878. 

Id.          id. 

1880. 

Bucciniiin  musivHnt 

1880. 

.Xassa  musiva 

1881. 

Id.          id. 

HELI.,    \loU.fu.-i.  Bii.l,  pa^-.e. 

CONT.,  .Molile  .Vili  in,  8  e.l.,  paj;.  40. 

COCC,  Ennm.sist.  Molì.mioc.e  /jlioc.  Parm.  e  Ptac,  pag.  78. 

SEGUENZ.,  Form,  pliot.  lial.merid.,  pag.  300. 

COPI'.,   Culai,  f'oss.  mioc.-pliiic,  .Mode».  Culi.  Ciipp.,   pag.  3. 

SEGUENZ.,  l'orni. plioc.  lial.merid.,  pag. 276. 

UE  SrEF.,  l-'uss. plioc.  Si  Miniato,  pag.  31. 

PO.NZ..  Crnnac.subap.,  pag.  91,  20. 

l'.\>'TAX.,  .Iti.  Aecad.  l'isiocrit.  Siena,  voi.  VII,  pi. 

M.XMTOV.,  Descr.yeol.Camp.rom.,  pag.  41. 

SORD.,  Fanti,  mar.  Cascina  nizzardi,  pag.  35. 

BRUGN.,  Misceli.  Malac,  II,  pag.  19,  lav.  I,  lig.  28. 

STUI).,  ./unger,  ieri.  bild.  Griech.,  pag.  3. 

FI.SCIl.,  Palronl.  Ile  de  Jtliodes,  pag.  29. 

DF.  STEF.,  .Slral. plioc.  S.ena,  pag.  160,   169,   170. 

DE  STEF.  e  l'.ViXTAN.,  .Voli,  plioc  Siena,  pag.  103. 

P.A>iT.\>'.,  Conrh. plioc.  di  Pieira/itla.  pag.  972. 

COPI'.,  Terr.  Tab.  Mnden.,  pag.  10. 

COPI'.,  Paleo»!,  modeii  .   pag.  .33. 


Variano  in  questa  specie:  1°  le  dimensioni,  le  quali  in  certi  esemplai^  adulti 
discendono  fino  a  1 2  mm.  di  lunghezza .  ed  in  altri  ascendono  fino  a  2  7  ;  2°  la 
spira  più  0  meno  acuta  e  lunga;  3°  le  costicine  longitudinali  più  o  meno  numemse 
e  più  o  meno  ineguali  negli   ultimi  anfratti. 

Pliocene  .•superiore:  Colli  astesi.  Vallo  Andona.  ecc.  frequente;  Coli,  del  Museo  e 
Michelotti  :  Volpedo  presso  Voghera  :  Villalvernia  presso  Tortona-regione  La  Braja,  non 
raro;  Coli,  del  Museo. 

ii.  .Nassa  flexicostata  Bell. 

Tav.   Ili,  IJg.  U  (<i,  h). 

Dislinguunl  banc  speciem  a  ìY.  relkulala  (Limi.)  sequenles  iiotae  : 

Spira  magis  aperta.  -  Anfractus  mai/ix  convexi,  pnipe  suluram  posticam  depressi,  praeserlim 
uUimi;  ullimus  brevior,  injlatus.  -  Cnstae  longiludinales  minores,  numerosiores ,  flexuosae,  contro 
suturam  posticam  ilexlrorsum  injlexac.  -  Labrum  dr.rlenim  in  rerjimiem  wedianavi  el  poslice  magis 
exiensum  :  rima poslice  subcarinala,  dislinrte  caiialiculnla. 

Long.  19  mm.  :  Lai.  M?  mm. 
Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,   rarissimo;   Coli,  del    Museo. 

15.  Nassa  crkbresilcata  Bell. 
Tav.  Ili,  Gg.  10  io,  4). 


Testa  venlrosa,  suhfusiformis.  -  Anfraclus  parum  convexi;  ullimus  ventrosiis,  dimidiam 
ioiigitudinem  subaequans.  atitirc  valde  dfprfssux  :  suUirae  panim  profundae.  -  Cosine  Iomìzì- 
ludinalcs  iiumerosae,  valde  oblìi sae ,  parum  prominentes  .  a  siilcis  aiu^ustis  srparatae  ,  leviler 
^ìnuosae,  axi  leslae  suhparalielae  :  sulci  Iransversi  9  in  primis  anfraclubus  perspicui,  21 
in  ultimo,  angusti,  uniformrs,  inter  se  aeqnidistantes,  continui,  coslas  lonjziUidinales  ci  caruin 
inlerstilia  secante-    -   <ls  suborbiculare  ;  labrum   sinistrum  inti-rius  iiicrassalmn  ci    plirntum. 


DESCRITTI    DA    L.     liELI.AKDI  267 

poslice  paruni  depreì-sun),  anlice  subarcualum;  labrum  dexlerum  posticc  late  erlensum,  aniice 
birufjatum. 

Long.  10  inni..  Lai.  7  '/s  '""i- 

3f focene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'*  Agata-fossili,  raro  :  Coli,  del  Museo  e  del 
Museo  di   Zurigo   (Prof.   Mayer). 

46.  Nassa  C0NFllNDE^DA  Iìei.i.. 
Tav.   Ili,  lig.   Il   [a.  A). 

Testa  veiìlrnsa  :  spira  parum  acula.  -  Anfracliis  \i\  coiivcxi  ;  ullìiiius  lenliosus ,  anlice 
vatde  rfcy»»essi(.v,  (liniidia  longitudine  longior  :  sulurae  ])aruni  iirol'undae.  -  Coslae  ioiigiludinales 
oblusae,  ab  iiiterstiliis  latiusculis  sepnralav,  leviler  obliquae,  subsinuosae ,  in  ullinio  anfraclu 
projie  margincm  ons  miiiorrs,  numeioswies  :  sulci  Iransversi  wiinitissimi,  iiiler  se  satin  dislantes, 
o  in  primis  anfracUibus  perspicui,  12  in  nilimo,  super  rosins  lnii(jiludii!ales  vix  notali.  -  Os 
subovale,  aulire  dilatalum  ;  labrum  sinislruni  incrassaluin,  inlcrius  plicaluni  ;  plicae  majores  et 
minnres  intcrmixtae ;  labrum  dexlerum  nnticc  ri  medio  parum  ultra  os  prodiiclinn.  poslice  ral- 
losum  ci  late  csteusuin  :  columelia  siibarruala  ,  (intirc  lunujnla  :  rima  a  labiis  lirevil)ii>  sed 
dislinelis  circumscripla. 

Long.  7  '/.j  inni.:   Lai.  5  inni. 

Miocene  superiore:   Colli  tortouesi.   Stazzano,  raro;   Coli,   del   Museo. 

ì).  Laliriiin  dcxleniiii  piiniiii  el  siibiinirormiln-  iillra  os  itrndiii'liiiii . 
viv  poslirc  iiiasis  cxli'iLsiim. 

Il  labbro  destro  è  in  questo  gruppo  poco  e  quasi  uniformemente  esteso  fuori  del 
piano  della  bocca;  in  alcune  forme  è  leggermente  dilatato  posteriormente. 

A  ciò  si  aggiunga  che  d'ordinario  il  labbro  .sinistro  è  ([uasi  foggiato  ad  arco  e 
non  depresso  posteriormente  come  ha  luogo  nel  maggior  numero  delle  forme  riferite 
a  (juesta  serie. 

47.  Nassa  consobrina  ni:i.i.. 

Tav.   Ili,  fii;.    lì  («,  b). 

Testa  subovata:  spira  longiuscula ,  medio  leviler  insala.  -  Anfraclus  parum  convexi; 
ullimus  dimidiam  longitudinom  aequans,  antico  satis  deprcssus:  suturae  parum  profundae. - 
Costae  Ioiigiludinales  ohlusae,  ah  iuterslitiis  jiarum  latis  scparatae,  rertar,  ari  lesine  parallelae 
in  primis  anfraclubus ,  siibarcuatae  et  leviler  obliquae  in  mi>fìiis,  magis  obliquae  el  subsinuosae 
in  vliimo  :  sulci  transversi  minuti,  inter  se  valle  dislantes.  4  voi  5  perspicui  in  anfraclubus 
primis  et  mediis,  14  in  nilimo,  in  parie  antica  ultimi  anfraclus  inler  se  magis  jiroximali  el 
profundiores  ;  sulcus  penuUimus  poslicui  ab  ultimo  magis  distans  quam  ahi  inler  se.  -  Os  sub- 
ovale; labrum  sinislrum  subarcualum.  inlcrius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  postine  parum 
produclum  :  columelia  medio  prolunde  excavala,  anlice  iriruguta  :  rima  a  labiis  \ix  nolalis 
ciicumscripla. 

Long.  14  inni.:  Lai.  S  mm. 

In  un  esemplare  di  questa  specie,    le  dimensioni  del  quale  sono  un  poco  minori 


2C8  I    MOLI.lSlUI    ItEI    TERRENI    TERZIAlfll    IiKI,    IIKMONIE    ECC. 

(Long.    1 1   vaia.  :  Lat.   i3  '/    inm.),  la  spira  è  più  breve  e  più  rigonfia  nel  mezzo,  e 
manca  il  solco  che  nell'esemplaro  tipico  corre  presso  la  sutura  posteriore. 

Miocf'ur  Huperiorc:  Colli  tortonesi ,  Stazzano,  S'*  Agata-fossili ,  rarissimo:  ('oli. 
del  Museo  e  del  Museo  di   Zurigo  (Prof.   Mayer). 

48.  Nassa  ventrosa  Bell. 
Tav.  Ili,  li-.  i:i  („,  b  . 

Tesla  panutla.  birvis,  infiala:  spira  parum  acuta.  -  Anfraclus  vix  convexi:  ullimus  dimidiam 
longiUtdinem  suiierans,  ventrosiis,  anlice  valde  dcpressus  :  sulurae  paruin  prol'urulae.  -  Coslae 
longiludinales  I G  in  primis  anfraclubus,  in  parie  obsoletae  in  ultima  dimidia parte  ultimi  anfractus, 
omnes  oblusae,  leviler  obli(iuai^ ,  ah  iiilerstitiis  nnquxlis  separatae ,  in  ullimn  anj'rticlu  cmtlra 
rimavi  productae  :  sulci  Iransversi  niinuli,  lineares,  i  in  primis  aiifrucluhus,  5  vcl  6  in  ponul- 
limo  perspicui,  12-1  i  in  ultimo.  -  Os  mborbicidare  ;  labrum  sinislriim  inpalnm,  arcualum, 
inlerius  plicalum  ;  labrum  dexlerum  postici-  leviler  expansum  :  columella  submedio  profundc 
escavala,  aiilice  birugala. 

LoufT.  1 1   mm.  :  Lat.  8  mm. 

Pliocene  su  peri  ore:   Colli  tortonesi,  Stazzano,  raro:   ('oli.  del  Museo  o   Michelotti. 

49.  Nassa  subovata  Bell. 
Tav.  Ili,  fig.   14  (a,  b). 

Dislinguuiil  hanc  specieui  a  N.  ventrosa  Bell,  sequenles  nolae  : 

Testa  l(jn(jior,  mintis  inlUita.  -  Cosine  Imigiludindles  majores,  pauciores.  -  Labrum  sinislruin 
postice  Icviter  depressum. 

Long.  10  mm.  :  Lai.  6  '/»  "i"'' 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.   Stazzano,  raro  :   Coli,   del  Museo. 

50.   Na.ssa  BREvis  Bell. 
Tav.  Ili,  fig.  15  (.-,  h  . 

Testa  /(reiv'v,  ventrosa  :  spira  parum  acuta.  -  Anfractus  primi  et  medii  parum  conrexi, 
ultimi  ad  sutwam  posticam  subcanaliruiati  ;  ullimus  magnus,  inflatus ,  dimidiam  longiluilineni 
aequans,  anlice  salis  dcpressus.  -  Coslae  longiludinab>s  oblusae,  subarcualae,  ab  intimliliis 
angustis  separatae,  in  ultimo  anfrartu  obsoletae,  rix  passim  obscure  nolalae.  -  Os  suborbicu- 
lare  ;  labrum  sinistrum  arcualum,  ihlorius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  aliquanto  ultra 
OS  productum,  postice  leviler  expansum:  columella  anlice  valde  excavata  :  rima  a  labiis  subnullis 
circumscripta. 

Long.   IO  mnL  :  Lai.  6  min. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Baldissero- torinese,   rarissimo;   Coli,   del  Museo. 


DESCRITTI    DA    I..    P.ELLAKDl  2o'.> 

51.  Nassa  turbinata  Bell. 
Tav.  IH,  fìg.   16   'a.  A). 

Tesla  crassa,  infiala:  spira  ad  apicem  valde  aaila,  medio  infiala.  -  Anfraclus  primi  el  medii 
vix  convexi;  ullimus  magnus,  venlrosus.,  atilice  valde  itepressus ,  dimidiam  longiludinem  aequans: 
sulurae  parum  profundae.  -  Coslae  longitudinaics  oblusae,  ab  interslitiis  an(]ustis  el  profundis 
separalae,  inde  |)roiiiineiiles,  in  primis  el  mcdiis  niifraclubus  reclae,  k'viler  obliquae,  in  ultimo 
sinuosae:  sulci  Iransversi  angusti,  profandi,  inler  se  salis  distanles,  uniformes,  super  coslas  longi- 
ludinales  conlinni,  5  vel  6  in  anfraclubus  primis  et  mediis  perspicui,  12  in  ultimo.  -  Os 
suborbicuiare  ;  labrum  sinislrum  incras«atuni ,  arcualum  ,  inlerius  pluri-plicatum  ;  plicae 
majores  el  minornx  inlermixlae  ;  labrum  dexlerum  vix  poslice  ullra  os  productum  :  rolumella 
arcuata,  anlice  rugata,  poslice  uniplicala:  rima  a  lahiis  subnuUis  circumscripta. 

Long.  8  mm.  :  Lai.  5  '/i  •""'• 

Miocfìic  medio:  Colli  torinesi.  Bersano,  rarissimo;   ColL   Rovasenda. 

52.  Nassa  concinna  Bell. 

Tav.   ni.  lii;.    17  (a,  h). 

Testi  parviila,  venlrosa  :  spira  parum  acuta.  -  Anlractus  parum  convexi;  ullimus  ven- 
trosus ,  antice  valde  depressus,  dimidiam  longitudiiiem  subaequans.  -  (>oslae  longiludinales 
numerosa/',  ah  intersliliis  anguslis  separata/',  in  omnibus  anfraclubus  et  praeserlim  in  ultimo  dislincle 
sinuosae:  suici  transversi  creberrimi,  inler  se  valde  proximali^profundi,  uniformes.-  Os  subor- 
bicuiare ;  labrum  sinistrum  arcuatum,  inlerius  leve;  labrum  dexterum  gracile,  vix  et  sulmni- 
formiter  ultra  os  productum  :  columella  antice  profunde  excavata  :  rima  lata,  valde  recurva,  a 
labiis  brevissimis  circumscripta. 

Long.  7  mm.  ;  Lai.  5  mm. 

1  due  soli  esemplari  a  me  noti  di  questa  elegante  specie  sono  giovani  ed  incom- 
pleti: è  perciò  probabile  che  nell'età  adulta  il  labbro  sinistro  e  destro  si  presentino 
diversi  dal  modo  con  cui  si  osservano  nell'età  giovanile  e  nel  quale  furono  descritti. 

Miocene  auperiore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;  Coli.  Rovasenda. 

13»  Serie. 

Nncleu.s-  cmbrionalis  brevis ,  latus ,  sitbobtusus.  -  Anfractus  postica  depressi  ; 
nlfiìiitcs  dimidiam  longitudinem  subaequans.  -  Superftcies  transverse  suìcata,  lon- 
yitudinaìitrr  costata.  -  Os  posticc  canaliculatum  ;  labrum  sinistrum  subincrassatum, 
postice  dejìressmn ,  antice  subarcuatum  ;  labrum  dexterum  parum  et  unif'ormiter 
altra  os  productum  :  regio  umbilicalis  antice  drtecta,  ibi  labrum  dexterum  libcrum, 
inde  testa  subumbilicata :  columella  antice  profunde  excavata:  rima  subterminalis, 
magis  lata  qunm  profunda ,  a  labiis  vix  notatis  circumscripta,  poslice  non  ca- 
nali culata. 

Le  piccole  dimensioni,  la  forma  turrita  ed  in  particolar  modo  la  notevole  depres- 
sione anteiioio  della  columella  e  la  specie  di  ombellico  che  risulta  dalla  forma  del  labbro 
destro,  sono  i  principali  caratteri  pei  quali   questa  serie  si  distingue  dalla  precedente. 


1840. 

III. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1847. 

Nassa 

Irssellalti 

1847. 

Id. 

id. 

I85a. 

Id. 

.</. 

1864. 

hi. 

id. 

?  18-0. 

Id. 

id. 

187t<. 

Id. 

,d. 

?  1881. 

Id. 

id. 

270  i  molluschi  iiei  tekreni  terziarii  uel  piemonte   ecc. 

53.  Nassa  tessellata  (Bon). 

Tav.  Ili,  !;«.   18  (a.  h). 

Tesla  lurrila:  spira  longa,  medio  levUer  infiala.  -  Anfraclus  r.omplanali  ;  ullimus  dimidiani 
lonij;iludinem  aequans,  anlice  valde  deprcssus  :  sulurae  parum  profundae.  -  Coslae  longilu- 
dinales  in  primis  anfractubus  ohUtsae,  arcuatar,  ab  intersliliis  anguslis  separalae,  in  uUimo  siib- 
nnllae,  vis  passim  notatae:  sulci  Iransversi  pauci,  miniUi,  parum  profanai,  uiiiformes,  inter  se 
valde  dislaiili-s,  ab  inleistitiis  planis  separati,  iilcrumquc  4  ìii  primis  ci  mediis  anlraclubu» 
perspicui,  12  in  ultimo.  -  0»  postico  anguslalum  el  caiialiculalum  ;  labrum  sinislrum  iH/Ia(«m, 
putlice  valde  depressum,  atilice  arcualum,  inlerius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  crassum, 
paruìii  ultra  os  prnducluiii,  poslite  vix  ditalatum:  columella  aiilice  profunde  excavala:  rirr.a  lata, 
parum  proluiida,  |)ostire  caiialiculal.i. 

Long.  1 1    mm.  :  I,al.  ii  ','2  nim. 

Bucciiiiim  Itssellnlum  liO.W,  dtl.  MS.,  "S.  ò,i6. 

MICIITTI.,  liiv.  Casta:  f„ss.,  pap.  25. 

V..  SISMI).,  Syti.,  pa;;.  40. 

.MICIITTI.,  l-oss.  mioc,  pag.  212. 

K.   SISMI».,  Si/».,  9  P(l. ,  pap.  :<0 

D'OUB.,  l'rodr  .  volili,  pag.  85. 

UOItEUI...  Cenn.  ifenl  Icn:  mioc.  sup.  hai.  ccnlr.,  pag.  105 

ItELI,,  .Moll./oss.liiol.,  paj,'.  8. 

KL'CIIS,  .Slud.  Ieri.  bild.  Ober  Ita/.,  pag.  50. 

COl'l'.,  Palcoiit.modin.,  pai;.  .'5". 

Varirli  A. 

Sulci  Iransvirsi  pauciores. 
Long.   I  4  nim.  :  Lai.  8  mni. 

In  questa  specie  variano  la  forma  generale,  ora  luuga  e  stretta,  ora  breve  e  tozza 
e  le  coste  longitudinali  più  0  meno  grosse  e  numerose  :  i  caratteri  che  ne  rendono 
ovvia  la  distinzione  sono  la  presenza  di  una  specie  di  omboUico,  la  profonda  depres- 
sione della  columella  nella  sua  porzione  anteriore  e  la  depressione  posteriore  del  labbro 
sinistro. 

Ho  ricevuto  dal  Sig.  Benoist  di  Bordeaux  un  gran  numero  di  esemplari  col  nome 
di  Nassa  asperula  Defr.  provenienti  da  S"-Paul  de  Dax,  i  quali  mi  paiono  doversi 
riferire  alla  presente  specie  :  in  essi  tuttavia  le  dimensioni  sono  minori,  la  forma  ge- 
nerale più  turrita  e  la  bocca  meno  stretta  j)ostpriormonte. 

Miocrne  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria.  Villa  Forzano.  Termo-fourà. 
l'ino  torinese,  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese,  frequente:  Coli,  del  Museo,  Michelotti, 
Uovasenda  e  del  Museo  di  Zurigo  (Mayer). 

54.  Nassa  kamili.vris  (May.). 
Tav.  Ili,  fi^'.   19  («,  A). 

Disliiiguunl  liane  specicm  a  N.  tessellata  (Bon.)  sequenles  iiulao . 

Testa   rrassior  :   spira   magis  aperta.  -   Anfraclus    longiores  ;   ullimus  dimidta    longitudifie 
Iniiginr.  -  Costae  loniptiidinales  majores,  freijucntiorcs  et  usque  ad  margivem  oris  productae. 

Bucciiium  familiare  MAYER  ÌD  liltens  et  speciminibus. 

Long.  44  mni.  :  Lai.  8  min. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  271 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà , 
Pino-torinese,  Val  Ceppi,  Bersano ,  Baldissero-torinese ,  Sciolze ,  frequente  ;  Coli,  del 
Museo,  Michelotti,   Rovasenda  e  del   Museo  di  Zurigo   (Prof.   Mayer). 


14»  Serie. 

Nucleus  embrionalis  angustus,  acutus.  -  Anfractus  depressi;  ultimus  dimidiam 
longitudinem  vix  superans.  -  Superficies  longitudinaliter  costata  et  transverse 
siriato-sulcnta.  -  Os  subovale ,  postice  canaltculatum  ;  labrum  sinistruni  postice 
incrassatum,  interius  pluri-pUcatum,  deprcssum,  nntice  subarcuatum ;  labrum  dexte- 
rum  vix  et  uniformiter  ultra  os  productum:  columella  arcuata,  profunde  excavata: 
rima  antice  angusiata,  postice  dilatata,  valde  reflexa ,  a  labiis  longiusculis  cir- 
cumscripta,  postice   carinata  et  eaìialirulata. 

Ho  separata  questa  forma  da  quello  delle  due  serie  precedenti  pei  seguenti  suoi 
caratteri:  dalla  serio  12':  1"  per  la  sua  forma  stretta  e  relativamente  lunga:  2"  per 
la  poca  estensione  del  labbro  destro  che  nella  regione  posteriore  è  appena  qua.si  tanto 
esteso  quanto  nella  regione  media  e  nell'anteriore  ;  3"  per  la  columella  (juasi  arcata 
ed  incavata  nel  mezzo:  dalla  serie  13':  1"  per  le  maggiori  dimensioni:  2"  ]ier  la 
natura  degli   ornamenti  superficiali;    3°  per  la  forma  della  columella. 

55.  Nassa  difficii.is  Iìeli.. 

Tav.  Ili,  fiR.   20  (a.  h). 

Testa  crassa:  spira  satis  acuta.  -  Anfractus  romiilunali,  ad  suluram  imsticam  leviler  in- 
fiali; ultimus  in  venire  complanatus,  nnlice  valde  depressus ,  (limidia  lon;;iludine  longior.  - 
Coslae  longilndinajps  maijnae,  obtusae.  oblupiae,  ah  inlersliiiis  anijustis  sepriratai^,  !t  in  primi.'; 
et  mediis  anfraclubus,  in  ullima  dimidia  parte  ultimi  anfrarlus  obsoìelae,  ibi  a  costulis  »it«u(i.<, 
crebri.i,  mtbstltnlae :  sulci  Iransversi  minnli,  lineares,  i  in  primis  ol  mediis  anfraclubus  perspicui, 
13  in  ultimo.  -  Os  ovale,  antice  dilalalum  ;  lahruni  siiiistruni  incrassatum, /(oxiiVv  (/r'/>re.«4«m, 
interius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  ad  marginem  a  superfirie  anfractus  praecedeiUis 
disjunclum,  ereduni,  poslicit  prope  labrum  sinistrum  subcallosnin. 

Long.   15  mm.  :  Lai.  8  '/o  mm. 
Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo:   Coli,   del   Museo. 

15"  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  angustus ,  longiusculus ,  acutus.  -  Anfractus  ultimus  di- 
midia longitudine  brevior.  -  Superficies  longitudinaliter  ecostata  et  tota  transverse 
sulcata  (sulciis  major  prope  suturam  posticam  decurrens).  -  Os  ovale;  labrum 
sinistrum,  postice  purum  depressum  ,  non,  vel  vix,  super  anfraetum  praecedentem 
produetuw.   interius  plientum  ;   labrum,  dexterum   non,    rei   rix  et  regnlariter,  vltra 


272  1    JIOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARII    IiEL    PIEMONTE    ECC. 

OS  productuni  :  columelìa  subarcuata,  profttnde  excavata  :  rima  lata,  parum  pro- 
funda,  a  ìabiis  brevibits  circuniscripta ,  pariwi  refi  ora ,  postice  non.  rei  vix.  ca- 
vuìiculata. 

Se  a  primo  aspetto  le  forme  di  (juesta  serie  sembrano  doversi  riferire  alla  serie  19'. 
colle  forme  della  i]uale  hanno  non  poca  analogia,  mi  parvero  tuttavia  doverne  essere 
separate  per  i  seguenti  caratteri  che  le  ravvicinano  alle  due  serie  precedenti  ed  in 
]>articolar  modo  alla  12*:  1"  dimensioni  ordinariamente  minori;  2°  labbro  destro 
depresso  posteriormente ,  epperciò  bocca  più  stretta  nella  parte  posteriore  ;  3°  figura 
dell'intaglio:  4°  brevità  delle  labbra  che  lo  circoscrivono;  5"  mancanza,  o  quasi,  della 
profonda  scanalatura  che  corre  posteriormente  all'intaglio:  6"  columelìa  incavata  verso 
la  sua  porzione  anteriore,  mentrechè  nelle  forme  della  serie  19'  è  quasi  regolarmente 
arcata  e  perciò  più  incavata  nella  sua  parte  mediana. 

56.  Nassa  cincta  Beli.. 
Tav.  ni,  fig.  21   (<i,  h). 

Testa  turrita:  spira  longa,  valde  aculii.  -  Anfraclus  parum  convexi  ;  ultimus  dimidia 
luii^iludine  iìrevior,  anlice  valile  depreasus  -  Coslae  longìtudinales  anguslae,  compressae,  pro- 
minenlcs,  ab  inlvistiliis  lalis  separatae,  li-viler  obliqunv ,  in  ultimo  aiifraclii  siib.siiiuosaa :  sulci 
Iransversi  tali,  pro(undi ,  super  coslas  longitudinales  ronlinui,  in  parte  antica  ultimi  anfractus 
laliores,  inde  cosUilae  interposilae  minorcs  quam  medine  et  posticae;  sulcus  Iraiisversus  penullimus 
l)rope  suturam  posticam  decurrcns  mai/nus ,  ultimus  minimns.  -  Os  suborbiciilare  ,  poslicf 
angustatuni,  axi  teslae  ohliquum  ;  labrum  sinislruin  exterins  r/mr^/ria/um,  inlcrius  uniforrailer 
pluri-plicalum  ;  labrum  dexiprum  vix  et  suhiiuiformiler  ultra  os  prodiictnm:  columelìa  antice 
parum  excavala. 

Long.    17  min.  :  Lai.    IO  iiiiii. 

VarirlA  A. 

Testa  minor.  -  Costar  loiiijihidinaìrs  minores  et  numernsiores,  praesertim  in  ultimo  anfractu. 
Long.  14  mm.  :  Lai.  8  min. 

Nella  figura  21  «   il  labbro  sinistro  riesci  meno  arcato  di  quanto  è  nell'originale. 
Miocene  medio  :  Sciolze.  rarissimo  ;   Coli.   Eovasenda. 

57.  Nassa  Issf.li  Heli.. 
Tav.  Ili,  fi(-.  29  (a,  b). 

Dislinguuiil  liane  sperieni  a  N.  eìnela  Bell,  sequentes  nolae  : 

Tenia  minor.  -  Anfractus  ultimus  minus  injlalus.  -  Costae  loiiijitudinales  numerosiores, 
majores,  oblusae,  ab  interstitiis  angustis  separatae:  sulci  Iransversi  minores,  numerosiores,  sub- 
uniformes;  sulcus  pcnullimus  posticns  vix  nliis  major.  -  Os  brerius:  columelìa  sub-medio  salis 
ctearata 

Long.   13   MIMI.  :   i.al.   S   nini. 

Miocene  medio:  t'olii   torinesi.   Baldissero-torinese,  rarissimo:   Coli,   del   Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  273 

58.  Nassa  Cepporum  Bell. 

Tav.   Ili,  fig.   23  (a.  A). 

Testa  turrita:  spira  loiiga,  conoidea,  ad  apiccm  valdc  acuta,  medio  leviler  inflata.  -  An- 
fraclus  planulati;  ullimus  dimidia  longitudine  brevior.  antice  valde  depressus.  -  Costae  lon- 
giludinales  com/jressoe,  interstilia  subaeqnantes,  rectae,  obliquae,  in  ullinio  anfraclu  subsinuosae: 
sulci  trasversi  mintili,  super  coslas  longilndinales  continui;  penuUimus  posticus  parum  aliis  major. 
-  Os  subovale;  labrum  sinislrum  poslice  leviler  depressum ,  interius  pluri-plicalum;  labrum 
dexlerum  poslice  ultra  os  parum  produclum,  anlice  leviter  ereclum,  inde  testa  subumbilicala: 
columella  medio  profunde  excavala. 

Long.  13  mm.  :  Lai.  6  '/a  n\m. 

1817.    Nafsa  pri/smal/iica  E.  SIS.MD.,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  29  (in   parie). 

VarieU  A. 

Costae  lundiludinales  uiajores,  puuciores  :  sulci  Iransversi  miuus  profundi 
Long.  13  nini.  :  Lai.  6  min. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Val  Ceppi,  Baldissero-torincse ,  non  frequente; 
Coli,  del  Museo,  Michelotti  e  Kovasenda. 

59.  Nassa  Remeri  Bell.  ^ 
Tiiv.  MI,  fig.  24  [a,  h.). 

DislinguunI  hanc  speciem  a  praocedentibus  bujus  seriei  sequenles  nolac: 

Testa  minor.  -  Anfraclus  distincte  roiivvxi:  suturae  profundiores.  -  Costae  lomiitudinales 
minores,  cantra  sulitram  puslicam  subdenlalae.  -  Os  brevius,  orbiculare:  columella  subarcuata: 
rima  a  labiis  loiKjiorilius  circumscripla . 

Long.  7  mm.  :  Lat.  4  '/a  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Sciolze,  raro:  Coli.  Michelotti  e  RoTasenda. 


16'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  longus,  angustus ,  acutissimus  (in  iUaesis).  -  Anfractus 
versus  suturam  posticam  subcarinati,  antice  convexi,  postice  concavi  ;  ultimus  antice 
valde  depressus,  dimidinm  longitttdinem  subaequans.  -  Superficies  ìongittidinaliter 
ecostata,  transrerse  striata.  -  Os  orale,  amplum  ;  labrum  sinisirum  sinqìlex,  in- 
terius pluri-plicatum,  arcuatum  ;  labrum  dexterum  vix  et  regulariter  ultra  os  pro- 
duclum: columella  subarcuata,  parum  contorta:  rima  latissima,  obliqua,  sublateralis, 
minus  profunda  quam  lata,  reflexa,  a  labiis  brevibus  circumscripta,  postice  acute 
farinata,  obscure  canaliculata. 

Ho  separata  la  forma  descritta  in  questa  serie  da  quelle  della  seguente,  colle  quali 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  'l 


274  1    MOLUSCTII    PKI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

è  strettamente  collegata  dalla  figura  della  bocca  ed  in  ispecial  modo  dalla  carena 
acuta  che  coire  anterionnente  sulla  columella,  per  la  mancanza  di  coste  longitudinali 
e  per  la  presenza  della  carena  trasversale  degli  anfratti. 

60.  Nassa  Vrneris  (Fauj.). 

Tav.  IV,  lij,'.   1  (rt,  i  . 

Tesla  lurrila:  spira  lontca  valile  aculu.  -  Anfraclas  poslice  carinati ,  anlice  convexi, 
cantra  suturam  postiram  depressi;  ulliniiis  diniidia  longitudine  brevior,  venire  ih/Jo/hs,  anlice 
valde  depressus.  -  Superlicies  hmfiiludinnliicr  ecostata  (vix  passim  nigae  nonnullae  obsolclae 
perspicuae) ,  Iransverse  coslulala:  coslulae  Iransversae  complanatae ,  interstitin  subaequanles 
vel  inlersliliis  minores,  !j  in  parleni  poslicam  anfracluum  plerumque  decurrenles,  6  in  parie 
aulica  primorum  anfracluum  perspicuae.  17  plerumque  in  ultimo.  -  Os  suborbiculare: 
labrum  sinislrum  arcuatum  ,  simplex,  intcriiis  pluri-plicatuni  :  labrum  dcxlerum  gracile,  ad- 
nahim,  vix  postice  ultra  os  prodncliim:  columella  arcuala. 

Long.  38  mm.  :  F.,al.   19  mni. 

t8     .    Buicinuin  l'eneris  F.\L'J.,  Mrm.ilu  Miisée,  voi.  Ili,  pag.  197,  Uv.  X,  fig.2. 
B.\ST.,  Mtni.B'ird.,  i>ag.  ^7,  lav.  Il,  fig    1.5. 
GRAT.,   Tabi.  Co(].  foss.  V.is,  N.499. 
JAN,  Catat.  Cotteli,  foss.,  pag.  13. 

ORAT.,  Calat.Anim.  l'eri,  ti  Inveri.  Gironde,  pag. -il. 
GRAT.,  Atl.  Coq.  foss.,  lav.  XXXVI,  fig.  7,  23. 
desìi,  in  LAMCK.,  Anim.  s.  l'eri.  9  éJ.,  voi.  X,  pag.  222. 
SOW.  in  SMITH,  Ag.tert.Beds  of  the  Tagus.,  pag. 415. 
D'OKB.,  trodr.,  voi.  Ili,  pag.  8tì. 
PER.  DA  COST.,  Gaster.terc.Poit.,  pag.  114. 
BENOIST,   Test  foss.  de  lo  Brède  et  de  .Saucalz.  pag  380. 

Varirlà  A. 

Tav.  IV,  fig.  2  (n,  l>). 

Testa  minor:  spira  ininus  acuta,  brevior.  -  Anfrnctus  postice  magis  profunde  canalicuìali: 
carina  magis  prominens,  praesertim  in  ullimii  aiifrartu,  nlKolete  tiiberculifern .  -  Jìuqne  longitu- 
dinale frequentiores,   majores,  irregulares. 

Long.  25  nim.  :  Lai.    13  mm. 

Varlei*  B. 

Tav.  IV,  (ig.  3   (.1,  A). 

Testa  minor  :  spira  brevior,,  magis  aperta.  -  Carina  magis  prominens,  liiberculifera  :  inargo 
suturae  postice  et  ipse  tubrrculiferus  ;  tubercula  rariuae  majora,  regularia,  iiniformia;  tiiberntla 
marginis  postici  minora,  irrcgnlaria. 

Long,  -23  mm  :  Lai.   li  mm. 

L'esemplare  figurato  come  tipico  è  ))roveniento  dalle  vicinanze  di   Bordeaux. 

Le  dimensioni  annesse  alla  descrizione  della  forma  tipica  sono  quelle  che  proba- 
bilmente aveva  l'unico  esemplare  dei  Colli  torinesi  ad  essa  riferibile,  a  me  noto,  nel 
quale  mancano  i   primi  anfratti. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Sciolze.  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  raro:  Coli, 
pel   Museo.   Michelotti   e  Rovasenda. 


1825. 

Id. 

id. 

1832. 

LI. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1838 

Id. 

id. 

1840. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

18G7. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  275 

17'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  plerumque  longun,  angustus,  acutus.  -  Anfractus  convexi, 
prope  suturam  posticam  plus  mimisve  depressi,  suhcanaliculati ;  ultimus  dimidia 
ìongitudine  brevior.  -  Superficies  longitudinaliter  costata  et  transverse  striata.  - 
Os  subovale:  labrum  sinistrnni  simplex,  interins  plernmqìK'  jìlicntum:  Inhrmn  dextermn 
gracile,  non  ultra  os  productiim :  columella  subarcuata,  lalde  contorta:  rima  lata, 
profnnda,  suhterminalis.  a  labiis  hrevibus  circuniscripta,  reflexa,  postice  carinata 
et  distincte  canal ictilata. 

Tutte  le  forme  di  questa  serie  sono  fra  loro  collegate  dalla  figura  della  bocca, 
dalla  forma  del  labbro  destro,  il  quale  è  sottile  e  non  oltrepassa  il  piano  della  bocca, 
ed  in  particolar  modo  dalla  carena  trasversale  ed  acuta  che  accompagna  posterior- 
mente l'intaglio  e  che  corre  sulla  columella. 

La  mancanza  di  carena  sulla  parte  posteriore  degli  anfratti  e  la  presenza  di  coste 
longitudinali  separano  questa  serie   dalla  precedente. 

(il.  Nassa  intercisa  (Gene). 

Tav.  IV,  !!(;.  4  (a,  b). 

Testa  lurrila:  spira  longa,  ad  apicem  aculissima ,  dein  magis  aperta.  -  .\nrractus  parum 
convexi;  ullimus  dimidia  longitudine  brevior,  aiilice  vahle  dcpressus;  omues  prope  suturam 
poaticam,  j*/i(.<  minusve  exrai'ati,  subcanaiictilati  :  sutura  postica  marginala.  -  Coslae  longitu- 
dinales  nlUusac,  iiUerslitia  subacquaiitus,  rectae.  levilrr  iMiqme,  in  ultimis  anfractubiis  ad  suturam 
posticam  produclae  sed  prope  sulurum  a  canaliculo  Iransvcrso  subinterruplae  :  salci  uonnulli 
Iransversi  majores  in  partom  anlicain  ultimi  anfraclus  dccurrenlcs.  -  Os  ovali-rolundatuiii  ; 
labrum  sinislnim  subarcuatum,  pustim  lìx  dcpresaum,  inlcrius  minute  pliralum  ;  plicae  fre- 
quenter  obsolelap  :  columella  medio  satis  escavala. 

Long    "24  nini.  :  Lai.  1 1   nim. 

Iliicciiiuin  inleni.stim  GKNK,  Calai.  .'/5.,  N.557. 

?    1838.  Id.        Ilxxiimuni  GIUT.,  Calai.  Amm.  I^erl.el  Inveri.   Giioiide,  pay.  41. 

1840.  W.        inlmisiim  MICUTTI.,  A'.V.  6"<i.tr. /«.$.(.,  pa',v  S5. 

1842.  /(/.        ,    i(l.  E.  SISMO.,  %n.,  pag.  40. 

1847.  Nassa  intercina  E.  SISMO.,  6';/».,  i  «<'•,  pag- 90- 

18.i'>.  /(/.         id.  It'ORB.,  Piorfr.,  \ol.  III.  pag.  8t. 

187.5.  liuccinum   flcxuosnm  BENOIST.   T( si.  foss.de  la  Bride  el  de  Saiicais,  pag.  381. 

1878.  l'Iins  iiilcrn.uw,  FrClIS,  Siiid.  Uri.  Iiitd.  Ol.tr  llal.,  pag.  49. 

Varici*  A. 

Testa  minor.  -  Anfraclus  inaijis  convexi:  siiliiiae  profundiores . 
Long.   16  mm.  :  Lai.  8  min. 

Varici*  B. 

Tav.  IV.  lig.  5  [a,  b]. 

Testa  crassior:  spira  brevior.  -  Anfractus  depressi,  hngiores:   suturae  miiius  prnfundae. - 
Costae  longitudinales  majores.  -  Labrum  siuii.truiu  postice  magis  depressum. 
Long.  "20  mm.  :  Lai.  9  mra. 


276  I    MOLI.rSCHi    dei    terreni    TERZÌAIìII    dei.    PIEMONTE    ECC. 

VarleiA  C. 

Testa  longior,  angustiar:  spira  porlonga,  parum  aperta.  -  Anfradus  ilepressi,  inde  sulttrae 
super /ìciales.  -   Labrum  sinistrum  poslire  maf/is  deprcssum. 
LoML'.   19  mm.:  Lai.  7  min 

VarieiA  D. 

Tav.   IV,  fig.  (i  (<j,  b). 

Testa  brevior:  spira  magis  aperta  in  ullimis  anfraclubus ,  acutissima  in  primis.  -  Costai' 
longitudinales  pauciures ,  mnjores,  in  ultimo  anfractu  sinuosae.  -  Os  anitre  magis  aperlum, 
postice  angustatum. 

Long.  17  min.  :  Lai.  9  inni. 

Varietà  E. 

.    Tav.  IV,  (ig.  7  (u,  ò). 

Testa  crassior  :  spira  brevinr,  medio  injlala.  -  Anfractus  longiores  ,  depressi;  ultimus  dimi- 
diam  longitudinem  aequans  ;  cnnaliculus  posticus  vis  nolalus,  inde  co.ilae  longiludinales  vi.r  sub- 
interruplao :  margo  .lulurae  poslicae  major,  inde  sutura  poslira  siihranaliculata.  -  Superfirii's 
tota  transverse  minuti-  striata. 

Long.  18  '/»  mm.  :  Lai.  IO  mm. 

Varirtl  P. 

Tav.  IV,  fig.  8  («,  A). 

Testa  crassior,  brevior:  spira  regularìs,  non  medio  injlala.-  Anfractus  complanali  ;  ultimus 
dimidia  longitudine  longior:  canaliculus  posticus  vix  pa.ssim  nolalus;  margo  suturae  poslicae  in- 
flatus.  -  Costae  Inngiludinales  majores,  numerosiores,  ah  interstiliis  angustis  separalae,  rerlae. 

Long.  4  8  mm.  :  Lai.  'J  '/s  "ini- 

Parrà  cosa  inconseguente  l'aver  io  qui  raccolto  sotto  lo  stesso  nome  molte  forme  che 
differiscono  dalla  tipica  e  fra  loro  per  caratteri  che  considerati  nei  loro  estremi  sono 
fra  loro  molto  più  diversi  di  quanto  lo  siano  quelli  che  per  altre  specie  valsero  a 
farle  distinguere  dalle  affini. 

Io  fui  condotto  a  siffatta  liunione  primieramente  dall'esame  delle  forme  intermedie 
trovate  nei  Colli  torinesi,  dove  la  specie  è  molto  comune  ,  in  secondo  luogo  dalla 
considerazione  che  tutte  queste  forme  vissero  contemporaneamente  e  nello  stesso  am- 
biente, e  facilmente  si  riconoscono  quali  modificazioni  del  medesimo  tipo  specifico. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà, 
Pino-torinese,  Val  Ceppi.  Baldissero-torinese ,  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo  e 
Michelotti. 

62.  Nassa  omissa  Beli.. 

DislinguunI  hanc  speciem  a  JV.  intercisa  (Gene)  sequentes  nolae  : 

yucleus  embrinnnlis  niiiior,  subglobosus.  -  Tesla  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  - 
Anfi  Oilus  breriorfs,  magis  ronrexi  ;  ultimus  anlice  magis  depressus  ;  omnes  rnntra  suluram  poslicam 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  277 

depressi,  snbcaiialiculali  :  sulurae  jirofundiores.  -  Co.ttae   longiludinaìes  pauciorex ,  magis  promi- 
ìientes,  coinpressae,  ab  inlerstitiis  profandU  separalae,  ad  sntitram  poslicain  non  prodtietae. 
Long.  15  mm.  :  Lai.  7  '/,  mm. 

Le  tavole  erano  già  disegnate  quando  conobbi  questa  specie. 

Miocnip  nieiiio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  non  frequente;  Coli,  del  Museo. 
Michelotti  e  Rovasenda. 

6-{.  \assa  angusta  Beli.. 
Tav.  IV,  1ÌR.  9  (a,  b). 

Disliiiguunl  liane  speciem  a  iV.  intercisa  (Gene)  sequenles  nolae  : 

Tesla  minor  :  spira  magis  amia.  -  Anfractus  minus  conoexi  ;  margo  sulurae  posticae  vix 
nolalns.  -  Super ficies  loia  Iransrerse  slriala;  slriae  viinores  inler  majores  decurrenles  :  coslae 
longiludinaìes  minores ,  in  ultimo  anfrarlu  subobsolelae ,  poslice  sinuosae.  -  Os  longius ,  postine 
magis  anguslatnm. 

Long,   l 'i  mm.  :  Lai.  6  Va  mm- 

Miocftif  medio:  Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,   raro;   Coli,   del  Jfnseo. 

61.  Nassa  magnicostata  Bell. 
Tav.  IV,  fij:.  10  (r/,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  intercisa  (Gene)  sequonles  nolae  : 

Testa  minor,  crassior.  -  Anfractus  depressi:  sulurae  minus  profundae;  manjo  suturai'  posticae 
magis  prominens.  -  Superfìcies  tota  Iransverse  striata  :  coslae  longiludinaìes  numerosiores,  majores 
in  primis  anfraclubus,  obinsae,  ab  inlerstitiis  angustis  separalae,  a  canaliculo  angustiare  poslice 
subinterruplae. 

Long.   IG  mm.  :  Lai.  8  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese,  frequente:  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

65.  Nassa  Woom  Bell. 

Tav.  IV,  fig.  11   (rt,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  intercisa  (Gene)  sequenles  nolae  : 

Testa  minor.  -  Anfractus  minus  convexi;  ultimus  dimidiam  longiludinem  aecptans  ;  margo 
sulurae  poslice  magis  prominens;  canaliculus  postirus  vix  nolatus.  -  Superficies  ullimi  anfractus 
tota,  vel  maxima  in  parte,  ecostata.  -  Os  brevius. 

Long,  12  mm.  :  Lai.  7  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese,  non  raro  ;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 


278  i  molluschi   dei  tekrem  terziaku  del  piemonte  ecc. 

66.  Nassa  corvicostata  Bell. 

Tav.  IV,  fit,'.    12  (a,   h  . 

Dislinguuiil  hanc  speciein  a  A',  intercisa  (Gene)  scquenles  nolae: 

Testa  ìiiinor.  -  Anfractus  ultimus  maijis  convexus;  canaliculus  posticus  vix  nolalus.  -  Costai 
longiliidiitales  in  anfrnctu  peniillimn  mnjorea,  uumernsiores,  ah  iiiterslitiis  anguslioribus  seiiaratae, 
Kuharcuatae,  ante  marginem  oris  obsoìetae  :  silici  IraiisviTsi  vix  notati. 

Long.  1 4  Va  fnm.  :  Lai.  7  min. 

Miocene  incdin  :   Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,   rarissimo  :   Coli,   «lei   Museo. 

67.  Nassa  Calcakak  Bell. 
Tav.  IV,  r,|;.   l.-i  (,i,  A). 

Dislinguiinl  liane  spec  lem  a  iV.  inlprci:<a  (Gene)  sequenles  nolae  : 

Testa  minor,  anguslior  :  spira  loni/ior,  viagis  acuta  -Anfractus  magis  conve.ti,  inde  suturai' 
magis  profundac;  canaliculus  posticus  vix  nnlalus  -  Cosine  tmigitmliuales  mujores,  in  parte  antica 
ultimi  anfractus  obsnietac 

Long.  12  inni.  :  Lai.  Si  inni. 

Miocene  medio:   Colli  torinesi.    Val   Ceppi,   rarissimo:   Coli,   del  Museo. 

68.  Nassa  tracia  Bell. 

1a\.   IV,  lig.    li  (fl,  /;i. 

Tesla  limila:  spira  longa,  medio  infiala.  -  Aniraclus  medio  cnmplanali;  ullinius  diniidia 
longitudine  brevior,  anlice  valde  depressus:  sulurae  prol'undae.  -  Coslae  longiludinales 
magnae,  oblusac,  ructae,  siiiislrorsuin  obliqualae,  ab  inlerstiltis  lalis  et  parum  profundis  separalae. 
medio  depressae,  cantra  suluram  anticain  et  poslicam  subnoilosae,  in  anfraclu  ultimo  majores, 
irregulares,  vix  obliquae,  9:  sulci  Iransvcrsi  mÌMi/f»,  o/iso/e/i.  -  Os  e/onja/um;  labrum  sinislruut 
postica  depressum,  aulire  sub;ircualum,  simplex,  inleriuis  pluri-plicalum  ;  labrum  dexterum 
gracile:  columella  medio  iirofiinde  excavala,  valde  ronlurta  :  rima  a  labiis  longinsculis  rircuni- 
scripla,  valde  rellexa,  poslice  profunde  canaliculala. 

Long.  17  mni.  :  I-at.  7  nini. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.   Termo-fourà,   rarissimo:   Coli.   Kovasenda. 


69.  Nassa  neglecta  Bell. 
Tav.  X,  fiy.  9.i  (<J,  Al. 

Te>la  turrita:  .^pira  medio  inllata.  -  .\iifraclus  parum  convexi  ;  ultimus  dimidiam  lonjji- 
ludinem  subat>(|uans,  anlice  valde  depre.ssus  ;  canaliculus  posticus  latus ,  iirofundns:  sutura 
postica  marginata.  -  Costae  longiludinales  in  primis  anfractulius  iH.inaipiae.  obluxac,  reciac, 
axi  tesine  parallrlae ,  rimira  canalirnlum  pnslirum  nodosae ,  in  ultimo  anfraclu  iihsohtae:  sulci 
Iransversi  »iii//i,  cxceptis  sulcis  conlra  rimani  decurrcntibus  :  serics  una  venlralis  nodorum  ; 
nodi  magni.  10;  series  altera  nodorum  super  marginem  suturar  poslirae;  nodi  minores  et  pleruinqiie 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  279 

cum  noilis  seriei  vrnlralis  alternantes.  -  ()s  ovale  ;  labrum  sinislrum  subarcualam  ,  interius 
pluri-plicalum  ;  labrum  dexlenim  gracile:  folumella  subarcuala,  valde  contorta:  rima  lateraìis, 
valde  obliqua,  valde  reflexa,  a  labiis  brevibus  circumscripla,  poslice  anguste  canaliculala  ; 
canna  satin  prominens. 

Long.  23  mm.  :  Lai.   1 1    nini. 

?   1847.    ,Vassa  proxima  SOW.  in  SMITH,  Ag.Urt.Beih  of  the   l'agus,  pag.  499,  tav.  XX,  fig.Sl. 

?    1847.      Id.  ili.         SMITH,  Jg.tert.Beds  of  the  Tagiis,  pa'^.ììò. 

VarieU  A. 

Superficies  Iransvevse  laxe  et  minute  siilcaln. 
Long.  20  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Questa  forma  nella  sua  fisionomia  generale  ha  grandissima  analogia  colla  Cyllenina 
fiaccata  (Basf.),  alla  quale  furono  finora  nferiti  gli  esemplari  dei  Colli  torinesi  che 
la  rapprosentauo. 

La  mancanza  del  canaletto,  in  cui  si  prolunga  posteriormente  la  bocca  e  che  è 
caratteristico  della  sottofamiglia  delle  Cillenine ,  chiama  questa  forma  fra  le  Nasse  : 
la  forma  poi  della  columella,  la  quale  è  molto  contorta  e  molto  profonda  nel  mezzo, 
la  posizione  laterale  e  la  figura  dell'intaglio  sono  altrettanti  caratteri  che  la  distin- 
guono   specificamente   dalla  precitata  specie  del  Basterot. 

Miocnir  ìiicdio :  Colli  torinesi,  Val  Ceppi.  Baldissero-torinese ,  raro:  Coli,  del 
Museo  e  Rovasenda. 

Varietà  A.  —  Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,  Termo-fourà .  raro  ;  Coli,  della 
R.   Scuola  di  Applicazione  per  gli   Ingegneri. 

70.  Na.ssa  rustica  Bei.l. 

Tav.  IV,  fig.   15  (fl,  b\ 

Dislinguunl  liane  spixicm  a  iV.  npglecla  Bell,  sequenles  nolae: 

Ti'sta  minor  -  Canalicuhix  poslicuf:  anfrnrtnnm  snturae  paxlicae  magia  proximalus  :  margo 
sulnrai>  poslicae  minun  prominens.  -  Superficies  Iransverse  minute  sulcata  ;  sulci  in  primis  an- 
l'raclubns-  nnmerosi  eliam  in  ranalictdum  posticum  decnrrentcs,  in  mediis  et  ultimo  obsoleti  ;  coslae 
longituilinales  pnstice  nodiferae  minores  et  nnmerosiores ,  super  partem  anlicam  ultimi  anfraetus 
melius  definitae  et  magis  prndnrtae  :  nodi  seriei  vcntralis  et  marginis  suturae  posticae  minores: 
sulci  transversi  prope  rimam  decurrentes  minus  profnndi. 

Long.  15  mm.  :  Lai.  7  '/,  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo  ;  Coli,   del  Museo. 

71.  Nassa  divisa  Bell. 

Tav.  X,  fig.  26  (a,  b). 

Tesla  subovaia;  spira  ad  apicem  valde  acuta,  medio  ventrosa.  -  Anfraclus  convexi,  in 
t'pnlip  suhciirinnti.  poslice  canaliculali ;  ullinuis  dimidiam  longiludinem  aequans,  vcnlrosus, 
anlice  valile  deprcssus.  -  l'oslae  longiludinales  magnae,  rectae,  axi  testae  parallelae,  ab  inter- 
stitiis  prafnndis  et  latiusculis  sepwatae,  centra  canaliculum  posticum  terminalae,  ibi  nodiformes, 


280  I    MOI.LISCIII    IiEI    TEKllENI    TEKZlAKll     1>EL    IME-MONTE    ECC. 

in  dimidia  ultima  parte  ultimi  anfraclus  evanescrnlfs  et  a  nndis  nubslitulac;  nodi  niarginis 
sulurae  posticcie  in  primis  anfrarlubns  irregulares,  in  ultimo  majorrs,  requlares  et  rum  nodis 
auticis  allernuii  :  superlicies  non  Iransverse  sulcala,  exceplis  sulcis  nonnuliis  prope  rimani 
decurrenlibus.  -  Os  ovale ,  mrdio  dilatatum  ;  labrum  sinislrum  medio  expanium  ,  inlerius 
sublaeve  :  labrum  dexleruni  adnaium,  impressum:  columella  subarcuala:  rima  lerminalis,  lala. 
a  labiis  longiusculis  circumscripla,  postice  anguste  canaiiculata. 
Long.  1 1   mm  :  Lai.  6  mm. 

Miomir  mrfìio:  Colli  torinesi.   iSciolze.   raro;   Coli.   Michelotti  e   Kovasenda. 


72.  Nassa  tukricixata  Heli.. 
Tav.  X,  lig.  27  (di  i). 

Tesla  turrita:  spira  longa,  valde  nenia,  regulariler  involuta.  -  Anfraclus  medio  infiali, 
sulicarinati,  postice  profundc  cnnaliculali ;  ultinius  dimidia  longitudine  brevior,  antice  valde 
(lepressus:  margo  suturae  posticae  vix  nolalus.  -  Superlicies  laevis  (exceptis  sulcis  duobus 
vel  tribus  minutis  in  canaliculum  poslicum  et  sulcis  nonnuliis  in  partem  anticam  ultimi 
anfractus  decurrenlibus),  longitudinaliler  costala:  costac  longiludinales  11,  vblnsav,  reclae, 
axi  li'sUto  parallelae,  al>  inlersliliis  lalis  et  iirofundis  separaldf.  pnslìce  conlrii  canaliruhim  nodi- 
formes,  in  nllimo  anfractu  evanescenles  et  a  nodis  subslilntae.  -  Os  suborbiculare ,  postice 
canalicuialani;  labrum  sinistrum  arcuatum,  inlerius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexierum  (^raci/c, 
adnatum:  columella  medio  jìrol'uiide  excavata:  rima  subterminalis,  lala,  a  labiis  brcvissimis 
circumscripla,  postice  vix  canaiiculata. 

Long.  1.3  '/,  mm.  :  i-at.  (>  mm. 

Questa  forma  lia  una  grandissima  analogia  con  (luella  descritta  e  figurata  dal 
Dujardin  (JMmi.  Tour.,  pag.  97.  tav.  XX,  fig.  8)  col  nome  di  Bitccinum  baccatiivi 
var.  simplex. 

Io  credo  ne  debba  essere  distinta  per  la  maggior  brevità  degli  anfratti ,  per  la 
maggioi-  sporgenza  del  loro  angolo  posteriore,  e  per  la  figura  più  raccorciata  della 
bocca. 

Nell'esemplare  figurato  che  è  il  maggiore  degli  otto  che  ho  esaminati,  i  due  sol- 
chettini  che  corrono  nella  scanalatura  posteriore  degli  anfratti  sono  poco  segnati,  mentre 
negli  altri  lo  sono  molto  bene. 

Miocene,  medio:  Colli  torinesi.   Sciolze.   raro;   Coli.   Michelotti  e  Kovtiseuda. 

73.  Nassa  Sotterii  Bell. 

Tav.  IV,  lig.   16  (a,  A). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  fi.  lurriculata  Bell,  sequentes  notae  : 

Testa  minor:  spira  lonrjior,  vmgis  acuta.  -  Anfraclus  ultimus  minns  inllalus ,  ',,  lottus 
lonijiludinis  snbav(iuans :  canaliculus  posticns  vix  nolalus:  amiulus  mcdianus  anfractiium  magis 
obtusus.  -  Sujierpries  loia  transrer!<e  sulcala;  snlci  minuti,  inler  se  salis  dislanics  :  rosine  lon- 
giludinales primorum  aufraclnum  ri  nodi  ultimi  anfraclus  minores.  -  Os  postice  leriler  depressum. 

Long.  10  '  ,  mm  :  Lai.    4  '/,  mm. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  281 

In  alcuni  esemplari  provenienti  dai  Tetti  Borelli  la  spira  è  più  raccorciata  e  più 
aperta  (1). 

La  forma  qui  descritta  ha  molta  analogia  con  quella  cui  il  sig.  V.  Hilber  diede 
il  nome  di  Biicciniim  cerithiforme  (1879.  Nene  Conchylien  aus  den  mitteUteie- 
rischen  MediterranschicUen,  pag.  430,  tav.  II,  fig.  8  a,  b,  e);  tuttavia  mi  pare 
potersi  conservare  come  distinta:  1°  perchè  in  essa,  cioè  nei  fossili  del  Piemonte  che 
la  rappresentano,  la  spira  è  composta  di  un  maggior  numero  di  anfratti  ed  è  note- 
volmente più  lunga  e  più  acuta;  2°  perchè  la  bocca  vi  è  più  stretta  e  più  lunga, 
non  quasi  orbicolare  come  nel  fossile  descritto  dal  sig.  V.   Hilber. 

La  fomia  figurata  dai  sigg.  E.  Hoernes  e  M.  Auinger  nella  tavola  XV,  fig.  14 
a,  b,  e  della  loro  opera  e  riferita  da  essi  alla  predetta  specie  del  signor  Hilber, 
mi  pare  dover  costituire  una  forma  a  parte  e  distinta  dal  B.  cerithiforme  Hilb. 
tipo,  sia  per  la  forma  lunga  e  stretta  della  spira,  sia  per  la  figura  stretta  e  lunga 
della  bocca  (pei  quali  caratteri  si  avvicinerebbe  alla  mia  N.  Setter ii),  quanto,  ed  in 
special  modo,  per  la  posizione  quasi  terminale  dell"  intaglio ,  il  quale  è  nella  forma 
tipica  del  B.  cerithiforme  Hilb.  e  nella  N.  Sotterii  Bell,  fesso  molto  obliquamente 
all'asse  del  guscio. 

Miocene  supcriore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  raro  ;  Coli.  Kovasenda. 
Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  rarissimo;   Coli,  del  Museo. 

74.  Nassa  clavatlla  (May.). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  SoUerii  Bell,  sequenles  notae  : 

Tesla  major:  spira  longior,  magis  acuta.  -  Anfractus  depressi,  postice  non  angulosi    uec 
canaliculati  ;  ultimus  in  ventre  obscurc  subcostatus,  non  nodiferus. 
Long.  1  \   mra.:  Lai.  5  mm. 

Buccinum  clavatulum  MAY.  in  litteris  et  spcciminibus . 


(I)  La  stampa  di  questa  terza  parte,  che  ho  dovuto  ritardare  fino  ad  ora  per  motivi  di  salute,  era 
giunta  a  questo  punto,  quando  ebbi  conoscenza  della  Monografia  del  genere  Buccinum,  recentemente 
pubblicata  dai  signori  R.  Hoernes  e  M.  Auinger  nel  fascicolo  terzo  della  loro  opera:  Die  Gasteropoden 
der  Meeres-Ablayerungen  der  erslen  und  tweiten  Miocdnen  Mediterranen  -  Stufe  in  der  (Esterreischisch 
-  Vngarischen  Monarchie.   Wien  1882. 

Naturalmente  io  mi  sono  affrettato  di  introdurre  nel  mio  lavoro  quei  cambiamenti,  quelle  aggiunte 
e  quelle  critiche  osservazioni  clie  mi  furono  suggerite  dall'esame  della  succitata  Monografia  :  la  qual 
cosa  è  fatta  fin  d'ora  per  le  forme  che  saranno  descritte  nelle  pagine  seguenti,  e  farò  in  un'appendice 
alla  fine  della  famìglia  dello  Buccinidi  per  quelle  che  lo  furono  nelle  precedenti. 

E  qui  prego  i  signori  Hoernes  e  Auinger  a  voler  permettere  ad  un  vecchio  paleontologo  di  far 
loro  due  appunti  a  proposito  della  loro  precitata  Monografia:  primieramente  di  non  avere  nelle  bel- 
lissime tavole  che  hanno  pubblicate,  disposte  nell'ordine  naturale  delle  loro  affinità  le  forme  che  vi 
sono  figurate;  la  quale  irregolare  disposizione  nel  mentre  rende  maggiormente  difficile  la  ricerca  delle 
specie,  toglie  all'osservatore  filosofo  la  facilità  di  colpire  le  affinità  dalle  quali  le  forme  sono  fra  loro 
collegate,  e  le  diiferenze  per  cui  sono  tra  loro  distinte:  in  secondo  luogo  di  non  essersi  abbastanza 
preoccup.ati  della  parte  sinonimica,  parte  arida  sì  ma  pur  necessaria;  se  avessero  tenuto  maggior  conto 
dello  anteriori  pubblicazioni  e  se  si  fossero  procacciati  dagli  autori  i  tipi  delle  forme  precedente- 
mente pubblicate,  avrebbero  senza  dubbio  evitati  alcuni  errori  in  cui,  a  mio  giudizio,  sono  caduti. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  «m 


282  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Anche  di  questa  forma  manca  la  figura,  perchè  mi  fu  comunicata  dal  sig.  Pro- 
fessore Mayer  dopo  che  le  tavole  erano  già  disegnate. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Termo-fourà,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo  di  Zurigo 
(Prof.  Mayer). 

75.  Nassa  obeliscls  Doderl. 

Testa  turrita:  spira  longa,  medio  infiala.  -  Anfraclus  complanali;  ullirnus  */,  lotìus  lon- 
gitudinis  aequans,  anlice  salis  depressus.  -  Su|)erli(.'ies  in  parte  longitudinaliler  costuìata  et 
transverse  striata:  anfraclus  ponultimus  el  ullirnus  Ioli  leves,  inornali,  exceplis  sulcis  (lualuor 
profundis  conlra  riraam  decurrenlibus.  -  Os  poslice  anguslalum  ;  labrum  sinislrum  inlerius 
subleve,  vix  passim  obscure  plicatum. 

Long.  10  mm.:  Lai.   5  mm. 

1864.    Nassa  obeliscus  OODERL.,  Cciin-  ijeol.  iiiioc.  slip.  Ilal.  ceiilr.,  paj,'.  103. 

La  mancanza  del  rialto  posteriore  degli  anfratti,  ed  in  particolar  modo  l'assenza 
totale  di  solchi  trasversali,,  di  coste,  o  ili  nodi  sugli  ultimi  anfratti  distinguono  benis- 
simo questa  forma  dalle  sue  afìfini. 

Cito  questa  forma  fra  le  Nasse  del  Piemonte  e  della  Liguria  dietro  l'autorità 
del  si".  Prof.  Doderlein  che  la  indica  nel  suo  Catulogo  come  trovata  a  S'*  Agata- 
fossili,  poiché  i  due  soli  esemplari  che  ebbi  occasione  di  esaminare,  provengono  dal 
Modenese. 

Non  ho  potuto  dare  la  figura  di  questa  specie  perchè  le  tavole  erano  già  dise- 
gnate sulla  pietra  quando  la  conobbi. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   S'^  Agata-fossili,  rarissimo    (Prof.    Doderlein). 


18"  Serie. 

Nucleus  cmhrionalis  parum  longus  et  parum  acuttis.  -  Testa  turrita  :  sjìira 
longa.  -  Anfractus  convexi;  uìtimns  dimidia  longitudinp  hrecior  :  suturae  pro- 
fundae.  -  Supcrficlcs  tota  ìongitudinalitrr  costata  et  transverse  sulcata.  -  Os  sub- 
orbiculare;  labrum  sinistrmn  simiAex,  interius  plicatum,  arcuatum;  labrum  dextermn 
non,  vel  vix  postice,  ultra  os  productum:  columella  medio  profunde  excavata:  rima 
latìssima ,  profunda,  a  labiis  longiuscuUs  circumscripta ,  parum  reflexa,  postice 
late  canaliculatu. 

Abbenchò  molto  afiìni  a  quelle  delle  due  seguenti  serie  le  forme  della  presente 
ne  sono  bene  distinto  pei  seguenti  caratteri:  1°  la  notevole  lunghezza  delle  labbra 
che  chxoscrivono  l'intaglio  ;  2"  la  larga  depressione  che  corre  posteriormente  all'  in- 
taglio ;   ^°  le  labbra  dell'intaglio  molto  meno  rovesciate  sul  dorso  dell'ultimo  anfratto. 


descritti  da  l.  bellardi  283 

76.  Nassa  serrata  Brocch. 
Tav.  IV,  Cg.  17  (rt,  A). 

Tesla  turrita:  spira  longa,  valde  acuta,  regulariler  involuta.  -  Anfraclus  numerosi,  con- 
vexi  ;  ultimus  dimidia  longitudine  brevior,  antice  valde  depressus:  sulurae  profundae.  - 
Coslae  longitudinales  ohtusae,  prominenles,  interslilia  inturposila  sub ae quante s ,  subarcuatae,  in 
uUimo  anfraclu  leviter  obliquae  :  coslulae  transversae  crebrae,  subuniformes ,  a  sulco  profundo 
et  angusto  separalae,  super  coslas  longitudinales  decurrentes,  contìnuae;  salci  Iransversi  in  parte 
antica  ultimi  anfraclus  laliores  inde  coslulae  interposilae  minores.  -  Os  suborbiculare ;  labrum 
sinislruni  simplex,  arcualuin,  anlice  subannulatum,  inlerius  pluri-plicatum;  labrum  dexterum 
vix  poslice  uliva  os  productum:  coiumella  medio  profunde  excavata:  rima  a  labiis  longiu- 
sculis  circumscripla,  subterminalis. 

Long.  27  mm.  :  Lai.  16  mm. 

Buccinum  (Nassa)  serratum  BROCCH.,  Conc/i.  foss.suh.,  pag.  .338,  tav.  V,  Og.  4. 
BORS.,  Orili,  pieni.,  I,  pag.38. 
UEFR.,  Dici.  Se. Val.,  voi.  XXXIV,  pag.  942. 
Huccinum  rani.cllalum  RISS.,  Prodi:  Eur.  mérid.,  voi.  IV,  pag.  164  (Ode  BRONNI). 
SASS.,  Sagg.geoi.  Bac.terz.  Altienga,  pag.  481. 

BRO.N?^,  Ital.  lert.-Geb.,  pag.  92. 

JAN,  Calai.  Cnnch.  foss.,  pag.  13. 

PIIIL.,  !\roll  Sic,  1,  pag.  22.5. 

l'USCII,  Pol.Palàonl.,  pag.  124. 

CALC,  Cuiich.  foss.  AUantla,  pag.  63. 

E.  SISMI).,  Syi,.,  p.ig.  40. 

MATH.,  Calai,  me  ili.  et  ilcscr.  fuss.  Bouches-du-Hhine,  pag.  394. 

TCHIHATCII.,  Conslil.  géol.  Prov.  mérid.  Naples  et  jVice,  pag.  940. 

l'IllL.,  .Voli.  Sic,  II,  pag.  191. 

DESH.  in  LAMCK.,  yjiiim.s.  veti.,  9  ed.,  vol.X,  pag.  218. 

GALV.,  ///.  Coneh.  foss.  Messina,  pag.  30. 

E.  SISMI).,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  30. 

D'ORB.,  Proilr.,  voi.  Ili,  pag.  85  (et  pag.  176  ?). 

UOOERl..,  Ccnn.geot.  Icrr.mioc.  Slip.  Ital.  cenlr.,  pag.   105. 

FORESI.,  Calai.  .Moli. plioc.  Bologn.  I,  pag.  39. 

COPP.,  Calili.  Foss.  mioc,  e  plioc.  iVoden.,  pag.  25. 

MCAIS.,  Culai.  Aiiim.  foss.  Piov.d'Alger.,  pag.  108. 

BELL,  Calai.  Moli.  foss.  de  Biot,  pag.  8. 

ecce,  EiiuiH.  sisl.  .Moli.  mioc.  e  plioc.  Parili,  e  Piac,  I,  pag.  77. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.  Hai.  merid.,  pag.  300. 

MAY.,  Sysl.  Fcrz.  f^erst.  Ilelv.,  pag.  33. 

COPI'.,  Calai,  foss.  iiiio-pliuc.  moden.  Coli.  Copp.,  pag.  2. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.  hai.  merid.,  pag.  278. 

CRESPELL.,  Note  gcol.  Savignan.,  pag.  18. 

PONZ.,  Cronac.  suhapenn.,  pag.  18. 

PANTAN.,  Alt.  Accail.  Fisiocr.  Sima,  voi.  VII,  pag.  4. 

STOEllR,  Tcrr. plioc  liirgenli,  pag.  469. 

ISS.,  .Ipp.  pateoiil.,  pag.  20. 

DE  STEF.,  Stral. plioc.  Siena,  pag.  250-252. 

CAPELL.,  Mani,  glaucoii.  Bologn.,  pag.  405. 

UE  STEF.  e  PANTAiV.,  Moli,  plioc.  Siena,  pag.  102. 

COPP.,  Terr.  Tab.  moden.,  pag.  10. 

COPP.,  .Marn.turch.e  foss.  moden.,  pag.  14. 

COPP.,  Palconl.   moden.,  pag.  32. 

L'esemplare  descritto  e  figurato  come  tipo  della  specie  corrisponde  esattamente 
a  quello  tipico  del  Brocchi  che  mi  fu  gentilmente  comunicato  dalla  Direzione  del 
Museo  Civico  di  Milano. 


1814. 

Buccinum 

(Nassa) 

1820. 

Nassa 

serrala 

1825. 

Id. 

id. 

1826. 

Buccinum 

E  lancellaU 

1827. 

LI. 

serralum 

1831. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1836. 

Id. 

id. 

18.37. 

Nassa 

sa'rala 

18il. 

Buccinum 

:  serralum 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1845. 

Id. 

id. 

1847. 

Nassa 

serrata 

1852. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

id. 

1868. 

Ili. 

id. 

1869. 

Buccinum 

serralum 

1870 

Id. 

id. 

1870. 

Nassa  serrala 

1873. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

id. 

?  1873. 

Buccinum 

serralum 

1874. 

LI. 

id. 

1875. 

Nassa  . 

serrata 

1875. 

Buainum 

serralum 

1875. 

1,1. 

id. 

1875. 

Nassa 

serrala 

1876. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

ili. 

1880. 

Id. 

id. 

1881. 

III. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

284  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    PEL    PIEMONTE    ECC. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi ,  S'*  Agata-fossili,  Stazzano,  raro;  Coli,  del 
Museo  :   Clavesana  presso  Mondovi,  raro  ;   Coli,   del  Museo. 

Pìiocene  inferiore  :  Castelnuovo  d'Asti,  Viale  presso  Montafia  ;  Vezza  presso  Alba  : 
Borzoli  presso  Sestri-ponente,  Zinola  presso  Savona,  Albenga-vallone  Torsero,  Venti- 
miglia,  non  raro;  Coli,   del  Museo. 


77.  Nassa  interdentata  (Bon.). 
Tav.  IV,  fig.  18  (a,  4). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  serrala  Brocch.  sequenles  nolae  : 

Testa  plerumque  major.  -  Anfractus  magis  convexi,  inde  snturae  profundiores.  -  Coslae 
longitudinaics  minutae  el  frequentiores,  ab  inlerslitiis  angustioribus   separatae. 

Long.  30  inm.  :  Lai.  17  nini. 

Buccinuin  interdentatiim  BON.,  Cat.  MS. 
1838.         III.  id.  MlCllTTl,  Geogn.  Aks.  teit.  BUd.   Piedm.,  pag.  396. 

1842.         Jd.  id.  E.  SISMO.,  Si/n.,  pa-.  40. 

1847.        Nassa  interdentata       E.  SISMD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  29. 
1852.         Id.  id.  D'ORB.,  Prn(/;-.,  voi.  II!,  paj,'.84. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba:  Castelnuovo  d'Asti,  Viale  presso  Mon- 
tafia: Savona  Fornaci  e  Zinola,  Albenga-vallone  Torsero,  Ventimiglia,  frequente;  Coli, 
del  Museo. 

Varietà  A.  —  Savona  Fornaci  e  Zinola;  Albenga-vallone  Torsero,  non  raro; 
Coli,  del  Museo. 

78.  Nassa  ligistica  Bell. 
Tav.  IV,  fig.  19  (a,  i). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  serrata  Brocch.  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  longior:  spira  magis  acuta.  -  .iiifntctus  bn-viores,  frequentiores ,  magis  con- 
vexi, inde  sntitrae  prufinuliores.  -  Costae  longitudinale^  numerosiores,  minores,  in  ultimo  anfractu 
plerumque  obsoletae.  -  Os  suborbi culare. 

Long.  26  nini.:  Lai.  12  nini. 

Pliocene  inferiore:  Savona  Fornaci  e  Zinola;  Albenga-vallone  Toi-sero,  non  raro; 
Coli,  del  Museo. 

79.  Nassa  scalarata    Bell. 

Tav.   IV,  Ug.  20  {a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  serrata  Brocch.  sequenles  nolae: 

Testa  hrevior  :  .ipira  magis  aperta.  -  Anfractus  versus  suturnm  posticam  subangulosi ,  pò- 
slice   complanali;  ullimus    brcvior.  -  Costae  longitudinales   multo   minores   et    numerosiores,  ab 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  285 

interslitiis  angustis  separatae.  -  Os  brevius,  lalius  ;  labrum  sinislrum  magis  armalum,  non  anlice 
subangulaliim,  postice  leviter  depressum:  columella  magis  profunde  excavala:  labia  rimae  breviora. 
Long.  21  mm.  :  Lai.  12  rara. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  rarissimo;  CoU.  del  Museo. 

80.  Nassa  craticulata  Fob. 

Tav.  IV,  fig.  93  (a,  i). 

Distinguunl  hanc  speciem  a  N.  serrata  Brocch.  sequenles  nolae  : 

Testa  brevior,  subglobosa:  spira  magis  aperta.  -  Anfractns  magis  convexi;  ultimus  ventrosus, 
antica  magis  depressus  :  sulurae  profandiorcs.  -  Coslae  longitudinales  minores,  numerosiores,  in 
ultimo  anfractu  minuta  e  ,  coslulas  transversas  subaequantes ,  inde  superficies  subreticulata:  co- 
stuìae  Iransversae  majores,  pauciores,  ab  inlcrstiliis  latioHbus  separalae.  -  Os  brevius,  latius: 
columella  magis  excavata. 

Long.  22  mm.  :  Lai.  13  mm. 

1868.   Nassa  craticulata  FOREST.,  Catal.  Moli,  ptioc.  Bologn.,  pag.  39,  lav  I,  fig.  15,  16. 

Quantunque  per  circostanze  particolari  il  Sig.  Foresti  non  abbia  potuto  comuni- 
carmi il  tipo  di  questa  forma,  come  gentilmente  ha  fatto  per  le  altre  che  ha  pub- 
blicate ,  tuttavia  credo ,  senza  tema  di  eiTare ,  di  potervi  riferire  un  esemplare  che 
trovai  nel  vallone  Torsero  presso  Albcnga,  il  quale,  paragonato  colla  figura  che  il 
Sig.  Foresti  ha  dato  di  questa  sua  specie,  non  mi  presentò  altra  differenza  che  la 
spù-a  un  poco  più  lunga  ed  un  poco  più  acuta. 

Pliocene  inferiore:  Albenga-vallone  Torsero,  rarissimo:   Coli,  del  Museo. 

81.  Nassa  bisotensis  Depont. 

Tav.  IV,  Dg.  21  (a,  b). 

Dislinguuiil  hanc  speciem  a  iV.  serrala  Brocch.  sequenles  nolae  : 

Anfractns  magis  convexi,  inde  sulurae  magis  profundae.  -  Coslae  lungiludinalcs  minores, 
numerosiorrs,  magis  obliquae:  costulae  Iransversae  pauciores,  ab  interslitiis  lalioribus  separalae, 
complanatae.  -  Os  magis  rotundatum. 

Long.  25  rain.  :  Lai.  13  mm. 

1870.   Nassa  bisotensis  DEPO.M.,  Joiini.  de  Coiich.,  \ol.  XIX,  pag.  177. 

VarielA  A. 
Tav.  IV,  fig.  22  (a,  i). 

Testa  minor.  -  Labrum  sinislrum  inlerius  pluri-plicatum  :  labia  rimae  breviora. 
Long.  18  mm.  :  Lai.   10  mm. 

Pliocene  inferiore:   Castelmiovo  d'Asti,  raro;   Coli,  del  Museo. 

Varietà  A.  —  Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  raro;  Coli,  del  Museo. 


286  i  molluschi  dei  terreni  terziarii  del  piemonte  ecc. 

82.  Nassa  Pareti  (May.). 

Tav.  IV,  fig.  24  (a,  b\ 

Testa  JurnVa:  spira  lon^'iuscula.  -  Anfractus  ra/de  conisexi;  ullimus  atitice  valde  depressus, 
dimidia  longitudine  brevior:  suturae  profuiidae.  -  Costae  longitudinales  17,  jn-ominentes , 
oblusae,  interslitia  siibnequaiiles  ,  subarcuatae ,  leviter  ohliquae:  costulae  transversae  4  perspi- 
cuae  in  anfraclubus  mediis,  IO  in  ultimo,  obtusae,  coslas  longitudinales  subaequantes,  ab  in- 
terstitiis  latis  separalae,  super  costas  ionifUmlinalcs  cimlinuae,  in  liarum  intersecalione  nodi- 
formes,  praeserlim  in  parte  postica  anfractuum.  -  Os  suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  subar- 
cuatura  ,  inleriiis  incrassalum  et  pluri-piicalum  ;  labrum  dexterum  mn  ultra  os  produclum: 
columella  medio  parum  excavata:  rima  subterraiiialis,  vi.\  recurvala,  a  labiis  lomjis  circum- 
scripta. 

Long.  14  mm.  :  Lat.  8  mm. 

1873.    Buccinum  Paretai  MW..  Jvurn.de  Conch.,  \o\.  XXI,  pag.  151,  tav.  VI,  fig.  7. 

Pliocene  superiorr  :  Colli  tortoaesi ,  S*^  Agata-fossili ,  Stazzano ,  raro  ;  Coli,  del 
Museo,  Michelotti  e  del  Museo  di  Zurigo  (Prof.   Mayer). 


19"  Serie. 

Nucleus  embrionalìs  tum  acutus,  tum  ohtusus.  -  Testa  turrita:  spira  ìonga, 
acuminata.  -  Anfractus  convexi  ;  ultimus  dimidia  longitudine  brevior:  suturae  pro- 
fundae,  suhcanaliculatae.  -  Superficies  tota  ìongitudinaliter  costata  et  tratisierse 
costeììata.  -  Os  suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  simplex,  arcuatum,  interius  pli- 
catum;  labrum  dexterum  postice  ultra  os  plus  minusve  productum,  antice  ad  mar- 
ginem  liberum  et  erectum  :  columella  inedia  profunde  excavata  :  rima  laterali s , 
lata,  profunda ,  valde  refìexa ,  a  labiis  parum  longis  circumscripta,  postice  pro- 
funde  canaliculata. 

Le  forme  di  questa  serie  si  distinguono: 

1.  da  quelle  della  serie  precedente:  1°  per  la  natura  dell'intaglio,  il  quale  in 
questa  serie  è  più  profondo,  più  rovesciato  all'indietro  ed  accompagnato  posteriormente 
da  una  scanalatura  stretta  e  profonda;  2°  per  le  coste  longitudinali  più  grosse  e  meno 
numerose  ;  3°  per  una  grossa  ruga  collocata  sul  labbro  destro  in  prossimità  del  suo 
incontro  posteriore  col  labbro  sinistro. 

2.  da  quelle  della  serie  seguente,  colle  (juali  bauno  in  comune  i  caratteri  del- 
l'intaglio  e  della  bocca:  1°  per  la  maggior  lunghezza  della  spira;  2°  per  la  man- 
canza della  scanalatura  più  o  meno  larga  e  profonda  che  accompagna  gli  anfratti 
lungo  la  sutura  posteriore. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  287 

A.  iNucleus  apicalis  acatus. 

83.  Nassa  prysmathica  Brocch. 

Tav.  V,  Gg.    1   (a,  b). 

Tesla  magna,  turrita:  spira  perloiiga,  polygyrala.  acutissima.  -  Anfraclus  convexi,  versus 
suturam  posticam  leviter  infiali;  ullimus  brevis,  ''!^  lolius  longiludinis  aequans,  anlice  valde 
depressus  :  sulurae  profundae.  -  Coslae  longiludinales  angustae,  compressae,  subacutae,  rectae 
in  primis  et  rnediis  anfradubus,  siibsiiiuosae  in  ultimo,  ab' interstitiis  latis  separatae,  12-18  in 
ultimo  anfraclu,  axi  teslae  subparaliciae,  ad  suturam  posticam  productae:  costulae  Iransversae 
angustae,  inlerslilia  iuterposila  plerumque  aequanti'S,  uiiiformes ,  super  costas  longiludmales  de- 
currentes ,  12  pierumque  in  primis  et  rnediis  anfractui)us  perspicuae,  20  in  ultimo.  -  Os 
suboriìiculare,  anlice  dilatatum;  labrum  sinistrum  simplex,  inlerius  pluri-plicatum ,  subar- 
cualum  ;  labrum  (lexterum  antive  ad  marginem  liberum,  l'rectum,  poslice  leviter  extensum:  co- 
lumella  medio  profunde  excavata:  rima  magis  lata  qùnm  profunda,  valde  recurvata. 

Long.  10-40  mm.  :  Lai.  11-22  mm. 

1814.   Buccinum  (Nassa)  prysmatliicum  BROCCH.,  Cnnch.  fois.sub.,  pag  337,  tav.  V,  flg.  7. 

1820.        Nassa  prysmathica        BOKS.,  Ori it.  pieni.  I.  pag.36. 

1825.         Id.  id.  UEFR.,  ac(.5c.A^a/.,  voi.  XXXIV,  pag.  941. 

182G.    Buccinum  prysmatliicum  RISS.,  Prod.  Eur.mér.,  voi.  IV,  pag.  161. 

.MARC.  DE  SEKR.,  Geogn.Ierr.tert.,  pag.  12 J. 

BRONN,  Ilal.  tert.-Geb.,  pag.  22. 

JA.N,  Calai.  Cnnch.  /iìss.,  pag.  13. 

DESI!.,  Expcd.  Se.  Marce  Zval.,  pag.  I9(i. 

PIIIL.,  .ìMl.Sic,  I,  p.2i5. 

PUSCH,  Poi.  Palaont.,  pag.  124. 
1  JOS.  V.  H.VUEIl,  rcrk.foss.  Thierr.  in  Uri.  —  Beck.  v.  fVien,  pag.  417   n.  38. 

GRAT.,  Alt.Conch.foss.,  lav.  XXXVI,  fig.  37. 

CALC,  Conch.foss.  Altavilla,  pag.  62. 

E.  SISMO.,  Syn.,  pag.  40. 

MATH.,  Caliti.  Mcth.  et  Descr.  foss.  Bouches-du-Rhóne,  pag.  324. 

TCUIH.^TCH.,  Conslit.  géol.  Prov.  mi'rid.  Naples  et  Nice,  pag.  240. 

PlllL.,  Moli.  Sic.  U,  pag.  191. 

DESH.  in  LA.MCK.,  Anim.s.  Fert.,  2  ed.,  vol.X,  pag.  216. 

MICllTTI.,  Foss.  mine,  pag.  208  (in  parte). 

E.  SISMI).,  Syn.,  2  ed  ,  pag.  29  (in  parte). 

WOOI),  Cray.. Moli.,  pag.  32,  tav.  Ili,  fig.  6. 

DORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  176. 

MIM..,   Palconl.de  Main  et  Lnir,   pag.  164. 

RAY.\.,  VAN-DEN-llECi;.,  et  PONZ.,  Calai.  Foss.  M"  Mario,  pag.  12. 

MENECU.,  Palennt.  de  Sard.  pag.  464. 

SEGUENZ.,  Form,  plioc.  Messin,,  pag.  11. 

CO.NT.,  .Monte  .Mariu,  pag.  34. 
MILL.,  Imlicat.  Main.  et  Loir.,  voi.  I,  pag.  679. 
\fi6ti-&3.  Buccinum  prijsmatliicum  TCIIItl.\TCH.,  Asie  min.  Ai/c'oh*.,  pag.  361. 
1866.        Nassa  modesta  MILL.,  Foss.num'.  Maine-el-Loire,  pag.  19. 

18G8.  /(/.       prysmathica       FOREST.,  Calai.  .Moli,  plioc.  Bologn.,  I,  pag.  42. 

1868.  IJ.       limata  MXyZ.,  Sayy.Conch.  foss.  sub.,  pag.  37. 

1869.  LI.      prysmathica        ìlOUy.-VOV.  Ceol.  di  Barcellona,  pag. 40. 

1870.  Buccinum  prysmathicwn  >'IC.\IS.,  Calai,  Anim.  foss.  Proi'.d'Alyer,  pag.  107. 

1870.  Nassa  prysmathica         BELL,   Calai.  Moli.  foss.  Biot,  p.  8. 

1871.  /(/.  !</.  CO.NT.,  Monte  Mario,  2  ed.,  pag.  40. 

?  1872.  Jd.       limata  UE  KOE.X.,  .Mine.  Nord.-Deutschl.  Moll.Faun.,  pag.  196. 

1872.  Buccinum  pnjsniathicum  COPP.,  Stud.  Pai.  Icon.  moden.,  pag.  34,  tav.  Ili,  Ijg.  65. 

1873.  IVassa  limala  COCC,  Enum.  Sist.  .Moli.  mioc.  e  plioc.  Parm.e  Piac,  pag.  78. 
?  1873-    Buccinum  limatitm            M.W.,  Sysl.  Ferz.  l'ersi.  Hetw,   pag.  33. 


1829. 

/,/. 

id. 

1831. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1836. 

Id. 

id. 

1837. 

Nassa 

i»y- 

smalìiica 

?  1837. 
?  IS40. 

Buccinum  prysmatliit 
Id.               id. 

1841. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1847. 
1847. 

Nassa 
Id. 

prysmathica 
id. 

?  1848. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

1854. 

Nassa 

variabilis 

1854. 

Id. 

l'^y 

itnnthica 

1857. 
1862. 

Nassa 
Id. 

prysmathica 
id. 

1864. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

cariabilis 

288 


I    MOLLUSCHI    PEI    TERKENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


1874. 

1874. 

1874. 

1875. 

1875. 

1875. 

1875. 

1875. 

1875. 
?  1875. 

1876. 

187G. 

1876. 

1876. 

1877. 

1877. 

1877. 

1878. 
?  1878. 

1878. 

1880. 

1880. 

1880. 

1881. 
1881. 
1881. 


Buccinum  limaUim 

Id.        jiri/sinathicum 
1,1.  id. 

ÌWissa  prysniathicti 
Buccinum  pnjsniath  icum 

.Va.fsa  pnjsmalkica 
Bi'ccin  um  piijsmaìiiiviim 

Nassa  limala 
Buccinum  limatum 
•76.  Nassa  limata 


Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 


limala 
id. 
id 

Buccinum  prijsmathicunt 
Id.  id. 

Id.       limatum 
Nassa  prysmntliica 
Id.       limata 
Id.  id. 

Id.  id. 

Id.  id. 

Nassa  prijsmathica 
Id.  id. 

Id.  id. 

Buccinum  prysmatliicum 


DE  STEF.,  Fuss.  plioc.  S'  .Miniato,  pag.  34. 
FL'CllS,  Tert.bild.v.Tarent.,  pa^.  4. 
FCCIIS,  Alt.  tert.  Schicht.  ti.  Malta,  pag.  4. 

SEf.UENZ.,  Form,  plioc.  Ital.  merid.,  pag.  978. 

l'ONZ.,  Cronac.subapenii.,  pag.  14,  21. 

PA>T.\>'.,  Atl.  Accad.  Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

M-VNTOV.,  Descr.geol.  Camp  ioni.,  pag.  41. 

SORD.,  Faun.  mar.  Cascina  Rizzavdi,  pag.  35. 

CKESl'ELL.,  Not.  geol.  Savicjnan.,  pag.  18. 

BOLILL.,  Paleont.de  Biarritz,  pag. 94. 

FOREST.j  Ccnn.cjcol.e  pal.ptioc.  ant.  Caslrocaro,  pag.  19. 

FISCH.,  Coq.vii\et  foss.dcs  Cavern.  Fr.ct  Lig.,  pag.  332. 

FONT.,  Étud.Strot.cl  Pai.  terr.terl.  Bass.  du  Bh6ne,  pag.  69. 

DE  STEF.,  .Moli. plioc  I\lonlerufoli,  pag.  .3. 

DE  STEF.,  Slrat. plioc.  Siena,  pag.  250. 

FlXllS,  Plwc.bild.Zante  u.Corfu,  pag.  10. 

FrCIIS.  Stud.jung.  tert.  bild.  GriecliL,  pag.  3 

MAY.,  Pécout>.  Condì,  a  Conger.  Bassin  du  Rhi'me,  pag.  13. 

lìENOlST  ,  Étag.  tori.  Gironde,  pag.  5. 

DE  STEF.  e  PA.NTAN.,  Moli. plioc.  Siena,  pag. 42. 

l'ANTAN.,  Condì,  plioc.  di  Picirafiiia,  pag.  272. 

SARTOR.,   //  Coli,  di  St    Colombano  ed  i  suoi  foss.,  l,  pag.  13. 

COPI'.,   Terr.Tab.moden.,  pag.  10. 

BRUGN.,  Condì. plioc.  Caltanisetta,  pag.  105. 

COPP.,  Marn.turch.moden.,  pag.  14. 

COPP.,  l'aieont.modcn.,  pag.  .32. 

BARO.,  Ftud. pai.  .Maia  et  Loir,  pag.  102. 


Questa  forma  è  molto  frequente  nelle  sabbie  gialle  dei  colli  astesi,  e  i^resenta 
pareccliie  variazioni  nei  suoi  caratteri,  le  quali  si  possono  riduire  alle  seguenti:  1°  le 
dimensioni,  le  quali  da  venti  millimetri  di  lunghezza  giungono  non  raramente  fino  a 
quaranta;  2°  il  numero  delle  coste  longitudinali,  che  da  dodici  ascende  talora  a 
diciotto  e  perfino  a  diciannove  nell'ultimo  anfratto;  3°  la  grossezza  delle  coste  longi- 
tudinali, la  quale  è  d'ordinario  minore  assai  della  larghezza  degli  interstizii  loro  inter- 
posti e  che  talvolta  è  tale  da  eguagliare  i  solchi  che  le  separano;  4*  le  costicine 
trasversali,  che  d'ordinario  eguagliano  nella  grossezza  la  larghezza  dei  solchi  loro  inter- 
posti, e  questo  è  il  caso  più  frequente,   talora  ne  sono  notevolmente  più  strette. 

Avendo  avuto  occasione  di  esaminare  un  numero  ragguardevole  di  esemplari  della 
N.  limata  (Chemn.)  del  Mediterraneo  e  dell'Adriatico,  appartenenti  i  primi  alle  ricche 
collezioni  dei  Sigg.  Tapparone-Canefri,  e  di  Montcrosato,  i  secondi  al  Museo  Zoologico 
di  Agi-am  e  gentilmente  comunicatimi  dal  Sig.  Prof.  Brusina,  ed  avendoli  paragonati 
con  parecchie  centinaia  di  esemplari  della  N.  pry.'inuttìtica  Brocch.  mi  sono  persuaso 
della  necessità  di  conservare  distinte  queste  forme  abbenchè  fra  loro  molto  aflfini. 

Per  rendere  più  ovvia  la  distinzione  dei  caratteii  che  separano  la  forma  fossile  da 
quella  vivente  che  ne  è  derivata,  mi  pare  opportuno  di  dare  la  descrizione  compa- 
rativa di  amljcduc. 


Nassa  prysmathica  Brocch. 


Nassa  limata   (Chemn.). 


1.  Nucleo  embrionale   lungo,   molto 
acuto  ; 

2.  Angolo  spirale  più  acuto; 


1.  Nucleo  embrionale  brevissimo,  ot- 
tundato  ; 

2.  Angolo  spirale  meno  acuto; 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI 


289 


3.  Spira,  a  parità  di  lunghezza,  com- 
posta di  un  maggior  numero  di  anfratti 
(ordinariamente  dieci) ,  e  perciò  anfratti 
più  brevi  ; 

4.  Coste  longitudinali  minori  in  nu- 
mero, specialmente  negli  ultimi  anfratti, 
meno  larghe  degli  interstizii  loro  frap- 
posti, quasi  sempre  più  o  meno  sinuose, 
specialmente  negU  ultimi  anfratti  ; 

5.  Costicine  trasversali  separate  d'or- 
dinario da  solchi  più  larghi; 

6.  Scanalatura  attigua  all'  intaglio 
più  profonda; 

7.  Labbra  dell'intaglio  più  ripiegate 
verso  il  dorso  dell'ultimo  anfratto  ; 

8.  Lunghezza  ordinaria  degli  indi- 
vidui adulti  35  mm.  :  sono  rari  gli  esem- 
plari adulti  di  20   mm.   di  lunghezza. 


3.  Spira,  a  parità  di  lunghezza,  com- 
posta di  un  minor  numero  di  anfratti 
(ordinariamente  otto) ,  e  perciò  anfratti 
più  lunghi  ; 

4.  Coste  longitudinali  maggiori  in 
numero  in  tutti  gU  anfratti,  larghe  presso 
a  poco  quanto  i  solchi  loro  interposti , 
quasi  sempre  rette,  di  rado  leggermente 
sinuose  ; 

5.  Costicine  trasversali  separate  per 
lo  più  da  solchi  più  stretti  ; 

6.  Scanalatura  attigua  all'  intaglio 
meno  profonda  e  più  larga  ; 

7.  Labbra  dell'  intaglio  meno  ripie- 
gate verso  il  dorso  dell'ultimo  anfratto; 

8.  Lunghezza  ordinaria  degli  esem- 
jilari  adulti  20  mm.  :  sono  rari  gli  in- 
dividui adulti  di  27  mm  ,  rarissimi  quelli 
di  32  mm. 


Il  B.  clf'(/ans  Duj.  (Meni.  yrol.  Tour.,  pag.  208,  tav.  XX,  fig.  3,  10),  che 
alcuni  hanno  riferito  alla  presente  specie  del  Brocclii,  ne  dififerisce  pei  seguenti  ca- 
ratteri che  mi  riesci  facile  di  riconoscere  dall'esame  di  alcuni  esemplari  provenienti 
dalla  Turrena  e  corrispondenti  alla  figura  ed  alla  descrizione  della  specie  suddetta 
del  Dujardin:  1"  figura  dell'intaglio  più  stretta  anteriormente  e  più  larga  posterior- 
mente, per  il  che  la  forma  della  Turrena  si  avvicina  molto  alle  forme  della  12'  serie; 
2"  dimensioni  notevolmente  minoi'i  (14  mm.);  3"  spira  molto  più  breve  e  meno  acuta, 
composta  di  un  numero  minore  di  anfratti;  4"  scanalatura  anteriore  dell'ultimo  an- 
fratto molto  meno  profonda  ;  5"  coste  longitudinali  più  piccole  e  più  numerose;  6°  nu- 
cleo embrionale  molto  più  breve  e  molto  meno  acuto. 

Pliocenr  supcriore  :  Colli  astesi ,  Valle  Andona ,  ecc. ,  comunissimo  ;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

84.  Nassa  Biiugnonis  Bell. 

Tav.  V,  li};.  3  (..,  h). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  N.  prysmalliica  Brocch.  sequenles  nolae: 

Nuclcus  apicalis  brms,  tniims  nrutus ,  subcylindricus.  -  Tosta  crassior  ,  minor,  brei'ior  : 
spira  brevior,  miiius  amia.  -  Coslae  longitudinalfs  numerosiores,  majores,  ab  iiUerslitiis  angu- 
stioribus  sopaialae ,  in  ulliiìiis  aiifraclnbits  obliquae  :  costiilae  transversae  a  siilcis  anrjustiuribus 
separalae.  -  Os  aiKjustiiis  ;  labrum  sinislnnn  inflatum  ;  labrum  dexleriim  crassius ,  frequenler 
mgulosum,  ani  ice  plerumqw  biplicatiim:  rima  poslice  minus  profunde  canaliciilata. 

Long.  r2-'25  mm.  :  Lui.  7-13  mni. 


Serie  IL  Toji.  XXXIV. 


290  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    PEL    PIEMONTE    ECC. 

iS'M.  Bucci iium  pri/smalhirum  GRAT.,  Tabi.  Coq.  foss.  Dai,  n.5l7. 

1840.  Id.  i'I.  GUAT.,  .i(/.  C(.niA./i/i5.,  lav.  XXXVI,  lig.  37. 

1847.  Sassa  prijsmatitica  MICIITTI.,  Foss.  mioc,  pag.  208  (in  parte). 

1847.  III.  id.  E.  SISMO.,  Syn.,  2  od.,  pag.  29  (in  partc\ 

l86i.  Id.     limata  UODEllL.,   (Àtin.  geol.terr.  miocsup.  Ilal.cenlr.,  pa-^.  \03. 

18<'>7.  Biicciniim  pnjsmalhicum  I>EU.   DA  GOST..  Ca.ilci:  Uro.  l'ori.,  pa-.Og,  lav.XIV.  fi-.  lO. 

1869.  III.  id.  COl^V.,  Citai.  Foss.  micce  plioc.  Moderi.,  fag.ii. 

?  1878.  JVassa  prysmathica  VA?i-DEN-BROFXK,  Esq.  géol.tl  palèont.  Dep.plioc.  Jnvers,  pap.  279. 

Ho  distinto  con  nome  proprio  questa  forma,  abbenchè  sia  intimamente  collegata 
colla  N.  prysmathica  Brocch.,  tanto  per  alcune  particolarità  che  vi  sono  abbastanza 
costanti,  quanto  e  specialmente  perchè  essa  è  propria  del  miocene  superiore  dei  colli 
tortonesi,  mentre  l'altra  è  caratteristica  delle  sabbie  gialle  dei  colli  astesi. 

Questa  forma  è  vicina  a  quella  nominata  dai  signori  Hoemes  e  Auinger  B.  nttb- 
prijsmatìiicmn  (L.  e.  pag.  131,  tav.  XIII,  lig.  1  a,  h).  la  quale  si  distingue  da 
quella  dei  Colli  tortonesi  qui  descritta  pei  seguenti  caratteri  che  in  essa  si  osservano  : 

1"  spira  più  aperta;  2°  anfratti  più  convessi  epperciò  suture  più  profonde;  3°  coste 
longitudinali  più  sporgenti,  non  sinuose  suirultimo  anfratto  e  quasi  parallele  all'asse 
del  guscio;  4°  costicine  trasversali  meno  numerose  e  più  grosse;  5°  ultimo  anfratto 
più  breve  e  più  depresso  anteriormente  ;  0"  labbro  sinistro  arcato,  non  depresso  poste- 
riormente né  dilatato  anteriormente;  7''  bocca  quasi  orbicolare;  8°  labbro  destro  sottile 
e  non  protratto  posteriormente  oltre  il  piano  della  bocca. 

La  N.  Bruynonis  Bell,  nei  mari  del  pliocene  inferiore  si  è  probabilmente  tras- 
formata nella  N.  .serrata  Brocch.  come  accennano  alcune  varietà  di  quest'ultima,  in 
quelli  del  pliocene  superiore  nella  N.  prtjsmathica  Brocch.,  e  finalmente  nei  nostri 
mari  attuali  nella  N.  limata  (Chemn.). 

Questa  specie,  come  la  precedente,  presenta  alcune  modificazioni  nella  natura  delle 
costicine  trasversali  più  o  meno  grosse  e  numerose,  e  nelle  coste  longitudinali  le 
quali  variano  di  numero ,  abbenchè  meno  frequentemente ,  e  delle  quali  il  numero 
ordinario  è  diciassette  :  variano  pure  la  spira  più  o  meno  lunga  ed  aperta,  e  le  di- 
mensioni, le  quali  cose  dimostrano  come  questa  forma  del  miocene  superiore  sia  quella 
che  per  forme  intermedie,  rare  però,  del  pliocene  inferiore  abbia  preso  maggiore  svi- 
luppo nel  mare  del  jìliocene  superiore  nel  quale  si  è  trasformata  nella  N.  prijauia- 
thica  Brocch. 

Mioccìif  ì^uprriorc :  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  Stazzano,  frequente;  Coli, 
del  Museo  ;  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro  :  Coli,  del  Museo,  e  Kovasenda. 

B.  Nucleus  embrìounlis  inagniis,  brevis,  obUi«u$. 

8li.  Nassa  borelliana  Bei.l. 

Tav.  V,  fig.  3  (a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  prtjsmalliica  Brocch.  sequeiiles  nolae  : 

Nucleus  embrioìialis  major,  hrevis,  obtusus.  -  Testa  minor:  sjiira  brevior  ,  minnx  aprrla, 
medio  infiala.  -  Anfrnrlux  pauciorrs,  loiigiores,  hk'/iii.s-  convexi  ;  ullimus   lonijior ,  antice   miiitts 


DESCRITTI   DA    L.    BELLAEDI  291 

depresms:  suturae  minus    profundae.  -  Costae  Inngitudinales  majores ,  pauciores ,  oblusae  ,  Mae 
rectae:  coslulae  transversae  et  sulci  inlerpositi  minores. 
Long.  1 1   ram.  :  Lai.  6  inm. 

Varietà  A. 

Spira  longior,  magis  acuta.  •  Costulae  transversae  majores. 
Long.   12  mra.  :  Lai.  7  mm. 

VaricU  B. 

Spira  brevis,  magis  aperta. 
Long.  1 1  mm.  :  Lai.  6  </,  mm. 

Varietà  G  (an  species  distioguenda  ?). 

Testa  hingìor.   -  Aiifntctus  ronvp.viusculi ;  ullimus  magis  convexus  et  aulire  magi.'i  depressus. 
-  Labrum  sinistrum  armiatum. 
Long.  14  mni.:  Lai.  9  mm. 

Miocene  superiore  :  Tetti  Borelli,  presso  Castelauovo  d'Asti,  raro  ;  OoU.  del  Museo 
e  Kovasenda. 

20"  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  angustus ,  longits ,  acutus.  -  Testa  inflata.  -  Anfractus 
convexi;  nlfimus  magnus,  inflatus,  (h'm/diam  longitudinrm  aequans  vel  subaequans  ; 
sutiirae  profunde  canaliculutue.  -  Siqìerfìcirs  tota  vel  in  parte  loìigìttidinaììter 
costata,  tota  transverse  sulcata  et  costellata.  -  Os  amplum,  suhorhiciilare  ;  labrum 
sinistrum  simplex,  interius  plicatum,  arctiattim  ;  labrum  dexterum  ultra  os  postice 
parum  producfim  ,  antice  ad  marginem  liherum  et  erectum,  postice  unijìUcatum  : 
cohmella  valde  contorta:  tmhilicus  plus  minusve  distinctus:  rima  latrralis,  laiis- 
sima,  a  lahiis  longis  circums cripta,  raldc  rc/lcxa,  postice  profunde  et  anguste  ca- 
naliculata. 

La  minor  lunghezza  della  spira,  la  maggior  apertura  dell'angolo  spirale,  la  minor 
grossezza  ed  il  maggior  numero  delle  coste  longitudinali,  ed  il  canaletto  più  o  meno 
largo  e  profondo  che  corre  contro  la  sutura  posteriore,  sono  le  note  principali  che 
distinguono  le  forme  di  questa  serie  da  quelle  della  precedente. 

86.  Nassa  clatiirata  (Bobn) 
Tav.  V,  fiR.  4  (a,  A). 

Tesla  iiiftata,  ventrosa:  spira  brevis,  parum  acula.  -  Anfraclus  vaWe  convexi,  cantra  su- 
luram  pnsticain  profunde  canalwulati  ;  ullimus  magmts  ,  dimidiam  iongiUidinem  subaequans, 
inflatus,  antice  valde  depressus:  suturae  profundae.  -  Coslae  longiludinaies  rectae,  obliquae, 
prominentes.  compressae,  ah  inlerslitiis  lalis  et  profundis  .leparalae ,  14-20  in  ullimo  anfraclu  . 
cantra  cnnaliculum  posticum  lerminalae  :  coslulae  transversae  prominentes,  compressae,  conti- 
nuae,  super  costas  longiludinaies  decnrrentes ,  subunifornies,  ab  interslitiis  complanatis  et  plus 
minusve  latis  separalae,  o  vel  6  in  primis  et  mediis  anfractubus  perspicuae,  11-16  ir  ultimo. 


292 


I    MOLLUSCHI    DEI    TEKKENI    TERZIAEII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


-  Os  suborbicularo  .  antice  ililalattnn;  labrum  sinislrum  ad  mar-ineni  crcnaluni  ,  intcrius 
pluri-pliialum;  labrum  dexlenim  nnlice  plemnujue  erertum  (in  adullis),  rer/ionem  nmbilicalem 
in  parte  tantum  teoem,  poslire  allmuatutn  et  breriler  ultra  os  productum:  eolumella  valde  con- 
lorla,  anlice  profunde  excavata  :  rima  sublalcralis,  valdc  lata. 


HORS..    Vus..  papaoi.   lav.lX,  (ìp.  17,  18. 
GMEL.,  Sijst.Nal.,  pag.  3495. 
BRUG..  Encyct.  viith  ,  -voi.  1,  pag.  215. 
■alttm  BROCCH.,  Conck.  foss.  sub.,  pag.  338. 
BORS.,  Oriti,  piem.,  I,  pag.  36. 
DEFll.,   Dici.  ,S, .  Xat.,  voi.  XXXIV,  pag.  242. 
RISS.,  Prod.  Eiir.  mcrid.,  voi.  IV,  pag.  164  (fide  BROJiNI). 
SASS.,  Sagg.  geol.  Bue.  lerz.  Àlhimja,  pag.4Kl   (per  err.  tip.  clalhealum]. 
MARC.  UE  SERR.,  Ceogn.  terr.  Ieri.,  pag.  122. 
BRONN,  Ilal.  terl.-Gcb.,  pag.  92. 
J.\y,  Calai.  Conch.  foss.,  pag.  13. 

BRO.NN,  Lclh.geagn,  voi.  11,  pag  1102,  lav.  XLI,  lig.  32  a,  b. 
E.  SISMI).,  %H.,  pag.  4(). 

TCIIUIATCII.,  Con.slit.gnil.proi-.mèrid.  .\aples  et  .Mce,  pag.  240. 
DESll.  in  LAMCK.,  Anim.  s.veil.,  2  ed.,  vol.X,  pag.  215. 
E.  SISMO.,  .Si/n.,  2  ed.,  pag.  28. 
D'ORB.,  Prodr.,  voi.  III.  pag.  176. 
NEl'GEB.,  Beitr.  tert. -Ululi.  Obcr-Lapugij,  pag. 9. 
NEUGEB.,  Syst.  rerz.  terl.-Moll.  Geh.,  pag.  9. 
FOREST.,  Calai.  .Moli. plioc.  Bologii.,  1,  pag.  39. 
COI'l'.,   Calai.  Foss.  miuc.e  plior.  Moden.,  pag.  24. 
MOLIN.-I'OT.  (."io/,  rfi  Barcellotia,  pag.  40. 
MAINZ.,  Faun.  mioc.  .4lt.  Ilal..  pag.  12. 
ISICAIS.,  Calai.  Anim.  foss.  Prov.d'Jlger,  pag.  106. 
COIM».,  Slud.  Paleviil.  Iioii.  mndai.,  pag.  35.  tav.  III,  lig.  67 
MONTER,  Condì,  foss.  Monte  Pellegrino  e  Ficarazzi,  pag.  33. 
COCC.,  Enum.  Sist.  .Moli.  mio,-,  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pag.  76. 
SEGL'ENZ.,  Form. plioc.  Ilal.  maid.,  pag.  300. 
COPP.,   Calai.  Fo.iS.  mio-plioc.  moden.  Coli.  Copp..   pag.  2. 
SEGUEISZ.,  Form,  plioc.  Ilal  mcrid.,  pag.  276. 
DE  STEF.,  Foss. plioc.  St-  .Miniato,  pag,  .34. 
BENOIST,   Test  foss.de  la  Bride  et  Saucalz,  pag.  386. 
SEGUENZ.,  Form. plioc.  Ilal.  merid.,  pag.  276. 
l'ANTAN.,  Alt.  .Iccad  Fiiiocr.  Siena,  voi.  Vii,  pag.  4. 
MANTOV.,  Descr.gcol.Camp.rom.,  pag.  41. 
SORD.,  Faun.  mar.  Cascina  nizzardi,  pag.  35. 
CRESI'EI.I...   ^oLgeoLSavignan.,  pag    18. 
STOllU,  Terr.  plioc.  Girijenli,  pag.  469. 
MAY.,  .Mer.glac.au  pied  des  Atpes,  pag.  219. 
FOREST.,  Marn.  »  Luca  e  Paderno,  pag.  5. 
DE  STEF.,  Slrat.  plioc.  Siena,  pag.  170,    171,  250. 
l'ANTAN.,  Plioc.  dint.  Cliiauciano,  pag.  8. 
\'.\.\[\\.:\.,  Oiìicti. plioc  di  Piclrafitta,  pag.  271. 
BENOIST,   Étag.  lorlon.  Girowle,  pag.  5. 
UE  STEF.  e  l'ANTAN..  .Moti. plioc.  Siena,  pag.  109. 
COI'l*.,   Terr.  Tab.  moden.,  p,ig.  10. 
BRUGN.,  Conch. plioc.  Ctittanisetta,  pag.  105. 
COPI'.,  Le  marn.  turclt.  moden.,  pag.  14. 
COPP.,  Paleont.  moden. ,  pag.  32. 


Long.  32  mm.  :  Lai.  23 

1788. 

Buccinnm  clalhratum 

1788. 

Id.               id. 

1792. 

Id.               id. 

1814. 

Id.        (A'astaJ  clathi 

1820. 

Nassa  clathrala 

1825. 

Id.          id. 

1826. 

Buccinum  cancellatum 

?  1827. 

Id.        clathralum 

1829. 

Id.               id. 

1831. 

Id.               id. 

1839. 

Id.               id. 

1838. 

Id.               id. 

1842. 

Id.               id. 

1842 

Id.              id. 

1844. 

Id.              id. 

1847. 

Nassa  clathrala 

1852. 

Id.    subclathrata 

1860. 

Buccinum  clathralum 

1860. 

Id.               id. 

1868. 

Nassa  clathrala 

1869. 

Buccinum  clatliralnm 

1869. 

Nassa  clathrala 

?  1869. 

Buccinum  clathralum 

1870. 

Id.            id. 

1872. 

Id.               id. 

?  1872. 

IVassa  subclathrata 

1873. 

Id.               id. 

?  1873. 

Id.               id. 

1874. 

Buccinum  clathralum 

1874. 

Nassa  clathrala 

1874. 

Buccinum  clathralum 

1875. 

Nassa  clathrala 

1875. 

Id.         id. 

1875. 

Id.         id. 

1875. 

Na.<sa  clathrala 

1875. 

Id.         id. 

1875. 

Buccinum  clathralum 

1876. 

Nasta  clathrala 

1876. 

Buccinum  clathralum 

?  1877. 

Nassa  clathrala 

1877. 

Id.         id. 

1878. 

Id.         id. 

1878. 

Id.         id. 

1878. 

Id.         id. 

1878. 

Id.         id. 

1880. 

Id.         id. 

1880. 

Id.         id. 

1881. 

Id.         id. 

1881. 

Id.         id. 

DESCRITTI    VA    L.    BELLARDI  293 

Varieift  A. 

Tav.  V,  lig.  5  (a,  b). 

Testa  longior  :   spira   magis  acuta,  -    Coslae   longitudinale s  numerosiores ,  magis  obtusae: 
costulae  transversae  numerosiores,  ab  inlerstitiis  minoribus  separalae. 
Long.  31   mm.  :  Lai.  18  rara. 

Kiferisco  con  dubbio  la  citazione  dell'opera  del  Sassi,  perchè  avendo  fatte  ripetute 
ricerche  nelle  vicinanze  di  Albenga,  fra  i  numerosi  fossili  che  vi  ho  raccolti  non  mi 
venne  dato  di  trovare  questa  specie,  la  quale  del  resto  viveva  già  nel  mare  del  plio- 
cene inferiore,  al  di  qua  dell'Apennino,  rappresentata  dalla  varietà  A  che  è  frequente 
a  Vezza  presso  Alba. 

Pliocene  inferiore  :  Albenga  (fide  Sassii). 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  ecc.:  Volpedo  presso  Voghera: 
Colli  biellesi,   Masserano,  comunissimo;  Coli,   del  Museo  e  Michelotti. 

Vai-ietà  A.  —  Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  frequente  ;  Coli,  del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi:  Volpedo  presso  Voghera,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

87.  Nassa  emiliana  (May.) 

Distinguunl  liane  speciem  a  N.  clathrala  (Born)  sequenles  nolae: 

Testa  plerumqiie  minar.  -  Anfractus  projie  sntnram  posticam  mintis  late  et  minus  profunde 
canalicuìali.  -  Coslae  longilwlinales  numerosiores,  minus  prominentes,  ab  inlersliliis  angustioribus 
separalae:  costulae  transversae  majores ,  ah  iuterstitiis  angustioribus  separatae.  -  Canalimlus 
centra  rimam  decurrens  minus  profundns. 

Long.  26  mm.  :  Lai.  1  i  mm. 

1872.  Buccinum  emiliani/m  MAY.,  Journ.de  Conili.,  voi.  XX,  paf;.  936,  tav.  XIV,  lìg. 9. 

1873.  yVflj.ta  michelolliana    COCC,  Enum.Sist.  .Voll.mioc.e  plioc.  Parm.ePiac,  pag.  77,  tav.  I,  Cg.  91,  2?, 

Varietà  A. 

Tav.  V,  fig.  6  («,  b). 

Testa  minor:  spira  magis  acuta.  -  Costulae  transversae  minores  et  numerosiores. 
Long.  28  mm.  :  Lai.  20  mm. 

Fra  le  differenze  che  distinguono  questa  forma  dalla  N.  clathrata  (Born)  non 
ho  fatto  cenno  della  forma  generale,  perchè  sia  fra  i  parecchi  esemplari  di  Castelar- 
quato,  comunicatimi  dal  Sig.  Prof.  Mayer,  sia  tra  quelli  del  Piemonte  che  mi  par- 
vero dovervisi  riferire,  ne  trovai  di  quelli  colla  spira  più  o  meno  lunga  ed  altri  colla 
spira  più  o  meno  aperta. 

I  caratteri  che,  oltre  all'ornamentazione  superficiale,  separano  meglio  le  due  forme, 
sono,  in  questa  qui  descritta,  la  ristrettezza  e  la  poca  profondità  del  canaletto  che 
coiTe  contro  la  sutura  posteriore,  e  la  minor  profondità  di  quello  che  è  collocato 
contro  l'intaglio. 


294  1    MOLLLSCllI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Miocene  supcriore:  Colli  tortonesi,   Stazzano,  rarissimo;  Coli,  della  R.  Scuola  di 
Applicazione  per  gli  Ingegneri  (Prof.    Gastaldi). 

Pliocene  inferiore:  Castelnuovo  d'Asti,  rarissimo;   Coli,  del  Museo. 


88.  Nassa  Cantrainh  Bell. 

Tav.  V,  fiy.  7  {a,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  N.  clalhrata  (Born)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  minus  infiala:  spira  loiigior,  magls  acuta.  -  Anfraclus  magis  convexi ;  cana- 
liculus  posticus  angustiar  et  profundior.  -  Costae  longitudinale s  miniires,  numerosiores,  in  ultima 
dimiiìia  parte  ultimi  anfraclus  obsoletae:  costulae  transversae  minores ,  numerosiores,  ab  inlcr- 
stitiis  angusliorihus  separalae. 

Long.  26  nini.:  Lai.  16  ram. 

Pliocene  supcriore  :  Volpedo  presso  Voghera  :  Colli  biellesi ,  Masserano .  raro  ; 
Coli,  del  Museo. 

89.  Na.ssa  scalaris  Bors. 
Tav.  V,  f,;..  8  [a,  A). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  clalhrata  (Barn)  sequenles  nolae: 

Anfraclus  magis  convexi;  cnnaliculns  posticus  multo  magis  profundus.  -  Cmtae  lougiludi- 
nales  in  ullimis  anfractubus  nullae,  vel  passim  vix  nolatae:  costulae  transversae  numerosiores, 
latae.  complauatae,  a  sulcis  anguslis  scpnralae. 

Long.  29  nini.  :  Lai   20  mm. 

1825  Xassa  scalaris  BORS.,  Orilt.  pieni.,  ÌU,  paf;   l"56,   lav.  I,  fig.  30. 

1838.  Buccinum  scalare  MICHTTI.,  Gcocjn.  Aiis.  ten.   HitJ.  Pieilm.,  pag.  396. 

1842.         Id.  id.  E.  SIS.MD.,  %«.,  pag.  41. 

1847.  Nassa  scalaris  E.  SISMO.,  Si/n.,  ì  ed.,  pag.  20. 

185J.         Id.         id.  D'ORB  ,  Prodr.,  voi.  ili,  pag.  176. 

1868.  Id.         id.  FORESI'.,  Ca/af.^/o^./j/iV.  Bn/ojn.,  !,  pag.  41,  lav.  II,  fig.  1-4. 

?  1873.  Id.     clalhrata  rar.  COCC,  Eitiiin.Sist.  Moll.mioc.  e  plioc.  Parm.e  Piac,  pag.  76. 

1875.  Buccinum  scalare  PONZ.,  Crotiac.  siiba/ieiin.,  pag.  Sfi. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Colli  biellesi,  Masserano,  non  raro;  Coli,  del  Museo. 


21'  fierie. 

Nucleus  embrionalis  lonyus ,  aiigustiis ,  acutus.  -  Avfractus  panini  convexi: 
ultimus  viagnus,  dimidiam  longitudinem  snhaequans  :  suturae  suhcanaliculatae.  - 
Supcrficies  longitudinaliter  costata  et  tota,  rei  in  parte,  transverse  silicata.  -  Os 
ohliquum;  labrum  sinistrum  subincrassatuni ,  interius  plicatum,  posticc  plus  nii- 
nusve  dcpressiim,  antice  suharcuatuni  ;  labrum  dextcrum  posticc  ultra  os  plu.<<  mi- 
nusve  productum,  unticc  ud  margincm   libcrum  et  plus  niinusvc  crcctum,  obliquimi: 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  295 

regio  umhilicaUs  magna  ex  parte  iletecta:  coìumella  tum  antice  tuni  medio  pro- 
funde  excavata:  rima  subterminalis,  lata,  parum  profunda,  a  lahiis  brevibus  cir- 
cumscripta,  satis  reflexa,  postice  non  profunde  canaliculata. 

Nelle  forme  di  questa  serie  la  scanalatura  che  accompagna  la  sutura  posteriore 
è  appena  indicata:  il  labbro  destro  è  grosso,  più  o  meno  eretto  anteriormente  ed 
obliquo,  e  non  ricopre  la  regione  umbilicale:   l'intaglio  è  quasi  terminale  e  poco  obliquo. 

A.  Anfraclus  ultimi  longiludìiialiler  costali. 

90.  Nassa  Coccomi  Bell. 

Taf.  V,  lig.  9  (a,  b). 

Testa  subglobosa:  spira  ait  aiiicem  acidissima,  medio  lei'iler  excavala  ,  in  ultimis  anfra- 
clubus  rnagis  aperta.  -  Anfractus  primi  et  medii  vix  convexi;  ultimus  magnus,  ventrosus,  nnlice 
valile  de\)iessus,  dimidiam  iongiludinem  subaeqiians:  suturae  parum  profiindae.  -  Coslae  lon- 
gitudinales  parvulae  in  primis  ci  mediis  anfractiibus  ,  majores  et  inter  se  rnagis  dislanles  in 
ultimo,  prope  marginem  oris  minores ,  numerosiores ,  confertae:  coslulae  transversae  a  sulcis 
profundis  separalae.  -  Os  suborbiculare  ,  anlice  subangulosum  ;  labrum  sinistrum  interius 
pluri-plicalum;  labrum  de.\terum  crassum,  plernmque  inaequaliler  rugalum,  postice  uiiiplicatum. 

Long.  tS  nini.:  Lai.  11  '/s  ra'"- 

Vanirla   A. 

Coslae  longitiitliiialr^  in  ultimo  anfrarUi  minnres.  numerosiores,  r.ostnlas  transversns  subae- 
quanles,  inde  super/icies  ibi  eleganler  dathrala. 
Long.  14  mm.  :  Lai.  9  mra. 

Varielt  B. 

Spira  longior,  rnagis  acuta. 
Long.  13  mm.  :  Lai.  8  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Sciolze.  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  non  fre- 
quente ;   Coli,   del  Museo,  Michelotti  e  Eovasenda. 

91.  Nassa  proavia  Bell. 

Tav.  V,  Cg.  10  (a,  b). 

Testa  ventrosa:  spira  brevis ,  medio  leviler  inflata.  -  Anfraclus  parum  convexi,  cantra 
suluram  posticam  subcnnaliculati;  ultimus  magnus,  ventrosus,  anlice  valde  depressus:  suturae 
parum  profundae.  -  Coslae  longiludinales  leviter  ohiiquae,  sttbsinuosae ,  ab  interstiliis  latiu- 
sculis  separatile,  in  primis  anfractubus  plerumque  obsoletae ,  in  mediis  crebrae  et  parvulae ,  in 
ultimo  magnae,  pauciores,  sinnosae,  ad  rimam  productae,  prope  marginem  oris  minores  et  nume- 
rosiores: sulci  Iransversi  angusti,  inter  se  salis  dislantes,  plerumque  6  perspicui  in  anfra- 
ctubus primis  et  mediis,  16  in  ultimo.  -  Os  postice  angustalum,  antice  dilatatum  ;  labrum 
sinistrum  leviler  incrassalum;  labrum  dexicmm  postice  aliquanto  produc^Hm;  columelIa  anlice 
profunde  excavala,  poslice  uniplicala. 

Long.   17  mm.  :  Lat.   11   mni. 


296  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

VarieU  A. 

Cosine  lomiitudinaU's  in  ultimo  anfracla  miiiores,  nitmerosiores. 
Long.   14  limi.  :  Lui    9  nini. 

VarielA  B  Un  species  distinguenda?'. 

Cosine  liinfìiludinales  in  ullimis  anfractubus  niimerusiores,  magis  obliquae,  reclae,  ah  inler- 
Stiliis  aiìijuslis  seiiniatdc.  -  Aiifractiis  ullimus  uiitke  maijis  depressus. 
Long.  17  mm.  :  Lai    10  mni. 

Tanto  nella  varietà  A  quanto  in  quella  B  la  spira  si  presenta  ora  breve  e  rigonfia, 
come  nella  forma  tipica,  ora  più  o  meno  lunga  ed  acuta. 

Pliocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi, 
non  frequente;   Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

92.  Nassa  semirogosa  Bell. 
Tav.  V,  fig.  11  (ri,  b). 

Dislinguunl  liane  sppciem  a  iV.  proavìa  Bell,  sequenles  nolae  : 

Testa  crasxìnr:  spira  longior,  magis  acuta.  -  Aiifrailus  primi  el  medii  loti  minute  et  con- 
ferie  loiigiliidinaliler  restali;  costai'  in  iiciinltima  dimidia  parte  ultimi  anfraclus  noiiniilliie  majores, 
in  ultima  dimidia  parte  obsoleta): .  -  Os  magis  obliquum  et  angiistum;  labrum  dexterum  magis 
erectum,  inde  testa  subumbilicala. 

Long.  17  nini.:  Lai.  10  mra. 

È  notevole  l'afiinità  di  questa  forma  dei  colli  torinesi  con  quella  di  Lapugj'  de- 
scritta dal  Prof.  Mayer  col  nome  di  B.  hunguricum  (Jottrn.  de  Condì.,  voi.  XXI, 
pag.   149,  tav.  VI,  fig.   5). 

Avendo  potuto  paragonare  la  forma  qui  descritta  coU'esemplare  tipico  comunica- 
tomi dal  Sig.  Prof.  Mayer,  ho  trovato  che  il  fossile  nostro  differisce  da  quello  di 
Lapugy  pei  seguenti  caratteri:  1"  dimensioni  alcunché  minori;  2°  spii-a  più  conica 
e  più  acuta;  3°  anfratti  meno  rigonfii  e  non  depressi  posteriormente;  4°  coste  lon- 
gitudinali più  numerose  e  meglio  definite  ;  5°  scanalatura  posteriore  all'intaglio  niolto 
più  profonda  ;  G°  labbro  destro  più  grosso  e  più  rialzato  dalla  superficie  dell'  an- 
fratto e  rugoso. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese ,  rarissimo  ;   Coli,   del  Museo. 

B.  Anfraclus  iillinii  ccoslati. 

93.  Nassa  albucianensis  Bell. 

Tav.  V,  li},'.   12  (n,  b). 

Tesla  crassa,  suliglohosa  :  spira  brevi.'',  paruni  acuta,  medio  infiala.  -  Anfraclus  con vexi; 
ultimus  m.i;/»u.«,  venlmsus,  antice  valde  dejìrcssus,  '/j  tolius  lonuiUulinis  subaecpians  :  sulurae 
sim|ilicrs,  paniai  profunilae.  -  Supcrlicies  «d  primis  nnfraetubus  minute  ìonijitndinuliler  costata 
et  transverse  sulcata,  in   mediii  et  ultimo  tota   larris  ,    exceptis    sulcis   nonnullis    transversis  et    _^ 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  297 

profundis  cantra  rimnm  decnrrenlilius.  -  0>  suhqnadratum,  postice  profunde  cnnaliculalum  ;  labrum 
sinislrum  incrassalum ,  interius  pluri-plicatum;  labrum  dexterum  anlice  obscure  rugalura, 
valde  sinislrorsum  obìiqunium,  poslice  cnllosum  :  columella  siibmedio  profimde  excavata. 
Lon^'.  1 4  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Questa  specie  ha  non  poca  analogia  colla  N.  cimecda  (May.)  [Journ.  de  Condì. 
voi.  Vili,  pag.  214,  tav.  V,  fig.  5),  la  quale  appartiene  certamente  a  questa  serie 
per  i  suoi  caratteri  generali.  Le  differenze  che  separano  queste  due  forme  sono  le 
seguenti  presentate  dal  fossile  dei  colli  torinesi  in  confronto  con  quelli  del  fossile  di 
Saint-Jean-de-Marsacq :  1°  forma  più  stretta  ed  angolo  spirale  più  acuto;  2"  man- 
canza di  strie  trasversali  sulla  parte  posteriore  degli  anfratti;  3"  bocca  più  stretta 
e  più  lunga;   4"  labbro  destro  più  grosso  e  più  sporgente. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Albuguauo,  rarissiuio;  Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

23»  Serie. 

Nncìeus  emhrionalis  ìongns,  acutus,  angustus.  -  Testa  ovoides  :  apira  hrevis 
medio  influta.  -  Anfractus  convexi;  ultimus  inflatus,  anticc  valde  depressus ,  di- 
midiam  ìongitudìnem  aequans,  vel  subaequans.  -  Swperfìcies  tota,  vel  in  parte, 
longitudinaliter  costata,  tota  transverse  striato-sulcata.  -  Os  suhorhicuìare,  postiee 
angustatum  et  canaliculatum  ;  labrum  sinistrum  subarcuatum  ;  labrum  dexterum 
non,  vel  vix,  ultra  os  postiee  productum,  antice  ad  marginem  liberum  et  ereetum, 
obliquimi:  columella  profimde  excavata:  rima  subterminalis ,  antice  arigustata, 
postiee  dilatata,  x>arum  reflexa,  a  labiis  brevibns  circumsrripta,  postiee  canalicitlnfa. 

Le  forme  di  questa  serie  sono  intermedie  fra  quelle  della  precedente  e  della  se- 
guente ;  da  quelle  della  prima,  colle  ([uali  hanno  in  comune  le  mediocri  loro  dimen- 
sioni, differiscono  per  la  forma  generale  globosa,  per  la  brevità  del  labbro  posteriore 
deirintaglio,  ed  in  particolar  modo  per  la  poca  profondità  della  scanalatura  che  ac- 
compagna posteriormente  l'intaglio:  dalle  seconde,  colle  quali  hanno  in  comune  la 
forma  più  o  meno  globosa,  per  le  minori  loro  dimensioni  e  per  la  prcaccennata  poca 
profondità  della  scanalatura  che  corre  posteriormente  ali  "intaglio. 

A.  Aufiaclus  omnos  coslis  longitudiiiiililius  di-.^tìliili. 

9'i.  Nassa  Bhu.sinae  Bell. 
Tav.  V,  Cl;.   ^  («,  A}. 

Tesla  subijlolrnsa:  spira  brevis ,  medio  insala.  -  Anfractus  convexi;  ullimus  dimidiam 
longiludineiii  subai'qiiuiis.  -  Sii|)i'r(ici('s  tota  lon/iHtidinaUlcr  croxtala,  minute  ci  rare  Iransverse 
sulcala.  -  Os  valde  obliqnim,  subiiiunlralum  ;  lahniin  sinistrum  incrassatuni ,  exlcrius  margi- 
7ialum;  labrum  dexterum  crassum,  valde  obliquum:  columella  submedio  profunde  excavata, 
laevis  ;  regio  umbilicalis  delocta. 

Long.  12  min.:  Lai.  8  min. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi.  Monte  dei  Cappuccini,  rarissimo  ;  Coli.  Kovaseuda. 
Serie  II.  Tom.  XXXIV.  »o 


298  I    MOLLISCIII    PEI    TERRENI    TERZIAKII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

B.  AiiFraclus  primi  lo.iuiduliiiiilihT  costali,  ulliniì  ecoslalì. 

95.  .Nassa  semicostulata  Dell. 
Tav.  V,  li.,'.    15  {il,  b\ 

Dislinguunl  liane  speciem  a  A'.  Brusiune  Beli.  s('(iu('nles  nolae  : 

Spira  lomiior,  maf/is  acuta.  -  Aufrarlus  uUimns  dimidia    lowiilndine    hrevior.  -   Superficies 
primorum  anfractuiim  Umcfiludinnlder  iiiuUicoslala. 
Long.  12  nani.:  Lai.  7  '/..  '"'"• 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Sciolze,  rarissimo;   Coli.  Kovasenda. 

C.  AuFracUis  primi  co.slulis  loniiiludìiialiltiis  lirstiltili;  iiltiiniis  longituilìniililcr  roslulalus. 

96.  Nassa  perraba  Bei.l. 

T.iv.  V,  fi-.   14  {a,  b). 

Tesla  suhfilnbosa:  spira  brovis,  parum  acula.  -  Anfraclus  convexi,  ad  sulnram  poslicam 
canaliculali;  ullimus  t»/!o/us,  antice  valde  depressus,  -I3  lolius  longiludinis  subaequans.  -An- 
fraclus primi  eoslis  loiKiiludiiìulilms  desliluli ,  imdii  et  ullimi  loiigitiidinalUer  costati;  coslae 
parum  promiiienles,  oblusai',  ab  iiilersliliis  lalis  scparatae,  vaide  obliquae,  piope  marginem 
oris  minores  et  vuincrosiores:  sulci  Iraiisversi  minuti  undique  decurrentes,  in  ventre  ullimi  an- 
fraclus inlerslilia  xiilcis  ordinariis  iutrrpoyita  et  ijisii  medio  minute  sutcala.  -  Os  subovalc , 
anlice  diialalum,  obliquum;  labrum  siiiislrum  subarcualum,  incrassalum,  inlerius  magiii- 
plicalum;  labrum  dexlerum  medio  et  pnsticc  aliquanto  nllra,  01  produclnm ,  rra-Mum,  anlice 
multi-rugalum.  poslice  iiniidicatiim:  coluiiiella  antico  profiinde  escavala:  rima  suhlerminalis, 
protunda,  poslice  dilatala,  parum  revoluta. 

Long.   1 4  mm.  :  Lai.  9  mm. 

La  maggior  spessezza  del  guscio,  la  minore  lungliezza  della  spira,  la  maggior 
apertura  dell'angolo  spirale,  la  forma  generalo  meno  turrita,  le  coste  longitudinali 
protratte  fin  contro  il  labbro  sinistro,  la  bocca  proporzionatamente  piii  stretta  e  più 
lunga,  la  maggiore  spessezza  del  labbro  destro,  e  le  numerose  sue  ruglie,  distinguono 
questa  forma  dalla  X.   hmìgarica   (May.). 

Miocene  lurdio  :  Colli  torinesi,  Monte  dei  Cappuccini ,  rarissimo  ;   Coli.  Kovasenda. 

23'  Serie. 

Nuclrus  emhrionalis  ìongus,  (untus,  avgustus.  -  Trsla  oroidrs  :  sjj/m  Lrevis, 
ad  apicrm  raìde  acuta  ,  medio  infiala.  -  Anfraetiis  conrrxi  ;  ultimus  dimidiam 
lotìgititdivem  sulxiequana.- Saprrfìrirs  tota  loiigifitdinaìiter  reostata,  transverse  sulcntn 
et  costnìatd.  -  Os  snhorhicnìnre  ;  ìahriim  sitiisiritm  incrassatinv,  postice  depressum. 
antiee  diìatntam  ;  ìdìirani  dexteriim  medio  et  postice  parum  ultra  os  productuni  : 
regio  umbilicaris  detccta  :  eoUimeUn  valde  contorta ,  antice  profunde  excavata  : 
rima  subtrrminalis  ,  lata  ,  profunda  ,  a  hihiis  longiasculis  eircuìnscripta  .  valde 
reflexa,  2>ostice  anguste  et  profunde  canaliculata. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  299 

La  forma  globosa ,  la  mancanza  di  ornamenti  longitudinali  e  la  notevolissima 
profondità  della  scanalatura  che  accompagna  posteriormente  l'intaglio  ,  sono  le  note 
principali  caratteristiche  di  questa  serie,  la  quale  corrisponde  presso  a  poco  al  genere 
Desvioulea  di  Gray. 

97.  iNassa  conglobata  Brocch. 

Tav.  V,  fi?.   17  (n,  A  . 

Testa  rjluhosa:  spira  ad  apicem  valde  acula,  dcin  magis  aperta.  -  Anfraclus  parum 
convcxi;  ullimus  diinidiam  h)ngiludinem  subaequans,  vciiln:  valde  infiatus,  anlice  valde  de- 
pri'ssus:  suturile  parum  profuudac.  -  Coslulac  Iratisversat'  minulae,  crebrae,  a  sulco  ple- 
rumque  aiiguslu  separalap,  Imn  lolac  uiiiformcs ,  tum  in  parie  postica  anfracluum  coslula  minor 
costulis  majoribus  iiUerposila.  -  Os  suborbiculare,  poslice  profiinde  et  anguste  canalicuìalum  ; 
labrum  siuislrum  incrassatum,  inlerius  plicato-denlalum  ;  labrum  dexlerum  crassum  antice 
ad  mnrfjinvm  lihprum  et  ereclum,  irrcguiariler  rugatum,  postice  unipiicatum. 

Long.  4o  mm.  :  Lai.  33  mm. 

181  i.  Bucchium  (IVti.isa]  congltihatum  BUOCXII.,  Gmch.  fass.  sul/.,  pag.  334,  tav.  IV,  liir.  1 J. 
181  i.  W.         [Doliwn    lamjms  IIIIOCCII.,  Conch.  foss.sub.,  pag.  325,  lav.  V,  fi(j.2. 

1820.  Nassa  conglobala  ItOUS.,  Oriti,  piem..  1,  pnj;.  .ì(>. 

18i5.  Id.  i,l.  Ulil'll.,  Wùr.  6V;.  .Va(.,  voi.  .\XXIV,   pag.  240. 

1831.  liucdnum  conglobatimi  BIlO'iN,  hai.  lert.-Geb.,  pag.  24. 

1832.  iti.  id.  .lA.V,  Cn/»/.  Com/i  /"oM.,  pag.  13. 

1840.  /(/.        liiocc/iii  MICIITTI.,  yfiii.  G'ajt.  /"oii.,  pag.  23  (in  parie). 

1842.  /(/.            id.  E.  SI.SMD.,  Syii.,  pag.  40  (in  parie). 

18i2.  /(/.        conglobnlitm  TCÌWH^'VCW. ,  Corni,  gcol.  prowmcrid.  Naples  et  Nice,  pag.  240. 

1844.  Id.           id.  DKSJI.  In  LA.MCK.,  Anim.s.  veri.,  i  éil.,  voi.  X,  pag.  212. 

1847.  lVas.,a  conglobala  E.  SI.SMD.,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  40  ;in   parie). 

1847.  /(/.            id.  TK^iy.,  Strat.  Usi  ofjiiil/i.foss.,  ya'^.S. 

ì  1848.  /(/.            /(/.  "WOOO,  Crag.Moll.,  voi.  I,  pag.  32,  tav.  Ili,  fig.  9. 

1852.  Id.           id  IVOlUl.,  Prorfr.,  voi.  III.  pag.  176. 

18«8.  ìd.           id.  KOIIEST..  Calai.  Moli. plioc.  Bologn.,  I,  pag.  47. 

I86i).  lìiicciitiim  conglobatimi  COPI'.,  Calai,  foss.mioc.e  jilioc.  Modctt.,  pag.  24. 

I8"0.  /(/.            id.  ^ÌC.\Ì^.,  Calai.  Aiiim.foss.  Proc.d'.ilgcr,  fa-^.  101. 

1870.  !Va.<sa  conglobala  ÌÌK\A.,   Calai.  .ìfnll  foss.dc  liiol,   pag.  9. 

1873.  /(/.            id,  COCC.  Enuin.  Sisl.  Muli  miao,  e  plioc.  l'arni,  e  Piac,  pa".  88. 

1873.  liiiccinnni  conglobalnm  MAY.,  Sgsl  l'crz.  l'ersi.  Helc.  pag.  32 

1874.  Id.  id.  COVV.,  Calai,  foss.mio-plioc.  Moden.  Coli.  Copp.,  pag.  i. 

1874.  Id.  id.  DE  .STEF.,  Foss.  plioc.  ,S(  Minialo,  pag.  35. 

1875.  Nassa  conglobata  SEGliEMZ.,  Forni. plioc.  [tal.  merid.,  pag.  276. 

1875.  Id.  id.  l'ANTA.N. ,.•/«.//««(/. /•Viioir.  5iena,  voi.  VII,  pag.  4. 

1875.  Id.  id.  IM'.NOISr.    7V.«. /"oM  rfc  /n  firerfe  (■(  S</««/(i,  pag.38G 

1877.  /(/.  id.  DE  STKI'-.,  »(■,,^/)^■oc.  S/>H<i,  pag.  250,  252. 
/(/.  id.  COTT.,  Faiin.  Icrr.  Ieri.  Corse,  pag.  50. 

1878.  Id.  id.  DE  STIU'.  e  l'ANTAN.,  J/o/;.;,/ioc  5icna,  pag.  100. 
1878.         Id.           id.               BE.NOIST.  Élag  lori.  Ciroiidc,  pag.  5. 

1881.  /(/.      Brocchii  COPP.,  /»/arn.  «ujc/i.  3/..//e«.,  pag.  14. 

1881.  W.  id.  COPP.,  PalcoNl.  moden.,  pag.  36. 

VarielA  A. 

Spira  ìonqìoT.  -  .infracliin  nllimnn  dimidia  longitudine  brevior.  -   Coslulac  traiisversae  mi- 
nores,  tu  ultimirt  anfraclubux  snìiobsoletan. 
Long.  :ì'i-50  mm.  :  Lat.  2l-:ìO  mm. 


1814. 

Biucinum 

IJViissa)  jiit 

1820. 

.\ttssa 

id. 

18.31. 

liincinnm 

id. 

1832. 

Id. 

id. 

1837. 

Nasm 

id. 

18  io. 

Fìw  cinrtm 

Briicchii 

1841. 

Id. 

pupa 

1842. 

1,1. 

id. 

184  ì. 

I<1. 

id. 

1847. 

Nassa 

cniKjlobdta 

187.3. 

ni. 

piijia 

1875. 

Id. 

id. 

187G. 

Id. 

id. 

300  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZURII    DEL   PIEMONTE    ECC. 

Biucinum  [Nassa]  pupa  IIUOCCII.,  Con, h.  foss.  siili.,  pag.  335,  tav.  IV,  lij;.  14. 
IIOUS.,  Orili,  pieni.,  I,   pa'^.  .37. 
imONN,   hai.  leil.-Geb.,  pag.  54. 
■I\.\,   ('alai.  Cullili,  foss.,   pag.  13. 
l'U.SClI,  Poi.  Paliiiml.,  pag.  123. 
MICIITTI.,  liiv.aasl.fo.is.,  pag.  23  (in  parte;. 
CALC,  Condì,  foss.  ytlUinlla,  pag.  G3. 
r,.  SISMI).,  \i/«.,  pag.  40  (in   parle\ 

DKSII.  in   I.A.MCK.,  Anim.s.vcrt.,  2  ed.,  vol.X,  pag.  213. 
E.  SIS.MI).,  5r/H.,  2  CMJ.,  pag.  28  (in   parie). 
(;o(X',.,  ICniiin.  SisIciH.  iVidl.  inioc.c  pliiiv.  Purm.  e  Piac,  pag.  88. 
SECitlKNZ.,  Form. ptioc.  Hai.  merid.,  pag.  276. 
KOUEST.,  Ccnn.  geol.  e  paleont.  pliuc.  ant.  Caslrocaro,  pag.  20. 

Gli  esemplari  appartenenti  alla  forma  tipica,  presentano  non  di  rado  le  seguenti 
differenze  :  in  molti  individui  fra  le  costicine  trasversali,  che  risultano  dai  numerosi 
solchi  che  attraversano  tutta  la  superficie,  coiTe  una  costicina  più  piccola  ;  in  altri 
tutte  le  costicine  trasversali  sono  presso  a  poco  uguali  in  grossezza. 

La  forma  di  Cabrières  che  i  signori  Fischer  e  Tournouer  riferirono  come  varietà 
della  presente  specie  {Anim.  Inveri.  Foss.  M'  Léhéron,  pag.  123,  tav.  XVIII,  fig.  7), 
e  che  ebbi  sott'occhio,  ne  differisce  per  la  scanalatura  posteriore  all'intaglio  più  pro- 
fonda ed  in  particolar  modo  per  la  presenza  di  coste  longitudinali  sui  primi  anfratti 
per  la  quale  essa  appartiene  alla  serie  seguente. 

Non  ho  indicata  nella  sinonimia  la  forma  che  il  sig.  Fontannes  riferì  a  questa 
specie  del  Brocchi  (Fami,  nialac.  iin'oc'.  de  Tersannc  et  de  Hauterive ,  pag.  13), 
perchè  essa  è  probabilmente  la  medesima  di  quella  di  Cabrières. 

Pliocene  supcriore:  Colli  astesi,  Valle  Andona  ,  ecc.,  non  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

98.  Nassa  pachygaster  (Maver). 

Con  questo  nome  ho  licevuto  in  comunicazione  dal  Sig.  Prof.  Mayer  un  fossile 
proveniente  da  Baldissero-torinese,  che  molto  probabilmente  appartiene  ad  una  forma 
finora  non  descritta  e  apparentemente  affine  ])cr  i  suoi  caratteri  generali  alla  N.  con- 
globata, Brocch. ,  ma  sgraziatamente  la  sua  conservazione  ò  così  imperfetta  che  non 
è  possibile  il  darne  una  conveniente  descrizione. 

Ecco  i  carattei'i  che  vi  si  possono  notare  :  1"  il  nucleo  embrionale  è  breve  ed 
ottuso  ;  2°  i  primi  anfratti  mancano  di  costicine  longitudinali  :  3°  tutta  la  superficie, 
per  quanto  si  può  giudicare  dalle  porzioni  del  guscio  che  rimasero  intatte,  è  attra- 
versata da  numerose  e  minutissime  strie  presso  a  poco  fra  loro  uniformi  ;  4°  gli  anfratti 
sono  leggermente  convessi  ;  5°  l'ultimo,  grande  e  rigonfio  nei  mezzo,  è  molto  depresso 
antoriorinente  ;  G"  la  bocca  doveva  avere  la  figura  ijuasi  lircolare  a  giudicarne  da 
quanto  ne  rimane  ;    7°  le  dimensioni  sono  lungh.    1 9  mm. ,   larg.    l '^  mm. 

Miocene  Virilio  :  Colli  torinesi  Baldissero-torinese.  rarissimo  :  Coli,  del  Museo  di 
Zurigo   (Prof.    .Mayer). 


descritti  da  l.  bellakdi  301 

99.  Nassa  pupoides  Bell. 

Tav.  V,  tiii.  18  [a,  b). 

Uistinguunl  liane  speciptn  a  N.  conglobala,  Brocch.  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  ininus  venlrosa:  siiira  longior,  iniiius  aperla.  -  Salci  Iransversi  pauciores,  inde 
costulac  Iraiisversae  pauciores  et  laliores.  -  Os  subovali' ;  labrum  siuistrum  inlerius  lacve;  labrum 
dexterum  adnalum,  laeve,  non  postice  uaiplicalum  (in  adullis?)  ;  columella  snbarcuata:  caiia- 
liculus  posliciis  cantra  rimam  decnrrens  parum  profundus. 

Long.  21    min.:  Lai.  13  nini. 

È  notevole  a  primo  aspetto  l'analogia  che  presenta  questa  forma  col  Buccinum 
Grateloupi  Hoern.   (Moli.  foss.    Wirn.,   voi.   I,  pag.    141,  tav.   XII,  fig.  (3). 

Dall'esame  comparativo  della  forma  (lui  descritta  con  un  esemplare  tipico  della 
suddetta  specie  ho  trovato  nel  fossile  di  Torino  i  seguenti  caratteri  che  lo  distinguono 
dal  fossile  di  Vienna:  1°  dimensioni  maggiori;  2"  spira  più  hreve  e  meno  acuta: 
3"  solchi  trasversali  quasi  obliterati  nella  regione  mediana  dell'ultimo  anfratto  ;  4°  labbro 
destro  sottile  ed  accollato  sull'anfratto  precedente  ;  5"  columella  molto  contorta  ;  (i"  in- 
taglio piii  laterale  e  più  rivolto  allindietro,  posteriormente  carenato  e  profondamente 
scanalato. 

L'esemplare  descritto  e  figurato,  l'unico  a  me  noto,  non  è  arrivato  all'età  adulta: 
è  perciò  probabile  che  la  forma  completa  si  presenti  con  caratteri  un  poco  diversi  da 
quelli  precedentemente  indicati. 

Mioamc  medio  :  Colli  torinesi  Baldissero-torinese,  rarissimo  ;  Coli,   del  Museo. 

100.  Nassa  altilis  Bell. 

Tav.  V,  lig.   16  (a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  comjlobala  Broccli.  sequenles  nolae: 

Testa  multo  minor,  minus  infiala,  turrita:  spira  longior,  rcgutariter  involuta.  -  Anfrartus 
ultimus  minus  vrntrosns.  -  Costulac  transversae  minus  prominentes,  a  sulco  angustissimo  sepa- 
ratae,  in  ultimo  anfraclu  postico  subobsolelae ,  antive  prominentes  a  sulco  lato  disjunctae.  - 
Labrum  sinislrum  inturius  niinitte  plnri-pliratam;  labrum  dexterum  gracile,  adnalum,  laeve,  non 
postica  uniplicalum:  rima  ininus  profnnda. 

Long.  'ìQ  nini.:  Lai.  12  nini. 

Miocenr  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo  ;  Coli.  Michelotti. 


24»  Serie. 

Nuclfus  emhrionalis  longus,  angustus,  acUtus.  -  Testa  turrita:  spira  longa. - 
Anfractus  parum  convexi  ;  ultimus  antice  valde  depressus,  dimidia  longitudine  brevior. 
-  Superficies  in  parte  longitudinaliter  costata,  tota  vel  in  parte  transverse  striato- 
sulcata.  -   0.9  suhorhiculare,  postice  canaliculatum  ;  labrum  simstrum  subarcuatum, 


302  I    MOLLUSCHI    UEl    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

incrassafum,  interius  pìicatmn  ;  labrum  dcxterum  antice  incrassatum,  erectum,  medio 
et  post  ice  ultra  os  parum  productum,  plerumque  antice  rugatuvi,  postiee  uniplicatuw  : 
regio  umbilicalis  dctecta  :  coluniella  ìucdio  profunde  excavata:  rima  stthterminaìis, 
antice  angustafa,  postiee  parum  dilatata,  profunda,  valde  reflexa,  a  labiis  longis 
circumscripta,  postiee  p>rofunde  canaliculata. 

La  struttura  generale  delle  forme  di  questa  serie  è  uguale  a  quella  delle  forme 
della  serie  precedente ,  senonchè  in  quelle  della  presente  la  spii-a  è  molto  più  lunga 
e  più  acuta  ;  l'ultimo  anfratto  è  distintamente  più  breve  della  metà  della  lunghezza 
totale  :  ed  i  primi  anfratti,  talvolta  anche  gli  ultimi,  sono  ornati  di  numerose  coste 
longitudinali,   sulle  quali  corrono  trasversalmente  strie  uniformi  continue. 

101.  Nassa  turrita  Bors. 

Tav.  V,  (vr.  19  (a.  h). 

Testa  turrita  ,  longa:  spira  ad  apicem  aciilissima,  medio  infiala.  -  .\nfraclus  parum 
convexi;  vltimus  brevix ,  "/.  lolius  longiludinis  aequans ,  aiilice  valde  depressus:  sulurae 
parum  i)rofuiiilac  -  Supcrficics  in  primit  aiifrarlnhus  lonijìludinaliler  costati! ,  et  Iraiisversi^ 
coslul'ila,  in  uUiuiis  ìiileìis,  suhlacvis,  passi. n  Iranscersc  obsolete  coslulatu,  prope  rimani  Irans- 
vcrse  suliala;  sulci  profundi,  inlor  se  sulis  dislanles.  -  Os  suborbiculare,  postiee  aHiiustalum 
et  profiiììde  ciiiìtiUculaliim ;\'dhram  siiiislruin  incrassaluin.  suharcualum.  inlerius  pluri-plicalum; 
labrum  dexlerum  anlice  plcruiiiquc  rugaluin,  poslici'  uiiiplicalum:  columella  arcuala,  medio 
valde  escavala:  rima  an^usla,  longa,  valde  recurva,  a  labiis  longiusculis  circumscripta, 
poslicc  profunde  el  aiigusle  canaiiculala. 

Long.  40  mra.  :  Lai.   iO  inm. 

1814.    Buccimim  {Nassa)  pupa  var.  BIIOCCII.,  Condì,  foss.  sul).,  yìa^.'Mó. 
1820.      A'assa      turrita       UOUS.,  Oriti,  pieni.,  I,  pag.a'J,  lav.  I,  lig.  11. 
BHOXN,  llal.  lert.-Geb.,  pa^'.  94. 
J\>,  Catal.  Condì,  fnss.,  pay.  13. 
.MICIITTI.,  Cugii.Jns.tert.BilJ.Pieilm.,  pag.  390. 
(;U.\T.,  Catiil.  .tnim.  l'crt.cl  iimrl.   (/'iVohi/c,  pag.40. 
E    .SISMO.,  Syn.,  pag.  41. 
MICIITTI.,  Foss.mioc,  pag.  209    in  parto). 
E.  SIS.MD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  30  (in  parte). 
FOUr.ST.,  Calai.. ìroll.iilioc.Jioloijn.,   I,  pag.  40. 
?  1867.    Bucciniim  turrilum     l'EU.   DA  COST.,  GasUr.  icrc.  Pori.,  pag.  Ili,  lav.  XV,  fig.  11. 

1868.      Nassa  ttuiita  KOUliST.,  Calai.  .Moli. pUor.  Bolixjii.,  pag.  46. 

T  18G9.    Bucciiium  cnnum        COPI'.,  Calai,  foss.  mioc.  e  plioc.  .Moden.,  pag.  24. 

1873.  Nassa  tmrita  COCC,  Enum.  Sist.  Moli.  mioc.  e  plioc.  l'arni,  e  Piac,  png.  89 

1874.  Buccinum  turrilum     COPI'.,  Calai,  foss.  min-plioc.  Moden.  Colt.  Copp.,  pag.  2  (in   parie) 

1875.  Nassa  turrita  I'ANTAN.,  Jlt.  .tccad.  Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 
1875.  /</.  l'rf.  SEGl'E.NZ,   Forw.  /)/ioc.  //<i/.  Hicrirf.,  pag.  278. 
1878.  Id.  id.  DE  STEl".  e  I'ANTAN.,   .V(>//,/)/iw.  i"iV;m.   pag.  100. 
1881.  /(/.  .(/.  COPI'.,  Paltoni.  Moden.,  pag.  30  ;in   parte). 

Varietà  A. 

Spira  magis  acuta.  -  Anfradus  omiies  "loti  transverse  silicati. 
Long.  35  nim.  :  Lai.  17  nini. 

Pliocene  superiore  :  Colli  astesi  ,  Valle  Andona  ,  non  raro  ;  Coli,  del  Museo  e 
Michelotti. 


1831. 

Buccinum  conus 

1839, 

Id. 

id. 

183S. 

Id. 

turrilum 

1838. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id 

18i7. 

Nassa 

turrita 

1847. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

id. 

descritti  da  l.  bellaedi  303 

102.  Nassa  d'Anconae  Beli.. 
Tav.  V,  fig.  20  (a,  b). 

Dislinguunl  banc  speciem  a  N.  turrita  Bors.  sequenles  iiolae: 

Testa  minor,  crassior:  spira  brcvior,  medio  magis  infiala,  ad  apicem  magis  acuta.  -  An- 
fractus  ultimus  Ivngior;  nnfractus  ultimi  mai/is  convexi.  -  Os  angustius,  antice  non,  vel  vix, 
dilalatum;  plicae  et  denticìili  interni  labri  sinistri  panciores ,  plernmque  8;  labrum  dexterum 
crassius:  rima  brevior,  postice  mafjis  lata,  a  labiis  breiiiuribus  circiimscripla ;  labrum  posticum 
rimae  subnullum;  canaliculus  posticus  rimae  vix  notatus. 

Lonji,.  27  nini.  :  Lai.  14  nini. 

1838.  Bucritium  liiriitnm  MICIITTI.,  Geogn.  Aus.  tert.  Biltl.  Pieilm.,  pa;;.  396. 

1847.  Nassa  turrita  .MICIITTI.,  Foss.  niioc.  pa[;.909  (in   parici  tav.  XIK  fig.  IO. 

1847.  1,1.         iti.  E.  Sl.SMD.,  .<>(/«.,  2  ed.,  pap.  30  (in  parie). 

1852.  /,/.         i,t.  D'ORB.,  /-"«Wr.,  voi.  Ili,  pag.  85. 

1864.  IJ.          i(l.  DODliRL.,  Cenn.  gcot.  tcrr.  mioc.  siip.  llal.cinlr.,  pag.  105. 

1874.  Buninum  liirvitum  COl'P.,   Calai,  fnss.  inid-plioc.  mcdeii.  Coli.  Cojip.,  pag.  9  'in  parte). 

1881.  Nassa  turrita  COPP.,  Marn. turili. modm.^  pag.  14. 

1881.  Ut.         id.  COPP.,  Pa/eoMf.HWtH.,  pag.  36  (in  parte). 

Non  havvi  dubbio  che  rjuesta  forma  sia  quella  dalla  quale  derivò  la  N.  turrita 
Bors.  del  pliocene  superiore  e  clic  vi  sia  intimamente  collegata  per  molti  caratteri. 
Ho  tuttavia  creduto  di  distinguerla  con  nome  proprio,  tanto  per  le  differenze  sovra- 
indicate  die  esistono  fra  le  due  ,  quanto  per  l'orizzonte  geologico,  cui  appartiene  la 
presente  e  del  quale  si  può  risguardare  come  una  delle  fonne  caratteristiclie. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  S'*  Agata-fossUi,  non  raro;  C'oli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

Fliocene  inferiore  :  Zinola  presso  Savona,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 


103.  Nassa  Forestii  Hell. 

Tav.  V,  lìg.  21   (,.,  i). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  turrita  Bors.  sequenles  notac: 

Testa  major,  infiala:  spira  mafiis  aperta,  medio  magis  infiala.-  Anfracius  magis  convexi; 
ultimus  longior:  suturae  profundiores.  -  Costae  longitudiuales  ttsque  ad  penuUimum  anfraclum 
productae:  costulae  transversae  maijis  distinrtne  in  ulliinis  anfractubus.  -  Os  postire  minus  an- 
guslatwn ,  antice  minus  dilatatnm;  plicae  internae  labri  sinistri  majores ,  pauciores ,  9:  rimo 
antice  angustala,  postice  magis  lata,  brevior  ;  labrum  posticum  rimae  brevius. 

Long.  42  min.  :  Lai.  23  mm. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  rarissimo  ;   Coli,   del  Museo. 


304  i  jiollvschi  dei  tekrexi  terziakii  del  piemonte  ecc. 

404.  Nassa  isterposita  Bell. 

Tav.  V,  0-    22  (a,  b). 

Dislinguuiil  hanc  speciem  a  N.  turrita  Bors.  sequcnles  nolae: 

Spira  requlariter  involuta.  -  Anfractus  magis  convexi:  snturae  profuntliores.  -  Coslae  loii- 
gitudinales  ad  penultimum  aiifrnctum  jiniduclan,  dein  obsolelae:  costulae  transversae  in  omnibus 
anfrarliihus  distinrlar^  suhKniformi's.  -  Rima  jwstice  magis  dilatata. 

Long.  36  nini.:  Lai.   17  inni. 

ì  Bmiinum  turritiim  l'EU.  DA  COST.,  Motl.terc.  Port.,  pag.ltl,  tav. XV,  f.  1 1  <i,  i. 

Pliocene  inferiore:  Vezza,  presso  Alba,  non  frequente;   Coli,  del  Museo. 
105.  Nassa  inakouicostali  Bell. 

Tav.  V,  fig.  23  (a,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  N.  turrita  Bors.  sequcnles  nolae  : 

Testa  Inviar:  Sjiira  magis  tijierla  -  Anfradus  ultimi  mngis  cmivexi;  ullimits  loiigior.  - 
Costae  longiliidiiKih's  in  omnes  unfraclus  jììodiiclne ,  in  primis  urcualae,  in  ultimo  snbsinuosae, 
ab  inlcrslitiis  tatis  seiiaralan ,  propp  marginem  oris  ohsulelae:  costulae  transversae  vix  passim 
obsolelae  in  ullimis  aiifrnrtnhui.  -  Os  mai/is  rotnndalum:  culumella  magis  profunde  excavata: 
rima  anlicv  angitstaia,  postice  dilatata. 

Long.  31   min.  :  Lai.   Ifi  nini. 

Secondo  la  figui-a  pubblicata  dal  Marcel  de  Serres  del  suo  Buccinnm  Carcussoni 
{Geogn.  terr.  tert.,  tav.  Ili,  fig.  9,  10),  la  forma  qui  descritta  avrebbe  molta  analogia 
con  quella  del  Sud-est  della  Francia  ;  se  non  che  il  Marcel  de  Serres  nella  descrizione 
della  sua  specie  non  fa  cenno  di  coste  longitudinali  sugli  ultimi  anfratti ,  clie  anzi 
indicando  in  modo  speciale  la  presenza  di  coste  longitudinali  sui  primi  pare,  che  abbia 
voluto  far  comprendere  che  queste  coste  non  giungano  fino  all'ultimo  anfratto  come  sono 
segnate  nella  figura  che  ne  ha  pubblicata. 

Pliocene  superiore:  Volpedo  presso  Voghera,  raro  ;   Coli,  del  Museo. 

106.  Nassa  fallax  (Michtti.). 
Tav.  V,  fig.  24  (fl,  b\ 

Dislinguuiil  liane  speeiuni  a  iV.  turrita  Bors.  srqui'nles  nolae: 

Testa  minnr:  spira  brevior,  magis  acuta,  rcgulariter  involuta.  -  Costae  longiludinalcs  ot/ 
penultimum  anfructum  producine,  rcctae,  in  ultimo  o,  magnae,  inaequales ,  ab  inlerstitiis  lati» 
et  profundis  separatae ,  prope  marginem  vris  obsolelae.  -  liima  antice  magis  angusta,  postice 
ntagis  dilatala;  labrum  poslicuni  rimae  brevissinium;  runaliculus  poslicus  vix  notatus. 

Long.  29  min.:  Lai.  16  nim. 

1847.    Nassa  potìjgona  MlCUTTI.,  Foss.  mioc,  tav.  Xlll,  fig.  2. 

Miocene  supcriore  :  Colli  tortoncsi.   Stazzano,  rarissimo  ;   Coli.   Michelotti. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  3Ò5 

25'  Sei-ie. 

Nucleus  emhrionalis  hrevis,  ohtusus.-  Testa parvula,  crassa,  d oh' oli f ormi s.-  Spira 
medio  in  fiata.  -  Anfractus  jìaruni  convext  ;  ultimiis  dimidia  longitudine  hrevior , 
antice  valde  depressiis.  -  Superficies  in  primis  anfractubus  tota  longitudinaliter 
costata  et  transverse  sulcata,  in  itltimis  tota  longitudinaliter  ecostata,  tota  vel  in 
parte  transverse  silicata.  -  Os  suhorhiculare,  angustum  ;  labrum  sinistrum  incras- 
satinn,  arcuatum,  interius  plicato-dentatmn  ;  labrum  dexteruni  medio  et  praesertim 
postice,  ultra  os  productum  ;  regio  umbilicalis  plus  minusve  tecta  :  columella  sub- 
medio valde  excavata:  rima  terminalis,  antice  angustata,  postice  dilatata,  a  labiis 
hrevissimis  circumscripta,  valde  rejlexa,  postice  vix  canaliculata. 

Le  piccole  dimensioni ,  la  spessezza  del  guscio ,  la  forma  di  botticella .  la  forma 
del  labbro  destro,  la  grossezza  di  quello  sinistro,  la  brevità  delle  labbra  dell'intaglio 
e  la  mancanza  di  coste  longitudinali  sugli  anfratti  medii  ed  ultimi  sono  le  note  ca- 
ratteristiche delle  forme  raccolte  in  questa  serie. 

107.  Nassa  kecondita  (^fAY). 
Tav.  VI,  fìg.   1  (<j,  t;. 

Tesla  turrita,  dnìioìiformis :  spira  medio  infiala.  -  Anfraclus  ultimiis  parum  indalus  , 
anlice  salis  dopressus,  dimidia  longitudine  brevior.  -  Anfraclus  primi  2  vrl  3  ])ost  nurleum 
embrionalem  longiludinaliler  costali;  coslae  minulae,  crebrae ,  arcuatae  ;  anfraclus  medii  et 
ulliiiii  ccoslnti  ;  stilciis  unus  minutus  prnpp  suturam  jiosticam  decurrens;  superficie^  anfractuum 
mediuriim  et  jiaìlis  vciitralis  ultimi  laevis,  tiilens ,  inlerduni  sulci  nonnulli  vix  nolali  passim 
perspicui:  superficies  antica  ultimi  anfraclus  ileiise  transverse  sulcata;  sulci  crebri,  satis  pro- 
fundi,  aulici  vìajores.  -  Os  suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  ('X^trius  et  inlerius  valde  incras- 
salum ,  sitbarnialum  ,  interius  jilicatii-dentatiim  ;  deiiles  pleruimiue  o,  medii  majores  :  labrum 
dexlcrum  crnssum,  late  ultra  os  extensum ,  praesertim  poslice,  reijinnem  umbiliralem  recumbens, 
anlice  el  medio  plcmmque  dentatum,  poslice  uniplicalum:  columella  medio  profunde  exca- 
vata: rima  sublerminalis,  postice  dilatata. 

Long.  15  mm.  :  Lai.  7  '/j  "ini. 

1864.      Nassa  angystonia  DODKHL.,  Cerni,  tjeol.  tirr.mioc. slip.  Itat.centr.,  pag.  lOà. 

186f).    Buccinum      id.  COPP.,  Calai,  foss .  miuc.    e  ptioc.  moden.,  pag.  34. 

ricviulitum  MAY.,  Joiini,  de  Condì.,  voi.  XXI,  pag.  153,  tav.  X,  fig.  I. 

ii)igi/.ìtoiii<i  COPP.,  Catal.  foss.  iiiiii-pliov.  moden.  Coli.  Copp.,  pag.  9. 

:./.  SEGUENZ.,  Form,  ptioc.  hai.  iiierid.,  pag.  278. 

id.  COPP.,  Fnimm.  paleont.  moden..  pag.  5. 

id.  COPP.,   Terr.  tal),  moden.,  pag.  IO. 

id.  COPP.,   Paleont.  moden.,  pag.  35. 

Quantunque  il  Prof.  Doderlein  abbia  fin  dal  1864  dato  il  nome  di  N.  angystoma 
a  questa  specie  e  l'abbia  con  questo  nome  inviata  a  parecchi  suoi  corrispondenti  , 
tuttavia  il  nome  proposto  dal  Prof.  Doderlein  non  essendo  stato  pubblicato  con  una 
corrispondente  descrizione,  la  specie  deve  portare    il    nome    di    recondita,    col   quale 

Serie  li.  Tom.  XXXIV.  *  p 


187,3. 

Id. 

1874. 

il. 

?  1875. 

Nassa 

187(j. 

lì. 

1880. 

Id. 

1881. 

Id. 

306  I    MOLLUSCHI    PEI    TEKRENI    TEKZIAKII    PEL    PIEMONTE    ECC. 

fu  descritta  e  figurata  dal  Sig.  Prof.   Mayer,  da  cui  ebbi  in  comunicazione  l'esemplare 
tipico,  corrispondente  in  tutto  a  quelli  del   Sig.   Prof.   Doderlein. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   Stazzano,  raro,   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  inferiore:  Borzoli  presso  Sestri-ponente,  Zinola  presso  Savona,  raro;  Coli, 
del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  rarissimo;   Coli,  del  Museo. 

108.  Nassa  mac.rodon  (Btìonn). 

Tav.  VI,  lig.  2  [a,  b). 

DistinguuDl  hanc  specieru  a  iV.  recondila  (May.)  sequenles  nolae: 

Spira  minus  aporia.  -  Sitici  Iransversi  undique  super  omnes  anfractus  producti,  in  parte 
antica  primorum  et  mediorum  aufractuum  minores,  interdum  obsoleti,  in  tota  ultimo  majores , 
conferii,  ìiniformes ,  nsque  ad  rimani  producti.  -  Labrum  dexterum  medio  et  postice  minus 
exlensum. 

Long.  1 4  mm.  :  Lai.  7  mm. 

18S1.    Buccinum  macmdon  BRONN,  Hai.  lert.-Geb.,  pag.  24. 

1875.   Aassa  angiostoma       SEGUEISZ.,  Form,  plioc.  hai.  merid.,  pag.  278. 

Pliocene  superiore:  Colli  astcsi,  Valle  Andoiia,  non  frequente;   Coli,  del  Museo. 


109.  Nassa  Auingeri  (M.  Hoern.). 

Tav.  VI,  fig.  3  (fl,  b]. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  recondita  (May.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  subglobosa:  spira  brevior ,  magis  aperta,  medio  magis  infiala.  -  Anfractus 
ultimus  magis  venlroxus  ,  anlice  magis  dejiressns.  -  Costae  lonriitìidinalcs  primorum  anfrnctuum 
majores.  -  Os  anlice  (lilatalum;  labrum  sinislrum  vix  incrassalum ,  inlcrius  pluri-plicatum; 
plicae  uniformes,  non  dentiformes;  labrum  dexterum  gracile,  ultra  os  minus  productum:  colu- 
mclla  laevis,  aulire  snlis  excnvnta:  regio  umbiiicalis  magis  detecla. 

Long.  10  mm.  :  Lai.  6  mm. 


m 


"D- 


1882.    Buccinum  Auhigcri  M.  UOERNES  in  R.  HOERN.  u.  M.  .VUING.    Gaster.  Mioc.Ocst.-Ciig.  Monarci,.. 
pag.  122,  lav.  XlV,  lig.  23,  21. 

Varietà  A.  (an  species  ilistingnenda  ?\ 

Testa  minor.  -  Anfractus  primi  non    longitudinaliter  costati;  omnes,    excepto    ultimo,    tali 
Iransversc  minute  sulcati. 

(Long.  8  '/*  "!"'•  Lai.  5  '/^  """ 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raro  :  Coli,   llovasenda. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  307 

HO.  Nassa  deprompta  Bell. 
Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  Auingeri  (M.  Hoern.)  sequenles  nolae; 

Anfiactus  primi  (posi  nucleum  embrionalem)  et  medii  longiludinaliter  costali  -  Costae  magnae, 
obtusae,  obliquae,  ab  interstitiis  aiigustis  separatae:  anfractus  omnes  loti  transverse  sulcali;  sulcus 
posticus  major. 

Long.  10  tnm.:  Lat.  5  '/j  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero  torinese,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 

111.  Nassa  notanda   Bell. 
Tav.  VI,  fig.  4  (a,  A). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  N.  recnnilila  (May)  sequenles  nolae: 

Nucleus  emhrioìialis  brevior ,  latior ,  oblusior.  -  Tenta  miimr ,  subglobosa:  spira  brevior. 
magis  aperta.  -  Anfraclvs  uìtimus  longior .  aniicf  mngis  depri-xsus.  -  Sulri  transvirsi  su/Jcr 
totani  superficicm  dccurrentes.  in  ultimo  anfraclu  r.rebriores.  -  Os  sttbquadratnm;  labrum  sini- 
slrum  medio  leviler  deprpssum,  aniice  subangulosum,  inlerius  pluri-plicatum;  labrum  de.vterum 
laeve:  culumella  submedio  profwide  exravata  :  rima  sublateralis. 

Long    7  Va  ram.:  Lai.  5  mm. 

Questa  forma,  che  ha  in  comune  colle  due  precedenti  la  presenza  di  numerosi 
solchi  che  ne  attraversano  tutta  la  superficie  ed  in  maggior  numero  sull'ultimo  anfratto, 
differisce  dalla  prima  (N'.  macrodoti,  Bronn)  per  le  sue  dimensioni  notevolmente  minori, 
per  la  sua  forma  globosa ,  per  la  columella  molto  più  incavata  :  ed  alla  seconda 
{N.  Auingeri,  M.  Hoern.)  perchè  la  spira  vi  è  meno  rigonfia  nel  mezzo;  perchè  le  costicine 
longitudinali  dei  primi  anfratti  sono  più  piccole;  perchè  il  labbro  sinistro  è  maggior- 
mente inspessito,  depresso  nel  mezzo  e  quasi  angoloso  anteriormente  ;  perchè  il  labbro 
destro  è  più  grosso  e  più  esteso  tanto  nella  regione  mediana  quanto  nella  posteriore, 
e  perchè  finalmente  la  columella  è  più  profondamente  incavata. 

Avendo  paragonata  la  forma  qui  descritta  con  tre  esemplari  tipici  della  X.  Beyrichi 
Mayer  (Journ.  de  Coìteli.,  voi.  XXI,  pag.  145,  tav.  VI,  fig.  1),  provenienti  da 
S  '-Jean-de-Marsac  ,  inviatimi  in  comunicazione  dal  Sig.  Prof.  Mayer  ,  mentre  rico- 
nobbi la  grande  affinità  che  corre  fra  Tuna  e  gli  altri  ,  vi  ho  notate  le  seguenti 
differenze  :  1°  la  forma  dei  tetti  Borelli  è  più  breve  e  più  rigonfia  ;  2°  i  solchetti 
trasversali  vi  sono  molto  più  numerosi  e  perciò  fra  loro  più  ravvicinati  e  non  uniformi, 
essendo  maggiori  quelli  che  corrono  presso  la  sutura  posteriore  ;  3"  l'angolo  anteriore 
del  labbro  sinistro  è  più  distinto. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli,  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro  ;   Coli.  Rovasenda. 

1 1  2.  Nassa  sulcatula  Belt.. 
lav.  VI ,  Cp.  5  {a,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  iV.  rerondila  (May)  sequenles  nolae: 

Nucleus  ewbrioiìalìs  ìiiai/is  obUisiis.  -   Testa  minor,  gracilior:  spira    minus  avuta.    -  Sulci 
transversi  undiqiie  dccurrentes  ,  minuti,  inter   se  valde  di'<lantes ,  ti  in  primis  et  medii'   anfra- 


308  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

ctubus  pers])icui ,  20  in  ultimo,  prope  rimam  majores.  -  Os  subqiiadralum;  labrum  siuistnim 
medio  distincle  de\)ressum,  anlice  sìibaiujuìalnm,  inlerius  pluri-pliratum  ;  labrum  dexierum  parum 
el  subuììiformiler  ultra  os  produdum,  anlice  et  mfdio  laeve:  columella  magis  prnfuude  excavata. 

Long.  1 1  Va  """•  ■  ^^^-  ^  '  /-'  "1"^- 

Anche  questa  forma  è ,  come  la  precedente,  intimamente  collegata  colla  N.  Beyricìii 
(May.);  ne  la  distinguono  a  mio  parere  :  1°  le  maggiori  dimensioni  ;  2°  la  minor  gros- 
sezza del  guscio  ;  3"  la  maggior  lunghezza  della  spira  ;  4°  la  maggior  convessità  degli 
anfratti,  e  perciò  la  maggior  profondità  delle  suture;  5"  il  labbro  sinistro  depresso 
e  non  arcato  ;  6°  la  bocca  di  figura  più  stretta  e  più  lunga. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro  ;  Coli.  Rovasenda. 


26-  Serie. 

Nucleus  cmhrionalis  brevis,  obtusus.  Testa  minuta,  crassa,  dolioliformis.  -  Spira 
medio  inflata.  -  Anfractus  pnruni  convexi;  tdfinius  dimidiam  longitudinem  subae- 
quans.  -  Superficies  minutissime  transversc  silicata,  longitudinaliter  ecostata.  -  Os 
suborbicularc  ;  labrum  sinistrum  incrassatum  ,  exterius  marginatum  ,  variciforme  . 
interius  pluri-plicatum;  labrum  dexterum  vix  ultra  os  regulariter  productum  :  colu- 
mella medio  profunde  excavata:  rima  terminalis,  lata, prof unda,  a  labiis  longiusculis 
circumscripta,  parum  reflexa,  postice  vix  canaliculata. 

Ho  distinta  la  forma  di  questa  serie  da  quelle  della  precedente  particolarmente 
per  il  grosso  ribordo  esterno,  a  guisa  di  varice,  del  labbro  sinistro  ;  e  per  la  posi- 
zione dell'intaglio  ,  il  quale  è  più  distintamente  terminale  e  ciixoscritto  da  labbra 
alquanto  lunghe. 

113.  Nassa  Bivonae  Bell. 

Tav.  VI,  fig.  6    a,  b). 

Testa  parvula,  dolioliformis:  spira  parum  acuta ,  nieilio  inllala.  -  Anfractus  convexi: 
ullimus  anlice  valde  deprossus:  sulurae  subcaunlirulaluf.  -  Superficies  suhlaevis,  vix  passim 
obsolete  transverse  miimlissimc  sulcata;  pars  antica  ultimi  anfractus  crebre  et  minute  transvcrse 
sulcala.  -  Os  suluiuadralum  ;  labrum  sinistrum  medio  loviler  depressum,  anlice  suhangulalum, 
interius  pluii-plicalum;  labrum  dexierum  lacvc. 

Long.  5-8  mm.  :  Lai.  3-5  nini. 

Questa  specie  per  la  sua  forma  generale  e  per  la  natura  dei  suoi  t>rnamenti  super- 
ficiali ha  non  poca  analogia  colla  N.  exigua  (Brocch.) ,  dalla  quale  tuttavia  è  bene 
distinta  per  il  grosso  ribordo  esterno  del  labbro  sinistro,  e  per  la  posizione  terminale 
dell'intaglio. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,   imn   nuo  :   (,'oll.  del  Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    EELLARDl  309 

2T  Serie. 

Nucleus  embrionaìis  brevis,  obtusus.  -  Testa  parvula,  turrita  :  spira  longiuscula, 
medio  inflata.  -  Anfractus  ultimus  dimidia  longitudine  brevior.  -  Superficies  tota  lon- 
gitudinaliter  ecostnta  et  transverse  minute  sulcata.  -  Os  ovale;  labrum  sinistrum 
incrassatum  ;  labrum  dexteriim  gracile,  non  ultra  os  productum,  regionem  umbili- 
calem  non  tegens,  inde  testa  submnbilicata  :  columella  subrecta,  in  axitn  trstae  pro- 
ducta:  rima  terminalis  lata,  parum  profunda,   elabiata,  postice  non  canaliculata. 

La  forma  della  columella  che  va  quasi  diritta  nell'asse  della  conchiglia  all'apice 
della  bocca,  la  brevità  del  labbro  destro,  la  presenza  di  una  specie  di  ombellico,  la 
posizione  terminale  dell'intaglio  e  finalmente  la  mancanza  della  scanalatui'a  che  lo 
accompagna  posteriormente  sono  le  note  caratteristiche  di  questa  serie. 

1 1 4.  Nassa  abata  Bei.l. 

Tav.  VI,    fìg.  7  (a,  b). 

Testa  sublurrila:  spira  longiuscula,  salis  acuta.  -  Anfraclus  convexi;  ullimus  pamm 
ventiosus,  antice  parum  depressus.  -  Salci  Iransversi  minuli ,  i  vel  5  in  primis  el  nicdiis 
anfrafUibiis  perspicui,   \2  in  uKimo,  in  parte  aiilicn  ulliiui  itnfraclnx  iuler  s»-  winus  dislaiiles. 

L(inj;    9  intn  :   Lai.   4   '/a  i"i"- 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raro  ;  Coli,  del  Museo  e  Mi- 
chelotti. 

28»  SeiHe. 

Nucleus  embrionaìis  longus,  acutus.  Testa  turrita  :  spira  longa,  valdc  acuta, 
polygyrata.  -  Anfractus  valde  convexi ,  inde  suturae  profundae  ;  anfractus  %iltimus 
antice  depressissimus,  '/,  totius  longitudinis  aequans.-  Super ficies  tota  longitudinaliter 
costata  et  transverse  costulata.  -  Os  obliquum  ,  ringens  ,  postice  canaliculatum  ; 
labrum  sinistrum  arcuatum,  antice  subangulatum ,  incrassatum ,  interius  pluripli- 
catmn  ;  labrum  dextrrum  antice  vix,  postice  late,  ultra  os  productum  et  uniplicatum, 
antice  ad  marginem  liberum  et  erectum,  obliquum,  in  fauce  rugatum  :  columella  medio 
profundissime  excavata,  valde  contorta:  rima  latissima,  parum  profunda,  valde 
reflexa,  a  labiis  longis  circumscripta,  postice  profundissime  canaliculata. 

Fra  i  caratteri  propri  di  questa  serie,  quelli  che  la  separano  dalle  vicine,  sono 
particolarmente  i  seguenti:  1"  la  spii'a  lunga  e  notevolmente  acuta,  fonnata  da  anfratti 
numerosi,  brevi  e  molto  convessi  ;  2°  il  labbro  sinistro  grosso,  quasi  varicoso,  dilatato 
anteriormente;  3°  il  labbro  destro  sottile,  anteriormente  libero  ed  eretto  al  margine 
per  modo  da  lasciare  scoperta  la  regione  umbihcale,  accollato  all'ultimo  anfratto  e  poco 
esteso  posteriormente,  guernito  di  parecchie  rughe  e  di  una  grossa  piega  presso  il  suo 
incontro    col   labbro  sinistro  :   4°  la  columella  molto  contorta  all'apice  :    5°  l'intaglio 


310  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

molto  ripiegato  verso  il  dorso  dell'anfratto  ;   G°  e  finalmente  la  profondissima  scana- 
latura che  corre  posteriormente  all'intaglio. 

La  forma  fossile  per  la  quale  ho  istituita  questa  serie  ha  il  suo  rappresentante 
nella  Fauna  attuale  nella  N.  decussata  Kien.,  la  quale  vive  neirAtlantico  sulle  coste 
d'Africa. 

115.  Nassa  contracta  Beli.. 
Tav.  VI,  (it;   9  (<i,  b\ 

Tesla  crassa  -  Coslae  longiludinales  maqnae ,  compressae,  ab  interslUiis  lalis  sfiìaratuf. 
10  vcl  11  in  ulliino  anfraclu,  magis  ohliqnae  in  tiUimix  anfrartulnis  quam  in  ]>rimis,  reclae, 
prope  rimani  minores,  siibsinuosae  :  coslulae  Iransversae  in  primis  anfraclulms  3  vel  4  per- 
spicuae,  sìibuniformes.  rostas  Inngiludinales  subaequanles,  inde  superficies  ibi  clatlirala,  in  liibvs 
uUimis  (lìifradnbus  nnmcrosiures ,  majores  el  minores  allrrnatae:  superficies  loia  loiij;iludina- 
liler  minute  slrialo-lamellosa.  -  Os  suborhiculare;  plica  antica  interna  labri  sinistri  major; 
plica  postica  labri  desleri  mar/na  et  longa. 

Long.  30  min.:  Lai.   18  nini. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo  :  Coli,  del  Museo  e  della 
R.   Scuola  d'Applicazione  per  gl'Ingegneri. 

29'  Serie. 

Nucleits  embrionalìs  minutus,  acutus.  -  Testa  ventrosa,  turhiniformis  :  spira 
brevis,  ad  apicem  acidissima,  dein  magis  aperta.  -  Anfractus  irrimi  depressi,  ultimi 
convexi  ;  ultimus  inflatus,  antice  falde  depressus,  dimidiam  lonfiHudiuem  aeqitaiìs. 
-  Superficies  tota  longitudinaliter  costata  et  transverse  silicata.  -  Os  suborhiculare  : 
labrum  sinistrum  incrassatum,  interius  plicato-dentatum  ;  labrum  dexterum  crassuiv. 
antice  et  postice  parum,  in  regionem  medianam  magis,  productum,  postice  unipli- 
catum  :  columella  medio  profunde  excavata  :  rima  subterminalis,  antice  angustata 
longa  ,  a  labiis  longiusculis  circumscripta  ,  valde  recurvata  ,  postice  profunde  et 
anguste  canaliculata. 

L'acutezza  della  spira  all'apice  ;  la  poca  apertura  dell'angolo  spirale  negli  anfratti 
di  mezzo,  la  quale,  unitamente  alla  brevità  della  conchiglia,  in  proporzione  della  sua 
grossezza,  le  dà  una  forma  quasi  globosa;  la  spessezza  del  labbro  sinistro;  la  figura 
quasi  orbicolare  della  bocca  ;  il  labbro  destro  che  poco  ed  uniformemente  per  tutta 
la  sua  lunghezza  si  estende  fuori  del  piano  della  bocca  ;  l'intaglio  molto  ripiegato 
ali 'indietro  ;  e  la  profonda  e  stretta  scanalatura  che  gli  corre  po.-iterionucntc,  danno 
alla  forma  descritta  in  questa  serie  una  fisionomia  affatto  particolai'e  e  distinta  da 
quella  delle  specie  descritte  nelle  altre. 

116.  Nass\  obesa  Beli.. 
Tav.  VI.  Ug.  8  (<i,  b). 

(loslao  lon^'ìUidinalcs  maqnae,  jirominenles,  oblusae.  rectae,  leviter  nliliqnae,  \0  in  iillinKt 
anfraclu,  ah  iuterstitiis  latis   et  priifnmlis   srparalae ;  sulci    Iransversi  angusti,  inler  se  salis 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  311 

distanles,  parum  profnndi.  -  Plicae  intcrnae  labri  sinistri  inaequales,  meiianae  majores;  labrum 
dexlerum  anlice  unirugalum. 

Long.  21   mm.  :  Lai.  9  '/a  "i"i 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Albugnano,  rarissimo  ;   Coli.  Kovasenda. 


30a  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  acutus.  -  Testa  turrita  :  spira  ìonga,  satis  acuta,  medio 
inflata.  -  Anfractus  convexi;  idtinms  dimidia  longitudine  hrevior.  -  Superficies  tota 
longitud  inai  iter  costata  et  transverse  costuìata.-  Os  suhorhiculare  ;  labrum  sinistrum 
incrassatum,  suhvaricosum,  interius  plicato-dentatum ,  subarcuatum  ;  labrum  dexterum 
crassum,  ultra  os  productum  ,  in  regionem  medianam  magis  productum,  in  fauce 
rugulosmn,  postice  uniplicatum  :  columella  valde  contorta,  medio  profunde  excavata: 
rima  suhterminalis,  arftice  angustata,  profunda,  a  labiis  longiuscul/s  circìimscripta, 
valde  reflexa,  postice  profunde  canaliculata. 

Le  varie  forme  componenti  questa  serie  sono  fra  loro  strettamente  collegate  sia 
dalla  forma  generale  lunga  e  stretta,  sia,  ed  in  ispecial  modo,  dalla  natura  del  labbro 
destro,  il  quale  anteriormente  ricopre  una  parte  della  regione  ombilicale  ,  si  estende 
notevolmente  nella  sua  regione  mediana  ed  è  poco  esteso  posteriormente. 

117.  Nassa  stbobeliana  Hocc. 

Tav.  VI,  lìg.   10  (a,  b). 

Testa  magna,  crassa:  spira  perìonr/a,  valde  acuta,  vix  medio  inflata.  -  Anfractus,  con- 
vexi, prnpe  suturam  anticam  leviler  infiali;  ullimus  antice  valde  depressus,  '/j  lolius  longi- 
ludinis  aequans:  suturae  satis  profundae.  -  Costae  longiludinales  compressae,  prominenles, 
ab  intersliliis  lalis  scpnralar,  subreclae ,  axi  lestae  parallelac ,  cantra  suturam  poslicam  pro- 
ducine, in  parte  antica  ultimi  atifractus  sinuosae,  in  omnibus  anfraclubus  plerumque  coiidVyuae, 
14  in  ultimo  anfrattn;  costuiae  Iransvcrsae  parmUae,  a  sulcis  lalis  separatae,  subuniformes, 
in  parte  postica  niifracluiim  inler  se  miKjis  pro.rimae  ,  continuae,  super  costas  longiludinales 
decurrentes.  -  Os  snborbirulare;  labrum  sinistrum  valde  incrassatum,  arcuatum  ,  interius 
plicato-dentatum;  labrum  doxterum  crassum,  medio  late  ultra  os  productum,  rugatum;  rugae 
magitae,  inaequales;  plica  postica  magna:  columella  medio  profunde  excavata. 

Long.  32  mm.  :  Lat.  13  ram. 

1842.  Buciinuni  myga       E.  SISMO.,  Si/n.,  pag.40. 

1873.  Nassa  strvbcliana  COCC,  Eniim.SisI,  Mnlt.mioc.c  plitic.  Parm.e  Piac,  pag.  85,  lav.  Il,  tìg.  5,  6. 

1876.        1(1.         i(l.  FOHEST.,  Ca(a/.  jI/o//./)rtoc.  i?o%n.,  II,  pag.  66. 

1875.        Iti.         id.  SEOUENZ.,  Furm.pUoc.  Ital.  merid.,  pag.  276. 

1881.       Id.         id.  r.01'1'.,  ,Var«.<Hr(/i.  ;norffn.,  pag.  14. 

1881.        Id.  id.  C.Ol'P.,  Paleont.  moden.,  pag.  35. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  raro;   Coli,  del  Museo. 


312 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


118.  Nassa  labelllm  (Don.). 

Tav.  VI,  fig.   It  (a,  *). 

Testa  pnrvula:  spira  medio  distincte  infiala,  ad  apicem  valde  acuta.  -  Anfractus  vix 
convexi  ;  uUimiis  anitre  jiaium  depressiis  ,  'j,  circitor  lotius  longiludinis  aequans  :  sulurae 
superticiales.  -  Coslae  longiludinales  magnae,  compressae,  ab  inlerslitiis  latis  sfparalae,  reclae, 
leviler  obli(|uae,  in  omnibus  anfradulms  conlìrjuae ,  8-10  in  ultimo:  costular-  transversae 
ma(jnae,  obtuxae,  ab  inlerslitiis  anqnstis  separatae,  conlinuae,  sii/icc  cnstas  lonrjitiidinales  majores. 
in  anfraclubus  primis  et  inediis  li  picrumque  perspicuae,  10  vel  II  in  ullinio.  -  Os  subo- 
vale; labrum  sini-trum  subarcualuin;  |)licao  internae  4  ve!  5,  magnae,  denliformes  ;  labrum 
dcxleium  aiilice  ni^alum. 

Long.   Il    '/.j  mm.:  Lai.  !i  mm. 

Buccinum  labtllum  BOÌV.,  Mus.  tour. 
1847.    Nassa  labella  .MICIITT!.,  Fass.  imoc,  pag.905. 

1864.        IJ.        id  DODEHL  ,  Ceim.  getti  icrr.  mioc.  slip-  Itat.  cenlr.,  pag.  105. 

1869.    Buccinum  labellum  COPP.,  Calai,  foss.  mioc.  e  plioc.  moderi.,  pag.  24. 
1874.        Id.  id.  COPP.,  Calai,  foss.  mio-plioc.  moden.  Coli.  Copp.,  pag.  9. 

1881.    Yassa  labella  COPP,  Paleont.  moden.,  pag.  36. 

Varietà  A. 

Tesla  minor:  spira  medio  minns  injlala.   -   Coslae  luniiiludinales  aitimi  anfraclus  costis  Inn- 
gitudinalibus  anfractus  prnccedenlis  non  contiijuafì. 
Long.  7  mni.  :  Lai.   i   min. 

?  I8G4.    N'is.ui  Itihelti'iJcs  DODEUL  ,  Centi,  rjeol.  icrr  mioc.  siip.  hai.  ccnlr.,  pag.  105. 

Pliocene  superiore  :  Colli  tortonesi  ,  S"'  Agata-fossili ,  Stazzano  ,  non  frequente  ; 
Coli,   del  Museo. 

Pliocene  inferiore:  Capriata,  Valle  dell'Orba,  raro  ;   Coli.  Micbelotti. 

M9.  Nassa  Aldovrandii  Bell. 

Tav.  VI,  fig.   19  {a,  b). 

Disliiiguunl  hanc  speciem  a  iV.  laliellum  (Bon.)  sequenles  nolae: 

Cnstae  lonfjilndinales  niinoreit,  I  2.  miigis  obliquae,  ab  intersliliis  minoribus  separatae.  non 
contiguae  in  omnilius  anfrarluhus,  in  anfradu  nltimo  dislincle  sinnosae:  coilulae  transrer.iao  iitt- 
merosiores,  miiiutae,  sabobsolelae.  -  Os  longius ;  labrum  dexterum  postice  magis  exlensum  ;  rima 
minus  revoluta  ;  nanalicnius  posticus  rimae  mintis   profundus. 

Long,  9  mm. :  Lai.  4  '/»  '"■"• 

Pliocene  inferiore  :  Vozza  presso  Alba,  raro  ;   Coli,  del  Museo. 


l'io.  Nassa  Semperi  Bell. 

\ 

Tav.  VI,  lig.   13  {a.  b.). 

Dislinguunl  hano  speciem  a  iV.  labellum  (Bon.)  sequenles  nolae: 

Coslae  longiludinales  nuinerosiores,   1 5  in   ultimo   anfradu,    minorcs,  prope  suluram  posti- 
cam  subinlerraptae  et  snbdenlalae,  non  in  omnibus  anfradubits   contiguae:   coslulae  transversae 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  313 

minores  ,    numerosiores  ,    ab   iìiterstiliis   lalioribus   separatae.  -  Canaliculus  posticus   rimae  vix 
nolalus. 

Long.  Il   rani.  :  Lat.  5  nim. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  raro  ;   Coli,   del  Museo. 

121 .  Nassa  longa  Beli.. 
Tav.  VI,  f.g.  14  (a,  A). 

DislinguuiU  haiic  speciem  a  N.  lahellum  (Ben.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  longior,  magis  acuta,  vix  medio  infiala  -  Anfraclus  minus  convexi ; 
ullimus  '/r,  tolius  loiigiludinis  vix  aequans.  -  Coslae  loiigiludinales  minores,  compressae,  subaciUae, 
in  ultimo  anfractu  subsinuosae,  non  in  onmilius  anfractubus  conti guae  :  costulae  Iransversae  mi- 
nores, numerosiores,  a  sulcis  anguslioribus  scparalur. 

Long.  1 1   inm.  :  Lai.  4  min. 

Questa  forma  ha  molta  analogia  con  quella  del  Bolognese  che  il  Sig.  Foresti  de- 
scrisse col  nome  di  Buco.  Giùdiceinii  For.,  (Caini.  Moli,  .plioc.  Bologn.,  pag.  35, 
tav.   I,  fig.    12-14)  e  che  gentilmente  mi   lia  comunicata. 

Dal  paragone  del  fossile  bolognese  con  quello  del  Piemonte  ,  trovai  fra  loro  le 
seguenti  differenze.  Nella  forma  descritta  dal  Sig.  Foresti  :  1°  gli  anfratti  sono  più 
convessi  e  posteriormente  depressi  :  2"  le  coste  longitudinali  sono  diiitte  ;  3°  le  strie 
trasversali  non  con-ono  su  tutta  la  superficie,  ma  mancano,  o  sono  appena  segnate, 
presso  la  sutura  posteriore,  ed  una  più  gi-ossa  delle  altre  taglia  le  coste  longitudinali 
■  prima  della  sutura  alla  quale  queste  non  giungono. 

Per  inavvertenza  del  disegnatore  nelle  figure  sopracitate  (tav.  VI,  fig.  14,  n,  h). 
le  coste  longitudinali  sono  diritte,  mentre  nell'originale  sono  sinuose,  e  non  sono  suf- 
ficientemente indicate  le  strie  trasversali. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  rarissimo  :   Coli,  del  Museo. 


31'  Serie. 

Nucleus  etnbrionalis  angustiis  ,  acutìin.  -  Testa  minuta ,  turrita  :  sj^ira  longa, 
medio  subinflata.  -  Anfractus  convexiiiscuU  ;  ultimus  dimidia  longitudine  brevior.  - 
Superficies  tota  longitudinaliter  costata  et  transverse  silicata.  -  Os  suborhiculare  ; 
labrum  sinistrum  arcuatum,  expansum  ,  incrassatum  ,  interius  plicato-dentatum  ; 
labrum  dexterum  antice  et  medio  vix  et  subuniformiter  ultra  os  productuni ,  postice 
magis  expansum:  eolumella  piostiec  profunde  excavata:  rima  terminalis,  profunda, 
antice  angustata ,  valdc  reflexa,  a  labiis  hrevibns  circumscripta ,  postice  subcarinata 
et  canaliculata  ;  canaliculus  parum  profundus. 

Ho  separate  le  forme  ,  che  rappresentano  la  presente  serie  ,  da  quelle  della  pre- 
cedente pei  seguenti  caratteri  :    1  °  per  la  forma  generale  più  breve  e  più  larga  :  2"  per 

Serie  II.  Tom.   XXXIV.  'q 


314  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

la  dilatazione  del  labbro  sinistro ,  per  la  quale  la  bocca  vi  è  più  ampia  ;  o"  per  la 
forma  del  labbro  destro  ,  il  quale  nella  regione  anteriore  e  media  esce  appena  dal 
piano  della  bocca  ,  mentre  in  quella  posteriore  è  relativamente  alciuanto  dilatata  ; 
4°  per  la  columella  meno  contorta  ;  e  5°  per  la  minor  profonditi!  della  scanalatala 
che  corre  posteriormente  all'intaglio. 

122.  Nassa  tomentosa   Doderl. 

Tav.   VI,  Cg.    J6  (a,  b). 

Testa  turrita:  spira  ad  apicem  iaìde  aiuta,  dein  inafiis  aperta.  -  Anfraclus  paruui  con- 
vexi;  ullimus  venlrosus ,  anlice  salis  depressus.  -  Coslae  longiludinales  promineutes ,  latae, 
oblusae,  ab  inlerslitiis  anfiustis  et  profundis  separatae.  subreclae,  axi  lestae  parallelae,  14  in 
ullimo  anfraclu  :  coslulae  Iransversae  latae,  deprcssae,  a  sulcis  angustis  separatae,  super  costas 
loiigitudinales  conlinuae,  4  vel  5  perspicuae  in  primis  el  mediis  anfractubus ,  9  in  ullimo; 
sulcus  Iraiisversus  posticus  major.  -  Os  suborbiculare,  antice  dilatalum  ;  labrum  siiiislrum  »h- 
terius  quadri-dentalum,  subarcuatum;  labrum  dexlerum  anlice  rugalum,  poslice  uniplicalum: 
columella  medio  profunde  excavala. 

Long.  7  mm.  :  Lai.  3  mm. 

1864.    Nassa  tomentosa  DODERL.,  Ceiin.tjeol.  Ieri.  mioi.  siip.  Ital.  cfntv..  pag.  105. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Sciolze,  raro  ;  Coli.  Michelotti  e  Rovasenda. 

123.  Nassa  Pereirae  Rell. 
Tav.  VI,  fii;.   15  {a,  0). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  tomentosa  Doderl.  sequenles  nolae  : 

Testa  marjis  infiala:  spira  magis  aperta.  -  Anfraclus  depressi;  ultimus  magis  venlrosus.  - 
Costae  lungiludinales  magis  prominente.t,  ah  inlerslitiis  laliurilms  separatae,  reclae,  postice  contra 
suturam  subtruncatae ,  in  omnibus  anfractubus  contiguae,  1 1  in  ultimo.  -  Os  antice  minus  dila- 
latum;  labrum  sinistrum  magis  incrassatum. 

Long.  7  min.  :  Lai.  4  mm 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raro;   Coli,   del  Museo. 

124.  Nassa  Rovasendae  (May.). 

Dislinguunl  hanc  speciera  a  N.  tomentosa  Doderl    sequenles  notae  : 

Testa  major,  longior ,  angustior:  spini  medio  dislincle  infiala.  -  Anfraclus  longiores.  - 
Costae  Inufiiludinali's  miuores,  numeroiiores  -  Labrum  sinistrum  pnslice  depressum,  inde  os  po- 
stice anguslatum  :  caualiculus  poslieus  contra  rimam  decurrens  magis  profuudus. 

Long.  7  '/«  nini-     Lai.  3  '/a  mm- 

tìaccinum  Hovasimlae  M.VY.  i«  litt-.i-is  et  spaimiiiibus. 

Per  la  natura  dei  solchi  trasversali  e  per  la  figura  del  labbro  destro  questa  specie 
è  affine  alla  ^Y.   Pereirae  Bell.,  dalla  quale  è  tuttavia  distinta  per  la  sua  forma  più 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  315 

stretta  e  più    lunga ,   per    il    maggior  numero  e  per  la    minor    grossezza    delle    coste 
longitudinali. 

Questa  forma  mi  fu  gentilmente  comunicata  dal  Sig.  Prof.  Mayer  quando  le 
tavole  erano  già  disegnate  sulla   pietra. 

Miocene  vi  ed  io:  Colli  torinesi.  Termo- Fourà  ,  raro  :  CoU.  del  Museo  di  Zurigo 
(Prof.   Mayer). 

32'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  acutus.  -  Testa  minuta,  turrita:  spira  longa,  medio  in  fiata.  - 
Anfractus  convexiuscuU  ;  ultimus  dimidia  longitudine  brevior.  -  Super ficies  in  primis 
anfractubus  obsolete  longitudinaliter  costata,  dein  laevis.  -  Os  suborbiculare  ;  labrum 
sinistrum  arcuatum,  expansum,  interius  plicato-dentatum ,  rxterius  marginatum  ; 
labrum  dexferuw  gracile,  adnatum .  laeve,  nniformiter  et  satis  ultra  os  jìroducfttm  : 
columella  depressa,  arcuata:  rima  terminalis,  profunda,  parum  lata,  satis  reflexa, 
a  labiis  brevissimis  circumscripta.  postice  vix  stibcanaliculata. 

L' espandersi  elio  fa  il  labbro  sinistro ,  e  la  mancanza  di  ornamenti  superficiali 
negli  ultimi  anfratti  .  la  lunghezza  e  l'acutezza  della  spira  e  le  sue  piccole  dimen- 
sioni imprimono  alla  forma  de.scritta  in   ([uesta  serie  una  fisionomia  tutta  particolare. 

125.    S\SSX    PERF.GRINA    BEI.r.. 
T.1V.  VI,  fif;.    n  (a,  bt. 

Te>(a /Mcn7n;  spira  lon^a,  satis  acula.  -  .\nfraclus  convpxi  : /irtmi  obsolete  IniifìiludinaHtfr 
costali;  meda  el  ultimi  toti  laeres;  ullimus  aulire  salis  depressus.  -  Os  medio  valde  dilatalum; 
labrum  sinislrum  valde  expansum. 

Long.  6  min.  :  Lai.  3  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  rarissimo  ;   Coli.   Michelotti. 

33'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  parvulus,  plus  minusve  acutus.  -  Testa  parvula.  -  An- 
fractus convexi:  ultimus  dimidia  longitudine  brevior,  vel  vix  dimidiam  longitu- 
dinem  aequans.  -  Superficics  longitudinaliter  costata,  transverse  costulata.  -  Os 
suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  arcuatum,  varicosum,  interius  plicafum  :  labrum 
dextcrum  antice  vix,  vel  parum,  tdtra  os  productum,  postice  plus  minusve  extensum  : 
columella  arcuata:  rima  lata,  profunda.  a  labiis  longis  circumscripta,  valde  re- 
flexa, postice  profundc  canali  culata. 

La  contemporanea  presenza  dei  caratteri  seguenti  nelle  forme  di  questa  serie  le 
distingue  facilmente  da  quelle  delle  serie  che  vengono  dopo,  colle  quali  queste  hanno  molta 
analogia  nelle  dimensioni,  nella  forma  generale  e  nella  qualità  degli  ornamenti  superficiali  : 
1°  nucleo  embrionale  piccolo,  acuto:  2°  labbra  deirintaglio  lunghe  e  molto  rovesciate 
sull'ultimo  anfratto;   3°  scanalatura  posteriore  all'intaglio  stretta  e  profonda. 


316 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


A.  Labrum  dexteruiii  |)Ostìrc  vix  ultra  os  prodiiclum. 


126.  Nassa  ingrassata  (Mui.l.). 

Tav.  VI,  fig.    18  (a,  b). 

Tesla  turrita:  spira  loiisa  -  Anfraclus  raìde  cnnrexi ;  ullimus  '/s  lotius  lonpiludinis 
subaequans:  suturae  profundae.  -  Coslae  longitudinalcs  oblusae,  rectae,  axi  Ifstae  paraUdae, 
ab  inlerstitiis  lalis  et  profundis  separatae,  plerumque  1 1  in  ultimo  anfractu:  coslulae  Iransversae 
minutae,  plerumquo  12  in  primis  el  mcdiis  anfraclubus  perspicuae,  20-22  in  ultimo,  sulianilae, 
siibuniformes ,  contlnuup,  supir  castas  Inniiitiidinales  el  intcrstilia  inlerposita  denirmiles,  a  snlcis 
profundis,  latiusculis,  complanatis,  separata  ;  sulci  prope  suturam  posiicam  minores.  -  Os  orbi- 
culare;  labrum  sinislrum  maqni-varicusuin;  labrum  dexlcrum  medio  et  postice  vix  et  nnifor- 
miter  ultra  os  prodiirlmn,  rugalum,  poslice  uniplicalum  :  rima  poslice  carinala. 

Long.   17  mm.  :  Lat.  8  \'j  mm. 

MULL.,  Zool.Dank:  Prodr.,  N.  2946. 

GMEI,.,  Linti.  Si/st.  Xat.,  ed.   13,  pag.354'. 

BRUG.,  Dict.,  ?i.49. 

MO.NT.,   Test,  britt.,  pag.  241,  tav.  Vili,  Cg.  4. 

BAST.,  Veni.  Borii.,  pag.  49. 

I>l-:i'B.,  Dict.  Se.  Nat.,  voi.  XXXIV,  pag.  242. 

BLAINV.,  Faitn.fr.,  pag.  174,  lav.  LXVI,  fig.  8,  9. 

PAYR.,  (\ii„l..ì/oll.Cors.,  png.  161,  tav.  Vili,  fig.  13,  14. 

FLKM..  //isl.  Brilli.  Anim.,  pag.  340. 

.MARC.  DE  SERR..  Ceogn.  lerr.  tert..  pag  132. 

BRONN,  llal.  tcrl.-Geb.,  pag.  22. 

DESÌI.,  Expid.  Si\  Marre  Zool.,  pag.  199. 

BOUCH.-CIIANT.,  CaKil.  Moli.  Boulonn.,  pag.  69. 

KIEN.,  /co«.,  pag.  81,  tav.  XXVI,  fig.  104. 

KIEN.,  hon.,  pag.  82,  lav.  XX.  fig.  77,  et  tav.  XXV,  fig.98. 

DUJ.,  Mi-m.  ijM.  Tour.,  pag.  299,  tav.  XX,  fig.  ti.   12. 

PIIIL,,  Moli.  Sic.  I,  pag.  226. 

BRONN,    Tegcl  forni,  foss.  Sicbenb.  a.Giililz.,  pag.  657. 

PLISCII,  Poi.  l'aliionl.,  pag.  123. 

FORB.,  Calai.  Moli.  Iste  of  Man.,  pag.  24. 

SCACCI!.,  Calai.  Comh.Neap..  pag.  U. 

GRAT.,  Calai.  Anim.  l'eri,  et  Inveri.   Cironile,  pag.  41, 

C.ALC,  Cunth.  fo.ts.  Altai-illa  ,  pag.  62. 

E.  SISMD.,  Sijn.,  pag.  40. 

NV.ST,  Coq.  et  Poi.  foss.  Bcly.,  pag.  575,  tav.  XLIII,  Cg.lt. 

PlllL.,   J'erticri'erst.  yoriìw.  Veutsclil.,  pag.  27.  61,  76. 

PHIL.,  Moli. Sic,  voi.  Il,  pag.  191. 

LAMCK.,  Anim.s.vert.,  2  ed.,  voi.  X.  pag.  173. 

DESÌI,  in  LAMCK  ,  Anim.s.vert.,  2  éil.,  voi.  X,  pag.  173  |ia  Dota). 

DESH.   in  LAMCK,  Anim.  s.  veri.,  voi.  X,  p.  283. 

VERAN.   in   Desir.  ili  Genova,  voi.  I,  pag.  94. 

E.  SISMD.,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  29. 

TENiN..  Slrat.Lisl  of  Brilli,  foss.,  pag.  6. 

WOOD,  Crag.  Moli.,  pag.  29,  tav.  HI,  fig  4. 

DORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  176. 

GUISC.  Faun.  foss.,  desili.,  pag.  tt. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.Sieit.,  pag.  ti. 

DODEIIL.,   Ciiin.  gioì.  lerr.  mioc  supltal.  lenir.,  pag.  105. 

DE  REYN.,  \  AN    DEN-IIEI:K.  et  PONZ.,  Calai  foss.  Monte  Mario,  pag.  19. 

CONI'.,  .Monte  .Mario,  pag  34. 

FISCII  ,  Faun.  Comli.  mar.  Gironile,  pag.  80. 

RKl'S.,  Conlr.  Faun.  .Moli.  Daini  ,  pag.  66. 


1766. 

Triloniuin   incrassatum 

1788. 

Murex 

imrassaliis 

n89. 

Biiccinum  Asianias 

1803. 

hi. 

macula 

1825. 

Nassa 

a.iperula 

1825. 

Id. 

id. 

1826. 

Buccinum  macula 

1826. 

Id. 

Laccpedi 

1828. 

Nassa 

iucrassala 

1829. 

Buceinum    Lace/iedi 

1831. 

Id. 

iispcrulum 

18.32. 

Id. 

Ascanias 

1835. 

Id. 

macula 

k835. 

Id. 

Ascanias 

1835. 

Id. 

Coccinella 

?  1835. 

Id. 

granifcruni 

1836. 

Id. 

asperulum 

1837. 

Id. 

id. 

1837. 

Nassa 

asperula 

1838. 

Id. 

macula 

1838. 

Buccinum    id. 

1838. 

Nassa 

asperula 

1841. 

Buccinum  asperiilum 

1842. 

Id. 

Ascanias 

?   1843. 

Id. 

granulaliun 

?   1843. 

Id. 

macula 

1844. 

Id. 

Ascanias 

1844. 

Id. 

id. 

t8i4. 

Nassa 

incrassala 

1844. 

Id. 

turonensis 

1847. 

Buccinum  a.tperulum 

1847. 

Nassa 

incrassala 

1847. 

Id. 

id. 

1848. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

1856. 

Id. 

Ascanias 

1862. 

Id. 

asperula 

I8Ó4. 

Id. 

incrassala 

1864. 

Id. 

asperula 

1864. 

Id. 

asperula 

186"). 

Id. 

incrassala 

1866. 

Id. 

Ascanias 

DESCRITTI    DA    h.    BÈLLARDI 


317 


1868. 

Nassa 

asperula 

1868. 

hi. 

incrassata 

1868. 

Id. 

id. 

1869. 

Id. 

id. 

1869. 

Buctinum  uspirubtiu 

1869. 

Nassa 

:  Ascanias 

18"70. 

Id. 

incrassata 

18-0. 

Buccinum  Ascanias 

18TO. 

Nassa 

incrassata 

1871. 

Id. 

id. 

1871. 

Id. 

asperula 

1872. 

Buccinum  incrassatum 

1872. 

Nassa 

incrassata 

1879. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

id. 

1873. 

Id. 

Ascanias 

1873. 

Buccinum  asperulum 

1874. 

Id. 

incrassatum 

1874. 

Id. 

id. 

1875. 

Nassa 

incrassata 

1875. 

Buccinum  asperulum 

1875. 

Nassa 

incrassata 

1875. 

Buccinum  asperulum 

1875. 

Nassa 

incrassata 

1876. 

LI. 

id. 

1876. 

Id. 

asperula 

1876. 

Id. 

variabilis 

1876. 

Id. 

incrassata 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

?  1878. 

Id. 

Derivae 

?   1878. 

Id. 

incrassata 

1878. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1878. 

1,1. 

id. 

1878. 

Id. 

Ascanias 

?  1878. 

Id. 

serra licosia 

1879. 

Id. 

incrassata 

1880. 

Id. 

■.d. 

1880. 

Id. 

id. 

1880. 

Id. 

id. 

1880 

Id. 

Ascanias 

1881. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

incrassata 

1881. 

Id. 

id 

FORESI.,  Calai.  Moli. plioc.Bolngn..  I,  pag.  43. 
MANZ.,  Sagg.Conch.foss.  sub.,  pag.  37. 
WEINK.,  Conc/i.  Mitlelm.,  voi.  Il,  pag.  61. 
PETIT,  Calai.  .Moli.  test.  iMers  Eur.,  pag.  172. 
COPI*.,  Calai,  foss.  mioc.  e  plioc.  Muden.,  pag.  95. 
T.\PPAR.,  Ind.Sistem.  Moli.  test.  Spezia,  pag.  25. 
ARAD.  et  BENOIT,  Conclt.  viv.  nutr.  Sicil.,  pag. 291. 
MCALS.,  Calai.  Artim.  foss.  Prov.  d''Algcr..  pag.  108. 
BELL,   Calal.JÌIoll.foss.de  Biol,  pag.  9. 
MOEllCll,  .Si/n.  Moli.  mar.  Vaniae,  pag.  41. 
CONT.,  Monte  Mario,  2  ed.,  pag.  40. 

COPP.,  Slud.  paleont.  Icon.  moden.,  pag.  35,  tav.  IH,  fig.68. 
-AIONTER.,  Cimeli,  foss.  Monte  Pellegrino  e  Ficarazzi,  pa^.SS. 
MO.'STER.,  Not.  Condì,  mediterr..  pag.  ."jO. 
SEGUENZ.,  Form,  plioc  Ital.  merid.,  pag.  305. 
COCC,  Enum.Sisl.  .Moll.mioc.e  plioc.  Parm.e  Piac,  pag.  80. 
MAY.,  Sijsl.  Fcrz.  l'erst.  Iklv.,  pag.  32. 
COPI'.,   Calai,  foss.  mioc.-plioc.  .Mndeu.  Cill.  Copp.,  pag.  2. 
DE  .SIEF.,  Foss. plioc.  »  .Miniato,  pag.  35. 
SEGUENZ.,  Form,  plioc.  Ital.  merid.,  pag.  278. 
MANTOV.,  Descr.  geol.  Camp,  rom.,  pag.  4 1 . 
L-VNG.,  List.  .Mar.  Sc/iells  of  llaslings,  pag  4. 
l'ONZ.,  Cronac.  suhapenn.,  pag.  21. 
MO.NTER..  Nuov.  lìiv  Condì,  mediterr.,  pag.  41. 
FLSCIL,  Coi),  vit:  et  foss.  des  Caveni.  Fr.  tt  Lig.,  pag.  334. 
FONTAN.,  Etud.stral.  et  paleont.  Bass.du  RliAne,  II,  pag.  10. 
FI.SCll.,  Coij.  ree.  et  foss.  Cavern.  Fr.  et  Lig..  pag.  334. 
FORE.ST.,  Cenn.geol.  e  paleont.  plioc.  ani.  Castrocaro,  pag.  90. 
FI.SC1I.,  Paleont.  de  lUle  de  Ithodes,  pag.  29. 
ISS.,     Ipp.  Paleont.,  pag.  20 

MONTEIl.,  Calai.  Condì,  foss.  Monte  Pellegrino  e  Ficarazzi,  pag.  37. 
PANT.VN.,  Alt.  Accad.  Fisiocr.  Sietia,  pag  9. 
FONT.,  liuti.  Soc.  Geol.  l'r.,  pag.  516,  Ut.  I,  fig.  7. 
STR.   In  SARS,  Arci,  l'ann.,  pag.  253. 
UE  STEI\  e  PA.NTAN.,  Moli,  plioc.  Siena,  pag.  103. 
JIO.NTER.,  Enum.  e  Sinon.  Condì,  mediterr.,  pag.  43. 
ISS.,  Oor.  del  Fiolanle,  I,  pag   16. 

VAN-DE.N-BROECK.  Ei.quis.<.  gèni,  et  paltoni,  dep. plioc.  Anvers,  pag.  293. 
FISCII.,   Bradi,  et  .Moli.  Lilnr.  Oeean.  Fr.,  pag.  92. 
BENOIST,  litag.  lorton.  Gironde,  pag.  5. 
DE  STEF.,  e  PA.NTAN.,    Moli,  plioc.  Siena,  pag.  104. 
MELI,  Sui  Vini,  di  Civitavecchia  Not.  Geol.,  pag.  10. 
BRUGN.,  Condì  plioc.  Caltanisetta,  pag.  lOJ. 
PANTAN.,  Condì,  plioc.  di  Pietra  futa,  pag.  272. 
MOMTER.,  Condì.  Cosi.  d'Africa,  pag.  228. 
COPI'.,    Terr.  lab.  moden.,  pag.  10. 
COPI'.,  Marn.  turch.modeu.,   p.ig    14. 
COPI'.,  Paleont.  moden  ,   pag.  34. 
PAMT.\N.,  .Moli,  plioc.  tose. viv.  Mediterr.,  pag.  68. 


Tarieift  A. 


Spira  pleriimque  magb  aculn.  -  .{nfrarlus  vltimu.s  biv:iricosus. 
Long    18  mm.  :  Lai.  8  '/»  "ini. 


Varielù  B. 


Spira  plerumque  brevior ,  maijis  aprrla,    medio   infiala.  -  Anfractus    magis  ron<!exi ,    inde 
sulurae  profundiores.  -  Costae  loiigiludinaleft  minus  prominenics,  niwierosiores. 
Long.  12  mm.  :  Lai.  7  inni. 


I8|1. 

Succinuni 

■  '/' 

\'assa\ 

asperu 

18Ì7. 

Id. 

id. 

id. 

18*9. 

hi. 

id. 

td. 

1831. 

1,1. 

id. 

id. 

I84Ì. 

Id. 

id. 

id. 

I8.-.Ì. 

Nassa 

asi. 

lerula 

;^18  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZI ARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

inum  :Sassa)  aspcrulum     HROCCH.,  Cnnch.  fnss..  suh.,  pag.  339,  tav.  V,  Cg.  8  et  pag.  649. 
.SASS.,  Sagg.  gcol.  Bar.  terz.  Albenga,  pag.  481. 
MAKC.   DK  SERR.,   Gèogn.  terr.  terl..  pag.  121. 
.IA>',  Ciitiil.  Condì,  foss.,  pag.  13. 
K.  SISMI).,  Syn.,  pag.  40 
D'ORB..  Prodr,  volili,  pag.  8.1 


Varivi*  €. 

Spira  medio  infiala.  -  Anfrnctus  magis  convexi.  -  Coslae  longitudinale.t  minutae,  ab  inlarslitiis 
Intis  separatae,  numerosiores,  plerumque  16  m  ultimo  aiifraclu.  obliqnae 
Long.  13  mm.  :  Lai.  7  mni. 

Varieu  D. 

Spira  hrevior,  medio  infiala.  -  Anfraclus  mapis   convexi.  -  Costae   Inngitudinales    minutae 
eoslnlas  transverso-i  subaequantes,  20  in  nllimo  anfraclu. 
Long.  9  mm.  :  Lai.  5  '/«  i""- 

La  forma  che  M.  Hoemes  riferi  nella  sua  opera  (tav.  XII,  fig.  16)  al  Bucc. 
incrassatum  Miill..  ne  è  certamente  diversa,  come  appare  dalla  precitata  figura,  e 
come  ebbi  l'opportunità  di  persuadermi  mercè  due  esemplari  che  ricevetti  molti  anni 
sono  dallo  stesso  M.   Hoemes. 

Dall'esame  di  questi  fossili  riconobbi  le  seguenti  loro  differenze  dalla  Nasaa  in- 
crassata  (Miill.).  1°  la  depressione  che  a  foggia  di  gronda  corre  posteriormente 
all'intaglio,  è  negli  esemplari  delle  vicinanze  di  Vienna  larga  e  poco  profonda,  e  le 
labbra  dell'intaglio  sono  molto  meno  rovesciate  all' indietro,  pei  quali  caratteri  la 
forma  che  rappresentano  non  può  -.essere  inscritta  in  questa  serie  che  lia  appunto  per 
tipo  la  N.  incrn.t.'ifda  (Miill.):  2"  la  spira  vi  è  più  aperta  e  più  conica;  3*  gli 
anfratti  sono  depressi,  quasi  appiattiti  e  perciò  le  suture  superficiali  ;  4°  le  coste  lon- 
gitudinali sono  molto  più  numerose.  (17),  più  grosse,  più  ottuse  e  separate  da  inter- 
stizii  molto  più  stretti  :  5"  le  costicine  trasversali  sono  anch'esse  notevolmente  più 
numerose  ;  0°  l'ultimo  anfratto  vi  è  molto  meno  depresso  anteriormente ,  dal  che 
risulta  la  figura  della  bocca  ovale .  <^  non  quasi  circolare  come  è  nella  specie  del 
Miiller. 

N'ou  havvi  dul)bi<)  perciò  che  i  fossili  riferiti  dal  M.  Hoemes  al  Bucc.  incrns- 
sahoi)  Miill.  non  vi  appartengono,  come  riconobbero  i  signori  R.  Hoemes  e  M.  Auinger 
nella  recente  loro  Monografia:  ma.  a  mio  giudizio,  errarono  i  signori  K.  Hoemes  e 
.VI.   Auinger  nel  riferire  la  forma  in  ([uistione  alla  jV.  gmnxhri.'i  Boi-s. 

La  specie  del  Borson,  che  sarà  descritta  in  seguito  col  nome  di  N.  verrucosa 
(Brocch.)  per  ragioni  clic  indiclierò  in  appresso,  è  una  forma  indubbiamente  diversa 
dalla  precitata:  in  essa  1"  il  nucleo  emlirionale  è  breve,  largo  ed  ottuso;  2°  la  spira 
è  rigonfia  nel  mezzo:  3°  l'intaglio  è  circoscritto  da  labbra  brevissime  e  quasi  punto 
rivolto  all'indietro.  per  modo  che  la  scanalatura  che  vi  corre  posteriormente  vi  è 
appena  segnata. 

Tali  sono  i  motivi  pei  quali  non  lio  riferita  nella  sinonimia  di  questa  specie  la 
citazione  dell 'opera  di  M.  Hoornes.  e  non  riferirò  in  quella  della  N.  vcrrucoxa  (Brocch.) 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDl  319 

la  citaiàone  del  Buccinum  granulare  della  Monografia  precitata  dei  signori  R.  Hoemes 
e  M.   Auinger. 

L'imperfezione  delle  figiu-e  rappresentanti  le  forme  clie  Grateloup  ha  creduto 
appartenere  al  B.  asperulum  Brocchi,  non  permette  di  rifeiirvele  con  certezza;  occor- 
rerebbe di  aver  sott'occhio  gli  esemplari  tipici  per  dare  im  adeguato  giudizio  in  pro- 
posito, stante  la  grande  analogia  che  con  questa  presentano  parecchie  specie  della  pre- 
sente serie  ed  altre  delle  serie  vicine. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona.  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo 
e  Michelotti. 

Varietà  B.  —  Pliocene  inferiore:  Albenga-vallone  Torsero,  raro;  Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo. 
Vive  nei  mari  d'Europa. 

127.  Nassa  volpedana  Bell. 
Tav.  VI,  fi^.   19  (fl,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  incrassala  (Muli.)  sequentes  nolae: 

Testa  crassior  :  sjiira  brevior,  medio  i/i//(((a,  miiiiis  iipirla.  -  Anfradus  primi  vix  convexi; 
ultimus  dimidiam  loiiyilndiiiem  sabacquaits.  -  Costar  lungitudiìialra  ab  iiiterslitiis  anijustioribus 
separatae ,  in  ultimo  nnfraclu  obsoMac:  coslulae  transvi'rsae  majores,  pauciures.  -  Labrum 
sinistrum  antico  dilnlalum:  ctilumidla  untici!  ci  magis  profunde  excavala:  rima  a  labiis  brevioribus 
circumscriida,  pusticv  mngis  profunde  excavata. 

I.oiig.  9  mm.  :  Lai.  6  mni. 

Pliocene  superiore  :  Volpedo  presso  Voghera,  rarissimo  ;   Coli,   del  Museo. 

1  28.  Nassa  bugellensis  Bell. 

Tav.   VI,   (i-.  20  (<i,  i). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  .V   incrassala  (Muli.)  sequentes  nolae: 

Testa  minor,  graciUor:  spira  magis  aperta.  -  Anfraclus  magi>:  convexi,  prope  suturam 
posticam  depressi.  -  Costae  lonijiludinales  minorrs,  namerosiores,  in  ultimo  anfracln  subsinuosae, 
versus  margineni  uris  interdum  obsoielae  :  cuslulac  transversae  in  ultimo  anfracln  lalae,  compla- 
natae.  ab  interstitiis  angustis  separatae.  -  Os  magis  dislincle  orbiculare  ;  labrum  sinistrum  magis 
arcuainm;  labrum  dextcrum  lacve:  cohimella  mngis  profunde  excavala;  rima  a  labiis  breeioribus 
circnmscripla,  minus  reflexa,  poslice  minus  profunde  canalicnlata,   non  carinola. 

Long.  9  mm.  :  Lai.  o  mm. 

VarifiA  A. 

Costae  longiludinales  in  ullimo  aufractu  miuores,  numerosiores. 
Long.  8  '/j,  mm.  :    Lai.   5  inni. 

I  caratteri  principali  che  distinguono  questa  forma  dalle  sue  affini  sono  :  la  lun- 
ghezza maggiore  ed  ampiezza  minore  della  spira  ed  in  particolar  modo  la  forma 
maggiormente  convessa  degli  anfratti  dalla  quale  risulta  che  le  suture  sono  più  profonde. 

Avendo  attentamente  paragonati  parecchi  esemplari  di  questa  forma  con  un  esemplare 


320  I    MOLLUSCHI     DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECO. 

tipico  della  N.  Lihassii  De  Stef.  gentilmente  comunicatomi  dal  signor  Prof.  Panta- 
nelli  e  con  uno  tipico  della  i\'.  jilmìigfrin  Brugn.  inviatomi  dall'autore  stesso,  ho 
trovato  nei  nostri  fossili  le  seguenti  diiferenze  : 

1  "  dalla  N.  planistrìa  Brugn.  :  dimensioni  per  lo  più  maggiori  ;  anfratti  più 
convessi  e  perciò  sutme  più  profonde;  costicine  trasversali  più  larghe  dei  solchi  loro 
interposti  ;  scanalatui'a  posteriore  all'intaglio  meno  profonda. 

2°  dalla  .A'.  Lihdssii  De  Stef.:  spira  più  stretta  e  più  lunga:  anfratti  più  con- 
vessi, specialmente  l'ultimo  il  quale  è  molto  più  convesso  anteriormente:  coste  longi- 
tudinali più  sporgenti;  costicine  trasvei-sali  più  larghe  e  più  distintamente  appiattite. 

Pliocene  superiore:  Colli  biellesi.  Masserano.  non  raro:  Coli,  del  Museo. 


B.  Labrum  dexleriiin  poslice  ullra  os  plus  miuusve  dìstincte  produclum. 

a    Spira   hrrvix^    parum    acuta. 
4  29.  Nassa  planicostata  Beli.. 

Tav.  VI,  fiK.  21   (a.  b  . 

Testa  ventrosa:  spira  brevis  parum  acuta,  medio  indala.  -  Anfraclus  parum  convexi; 
ullinuis  inflalus,  anlice  valde  depressus,  climidiam  longiludinem  aequans:  sulurae  supertìciales. 
-  Coslae  longiludìnales  ohlnsae,  in  primis  et  mcdiis  anfraclithus  ab  inlersliliis  anfjustis  separatae, 
vix  obliquae,  roclac,  in  ultimo  16,  ab  interstiliis  latinribus  separatae,  versus  rimani  subsinuosae: 
coslulae  Iransversae  5  vel  6  in  primis  et  niediis  anlraclubus  perspicuae,  \ì  in  ultimo, 
continuae  super  coslas  Inngitudinales  decurrentes ,  ih  refjione  media  anfrarliium  majores  , 
complanatae.  -  Os  suborbiculare ,  |)ostice  leviter  anguslalum  et  prot'unde  canaliculatum  ; 
labrum  sinistrum  anlice  Matalum,  poslice  depressum;  labrum  dexterum  anlice  et  medio  vix 
ultra  OS  produclum,  poslice  alhiuantn  crlensum,  laeve;  plica  jiostica  vix  notata  :  coluraella 
medio  profunde  exoavala. 

Long.  8  '/«  mm.:  Lai.  6  min. 

?  1874.  Runinum  yriniu/aliim  COPI'.,  Calai.  Foss.mioc.-jilioc,  Afoden.  Colt.  Copp..  pag.2. 

?  1880.  IVassa  granulata  COPI*.,  Marn.  ttirch.  Ufoden.,  p.  14. 

?  1880.  /(/.         id.  COPP.,   Terr.  Tab.  Moden.,  pag.  10. 

?  1881.  Id.     pi/ijmaea  COPP.,   Pa tenni,  moden.,   paj^.S.'i. 

Varietà  A. 

Spira  /oHjior,  ma()is  acuta. 
Long.  9  '/s  l'Ili-  ■  '-al-  6  mm. 

Varieiik  B  (an  spedo»  <lislinguenda?;. 

Testa  minor.  -  Coslac  tourjiludinalcs  minorex  ab  interstiliis  latioribus  separatae.  -  Labrum 
dexteriim  vie  ultra  ns  produclum. 

Long.  5  "o  mm  :  Lat.    3 '/«  nini. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi.   Stazzano ,  rarissimo  :   Coli,    del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,   ecc..  Colli  biellesi.  Masserano,  co- 
mune: Coli,  del   Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  321 

"Varietà  A.  —  Pliocene  superiore  :  Colli  astesi,  Valle  Andona,  aon  raro  :  Coli, 
del  Museo. 

Varietà  B.  —  Pliocene  supcriore:  Colli  biellesi,  Masserano,  frequente;  Coli,  del 
Museo. 

130.  Nassa  angolata  (Brocch.). 

Tav.  VI,  fig,  92  (a,  b). 

Testa  crassa:  spira  salis  longa.  -  Anfraclus  paruni  convexi  ;  ullinius  venlrosus,  anlice 
valde  dupressus ,  dimidia  longitudine  brevior.  -  Coslae  longiludinales  promiìienles ,  obtusae, 
al  inlerstitiis  lalis  separatae,  in  primis  et  mediis  anfraclubus  rectae,  axi  testae  subparallelae, 
in  ultimo  sinuosae,  versus  os  obliquatae.  16:  coslulae  Iransversae  ìninutae,  subuniformes ,  ab 
interstitiis  latis  separatae,  coniinvae  super  eostas  ìotigiludinales  decurrentes ,  6  pleruuique  in 
primis  et  mediis  anfractubus  perspicuae,  12  in  ultimo.  -  Os  orbicuiare;  labrum  sinislrum 
arcualum,  valde  incrassatum ;  labrum  dexlerum  crassnm,  pluri-rugalum,  medio  et  postice  salis 
ultra  OS  productum:  columella  arcuala,  profunde  excavala:  rima  valde  reflexa:  canaliculus 
poslicus  profundissimus. 

Long.  10  mm.  :  Lai.  6  mm. 


"p- 


BUOCC,  Conc/i.  foss.  siil>.,  [lag.  654,  lav.  XV,  fig.  18. 

B.\ST.,  Meni.  Biird.,  pag.  49. 

var.  fi  BRO»',  Ital.  Urt.-Geh..  pag.  23. 

DESH.,  Exjiéd  .Sede  Morte  Zoo/.,  p.ij,'.  19"!. 

NYST,  lìicli.t'oij.  foss.  Hou.'.s.el  Klciii-Spauw,  pag.  3'7. 

GR.\T.,  Calai.  Viri,  et  Inveri,  iiironde,  pag.  41. 

E.  SISMO.,  Syn.,  pag.  40. 

E.  SISMD.,  Syn.,  9  ed.,  pag.  98. 

D'ORB.,  Frodr.,  volili,  pag.  176. 

DE  REYN.,  VA.N-DEN-HECK.  et  l'ONZ.,  Calai,  foss.  .^onU  Mario,  pag.  13. 

O.  COST.,  Ossav.  Cone/i.  S'  Minialo,  pag.  17. 

COM.,  .Vonle  .Mario,  pag.  .34. 

FOREST.,  Caini.  Moli. plioc.  Boiogn.,  I,  pag.  43. 

BELL,  Calai.. Voli,  l'nss.  de  Bini,  pag.  9. 

CONT.,   Monle  Mario,  9  ed.,  pag.  40. 

COPP.,  Calai.  Moli,  mioc.-plioc.  Moden.  Coti.  Copp.,  pag.  i. 

DE  STEF..  Foss.  piioi.  »  Minialo,  pag.  35. 

SEGUENZ..  Form.plioe.Ilal.merid.,  pag.  976. 

PO>'Z.,  Cronai .  siiliapenii.,   pag.  26. 

P.\NTAN.,  /Itli  Ah  ad.  Fisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

UE  STEF.,  .Slral.  plioi:  .Siena,  pag.  169,   170,  951. 

DE  STEF.  e  PANTAN.,  .Moli,  piioc.  Siena,  pag.  103. 

PANTAN.,  Conch. piioc.  di  Pietrafitta.  pag.  979. 

COPP.,   Terr.  Tab.  moden.,  pag.  IO. 

BRUGN.,  Conc/i.  piioc.  Cailanisetla,  pag.   107. 

COPP.,  Paleonl.  moden.,  pag.  .37. 

Sono  numerose  le  deviazioni  della  fonna  tipica  descritta  che  si  incontrano  negli 
esemplari  riferibili  a  questa  specie  :  tutte  queste  modificazioni  sono  così  fra  loro  unite, 
che  non  riesce  possibile  di  separarle  in  varietà  :  mi  limito  perciò  ad  indicarle  in  un 
modo  generale:  1°  la  forma  generale  varia  nelle  sue  dimensioni:  non  è  peraltro  fre- 
quente la  forma  raccorciata  :  2°  variano  soprattutto  le  coste  longitudinali  sia  nel  nu- 
mero e  nella  grossezza,  sia  nella  obliquità  e  nelle  inflessioni  e  sia  finalmente   perchè 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  'R 


1814. 

Biiccinum  anijulalum 

'/ 

1825. 

Nassa  unijulala 

1831. 

Buccinum  corrugatum 

1832. 

Id.         angulalnm 

? 

1836. 

Nassa  anguiata 

? 

1838. 

Id.          id. 

1842. 

Buccinum  angulalum 

1847. 

Nassa  anguiata 

1852. 

Id.          id. 

1854. 

Id.          id. 

1861. 

Biicciiiunt  angulatmu 

1864. 

Nassa  ungulata 

1868. 

Id.           id. 

1870. 

Id.           id. 

1871. 

Id.          id. 

1874. 

Buccinum  anguiatuin 

1874. 

Id.          id. 

1875. 

Nassa  anguiata 

1875. 

Buccinum    angulalum 

1875. 

Nassa  ungulata 

1877. 

Id.          id. 

1878. 

Id.          id. 

1880. 

Id.          id. 

? 

1880. 

Id.          id. 

1880. 

Id.          id. 

? 

1881. 

Id.          id. 

322  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEIJZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

sono  non  di  rado  quasi  obliterate  nella  parte  anteriore  dell'  ultimo  anfratto  in  pros- 
simità del  labbro  sinistro. 

La  forma  riferita  alla  presente  specie  dal  Grateloup  {Conch.  foss..  tav.  XXXVI, 
fig.    lit)  ne  è  certamente  diversa  specialmente  per  le  maggiori  sue  dimensioni. 

Pliocene  superiore  :  Co\ìi  astesi,  Valle  Andona.  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo 
e  Michelotti. 

I:i1.  Nassa  tumida  Bell. 
Tav.  VI,  fiR.  n  {a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  angulala  (Brocch.)  sequenles  notae  : 

Testa  nassior.  -  Coslac  lonoiludinales  pauciores,  majores,  in  ultimo  anfractu  vix  obliquae 
et  vix  sinuosae  :  costulae  transversae  minores,  numerosiores ,  8  vel  9  •«  primis  et  meiliis  anfr'act'ibus 
perspicuae,  li  in  ultimo  -  Plicae  inlernae  labri  sinistri  pauciores,  V  majores:  labrum  ilexlerum 
crassius.  medio  manis  produrlinn. 

Long.  1 1    nini.  :  Lai.  6  mm. 

Miocene  superiore:  Colli    tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;    Coli,   del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Villalvemia.  presso  Tortona,  regione  Fontanili,  raro:  Coli,  del 
Museo. 

1).    Spira    loiiga,    valde    acuta. 

132.  Nassa  Seqienzae  Bell. 
Tav.  VI,  fi^..  24  (a,  b\ 

Tesla  subfiisifnrmis:  .<pira  Itiufia,  valde  acuta,  medio  inflata.  -  Anlractus  parum  convexi; 
ullimus  dimidia  longitudine  paullo  brevior.  -  Coslae  longiludinales  maqnae.  rompressae,  cantra 
suturam  pn-ilicam  vellicatae,  ab  inlerslitiis  lalis  el  profundis  separatae,  in  primis  et  mediis 
anfradubus  obliquae.,  in  ultimo  axi  teslae  parallelae  et  aiilicc  obsoletae.  -  Os  ovaio,  amplum;  labrum 
sinislrum  valde  arcualuni,  exterius  parum  inr.rassatum,  inlorius  plicalo-denlalum;  labrum 
dexlerum  f/raci/e,  medio  el  praesertim  postice  ultra  os  prodnctum,  anlicc  birugatutn:  columolla 
medio  parum  excavala  :  rima  a  labiis  breribus  circumscripta,  parum  reflexa,  poslice  carinala; 
canaliculus  poslicus  lalus  et  parum  profuiidus. 

Long.  10  nini.:  Lai.  o  '/»  ^^■ 

Pliocene  superiore  :  Villalvernia,  presso  Tortona,  regione  Fontanili ,  non  frequente  ; 
Coli,   del  Museo. 

M'  Serie. 

.  Nucleus  emhrionalis  hrevis,  Intns,  obfusus.  -  Testa  parvuìa.  -  Anfractus  uUimiis 
dimidiam  longitudinem  suhncquans.  -  Snperficies  iota  longiiud  inai  iter  eostata  et 
transverse  costellata.  -  Os  stihorbiculare,  postice  canaliculatiwi  :  labrum  sinistrum 
arcuatum,  incrassatum,  interius  pUcatum;  labrum  dexterum  parum  et  uniformiter 
ultra  OS  prodtictum,  jwstice  uviplicaium:  eolumella  medio  profunde  excavaia:  rima 
terminalis,  profunda ,  aniice  leviter  anyustata ,  postice  dilatata,  valde  reflexa,  « 
labiis  longiusculis  circumscripta,  postice  profunde  canaliculata. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  323 

Le  poche  forme  raccolte  in  questa  serie  sono  molto  affini  a  quelle  della  serie 
precedente,  colle  quali  si  collegano  per  la  loro  fonna  generale,  per  la  natura  degli 
ornamenti  superficiali  e  per  la  natura  dell'  intaglio  ;  ma  ho  creduto  opportuno  di 
separamele  per  la  forma  breve,  larga  ed  ottusa  del  loro  nucleo  embrionale. 

133.  Nassa  similis  Beli.. 
Tav.  VII,  fiR.  1   (<7,  A,  e). 

Testa  hrevis,  venlrosa;  spira  paruni  acuta.  -  Anfraclus  convexi;  ullimus  diraidiam 
longiludinem  subaequans,  anlice  valde  depre.ssus:  sulurae  profundae.  -  Coslae  longiludinaies 
compressae,  ab  interslitiis  lalis  separatac ,  sinuosae ,  praescrtim  in  idlimo  anfractu  :  costulae 
transvcrsae  minutae ,  subimiformes ,  anlicae  minores ,  ab  interstitiis  hitioribus  separalne ,  super 
costas  et  interstilia  continuae.  -  Os  suborbicularc;  labrum  dexlerum  exlerius  valde  iiicrassatum , 
variciforme,  inlerius  minute  pbcalum  ;  labrum  dexteruni  medio  et  postice  ultra  os  salis  pro- 
duclum,  postice  uniplicatum:  columclla  medio  profunde  excavala  :  rima  a  labiis  longiusculis 
circumscnpla,  valde  reflexa,  poslice  angusta  et  profunde  canaliculata. 

Long.  6  inm.  :  Lai,  4  mm. 

Varifl*  «. 

Spira  longior,  magis  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  brevior.  -  Costae  longiludinaies  nix  sinuosae. 
Long.  7  mni.  :  Lai    4  nini. 

VarieU   B. 

Coslae  longiludinaies  majores  vix  sinuosae.  -  Labrum  sinistrum  mterius  pUcata-dentcUutn ; 
labrum  dexterum  rugalum. 

Long.  6  inni  :  Lai.  4  mm. 

Miocene,  superiore:  Tetti  Sorelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;  Coli.  Rovasenda. 
Varietà  B.    —  Miocene  superiore:  Colli   tortonesi.  Stazzano,  raro:  Museo  Hi  Zu- 
rigo (Prof.    Mayer). 

134.  Nassa  Mortilleti  Beli.. 
Tav.  VII,  fig.  2  (<i,  A,  r). 

Testa  crassiuscula.  ventrosa,  turrita:  spira  |iaruin  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  antice  valde 
depressus,  dimidia  longitudine  brevior:  sulurae  profundae.  -  Coslae  longiludinaies  in  ullimo 
anfractu  12,  oblusae,  prominenles,  ab  iulersliliis  lalis  separatae,  in  ultimo  anfractu  subsinuosae  : 
costulae  transvcrsae  numerosue,  unifurmes,  ab  interstitiis  angustis  separatae,  super  coslas 
longiludinaies  et  interstilia  continuae.  -  Os  suborbiculare,  antice  leuiter  dilatatum;  labrum 
sinistrum  incrassatum,  inlerius  minute  denlatum  :  labrum  dexterum  parum  et  subuniformiter 
ultra  OS  productum,  crassum  ,  anlice  birugalum,  poslice  uniplictìtum:  columella  medio  profunde 
excavata. 

Long.  5  '/s  '"■"  ■  Lai.  3  min. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli  presso  CastelnuoTO  d'Asti,  raro;  Coli.  Rovasenda. 


324  I    MOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

36'  Serie. 

Nìtcleus  emhrionaìis  ungustus,  longus,  acutus.  -  Testa  parvula  turrita;  spira 
perlonga.  -  Anfraetus  convexi  ;  ultimus  dimidia  longitudine  brevior.  -  Superficies  tota 
longitudinaliter  costata  et  transverse  costellata.  -  Os  suborbiculare,  postice  cana- 
liculatum;  làbrum  sinistrum  incrassatum,  arcuatum,  interius  plieato -  dentatum  : 
labrum  dexterum,  non  ultra  os  productum,  postice  uniplicatum :  columella  arcuata: 
rima  terminalis,  lata,  profunda,  parum  reflcxa,  a  labris  longiusculis  circumscripta. 
postice  non  canali  culata. 

Le  forme  di  questa  serie  hanno  in  comune  con  quelle  della  serie  33,  il  nucleo 
embrionale  stretto,  lungo  ed  acuto,  ma  se  no  distinguono:  1"  per  la  maggior  lun- 
ghezza della  spii-a  ;  2°  per  la  brevità  delle  labbra  che  circoscrivono  l' intaglio  :  3°  e 
soprattutto  per  la  mancanza  d«lla  scanalatura  stretta  e  profonda  che  corre  posterior- 
mente all'intaglio  nelle  forme  della  precitata  serie  33. 

La  forma  poi  stretta,  lunga  ed  acuta  del  nucleo  embrionale  distingue  la  presente 
serie  dalle  duts  fra  le  quali  è  collocata. 

•  35.  Nassa  i'roducta  Bell. 

Tav.  VII,  Iìk-  3  (a,  b,  e). 

Testa  turrila:  spira  perlonga,  vaìde  acida,  medio  Icviter  infiala.  -  Anfraclus  antice  leviter 
infiali,  postice  depressi;  ullimus  brevis,  7j  tolius  loiigiludinis  aequaiis,  anlice  parum  depressus. 
-  (loslae  iongiludiiialcs  prominenles,  compressae,  ab  intersliliis  lalis  el  complanalis  separatae, 
in  omnibus  anfraclubus  rontiguae,  8  in  ultimo  anfraclu:  cnslulae  Iransversae  uiiiformes,  a 
sukis  angustis  separalae,  in  inlersliliis  coslarnm  Uingiludinallum  vix  nulalac,  super  coslas  longi- 
ludinales  satis  promincntes,  7  plerumque  in  primis  el  mediis  anfraclubus  perspicuae,  1 4  in 
ultimo.  -  Os  subovale;  labrum  smsWum  medio  levilrr  drpressum,  anlice  .•^ubangulatum,  incras- 
salum,  inlerius  ininule  piuri-plicaluui;  labrum  dexleium  laeve:  columella  arcuala. 

Long.  7  nini.  :  Lai.  -3  mm. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  ecc.,  comunissimo;  Coli,  del  Museo. 

136.  Nassa  Andonae  Bell. 

Tav.  VII,  li^'.  4  (<i,  b,  e). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  iV.  producia  (Bell.)  sequpnles  nolae: 

Testa  major.  -  Coslae  longiludinales  plerumque  nwnerosiores,  majores,  obtusae,  interslilia 
subacquantes  :  coslulae  Iransversae  conlinuae,  in  inlersliliis  costarum  longitudinalium  non  inler- 
ruptae  qnamvis  ibi  inlerdum  minores. 

Long.   IO  nim.  :  Lai.  4'/,  min. 

Pliocene  inferiore:  Ventimiglia,  raro  ;   Coli,  del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  ecc.,  comune;  Villalvernia  presso 
Tortona,   regione   Braia,   non  frequente  :   Coli,   del  Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  325 

36'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  brevis,  ohtusus.  -  Testa  minuta.  -  Anfractus  convexi  ;  nl- 
timus  dimidia  longitudine plerumque  hrevior.  -  Superficies  tota  longittidinaliter  costata, 
et  transverse  costulata.  -  Os  suborbiculare,  postice  canaliculatum  ;  labrum  sini- 
strum  arcuatum,  incrassatum,  variciforme,  interius  pUcatum;  labrum  dexterum  non, 
vel  vix  et  regulariter,  ultra  os  productum;  cohimella  arcuata:  rima  terminalis, 
lata,  vix  reflexa,  a  labiis  brevibus,  vel  subnullis,  circmnscripta,  postice  non  cana- 
Uculata. 

Le  forme  di  questa  serie  come  quelle  della  serie  precedente,  abbencliè  abbiano 
molta  rassomiglianza  sia  per  le  loro  dimensioni,  sia  per  il  loro  aspetto  generale,  con 
quelle  della  serie  33  e  34,  si  distinguono  facilmente,  ove  si  ponga  mente  che  nelle 
forme  delle  due  precitate  serie  33  e  34  corre  posteriormente  all'intaglio  una  pro- 
fonda e  stretta  scanalatura,  e  le  labbra  dell'intaglio  sono  lunghe  e  rivolte  all'indietro, 
mentre  che  nelle  forme  della  serie  35  e  della  presente  non  havvi  posteriormente  una 
stretta  e  profonda  scanalatura,  ma  solamente  una  depressione  larga  e  poco  profonda 
e  le  labbra  dell'intaglio  sono  molto  più  brevi  e  meno  rivolte  allindietro. 

A.  Rima  a  labiis  Itrcvibiis  circnmscripln. 

137.  Nassa  Catulli  Bell. 

Tav.   VII,  fig.  5  (a,  0,  e). 

Tesla  lurrila:  spira  lonria.  -  Anfrciclns  convexi,  poxiire  (leprpsiii;  ultimus  anlire  valde 
depressus,  diiniilia  longiludine  brevior:  suturao  profuiulae.  -  Coslac  ionfiiUulinales  plerumque 
12,  rectae  in  primis  anfraclnbus ,  suhsinuosae  in  nltimo ,  axi  teslae  parallelae,  compreuxao  ,  ab 
inlerstitiis  latis  sepnralw^:  cosUilae  Iraiisvcrsae  mimilai'.  inlerslilia  suhapqnaiiti's ,  conlinuae, 
super  coslas  longiluilinales  decurrenlcs.  -  Os  suborbiculare;  labrum  sinislrum  anlicn  sub- 
angulatum  ;  labrum  dexlcrum  laevc,  postice  uniplicalum:  rima  a  labiis  revolulis  circumscripla. 

Long.  7  mm.  :  Lai.  3  '/i  mm. 

Varieltk  A  (an  specios  distinguenda  ?). 
Tav.  VII,  lig.  C  (fl,  A,  e). 

Testa  crassior:  spira  brevior,  mayis  aperta.  -  Costae  hmgitndinales  numerosiures,  ab  Inter- 
sUtiis  anguslioribus  separalae,  reclae  etiam  in  tdtimo  anfractu.  -  Labia  rimae  brevinra. 
Long.  6  '/,  mm.  :  Lai.  3  '/a  "ini- 

A  primo  aspetto  questa  forma  parrebbe  doversi  liferire  alla  N.  incrassata  (Miill.) 
della  quale  ha  la  fisionomia  generale  e  con  cui  ha  affini  gli  ornamenti  superficiali, 
ma  ne  viene  distinta  per  i  caratteri  della  serie  nella  quale  è  inscritta. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  raro;   Coli,    del  Museo  e  Michelotti. 
Pliocene  inferiore  :  Viale  presso  Montafia,  raro  :    Zinola  presso  Savona,   Albenga- 
vallone  Torsero,   non  raro:   Coli,   del  Museo. 


326 


I    MOLLUSCHI    liEI    TERRENI    TERZIARI!    IiEI.    PIEMONTE    ECC. 


ì'àS.  Nassa  BxLDissERitNSis  Bei.l. 

Tav.    VII,   lij,'.   7   (n,   h,  e], 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  A'.  Calulli  Boli,  sequenlcs  notae: 

Testa  major.  -  Conlae  lonrjiludmales  numerosinies,   13,  miiiores,  inUrstitia  interposita  sub- 
aequanlf.s:  costulae  trausversae  mtijorcs,  complaiialae. 
Long.  <0  min.:  Lai.  5 '/^  inni. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  BaldisRero- torinese,   rarissimo:  Coli.  Rovasenda. 

4  39.  Nassa  Fontannesi  Heli.. 

Tav.   VII,  Cg.  8  (a,  h.  e). 

Dislinguunt  hanc  speciem  a  N.  Calulli  Beli,  sequenles  nolae  : 

Testa  crassior:  spira  ma(jis  aperta.  -  Anfractits  marjis  cimvcxi.  -  Costae  longiludtiiales 
pterumque  9,  marinae,  subnodiformes ,  obliquae,  rcclae,  intfrstitia  subaequantes :  costulae  Irans- 
versae  in  re()ione  mediana  anfrartuum  majores.  -  Depressio  rimav  postica  magis  profiiwla  et 
minus  lata. 

Long.  8  mm.  :  Lai.  4  ■/,  mm. 

JfioccMfi  SMjJcnorr ;  Colli  tortonesi,  Stazzano,  raro;  Coli,  del  Museo. 


UO.  Nassa  sculptii.is  Rell. 
T,iv.  VH,  fig.  9  (.1,  A,  <■). 

Dislinguunl  hanc  speciera  a  N.  Calulli  Bell,  sequenles  notae: 

Anfractiis  postice  magis  depre.isi,  magis  convexi  :  suturae  magis  profundac.  -  Costae  loniji- 
tudiuales  pauciores ,  reclae ,  obliquae:  costulae  transversar  minores.  ab  intersliliis  latinribus 
separalae.  -  Deprfssio  rimae  po.slica  magis  excavata. 

Long.  7  'j.,  inni.:  Lai.  4  mm. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli.  presso  Castelnuovo  d'Asti,  rarissimo:  Coli.  Ro- 
vasenda. 

141.  Nassa  serrula  Beli,. 

Tav.  VII,  lig.    Ili  (a,  II.  <), 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  A'.  Calulli  Bell,  soqucnles  notae: 

TeHa  longior:  spira  tninus  aperta.  -  Aiifractus  postice  magis  depressi.  -  Costae  longitudinales 
rariore»,  8,  compressae,  reclae:  eosluliie  Iransecrsae  pauciores,  iu  iuterstiliis  costarum  longitu- 
(tinalium  obsoletae,  super  coslas  longitudinales  prominentes,  acutae. 

Long.  6  mm.  :  Lai.  :s  mm. 

Miocene  mperiore :  Tetti  Horelii.  presso  CastelnuoYO  d'Asti,  non  raro;  Coli.  Ro- 
vasenda. 

Pliocene   inferiore:   Vezza.    pre.sso   Alba,    raro:    l^oli.    del    Miisco 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


327 


B.  Iliiua  a  lubìis  brevissìmis  circumscrìpta. 

142.  Nassa  serraucosta  Bronn 

Tav.  VII.  fig.   11   (a,  6,  e). 

Testa  turrita:  sopirà  lonj,'a.  -  Anfrarlus  conve\i  ;  ultimus  antice  ìatus,  depressus,  '/,  tolius 
longìludinis  subaequans:  sulurae  prol'uiidae.  -  Coslae  loiigiludinales  oblusai,  ab  inlersliliis 
lalis  separalae,  rectae,  axi  teslae  siibpnrallelae ,  10  pleruinque  in  iillimo  anfraclu:  coslulae 
transversae  minutar',  erebrae,  uniformes,  a  sulcis  anrjuslitsimis  sejmrnlae,  contiauae  super  costas 
longiludinaliler  decurrenles,  8  vel  9  in  primis  et  mediis  anfraclubus  perspicuae,  18  in  ultimo. 
-  Os  suborbicuiare;  labrum  sinistrum  subarcualuni,  inleiius  minute  pluri-plicalum  ;  labrum 
dexterura  (jrarik:  columella  medio  salis  profunde  excavala:  rima  a  labiis  brevissimis  cir- 
cumscripta. 

Long.  8  mm.  :  Lai.  4  inm. 


liuvcinnm  multistriatuni 


1831. 

Id. 

serraticosta 

18S2. 

III. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

multistriatiim 

1844. 

Id. 

pusitluni 

1847. 

Sasso 

mulllstriatu 

1852. 

Id. 

id. 

1854. 

Id. 

pusilla 

18G2. 

Id. 

id. 

18C4. 

Id. 

id. 

1804 

Id. 

serrnlicosta 

18G9. 

Bmcinum     id. 

1870. 

.\assa 

pusilla 

1872, 

Id. 

id. 

I87:t. 

Id. 

id. 

187.X 

Id. 

serralicosla 

1874 

Buccinum          id. 

1875. 

.Vassa 

id. 

187.5. 

Id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

liucciiium  jiusillum 

1876. 

.Vassa 

serraticosta 

1876. 

III. 

id. 

1876, 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

pusilla 

1878. 

Id. 

serraticosta 

?    1878. 

Buccinum        id. 

?   1878. 

iVrtj.to 

id. 

1878. 

/(/. 

id. 

188(). 

/./. 

ul. 

1881. 

/'/. 

pusilla 

BON.,  Catal.  .MS.,  N.  2503. 
BRON.N,  Ital.  lert.-Geb.,  pag.  23. 
J.\N.  Catal.  Condì,  foss,,  pag.  13. 

TCHIHATCII.,  Constil.géul.Prov.mérid.Naples  et  Nice,  pag.  340. 
E.  SIS.MI).,  ,<>,/«.,  pag.  10. 

PillL.,  Moli. Sic,  voi   11,  pag.  192,  tav.  XXVIl,  fig.  15. 
E.  SI.SMl).,  SijN..  2  ed.,  pag.  29. 
D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  176. 

RAY.N.,  V.\N-DEN-I1ECK.  et  FO.NZ.,  Cn/d/./ów.il/on/e  Mario,  pag.  13. 
SEGUEJNZ.,  Form. plioc.  Ital.  Sicit.,  pag.  11. 
CO.NT.,   ìlorile  .Mario.  pug.31. 

DODERI..,  Cenn.  geni.  lerr.  mioc.  sup.  Ital.  centr.,  pag.  105. 
COI'F.,   Calai.  .Moli,  filine,  e  plioc.  moderi.,  pag.  2."i. 
BEIX.,  Catal.  .Moll.foss.de  Biot,  pag.  9. 

MOISTEIl.,  Condì,  foss.  Monte  Pellegrino  e  /•Vcarnjji,  pag.33. 
SEQUENZ.,  Form,  plioc.  Ital.  merid.,  pag.  300. 
COCC,  Enum.  Sist.  Moli.  mioc.  e  plioc.  Parin.e  Pine,  pag.  81. 
DE  STEF.,  Foss.  plioc.  S'  .Miniato,  pag.  35. 
PANTAN.,  Àtl.  Accad.  Fisiocr.  Siena,  \ol.VIII,  pag.  4. 
SOllD.,  Faun.  mar.  Cascina  nizzardi,   pag.  35. 
CRE.SPELL.,  Xot.genl.Sangnan.,  pag.  18. 
PONZ.,  Crollile,  subapenn.,  pag.  26. 
STOER,  Terr.  plioc.  Girgenti.  pag.  469. 
DE  STEF.,  .Xot.  Moli. plioc.  .Montern foli,  pag.  3. 
FONT.,  Éliid  slrat.  et  Palennt.  Bassiìi-du-Rlidne,  pag.  17,  69,  76. 
ISS.,  ylpp.  paléont.,  I,  pag.  22. 

DE  STEF.,  Slrat.  plioc.  Siena,  pag.  183,  211,  212. 
DE  STEF.,  Strat.  plioc.  Siena,  p.ig.  17. 
PANTAN.,  Plioc.  Dint.  di  Cliinnciano,  pag.  7. 
.FUCllS,  Slud.  ieri.  bild.Ober.  Ital.,  pag. 62. 
M.\Y.,  Dccom'.  Conch.  ìi  Conger.  Boss,  du  Rlióne,  pag.  9. 
DE  STEF.  e  PAN  FAN.,  Moli,  plioc.  di  Siena,  pag.  104. 
BRL'GN.,  Conch.  plioc.  Caltanisetta,  pag.  106. 
COPI'.,  Paleont.  modcn.,  pag.  3i. 


Non  lio  riferita  la  citazione  del  Bucc.  tarhi iteli um  Riss.  (Fred.  Etirop.  Mérid-, 
pag.  102,  tav.  VII,  fig.  91),  che  il  Bronn  riguardò  come  identico  alla  specie  da 
lui  così  bene  descritta  col  nome  di  B.  serraticosta,  perchè  la  figura  del  Eisso,  ab- 
benchè  imperfetta,  rappresenta  un  fossile  certamente  diverso  specialmente  per  Tinter- 


328  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

ruzione  delle  costicine  trasversali  nei  solchi  interposti  alle  coste  longitudinali,  carattere 
questo  che  aveva  indotto  il  Sisnionda  a  inferire  a  questa  specie  del  Bronn  la  forma 
che  è  stata  precedentemente  descritta  col  nome  di  X.  prodttcta.  Bell.  :  la  descrizione 
che  il  Bronn  ha  fatta  della  sua  specie  corrisponde  così  bene  coi  caratteri  del  fossile 
di  cui  qui  si  discorre,  che  non  può  sorgere  dubbio  a  questo  riguardo. 

La  natura  delle  costicine  o  strie  trasversali  assegnate  da  Bronn  alla  sua  specie 
[striis  transversis  continuis,  Bronn),  è  in  opposizione  con  quanto  si  osserva  nella 
figura  del  Kisso  e  nel  fossile  descritto  col  nome  di  JV.  productn   Bell. 

Non  ho  parimente  riferita  la  citazione  delle  opere  di  M.  Hoernes,  e  di  K.  Hoernes 
e  Auinger  in  quanto  si  riferiscono  alla  JV.  serraticosta  Bronn,  perchè  la  forma  descritta 
e  figurata  da  M.  Hoernes  è  certamente  diversa  da  quella  del  Bronn,  come  non  mi  fu 
difficile  il  riconoscere  comparando  la  figura  data  dall'Hoemes  M.  colla  forma  tipica 
del  Bronn  e  paragonando  un  esemplare  delle  vicinanze  di  Vienna  inviatomi  con  quel 
nome  dal  sig.  Fuchs,  il  quale  esemplare  conisponde  benissimo  alla  figura  precitata 
dell'Hoernes  M. 

Le  differenze  che  vi  ho  riscontrato  sono  le  seguenti  :  1  °  nella  N.  serraticosta  Bronn, 
che  è  comunissima  nelle  sabbie  gialle  del  pliocene  superiore  dei  Colli  astesi,  la  forma 
è  più  lunga  e  più  stretta;  2°  gli  anfratti  sono  meno  convessi  e  perciò  le  suture  meno 
profonde;  :>"  le  coste  longitudinali  quasi  sempre  contigue  sui  successivi  anfratti  e  più 
ottundate  ;  4°  le  costicine  trasversali  più  numerose ,  più  grosse  e  separate  da  coste 
molto  più  strette. 

La  forma  viennese  è  molto  affine  a  quella  precedentemente  descritta  col  nome  di 
JV'.   Catulh  Bell. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,   Sciolze,  raro  ;   Coli.  Michelotti. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli,  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  frequente;  Coli. 
Kovasenda. 

Pliocene  inferiore:  Zinola,  presso  Savona,  Albenga-vallone  Torsero,  Ventimiglia, 
non  raro;   Coli,   del  Museo. 

Miocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona .  ecc.  :  Colli  biellesi ,  Masserano  : 
ViUalvemia  presso  Tortona,  regione  Fontanili  e  Braja,  frequente:   Coli,   del  Museo. 


143.  Nassa  Fischer!  Beli.. 

Tav.  VII,  fig.   H  (a.  b,  e). 

Dislìn^uunl  hanc  speriem  a  S.  xerralicosla  (  Bronn)  sequenles  notae: 

Testa  minor.  -  Anfraclus  postice  depressi.  -  Costae  lonfìitudinalfi»  numerosiores,  \ì,  majores, 
olìlusiorrs,  ab  intcrsliliis  anf)ustiorihiis  si'jiaralae,  leviler  ohiiqiiae:  loshdae  Iransversae  minorn, 
ah  inlrrsliliis  lalioribiis  sejutratae.  -   Labrum  sinistrum  ma(ji$  iucrassattim. 

Long.  4  mm.  :  Lat.  ì  mm.  S 


Miocene  medio:  Colli   torinesi,   Grangia,   rarissimo;   Coli.    Rovaaenda. 


) 


descritti  da  l.  bkllardt  329 

144.  Nassa  textilis  Beli.. 

Tav.  VII,  fig.   13  (o,  h,  e). 

Distinguunl  hanc  speciein  a  N.  serraUcosla  (Bronn)  sequentes  nolae  : 

Spira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfraclus  magis  convexi.  -  Coslae  longitudinales  majores, 
obtiisiores,  ah  inteistiliis  anguslioribus  separalae:  cnstulae  transversae  pauciores ,  a  iukis  lalioribus 
separatae.  -  Rima  latior,  a  labiis  subnullis  circumscripta,  vix  revoluta. 

Long.  7  '/)  rara  :  Lai.  4  mm. 

VarieU  A. 

Anfractus  ullimus  hivaricosus.  -  Coslae  longitudinales  minores,  numerosiores,  i  5. 
Long.  7  mm.  :  Lai.  4  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.   Stazzano,   raro;   Coli,   del   Museo 

145    Nassa  impar  Bell. 
Tav.  VII,  fip.   14  (a,  4,  e). 

Dìslinguunt  hanc  speciem  a  N.  serraticosla  (Bronn)  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Cosliilae  tratisversae  numerosiores ,  12,  mae- 
quales,  in  parie  media  ullimi  anfractus  nonnullae  majores,  antice  et  praeserlim  postice  minorei.  - 
Os  amplius;  labrum  sinistrum  magis  arcualum. 

Long.  6  mm.  :  Lai.  3  '/i  mm. 

Miocene  medio:   Colli  torinesi,   Sciolze.   non  raro;   Coli.    Rovasenda. 

146.  Nassa  cavata  Hell 
Tav.  VII,  fig.   15  (a,  h,  e). 

Dislingiiunl  hanc  speciem  a  N.  serraUcosla  (Bronn)  sequenles  nolae; 

Spira  magis  aperta.  -  Anfractus  pauciores,  4,  a  suturis  profuniliorilms  .<ìeparati.  -  Coslae 
longitudinales  minores,  compressae,  ab  intcrsliliis  lalioribus  separatile  :  roslulae  transversae  pau- 
ciores, 5  »rt  primis  et  in  mediis  anfranclubus,  9  ih  ultimo,  filiformes,  a  sulcis  lalissiinis  separalae, 
in  intersecatione  costaruin  longitudinalium  subspinosae.  -  Os  brevius ,  nrbiculare:  rima  a  labiis 
subnullis  circumscripta. 

Long.  8  '/a  ram.  :  Lai.  4  mm. 

1868.      yassa  strraticosla  KOREST.,  Calai.  Moli. plioc.  Bologtt.,  pag.  44. 

I87(i.  Id.  id.  FOREST.,  Centi,  geol.  e  paleoni.  plioc.  ant.  Castrocaro,  pag.  SO. 

Miocene  superiore:  Tetti  Sorelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;  Coli.  Rovasenda. 
Pliocene  inferiore:   Vezza  presso  Alba,   rarissimo;   Coli,   del  Museo. 


Serik  11.  Tom.  XXXIV.  's 


330  I    MOLLUSCHI    BEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1  i7.  Nassa  torbicula  (May). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  -V.  serraiicosta  (Bronn)  sequenles  nolae  : 

Testa  turrita:  spira  longior.  -  Anfractas  hreviores,  praesertim  uUimus,  a  suturis  multo  ma{/is 
profundis  separati.  -  Coslae  longiludinales  numerosiores ,  li,  compressae  .  subaculae,  prope 
suluram  poslicam  subtruncalae  :  costulae  transversae  minores,  pauciores  ,  ab  interstiliis  multo 
laiioribus  separutae.  -  Os  breve,  suborbiculares. 

Long.  6  '/«  mm.  :  Lai.  4  '/«  •uni- 

1873.    Buccinum  tuniculum  .MAY.,  Joum.de  Concfi.,  voi. XXI,  pag  29l,  lav.  X,  fig.  5. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo  :  Coli,  del  Museo  di  Zu- 
rigo (Prof.   Mayer). 

U8.  Nassa  Jani  (May.). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  lurricula  [May.)  sequenles  nolae  : 

Anfraclus  non  postice  depressi:  suturae  minus  profundae.  -  Costae  longiludinales  majores, 
paueiores,  10,  vbtusiores,  ad  suluram  posticam  productae:  coslulae  transversae  majores,  ab 
interslitii.'!  angustioribus  separatae.  -  Labrum  sinistrnm  vmgis  incrassalum ,  plicae  internai'  majores. 

Long.  6  '/>  !"•"■  ■■  Lat.  4  '/,  mni. 

18*3.    Buccinum  Jani  .M.\Y.,  Journ.de  Conch.,  voi  XXI,  pa^-.  150,  tav.  VI,  fip.  6. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  raro;  Coli,  del  Museo  di  Zurigo 
(Prof.   Mayer). 

149.  Nassa  quadrisebialis  (Bon.). 

Tav.   VII,  fip.    16  (<i,  é,  r). 

Tesla  turrita:  spira  longa,  medio  subinflala.  -  Anfraclus  vix  convexi,  contro  suluram 
posticam  depressi;  ullimus  «/j  lolius  longiluilinis  vix  supcrans.  -  Coslae  longiludinales  angustae, 
compressae  ,  obliquae,  reclae,  ah  inler.itiliis  lalis  separatae,  in  ultimo  anfractu  aniice  suhsinuosae, 
coslulae  lransver.<ae  in  primis  el  mediis  anfraclubus  4  perspicuae,  in  ullimo  8,  postica  in 
intersecatione  coslarum  lonyiludinalium  subcoronalae ,  secunda  et  terlia  poslicae  latae,  complauatae, 
ceterae  mimttae.  omiies  conlinuae  .'iuper  rosla^  lonQÌludìnales  el  in  intcìslilia  decurrentes,  in  inlerse- 
calione  coslarum  longilndinalium  subaculae.  -  Os  orbiculare  :  labrum  siiiislrum  arcuaiuni,  exlerius 
tn/Ia(um,  inlerius  pluri-plìcalum:  columella  arcuala:  rima  a  labiis  subnuilis  circumscripla. 

Long.  8  mm.  :  Lat.   4  mm. 

BON.,  Cidi,  del  iVnseo. 

MICIITTI.,   Geogn.Ans.ltrt.Bild.l^cdm.,  pag  39«. 
E.  SIS.MD.,  Syn.,  pag.  40. 
K.  SISMO.,  Sijn..  9  e,l.,  pag.  Ì9. 
l)'ORH.,  Prodi:,  voi.  Ili,  pag.  85. 
sub(juadrangularis  DODEIU,.,  Crnn.  geol.lerr.  mine.  sup.  Ital.ctnlr.,  pag.  105. 
KOREST.,  Marn.dì  S>  Luca  e  di  l'adirnu,  pag.  5. 

(ìli  esemplari  dell'attuale  collezione  del  Brocchi  che  mi  furono  comunicati  dalla 
Direzione  del  Museo  civico  col  nome  di  Buccinum  virrucosum  Brocch..  corrispondono 


Buccinum  i/uadriseriate 

1838. 

Id.                  id. 

18IÌ 

Id.                  id. 

184-. 

JVaisa  (juiulìiserialis 

1859. 

Id.          id 

?  1864 

Id.          suhquadrang 

1878. 

Id.                  id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  331 

esattamente  con  quelli  qui  descritti  :  ma  la  descrizione  data  dal  Brocchi  del  suo 
Buccinuni  verrucosum  collima  perfettamente  coi  caratteri  della  specie  seguente,  cosi  che 
io  credo  che  nell'attuale  collezione  del  Brocchi  sia  avvenuto  uno  scambio  di  schede. 
Nella  quale  credenza  mi  confermano  le  costicine  trasversali  mediane  della  forma  qui 
descritta,  appiattite  e  foggiate  a  benda,  le  quali  certamente  non  sarebbero  sfuggite 
all'occhio  del  celebre  paleontologo  e  delle  quali  non  è  fatto  cenno  nella  descrizione 
del  suo  Bticcinum  verrucosum. 

Miocene  stiperiore:  Colli  tortonesi,   S'*  Agata-fossili,  non  raro:   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  inferiore:  Castelnuovo  d'Asti:  Vezza  presso  Alba:  Zinola  presso  Savona, 
Albenga-vallone  Torsero,  non  frequente  ;   Coli,   del   Museo. 

<50.  Nassa  verrucosa  (Brocch.). 

Tav.  VII,   fig.   17  {a,  b,  e). 

Distinguunl  hanc  specieni  a  N.  quadriserialis  (Bori.)  sequentes  iiolae: 

Testa  major,  iuftala:  spira  brevior,  maois  aperta.  -  Anfraelus  moffis,  cnnvexi.  non  postica 
deprensi.  -  Cntlac  longiluilhiales  numem.iiores,  15,  waqis  obliquae ,  ab  interstitiii  angustioribus 
separatae  :  coslulae  Iransversae  wagis  promiiienles.  angustiores ,  subwriforines.  -  Labrum  dexterum 
ruguliisum. 

Long.  9  mm.  :  Lai.  6  mm. 

1814.    Bucrinum  veìrmosiim    BROCCH.,  Covch.foss.sHb.,  pag  C50. 
HORS.,   Oria  pieni.,   I,   pag  40. 
E.  SISMO.,  Sijn.,  pag.  41. 

MICHTTl.,  Foss.mioc,  pag.  il3,  lav.  XIII,  fig.  4. 
E.SISMD.,  Syn..  ì  ed.,  pag.  i9. 
D'ORB.,   Prorfr.,  voi  111,  pag.  84. 

DODERL.,  Cetili,  geol.  teir.  mioc.sup.  Ital.  merid.,  pag.  105. 
COCC,  Enum.Sist.  Moli,  mior.e  ptwc.Parm.e  Piac,  pag.  81. 
COPP.,   Palcoiit.  mndcii..  pag.  33. 

Varietà  A. 

Tav.  VII,  fig.   18  {</,  b,  e). 

Costae  loìigitu(tina!es  pauciores,  \i.  tninores.  ab  inlentitiis  latioribus  separatae. 
Long.  9  mm.  :  Lai.  5  '/j  mni. 

Varietà  B. 

Costae  longitudinale s    minulae,  numerosiores ,  praesertim  in  ultimo  anfraclu,  22  ;    cottulae 
Iramversae  et  ipsae  minores,  ab  interstiliis  latioribus  separatae. 
Long.  8  mm.  :  Lai.  5  mm. 

La  descrizione  che  il  Brocchi  ha  fatta  del  suo  B.  verrucosum,  come  già  accennai 
a  proposito  della  specie  precedente,  collima  così  bene  coi  caratteri  dei  fossili  torto- 
nesi pubblicati  dal  Borson  col  nome  di  N.  granularix  e  figui-ati  collo  stesso  nome 
dal  Sig.   Cav.    Michelotti.  che  non  può   sorgere  dubbio    sulla    identità   di    questi   con 


1820. 

Nassa 

ijrannlaris 

1842. 

Buccinum  granulari' 

1847. 

A'*t.((i 

granularis 

1847. 

Ili. 

id 

1852. 

Ili. 

id. 

1864, 

r,i. 

ul. 

1873. 

id. 

verrucosa 

1881. 

id. 

granularis 

332  1    MOLIAISCHI    UEI     lEKKENl     TEKZlAKll    DEL    l'IEMONTE    ECC. 

quelli  descritti  dal  Brocchi.  Il  Brocchi  riferi  il  suo  B.  verrucosum  ad  una  forma 
affine,  ma  non  identica,  vivente  neirAdriatico.  poiché  la  forma  fossile  ijui  dcicritta 
manca  nei  mari  attuali. 

Miocene    superiore:    Colli  tortonesi.    Stazzano,   S"  Agata-fossili,   non  raro:   Coli, 
del  Museo. 


37'  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  parvulus,  brevis,  obtusus.  -  Testa  parvula,  subfusi formis: 
spira  medio  infiala.  -  Anfractus  convexi  ;  ultitmis  dimidiam  longitudinem  subae- 
quans.  -  Supcrfìcies  tota  longitudinaliter  et  transverse  crebre  costellata.  -  Os 
subovale;  labrum  sinistrimi  subarcnatum,  incrussatum,  variciforme;  labrum  dexterum 
non,  vel  vix,  postice  ultra  os  productum  :  colmneUa  arcuata  :  rima  suhtrrnrinalis, 
a  tabiis  subnullis  circumscripta,  non  postice  rnnd  li  culata. 

Ho  separato  dalle  forme  della  precedente  serie  la  specie  che  rappresenta  la  serie 
attuale  pei  seguenti  caratteri:  1°  per  la  sua  foi-rna  ovato-fusoidea,  la  ipiale  proviene 
dalla  poca  depressione  anteriore  dell'  ultimo  anfratto  e  dalla  gonfiezza  della  spira  : 
2°  per  la  forma  dell'intaglio,  il  quale  è  quasi  slabbrato;  3°  e  per  la  mancanza  della 
depressione  più  o  meno  profonda  che  accompagna  posteriormente  lintaglio  nelle  forme 
della  serie  precedente. 

151.  Nass.ìi  asperata  Cocc. 
Tav.  VII,  fi-.   19  (rt,  i,  e). 

Testa  ovata  snbfnsifnrmis:  spira  mcilio  iiillala.  -  Anfraclus  aniice  levita-  infiali ,  poslice 
depiesuiusculi ;  ullimus  ^/.  lolius  longiludinis  suhaequans,  aniice  parum  depressus.  -  Cosluiae 
longiludinaies  minutae,  crebrae,  ab  interslitii.t  anguslis  separalae,  in  primis  H  mediis  anfrai-lubus 
subaicualae,  in  ultimo  subfiinnosae,  plerumquc  25:  cosluiae  Iransversae  coslulax  longiludinaies 
subaequantes,  a  sidro  (inguslo  separalae.  conlinuae,  super  coslulas  longiludinaies  ol  in  inler- 
slilia  decurrenles.  -  Os  ovate;  labrum  sinislrum  suharcualum,  exlerius  incrassalum,  interius 
minule  plicaluni;  labrum  dexliTum  poslice  unipiicaliini. 

Long.  8  mm.  :  Lai.  4  min. 

7   1854.    liuccinum  cimcx       l'ONZ.,  Foss.  .ìlonte  .i/mio,  lav.  II,  lig.  16  (ioed.). 

1873.      Nassa  asperata      COCC,  Enum.sist.  Mnll.miac.e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pag.  81.   lav,  II,  6(;.  ^■4. 
?    1875.    Buccinum  cimcx        PONZ.,  Cronac.siibapenn.,  pag.  14. 

187.'>.      Nassa  aspcrata        SEGUENZ.,  Furin. pliin.  Ital.merid.,  pa;,-.  276. 
?    1880.         . /(/.    aspcrulata    COI'l'.,    Terr.'l'ah.  Modin..   pa},'- •O. 

1881  Iti.     asperata       COI'l'.,   Paleaitl.  moilcn.,  \>af,.'.Vi. 

?    1S8Ì.  *uccinum  aj/zmifum  R.  HOEUN.  el  .M.  AUI.NG.  Gast.mioe  Oesier.-Ung.  Monarch.,  pag.  139,  lav    Mll, 

fife'.  40. 


Varietà  A. 


Testa  hrevior,  ventrosiur. 
Long.  7  mm.:  Lai.  i  mm. 

187;i     Buiiiiium  secticosta  MAY.,  Jouni.de  Condì.,   \ul.  \XI.   pa)(.  j88,  Uv.  X,  fig.9. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  333 

Variria  B. 

Testa  turrita:  Sfìira  longior.  -  Anfraclux  ullimiis  brc-vior. 
Long.  7  min.  :  Lai.  3  '/a  ""n. 

Cito  con  dubbio  la  forma  tìgiirata  dai  signori  K.  Hoernes  e  Auinger.  la  quale, 
se  corrisponde  esattamente  alla  figura,  mi  pare  differire  notevolmente  dalla  vera  N. 
asperatii.  Cocc.  per  la  sua  forma  più  raccorciata,  per  la  bocca  quasi  orbicolare,  ed 
in  particolar  modo  ])p.r  le  coste  longitudinali  molto  più  grosse  e  più  ottuse  e  molto 
minori   iji   numero. 

Pliocene  inferiore:  Zinola,  presso  Savona,  Albenga-vallone  Torsero,  Ventimiglia, 
raro  ;   Coli,   del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  ecc.,  molto  frequente:  Coli,  del 
Museo. 

Varietà  A.  —  Mioei-ne  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese.  raro:  (_^nll.  Ro- 
vasenda. 

Pliocene  superiore  :  Villalvernia,  regione  Fontanili .  presso  Tortona .  non  raro  : 
Coli,   del  Museo. 

Varietà  B.  ■ —  Pliocene  superiore:  Colli  biellesi,  Masserano:  Villalvernia,  regione 
Fontanili,  non  frequente  ;   Coli,   del   Museo. 


38'  iierie. 

Nucleus  cmbrionalis  brevis,  latus,  obtusus.  -  Testa  parvula  sub  fusi  f'ormis.  - 
Anfractus  vix  convexi:  ultimus  dimidi/tm  longitudinem  nequans,  vel  subacquans.  - 
Superfìcies  tota  longitudinnAiter  costata  et  trnnsverse  costellata.  -  Os  orale;  labrum 
sinistrum  subarcuatmn,  parum  incrassatmn,  intcriiis  plicatwm;  labrum  dexterum  non, 
vel  vix,  ultra  os  productum  :  columella  subarcuata  :  rima  subternìinalis,  magis  lata 
quam  profunda,  a  labiis  longis  et  in  caudam  brevem  sed  disfinctam  obiiquam  pro- 
ductis  circumscripta,  non  posfice  canaliculata. 

Dalle  forme  che  baniio  il  nucleo  embrionale  egualmente  foggiato  che  in  queste, 
le  specie  della  presente  serie  sono  distinte  per  l'intaglio  più  distintamente  terminale, 
(luasi  punto  rivolto  airindietro,  ed  in  particolar  modo  dalla  lunghezza  notevolmente 
maggiore  delle  labbra  dalle  quali  è  terminato,  e  che  danno  luogo  ad  una  specie  di 
breve  coda,  oltre  alle  altre  particolarità  minori  notate  nella  diagnosi  della  serie. 

152.  Nas.sa  subcaudata  Iìell. 

Tav.   VII,   fig.  90  [a,  b,  e). 

Tesla  suhfusifdimis.  -  Aniraclus  ulliinii*  aulici-  pnrum  di'prrssus ,  vonlre  non  inflatus, 
iongus,  fiiniiiliam  longilndineiii  subap(niiins.  -  Coslae  longituilinalos  pnrvulae ,  irehrae,  ab 
inlerstitiis  anguslis  separalae.  in  primi.i  el  meiliis  anfractubus  rectae,  in  uHimo  subrectae,  obliquae, 


334  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII     DEI.    PIEMONTE    ECC. 

plcrumque  30:  costulae  transversae  roslas  ìoiirjiindinalcx  auliaeguantes ,  a  sulcis  angiistis 
separalae,  6  in  primis  et  inediis  anfracluhus  pers()icuae.  ri  in  ullinio;  coslula  Iransversa 
ulliiua  poslerior  major,  per  sulcitm  aliis  laliorcm  a  cuslula  pi-nuUima  separala.  -  Os  ovali- 
elongatum,  postice  aiignslalum  ;  labrum  sinislrnm  poslice  ileprossum,  anlice  leviler  dilalatum, 
incrasxatinn ,  inlorius  plnri  -  plicalum  ;  labriun  ik-xleriim  panilo  et  nubuniformilfr  ultra  os 
prodiictiim. 

Long.   12  mm.  :  Lai.  (i  mm. 

Varici^    \. 

Testa  minor:  spira  iìrrvinr.  maqis  aperta.  -  Contai'  Innqitudinales  pauciores.  25.  majores.  - 
Rima  a  lahiis  brevioribiis  circumscripta. 
Long.  9  '/s  '""^-  •  ^^^-  ^  """• 

Questa  forma  e  le  altre  della  presente  serie  sono  affini  ))ci  loro  caratteri  generali 
a  quella  che  l'Hoernes  riferi  alla  N.  costulata  Brocch.  e  che  giustamente  distbise  con 
nome  propiio  il  Sig.  Prof.  Mayer.  La  forma  di  Baden  presso  Vienna  è  certamente 
diversa  da  quella  surriferita  del  Brocchi,  la  quale  sarà  appresso  descritta  col  nome 
di  N.  aprnninirii  (May.),  e  differisce  pure  da  quelle  di  (luesta  serie  per  la  natura 
dei  suoi  ornamenti  superficiali,  come  è  facile  di  riconoscere,  osservando  in  ispecial  modo 
la  natura,  il  numero  dei  solchettini  trasversali  di  queste  ultime  disegnati  nella  tar.  VII, 
fig.   20,   21,   22  e  23. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Baldissero-torinese ,  rarissimo  ;   Coli.   Alichelotti. 

153.  Nassa  diversa  Bell. 

Tav.  VII,  tìg.  21    (a,  b,  e). 

Dislinguunt  liane  speciem  a  N.  subcaiidala  Bell,  sequenles  nolae: 

Anfractus  ultimus  brevior  -  Costae  longitudinales,  majores,  pauciores,  18  in  ultimo  anfractu, 
lotae  rectae:  costulae  transversae  minus  promineiites,  a  sulcis  angustioribus  et  minus  profundis 
separatac,  plerumque  6  in  primis  et  meiliis  anfractubus  perspicuae,  25  in  ultimo.  -  Os  postice 
minus  angustatum  :  culumella  magis  profunde  ercarala . 

Long.  Il   mm.  :  Lai.  o  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,  raro;  Coli,   del  Museo. 

154.  Nassa  sobrina  Bell. 
Tav.  VII.  Ii(,'.  52  (n,  A,  e). 

Uislinguunl  hanc  speciem  a  N.  subcaudata  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  magis  acuta.  -  Anfractus  ultimus  anticc  magis  depressus  ,  brevior.  - 
Costae  Iniigihidinales  majores,  pauciores,  18  in  ultimo  anfractu,  ab  interxtiliis  latioribus  separalae, 
rectae,  nblignae:  costulae  transversae  minores,  nnmero'iiores,  super  costas  lungitudinales  vix  notalae, 
ab  inter.'tiitiis  angustioribus  et  minus  profundis  separalae;  ultima  postica  vi.r  major,  a  penultima 
per  sulcum  vix  aliis  latiorem  separata.  -  Os  brevius. 

Lon;;.  9  mm.  :  Lai.  5  V,,  nim. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.   Baldissero-torinese.   rarissimo:   Coli,   del  Museo. 


I 


descritti  da  l.  bella rdi  335- 

155.  Nassa  cognatella  Bell. 

Tav.  VII,  %.  23  (a,  b,  e). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  subcaudata  Bell,  sequenles  nolae: 

Nucleus  embrionalis  viinus  ubliisus.  -  Tesln  minor.  -  Anfraclus  breviores.  -  Costae  ìongi- 
tudinales  pauciores,  23  in  ultimo  anfraclu,  magis  prominentes,  rectae,  in  axim  testae  productae: 
costulae  transversae  in  primis  et  mediis  nnfracdibns  et  in  parie  postica  ultimi  a  sulco  angusto 
separata»,  vix  nolnlac,  in  parte  antica  uUiini  anfractus  melius  distinctae,  angusiiores,  super  costas 
longiludinales  decurrentes.  -  Os  magis  longnm ,  minus  latum  ;  labrum  sinistrum  regulariter 
arciiatum:  columella  medio  minus  excavata. 

Long.  9  mm.  :  Lai.   4  'j.,  mni. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,   Bersasco,  raro  ;    Coli.   Rovasenda. 

i56.  Nassa  simclans  Bkll. 

Tav.   VII,  li;;.  ìi  (a,  I,,  ,). 

Dislinguutil  lianr,  speciem  a  .V.  snhraudala  Bell,  .sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Coslae  limgitudinales  pauciores  ,  20  in  ultimo 
anfrarla,  compressae,  magis  prominentes,  ab  inlerslitiis  latioribus  separatile,  in  ultimo-  anfraclu 
cantra  suluram  posticam  subdentntae  :  coaliilae  transversae  minus  prominentes,  compia nntne,  6  in 
primis  et  mediis  anfraclubus  pcrspicuae ,  \'^  in  ultimo,  a  sulcis  angustioribus  et  minus  jn-ofundis 
separatae;  sulcus  posticus  angmtìor  et  magis  profundus.  -  Osavate:  labrum  sinistrum  regulariter 
subarcuatum,  non  puslice  depressum  ner,  antice  dilatatum  :  columella  magis  profunde  excavata: 
rima  a  labiis  brevioribus  r.ircumscripta. 

Long.  8  '/j,  min.  :  Lai.  i  '/»  """• 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Bersano ,  raro  ;  Coli.  Rovasenda. 

39"  Serie. 

Nucleus  embrionalis  brevis,  latus,  obtusus.  -  Anfractus  ultimus  dimidiam  lon- 
gitudinem  suhaequans.  -  Siiper/ìcies  longitudinaliter  costata  et  transverse  costuìata; 
costae  longitudinales  prope  suturam  posticnm  a  sulco  latiusculo  interritptae.  -  Os 
subovale;  labrum  sinistrum  arcnatum  varicosum;  labrum  dexterum  jiostice  ultra 
OS  breviter  productum:  columella  subarcuata,  profunde  excavata:  rima  sublateralis, 
a  labiis  brevibus,  vix  reflexis,   circumscripta,   non  postice  canaliculata. 

La  posizione  laterale  dell'intaglio,  la  brevità  delle  sue  labbra,  la  maggior  incur- 
vatura del  labbro  sinistro  e  la  specie  di  denticino  in  cui  si  rialzano  presso  la  sutura 
posteriore  le  coste  longitudinali,  sono  le  note  che  distinguono  questa  serie  dalla  precedente. 

157.  Nassa  inaequalis  Bell. 
Tav.  vili,  fiy.  1   («,  i,  (  ). 

Testa  sublurrila:  spira  salis  aperta.  -  Anfraclus  vix  convexi;  ultimus  venlrosus,  antice 
satis  depressus,  dimidia  longitudine  vi.t  brevior  :  spira    parum    acuta.  -   Coslae    longiludinales 


33R  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

pleninique   t4  in  ullinio  anfraclii,  prope  tnaroinem  aris  nbanlelae.  ri>l  vix  conim  suluram  poslicam 
nolatae,  omiies  compressae,  promineiitcs,  ab  intersliliis  talis  H  profundis  si-paraiae,  rectae,  leviter 
obliquae,  prope  suluram  poslicam  a  sulco  minuto  interruplae.  -  ()s  siibnrbiculare;  labrurn  sìnislrum 
anlice  dilalatum:  coluinclla  medio  profunde  excavala. 
Lonp;.  S  mm.  :  Lai.  4  "/a  "•'"• 

Miocene  inferiore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Rovasenda. 

Pliocene  inferiore:   Vezza,   presso   Alba,   rarissimo;   Coli,   del   Museo. 

158.  Nassa  exscui.pta  Bell. 

Tav    Vili,  lig.  2  (a,  b,  e). 

Disliiiguuiil  liane  speciein  a  iV.  inaeqnalis  Bell,  sequenles  nolae  : 

Testa  minor,  crassiur.  -  Coslae  lonqitndinales  usque  cimlra  varicem  labri  sinistri  produclae, 
compressae  :  eoslulae  Iransoersae  pauciures,  majores,  complanatae,  a  sulcis  latinribus  separatae. 
-  Os  brevias,  suborbicnhire  ;   labrum  sinistrum  magis  nrcualum. 

Long,  (j  '/o  """•  •  '^^    ^  '/»  "•'"• 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli,  presso  Castelnuovo  d'Asti,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Rovasenda. 

159.  Nassa  diademata  Bell. 

Tav.  Vili,  fig.  :?   ,.i,  h,  .). 

Oìslìnguunt  hanc  speciem  a  iV.  inaequalis  Bell,  sequenles  nolae: 

Nucleus  embrionalis  major,  brevior ,  mngis  oblusus.  -  Sulitrae  siibcanalieMlatae.  -  Coslae 
lonijiludinaìes  usque  cnnlra  varicrm  labri  sinistri  produclae,  compressae,  pauciores,  a  siilcis  Inlinribui 
separalae:  custulae  transversae  pauciores;  postica  major,  magis  disi  inda,  deiUiculala.  -  Ih  brevius 
suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  magis  arcuatum. 

Long,  fi  min.  :  lai.  4  V»  '"•" 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli,  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;  Coli.  Rovasenda. 

160.  Nassa  biarata  Rem.. 

Tav.  Vili,  fit;.    i  (a.  I>,  e). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  iiiaeqnalis  Bell    sequenles  nolae: 

Nucleus  apicalis  minor,  minine  oblusus.  -  Snturae  snb'-analieulalac.  -  Costai'  longiludinaUs 
17,  usque  cnvlra  varicem  hibn  sinistri  produclae,  panrinres.  a  sulcis  hitioribus  separalop  :  prope 
nUuram  poslicam  n  suhis  duobus  inlerruptae,  ibi  ilentifiirmes:  eoslulae  transversae  pnnriores,  a 
sulcis  angnstioribus  separatae,  complanatae,  in  ventre  anl'ractuum  subnbsoliflae,  in  parie  amica 
ultimi  anfractus  numerosae,  minulae,   ab  inlersliliis  latis  separatae. 

Long.  7  min.  :  lai.  4  mm. 

Miocene  superiore:  'l'etti  Eorelli.  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  frequente;  Coli. 
Kovasenda. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  337 

40»  Serie. 

Nucleus  emhrioìialis  magnus ,  ohtiisus.  -  Testa  subovaia:  spira  longiuscula  , 
rrrsus  apiceni  inflata.  -  Anfractus  ultimiis  dimiclia  ìongitudine  hrevior.  -  Super- 
ficies  loìigituiìiruditer  costata  et  transverse  silicata  :  costae  longitudinales  prope  su- 
tiiraììi  post/cnni.  a  sulco  transverso  interrtiptae  et  denti formes.  -  Os  ovale  ;  ìahmm 
slnistruìn  arcuatum,  incrassatum,  interius  pluri-plicatum  ;  labrum  dexterum  ultra 
OS  productum,  praesertim  postice,  laeve  :  columella  anticc  profunde  excavata  :  rima 
a   lahiis  hrevihus  circumscripta  ,  suhinteralis. 

Distinguono  la  forma  rappresentante  questa  serie  da  quelle  della  precedente  e 
della  seguente,  alle  quali  è  collegata  per  la  natura  dei  suoi  ornamenti  superficiali, 
i  seguenti  caratteri:  1°  la  maggior  lunghezza  dell'ultimo  anfratto  per  rispetto  a  quella 
della  spira  ;  2°  la  forma  arcata  del  labbro  sinistro;  3'  la  brevità  delle  labbra  che 
circoscrivono  l'intaglio;  4"  la  posizione  più  laterale  dell'intaglio;  5°  e  soprattutto  la 
dilatazione  del  labbro  destro. 

161.  Nassa  pinnata  Bell. 
Tav.  XI,  lij,'.   8  (a,  b). 

Tesla  ovaio- lunila  :  spira  scalarnta.  -  Anfraclus  vix  conve.vi;  ullimus  dimidia  loiigi- 
tuiiine  paruri)  hrevior.-  sulurae  suliraiiaUcuInlae.  -  Coslae  longitudinales  compressae,  subaculae, 
vix  obliquae,  ab  inlersliliis  Intis  separalae ,  versus  os  obsolclue,  proiie  suturam  posticam  pinnae- 
t'ormes  ;  sulci  transversi  pauci,  in  primis  anfrnclubus  distincli ,  in  inediis  vix  notali,  in  venire 
ullimi  obsoleti  i  sulcus  poslicus  major  jìrope  suluram  poslicam  dccurrens  latus  et  profumlus; 
pars  aulica  ullimi  anfractus  tota  transverse  sulcala  ;  sulci  profundi,  lati,  ab  inlersliliis  lalis 
separali.  -  Os  ovale;  labrum  sinistrum  ar(^ualum,  antice  leviter  dilataluni;  labrum  dexterum 
laeve,  regionem  umbilicalem  magna  in  parte  recumbens,  medio  parum,  poslice  late,  extensum. 

Long.  9  '/«  'nni-  Lai.  4  '/„  mm. 

Questa  forma  fu  per  errore  figurata  fra  quelle  della  serie  48. 
Pliocene  inferiore:  Zinola  presso  Savona,  raro;   Coli,   del  Museo. 

41"  Serie. 

Nucleus  embrionalis  brevis,  latus,  obtusus.  -  Testa  turrita  :  spira  longa.  -  Su- 
perficies  longitudinaliter  costata  et  transverse  costulata  :  costae  longitudinales  prope 
suturam  posticam  a  sulco  transverso  interruptae  et  dentìformes.  -  Os  subovale;  la- 
brum sinistrum  varicosum,  interius  pUcatmn  ;  labrum  dexterum  non,  vel  vix,  ultra 
OS  productum,  plerumque  rugatum:  columella  jn-ofunde  excavata:  rima  subterminalis^ 
a  labiis  longiusculis  circumscripta,  parum  reflexa,  postice  parum  depressa. 

Sekie  II.  Tom.  XXXIV.  'x 


338 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


Nella  presente  serie  la  spira  è  più  stretta  e  più  lunga  e  l'ultimo  anfratto  è  com- 
parativamente più  breve  di  quanto  osservasi  nella  serie  precedente;  inoltre  il  labbro 
sinistro  vi  è  più  grosso,  variciforme,  e  quello  destro  vi  è  ordinariamente  nell'età  adulta 
guemito  di  piegbe  e  di  rughe  ;  la  coluinella  vi  è  pure  più  profondamente  incavata  e 
più  contorta,  e  l'intaglio  meno  laterale. 


IG2.  Nassa  tlrbinellls  (Bhoccu). 

Tav.  Vili,   llg.   j  [a,  b,  e. 

Nucli'us  emlirionnlis  mafiiiiis .  valilo  obtnms.  -  Ti'sla  turrita:  spira  longa.  -  Anfraclus 
coraplaiiati  ;  ulliiiius  -j^  lolius  lonjiiliulini.s  acquans,  antice  valile  dfpressitx  :  sulura  postica 
marginata,  subcanaliculala.  -  Cosl.ie  longiludinali's  14,  aiigustae ,  compressae ,  prominenles , 
reclae,  in  parte  aulica  ultimi  anfraclus  siiniosar,  axi  li'slae  subparallolae  ,  ah  interstitiis  latis 
sepiralae.  poslice.  a  sulcn  prnfuniln  s-ctae  et  in  d^nticulum  prnmini'nlem  producine  ,  inde  sulura 
postica  eleganter  coronala.  -  Os  suhovale  ;  labrum  siiiistrum  subarcualura;  labrum  dexleruin 
vix  et  reijulariter  ultra  o»  prndnclum:  cokiniella  salis  escavala. 

Long.   1 1    min.  :  Lai.  5  nini. 


1814. 

Bucvinum 

lurblncìlus 

r»3o. 

Nassa 

coslulata 

1827. 

Bwcinum 

!  turbinctius 

18-Ì9. 

Id. 

id. 

1831. 

Id. 

id. 

1839. 

Id. 

id. 

1832. 

Id 

id. 

\Mì. 

Id. 

!d. 

1847. 

A'assa 

lurbinella 

1847. 

Jd. 

ul. 

1852. 

Id. 

id. 

1864. 

Id 

id. 

18fi7. 

Bucci  num 

:  Itirbincllus 

ISOS. 

Nassa  1 

lurbinella 

1869. 

Bucci  num 

turbinellus 

1 S70. 

^assa  1 

'urbinelta 

1873 

Id. 

id. 

1873. 

Bue  ci  ti  uni 

:  turbinellus 

1874. 

Id. 

id. 

187.5. 

.\tissa   1 

lurbinella 

1875. 

Id. 

id. 

1875. 

Buccinum 

turbinellus 

1876. 

Nassa 

lurbinella 

1877. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

ul. 

1877. 

II. 

id. 

187S. 

Id. 

lurbinelhim 

1878. 

II. 

turbi/lilla 

1880. 

Id. 

id. 

IHHO. 

Id. 

•  d. 

1881. 

Id. 

"'■ 

1881. 

Id. 

id. 

BROCCll.,  Clinch,  fnss.  sub.,  pa<;.  <;j3,  tav.  XV,  llg.  17. 

BOnS..  Oriti,  pieni.  I,  pag.  41,  lav  I,  lig.  13. 

SASS.,  Saijg.  ijeul.   Bacin.   terz.   .4lbe»ga.   pag.  481. 

.M.\15C.  DE  SERU.,  Géngn.terr.  tcrt.,  pag.  122. 

BnO>i.N,  Ital.  tcrl.-Ceb.,  pag.  22. 

J.\iN,  Calai.  Cnneh.  foss..  pag.  13. 

DESI!.,  Expèd.  se.  Morèe  Zoo/.,  pag  197. 

E.  SISMI),  Sijn.,  png,40. 

MlCllTTI.,  Foss.  mioc,  pag.  213  (in   parte). 

E,  .Sl.SMD.,  Sijn.  2  ed,,  pag.  ,30  ;ii>  partc\ 

D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  85. 

DODERL.,  Cenn.genl.  terr.  mioc.  sup,   llal.centr.,  pag.  lO.'i. 

PER.  DA  COST.i  Gaster.tcrc.Porl.,  pag.  100,  tav.  XIV,  lig.  18,  19, 

FOREST..  Caini.  .Moli. plioc.  Botiign.  I,  pag.  44. 

COPF.,  Calai,  ftiss  mioc.  e  plioc.  .Mndvn.,  pag.  24. 

BELL,  Catal  Moli.  fnss.  Biol,  pag.  9. 

COCC.Enum  S'st  Muli.  mine,  e  plioc.  Parin.  e  Piac.  pag.  81. 

.MAY.,  S)j.H.  l'erz.  rtrst.  HcU:,  paK.  .33. 

COPP.,   Calai  foss.  mio-plioc.  Aloden.  Colt.  Cepp.,  pag.  2. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.  Ital.  merid.,  pag.  276. 

PANTAN.,  Jll..4ccad  fisiocril.  Siena,  Voi.  VII,  pag.  4. 

CUESPF.LL.,  Noi.  geni.. Saifiijn.,  pag.  18. 

FOREST.,  Cenn.genl  e  paleonl.  filine,  ani.  Cnstrncam,   pag   20 

I.SS.,  .-l/ip.  palennl.  I,  pag   21. 

DE  STEF.,   Strat.piinc  Siena,  pag   182. 

C.^PELI..,  .yiarn.glaueon.  Botogn.,  pag.  405 

DE  .STEF.  e  PANTAN.,  .Moti. plim.  Siena,  pag.  105. 

D^.\Ni^-..  .Mioc.  di  Ciminna,  pag.  7. 

SARTOR.,   Co//.  .S"  Colombano  ed  i  sani  Fnss.  I,   pag    12. 

COPI'.,   'leir.  lab.  .Mothn.,  pag.  IO. 

COPP,,    Mar/1,  turcli.  mnden.,   pag.    14. 

COPI'.,  Paleoiit.  mnden.,  pag.  34, 


DESCRITTI    DA    L.    BELLABI)!  339 

Varietà  h. 

Tfsla  minor,  minus  crassa.  -  Sutiirae  miiius  profnnrìae.  -  Coslae    longitudinahs   minores, 
niimerosiores ;  denticuli  postici  minores:    coslulae  Iransvcrsne.    minus  prominenles,   complanalan. 

-  Rima  a  labiis  brevioribus  circuniscrijila. 

Long.  9  min.  :  Lai.  4  mm. 

Varietà  B. 

Anfraclus  ullimus  anitre  magis  depirssus^inde  os  brevius  et  snborbicidare.  -  Labrum  dexlerum^ 
aniice  nnituhercniosum,  inlerdmn  postici'  rugulusum. 
Long.  Il    '/a  tnm.:  Lai.  5  mni. 

Varietà  0. 

Testa  major,  rrassior.  -  Anfraclus  iiltimus  aniice  magis   depressus ,    inde   o<  snborbiculure. 

-  Coslae  Inniiiludinalei  nninerosiores ,    praeserlim    in    ìilli<nis    a:ifractnbus.    -    Labrnm   sinislrnm 
maijis  mcrassdtnrn,  suliarrnaluni  ;  labrum  ilexterum  lolum  rugosum:  colnmella    magis   ercavata. 

Long.   I  i  inni.  :  Lai.  7  mni. 

Gli  esemplari  descritti  come  tipo  della  specie  corrispondono  esattamente  a  quelli 
tipici  del  Brocchi  che  ebbi  occasione  di  esaminare  nella   raccolta  stessa  del  Brocchi. 

Tanto  la  forma  tipica,  quanto  quella  delle  varietà  B  e  C,  molto  frequenti  nei 
Colli  tortonesi,  ])resentano  numerose  variazioni  nella  spira  più  o  meno  lunga  ed  aperta 
e  nel  numero  più  o  meno  grande  delle  coste  longitudinali. 

Ho  tralasciato  di  citare  la  forma  che  l'Hoernes  M.  ed  i  signori  R.  Hoernes  e  M. 
Auinger  hanno  riferito  alla  presente  specie,  perchè  ne  è  affatto  distinta.  La  forma  dei 
dintorni  di  Vienna  ha  molta  analogia  con  quelle  descritte  nella  serie  39,  ed  in  par- 
ticolar  modo  colla  N.  iiiaequalis  Brìi.,  dalla  quale  differisce  soprattutto  per  la  man- 
canza nella  parte  posteriore  degli  anfratti  dei  numerosi  solchettini  proprii  della  ^V. 
hiacqualis  Bell,  e  per  la  forma  della  colnmella  :  si  separa  inoltre  dalla  N.  fitrbinelliis 
Brocch.,  perchè  quest'ultima,  della  quale  ebbi  ad  esaminare  gli  esemplari  tipici  stessi 
del  Brocchi,  ha:  1"  una  forma  più  stretta  e  più  lunga;  2"  il  solco  trasversale  che 
taglia  le  coste  longitudinali,  più  profondo  e  le  dentellature  che  gli  tengono  dietro  più 
sporgenti  e  più  acute  :  3°  e  perchè  tutta  la  sua  superficie  è  attraversata  da  sol- 
chettini i  quali  corrono  continui  sia  sulle  coste  longitudinali,  sia  sui  solchi  che  loro 
sono  interposti. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  Stazzano,  frequente;  Coli,  del 
Museo:   Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;   Coli.   Rovasenda. 

Pliocene  inferiore  :  Zinola  presso  Savona  ;  Albenga-vallone  Torsero  ,  raro  ;  Coli, 
del  Museo. 

Varietà vL  Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'-*  Agata-fossili,  raro;  Coli,  del  Museo. 

Varietà  B.  Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  S''''  Agata-fossili ,  Stazzano  ,  fre- 
quente; Coli,  del  Museo:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  frequente;  Coli, 
del  Museo  e  Rovasenda. 

Varietà  C.  Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'*  Agata-fossili,  frequente;  Coli, 
del  Museo. 


340 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    V'IEMONTE    ECC. 


163.  Nassa  ringens  (Don.). 

Tav.  vili.  6'^.  G  {a,  L  e]. 

Dislint;uunl  hanc  speciem  a  A',  turbinellns  (Brocch.)  sequenles  nolae: 

Testa  major,  crassior:  s/um  iiiagis  aperta.  -  Coslae  longitudinales  numerosiores ,  ab  inler- 
stiliis  aiuinstioribus  separatac:  coslulae  tranxversae  pauciores,  magis  prominentes,  non  depressae; 
denticuli  poetici  miiuires.  -  Os  anguslius,  ringem;  labrum  siiiistrnm  crassius  ,  depresxum.  nbli- 
quHtn  ;  labrum  dfxterum  antice  el  postice  multiruijaldm,  medio  plerumque  laeve;  riiqae,  praesertim 
anticae.  magnae;  plirae  medianae  internae  labri  sinistri  majores:  columella  medio  profundisHme 
excavata. 

Long.   12  mm.  :  Lai.  (5  '/.  "'"i- 


Buccinum  ritingevs 

1840. 

Id. 

id. 

1843. 

Id. 

id. 

1847. 

JVassa 

ringens 

1847. 

Id. 

r/ìingens 

1852. 

Id. 

id. 

1864. 

Id. 

id. 

?1875. 

Id. 

ringens 

18*5. 

Id. 

id. 

1877. 

1,1 

rhingens 

?I878. 

Id. 

ringens 

1881. 

Id. 

id. 

BON.,  Coli,  del  Museo. 

MICHTT!.,  Riv.  Cast,  fiiss.,  paf;.  24. 

E.   SISMO.,  Sgn.,   pa;;.  40. 

MICIITTI.,  ro.is.mioc.,   pag.  2l-i. 

E.  SIS.MD.,  Sijn.,  ì  0(1.,  pay.  2i). 

O'OUlt.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pay.  85. 

DODERL.,  Cenn.geol.  terr.mivc.sujì.  llal.cenlr..  pag.  105  [cut.  sgnon.^ 

SElUlENZ.,  Form.plioi:  hal.meìid..  pap.  276. 

PANT.VN.,  .-III.  Jccad.fi.uocrit.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

DE  STEF.,  .Slrat.pìiiic.  Siena,  pag.  251,  252. 

DE  STEF.  e  PANTAN.,  .ìfolt.plioe.  Siena,  pag.  105. 

COl'P.,  Paleant.  moden.,  pag.  37. 


Varietà  A  (an  .'ipccles  (lisllngiienda  ?). 

Testo  perlonga:  spira  minus  aperta.  -  Anfractus  ultimi  longitudinaliter  ecoslati.  -  Columella 
minus  excavata. 

Long.  17  mui.:  Lai.  7  inni. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi ,  S'*  Agata-fossili ,  Stazzano  ,  frequente  :  Coli, 
del  Museo. 

Varietà  A.  Miocene  siqìcriore:  Colli  tortonesi,  S'^  Agata-fossili,  rarissimo;  Coli. 
Michelotti. 


16i.  Nassa  aheolata  Bkll. 
TaN.  vili,  lig.  8  («,  b,  e). 

Tesili  turrita,  rentrosa:  spira  paruin  acuta.  -  Anfractus  couvexi ;  uitìmus  dìniìdìa  lon- 
gitudine brevior,  inflatus,  anlice  vaide  dcpressus:  sulurac  profundae,  auguste  caualicnlatar. 
-  (lostae  ionjiitudinaics  minulae,  cnstulas  transversas  .siifeac^i/ontcA',  30-3!>,  subsinuosae,  icviler 
oblìipiac^;  druiiculi  postici  minimi:  coslulae  Iransversac  parvulae,  ab  iuterstitiis  lalinsrulis  .■<epa- 
ralae,  complanalae  ,  subuuiformes,  coulinuae,  costas  longitudinales  decussanles,  inde  superfiries 
minute,  rlrgauter  el  subregulariter  clathrata;  sulcus  posticus  l'i.r  aliis  latior  el  profundinr.  - 
Os  suborbicularo  ;  labrum  sinistruni  subarcualuni,  paruni  inllaluni,  inlerins  pluri-plicatun)  : 
plicae  subuniformes  ;  labrum  dcxlcrum  Inium  ruiiulosum:  columella  mtfdio  profunde  exravala: 
rima  a  labiis  brevibus  circumscripla. 

LonK.   15  mm.  :  Lui.   9  mm 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  S41 


Variet*  A. 

Spira  Innfjinr,  vniins  aperta.  -  Anfrarliis  minus  convexi. 
Long.  16  min.:  Lai.  7  mm. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,   S''  Agata-fossili ,  frequente .   Stazzano ,   raro  ; 
Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 


165.  Nassa  taurinensis  (May.). 

»  Testa  ovaio- conila,  solidula,  coslis  loiuiiludiiialibus  obliquis,  arcualis,  sulcisque  traiisversis, 
»  creherrimis,  rcgnlaribiis :  spira  acuta:  anfractiibus  6,  convexo-planis,  sutura  profunda  xeparnlis, 
»  illa  regione  sulio  snccinctis;  ultimo  spira  pania  majorp,  panlnm  convexo;  apertura  majnscula, 
»  ovata,  in  canalem  lalum,  brevissimum  desinente  ;  ladro  incrassalo ,  ititus  suleato  ;  calln  labri 
»  dexteri  angusto  « . 

Long.  11   min..  Lai.  7  mm. 

1861.    Biiccinum  taurinense     MAY.,  Journ.  ile  Conch.,  voi.  I.\,  pag.  37i,  lav.  XV,  fig.  8. 

Mi  limito  a  rifeiire  per  questa  forma  la  descrizione  che  ne  ha  data  il  sig.  Prof. 
Mayer,  non  avendo  avuto  sott 'occhio  l'esemplare  tipico  che  probabilmente  andò  perduto, 
né  avendo  trovato  nei  Colli  torinesi  forma  che  vi  si.  possa  riferire. 

Egli  è  dietro  l'analogia  di  questa  forma  colla  N.  turhinellus  (Brocch.),  indicata 
dal  sig.  Prof.  Mayer,  che  io  la  colloco  provvisoriamente  in  questa  serie,  abbenchè  se 
ne  allontani  per  la  figura  della  sua  bocca  ed  in  particolar  modo  per  la  forma  stretta 
ed  acuminata  del  suo  nucleo  embrionale. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  rarissimo;  Coli,  del  Museo  di 
Zurigo  (Prof.   Mayer). 


42"  Serie. 

Nucleus  emhrionalis  brevis,  latus,  ohtusus.  -  Testa  turrita  :  spira  longa.  -  An- 
fractus  paruni  convexi  ;  ultimus  dimidia  loìiffitudine  hrevior.  -  Sitperfìcies  ìoiigitu- 
dinaliter  costata  et  transverse  minute  costulata  :  costae  ìongitudinaìes  prope  suturarti 
posticam  a  sulco  transverso  interruptae.  -  Os  amplum,  postice  angustatum  ;  labrum 
sinistrimi  simplex,  postice  depressum  ,  anticc  dilatatum  ;  labrum  dexterum  vix  et 
regularitcr  ultra  os  producttim,  laeve :  columella  anticc  profunde  excavata,  valde 
contorta:  rima  terminalis,  lata,  paruni  prof unda,  a  labiis  brevissimis  circum scripta, 
postice  non  canalirKÌaftì, 

Abbenchè  la  forma  che  rappresenta  questa  serie,  sia  molto  affine  a  quella  della 
precedente,  se  ne  può  tuttavia  agevolmente  distinguere  pei  seguenti  caratteri  :  1°  spira 
più  aperta;  2"  labbro  sinistro  sottile;  3°  mancanza  di  rughe  sul  labbro  destro  ;  4"  ed 
in  particolar  modo  labbra  che  circoscrivono  l'intaglio  molto  più  brevi. 


342 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


166.  Nassa  pebpulchra  Bell. 

T.1V.  vili,  fig.    13  {a,  b.  e]. 

Testa  turrito:  spira  longa,  polijfjynila,  ad  aiìicem  valde  acuta,  dein  magix  apeila.  -  An- 
fraclus  parum  convexi;  ullimiis  brevis,  dimidia  lon;;iludine  brrvior.  venlrosus.  anlice  valde 
depressus.  -  Coslaft  lon;iiUiilinalps  rrohrac  ,  rompi  essnc.  suìmrntae ,  siimnxae ,  in  /)r/»ii<  an- 
fiaclubus  ab  iiilerstiliis  anijiislis  separala!',  in  iillimiii  inler  se  manis  ilisUintes,  omiins  pvope  >.utiiiam 
posticam  a  carina  subintcrruplac  et  dcnliculntae  :  coslulae  Iransversae  crebrae.  ab  irilersliliis 
anguslis  separalae,  conlinuao,  xnper  cn^las  lougituiìinalcs  di-nirrcntes,  stibunifurmex.  -  Os  brove, 
lalum,  pnslice  amjuslaUnn:  labrum  sinislrum  medio  dilatnlntn,  simplex,  inlcrius  laeve;  labrum 
dexlerum  laeve:  columella  anlice  profunde  excavala:  rima  lata,  profmida,  stibfilabiata. 

Lon^.   lo  rum.  :  Lai.  8  mm. 

184'7.    iVassa  turbi/iella     MIC.IITTI.,   Foss.miuc,  pag.  213  (in  parie). 
1847.        /(/.  id.  K.  SISMO.,  Sijn..  2  ed.,  pa^^  «)  (in   parie). 

Varietà   A. 

Costulae  ìomiitudinales  in  omnibus  anfractnbus  numerosiores,  minores. 
Long.  10  mm.  :  Lai.  S  mm. 

Varietà  B. 

Coslulae  longiluilinales  in  primis  aiifiacluhus  obsoletae. 
Long.  16  '/«  inni.:  Lai.  9  mm.  ^ 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Termo-fourìl ,  Baldissero-torinese .  Val  Ceppi,  non 
frequente  ;  Coli,  del  Museo  e  Micbelotti. 

Pliocene  superiore  :   Colli  tortonesi  ;   S'"  Agata-fossili,  rarissimo  ;  Coli,   del   Museo. 

Varietà  A  e  B.  Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi  , 
non  frequente:   Coli,  del  Museo. 


43»  Serie. 

Nucleus  emhrionaìis  brevis,  latus,  ohtusus.  -  Testa  suhovata  :  spira  hrevis.  - 
Anfractus  convexi  ;  ultimus  dimidia  longitudini'  plerumque  Inngior  ,  ventrosus.  - 
Superficies  tota,  vel  in  parte,  longitud  inai  iter  costata,  tota  transversr  costuhita.  -  Os 
amplum  ;  labrum  sinistrum  simplex,  interitis  plicatum  ;  labrum  dcxtrnuìi  plus  mi- 
nusve  et  iiniformiter  ultra  os  productum,  laeve;  columella  arcuata:  rima  subter- 
minalis,  lata,  parum  profunda,  a  labiis  brevibtis  circumscripta.  non  postice  rana- 
liculuta. 


1/ angolo  spirale,  in  confronto  con  quello  delle  forme  inscritte  nelle  serie  affini , 
poco  acuto;  la  brevità,  della  spira,  e  perciò  la  forma  generale  più  o  meno  rigonfia; 
ed  in  particolar  modo  la  natura  degli  ornamenti  superficiali  e  la  notevole  larghezza 
dell'intaglio,  danno  alle  forme  di  questa  serio  una  fisionomia  loro  propria. 


descritti  da  l.  bellardi  34s 

167.  Nassa  subquadrangularis  Michtti. 

Tav.   Vili,  fi};.   10  {a,  b,  e). 

Spira  medio  subindala.  -  Anl'ractus  valde  convexi  ;  ulliraus  diraidiara  longiludinem 
aequans,  ventrosus,  anlice  valdc  depressus.  -  Coslae  loiigitudinales  numerusae  ,  iS-'iO  in 
ulliino  anlVaclii,  minulae,  custutas  Iransversas  subaeqnvUes,  ab  intersliliis  latiusculis  separalae, 
rectae,  in  ultimo  anfractu  levller  obliqiiae  ;  coslulae  Iransversae  et  ipsae  minulae  et  ab  inter- 
slitiis  laliasculis  separatae,  pleruiiKjuc  5  in  primis  el  mediis  anfraclubus  perspicuae,  12  in 
ultimo,  coiìliiìitae,  costas  lunijiludiiìalcs  dfcussantes,  in  liarum  intersecalione  in  pustulam  erectae, 
inde  sujìcrficies  eUqaiilp.r  clatlirala  el  pustulifera.  -  Os  ovale  ;  labrum  sìnislrum  subarcualum  ; 
plicae  inlernae  minulae,  unilormes;  labrum  dexlerum  aliqnanto  ultra  os  produclum,  prae- 
sertim  in  rcifione  meiliana  el  postica:  columelia  circuala, 

Long.  15  mm.  :  Lai.  9  '/,  mra. 

1847.    Ncis.ta  subquadrangularis     MICHTTI.,  Fosi.mioc,  pag.  ìli. 
?  {Slà.Buccinum  subquadrangulare  R,  IIOER.N.  Die  Fami.  Schticis  v.Ottnang.,  pag.  349,  tav.  XI,  flj;  8-10. 

Varici»  A. 

Coslae  loiii/ilwlinales  in  dimilia  parte  ultimi  anfrac'if<  labro  sinistro  contiijua  rariores  l't 
ab  intersliliis  laliarilius  separalae. 

Long.   15  mni.  :  Lai.   9  mm. 

Paragonando  fra  loro  la  figura  della  forma  che  i  sigg.  R.  Hoernes  e  M.  Auinger 
hanno  riferita  alla  N.  suhquadrangularis  Michtti  (1.  e.  tav.  XV,  fig.  13)  con  quella 
che  è  in  questa  monografia  disegnata  su  esemplare  tipico  dei  colli  torinesi,  apparisce 
ovviamente  come  le  due  forme  sono  diflferenti  per  la  natura  del  guscio,  per  le  dimen- 
sioni e  sopratutto  per  la  figura  della  bocca  e  dell'intaglio. 

Nei  fossili  dei  Colli  toriue.si  il  guscio  è  comparativamente  sottile  ,  le  dimensioni 
maggiori,  la  bocca  piii  larga  e  dilatata  anteriormente,  il  labbro  sinistro  non  inspes- 
sito internamente,  l'intaglio  molto  più  largo  e  la  maggior  concavità  della  columelia 
collocata  a  metà  e  non  anteriormente,   e  più  regolare. 

Per  questi  motivi  ho  tralasciato  ili  riferire  nella  sinonimia  di  questa  specie  l'opera 
precitata  dei  sigg.   R.   Hoernes  e  M.   Auinger. 

Ho  invece  riferita ,  con  dubbio  però ,  quella  della  Memoria  del  sig.  R.  Hoernes 
Die  Famifi  drs  Schìiers  ron  Ottnang,  perchè  le  figure  ivi  pubblicate,  se  non  corri- 
spondono in  tutto  e  per  tutto  alla  forma  tipica  della  N.  subqundrnngiilaris  Michtti. 
ne  dimostrano  tuttavia  l'intima  parentela:  né  mi  so  render  ragione  come  figure  così 
differenti  quali  sono  quelle  della  Memoria  del  sig.  R.  Hoernes  e  della  Monografia  dei 
sigg.   R.   Hoernes  e  M.   Auinger,  rappresentino   forme  riferite  alla  stessa  specie. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese,  Albugnano,  raro; 
Coli,  del   Museo  e  Michelotti. 


344  I    MOLLUSCHI    DEI    TERKENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

168.  Nassa  cbispa  Bf.i.i,. 
Tav.  Vili,  fiR.   13  (a,  b,  <). 

Dislinguunl  liane  specietii  a  JV.  subquadiangularis  MiclUli.  sequenles  notae: 

Spira  longior,  magis  acuta.  -  Anfractus  jioslice  depressi;  ultimus  brevior,  antice  magis  lìe- 
pressux:  suliirae  siibraiiaUculatae.  -  Costae  lungiludinales  el  coslitlae  Iransvemae  ab  iiiterstitiis 
aiiguslioribus  separalae;  pustidae  majores,  obtiisai'.  -  Os  brevius,  suborbiculare ;  labrum  siiiistnim 
viagis  coucavum:  columella  minus  contorta,  antice  excauata:  rima  a  lubns  breoioribvs  cir- 
cunìscripla. 

Long.   14  Vs  "111.:  Lai.  9  uim. 

Per  la  forma  generale  e  per  la  leggera  depressione  degli  anfratti,  come  per  la 
stretta  scanalatura  contigua  alla  sutura  posteriore,  questa  specie  forma  il  passaggio 
dalle  forme  di  nuesta  serie  a  quella  della  seguente. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,  rarissimo;   Coli.   Michelotti. 

169.  Nassa  soror   Bell. 
Tav.  Vili,  fig.  12  ;«,  i,  i). 

Dislinguunl  liane  specieni  a  ^V.  subquadranijularis  Michlli.  sequenles  nolae  : 

Anfractus  mimtn  coiivexi  ;  ultimus  antice  minus  deprcssus.  -  Co.tlac.  Iniifiitmliiinles  minores, 
numerosiores,  ab  interstiliis  anguslioribus  separatae,  in  ultimo  anfraclu  ad  rimam  non  proiluclae: 
coslulae  transversae  el  ipsae  minores,  numerosiores,  a  sulco  angusto  separatae,  9  in  primis  an- 
fraclubus  perspiruae,  "22  in  ultimo;  pustulae  ob^olotae,  vix  jiassim  notatac  -  Os  amjilius;  plirae 
internae  labri  sinistri  minores  et  numerosiores:  rima  subterminalis  ,  a  labiis  brevioribus  cir- 
cumscripta. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  8  '/,  nini. 

Miocene  wedio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo;   Coli.   Michelotti. 


170.  Nassa  cognata  Bell. 

Tav.  Vili,  fig.  11    a,  b,  e). 

Dislinguunl  hanc  speeiem  sequenles  nolae  : 

1 .  a  iV.  subquadrangularis  Michlli.: 

Testa  magis  infiala:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfractus  ultimus  major,  longior,  magis 
inflatus.  -  Costae  longitudinales  minores,  numerosiores.  obtusae,  passim  obsolflne,  ab  interstiliis 
anguslis  srparalae:  costulae  transversae  et  ipsnr  minores  et  numero.fiores,  8  in  ullimis  anfraclubus 
per.ipicuae.  20  in  ultimo,  depressae,  ab  inlerstitiis  anguslis  separatae,  in  inlersecatione  costuiarum 
longituilinalium  subacutae,  rir.  pa<isim  pusluliferae.  -  Os  amplius;  labrum  sinistrum  nìaffis  dila- 
tatinn  ;  lubrum  dexterum  antice  maijis  ultra  os  produclnm:  columella  magis  excavata,  magis 
contorta. 


DESCRITTI    DA    h.    BELLAKDI  345 

2.  a  N.  soror  Bell.: 

Testa  magis  infiala:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfraclus  minus  convexi;  ultimus  major, 
mayis  inflatns.  -  Os  amplius,  suborbiculare  ;  labrum  sinistrum  magis  arcuatum  :  columella  magis 
profunde  excavata:  rima  magis  laleralis. 

Long.  Il   '/a  iiim.:  Lai.  8  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  BalcUssero-torinese,  rarissimo  ;   Coli.   Michelotti. 


ii"    Serie. 

Nucleus  emhrionalis  latus,  obtusus.  -  Testa  turrita  :  spira  conoidea.  -  Anfra- 
ctus  postice  depressi ,  cantra  suturai»  posticam  snbcanal iculati  :  ultimus  dimidia 
longitudine  brevior.  -  Superficies  lonyifudinaliter  costata  et  transverse  costulata.  - 
Os  postice  angustatum,  antice  dilatatum  :  labrum  sinistrum  simplex  ;  labrum  dex- 
terum  laeve,  aliquanto  et  praesertim  in  regionem  niedianam  ultra  os  productum: 
columella  antice  profunde  excavata:  rima  subterminalis,  vix  reflexa,  a  lahiis  brr- 
vissimis  circumscripta,  postice  nec  carinata  nec  canaliculata. 

La  forma  conoidea  della  spira,  la  depressione  degli  anfratti .  la  scanalatura  che 
corre  contro  la  sutura  posteriore  ,  la  depressione  del  labbro  destro  e  la  maggior  in- 
cavatura della  columella  collocata  nella  sua  parte  anteriore,  sono  i  caratteri  pei  quali 
ho  creduto  opportuno  di  isolai-e  la  forma  descritta  in  questa  serie  da  quelle  della 
precedente. 

171.  Nassa  clatburella  Bef.l. 

Tav.  vili,   Hg.  14  (a,  b,  e). 

Costae  longiludinales  i»  primis  anfrarlubus  nnllae,  rei  vix  passim  nolatae ,  in  ullimis  et 
mediis  angiislae,  inlerstitia  subaequantes ,  obliquae,  subarcualae  :  coslulae  Iransversae  minulae, 
uniformes  ,  ab  interstiliis  angustis  separnlae  in  parie  postica  anfraclunm,  in  parie  anlica  an- 
fraclus ullimi  8,  (■(  ipsae  minutae,  sed  ab  interstiliis  latioribus  separalae,  omnes  conlinuae  super 
costas  longiludinales  et  in  inter.Hilia  decurreiiles ,  in  harum  inlersecalione  snbgranosae  ;  coslula 
penultima  paslica  major,  ab  anterioribus  a  sidco  lato  separala.  —  Labrum  sinislrum  inlerìus 
plurìplicaluin. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  8  '/»  "ini' 

Varietà  A. 

Costae  longiludinales  minores,  numerosioies.  . 

L(ing.  13  nini.:  Lai.  8  inni. 

Varici*  B. 

Testa  loiigior.  spira  magis  acuta.  -  Coslulae  transversae  in  ultimo  anfraclu  omnes  inler  se 
aequìdislanles  et  ab  inlersliliis  latis  separatae. 
Long.  1 4  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  '  u 


346  I    MOLLUSCHI    DEI    TERREKI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

VarielA  C  (an  specie.^  distinguenda?  . 

Testa  longior:  spira  inanis  acuta   -  Coslae  longitudinales  majores,  pauciores,  magis  obliquae. 
-  Os  magis  elongalum,  aniice  miiuis  dilaialiim,  ovale. 
Lon^.    li   inni.  :   Lai.  7  min. 

. Varivi!  D  ^an  spccies  dislÌD^enda?). 

Spira  magis  acuta.  -  Aiifractus  poslice  vix  depressi.  -  Costae  longitudinales  minores,  nu- 
mcrosiores.  -  Os  poslice  minus  auguslalum,  snbnrbicnlare. 
Long.   12  mni.  :  L;it.  7  nini. 

Confrontando  i  fossili  dei  Colli  torinesi  qui  descritti  con  quelli  che  il  signor  R. 
Hoernes  descrisse  e  figurò  col  nome  di  Bìicclnum  Fatili  nella  pi'ecitata  Memoria  del 
1875,  e  con  quello  figurato  nella  Monografia  del  1882  (il  quale  differisce  dai  primi 
per  la  natura  degli  ornati  superficiali  e  che  sembi-a  per  la  sua  forma  generale  do- 
Tersene  separare)  non  riesce  difficile  il  colpire  i  caratteri  che  li  separano  da  quelli 
di  Ottnang  e  che  si  possono  riassumere  nei  seguenti  :  1"  dimensioni  maggiori:  2"  spira 
più  lunga  e  più  acuta  ;  3°  coste  longitudinali  rette,  meno  numerose  e  separate  da 
solchi  più  larglii  ;  4  costicine  trasversali  più  piccole  e  più  numerose,  particolarmente 
in  prossimità  della  sutura;  5"  maggior  depressione  della  columella  collocata  anteriormente. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Sciolze,  Baldissero-torinese.  Val  Ceppi,  non  fre- 
quente;  Coli,  del  Museo.   Michelotti  e  KoTasenda. 


45^  Serie. 

Nuch'us  embrionalis  lafus,  obtusus.  -  Te-ita  subfusiformis  :  spira  longiuscula. 
-  Anfractus  convexi,  elongati;  ultimus  (ìimixìia  longitudine  vix  brcvior  :  suturae 
profundae.  -  Superficies  ìongitmlinaliter  costata  et  tranverse  costulata.  -  Os  ovale; 
labrum  sinistrum  subarcuatum,  interius  pluri-plicatum  ;  labrum  dexterum  parum  et 
subuniformai  iter  ultra  os  productum  :  columella  antice  profunde  excavata  :  rima 
subterminalis,   elahrata. 

1  caratteri  proprii  di  (Questa  serie  sono  la  notevole  lunghezza  e  poca  apertura  della 
spira,  la  convessità  degli  anfratti  dalla  (juale  risulta  la  profondità  delle  sutui'e,  la 
brevità  dell'ultimo  anfratto,  la  columella  profondamente  incavata  nella  sua  regione 
anteriore  e  finalmente,  ed  in  particolar  modo,  l'intaglio  circoscritto  da  labbra  indistinte. 

172.  Nassa  Jekfreysi  Beli.. 

T;:v.   Vili.   (ig.    I.-,   I„.  b,  e). 

Testa  elogiala:  spira  paniJi  .imiUi.  -  Anfrarliis  salis  convexi,  centra  suturain  poslicain 
leviter  infiali;  nllimus  dimiilia  idn^iliiilinu  hrevior,  antice  p.irum  deprfssus.  -  Ci)Slae  lonai- 
ludinales  crebrae,  ohiiqiiae,  sinuosae,  in  ulUmo  anfractu  obtusae,  parum  prominentes,  ab  inlcr- 
stiliis  anguslis  scparatae,  pollice  a  siilco  inlvrniptai-.  versus  marginem  oris   obsolelae:   coslulae 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  347 

transversae  crebrae,  ab  inter^tiliis  anfjuslis  separatae,  uniformes ,  9-10  perspiciiae  in  primis  el 
mediis  anfraclubus,  20  in  ultimo;  costula  posterior  siibdentala.  -  Os  ovaie;   labrum  sinislrum 
subarcualum,  inlerius  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  anlicp  birugalum. 
Long.  14  mm.:  Lai.  7  ram. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese  ,  raro;  Coli.  Michelotti  e  Eo- 
vasenda. 

173.  Nassa  incerta  Bell. 

Tav.  vili,  fi-.   16  (n,  b,  e). 

Testa  crassa:  spira  lorica.  -  .Xnfracliis  loiigi,  jiarum  couvexi;  ultimus  brevis,  diniidiam 
longiluilinoni  non  aeqiians,  anlice  vix  ilepressiis  ;  sulurae  parum  profundap.  -  Costae  lon- 
giludinali'.s  antjuslae,  cnmiircssae,  siibacutae,  obliqiiae,  ab  inlersliliis  lalis  separatar,  nd  sulìiram 
poslicuìii  produclae :  cosluiae  transversae  iniiinlat' ,  nAirae,  iiiiifnnnes.  ab  inlersliliis  anfjustis 
separalae.  -  Os  ovale;  labrum  siiiislrum  crassum,  subarcuatum  ;  labrum  dexlerum  crassiu- 
sculum,  postice  unipllealum,  aniiri'  rugulosum  :  rima  lalis.iiina. 

Long.  13  mm.  :  Lai.  6  '/«  "im- 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Baldissero-torinese.  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo  e 
Kovasenda. 

46'  Serie. 

Nucleus  embrionalis  brevis,  latus,  ohtusus.  -  Testa  suhturrifn.  -  Aììfmctus 
convexiusculi ;  ultimus  dimidinm  longitudinem  subnequans.  -  Super ficies  ìongitu- 
dinaliter  tum  ecostnta,  tum  irregulariter  costata,  tota,  rei  in  parte,  transverse  mi- 
nute .sulcafn.  -  Os  orbiculare:  labrum  sim'strum  arcuatum,  plerumque  incrassatum,. 
interdum  varici  forine,  inferius  minute  et  uniformiter  plicatum;  labrum  dexterum 
vix  ultra  OS  productum :  columella  medio,  vel  antìce,  profunde  excavata,  valde  con- 
torta :  rima  snbterminalis ,  latissima,  vix  reflfixa  ,  subelabrata  ,  postice  subca- 
naliculata. 

Questa  serie  si  distingue  dalla  precedente,  alla  quale  si  collega  mediante  la  N. 
pectita  Bell.,  per  la  depressione  anteriore  dell'ultimo  anfratto,  per  la  maggior  lun- 
ghezza delle  labbra  che  circoscrivono  l'intaglio  e  per  la  mancanza  assoluta  di  coste 
longitudinali,  come  ha  luogo  nelle  due  prime  forme,  o  nella  loro  irregolarità,  come  ac- 
cade nella  terza. 

.1.  Testa  coslis  longìludinalibiis  tola  drstilula. 

174.  Nassa  badensis  (Partsch). 

Tav.  Vm,  flg.   17  (a,  b). 

Testa  turrita:  spira  longiuscula.  -  Anfraclus  convexiusculi;  ullimns  antice  ralde  de- 
pressus,  dimidiam  longitudinem  subaequans.  -  Superficies  longiludinaliter  ecoslaln,  loia  irans- 
vcrse  miniilissime  et  crebre  sidcala;  sulcus  major  prope  suluram  poslicam  plerumque  derurrens. 


348 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


-  Os  suborbiculare ;  labrum  sinislrum  antice  subangulatum,  exterius  angtiste  tnarginatum,  medio 
dilatatum.  inlerdura  variciforrae,  inlerius  pluri-plicalum;  labrum  dexierum  crassum,  antice  tu 
regionem  umbiltralem  salis  prodiictum. 
Lonti-   18  miu.  :  l.al.  9  'j  luin. 


1830. 

Nassa  stmislriala 

1835. 

Id.            id. 

1842. 

Bucvinttfit  badenst 

I84i. 

Id.     semislriatiim 

1847. 

Nassa  semistriata 

1847. 

Id.            id. 

1848. 

Buccinum  badense 

1848. 

Id.            id. 

1852. 

Id.            id. 

1853. 

Id.            id. 

1853. 

Id.            id. 

18"5. 

Nassa  semistriatii 

1878. 

Id.      badensis 

1882.  Baccintim  biidetise 

BORS.,  Oriti. piem.  I,  pan.. 39,  tav.  I,  fig.  10  (mala). 

DEFR.,  UietSi.Nut.,  voi.  XXXIV,  pag.  244  (in  parie;. 

P.\RTSCU,  Nmc  Aufsl.der  Pttref.-Samml.  der  K.  K.  Hof.  Miner.  Cabin.  n.909. 

E.  SISMO.,  Sijn.,  pag.  40  jn  parli'). 

MICHTTI.,  Fnss.miof.,  pag.  210    in  parte'. 

E.  SIS.MD.,  Syn..  2  ed.,  pa;,'.  29  (in  parie). 

IIOERN.,  rerz.  fossit.-Resl.  tcrl.-Beck.  Wieii,  pafi.  17. 

HOERN.,   l'irz.in  Czjzek's.  Erlanl  zur  geoyii.  Kart,  von  Wcn,  pag.  17. 

D'ORB.,  Prodr.,  voi    111,  paj'.84  (in  parie). 

HOER.N.,  Muli  foss.  W'mi,  voi.  I,  pag.   I  l3,  tav.  XII,  lìp.  8. 

.NEUGEB.,  lìvitr.  tcrt.  .Moli.  Ober-La/mgy,  pag.  28. 

BOUILL.,   l'aleunt.de  Biarritz,  pag.  93,  tav.   1,  fig.  8. 

KUCIIS,  5(«'/.  tert.-hild  Obir-Ilal.,  pag.  49. 

R.  HOER.N.,  a.  M.  .\U1NG.,  Gaster.mioc.Otst.-Ung.  Monanh.,  pag.   130. 


Anfraclus  utiimus  varieosus. 
Long.  17  mm.  :  Lai.   IO  rum 


Testa  longior  :  spira  magis  acuta. 
Lons.  17  mm.  :  Lai.  8  mm. 


VarlelA  .\. 


Tarici*  B. 


Varietà  C  (an  specie.'!  distinguenda?). 

Testa  minor:  spira  iierloiiija,  magis  acuta.  -  Aiifractus  primi  obscure  longitudinaliter  co- 
si alati. 

Long.  13  mm.  :  Lai.  6  mm 

Variel*  D  (au  species  distinguenda?). 

Testa  minor:  spira  longior,  magis  acuta.  -  Anfraclus  primi  longitudinaliter  costatati; 
costulae  minutae,  valde  obliquai',  prope  snturam  a  sulco  transveno  interruptae,  ibi  compressae, 
subacutae. 

Long,  li  inni.  :  Lai.  7  mm. 

Varietà  E  lau  speeies  distinguenda?'. 

Ti'sla  minor:  spira  breriar,  minus  acuta.  -  Suprrficirs  suhliirvis:  snlri  Iransversi  obsoleti, 
passim  tantum  perspicui;  striar  nmuiullae  Irausversac.  -  Anfrarlus  primi  interdum  longitudi- 
naliter plicati;  pticue  obli'juae,  conlra  suluram  posticam  compressae,  acutae. 

Long,    li    '|i  nim.  :  Lai.  7  mm. 

Gli  esemplari  tipici  di  Vienna  corrispondono  esattamente  con  quelli  del  tipo  qui 
descritto. 


Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,   Villa  Forzano,  Tino-torinese , 
Termo-fourà,  Baldissero-toriuese,  Val  Ceppi,  ecc.,   frequente;  Coli,  del  Museo. 


descritti  da  l.  bellaedi  349 

175.  Nassa  exigua  (Brocch.). 

Tav.  Vili,  fif;.   18  (a,  b]. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  badensis  (Parlsch)  sequeiiles  nolae: 

Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfraclus  ultimus  magnus,  ventrosus,  dimidia 
longitudine  Ioni  fior  :  sulurae  magis  profundae.  -  Salci  Iransrersi  magis  profimdi.  -  Labrum 
sinistnim  arcuatum,  non  postice  depressum  ;  labrum  dexterum  simplex,  non  postice  uniplicalum. 

Long.  8-12  mm.  :  Lai.  6 '/«-S  mm. 

1814.    Buciinuni  exiguum     BROCCH.,  Conch.  foss.  sub.,  pag.  655,  tav.  XV,  fig.  90. 
1831.  hi.  ili.  BRONN,  flal.lerl.-Geb.,  pa^.  24. 

?I873.  Jd.  i'd  COCC,  Emim.  Sisl.  Moli,  mioc  e  plioc.  Pumi,  e  Piac,  pag.  76. 

VarielA  A. 

Spira  longior,  minus  aperta. 
Long.   1 1   inni.  :  Lai.  7  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Val  Ceppi,  non  raro;  CoU.   del  Museo. 

B.  Testa  in  iiltimis  aorrurlubiis  tota,  vel  in  parte,  loogiluilinalitcr  costata. 

176.  Nassa  pectita  Bei.l. 
Tav.  Viri,  Cg.  19  (a,  4). 

Dislinguunl  liane  speciem  a  S.  badensis  (Parlsch)  sequenles  nolae: 

Testa  pleruinque  nnijor.  -  Anfraclus  magis  conrcj^i;  ultimi  loti,  vel  in  parte,  longitudinalileì- 
costati;  costae  obliqnae,  promincntes  ,  subarcuatae  ,  iiiaequales,  ab  interstttiis  latis  separalae, 
prope  suturam  posliram  a  sulco  transverso  subinterruptae. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  8  '/»  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero  torinese,  Val  Ceppi,  non  frequente;  Coli, 
del  Museo. 

47'  Serie. 

Nucleiis  enibrionalis  suhncutus.  -   Testa  turrita:  spira  ìonga.  -  Anfractus  covi- 
planati,  vel  pnrum   convexi;  ultimus  dimidinm  longitudinem  plerumque  subaequans. 

-  Super ficies  tum  tota   laevis,   tum  in  primis  anfractubus    longitudinaliter  costata. 

-  Os  suhovale,  obliquum;  labrum  sinistrum  lìostice  dcpressuni,  antice  dilatatum  ; 
labruììì  dexterum  vix  et  regulariter  ultra  os  productum ,  laeve  :  columella  antice 
profunde  excavata:  rima  subterminal is,  lata,  vix  reflexa,  a  labiis  brevibus  circum- 
scripta,  postice  carinata,  subcanaliculata. 

La  mancanza  totale  di  coste  longitudinali,  o  la  loro  presenza  limitata  ai  primi  an- 
fratti, il  nucleo  embrionale  poco  acuto,  l'obliquità  della  bocca,  la  lunghezza  della  spira. 


350:  I    MOLLUSCHI    DEI    TEKEENI    TERZIAKII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

i  profondi  solchi  trasversali  che  corrono  presso  l'intaglio,  la  posizione  molto  rovesciata 
di  questo  e  la  brevità  delle  sue  labl)ra  danno  alle  fomie  tipiche  di  questa  serie  una 
speciale  fisionomia. 

A.  Testa  tota  coslis  longiddiualibiis  destiiuta. 

177.  Nassa  sublaevigata  Bell. 
Tav.  Vili,  G-.  20  >,  i). 

Testa  crassa,  turrita:  spira  conoidea,  polygyrala.  -  Anfraclus  brevns,  parum  convexi  ;, 
ultìmus  ^/.  lolius  loiigiludinis  subaequaiis.  -  Superlicies  tota  coslis  longitudinalibus  deslllula, 
in  primis  aiifraclnbus  mintilissimc  et  passim  obsolete  Iransrerse  silicata,  in  aliis  laevis,  exceplis 
sulcis  nonnullis  Iransversis  profundis  pro[)0  rimani  (lecurienlibus.  -  Os  subovale,  postice 
awpis'alwn,  subcanalicilaluin;  labrum  sinislruin  simpler ,  inlerius  pliiri-piicalum:  bibruni 
dexlcrum  crassum,  postice  rallosmn,  vix  ci  regulnriter  ultra  os  prodnclum.  lacve:  columella 
submedio  excavata:  rima  lata,  profunda. 

Long.  17  inm.  :  Lai.   IO  min. 

Varietà  A. 

Testa  minor.  -  Sitici  minuti  transversi  in  omnes  anfraetus  passim  produdi. 
Long.  i:i  mm.  :  Lai.  7  nim. 


VarielA  B. 


Testa  brevior:  spira  magis  aperta. 
Long.  13  nim.  :  Lai.  8  mm. 


VarleiA  C. 


Spira  perlonga,  ma(jis  acuta.  -  Sitici  tiansversi  nnditjue  obliterali. 


Long.  18  mm.  :  Lai.  9  mm. 


VarìeIA  D. 


Spira  iti  primis  aiifractuhiis  magis  acuta,  in  duobiis  ultiniis  mttijis  aperta  ijitnin  in  praeee- 
deutibus. 

Long.  1  i  mm.:  Lai.  8  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Rio  della  Batteria  ,  Villa  Forzano  ,  Baldissero- 
torinese,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 

178.  Na.ssa  taurinorum  Bell. 

Tav.  Vili,   fi-,   ei    ta,  I,). 

Dislinguunl  banc  specieni  a  A'^.  sublaevigata  Bell,  seqiienles  nolae  : 

Spira  medio  siihinllata.  -  Anfrachfi  ultimus  brevior,  minns  inflatits.  -  Salci  transversi  prope 
rimam  decurrentes  latiores  et  profundiores.  -  Os  mttiiis  ohiitjuiim,  postire  magis  angitstalum  ;. 
labrum  siniHrum  anfire  lort'/is    concaritm;    labrum  ilexternm    in    regimiem    umpilicalem    minus, 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  351 

medio  et  poslice  magis,  productum:  coUimella  mar)is  contorta,  antice  sinistrorsum  inflexa,  magis 
profunde  et  mayis  aniice  excavata. 
Long.  \1  mm.  :  Lai.  9  mra. 

VarielA  A. 
Tav.  Vili,  fig.  22  (a,  b). 

Testa  brevior,  subumbilicala:  spira  magis  aperta.  -  Anfraclus  uìtimus  longior,  medio  varicosus. 
Long.   16  mra.;  Lat.  9  mm. 

Varietà  B. 

Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta. 
Long.  13  mm.  :  Lai.  S  nim. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Villa  Forzano,   Pino-torinese  , 
Baldissero-torinese,  ecc.  non  frequente  ;   Coli,   del  Museo  e   Michelotti. 


B.  Aiifractiis  primi  iongiludinaliler  co.slati. 
179.  Nassa  collugni  Iìei.l. 

Tav.  vili,  lìf.  93  {<;  b  . 

Tosla  turrita:  spira  cylindro-enniia,  longa,  valde  acula.  -  Anfraclus  complanali;  ulliraus 
aniice  vaide  depressus,  dimidia  longiludine  brevior.  -  Superlìcies  in  primis  anfraclubus  ion- 
giludinaliler coslala  el  Iransverse  striala,  in  ullimis  laevis:  costae  longiludinales  obtusae, 
obliquar,  ab  interslitiis  angustis  separai ae  ,  ad  suturam  posticam  ininlerruple  prodtictac;  sulci 
propt'  riniam  docurrenles  profundi.  -  Os  aniice,  dilalattim,  poslice  vix  anguslatum;  labrum 
sinistruni  poslice  parum  depressum;  labrum  dexlerum  crassunt,  parum  el  uniformiler  ultra  ot 
productum:  colum^'lla  submedio  profunde  excavala. 

Long.  18  mm.  :  Lai.  0  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,   Baldissero-torinese,  raro  ;   Coli,  del  Museo. 


180.  Nassa  connectens  Bell. 

Tav.  vili,  1Ì|T.  21  (o,  b\ 

Dislinguunl  hanc  spociem  a  N.  Collegni  Bell,  sequenles  nolae: 

Aiifiactiis  iillimus  longior,  dimidiam  tougituilinem  snbaequans,  antice  minus  depressus.  - 
Sulci  Iransvcrsi  mclius  distiiicli.  -  Os  longiiis.  ovale:  columella  medio  et  minus  excavala,  minus 
contorta. 

Lony.    \  :{  mm.  :  Lat.  7  '/a  ™""- 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria  ,  Baldissero-toriùese ,  non  fre- 
quente; Coli,  del  Museo. 


852  1    MOLLUSCHI    PKI     TERRENI    TKRZIARII    PEL    PIEMONTE    ECC. 


48'  Serie. 

NucJeus  emhrionalis  hrrvis,  parridKS,  ohtìisii.s.  -  Testa  tuìii  furrita ,  funi  orofo- 
fusiformis:  spira  longiuscuìa.  -  Atìfractiis  pariti»  convrxi:  uìtinixs  (ìimidiam  lon- 
yitudinem  arqtians  vel  suhaequans.  -  Superfìcirs  tiiui  tota  rrl  in  parte  longitiulinaliter 
costata,  tuni  tota  ecostata ,  tota  vel  in  parte  transverse  silicata  ;  suìcns  major 
prope  sutiiraìiì  postica»!  decurrens  in  onnies  avfrae.tus.  -  Os  ovale,  postice 
canal iculatiiìn  ;  lahrum  sinistrum  sultarcnatum,  prope  rimain  subanijidutum,  ple- 
ritnique  exferius  tnarf/inatiini  ;  labrum  dexterum  antice  et  medio  vix  ultra  os  pro- 
ductum,  postice  plus  niinusve  extensnm :  columella  subarcuata,  antice  plerumqiir 
ruffulosa:  rima  subterminalis,  interdum  lateralis,  lata,  valile  rrfle.ra,  a  labiis  finn 
lonyis,   tnm   brcvilms,   circumscripta,  postice  carinnta. 

l  caratteri  assegnati  a  <|uesta  serie  sono  alquanto  vaghi  ;  la  qual  cosa  è  una 
conseguenza  della  grande  variabilità  di  pareccliie  forme  die  vi  sono  inscritte  e  che 
si  raccolgono  a  centinaia  negli  strati  che  le  racchiudono;  tuttavia  le  forme  raccolte 
in  ossa  sono  fra  loro  legate  dalla  presenza  di  un  solco ,  relativamente  profondo .  \\ 
quale  corre  in  tutto  presso  la  sutura  posteriore  e  su  tutti  gli  anfratti. 

Por  rendere  possibile  la  descrizione  di  tutte  queste  forme  ho  primieramente  descritte 
con  nomi  projirii  (inelle  che  erano  meglio  definibili  jier  la  natura  dei  loro  carat- 
teri e  per  la  loro  giacitura,  (juindi  ho  distinte  aleuue  varietà  e  sotto  varietà,,  tenendo 
conto  specialmente  dei  caratteri  derivanti  dalla  natura  degli  ornati  superficiali,  come 
(luelli  che  erano  più  facili  ad  essere  indicati  con  vocaboli  proprii,  ed  accennando  infine 
le  modificazioni  ossei-vate  nella  forma  generale. 

lo  non  mi  illudo  certamente  clie  le  distinzioni  che  ho  fatte,  possano  incontrare 
l'approvazione  di  tutti  i  miei  colleghi,  ma,  come  già  dissi  più  sopra,  dovendo  il  natu- 
ralista moderno  rendere  conto  di  tutti  i  particolari  che  gli  vien  dato  di  osservare 
nelle  formo  elio  esamina,  ondo  raccogliere  gli  elementi  atti  a  svelarci  le  grandi  leggi 
che  hanno  regolato  lo  sviluppo  degli  esseri  viventi ,  ho  cercato  di  attenermi  a  (jucl 
mezzo  che  secondo  il  mio  parere  meglio  mi  poteva  guidare  ad  ottenere  il  fine  pro- 
postomi. 

.1.  Labriiiii  (lexlcriiin  non,  voi  vi\.  poslirp  proiliKlnm.  -  Rima  a  labiis 
loiii^iiisculis  cirriimscripla. 

Le  forme  di  questo  gi-uppo  sono  fra  loro  intimamente  collegate,  e  rappresentane 
nel   tempo   differenti   stadii   di  sviluppo  del  medesimo  tipo  :   infatti  la  j\\    f/enitrix  Bell, 
è  propria  del   miocene  medio  dei  Colli  torinesi  ;   da  questa  colla  ^Y.  finitimn  Bell.  8Ì 
passa  alla  N.   dertonensis  Bell,   caratteristica    dei    Colli  tortonesi,  e  finalmente   alla«| 
N.   italica   (May.)   propria  delle    niariu;   del   ]iliocene   inferiore,  tanto   al   «li  i|ua(|uanto' 
al   di   là   dell  Appennino. 


1 


2 


DESCRITTI    HA    L.    BELLARDI  85S 

Anfractus  omnes,   ìongitudinaìiter  ecostati  2 

Anfractus  omnes,  vel  saltem  in  parte,  ìongitudinaìiter  costati  3 

Spira  parum  acuta  :  superfi,cies  tota  transversc  sulcata        gcnitrix   Bell. 
Spira  satis  acuta  :  superfìcies  in  ventre  anfractuum  f sulcata     finitima  Bell. 

Anfractus  ultimi  ìongitudinaìiter  ecostati  dertononsis  Bell. 

Anfractus  omìies   lougitudinaliter  costati  italica  (May). 

181.  Nassa  genithix  Bell. 

Tiiv.   IX,  lig.    I    (a,  h). 

Tesi»  Iwrila:  spira  lumia,  valile  arala.  •  Anfractus  paruin  convexi;  ullimus  dimidiam 
loiif^iludincMii  acqu.ms,  anlice  valile  driiressus  :  suturai!  parum  profuitdae.  -  Superficies  loia 
loiiiiiliidiiKililer  crtislata  vi  Iraiisvi'isc  siilrnla  ;  suiti  in  primis  aiifracluiìus  (>  perspicui,  in 
ulliuio  l'i,  iiuiart's,  ab  iutcrsliliis  Intis  <•(  camptaiialis  seiiarali ;  sulcus  poslicus  propc  suluram 
decurrens  latior  et  profundior.  -  Os  suhorbiculare;  labrum  sinislrum  aule  margiiiem  oiis  iii- 
llalum,  aicualiiin;  lahruni  dcxicrum  rrassiiiscidum,  vix  ultrn  os  jirnductinn  :  coluiiiflla  anlice 
excavala:  rima  postico  late  sul)can,iliculala,  a  labiis  lon^iusculis  circumscriiita. 

Long.  27.  mm.  :  Lai.  \  4  mni. 

Miocene  medio:   Colli   torine.si,   rarissimo;   C'oli.   Michelotti. 

182.  Nassa  finitima  Rei.l. 

Ta».   IX,  Cm.  2  ,0,  b). 

Dislinguunl  liane  speciem  sequriilcs  uolae: 

1,  a  A',  qrintrix  Beli.: 

Sjiira  mai/i-i  amila.  -  Anfriicliis  primi  ci  medii  laevei  (exeeplo  sulco  coiitra  xutiiram  poslicam 
decurrenlij  ;  nlliiinis  in  dimidia  parie  atitlra  niinute,  ncbrf  et  nniformiler  Iransversp  snicaliis; 
sidci  lali.  -   Labium  dexlenim  pnslire  magis  prndwtum. 

2.  a  iV.  derlonensis  Bell.: 

Tesla  major:  sidra  loiii]inr,  miif/is  acuta.  -  Aiifrarliiii  nnmcrosiores;  ullimus  brerior ,  '/^ 
lolius  loHfiiludiniit  sHliaeqiiiiHS .  -  Superjìcivs  loia  loniiiliidinaliler  ecostala.  -  Oa  suhorbiculare; 
labrum  sinislrum  magis  arcuatiim:  coliimella  magis  prnfuiuli'  exciivnln. 

Lonj;    2')  nini.  :  Lai    I  i!  nini. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.   S"  Agata  fossili,   rarissimo;   Coli.   Michelotti. 

183.  Nassa  debtonensis  Dell. 

Tav.  IX,  fip.  .3  (a,  h\ 

Nucleus  crabrionalis  laliusculus.  -  Tesla  crassiuscula ,  siibfitsiformis.  -  .\nfraclus  parum 
convexi;  ullimus  anlice  satis  depressus,  dimidiam  lonijitudiiiem  arquans:  sulurae  siibcanalicu- 
lalae.  -  Superficies  in  primis  el  niediis  anfraclubus  longiludinaliler  cosluiala,   in    penultimo 

Serie  II.  Tom.   XXXIV.  'v 


I8i2. 

Iti. 

id. 

1847. 

I\'assa 

sentisi  l'iuta 

1817. 

Id 

id. 

1852. 

IJ. 

id. 

t8Gi. 

Id. 

id. 

354  I    MOLLUSCHI    DEI    TEKKEM    TERZUKU    DEL    PIEMONTE    ECC. 

el  ulliniii  cciislulala  ;  ciislulac  rn-irae,  ohliquai-,  rectac,  ruminesxae,  subaculae,  in  jiarlo  antica 
anfiarhiuiit  ohsolfiiie:  |);irs  antica  ultimi  aiilìactus  tota  Iransvcrse  sulcata;  sulci  posleriores 
iniiiuli.  al)  iiitrr>tiliÌ!i  lali.'^  si'paiali,  aiit('ri<ir('s  lati,  ali  iiilcrsliliis  anj;ii#tis  disjuiicti  ;  sulcus 
major  |iro|ii'  sutiirain  |i(tslicain  in  omins  anlVacliis  decurrens  piofundu.'i.  -  Os  ovale;  labrum 
sini>lruiii  fxlniìis  injìitlum ,  snhraiicosum ,  |ilL'rimi{|iie  mintile  niar^ina'um ,  poslice  vis  de- 
prcssuni:  labriini  dextoruni  nulice  vix  ulti  a  os  prnili'Clnm,  \>\i.-rumi\uf  Wiiw^dium,  poslice  maijis 
sed  parum  cxleiisum  :  eoliimella  suiìincdio  prol'unile  excavala:  rima  lata,  profuiida  ,  valde 
refli'xa,  a  litbiis  Ifliiijiiisculis ,  in  ciuiutem  brevi-m  leciirmm  pniductis  ,  circumscripla ,  postica 
cannata  et  ^iibianalirulala. 

Lonj;.  18  min.  :  Lat.   IO  mm. 

1838.    Buccinum  semisliialiim  MICIITI'I.,  Ccigii.     Ins.  ieri.  Bild.  l'iedm.,  pa;;.  3i)7. 

E.  SISMI).,  Sijii.,  |my.  40  (in  p.iilc). 

MICIITTI.,  Fvss.  mim:,  pa},'.  210  (in  parie) 

E.  SISMO.,  Siju.,  2  cil.  pag.  29  (in  parie). 

irOllB.,  Proilr.,  voi.  Ili,  pa^.  84  (in  parte). 

OODfilil,.,  Cenn.  geol    mior.  siip.  Ilal.  cinti-.,  pa^.   105. 
186!).  Buciininn  seiiiistrialuiii     COI'P.,  Catal.  foss.mim.c  plioc.  Modeii.,  pai;.  24  (in  parte). 
1869.         hi.  id.  MAXI.,  J'a'in.miuc.  alt.  ìtaL,  pag.   12. 

1873,  Nassa    scmistriala  COLC,  lùiiini.  Sist.  Il/iiU.jilioc.  e  niioc.  Paim.  e  Piac,  pag.  83  (in  parie). 

1874.  Buccinum  semislrialum  COPI'.,  Catal.  /'oss  miu-phoc.  nioden.  Coli.  Copp.,  pag.  9. 

1874.      Na.tsa   semislriala         KOKEST.,  Cenn.  geol.  e  paleotU.plioc.  ant.  Caslrocaro,  pag.  21  (in  parie). 

Fra  le  parecchie  centinaia  eli  esemplari  descritti  (juali  rappresentanti  la  forma 
tipica  non  ne  ho  trovati  che  alcuni  pochissimi  i  quali,  pur  conservando  identici  gli 
ornamenti  superficiali,  hanno  la  spira  più  breve  e  l'angolo  spirale  più  aperto. 

Varleia  A. 

Cnstac  longilwlinales  in  primis  anfracliibu.i  iiiinutae,  numerosiores. 
Long.  15  mm.  :  Lat.  9  min. 

In  questa  varietà  le  costicine  longitudinali  sono  piccolissime,  non  compresse  e  molto 
numerose  :  nel  solo  esemplare  che  ne  conosco ,  la  spira  è  un  poco  più  breve  e  più 
aperta  che  nella  forma  tipica. 

VarleU  B. 

Tav.  IX  ,  lìg.  4  (a,  b). 

Anfrarliis  omiies  in  ventre  Iransverse  sulcati ;  sulci  ah  inlersliliis  Inlis  separali,  4  pìe- 
rmnqiie  in  aiifiaclnbns  tnediis  perspicui,  !>  vcl  6  in  ullinw,  prneter  snlcum  majorem  prope  su- 
turam  jKi.slicam  deciirreiilcin  el  sulcus  littus,  ab  interslitiis  anfjuslis  separalas ,  Il  ,  anle  rimam 
imprcssus. 

Loii^.  l'J  mm.  ;  Lat.  10  mm. 

18(i4.    AVm.«i  semistriata  var.    I  DODERL.,  Centi,  geol.  mr.mioc  sup.  Ilaicenlr.,  paR.   105. 

I87.'<.      Id.  id.  vnr.  turrita  COC^C,  Enum.Sl.il.  .ìfoll.  mioc, e  plior.  Pumi,  e  Piac.  pag.  83. 

1877.      /./.  id.  \ar.    li)   I.    ISS.,  .-Ipp.palennl.X,  pag.  20. 

In  iiuostii  varietà  non  rara,  abbenchè  molto  meno  freiiucnte  della  forma  tipica, 
le  costicine  si  presentano  ora  uguali  a  (juelle  del  tipo,  ora  più  piccole  e  più  nume- 
rose come  nella  varietà  A,  e  ciò  indipendentemente  dalla  forma  generale  più  o  meno 
lunga  e  dalla  spira  più  o  meno  aperta. 


DESCRITTI    PA    L.    BELLAKDI  355 

Varietà  G. 

Super ficies  tota  Iransvfise  suìcata;  silici  numerosi,  9  plerumque  in  anfracliibns  mediis  per- 
spicui, 14-16  in  nllimo,  praelev  sulcnm  prope  suliiram  puslicum  lìccurreiilem  ci  siilcns  prope 
rimam  impressos:  cosine  lonQiludinaìes  lìkrumque  minores  et  numerosiores. 

Long.  17  min.:  Lai.  9  nini. 

La  forma  generale  in  questa  varietà  varia  anch'essa  come  quella  del  tipo  e  delle 
varietà  precedenti  nella  maggiore  o  minore  lunghezza  ed  apertura  della  spira. 

VarìerA  D. 

Testa  in  nltimis  anfraclubus  passim  loiifiiluilinalitcr  coslulata. 
Long.  16  nini.  ;  Lai.  9  nini. 

Questa  forma  per  la  presenza  di  alcune  costicine  sugli  ultimi  anfratti  fa  passaggio 
alla  N.  HiiUea  (May.)  pur  conservandosene  distinta  per  il  minor  numero  delle  eoste 
longitudinali,  per  la  mancanza  di  numerosi  solchi  trasversali  sui  primi  anfratti,  e  per 
la  minore  estensione  posteriore  del  labbro  destro. 

Variria  U. 

Tav.  IX,  fl^.  ,--.  [a,  b). 

Snperficies  in  ullimìs  anfracluhns  Iota  ci  crebre  Iransrerse  siilcala,  in  ullimo  passim  lunfiiliuli- 
nnliler  cnslulnla;  costulae  longilndiiiaìes  primorum  anfracluum  pleruwque  minores  el  numerosiores. 
Long.  17  nini,  :  Lai.  9  nini. 

Anche  questa  varietà  per  la  presenza  qua  e  là  di  costicine  longitudinali  sugli 
ultimi  anfratti  si  avvia  alla  N.  italica  (May.),  ma  ne  rimane  distinta  pei  caratteri 
accennati  a  jii-oposito  della  varietà  C,  oltre  al  gran  numero  di  solchi  trasversali  sugli 
ultimi  anfratti  piojìrii  della  N.   itaìicn   (May.)   e  mancanti  in  questa. 

La  N.  (Icrfonrnsis  Bell,  a  primo  aspetto  si  potrebbe  confondere  colla  forma  delle 
vicinanze  di  Vienna  riferita  prima  dall'Hoernes  alla  JV.  semistriatn  Brocch.  e  quindi 
giustamente  distinta  dal  sig.   l'rof.   Mayer  col  nome  di  B.   Horrursi. 

Dal  paragone  della  precitata  forma  di  Vienna  che  ricevetti  dal  sig.  Puchs,  con 
quella  dei  Colli  tortonesi  ho  trovato  le  seguenti  differenze  clie  mi  consigliarono  ad 
isolarne  quella  qui  descritta,  nella  quale  1°  le  dimensioni  sono  d'ordinario  maggiori; 
2°  il  guscio  è  più  grosso;  3°  il  labbro  destro  è  meno  protratto  posteriormente  ;  4"  i 
primi  anfratti,  dopo  quelli  embrionali,  sono  guemiti  di  costicine  longitudinali  sporgenti, 
compresse,  subacute,  rette  e  sguernite  di  solchi  trasversali,  mentre  nella  N.  Hocruesi 
(May.)  le  costicine  longitudinali  sono  molto  più  numerose,  più  piccole,  poco  sporgenti, 
e  gli  anfratti  sono  attraversati  per  tutta  la  loro  superficie  da  cinque  o  sei  solchi. 
i  quali  coiTono  continui  tanto  negli  interstizii  interposti  alle  costicine  longitudinali 
quanto  su  queste. 

Miocene  supcriore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  S'"  Agata-fossili,  comunissimo:  Coli, 
del  Museo. 


356 


1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARJl    UEL    PIEMONTE    ECC. 


Varietà   C.   —  Miocene  superiore:   Colli  tortonesi,  Stazzano,  S'''  Agata-fossili.  £re- 
queute  ;   Coli,   del  Museo. 

Pliocene  inferiore:  Zinola  presso  Savona,  rarissimo:   Coli,  del  Museo. 

184.   Nassa  italica  (May.). 

Tav.  IX,  (;•;.  G  ,a,  b]. 


Dislinguunl  hant-  speciem  a  N.  derloiiensis  Bell,  sequenles  iiolae  : 

Anfraclus  ylerwnquc  mafiis  convexi,  omnex  Ioli  traiisvcrse  minute  suìcnli  et  longiludinaliter 
crebre  cosliilali;  sulcus  propi' suluram  poslicam  dfcurri ns  major,  proftindior:  costulae  loiifjiludi- 
nales  a  sulco  postico  inlerrupto,  super  margiimn  snlurae  majores,  denti formes,  et  in  intersecalione 
costulariim  Iraiisvirsarinn  sulcis  Iransrersii,  iiiterposilan(m  prope  rimani  derurrentium,  interdum 
subnodosaf;  aiifradus  ultimus  amia;  mngis  depressus,  marjis  vmlrosus.  -  Labrum  dexterum  mediu 
et  postice  pleriuìXjue  magis  extenaum. 


Lon^.   19  mm.:  Lai.   IO  iiiin. 


1814. 
1814. 
1820. 

18i5. 

1899. 

1829. 

18.11. 

1831. 

1832. 

1832. 

1837. 

1849. 

1849. 
?  1843. 

1844. 

1815. 

1846. 

1847. 

1847. 

1852. 

1852. 

1857. 

1864. 

18G8. 
?1808. 

1868. 

1872. 

187.3. 

187.1. 

1874. 

1874. 

1875. 

1875. 
?  1875. 

1875. 

1875. 

1876. 

1876. 

187(1. 

187C. 


129. 


Biiccimiin  (Nassa)  costulaliim  BUOCCH.,  Conc/t.  fvss.  iub.,  pag.  343,  tav.  V,  tìg.  9  el  pag.  65S. 
IJ.         semiciislatum  BUOCCll.,  Coiich.  foss.sub.,  pai;.  654,  lav.  XV,  fig.  19. 
iVasta        coslulala        BOUS.,  Orili,  pitm.,  I,  paj?.  .'(8. 

Id.  ili.  DKKU.,  «iVr.Sr.  .Va».,  voL  XXXIV,   pa;,'.  213. 

liuccinum  coslulalum      MAllC.  UE  SEIIK.,  Véngn.  lerr.  Ieri.,  pag.   193. 
semiiuslalum  M.\UC  UE  SEIiR.,  Géoyn.  lar.  Uri.,  pa^ 
coslulalum      BUOMS,  Ilat.  lert.-Geb.,  pag.  93. 
semicojtrilum  BKONN,  Itiit.  lerl.-Ceb,  pag  23. 
costulatum       JAN,  Calai.  Comh.  fnss.,  pag.  13. 
st'micoslatum  JA^\  Colui.  Conc/t  foss.,  pag.  13. 

id.  PL'SCII,  Pol.Paliioul.  pag   122. 

coslulalum      E.  SISMI).,  Syn.,  pag  40. 
semicoslatum  E.  SISMU.,  Syn.,  pag.  40. 

id.  PHII..,  Tentar,  versi.  Nordui.  Deutscht ,  pag 

costulatum      DESK,  in   LAMCK.,  Anim.s.vert.,  2  ed.,  voi.  X,  pag  990. 
C.\LC.,  (  onclt.  vif.  e  fu.\s.Sicil.,  p:ig.  39. 
P.\BET.,  i«  Dcscriz.di  Cenoni,  vol.l,  pag.  51. 
E.  .SIS.MU.,  Syn.,  2  cil.,   pag.  28. 
E.SIS.MU.,  Syit.,  2  ed.,  pag.  29. 
D'OBB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.81. 
D'OUB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  8,5. 
MENE(;H.,  Palennl.  de  Sard.  pag. 463. 
UOUERL  ,  Crnn.  gcvi.  Icrr  mine  sup.  Ilal.  centr.,  pag.  105. 
F(»RE.ST.,  Cauti.  .Voli.  jtlitH-.Bologn.,  I,  pag.  44. 


Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Nassa 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 
Id. 


-.27. 


id. 

id. 
costatala 
sciicoslala 
coitulata 

id. 

id. 

id. 

id. 


semislriata  yar.liirrita  FOBEST..  Culai.  Moli,  plioc.  Botogn.,  I,  pag.  45.  lav.  II,  fig.  5,  6 


Buccinum  costulatum 


loslulala  M.\NZ.,  Satjg.  Concli.  foss.  .sub.,  pag.  ,37. 

id.  UE  KOEM.,  Mioc.  Nord  DeuLtch.  Moli.  Faun.,  pag.  195. 

id.  COCC,  Fnum.Sist.  Moll.mioe.  e  ptioc.  Parm.e  Piac,  pag.  89. 
MAY.,  Sysl.  I^'erz.  Fer.ft.  tleh.,   pag.  39. 

Id.  id.  COIM>.,  Calai,  foss.  min.plinc.Moden.  Colt.  Copp.,  pag.  9. 

/(/.  id.  ?VC.\\S,  Alt.  ieri.  S,l,i< Iti. V.  Malia,  fan  i. 

Id.  id.  BE.NOIST. '/■«/. /"osi  rff  la  Diede  el  de  Saiiials,  pag.385 

Nassa        costulata  SEGUENZ.,  Form. plioe.  Ilal.  nierid.,  pag.  978 

/(/  semicostata  SEGl'ENZ.,  Form,  plioc.  Ilal.  merid.,  pag.  976. 

Id.  costulata  PANTAN.,  Jtt.  Mcad.  Fisintr.  S/wa,  voL  VII,  pag.  2. 

Id.  id.  SOBU.,  l'ami  mar.  Cascina  nizzardi,  pag.  35. 

/'/.  id.  KOBEST  ,    Celili,  geni,  e  patroni, plioc.  ant.  Castrvcaro.  pag.  91. 

/(/.  id.  l'O.NZ.,  Foss.  .U"  Faticano,  pag.  16. 

Buccinum    italicuin  M.\Y.,  Mer.glac.aux  piids  dcs   ,llp.,   pag.  218. 

Nassa         costulata  FONT.,  Flud,  strut.  el  patèont.  Dass.  du  lihùne,  II,  pag.  70. 


1878. 

/,/. 

iiislulalum 

1878. 

Nassa 

exUjua 

1878. 

III. 

i-tistulata 

1880. 

III. 

id. 

1880. 

hi. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

1881. 

u. 

id. 

DESCRITTI    P.i    L.    BELL.\EDI  357 

1877.    Mi.wa        italica  DE  STEF.,  .SO-rK./j/iV.  ,S,e«n,  pag.  252. 

iSn.  Buccinum  costulatitm       FUCIIS,  Plioc.  liild.Zante  u.Corfu,  pag.  10, 
1877.  Nassa  semi.<:ti  iuta  \3T.  a  IS'^..  App. paleant.,   I,  pag.  20. 

FUCHS,  SlitJ  icil.Bild.Obcr-llal.,  pag.  62. 

DE  STKF.  e  rANTAÌS'.,  AMI. plioc.  Siena,  pag.  101. 

FO.NT.,  Éuid.sUal.ct  paléonl.  Bass.  dii  lilióne,  III,  pag.  45,  46. 

S.\UTOR.,  //  Coli,  di  5"  Colombano  e  i  suoi  Foss.,  I,  pag.  15. 

COPI'.,   Terr.tab.Moden.,  pag.  10. 

COPI'..  Mayn.Iwcli.  Moden.,  Iiag.  14. 

BARD.,  Paléonl.  Maine  et  Loire,  pag.  104. 
Xm.Buecinum  apenninicum    MAY.,   //(  Hit.  et  spetim. 

1881.   Nassa       jiliucenica  var.  Ili  co.slulata  COPP..  Os.ien\  malac,  pag.  5,  fig.  5. 
1881.        Id.  id.       var.  ///,  soUovar.,?MAco»(«V(i«a  COPP,  Ossen'.malac,  pag. 5. 

L'esemplare  tipico  figurato  e  descritto  dal  Brocchi  col  nome  di  Biicc.  .temicostatum 
è  incompleto,  e  a  mio  giudizio  è  un  giovane  esemplare  di  questa  specie. 

Miocene    superiore:  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  Stazzano,  raro. 

Pliocene  inferiore:  Castelnuovo  d'Asti;  Vezza  presso  Alba;  M'"  Capriolo  presso 
Bra  ;  Clavesana  presso  Mondov'i  ;  Borzoli  presso  Sestri-ponente;  Savona  Fornaci  e  Zi- 
noia;  Albenga,  vallone  Torsero;  Ventimiglia,  comunissimo;  Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

B.  Laitruin  dcxlcriiiii  jiiislice  Inle  proiliicliiiD.  -  Iliiiia  a  lubiis  hrevìbus  circuinscri|)ta. 

La  notevole  estensione  posterioie  del  labbro  destro  e  la  brevità  relativa  delle 
labbra  che  circoscrivono  l'intaglio ,  sono  le  note  ])rincipali  che  separano  le  forme  di 
questo  gi'uppo  da  quelle  del  precedente. 


1. 


2. 


3. 


4. 


5. 


6. 


Anfrdefii.s  onines  longitudinalitcr  costati  N.   neglecta  Bell. 
Anfractits  omnes,  vel  saìteni   ultimi,   ìongit.   ecostati  2. 

Supcrficìcs  tota  transverse  Silicata  3. 

Superficies  in  ventre  anfracttmm  esulcata  4. 

Testa   dolioliformis ,    tota    ìongitìidinaliter    ecostata: 

spira  medio  infiala  N.  gigantula  (Ben.). 
Testa  turrita,  in  primis  anfractuhus    longitudinaliter 

costata:  spira  regulariter  involuta  N.  Hoernesi  (May,). 

Anfructus  primi  longitudinaliter  costati  5. 

Anfractus  omnes  ecostati  6. 

Testa  iìifìata  :  spira  paruni  acuta  :  suturae  distincte 

canaliculatae  N.  solidula  Bell. 

Testa  angusta  :  spira  valdc  acuta  :  suturae  non  ca- 
naliculatae N.  transitans  Bell. 

Testa  brevis,  venfrosa  :  spira  paruni  acuta  N.  semistriata  Brocch.). 

Testa  longa,  angusta;  spira  valde  acuta  N.  Olivii  Bell. 


358  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

185.  Nassa  neglecta  Hei.i.. 
Tav.  IX,  Cg.  7  (a,  h]. 

Testa  parva,  suhovata.  -  Anfraclus  vix  convcxi  ;  ullimus  dimidiam  longiludincni  apquans, 
anlice  salis  depressus.  -  Superficies  t;;  anfruclulius  priviis  loia  mimile  irausverse  silicata,  in 
meiliis  et  in  parie  postica  ultimi  laevis ,  in  omnibus  longilwlinaliter  costata;  sulcus  propp  su- 
luratn  poslicain  decurrens  minulus:  coslao  longiludinales  ùbtintae,  obìiquae,  ab  inlerslitiis  pnium 
latis  separalae  umliijue  decurreiitrs  (exceptis  parie  antica  ultimi  anfraclus  et  parte  marijini  (nit 
contìgua),  prope  suturam  pnslicam  anfractuum  subdentalae.  -  Os  ovale;  labrum  sìnislrum  ar- 
cualuni,  inleritis  pluri-plicaluni  ;  labrum  dexlerum  salis  ultra  os  proiìuclum,  praesertim  posUre : 
columella  anlice  salis  profunde  excavala:  rima  a  lahiis  brevibu,'s  circitmscripla. 

Long.  7  ram.  :  Lai.  3  '/>  mm- 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.   S"  Agata-fossili,   rarissimo;   Coli,   del  Museo. 

186.  Nassa  gigantila  (Bon.). 
Tav.  IX,  Cg.  ti  (rt,  b,  e). 

Testa  snbfusiformis.  renlrosa:  spira  mnìio  insala.  -  Anfraclus  convexi  ,  longi;  ullimus 
dimidiam  lon{;iludineni  aequans,  ve!  subaequan.-i  :  sulurae  anguste  canaliculalae.  -  Supertìcies 
tota  loiifiitudinaliter  ecostala  et  transverse  sulcata:  sulci  4  vel  5  in  anfractubus  primis  et  mcdiis 
perspicui,  ab  intcrsliliìs  latis  (l  romplanaiis  sciìnrali,  lineares;  sulcns  pnslicus  major;  sulci  in 
parlem  anlicam  ultimi  anfraclus  decurmiies  majores,  ab  inlersliliis  minoribus  separati.  -  Os 
subovale,  anlice  leviler  (lilatalnm  ;  labrum  sinislrum  contra  rimam  subanfinlalum,  interius  mi- 
nule  pluri-plicatum;  labrum  dexleruni  larve,  adnalnm,  ultra  os  riilde  proiluctum,  praesertim 
in  rcf/ionem  posticam:  cclumella  medio  parum  et  subregulariter  excavala:  rima  sdò/crmiHa/i.s-, 
magis  lata  quam  pmfnnda,  a  labiis  lungiusculis  circumscripla. 

Long.  19  mm.  :  Lai.  9  mui. 

nON.,  Co(<i(.  .V.5.  n.29l9. 

MICIITTI.,  Kh:  Cast,  foss.,  pag.24. 

E.  SISMI».,  Syn.,  pag.  41. 

E.  SISMO.,  Syn.,  9  ed.,  pag.  99. 

irOUIl,  Piiulr.,  \o\.\\\,  pag.  176. 

COI'P.,   Calai,  Moli.  mioc.  e  plior.  Modcn.,  pag.  94. 
Nassa       scmi.tlriata  var.  inlcgrn-stì-inta  COCC,  Enum.  Sist.  MkII.  mioc.  e  plìoc.  Parm.  e  Piar.,  pag.  83 
1874.    Buccimim   labiosiim  COPI',  Calai,  foss.  mln-ptinc.  .Uodeii.  Coli.  Cnp/).,  pag.  9. 

187G.      Nassa      coslulata  var.  1  FOREST.,  Ctnn.  geot.  epalcont.plioc.  ani.  Castrocaro,  p.  il,  tav.  I,  fig.  II,  19. 
1877.        /d.  id.       var.  2  FOREST.,  Cerni  geal.  e  paleonl.plinc.  aiil.Caslrocnrv.  tav.  I.  fig.  I3.   14. 

1877.        Id.       semistriata  yar.  b  lim..  .dpp.paleonl.,  pag.  20. 
1881.        Id.     pliocenica  yar.  II  COPI'.,  Paleonl.  .Moden.,  pag.  ."^S. 
1881.        Id.     pliocenica  yar.ll  iiitegro-sliiala  COPI*..  Ossero,  malac.  pag.  à,  fig.  3. 

VarieiA  A. 
Tav.  IX,  fig.  19  (<t,  i). 

Tosta  snhfnslfnrmis  :  spira  longior,  magis  acuta,  nnn  medio  infiala. 
Long.   20  mm.  :  Lai.  9  mm. 

1881.    Nassa  pliocenica  soltovar. //  liirrlla  COPP.,   Ossert\  matac,  pag..»,  fig.  t. 


Buccinum 

gigantulum 

1840. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1847. 

Nassa 

gigantula 

1852. 

Id. 

id. 

1869. 

Buccinum 

atcstinttm 

1873. 

Nassa 

semislriala 

DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  359 

Varietà  B. 

Tav.   IX,  fig.   13  '«,  b). 

Spira  medio  mimts  infiala.  -  liilerstilia  sulcis  Irnnsversis   interposita  omnia ,  vel  in  parte^ 
Iransversi'  nnisulcald,  inde  silici  Iransversi  numerosiores. 
Long.   18  min.  :  Lai.  9  inm. 

La  forma  tipica  di  questa  specie  si  distingue  facilmente  da  quella  corrispondente 
della  N.  scmistriota  (Brocch.),  colla  quale  ha  iu  comune  la  mancanza  di  coste  lon- 
gitudinali, per  i  seguenti  caratteri;  1"  dimensioni  maggiori;  2°  spira  rigonfia  nel 
mezzo  e  più  lunga;  3"  superficie  tutta  attraversata  da  solclii:  ne  differisce  poi  più 
0  meno  dalle  sue  varietà  jìer  la  mancanza  di  coste  longitudinali. 

Miocene   superiore:  Colli  tortonesi,   S"  Agata-fossili,  raro;   Coli,   del  Museo. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba:  Albenga-vallone  Torsero,  raro;  Coli,  del 
Museo. 

Varietà  A  e  B  —  Miocene  supcriore:  Colli  tortonesi,  S""  Agata-fossili,  non  fre- 
quente ;  Coli,  del  Museo. 

187.  Nassa  HfiEUNKsi  (May.). 

Tav.   IX,  (ig.    IO  (n,  i). 

Tesla  liiriilii:  spira  perhngn ,  valde  acula  -  .VnfracUis  vi\  convoxi;  ullimus  dimidia 
longiUidiiic  lìrcvidp,  .inlice  valde  dt'prcssu.s:  sulurat-  angusU-  t analiculalae.  -  Superlicies  in 
prinii.1  anfiaclubiis  liivgitiidinaliler  costulala,  in  ulliinis  ccoslulata,  Iransverse  sulcala:  coslulae 
snhiibtnsiìc,  iniirstitia  sulnmiiianlrs ,  obliquai',  snbaicmilac.  -  Os  subovale:  labrum  sinislrum 
medio  ililalalum,  inlorius  pluri-plicalum;  lalirum  dcxleruin  laeve ,  ultra  os  salis  proditclum, 
piacseviiin  in  regionem  posliciim:  l'olumclla  medio  profuiide  excavala:  rima  lala,  parum  recurva, 
a  labiis  brcvibus  cir(;umscri()la. 

Long.   1 1  mm.  :  Lai.  7  mm. 

HAUER,  Fcrk.  fnss.  Thierr.  terl.-Beck.::  ff^ien..  pag  417. 
HOERN.,  f'irz.in  Czjzet'^  furiant  z.geogii.  Karl. v.  /f'ien..  pag.  16. 
HOi;H>".,  .!/«//./;-.<... //'iiH.,   \o\  ì,  pa-.  141,  tav.  XII,  fig.  9. 
>EI;GEB.,  Bcitr.  Ieri.- .Voli.  Ober-Lapiigy,  p.ig.  98. 
MAY.,  Tert.  Fdun.  /fznr  ti.  Madeira,  pag.  76. 

R.  llOER>i.   u.M  A'JINr...  Cast.  mioc.  Oe.tt.-Uiiy.   Monarch.,  pag.   IJ8, 
tav.  XIV,  fig.  29. 

Varie  lA  A. 

Tesla.  pli'i-nmqw  major.  -  Anfrartiis  Ioli  Iransversi;  sidcali;  sulci  intcr  se  valde   distanles, 
4  vel  5  in  anfrnclulms  mndiis  perspicui,   6  in    iilliino,  praeler   siilcum   poslicum   prope  siiluram 
decurrenlem  el  sulcos  anleriores  ante  rimani  impressos. 
Lonj;.   11»  mm.  :  Lai.  9  '/,  mm. 

1853.    Buciittum  semistriatnm  HOERN.,  .tfoll.  foss.  ff^ieii.,  tav.  XII,  fig.  10. 

La  forma  stretta  e  lunga  della  spira  ,  la  regolarità  colla  quale  questa  cresce  e 
la  presenza  delle  numerose  costicine  longitudinali  che  ne  adornano  i  tre  o  quattro 
primi  anfratti  dopo  il  nucleo  embrionale,  separano  questa  specie  dalla  N.  gigantula 
(Bon.). 


18.Ì7. 

Bi 

.ivciìium 

scmistriali 

1848. 

1,1. 

id. 

1853. 

Ili. 

id. 

1853. 

IU. 

id. 

1804. 

Id. 

f/oernesi 

1882. 

Id. 

id. 

■geo  I    MOLLUSCHI    DEI    TERKENI    TEKZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

È  inutile  ripetere  qui  i  caratteri  clie  distinguono  la  presente  forma  dalla  X  dfr- 
tonensis  Bell,   giil  indicati  a  proposito  di  quest'ultima. 

Tanto  le  figure  pubblicate  dall'Hoenies  M.  nella  sua  opera,  quanto  quelle  della 
recente  fonografia  dei  signori  K.  Hoenies  e  M.  Auinger  col  nome  di  lìuccinum  srnii- 
striatmii  Brocch.  e  di  Bttrchmw  Norrnesl  May.  rappresentano  il  labbro  destro  molto 
meno  dilatato  posteriormente  di  quanto  lo  è  negli  esemplari  tipici  di  Steinabrunn 
che  ricevetti  dal  sig.  Fuchs. 

Pliocene  inferiore:  Castelnuovo  d'Asti,  non  frequente;   Coli,   del  Museo. 

188.  Nassa  soudcla  Beli. 

Tav.  IX,  lig.  9  {a,  b,  •). 

Tesla  tiiriila  :  spira  loiiga,  salis  a[)erla.  -  AnlVacliis  convoxi;  ullimus  «im()'om(s,  nniice 
valde  ilcpressus ,  dimidid  loiuiUmìinc  ìnevittr:  suUiiai'  profundac,  disliiicle  canalirulalac  - 
Superlicies  »"«  anfrnclulnis  primis  longilndinalilcr  costultila,  in  caetoiis  ecoslulala:  roslulae  nii- 
nutar,  crrbrac,  cbliquae,  cantra  ainaliculum  suturar  jwslirae  subdenticulalae :  sulri  transversi 
minutissimi,  crebri,  plenimque  6  in  primis  anfractubiis  perspicui:  aiifraclus  Iros  ultimi  laeves; 
sulci  Iransvorsi  prope  rimam  decurrentes  minuti,  ab  intersliliis  ialis  separali.  -  Os  subor- 
bitulare;  labrum  siiiislrum  arcuatimi,  incrassalum,  inlerius  piuri-plicaluni,  ro»<;a  ri/dam  ,?u/)- 
detitalumi  labrum  dexlerum  laevv,  in  regioua  antica  et  mediami  ereclum,  postici'  valde  extensum  : 
coiumclla  snbmodio  salis  escavala:  rima  a  Inbiis  InuQiusrulis  eircnmscripta. 

Long.   16  mm.  ;  Lai.  9  mm. 

Nella  presente  forma,  i  cui  legami  colla  2\'.  srìnisfriatti  (Broccii.)  sono  fatti  stretti 
dalla  varietà  U^  della  specie  del  Brocchi,  i  caratteri  distintivi  sono  i  seguenti  para- 
gonando le  due  specie  nella  loro  forma  tipica  ed  indipendentemente  dalla  natura  dello 
loro  superficie:  in  questa  1°  la  spira  è  più  lunga  e  più  acuta;  2°  l'anfratto  ultimo 
è  notevolmente  più  breve,  più  rigonfio  e  più  depresso  anteriormente  :  3°  la  scanalatura 
che  accompagna  la  sutura  posteriore  è  più  larga  e  più  profonda:  le  labbra  dell'in- 
taglio sono  più  lunghe. 

Pliocene  supcriore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  raro:  Coli.,  del 
Museo  e  Kovasenda, 

Flioccne   inferiore:   Vezza  presso  Alba,  raro;   Coli,   del  Museo. 

189.  Nassa  thansitans  Iìki.i.. 

Tav.   IX,  Ut;.   15  (n,  ì,,  <  ). 

Dislinguunl  liane  speciem  sciiuciilos  notae; 

1.  a  iV.  semistriata  (Brocch.): 

Tesla  angustiar:  spira  Innqinr,  mafiis  acuta.  -  Aufractus  ullimus  dimidia  longitudine  brevior, 
anijustior.  -  Suprrji'-ii's  in  primis  anfracinbus  loniiitudinalitfr  rostaln;  coslae  paucae,  oblusar  , 
ab  inlersliliis  aiignstis  separatao  ;  sulci  Irausrcrsi  in  primis  anfiatliihus  obiotrti  ;  snlrus  jioslu  ns 
prope  rii/i  im  dnnirreus  miuimiis.  -  Os  hrcrius;  labrum  desterum  poslicc  magis  cxlensum  :  rima 
subterminalis,  a  laliiis  lomjiuribus  rircumscripta. 


à 


DESCKITTI    DA    L.    BELLA RDI  361 

2.  a  iV.  Olivii  Bell.: 

Anfractus  omnes  magis  convexi,  inde  siUurae  profundiores ;  ultimus  brevior,  aniice  magis 
depressus;  anfractus  primi  longitudinaliter  costati.  -  Rima  subterminalis ,  a  labiis  longioribus 
circumscripta. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  7  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  non  comune;  Coli,  del  Museo  e  del 
Museo  di  Zurigo  (Prof.  Mayer). 

190.  Nass.v  semistriata  (Brocch.). 

Tav.  IX,  fig.  14  (a,  b). 

Testa  subovata:  spira  brevis,  parum  acuta.  -  Anfractus  convexi;  ultimus  magnus,  inflatus, 
dimidiam  longiluilinem  aequans  ve!  subaeqiians:  suturae  angustissime  canalicuiatae.  -  Su- 
perficies  tota  longitudinaliter  ecoslata  et  in  parte  transverse  sulcata:  sulci  in  primis  anfractubus 
minuti,  crebri,  vix  perspicui,  in  parte  antica  ultimi  anfractus  raajores ,  ab  interstitiis  latis 
separati,  in  ventre  ultimi  anfractus  nulli;  sulcus  prope  suturam  posticara  in  omnes  anfractus 
decurrens  profundtis.  -  Os  subovaio,  poslice  angustalum.  anlicc  dilatatum;  labrum  sinistrum 
cantra  rimani  non  angulatum,  intcrius  pluri-plicatum;  labrum  dexterum  ultra  os  productum, 
postice  late  extensum:  columella  medio  satis  excavata:  rima  sublateralis,  tam  lata  quam  pro- 
funda,  a  labiis  brevissimis  circumscripta. 

Long.  14  mm.:  Lai.  8  min. 

I814.    Buccinum  [Nassa)  cornicnium  BUOCCH.,  Conch.foss.sub.,  pag.  343. 

1814.         Id.        semistrialiim  BROCCII.,  Coiich  foss.  sub.,  paì;.6.il,  tav.  XV,  fig.  15. 

1820.      Nassa      corniculum     BORS.,  Oritt. pieni.,  I,  pa};.38    in  parie). 

1827.  Id.         semistriata      SASS.,  Sagij.geol.Bacterz.Àlbeiiga,  pag.  48l. 

1829.    Buccinum  semi.Urintiim  MARC.  DE  SERR.,  Géogn.  tciT.  ieri.,  pag.  131. 

1831.  Id.  id.  nUOSy,  /lai.  lerl.-Ceh..  pa'r.ìi. 

1832.  Id.  id.  desìi..  &/)<■■(/.  ir.  jVorce  Z«o/.,  pag.  197. 
1839.         Id.               id.            .Ì.Ky,  Calai.  Condì,  foss.,  pag.  Ì3. 
1836."      Id.              id.           PIllL.,  .Vo«.5ic.,  voi.  1,  pag.  193. 

?  1838.  Id.  id.  OR \T.,  Calai,  rm.  et  f7iverl.Gironde,  pag.  40. 

1841.  /(/.  id.  CXLC..,  Condì,  foss.  Àllat:,  pag.  C3. 

1842.  Id.  id.  E.  SISMD,  S//H.,  pag.  40  (in  parie). 

1842.  Id.  id.            TCmw \TCil. ,  Cnnst.gcol.Prov.merid.Naples  et  Nice,  pag.  %3S. 

1844.  Id.  id             l'Ili L.,  .»/o//.5.c..  Il,  pai?.  193. 

1847.  Nassa  semistriata     JIICllTTI.,  fow.  mioc,  pag.  210  (in  parte). 

1847.  Id.  id.            E.  SISMD.,  .Si/».,  2  od.,  pag.  99  (in  parie). 

1854.  Id.  id.            l\\\S.,  Vxy-DF.y-HECK.el  POyi.,  Calai,  foss.  M"  Mario,  pag.  \3. 

1857.  Id.  id.            ME^EGH.,  Palèont.  de  Sard.,  pag.  4GX 

1862.  Id.  id.            SEGUEy?..,  Form. plioc.Sicil.,  pag.  l\. 

1862.  Id.  id.            SEGUENZ.,  /•V/rHi.mioc.  .J/c«.,  pag.7,  11. 

1864.  Id.  id.      yar.  minor  sulilacns  DODERL.,  Cenn.gcol.mioc.  sup.  Ital.  centr.,  pag.  105 

1867.  Buccinum  semistrialum  PER.  D.\  COST.,  Cast.  terc.  Pori.,  pag.  93,  Uv.  XIV,  fig.  10  a,  b. 

1868.  Nassa      semistriata      FOKtST.,  Calai.  Moli. plioc.  Bologn.,  ì,  p.  ii. 

1869.  Buccinum  semistrialum  MOLIN.-FOL.,  Geol.  di  Barcellona,  pag.  40. 

1869.  Id.  id.  COPP.,  Calai,  foss.  mioc.  e  plioc.  Moden.,  pag.  94  ^in  parte). 

1870.  Nassa     semistriata     ARAD.  e  BE.NOIT,  ConcA.  wV.  .Var.5ici7.,  tav.  V,  fig.  14. 
1870.         Id.  id.  BELL,  Calai.  Moli.  foss.  Biot,  pag.  9. 

1870.    Buccinum  semistrialum  NIC.\IS.,  Culai.,  .4nim.  foss.  Prov.  Alger.,  pag.  107. 

1872.  /(/.  id  COPP.,  5(«(/.;)a/. /(Wi.modfH.,  pag.  35,  tav.III,  fig.66. 

1873.  Nassa      semistriata     SEGUE.NZ.,  Form. plioc.  Ital.  merid.,  pag.  300. 

1873.  /(/.  id.  COCC,  Enum.  Sisl.  Moli,  tnioc.  e  plioc,  Parm.  e  Piac,  pag.  83  (in  parte). 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  *x 


362  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1874.  Buccinum  semislriatum  COPP.,  Calai,  foss.  mio-pltoc.moden  Coli.  Copp.,  pag.  2. 

1874.      Nassa      sanistriata      FORESI'.,  Tenn,  jfo/.  <■  ;)a(eonf.;j/ior.  anf.  C<«<rocaro,  pag.  21  (in  parte). 

1874.  Buccinum  semistriatum  FICUS,  Tert.hild.v.  Tarent.,  pag.  4. 

1874.  Nassa      semistriata     SEGUENZ.,  fo/vn.  ;7«oc. /tó/.  menrf.,  pag.  276. 

1875.  Buccinum  semistriatum  POMZ.,  Cronac.  subapenn.,  pag.  13,   14,  21,  26. 
1875.  Id.  id.  CRESPELL.,  Not.  geol.  Savign.,  pag.  18. 
1875.       Nassa      semistriata      SORD.,  Faun.  mar  Cascina  Rizzardi,  pag.  35. 
1875.  Buccinum  semistriatum  .M.\NTOV.,  Dacr.  geol.  Camp,  rom.,  pag.  41. 

1875  Nassa  semistriata      P.\NTA?i.,  ^«.  Acarf.^iiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

1875.  Id.  id.  MONTER.,  A'uof. /iiv.  Co«cA.  mcdi/crr.,  pag.  40. 

1876.  Id.               id.            STOEun,  Terr.plioc.  argenti,  pag.  469. 
1870.  Buccinum  semistriatum  MAY.,  Découv.  couch.  à  Congèries,  pag.  13. 

1876.  Nassa      semistriata      FONT.,  Élud.  strat.el.pal.  terr.  tert.  Bass.  du  Jihdne,  pari.  II,  pag.  17,  21,  60, 

69,  75,  76. 

1877.  fd.  id.  FISCH.,  Paléunt.  Ile  de  Rhódis,  pag.  ^9. 
1877.          Id.               id.  CWÌLLU,  .\farn.glauc.Bologii.,  pag.  40a. 

1877.  Id.               id.            DE  STEF.,  Slrat.plioc.  Siena,  pag  120,  l7t,  181,  182,  250-52,  266. 

1877.  Buccinum  semistriatum  FL'CllS,  Ptioc  ùiìd.  Xante  u  Curfu,  pag.  4,  IO,  11. 

1877.  Nassa  semistriata      FONT.,  Not.Dép.messin.dans  le  Bas-Dauph.,  pag.  548,  551,  552,  556. 

1877.  Id.  id.  var.  C.  1   ISS.,  ^//VJ.pn/eont.,  I,  pag.  21. 

1878.  Id.               id.            CM^IC,  Stud  geol.  Fizzin.,  pag.  \0,  \Z. 
1878.  Id.                id.             D'A>'C.,  7(/io<    CiminH»,  pag.  7. 

1878.  Id.  id.  DE  STKF.  e  l'ANTAN.,  .Moli plioc. Siena,  pag.  101. 

1878.  Id.  id.  P\^T AH.,  Ptioc.  dint.Chianciano,  pag.  S. 

1878.  Id.  id.  FO\l'.,  Et.  strat.  et  pai.  tar.  tert. Bass.  du  tìhóne,  HI,  pag. 6i,  63. 

?1878.  Buccinum  semistriatum  FONT.,  Faun.malac.  mine.  Tersannes  et  Hauterivei,  pag.  13. 

1880.  Nassa  semislriala  BRVOJi.,  Conch.plioc.  Caltanisetta,  pag.  lOi. 

1880.  Jd.  id.  COl'V.,   Terr.  Tal),  moden.,  pag.  iO. 

1880.  Id.  id.  PANTAN.,  Pliocdi  Pieirafilla,  pag.  371. 

1881.  Id.  id.  yAJ<T.\Ji.,  jìloll.plioc.foss.  e  viv.medit.,  pag.68. 
1881.  Id.  id.  CO\'P.,  Marn.turch.  e  foss..Moden.,  pag.  14. 

1881.  Id.         pliocenica  \ai.l  semitlriata  COPP.,  Osserv.mulac,  pag.  5,  fig.  4. 

1881.  Id,  id.       var.  I  semislriala,  sollovar.  I  turrita  COPP.,  Osserv.  malac,  pag.  5,  fig.  2. 

1881.         Id.  id.       var.  IV  nana  COPP.,  Osserv.  malac,  pag.  5  (in  parte). 

Ho  riguardato  come  tipo  della  specie  la  forma  qui  descritta,  caratterizzata  dalla 
totale  mancanza  di  coste  longitudinali,  come  quella  che  corrisponde  esattamente  al- 
l'esemplare tipico  della  Collezione  del  Brocchi  che  ebhi  in  gentile  comunicazione 
dalla  Dii'ezione  del  Museo  Civico  di  Milano. 

Fra  i  molti  esemplari  di  varia  provenienza  riferibili  al  tipo  per  la  natui'a  della 
loro  superficie,  ne  ho  incontrati  alcuni  in  cui  le  dimensioni  sono  alcun  che  minori  di 
quelle  indicate  nella  descrizione,  ed  altri  nei  quali  la  spira  è  relativamente  più  lunga 
e  l'angolo  spirale  più  acuto. 

VarielA  A. 

Anfracliis  primi  posi  nurleum  cmbrionalem  loiKjitudinaHter  costulati;  coslulae  compressae, 
satis  prnminrnles,  obHijnae,  iiilcrstilia  suhacquaiitos  :  sulci  traiisversi  nulli,  cxcepto  sulco  prope 
suluram  posUcam  decurrenle. 

Long.  15  mm.:  Lai.  8  nini. 

18J0.  Nassa  corniculuiii^\aT.    ItOUS.,  Orili. piem.,  I,  pag.  38. 

1826.  Planaxis  discrepans  UISS.,  l'rodr.  Eur  mérid.,  voi.  IV,  pag.  178,  fig.  80. 

1841.  Buccinum  semislriatum  \aT.i  C\LC.  Conch.  foss.  Altav.,  pag.  63. 

1844.         Id.  id.  DESÌI,  in  LAMCK.,  ..^Hirn.  5.  rcr«.,  2  ed.,  voi.  X,  pag.  224. 

1841.         Id.  ili      var.   PIIIL.,  j»/o«.  «e,  voi.  Il,  pag   193. 

1877.  Nassa  semistriata  \aT.C  3  ISS.,  App.  paUont.,  I,  pag.  21. 

1881        Id.     pliocenica  \nr.  IV,  solluv.ir  io.v/H/<if<i  COPP.,   Ossnv.  malac,  pag.  5. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl  363 

Gli  esemplari  riferiti  a  questa  varietà  non  sono  frequenti  :  quasi  tutti  presentano 
la  forma  generale  del  tipo,  di  rado  la  spira  vi  è  più  acuta  e  più  lunga. 

Varietà  B. 

Anfractus  primi  post  nucleum  embrionalem  lotifiitudinaliter  costali  el  transverse  suìcati;  costae 
crebrae,  minutae,  obtusae,  tum  rectae,  lum  subarcualae. 
Long.  14  mm.  :  Lai.  8  rani. 

Varietà  B'. 

Anfractus  penultimìis  et  ultinms  in  ventre  laeves,  seu  non  transverse  sulcati. 

1877.    Nassa  seinistriata  var.  D    ISS.,  Àpp  palloni.,  I,  pajj.21. 
1877.      Id.  id.  var.  D'  ISS.,  A;>p.  patconl.,  1,  pa^;.  21. 

1881.      Id,      pliocenica     var.  IV,  solloyar.  coslulata  COPI'.,  Ossen'.  malac. ,  pag.  5  (in   parte\ 

Varietà  B'. 

Anfractus  penullimus  in  ventre  Iransverse  sulcatus;  salci  minuti,  plerumque  4  perspicui, 
ab  interstiliis  lalis  separati;  anfractus  ultimus  in  ventre  laevis,  seu  non  Iransverse  sulcatus 

1877.   Nassa  semistriata  var.  C       ISS.,  App.paleont.,  I,  pag.  21. 
1877.     /(/.  id.  Tar.C  2  ISS.,  ///y>./)a/eon«.,  I,  pag.  21. 

Varietà  B^ 

Anfractus  petiultimus  el  ultimus  in  ventre  transverse  sulcati. 

Indipendentemente  dalla  natura  degli  ornamenti  superficiali,  pei  quali  questa  va- 
rietà B  colle  sue  divisioni  si  distingue  dalle  precedenti,  nella  grande  quantità  di  esem- 
plari che  se  ne  raccolgono  ,  particolarmente  nel  vallone  Torsero  presso  Albenga ,  si 
incontrano  le  modificazioni  nelle  forme  generali  già  indicate  per  la  varietà  A  e  per 
la  forma  tipica,  e  notevoli  differenze  nelle  dimensioni. 

Varietà  C. 

Testa  turrita:  spira  longior,  minus  aperta.  -  Anfraclitì  ultimus  brevis,  dimidia  longitudine 
brevior,  anlice  magis  daprcssus. 

Long.  15  mni.;  Lai.  7  '/a  nìm. 

Siccome  i  signori  Prof.  Issel  e  Dott.  Coppi,  i  quali  si  sono  occupati  in  particolar 
modo  di  questa  specie  e  delle  numerose  sue  varietà  e  forme  affini,  mi  hanno  gen- 
tilmente comunicati  esemplari  tipici  corrispondenti  alle  varie  distinzioni  che  hanno 
stabilite  in  proposito,  così  sono  in  caso  di  poter  riferire  con  certezza  le  forme  da  loro 
distinte  a  quelle  che  qui  ho  descritte. 

Abbencliè  io  abbia  citato  le  varie  forme  distinte  da  questi  chiarissimi  autori  nella 
sinonimia  delle  corrispondenti  qui  descritte,  tuttavia  mi  pare  opportuno,  per  maggior 
chiarezza,  di  riferire  sotto  forma  di  quadro  le  distinzioni  stabilite  tanto  dal  sig.  Prof. 
Issel  quanto  dal  sig.   Dott.   Coppi  colla  corrispondenza  di  quelle  da  me  proposte. 


364 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


1877.  Issel.  Appunti  paleontologici  I. 
Nassa  semistriata  Broccli. 


Var. 

A 

= 

N. 

ita] 

'ìca 

May. 

Id. 

B 

= 

N. 

gigantuìa  (B 

on.). 

Id. 

C 

= 

N. 

semistriata  Brocch. 

var. 

B' 

Id. 

C 

= 

N. 

id. 

id. 

tipo. 

Id. 

e 

^z 

N. 

id. 

id. 

var. 

B\ 

Id. 

C 

= 

K 

id. 

id. 

var. 

A. 

Id. 

D 

^ 

N. 

id. 

id. 

var. 

B'. 

Id. 

D' 

zn 

N. 

id. 

id. 

var. 

B\ 

Id. 

E 

^^ 

Sp. 

N. 

?. 

Id.    F 


Questa  forma  che  molto  probabilmente  merita  di  essere 
distinta  con  nome  proprio  differisce  senza  dubbio  dalla  N.  se- 
mistriata Brocch.  per  la  sua  forma  generale  più  turrita, 
per  gli  anfratti  più  convessi,  per  la  mancanza  del  solco  che 
corre  posteriormente  alla  sutura,  per  la  sottigliezza  del  labbro 
sinistro,  per  la  posizione  quasi  terminale  dell'intaglio,  per  la 
maggior  brevità  delle  labbra  che  lo  cu-coscrivono  e  per  il  labbro 
destro  che,  per  quanto  si  possa  giudicare  dallo  stato  imper- 
fetto di  conservazione  dell'unico  esemplare  che  la  rappresenta, 
non  oltrepassa  il  piano  della  bocca. 

Quando  si  avranno  esemplari  migliori,  si  potrà  assegnare  a 
questa  forma  un  posto  in   qualche    serie ,  e  descriverla  come 
specie  ben  definita,   cui  propongo  il  nome  di  N.  sabatica. 
N.  obìonga  (Sass.). 


1881.  Coppi.  Osservazioni  fiialucologiclie  circa  la  Xassa  semislmta 

e  N.  coslnhiltt  del  Brocchi. 
Nassa  pliocenica  Copp. 

Var.  I  semistriata  fig.   4   =   semistriata  Brocch.  tipo. 

Sottovar.   turrita         fig.   2   =  /(/.  id. 

Esemplari  di  forma  più  stretta  e  più  lunga. 
Var.  II  integrostriata    fig.   3   z=  gigantuìa  Bon. 

Sottovar.  turrita         fig.   1    =:        /(/.  id.     var.  A. 

Vax.  III  costulata  fig.   5   =  italica  May. 

=z       Id.        id. 

Esemplari  colle   coste  in    gran   parte    obliterate 
sugli  ultimi  anfratti. 
z=   scniistri(ti!i   Brocch. 

Forma  tipica  e  vaiietà  B  con  dimensioni  minori 
dell'ordinaria. 
=   semistridfn   Brocch.  var.  A. 

Esemplari  con   dimensioni  minori   dell'ordinaria. 


Sottovar.  subcostulata 


Var.   IV  nana 


Sottovar.  costulata 


DESCRITTI    DA    l.    BELLARDI  365 

Il  nome  di  pliocenica  proposto  dal  signor  Coppi  non  può  essere  accettato  perchè 
fin  dal  1843  lo  Strickland  pubblicò  altra  forma  col  nome  di  ^j?/oce«a,  non  sembran- 
domi che  la  leggera  differenza  dei  due  vocaboli  sia  sufficiente  a  togliere  la  confusione 
che  si  cerca  di  evitare  con  una  rigorosa  denominazione. 

La  forma  descritta  e  figurata  dal  Brongniart  (Mém.  Vi  cent.,  pag.  65,  tav.  VI,  fig. 
8  a,  h)  col  nome  di  N.  semistriata  Bors.  è  certamente  differente  dalla  specie  del 
Brocchi,  ed  anche,  per  quanto  è  permesso  giudicare  dalla  cattiva  figura  dell'opera  del 
Borson  (Oriti,  jojew.,  tav.  I,  fig.  10),  dalla  N.  semistriata  ài  qyyest'xAiimo  autore,  la 
quale  credo  doversi  riferire  alla  N.   hadensis  (Partsch). 

Se  la  figura  precitata  del  Brongniart  è  esatta,  io  non  saprei  a  quale  delle 
specie  a  me  note  dei  Colli  torinesi  si  possa  liferire:  la  sua  forma  stretta  e  lunga, 
la  sua  superficie  interamente  liscia,  ed  in  particolar  modo  la  maniera  indistinta  con 
cui  il  labbro  destro  si  accolla  e  si  fonde  per  tutto  il  suo  margine  colla  superficie 
dell'ultimo  anfratto,  chiamerebbero  questa  forma  nella  52'  serie  a  lato  della  N. 
atlantica  (May.). 

Le  figure  pubblicate  dal  Grateloup  dei  fossili  che  egli  riferi  alla  presente  specie  del 
Brocchi  [Atl.  Condì,  foss.,  tav.  XXXVI,  fig.  5,  15)  sono  così  imperfette,  che  mi  è 
impossibile  giudicai'e  se  quei  fossili  delle  vicinanze  di  Bordeaux  appartengano  a  questa 
specie  o  meglio  a  qualcuna  di  quelle  che  vi  furono  riferite  da  parecchi  paleontologi. 

La  forma  descritta  e  figurata  dai  signori  Fischer  e  Tournouer  nel  1873  [Anim. 
foss.  du  31'  Lcbc'ron,  pag.  125,  tav.  XVIII,  fig.  17)  col  nome  di  Na.<'sa  semistriata 
Brocch.,  varietas  cabrierensis,  è  senza  dubbio  una  forma  differente  dalla  vera  iV.  se- 
mistriata  Brocch.  qual  è  definita  in  questa  Monografia,  come  ho  potuto  riconoscere 
dall'esame  dell'esemplare  tipico  di  Cabrières,  gentilmente  comunicatomi  dal  signor 
Fischer.  Ecco  i  caratteri  pei  quali  a  mio  parere  queste  due  formo  sono  fra  loro  distinte , 
e  che  osservai  nel  fossile  di  Cabrières;  1°  spira  più  lunga  e  più  acuta;  2°  ultimo 
anfratto  più  breve  e  meno  rigonfio  ;  3*  suture  più  profonde  ed  accompagnate  da  un 
notevole  ribordo  ;  4"  superficie  tutta  e  di  tutti  gli  anfratti  solcata  per  traverso  ; 
5°  primi  anfratti  dopo  gU  embrionali  guemiti  di  costicine  longitudinali;  6°  labbro 
sinistro  depresso  nel  mezzo  ed  angoloso  anteriormente;  7°  labbro  desti'o  non  dilatato 
posteriormente;  8*  intaglio  molto  meno  laterale,  quasi  terminale  e  circoscritto  da 
labbra  più  lunglie  le  quali  danno  origine  ad  una  specie  di  canale.  Pel  complesso  di 
questi  caratteri  la  forma  di  Cabrières  precitata  si  collega  colla  N.  dertonensis  Bell. 

I  fossili  provenienti  dall'Isola  di  Kodi  e  riferiti  dal  signor  Fischer  nella  precitata 
memoria  alla  N.  seiiiistriata  Brocch.  appartengono  in  parte  alla  forma  tipica,  in 
parte  alla  varietà  B:  i  primi  hanno  tuttavia  dimensioni  minori  di  quelle  ordinarie 
colle  quali  si  trova  in  Piemonte  ed  in  Liguria  il  tipo  della  N.  semistriata  Brocch. 

Nel  1878  il  signor  Fontannes  giustamente  apprezzando  le  differenze  del  tipo  di 
Cabrières  da  quello  della  N.  semistriata  (Brocch.)  separò  definitivamente  la  prima 
dalla  seconda,  imponendole  il  nome  specifico  di  iV.  cabrierensis  Font.  {Le  Bassin 
du  Vésan,  pag.  107).  Lo  stesso  signor  Fontannes  ripubblicò  poscia  nel  1879  [JDescr. 
de  quelq.  esp.  nouv.  ou  peu  conn.,  pag.  7,  tav.  I,  fig.  3)  questa  sua  specie  aggiun- 
gendovi un'ottima  figura.  La  forma  per  altro  figurata  dal  signor  Fontannes  non  è 
in  tutto  e  per  tutto  uguale  a  quella  figurata  dai  signori  Fischer  e  Tournouer;  avendo 


366  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

fra  loro  paragonato  queste  due  forme  vi  trovai  le  seguenti  differenze  che  potrebbero 
dar  luogo  ad  una  varietà.  Il  tipo  comunicatomi  dal  signor  Fontannes  ha  la  forma 
comparativamente  meno  lunga  e  più  rigonfia,  il  ventre  degli  anfratti  liscio,  cioè  senza 
solchi,  il  solco  che  corre  presso  la  sutura,  caratteristico  di  questa  serie,  è  accompagnato 
anteriormente  da  un  altro  solco  minore. 

Nella  ricca  collezione  di  Nasse  della  Fauna  attuale  del  signor  Oav.  Tapparone- 
Canefri  ho  trovato  col  nome  di  N.  semi  striata  (Brocch.)  due  esemplari  senza  indi- 
cazione di  provenienza,  ma  molto  probabilmente  del  Mediterraneo  o  delle  coste  del  Por- 
togallo. Dopo  averli  accuratamente  esaminati  e  scrupolosamente  paragonati  col  tipo  fossile 
della  N.  semistriata  (Brocch.),  riconobbi  che  uno  dei  due  esemplari,  sia  per  la  forma 
generale,  sia  per  gli  ornamenti  superficiali  e  sia  per  la  figura  della  bocca  e  per  il 
modo  col  quale  il  labbro  destro  si  estende  sull'anfratto  precedente,  conisponde  in 
tutto  alla  forma  qui  descritta  col  nome  di  N.  semistriata  (Brocch.)  var.  B^:  nel- 
l'altro osservai  le  seguenti  differenze  della  forma  tipica  del  Brocchi  :  1  "  spira  rela- 
tivamente più  lunga  e  più  acuta  ;  2"  ultimo  anfratto  proporzionatamente  più  breve  : 
3°  molti  solchettini  trasversali  sul  ventre  di  tutti  gli  anfratti:  per  questi  caratteri  e 
per  la  mancanza  di  costicine  longitudinali  questo  esemplare  costituirebbe  una  speciale 
deviazione  dal  tipo  che  non  ho  finora  incontrato  allo  stato  fossile. 

Un  terzo  esemplare  proveniente  da  Vigo  sulle  coste  del  Portogallo  mi  fu  inviato 
in  comunicazione  dal  signor  Marchese  di  ilonterosato  :  questo  corrisponde  per  la 
forma  generale  e  per  gli  ornamenti  superficiali  al  secondo  esemplare  della  Collezione 
Tapparone-Canefri  coli'  aggiunta  di  minute  costicine  longitudinali  sui  primi  anfratti 
dopo  il  nucleo  embrionale. 

Finalmente  ebbi  dal  signor  Fischer  sette  altri  esemplari  del  medesimo  tipo  pescati 
alla  profondità  di  000  metri  sulle  coste  di  Barberìa.  Di  ([ucsti  sette  esemplari  due 
appartengono  alla  varietà  B*,  uno  alla  varietà  B\  tre  alla  varietà  JB',  ed  uno  alla 
varietà  A  qui  sovra  descritte.  I  sei  primi  esemplari  sono  senza  dubbio  della  Fauna 
attuale,  il  settimo  per  la  mancanza  d'ogni  traccia  di  colore,  per  la  solidità  del  guscio 
e  per  la  sua  fisionomia  pare  fossile  e  provenire  probabilmente  dalle  marne  del  plio- 
cene inferiore  frequentissime  sulle  coste  del  Mediterraneo. 

È  dunque  fuor  di  dubbio  che  la  iV.  srmistriafa  (Brocch.)  caratteristica  del  plio- 
cene inferiore,  ha  i  suoi  rappresentanti  nei  nostri  mari  attuali. 

Questa  forma  che,  a  quel  che  pare,  vive  ed  ha  vissuto  a  notevoli  profondità,  iia 
la  sua  corrispondente  in  quella  che  ho  distinta  col  nome  di  X.  Olivii  Bell,  nelle 
sabbie  del  pliocene  superiore,  la  fauna  delle  quali  accenna  in  complesso  ad  una  fauna 
di  mare  poco  profondo. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   8"  Agata-fossili,  raro;   Coli,   del  Sluseo. 

Pìiocrìie  inferiore:  Castelnuovo  d'Asti,  Viale;  Vezza;  Albenga-vallone-Torsero , 
comunissimo;  Coli,    del  Museo. 

Pliocene  superiore:  Colli  astesi.  Valle  Andona,  raro;  Coli,  del  Museo;  Colli  biel- 
lesi,  Masserano,  non  raro;  Volpedo  presso  Vogliera,   non  raro;   Coli,   del  Jfuseo. 

Vive  nel  Mediterraneo  sulle  coste  di  Barber'ia  e  nell'Atlantico  sulle  coste  del  Por- 
togallo. 


descritti  da  l.  bellardi  367 

191.  Nassa  Olivi:  Bell. 

Tav.  IX,  fig.  te  (a,  b). 

Distinguimi  hanc  speciem  sequenles  notae  : 

1.  a  iV.  semislriala  (Broccii.)  tipo: 

Testa  angustiar:  spira  multo  magis  acuta.  -  Anfractus  longiores,  depressi;  ultimus  c^ttnidiam 
longitudinem  subaeqttans:  suturae  minus  profundae.  -  Os  longiiis;  labrum  sinistrum  poslice  magis 
depressum.  inde  os  poslice  magis  angustum  ;  labrum  dexterum  antice,  et  praesertim  medio  et  poslice, 
magis  extensum:  rima  distimie  laleralis,  magis  obliqua,  sublruncata. 

2.  a  N.  trausitans  Bell.: 

Anfraclus  longiores,  minus  convexi,  omnes  costis  longitudinalibus  destituii.  -  Os  longius; 
labrum  sinistrum  regulariler  arcuatum.  -  Rima  laleralis,  magis  obliqua,  sublruncata ,  a  labiis 
brevioribus  circumscripta. 

Long.  18  '/a  nim.  :  lat.  8  '/a  inra. 

1842.  Buccinum  semistriatum  E.  SISMD.,  Sijn.,  pag.  40  (in  parie). 
1847.      Nassa     semistriala      E.  SISMI).,  5yn.,  2  ed.,  pag.  29  [in  parte). 
?1847.         Id.  id.  TEyti.,  Slral.List  of  bril/i.foss.,  i)3g.6. 

1874.  Buccinum  semislriatum  DE  STEf.,  Foss.plioc.S'  Miniato,  pag.  35. 

1877.  Nassa      semistriala      MOÌSTER.,  Catal.Conch.foss.  Mi'  Pellegrino  e  Ficarazze,  p?g.   12. 

1878.  Jd.  id.  UE  STEF.  e  PANTAN.,  Moli. plioc.  Siena,  pag.  101  (vai.  ecostala]. 
1880.         Id.               id.            SARTOR.,  //  Colle  di  »  Colombano  e  suoi  Foss.,  pag.  14. 

Pliocene  superiore:  Valle  Andona,  ecc.,  comunissimo;  Coli,  del  Museo. 


49*  Serie. 

Nucleiis  eìtibrionalis  longtis,  subacutus.  -  Testa  turrita:  spira  longa.  -  An- 
fractus  parum  convexi.  -  Superficies  tota  ìongitudinaliter  ecostata,  transverse  tota, 
vel  in  parte,  sulcata;  sulcus  prope  suturani  posticam  decurrens.  -  Os  elongatum  ; 
labrum  sinistrum  antice  dilatatiim  ;  labrum  dexterum  antice  et  medio  vix  ultra  os 
productum,  poslice  plus  minusve  extensum:  columella  subarctiata:  rima  subtermi- 
nalis,  valde  lata,  a  labiis  brevissimis  circumscripta. 

I  principali  caratteri  di  questa  serie  sono  la  posizione  piii  o  meno  terminale  del- 
l'intaglio, la  notevole  sua  larghezza,  la  brevità  delle  labbra  che  lo  circoscrivono  e  la 
mancanza  di  costicine  longitudinali. 

192.  Nassa  megastoha  Bell. 

Tav.  IX,  fig.  17  (a,  b). 

Testa  turrita:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfraclus  parum  convexi;  ultimus  '/j  lolius 
longitudinis  subaequans.  -  Superficies  ìongitudinaliter  ecostata,  tota  transverse  sulcata:  sulci 
minuti,  pauci  ;  sulcus  posticus  vix  aliis  major;  sulci  prope  rimam  decurrentes  latissimi ,  ab 
interslitiis  anguslis  separati.  -  Os  ovale;  labrum  sinistrum  subarcuatum;  labrum  dexterum 
poslice  salis  extensum. 

Long.  19  mm.  :  Lat.  8  Va  mm. 


368  1    MOLIASCni    pei    terreni    TERZIARII    del    PIEMONTE    ECC. 

TarielA  A. 
Tav.  IX,  fig.  18  (a,  b). 

Labrum  dextenim  ultra  os  subregulariter  extensum,  postice  vix  produclum. 
Long.  19  nino.:  lai.  8  mni. 

Varietà  B. 

Tav.  IX,  fig.   19  (a,  b). 

Spira  brevior,  magis  aperta. 
Long.  18  mni.  :  Lai.  8  '/j  nana. 

Varietà  C. 

Tav.  IX,  Cg.  20  («,  b). 

Spira  brevior,  magis  aperta.  -  Labrum  dexterum  postice  vix  ultra  os  produclum. 
Long.  16  V9  oìm.:  lai.  8  mna. 

Varietà  D. 

Sulci  transversi  obsoleti,  vel  rix  passim  perspicui. 
Long.  1G  ram.  :  Lai.  7  '/a  '^^■ 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'^  Agata-fossili,  non  frequente;  Coli,  del 
Museo. 

193.  Nassa  Pant.vnf.llii  Beli.. 

Tav.  IX,  Og.  21   (a,  b). 

Testa  crassa:  spira  ad  apicem  vakle  acula,  medio  e.vcavala.  -  Anfraclus  ver.ius  suluram 
posticam  leviter  convexi;  ullinius  ventrnsus,  diniidiam  longiludinem  subaequans:  sulurae  salis 
profundae.  -  Superdcies  nitfns,  transverse  silicata;  sulci  minutissimi,  obsoleti,  nonnulti  passim 
perspicui;  sulcus  unus  major  prope  suiuram  posticam  docurrens;  sulci  prope  rimam  decur- 
renles  iali.  -  Os  amplum;  labrum  sinislrum  subarcualuni,  cantra  rimam  vix  subangulalum; 
labrum  dexterum  panna  rt  suliuiiiformiler  ultra  os  extensum. 

Long.  17  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S"  Agata-fossili,  raro;  Coli,  del  Museo. 

194.  Nassa  nitens  Bell. 

Tav.  IX,  fig.  29  {a,  b). 

Testa  turrita  :  spira  longiuscula,  acuta,  versus  npicem  cxcavala.  -  Anfraclus  primi  an- 
gusti, complanali,  subcylinitrici ,  reliqui  convexiusculi ;  ultimus  brevis,  antice  salis  depressus, 
dimidiam  longiludinem  subaequans.  -  Supcrficios  laevis,  tiilens;  sulcus  projìe  suluram  posticam 
in  omnos  anfraclus  dccurrens  ;  pars  antica  ultimi  anfraclus  trmisversc  sulcato-striata.  -  Os 
subovalc;  labrum  sinislrum  arcualum,  ante  marginem  oris  incrassatum ,  centra  rimam  non 
angulosum,  inlcrius  minute  pluri-plicatum  ;  labrum  dexterum  antice  parum  ultra  os  produclum, 


DEtìCKITTI    DA    L.    BELLAKDI  369 

medio  et  praeserlim  postice  lale  extensum  :  columella  subraedio  salis  profonde  excavala:  rima 
sublerminalis.  tnagh  lata  quam  profundn,  a  labiis  brevibus  circumscripta. 
Long.  15  mm.  :  Lai.  8  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'"*  Agata-fossili,  non  frequente;  Coli,  del 
Museo. 

195.  Nassa  oblita  Bell. 
Tav.  IX,  fig.  23  (a,  b). 

Testa  turrita:  spira  parum  acuta.  -  Anfractus  convexi;  ultimus  brevis ,  vix  dimidiam 
longitudinem  suhaequans,  venlrosus,  anlice  valde  depress'is:  suturai  satis  profundae.  -  Su- 
perficies  laevis;  sulcus  prope  suluram  posticara  decurrens  minutus;  interdum  salci  Iransversi 
rainores  passim  perspicui  -  Os  breve,  latum,  siiborhiculare;  labrum  sinislrum  arcuatum,  prope 
rimani  deprensum ,  inlerius  minute  pluri-plicalum  ;  labrum  dexlerum  postire  late  exleiisum: 
columella  medio  profunde  escavala:  rima  lata  et  satis  profunda ,  a  labiis  longiu'iculis  cir- 
cumscripta. 

Long.  1 4  mm.  :  Lai.  8  mm. 

Varietà  A. 

Superficics  tota  Iransverse  minute  sulcata. 
Long.  13  mm. ,  Lai.  7  mm 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   S"  Agata-fossili,  non  raro;  Coli,  del  Museo. 


50'  Serie 

Nucldis  cmhrionalis  nuignus,  latus ,  valde  obtusus.  -  Os  ovale;  labrum  sini- 
sfrum  arcuatum;  labrum  drxterum  ultra  os  antice  et  medio  parum  extensum,  postice 
magi.s  productum:  rima  terminalis,  a  labiis  indistinctis  circumscripta. 

La  forma  larga  od  ottusa  del  nucleo  embrionale,  la  posizione  terminale  e  la  lar- 
ghezza dell'intaglio,  e  la  brevità  delle  labbra  che  lo  circoscrivono,  sono  le  note  prin- 
cipali caratteristiche  di  questa  serie. 

196.  Nassa  Benoisti  Bell. 

Tav.  IX,  fig.  2»  (rt,  A). 

Testa  ovatn-subl'usifortnis:  spira  medio  injlata.  -  Anfractus  paruno  convexi  ;  ultimus  di- 
midiam lon()itudinem  aequans,  anlice  parum  depressus.  -  Superticies  Iota  longitudinaliter  ecostata 
et  Iransverse  sulcata;  sulci  6-7  in  primis  el  mediis  anfraclubus  perspicui,  18  in  ullimo,  mi- 
nuti, ab  iiiterslitiis  latis  et  complanalis  separali,  sub-uniformes,  prope  rimam  laliores,  ab  inter- 
stiliin  minoribus  st'iuncti.  -  Os  ovale;  labrnm  sinislrum  inlerius  minute  pluri-plicalum;  labrum 
dexlerum  undique.  satis  ultra  os  produclum,  praeserlim  postice. 

Long.  U  mm.  :  Lai.  7  V;  mm. 

Miocene  inferiore:  Colli  tortonesi,  S'""  Agata  fossili,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 
Serie  II.  Tom.  XXXIV.  »t 


370 


I    MOLUSCHI    DEI    TEKRENl    TEKZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


61'  Serie. 

Nueleus  cmìirioyiaUs  brevis,  ìatus,  ohtusus.  -  Anfractus  valde  convexi  ;  uìtbmts 
dìniuìia  longitudine  brevior.  -  Superficies  nitens,  tum  tota  lacvis,  tum  tota  vel  in  parte 
transverse  minute  silicata,  tota  longitudinaliter  ecostata.  -  Os  suborbiculare  ;  labrum 
sinistrum  simplex,  in  aduìtis  interdum  levitcr  incrassatum,  interius  tum  lylicatum 
tum  larve,  arciiatum  ;  labrum  dexterum  vix  et  uniformiter  ultra  os  productum  : 
columella  medio  profimde  excavata,  valde  contorta,  anticc  detruncata:  rima  lafe- 
ralis,  valde  obliqua,   lata,  profunda,  elabiata,  vel  rix  sublabiata. 

Le  forme  di  questa  serie  die  sono  collegate  con  quelle  delle  tre  precedenti  per 
la  presenza  del  solco  che  corre  presso  la  sutura  posteriore  su  tutti  gli  anfratti,  se  ne 
separano  per  la  presenza  contemporanea  dei  seguenti  caratteri:  1°  anfratti  molto  con- 
vessi e  perciò  suture  profonde;  2"  anfratto  ultimo  più  breve  della  metà  della  lun- 
^ghezza  totale;  3"  labbro  destro  appena  ed  uniformemente  per  tutta  la  sua  lunghezza 
protratto  oltre  il  piano  della  bocca  :  4°  columella  molto  contorta,  notevolmente  inca- 
vata nel  mezzo  ;   5°  intaglio  laterale,  molto  obliquo,  profondo,  quasi  troncato. 

197.  Nassa  Chierighinii  Beli.. 
Tav.  X,  fis.  7  («,  b). 

Testa  turrita:  spira  longa.  -  Anfraclus  valde  convexi;  ultimus  vnnlrosus ,  antico  valde 
depressiis:  suturae  profundae,  subcanaliculalac  -  Superficies  nitens,  Iransverse  tota  sulcnta; 
sulci  minuti,  ab  intersliliis  latis  separati ,  6  plerumque  in  anfraclubus  primis  el  mediis  per- 
spicui, 15  in  ullimo,  anIiTiores  prope  riiiiain  decurrenlcs  laliores,  ab  inlersliliis  aiijiuslio- 
ribus  separali.  -  Os  suborbiculare;  labrum  siiiislrum  arcualum  ,  nnticf  dilatatum,  in  adultis 
interius  incrassatum  el  minute  pluri-plicntum:  coluini>lla  medio  profunde  excavata  et  valde 
contorta. 

Long.  20  mm.  :  Lai    10  mm. 

Pliocene  inferiore  :  Albenga-vallone-Toi-sero,  non  raro  ;  Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore  :  Colli  biellesi,  Masserano,  frequente  ;  Coli,   del  Museo. 


198.  Nassa  De  Gregorii  Bell. 

Tav.  X,  fi};.   «  {a,  b). 

Dislinguunl  liane  specieui  a  N.  Chierighinii  Bell,  sequentes  notae: 

Nucleus  embrionalis  magis  obtusus.  -  Testa  minor.  -  Anfractus  niinus  convexi-  uUintu 
longior,  dimidiam  lungitudinem  suba^quans.  -  Sulci  transversi  in  ventre  subnulli,  vix  passim  per- 
spicui,  exci'ptis  sulcis  prupe  riinam  decurrenlibus.  -  Os  lougius,  antice  r/.r  dilatatum:  labrum 
sinistrum  magis  distincte  arcualum:  columella  multo  minus  excavata  et  minus  contorta  :  rima 
minus  lateralis. 

Long.  10  mm.  :  Lai.  5  '/,  mm. 

Miocene  .-iuprriorc :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  raro:  Coli,  del 
Museo  e  liovaseuda. 


descritti  da  l.  bellardi  371 

199.  Nassa  oblonoa  (Sass.). 

TaT.  X,  fig.  9  (a,  4). 

Dislinguunl  hanc  specietn  a  N.  Chierighinii  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  lonqinr,  magis  acuta.  -  Anfractus  mayis  convexi ,  indo  siUurae  viagis 
profundac.  -  Sui>crlicies  laevis,  nilens;  sulrus  unicus  minutns  prope  suturarti  poslicam  dccurrens 
in  omnes  anfractus,  inlerdum  in  ultin.o  obsoletvs.  -  Os  hrevius,  latius;  labrum  sinistrum  simplex, 
medio  dilatalum,  interius  laeve:  columella  magis  rcgulariter  et  minus  prufunde  excavata:  rima 
magis  lateralis. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  7  nini. 

1897.    Bticcinuin  nbtnngum        S.\SS.,  Sagy.  gccl.  Bac.lerz  Allienga,  paj^.  481. 

1873.    Nassa  corniiuluin  COCC,  Bnum.  Siit.  \fuU.mini    e  plioi.  Pnrm.e  Piac,  pag.  84. 

1877.      III.    semistriatn  \aT.F.  ISS.,  App.  paleiinl.,  I,  papf.  iO. 

L'identificazione  di  questa  fonna  con  quella  che  il  signor  Prof.  Cocconi  riferi  alla 
N.  corniculum  (Oliv.)  è  fatta  dietro  l'esame  di  un  esemplare  di  Kiorzo  gentilmente 
comunicatomi  dal  prefato  signor  Professore. 

Miocene  superiore:  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro;  Coli,  del  Museo 
e  Rovasenda. 

Fliocene  inferiore  :  Viale  presso  Montafia  ;  Zinola  presso  Savona ,  Albenga-val- 
lone-Torsero,  non  frequente  ;  Coli,  del  Museo. 

62'  Serie. 

Nucleus  eìvlrionalis  hrevis,  ohtusus.  -  Anfractus  convexi;  ultimus  dimidiam 
longitudinem  nequans  vel  siihaequans.  -  Superficies  in  primis  anfractuhus  longi- 
tudinaJiter  costata,  in  iiìtimis  ecostata;  tota  vel  in  parte  transverse  sulcata.  -  Os 
ovaie,  postico  angustatum  ,  canaìiculatum  ;  labrum  sinistrum  leviter  incrassatum , 
interius  plicatmìi;  labrum  dexterum  gracile,  regioneni  umbilicaleni  amplectens , 
undiqiie  latissime  productum  et  a  superficie  ultimi  anfractus  indistinctum  :  colu- 
mella arcuata:  rima  subterminalis,  lata,  profunda,  a  lahiis  brevibus  circums cripta. 

E  ovvio  distinguere  lo  forme  raccolte  in  quest'ultima  serie  per  la  natura  del  labbro 
destro  :  questo  infatti  si  estende  anteriormente  per  modo  da  rivestire  intieramente  la 
regione  ombelicale,  quindi,  tanto  nella  regione  mediana  quanto  nella  posteriore,  si  estende 
oltromodo  o  va  gradatamente  assottigliandosi  per  maniera  da  fondersi  colla  sottostante 
superficie  dell'anfratto,  sicché  re.sta  indefinito  il  suo  margine. 

200.  Nassa  tersa  Bell. 
Tav.  X,  fig.  1  (fl,  6). 

Testa  sub  fusi  formi  s:  spira  Inngiuscula,  satis  amia.  -  Anfractus  parimi  convexi;  ultimus 
longus,  dimidiam  longiludinem  aequans.  -  Superficies  nilens,  in  anfractuhus  primis  Inngilu- 
dinaliler  costata  et  transverse  striata  :  coslae  minulae,  crebrae,  ab  interstitiis  anguslis  separalae, 


372  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

reclae,  leviter  obliquae;  slriae  plerumque  8  ih  primis  anfractuhus  perspicuae,  uniformes,  com- 
planatae,  a  sulcis  aiigusti$  seiunctae;  coslae  el  slriae  in  anfractu  sexio  sensim  sine  sentu  eva- 
iiescentes,  in  reliquis  niillne.  -  Os  ovale;  labrum  sinislrum  postice  depressum ,  marginatum  ; 
labrum  dexlprura  nilens .  inlerdum  ad  suluram  posticam  anfraclus  praecedentìs  productum. 
Long.  20  mm.  :  Lai.  IO  mm. 

Buccinum  glabratum  BON.,  Catal.  M.  S.  n.,  886. 
1840.         Jtl.  id.  E.  SISMO.,  Syn.,  pag.  40. 

1847.      Kassa      gtabiata      E.  SISMO.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  29. 

VarieM  A.    aa  species  dìstÌD);aeada .') 

Nucleus  embrionalis  subacutus ,  longior.  -  Testa  brevior ,  rentrosior:  spira  brevior ,  magis 
aperta.  -  Anfractits  ultimus  postice  minus  depressus.  -  Costae  longitudinales  et  striae  trantversae 
prinwrum  anfractuum  vix  passim  perspicuae.  -   Os  postice  minus  augiistalum. 

Long.  22  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Non  ho  potuto  conservare  a  questa  specie  il  nome  che  le  diede  molti  anni  sono 
il  Bonelli  nella  collezione  del  Museo  zoologico  di  Torino  e  che  fu  riferito  dal  Sismonda 
nelle  due  edizioni  del  Synopsis,  perchè  semplice  nome  di  catalogo  e  non  pubblicato 
colla  corrispondente  descrizione  della  forma,  e  perchè  altra  specie  del  genere  apparte- 
nente alla  Fauna  attuale  fu  descritta  e  pubblicata  da  A.  Adams,  collo  stesso  nome. 

Pliocene  superiore  :  Colli  astesi,  Valle  Andona,  raro  ;  Coli,  del  Museo  e  ilichelotti. 

Pliocene  inferiore  :  Zinola  presso  Savona,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 

Varietà  A  —  Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 

201.  Nassa  crebricostolata  Bell. 

Tav.  X,   fig.  2  (a,  b). 

Distinguunl  hanc  speciem  a  ^V.  tersa  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  minor:  spira  minus  acttla.  -  Anfructus  magis  ronvexi ,  inde  suturae  profundiores.  - 
Superjìcies  tota  longitudinaliter  costata  el  transverse  striata  :  costae  longitudinales  in  parte  ven- 
trali et  antica  ultimi  anfractus  et  prope  marginem  oris  obsoletae. 

Long.  9  mm.  :  Lai.  7  mm.  ■ 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  raro;   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  raro;  Coli,   del  Museo. 

202   Nassa  elabrata  Doderl. 

Tav.  .\,  fig.  3  (a,  b). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  N.  tersa  Bell,  sequenles  nolae  : 

Testa  minor:  spira  minus  acuta.  -  Anfractus  minus  convexi.  -  Costae  longitudinales  ma- 
jores,  pauciures,  ohlusae,  axi  testac  iiarallrlae.  usque  ad  penultimum  anfraclum  productae:  striae 
transversae  minutissimae,  vix  sub  lente  perspicuae. 

Long.  \\   mm.  :  Lai.  5  '/,  mm. 

1864.    ffatta  tlabrnta  DODERI,.,  Cenn  gfol.mìoc.ttip  Itat.centr.,  pag.   105 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  373 

L'esemplare  figurato  nella  tav.  X,  fig.  3,  a,  h,  che  è  il  solo  che  io  conosco  dei 
Colli  tortonesi,  ha  il  labbro  sinistro  posteriormente  imperfetto  per  antica  lesione  e  pei* 
posteriore  accomodamento ,  dalla  qual  cosa  risultò  un  solco  a  guisa  di  canaletto  ; 
sembra  perciò  a  primo  aspetto  che  questa  forma  debba  riferirsi  al  genere  Cijllenina 
cui  certamente  non  appartiene. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'" Agata-fossili ,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 

SOS.  Nassa  atlantica  (May.). 

Tav.  X,  fig.  4  (a,  b). 

Testa  kviter  obliqua,  ventrosiuscula :  spira  parum  longa  et  paruui  acuta.  -  Anfractus 
parutii  convexi;  ultìmus  dimidia  lonqiludine  lonfjior,  anlice  parum  convexus,  obliquus:  sulurae 
paruui  prol'undae.  -  Superficies  laevis ,  exceplis  coslulis  longiludinalibus  obsoletis  in  duobus 
primis  anfractubus  et  sulcis  nonnullis  minulis  prope  ritnam  decurrenlibus.  -  Os  ovale  ;  labrum 
sinislrum  exlerius  inflatum,  interius  minute  pluri-piicalura,  postice  depressum;  labrum  dexterum 
minus  exlensum  qnam  in  speciebus  praeccdenlibus  :  columplia  valde  contorla,  anticc  profunde 
excavata:  rima  a  iabiis  brevissimis  circumscripta. 

Long.  10  mni.  :  Lat.  6  rara. 

1860.    Buccinum  (Nassa)  atlantiaim  MAY.    in    imOr«N,    Mitt.    tert.   Schifi.   5"   Maria,   pag.  26,   taT.  I, 

fig.  6  [mala,  fide  .ìfat/eri). 
1864.         /</.  irf.  id.  MAY.,  re«.  foan.  ^/:or.  !/nrf  .l/arfeira,  pag.  75,  taT.  VII,  fig.  56. 

Varietà  A    (an  species  dìstinguenda  ?) 

Testa  brevior.  -  Anfractus  omnes  lonqitudinaliter  ecostati. 
Long.  9  mm.:  Lat.  5  mm. 

La  figura  del  Buccinum  atìanticum  May.  publjlicata  nella  precitata  Memoria  del 
Bronn  rappresenta  una  forma  così  diversa  dalla  presente  che  non  ve  l'avrei  certa- 
mente riferita  se  il  signor  Prof.  Mayer  nella  sua  Memoria  sulla  Fauna  terziaria  di 
Madera  non  avesse  avvertito  che  la  figura  pubblicata  dal  Bronn  era  cattiva,  e  se 
la  figura  che  egli  ha  pubblicata  nel  1874  non  corrispondesse  al  fossile  dei  Colli 
torinesi  qui  descritto. 

La  forma  che  mi  pare  doversi,  fra  le  nostre,  riferire  alla  specie  di  Madera  non 
differisce  da  quella  di  Pinheiros  che  per  il  labbro  destro,  il  quale  in  es.sa  non  fi 
protende  fino  alla  sutura  posteriore  come  si  osserva  nella  figura  del  Buccinum  atìan- 
ticum pubblicata  dal  sig.  Prof.   Mayer. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raro;  Coli,   del  Museo. 

204.  Nassa  subecostata  Bell. 

Tav.  X,  fig.  5  (a,  b,  e). 

Dislinguunt  hanc  speciem  a  N.  tersa  Bell,  sequentes  nolae: 

Nueleus  embrionalis  lalior ,  obtusior.  -  Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  An- 
fractus ullimus  magnus,  dimidia  longitudine  longior.  -  Costae  longiludinales  pauciores,  majores, 


374  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIAEII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

rectae,  paitsim  ohsolelae.  -  Os  amplius,  lalius;  labrum  sinislnim  postice  non  depressum ,  antice 
dilataluin:  columella  medio  magis  excavata:  rima  miiius  profunda  et  tnagis  laleralis. 
Long.  9  mm.  :  Lai.  5  '/i  nani. 

Pliocene  superiore  :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  non  raro  ;  Coli.  Ro- 
vasenda. 

205.  Nassa  nova  Bell. 

TaT.  X,  flg.  6  (a,  b). 

Distinguunl  hanc  speciem  sequenles  nolae: 

1.  a  iV.  tersa  Bell.: 

Testa  minor:  spira  brevior,  magis  aperta.  -  Aiifractus  pauciores,  depressi;  ultimus  major, 
dimidia  longitudine  longior,  tmitrosus,  anlice  magis  depressus.  -  Costae  longitudinales  pauciores, 
majores.  -  Os  amplius,  suborbiciilare ;  labrum  sinistrum  antice  dilatatum,  postice  mimis  depressum. 

2.  a  N.  subecoslala  Bell.: 

Spira  magis  aperta.  -  Anfractus  ultimus  longior ,  primi  et  medii  complanati.  -  Striae  Irans- 
versae  primorum  anfractuum  majores.  -  Os  postice  magis  angustatum  ,  antice  dilatatum:  rima 
magis  obliqua. 


Miocene  superiore  :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro  ;  Coli.  Rovasenda. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI 


375 


?.  Sotto-famiglia  nYLLENINAE  Bell.  (1882). 

Os  postice  in  canaliculutn  nnqustum  prope  suturam  postiram  de'currem  et  a  sutura  postica 
per  marginem  callosum  separatum  produclum. 

La  presenza  del  canaletto  che,  partendo  dall'angolo  posteriore  della  bocca,  consi- 
milmente a  quanto  ha  luogo  nelle  Olividi,  si  protende  più  o  meno  presso  la  sutura 
posteriore,  che  è  caratteristico  del  genere  Cyllene,  e  che  osserrai  in  un  buon  numero 
di  forme  in  generale  riferite  finora  al  genere  Nassa  e  distinguibili ,  a  mio  parere , 
dalle  vere  Cyllene,  mi  ha  consigliato  a  separare  queste  forme  dalla  sotto  famiglia 
delle  Nassinae  ed  a  costituire  per  esse  una  sotto  famiglia  particolare. 


I.  Genere  CYLLENE  Gray  (i83i). 

Nucleus  ewhrionalis  parvus,  angtistus,  longiusculus  :  spira  hrevis.  -  Anfractus 
postice  late  depressi;  nUinius  dimidia  longitudine  longior :  suturae  marginatae.  - 
Os  postice  callosum;  labrum  sitiistrum  incrassatum  ,  anticc  suhsimtosum  :  labrum 
dexterum  ultra  os  productum,  antica  transverse  rugosum:  columella  vix  medio 
excavata. 

Le  vere  Cyllene  sono  caratterizzate  da  una  forma  tozza  e  breve,  dall'ampiezza  del- 
l'ultimo anfratto,  dalla  brevità  della  spira  e  dalla  notevole  apertura  dell'angolo  spirale. 


1825. 

Nassa 

Desnoyersi 

1831. 

Buccinum      iti. 

1833. 

Jd. 

id. 

1837. 

Id. 

id. 

1837. 

Nassa 

id. 

1838. 

Buccinum     id. 

1847. 

Id. 

id. 

1848. 

Id. 

id. 

1852. 

Nassa 

id. 

1853. 

Buccinum  lyratum 

1853. 

Id. 

id. 

1860. 

Id. 

id. 

1875. 

Cyllene  . 

Desnoyersi 

1881. 

Nassa 

lyrata 

1882. 

Buccinum 

lyratum 

1.  Cyllene  Desnoyersi  (Bast.). 

BAST.,  Mém.Bord..  pag.  50,  tav.II,  fig.  13. 

GRAT.,  Tabi.  Coq.fuss.  Pax,  n.  515. 

JAN,  Calai.  Condì,  fos.f.,  pag.  I.!. 

DUJ.,  Mèm.  géol.  Tour.,  pag.  299. 

PUSCH,  Pol.palàont.,  pag.  121. 

GRAT.,  Calai.  Ànim.yert.  et  Invert.  Gironde,  pag.  41. 

GRAT.,  Ali.  Condì,  foss.,  tav.  XXX,  fig.  22. 

HOERN.,  l^erz.  foss.-Heste  lert.-Beck.  fVien,  pag.  17. 

D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  84. 

HOERN.,  Moli.  foss.  Wien,  toI.I,  pag.  152,  tav.  XII,  fig.  19. 

NEUGEB.,  Beitr.Tert.Moll.Ober-Lapugy.  pag.  31. 

NEUGEB.,  Syst.  yerz.-terU  iloll.-Geh.,  pag.  9. 

TOURN.,  Cyll.  foss.  terr.  mioc.  Europ.,  pag.  332,  tav.  XV,  fig.  1-4. 

BARD.,  Etud.paleout.terr.tert.tnioc.de  Maine-et-Loire,  pag.  104. 

R.  UOERN,,  u.  M.  AUING.,  Casto:  mioc.  Oesteir.-Ung.  j?/onarcA.,pag.  148. 


VarielA  A. 

Tav.  X,  lig.   11   (a,  b,). 


Testa  crassior:  spira  brevior.  -  Anfractus  ultimus  antice  minus  attenuatus;  depressio  postica 
magis  profunda.  -  Costae  longiludinaìes  paucinres,  8,  inaiores,  oblusiores,  interstilia  subaequanles  ; 


376  I    MOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARII    PEI-    PIEMONTE    ECC. 

costulae  transversae  minutar,  crebrae,  ab  intersliliis  anfjiistis  spparatae,  uniformes,  undique  decur- 
reiìtes,  interdum  duae  viaiores  in  di'pressionem  jwslicam  decurrentes . 
Long.  43  (noi.:  Lai.  8  mm. 

1842.   Buccinum  Pesnoytrsi  ¥..  SISMU.,  Syii-,  pag.4(. 

1847       .\assa  id.  MICHIT!.,  Foss  mine,  pag  S09. 

1847.        Id.  id.  E.  SISMO.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  98. 

TarieU  B. 

Testa  minor,  anguslior.  -  Costae  longilwlinales  1 0,  mnjores,  reclae.  oix  prope  rimani  sub- 
sinuosae  :  costulae  transversae  vi.c  passim  perspicuae ,  duae  majures  in  depressionem  poslicam  de- 
currentes. 

Long    1 1   inai.  :  Lai.  5  ' ,',  nini. 

VarieU  C. 
TaT.  X,  fig.  10  (<j,  b). 

Testa  major:  spira  miujis  aperta.  -  .infractus  postice  miiius  excavati.  -  Costae  longitudi- 
iiaUs  IO,  pronìineiìtos,  ìnlcrstiliis  minores,  obliquile,  prope  rimani  sinuosae  ,  ad  marqinem  nris 
nullae;  coslnlae  transversae  minutac,  rrebrae,  a  sidro  minntn  separalae.  iinifurmes,  in  interslitiis 
coslarum  longiiudinalium  praeserlim  nolalae,  undique  decurrentes.  -  Labrum  dexterum  crassum. 

Long.  -15  mm.  ;  Lai    9  mm. 

Accettando  la  proposta  fatta  dal  sig.  Tournouer  di  risguardare  come  tipo  della 
specie  di  Basterot  la  forma  di  Leognan  da  esso  figarata  a  tav.  XV,  fig.  1  ,  nella 
precitata  memoria,  ho  descritte  le  forme  a  me  note  del  Piemonte  in  modo  comparativo 
a  questo  tipo. 

La  varietà  A  corrisponde  presso  a  poco  alla  forma  n.  1,  tav.  XV,  fig.  2  e  2°, 
senonchè  le  sue  dimensioni  sono  notevolmente  minori  e  la  forma  generale  è  in  essa 
più  breve,  e  più  rigonfia  nel  mezzo,  langolo  spii-ale  più  aperto,  e  l' ultimo  anfratto 
più  assottigliato  anteriormente. 

La  varietà  B  manca  del  suo  rappresentante  nelle  forme  figui'ate  dal  Tournouer. 

Finalmente  la  varietà  C  pel  complesso  dei  suoi  caratteri  segna  distintamente  il 
passaggio  dalle  forme  precedenti  alla  Ci/ll.  ìyrata  (Lamck.)  della  fauna  attuale  e  riempie 
una  lacuna  geologica,  poiché  si  trova  nel  pliocene  inferiore  di  Vezza. 

Questa  varietà  C  ha  i  caratteri  generali  della  forma  figurata  dal  sig.  Tournouer, 
tav.  XV,  fig.  4  ;  le  sue  dimensioni  sono  tuttavia  minori  e  le  coste  longitudinali  più 
grosse  e  più  sinuose. 

Avendo  paragonato  questa  forma  di  Vezza  con  tre  esemplari  del  Senegal  esistenti^ 
nella  Collezione  malacologica  del  K.  Museo  di  Zoologia  di  Torino,  non  trovai  nel  fossile] 
che  le  seguenti  differenze  dai  viventi:    1"  dimensioni  un  po'  minori:  2°  superficie  tutta | 
attraversata  da  numerose  costicine  uniformi ,    separate  da  un  solco    stretto    consimil- 
mente a  quanto  ha  luogo  nelle  altre   varietà   fossili ,    mentre   che   nei    tre   esemplari 
sovraiiUiti  il  ventre  dell'ultimo  anfratto  è  interamente    liscio;    3°  labbro    destro    più 
grosso  specialmente  nella  regione   anteriore. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  377 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Eio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Val  Ceppi,  non 
frequente;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  A  e  B.  —  Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Termo-fourà, 
Val  Ceppi,  raro;  Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

Varietà  C.    —  Pliocene  inferiore  :  Yezza,  presso  Alba,  raro;  Coli,  del  Museo. 


2.   Genere  CYLLENlNA  Bell.  (1882). 

Nueìous  embrionaìis  parvus,  acutus.  -  Testa  nassaeformis  :  spira  longa.  - 
Anfractus  ultimus  dimidiam  longitudinem  subaequans,  antice  plus  minusve  depressus. 
-  Os  ovale;  labrum  sinistrum  non,  vel  vix,  antice  subsinuosum  :  colmnella  medio 
vel  postice,  profunde  excnvata ,  ad  apicem  valde  contorta:  rima  postice   carinatu. 

La  forma  stretta  e  lunga  e  la  brevità  delle  labbra  cbe  circoscrivono  l'intaglio 
anteriore,  caratteri  che  danno  alle  forme  clie  li  presentano  la  fisionomia  generale  delle 
Nasse,  mi  hanno  suggerito  di  formare  per  esse  un  distinto  gruppo  generico,  stretta- 
mente collegato  colle  vere  Cyllene  dalla  presenza  del  canaletto  in  cui  si  prolunga 
posteriormente  la  bocca. 

La  maggiore  o  minore  lunghezza  del  canaletto  posteriore  della  bocca,  la  maggiore 
0  minore  gi-ossezza  della  callosità  che  lo  separa  dalla  sutura  posteriore,  la  presenza 
0  l'assenza  di  strie  o  solchi  trasversali  presso  l'intagUo,  e  la  forma  del  labbro  destro 
mi  hanno  somministrato  il  mezzo  di  distribuire  in  serie  le  forme  che  ho  raccolte  in 
questo  genere. 

I  Sfzioive. 

Canaliculus  poslicus  oris  lonpus,  per  loluiii  ulliinum  aniracluin  el  ultra  pcrspicuus  el 
a  sutura  postica  per  marginem  plus  minusve  lalum  separalus.  -  Labrum  dexterum  plus 
minusve  crassum  el  ultra  os  produclum. 


1"  Serie. 

Anfractus  ultimus  cantra  rimani  laevis,  scu  non  transverse  striatus.  -  Super- 
fìcies  laevis,  nitens.  -  Labrum  dexterum  oris  antice  et  medio  parum,  postice  late, 
ultra  OS  productum,  per  totum  marginem  anfractui  praecedenti  adhaerens. 

La  mancanza  delle  solite  strie,  0  solchi  trasversali,  che  corrono  sull'ultimo  anfratto 
presso  l'intaglio  e  la  superficie  liscia  e  nitida  coUegano  fra  loro  assai  naturalmente 
le  forme  raccolte  in  questa  serie  e  le  distinguono  benissimo  da  quelle  delle  altre. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV.  .  >z 


378 


I    MULLL6CU1    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


I.  Cyllenina  ancillariaefobmis  (Grat.). 

Tav.  X,  fig.    n  {a,  b). 

Testa  subfusiformis :  spira  ad  apiceiii  acutissima,  dein  minus  acuta-  -  Anfractus  cotn- 
planati,  pnulire  jiarnm  depresai  ;  ullimus  mafi;nus,  diraidiam  iongiludinem  aequans,  anlice  vix 
depressus  :  siilurae  lineares.  -  Superficies  longitndinaliter  nodosn-costata,  nodorum  series  unica 
traiisversa  in  primis  et  mediis  anfracUibns  prope  suturam  anlicam  decurrens;  nodi  plerumque 
8,  magni,  in  nltimo  anfractu  in  costai  plus  minusve  dislinclas  transfnrmati  el  vrrsus  rimnm  plus 
minusve  producli.  -  Os  subovale;  labruoi  siiiislrum  exterius  marginalum,  poslice  incrassalum, 
inlerius  tum  pauci-plicatum,  (um  laeve;  labrum  dexteruni  crassum,  poslice  ultra  os  valde  pro- 
ducliim  :  columelia  anlice  snbrecln,  postice  profunde  excavata;  callum  posticum  permagnum. 

Lonji.  21   ram.  :  Lat.  10  mm. 


1832. 

Bitceinwn 

ancillitriaeforme 

t8i7. 

Id. 

id. 

1847. 

Nassa 

miocenica 

1847. 

Id 

id. 

V 1859. 

U 

id. 

1852. 

Buccinwn 

ami  tlariae  forme 

18.1.3. 

Id. 

iniocenicum 

1864. 

Nassa 

miocenica 

1869. 

Buccinum 

miocciiicum 

187.3. 

Nassa 

miocenica 

1873. 

Buccinum 

miocenicum 

1874. 

Id. 

id. 

1875. 

Nassa 

miocenica 

?1875. 

Id. 

anciltariaeformis 

?  187'.). 

Id. 

suhdupiicala 

1881. 

Id. 

miocenica 

1882 

Bmviimni 

miocciiicum 

GIIAT.,  Tabl.Coq  fuss.  Dax,   n.  509. 
GR.\T.,  .4tì.  Conch.foss.,  tav.  XXXVI,  Br  3. 
.MICUTTI.,  Foss.mioc.,  pag.205,  tav.  XVII,  fig.  1. 
E.  SISMD.,  Stjn.,  ì  ed.,  pag.  29. 
IVORB.,   Prodr.,  voi.  IH,  pag.  84. 
D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  85. 

IIOKIIN.,  M„ll.foss.  Wieii,  pag.  153,  tav.  XII,  Bg.  21  (in  parte). 
DOUEUIj  ,  Celili,  gcol.  mioc.  sup.  Ilal.  ceiitr.,  pag.  101. 
COPP.,  Calai  foss.  mioc.  e  plioc.  Moden.,  pag.  25. 
COCC,  Enum.  Sisl.  Afoll.  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pag.  84. 
MAY.,  Sy.it.  rerz.  rerst.  HeU:,  pag.  33. 
COPP.,  Calai,  foss.  mio-plioc.  Moden.  Coli.  Copp.,  pag.  2. 
TOX'lXy.  Joiini.de  Coiich.,  voi.  XV,  png.  330,  in  noia. 
BOUll.L.,  Paleoiit.  de  Biarritz,  pag.  93. 
FONT.,   Tcrr.miuc.de  Cuciiron,  pag.  517,  Im.  I,  fig   10. 
COPP..  Paleiiiit.  moden. .^  pag.  35. 

K.  HOKliN.  u.  M.  AUING.,  (iaiter.  mioc.   Oesterr.-Ung.  Monarch.  pag.   I3&, 
tav.  XIII,  fig.  32. 


Variano  in  questa  specie:  1°  le  coste  nelle  quali  si  pi'olungano  i  nodi,  le  quali 
ora  sono  quasi  obliterate,  ora  distinte  ma  piccole,  ed  ora  grosse  protratte  fin  verso 
il  solco  che  accompagna  posteriormente  la  smarginatura  anteriore,  ed  al  quale  non 
giungono  mai. 

Paragonando  fra  loro  le  tre  forme  figurate  dall'Hoernes  col  nome  di  Buccinum 
miocenicum  Jlichtti.  e  colla  vera  Nassa  miocenica  del  sig.  Michelotti,  è  ovvio  il  rico- 
noscere che  quelle  tre  forme  sono  fra  loro  notevolmente  diverse. 

1.  La  forma  figurata  a  fig.  21,  tav.  XII,  è  certamente  una  Cyllenina,  avendone 
ben  distinto  il  canaletto  caratteristico  e  l'orlo  che  lo  separa  dalla  sutura  posteriore, 
ed  è  molto  probabilmente  un  esemplare  giovane  ed  incompleto  della  Nassa  miocenica 
Michtti:  mancano  infatti  in  essa  le  strie  od  i  solchi  che  coirono  presso  l'intaglio,  la 
quale  mancanza  è  pro])ria  della  serie,  cui  appartiene  la  forma  pubblicata  dal  signor 
Michelotti. 

2.  Quella  rappresentata  dalla  figura  20,  di  cui  ricevetti  dal  sig.  Fuchs  due 
esemplari  tipici,  i  quali  vi  corrispondono  esattamente,  è  anch'essa  senza  dubbio  una 
Cijllenina  per  la  presenza  del  canaletto  posteriore  della  bocca,  e,  sia  per  la  lunghezza 
di  questo  che  è  visibilissimo  oltre  l'ultimo  anfratto,  sia  per  il  grosso  orlo  che  lo 
separa  dalla  sutura  posteriore,  appartiene  alla  prima  sezione  di  questo  nuovo  genere, 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  379 

nella  quale  per  i  suoi  caratteri  generali  e  specialmente  per  le  strie  ed  i  solchi  trasversali 
che  corrono  presso  l'intaglio,  potrà  costituire  una  serie  distinta. 

3.  Quella  della  figura  22  è  una  vera  Nassa  che  io  ho  riferita  alla  N.  tur- 
gida Eicw.  e  che  il  signor  Doderlein  aveva  nominata   N.  Bufo  nel   1864. 

I  signori  E.  Hoemes  e  M.  Auinger  nella  loro  recente  Monografia  del  genere  Buc- 
cinuni  hanno  anch'essi  riconosciuta  la  necessità  di  separare  le  tre  forme  riunite  sotto 
lo  stesso  nome  dall'Hoernes  M.,  e  riferirono  al  Buccinum  (Usita)  miocenicmn  la  forma 
della  figura  21,  pubblicarono  col  nome  di  Buccinum  (Cominella?)  grundense  K. 
Hoern.  u.  M.  Auing.  quello  della  figura  20  e  con  quello  di  Buccinum  (Uzita) 
ohliquum  V.   Hilber  quello  della  figura  22  della  precitata  opera  dell'Hoernes  M. 

I  signori  E.  Hoernes  e  M.  Auinger  non  tennero  conto  del  canaletto  in  cui  la 
bocca  si  prolunga  posteriormente  e  che  è  caratteristico  delle   Cyllcne. 

Quantunque  la  figura  pubblicata  dal  Grateloup  del  suo  Buccinum  ancillariaeformis 
sia  alquanto  imperfetta,  tuttavia  presenta  ben  definito  il  canaletto  posteriore,  ed  è  più 
che  suificiente  perchè  in  essa  si  possa  riconoscere  la  forma  qui  descritta  :  nella  quale 
opinione  mi  sono  confermato  dall'esame  di  un  fossile  delle  vicinanze  di  Dax  esistente 
nelle  Collezioni  paleontologiche  del  Giardino  delle  Piante  a  Parigi,  che  portava  il  nome 
del  Grateloup,  e  che  corrispondeva  esattamente  alla  forma  dei  Colli  tortonesi. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  Stazzano,  frequente;  Coli,  del 
Museo. 

2.    CyLLENINA    IKIIEBRINA    BeLL. 
Tav.  X,  fi;;.   18  («,  b). 

Testa  subfusifurmis  :  spira  elongala,  vaUv  acuta.  -  Anfraclus  laeviter  convexi,  poslice 
depressi  ;  ulliiuus  dimidia  lumfiludine  breoior,  aiUice  allenualus.  -  Superficies  nitens,  in  primis 
anfraclubus  longiludinaliler  costala  et  traiisverse  striala:  coslae  in  anfraclubus  mediis  et 
ultimo  iiblusae,  obliquae,  ante  suturavi  puslicam  Icnninalae,  ibi  nodiformes,  ah  iiilerstitiis  latis 
et  pariiin  profundis  separatae,  plerumque  10,  anlice  allenuatae,  ad  rimnm  uon  produrlae:  slriae 
transversae  in  anfraclubus  mediis  et  ultimo  nullae.  -  Os  ovale ,  elongatum;  labrum  sinistrum 
postice  depressum,  anlice  dilalalura,  plerumque  incrassatum,  interius  pluri-plicatum  ;  labrum 
dexterum  salis  et  subunifurmiter  ultra  os  pruduclum ,  in  adullis  prope  angulum  posticum  oris 
unituberculiferum:  columella  subarcuala. 

Long.  14  nini.:  Lai.  6  nini. 
1861    Nassa  subpolita  DODERL.,  Cerni. geni,  tcir.mioc.suj>.  Ital.cenir.,  pag.  105  (excl.  Sjnon). 

Varietà  A. 

Anfraclus  tertius  post  nucleum  embrionalem  transverse  trisukalus,  quartus  bisutcatus  cantra 
suturam  posticam;  snlci  angusti,  Uneares,  profundi,  subaequidistantes,  ab  inleriiiitiis  latis  separati 
Long.  11   mm.  :  Lai.  5  mm. 


380 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


TarìeiA  B  (aa  species  distinguenda?)  . 

TsT    X,  fig.  13  {a,  b). 

Testa  crassior:  spira  brevior,  minus  acuta.  -  Os  brevius;   labrum  sinistrum  subarcuatum, 
vix  postice  depressum;  labrum  dextertim  prope  augulum  poslicum  ori$  unituberculiferum. 
Long.  15  nim.  :  Lai.  7  lum. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  S'*  Agata-fossili,  Stazzano  ;  Tetti  Borelli  presso 
Castelnuovo  d'Asti,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 

2'  Serie. 


Anfractus  ultimus  contra  rimani  transvers»  striatus.  -  Superfìcies  laevis.  - 
Labrvin  dexterum  oris  antìce  et  medio  parum  ultra  os  productum,  postice  plus 
mimisve  late  extensum,  gracile,  per  totum  marginem  anfractui  procedenti  adhaerens. 


iute  strie  ti-asversali  presso  l'intaglio  separano  questa  serie  dalla 

questo  per  tutto  il  suo  margine 


La  presenza  tU  minute  strie  ti-asversali  presso  l'ii 
precedente:  la  gracilità  del  labbro  destro  e  l'essere  questo  per 
aderente  alla  superficie  sottostante  la  distinguono  dalla  quarta. 

3.  Ctllenina  pauluccuna  (D'Anc). 

Tav.  X,  fig.  19  (a,  b). 

Tesla  turrita,  avqusta:  spira  loiisa,  vaidc  acula,  medio  infiala.  -  Anfractus  vix  convexi, 
postice  ilepre.isi ;  ullimus  %  tolius  longiluilinis  subaequans,  aiilice  parum  depressus,  alle- 
nualus.  -  Superlìcics  lougitudimtiter  cogitala:  coslae  pleninuiue  9,  rectar,  tnagnae^  obtusae, 
axi  Irslae  parallelae,  nule  suliiram  pnsticam  tcrminatae,  in  ullimis  anfrartubus  obsolelae:  sitici  vel 
striai'  trnusi'craa)'  nullae,  exceplir^  sulciilis  noniiullis  vix  nolalis  coiilra  riinaiu  decurrenlibus. 
-  Os  ovale,  elnnijalum;  labrum  sitiistruai  simplex,  vix  subarcualura ,  inlerius  laeve;  labrum 
dexleriiiii  parum  ultra  os  productum,  postice  satis  crtensuin:  rallum  poslicum  magnum;  cana- 
liculus  jioslicu?  oris  prr  tnarginen  latnm  a  sutura  postica  srparalus. 


Long.  19  min.:  Lai.  7  ram. 


1840. 

Buccimim  baccatum 

1842. 

Id.             id. 

1847. 

iXassa  btu-cata 

186i. 

Ruccitium  Deshayesi 

1864. 

NMsa  paiilucriana 

186S. 

Biicciuum  baccatum  var. 

?  1874. 

Id.        dupllcntum 

1874. 

Id.        paulucclanum 

1877. 

Nassa     pauhuciana 

1878. 

Id.              id. 

1878. 

Pseudostrombtts  paulucdanut 

?  1881. 

Nassa  paulucciana 

MICHTTI.,  Hit:  Gasi .  foss.,  ]ìa^.  25  (in  parte). 

E.  SISMO.,  &/H.,  pag.  40  (in  parte'. 

E.  SISMI).,  Si/ii.,  9  ed.,  pag.  28  (in  parte). 

MAY.,  .Ioiirii.de  Cotich.,  voi.  X,  pag.  270  (in  parte). 

D'ANO.,  in  KORtiST.,  Calai.  .ìfoll. plioc.  Bologn.ì,  pag.  37. 

KORKST..  Calai.  .Moli. plioc.  Bologii.l,  pag.  37. 

HE  STEF.,  Fo.ts. plioc.  St  Minialo,  pag.  36. 

COPP.,  Caini,  ftiss.  mioc.-plioc,  moderi.  Coli.  Copp.,  pag.  2. 

DE  STEK.,  Slral.  plioc.  Sena,  pag.  170,  203. 

P ANTAN.,  Conch.  plioc.  di  Pietra/illn,  pag.  271. 

PANTAN.  e  DE  STEF.,  Moli. plioc. Siena,  pag.  17. 

COPI'.,  Paleonl.  nwden..  pag.  35. 


VarlrM  A. 


Anfractus  ultimi  subcarinati.  -  Costae  in  nodos  mutatae. 
Long.  18  mni.  :  Lai.  fi  mm. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  381 


Varìeià  B. 


Testa  brevior:  spira  magis  aperta. 
Lons.  1 1   mni.  :  Lai.  4  '/ 


nini. 

Varieia  C. 

Testa  brevior:  spira  magis  aperta.  -  Costae  in  ultimis  anfractubus  in  nodos  mutatae. 
Long.  12  '/,  mm  :  Lai.  6  mm. 

Non  ho  citato  fra  i  sinonimi  di  questa  specie  il  Buccinum  haccatum  Bast.  var. 
simplex  àaX  Y>\i.]2iYAm  {\QZ1  Meni.  gM .  Tour.,  voi.  II,  pag.  197,  tav.  XX,  fig.  8), 
perchè  sia  dalla  buonissima  figura  che  questi  ne  ha  pubblicata ,  sia  dall'  esame  di 
alcuni  esemplari  tipici  della  Turrena ,  ho  dovuto  convincermi  che  questa  forma  del 
Dujardin  è  una  vera  Nassa,  mancando  in  essa  ogni  traccia  del  canaletto  posteriore 
della  bocca. 

Questa  forma  della  Turrena  è  molto  affine  alla  N.  turriculata  Bell,  (serie  17) 
descritta  e  figurata  in  questa  Monografia,  e  differisce  specificamente  dalla  Cyllenina 
j)au1.ucciana  (D'Anc),  fra  gli  altri  caratteri,  per  la  presenza  di  grosse  strie  trasversali 
tanto  sulla  depressione  posteriore  degli  anfratti  quanto  presso  l'intaglio,  le  une  e  le 
altre  benissimo  indicate  nella  precitata  figura  del  Dujardin. 

Nel  18U2  il  signor  Prof.  Mayer  separò  questa  forma  della  Turrena  e  le  diede  il 
nome  di  Buccinum  Deshayesi  che  surrogò  più  tardi  con  quello  di  gallicHlum  perchè 
già  applicato  anteriormente  ad  altra  specie  di  Buccinum.  Il  signor  Prof.  Mayer  de- 
scrisse benissimo  il  suo  Buccinum  Beshayesi  ed  accennò  la  presenza  delle  strie  trasver- 
sali che  corrono  presso  la  sutura  posteriore  e  presso  l'intaglio;  per  la  qual  cosa  non 
hawi  dubbio  che  il  suo  Buccinum  gallicultim  =  B.  Beshayesi,  sia  identico  alla 
varietà  del  Buccinum  haccatum  del  Dujardin.  Nella  indicazione  delle  località  in  cui 
si  trova  il  suo  Bucc.  Beshayesi  il  signor  Prof.  Mayer  cita  Turin  e  ì'Astdsan  :  gli 
esemplari  provenienti  dai  Colli  torinesi  si  devono  probabilmente  riferire  alla  Nassa 
turriculata  Bell.;  quelli  delFAstigiana  appartengono  certamente  alla  Cyllenina  qui 
descritta. 

In  Toscana  si  trovano  esemplari  di  questa  specie  con  dimensioni  notevolmente 
maggiori  di  quelle  dell'individuo  qui  figurato. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,   non  raro;  Coli,  del  Museo. 
Varietà  A  —  Pliocene  superiore:  Colli  astesi,   Valle  Andona,   raro;    Coli,  del 
Museo. 

Varietà  B  —  Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  raro  ;  Coli,  del  Museo. 
Varietà  C  —  Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  raro;  Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore  :  Colli  Astesi,   Valle  Andona,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 


382  i  molluschi  dei  terreni  terziarii  del  piemonte  ecc. 

4.  Cyllenina  recens  Bell. 

Tav.  X,  Cg.  21  (a,  A). 

Distinguimi  hanc  speciem  a  Cyll.  paulucciana  (D'Anc.)  sequenles  notae: 

Tosta  minor,  nitens:  spira  brevior,  mngis  aperta.-  Anfrartu.i  ullimus  vnilro^us.antice  magis 
depreisus,  dimidiam  iongitwliiìem  suhaequaiis.  -  Cosine  loiigitudinales  mnjores,  cantra  marginem 
oris  productae.  -  Labrum  dexterum  ultra  os  magis  productum:  canaliciilus  posdcus  oris  tninimus, 
a  sutura  postica  per  marginem  anguslum  separalus:  calliim  posticum  vix  notatum. 

Long.  6  7«  '"11-  '■  Lai.  3  '/«  iim- 

1  cinque  esemplari  che  ho  raccolti  di  questa  specie  sono  giovani  ed  incompiuti  : 
occorrerà  avere  sott'occhio  esemplari  adulti  per  fissarne  i  caratteri  in  modo  definitivo. 

Pliocene  superiore:  Villalvernia  presso  Tortona,  regione  Fontanili,  non  frequente; 
Coli,   del  Museo. 

5.  Cyllenina  Sismondae  Bell. 

Tav.  X,  fig.  90  (a,  i). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Cyll.  paulucciana  (D'Anc.)  sequenles  notae: 

Testa  brevior:  spira  breeior,  magis  aperta,  medio  subinflata.  -  Anfractus  postice  magis  de- 
pressi ,  contra  canaliculum  poslicnm  oris  pustulifrri :  tiUimiis  ventrosiis .  anitre  ralde  depressus. 
-  Coslae  longitìidinalrs  numerosinres,  I  4,  rnujorex,  postice  subarruntae.  -  O.s'  suliorhicularc  ;  labrum 
sinistriim  arcualum;  labrum  dexterum  minns  ultra  os  productum:  callum  posticum  vix  nolalttm: 
canaìicuhis  posticus  oris  per  marginem  angusliorcm  a  sutura  postica  separatum. 

Long.  16  nim.  :  Lai.  7  rani. 

Pliocene  inferiore  :  'Vezza  presso  Alba,  rarissimo  ;   Coli,  del  Museo. 


6.  Ctllesina  irregulabis  Bell. 

Tav.  X,   U:;.   Ki  (a,  b). 

Testa  subfusiformis:  spira  medio  infiala.  -  Anfractus  complanali;  ullimus  dimidia  longi- 
tudine vix  brevior,  antice  valde  ilepressus.  -  Superficies  lonsiiludinaliter  costata:  coslae  11, 
compressae,  satis  prominentes,  rectae,  leriler  obliquar,  prnpe  dcpressionem  pnslicam  a  sulcn  parum 
profundo,  lato,  irregulari,  subinlerniptae,  in  ultimo  anfrarlu  passim  obsoMae  :  sXvino  Iransversae 
contra  rimam  decurrenles  minimae,  vix  perspicuae:  mango  canalicuio  ci  suturae  inlerpositus 
irregulnrùt,  rugulosus,  satis  latus.  -  Os  subovale;  labrum  dcxlorum  gracile,  antice  et  medio 
parum,  postice  late,  ultra  os  productum:  columolla  arcuata,  medio  late  escavala:  callum  po- 
sticum parvulum. 

Long.  16  mm.  :  Lai.  7  '/»  mni. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  rarissimo  ;   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  superiore  :  Colli  astesi  ;  Cortandone,  rarissimo  ;   Coli,  del  Museo  di  Zu- 
rigo (Prof.  Mayer). 


DESCBITTI    DA    L.    BELLARDI  383 

3*  Serie. 

Anfractus  ultimus  cantra  rimam  transverse  striatus.  -  Superficies  laevis.  - 
Labrum  dexterum  antice  et  medio  vix  ultra  os  productum,  ad  marginem  antice  et 
medio  erectum,  rectum. 

Danno  una  speciale  fisionomia  alle  due  specie  per  le  quali  ho  stabilita  questa 
serie:  1"  la  forma  della  spira  rigonfia  nel  mezzo;  2°  la  pochissima  estensione  del 
labbro  destro  nella  regione  anteriore  e  mediana  nelle  quali  corre  retto,  nell'asse  del 
guscio;  3°  il  rialzarsi  che  questo  labbro  fa  nelle  indicate  regioni  dalla  superficie 
sottostante;  4°  la  columella  quasi  retta  anteriormente  e  profondamente  incavata  poste- 
riormente. 

Per  la  forma  generale,  come  per  la  natura  degli  ornamenti  superficiali,  le  specie 
di  questa  serie  paiono  a  primo  aspetto  doversi  riferire  alla  quinta  serie;  ma  se  ne 
distinguono  ovviamente  per  la  natura  del  canaletto  posteriore  della  bocca. 

A  questa  serie  appartiene  la  Cyìlenina  echinata  (Hoem.),  la  quale  finora  non 
fu  trovata  nei  nostri  terreni  terziarii. 

7.    CVLLENINA   BICORONATA    BelL. 
Tav.  X,  fig.   14  (a,  b). 

Tesl?i  sub  fusi  formis:  spira  longiuscula,  medio  infiala.  -  Anfraclus  prope  canaìiculum 
poslir.um  vix  depressi;  ulliiiius  dimidiam  longiludinera  subaequans,  anlice  parum  depressiis, 
altenualus.  -  Superficies  laevis,  nodifera:  series  unica  noJorum  in  ventre  anfracluum  primorum 
et  meiìiorum  perspicua;  series  duae  venlrales  in  nllitno  ;  nodi  obtusi,  in  serie  antica  ultimi  an- 
fraclus majnres  et  cum  nodis  seriei  posticae  geminati:  striae  Iransversae  centra  rimam  decur- 
renles  parvulae:  mango  canaliciilo  el  suturae  interpositus  crassus,  laevis.  -  Os  ovale:  labrum 
sinislruni  simplex,  antice  dilatalum,  intcrius  laeve;  labrum  dexterum  anlice  el  medio  ultra 
OS  parum  productum:  recium,  ereclum,  inde  lesla  subumbilicala,  postica  versus  suturam  valde 
productum:  columella  oniice  subrecta,  postice  profunde  excavata:  callum  postieum  magnum , 
crassum. 

Long.  21   mra.  :  Lai.  9  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   S'"  Agata-fossili,  rarissimo;   Coli.  Michelotti. 

8.    CyLLENINA    SDBOMBILICATA    BeLL. 
Tav.  X,  fig.   15  (a,  i). 

Testa  subfusiformis  :  spira  me(/to  infiala.  -  Anfractus  vix  convexi ,  poslice  excavali; 
ultimus  dimidiam  ìomiiludinimi  subaequans ,  antice  partim  depressus ,  altenuatus.  -  Superficies 
laevis:  coslae  longiludinales  10,  valde  prominenles,  obtusae^  reclae,  axi  testae  subparallelae,  ad 
dejiressionem  posticam  detruncalae,  in  anfractu  ull imo  passim  obsolelae:  striae  transversae  centra 
rimam  decurrentes  parvulae:  margo  anticus  canaliculi  postici  incrassatus,  ubscure  nodosus,  prae- 
serlim  in  ultimo  anfractu;  margo  canaliculo  et  suturae  interpositus  parvulus.  -  Os  ovale; 
labrum  sinistrum  subarcuatum,  antice  dilatatum ,   interìus  plicatum;    plicae  rarae,   magnae; 


384  1    MOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    l'IEMONTE    ECC. 

labrum  dexlerum  anlice  et  medio  parum  ultra  os  productum,  rectum,  crectum  (inde  lesta  sub- 
uinbilicala),  iiostice  versus  suturam  valde  poduclum  ;  coluinella    anlice  subrecta ,    poslice   pro- 
funde  excavata:  calluni  posticuiii  crassuin. 
Long.  H  mui.  :  Lai.  7  nini. 

Questa  specif>  h  intimamente  collegata  colla  precedente  dalla  sua  forma  generale, 
dalla  figura  della  bocca  e  dalla  natura  del  labbro  destro,  ma  ne  differisce  per  i  suoi 
ornamenti  superficiali. 

Il  disegnatore  ha  dimenticato  di  indicare  le  strie  che  corrono  sulla  parte  anteriore 
dell'ultimo  anfratto,  in  prossimità  della  sraarginatura  anteriore,  e  che  sono  per  numero 
e  per  grossezza  uguali  a  quelle  della  Cijìi.  hicoronata  Bell. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 


4»  Serie. 

Supcrficies  ventralis  et  antica  ultimi  anfractus  tota  transverse  minute  striata. 

-  Margo  canaliculo  postico  oris  et  suturae  posticae  interpositus  tiiagnus,  inflatiis. 

-  Labrum  dexterum   oris  valfìe  ultra  os  productum  ,   praesertim    in   regionem  ive- 
dianam,  per  totuni  marginen:  anfractui  praecedenti  adhaerens. 

Le  note  caratteristiche  di  questa  serie  sono  :  1  °  la  notevole  distanza  dalla  sutura 
posteriore  alla  quale  con-e  il  canaletto  posteriore  della  bocca;  2°  la  notevole  lar- 
ghezza e  grossezza  dell'orlo  calloso  che  separa  il  canaletto  dalla  sutura;  3°  lo  esten- 
dersi che  fa  il  labbro  destro  oltre  il  piano  della  bocca  per  tutta  la  sua  lunghezza, 
ma  in  ispecial  modo  nella  regione  mediana  ;  4"  le  numerose  strie  che  corrono  sul  ventre 
e  sulla  parte  anteriore  dell'ultimo  anfratto. 

9.    CyLLENINA    PLEUROTOMOIDKS    BeIL. 
Tav.  X,  fii;.   12    n,  b). 

Testa  subfusiformis  :  spira  longa,  satis  acula.  -  Anfractus  ullinius  dimidiam  lonijiliidinem 
aequans,  inflatus,  antice  valde  depressus.  -  Supcriicies  perspicua  m  primis  et  mediis  anfraclubus 
ft  pam  ]io:^lica  ultimi,  laevis ,  in  parte  aiitini  aiifractin  ultimi  itsquc  cantra  rimam  transverse 
minutissime  et  confertc  striala:  anfraclus  primi  loii^iludiiialiler  costali;  coslue  proniinenles, 
leviter  obliquae,  ab  inlersliliis  salis  profundis  separala?.  -  Coluniella  medio  profunde  esca- 
vala ,  valde  contorta  :  rima  recurvala. 

Long.  15  mm.:  Lai.  7  mm. 

Per  inavvertenza  non  furono  segnate  nel  disegno  le  numerose  e  piccolissime  strie 
che  corrono  trasversalmente  nella  parte  anteriore  dell'ultimo  anfratto. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  385 


Il  Sezione. 

Canaliculus  poslicus  oris  brevis,  anle  diinidiara  parli'ra  ultimi  anfractus  iraperspicuus, 
et  a  sutura  postica  per  marginem  anguslissimum  separatus;  labrum  dexterum  gracile  ,  vix 
postice  ultra  os  produclum. 


5'  Serie. 

Anfractus  ultimus  cantra  rimam  transverse  striatns.  -  Supcrficies  laevis.  - 
Labrum  dexterum  oris  gracile,  per  totum  marginem  anfractui  praecedenti  adhaerens, 
vix  postice  ultra  os  prodtictiim. 

Le  forme  di  questa  serie  sono  benissimo  distinte  da  quelle  delle  precedenti  : 
1"  pel  canaletto  posteriore  della  bocca  il  quale  è  brevissimo  ,  non  visibile  oltre  la 
metà  dell'anfratto  e  separato  dalla  sutura  posteriore  per  mezzo  di  un  orlo  piccolis- 
simo; 2°  pel  labbro  destro  sottile  ed  appena  leggermente  esteso  oltre  il  piano  della 
bocca  nella  sua  regione  posteriore;   3°  dalla  callosità  posteriore  piccola. 

Il  tipo  di  questa  serie  è  la  Cyllenina  haccata  (Bast.),  la  quale  manca  in  Pie- 
monte e  nella  Liguria  dove  è  rappresentata  da  forme  affini  e  minori.  Queste  forme, 
che  provengono  dai  Colli  torinesi,  sono  presentate  da  fossili  più  o  meno  spatizzati, 
ond'è  che  occorre  spesso  un  minuto  esame  per  scoprii-vi  il  canaletto  posteriore  carat- 
teristico. 


10.  Cyllenina  Haoeri  (Michtti.). 

Testa  sublusiforrais:  spira  meiìin  infiala  -  Anfractus  paruin  convexi,  poslice  prolumle  et 
anfitisle  dfpressi,  ad  suttiram  poslicam  iiKiniinali;  ultimus  itimi'tiam  loiigitudinem  subaequans , 
antice  salis  itepressus:  suturae  parum  prol'uiKlae.  -  Superficies  laens ,  loia  longiludinaliter 
costala:  costae  plerumque  \  i,  reclar,  axi  testar  parallelae,  cantra  depressionem  poslicam  an- 
fracluum  itetriinralac,  Un  nodiformes:  margo  suturae  fo^Ucuc  nodi fents;  nmli  postici  ciun  nodis 
anticis  alterni,  nel  subalterni,  minores:  suici  4  vel  5  iransversi  conlra  rimam  decurrentes,  inter 
se  satis  dixtantes ,  plus  miniisre  \>rnfnndi  et  lati.  -  Os  ovale,  elongalum ;  labrum  de^icterum 
gracile,  anfractui  praecedenti  adhaerens ,  vix  et  suh-regutariler  ultra  os  produclum  :  coiumella 
medio  profunde  excavata:  callum  posticum  vix  notalum. 

Long.  20  mm.  :  Lai.   1 1   mm. 

1847.  Btininuin  Haueri  WICIITTI.,  Foss.  mi  oc,  pag.  201,  tav.  XVII,  fin  3  («,  b). 

1853.  W.  Imcccitiim  HOERN.,  yi/o//. /ò.m.  ÌViVn,  tav.  XII,  fi?.  0  (cct.  Cp.  cxcl.). 

?  1874.  Id.  Haueri  COl'l*.,  Calai,  fuss.  mio-plior.moden.  Coli,  Copp.,  pag.  9 

7  1881.  Nassa          id.  CO l' P.,  /'a/fo«r.  morfcn.,  pag.  35. 

1882.  Id.            id.  B.HOERN.  11.  M.AUI.NG.,  GfliJ.ffiioc.  Oeitejr.-f/nj., IfonarcA.,  pag.  133. 


Serie  IL  Tom.  XXXIV. 


386  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

TarielA  A. 

Tav.  X,  fig.  ì3  (a,  b). 

Testa  minor.  -  Costae  longitudinales  pauciores,  9,  majores. 
Long.  15  min.  :  Lai.  6  '/>  ronJ. 

TarielA  B. 
Tav.  X,  Cg.  2Ì  {a,  b). 

Nodi  seriei  anticae  in  dimidia  ultima  parte  ultimi  anfractus  non  in  costam  versus  rimani 
pToducti.  ' 

Long.  17  mm.  :  Lai.  9  ram. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi,  raro  ;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

1 1 .  Cyllenina  ovulata  Bell. 

Tav.  X,  fig.  24  (a,  i). 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Cyll.  Haneri  (VIichlli)  sequentes  nolae  : 
Testa  minor,  ventrosa  :  sirira  ad  apicem  magis  acuta,  medio  magis  inflata.  -  Anfractus  postice 
minns  profunde  depressi.  -  Superjìcies  nilens:  nodi  minus  distincti,  praesertim  supra  margineru 
suturae  poslicae:  costae  longitudinales  pauciores,  plerumque  10,  ante  os  plus  minusvo  obsoletae: 
snlci  transversi  contra  rimam  decurrentes  minores. 
Long.  11-13  mm.  :  Lat.  5 '/^-7  rara. 

1875.    Buccinum  duplicatum  BENOIST,   Test.foss.    de  la  Bride  et  de  SaucaU,  pag.  380. 

VarielA  A. 

Costae  longitudinales  usque  ad  marginem  oris  productae. 
Long.  12  mm.  :   Lai.  6  mm. 

VarlelA  B. 

Spira  longior,  magis  acuta,  regularis,  non  medio  inflata. 
Long.  13  mm.  :  Lai.  6  mm. 

Ho  riferito  come  sinonimo  della  presente  forma  quella  che  il  signor  Benoist  iden- 
tificò colla  precitata  specie  del  Sowerby,  dietro  l'esame  di  parecclii  esemplari  speditimi 
in  comunicazione  dello  stesso  signor  Benoist,  i  quali  corrispondono  in  tutto  e  per  tutto 
coi  fossili  dei  Colli  torinesi  qui  descritti  e  mi  confermarono  nella  convenienza  di  isolare 
questa  forma  con   nomo  proprio. 

Pliocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Baldissero- 
torinese,  Val  Ceppi,  non  frequente;   Coli,  del   Museo  e  Michelotti. 


descritti  da  l.  bellardi  387 

12.  Cyllenina  Neumayri  (R.  Hoern.  u.  M.  Auing.)  ? 

Testa  turrita:  spira  longa,  valde  acuta,  medio  infiala.  -  Anfractus  vix  convexi,  poslice 
depressi,  conira  canaliculum  posticum  marginati;  uilimus  brevis,  leviter  iiijlatus ,  antice  valde 
depressus,  dimidia  longitudine  brevior:  canaliculus  poslicus  per  tolum  fere  ultimum  anfradum 
perspicuus,  a  sutura  postica  per  marginem  satis  latum  separalus  -  Costae  longitudinale?  pro- 
minentes,  interslitia  subaequantes,  rectae,  contra  depressionem  posticam  anfractuum  detrun- 
catae,  ibi  nodiformes ,  in  ultima  dimidia  parte  ultimi  anfractus  obsoletae:  striae  transversae 
contra  rimani  decurrentes  minutae:  margo  depressioni  poslicae  anfractuum  et  canaliculo 
postico  inlerposilus  nodiferus:  nodi  omnes  obtusi ,  postici  minores.  -  Os  subovale;  labrum 
sinfstrum  arcuatum  ,  inlerius  laeve;  labrum  dexlerum  vix  ultra  os  productum:  columella 
medio  profunde  excavata:  callum  poslicum  indislinctum. 

Long.  1 4  ram.  :  Lai.  6  mm. 

1882.    Buccinum  Neumayri  R.  HOERN.  u.  M.  AUING.,  Gasler.   mioc     Oesterr.-Ung.  Monarch.,  pag.    118 

tav.  XV.  fig.  7,  8. 

Riferisco  con  dubbio  alla  specie  dei  signori  Hoernes  e  Auinger  un  esemplare  dei 
Colli  torinesi,  non  avendo  avuto  sott'occhio  esemplari  tipici  di  Vienna  da  confrontare. 

La  descrizione  precedente  è  fatta  sul  fossile  dei  Colli  torinesi  ;  da  essa  non  riescirà 
difficile  il  riconoscere  se  appartenga  realmente  alla  specie  cui  è  qui  riferito. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 


Come  ho  detto  a  pag.  281,  do  qui  le  osservazioni  che  ho  fatte  dietro  l'esame 
della  Monografia  precitata  dei  signori  R.  Hoernes  e  M.  Auinger  a  riguardo  di  quelle 
forme  delle  quali  era  già  stampata  la  descrizione  quando  conobbi  la  pubblicazione 
fatta  dai  prelodati  paleontologi. 


Pag.  227.  3    Eburna  derivata  Bell. 

1882.    Buccinum  briigadinum    R.  HOERN.  u.  M.  AUING.,   Gaster.  mioc.  Oesterr.-Ung.  Itfonarch.,  fag.   110, 

tav.  XV,  1ÌR.24,  25,  26. 

Pag.  232.  1.  Nassa  inconstans  Bell. 

Siccome  i  Signori  R.  Hoernes  ed  M.  Auinger  diedero  il  nome  di  B.  inconstans 
ad  una  forma  che  è  diversa  da  questa  e  che  pei  suoi  caratteri  appartiene  al  genere 
Nassa  quale  io  l'ho  circoscritto,  così  muto  il  nome  di  inconstans  in  quello  di  in- 
stahilis. 

Pag.  243.  12.  Nassa  coarctata  Eicw. 

1882.    Butciuum  Schónni  R.  HOERN.  u.  M.   A.Vlf<G. ,  Gaster.    mioc.    Oesterr.-Ung.    Monarch. ,    pag.    125, 

tav.  XV,  llg.  18. 


388  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Pag.  255.  28.  Nassa  tumida  Eicw. 

1 .  Si  aggiungano  fra  i  sinonimi  ,  la  citazione    dell'  opera  dell'  Qoemes  che  per 
errore  fu  omessa, 

1853.    Bucdnum  miocenicum  UOERN.,  Moli  foss.Wien,  tav.  XII,  fig.  82  (ceter.  fig.  excl.). 

e  le  seguenti  : 

1879.    Buccinum  obliquum  H1LB>'.,  Seii.  Cumh.  Mittdstei.  MediUrr.,  pag.  427,  tav.  II,  fig.  3  (a,  b,  e). 
1885.         Id.  id.        R.  HOERN.  u.   M.    AUING.,  Gaster.    mioc.   Oesterr.-Ung.  Monarch. ,   pag.  135, 

tav.  XIII,  tig.SS 

L'esemplare  da  me  fatto  figurare  a  tav.  II,  fig.  13  (a,  h),  ha  dimensioni  relativa- 
mente giganti  e  maggiori  di  quelle  degli  esemplari  ordinarii,  i  quali  e  per  le  loro 
dimensioni  e  per  gli  ornamenti  supei-ficiali  corrispondono  alla  figura  precitata  dall'Hoemes 
(tav.  XII,  fig.  22)  ed  ai  fossUi  riferitivi  nel  18G4  dal  Prof.  Doderlein  che  diede  loro 
il  nome  di  ]S\   Bufo. 

2.  La  forma,  che  i  Signori  K.  Hoernes  e  M.  Auinger  hanno  riferita  al  B.  Zbor- 
zewslci  "Andr.  e  perciò  al  B.  tumidum  Eicw.  che  ne  è  sinonimo,  è  certamente  diversa 
da  quella  che  così  bene  descrisse  il  Sig.  Eicwakl  e  che  corrisponde  benissimo  ai  fossili 
del  Piemonte  da  me  riferiti  a  questa  specie  :  1  °  ijer  la  presenza  di  solchi  trasversah 
profondi  su  tutta  la  superficie;  2°  per  la  piccolezza  e  maggior  numero  delle  coste 
longitudinali  sui  primi  anfratti  ;  3"  per  la  mancanza  di  coste  longitudinali  sugli  anfratti 
di  mezzo  ed  ultimo;  4°  ed  in  particolar  modo  per  la  minor  contorsione  della  colu- 
mella  all'apice,  dalla  quale  risulta  una  figui-a  diversa  della  bocca. 


5.  Famiglia  CYCLOPSIDAE  Cheisu  (i859). 
I.  Genere  CYCLOPS  Montf.  (i8io). 

1.    CVCL.    NERITEDS    (LlNN.). 

Testa  depreisa,  suborbicularis  :  spira  brevissima.   -  Superficies  laevit. 
Long.  12  mm.  :  Lai.  10  mm. 

1766.  Buceinum  neriteum     LlNN.,  Syjt.TVar.  XII,  pag.  ISOI. 

1788.       /(/.  id.  GMEL.,  5yi«.iVrt«.,  pag.  3481. 

179S.       /(/.  id.  OLIV.,  Zool.adriat.,  pag.   144. 

1810.  Cyclops  asterizans      MO.NTF.,  Conifi.  sijsl.,  voi.   II,  pag. 371. 

1814.  Buccinum  {Nassa)  neriteum  BHOCCH.,  Conch.  foss.sub.,  pag.  334. 

1830.  Nassa      neritea       HORS.,  Oriti. piem.  I.,  pag.  42. 

1825.  Id.  id.  i)EFR.,  Wc«.5i.Haf.,  voi. XXXIV,  pag.  239. 

1826.  Cyclops  neritoidea      RISS.,  I^od.  Eur.merid.,  voi.  IV,  pag.  170. 
1826.    Buccinum  neriteum     PAYR.,  Calai.  Moli.  Cnrs.,  pag.  164. 

1831.  Cyclops         id.  BROiNN,  /ra/.  lo-r.-GcA.,  pag.  25. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl 


389 


1832.  Buccinum  neriteum 

1832.  Cyclops         id. 

1836.  Buccinum      id. 

1838.  Nassa      neritea 

1842.  Buccinum  neriteum 

184-J.  Cyclops  neritoidea 

1844.  Buccinum  neriteum 

1844.  Nassa      neritea 
1847.        Id.  id. 

1847.  Buccinum  neriteum 

1848.  Id.  id. 

1 852.  Nassa       neritea 

1864.  Cyclops    neriteum 

1866  Neritula     neritea 
1 866-69.  Buccinum  neriteum 

1868.  A^awa  iW. 

1869.  Cyclops     neriteum 
1869.  Buccinum  neritoides 

1869.  Cyclops  neriteum 

1870.  Cyclonassa  neritea 

1870.  Cyclops    neriteum 

1871.  /</.  id. 

1872.  W.  »/. 

1872.  Cyclonassa  neritea 

1 873.  Cyclops     neriteum 

1873.  /(/.  W. 

1874.  Buccinum  neriteum 

1874.  /rf.  iV. 

1875.  Nassa      neritea 
1875.  Cyclonassa    id. 

1875.  A^fls^a  (rf. 

1 876.  Cyclonassa    id. 

1876.  Nassa       neritea 

1877.  /(/.  i(/. 
1877.  W.  i</. 
1877.  Buccinum  neriteum 

1877.  Cyclonassa  neritea 

1878.  A^fljirt  irf. 
1878.  Cyclonassa     id. 
1878.      JVasM  irf. 
1878.  Cyclops    neriteum 
1881.  Cyclonassa  neritea 
1881.      A'a«a      neritea 


DESÌI.,  Expéd.  Se.  tVorée  Zool.,  pag.  196. 

JAN,   Catal.Conch.  foss.,  pajj.  13. 

PHIL.,  AMI.  Sic,  voi.  I,  pag.  227. 

SCACCI!.,  Catal.Conch.  Néap.,  pag.  11. 

E.  SISMD.,  5i/».,  pag.  41. 

TCHIHATCH.,  Ccjfit.  jfeo/.  Prov.  mérid.  Naples  et  Nice,  pag.  240. 

PHIL.,  Moli.  Sic,  voi.  II,  pag.  193. 

LAMCK.,  Anim.s.vert.,  2  éJ.,  pag.  184. 

E.  SISMD.,  Sijn.,  2  ed.,  paf,'.  29. 

rSAUD.,  Prosp.  Faun.  mar.vulg.,  pag.  33. 

VERAN.,  Dcscriz.di  Genova,  voi.  I,  pag.  94. 

D'ORB.,  Prodr.,  voi.  HI,  pag.  85  et  176. 

COM.,  iWtó  Mario,  pag.  34. 

BRUS.,  Conte.  Faun.  Moli.  Daini.,  pag.  66. 

TCHIITATCH.,  Paléont.  Asie  Min.,  pag.  361. 

FOREST.,  Calai.  Moli,  plioc  Bologn.  I,  pag.    47. 

TAPPAR.,  Ind.sist.  Moli.  Test.  Spezia,  pag.  28. 

COPI'.,  Catal.foss  mitice  plioc.  Mndin.,  pag.  24. 

PETIT,  Catal.  Moli.  Test.  Mers  d'Fjir.,  pag.  174. 

BELL,  Catal.  .Voli  foss.  Biot,  pag.    9. 

ARAI),  e  BEMOIST,  Conch.viv.mar.Sicil.,  pag.  296. 

CONT.,  Mie  Mario,  2  ed.,  pag.  40. 

MOMTER.,  Noi.  Condì,  mediterr.,  pag.  49. 

.MONTlìK.,  Conch.  foss.  M"  Pellegrino  e  Ficaraxze,  pag.  33. 

COCC,  Enum.  Sitt.  Mnll.mioc.c  plioc.  Parm.e  Piac,  pag.  90. 

SECUESZ.,  Form,  plioc.  Hai.  merid.,  pag.  300. 

COPP.,  Culai,  foss.  mio-plioc.  Miiden.  Coli.  Copp.,  pag.  2. 

DE  STEF.,  Fvss. plioc.  Si  Miniato,  pag.  34. 

MOXTER.,  Nuov./liv.  Condì,  medilerr.,  pag.  41. 

SEGUENZ.,  Form. plioc.  Ital.  merid.,  pag.  276. 

PANT.^N.,  Alt.  Accad.  jisiocr.  Siena,  voi.  VII,  pag.  4. 

FOREST.,  Cenn.geol.e  paleonl.  plioc.ant.  Caslrocaro,  pag.  22. 

FISCH.,  Coi/.rec.et  foss.  Cavern.  Fr.et  Lig.,  pag.  334. 

MO.NTER.,  Catal.  Conch.  foss.  M''  Pellegrino  e  Ficaraxze,  pag.  37, 

I»K  STI:F.,  Slrat. plioc  Siena,  pag.  103,  170,  171. 

FUCIIS,  .fung.  ieri.  bild.  Gricch.,  pag.  3. 

FISCI!.,  Paléont.  de  Vile  de  Hliódes,  pag.  29. 

ISS.,  Crac,  del  l'''olante  Test.,  pag.  14. 

MONTER.,  Enum.  e  Sinon.  ConcL  mediterr..  pag.  43. 

CAKIC,  Stud.  geol.del  Fizzinese,  pag.  IO. 

DE  STEI\e  PANTA.N.,  Moli. plioc.  Siena,  pag.  97. 

COPP.,  Paleont.  moden.,  pag.  37. 

PANTAN.,  Moli. plioc.  foss.  vii/.  Medit.,  pag.  68. 


Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;   Coli,  del  Museo. 
Pliocene  supcriore:  Colli   astesi.    Valle   Andona,  ecc.,  non  frequente;  Col.  del 
Museo. 


Vive  nel  Mediterraneo. 


390  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECO. 

6.  Famiglia  PURPURIDAE  Chenu  (4  859). 

).  Sotto-famiglia  PURPURLWE  Bell. 

I.  Genere  PORPORA  Brijg.  (1789). 

1"  Serie- 
Testa  parvula,   crassa  :  spira  brevissima,  vix  acuta.   -  Anfractiis  ultimus  mar- 
ximus,  postice  angulosus,  antice  attcnuatus.  -   Labrum  sinistrum   interius  crasse  pli- 
catum.:  làbrum  dexterum  postice  caUosum  :  colum ella  subarcuata. 

Le  piccole  dimensioni  della  forma  rappresentante  questa  serie ,  la  spessezza  de 
guscio  e  quella  del  labbro  sinistro  cbe  ne  dimostrano  l'età  adulta,  la  brevità  della 
spira,  la  notevole  apertura  dell'angolo  spii-ale  e  l'ampiezza  dell'ultimo  anfratto  le  danno 
una  fisionomia  tutta  propria. 

1.    PURPURA    GaSTALDU    BeLL. 
Tav.  XI,  fig.  1. 

Testa  parvula:  spira  brevissima,  vix  acuta.  -  Anfraclus  prope  suluram  postieam  leviter 
dejìressi,  subcanalicuìali ,  contra  suturam  anlicam  obscure  nodiferi;  ultimus  magnus ,  "j^  tolius 
loìigiliidiiiii  subaeqiiaiis  sutura  postica  marrjinala.  -  Superiìcies  tota  Iraiisverse  striato-sulcala; 
slriae  in  canaliculum  posticum  decurrentes  numerosiori>s ;  flammulae  et  maculae  pallide  ferru- 
gineae  in  series  Iransversas  disposilae.  -  Os  sulitrif/oiium,  eloiK/atitm;  labrum  sinistrum  interius 
piicalum;  piicae  4,  magnae ,  prope  marginem  oris  subdenliformes ;  labrum  dexterum  postice 
callosum:  columelia  postice  parum  excavata. 

Long.  15  mm.  :  Lai.   12  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli,  della  R.  Scuola 
d'Applicazione  per  gli  Ingegneri  (Prof.  Gastaldi). 

2'  Serie. 

Testa  crassa:  spira  brevis,  parum  acuta.  -  Anfractus  snbangulosi,  postice  contra 
suturam  marginati  ;  ultimus  antice  subcanaliculatus.  -  Labrum  sinistrum  medio 
depressum,  antice  subangulosum;  labrum  dexterum  postice  callosum  :  columelia  sub- 
arcuata  :  umhilicus  plus  viiìm.'ìrr   latus. 

Le  forme  di  questa  serie  sono  fra  loro  collegate  dalla  depressione  del  labbro 
sinistro  nella  sua  regione  ventrale  e  dall'angolo  più  o  meno  ben  definito  che  questo 
labbro  presenta  a  poca  distanza  dall'intaglio  anteriore. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  391 

2.    PdBPURA    SUBUMBILICATA    BeLL. 
Tav.  XI,  fig.  2. 

Testa  sub  fusiformi  s:  spira  brevis,  parum  acuta.  -  Anfractus  prope  suluram  posticam  late 
depressi,  subcanaliculali ,  conira  suluram  anlicam  nodiferi;  nodi  obtusi,  interstitia  subaequantes, 
in  ultimo  anfractu  in  parie  obsoleli,  anfractus  ultiraus  °[^  tolius  longiludinis  subaequans , 
postice  subanoulalus,  anlice  parum  depressus  :  suturae  superfìciales.  -  Superficies  tota  minute 
et  dense  Iransverse  strialo -sulcala.  -  Os  ovale,  elongatum,  postice  profunde  et  late  canaliculatum  ; 
labrum  sinistrum  metii'o  depressum,  anlice  et  postice  subangulosum ,  inlerius  plicatum;  piicae 
3,  4,  magnae,  prope  marginem  oris  denliformes;  labrum  dexlerum  postice  caUosum:  columella 
subarcuata  :  umbilicus  parum  profundus,  anguslus. 

Long.  30  mm.  :  Lat.  18  mm. 

?  1864.   Purpura  exilis  UODERL.,  Ceiin.  geol.  terr.  mioc.  sup.  Ital.centr.,  pag.  23  (105). 

La  forma  qui  descritta  ha  qualche  analogia  coli 'esemplare  della  P.  exilis  Partsch 
rappresentato  nell'opera  dell'Hoernes  dalla  figura  21  della  tavola  XIII:  ma  ne  diffe- 
risce per  l'angolo  anteriore  del  labbro  sinistro  e  per  la  presenza  di  numerosi  solchi 
trasversali,  i  quali  sono  rari  e  piccolissimi  nel  fossile  delle  vicinanze  di  Vienna. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S'"  Agata-fossili,  Stazzano,  raro;  Coli,  del 
Museo  e  Michelotti. 

3.  Purpura  umbilicata  Bell. 

Tav.  XI,  fJK.  3. 

Distinguunt  hanc  speciem  a  P.  subumbilicata  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  aiigustior:  sjiira  brevior,  magis  aperta.  -  Anfractus  ullimus  longior,  angustiar,  medio 
magis  depressus.  -  Superficies  antica  ultimi  anfractus  transverse  tricostala:  salci  Iransversi  pau- 
ciores,  inter  se  magis  dislantes.  -  Os  longius,  magis  anguslum;  labrum  sinislrum  antice  magis 
dislincle  angulutum  ;  labrum  dexlerum  anlice  minus  produclum:  columella  magis  contorta,  antice 
sinistrorsum  inflexa:  umbilicus  magis  lalus  et  magis  profundus. 

Long.  30  mm.  :  Lat.  ^O  mm. 

Questa  forma,  come  la  precedente,  è  molto  rara:  è  probabile  che  se  si  avessero 
numerosi  esemplari  di  ambedue,  si  troverebbero  piii  stretti  legami  sia  fra  loro  sia  colla 
P.  exilis  Partsch. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  raro;   Coli.   Michelotti. 

4.  Purpura  reflexa  Bell. 
Tav.  XI,  %.  5. 

Distinguunt  hanc  speciem  a  P.  subumbilicata  Bell,  sequentes  notae  : 

Testa  major:  spira  brevior.  -  Anfractus  ultimus  '/^  totius  longiludinis  aequans,  postice  sub- 
carinatus,  medio  in  flatus,  pnstice  vix  depressus.  -  Super/icies  fola  Iransverse  sulcata;  sulci  sub- 
uniformes,  angusti,  interstitiis  interposilis  minores.  -  Os  amplius  ;  labrum  sinislrum  medio  minu.i 


392  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

deprpssum,  interius  laeve:  coìumplìa  magis  contorta,  sinhtrorsum  flexa:  umhilicus  magis  latus  : 
rima  a  labiis  longioribus  circumscripta,  valde  reflcxa,  jioslire  profunde  canaliculala. 
Long.  35  mm.  :  Lai.  22  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  raro;  Coli,  del  Museo. 


5.    PURPUHA    INAEQUISULCATA    BeLL. 
Tav.  XI,  (ig.  G. 

Tesla  subovata:  spira  brevis.  parum  acuta.  -  Anfraclus  convelli,  cantra  suluram  postiram 
marginati,  ante  marginem  anguste  raualiculaii ;  ultìnui^  magniis  '/^  totiiis  longitudinis  subaequans, 
ventrosus,  antice  valde  dcpressus,  cantra  riniain  :<uhcanaliculalus.  -  Superlicies  tota  Iraiisverse 
sulcala;  sulci  crebri,  satis  profundi,  innequaks,  majares  et  ininorcs  pleruinriue  alternali;  costulae 
nonnullae  inter  sulcos  et  prope  canaliculum  posticum  decurrentes  passim  nodiferae  :  costae  non- 
mdlae  magnae,  obtusae,  obscurae,  irrcgiiìares,  siificr  ultimum  anfraclum  perspicuac  -  Os  elon- 
galuni;  labrum  sinislrum  anlice  dislincte  uiniKlnsuin  ,  in  venlro  parum  ^il'prp^suln ,  interius 
obsolete  nodosum:  columella  subarcuata,  ad  apicem  valde  contorta,  carinifera:  uinbilicus  latus, 
satis  profundus:  rima  a  labiis  Iniigiusculis  circumscripla:  callum  posticum  majj;num. 

Long.  32  mm.  :  Lat.  20  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baklissero-torinese ,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 


3"  Serie. 

Spira  longitiscula.  -  Anfractus  postice  marginati;  margo  parum prominens,  ple- 
rumque  inermis.  -  Labrum  sinistrum  arcuatimi,  interius  tum  simplex,  tum  costato- 
dentatum;  labrum  dexterum  postice  non,  vd  raro,  callosum:  columella  subarcuata. 

La  maggior  lunghezza  in  generale  della  spira  e  la  forma  arcata  del  labbro  sinistro 
separano  le  forme  di  questa  serie  da  quelle  della  serie  precedente. 

6.    PlIRPUHA    SrUIOLATA    (HroNN). 
Tav,  XI,  lig.  7. 

Tesla  magna,  ovoides:  spira  longiiiscula,  acula  -  Anfractus  prope  snturam  postiram  ra- 
naliculati ,  canaliculus  ih  primis  aiifraclidnis  nix  notaliis,  in  ultimo  lutns  et  iiroftindiis;  anfraclus 
primi  conica  suturam  anticam  nodiferi;  nodi  in  nllimo  anfraclu  propc  os  obsoleti:  .■sutura 
postica  marginata  -  Su|)erlì('ies  tota  trunsverse  dense  et  m'niulissimr  sulrala;  sulci  nonnuHi 
majores  pansini  intcrposili;  striae  longituilinnles  minulissinìae,  creherrimae.  inacquale»,  irregulares. 
-  Os  ovale,  amplum,  postice  vix  cnnaliculatum;  labrum  sinistrum  subarcualum,  postice  vix 
suban^ulosum,  interius  laevc,  ad  marginem  serrulatnm:  coluiMella  parum  excavata:  uniliilicus 
latus,  parum  profundus:  rima,  vix  sinistrorsum  (lexa,  postico  caiialiculala 

Long.  45  mm.:  Lai.  :iO  mm. 

1831.  Purpura  strinlata        BBONN,  /(<i/.  Jn(.Cf/)..  pag.  26. 

1840.        hi.        haemasloma  BEI.L.  l'I  MICIITTI,  Saijij.  Orilt.,  pag.  .58,  lav.  V,  (ÌR.  93  (in   parie). 

l»tì.       1(1.  id.  E.  SISMI».,  Sijn.,  pag.  39. 

1847.        1:1.        strmluta         E.  SIS.MU.,  Syu.,  2  ed.,  pag.  2S  (in   parlo). 

1858.         /'/.  ■'/.  irOUR.,  Prodr.,  voi.  HI,   pag.  175. 


DESCEITTI    DA    L.    BELLAEDl  393 

Non  ho  indicata  nella  sinonimia  la  citazione  della  P.  striolata  D'Orb.  (Prodr. 
voi.  Ili,  pag.  79),  perchè  il  D'Orbigny  cita  la  specie  del  Bronn  dei  Colli  torinesi  e 
dei  Colli  tortonesi ,  località ,  nelle  quali  non  fu  finora  trovata  la  vera  P.  striolata 
Bronn,  la  quale  è  propria  del  pliocene  superiore  dei  Colli  astesi. 

Miocene  superiore:  Colli  astesi,  Valle  Andona,  non  frequente;  Coli,  del  Museo 
e  Michelotti. 

7.  PURPURA    TRASSITORIA    BeLL. 
Tav.  XI,    fig.   8. 

Dislingiiuiil  hanr  speciein  a  P.  sirinlala  Bronn  sequentps  nnlae: 

Testa  major,  crassior.  -  Nu'U  in  ultimis  anfractubus  nbsnleli.  -  Cohnnella  magis  coulorta: 
umbilicus  rnaqis  lalus:  rima  sinistrorsum  magis  inflexa. 
Long.  &0  mm.  :  Lai.  30  ram. 

1S47.    Purpura  striolata  MICHTTI,  Fnss.mior..  pag.  218  (in  parie). 

1847.        /(/.  id.         E.   SISMO.,  Syn.,  2  ed.,   pag.  28  (in  parte). 

18C4.        Id.  id.  UOVERh.,  Centi. gei>l.teir.ìmoc.  Slip.  hai. lentr.,  \ti>^.i3  {\0S). 

•  Questa  forma  del  miocene  superiore  è  certamente  quella  dalla  quale  è  derivata  la 
P.  striolata  Bronn  del  pliocene  supcriore,  colla  quale  è  congiunta  per  mezzo  della 
P.  praecedens  Bell,  del  pliocene  inferiore. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  raro;  Coli.  Michelotti. 


8.   l'URPLRA    PRAECEDENS    Bell. 
Tav.  XI,  fig.  9. 

Disliriguunl  haiic  specieni  a  P.  striolata  Bronn  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  crassior:  spira  maglt  acuta.  -  Aiifraclus  omnes  postice  vix  depressi;  ullimns 
dorso  passim  obscure  nodifenis,  propc  rimam  minus  deprcssiis,  non  distincte  canaliculalus.  -  Sulci 
transversi  profundiores ,  subuniformes ,  aequidistantes ,  ab  interstiliis  latioribus  separati.  -  Os 
lonijius,  anguslius;  labrum  .liiiistrum  minus  dilntalum,  interius  dmlirulatum:  eolumella  minus 
contorta,  anlice  subrecta,,  medio  subuniplicata:  umbilicus  angustior,  vix  nolalus. 

Long.  30  nini.  :  Lai.  19  nim. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  rarissimo;   Coli,  del  Museo. 

9.  PURPORA  ARATA  BeLL. 
l'av.  XI,  fig  IO. 

Testa  iivoides,  infiala:  spira  brevis.  -  Anfraclus  primi  compianali,  plerumque  serie  una 
iransversa  nodoruni  ornali:  ullimns  mngnus,  '/,  lolius  longiludinis  subaequans.  inflatus,  aniice 

Serie  li.  Tom.  XXXIV.  »b 


394  I    SIOLLLSCHl    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

partim  depressus  :  sulurae  profundae.  -  Superficies  loia  IransYerse  »naeguo/t/er  et  rfeme  stria<o- 
sulcata  -  Os  ovale,  elongalum,  anlice  dilulaliim,  pnslice  profuiide  canaliculalum;  labrum  sini- 
strali) subarcualum,  interius  prope  maryinein  pUcato-dentahitn  ;  denles  plerumque  5,  subaeque 
inler  se  dislanles:  coliiniella  ad  npicem  vix  sinislrorsum  inflexa ,  subarcuala,  medio  parum 
excavala:  uiiibilicus  anijustus  vi  jiarum  profiwdus:  rima  a  labiis  brevibus  circumscripla,  vix 
redexa,  poslice  lale  el  parum  profunde  canaliculala. 
Long.  26  mm.  :  I.al.  18  mm. 

1810.  Purpura  hemastoma  BELL,  et  MICHTTT,  Sngg.  Orili.,  pag.  58  (in  parte). 

184J.       Id.  id.  E.  SISMO.,  5yn.,  pag.  39  (in  parte). 

184'7.       Id.  exilis  MlCHTTl,  Foss.mioc,  pag.  918. 

1847.        Id.         slriolala  E.  SISMI).,  Syn.,  2  ed.,  pag.  28  (in  parie). 

1818.        Id.  exilis  FOCUS,  Slud.  terl.-bitd.  Oher-Ital.,  pag.  50. 

Varietà  A. 

Testa  hrevinr,  ventricoKinr.  -  .iiifraclus  ultimus  prope  suluram  poslicam  late  et  parum  pro- 
funìp  canalìcìilalìis:  sulurae  profundiores. 
Long.  2S  mm.  :  Lai.  18  mm. 

Varietà  B. 

Anfraclim  ullimug  prope  marginem  ori.s-  una  vel  frequentius  duabus  ììodorum  seriebus  in- 
strucUis  ;  nodi  plerumque  tres  in  serie  postica,  duo  in  antica,  inter  se  salit  dislanles,  omnes  sub- 
spinosi. 

Long.  25  mm  :  Lai.  16  mm. 

Questa  forma  differisce  dalla  P.  exilis  Partsch,  colla  quale  ha  non  poca  analogia 
ne'  suoi  caratteri  generali  ed  alla  quale  è  stata  liferita  dal  sig.  Jliclielotti.  perchè  la  sua 
superficie  è  attraversata  da  nuraerosissinii  solchettini  per  lo  più  fra  loro  equidistanti , 
mentre  nella  specie  del  Partsch  i  solchi  sono  più  piccoli,  meno  profondi  ed  in  molto 
minor  numero  e  perciò  separati  da  iuterstizii  più  larghi. 

Il  signor  Fuchs  nella  sua  Memoria  precitata  (Stud.  tert.-Bild.  Obcr-Itaì.)  cita 
a  Sciolze  la  P.  exilis  Partsch  e  la  P.  strioìata  Bronn:  alla  P.  exilis  Partsch  furono 
finora  riferiti  i  fossili  dei  Colli  torinesi  che  io  lio  precedentemente  descritti  col  Home 
di  P.  arata  Bell.  Finora  la  vera  P.  strioìata  Bronn,  propria  del  pliocene  superiore, 
non  fu,  che  io  mi  sappia,  trovata  nei  Colli  torinesi,  ed,  ignorando  quale  sia  la  forma 
di  Sciolze  che  il  signor  Fuchs  ha  identificata  colla  specie  del  Bronn,  ho  tralasciata 
la  cita2done  della  Memoria  del  signor  Fuchs  che  vi  si  riferisce. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà, 
Pino-torinese,  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  ecc.,  non  raro;  Coli,  del  Jfnseo  e  Mi- 
chelotti. 

10.   PinriRA  p.xRVULA  Ret.l. 

Tav.   XI.  fig.    11. 

Dislinguunl  hanc  spcciem  a  P.  arata  Bell,  sequenles  nolae  : 

Testa  minor.  -  Anfraclus  ultimus  (juiiìque  mdornm  seriebus  instruelus;    series  postica  in- 
terdum  obsoleta;  series  duae  in  ventrem,  dune  omnium  minorrs  in  pnrlem  anticam  decurrentes  : 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  395 

nodi  subacuti,  plerumque  9,  m  duabus  seriebiis  venlialibus  disposili,  plerumque  ivregulares  et  vix 
notati  in  seriebus  anlerioribus.  -  Labrum  sinislrum  interius   obscure  dentatum:   columella  anlice 
subrecta,  jìostice  profiinde  depressa. 
Long.  18  ram.  :  Lat,  12  mra. 

1847.   Purpura  Cyclopum  E.  SISMO.,  Syn.,  2  ed.,  pap;.  28. 
1852.       Id.  i(l.         D'OUB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  79. 

Le  piccole  dimensioni  e  la  columella  quasi  retta  anteriormente  e  profondamente 
incavata  posteriormente  sono  le  note  principali  che  mi  hanno  indotto  a  distinguere 
questa  forma  con  un  nome  proprio. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese ,  non  raro;  Coli, 
del  Museo. 

H.  Purpura  biplicata  Pell. 
Tav.  XI,  (ig.  14. 

Distinguunl  hanc  sppciem  a  P.  arala  Dell,  sequentes  nolae: 

Spira  brcvior.  -  Aitfractus  depressi;  ultimus  poslice  vix  subcaiialiculalus:  suturae  minus 
jìrofundae.  -  Siiporficips  ultimi  anfraclus  Iransversc  costulata;  coslulae  nonnullac,  plerumque  4, 
majores,  quarurn  duae  ventrales  iiodiferue.  -  Os  orale,  non  antice  dilatatum  ;  labrum  sinislrum 
minus  arcua I um  ;  plirae  internac  nnuirrosiores,  6;  labrum  derterum  anlice  biruoosum  :  rui)ae 
magnae;  anlerior  nodiformis,    posterior  plicaeformis  :  rima  poslice  magis  profunde  canaliculala. 

Long.  22  mm.  :  Lai.  15  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val   Ceppi,   non  frequente;   Coli,  del  Museo. 

12.  Purpura  iNAEyuicosT.4TA  Deli,. 
Tav.  XI,  lig.  4. 

Tesla  ovalo-fusiformis:  spira  longiuscula,  salis  acuta.  -  Anfraclus  primi  et  medii  de- 
pressi, poslice  late  et  parum  profunde  canaliculuti;  u\[\nms  magnus,  V,  totius  longitudinis  subae- 
quans,  ventrosus ,  antice  parum  depressus.  -  Superficies  tota  transverse  minute  et  crebre  sulcala: 
coslulae  inler  sulcos  decurrentes  minulissime  striatae;  sulci  et  coslulae  interposilae  usque  ad  di- 
midiam  parlem  penullimam  ultimi  anfraclus  subuniformes,  in  ultima  dimidia  parie  inaequales; 
sulci  profundiores  ;  costulae  nonnullae  majores,  inaequales,  ad  marginem  oris  productae  ;  supiT 
ventrem  ullinii  anfraclus  nodi  nonnulli  passim  perspicui.  -  Oselongalum;  labrum  sinislrum 
inlerius  raro  dcnlalum:  columella  subarcuala:  umbilicus  parum  profundus,  anguslus  :  rima 
salis  recurva. 

Long.  3li  mm.  ;  Lai.  20  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  Baldissero-torinese,  non  frequente; 
Coli,  del  Museo. 


396  i  molluschi  dei  terreni  terziari!  del  piemonte  ecc. 

13.  Plrpora  erosa   Bell. 

Tav.  XI,  fig.  12. 

Distinguunl  liane  speciem  a  P.  arata  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  major:  spira  magis  aperta.  -  Super (icies  ultimi  anfractus  in  ventre  twdifera;  nodi 
$ubobsoleti,  vix  notati,  in  duahus  serielms  disponiti;  sulei  transversi  pauciores,  ab  interstitiis  latio- 
ribiis  separali  -  Os  amplius,  non  postice  anguslatus;  labrum  sinistì-uminterius  laeve,  arcuatum: 
umbilicus  lomiior,  magis  angustus,  et  minus  profundtn. 

Long.  34  mra.  :  Lai.  21   mra. 

Il  fossile  qui  descritto  è  unico  e  di  pessima  conservazione,  per  modo  che  è  molto 
incerto  il  giudizio  che  si  può  dare  sulle  sue  affinità:  tuttavia  ho  creduto  opportuno 
il  descriverlo  perchè  segna  nel  miocene  superiore  dei  Colli  tortonesi  la  presenza  di 
una  forma  intimamente  collegata  colla  P.  haemastoma  (Linn.)  della  fauna  attuale. 
Infatti  delle  forme  del  Piemonte  riferite  a  questa  specie  dei  nostri  mari,  è  quella  che 
vi  è  meglio  legata  sia  per  la  forma  generale,  sia  per  gli  ornamenti  superficiali  (per 
quanto  è  permesso  giudicare  dallo  stato  imperfettissimo  di  conservazione  dell'unico 
esemplare  a  me  noto)  e  sia  perchè  il  suo  labbro  sinistro  non  ha  internamente,  come 
la  P.  haevìcistoma  (Linn.),  verso  le  fauci  le  grosse  e  poco  numerose  pieghe  che  si 
osservano  nelle  altre. 

La  maggior  parte  delle  forme,  quali  di  questa  serie  e  quali  della  seguente,  del 
miocene  medio  dei  Colli  torinesi  o  del  miocene  superiore  dei  Colli  tortonesi ,  riferiti 
finora  alla  precitata  specie  vivente,  portano  sulla  superficie  interna  del  labbro  sinistro 
cinque  o  sci  grosse  pieghe,  ordinariamente  terminate  presso  il  margine  del  labbro 
sinistro  in  un  dente  ottuso,  pel  quale  carattere  mi  paiono  doversene  distinguere.  Nella 
P.  striolata  Broun  del  pliocene  superiore  dei  Colli  astesi  la  natura  della  superficie 
interna  del  labbro  sinistro  e  le  dentellature  del  suo  margine  corrispondono  esattamente 
a  quella  della  vera  P.  haemastoma  (Linn.),  la  (juale  ne  è  probabibnente  derivata. 

Per  questo  stesso  motivo  io  credo  debba  essere  distinta  dalla  vera  P.  haemastoma 
(Linn.)  tanto  l'esemplare  delle  vicinanze  di  Vienna  che  vi  fu  riferito  dall'  Hoernes 
nella  sua  opera  (tav.  XIII,  fig.  18),  quanto  quello  che  vi  riferirono  i  signori  R.  Hoernes 
e  M.  Auinger  nella  loro  recente  pubblicazione  (tav.  XVI,  fig.   1 8). 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  S"   Agata-fossili,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 

14.  PrnpuBA  RARisiLCATA  Hei.l. 
Tav.  M,  fi-.  13. 

Testa  oi'oides:  spira  tn-rvissima.  -  Anl'rarlus  nlliniiis  magmi s ,  '/,  tntiiis  longìtiidinis 
subacquans .  antico  parum  depressus.  -  Superficies  ullinii  atit'raotus  in  dimidia  parte  antica 
traiisii'rsr  silicata  ;  salci  anijnxti.A,  nh  inlrrsliliis  lalissimis,  rniìipliinalis,  seiiarati  :  in  parte  postica 
obsnire  nodifera.  -  Os  suhovale;  l.ihriim  sinislrmn  siibarciialum,  inleriu-^  plicalum;  plicae  4, 
magnai-:  coluniella  parum  coiiloila,  poslice  profunde  excavala:  umbilicus  cìx  notatus:  rima 
non  reflexa. 

Long.  2H  mm.  :  Lui.  17   lum. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  397 

Anclie  per  questa  forma  il  giudizio  sulla  sua  natura  non  può  essere  che  incerto, 
poiché  l'unico  esemplare  a  me  noto  è  stato  evidentemente  rotolato  nel  mare  in  cui 
visse,  per  modo  che  gran  parte  della  spira  e  dei  suoi  ornamenti  superficiali  furono 
corrosi.  11  piccol  numero  dei  solchettini  che  ne  attraversano  la  superficie  e  che  rima- 
sero distintissimi  sulla  parte  media  ed  anteriore  dell'ultimo  anfratto  allontanano  questa 
forma  da  tutte  quelle  descritte  sia  in  questa  che  nelle  altre  serie ,  e  la  ravvicinano 
alla  P.  exilis  Partsch. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo  ;   Coli,   del  Museo. 


4'  Serie. 

Testa  parvula,  ovoìdes:  spira  brevissima,  parum  acuta.  -  Anfractus  ultimus 
magnus,  iuflatus.  -  Superficies  transverse  et  longitudinaìitcr  rare  et  profundc  suicata. 

Ho  isolata  la  forma  descritta  in  questa  serie  per  le  sue  piccole  dimensioni  e  per 
la  singolare  disposizione  dei  suoi  ornamenti  superficiali,  i  quali  caratteri  la  distinguono, 
tanto  dalle  forme  della  serie  precedente,  quanto  da  (quelle  della  seguente. 

15.   PURPDR\   SlSMONDAE   .MlCHTII. 
Tav.  XI,  Ci;.  15. 

Testa  subphìhosa:  spira  brevissima  ,  vix  acuta.  -  Anfractus  primi  brevissimi;  ultimus 
magnvs,  "/,.  Intius  Iniifjiliidinis  subaequnns,  ventre  iuflatus,  antice  valde  depressus:  suturae  subin- 
distiìtctae.  -  Superficies  transverse  costata  et  longitudinaUler  suicata  ;  coslae  traiisversae  -S, 
lakic  (prapserlim  mo.dianac) ,  intcr  se  a  siilcn  lato,  prafniido,  liicostulato  separatae,  a  sulcis  lonni- 
tudiìialibus  latis  ci  profundis  sectae ,  nodiilusae,  prope  os  compìanatae:  costae  transversae  dense 
ferrufiineae ;  sulci  Iransversi  et  loiujitudiiiales  incoloris ,  inde  superficies  fusco-tesgellala.  -  Os 
ovale,  amplum;  labrum  sinistrtim  arcualuin.  inlt'rius  lat've  :  columolla  subrecla  :  umbilicus 
parum  prot'undus:  rima  salis  rcllexa;  canaliculus  poslicus  salis  profundus. 

Long.  17  mm.  :  Lat.  12  mm. 

1840.    l'urpura  intermedia  MK'mITTI,  Riv.  Gasi.,  pag.  22  (non  KIEN.). 

1842.       Id.  id.  E.  SISMI).,  5i/H.,  pap.  39. 

id.  E.  SISMO.,  Si/n.,  2  ed.,  pag.  28. 

id.  n'ORR.,  Prndr..  voi.  IH,  pag.  ITS. 

Slsmnndac  .MlCllTTl   la  UODEUL.,   Cenn.geol.mioc.sup.  Ital.centr.,  pag.  23  (105). 

texscll.ita  MENEGH.  in  PECCU.,  Nuov.foss.  tose,  pag.  14,  tav.  V,  fig.  10,  11  (non  SOW.). 
marmorata  DODERL.  (olim  in  specim.J. 

Quantunque  la  Monografia  delle  Purpure  del  Kiener  non  porti  la  data  della  sua 
pubblicazione,  tuttavia  è  facile  il  desumere  che  questa  fu  anteriore  al  1840,  anno 
in  cui  il  sig.  Cav.  Michelotti  pubblicò  la  sua  P.  intermedia,  poiché  il  sig.  Cav.  Mi- 
chelotti  dopo  la  desciizione  di  questa  sua  specie,  soggiunge  di  aver  trovato  presso 
Sciolze  una  Piirpnm  che  molto  si  avvicina  alla  P.   cìaihrnfa  del  Kiener. 

Ammessa  per  tal  modo  la  priorità  della  Monografia  delle  Purpure  del  Kiener,  nella 


1847. 

Id. 

1852. 

Id. 

1864. 

Id. 

1864. 

Id. 

Id. 

398  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

quale  una  specie  differente  dalla  prosente  è  descritta  e  figurata  col  nome  di  P.  in- 
termedia  Kien.,  ne  derivò  che  il  nome  imposto  a  questa  forma  dal  sig.  Cav.  Michelotti 
nel   1840  doveva  essere  abbandonato. 

Ed  il  sig.  Cav.  Michelotti  suiTOgò  il  primo  nome  con  quello  di  Sismondac  col 
quale  comunicò  questa  forma  al  sig.  Prof.  Doderlein.  Nel  Catalogo  infatti  più  volte 
citato  del  Prof.  Doderlein  è  inscritta  la  specie  col  nome  di  P.  Sismondai  Michtti, 
col  sinonimo  di  P.  intermedia  Michtti.  e  quello  di  P.  marmorata  che  il  Prof.  Do- 
derle  in  le  aveva  precedentemente  applicato  nella  sua  collezione. 

Medesimamente  deve  passare  fra  i  sinonimi  il  nome  proposto  per  questa  specie 
dal  sig.  Prof.  Meneglùiii  e  pubblicato  dal  Peccliioli  nella  Memoria  sovracitata ,  sia 
perchè  la  specie  era  già  stata  molti  anni  prima  pubblicata  dal  sig.  Cav.  Michelotti, 
sia  perchè  il  Sowerby  nella  sua  opera  Genera  of  recent  and  fossi!  Schelìs  (1820- 
24),  aveva  distinto  col  nome  di  tessellata  una  Piirpura  da  questa  diversa. 

Pliocene  inferiore  :  Vezza  presso  Alba ,  raro  ;  Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 
Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi,  S"  Agata-fossili,  raro  ;  (fide  Dordeleini). 

6'  Serie. 

Testa  crassa  :  spira  plerumque  longiuscula ,  raro  hrevis.  -  Anfructus  postice 
prof  linde  canaliculati  ;  margo  posticus  anfractuum  tum  tuberculiferus,  tum  inermis. 
-  Superficies  transverse  muliicostata  et  tuhercidifera  ;  tuhercida  nodiformia,  vel 
dentiformia.  -  Labrum  sinistriim  subarcuatum  ;  dexterum  postice  callosum  :  colu- 
melìa  antice  sìibrecta,  postice  excavata. 

Questa  serie  comprende  forme  che  appartengono  al  sottogenere  Thalessa  H.  e  A. 
Adams   1853. 

A.  Anfrartiis  roiitra  siilurnm  puslJciini  niar!;ioali  et  nodifeii 

16.    PlRPUllA    RF.TIISA    (MrCBTTI.). 
Tiiv.  XI,  lig.    16. 

Testa  r//o/)OS(i,  crassa:  spira  brevissima,  pariim  acuta.  -  Anfraclus  /irtHii  <•(  medii  medio 
depressi,  ad  suluram  posticam  marginali;  ullimus  maqnus,  "/^  tolius  loiiLtiltidinis  siihaeiitians, 
vnlri'  infla'its,  antico  paruin  dopros^us.  -  Su|)or(iiics  transvorse  slrialo-siilcala  et  nodifera; 
nodi  in  o  serielus  transversis  dispositi,  una  super  margiiicm  posliciim  iinlrarltium ,  dnae  ren- 
traìes,  duae  antirae;  nodi  8,  mediocres  in  serie  postica,  magni  in  seriebus  venti nlilnis  .  parvi 
in  seriehiis  anlicis.  -  Os  subovale;  labrum  sinistrum  arciiatum,  iiitorius  rari-plioatuin  :  colu- 
mella  parum  conlorla .  ad  apifcni  vi\  sinislrorsum  obiicjuala,  postice  profunde  e.rcavata: 
umbiiicus  longus,  parum  profundus:  rima  vix  relle.\a,  postice  profunde  ci  anguste  canalicnUnia. 

Long.  35  nini.:  Lat.   28  min. 

1847.    Purpura  Telusa  MICHTTI.,  Foss.mioc,  pnR.SI?. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo;   Coli.  Michelotti. 


DESCRITTI    HA    L.    BELLARDl  399 

17.  PURPUKA    RICrNULOIDES   BeLL. 

Tav.   XI,  6g.   17. 

Testa  crassa,  subovnta:  spira  longiuscula ,  acuì».  -  Anfraclus  versus  sHiuram  postiram 
appressi,  subcanahculati,  coiilra  suluram  poslicam  marginati;  ullimus  '/,  tolius  lonptudinis 
snbaequans,  venire  parum  inflalvs,  anticeparum  depressus.  -  Superlìcies  uUimi  anfraclus  nntice 
transverse  rari-!,ulcala  ,  in  ranaliculum  poslicum  minute  et  dense  transverse  striata,  nodifera; 
series  mdorum  5,  una  mediucris  super  marginem  posticum  anfractuum  decurrens  dùae  ventrale's 
majores,  praesertim  prima,  duae  anticae  minores;  nodi  8,  ohtusi,  inaeguales ,  in  serie  postica 
trregulares,  magni  in  serie  secunda,  minores  in  tertia,  irregulariter  notali  et  vix  subobsoleti  in 
quarta  et  quinta.  -  Os  ovale,  elongatum ;  labrum  sinislrum  interius  laeve:  coluraella  antice 
subrecta,  postice  valde  excavata:  umbilicus  brevis,  latus,  parum  profundus:  rima  vix  reflexa 
poslice  anguste  et  parum  profunde  canalicuiata. 

Long.  35  mm.  ;  Lat.  'il  mni. 

La  P.  ricimloidrs  Bell  è  rappresentata    nella  Fauna  attuale  della  P.  Savignyi 
Desh.   del  Mar  Eosso. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli.  Michelotti. 

18.  PURPURA  CONNECTENS  BeLL. 

Tav.  XI,  fig.  18. 

Testa  crassa,  magna,  ovoides:  spira  longiuscula,  acuta,  medio  inflata.  -  Anfraclus  versus 
suturam  poslicam  depressi,  subcanaliculnli ,  cantra  suluram  marginati;  ultimus  -/s  lotius  lon- 
gitudinis  subaequans,  ventre  parum  inOatus,  anlice  parum  depressus.  -  Superficies  transverse 
inaequaliler  rostulala,  nodifera;  nodi  in  seriebns  duahus  transversis  disposili,  valde  prominentes 
subacuti;  marfio  suturae  postirao  ultin.i  anfraclus  obscure  nodosus;  costulae  Iransvorsae 
partis  anticae  ultimi  anfractus  majores,  postica  passim  nodifera.  -  Os  ovale,  elongatum;  labrum 
sinislrum  leviter  medio  depressinn,  inlcrius  qninque-pliralum:  columella  antice  obscure  biru- 
gosa  el  subrecla,  poslice  profunde  exravat a,  satis  contorta:  umbilicus  latus,  .satis  profundus- 
rima  dislincte  reflexa,  postice  profunde  canalicuiata. 

Long.  38  mm.  :  Lat.  25  mm. 

Per  il  complesso  dei  suoi  caratteri    questa  forma   richiama   alla   memoria  la  P. 
echinata  Blainv. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Eio   della  Batteria,  Villa  Forzano,  Val  Ceppi,  non 
frequente  ;  Coli,  del  Museo. 


19.  Pdrpura  tcberculata  Bell. 
Tav.  XI,  Cg.   19. 

Testa  subovata,  crassa:  spira  longiuscula  ,  acuta    -  Anfraclus   prope   suluram  poslicam 
eanaUculatt;  ullimus  magms,  %  tolius  longiludinis  subaequans,  medio  parum  inflalus  anlice 
■satis  depressus;  oranes  ad  suluram  poslicam  marginali.  -  Superlicies  omnis  transverse  dens» 


400  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIAKII    PEL    PIEMONTE    ECC. 

Striata;  stria  major  et  minor  pìerumqui'  allcrnatae;  nodoruin  scrios  Iransvorsae  5,  posterior 
tupor  maniinem  imsticuìn  anfraclunm,  duae  ventrnles,  duae  anlicac;  nodi  seriei  poslicae  parvi, 
irregulares;  nodi  serierum  secundae  el  lerliae  magni,  valde  prominentes,  subacuti;  nodi  seriei 
quarlae  minores;  nodi  seriei  quinlae  et  ipsi  minores,  inaequales,  inlerius  vix  nolali.  -  Os 
ovale  ;  labrum  sinislrum  subarcualuni,  inlerius  (|ualuor  vel  quinqiie  plicalum;  plicae  indentem 
termiiuitae;  labrum  dexlcruni  aulico  birui;osnm  (in  adullis).- columella  aw/iVe  «iibrpc^fl,  poitice 
excavata,  ad  apiccm  valde  contorta:  umbilicus  lalus,  sed  pnrum  profundus :  rima  valde  re- 
flcxa  et  postice  profunde  canalicuiata. 
Long.  37  mm.;  Lai.  27  min. 

?  18-42.    Purpina  clalhiata  E.  SIS.MD.,  Syn.,  pa^'.  39. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  non  rara  ;  CoU.   del  Museo. 


B.  .\nfraclus  coulia  siilurara  po.slicara  non  inargiiiali  iiec  uodiferi. 
20.  PuRPURA  calcarata  (Grat.). 

Tav.  XI,  lig.  so. 

Testa  subiivala:  spira  longiuscula,  acuta.  -  Anfraclus  postice  depressi,  subcanaliculati; 
ultimus  -/j  tolius  longiludmis  subaequans,  venire  parum  indalus,  anlice  salis  depressus: 
suturae  siniplices.  -  Superticies  Iransversi'  minute  et  dense  striata;  sItìac  inaequales:  nodorum 
series  qualuor,  duae  ventrales  magnae,  duae  anticac  minores;  nodi  serierum  ventralium  ple- 
rumque  7,  magni,  subspinosi,  valde  prominentes,  praesertim  in  serie  postica;  nodi  serierum  anti- 
carum  multo  minores,  ohtusi,  inlerdum  passim  obsoleti.  -  Os  ovale  ;  labrum  sinislrum  subar- 
cuatum,  interius  qualnor-deutalum:  columcila  anlice  subrecta,  postice  excavata,  parum  conlorla: 
umbilicus  via;  notalus:  rima  vix  reflexa;  canaliculus  poslicus  parum  profundus. 

Lon^.  30  mm.  :  Lat.  20  mra. 

1840.  ìiieinula  cali-arata  GRAT.,  Atl.  Cowli.foss.,  tav.  WW,  (tg.  t5.  18. 

1840.  Purpura   plkala  BELL,  et  MtCllTTI,  Saijij.Oria.,  pai;.  58,  Uv.  V,  ù^.tì,  1. 

l84ì.        Iti.  <J.  E.  SlS.\il).,  .Syn.,  pag.  ;>9. 

1847.        111.        inionslati'  MICIlTTl.,  Fvss.mioc,  pag.  S17. 

1847.        IH.        cali-arata  E.  SISMD.,  %n.,  9  ed.,  pag.  28. 

1874.        fd.  id.  BENOIST,  C.i«<i/./»M.  Ì.H  finVc  <(  rff  5rtufaM,  pag.381. 

1878.       Id.  ili.  FCCilS,  Stiid.  ti-rt.-hilj.  Ober-ltal.,  pag.  5U. 

Varietà  A  lan  species  distiiiguenda  ?) 

AnfractHS  postice  minus  depressi;  ullimus  longior,  antice  atlenualus.  -  Superficie»  (rOHJiw.sv 
minute  striata;  nodorum  series  unirà  rentralis. 

Le  formo  che  i  signori  R.  Hoernes  e  M.  Auinger  riferirono  a  questa  specie  di 
Qrateloup  (meno  forse  quella  figurata  a  fig.  10,  tav.  XVI  della  loro  opera) ,  non 
corrispondono  ai  fossili  dei  Colli  torinesi  qui  descritti. 

Paragonando  i  molti  esemplari  delle  vicinanze  di  Torino  con  quelli  sovracitati, 
non  fr  difficile  riconoscere  fra  gli  uni  e  gli  altri  le  seguenti  dififerenze. 

Nei  fossili  dei  Colli  torinesi,  come  in  quelli  delle  vicinanze  di  Bordeaux:  1"  la 
forma  ò  più  breve  o  più  rigonfia  e  perciò  la  bocca  più  corta  e  più  larga;  2"  i  nodi 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  401 

acuminati  sono  minori  di  numero  e  più  grossi;  3°  il  labbro  sinistro  in  luogo  di  pieghe 
non  ha  nel  suo  intemo  che  quattro  o  cinque  tubercoli  per  lo  più  isolati  e  raramente 
prolungati  verso  le  fauci  per  un  brevissimo  tratto  in  una  piega  quasi  obliterata. 

Un  esemplare  della,  Purpur a  (Kicinula)  calcarata  (Grat.)  proveniente  da  Merignac 
e  gentilmente  comunicatomi  dal  sig.  Benoist  collima  in  tutto  e  per  tutto  con  quelli 
dei  Colli  torinesi. 

La  P.  calcarata  Grat.  rappresenta  nel  miocene  medio  dei  Colli  torinesi  il  gruppo 
al  quale  appartiene  la  P.   deltoidea   Lamck.,  e  la  P.   Pica  Blainv. 

Miocene  medio  :   Colli    torinesi ,    Baldissero-torinese  ,  Val    Ceppi ,   Rio   della  Bat- 
teria, ecc.,  non  raro  ;   ColJ.   del  Museo  e  Michelotti. 


21.    PURPURA    HAEMASTOMOIDES    R     HoERN     U.    M.    AuiNG.? 


Dislinguunl  hanc  spcciem  a  P.  calcuraln  (Gral.)  sequenles  nolae; 

Testa  luwjior,  anguslior  :  sjìira  lotiijvir,  magis  acuta.  -  Pars  postica  anfractuum  magis  lata. 
-  Nodi  ìiiinores:  slriae  Iransversae  pauciores ,  majores.  -  Os  magis  longnin:  culuinella  anlice 
recla,  minus  contorta:  rimi  tniitux  reflr.ra. 

Lonj?.  30  min.:  Lai.  iO  min 

Ì85:».    l'urpura  elata  HOKUN.,  Moli.  /'oss.  ff^ien,  voi.  I,  paj^.  167,  lav.  XIII,  fin.  I8. 

1882.        Id.         haemastomoides   U.  IIOKKN.  ii.  .M.  Al  INC..  Gnsler  mioc.  Oeslerr.-i'nij.  ìfonarch.,  paf;.  lòt. 

Riferisco  con  dubbio  la  forma  qui  descritta  alla  precitata  specie  di  Vienna,  poiché 
l'unico  esemplare  elio  ne  conosco  del  Piemonte,  è  di  imperfetta  conservazione  e  pre- 
senta le  seguenti  differenze  colla  figura  dell'Hoernes: 

1°  i  solchi  trasversali  vi  sono  un  poco  più  profondi  (non  sufficientemente  segnati 
a  tav.  XI,  fig.  21  della  presente  opera);  2'  i  nodi  delle  due  serie  ventrali  dell'ul- 
timo anfratto  sono  minori  in  numero  (8)  e  perciò  più  (listanti  fra  loro;  3°  le  due 
serie  trasversali  anteriori  sono  quasi  obliterate;   4°  le  suture  sono  meno  profonde. 

Miocene  medio:   Colli  torinesi.  Val  Ceppi,  rarissimo;  Coli,   del  Museo. 


6'  Sei-ie. 

Testa  crassa:  spira  parimi  acuta.  -  Anfractus  postice  non  distincte  canali- 
culati;  margo  posticiis  anfractuum  vix  notatus,  inermis  ;  anfractus  ultimus  an- 
tico obtuse  hicarinatus.  -  Superficies  nodifera.  -  Os  subrectangulare  :  labrum  si- 
nistrum  medio  depressum,  antice  et  postice  sub  angiilatum  ;  callum  posticum  labri 
dexteri  vix  notatim  :  columelìa  antice  subrecta,  obliqua,  postice  profunde  excavata. 

Sekie  II.  Tom.  XXXIV.  *c 


402  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

È  caratteristica  delle  forme  di  questa  serie  la  presenza  di  due  specie  di  carene 
ottuse  che  attraversano  l'ultimo  anfratto,  una  nella  regione  ventrale  l'altra  in  quella 
anteriore,  le  quali  protratte  al  margine  della  bocca  dàimo  luogo  nel  labbro  sinistro 
a  due  angoli  più  o  meno  bene  definiti. 

22.    PURPURA    BICARINATA    BeLL. 
Tav.  XI,  fig.  29. 

Testa  polygona  :  spira  longiuscula.  -  Anfraclus  ullimus  '/s  lolius  longiludinis  subaequans. 
transverse  bicarinalns  ;  carina  postica  sulurae  pruxima,  antica  ventralis ,  ambae  oblusae.  -  Su- 
perficies  lonfjiludinaliler  costala;  coslae  ma^HOP,  rerlae,  obliquae,  variciformes,  & ,  ab  interstitiis 
latii  et  pinlundis  separatae,  in  intersecatione  cnrinarum  in  nodum  subspinosum  erectae.  -  Os 
amplum,  sìibf]iia(lratum  ;  labrum  sinistrum  bianr/ulalum,  interius  ad  niarginem  incrassatum  et 
quinque-plicaliini  ;  plicae  in  denteili  oblusuni  lerininatae:  coUìmeWa  postice  profunde  excavata  : 
umbilicus  anguslus,  satis  profundus:  rima  vix  revoluta:  canaliculus  poslicus  parum  profundus. 

Long.  22  mm.  :  Lai.  10  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Val  Ceppi,  raro;  Coli,  del 
Museo. 

23.    PCRPDBA   STAZZANENSIS    BeLL. 
Tav.  XI,  fig.  93. 

Oislingnunt  hanc  speciera  a  P  bicarinata  Bell,  sequenles  notae  ; 

Testa  anfiustior:  spira  magis  aperta.  -  dirinae  Iransversae  miiius  prominenles.  -  Costae 
loniiitudinales  obscure  notatae,  obtusiores  :  nodi  obtusiores.  -  Os  angustius:  umbilicus  latior  et 
loKijinr. 

Long.  'ì^  mm.  :  Lat.  14  mm. 

Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi ,  Stazzano ,  rarissimo  ;  Coli,  della  R.  Scuola 
per  gl'Ingegneri  (Prof.   Gastaldi)  e  Micbelotti. 


24.    PUHPURA    LNIPLICATA    BeLL. 
Tav.  XI,  fig.  24. 

Dislinguunl  hanc  specieni  a  P.  birariimla  BpII.  sequentos  nolae: 

Testa  major,  crassior ,  magis  innata  :  spira  brevior ,  magis  aperta.  -  Anfraclus  ultimus 
obliquiis:  rarinae  ohtiisiores,  vix  notalae.  -  Costae  longitwiinales  obscure  nolalae .  panciores, 
oblusinies,  ab  iiiterstitiis  laliorilìiis  et  viinus  profundis  separatae:  lindi  majores.  -  Super/ìries  trans- 
verse  minute  silicata.  -  Os  snborale:  rolninella  magis  contorta,  anticc  sinistrorsum  inflexa  ,  et 
uniplicata  :  umbilicus  vix  nolaliis. 

Long.  28  mm.  :  Lai    21   mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli.  Micbelotti. 


DESCRITTI    DA    L     BELLAKDI  403 

T  Serie. 

Testa  sub  fusi  formis,  elongata:  spira  longiuscula,  Y^  totius  longitudinis  suhae- 
quans.  -  Superficies  transverse  striato-sulcata ,  nodifera.  -  Columeìla  suhrecta , 
postice  excavata. 

Si  distinguono  ovviamente  le  forme  che  compongono  questa  serie,  dalle  loro  con- 
generi per  le  piccole  loro  dimensioni  e  per  la  lunghezza  ed  acutezza  della  spira  le 
quali  danno  luogo  ad  una  forma  generale  stretta  e  proporzionatamente  lunga. 

2-5.  PURPURA  PRODDCTA  BelL. 
Tav.  XI,  fig.  25. 

Testa  subfusirormis,  angusta:  spira  Innga,  valde  acuta.  -  Anfractus  primi  et  medii  con- 
vexi;  uitimiis  diraidiam  longitudinem  superans,  postice  excavatus,  antica  parum  depressus: 
suturae  profundae.  -  Superficies  transverse  costulata,  in  interstiliis  coslanim  transversarum 
minute  et  densi'  longiludiualitur  lamellosa;  costae  transversae  majores  et  minores  allemalaf,  ab 
inlerstitiis  anfjustis  et  profundis  si-paralap  ;  in  primis  et  mediis  anfractubus  series  una  nodoium 
super  nnrjulum  mrdianum  anfractunm  mnijna  el  altura  minor  rontra  suluram  anticam  denir- 
rentes;  in  anfrarlu  ultimo  torlia  et  quarla  serips  uodoruni  minirnae,  ihi  nodi  irregulares, 
olisriire  notati.  -  Os  ovale,  elongalnm;  labrum  sinislrum  subarcuaUini,  mi  mnrginrm  serratum, 
inlerius  incrassaluni ,  pluriplicatum;  plicae  in  faucem  parum  productae:  columclla  lonQa, 
antiie  subvpfta ,  postice  excarala,  parum  contorta,  l'requenter  antice  rugulosa  et  submodio 
uniplicala:  umbilicus  nngustus,  lonyus:  rima  vix  rejleia,  a  lahiis  lonijiusrulis  circumscripla. 

Long.  30  inni.  :  Lat.  1 7  nini. 

1840.    Purpura  hemastoma  (jun.)  BELL,  et  MICHTTI,  Sagg.  Oriti.,  lav.V,  Cg.4,  ó. 

VarleiA  A. 

Testa  major:  spira  brevior,  niinus  aperta.  -  Angulum  poslicum  ultimi  anfractus  magis  pro- 
minens. 

Long.  31   mm.:  Lat.  19  nim. 

Varietà  B. 

Testa  brevior:  spira  magis  aperta.  -  Angulus  posticus  anfractuum  magU  prominens.  -  Co- 
lumeìla magis  contorta,  inde  umbilicus  amplior. 
Lonu.  22  nim.  ;  Lat.  18  nini. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;   Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

i6.  Purpura  apenninica  Bell. 

Tav.  XI.  fifr.  26. 

Distinguunl  hanc  speciem  a  P.  producta  Bell,  sequentes  nolae: 

Testa  minor:  spira  magis  acuta.  •  Series  Iransversales  nodorum   magis  prominentes,  nodi 


404  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

viajores;  plicae  inleman  labri   sinistri  pauciores  (i),  majores:   columella  tnagis   contorta,  inde 
umbilicits  amplior. 

Long,  io  mm.  :  Lai.   17  mni. 

Miocene  inferiore:  Cassinelle,  Momese,  Dego,  raro;  Coli,  del  Museo  di  Zurigo 
{Prof.   Mayer)  e  Michelotti. 

27.    Pl'RPUBA    ELONGATA    BeLL. 
Tav.  XI,  Iìr.  27. 

Dislinguunt  hanc  speciera  a  P.  producta  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  minor.  -  Anfradus  posticr  magis  depressi;  ultimus  anlice  angtislatus^  longior .  -  Costae 
lomiitudinales  pauciores,  inde  nodi  pauciores,  majiires.  -  Os  subtriangulare ;  labrum  sinislrum 
postici'  angulalum,  antice  subreclnm,  obliquum,  inlerius  quadriplicatum ;  labrum  dexierum  laevi\- 
columella  poslice  magis  exravata 

Long    17  mm.  :  LaL  H   '/«  n^"™- 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Termo-fourà,  Val  Ceppi,  raro: 
Coli.  Michelotti. 


28.  Porpora  megastoma  Beli.. 
Tav.  XI,  fig.  98. 

Disiinguunl  liane  speciem  a  P.  producta  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  viinoi-:  spira  brevior ,  magis  aperta.  -  Anf'ractns  breviores,  minus  convexi:  sulurae 
minus  profundae.  -  Series  nodorum  magis  pniminenles  ;  nodi  pauciores,  majores.  -  Os  subovale, 
medili  ditalalum  ;  labrum  sinislntm  medin  effusinn,  inlerius  quadriplicatum:  columella  aulire 
subrerta,  postici'  profuiide  excavata:  umbilinix  vix  notalus. 

Long.  17  min.  :  Lai.  Il   mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  raro;   Coli,   del  Museo. 

8'  Serie 

Testa  suhfusiformis  :  spira  dimidiam  longitudinem  suhaequans.  -  Anfractus 
postice  depressi,  subcanaliculati ;  margo  posticus  anfractumn  simplex,  inermis.  - 
Superficics  transverse  dense  striato-suìcata.  -  Columella  subrecta,  postice  excavatu  : 
culhim  postictim  labri  dexteri  vix  notatum. 

29.    PORPURA    ELECTA    ReI.L. 
1870     yrurex  dectiis  BEI,!...   .Moli.  laz.  Piente  Liij..  pari  I,  pag.  la:,  tav.  Vili,  fip.  19  (n.  6). 

Miocene  medio:  Colli  toiinesi,  Baldissero-torinese ,  raro;  Coli,  della  R.  Scuola 
degl'Ingegneri  (Prof.   Gastaldi)  e  Kovasenda. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  .  405 

9'  Serie. 

Testa  crassissima,  suhgìohosa  :  spira  brevissima.  -  Anfractiis  uìtimus  magnus, 
postice  vix  depressus;  margo  posticus  anfractuum  irregularis.  -  Siiperficies  trans- 
verse striato-sulcata.  -  Os  suhovale  ;  labrum  sinistrum  exterius  incrassatum ,  va- 
rici forme,  postice  super  anfractum  pcnultimum  productmn:  columella  medio  pro- 
funde  excavata. 

Ho  collocato  qui  alla  coda  del  genere  Furpura  una  forma  notevolissima,  la  quale 
meriterebbe  forse  di  costituire  un  genere  distinto,  perchè  ai  caratteri  generali  della 
natura  del  guscio  e  degli  ornamenti  superficiali  consimili  a  quelli  delle  Pui-pure,  si 
aggiungono  in  essa:  1°  la  presenza  di  una  grossa  varice  esterna  del  labbro  sinistro; 
2°  la  forma  arcata  della  columella,  nella  quale  cioè  la  maggior  concavità  si  trova 
nel  mezzo  della  sua  lunghezza,  mentre  nelle  vere  Purpure  è  collocata  più  o  meno 
prossimamente  all'angolo  posteriore  della  bocca  formato  dall'incontro  del  labbro  destro 
col  sinistro.  L'esemplare  descritto  e  figurato  è  unico  e  di  imperfetta  conservazione. 

30.    PURPURA    VARICOSA    UeLL. 
Tav.  XI,  flg.  29  [a,  b). 

Testa  craasissima:  spira  brevis.  -  Anfraclus  primi  breves,  complanaii;  uUimus  magnut, 
ventrosus,  */s  lolius  longiludinis  superans,  anlice  vaido  deprossus.  -  Superficies  loia  Irans- 
verse  cosluhla:  cosl\ihe  majores  et  tninores  allernatae:  series  una  transversa  ventralis  nodorum, 
in  parie  a  sutura  leda  in  primis  anfrarlibus ;  nodi  in  ultimo  anfraclu  mmini,  ohtusi,  antire  in 
coslam  ohsoletam  produdi.  -  Os  ovaie  ;  labrum  sinistrum  exterius  incrassatum,  subvaricosnm, 
postice  callosum,  supra  anfradum  praecedenlem  prodiidwn,  inlerius  pluri-plicalum:  columella 
subarcuala:  umbiiicus  vix  notalns:  rima  anp;usta,  postice  non  canaliculala. 

Lonfi.  24?  inm.  :  Lai.  20  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,  Stazzano,  rarissimo;  Coli.  Michelotti. 

Nel  Catalogo  del  Prof.  Doderlein  sono  citate  come  trovate  a  S'"  Agata-fossili  due 
specie  di  Purpure  che  io  non  conosco  di  quella  località  e  che  perciò  non  ho  descritte, 
la  P.   lineoìata  Doderl.  e  la  P.  elata  Blainv. 


2.  Genere  JOPAS  II.  et  A.  Ad.  (i853). 

1.    .lOPAS    PTGMAEA    BeLL. 
Tav.  XI,  flg.  30. 

Testa  parvnta,  ovaln-fusifomiis.  -  Anfractus  complanali  ;  ultimus  *U  totius  longiludinis 
subaequans,  ventrosus,  antice  parum  depressus:  suturae  supcrficiales.  -  Superticies  Iota  trans- 
verse  sulcata  et  in  primis  anfractubus  loufiitudinaliler  cosluiata;  sulci  profundi.  latiusculi, 
praesertim  postici,  complanati,  ab  interstitiis  paullo  majoribus  et  cumplanatis  separati,  in  primis 


406  I    MOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

et  mediis  anfraclubus  4  perspicui,  l"2  in  ultimo;  ìnìi^rsldìA  sukis  interposita  passim  ferrugineo- 
macnlati;  cosUilae  longiludinales  obluxne .  rectae ,  inlerslilia  suhapquantes,  in  uUimo  anfraclu 
sensim  sine  sensu  evanescenles.  -  Os  ovaie;  labrum  sinistrum  inlerius  pluri-plicalura  ,  ad 
mafinem  serruialum;  lubercuium  posticum  labri  dexleri  salis  promiiiens:  coiumella  arcuala: 
rima  a  labiis  ion^iusculis  circumscripla. 
Long.  1 2  mm.  :  Lai.  ti  mm. 

Miocene  superiore  :  Tetti  Borelli  presso  Castelnuovo   d'Asti ,  non  raro  ;  Coli,  del 
Museo  e  Kovasenda. 


3.  Genere  MONOCEROS  Lamck  (1819). 

1.    MONOCRROS   MONACANTHOS    (BrOCCH.). 
Tav.  XII,  li},'.    1. 

Tesla  subovaia.  -  Anfraclus  primi  versus  suluram  anticam  traiisverxe  subcaiiiiati ;  ullimus 
magnus,  '/j  lolius  longiludinis  subaequans:  sulurae  profundae.  -  Superlicics  Iransverse  coslu- 
lalo-suicala  el  longiludinaiiler  costata;  coslulae  Iraiisversae  inacquaits,  mnmllae  majores  mino- 
ribus  intermixlae,  a  siilcis  inacqualibm  sepaialae;  coslae  longiludiiiales  frequenler  variciformcs, 
magnile,  obtusae,  plerumque  7  in  ullimo  anfraclu,  in  inlersecalioue  coslularuni  transversarum 
obsolete  noilosae;  carina  t«  primis  anfraclubus  (illaesis)  nodoso-spinosa;  snperficies  in  illaesis 
loia  longiiudinaliter  dense  lamellosa.  -  Os  ovale:  labrum  siiiislrum  inlerius  versus  raargincm 
minute  denlatum  ,  ad  marginem  crenuialum;  deus  anlicus  brevis,  aeulus:  coluraella  subar- 
cuata: umbilicus  parum  profundus. 

Long.  40  mm.  :  Lat.  23  mra. 

1814     Bitccinum  (Purpura)  monacanlhos  BROCCH.,  Cnncìi.  fass.sub.,  paj;.    331,  tav.  IV,  lig.  12. 

BUO.N'M,  Ital.tert.-Geb.,  pag.  2C. 
E.  SISMI).,  Si/n.,  pay.41. 

TCimiATCU.,  Cnnstil.  géol.  Prov.mirid.  Naples  et  Nioe,  pag.  i38. 
desìi,   in  LAmCK.,  Anim.  s.  vert.,  2  ed.,  vol.X,   pag.  124. 
E.  SISMD.,  .S'i/H.,  ì  ed  ,  pag.  28. 
irOUB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  79. 
FOBEST.,  Catiìl.Moll.plinc.  Bulogn.,  pag.  50. 
COr.C.,  Enum.  Sist.  Moli.  mioc.  e  plioc.  Parm.  e  Piac,  pag.  91. 
COPI'.,  Calai,  foss.  mio-plioc.  Moilen.  Coli.  Cnpp.,  pag.  2. 
SEGUENZ.,  Form,  plioc  hai.  merid.,  pag.  342. 
COPP.,  Mnrn.turch.e  Foss.  mode».,  pag.  15. 
COPP.,   Paltoni  moden.,  pag.  il. 

Fìiocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  non  raro;   Coli,   del  Museo. 
Pliocene  superiore:  Volpedo  presso  Voghera,  non  raro;  Coli,  del  Museo. 

2.    MoNOCEROS    DEPRESSUS    BnONN. 
Tav.  X!l,  lig.  2. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Man.  mmacanllios  (Broccii.)  sequenles  nolae: 

Testa  minor,  sitbghbosa,  brevior,  lalior  :  spira  brevissima,  magis  aperta.  -  Os  orali-rolun- 
datum;  labrum  sinistrum  arcunlnm  :  coiumella  pnstia^  magis  excarata:  umbilicus  angustiar 
Long.  30  mm.  :  Lai.  24  mm. 


1831. 

Monoceros 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

id. 

1842. 

Bitccinum 

id. 

id. 

1843. 

Monoceros 

id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

id 

1852. 

Id. 

id. 

id. 

1868. 

Id. 

id. 

id 

1873. 

Id. 

id. 

id. 

1874. 

Id. 

id. 

id. 

1875. 

Id. 

id. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  40  7 

1831.   Monoceros  depressus  BRONN,  Ital.  terl.-Geb.,  pag.  26. 

Pliocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  raro;   Coli,  del  Museo. 

3.  MONOCEROS  CANCELLATCS  BeLL. 
Tav.  XII,  fig.  3. 

Distinguunl  hanc  speciem  a  Mon.  monaranthos  (Brocch.)  sequentes  nolae: 
Testa  major,  magis  infiala:  spira  maqis  averta     brevior    -  r«v/„;„.   , 

Long.  52  mm.:  Lat.  37  mm. 

In  un  esemplare  del  quale  non  trovai  che  uua  porzione  dell' ultimo  anfratto  a 
stazzano,  le  dimensioni  doveano  essere  quasi  doppie  di  quelle  dell'esemplare  figurato 
provemente  da  Vezza.  s    ««■"' 

Miocene  superiore:  ColM  tortonesi.  Stazzano,  rarissimo;   Coli,  del  Museo 
Miocene  inferiore:  Vezza  presso  Alba,  rarissimo;   CoU.  del  Museo. 

4.  Genere  VITULARFA  Swains.  (1840). 

1-    VlTULARIA    MNGUA-BOVIS    (BaST.). 

Testa  venlrosa.  subfusiformis:  spira  salis  longa  et  acuta.  -  Anfraclus   primi  cantra  su- 

tnram  ant,ca,n   subrarrnat,  ,    postice   subcomplanati  ;    ullimus   .ragnus .   "3  toliu     lon!  ud  nis 

subaequans,  ,„  ventre  subcarinalus.  antice  ..a.is  Hepressus:  .ufurao  simpl  e  "       arul 

un  ae    -  Superfic.es  tota  et  satis  dense  pustulifera;  longHudinaliter  et  i  regu larHe     pasTm 

u miniata,  ,n  canna  anfraCnum  nodif.ra;  pus.ulao  obtusae ,   i„„o^nales  ,   «.o^orn        IZl 

due.       Os  subtnanoulare    labrum  s.nislrun,  incrassatum.  raririlor.ne,   lamelloL      rat^Zs 
dent,culatun,,  ,osUoe  angula,u,n:  coiun.ella  subrectu,  postice  parum  excavata:  umbili;us  i  J 
parum  prolundus,  inlerdum  vix  notatus,  in  adulti.s  amplior 
Long.  85  mm.  :  Lat.  6.5  mm. 

1825.  Murex  lingua-bons    BAST.,  Mcm.  Bord.,  pag.  59,  fv.  Ili,  fig.  10. 

827.  Id  id.  mPn.,DiH.Sc.nat.,yolXLV,p.s.t,k 

1832.  Jd.  id.  CRAT.,  7;,fc/  /ò.«.  0„x,  n.   123. 

IS'  ■    ■^^  '•',■  "'^^''"'  ^''"'*-  ^''"-  ^''""~^-  '■"  '^rt.-Beok.  V.  ÌVi.n,  pag.  418. 

iLn"  1,'  '"^'^'^•'  ^"'"^-  ""-'■"  ''"■"■'■  <-''>""*>  n-  MI- 

840.  «.  „,,„/,„„,        r,nAT.,.^,/.Co„rA. /•«,„.,  tav.  XXXI,  fig.  17.  18. 

1841.  Id.  l,ngu„-boi'is  MICIITTl,  Mo,w,jr.Gen.  Mareji,  pag  22 

18-12.  Id.  vitulinus         E.  SISMI).,  Sy«.,   pag.  38. 

1847.  /,/.  lingua-bovh  MlCllTTI,  Foss.  mioc,  pag.  244. 

1847.  Id.  id.  E.  SISMD..  Sy„.,  9  ed.,  pag.  41. 


408"  I    MOLLUSCHI    PEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1847.  Hfurex  liiigua-hwis    SOW.  in  SMITH,  Age  of  the  terl.  BeJs  of  the   Tage,  voi.  Ili,  pag.  415. 
1818.       /(/.  "/.  IIOKUN.,   l'erz.  in  CzizcF'  Frlunl.z.  geogn.  K  rt.r:  Wien,  pag.  18. 

1851.  «.  ili.  IIOKRN.,  Milli.  fos.<.  Wien,  voi.  I,  pag.  «.(O,  lav.  XXIV,  fiR   1,  3. 

1852.  III.  sulmlulinus   lyOWB..  Prodi:.  \o\.  Ili,  jtag.  IX 

1852.  J(l-        hngua-bovis  D'OKB..  h-odr.,  voi.  ili,  pag.  75. 

1853.  III.  id.  'SìXGV.W.,  Beiti. tert.-.Mnll. Ober-Lapugy,  ^3^.h\. 
I8(;n.       Id.             id.  NEICEB.,  %.^^  rcri  (cr(.-.»Ao//.-CfA.,  pag.  12. 

1864        Id.  ul.  ItODKKL.,  rcjin.jw/.  miof.iM/).7rn/.r(>n/r.,  pai,'.  22  '104). 

1874.       Id.  id.  KENOIST,  'l\st.  fuss.  ite  la  Hriile  et  de  Saiicats,  pag. 353. 

1878.    Purpurn       id.  fVClìS,  Stttd.  tert.bild.  Ubrr-ltal.,  pag.  àO. 

Miocrnr  mrdio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà, 
Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  non  frequente  ;  Coli,  del  Museo,  Miclelotti  e  Eovasenda. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  rarissimo;  Coli,  del  Museo  di  Zurigo 
(Prof.  Mayer)  e  Rovasenda. 


5.  Genere  CUMA  Huimphrey  (i'"97). 
1.  Coma  laxecarinata  (Michtti.). 

Tnv.  XII,  fig.  4  {a,  6). 

Testa  subfiisiformis:  spira  longa.  -  Anfraclus  lìrimi  et  mcdii  prope  suluram  anticain  an- 
gulali,  mthcarinati,  postice  complanati,  infiinilibiliformp.<:  ;  ullìmiis  venire  angulatus,  subcarinntiis, 
valdejìromiiiens,  aniice  prnfunile  depressus,  iinfin.'ìlatux,  '/j  lolius  lonjziludinis  subae(|uans:  sulurae 
profurulissimatv  -  Superficics  Iota  transversc  coslulala,  slrialo-sulcala  el  nodifera;  coslulae 
iimequales,  majores  et  miitores  plcrumqiie  attcrnatae;  scries  una  nmlornm  in  aiigtilum  anfractiium, 
et  altera  prope  rimani  decurrentes;  nodi  serici  poslicac  in  primis  anfrarlubus  obliisi,  in  ultimo 
ìiiaqni ,  spinosi,  plerumque  11  ,  omnes  aniice  in  roslam  maqnam  ,  olitusam,  irreijularem.  ante 
sericm  anlicam  nmlorum  cvanescentem  producti;  nodi  seriei  anlicae  el  ipsi  magni,  sed  minores; 
Hodis  serici  posticae  plerumque  numero  aequales.  ■  Os  anguslwn,  elonyalum;  labrum  sinistrum 
inleriiis  laeve:  columella  aniice  snbreclu,  poslicc  prò funde  escavala:  unibilicus  lalus,  sed  parum 
profundus. 

Long.  7'ò  mm.  :  Lai.  45  mm. 

1861.    l'usiis  la.vecarinatus  MlCllTTI,  Fii.ss.miiie.iiif.,  lav.XH,  fig.  Il,   12. 

Questa  forma  è  stata  figurata,  ma  non  descritta  nella  precitata  opera  del  signor 
Cav.  Miclielotti. 

Miocene  inferiore:  Sassello,  S'"  Giustina,  non  raro;  Coli,  del  Museo,  Michelotti 
e  Museo  di  Zurigo  (Prof.  Mayer). 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDl  409' 


Sottofamiglia  PURPURELLINAE  Bell. 


Labrum  dexlerum  cantra  canaliculum  poslicum  oris  transverse  plicatum:  plica  magna  irt 
faucem  producla.  -  Rima  a  labiis  longis  ,  in  caudam  lungiusculam  et  reciirvam  produclis  cir- 
cumscripta. 

Le  forme  clie  mi  parve  opportuno  di  qui  distinguere  dalle  precedenti  e  che  mi 
consigliarono  di  istituire  per  esse  una  sottofamiglia,  si  distinguono  dal  genere  Purpura 
ed  affini  per  un  carattere  molto  importante  e  ben  definito,  vale  a  dire  per  una  piega 
gi-ossa  ed  assai  sporgente  che  con-e  spiralmente  sul  labbro  destro  per  tutto  l'interno 
del  guscio  in  prossimità  del  canaletto  in  cui  si  protende  posteriormente  la  bocca. 
A  questo  carattere  si  deve  aggiungere  che  le  labbra,  dalle  quali  è  cii'coscritto  l'iu- 
taglio  anteriore,  sono  lunghe  per  modo  da  dare  origine  ad  una  specie  di  coda,  notevol- 
mente rivolta  all'indietro. 

Siccome  poi  fra  le  forme  collegate  dai  precitati  caratteri  una  {Purpurella  cana- 
li cui  atei  Bell.)  ha  il  labbro  destro,  o  columellare,  semplice  e  liscio  anteriormente  e 
le  altre  (Taurasia  suhfusiformis  (D'Orb.)  e  forme  affini)  presentano  nella  parte  ante- 
riore di  detto  labbro  due  o  tre  pieghe,  o  rughe  che  si  vogliano  chiamare,  poco  spor- 
genti ma  bene  distinte,  fra  loro  ravvicinate  e  pochissimo  oblique  all'asse  del  guscio, 
le  quali  si  protendono  nell'interao  della  conchiglia  per  tutta  la  lunghezza  della  colu- 
mella,  consimilmente  a  quanto  si  ossei-va  nel  genere  La  finis,  cosi  ho  per  la  prima 
proposto  il  genere  Furptirella  e  per  le  seconde  quello  di    Taurasia. 

Columclla  antice  simplex     G.   Purpurella  Bell. 
Columella  antice  hipUcata  G.    Taurasia     Bell. 


I.  Genere  PURPURELLA.  Bell.  (1882). 

Anfractus  postice  profunde  canaliculati,  cantra  suturam  posticam  marginati  : 
margo  noclifcrus.  -  Os  postice  profunde  canaliculatum  ;  labrum  dexterum  prope 
canaliculum  tmiplicatum  ;  plica  magna,  valde  prominens,  spiratim  in  faucem  pro- 
ducta  :  columella  larvis,  subarcuata  :  rima  a  labiis  longis  circuniscripta  et  vix  reflexa. 
inde  testa  subcaudata. 

I  .    PURPUBELLA    CANAUCULATA    BeLL. 
Tav.  XI,  fi};.  35. 

Testa  subfusiformis:  spira  longiuscula,  parum  acuta.  -  .\iirraclus  prioii  et  medii  medio 
satis  profunde  ccmcari;  ultimus  ventre  ani]u1alus  ,  postice  concavus ,  antice  valde  depressus,  '/j 
tolius  longiludinis  subaequans:  sutiirae  marginalae,  prominenles.  -  Superficies  tota  transverse 

Serie  IT.   Tom.   XXXIY.  «n 


410 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARIl    DEL    PIEMONTE    ECC. 


coslulala;  coslulae  inaequales,  majores  transverse  striatae  et  minoribus  subregulariler  allernatae 
in  parte  antica  ultimi  anfraclus,  in  canali  postico  miiiutae  et  subuniformes ;  angulus  venlralis 
ultimi  anfraclus  iwdiferus;  nodi  acuii,  subsjmosi,  subduplicati  :  canaliculus  poslicus  anfracluum 
amplus  etpr(jfundus:  niargo  sulurae  poslicae  satis  prominens,  nodis  subacutis,  irregularibus.  - 
Os  subquadraliim  ;  labrum  siiiislrum  inlerius  piuri-plicalum  :  columella  ad  apicem  vaide 
conlorla,  subarcuala;  umbilicus  auguslus:  rima  a  labiis  longis  circumscripla  el  in  caudara  pro- 
ducla,  poslice  inflexa. 

Long.  40  mm.  :  Lai.  24  nini. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi;  Baldissero-torinese ,  rarissimo;  Coli.  Michelotti  e 
Rovasenda. 


2.  Genere  TAURASIA  Bell.  (1882). 

Testa  suhfusiformis  :  spira  longa.  -  Anfradus  postice  depressi,  subcanaliculati  ; 
idtimus  dimidiam  longitudinem  subaequans:  sutura  postica  non  marginata.  -  Os 
ovale,  postice  profunde  canaìiculatum  :  labrum  dexterum  contra  canniiculitm  po- 
sticim  oris  uni-pìicatum  :  plica  magna  ,  in  faucem  spiratim  producta  :  cohmeìla 
antice  transverse  plicata  :  plicae  partim   obliquae,   in  faucem  productae. 


I    Tal'kasu  sl'bflisiformis  (D'Orb.). 

Tav.  XI,  fig.  31. 

Testa  fiisiformis:  spira  lunga,  acuta.  -  Anfraclus  primi  poslice  vix  canaliculali;  ullimus 
poslice  late  et  profunde  canaliculahis ,  ventre  injlatits,  anticc  valde  depressus ,  lom/us,  '/s  lolius 
longiludinis  subai'quuns:  sulurae  suptrtìciales.  -  Superficics  tota  Iransvarse  sulcata  el  coslu- 
lala; coslulae  inlerstilia  subaequantes,  lies  miiiores  inter  majores  plerumque  decurrenles:  anfraclus 
Itrimi  longitudinaliler  costati;  coslae  oblusac ,  rcclae ,  inlerstitia  stibucquanles.  -  Os  ovale; 
labrum  sinislrum  arcuatum,  inlerius  pluri-pliiatum:  columella  arcuala,  J/ifi/io  paruni  profunde 
exrat'ata;  umbilicus  anguslus  et  paium  profunilus. 

Long.  37  mm.  :  Lai.  19  mm. 

1842.  Purpura  rugosa         K.  SIS.Ml).,  Syn.,  pag.  39. 

1812.        W.  luta  E.  SISMI).,  .Syn.,  pa;;.  40  (giovane). 

1847.       Id.     fusiformis      MICIITTI.,  Fw*.  miV.,  pag.  218,  tav.  XVI,  fig.  17. 

1847.        Id.  id.  E.  SISMO.,  ,Syn.,  2  ed.,  pag.  28. 

1852.         Id.   suhfusiformis  D'ORB..  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  7i). 

lb*8.       Jd.  id.  Pi:i:US,  Stud.tert.-Bild.Ober-Ilat.,  pag.  50. 

Varle(A   A. 


Testa  major  :  spira  longior.  -  Coslulae  transvcrsae  minores. 
Lai.  18  mm. 


Long.  38  uiui 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARM  41  I 

Tarlet*  B. 

Testa  major:  spira  brevior,  minus  acuta.  -  Canaliculus  posticus  anfractuum  magis profnndus. 
-  Coslulae  transversae  et  sulci  interpositi  mitiores,  inlerdum  passim  obsoleti. 
Long.  35  mm.  :  Lai.  21   mm. 

Il  Sismonda  nella  prima  edizione  del  Synopsis  riferì  erroneamente  al  Murex  rn- 
gosus  Sow.  gli  esemplari  adulti  di  questa  forma,  ed  al  Murex  ìntus  Sow.  i  giovani. 

Il  nome  specifico  col  quale  il  sig.  Cav.  Michelotti  pubblicò  questa  specie  nel  1847, 
non  può  essere  conservato  perchè  precedentemente  a  quell'epoca  un'altra  specie  dello 
stesso  genere  era  stata  pubblicata  dal  Blainville  col  medesimo  nome. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Villa  Forzano .  Termo-fourà. 
Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  ecc.,  non  frequente;  Coli,  del  Museo  e  Michelotti. 

2.  Talrasia  coronata  Bell. 

Tav.  XI,  flg.  32. 

Dislingiuint  hanc  speciem  a  Taiir.  subfusiformis  (D'Orb.)  sequoriles  nolae: 

Testa  minor,  crassior  :  spira  magis  aperta.  -  Anfractus  cantra  suturam  poslicam  i/i/Iaa', 
submarginati.  -  Coslulae  transversae  majores  et  minores  minus  promineutes  :  series  una  nodornm 
in  ventrem  ultimi  anfractus  dccurrens;  nodi  magni,  obtusi,  interstitiis  interpositis  majores. 

Long.  23  mm.  :  Lai.  12  mra. 

Varieia  S. 

Tnv.  XI,  Cg.  3.3. 

Spira  magis  aperta.  -  Nodi  minores,  frequentiores,  in  partim  obsoleti;  costulae  transversae 
majores  et  minores  complanatae  (forsan  erosae?). 

Long.  30  mm.  :  Lai.  20  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Termo-fourà,  Baldissero-torinese.  raro;  Coli,  del 
Museo,  Michelotti  e  Kovasenda. 

3.  Taurasia  nodosa  Bei.l. 

Tav.  X>,  fig.  34. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Tatti-,  subfusiformis  (D'Orb.)  sequentes  notae  : 

Testa  major,  crassior:  spira  magis  aperta.  -  Canaliculus  posticus  anfractuum  magis  pro- 
fundus,  praeserlim  in  tillimo.  -  Coslulae  liansversae  vix  passim  perspicuae  [an  erosae?;;  noili 
ventrales  magni,  oblusi:  margo  posticus  anfractuum  irregularis,  inflatus.  -  Plicae  internae  labri 
sinistri  numerosiores. 

Long.   iO  mm.  :  Lai.  22  mm 

Miocene  medio:   Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raiissimo;   CoU.  del  Museo. 


412 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEKZIAKII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


Famiglia  CORALLIOPHILIDAE  Cheno  (d859). 


I.  Genere  COllALLIOPHILA  H.  et  A.  ADAMS  (i835). 


1'  Serie. 

Anfractus  uUimus  dimidiu   loiìyitudine  ìongior. 

1  .    CORALLIOPHILA    GRANIFERA    (MlCHTTI.). 
Tav.  XII,  fig.  -. 

Testa  irregularis,  suhglohosa  :  spira  longiuscula,  acuta.  -  Anfraclus  primi  prope  stiluram 
uiilicam  infiali,  ultiimis  in  venire  vakle  iiilìalus ,  aniice  valde  depiessus,  anormulilcr  evolutus. 
-  Superficii's  tota  minute  scubro.sa ,  Iransverse  costulala,  longiludinaiiter  costala;  coslulae 
transversae  subunifnimes,  spissae,  a  snlcin  anguslis  separalae;  costae  loiigiludmdes  rectae,  magnar, 
oblusae,  ab  intcrstiliis  anfinslis  separalae,  leviler  oliliquae,  in  dimidia  parte  ttllimi  anfractus  ori 
proxiwa  obsoletac.  -  Os  suborbiculare,  fere  magis  latuni  quain  longum;  labrum  sinislrum  in 
rentre  valde  concarum:  colunielia  postice  panilo  excavatn  ,  antica  subrecta;  umbilicus  pannn 
profnndus. 

Long.  20  mm.  :  Lai.  13  iiim. 

1842.    l'i/nila  s(]uaiiiulala   V..  SISMI).,  Sì/)i.,  pag.   .16. 

1847.        III.       (jrnm/eia     MlCHTTI.,  Fosi.  m'or.,  pag.  966,  lav.  XVII.  f.  (i. 

1847.        /(/.  id.  E.  SISMO,,  Syn.  2  ed.,  pag.  37. 

VaricCA  A. 
Tav.  XII,  Cg.  ». 

Testa  major  :  spira  lirevinr,  magis  aperta.  -   Anfraclus    ullimiis   in    ventre   minus    infìatus, 
varicosus.  -  Os  snbtriangulare  :  columella  longior,  in  caudam  producta:  umbilicus  longior. 
Long.  21   mm.  :  Lat.  15  mm. 

Nella  figura  8  della  tav.  XII,  la  (juale  rappresenta  la  vai'ietà  A  di  questa  specie, 
l'ultimo  anfratto  riesci  più  stretto  di  quanto  è  nell'originale. 


Varlrlft  B. 
Tav.  XII,  lig.  G, 


Anfraclus  ullimus  anormaliter  evoluliis,  in  ventre  infìatissimus.  -  Os  anguslum,  niagis  longnm 
pliant  lalum,  postice  expansnm. 

Long.  20?  mm,  :  Lai.   I  \  inni. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  413 

1840.  Pynila    papiracea        BELL,  et  MICHTTI.,  Sagg.  Oriti.,  pag.  S6,  tav.  II,  fig.   13. 

1849.  Id.             id.              E.  SISMU.,  Syn.,  pag.  36. 

1847.  W. /Jjcurfopa/jyracea  MICHTTI.,  Foss.minc,  pag.  267. 

1847.  Rapella         id.               E.  SISMD.,  Syti.,  S  ed.,  pag.  37. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Villa  Forzano,  Grangia,  Val  Ceppi,  Termo-fourà,. 
raro;  Coli,  del  Museo,  Michelotti  e  Rovasenda. 

2.    CORALLIOPHtLA    BBEVISPIRA   BeLL. 
Tav.  XII,  fig.  9. 

Tesla  pyriformà  :  spira  brevissima,  jianun  anula.  -  Anfraclus  ullimus  magnui,  ventrosu$, 
anlice  vix  depressus ,  ^/j  lolius  loiigiludinis  suhaequans.  -  Coslae  loiigitiidinales  parvuìae, 
numerosa^ ,  ah  inlerstUiis  angusHs  separalae  ,  leviler  ohìiquae,  in  anfradu  ullimo  vix  passim 
notatae  ;  coslulae  Iransversae  miaulae,  crehran,  iiiaequuies,  majorcs  et  minores  plerumque  alter- 
nalae,  praeserlim  in  regione  antica  ultimi  anfraclus.  -  Os  subovale,  postice  dilalatum;  labrum 
sinistrum  postice  e.rpansum:  columella  subrecla,  poslice  vix  excavata,  antice  in  caudam  pro- 
ducla;  uinbilicus  nullus,  vel  vix  notalus. 

Long.  20  mtn.  Lai.  13  inni. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Eio  della  Batteria,  Termo-fourà,  raro  ;  Coli,  del 
Museo,  Michelotti  e  Rovasenda. 

3.    CORALLIOPniLA    ANGUSTA    BeLI.. 
Tav.  XII,  11(5.   10. 

Testa  .tubfusifdimis,  eUmgala:  spira  longiuscula,  satìs  acuta.  -  Anfraclus  convext;  ullimus 
innqnus,  '/s  lolius  longitudinis  subacquans,  l'ii  ventre  injlatus,  anliee  produclus,parum  depressus. 
-  Coslae  longiludinales  oblmac,  ab  inter.Hiliis  anfiustis  separatae,  reciae,  obliquae ,  in  dimidia 
parie  ultimi  anfraclus  ori  contigua  obsoletae;  iauicll<ae  longiludinales  »unierosae,  nonnullae  vari- 
ciformes  in  idliuui  anfractn;  coslulae  Iransversae  spissae,  ab  intcrstiliis  aw/uslis  et  profundis 
separalae,  major  et  minor  allernatae.  -  Os  subovalc,  elomjatum:  columella  .mbmedio  parum 
excavala,  antice  subrecla,  leviter  sinislrorsum  inflexa,  producta,  inde  lesta  subcaudata  ;  umbi- 
licus  lalinscìUus,  longus,  ad  marginem  exlernum  rariciferus:  rima  vix  recurvata. 

Long.  19  mm.  :  Lai.  10  mm. 

Miocene  medio:   Colli  torinesi.   Villa  Forzano,  rarissimo:  Coli,  del  Musco. 


4.    CoBALLIOPUlI.A    COSTATA    BelL. 
Tav.  XII,  fig.   U. 

Testa  ventrosa:  sjiira  brevis,  parum  acuta.  -  Anfraclus  convexi;  ullimus  ventrosus,magnus, 
*/3  lolius  longitudinis  subaequans  ,  anlice  vix  depressus.  -  Coslae  longiludinales  magnae, 
angidosae  ,  passim  variciformes  ,  usque  ad  marginem  oris  productae  .  subrectae ,  prope  suluram 
posticam  (ìhliqualae;  coslulae  Iransversae  in  ventre  anfractuum  uniformcs ,  crebrae ,  prope  su- 
turam  poslicam  obsoletae;  lamellae  longiludinales  vix  notatae.  -  Os  amplum,  postice  dilalatum: 
columella  poslice  parum  excavala,  anlice  subrecla,  panilo  producta;  umbilicus  satis  lalus, 
longus,  profundus:  rima  poslice  vix  recurvala. 

Long.  20  nini.  ;  Lai,   1  4  mm. 


414  I    MOLUSCHI    DEI    TEKREM    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Sciolze  ,  Termo-foui'à ,  raro;  Coli.  Michelet  ti  e 
Boyasenda. 

O.    CoRALLIOPniLA    VARICOSA    lÌELI,. 
Tav.  XII,  fig.   12. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Corali,  coslala  Bell,  sequcnles  nolae: 

Testa  minor:  spira  lonfjior.  -  Anfraclns  magis  convexi,  inde  sulurae  profundiores.  -  Cnslae 
longitudinales  pnnciores,  magis  obìiquae,  in  ulliinis  anfraduhus  omnes  varici furmes,  sublriangulares, 
acutar;  costulae  transversae  majorcs  et  miiiorcs  intcrmixtav,  non  alter natae.  -  Os  suborbiculare  : 
coluviella  subarcuata. 

Long.   16  mra.  :  Lai.  IO  mni. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  raiissimo;   Coli.  Michelotti. 


2'  SeiHe. 

Anfracfìis   uìtiwns  dimidiam   Jovgitì(dinpm   neqxnmi,   rei  suhaequans. 

6.    CORAI  LIOPHILA    FUSIFOUMIS    IÌEI.L. 
Tav.  XII.  fig.  13. 

Testa  eìongala ,  fusiformis:  spira  ìonga ,  valdo  arvta.  -  Anfraclus  convexi:  ullimus  di- 
midia  longitudine  vix  longior ,  ventre  mediocriter  intlatus ,  antice  valde  depressus:  sulurae 
salis  profundae.  -  Coslae  longiludinales  crassae,  obtusae,  panini  obìiquae,  rectae,  fere  usque 
ad  marginem  oris  productae,  ab  intersliliis  laliusculis  xeparatae;  costulae  Iransversae  in  parte 
antica  et  in  vnitre  ultimi  anfractus  regulariler  major  et  minor  alternatae,  in  parte  postica  uni- 
forme!; laincllae  longiludinales  spissae,  undiqne  perspicuae.  -  Os  suborbiculare:  columella 
subarcuala,  anlice  subrecta,  parum  prodncla;  umbilicus  longus,  angustus. 
Long.  20  mra.:  Lai.  1.3  mm. 

Varietà  A    (an  specie.»  distinguenda  ?) 

Anfractus  primi  contra  suturam  anlicam  transverse  subcarinati;  ultimus  antice  magis  de- 
pressus. -  Costulae  transversae  undique  uniformes,  exccptis  nonnullis  majoribus  passim  in  pnrtem 
anticam  ultimi  anfractus  decurrentibns. 

Long.  14  mm.  :  Lai.  8  '/«  """ 

Miocene  medio  :  Colli  tomesi,  Bersano,  Termo-fourà ,    raro  ;    Coli.  Michelotti  e 
RoTasenda. 

7.    CoRALLIOPHILA    REGUl.ARIS    BeI.L. 
Tav.  Xll,  fig.    IS. 

Dislinguunl  hanc  speciem  a  Corali,  fi-tiformis  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  minor.   -   Aiifrarliis  tillimus  anlirr  minus  depressus.  -   Coslae  longiludinales  in  primis 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  415 

anfraclubus  minores,  compressae,  ab  interstitiis  minoribus  separatae,  in  ultimo  majores,  oblusa», 
usque  ad  marginem  oris  productae  ;  coslulae  Iransversae  minores,  a  sulcis  minus  profundis  sepa- 
ratae, subuniformes,  vix  passim  costula  una  minima  inlerposita;  lamellae  longitudinales  subin- 
distinclae.  -  Columella  anlice  minus  productn,  postiee  magis  excavata. 

Long.  19  mm.  :  Lat.  1t  Va  iim. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Sciolze,   rarissimo;  Coli.  Kovasenda. 


8.    COBALLIOPBILA    RECURVICADDA    BelL. 
Tav.  XII,  Cg.  14. 

Distinguimi  hanc  speciem  a  Corali,  fusifurmis  Bell,  sequenles  notae: 

Testa  minor.  -  Anfraclus  magis  conrexi  ;  ultimus  antice  magis  depressus.  -  Costae  longitu- 
dinales majores,  pauciores,  nodiformes,  ab  interstitiis  latioribus  separatae.  -  Umbilicus  vix  no- 
tatus:  rima  magis  recurvata. 

Long.  16  nini.:  Lai.  9  inni. 
Miocene  medio:  Colli  torinesi;  Baldissero-torinese ,   rarissimo;    Coli,  del    Museo. 

9.    CORALLIOPHILA    TURRITA    BeLI.. 
Tav.   XII,  fig.   15. 

• 

Tesla  turrita:  spira  longn.  -  Anfraclus  valde  convexi;  ultìoaus  brevis,  dimidiam  longi- 
ludineni  vix  acquans,  anlice  valde  depressus  :  suliirae  profundae.  -  Coslae  longiludinales 
magnae,  obtusae,  rectae,  obliquile,  ab  interstitiis  profundis  et  parum  latis  separatae,  in  ultimo 
avfractu  usqne  ad  rimam  productae;  cnslulae  Iransversae  spissan,  subuniformes ,  vix  nonnuUae 
in  venlrem  drcurrentes ;  lamellae  longiludinales  undique  spissae  et  perspicuae.  -  Os  suborbi- 
culare,  breviatum:  columella  poslice  salis  excavata,  subarcuala;  umbilicus  angustus,  pro- 
fnndus,  ad  marginem  exlcruum  variciferus. 

Long.  18  mm.  :  Lai.  10  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   Stazzano,   raro:   Coli.  Michelotti. 


10.    CORALUOPHILA    UMUILICATA    BeLL. 
Tav.  XII,  fig.  16. 

Distinguunt  hanc  speciem  a  Corali,  turrita  Bell,  sequenles  notae: 

Tesla  major:  spira  magis  aperta.  -  Anfraclus  minus  convexi,  conlra  suturam  antieam  in- 
jlati;  ultimus  longior:  suturae  minus  profundae.  -  Coslae  longitudinales  prope  suturam  poslicam 
attenuatae;  lamellae  longitudinales  minus  dislinclae.  -  Os  subovale;  labrum  sinistrum  interius 
plicatum:  columella  ad  apicem  sinislrorsum  inflexa;  umbilicus  major. 

Long.  21   mm.  :  Lat.  13  mm. 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   Stazzano,   rarissimo;   Coli.   Michelotti. 


416  J    MOUXSCHl    PEI    TERRENI    TERZIARI]    DEI.    PIEMONTE    ECC. 

II.    CORALLIOPHILA    ABNORMIS    (MlCHTTI.). 
Tav.  XII,  6g.   17. 

Dislinguunl  liane  speciem  a  Corali,  lurrila  Bell,  sequenles  nolae: 

Testa  major,  crassior  :  spira  magis  acuta.  -  Anfrncttix  mimis  coiivexi:  suturae  minus  pro- 
fundae.  -  Costae  loiigiludinales  majores,  ohlusiiires,  pauciores,  in  ventri'  anfractuum  nodiformes ; 
costulae  transversae  miiiorcs,  non  uniformcs  ;  lamellae  loniiiludiualfs  vix  passim  perspiciiae.  - 
Umbilicus  angustiar. 

Long.  20  mm.  :  Lai.  11    '/^  mm. 

Miocene  medio;  Colli  tolinesi,  Termo-fourà,  rarissimo;  Coli.   Michelotti. 


12.    CoRALLIOPeiI.A    CRASSICOSTULATA    BeLL. 
Tav.  XII,  li;,'.   IO. 

Testa  siibfusii'orniis  :  spira  parum  ionaa  et  paruni  acuta.  -  AnlVaclus  coìivctì  ,  propv 
sutnram  antiram  in/iati,  pnstice  depressi;  iilliiiius  iliniidia  longiluiiinc  sublongior,  ventre  in- 
llatns,  aniice  valde  depressus:  suturae  profuiidae.  -  Costae  iongitiulinales  magnae,  ab  inlerstitiis 
angnslis  et  profundis  separatac,  rectne,  iiblìquuc,  in  parte  poetica  aufrartnnm  iittenualui-,  in  ventre 
nodiformes,  antice  cantra  rimani  produrtae:  costulae  transversae  frequente^ .  ab  interstitiis  an- 
gustia et  profundis  separatae,  uniformes,  super  cnstas  longitndinales  magis  prominenles.  -  L'm- 
bilicus  anguslus,  vix  notatus. 

Long.  15  nini.:  Lai.  10  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  rarissimo;   Coli.    Michelotti. 


13.    CoRALLIOPHILA    LONGA    BeLL. 

Testa  fusiformis.  angusta,  longii:  spira  longa,  valde  acuta  -  Anfractus  convexi;  ullimus 
diniidiam  longiludineni  vix  superans.  -  Lamellae  longitudinales  spissae;  coslae  longiludinales 
mugnae,  oblusae,  ab  intirstiliis  latiusculis  et  fyrofnndis  separatae,  valde  obliquae,  postire  cantra 
suturam  puslicam ,  antice  contea  rimani  producine;  coslulae  transversae  frequente'! ,  passim 
costula  minor  majoribus  interposita.  -  0»  ovale,  elongatum,  augustum  :  coluniella  antica  sub- 
reeta,  producla,  postico  parum  excavata. 

Long.  17  inni.:  Lai.  9  nini. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Villa   Forzano,  rarissimo;  Coli,   del   Museo. 


Colloco  <|ui  in  appendice  al  genere  CoralliophiUi  alcune  forme  che  senza  dubbio 
vi  si  devono  riferire,  e  che  furono  descritte  nella  prima  parte  di  quest' opera  come 
appartenenti  al  genere  Murcx. 

Parecchio  altre  forme  fra  quelle  riferite  al  genere  Miircr  dovi'anno  probabilmente 
inscriversi  fra  le  Coralliophila;  ma  ciò  mi  riserbo  di  fare  in  una  rivista  generale 
delle  specie  descritte  che  darò  ad   opera  compiuta. 


DESCRITTJ    DA    L.    BELLAKDf  41 T 

li.    CORALLIOPHILA    ReNIERI    (MiCHTTI.). 
1879.    Murtx  Rtnitri  BELL.,  Moli.  terr.  terz.  IHem.e  Lig.,  parte  I,  pag.  126,  tav.  MIl,  fig.  17,  a,  *. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  raro:  Coli.  Kovasenda. 

Io.    CORALLIOPHILA    IRREGULABIS    BeLL. 
1.872.   Murtx  irregularis  BELL.,  Moli.  Un.  Pieni,  e  Lig.,  parte  I,  pag.  1S8,  tav.  Vili,  litr.91,  a,  h. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Grangia,  rarissimo;   Coli.  EoTasenda. 

16.    CORALLIOPHILA    COMPTA    BeLL. 
1878.    Murex  complus  BELL.,  Moli.  lerz.  Pieni,  e  Lig.,  parte  1,  pag.  12fi,  tav.  Vili,  fig.  17.  a,  b. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  raro  ;  Coli.  Kovasenda. 


2.  Genere  LATIAXIS  Swains.  (1840). 

1  .    LaTIAXIS   INERMIS    BeLL. 
Tav.  XII,  fig.  8  (a,  b). 

Testa  subtrigona:  spira  depressa,  brevissima,  obtusa.  -  Anfraclus  primi  poslice  depressi, 
complanati,  vix  prope  sutitram  posticam  convexiusculi;  ullimus  magnus,  antice  valde  depressus, 
*/j  totius  longiludinis  suhnequans,  in  ventre  carinatus;  carina  acutissima,  valde  prominens ,  in 
primis  anfraclubus  a  sutura  antice  teda,  in  penultimo  in  parte  detecla.  -  Superficies  tota  laevis, 
inermis,  exceplis  rugulis  nonnullis  longiludinalibus  el  irregularibus  passim  pcrspicuis.  -  Os 
subtrigonum:  peristoma  continuum:  coluniciia  subarciiala,  ad  apicem  dextrorsum  infiexa;  xtm- 
bilicus  parum  lattis,  profumlus:  rima  recurvala.  * 

Long.  30  mm.:  Lat.  21   mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Albugnano,  rarissimo;  Coli.   Michelotti. 


SERIK  IT.   Tom.  XXXIV. 


418  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


Famiglia  OLIVIDAE  Chenu(ì859). 


Abbenchè  siano  stati  proposti  parecclii  generi  e  sottogeneri  per  raccogliere  in 
gruppi  più  0  meno  omogenei  le  numerosissime  forme  della  fauna  attuale  riferibili  agli 
antichi  generi  Olii  a  ed  Anciììaria,  i  quali  formano  la  base  di  questa  famiglia,  tut- 
tavia mi  sembra  che  sarebbe  opportuna  una  rivista  generale  di  tutte  le  forme  che  vi 
si  riferiscono,  tanto  di  quelle  che  appartengono  alla  fauna  attuale  quanto  di  quelle 
che  fecero  parte  delle  faune  precedenti.  Da  questa  generale  rassegna  potrebbero  riescire 
ben  definiti  parecchi  gruppi,  i  cui  confini  furono  finora  indicati  in  modo  così  vago  che 
lo  studioso  si  trova  incerto  nel  liferim  le  forme  che  ha  tra  le  mani. 

Non  avendo  i  materiali  occorrenti  per  questa  generale  Jlonografia  delle  Olividi, 
ho  dovuto  limitarmi  a  riferire  le  forme  che  doveva  descrivere,  a  quei  gruppi  già  noti 
colle  specie  dei  quali  presentavano  maggiore  affinità  le  nostre  forme  fossili ,  modifi- 
candone più  0  meno  i  caratteri  e  cù'coscrivendone  meglio,  a  mio  giudizio,  i  confini, 
ed  a  proporre  due  generi  nuovi  per  forme  che  non  potevano  pei  loro  caratteri  far 
parte  di  quelli  precedentemente  stabiliti. 

La  classificazione  qui  sotto  proposta  non  si  riferisce  naturalmente  che  alle  Olividi 
descritte  nella  presente  opera. 

Pai-mi  per  altro  che  allargandone  i  confini  per  poter  raccogliere  tutte  le  specie 
tanto  della  fauna  vivente  quanto  di  quelle  fossili ,  potrebbe  servire  di  base  ad  una 
naturale  distribuzione  di  tutte  le  forme  rappresentanti  questa  numerosa  ed  importante 
famiglia. 

XB.  Col  vocabolo  piega  {plica)  intendo  un  cordone  che  corre  spiralmente  sulla 
columella  per  tutta  la  sua  lunghezza:  le  rughe  (rxgae)  sono  cordoncini  che  partendo 
dalle  fauci  e  con-endo  sulla  callosità  anteriore  della  columella,  ora  semplici ,  ora  in 
parte  confluenti,  vanno  a  finire  contro  la  smarginatura  anteriore  :  finalmente  le  rughette 
(ruguìac)  sono  (juci  cordoncini  che  partendo  dalle  fauci  finiscono  col  labbro  destro, 
vale  a  dire  non  si  protendono  oltre  il  piano  della  bocca,  e  sono  collocati  nella  regione 
mediana  della  columella. 


1.  Sotto-famiglia  OLIVINAE  II.  et  A.  Adams  (IS'i'^). 


Siiira  Iota  tMecla.  -  Aiifrurtus  ullimim  non  aniire  iransverse  unisulcahis.  -  Canaliciiìus 
poslicim  orh  ani/nstus ,  priifundun ,  margine  anitre  acuto.  -  Coluinrlla  rccta  ,  vcl  melio  leviler 
excarata,  antice  uiiiplicata  et  rutiosa,  medio  ru'iulosa,  postice  laevis  ;  plica  et  rufjae  columelhres 
axi  iestae  lum  vix  obliquae,  ttim  valite  obliquae. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDl 

Stiperficies  tiltimi  anfractus  tota  detecta 

1.   Superficies  ultimi  anfractus  antice  a  strato  testaceo  in 
parte  teda 


419 
G.   Porphyria  Bolt. 


2. 


Os  angustum  :  cohimelìa  recta;  plica  et  rugae  columel- 

lares  axi  testae  parum  ohliquae  G.   Olivella  Swains. 

Os  ampluni:  columella  medio  leviter  excavata;  plica  et 

rugae  columellares  axi  testae  valde  obliquae  G.   Agaronia  Gray. 


2.  Sotto-famiglia  AXCILLINAE  H.  et  A    Adam?  (1853). 


Spira  liim  a  sitalo  testaceo  teda,  tum  detecta.  -  Anfractus  ullimus  antice  Iransverse  uni- 
sulcalus.  -  Labrum  siiiistrum  antice  uiii-dentatim  fin  illaesis) :  ranalicnlus  jwsticus  oris  lalus 
parum  profuiidus ,  mine  deteclus,  nunc  a  strato  testaceo  tectus ,  marginibus  oblusis:  columella 
medio  plus  mimisve  excavata,  laxe  contorta,  antice  pluri-plicala ,  ad  apicem  profunde  sulcata , 
medio  et  postice  plerumque  laevis. 

Canaliculus  posticus  oris  et  spira  detecti  2 

Canaliculus  posticus  oris  et  spira  a  strato  testaceo  tedi  6.  Ancillaria   Lamck. 

Spira  brevissima  :  columella  quadriplicata  et  profunde 


sulcata 
Spira  longa  :  columella  laevis 


G.  Ancillarina  Bell. 
G.  Ancillina  Bell. 


Alcune  specie  di  questa  famiglia  sono  straordinariamente  frequenti  ed  abbondanti 
nei  Colli  torinesi,  per  modo  che  se  ne  possono  raccogliere  centinaia  di  esemplari. 
Questa  grande  abbondanza  di  esemplari  unita  all'instabilità  di  forma,  di  cui  parecchie 
specie  di  Olividi  ci  porgono  numerosi  esempi,  fanno  sì  che  riesce  alquanto  incerto 
il  definire  per  ciascuna  i  rispettivi  confini.  E  se  tale  difficoltà  è  già  grave  per  il 
Malacologo  relativamente  alle  specie  della  fauna  attuale,  per  le  quali  ai  caratteri  di 
forma  si  aggiunge  quello  del  colorito,  gravissima  riesce  al  Paleontologo,  al  quale, 
salvo  casi  eccezionali,   manca  questo  elemento  per  caratterizzare  le  forme  che  descrive. 

Per  la  qual  cosa  io  mi  sono  limitato  a  descrivere  di  questa  famiglia  le  forme 
che  mi  parvero  meglio  definibili,  lasciandone  in  disparte  parecchie,  le  quali,  abbenchè 
all'occhio  pratico  dell'osservatore  si  distinguano  dalle  descritte  per  la  loro  fisionomia, 
tuttavia  presentano  differenze  cosi  minute  che  non  sarebbe  possibile  l'esprimerle  con 
vocaboli  propiii. 


420  I    MOLLUSCHI    DBI    TEftBBNI    TBRZIARU    DKL    PIEMONTE   ECC. 


1.  Sotto-famiglia  0LIV1N\E  H.  et  A.  Adams  (1853). 


Come  sono  qui  circoscritti  i  confini  di  questa  sotto-famiglia ,  le  forme  che  vi 
appartengono  si  distinguono  facilmente  da  quelle  della  seguente  per  non  pochi  carat- 
teri, quali:  1°  la  mancanza  di  solco  trasversale  sulla  parte  anteriore  dell'ultimo  an- 
fratto; 2°  il  canaletto  posteriore  della  bocca  stretto,  profondo  e  separato  anterior- 
mente dal  resto  dell'anfratto  da  un  margine  molto  acuto  e  posteriormente  dalla  sutura 
mercè  uno  strato  testaceo  sottile;  3°  la  columella  ordinariamente  diiitta  o  legger- 
mente incavata  nel  mezzo;   4°  la  maggiore  regolarità  nello  sviluppo  della  spira. 


i.  Superpcies  uìlimi  anfradus  tuta  detecta. 
I.  Genere  PORPllYRIA  Bolten  (1798). 


Testa  cylindrucea,  vel  suhfusiformis,  angusta,  longa:  spira  tum  brevis ,  tum 
plus  minusve  ìonga  et  acuta.  -  Superficies  ultimi  anfradus  tota  detecta.  -  Os 
ungustum,  longuni  ;  labrum  sinistrum  suhrectum  :  columella  subrecta ,  antice  uni- 
plicata;  calhim  anticum  pluri-rugosum  ;  rugae  duae  niagnae ,  valdc  prominentes, 
praesertim  posticae  et  aliae  nonnuUae  minores  ;  rugulae  in  regione  mediana  colu- 
mellae  numerosae,  in  postica  nnllae. 


A.  Aufìactus  cuutra  caDaliciiluni  postiriim  wìs  marginali. 

1.    PORPUTRIA    MARGINATA    BeI.I.. 
Tav.  XII,  fig.  20. 

Tesla  subnjliiidrica.  lonf/a:  spira  brevis.  -  Anfradus  ultimi  poslice  late  el  parum  pro- 
l'unde  coHCuvi,  ait  suluraìu  poslicam  marginali;  ultiiniis  autice  parum  allenuatiis,  '/a  lolius  lon- 
giludinis  subaequans.  -  Labrum  dexlerum  antice  birugosum ,  medio  multi-rugulosum;  rtigae 
viajores  subaequale»,  vix  poslica  major,  nonnullae  minores  anlicae,  una  inlcr  duas  majores 
decurrens. 

Long.   l'J  nini.:  Lai.  7  ',  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Termo- fourà.  rarissimo;   Coli.   Michelotti. 


DISCRITTJ    DA    L.    BELT.ARDl  42| 

B.  Anfraclns  centra  canaiìculum  poslicum  oris  non  marginati, 
a.  Canaliculus  postieus  oris  lalus,  profuHdu$. 

2.    POHPHYRU    SCALABIS    BeLI,. 
Tav.  XII,  fi;,'.  21. 

Tesla  cj'lindracea,  arifiusta,  lumja:  spira  longiuscula,  valde  acuta.  -  Anfraclus  primi  le- 
viler  convexi  ;  ultimus  subcijlindricus ,  aiitice  pii.nim  altenualus,  ^/s  lolins  longitudini^  aequans. 

-  (Canaliculus  poslicus  oris  latus,  profundus:  rugae  coluraellares   majores  subaequales,  uii- 
nores  duac  anlicae,  una  inler  majores  clecurrens;  rugulae  quinque. 

Long.  18  mm.  :  Lai.  7  rara. 

1  caratteri  principali  di  questa  specie  sono:  1°  la  forma  stretta  e  lunga;  2"  la 
notevole  larghezza  e  profondità  del  canaletto  posteriore  della  bocca  lungo  le  suture  per 
le  quali  gli  anfratti  rassomigliano  ad  altrettanti  imbuti   capovolti  gli  uni  sugli  altri. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 

3.    PORPBYRIA    CUHTA     HelI.. 

Distinguunl  hanc  specieni  a  l'orph.  scalaris  Bell,  scquenles  notae  : 

Tesla  minor:  spira  hrerior,  minns  arnia.   -  .iiifrnrln^  iillimm  latior.  pnstice  subiiiflahis. 
Long.  1^  nini.:  Lai.  6  min. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Val  Ceppi,  rarissimo;  Coli,   del  Museo, 
b.  Canalicnlus  poslicus  oris  annusiate  paruw  prnfuiidns. 

4.    PORPHYRIA    INFLATA    BeI.L. 
Tav.  XII,  fig.  27. 

Tesla  brevis,  lata:  spira  bravis ,  parutn  acuta.  -  Anfraclus  primi  complanali;  ultimus 
magnits,  versus  suturam  posticam  injlatus,  antice  vix  atlenuatus.  '/«  tolius  longitudinis  aequan.t. 

-  Rugulae  columpllares  plerumque  novom. 
Long.  20  mm.  :  Lai.   IO  mm. 

1853.    Olini  flammulain         HOERN.,  lifoU.fuss.lf^'ieii,  voli,  pag.47,  lav.  VI,  fig.  2  (non  fig.  1). 

1866.     Id.  id.  l'KR.  DA  COST.,  Gustcr.Urc.Pnri.,  pag.35,  lav.  X,  fig.  2  (non  fig.  1). 

1881.     Id.   (Ulrkulina)  id.  R.  HOERN.  u.  M.  AUING.,  Gnsl.  mioc.  Oesterr.-Ung.  Monarcli.,  pag.  54,  (in  parfe). 


422  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEEZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

La  notevole  larghezza  dell'ultimo  anfratto,  per  rispetto  alla  sua  poca  lunghezza 
ed  il  riako  che  si  osserva  nella  sua  regione  ventrale,  delimitano  assai  bene  i  confini 
di  questa  forma  e  la  distinguono  ovviamente  dalle  sue  congeneri  qui  descritte. 

Dirò  a  proposito  della  Porph.  Dufresnei  (Bast.)  i  motivi  per  cui  ne  ho  distinta 
questa  forma,  la  quale  con-isponde  a  quella  della  tav.  YI,  fig.  2  dell'opera  del- 
l'Hoemes  M.  che  la  riferì  a\ì'  Oliva  flammuìata  Lamck  e  perciò,  secondo  lo  stesso, 
ìXV  Oliva  Dufresnei    Bast. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Termo-fonrà,  Kio  della  Batteria,  Baldissero-torinese, 
non  raro;  Coli,  del  Museo. 

0.    l'iiKl'UYItlA    PICHOLINA    [BnONGN.). 
T.1V.  XII.  fiR.  35. 

Dislinguunt  hanc  specieni  a  /'   cijlindracea  (Bors.)  sequenles  notae  : 

Testa    magis  disimele   cyìindracca :   spira  brevissima,  suboblusa ,  ad  apicem  mamillana.  - 
Anfraclus  uìlimus  lonyior,  aitlicc  miiius  (illcniKitus,  '%  lotius  limgilndinis  suhaequans. 
Long.  18  mm.  :  Lai.  8  '/«  ra"'- 

1823.  Oliva  puholina  BRONO.,  Mcm.l'iient.,  pag.eS,  lav.  IH,  fig.  4. 

1825.  W.  id.  DEFR.,  Dici.  Sc.nal.,  yo\.\\\\\.  pag.42. 

183).  Id.         id.  BROÌNN,  7(<i/. /fri.-(.Vi.,  |),ip.  14. 

1852.  Id.         id.  D'ORB.,  ftWc,  vol.IIl,  pag.Sl. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Baldissero- 
torinese.  ecc..  non  raro;   Coli,  del  Museo. 

6.    POHI'UVRIA    CIYLINDRACEA    (B0HS.). 
Tav.  XU,  lig.  24. 

Testa  crassa,  cyliiidracea:    spira   brevis.  -  Anfraclus   primi  vix  convexi;  ullimus   subcij- 
lindriais,  anlice  paruin  alteiiìialus,   ''/i  lolius  longiUuIinis  suhaequans. 
Long.   18  min.  :  Lai.  9  mm. 

1825.  Oliva  lytindraiea  HORS.,  Orili,  jiiein.ì,  pag.  3).  lav.  I,  fig.  6. 

1825.  Id.  id.  DEFR. ,  »ic(.5c.7in».,  voi.  XXXVl,  pag.42. 

1832.  /(/.  id.  JA.N,  Catal.  Conili,  foss.,  pag.  15. 

I8i2.  Id.  id.  E.  .SISMI),  .Sjn.,  pag.  12. 

1847.  Id.  id.  MICIITTI.,  Fnss.mioc,  pag.  835. 

1847.  Id.  id.  E.  S1.S.MD.,  Sijn.,  9  ed.,  pag.  45. 

1852.  Id.  1,1.  U'OUB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  51, 

1861.  Jd.  id.  .MlCirnl..  Foss.  mioc.inf..  pag.  97  (ili  parie}. 

T  1864.  Id.  id.  nODERI,.,  rcnn.  !/(■(./.  mioc.ju/i. /(.(/.  ffiifr.,  pag.  25  (I07\ 

1866.  Id.  fiiwimulata  PER.  U.\  COST.,  G.uf.  fcrr.  A'«r/.,  pag.  35,  lav.  X,  fig.  1  (non  fig.  J). 

1874.  Id.  lylindracea  COl'l'.,  Calai,  fuss.  mio-plioc.  .Mudili.  Coli.  Copp.,  \ta^.  i. 

1878.  Id.  id.  FUCHS,  .«Jiurf.tfrf.  BiW.  Oi.r-/(a/.,  pag.  40. 

1881.  Id.  id.  COl'l'.,   Pn/«o»f.  morfen.,  pag.  44. 


DESCRITTI    DA    L.    BELIARDI  42 S 


VarieU  A. 


Testa  minor.  -  Superficies  nitens. 
Long.  1 4  mm.  :  Lai.  6  mm. 

Varietà  B  (an  species  disti DgueDda?^ 

Testa  minor.  -  Superficies  nitens,  tota  longitudinaliter  vittata  ;  vitlae  pallidae,  angulosae,  in 
sterne  disposilae,  crebrae,  inaequales. 
Long.  17  mm.  :  Lai.  7  mm. 

VarlelA  C. 

Testa  minor:  spira  maqis  acuta.  -  Superficies  nitens,  longitudinaliter  vittata;  vittae  pallidae , 
angulosae,  in  ziaac  dispositae,  inaequales,  paucae;  vitlae  aliae  minores,  rectae,  inaequales,  pal- 
lidae et  brunneae  intermi.rlae. 

Long.  16  mm.  :  Lai    fi  '/«  mm. 

MìocPììr  merìio;  Colli  torinesi,  Rio  della  Batteria,  villa  Forzano,  Pino-torinese, 
Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  ecc.,  comunissimo;  Coli,   del  Museo. 

Varietà  B  e  C  —  Miocmf  meih'o:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  raro;  Coli,  del 
Museo. 

7.    POBPHYRIA    DUFBESNEI    (BaST.). 
Tav.  XII,  li;;.  26. 

Dislinguunl  liane  specieni  a  P.  cylindracca  (Bors.)  sequenles  nolae: 
Testa  major ,    vrassior  :  spira  brevior ,  minus   acuta.  -  Anfractus  ultimus   longior  ,  magis 
ilistinrte  CAjUndraccus. 

Long.  'ì'i  nini.:  Lai.   IO  '/^  nim. 

BAST.,  Meni.  Boni.,  pag.  42,  lav.  Il,  Gg.  10 

r.RAT.,    Tabl.Coq  fos.'^.Adnur,   pag.  320.  ^ 

GRAT.,  Caldi.  .Ini m.  {-"^ert, ex  Innvt.Cironde,  pag.  49. 
GRAT.,  All.Coiich.foss.,  (av.  XLII,  llg.  23,  24. 
MATIl.,  Calai,  mcth.  et  descr.foss.  Bouches-du-nhóne,  pìg.  328. 
K.  SISMU.,  Sijn.,  pag.  49. 
MlCllTTl.,  Foss.mioc,  pag.  33.5. 
E.  SIS.MI).,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  45. 
U'OlUì.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.51. 
MILI..,  Paléoiit.  de  .Vaine  et  Unre,  pag.  159. 
MICHl'Tl.,  t'o.ss.minc.inf.,  pag.  07  (in  parte). 
DODERL.,  Celili,  (jeol.mioc.  Slip.  hai.  centr.,  pag.  25  (107). 
MILL.,  Indic.de  Maine  et  Loire,  voi.  II,  pag.  585. 
MILL.,  Paleimtogr,  de  Maine  et  Loire,  pag.  9. 
IlENOIST,   Test.foss.de  la  Diede  et  Saucais,  pag. 389. 
IM;CI1S,  Sliid.ten.-Bild.Ober-hal.,  pag.  49. 
flammulata    B.\RD.,  /ititd.  paléont.  lerr.  iiiioc.  .Maine  et  Loire,  pag.  106. 

VarieiA  A.  (an  species  distiuguenda.') 

Testa   crassior ,   lalinr:   .spira  mamillana.    -   Anfractus   ultimus  'Is  totius  longitudinis  sub- 
i\  aequans. 

Long.  24  mm.  :  Lai.  1 1   mm. 


1825. 

Oliva 

Dufresnei 

1833. 

Id. 

id 

1838. 

Id. 

id. 

1840. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1859. 

Id. 

id. 

1854. 

Id. 

venusta 

1861. 

Id. 

Ihifrrsnci 

1864. 

Id. 

id. 

1865. 

Id. 

venusta 

1866. 

Id. 

id. 

1874. 

II. 

Du/'rcsnd 

1S78. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

flammulat 

484  1    MOLLUSCHI    DEI    TKRKENI    TEKZIARIl    PEL    PIEMONTE    ECC. 

Vkii«l«  B. 

Tav.  XII,  Cg.  S3. 

Spira  longior,  tnagh  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  '/,  tolius  ìongiludinis  aequans. 
Long.  21   nini.  :  Lai.  8  'j.,  nim. 

VariclA  0  (an  gpecies  dìstingueiidi?). 

Spira  brevissima  ,  inde  jìariim  anita.  -  Anfradus    ttltimns  lougior ,   '/^  4otÌHx    ìongiludinis 
4ieqiians,  antice  vix  atlenualus,  poslice  leviler  ni/7a/i(.5. 
Long.  24  mni.  :  Lai.  10  mni. 

Nella  forma  tipica  e  nella  varietà  A  la  lunghezza  dell'ultimo  anfratto  non  giunge 
ad  uguagliare  i  due  terzi  della  lunghezza  totale  ;  nella  varietà  B  è  uguale  ai  due 
terzi,   e  nella  varietà   ('  uguaglia  i  tre  quarti. 

La  varietà  B  collega  strettamente  la  specie  del  Basterot  con  quella  del  Borsou. 

li  inutile  lo  avvertire  che  nella  grande  quantità  di  esemplari  che  si  raccolgono 
nei  Colli  torinesi  dell'una  e  dell'altra  specie,  si  incontrano  insensibili  deviazioni  che 
rendono  impossibile  il  segnare  i  confini  di  ciascuna. 

Non  ho  citata  la  01.  Dufresnci  indicata  dal  signor  Cav.  Michelotti  trovata  a  I)e.go 
(mioc.  inf.),  perchè  non  conosco  di  questa  località  e  del  terreno  cui  appartiene,  forma 
che  si  possa  riferire  alla  presente. 

Le  due  forme  delle  vicinanze  di  Vienna  riferite  dall'  Hoernes  nella  sua  opera 
all'O?.  fìantììtuìata  Lamck.  =  Oì.  Bufreami  Bast.  (tav.  VI.  fig.  1  e  2)  non  appar- 
tengono né  l'una  ne  l'altra  alla  specie  del  Basterot  colla  figui'a  della  quale  basta 
paragonare  le  due  figure  pubblicate  dallHoenies  per  ricouosc^ere  le  loro  differenze. 

La  forma  della  figura  1  ha  la  spira  notevolmente  più  lunga  e  molto  più  acuta, 
le  sutui'e  perciò  vi  sono  molto  più  oblique  all'asse  del  guscio  ;  inoltre  in  essa  l'ultimo 
anfratto  è  più  breve  e  più  conico. 

La  forma  della  figura  2  è  molto  più  larga  e  relativamente  più  breve;  lultiuio 
anfratto  vi  è  più  conico  ed  ha  nella  sua  parte  posteriore  un  rialzo  leggero  sì  ma 
molto  bene  distinto.  Questa  forma  è  quella  che  ho  precedentemente  descritta  col  nome 
di  Porplt.   inflatn   Bell. 

I  signori  R.  Hnemes  e  M.  Auinger  nella  loro  opera  in  corso  di  pubblicazione 
hauno  pienamente  adottato  l'opinione  dell'Hoernes  M.  a  risguardo  delle  duo  predette 
forme  che  mantennero  riunite  e  che  riferirono  al  genere   Utriculina. 

Non  panni  che  queste  forme  si  possano  riferire  al  precitato  genere  del  Gray 
mancando  in  esse  lo  strato  testaceo  supplementare  anteriore ,  e  la  loro  columelia 
portando  un  certo  numero  di  rughette,  consimilmente  a  quanto  ha  luogo  nel  genere 
Porphyiia,  al  quale  appartengono  secondo  la  classificazione  da  me  adottata. 

II  sig.  Bardin  mi  ha  gentilmente  inviati  due  esemplari  tipici  della  01.  venusta  .Alili, 
che  egli  riferì  dietro  l'autorità  di  Hoernes  M.  sM'Oì.  flavinuilata  Lamck.,  i  quali 
con-ispoiidono  esattamente  alla  figura  che  il  Basterot  ha  jìubblicato  della  sua  01. 
Dufrcsìici,  e  ad  esemplari  tipici  che  raccolsi  molti  anni  sono  a  Leognan  e  che  sono 
identici  a  quelli  dei  Colli  torinesi  descritti  qui  come  tipo  della  specie. 


DESCRITTI    DA     I..    Br.r-I.AKIiI  425- 

Miocene  medio  :  Colli  toiinesi,  Rio  della  Batteria,  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi, 
non  frequente:   Coli,  del  Museo. 

8.  PoRPHYRIA    MALTHATA    BeLL. 

Testa  longn,  angusta,  subfusiformis :  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfraclus  ultìtnus  '/j 
totius  longitudinis  aeqtians,  versus  suturam  posticam  leviler  inflatus  ,  anlice  paTutn  attenuatus.  - 
Superficies  nitens',  liyalina ,  longitudiiialker  viltala;  villae  pallidae,  rarae,  rectae,   inaequales- 

Long.  15-25  mm:  Lai.  6-10  mm.  , 

Varietà  A. 

Spira  hre.vior.  -  Superficies  obsolete  marmorata,  vittae  pallidae  longitudinales  rix  passim 
notatae. 

Long.  17-21   inno.:  Lai.  7-8  '/»  mm- 

Varietà  B. 

Testa  minor.  -  Superficies  nitidissima,  hyalina  ,  vittae  longitudinales  pallidae  confertas, 
minutae,  suhaequales. 

Long.  15  mm.  :  Lai.  6  '/»  "ira. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Val  Ceppi,  non  frequente;  Coli,  del  Museo. 

9.  PORPHYRIA    LONGISPIRA    BeLL. 

Tav.  XII,  fig.  SS. 

Tesla  subfusiformis,   longa,  angusta:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfraclus   ultimus'*j, 
totius  longitudinis  subaequans,  antice  distincte  attenuatus. 
Long.  16-27  mm.  :  Lai.  6-10  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,  Baldissero-torinese  .  Val  Ceppi ,  non  frequente  : 
Coli,  del  Museo. 


10.    PORPBTRIA   FUSIFORMIS   BbLL. 
Tav.  Xn,  fig.  98. 

Testa  fusiformis:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfraclus  uilimus  dimidia  longitudine  paullo 
longior,  antice  valde  attenuatus,  medio  inflatus.  -  Rugulae  columeliares  paucae. 
Long.  22  mm.  :  Lai.  9  mm. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  rarissimo;  Coli,  del  Museo. 


Serie  IT.  Tom.  XXXIV. 


426  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARIl    DEL    PIEMONTE    ECC. 


2.  Superficies  uUimi  unfraclus  antice  a  strato  testaceo  in  parte  tecla. 


I.  Os  angustum.  -  Columella  recta. 


2.  Genere  OLIVELLA  Swainson  (i835). 

Testa  cylindracea  veì  suhfusiformìs :  spira  plerumque  longiuscnla.  -  Superficies 
■ultimi  anfractus  antice  a  strato  testaceo,  plus  minusve  lato,  teda.  -  Os  angustttni, 
longum  ;  labrum  sinistrum  sttbrectum  :  columella  antice  uniplicata;  callum  anticum 
hirugosum;  rugae  cluae,  magnae ,  valde  prominentes,  praesertim  postica,  interdum 
aliae  nonnullae  minores  :  rugulae  numerosae;  pars  postica  columellae  laevis:  cana- 
liculus  posticus  oris  angustus,  profundus,  margine  antico  acuto. 


I  Sezio.VE. 
Rugae  coluiiiellarcs  dime  majores  valde  proniiiienlés,  -et  aliae  nonnullae  minores. 

A.  Slralus  testaccns  antinis  brevìs,  vix  '/o  lo^'us  longiludinis  ultimi  anfraclus  legens. 

1.  Olivella  angusta  Bell. 

Testa  snbfiisiformis,  n»(;«s<«,  longa:  spira  longiuscuìa,  valile  acuta.  -  Anfractus  ultiiiuis 
subciilinilracens,  ventre  rix  hifldtiis,  antice  pariim  et  regtilariler  alteimalin: ,  '/s  totius  lonpitii- 
dinis  suhaeqiians:  canaiiculus  suluraiis  lattis.  -  Slralus  teslaccus  anlicus  brevis,  '/s  'o/i"s 
loiigitudinis  ultimi  anfraclus  subaequans. 

Long.  20  min.  :  Lai.  7  '/»  nini. 

Miocene  inferiore:  Dego,  raro;   Coli.   Michelotti. 


2.  Olivella  affinis  Bell. 

Dislinguunl  liane  speciem  ab  Oliv.  angusta  (Bell.)  sequenles  nolae: 

Testa  breiiior,  subfusiformis:  spira  brcvior,  minns  acuta.  -Anfractus  ullimus  magis   ven- 
Irosus^  antice  magis  altenualus.  -  Stratus  lesiaceus  anticus  latinr. 
Long.  15  mm.  :  Lai.  7  '/a  '"in.  , 

1861.    0/iVfl  cylMracea  MICHTTI.,  Foss.  miociiif.,  pag.  97  (in  parie). 

Miocene  inferiore:  Dego,  raro;  Coli.  Michelotti. 


DEtiCRITTI    DA    l.    BELLARBI  427 

3.    OlIVELLA    LONGISPIRA    BeLL. 

Tav.  XII,  fig.  37. 

« 

Testa  fusiformis:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Anfraclus  ultimus  brevis,  vix  dimidiam  lon- 
giludinem  superaiis,  antice  valde  et  regulariier  allenuatus.  -  Slralus  leslaceus  anticus  hrevis- 
simus,  '/*  lolhis  longiludinis  vUlmì  anfraclus  subaequans.  -  Rugulae  nonnullae  vix  notalae. 

Long.  22  mra.  :  Lai.  8  '/^  min. 

Varici  A  A. 

Spira  brevior,  miims  acuta. 
Long.  20  mm.  :  Lai.  8  mm. 

In  alcuni  rari  esemplali  scorgonsi  tuttora  tracce  della  primiera  colorazione,  rap- 
presentata da  una  tinta  bruna  qua  e  là  interrotta  da  zone  longitudinali  strette  e 
pallide. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  Kio  della  Batteria, 
Villa  Forzano,  Termo-fourà,  non  raro  ;   Coli,   del  Museo. 


B.  Strudis  tosfaceus  aniicus  lalus,  '/j  (otiiis  lougitudiois  ultimi  anfraclus 
.subaequans  h>I  superans. 

4.  Olivella  crassirugosa   Rei.l. 
Tav.  XII,  Og.  36. 

Testa  crassa,  fusiformis:  spira  longa,  valde  acuta.  -  Aufractus  ullinius  dimidiam  longi- 
tudinem  parum  sniwraiis,  aniìce  valde  alleniialus.  -  Slralus  leslaceus  aniicus  brevis.  -  Rugae 
columcllares  magnae,  duae,  ab  aliis  minoribus,  iiualuor  supra  anticam,  duae  supra  poslicam 
decurrentibus  comitalae;  rugulae  paucae. 

Long.  27  mm.  :  Lai.  10  '/«  mm- 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  rarissimo;   Coli,   del  Museo. 

5.  Olivella  tumida  Bell. 


Testa  sub  fusiformis,  crassa:  spira  medio  subinflata,  longiuscula.  -  Anfraclus  ultimus  poslice 
leviter  inflatus,  antice  parum  altenuatus,  '/^  tolius  longitudinis  aequans.  -  Slralus  leslaceus 
aniicus  '/3  totius  longiludinis  ultimi  anfraclus  recumbens.  -  Rugulae  paucae,  magnae. 

Long.  24  nini.:  Lai.  10  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  rarissimo  ;  Coli,  del  Museo. 


428  i  molluschi  iiei  terreni  terziarii  dei.  piemonte  ecc. 

6.  Olivelli  obliquata  Bell. 
Tav.  XII,  (JR.  33. 

Oistinguunl  hanc  speciem  ab  O/tv.  tumida  Bell,  sequentes  notae: 

Testa  minor:  spira  brevior.  -  Anfraclus  complanati;  ultimus  antice  magis  altenuatus  : 
suturae  super ficiiiles.  -  Slratus  testaceus  aiUicus  latior ,  '/,  totius  longitudinis  ultimi  anfraclus 
recumbens   -  Rugae  antfriores  minores. 

Long.  19  mm.  :  Lai.  8  nini 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese,  Val  Ceppi,  Kio  della  Batteria, 
non  frequente;   Coli,   del   Museo. 

7.  Olivella  ventbosa  Bell. 

Tav.  XII,  lig.  31. 

Testa  crassa:  spira  hrevis,  pariim  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  lonqus ,  *j,  totius  longitu- 
dinis snperans,  laliis,  in  venire  infìaliis,  aniice  disliiirle  ntleiiualiis.  -  Stralus  leslaceus  anlicns 
lalus,  '/,  totius  longitudine  ultimi  anfraclus  stibaequans.  -  Rugulae  columellares  paucae. 

Long.  22  mm.  :  Lai.   IO  mm. 

Varieli  A. 

Spira  longivr,  magis  acuta. 
Long.  19  mm.:  Lai.  9  nini. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi,  non  raro;  Coli, 
del  Museo. 

8.  Olivella  bosacea  (Bon.). 

Tav.  XU,  6g.  39. 

Testa  crassa,  cylindracea:  spira  hrevis,  parum  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  longior,  magis 
distincte  cylindraceus ,  aniice  breviter  sed  valile  attenuatus.  -  Slratus  testaceus  anlìcus  lalus, 
itimidia  longitudine  ultimi  anfraclus  parum  brevior.  -  Rugulae  columellares  quatuor. 

Long.  23  mm.  :  Lai.   IO  mm. 

Olii-a  rosacea  BON..  Cai.  .US.,  >".  2009. 
1842.      Id.       i,l.       E.  SIS.MD.,  .Si/n.,  pag.42. 
1847.     Id.       id.       E.  S1S.MD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  45. 
1852.      Id.        id.        D'ORB.,  /'rorfr.,  voi  III,  51. 

Bonelli  scrisse,  nel  Catalogo  manoscritto  del  Museo  Zoologico  a  proposito  di  questa 
specie,  quanto  segue: 

«  Fossile  del  Colle  di  Torino  colla  i.^piduìd,  ma  rarissima  e  da  essa  distinta  alla 
«  lamina  callosa  che  partendo  dalla  sommità  quasi  del  labbro  sinistro  discende  e  cinge 
«  tutta  la  base  della  conchiglia  per  '/,  della  sua  altezza  sul  davanti  e  '/a  sul  dorso  ». 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.   Baldissero-torinese,  raro;   Coli,   del   Museo. 


descritti  da  l.  bellardi  429^ 

9.  Omvella  brevis  Bell. 
Tav.  XII,   fig.  34. 

Tesla  brevis,  suhfusiformis:  spira  brevis,  parum  acuta.  -  Ànfraclus  ultimus  pestice  in- 
flalus,  latus,  antice  parum  atteniiatus,  '/^  circiler  totius  longiludinis  aequans.  -  Stratus  teslaceus. 
aaticus  brevis,  '/s  lotius  longiturlinis  ullimi  ànfraclus  recumbens.  -  Rugulae  columellares  paucae. 

Long.  1 6  mm.  :  Lai.  7  '/«  nim. 

In  alcuni  esemplari  si  osservano  tracce  dell'antica  colorazione:  su  di  un  fondo 
bruno  corrono  longitudinalmente  bende  ineguali,  rette,  di  tinta  pallida. 

Miocene  medio  :  Colli  torine.si ,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi ,  non  raro  ;  Coli, 
del  Museo. 


Il  SezIO.M  (an  genus  distinguendum?). 
Rugae  columellares  quatuor  vel  quìnque  parvulae,  subaequales. 

10.  Olivella  sthicta  Bell. 

Tesla  sub[usiformis ,  lunga ,  anglista:  spira  longa ,  valde  acuta.  -  Ànfraclus  ullimus  in 
ventre  subcijHudricus,  antice  attenuatus,  */j  lotius  lougitudinis  aequans.  -  Slralus  teslaceus  an- 
licus  '/»  lotius  superfìciei  ultimi  ànfraclus  tegens. 

Long.  20  mm.  :  Lai.  8  mm. 

1861.    Oliva  lUwula  .MICHTTl.,  l'OiS.inioc.inf,  pa^.O?  Jn  parie;. 

Miocene  inferiore:  Dego,  raro;  Coli,   del  Museo  e  Michelotti. 

11.  Olivella  clavula  (Lamck.). 
Tav.  XII ,  fig.  30. 

Testa  crassa:  spira  longiusrula,  acuta.  -  Ànfraclus  ullimus  cylindraceus,  antice  vix  aite- 
nuatus,  '/s  totius  longiludinis  aeguans:  pustice  suhinftalus.  -  Slralus  leslaceus  anlìcus  '/»  totiv^ 
longiludinis  ullimi  ànfraclus  recumbens.  -  Os  antice  laeviler  dilatatns  :  rugae  anticae  ad  apicem 
columellae  produclae  tres  ,  quarum  postica  versus  faucem  trifida;  rugulae  plerumque  septem, 
subuniformes. 

Long.  36  mm.  :  Lai.  ,12  mm. 

1810.    Oliva    clavula  LAMCK.,  ^nn.  f/«  j»/t«ec,  voi.  XVI,  pag. 398. 

1814.   doluta  (Oliva)  hispiilula  BROCCII.,  Cnnch.foss.sub.,  pag.  315,  lav.  Ili,  6g.  Itì  (a,  b). 

clavula  LA.VICK.,  .4nim.s.vcit.,  voi.  VI!,  pag.  440. 

id.  BAST.,  Mém.Bnrd.,  pag.  42,  tav.  II,  fig.  7. 

id.  DEFR.,  Dict.Sc.nat.,  voi.  XXXVI,  pag.  41. 

mitreola  DEFU.,  Dict.  Si:  nai.,  voi.  XXXVI,  pag.  48. 
hispidula    BRONN,  /to/.  rer«.-Cti.,  pag.  14. 

duvnla  GRAT.,  Tahl.  foss.  Da.t.  pag.  310,  N.  619. 

id.  DU.I.,  HJàn.  Tour.,  pag.  304. 

id.  DESH.,  Knajcl.mctli.  Tcrs,  voi.  Ili,  pag.  647. 


1839. 

Oliva 

1895. 

Id. 

1895. 

Id. 

1895. 

Id. 

1831. 

Id. 

1839. 

Id. 

1837. 

Id. 

1838. 

Id. 

480  I    MOLLVSCHl    DEI    TERRENI    TEEZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1838.  Olim  hispidula  GRAT.,    labi.  Condì.  fuat.Bass.de  fAduur,   [)ug.  12. 

1838.  Id.  clavula  GRAT.,  Cn<a/.  ^e/(.ff  /nwrf.  GiVonrfe,  >.  459,  pag.  49. 

1838.  Id.  hispidula  GR.\T.,  Calai,  rirt.  et  Inveri.  Gironde.  >.  460,  p»'^.  49. 

1840.  Id.  clavula  GR.\T.,  ^//.  Co«cA. /bij.,  lav.  XLII,  fig.  25,  9ò,  27. 

1843.  Id.  id.  MATH.,  Calai,  mélh.  et  desir.foss.  Bouches-du-KMne,  paf^.ìàC. 
1842.  Id  id.  E.  SI.SMD.,  Syn.,  pag.  42. 

1844.  Id.  id.  LAMCK.,  ^nim.j.  ler/.,  9  ed.,  vol.X,  pag.635. 
1847.  Id.  id.  Mir.lITTI.,  Foss.  mioc,  pag  330  (in  parlc\ 
1847.  Id.  id.  E.  SISMI).,  S</n.,  2  ed.,  pag.45. 

1852.  /(/.   subclavula  D'ORB.,  Prodi.,  voi.  Ili,  pag.  5l. 

1861  Id.      clavula      MICUTTI.,  Foss.  mioc.  inf.,  pag.  97  ^in  parte). 

1864.  Id.  id.  MILL.,  Indie.  Maine  et  Lvire,  vnl  I,  pag.  078. 

1874  Id.   siibclamla  BENOIST,  Tesl.foss.de  la  Bréde  et  de  Saucals,  pag  390. 

1881.  Id.       clavula      BARD.,  Etud.paleonl.tcrr.minc.de  Maine  et  Loire.  pag.  105. 

Varietà  A. 

Superpcies  delecla  ultimi  anfraclus  hrunnea;  vittis  notinullis  longitudinalibus  innequalibuii, 
rectis,  passim  perspicuis. 

A'  spira  longiiiscnla. 
Long.  19-28  mm.  :  Lai.  6'/, -It   mm. 

A'  spira  brevior. 
Long.   16-21  mm.  :  Lai.  5  '/s-  8  mm. 

VariclA  B. 

Tfisla  loiif/inr,  anguslior:  spira  maciis  acuta. 
Long.  15-21   mm.  :  Lai.  5-7  mm. 

Varietà  C  (aii   species  distingiienda  ?J. 

Testa  longior,  anguslior:  spira  magis  acuta.  -  Catialiculus  poslicus  oris  in  ullimo  anfracln 
viilde  obliqmis. 

Long.  25  mm  :  Lai.  7  '/j  mm. 

Non  avendo  avuto  l'occasione  di  esaminare  lesemplare  che  il  Brocchi  ha  descritto 
e  figurato  col  uomo  di  Voluta  (Olirà)  liispìd itici  Linn.  rat-.,  riferisco  la  predetta 
forma  del  Brocchi  alla  presente  specie,  stante  la  grande  analogia  della  figura  e  la 
presenza  di  sei  pieghe  alla  columella,  imperfettamente  definite  nella  figura,  ma  indicate 
nella  descrizione. 

In  appoggio  di  questa  identificazione  aggiungo  l'opinione  del  Bonclli  che  nel  Ca- 
talogo manoscritto  del  Museo  zoologico,  N.  2059,  dà  come  sinonimo  AcW'OlIva  chi- 
viiht  la  Oliva   hispidula  del  Brocchi. 

Non  ho  riferita  la  citazione  dell'opera  dell'Hoernes,  perchè  non  credo  che  la  forma 
di  Vienna  dallo  stesso  riferita  all'O^/tY»  clavula  Lamck.  vi  appartenga. 

La  forma  delle  vicinanze  di.  Vienna  sia  per  la  presenza  dello  strato  testaceo  an- 
teriore dell'ultimo  anfratto,  sia  per  il  numero  e  la  natura  delle  rughe  columellaii, 
appartiene  certamente  allo  stesso  gruppo  dell' O/na  clavula  Lamck.,  ma  iw  dift'eri.sce: 
1  per  la  sua  forma  cilindroide  e  breve  :  2°  e  sopra  tutto  per  la  brevità  della  spira 
e  per  la  minore  acutezza  dell'angolo  spirale.  È  una  forma  affine  a  quella   che    qui 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  431- 

dopo  descrivo  col  nome  di  major,  nella  quale  tuttavia  la  forma  generale  è  molto 
più  lunga,  la  spira  più  lunga  e  più  acuta  e  le  rughe  e  rughetta  della  columeUa 
molto  più  numerose. 

I  signori  K.  Hoernes  .e  M.  Auinger  a  proposito  della  forma  in  quistione  accet- 
tarono l'identificazione  fattane  dall'Hoemes  M.  colla  Oliva  clavula  Lamck.  e  la  rife- 
rirono al  sotto-genere  Ispirìula  di  Gray. 

II  sotto-genere  Ispidula  essendo  caratterizzato  dalla  presenza  di  rughette  che  si 
protraggono  per  tutta  la  columeUa  fino  all'incontro  col  labbro  sinistro  e  dalla  man- 
canza dello  strato  testaceo  anteiiore,  non  credo  che  ad  esso  si  possa  riferire  la  forma 
di  Vienna. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Baldissero-torinese ,  Val  Ceppi,  Termo-fourà,  noa 
frequente;   Coli,   del  Museo. 

12.  Olivella  major  Beij.. 

Tav.  Xll,  fi},'.  29. 

Dislinguunl  haric  speciem  ab  Oliv.  cìavida  (Basi.)  sequenles  nolae  : 
« 

Testa  major,  magis  crassa,  magis  ilistincte  cylindracea:  spira  brevior,  minus  acuta.  -  An- 
fracius  ullimus  longior,  '/^  totim  lon<ìilu(ìinis  suhacquans.  -  Slratiis  testaccus  'j^  tolius  longitu- 
tlinis  ullimi  anfractus  subaequans.  -  Ihigae  anteriures  quiiique,  qnarum  postica  versus  faiicem 
Irifida;  ruguìae  medianae  plerumque  frequenliores. 

Long.  43  mm.  ;  Lai.   16  mni. 

1847.    Oliva  clavula  MICHTTI.,  l'oss.mioc.,  tav.  Xlll,  fig.  66  ;in  parte'. 

Tarleia  4. 

Testa  minor:  spira  brevior,  minus  acuta,  medio  infiala. 
Long.  25  min.  :  Lai.  9  mm. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi ,    Baldissero-torinese ,    Val   Ceppi ,    non   frequente  ; 
Coli,  del  Museo. 


432  1    MOLLUSCHI    DE)    TEKKENI    TEKZIAEIi    DEL    PIEMONTE    ECC. 

2.  Os  antice  expanstim.  -  Coliimplla  medio  excavata. 

3.  Genere  AG  ARON!  A  Gray  ^iSSg). 

Testa  sub  fusi  formis,  ventrosa:  spira  Irevis,  vaUìe  acuta.  -  Supirfìcies  ultimi 
anfractus  antice  a  strato  testaceo  in  parte  tecta.  -  Os  anipluìii,  antice  lìiìatatum  ; 
labrum  sinistrum  incurvum:  columella  medio  leviter  excavata,  laxe  contorta,  antice 
uni-plicata  et  multirugosa;  plica  et  rugae  axi  testae  valde  obliquae;  callum  an- 
ticum  columcllare  multirugosum  ;  canaliculus  posticus  oris  angitstus,  ad  niarginem 
anticum  par  uni  acutus. 

I .  Agaiìonia  plic.aria  (Lamck.ì. 

Testa  magna,  subfudforniis :  spira  brevis,  valde  acuta.  -  AnlracUis  ulliinus  magiius,  venire 
injlotus,  antice  vix  altenualus,  «/j  lolius  lomiiludinis  subaeqnans.  -  Superlicies  passim  el  inac- 
quante r  longiludinaliler  stilala:  stralus  testaceus  '/e  lolius  superfìdei  ullimi  anfrartus  subae- 
quans.  -  Os  perlom/nm,  aniice  dilatalum;  labrum  sinistrum  medio  coiwexum  et  ad  marginem 
leviler  subsinuosinn  :  columella  laxe  eonlurta,  ante  plicam  .limplex ,  postice  muiti-rugosa;  rugae 
plerumque  quinque,  posticae  frequenles  bifidae. 

1810.  Oliva    plicaria     LAMClt.,  Ann.  du  Musée,  \ol.  XVI,  pag.  397. 

1822.  Id.  id.         LAMCK.,  .-/mm.  5.  wif  ,  \ol.  VII,  pop.  439. 

1825.  1(1.  id.          DEFI\.,  />.cr.SV.7)n(.,  vol.XXWI,  p.nj,'.  41. 

1895.  Id.  id.          BAST.,  ;»/c)n.  i?oirf.,  pap.4l,  tav.  Il,  fig.  9. 

1838.  Id.  Ba.t(ero(ina  GH.AT.,  Tabi.  foss.  Dai,  pag.  319,  N.6II. 

1838.  Id.  id.         GRAT.,  Ca/n/  /'<■«.  c<  /m'm.fi.jnnrfi,  pag.  49,  >.  458. 

1840.  Id.  id.         GRAT.  ^(/.  Conc/i./'ojj.,  lav.XLlI,  fig.  28,  29,  30. 

1844.  Id.  plicaria     LAMCK.,  Jnim.  s.  veri..  9  ed.,  voi.  X,  pag.  635. 

1859.  Id.  Basterotina  n'ORK.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  51. 

1874.  /./.  id.          BKNOIST,   Test.foss.de  la  Brede  et  de  Snucals,  pag.  389. 

Ho  descritta  questa  specie  abbenchè  finora  non  sia  stata  trovata  nei  Colli  torinesi, 
la  fauna  dei  quali  è  tanto  affine  a  quelle  delle  vicinanze  di  Bordeaux  dove  è  fre- 
quente, sia  perchè  è  probabile  che  vi  si  possa  trovare  col  tempo,  sia,  e  soprattutto, 
per  meglio  dimostrare  come  col  genere  Agaronia  riesca  naturale  la  serie  delle  Olividi 
dei  terreni  terziari. 

Miocene  medio:  Vicinanze  di  Bordeaux,  Leognan,  Saucats.  ecc.;  Coli,  del    Museo. 

2.  Sotto-famiglia  ANCII.LINAE  H.  et  A.  Adams  ^1853). 

Paragonando  le  forme  inscritte  in  questa  sotto-famiglia  con  quelle  della  prece- 
dente non  è  difficile  riconoscere  le  prime  dalle  seconde,  pei  seguenti  caratteri:  1°  forma 
d'ordinario  molto  irregolare;  2°  canaletto  posteriore,  in  certe  scoperto  {G.  Ancillarina 
Bell,  e  G.   Ancillina  Bell.),  in  altre  {G.  Ancillaria  Lamck.)  ricoperto  da  uno  strato 


DESCKITTI    DA    L.    BELLAKlil  -±33 

testaceo  più  o  meno  grosso  ;  3"  canaletto  largo ,  poco  profondo  ,  ed  unito  al  resto 
dell'anfratto  per  margini  ottusi;  4°  presenza  di  un  solco,  il  quale  corre  trasversal- 
mente sulla  parte  anteriore  dell'ultimo  anfratto,  e  che  negli  esemplari  perfetti  finisce 
in  un  dente  acuto  il  quale  sporge  sul  labbro  sinistro  ;  5°  columella  largamente  contorta 
ed  incavata  nel  mezzo;  6"  una  o  parecchie  pieghe,  di  varia  grossezza,  più  o  meno 
oblique  all'asse  del  guscio. 


1.  Spira  delectu. 

1.  Genere  ANCILLARINA  Bell.  (.882). 

Testa  angusta,  perloyiga  :  spira  brrvissinia ,  detecta.  -  Anfractus  uìtinms  ppr- 
longus ,  antice  transverse  et  oblique  uni-sulcatus.  -  Os  postice  angustum,  antice 
dilatatum  ;  labrum  sinistrum  ad  sulcum  transffersum  uni-dentatum  (in  illaesis)  ; 
labrum  dexterum  ultra  os  parnm  et  reguìariter  prodnctum,  postice  callosuni  :  rnna- 
liculns  postieus  oris  Ictus,  parum  profundus,  detectus,  marginibus  obtusis.  -  Colu- 
mella laxe  contorta,  medio  parum  excavata,  ah  apice  spirae  ad  apicem  oris  plicata 
et  sulcata;  plicne  quatuor,  subaequales,  axi  testae  valde  obliquae;  sul cus  postini s 
latus,  profundus  et  ipse  valde  obliquus. 

I  caratteri  àcWAncillaria  canalifera  Lamck.,  la  quale  è  la  forma  la  più  anti- 
camente nota  di  questo  gruppo,  sono  così  differenti  da  quelli  delle  vere  Ancillarie, 
che  mi  parve  opportuno  di  creare  un  genere  distinto  che  raccogliesse  la  citata  specie 
dell'eocene,  e  le  due  qui  descritte,  una  del  miocene  inferiore  del  Piemonte,  l'altra 
del  miocene  superiore  della  Liguria. 

1.  Ancillarina  suturalis  (Bon.). 

Tav.  XII,  fig.  .18. 

Tesla  pfvlouga,  awjusla:  spira  brevissima.  -  Anfraclus  ullimus  subcylindrictts,  antice  leviter 
attenuatus ,  '/«  totius  ìomjiludinis  subacquans,  niagìs  oblique  involutus  quam  praecedentes, 
inde  canaliculus  poslicus  oris  el  sutura  magis  obbqui.  -  Calluni  poslicum  oris  parum  pro- 
mineiis;  slratus  leslaceus  inter  canaliculum  poslicum  oris  et  suluram  decurreiis  pltrumque  gra- 
cile, ad  viarginem  anfractiii  praecedenli  adliaerens. 

Long.  U-35  ram.  :  Lai.  5-12  mni. 


GR.\T.,  T„bl.foss.Dn.T,  pag.316. 

GBAT.,  Catal./'erl.  ci  Iiimt.  Gironde,  pas;.  49. 

GRAT.,  Tabl.Coq.foss.Adour,  pas.  8. 

GR.\T.,  All.Conch.foss.,  lav.  XLll,  fig.  19,  20. 

E.  SISMO.,  Stjn.,  pag.  42. 

MiCHTTI..  Foss.mioc,  pag.335. 


Seeie  II.  To.M.  XXXIV. 


1835. 

Ancillaria 

canal 

183.!. 

Id. 

id. 

1838. 

Id. 

id. 

1838. 

Id. 

id. 

1840. 

Id. 

id. 

1842. 

Oliva 

id. 

1847. 

Ancillaria 

id. 

4;ì4  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

1847.  Àncillaria  canalifera  E.   SISMO.,  Syii.,  2  ed,  pag.  45. 

1848.  Id.  ili.  HOERN.,  ^erz.,  in  Czyzek^'  Erlam  z.gtogn.  Kart.v.Wien,  pag.  16. 
1858.          Id.        suturalis      D'OHB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  62. 

1852.  /</.   suAcana/i/tra  D'ORI!.,  /Vorfr..  voi.  Ili,  pag.  52. 

1866.  Id.        suturalis  DESI!.,  Anim.s.vert.  Bass.de  Paris,  voi.  3,  pag.  537. 

1874.  Id.  id.  ME.VOIST,   7'«<. /ò«.  (/e  /a  fireVe  ff  de  &ii«a(.,  pag.  390. 

1878.  Olim  id.  KIT-HS.  Sru(/.(fi(BiW.()i!ier-/(n/.,  pagaie. 

Varietà  K. 

Sjiira  longinr,  mafiis  acuta 

Long.  15-25  min.:  Lai    8  '/,  min. 

In  questa  varietà  la  spira  è  alquanto  più  lunga  ed  acuta,  pel  quale  carattere  si 
ravvicina  alla  Anc.  canalifera  (Lamch.),  nella  quale  tuttavia  la  spira  è  relativamente 
])iìi  lunga  e  la  bocca  più  allargata  anteriormente. 

Varietà  B. 

Spira  hrevior,  suhohtitsii,  a  marijini'  siUunie  jtostirae  in  parie  teda,  seil  ad  apireni    libera. 
Long.  13-30  min.:  Lai.  o-M   mm. 

La  sph"a  in  questa  varietà  è  straordinariamente  raccorciata  ed  arrotondata;  gli 
altri  caratteri  corrispondono  a  quelli  assegnati  alla  forma  tipica. 

Variell  C. 

Canalìculits  poslicus  oris,  latissinmx ,  supcrficialiit ,  vix  notatus.   -  Spira  ottusa,  brevissima. 
Loii^;.    I()-2G  inni.:  Lai.  tì-ll    inrn. 

In  questa  forma,  oltre  alla  spira  brevissima  ed  arrotondata  come  quella  della  pre- 
cedente, il  canaletto  posteriore  della  bocca  è  molto  largo  e  poco  profondo,  e  talvolta 
(juasi  obliterato. 

Deviazioni  consimili  del  canaletto  posteriore  della  bocca  si  osservano  pure  in  esem- 
plari (Iella  Anc.  canaìifera  (Lamck.)  delle  vicinanze  di  Parigi,  nei  quali  tuttavia  la 
spira  si  conserva  più  o  meno  lunga  ed  acuta. 

La  maggior  parte  dei  paleontologi  identificarono  la  forma  qui  descritta  colla  Aur. 
canaìifera  Lamck.  dell'eocene  delle  vicinanze  di  Parigi. 

Fin  dal  1822  nell'ordinamento  del  R.  Museo  zoologico  di  Torino,  di  cui  in  allora 
facevano  parte  i  Molluschi  fossili,  il  Bonelli,  scorgendo  notevoli  differenze  fra  questa 
forma  miocenica  e  quella  eocenica ,  distinse  la  prima  dandole  il  nome  specifico  di 
suluraìis  ed  inscrivendola  nel  genere  Oliva  ,  nel  quale  non  può  rimanere  come 
risulta  dai  caratteri  esposti  precedentemente. 

Il  Desliajes,  che  ebbe  dal  Bonelli  (juesta  forma  torinese,  approvò  la  separazione  pro- 
posta dal  nostro  esimio  zoologo  e  ne  fece  cenno  nella  sua  opera  sugli  Animali  Inver- 
tebrati fossili  delle  vicinanze  di  Parigi. 

È  indubitato  che  la  forma  dei  Colli  torinesi  è  strettamente  collegata  con  quella 
di  Parigi  ,  dalla  quale  è  certamente    derivata    passando    per  la  forma   dell' Apennino 


IiEbCKITlI     HA     L.     BKLLARDI  435 

qui  dopo  descritta,  non  solamente  per  i  rispettivi  caratteri,  ma  anche  per  le  devia- 
zioni dai  caratteri  tipici  che  l'una  e'  l'altra  presentano.  Tuttavia,  avendo  paragonato 
un  gran  numero  di  esemplari  dei  Colli  torinesi  con  una  certa  quantità  di  esemplari 
provenienti  dalle  vicinanze  di  Parigi,  ho  trovato  una  notevole  stabilità  nelle  seguenti 
differenze,  la  quale  giustifica  la  separazione  fatta  dal  Bonelli. 

Nella  forma  dei  Colli  torinesi  la  spira  è  brevissima,  molto  più  breve  che  in  quella 
delle  vicinanze  di  Parigi,  e  per  conseguenza  nella  prima  la  l)occa  è  notevolmente  più 
lunga  che  nella  seconda:  inoltre  nella  forma  del  miocene  medio  l'ultimo  anfratto  è 
quasi  cilindrico  e  leggermente  assottigliato  anterionnente ,  mentre  che  nella  forma 
eocenica  è  leggei-mente  conico  e  distintamente  dilatato  verso  l'intaglio  anteriore. 

La  forma  delle  vicinanze  di  Bordeaux  che  il  Grateloup  riferì  slìVAììc.  cunalifera 
Lamck.,  e  che  il  D'Orb.  distinse  col  nome  di  suhcanaliferci.  è  uguale  a  questa  dei 
Colli  torinesi.  Alcuni  esemplari  che  raccolsi  molti  anni  fa  a  Leognan  e  che  sono  di 
perfetta  conservazione,   non  differiscono   punto  dagli  esemplari   tipici  dei  Colli  torinesi. 

Ho  tralasciato  di  riferire  nella  sinonimia  le  opere  di  Hoernes  M.  e  dei  signori 
Neugeboren,  De  Koenen,  K.  Hoernes  e  M.  Auinger,  sia  perchè  non  ebbi  esemplari  delle 
provenienze  alle  quali  quelle  opere  si  riferiscono,  da  paragonare  per  constatarne  l'identità 
colla  forma  dei  Colli  torinesi,  sia,  soprattutto  per  la  forma  del  bacino  di  Vienna  e 
della  Transilvania,  percliè  la  figura  pubblicata  dall'  Hoernes  M.  (Loc.  cit.,  tav.  VI, 
fig.  3)  si  allontana  alquanto  dalla  foi-ma  iniocenica  qui  descritta  ed  è  maggiormente 
collegata  con  quella  eocenica. 

Miorcvr  medio:  Colli  torinesi.  Rio  della  Batteria,  Villa  Forzano.  Pino-torinese, 
Termo-fourà,   Baldissero-torinese,   Val  Ceppi,  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo. 

2,    ÀNCtLI.ARINA    APENNINICA    BbLL. 
Tav.  XII,  fif;.  39. 

Disliiiguunl  hanc  speoiein  alt  Aiw.  suluralis  Bon.  sequenles  rtolae  : 

Spira  brevifir,  minus  acuta.  -  Aiifractus  idliimis  nntke  Icviter  dilatatiis ,  mafiis  oblique  in- 
vobitus ,  inde  ranaliculns  posticus  oris  el  siitiirn  iiiagis  obliqui.  -  Callim  posliciiin  nris  magis 
promitiens ;  slratiis  teslaceus  inler  lanaliailum  posticum  oris  et  stituram  decurrens  cra.<i<ìior  el  ad 
marginem  poslifum  libervs,  iride  sutura  subcaiìalicidata. 

I.oiij.;.  17-27  mm.  ;  Lai.  6  '/, -9  "»  mm. 

Miocene  inferiore:  Dego,  raro;  Coli.  Michelotti:  Carcare,  Coli,  del  Museo  Civico 
di  Genova:   Cassinelle.  Coli,  del  Museo. 


4:J(i  1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 


2.  Geaere  ANCILLINA  Bell.  (1882). 

Testa  minuta,  turrita:  spira  ìonga,  detecta.  -  Anfractus  tdtinms  hrevis;  an- 
f'ractus  omnes  ante  suturam  posticam  uni-canalictdati ;  canaliculus  angustus  li- 
ncaris,  detectus.  -  Sulcus  transversus  anticus  rimae  vaMi>  proxinius.  -  Coìumeìla 
ìiicdio  excavata,  laxe  contorta,  antice  uni-plicata,  laevis:  labrum  dexterum  vix  ultra 
OS  productum,  postice  caììosum. 

\.  Ancillina  pusilla  (Fucbs). 

Tav.  XII,  fig.  47. 

Testa  turrita,  angusta:  spira  versus  apicem  iiijlata.  -  Anfraclus  primi  lacviter  concavi: 
ullimi  comidanati;  ullimus  diiuiilia  loiigiludine  brevior,  antice  subinflalus.  -  Columella  »" 
callum  dexlrorsum  revoiulum  antice  \troducla. 

Long.  7  V«  rani-  '■  ^'^X.  2  '/«  mm. 

1852.    Ancitlaria  obsoleta  HOER.X.,  Molt.foss.  fVien,  voi.  I,  tav.  VI,  fig.4  (jnv.\ 

1877.  Id.  pusilla   FVClìS  in  KXWK.,  Geol.  Acq.  Emp.  Fr.  Joseph,  pag.36T,  lnwWÌ.  fig.  t. 

1878.  Ili.  parva     FL'CHS,  Stud.  (er(.  B./rf.  Oi«-/(fl/.,  pag.  49. 

1880.         /('.  pusilla  R.  HOER>.  u.  M.  AUINC,  Gai(.    mioc.Oest.-Ung.  Monarch.,  pag.  5C,  lav.  Vili, 

fig.  I,i. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi.  Termo-fourà,  Villa  Forzano,  Val  Ceppi,  raro:  Coli, 
del  Museo  e  Rovasenda. 


2.  Spii<i  e  strato  testaceo  plus  tninusve  calloso  teda. 

3.  Genere  ANCILLARIA  Lamck.  (i8ii). 

Testa  crassa  :  spira  plcrumque  dimidiam  longitudinem  subaequans.  -  Anfractus 
idtimus  antice  transverse  uni-sulcatus.  -  Pars  postica  ultimi  anfractus  et  spira  tota 
a  strato  testaceo  tecti.  -  Os  ovale;  labrum  sinistrum  ad  stdcum  transversum  nni- 
(Irntatum  (in  illaesis) ;  labrum  dexterum  jìIus  minnsve  ultra  os  productum,  postice 
callosum;  canaliculus  posticus  oris  tectus:  columella  medio  profunde  excavata,  antice 
pluri-plicata  et  sulcata  ;  jìlicae  minutae,  subaequales,  axi  tesfae  parum  obliquar^ 
.lujìer  callum  anticiim  columellae  productae ,  in  fauce  plcrumque  obsoletae;  sulcus 
posticus  latus,  profundus. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  437 

I  Sezione 

S.  G.  ANCILLA  Lamck.  ()799). 

Columella  medio  parum  excavala,  anlice  plicala  et  sulcala;  plicae  4-6  subuniformes, 
inler  se  aequidislantes  ,  in  fauce  usqué  ad  apicem  spirae  perspicuae  ,  axi  teslae  parum 
obliquae;  sulcus  poslicus  et  ipse  axi  leslae  parum  obliquus,  profundus.  -  Labrum  dexterum 
vix  ullra  OS  produclum,  rectum,  poslice  callosum,  non  super  venlrem  ultimi  anfraclus  pro- 
duclum 

1.  Ancillaru  sismondana  (D'Ore). 

Tav.  MI,  fig.  46. 

Testa  subfusiformis ;  spira  longa,  valle  acuta.  -  Anfraclus  ullimus  antice  plus-minusve 
allemmtus,  dimidia  longitudine  longior,  vix  prope  suturavi  posticam  a  strato  testaceo  tectus, 
inde  pars  detecla  magna.  -  Stralus  lestaceus  a  labro  dexlero  recte  versus  suluram  posticam 
(lescendeus,  non  dilalatus.  -  Os  antice  laevilcr  dilatalum,  poslice  angustatum:  columella  antice 
quadri-plicata ;  plicae  minulae.  subunijormes;  callura  poslicum  oris  parum  prominens. 

Long.  22  tnm.  :  Lai.   8  '/»  m"'- 

1842.  Ancillaria  subulata  E.  SISMI).,  Syti.,  pag.  43. 

1847.  Id.         elmigata   MlCìiTTl.,  FoM.  mine,  p^i^.ìM. 

1847.  Id.  subulata  E.  SISMD.,  Syn.,  2  ed.,  pag.  45. 

1852.         Id.     .s«mon</n»ia  D'ORB.,  Proi'r.,  volili,  pag.  52. 

1878.  Id.      sismondai  WVCaS,  Stud.lert.-Bild.Ober-Itat.,  pag.49. 

VarleiA  A. 


Testa  perlonga,  magis  angusta:  spira  longior,  magis  acuta. 
Long.  24  inm.  :  Lai.  7  '/«  nini. 


VaricU  K. 


Testa  major:  spira  bi'evior,  medio  infiala. 
Long.  38  ram.  :  Lai.   14  nim. 


VarleU  C. 
Tay.  Xn,  fig.  45. 


Testa  major  :  spira  brevissima,  rotuiidata,  subobtusa,  ad  airicem  mamillana. 
Long.  34  mm.  :  Lai    13  '/>  mni. 

Varietà  D. 

Testa  minor,  ventre  magis  infiala:  spira  brevior,  medio  infiala,  minus  acuta. 
Long.  14  mm.  :  Lai.  6  mm. 

r  1840.    Ancillaria  oliimln  GRAT.,  .4ll.Conch.foss..  tav   Xl.ll,  fig  18 
1842.  Id.  id.       E.  SISMD  ,  .Syn.,  pag.  4.Ì. 


438  I    MOI.IASCUI     lii;i    TKKKEM    TKKZIAKI!    DKL    PIEMONTE    ECC. 

La  Ancillaria  austriaca  K.  Hoern.  (Die  Faun.  Schlier  ron  Ottnang,  pag.  346, 
tav.  XI,  fig.  1,  2,  e  jR.  Hoern.  u.  M.  Auing.,  Gaster.  niioc.  Oesterr.-Ung.  Mvnarch., 
pag.  55,  tav.  VII,  fig.  4),  appartiene  senza  dubbio  a  questa  sezione  ed  è  forse  una 
locale  modificazione  dello  stesso  tipo  di  forma.  Ad  ogni  modo,  giudicando  dall'ottima 
figura  pubblicata  dai  signori  R.  Hoernes  e  M.  Auinger,  la  forma  di  Ottnang  differisce 
dalla  forma  tipica  della  presente  specie:  1°  per  la  maggior  brevità  della  spira  e  per 
la  sua  maggiore  apertura;  2°  per  la  maggior  lunghezza  della  bocca  che  nella  forma 
di  Ottnang  corrisponde  ai  tre  quarti  della  lunghezza  totale  mentre  che  in  quella  ilei 
Colli  torinesi  equivale  d'ordinario  alla  metà  circa;  3"  e  per  la  depressione  posteriore 
del  labbro  sinistro  :  i  quali  caratteri  la  ravvicinano  alla  varietà  C  precedentemente 
distinta. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi  ,  Rio  della  Batteria ,  Villa  Forzano  ,  Baldissero- 
torinese,  Val   Ceppi,   ecc.,  frequente;   Coli,   del  Museo. 


II  Stimi 

S.  G.  A.\nn,L.\RIA  Lamck. 

Columella  anlice  pnofunde  cxcavalii,  pliciila  il  sulcala;  plicae  paucae,  subuniformcs. 
in  fauce  obsok'lao  ,  raro  per  lolam  lolumellani  |)Prspicuae  ,  in  adullis  super  callum  nn- 
licuni  colunirllare  plcTiiniquc  ohMli'ialae  ;  sulii  duo,  poslicus  major;  plicae  el  sulci  axj 
leslae  paruni  ohliqui.  -  Labrum  dexlerum  Inm  rcctuin,  parum  ullra  os  produclum  el  super 
ventreni  uUinii  unlraclus  non  l'xpaiisum,  limi  oliliquuin,  valile  ultra  os  produclum  el  supra 
vcnlrcm  ultimi  anfraclus  in  callum  plus  minusve  latum  cxpansum. 


V  Serie. 

Anfracius  ultinn,  vel  snìtem  nltiwiat.  jiosticr  late  cavnìiculati. 

ì.  .\ni:ii.i,aiu\  oiisoLErA  Brocch. 

Tax.  XII,   lig.   4i. 

Testa  longa,  anifusla:  spira  liiiuja,  acuta.  -  .\nfraclus  u\l\mìis  dimidia  longitudine  brevioi; 
medio  inflalus:  sutnrae  piofundae:  sulrns  Iransvorsiis  aniirus  ultinii  nnfracliis  Intvx.  -  (ìs 
subovale,  hi(>(/io  dilulutum,  autice  laluw:  plicae  aiilice  inai'(initìes. 

Long.  o5  mm.  :  Lai.  20  mm.  . 

1814.    yolula  (ÀncillariaJ  vhsoleta  «nOCCll.,  Condì,  fnss.  siih.,  pa^.  3.30,  tav.  V,  fig.  6. 

I8S5.    AncHla         id.  BOK.S,  Ori//  ;)ifm.,  I,  pa^.  25. 

\»3\.    Jnolax         ili.  imOMN,   //.iJ. /m.-6Vi.,  paR.  15. 

1840.  Ancillaria     id.  GKAT.,  Ali.  Condì,  foss.,  tav.  XLII,  fig.  Il,  li. 

glandina  GRAT.,  All.Conch.  foss.,  lav.  XII,  fi);.  1.5,   16. 

o/.Vh/.i  r.UAT.,  Ali.  Coni h.fv.fs  ,  lav.  XLII,  fig.  17  (non  fig.   18). 

oh.wlela  F.  SISMI).,  .Sijn  ,  pag  42. 

ili.  ItKSH.   in   UAMCK.,  Anim.s  veri..  2  ed.,  voi.  X,  pag.  508. 

id.  iMlCllTI  I.,  ru.s.miiw.,  pag.  ;J3;1. 


1840. 

Id. 

1810. 

Id. 

1812. 

Id. 

1814. 

Id. 

184-. 

Id 

1847. 

Ancillaria  obsolet 

1848. 

Jd. 

id. 

1852. 

Id. 

td. 

18.')9. 

Id. 

id. 

1853. 

ìd. 

id. 

1854. 

Id. 

bisulcata 

1861. 

Id. 

obsnUla 

1864. 

Id. 

bisulcata 

I8ti4. 

Id. 

obsoleta 

1866. 

Id. 

bi.sutcata 

isea 

Id. 

ob.wli-ta 

1869. 

Id. 

id. 

i8:o. 

Id. 

id. 

1872. 

hi. 

id. 

«874. 

Id. 

id. 

1874. 

Id. 

id. 

1877. 

Id. 

id. 

1878. 

Id. 

id. 

1880. 

Id. 

ul 

1881. 

Id. 

id. 

1881. 

Id. 

id. 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI  439 

E.  SISMO.,  Sipi.,  2  ed.,  pag.  45. 

HOERN.,   yerz.d.foss.-Rest.d.tert.-Beck.v.ff^ien,  pag.  16. 
D'ORB.,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  52. 

HOERN.,  Moll.foss.lVien,  voi.  I,  pag.  55,  tav.  VI,  fig.4  (a,  b). 
NEUGEB.,  Beitr.itn.MoU.Ober-Lapugy,  pag.  9. 
MILL..  PaUontogr.de  Maine  et  Loire,  pag.   159. 
.MICHTTI.,  Fo.-s.miov.inf.,  paR,  98  (in  parte). 
bisulcata     MILL.,  Indicai.  Maine  et  Loire,  voi.  1,  pag. 678  et  voi.  Il,  pag.  585. 
DOUERL.,  Cenn.  geol.  mioc.  sup.  Ital.  i<ntr.,  pag.  2J  (107) 
MILL  ,  Pakontogr  de  Maine  et  Loirr^  pag.  9. 
MANZ  ,   Fann.  mar.  niioe.,  pag.  8 
COPP.,  Calai  fnss.  mioc.  e  plior.  moden.,  pag.  21. 
NICAIS.,  Catal.  Anim.foss.  Proi/.Alger,  pag.  99. 
COPP.,  Stud.  Paleont.  Icon.moden.,  pag.  37,  tav.  Ili,  lìg.72. 
BENOIST,   Test.foss.de  la  Erède  et  de  Saticats,  pag.  391. 
COPI'.,  Catnl.  foss  mio-plioc.  Moden.  Coti.  Copp.^  pag.  1 . 
IIÉB.,  Obscri:  terr.  terl.  Piém.,  pag.  ì. 

PO.NT.,  Faun.malac.mioc.de  Tcrsannc  et  f/auterives,  pag.  14. 
R.  HOERN.  11.  M.  AUING.,   Gasi.  mioc.  Oest.-Ung.  flfonarcli.,  pag.  56,  tav.  VII, 

lig.3. 
BAKU.,  Etutl.paleo7it.teir.mioc.de  Maine  et  Loire,  pa)!.  106. 
COPP.,  Paleont.  moden.,  pag.  44. 

Varietà  A  (au  spocies  (listiugiienja  ?) 

Testa  minor,  latiov:  .</»ini  brevior.  -  Labrum  (ìeilernm  in  rrntrr  ultimi  anfraclus  magis 
exteitsuin. 

Long.  iT-'ìfi  (Tini.  :  Lai.  fi-\i  iiwn. 

1853.  Ancillaria  obsoleta  Bl'.YR.,  Voncb.  Kordd.tcrt.-C.eb.,  pag.  40,  lav.  II,  fig.4. 
1861.          Id.  id.        SEMP.,  Paleont.  Unters.,  pag.  15,  40  (fide  v.  KOENEN). 

1867.  Id.  id.        SPEV.,   7e)7.-(;«6.  I'.  OifwoW.  pag.  11,  lav.  I,  fin.  3. 

y  1872.  hi.  id.        V.  KOEN.,  ;I/tot.  ìVokW.  .)/«//.  fuHn.,  pag.  311. 

È  occorso  probabilmente  un  errore  relativamente  ai  fossili  che  il  Borson  riferisce 
(Oritt.  pieni.,  part.  I,  pag.  20)  alla  Anc.  huccinoidcs  Lamck.,  che  dice  di  aver  trovato 
nella  Valle  Andona,  poiché  frammezzo  le  tante  migliaia  di  fossili  di  quella  regione 
(sabbie  gialle  del  pliocene  superiore)  non  è  capitato  ne  a  me  né  ad  altri  paleontologi 
di  trovare  non  solamente  la  specie  citata  dal  Borson.  ma  neppure  qualche  forma  che 
vi  rappresenti  il  genere  il  quale  manca  finora  nel  pliocene  superiore  del  Piemonte  e 
della  Liguria. 

Miocene  superiore:  Colli  tortoriesi,  S"'  Agata-fossili,  Stazzano,  non  frequente;  Coli, 
del  Museo  e  Michelotti  :   Tetti  Boi-elli  presso  Castelnuovo  d'Asti,  raro  :  Coli.  Rovasenda. 


3.  Ancillahia  Sowerbyi  (.Micutti.j. 

Disliiiguunl  hanc  sperioin  ab  Anr.  obsoleta  Brocch.  sequenles  iiolue: 

Testa  minor,  aitguslior:  siiira  oblusior.  -  Pars  ventrali.':  ullimi  anfi'actus  detecta  latior. 
Long.   11-26  nim.  :  LaL  4-10  min. 

1847.    Ancillaria  Sowevbi/i  MICHTTI.,  Foss.  mioc,  pag.  334. 

1878.  Id.  obsoleta    t'ICUH,  Stud.  tert.-Bild.  Oùer-llal.,  \>3g.  i\>. 


440  1    MOLLUSCHI    IiEI    TERKENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Termo-fourà,  Kio  della  Batteria,  Baldissero-torinese, 
Tal  Ceppi,  non  frequente;  Coli,  del  Museo. 

4.    AnCILLABIA    LIGliSTICA    BeLL. 

Distinguunl  hanc  specieni  ab  Anc   obsoleta  Brocch.  sequeiiles  nolae: 

Testa  minor,  sub  fusi  formis:  .«j/nra  maf/is  acuta.  -  Anfractus  ttllimus  antire  magis  attenuatus. 
-  Sulcus  transversus  SHjwr  jìartem  anlicani  ultimi  anfractus  drcurrens  angustiar. 
Long.  27  min.  :  Lai    1 1   mm. 

Miocene  inferiore:  Dego,  raro;  Coli,   del  Museo  e  Michelotti. 


2"  Serie. 
Anfractus  nulli  postice  canuliculati. 

3.  Ancillaria  patdla  Dodebl. 

Tav.  XII,  fig.  43. 

Disliiiguunt  hanc  speciem  ab  Anc.  ijlandi formis  Lamck.  sequenles  nolae  : 

Testa  minor:  spira  brevior,  subacuta.  -  Anfractus  ultimus  longior.  anticr  vix  attenuatus.  - 
Os  longius  ,  lalius ,  antice  dilalalum:  columella  minus  ercavata;  sulci  aniici  columcUae  magii 
obliqui. 

Long.  30  nim.  :  Lai.   lo  mm. 

1864.    /Incittaria  potuta  DODERL.,  Cenn.geot.niioc.  siip  Jlal.  ceiilr.,  pag.  95  (107). 

Il  signor  Prof.  Doderlein  riferi  erroneamente  come  sinonimo  di  questa  sua  specie 
la  Anc.  suturalis  Michtti.  (A.  subcanali fo  a  Orb.  ?),  ì&  qnaìe  k  i'Ancillarina  sutu- 
ralis  (Bon.):  si  tolga  perciò  questo  sinonimo  il  quale  potrebbe  induiTe  in  errore  sulla 
natura  di  questa  specie  che  è  una  vera  Ancillaria. 

Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Val  Ceppi,  raro;  Coli,  del  Museo. 
Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.   Stazzano,  raro:    S"  Agata-fossili,   non  raro: 
Coli,  del  Museo. 

6.  Ancillaiua  anomala  (Schl.j. 

Tav    Xll,  fig.  40. 

Dislinguunt  liane  speciem  ab  .\nc.  glandi  formis  Lamck.  sequenles  nolae: 

Spira  comiidia,  acuminata.  -  .\iifrartu.i  ultimus  poslicc  inflalus.  -  Columella  antice  magii 
contorta,  suliuntbilicala,  sulcus  jioslinis  viugls  profundus. 

Long.  32  min.:  Lui.   15  inni. 


DESCEITTI    DA    L.    BELLAEDl 


441 


1820.    yolutites    anomalus     SCHL.,  Pe()e/'.,  voi.  I,  pag.  122. 
1832.    Alici  Ilaria  conoidea      JAN.,  Calai.  Couch.foss.,  pag.  15. 

glandi  formi  s  BEYR.,  Condì.  Nordd.  tert.-Geb.,  pag.  43,  tav.  li,  fig.  5. 
MICHTTI.,  Foss.mioc.inf.,  pag.  98  (in  parie). 
SPKY.,  Casscler.  tert.,  pag.  IX,  tav.I,  fig.  9,  10. 
SI'KY.,  Cas.'.eler.lert.,  pag.  X,  tav.I,  fig.  11,  19. 

FOCUS,  Beitr.-Kenntn.  Condì.   Piceni.  tert.-Geb.,  pag.    48,  67,  71,  tav.  Vili 
fig.  8,  9. 
cjlandiformis  v.  KOEN.,  Mioc.  Nord-deutschl.  Moli.  Faun.,  pag.  313. 


1853. 

Id. 

glandiform 

1861. 

Id. 

id. 

1862. 

Id. 

id. 

1862. 

Id. 

intermedia 

1870. 

Id. 

anomala 

1872. 


/(/. 


Varietà  A. 

Spira  minus  acuta.  -  Anfractus  iillimiis  postice  magis  inflatus. 
Long.  35  nim.  :  Lat.  18  ram. 

Miocene  Inferiore:  Cremolino  presso  Ovada,  Cassinelle,  Carcare,  Dego,  non  fre- 
quente;  Coli,   del   Museo  e  Michelotti. 

7.  Ancillaria  glandiformis  Lamck. 

f 

Tav.  Xll,  fig.  41. 

Tpsla  daviformis:  spira  brevis ,  obliisa.  -  Anfraclus  ullirtius  anlice  attenuatus,  •/$  lolius 
longiludinis  subaequans,  postice  rotundatus.  -  Sulcus  Iransversus  anlicus  angustus;  slralus 
teslaceus  maxìmam  partem  ulliiiiì  anfractus  et  spìram  totam  tegens  plus  minusve  crassum  et 
exlensum.  -  Sulcus  posticus  columellaris  profuiidus,  anticus  minor:  apex  columellae  tum  laevis 
tiim  transverse  plicalus. 

Long.  30-72  nini.:  Lai.  15-35  nini. 


1810. 

Ancillaria 

glandiformis 

1820. 

Annlla  in/lata 

1822. 

Amitlaria 

glandiformi.t 

1823. 

Anidax  infiala 

1825. 

Andlìaria 

glandiformis 

1825. 

.■tnniiplax 

infiala 

1831. 

Anoplax 

id. 

1832. 

Ancillaria 

glandiformis 

1837. 

Id. 

id. 

1838. 

Id. 

id. 

1838. 

Id. 

infiala 

1838. 

Id. 

glandiformis 

1840. 

Id. 

id. 

1842. 

Id. 

id. 

1844. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1847. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

id. 

1852. 

Id. 

siibinflala 

1852. 

Id.      subglandiformis 

1853. 

Id. 

glandiformis 

1860. 

Id. 

id. 

1861. 

Id. 

id. 

LAMCK.,  Ann  du  Miisée,  voi.  XVI,  pag.  305. 

HORS.,  Urilt.  pieni. l.  pag.  95,  tav.I,  fig.  7. 

LAMCIJ.,  Aniin  s.vert.,  voi.  VII,  pag.  144. 

BUOiNGN.,  .Meni,  f^icenl.,  pag  63.  tav.  IV,  tìg.  2. 

BAST.,  Mèm.  lìoid.,  pag.  42. 

MARC.  DE  >iEl\i{.,Céogn.  terr.  Ieri.,  pag.  127. 

BIIONN,  hai.  tert.-Geb.,  pag  14. 

DESH.,  Envyd.mcth  yers,  voi.  2,  pag.  42. 

DUJ.,  Mèm.  Tour.,  pag  304. 

BRONN,  Lct/i.  géogn.,  voi.  2,  pag.  1112,  tav.XLII,  fig.  11. 

CHAT.,  Cutal.  I^erl.et  Inveri.  Gironde,  pag.  49. 

GR.\T.,   Tabi.  Coij  foss.  Basiin  de  l'Adour,  pag.  8. 

f;R.\T.,  Ali.  Condì,  fuss.,  tav.XLII,  fig.  6,  7,  8,  9,  10. 

E.  SISMI).,  Stjn.,  9  ed.,  pag.  42. 

LAMCK.,  Anim.  s.vert.,  2  ed.,  voi.  X,  pag  596. 

MICllTTI.,  Foss.  mioc,  pag.  332. 

E.  SISMO.,  Sijn.,  2  ed.,  pag.  45. 

IIOEUN,,  .Moli.  foss.  ^Vien,  vo].  I,  pag.  57,  taT.VI,  fig.  9. 

D'ORB,,  Prodr.,  voi.  Ili,  pag.  52. 

D'ORB.,  l'rodr.,  voi.  Ili,  pag.  9. 

D'ORB.,  Pì-odr.,  voi.  Ili,  pag.9. 

NEUGEB.,  Beilr.Tert.Moll.Ober-Lapugy,  pag.9. 

NEUGEB.,  Sijst.  yerz.  tert.moll.-Geh.,  pag.  6. 

MICHTTI.,  Foss.mioc.inf ,  pag.  98  (in  parte). 


Serie  IL  Tom.  XXXIV. 


I8G4. 

Ancilli 

I8fi6. 

W. 

I8(i9. 

/./. 

IH09. 

/./. 

18:2. 

I(i. 

18:3. 

Id. 

1873. 

Id. 

1874. 

Id. 

1874. 

/</. 

1876. 

/■/. 

1878. 

Id. 

1878. 

Id. 

1878. 

Id. 

1880. 

Id. 

1881. 

Id. 

1881. 

Id. 

442  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE 

dncillaria  glandiformis     DODERL.,  Cenn.geol.  mioc.sup.  Ital.  centi:,  pag  85  (107). 

id.  l'F.R.  1).\  COST.,  Ca.<t.  leve.  Pori.,  pai;.  38,  tav.  X,  fig.  5,  6. 

id.  MANZ.,  Fauii  mar.  tìiinc,  pag.  9. 

id.  COPI'.,   Ciitiil  fos.<.  mine  e  plioc.  moderi  ,  pag.  91. 

id.  COPI',  5(iirf.  PnteoHl.icon.moden.,  pas;.  3fi,  tav.  Ili,  fig.  71. 

id.  FI.SCII.  ol  TOLU.N..  Inveii  foss.  Mi  Lél.éron,  pag.  1Ì6. 

id.  COCC,  Enum.  sist.  .ìfoll.  mine  e  ptioc.  Parm.  e  Piar.,  pag  92. 

id.  BENOIST,   Test.foss.de  la  Bride  et  de  Saucats,  pag.  390. 

id.  Cl>CC.,  Calai,  fiiss.miiì-plioc.  mnden.  Coli.  Copp.,  pag.  1. 

id  FONT-,  Ktud.  strnt.  et  puUimt.  lerr.  ttrt.  Bossiii  du  Rlióne,  II,  p.  34,  36,  57, 59. 

id.  FO.NT.,  Étud.  strnt.  et  pileiiiit.  lerr.  tert.  Bn.uiii  du  RhAne,  HI,  pag.  59.     . 

id.  FONT.,  Faun.  inaine,  mine.  Tersimne  et  Haiilerites,  pag.  14. 

id.  FL'Cll.S,  .S;urf  ini.  hiUl.  Oba-IUiL,  pag.  49. 

id.  R.   IIOERN.  u.   M.   .Wl.Nfi.,  Gasi   mioc.  Oeslerr.-Ung.  Monarch.,  pag.   55. 

lav.  VII,  fig  9. 

id.  B.\RD.,  £V«rf.  lerr.  mioc.  Muine-et-Loire,  pag.  107. 

id.  COPI'.,  Paleont.moden.,  pag.  44. 

TarielA  .%. 

Labrum  dfxlerum  ad  marijincm  irregulariler  ru(/iilosun>. 
Long.   15-32  mni.     Lai.   8-17. 

In  questa  varietà,  nella  quale  la  forma  generale  corrisponde  a  quella  tipica  della 
specie,  come  pure  lo  sviluppo  del  labbro  destro,  si  osservano  sul  margine  destro  della 
bocca  numerose  rugbette  irregolari ,  le  quali  sono  obliterate  verso  le  fauci  e  più  o 
meno  sporgenti  verso  l'esterno. 

VarielA  B. 

Spira  acuta. 

Long.  '2S  nim.  :  Lai.   14  isiiii.  : 

1847.  Ancillaria  buccinoides     MICIITTI.,  Foss  mioc.,  pag.  333. 

1852.  Id  glandiformis  HOER.N.,  .Moli.  foss.  IVien.  voi.  I,  lav.  VI,  fig.  1.3. 

1864.  Id.  id.  Tar.  cimicn-aiiita  IlOUERL.,  Cinti,  geol.  mioc.  snp.  Hai.  leiitr.,  pag.  25  (107). 

1882.  Id.  id.  R.  IIOEU.N   ii.yi.  All^G..  Gnsltr. mioc.  Oesteir.-Ln.j.  .Mvnaich.,laf.\ì\,ùf.ì. 

Nella  varietà  B,  la  forma  generale  è  un  po'  più  raccorciata  e  la  spira  più  acuta, 
pel  quale  ultimo  carattere  questa  varietà  si  collega  coU'^hc.  anoniiiìn  (Sebi.)  del 
miocene  inferiore,  dalla  quale  differisce  tuttavia  per  la  minor  lunghezza  dell'ultimo 
anfratto  e  per  la  minore  larghezza  ed  acutezza  della  spira. 

VarielA  C. 

Testa  ani/ustiur,  ìoiitjior  :  .•'jiira  lonfiioi ,  subacuta.  -  O.i  brevius,  dimidiam  Imifiiliidiiiem  sub- 
uequans. 

Long.  30  min.:  Lai.  1?  iiim. 

1844.    .4ncillaria  etomjala  DESÌI,   in  I.A.MCK.,  Jnim.s.vert.,  2  ed.,  voi.  X.  pag.600. 
1878.         Id.  id.        FL'CIIS,  5(u,/,  ffr(.  B/W.  OÌC1-/M/.,  pag.  49. 

I  caratteri  principali  di  ([uesta  varietà  sono,  la  sua  forma  più  stretta  e  più  lunga 
e  la  lunghezza  della  spira  che  uguaglia  pre.sso  a  poco  quella  della  bocca. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI  443 

In  alcuni  esemplari  le  pieghettine  anteriori  della  columella  sono  bene  distinte  e 
si  Tedono  correre  nelle  fauci. 

Mi  pare  dal  paragone  che  ho  fatto  di  questa  varietà  con  due  esemplari  prove- 
nienti da  Pont-le-Voy  (TuiTena),  i  quali  conispondono  pei  loro  caratteri  alla  descri- 
zione che  il  Deshajes  ha  pubblicata  della  sua  Anc.  elongata,  che  questa  forma  della 
Turreha  debba  riferirsi  alia  presente  varietà. 

VarielA  D. 

Anfracliis  uU'nnus  loiigior,  aiilice  manis  aUcnualus,  versus  suturam  poslicam  leviler  inflaliis. 
-  Plicae  cotuinellares  anlicae  mtmi-rume,  in  fauce  perspicuae. 
Long.  -20-26  mm.  :  Lai.    10-1-3  mm. 

Ho  distinta  qui  una  forma  che  si  allontana  dalle  altre  per  la  notevole  lunghezza 
dell'ultimo  anfratto,  per  la  presenza  in  esso  presso  la  sutura  posteriore  di  un  rialzo 
bene  distinto,  abbencLè  meno  sporgente  di  quello  della  varietà  seguente;  inoltre  l'ul- 
timo anfratto  vi  è  notevolmente  ristretto  verso  l'estremità  e  leggermente  incurvato 
a  sinistra. 

VarieU  B. 

Sjnra  hrevior,  obtusior.  -  Anfrartiis  ulthnus  pnslice  iiiflutiis,  valde  promiiiens,  suhanijulusus, 
anlice  altenuntiis.  -  Sulcus  anlicus-  lalior. 
Long.  20-00  mm.  :  Lai.   11-30  mm. 

1833.    Amillariii  coniis  AMDH.,  Bull,  de  Moicou,  voi.  VI,  pag.  437,  tav.Xi,  lig.  I. 

1835.  Jil.         coni/oiinis  PL'SCII,  /'o/. /'«/.ionf ,  pag.  1 17,  tav.  .\l,  flg.  I. 

in/laia  CRXT.,  Ali.  Cnmk.  foss.,  lav.XLII,  fig.  4,  .5,   13,   l-i. 

gtandifnrniis  KICVV.,  Lelli.  ra.ff.  l'ti'wd  nind  ,  pajt.JiS. 

id.  IIOEU.N.,  .ìridi  foss  Ifiat,  voi   I,  tav.  VI,  (ig.8. 

conifurmis  D'OHH.,  Prodi:,  voi.  Ili,  p3;;..')3. 

glandi  formi  s  \{    HOKIl.N.  u.  M.   AL'ISG  ,  Gait,  mioc.  Oesterr.-Ung.  Monarch.,  tav.   VII, 
%    I- 

La  straordinaria  mutabilità  di  forma  che  presentano  parecchie  specie  di  questo 
genere,  molte  forme  intermedie  e  la  presenza  di  questa  forma  nei  medesimi  strati  in 
cui  si  raccolgono  le  affini  non  pei'mettono  di  separarla  come  specie  abbencLè  siano 
notevolissimi  i  suoi  caratteri. 

Non  è  raro  in  certe  località  dei  Colli  torinesi,  come  ad  esempio  in  Val  Ceppi, 
l'incontrare  esemplari  nei  quali  la  zona  nuda  dell'ultimo  anfratto  ha  conservato  tracce 
dei  primitivi  colori:  la  tinta  vi  è  intensamente  bruna  e  su  di  essa  spiccano  bende 
longitudinali  pallide,  rette,  ineguali  ed  inegualmente  distribuite.  Talvolta ,  ma  rara- 
mente, anche  lo  strato  calloso  che  ricopre  la  porzione  posteriore  dell'ultimo  anfratto 
e  tutta  la  spira,  come  pure  quello  che  ne  riveste  la  parte  anteriore,  sono  zonate  di 
bruno  e  di  pallido,  ma  in  queste  regioni  le  bende  sono  più  o  meno  oblique  e  sinuose 
seguendo  i  margini  delle  parti  molli  dell'animale  che  ne  deposero  la  sostanza  calcare. 

Ai  preacceimati  caratteri  devo  aggiungere  che  la  zona  scoperta  dell'ultimo  anfratto 
vi  è  molto  più  ristretta  e  relativamente  più  largo  il  solco  trasversale  anteriore. 


1840. 

Id 

1852. 

Id 

1852. 

Id 

1852. 

Id. 

18S2. 

Id 

444  I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 

Varielt  F. 

Spira  brevis,  subobtiisa.  -  Sulcits  transversus  anticus  angiislus  ;  superfkies  ultimi  anfractiis  a 
strale  testaceo  detecta  axguslinr  -  Callum  posticum  oris  crassissimum  et  postice  vmgls  productiim. 
Long.   19-46  mm.  :  Lai.  14-28  mm. 

1859.  Jncillaria  glandiformis  I10EHN.,  .ÌMl.  foss.Wien.  voi  I.  (av.XLII.  fig.  10,  II. 

1864.  /(/.  iV.  var.  spira  in/lata  DODERL.,  Cam.  geol.  mine.  sup.  Ilal.ceTilr.,  pag.95  (107). 

1873.  /(/.  id  var.     CO(X.,  Eniim.sist.  Moti.  mine,  e  plioc.  Pmm.e  Pine,  pa[(.  92. 

1882.  Id.  id.  R.  HOERN.  u.  M.  .\LI.NG.,  Oa.it.  mix.  Oeslerr.-lng.  Monareh..  tav.  VII,  Cg.  I. 

Questa  varietà  differisce  dalla  precedente  di  cui  ha  la  forma  generale  con  dimen- 
sioni d'ordinario  minori  ,  per  la  grande  ampiezza  del  labbro  destro  il  quale  si 
estende  sin  quasi  sul  dorso  dell'ultimo  anfratto  e  vi  forma  un  grossi-ssimo  callo.  Nel 
maggior  numero  degli  esemplari  che  raccolsi  a  Stazzano  dove  questa  forma  è  frequente, 
le  dimensioni  sono  minori  di  quelle  ordinarie  della  varietà  precedente,  e  l'ultimo  anfratto 
vi  è  piil  breve  e  più  assottigliato  anteriormente:  in  due  esemplari  le  dimensioni  sono 
maggiori,  e  l'ultimo  anfratto  è  più  lungo  e  meno  assottigliato  anteriormente  pur  pre- 
sentando la  grossa  callosità  e  la  grande  estensione  del  labbro  destro,  caratteristiche 
ili  questa  varietà. 

VariPtà  G. 

Spira  brevissima,  indixiinrta,  nbtiisissima.  -  .{tifradKS  ttltimns  poslicr  laliis,  aiitice  vnlde  alte- 
Huattis.  -  Suiierficics  renlralif!  depressa,  irregulariler  tomplanata;  SM/ier/icics'  dorsalis  siibrequlariler 
ronvexa  ;  superficies  ultimi  aiifraclus  a  strato  testaceo  detecta  valde  angusta;  siilcns  iransversus 
et  ipse  anfiustus.  -  Callum  paslirum  oris  magmtm,  crassissimum,  cantra  Sjiiram  et  ad  latnm  dexterum 
usque  ad  rugas  coUimellares,  in  marginem  crassissimum,  raìde  iirnminens  creclum. 

Long.  21-30  mm.  :  Lai.   13-22. 

La  maniera  colla  quale  il  callo  posteriore  della  bocca  si  estende  sulla  spira  e  si 
rialza  sul  fianco  destro  dcirultimo  anfratto  richiama  alla  memoria  il  modo  di  essere 
del  labbro  destro  della  Nassa  gihhosHÌa   (Linn.)  e  delle  specie  affini. 

Miocene  medio  :  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Villa  Forzano,  Termo-fourà , 
Pino-torinese,  Baklissero-torinese ,  Val  Ceppi,  ecc.,  comunissimo;  Coli,  del  Museo, 
Michelotti  e  Kovasenda. 

Miocene  .'superiore:  Colli  tortonesi.  S"  Agata-fossili,  Stazzano,  frequente;  Coli,  del 
Museo  e  Jlichelotti. 

Varietà  A  —  Miocene  superiore  :  Colli  tortonesi.  Stazzano,  non  frequente  ;  Coli, 
del  Museo. 

Varietà  li  —  Miocene  superiore:  Colli  tortonesi.  Stazzano,  non  frequente;  Coli, 
del  Museo. 

Varietà  C  —  Miocene  medio:  Colli  torinesi,  Kio  della  Batteria,  Termo-fourà, 
Val  Ceppi,  ecc.,  frequente;  Coli,  del  Museo,  Michelotti  e  Kovasenda. 

Varietà  D  —  Miocene  medio:   Colli  torinesi,   Val  Ceppi,  raro;   Coli,  del  Museo. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI  44&- 

Miocene  superiore:  Colli  tortonesi,   Stazzano,  raro;   Coli,  del  Museo. 
Varietà  E   —   Miocene  medio:  Colli  torinesi,   Termo-fourà,   Baldissero-torinese , 
Val  Ceppi,  ecc.,  frequente;   Coli,   del  Museo,   Michelotti  e  Kovasenda. 
Miocene  superiore:   Colli  tortonesi.   Stazzano,  raro;   Coli,   del  Museo. 

Varietà  F  —    Miocene    superiore:    Colli    tortonesi,    Stazzano,    frequente;    Coli, 
del  Museo. 

Varietà  G  —  Miocene  superiore  :  ColU  tortonesi,  Stazzano,  raro  ;  Coli,  del  Museo. 


Nella  classificazione  che  ho  qui  seguita  per  le  dividi  del  Piemonte  e  della  Li- 
guria, le  forme  che  ad  esse  si  riferiscono,  riescono  disposte  in  serie  molto  naturale. 
1  due  generi  estremi,  G.  Porphyria  all'un  capo,  G.  Ancillaria  all'altro,  sono  separati 
da  parecchie  forme  intermedie  che  gradatamente  guidano  dal  primo  al  secondo  e  ne 
dimostrano  l'intima  parentela. 

I  legami  delle  due  sotto-famiglie  sono  chiaramente  stabiliti  dal  genere  Agaronia 
della  prima  e  dal  genere  AnciUarina  della  seconda. 

Nel  genere  Agaronia  la  fisionomia  generale,  la  forma  della  spira,  e  soprattutto 
il  canaletto  posteriore  della  l)occa  stretto,  profondo,  e  col  margine  anteriore  acuto, 
sono  uguali  a  quelli  delle  Olivine  tipiclie;  ma  l'ampiezza  della  bocca,  la  columella 
largamente  contorta.  leggermente  incavata  nel  mezzo  e  la  notevole  obliquità  delle 
pieghe  columellari  sono  altrettanti  caratteri  che.  nel  mentre  le  allontanano  dalle  Oli- 
vine tipiche,   guidano  alle  forme  delle  Ancilline. 

■  N(>1  genere  AnciUarina.  le  specie  del  quale  furono  da  alcuni  Paleontologi  riferite 
al  genere  Oliva,  la  spira  è  bensì  scoperta  come  in  questo  genere,  ma  1°  la  presenza 
del  solco  trasversale  che  corre  sull'ultimo  anfratto  e  clie  va  a  finire,  negli  esemplari 
completi,  in  un  dente  clie  sporge  sul  labbro  sinistro;  2°  il  canaletto  posteriore  della 
bocca  largo,  poco  profondo  .  e  coi  margini  ottusi .  segnano  la  sua  stretta  parentela 
col  genere  Anciìlarid.  nel  mentre  che  la  columolla  largamente  contorta  e  guernita 
di  pieghe  molto  oblique  lo  collega  col  genere  Agaronia. 

È  inutile  ripetere  qui  i  caratteri  dei  singoli  generi  di  ambedue  le.  sotto-famiglie, 
mercè  i  quali  riesce  si  può  dire  omogenea  la  catena  clic  congiunge  tutte  le  forme 
che  vi  sono  riferite. 


t!>=5>5>=5>*>- 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


447 


CATALOGO  GENERALE 


IDEI    avi  o  L  I-.XJS  a  Kc  I 


DEI  TERRENI  TERZIARI! 


DEL  PIEMONTE  E  DELLA  LIGURIA 


coli'indicazione  del  terreno  io  cnì  sono  slati  troTati 


PARTE  TERZA 


(BUCCINIDAE,  CYCLOPSWAE,  FURPURIDAE,  CORALLIOPHIUDAE,  OLiyiDAE). 


a 

0 

a 

a 

9 

S.      Pabtb  li    1 

NOME 

g 

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^                       U 

3 

a 

i 

a< 

s 

*        Pagina 

IV. 

Famiglia  BUCCINIDAE  Chenu 

. 

.      219 

1. 

Sotto-famiglia  Massinae  H.  et  A.  Adams 
1 .  Genere  COMIì\EI.L.%  Gray 

.       219 
.       219 

675. 

I.    derlonensis  Bell 

2.  Genere  PiiOS  Montf 

I.    Serie 

* 

.       219 
.       220 
.       220 

676. 

I .    ruidus  Bell 

2.    Serie 

* 

.       220 

.       220 

677. 

2.    cMarella  (Brongn.) 

id.         Var.  A 

id.         Var.   B 

id.         Var.   C 

* 
* 
* 
* 

.       221 
.       221 
.       221 

.       222 

678. 

3.    orditus   Bon 

■5f 

.       222 

679. 

4.    conneckm   Bell 

* 

223 

680. 

5.    polygonus  (Brocch.) 

* 

* 

224 

id.         Var.  A 

. 

, 

* 

.       225 

id.         Var.  B 

• 

• 

* 

.       2-2ii 

^448 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


a 

1     t 

S       =" 

.  t       P.RTE  II 

KOME                                       g 

s     i 

li 

5        Pagina 

3.  Genere  EBKlB.\/%  Lamck 

1 

.          226 

I.  Sezione 

22ii 

681.           1.    a{)enninica  Boll 

* 

226 

11.  Sezione 

.       22(i 

682.           2.    Caronis  (Brongn.) 

* 

.       226 

683.          3.    eburnoides  (.Malli.) 

^     . 

227 

.  id.          Var.  A 

*     . 

227 

684.           4.    derivala  Bell 

.    * 

.       227 

id.       Var.   A 

.    -X- 

.       228 

id.       Var.   B 

.    * 

.       228 

4.  Genere  KASSA  Lamck 

.       229 

1 .  Serie 

. 

1 

232 

685.           I.    inslabilis  Bell.  (1) 

.    * 

232 

id.       Var.  A 

.    * 

.       233 

id.       Var.  B 

.    -X- 

•  j  • 

.       233 

id.       Var.  C 

.    -X- 

1 
■  1  ■ 

.       233 

id.       Var.  D 

.  * 

1 

■  1  ■ 

233 

id.       Var.  E 

.    Hr 

1 

•  !  • 

.       233 

686.           2.    consimiiis  Bell 

■    * 

1 

.       234 

687.          3.    venlricosa  (Gral.) 

.    -X- 

] 

235 

id.         Var.  A 

•    -X- 

.       235 

2.  Serie 

. 

.       236 

688.          4.    tornala  Doilerl 

•  -x- 

. 

.       236 

3.  Serie 

.    !     . 

237 

689.           5.    Bonella  E.  Sismtl    

■> 

237 

id.     Var.  A 

.      -Jf 

.       237 

id.     Var.  B 

.ì* 

.       238 

690.          6.    f/«6/a  Bell.   ..- 

•  * 

1 

.       238 

4.  Serie 

'238 

691.          7.    praecedens  Bell 

■  * 

.       238 

it/.          Var.  A 

■X-     . 

.       23  S 

jrf.          Var.   B    

.  -x- 

239 

69-2.           8.    crassilabris  Bell 

■  * 

•          • 

.       239 

693.          9.    obliquata  Brocch 

■X-  -x- 

239 

id.         Var.  A 

.  -x- 

.       240 

694.         IO.    viutabilis  (Lino.) 

*  -x- 

■X-      240 

id.         Var.  A 

.  -x- 

212 

id.         Var    B 

.    •    •    ■     . 

.  -x- 

242 

id.        Var.  C 

.  -x- 

.       2Ì2 

id.         Var.  D 

.  * 

.       242 

5.  Serie 

.       2i3 

695.         (  I.    af/ateusis   Bell 

•  * 

243 

id.        Var.  A 

^ 

•    -X- 

.       213 

696.         I  2.    coarctata    Eicw 

•   * 

.       243 

irf.         Var.  A 

•  -x- 

.       244 

(1)  Vedi  Correzioni. 

DESCRITTI    DA    t.    BELLAEDI 


449 


a 

i    s    ^ 

3    .- 

* 

1 

1     Pabtb  ih 

:nome                           '2 

J 

3 

.s 

s 

i   1   J 

1    ^  ^        Pagina 

Seffìie  Genere  IV'ASSA  Lamck. 

1 
1 

6'.)7. 

j  3.    pulchra  D' Anc    

.    ^  -9 

«■       .       . 

24o 

6.  Serie 

246 

G98. 

i4.    crassiuscula  Beli 

•    ■'^  ^ 

(r      . 

246 

699. 

i5.    defosso.   Beil 

7.  Serie 

.    * 

246 
247 

700. 

i6.    lacryma  Beil 

8.  Serie 

1 

■  -x- 

247 
248 

701. 

l'j.    mofinicallosa    Bell 

.  *! 

248 

702. 

i8.    gibbosula  (Linn.) 

.  .  i 

«■  *  -x 

-      249 

id.        Var.  A 

.      •    -i 

«■    . 

250 

id.        Var.  B 

1 

«•    . 

250 

id.        Var.  C 

.  1 

1 

.  * 

250 

703. 

ig.    ringictila  Bell 

■     *1 

250 

704. 

20.    Soldanii  Bell 

9.  Serie 

1 

1 

■     1 

*•   -X- 

251 
251 

705. 

2  1.    subesukala  Bell 

*     .1 

252 

706. 

22.    Botverbanki  Michlti 

,*     . 

2o2 

id.          Var.  A 

♦     • 

1     252 

1 

707. 

23.    senilis  Doclerl 

i    •     * 

253 

708. 

a4-    Basteroti  Michlti 

*     ■ 

253 

709. 

25.    lurgidula  Bell 

*     ■ 

254 

id.        Var.   A 

;*  ■ 

254 

id.       Var.   B 

1 

254 

710. 

a6.    atligua  Bell.  (1) 

*    . 

.       254 

711. 

27.    Mayeri  Bell 

!  ■   •  ' 

!«•   ♦ 

255 

712. 

28.    tumida  Eicw 

1  .  * 

•  ì* 

.       255 

id.     Var.   A 

1  .  * 

. 

255 

id.     Vai-.   B 

*  *  - 

w  • 

255 

id.     Var.   C 

.  * 

.       256 

1 0.  Serie 

,       , 

.       256 

713. 

ag.    iuberifera  (May.) 

1 1 .  Serie 

.  * 

2.1 7 
257 

714. 

3o.    biformis  Bell 

1 2.  Serie 

A 

1  •  * 

! 

1 

.       257 
.       258 
.       238 

715. 

3i.    Borsonis  Bell 

.    * 

.       258 

716. 

32.    Coppii  Bell 

*      . 

.       259 

717. 

33.    siibreliatlala  Bell 

1 

259 

718. 

34.    speciosa  Bell 

■Sf     . 

.       259 

719. 

35.    porrcela   Bell 

.    -Sf 

.       260 

id.        Var.  A 

•  * 

.        260 

liO. 

36.    Mela  Beli 

B 

1  •  * 

1 

.  !     260 
.  !     260 

721. 

37.    laxcsulcala  Bell 

!  '.  * 

.       261 

722. 

38.    reclii'osluln  Bell , 

'  •    .  i 

.  * 

.  .     261 

(1)  Vedi 

sorrezioni. 

Serie 

II.  Tom.  XXXIV. 

'i 

450 


MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


a 

i     s    ^ 

i    .  1     Pabtb  III 

i   .i   1 

a     3     =■ 

1       S       /'ajina 

Segue  Genere  I\'ASSA  Lamck. 

123. 

Sg.    alava  Bi'll.     

-X-    .       262 

724. 

4o,    corniguta   'Broccli.) 

.      .    -X- 

*    .       262 

725. 

4  1 .    anlii/ua  Bell 

-X-    .       262 

C 

. 

.     .       263 

726. 

42.    reliculnta  (l.inii.) 

.      .    * 

*  -X-      263 

id.         Var.  A 

.      .    -Jt 

.     .       264 

727. 

43.    ìììKsii'a  Bioccli 

*    .       265 

728. 

44-    /lexicostata  Bell 

*     .      . 

.     .       266 

7  29. 

45.    crcbresiilcala  Bell 

.    *     . 

.     .       266 

730. 

46.    coìifuruleniJa  Bell 

.    *     . 

.     .        i67 

D 

. 

.     .       267 

731. 

47.    consohrina   Bell 

.    -Jf     . 

.     .       267 

732. 

48.     venlrosa   Bell 

.    *      . 

.     .       268 

733. 

49.    subovaia  Bell 

-X-     . 

.     .       268 

734. 

5o.    brevis  Bell 

*    .    . 

.     .       268 

735. 

5 1 .    turbinata  Bell 

*    .     . 

.     .       269 

736. 

53.    concinna  Bell 

•  *   . 

.     .       269 

1 3.  .Serie 

.1  .       269 

737. 

53.    tessellata  (Bon.) 

^    .    . 

.     .       270 

id.        Var.  A 

■X-    .    . 

.     .       270 

738. 

54.    faiìiiliaris  (May.) 

*    . 

.     .       270 

1  4.  Serie 

.     .       27 1 

739. 

55.    diffìcilis  Bell 

.  *    .    . 

.     .       271 

1 

1  5.  Serie 

, 

.     .       271 

740. 

56.    cincia   Bell 

.  *    .    . 

.     .       272 

id.     Var.  A 

.  -x-    .    . 

.     .       272 

741. 

57.    hscli  Bell 

.   -x-    .     . 

.     .       272 

742. 

58.    Cepporum  Bell 

.  i«-    .    . 

.     .       273 

id.        Var.  A 

.  *   .    . 

.     .       273 

7  43. 

5g.    Renicri   Bell 

.  ^    .    . 

.     .       273 

1 6.  Serie 

. 

.     .       273 

744. 

60.     Vcncris  Faiij 

.   -x-    .     . 

.     .       274 

id.      Var.  A 

.  *    .    . 

.     .       274 

id.      Var.  B 

.  *    .    . 

.     .       27^ 

•17.  Serie 

.     .       275 

7  45. 

61 .    intercisa  (Gene) 

■  *    ■    ■ 

.     .       275 

id.       Var.  A 

■  *    ■    ■ 

.     .       275 

id.       Var.  B 

•    -X-     •      • 

.     .       275 

irf.       Var.  C 

•   -x-    •     • 

.     .       276 

id.       Var.  1) 

■X-      •      • 

.     .       276 

trf.       Var.  E 

•  *    •    • 

.     .       276 

id.       Var.  F 

•   *    •     • 

.     .       276 

7  46. 

62.    oiìiissa  Bell 

•   -x-    •    • 

.     .       276 

7i7. 

b3.    amjtisla  Bell 

•   -x-    •    • 

.     .       277 

748. 

64.    iiingiiiroslala   Bell 

•  i-x-    •    • 

.     .1     277 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


451 


NOME 


S(3 


rABTB    III 

Pagina 


749. 
750. 
751. 
752. 
753. 

754. 
755. 
756. 

757. 
758. 
759. 

760. 
761. 
762. 
763. 
764. 
765. 

766. 


767. 
768. 

769. 


770. 

771. 

772. 
773. 

774. 

775. 


70 

7' 

72 


;5. 

76. 

77- 


Seffue  Genere  IMASSA  Lamck 

65.  Woodi  Bell 

66.  cunncostalii    Bell. 
G7.    Cakarae  Bell.  .  . 

68.  tracia   Bell 

69.  neglecta  Bell.    .  . 

id.      Var.   A. 

rustica  Bell.    .  .  . 

divisa   Bell 

lurriculata  Bell.  . 
78.  Solterii  Bell.  .  .  . 
74.    clavatnla  (May.). 

obcliscus  Doderl. 

1 8.  Serie 

serrala  Broech.  . 
interdenlala  (Boti. 

78.  ligustica  Bell.   .  . 

79.  scatarata  Bell.  .  . 

80.  craliculata    For.  . 
8i.    bisotensis  Deponi. 

id.        Var.  A. 

82.  Pareti  (May.).  .  . 

19.  Serie 

A 

83.  prysmalhica  Broech 
84-    Brugnonis   Bell. 

B 

85.  borelliana  Bell. 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

id.  Var.  C 

20.  Serie 

86.  dal/irata  (Boro). 

id.        Var.  A. 

87.  emiliana  (May.)  . 

id.       Var.  A. 

88.  Cantrainii  Bell.  . 

89.  scalaris  Bors.   .  . 

21.  Serie 

A 

Cocconiì  Bell.    . . 

id.      Var.  A. . 

id.      Var.  B.  . 
proavia  Bell. . . 

id.      Var.  A. 

id.      Var.  B. 


90 


91 


.   I 


* 


277 

278 

278 

278 

278 

279 

279 

279 

280 

280 

281 

282 

282 

283 

284 

284 

284 

285 

285 

285 

286 

286 

287 

287 

•289 

290 

290 

291 

291 

291 

291 

291 

293 

293 

293 

294 

294 

294 

295 

295 

295 

295 

295 

296 

296 


4Ó2 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TEBZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


NOME 


776. 

777. 

778. 
779. 
780. 

781. 

782. 
783. 
784. 

785. 

786. 
787. 
788. 
789. 
7  90. 

791. 

792. 
7  93. 

794. 
795. 
790. 

797. 

798. 

799. 

8110. 

801. 
802. 

803. 


Segue  Genere  MASSA  Lamck 
ga.    semirugosa  Bell.  . 


B. 

93.    albucianensis  Bell. 
i2.  Serie 

A 

g4'    /intsinae  Bell.  .  .  . 

B 

95.  semicostulata  Bell. 
C 

96.  per  rara  Bel! 

23.  Serie 

9'-.    conglobala  Brocch. 

i(l.  Var.  A. 

98.    padiijgaslfr  (May.). 

qq.    pttpoides  Bell.  ... 

allilis  Bell 

'l'i.  Serie 

turrita  Bors 

id.       Var.  A.  .  . 
IfAnamap  Bell.  .  . 

f-hreslii  Bell 

inlcrpasìtii. 


IO"). 

IO  r . 

1  02. 
io3. 

.04. 
io5. 
loh. 

107. 
1  08. 
109. 

I  IO. 

I  I  I . 
1  I  2. 

II 3. 

■  .4. 


ii5. 


116. 


117. 
118. 


I  iq. 


imicfjuicoslala  Bell. 
fallux  (Miclilli.).  . 

25.  Serie 

recondita  (May.). . 
niacrodon  (Broun). 
Auingeri  (lloerii.). 
id.  .  Var.  A.  . 
deprvmjiln  Bell.  .  . 
noiaìidu  Bell.  .  .  . 
sulcalula  Bell.  .  .  . 

20.  Serie 

liicoiiae  Bell.    .  .  . 

27.  Serie 

arala   Bell 

28.  Serie 

contrada  Bell.  .  .  . 

29.  Serie 

obesa  Bell 

30.  Serie 

slriihrlliann  ('occ. 
labi'llum  (Boi),).  .  . 

id.        Vnr.  A.  . 
Aldocrandii  Bell.  . 


* 


.1* 


Pauti  II! 
Pagina 


296 

296 

2^16 

-297 

297 

297 

298 

298 

298 

1\)S 

298 

2'.t9 

299 

;}(i0 

301 

301 

301 

302 

302 

303 

303 

304 

304 

304 

305 

305 

3(16 

306 

306 

307 

307 

307 

308 

308 

309 

309 

309 

310 

310 

310 

311 

311 

312 

312 

312 


1 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI 


453 


NOME 


s 

'effue  Genere  MASSA 

804. 

120 

Semperi  Bell.    .  .  .  . 

805. 

1 

121. 

longa  Bell 

31.  Serie 

806. 

l  V.2. 

lomcnlosa  Doderl.   . 

807. 

123. 

Pereirae  Bell 

808. 

j 

124. 

liovasendne  (May.). 
32.  Serie ".  .  . 

809. 

1 

125. 

peregrina  Bell.    .  .  . 

3;i.  Serie 

A 

i    810. 

i 
1 

I2G. 

ine r ossala  (Muli.).  . 
id.          Var.  A.  . 
id.          Var.  B.  . 
id.          Var.  C.  . 
id.          Var.  D.  . 

i    811. 

127. 

voi  pedana   Bell.  .  .  . 

;    812. 

128. 

bugellensis  Bell.  .  .  . 

id.          Var.  A.  . 

B 

813. 

129 

planicostala 

id.     Var.  A.   .  . 
id.     Var.  B.    .  . 

814. 

i3o. 

angiilala  (Brocch.), 

815. 

i3f. 

liirgens  Boll  (1).  .  . 

!    816. 

1 

l32. 

Setjuenzae    Bell.  .  .  . 
34.  Serie 

:    817. 

1 
1 

i33. 

similis  Bell. 

id.    Var.  A 

id.    Var.  B 

818. 

i34. 

Morlilleli  Bell.   .  .  . 
35.  Scile 

819. 

i35. 

produrla  Bell 

820. 

i36. 

Andonae  Bell 

36.  Serie. 

A 

821. 

.37. 

Calulli  Bell 

id.    Var.  A 

822. 

i38. 

bnldisseriensis  Bell. 

8-23. 

139. 

Fonlannesi  Bell.  .  .  . 

,824. 

140. 

sndplilis  Bell 

825. 

.4.. 

semita  Bell 

B 

serriilicosla  Broun  . 

826 

142. 

827. 

143. 

Fischeri  I^cll.    .    .  . 

(1)  Vedi 

Correzioni. 

Lamck. 


:§■  1   t  ^ 

i  .  1    pabte  m 

s     s     s     - 

1    ^-^        Pagma 

.    .    .  -Jf 

.        .           312 

.    .    .  -x- 

313 

• 

.     .       313 

*    .    . 

.     .       314 

•  *    .    . 

.     .       314 

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.     .       314 

• 

.     .       315 

.  -Jf   .    . 

.     .       315 

.     .       315 

.     .       316 

-Jf    Mr        316 

*     .       317 

.    .    .  * 

-X-    •       317 

^    .       318 

■X-     .        318 

^     .       319 

*     •        319 

^     .        319 

.     .       320 

.    .  *    . 

-X-     .        320 

^    .       320 

1 

se    •       320 

*            321 

.    .  *    . 

Mr     ■        322 

. 

*    .        322 

.     .       322 

.    .  *    . 

.     .       323 

.  .  *  . 

.     .       323 

.    .  *   . 

.     .       323 

..!•»(•. 

323 

324 

*    .       324 

.    .  ;  .  •}«• 

*    .       324 

.     .       325 

.     .       325 

.    .  *  * 

,     .       325 

.    .  1*  * 

.     .       325 

.  *    .    • 

.     .        326 

.    .  *    . 

.     .        326 

.    .  *    . 

.     .       326 

.    ■  *  * 

.     .       326 

■    . 

.     .       327 

.  *  *  * 

*     .        327 

1     1 

.     .        328 

454 


I    MOLLUSCHI    DBl    TERKENl    TERZIARII    DEL    l'IEMONTE    ECC. 


.5 

i    s 

0 

l  -1 

Pabtb  III 

NOME 

i 

8      i 

^    Su 

~              '-3 

Pagina 

Segue  Genere  NiASSA  Lamck. 

828. 

144.    tei-tilis  \W\\ . 

.    * 

329 

id.    Var.  A 

.    • 

329 

829. 

145.    impar  IJell 

ì<-     . 

329 

830. 

i4t)-    cavala  ISclI 

•  -je 

•X- 

329 

831. 

147.    turrinila  (May.) 

.  -x- 

3.50 

832. 

148.    lani  (May.) 

.  -x- 

330 

833. 

149-    (jtiailriserialis  (Bnii.) 

.  ^ 

■X- 

330 

834. 

i5o.    urrucosa  (BroccL.) 

/(/.        Var.  A 

id.        Var.  B 

37.  Serie 

331 
3;V1 
331 
332 

835. 

1 5 1 .    aspcrata  Cocc 

id.      Var.  A 

id.      Var.  B 

38.  Serie 

;i 

*    . 

^  ■ 

X-     . 

¥r     . 

332 
332 
333 
3.)  3 

83tì. 

i52.    subcttudata  Bell 

id.        Var.  A 

3H3 
334 

837. 

1 53.    diversa  Bell 

-X-     . 

334 

838. 

1 54.    Sabrina   Bell 

■Jf    . 

334 

839. 

i55.    coyiialelta  Bell 

*   . 

335 

840. 

i5(J.    siiinilaiis  Bel! 

39.  Serie 

.  ' 

*   . 

3:<5 
335 

841. 

1.5'j.    innrqualis    Bell 

.  -x- 

■X- 

335 

842. 

i58.    edculpla  Bell 

.  * 

336 

843. 

1 5(^.    diademata    Bell 

.  * 

336 

844. 

160.    Inarata  Bell 

io.  Serie 

.  * 

336 
337 

845. 

161.    pinnata  Bell 

II.  Serie 

•     • 

■x^ 

337 
337 

846. 

1G2.    lurbinellus  (itrocch.) 

id.          Var.  A 

id.          Var.  B 

id.          Var.  C 

.  * 
.  * 
.  -x- 
.  -«e 

* 

338 
339 
339 
339 

S47. 

iG3.    riiKjens  (Boli.) 

id.      Var.  A 

340 

340 

848. 

164.    areolala  Bell 

id.       Var.  A 

.  -x- 

3  40 
341 

849. 

i65.    laitriuensis  (May.) 

42.  Serie 

■X-     . 

341 
34! 

850. 

i6(i.    perimlchra  Bell 

id.          Var.  A 

ìd.          Var.  B 

43.  Serie 

*  -x- 

X-    . 

*  . 

3i2 
3i2* 
312 
312 

851. 

167.    subifuadrantjularis  Miclilli 

id.               Var.  A 

*    • 

313 
343 

DESCRITTI    DA    L.    BELLAKDI 


455 


='    1    ^    = 

=     _  S.     Paiite  III 

NOME 

Mioc. 

Mioc.    B 

Mioc.  ( 
Plioc. 

-1 
1    '^S        fay'na 

Segue  Genere  MASSA  Lamck. 

852. 

i68.    cmpn  Boll 

.  *    .    . 

.     .       344 

853. 

169.    soror  IJell 

.    -5f     .      . 

.     .       344 

85i. 

170.    cognata  Bell 

44.  Serie 

.  -x-    .    . 

.     .       344 
.     .       315 

855. 

171.    dalhurella  Bell 

.  -x-    .    • 

.     .       345 

irf.        Var.  A.  .  . 

.  *  .   . 

.     .       345 

irf         Var.  B.  .  . 

1 

.     .       345 

id.        Var.  C.  .  . 

.    -X-     .     . 

.     .       316 

id.        Var.  D.  .  . 

.  -x-    •    . 

.     .       346 

45.  Serie 

•          •          •    ,      • 

.     .       346 

856. 

172.    Ic/frcijsi  Bell 

•  *   •    • 

.     .       346 

857. 

1^3.     iurerla  Bell 

46.  Serie 

A 

.  *    .  i  . 

1 

.     .     .  1  . 

.... 

.     .       347 
.     .       347 
.     .       347 

858. 

174-    badensis  (Parlsch).  .  . 

.  -Jf    •    . 

.     .       347 

id.      Var.  A.  . .  . 

.>  .: . 

.     .       348 

' 

id.      Var.  B 

.  *   .    . 

.     .       348 

id.      Var.  C 

.  *   .    . 

.     .       348 

id.      Var.  I) 

.  *    .    . 

.     .       348 

id.      Var.  E.  .  .  . 

........ 

.  *  .  . 

3 18 

859. 

175.    exigua  (Brocch.).  .  . 

.  1  *    .    . 

.     .       349 

id.    Var.  A 



.  *    ■    • 

.     .       3i9 

B 

• 

.     .       349 

SCO. 

176.    pcclita  Bell 

.  *   ■    . 

.     .       349 

47.  Serie 

. 

.     .       3  49 

A 

.     .       S.iO 

861. 

177.    snblaevigata  Bell... 

.  *    •    . 

.     .       350 

id.          Var.  A.  . 

.  *    •    . 

.     .       350 

)■(/.          Var.  B. 

.  *    .    . 

.     .       350 

id.          Var.  C. 

.   -X-    .     . 

.   ..       350 

id.          Var.  D. 

•   -x    •     • 

.     .       350 

862. 

1 78.    tattrinoriim  Bell.   .  . 

.  *    .    . 

.     .       350 

id.        Var.  A.  . 

.    ■¥r      .      . 

.     .       351 

id.        Var.  B  . 

.  ^    .    . 

.     .       351 

B 

.     .       351 

863. 

179.    Collegni  Bell 

.  *    .    . 

.     .       351 

804. 

i8o.    conneclcìis   Bell.  .  .  . 

48.  Serie 

A 

.  -x-    .    . 

.     .       351 
.     .       352 
.     .       352 

865. 

181.    gcniirix  Bell 

.  -x^    .    . 

.     .       3.i3 

866. 

18».    finitima    Bell 

.    .  *    . 

.     .       3:)3 

867. 

i83.    dertonensis    Bell.    .  . 

.    .  *   . 

.     .       3.")3 

id.          Var.  A. 

.    .  *   . 

.     .       354 

id.          Var.  B. 

•    •  *    • 

.     .       354 

id.          Var.  C. 

■     •   -X-  -x- 

.     .       355 

456 


I    MOtia'SCHI    DEI    TERRENI    TERZI ARII    DEL    PIEMONTE 


*-• 

e 

1 

3 

a 

s 

r  e 

1 

Parte  III    i 

NOME 

8 

E 

si 
s 

i 

0 

i 

Si 

1 
Pagina 

Segue  Genere  1%'ASSA  Lamck. 

(Irrluitensis    Var.  D.  .  .     

■    * 

. 

35  •) 

i(l.           Var.  E 

* 

. 

355 

868. 

1 84.    ilalica  (May.) 

B ." 

* 

* 

356 
357 

869. 

1 85.    neglecla  Bell 

-X- 

358 

870. 

1  8G.    gigantula  (Bon.) 

id.        Var.  A 

■X- 

358 
358 

id.        Var.  B 

■Jfr 

•  '  • 

359 

871. 

iS'j.    IJoernesi  (May.) 

i  •  *  • 

359 

id.        Var.  A 

•  -x- 

' 

359 

872. 

188.    solidula  Bell 

1*  * 

360 

873. 

189.     Irani'itaMS  Bell 

*    • 

. 

360 

87i. 

190.    semislrinUi  (Bioceh.) 

*  * 

* 

■X- 

361 

id.        Var.  A 

, 

•X- 

362 

id.        Var.  B 

1 

1  ■ 

* 

363 

id.        Var.  C 

1 

* 

. 

363 

875. 

191.    Olivii  Bell 

* 

367     ' 

49.  Serie 

367 

876. 

192.    merjasloma  Bell 

id.        Var.  A.  . 

id.        Var.  B 

* 

* 

* 

■   ■ 

367 

368 

368          ; 

id.        Var.  C 

* 

368    ! 

id.        Var  D 

* 

368 

877. 

193.     Punlnnrllii  Bell 

* 

368 

878. 

194.     nitfìis  Bell 

•X- 

368 

879. 

iq").    oblila  Bell 

id.    Var.  A 

50.  Serie 

* 

369 

369  : 

369    ' 

880. 

19G.    Benoisti  Bell 

51.  Serie 

* 

369    ' 
370 

881. 

197.    Chiereghinii  Bell 

, 

•X- 

* 

370 

882. 

198.     De-Greijorii  Bell 

■X- 

370    : 

883. 

199.    obbliga  (Sass.) 

o-ì.  Serie 

i 

■X- 

* 

371    ; 

.17 1     . 

1 

884. 

200.    tersa  Bell 

id.    Var.  A 

■X- 
■X- 

■X- 

371 
372. 

885. 

201.    crehrirostuldla   Bell 

. 

* 

•X- 

372 

880. 

202.    clalirala  Doderl 

* 

372 

887. 

2o'3.    altanlica  (.May.) 

id.      Var  A 

* 
* 

373 
3:3    ; 

8S8. 

2o4-    subtroslitta   Bell 

•  !* 

1     373 

889. 

2o5.    noia  Bell 

1* 

1     374 

DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


457 


NOME 


891. 
892. 


893. 


899. 


900. 


901. 


902. 


903. 


2.    Sotlo-fiimiglia  Cylleninae  Bellardi 

1 .  Genere  CWMjEI^e  Gray 

890.  I.     Desnoyersi  (Bast.) 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

id  Var.  C 

2.  Genere  CTLIiEllIl^A  Bell 

I.  Sezione 

1 .  Serie 

i.    anrillariaeformis  (Grat.). 

2.  Icrrbrina  Meli 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B.  .  .  . 

2.  Serie 

3.  paulucciana  (D'Anc). 
id.  Var.  A.  .  . 
id.  Var.  B.  .  . 
id.  Var.  C.  .  . 

receiìs  Bell 

Sismoììdne  Bell 

irrefiularis  Bell 

'^.  Serie 

hìcorowita  Beli 

iubuiìihilirata  Bell.  .  .  . 

4.  Serie 

9.    pleurotoìHOìdes  Bell.  .  . 

II.  Sezione 

5.  Serie , 

10.  Haueri  (Michlti) 

id.       Var.  A 

id.      Var.  B 

1 1.  ovuliita  Bell 

id.      Vai-.  A 

id.      Var.  B 

12.  Neumayri  (B.  Ilnern.  M.   Auing).  . 

V.  Famiglia  CVCLOPSIDAE  Chenu .... 
1 .  Genere  ClCLOPS  Montf. 

I.    neriteus  (Linn.) 

VI.  Famiglia  PURPL'RWAE  Chenn 

1.  SoUo-famiglia  Purpurinae  Beliarili 

t .  Genere  PCRFCR A  Brug 

1 .   Serie 

904.  I.    Gnstaldii  Beli 


894. 

4- 

895. 

5. 

896. 

6. 

897. 

7- 

898. 

8. 

Parte  III 

Pagina 


3T6 

375 
375 
375 
376 

376 

377 
377 
377 
378 
379 
379 
380 
380 
380 
380 
381 

;ì8i 

382 
382 
382 
383 
383 
383 
384 
384 
385 
385 
385 
386 
380 
386 
386 
38G 
387 

388 

388 
388 

390 

390 

390 
390 
390 


Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


458 


I    MOLLUSCHI     liEl    TERRENI    TERZIARI!    DEL    PIEMONTE    ECC. 


ISOME 


905. 
90f). 
907. 
908. 

909. 
910. 
911. 
912. 


913. 

9I.H. 
916. 

917. 

918. 


919. 
920. 
921. 
922. 

923. 

92  i. 

925. 
926. 

9-27. 

'.'-'8. 


929. 
•J30. 
931. 


93-2. 


Segue  i  tenere  Pl'BPCi»A  Brug 

2.  Serie 

.  suhuiiibilicata  Bell 
.  umbilicatu  Bell.  . 
.  rp/li-j(t  Bell.  ... 
.    inaequisulcala  Beli 

3.  Serie 

striolata  Bromi 
transitoria  Bell 
praeccdcìis  Bell 
araitt   Boll.    .  . 

id.     Var.  A. 

ili.     Var.  B. 
parvula  Bell. 
bipliriìta  Bell. 
inacrniicoslaln  Bell 
prosa  Bell     .... 
rarisulcata  Bell. 

4.  Serie 

Sisìiiondue  M idilli 

5.  Serie 

A 

refusa  Mici) Iti.  . 
ricinuloides  Bell. 
cnnnpi-trns  Bell.  . 
tuberculula  Bell.  . 

B 

ralcarala  (Gral.). 
id.  Var.  A 

liaemaslomoides  H.  Iloern.  e  M 

6.  -Serie.  .  .    . 
bica  ri  naia  Bell. 
slazzaiicnsis  Bell 
nniplicata   Bell. 

7.  Serie 

prodticta  Bell.  . 

id.        Var.  A 

«rf.         Var.  B 

:>.6.    apetììtinicn  Bell. 

2'j.     rloiiyala   Bell.    . 

aS.    ineijaslniìia  Bell. 

8    Srrie 

29.  elecla  Bell.  (1). 

9.  .Serie 

30.  varicosa  Bell.   . 


6. 

7- 
8. 

9- 


IO 

I  I 

1  2 

i3 

•4 

i5 


i6 

17 
18 

'9 


20. 
21. 
22. 

23. 

24. 


2.5 


uing 


* 


■X- 


PtBTe  III 
Pagina 


390 
391 
391 
391 
392 
392 
392 
393 
393 
393 
394 
39i 
394 
395 
395 
396 
396 
397 
397 
398 
398 
398 
399 
399 
399 
400 
400 
400 
401 
401 
402 
402 
402 
403 
403 
403 
403 
403 
40  4 
40  i 
404 
404 
403 

4o;ì 


J)  Questa  specie  non  ha  numero  progressivo  perchè  già  inscritta  nel  Genere  Murex. 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


45» 


NOME 


Sa 


Paste  III 
Pagina 


933. 


939. 
940. 

941. 
942. 

943. 


944. 
945. 
946. 
947. 

948. 

949. 
950. 
951. 
952. 
953. 
954. 
955. 


934. 

I. 

935. 

2. 

936. 

3. 

937. 

I. 

938. 

1. 

2.  Genere  JOPA.S  H.  et  A.  Ad. . . 
pygmaea  IJell 

3.  Genere  mOiXOCEros  Lamck. 

monacanthos  (Brocch.) 

de/iressus  Broiin 

canrellalus  Bell 


lingua-bovis  (Basi.) 

5.  Genere  CBMA  Humphr 

laxecarimiln  (Miclitli.) 

Sotlo-famiglia  P  u  r  purellina  e  Beliardi 

1.  Genere  pvrpcreIìIìA  Bell 
canaliculnla  Bell 

2.  Genere  TA11RA§IìIl  Beli. 
subfusiformis  (I)Orb,) 


2. 


id. 

id. 
coronala 
id. 


Var.  A. 

Var.  B. 

Bell. 

Var.  A.  .  . 


3.    nodosa  Boll 

VII  Famifjlia  CORAIIIOPUILIDAE  Clienu 

1.  Genere  COR.%Mì10PHII.a  H. 

1.  Serie 

I.    granifera    Miclilli). 


id.        Var.  A. 

id.        Var.  B 

brevìspira  Bell 

angusta  Bell 

costala   Bell 

varicosa  Bell 

2.  Serie   

6.    fusiformis  Beli.   .  .  . 
id.        Var.  A.   .  .  , 

regularis   Rell 

recurvicanda   Bell.   .  . 

turrita  Bell 

umbiUcala  Bell 

abnormis  (MicliUi.).  . 
crassirostala  Bell.    .  . 

lonya  Bell 

14.     Renieri  (MicliUi.)  (1). 

i5.    irregularis  Bell 

16.    compia  Bell 


2. 
3. 

4- 

5. 


7- 
8. 


9- 

lU. 

1 1. 

1 2. 
i3. 


et  A.  Ad. 


•X- 


-5f 


■X- 


405 
403 

406 
406 
406 

407 

407 

407 

408 
408 

409 

409 

409 

410 
410 
411 

411 
il  I 
ili 
411 

412 

412 
412 
412 
412 
412 
413 
413 
413 
414 
414 
414 
414 
414 
415 
413 
415 
416 
416 
416 
417 
417 
417 


(1  )  Questa  specie  e  le  due  seguenti  non  hanno  numero  progressivo  perchè  già  inscritte  nel  Gen.  Murex. 


4G0 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZURII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


956. 


937, 


963. 


964. 


965. 
966. 


KOME 


2.  Genere  I.ATIAX1S  Swains — 
inermis  Bell 


Vili.  Famipiia  OLIMDXE  Chenu 

I.  Solto-famiglia  Olivinae  Bellardi  ... 
I. 
1.  Genere  pobphi:bia  Bolten 
A. 
I .    maryinaia  Bell 


B. 

o. 


958. 

2. 

959. 

3. 

960. 

4- 

961. 

5. 

962. 

6. 

scaloris  Bell. 
curia  Bell.    . 


7- 


in/ìata  Bell 

pichulùia  fBiongii.). 
cyliìulracea  (Bors.). 

id.  Var.  A.  . 

id.  Var.  B. . 

id.  Var.  C.  . 

Dvfresnei  (Basi.). 


9- 

IO. 


967. 

I. 

968. 

2. 

969. 

3. 

970. 

4- 

971. 

5. 

972. 

6. 

973. 

7- 

974. 

8. 

975. 

9 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

id.  Var.  C 

mnltlmla  Bell 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

loìigispira  Bell 

fusifonnis  Bell 

II. 
2.  Genere  OIìIVEL1j.4  Swains. 

I.  Serie 

A. 

migtistn  Bell.  . 

a/finis  Bell 

longispirn  Bell 

id.      Var.  A 

B. 

crifisirufiom  Boll 

Iiimida  Bell 

ohiiijìtala  Bell 

vnilrvsa  Bell 

id.  Var.  A 

rosacea  (Bon.) 

brevis  Bell 


..  5.    Pabtk  ni 

'  1 

Sa 


Pagina 


■5f 


•X- 
■X- 

I 


* 

1 

■X- 

ì 

•X- 

•X- 

■X- 

. 

■X- 

417 
417 

418 

420 

420 

420 

420 

420 

421 

421 

421 

42 1 

421 

422 

422 

422 

423 

423 

423 

423 

423 

424 

424 

423 

425 

425 

423 

425 

.  426 

426 
426 
426 

426 
426 
427 
427 

427 

4  ■-'7 
427 
428 
428 
428 
42  S 
429 


DESCRITTI    DA    L.    BELLAEDI 


461 


JSrOME 


Sa 


Pabte  III 
Pagina 


Seffue  Genere  OMVEliLA  Swains. 

976.  IO.    slriclu  Boll 

977.  '   II.    clavula  (Lanick.) ■ 

id.  Var.  A 

ili  Var.  B 

id.  Var.  C 

978.  I  2.    major  Bell 

id.        Var.  A 

3.  Genere  AKAROXIA  Gray 

979.  I.    pticaria  (Lamck.) 

2.  Sollo-famiglia  Ancillinae  H.  et  A.  Adams 

1 .  Genere  Al%Cll.IiARIl\A  Bell 

980.  I.    suluralis  (Boii.j 

id.  Var.  A.  ...  - 

id.  Var.  B 

id.  Var.   C 

981 .  2.    apenninica  Bell 

2.  Genere  ai^iciEìMNA  Bell 

982.  I.    pusilla  (Fuciisj 

3.  Genere  AAiCiLliARiA  Lamck 

I.  Seziono 

983.  I.    sismondana  D'Oib 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

id.  Var.  C.  . . .  : 

id.  Var  D 

II.  Sezione 

1.  Serie 

984.  2.    obsoleta  Broccli 

id.  Var.  A 

985.  3.    Sowerbyi  Mieliti! 

98.6.  4.    liguslica  liell 

2.  Serie 

987.  5.    palula'  Doiicrl 

988.  6.    anomala  (Schl.) 

id.  Vai'.  A 

989.  7.    (jlandiformis  Lanick 

id.  Var.  A 

id.  Var.  B 

id.  Var.  C 

id.  Var.  D 

id.  Var.  E 

irf.  Var.  F 

id.  Var.  G 


* 


¥r 


429 
429 
430 
430 
430 
431 
431 
432 
432 

43-2 

433 
433 
434 
434 
434 
435 

436 
436 

436 
437 
437 
437 
437 
437 
437 
438 
438 
438 
439 
439 
440 
440 
440 
440 
441 
441 
442 
442 
442 
443 
4  43 
444 
444 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII   ECC.    DESCRITTI    DA    L.    BELLABDI 


463 


INDICE  ALFABETICO 


AGARONIA PAG.  419.432.445 

plicarìa »   432 

Ancilla "   437 

infialo ■   441 

obsoleta »  438 

ANCILLARIA 418. 419. 432. 436. 445 

anomala 440.  441 

austriaca >■    438 

hisulcala <   439 

buccinoides 439.  442 

canalifera 433.  434.  435 

coniformis »   443 

conoidea »   441 

conus »   443 

elongata 437. 442.  443 

glaiidiformis. . ,  .^. .  441 .  44?.  443.  444 

gìandina »    438 

inflnkt 441.443 

intermedia »   441 

ligustica »   440 

obsoleta 438.439.440 

obsoleta >    436 

olivula 437.438 

parva 436 

patula 440 

pusilla 436 

Sismotulai »    437 

sismondana    «   437 

Sowerbyi »   439 

suhcanalifera 434. 435.  440 

subglandi fonnis 441 

sitbinfìata »   441 

subutata ^    437 

suturolis I)   434 

Ancillaria I.   438 

ANCILLARINA 419.  432.  433.  445 

^  apenninica »   435 

suturaiis 433.435 

ANCILLINA 419.  432.  436 

pusilla ..    436 


Ancillinae pag.   419. 432 

Anolax  in/fata »   441 

obsoleta »   438 

Annoplax  xnflata "441 

Arwplax  infiala >   441 

B 

Buecinanops  eòurnoides i>   227 

spiratum >   227 

Buccinidae )   219 

Buccinum      Auingeri >   306 

ancillariaeforme , »   378 

anciìlariaeformis »   379 

angulalum «   321 

angystoma »    305 

openniniciim u   357 

aquilanicum >   254 

Ascanias »   316 

asperatum »  332 

asperulum 316.317.318.319 

attstinum 355 

atlanticum 373 

baccatum 280.  380.  381 .  385 

badense <   348 

Basleroti 253 

Bonella >   237 

Brocchii 299.  300 

brugadinwn 387 

bufo 255 

ratlosum >   244 

can'-ellatum 283. 292 

Carcassoni i.   304 

Coronis 226.  227.  228 

cerilkeforme »   281 

cimes 1.   332 

clnthratum 292 

clavatulum ■    281 

coarctatum ."...'....    n    244 

coccinella »   3l6 

coloralum »   263 

eongìohatum »   299 


464 


1    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARII    DEL    PIEMONTE    ECC. 


Buecinum      ronum pag.   302 

conus »   302 

comiculum ■>    361 

corrugalum 262.  321 

rosluluium 356.  357 

cunennum »    247 

Deshmjm 380.  381 

Desnoijersi 375. 376 

Dujardini 21'i.255 

duplicatum 380.  386 

elegans »   289 

emilianum »    293 

exiyiium >>    349 

familiare »    270 

jlexunsmn 221 .  222.  275 

galìiciiliim ■>    381 

gibbosulum 248. 249.  251 

gibhum. 239.  240.  24 1 .  244 

gigantiilum »   358 

glabr'ihtm »   372 

granipTiim »    316 

granulare 319.  331 

gran'tiatum 316.  320 

GralHnupi «    301 

grumknsc >i    379 

Giiidicrinii 313 

Uauni »   385 

Hoemesi 355.  359.  360 

hungarirum »    296 

incrnswlum »    318 

,intcrcisiim »   275 

inlcrdenlulum «    284 

inlerruplum »    244 

ilolinitn »    356 

labelliim ..   312 

lahinmm «   358 

Lacepedi i>   316 

ìnmpas •■    299 

timalum 287.  288 

lyralum »   375 

mocrodon »   306 

morula u   316 

miocenieum 378.  379.  388 

monarnnthos »   406 

multistriatum 327 

musimim 265.  266 

muiabile 237. 240. 241 .  344 

niVff" 311 

neriteum 388.  389 

nerUoiiits ..   389 

Xeionai/ri »    387 

ohìiquiiUim 239.  240 

ohiiqiium 377.  388 

oblongum ■.    37 1 

orditum »   223 

Pareloi »    286 

Pouli „   346 

polilum 237 

polijgonum 223.  224.  225 

pri/smtillnrum 287.  288.  290 

pteudocUilhruium ..    235 


Buecinum     pupa p.\g.   300.  302 

pusillum »   327 

qutidriseriaìe "    330 

reiiruìalunx 253.  263 

reeonditum »   305 

rhingens »    340 

•     novasendae >   314 

scalare    u    294 

Srliiinni »   387 

semicoslatum »   356 

semistriatum   .  348.  354.  359.  360.  361 
362.  367 

seclicosta »   332 

senile i.    253 

scrratìcosta ■>    327 

serralum »    283 

subpoli/gi,num «    224 

subprysmothicnm »    290 

subquadrangulare ■   343 

taurinense •   341 

laselUttnm >   270 

Iransilans «    367 

tuberiferum »   257 

liirhinellum 327.  338 

turbinellus »   338 

lurriculum »    330 

lurrilum 302.  303.  3u4 

tumhium 255.  388 

variabile »   263 

Venens ..   274 

x'cnlrico!:um »    235 

\errucoswn 330.  331 .  332 

Zborsewski <   388 


COMLNELL.V ..  219 

dertonensis »  219 

C0RA.LLI0P1I1L.\ ..  412 

abnormis »  416 

angusta >  413 

compia «  417 

costata i>  413 

crnssicostulata »  416 

fusifonnis «^U 

granifera »  412 

irregtilaris •  417 

longa «  416 

recurvicaiida u  415 

regularis »  414 

Kenieri »  417 

turrita »  415 

umhilicata »  415 

varico.sa »  414 

Coralliophilidae »  412 

CUMA ..  408 

laxecarinata >  408 

Cyclonassa  neritea 389 

CYCLOPS «  388 

asterisans u  388 

gibbosulum ..  249 


DESCEITTI    DA    L 

CYCLOPS      neriteiim pag.   388.389 

neriteus ..   388 

neritoMea 388. 389 

Cyclopsidae .,   388 

fiYLLENE 375.  377.  379 

Desnoyersi a   375 

lìjrala »   376 

CYLLGMM 377.  378 

ancillariaeformis >.   378 

haccnta 279.  385 

bicoronata 383.  384 

echinata .■ . .    ).    383 

Haueri «   355 

irregularis »   382 

Neumayri )>   387 

ovulata "   386 

paulucciana 380.  381.  382 

pleurotoinoides »   384 

recens >>    382 

Sismondae u    382 

subumbilicata »   383 

terebrina »   379 

Cylleninue »    375 


E 


EBUR.NA „   226 

apenninica ..   226 

brugadina ••    228 

Caronis »   226 

Vnriinis. 227.  228 

derivata »   227 

derivata «    387 

ehiirnoides 226.  227.  229 

spirata ..    227 

Eione  gibbonda 249  250 


V 


Fusus  laxecarinalus . 


JOPAS . 


pygmaea . 


408 


405 
405 


\        LATIAXIS ,   4)7 

inermis u    117 


MONOCEROS »  406 

cancellatus   »  407 

depressiis 406.  407 

monacanthos «  .106 

MUREX 416 

complus )i  4)7 

electus 1,  404 

Sbrie  II.  Tom.  XXXIV. 


.    BELLARD)  465 

MUREX         incrossatiis pag.  31 6 

irregularis »  417 

lotiis „  H\ 

Ungua-hovis 407.  408 

Renieri „  4)7 

rugosus ,.  4|i 

senlicosus >>  223 

suhviticlimis »  408 

vitulinus 1  407 

ni 

NASSA „   229 

iicuminula 246.  254 

agatensis 243 

albucianensìs ,,   294 

Aldovrandii u   312 

altilis „   301 

Andonae „   324 

angislnma _. . .     „    306 

ungijsloma „    305 

ongulata 321.  322 

angusta „   227 

antiqua „    262 

apenninica >,    334 

arata „   309 

areolata „   340 

Asranias 316.317 

aspetta 332.  333 

usperuìa 270. 316. 317.  318 

osperulala „    332 

alava „   262 

atlantica 365.373 

attigua 254 

Auingeri 306.307 

badensis 347. 348. 349.  365 

baldisserìensis »   326 

Basteroti 253.  255.  260 

Benoisti „   369 

Beyrirhi 307.308 

biarata .   336 

biformis »   257 

bisotensis »   285 

Bivonae .    »   308 

bollenensis »    255 

Bonellii 237.238 

borelliana »   290 

Borson  is »   258 

Bowerbanki 252.  2ó3.  254 

brevis »   268 

Brocchii »    299 

Brugnonis 289.290 

Brusinae 297.  298 

Bufo 255. 379.  388 

bugeilensis »   319 

ccìbrierensìs .,    365 

cdcellcnsis 234 

Calcarae 278 

Cantraini .)    294 

Catulli 325.326 

cavata  ;.   329 


466 
NASSA 


I    MOLLl'SCHl    DEI    TERRENI    TEKZIARII    \)EÌ.    PIEMONTE    ECC. 


Cepporum rA(i.273 

Chiereghinii »   37U 

cincia 272 

clalhrata 39l.392.2il3 

rlalhrala >    294 

clathiirella •    3'i5 

clavatiila 281 

coarmta 2i3.  241.  245.  387 

(^.uC'Onii "   295 

cognatella »    335 

l'.ollegni "   351 

concinna »   269 

confuiidentla "   267 

coiiRloliata 240.  299.  300.  301 

ronijliihatissima 234.  242 

connectens "   351 

coiisimilis "    234 

consobrina >■   267 

(".oppii '   259 

cornieuUi "    255 

rornU'ulum 266  361 .  362  371 

coiTiigata "   262 

costulala. .  261 .  334.  338. 356. 357. 358 

crassilabris »    239 

crassiuscuia >   246 

craticulata "    285 

crebresulcata »   266 

crebricostulata "   372 

crispa "   344 

cuneaui »   297 

curvicostata »    278 

D'Anconae "   303 

de.russata "    310 

defossa "   246 

De  Gregorii »   370 

deprompta «   307 

Dt'rivue "    317 

dertonensis 352. 353. 355.  365 

diademata »    336 

difficilis •. ...     "   271 

diversa »    334 

divisa >'  279 

dubia ..   238 

Dujurdini 244.  245.  246 

elabrata 372 

emiliana »   293 

encmislica >   261 

exigua 308.349.357 

exscuipta »   336 

fallax 22.'"..  304 

famiiiaris u   270 

finitima 352.353 

Fischeri >>   328 

flexicosta ..   266 

Fonlaiinesi 326 

Forestii 303 

genitrix 352.353 

gif'hn 239. 240 

gibbosula 249.  250.  444 

gihhusula >.    248 

glabnila ..    372 


N.\SSA  g'nhulùm PAG.    244 

gijjantula 357. 358.  359.  364 

grnnuliris 318. 331 

granulala u    320 

giadoUiunn ■    244 

Iloornesi 357.359 

hungarica "    298 

iinpiir Il    329 

incerta »    347 

xnconslans  . .  ..232.  234.  236. 237.  387 
incrassata  ....  316.  317. 318  319.  325 

.     inaequicostati 304 

iiiaequalis 335.  336.  339 

insidila Il    265 

instabilis *   387 

intercisa 222.  275.  276. 277. 278 

interdentata >•   284 

interposita 304 

Isseli «272 

italica. .. .  352.  353.  355.  356.  .357.  36i 

Jani .   330 

Jcffreysi 346 

lahelki I.    312 

labellum 312.313 

Inhrlloides »    312 

lacryma •■   247 

laxesnlcata "    261 

laeviijata »    244 

Lihassii 1    320 

ligustica >i   284 

timatn 287.288.290 

longa 11   313 

macrodon 306.  307 

magnicallosa «   248 

niagnicostafa i    277 

Mayeri »   255 

mediterranea 240 

megastoma ■•   367 

Melii 1   260 

mklielottiana "    293 

ìiindestu. . 11    287 

Mortilleti 323 

mutabilis .232 

multìhilis    233. 234.  236.  237. 238. 239 
240.241.245 

riìvllislriata ■   327 

musiva 265.266 

neglecta. 278.  279. 357.  358 

nitens »  368 

71  il  Illa 264 

notanda i.    307 

nova Il   374 

obeliscus I   282 

obesa i'   310 

obliquata »   239 

obliquala 240.  242 

oblila 369 

oblouga 364.371 

dlivii 357.361.366 

oni  issa .1    276 

pachygaster 300 


DESCRITTI    DA    L.    BELLARDI 


46T 


NASSA  Fantanellii pao. 

Pareli » 

peclita 

peregrina » 

Pereirae » 

perpinquis i> 

perpiilchra  . .  .• " 

perrnra » 

pinnata » 

planicostata » 

plunislrin > 

pliorenirn 357.  358. 362.  363. 

porrecta » 

praecedens 238. 

proavia 295 

producta 321. 

prorrimu " 

prysmathica 987  288. 

pri/smathira 273. 

psnKÌncìdlhrald " 

pitlchclla. " 

pulchra 2''i5. 

pupa >' 

pupoides w 

pusilla  » 

pyrimiii'u 

qnadriserialis 330. 

rpcondita 3i)5. 

recticostata » 

Henieri 

reticulata   259. 261 .  262. 263. 26'i. 

rhinijen^ » 

rinqens » 

ringiciila > 

Rostlwrni 234 

Ho\a.sendan » 

rustica 

siillomacensis >> 

scalarata » 

scalarìs » 

sciilptilis » 

Segiienzae » 

semiroslata » 

semicostnlata » 

seminigosa » 

semisiriata  . . .  357.  359.  360.  361. 

364.366. 

semislriala  V\'\.  348.  354. 356.  357. 

363.364.365.367. 

Seroperi » 

senilis 

serrata 283.284.285.290. 

serraticosta 327.  328. 

serrnlicosla 317. 

similis » 

simulans " 

sobrina » 

Soldaiiii 

solidula 357. 

soror 344. 

Sotterii. ...." 280. 


368 
286 
349 
3)5 
314 
235 
342 
298 
337 
320 
320 
364 
260 
245 
296 
328 
279 
289 
290 
235 
263 
246 
300 
301 
327 
320 
331 
307 
261 
273 
266 
3'(0 
340 
2.50 
235 
314 
279 
252 
284 
2!)4 
326 
322 
356 
298 
296 
362 
367 
358 
371 
312 
253 
326 
329 
329 
323 
335 
334 
251 
360 
345 
281 


NASSA  .speciosa vkg.  259' 

strobeliana  »   311 

.subcaudata 333.  334. 335 

subcluthruta »    294 

suldnpUcala »    378 

subecostata ...    »   374 

subesulcata »   252 

sublaevigata >>   350 

subovata »   268- 

subpoWa 237.  379 

subquadrangularis 330.  343 

subquadranguliiris «    344 

subreticulata >   259 

sulcatula >■   307 

taurinensis ■■>   341 

taurinorum -    350 

tersa 371.372.374 

tessellata »   270 

te.xtilis »   329 

tomentosa »   314 

tornala -.    236 

tracia »   278 

transitans 357.  36o.  367 

tuberifera :>   257 

tumida 255.322 

turbinata -   269 

turbinelln 338. 342 

turbinollus   338.339 

lurbinelliis >    34 1 

turgens ..   32? 

turgida »   379 

lurgidula "   254 

turontnsis ••    316 

turricula »   330 

turriculala 280.  381 

turrita 302.303.304 

variubilis 287. 3)7 

Veneris ;>    274 

ventricos^ »   235 

ven  Irosa «   268 

,  verrucosa 318. 331 

vindohonensìs »   264 

volpedana »   319 

unifusnata »    261 

wolhynica 244 

Woodi 277 

Zborzeivski »    255 

Nassa  ancUlariatformis ■>   378 

aquitanica »    254 

baccoln .,   380 

Caronis 226.227.228 

Desnoijersi 375.  376 

eburnoìiles 226.  228 

.  flexiiosn ))   221 

Haueri .    385 

lyrato »   375 

miocenica »   378 

midabilìs »    227 

nerilea 388.  389 

paulucciana »   380 

pohj,jona 223.  224.  225.  304 


468 


I    MOLLUSCHI    DEI    TERRENI    TERZIARH    DEL    PIEMONTE    ECC. 


Sasso  spirala pag.   227 

Xassinae 219 

Herilula  nerilea >   389 

O 

Oliva 4)8  Vi5 

Basterolma »    432 

runalifera »    433 

chvitla 429.430.43) 

cylindrarca »    422 

DufresncA 422.  423.  424 

Hnmmnlaln 42) .  422.  423.  424 

hispiduìa 429.430 

ispidula »   428 

milreola 429 

piehnlino >•    422 

rosami ,     >>    428 

pliraria »    432 

subclavuta »    430 

siiluralis..  ■ .433.434 

venusta 423.424 

Olividae 4)8.  4)9 

Otivinae 4)8.  420  • 

OLIVELLA 4)9.  426 

afliiiis "   426 

angusta «    426 

brevis «   429 

clavula »   429 

crassirugosa »    427 

longispira »   427 

major )■    43) 

oliliquata »    428 

rosacea «   428 

strida ••   429 

tumida 427.428 

ventrosa »   428 


PHOS ..   220 

cithareila 22).  222 

connectens 22).  223 

flexuosus >    221 

Hoernesi >   224 

intercisitm »   275 

orditus. .   221.222.223 

poliigiimim »    223 

polysoiius 221.  222.  223.224 

ruidus .1    220 

Plmaxis       (Hscrepans 362 

mamillata »    263 

relinilola 263 

PORPIIYRIA 4)9.  420.  445 

cyìindracea  »   422 

curia I   421 

Dufresnei 422.423 

fu.siformis »    425 

infiala 421.424 

longispira «    425 

maltliata .   425 

marginata »    420 


PORPIIYRIA  picholina pag.   422 

scalaris 421 

Pseudoliva     brugadinn 227. 228 

Coronis „   228 

Pseudoslriimhus  paulucrianiis »    380 

PIRPURA 390 

,.  apenninica i.   403 

arata 393.394.395 

bicariiiata ..   402 

biplicata 395 

calcarala 400.  40) 

clothrato 397.  400 

connectens 399 

Cyclopum >>   395 

delloidea »   401 

echinaln 399 

elata 401.405 

electa i-  404 

elongata »   404 

erosa »   396 

exì7is 391.394.397 

Gastaldii 39lJ 

haemasUima 392. 394.  396.  403 

haemostomoides >   401 

incunslans ■•    400 

inaequicostata •   395 

inaequisulcata >■   392 

intermedia 397.  398 


/incoiata  . .  . . 
inarmomta. . 
megastoma . 
parvula  . . . . 

Pira 

pillata. . . . . . 

praecedens  . 


.39' 


405 
.398 
404 
394 
^lOI 
400 
393 

producta 403.404 

rarisuicata •   396 

reflex:! ..   391 

retusa "   398 

ricinuloides »   399 

Sismondae 397. 398 

stazzanensis »   402 

striolata 392.  393. 394.  396 

striolata 393.  394 

subfusiformis "410 

subumbilicata >■   391 

transitoria »   393 

tessellata 397.  398 

tuberrulala 399 

umbilicata 391 

uniplicaia .1    402 

varicosa ■■    405 

Purpura        fusifuruiis 410 

lata 411 

lingtin-lhivis »    408 

ruiioso f    4)0 

PURPURELLA.' 409 

canaliculala •■   409 

Purpureltinae ••   409 

Purpurinae 390 

Pwpuridoe •■    390 


DESCRITTI 

Pyrula  oranifera pag.  412 

papiracea 413 

pseudo-popyracea >•  413 

squamulata 412 

R 

Ricinula  calcarata »   400 

T 

TAURASIA >  410 

coronata 411 

nodosa »   411 

subfusiformis 409.  410. 41 1 

Tritonium  incrassalum »   316 


DA    L.    BELLARDI 


469 


V 


Utriculma 421 .  424 

V 

VITULARI.\ »   407 

lingua-bovis 407 

Voluta  cHhureììa 221  222 

hispidula 429.  430 

obsolelii ..    438 

Volulites  anomalus »    441 


CORREZIONI    PRINCIPALI 


p*(i. 

232 

Lin.  2S 

2/.K 

»  (9 

250 

■  20- 

234 

y     28 

258 

«  23 

265 

»  12- 

323 

»   7 

322 

1     19 

328 

..  29 

337 

.  IK 

342 

n    2 

35( 

>  14 

J7(l 

<•     4C 

4)7 

.'  12 

N'assa  inconstans Nassa  l^sTABlLla 

Nassa  MACNiCALLOSA  Bell Nassa  macmcallosà  Bill.,  Tav.  Il, 

liR.  7  (a,  *). 

27 Vive  nel  Mediterraneo. 

Nassa  tccmmATA Nassa  attigoà 

Nassa  Bobsom  Nasisa  lioiisoiiis 

13 Vive  nel  Meililerraneoo  nell'Adriatico 

Nassa  tomeks Nassa  tibcebs 

Nassa  seqijekzab Nassa  SECusntAF. 

Miocene Pliocene 

tav.  XI  tav.  IX 

fig.  13 lig.  9. 

.  .  .' COI.LEGNI    (^OLI.BCSI 

CBIEBIGHniI CniEnEGBIISII 

fig.  8 lig.  5. 


10  Dicembre  1882. 


Z' 


SPIEGAZIONE   DELLA  TAVOLA 


TAVOLA   I 


COLLEZIONE 

FIGURA  io  cui  è  cuuaervato 

l'esemplare  figurato 

Ila  deiionensis  Bell Huseo  di  Geologia. 

ruidits  Bull Michelotii 

riiliarella  (Brongn.)  var.  A Museo  di  (ìeologia. 

ordilus  BoN Id. 

polyponus  iBrocch.) Id. 

conneclens  Bell Id. 

cilharella  (Brongn.)  var.  C Id. 

id.             id Id. 

apenniiiica  Beli Id. 

Caionis  (Brongn.) id. 

instahilii  Bell.  (1) Id. 

ìiPìilricosa   (CiRAT.) Id. 

roiisimili'i  Beli Rovasenda. 

tornata  Doderl Museo  di  Geologia. 

fìimellii  (E.  SisMD.) Id. 

dnhia  Bki.l Michelotli. 

praecedens  Bell Museo  di  Geologia. 

cras^ilabris  Bell Rovasenda. 

ubli(iitata  Brocch Museo  di  Geologia. 

mutabilis  (LiN.v.)  var.  A Id. 

»V/.           id.      var.  D Id. 

agatensis  Bell Id. 

coarctata  Eicw Id. 

pulciira  D'  Anc.    . .  .  ^ Id. 


;1)  Vedi  correzióni. 


1  

.  .  .  .    ComineL 

2 

Phos 

■.ì 

Id. 

i 

Id. 

5 

Id. 

6 

Id. 

7 

Id. 

8 

Id. 

9 

.  . . .     Eburm 

10     .      . 

/,/ 

41    

. . . .      Naisa 

12     .... 

.  .    .          Id. 

13 

Id. 

14 

Id. 

15 

Id. 

16 

Id. 

17 , 

Id. 

18  .    ... 

Id. 

i9 

Id. 

20 

Id. 

21   

Id. 

22 

Id. 

23 

Id. 

24 

Id. 

ClccoO.fR^:'  Jc(L  Sc.:}.%^^^...  ePcv>.c  01  &.5\.>.e':mat.cV.x;c  J2'^Um,..  XXXIV 


TAV.  I 


Torino,  tit  r^  Soyen. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  II 


Serie   II..  Tom.  XXXIV. 


TAVOLA   II 


COLLEZIONE 
in  cui  è  coDsiT^ato 
l'esemplare  figurato 

\    Nassa  cmssiuscula  Bell Museo  di  Geoloijia. 

(Icfossu  Bell Michelolli. 

lairijiìia  Bell Museo  di  Geologia. 

riiiiiiciiln  Bell Id. 

Solilaìiii  Bell Museo  Civico  di  Milano. 

(jUibosula  (LiNN.)  \ar.  C Museo  di  Geologia. 

magiiiculliisa  Bell Id. 

ijibbosulu  (LiNN.)  var.  A Id. 

subpsulcala  Bell Id. 

Bowerbaìiki  MicuTTi Rowsenda. 

ìurqidula  Bell Huseo  di  Geologia. 

allìijun  PiELL.  (1  )     Michelolli. 

Iiiiiiida  Eic.w Museo  di  Geologia. 

id.         id.      var.  B Id. 

id.         id.      var.  C Id. 

Mayeri  Bkli Id. 

tuberifcra  (May.) Id. 

bifurmis  Bell Id.  ' 

lior.'^oiiis  Bell Id. 

Coppii  Bell Rovasenda. 

sidiiidiniliiln  Bell Id. 

speciosa  Bull Id. 

piirrecla  Bell ' Museo  di  Geologia. 

Mcìii  Beli Id. 


;l)  Vedi  correzioni. 


2 

. . .  .  Id. 

3 

....      Id. 

4 

Id. 

5 

/,/. 

6  . .  . . 

Id. 

....      Id. 

8 

.  .  .  .   /(/. 

9  .  • 

.  .   /(/ 

10 

Id. 

11  

....       Id. 

12 

....       Id. 

13  

.  ...       Id. 

14 

15  ... 

....  Id. 
Id. 

Ifi  .... 
17 

....  Id. 
..    .      Id. 

18  ,  .  .. 

Id. 

19 

20 

....  Id. 
....      Id. 

21  

..  ..      Id. 

2^ 

..  ..      Id. 

23 

n 

....  Id. 
....      LI. 

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Torino, LitFJ?  Doyen 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  III 


TAVOLA  III 


COLLEZIONE 

FIGURA                               '~  ili  cui  e  conservalo 

•  l'esemplare  figurato 

\   Nassa  laxi'SKicaIn  Bell Museo  di  Geoloijia. 

icclicostata  Bell Id. 

alava  Bell. Id. 

(•orrnijata  Brocch Id. 

antiqua  Bell Id. 

rclìculala  (Linn.)  var.  A Id 

id.          id Id. 

musiva  Biiocca Id. 

(lexicostata  Bell Id. 

crebresiilcata  Beli Id. 

coiifiiitdnida  Bell Id. 

consubiina  Bell Id. 

ventrosa  Bell id. 

siiliovala  Bell Id. 

brevis  Bell Id. 

turbinata  Bell Ilo\aseiida. 

concinna  Bell id. 

lcss(dlaia  (BoN.l Museo  di  Geologia. 

familiaris  (May.) Id. 

dilficilis  Bell ' id. 

cincia  Bkli Rovasenda. 

Isseli  Bell Museo  di  Geologia. 

Cepporum  Beli Id. 

Rciiii'i-i  Beli Rovasenda. 


2 

3 

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21  

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Torino.  LjtT^  Doveri 


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SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  IV 


TAVOLA  IV 


figcra 


COLLEZIONE 

in  cui  è  conservato 
l'eiFiiiplare  figuralo 


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2 

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6 

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20 

21 

22 

23 

24 


Nassa  Veneris  IFaij.) Museo  .li  Geologia. 

Id.        ili.         id.      var.  A U. 

Id.         id.  id.      var  B lo. 

Id.     inlercisa  ((Iene) Id. 

Id.         id.         iJ.    var.  B Id. 

Id  id.         id.    var.  D Id. 

Id.         id.         id.    var.  E Id. 

/,/.  id.         id.    var.  F Id. 

■  Id.     angusta  Bell Id. 

Id.     mnfjnicoslata  Beli Id. 

Id.     ìVoodi  Bell id. 

Id.     ciirvicostata  Bell Id. 

Id.     Calcarne  Bell Id. 

/(/.     tracia  Bell *. Rovasemla. 

Id.     rustica  Bell Museo  di  Geologia. 

/(/.     Snllcrii  Bell •. Rovasenda. 

Id.     serrata  Brocco Museo  di  Geologia. 

/(/.     inlordmtata  (BoN.) II. 

Id.     litjustica  Bell Id. 

Id.     scalarata  Bell Id. 

Id.     bisotensis  Depont Id. 

/(/.         id.  id.        var.  A •. .  .  Scuola  d'Applicazione. 

Id.  -    craticulata  Foresi Museo  di  Geologia. 

Id.     Pareli  ^May.] Id. 


TAV.   IV. 


Tarino. Lill'y»  D 


oyen 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  V 


TAVOLA  V 


collezioni: 

FIGURA  ***  *^"*  ^  conservato 

reseiiiplare  figurato 

1  Nassa  prysmalliica  Brocch Museo  di  Geologia. 

2 /(/.     Brufinmis  Bell Ili. 

:] hi.     borelliana  Bell • .  •  M. 

4 /(/.     clatlirala  (Born) l'I. 

5 Id.         ili.  id.        var.  A Id. 

6 II.     emiliana  ìMay.)  var.  A Id. 

7 /(/.     Caiitiaiiii  Bell Id. 

8 Id.     scalaris  BoRS Id 

9 Id.     Cncionii  Bkll.   .' Id. 

IO Id.     proavia.  Bell Id. 

<  I  Id.     saniriigosa  Bell Id. 

i2 Id.     ulbucianeiisis  Bell id. 

i  :5  .  . .  ; Id.     Brnsinan  Hell Rovasenda. 

14 Id.     lidi  rara  Bell Id. 

15 Id.     .semicnslulala  Bell Id. 

16 /(/.     allitis  Bell Hichelotli. 

17 Id.     ronglobiita  Buoccn Museo  di  teologia. 

18 /(/.     puiioidps  Beli Id. 

19 Id.     lurrila  BoRS.   Id. 

20 Id.     D'Ancoiiah  Bell Id. 

21  li.     Foresta  Bell Id. 

22 Id.     inlerposHa  Bell Id. 

23 /'/.     inae<iuirostala  Bell Id. 

24 /(/.     fallax  Michtti Miclieiotli. 


TAV.  V. 


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Topino,  Litr?"  Doyen 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  VI 


Serie  11.  Tom.  XXXIV. 


TAVOLA  VI 


FIGURA 


COLLEZIONE 

ìu  cui  è  conservato 
l'esemplare  figuralo 


(   -. .  .  IS'assa  rerondila  (May.) Museu  di  Geologia. 

2 /(/.     macriHÌon  (Bronnj U. 

3 M.     AuiìKjeri  (M.  HoeRN.) Raviisenda. 

4   Id.     nolanda  Bell Id. 

o Id.     sulcaiula  Bell Id. 

% Id.     Bironae  Bell Huseo  di  Geologia. 

7  /(/.     inala  Bell Id. 

8 Id.     obesa  Bell Rovasenda. 

9 Id.     conimela  Bell Ilnseo  di  Geologia. 

4  0 Id.     slrobeliaiia  Cocf, Id. 

11    Id.     labcllitm  (RoN.) Id. 

12 /(/.     Aldovrandii  Bell Id. 

\:ì Id.     Semperi  Bell Id. 

14    Id.     longa  Beli Id. 

15   /(/.     Pereirae  BiiLL Rovasenda. 

16 Id.     loiiicidosa  Doderi Id. 

17   Id.     iierciirina  Bell Michelolii. 

18 /'/.     incrassata  (Mull.) Museo  di  Geologia. 

1  y   Id.      rolpedaiia  BeLL H. 

ìOi Id.     buiii'lleiisis  Bell Id. 

51   Id.     lìlanicosUila  Bell Id. 

<ìì Id.     aìKjulala  Bhocch Id. 

23 Id.     /ucr/en.s  Bell.  (  I  ) Id. 

2i /(/.     S'-!ì>umzae  Bell Id. 


(I)  Vedi  correzioni. 


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Torino. Lit  Tii-Boyen 


SPIEGAZIONE  DELLA   TAVOLA   VII 


TAVOLA  VII 


COLLEZIONE 
FK''URA  in  cui  <^  conservalo 

Teseniplare  figurato 

\   Nassa  similis  Bell Rovaseoda. 

Murtiìleti  Bell Id. 

proihicta  Bell Museo  di  Geologia. 

Andoiiafi  Bkll \'\. 

Calulli  Beli '         Id. 

id.        id.     var.  A RovaseDda. 

baldi sserimsis  Bell Id. 

Foiilaunc-ii  Bell Museo  di  Geoloijia. 

sculiìlilis  Bell Rovasenda. 

scrruìa  Bell Id. 

serralicosla  (Bronn) Museo  di  Geolo(]ia. 

Fisclieri  Bell Ro>asenda. 

teililis  Bell. Museo  di  Geologia. 

impar  Bell Rovaseiida. 

cavala  Bill Museo  di  Geologia. 

qmdriserialis  (BoN.) Id. 

verrucosa  Brocch Id. 

id.  id.        var.  A Id. 

asprrala  Cocc Id. 

subcnudala  Bell Bicheloiti. 

diversa  Bei.l Museo  di  jjeologia. 

sohìiììd  Bell Id. 

cof)nal('lla  Bell Rovascnda. 

simiilans  Beli Id. 


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TAV.   VII. 


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Torino. Lit.F'.'ìDoyfln 


SPIEGAZIONE  DELLA   TAVOLA  Vili 


TAVOLA  Vili 


COLLEZIONE 

FIGURA  iD  cui  K  couservato 

l'esemplare  figurato- 

1  Nassa  inaf(iiialis  Bell Rovascnda. 

ì Id.     exsciilpla  Bell Id. 

3 /(/.     diadniuita  Bell Iil. 

i Id.     biarala  Bell M. 

5 Id.     turbinellìis  (Brocch.) Museo  di  Geologia. 

6  .  . Jd.     rìiifieiis  (BoN.) Id. 

7 /(/.        id           id.       var.  A Michelotti. 

8 /(/.     nreulala  Bell Museo  di  Geologia. 

9 Id.     pprjmlrhra  Bell Id. 

10 Id.     siilHjuadiaiignlaris  VIichtti Id. 

Il  Id.     cognata  Bkll Micbelolli. 

12... Id.     soror  Bell Id. 

13 Id.     crispa  Bell Id. 

li /(/.     dnlhtin-lla  Bell Ro^asenda. 

15 /'/.     Jeffieijsi  Bell Il 

16 Id.     iiirertn  Beli Museo  di  Geologia. 

17 Id.     haili'ìisix  (Pautsch.) Id. 

18 Id.     c.rif/ua  (Brocch.) id. 

19 Id.     pectila  Bell M. 

20 Id.     suhlaeviciata  Bell Id. 

21  Id.     taurinorum  Bell Id. 

22 Id.        id.        id.      var.  A Id. 

23 Id.     Colìeqni  Bell id. 

24 Id.     connpcten<i  Beli Id. 


TAV.  VITI. 


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Torino. Lit  F^l'Doyen 


SPIEGAZIONK  DELLA  TAVOLA  IX 


TAVOLA  IX 


COLLEZIONE 

HGL'RA  in  cui  è  conservato 

reseiiipldie  figurato 

I Nassa  genitrix  Bell Hichelulti. 

"2 Id.     finitima  Bki.l M. 

3 /(/.     (ìi'rloneuMs  Bell Museo  di  (i 

4 U.         id.            id.      var.  B Id. 

5 li.         id.            id.      var.  E Id. 

6   Id.     ilalira    May.) Id. 

7 /(/.     ni'ijlrria  Bell Id. 

8 /(/.    ■  piiinala  Bell Id. 

9 /(/.     .tdiidulti  Bell Id. 

10 Id.     Hoiruesi  (May.) Id. 

n   /(/.     ijigantida  (Bon.) Id. 

4  2 /-/.          id.         id.     var.  A IJ. 

13 /'/.         id.         id.    var.  B ;  Id. 

14 M.     semistriala  (Brocch  ) Id. 

15   Id.     Iraiisilaiis  Beli Id. 

16 Id.     0//VÌ  Bell Id. 

17 Id.     mefiasloma  Bell Id. 

18 /(/.          id.           id.      var.  A .         Id. 

19 /(/.         id.           id.     var.  B Id. 

20 Id.         id.           id.      var.  C Id. 

21   Id.     Paulanellii  Bell Id. 

22 /(/.  niteiis  Bell Id. 

83 Id.     oblila  Bell Id. 

Si /'/      Bfiioisli  Bell Id. 


TAV.  IX. 


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Tonno  l.itFP'Doyen 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  X 


Serie  11.   Tom.  XXXIV.  ''  p 


TAVOLA  X 


COLLEZIONE 

FIGURA  '"  ^^^  •*  «■•otiservato 

;  l'esemplare  figurato. 

j    Nassa  tersa  Bell Museo  di  Geologia. 

2 Id.  crebrirasUdata  Bell Id. 

3 Id.  elalirala  Doderl Id. 

4 Id.  allanticn  (Mav.) Id. 

5 Id.  siibecoslnla  Bell Rovaseuda. 

6 Id.  nova  Bell Id. 

7 Id.  Chiercghinii  Beli Museo  di  Geologia. 

8 Id.  Di'  Gregorii  Bell Rovasenda. 

9 Id.  oblunga,  (Sass.) Museo  di  Geologia. 

10 /(/.  Cìjlìene  Desnoyersi  (Bast.)   var.  C Id. 

\\  /(/.  id.            id.      var.  A Id. 

1  "2 Cijlleiiiim  pleurnlomoides  Bell Id. 

13 Id.  terebrina  Bell.  var.  B. Id. 

14 Id.  bicoronala  Bell Michelolli. 

15 1(1.  sidnmbiUcala  Bell Museo  di  Geologia. 

1  (j /(/.  irregularis  Bell Id. 

17   Id.  ancdlariaeformis  (Grat.) Id. 

18 Id.  terebrina  Bell Id. 

19 Id.  pauiucclana  (D'Anc.) Id. 

20 Id.  Sismoìuìue  Bell Id. 

21    Id.  recens  Bell Id. 

22 Id.  Ilaucri  (Michtti.)  var.  B U. 

23 Id.  id.          id.          var.  A. Id. 

24 Id.  ovìdata  Bell Id. 

25 Nassa  neglecta  Beli Id. 

26 Id.  divisa  Beli Rovasenda. 

27 /(/.  turricnhila  Bell Id. 


TAV.  X 


Torino  Lit.  ril"  Do  yen 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XI 


TAVOLA  XI 


COLLEZIONE 

FIGURA  io  cai  è  conservalo 

l'esempUre   figuralo 

1    Purimra  Gaslaldii  Beli R.  Scuola  d'Applicazione. 

2 Id.  subumbilicala  Bell Hcseo  di  Geologia. 

3 Id.  umhilicata  Bell Michelolli. 

4 Id.  inaeqiiiconlala  Bell Museo  di  Geoloijia. 

5 Id.  rcjlexa  Bell M. 

6 Id.  inaequisiilcala  Bell Id. 

7 Id.  sh-iolala  Bronn   Id. 

8 Id.  Iriiìisiloria  Bell ìlicheiotli. 

9 Id.  praeccilens  Bbll Museo  di  Geologia. 

10 Id.  arala  Bell Id. 

M  Id.  parvìtla  Bell Id. 

12 Id.  erosa  Bell Id. 

13   Id.  rarisulcala  Bell Id. 

1 4 Id.  bii>licala  Beli Id. 

Io Id.  Sismondae  Doderl Michelolii. 

16 Id.  relusa  Micmtti Id. 

17 Id.  riciiuiloides  Bell Id. 

18 Id.  connectens  Bell Museo  di  Geologia. 

19 /(/.  lubcrculaia  Bell Id. 

20     Id.  calcarala  {Gn\r.) : Id. 

21    Id.  hacmaslomoidt'.f  B.  Hoebn.  u.  M.  Aling Id. 

22 Id.  birariimta  Bki.l Id. 

23 /(/.  slazzavcnsis  Bell Michelotli. 

24 Id.  unijiìicata  Bell Id. 

25 Id.  producta  Bell lluseo  di  Geologi».  ■ 

26 Id.  alienili iiica  Bell IJichelolli. 

27 Id.  eldiitialii  Beli ;  Id. 

28 Id.  megasloma  Bell Museo  di  Geologia. 

29  'a,  b]  . .  . .  Id.  varirona  Beli Michelotli. 

30 J(>pa<ì  pijiimnea  IJeli Ilovasenda. 

31    Taitrasfa  mibfu.tiformis  (D'Ord.) Michelotli. 

32 /(/.  coronala  Beli Roiasenda. 

33 Id.             id.         id.     var.  A Id. 

34   Id.  nodosa  Beli Museo  di  Geologia. 

35 Purpìirplla  raìialintlala  Beli Michelotli. 


TAV.  XI. 


^  RigKnM  dis  e  Lu 


Tonno,!. il  FCCoyen. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA  XII 


TAVOLA  XII 


COLLEZIONE 

_  P„P,  in  CUI  è  coDservato 

"*'""*  l'esciiiplare  Cguralo 

H   Moiiocoro^     mviiucanllios  (BROncH.I Museo  ili  Geologia. 

2 Id.           (Ii'pies<!us  BiioNN    l'I- 

3   Id.           caiirrllaliis  Bkll l'I- 

4  (a,'  b)  .  .. .  Cuiiia        la.rriuriiiald  (MicnxTi.) Bithelolli. 

5  (a,  b)  .  .  .  .  Luinixis      inmms  Biìll l'I- 

6  .' CoraHiophda  uranifera  (MicniTi.).   var.  B Museo  di  Geoloijia. 

7  '/""., .  Id.              id.              id.           MicheloUi. 

8  .... .  Id.              ili.             id.          var.  A id. 

9  ,..[/....  Id.           biemspira  Bkll Rorasenda. 

10  ........  '.  Id.           aiu/nsia  Bkll Museo  di  Geologia. 

i\   ........  .  LI.          ruslala  Bkl( Rovasenda. 

^  2  ..[..,...  Id.           mriciisti  Bell Mithelotti. 

13."" M.           fìisiformifi  Bkli Rovasenda. 

44'^^'*"'.  [d.           rccurncauda  Bell Musco  di  Geologia. 

4  5  ........ .  [d.           turrila  Bell Michelolli. 

4  6 Id.           umbilicata  Bell W- 

47  " Id.           alinonnis  (.Michttl) Id. 

48  ,,.......  Id.           ref/iiluns  Bell    Roiasenda. 

49     /(/.           i-rassiciislulala  Bkli Ilichelolii. 

20     Poriiliyria     marijinula  Bell Id- 

21  .  '  '  .    ....  Id.           scaldih  Beli Museo  di  Geologia. 

22 Id.          loììfjinpira  Bkll l'i- 

23  "  '    '  . ..  .  '.  Id.           Dufri'Siin  (Bast.)  var.  B Id.    « 

24 /(/.            njlindracen  (BoRS.) Id- 

25  ....  /'/.           iiirholiiia  (BiìONr.N., Id. 

26  .........  Id.           Diifrcsiw  (B.vsT.l Id. 

27 /(/.           tìilìaia  Bell Id. 

28 Id            fusiftiimis  Beli [J- 


30 
3< 
32 
33 
34 

3;> 


29 OUiella       major  Bell l'I 

Id.          clavnla  (Basi.) U- 

/(/.           ventro.fa  Bell l'I- 

/(/.            rnxacea  (BoN.) W- 

/(/.           Miijuala  Bell l'I- 

......  Id.           hrcvis  Beli •<'• 

. Id.           tumida  Bkli l'I- 

31; Id.           cra-'s^iruf/o'^a  Beli l'I. 

37 Id.           Umijifijàra  Bell I""- 

3S .\ncilìarina    mlaraìis  (BoN.) '."• 

;j9 Id.           aiiimnimra  Bell Hithtlolli. 

\0   Ani'iUaria      aiimiìa'a  (SciiL  ) ''' 

41 /,/.           ijlatidijormi:i  Lamck Museo  di  Geologia. 

42' /,/.                  ili.              id.        var.  K l'I. 

43 Id.           pallila  DiiDKRi •  ■  •  l'I' 

44 Id.           obsoli'la  (Buoccii.) 1''- 

45 Id.           sismoiidaiia  D'Obr.  var.  C Il- 

4(i  ..'.'.'.....  Id.                 id.             id jl 

47   Aiicillina      inmila  (FnCHs) l'I- 


TAV.  zìi 


12 


6  7 

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I 


19 


26 


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88 


35 


36 


37 


4.7 


fi 


45 


45 


Topino,  Lit  fy^  Doven 


SCIENZE 

MORALI,    STORICHE    E    FILOLOGICHE. 


MEMORIE 


SELLA 


REALE    ACCADEMIA 

DELLE     SCIENZE 


DI    TORINO 


SERIE  II.  -  TOM.  XXXIV. 


SCIENZE   MORALI  .   STORICHE    E   FILOLOGICHE. 


TORINO 

E  R.  INAISI  NO      LOESGHER 

Libraio  delia  R.  Accademia  delle  Scienze 

MOCCCLXXXI 


ESPOSIZIONE    CRITICA 


DELLE 


DOTTRINE  PSICOLOGICHE  DI  ALESSANDRO  BAIN 


PEB 


GIUSEPPE  ALLIEVO 


Letta  nell'adunanza  del  13  Giu/no  1880 


Alessandro  Bain  appartiene  alla  schiera  di  que'  pensatori  inglesi  contemporanei,  che 
illustrano  con  operosità  di  pensiero  e  novità  di  vedute  gli  studi  psicologici  e  pedagogici. 
Nacque  nel  1818  in  Aberdeen,  città  della  Scozia,  dove  compiuti  i  suoi  studi  superiori 
rimase  dal  1841  al  1847  da  prima  professore  supplente  di  filosofia  morale  e  di  logica, 
poi  libero  insegnante  di  scienze  fisiche.  Nel  1855  faceva  di  pubblica  ragione  la  sua  opera 
J sensi  e  l'intelligenza,  alla  quale  tenne  dietro  nel  1859  l'altra  sua,  che  porta  per  titolo 
Le  emozioni  e  la  volontà.  Per  questi  due  importanti  lavori  l'autore  levò  subita  e  gran 
fama  di  se  nel  mondo  filosofico,  e  venne  tosto  chiamato  a  professare  filosofia  nell'Università 
di  Londra,  poi  in  quelle  di  Oxford  e  di  Aberdeen.  Le  due  opere  citate  accennavano  ad 
una  terza,  come  a  loro  compimento  nello  sviluppo  della  sua  mente,  voglio  dire  a  quella  da 
lui  pubblicata  col  titolo  Lo  spirito  pcI  il  cor^ìo:  in  quelle  lo  spirito  umano  viene  con- 
templato nella  naturale  struttura  delle  sue  potenze,  in  questa  nelle  attinenze  sue  collor- 
ganismo  corporeo.  11  Bain  applicava  alla  pedagogia  le  sue  dottrine  psicologiche -pubblicando 
La  scienza  dell'educazione,  in  quella  guisa,  che  l'illustre  suo  connazionale  Herbert 
Spencer  svolgeva  dalla  sua  filosofia  positivistica  il  suo  volume  Educazione  intellettuale, 
morale  e  fisica.  Son  queste  le  opere  di  maggior  momento,  che  finora  venne  dettando  il 
Bain:  abbiamo  di  lui  altre  opere  di  minor  mole,  qual  sarebbe  uno  studio  sul  Carattere, 
ed  alcuni  trattati  scritti  in  servigio  de'  suoi  discepoli,  cioè  una  Prima  grammatica  in- 
glese, un  Trattato  di  rettorica  e  di  composizione,  un  Compendio  di  filosofia  mentale 
e  morale,  un    Trattato  di  logica  induttiva   e  deduttiva. 


ESPOSIZIONE    CRITICA    BELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIK 


Indole  della  psicologia  di  Alessandro  Bain. 

Lo  spirito,  che  informa  le  dottrine  psicologiche  del  Bain  quali  stanno  esposte  nelle 
tre  prime  sue  opere  superiormente  indicate,  è  quello  stesso  della  scuola  scozzese  del  secolo 
Bcorso  fondata  da  Tommaso  Reid  ed  illustrata  da  Dugald-Stewart.  ampliato  dal  moderno 
principio  positivistico  dell'associazione  psicologica.  La  psicologia  vien?  ristretta,  siccome 
ad  unico  e  supremo  suo  oggetto,  allo  studio  dei  fenomeni  interiori  ed  alla  determinaziono 
delle  loro  leggi,  astrazion  fatta  da  ogni  disquisizione  metafisica  intorno  l'intima  natura 
dello  spirito  umano  ed  alla  sua  suprema  destinazione.  Giusta  il  sentire  di  questa  scuola, 
i  nostri  concetti  di  spirito  e  di  materia  sono  meramente  relativi,  ciò  è  dire  riguardano  i 
fenomeni,  con  cui  l'uno  e  l'altra  si  manifestano  (1).  ma  la  loro  intima  essenza  ci  è  avvolta 
in  impenetrabil  mistero.  Però  il  Bain  non  rimase  contento  di  meditare  lo  spirito  umano 
quale  si  manifesta  ne'  suoi  fenomeni  mentali  e  nelle  sue  leggi,  ma  adempiendo  una  lacuna 
rimasta  nella  scuola  scozzese,  si  pose  a  ricercare  le  attinenze,  che  collegano  lo  spirito  ed 
il  corpo  nell'umano  soggetto. 


Concetto  e   funzioni  supreme   dello    spirito. 

Lo  spirito  viene  ordinariamente  concepito  quale  l'opposto  della  materia;  e  siccome 
questa  possiede  come  suo  distintivo  carattere  l'estensione,  così  quello  vuol  essere  definito 
per  tutto  ciò  che  è  sprovveduto  di  estensioni',  essendoché  spirito  e  materia  son  due  termini 
opposti  (avverte  l'autore)  che  si  definiscono  l'uno  per  l'altro,  tantoché  conoscere  l'uno  di 
essi  riesce  ad  un  conoscerli  tutti  e  due.  Il  Bain  non  si  sta  pago  di  questo  concetto  nega- 
tivo, il  quale  non  contiene  di  certo  la  scienza  psicologica.  Per  ottenere  una  nozione  positiva 
non  basta  sostituire  al  concetto  di  spirito  quello  di  soggetto  o  mondo  interiore,  ed  al  con- 
cetto di  materia  quello  di  oggetto  o  mondo  esteriore.  Il  nostro  studio  non  avanzerebbe  un 
solo  passo.  Lo  spirito  ci  apparirebbe  pui'  sempre  siccome  alcuncliè  di  negativo,  e  per  così 
dire  quale  un  residuo  che  si  rinviene  dopoché  avessimo  stralciato  il  inondo  esteriore,  ossia 
l'oggetto  dalla  totalità  di  nostra  conoscenza,  senza  punto  determinare  in  che  esso  residuo 
consista.  Che  anzi  il  nostro  processo  rimairebbe  intricato  in  una  nuova  difficoltà,  poiché 
la  conoscenza  dell' ogr/rffo  (non  però  l'oggetto  stesso,  ossia  il  mondo  esteriore  o  materiale) 
fa  parte  integrale  dello  spirito  stesso.  Per  assorgere  ad  un  concetto  positivo  dello  spirito, 
altro  processo  non  ci  si  presenta  se  non  quello  di  chiamare  a  lassegna  le  operazioni  ed  i 
fenomeni  precipui  dello  spirito  umano  quali  vengono  designati  nel  comune  linguaggio,  e 
tutti  poi  abbracciarli  in  una  formola  generale,  che  esprima  tutto  intiero  l'ordine  de' fatti 
mentali,  escludendone  (luelli.  che  posseggano  un  carattere  affatto  estraneo. 

E  noto,  come  non  jiochi  |)sicoiogi.  fra  cui  l'Hamilton  ed  il  t'ousin.  abbiano  adunati 
tutti  i  fenomeni  psicologici  entro  a  tre  classi  supreme,  che  sono  i  sentimenti,  i   pensieri 


(1)  Vedi  lo  Stewart,  Elementi  delta  filosofia  dello  spirilo  umano,  ed.  francese,  lt08,  t.  I,  pagg.  3, 
4,  6,  7,  10,  11,  95,  398  ;  od  il  Reid,  Saggio  stille  facoltà  attive  dell'uomo,  pagg.  8,  9. 


( 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  5 

e  le  volizioni.  Lo  stesso  criticismo  di  Kant,  tripartito  in  Critica  della  facoltà  del  giudizio 
od  estetica.  Critica  della  ragion  pura.  Critica  della  ragion  pratica,  risponderebbe  a 
siffatta  classificazione.  Il  Baio  la  accoglie  nella  sua  psicologia,  la  quale  distribuisce  la  vita 
dello  spirito  in  sentimento,  intelligenza  e  volontà.  Per  lui  queste  tre  funzioni  dello  spirito 
sono  supreme  ed  irreducibili.  Ciascuna  di  queste  tre  classi  di  fenomeni  possiede  i  suoi 
caratteri  distintivi  per  guisa  che  il  pensiero  non  è  contenuto  nel  sentimento  e  nella  volontà. 
come  la  volontà  non  è  né  il  sentimento,  né  il  pensiero.  Però  la  loro  distinzione  non  è  iso- 
lamento, ma  incbiude  unione.  Esse  funzioni,  per  quantunque  dotate  ciascuna  di  caratteri 
distintivi,  pure  si  compenetrano  insieme,  ed  hanno  fra  di  loro  tal  dipendenza,  che  nessuna 
può  né  sussistere,  né  disvolgersi  senza  l'altra  :  costituiscono  una  trinità  nell'unità.  Lo  spi- 
rito, in  sentenza  dell'autore,  è  per  appunto  l'insieme  di  queste  tre  funzioni,  e  la  sua  defi- 
nizione positiva  emerge  dai  novero  delle  sue  qualità  più  comprensive,  quali  sono  il  sen- 
timento, il  pensiero  ed  il  volere.  La  loro  interior  colleganza  vien  resa  manifesta  dalla 
comunanza  di  leggi  che  governano  la  loro  evoluzione,  e  segnatamente  dalla  legge  di  re- 
latività. 

Legge    0    princìpio    di   relatività. 

È  legge  generale  della  nostra  natura,  che  nessuna  impressione  possiam  risentire .  di 
veruna  cosa  possiamo  acquistar  coscienza  senza  un  mutamento  di  stato  interiore.  Un'azione 
monotona  ed  uniforme,  esercitata  sui  nostri  sensi  non  è  più  né  sentita,  né  conosciuta.  La 
necessità  del  cangiamento  psicologico  per  provocare  un  sentimento  od  un  pensiero  è  la 
base  della  sensazione  v  dell'intelligenza,  l'attributo  più  generale  e  fondamentale  dello  spi- 
rito, la  legge  della  relatività.  A  noi  non  è  dato  sentire  alcunché  senza  passare  da  una 
impressione  ad  un"  altra  relativa,  né  conoscere  una  nuova  entità  senza  conoscere  un'  entità 
precedente  :  in  ogni  sentimento  sonvi  sempre  due  stati  in  contrasto  :  in  ogni  conoscenza 
due  cose  conosciute  nel  medesimo  tempo.  Se  adunque  la  legge  di  relatività  governa 
il  sentimento,  l'intelligenza  e  conseguentemente  la  volontà,  (^  se  in  questi  tre  poteri  si 
compendia,  in  sentenza  del  Bain.  tutto  quant'  è  lo  spirito  umano,  abbiamo  ragione  di 
pronunciare,  che  tutto  lo  spirito,  in  ogni  sua  manifestazione,  è  relativo  :  ed  elevando 
questa  proposizione  ad  una  fomiola  j)iù  generale,  che  abbracci  insieme  col  soggetto  o 
mondo  interiore  anche  l'oggetto  o  mondo  esteriore  corporeo,  potremmo  dire  :  tutto  è  rela- 
tivo sia  nel  inondo  dell'essere,  sia  nel  mondo  del  sapere. 

È  egli  vero,  che  tutto  è  relativo  ?  Certo  che  sì.  quando  .«i'intenda  con  ciò  di  significare, 
che  le  cose  tutte  quante  nel  mondo  della  realtà,  egualmente  che  tutte  le  idee  nel  mondo 
del  pensiero  sono  fra  di  loro  collegate  da  svariatissime  ed  intime  relazioni,  onde  emerge  il 
sintesismo  dell'universo,  simboleggiato  nella  catena  omerica,  che  il  cielo  congiunge  colla 
terra.  Tutto  lega,  tutto  si  tiene  nell'iinuiensità  dell'essere:  però  le  relazioni  non  si  ridu- 
cono a  quella  sola  del  contrasto  o  della  opposizione  (come  parrebbe  dagli  esempi,  che 
viene  citando  il  Bain).  ma  si  specificano  in  diverse  guise,  quali  sarebbero  quelle,  che  inter- 
cedono tra  l'effetto  e  la  causa,  tra  un  principio  e  le  conseguenze,  tra  una  forza  ed  i  suoi 
fenomeni,  tra  una  sostanza  ed  i  suoi  modi,  tra  la  parte  ed  il  tutto,  tra  l'essere  e  le  pro- 
prietà sue,  e  va  discorrendo.  Che  se  il  pronunciato  Tutto  è  relativo  s'intenda  significare 
che  niente  evvi  di  assoluto,  ciò  é  dire  che  ogni  termine  è  quello  che  è  non  già  in  virtù  ' 


e  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

della  sua  propria  natura,  bensì  soltanto  per  cagione  delle  relazioni  sue  con  altro  termine, 
è  sentenza  che  si  chiarisce  erronea  a  chi  ponga  mente,  che  una  relazione  non  sussiste  se 
non  in  grazia  dei  termini,  fra  cui  intercede,  i  quali  perciò  mal  potrebbero  entrare  in  rap- 
porto fra  di  loro,  se  non  fossero  alcunché  di  pc-itivo  in  se  medesimi.  Però  giova  all'uopo 
distinguere  nelle  cose  l'essere  ed  i  varii  modi  dell'essere,  ossia  la  sostanzialità  od  essenza 
intcriore  ed  i  fenomeni  o  manifestazioni  esterne.  I  modi  od  i  fenomeni,  a  cui  soggiace  un 
essere,  mutano  di  certo  secondochè  mutano  le  relazioni  sue  con  altri  esseri,  ma  l'essenza 
o  sostanzialità  interiore  permane  immutabile  e  sempre  la  stessa.  Un  soggetto  umano  è 
uomo  non  già  per  le  relazioni  sue  con  altri  esseri,  bens'i  in  grazia  della  sua  costitutiva 
essenza  ;  epperò  le  manifestazioni  esteriori  della  sua  vita  appariranno  diverse  secondo  i 
varii  rapporti,  che  lo  collegano  col  mondo  esteriore,  i  suoi  sentimenti,  i  suoi  affetti,  i  suoi 
pensieri  si  coloreranno  sotto  forme  diverse  secondochè  la  sua  vita  si  svolgerà  nelle  regioni 
tropicali  0  fra  i  deserti  dell'Africa  :  pure  l'essenza  sua  propria,  riposta  nella  triplice  virtù 
del  sentire,  dell'intendere  e  del  volere,  rimarrà  la  medesima  in  mezzo  al  variare  delle  sue 
relazioni  col  cosmo  esteriore.  Questo  adunque  parmi  doversi  conchiudere,  che  la  sentenza 
Niente  vi  è  di  assoluto,  è  vera,  se  riguardi  i  modi  od  i  fenomeni  di  ciascuna  sostanza, 
falsa,  se  si  voglia  riferirla  alla  sua  interiore  essenza  ;  od  in  altre  parole,  ogni  essere  è  quel 
che  è,  in  virtù  di  sua  natura  e  non  punto  per  le  sue  relazioni  esteriori,  ed  assume  tale  o 
tal' altra  forma  per  cagione  di  tale  o  tal  altro  rapporto  suo  col  mondo  estemo. 


Teorica    del    sentimento 

Dacché  il  sentimento,  l'intelligenza  e  la  volontà  abbracciano  in  tre  classi  supreme 
tutti  i  fenomeni  dello  spirito,  consegue  che  ogni  e  quale  che  siasi  fatto  psicologico  debbe 
trovar  luogo  in  una  di  queste  tre  classi.  Però  non  è  necessario  (in  sentenza  del  Bain),  che 
gli  stati  dello  spirito  appartengano  in  modo  esclusivo  ad  una  sola  di  esse  tre  classi  (1). 
Quest'avvertenza  dell'autore,  presa  qual  suona,  distrugge  radicalmente  la  irreducibilità 
delle  tre  supreme  funzioni  dello  spirito  da  lui  propugnata  :  il  vero  è,  che  ciascuna  funzione 
va  contemplata  in  sé  stessa  e  nelle  relazioni  sue  colle  altre  tutte.  Cosi  inteso  il  concetto 
suo  ha  fondamento  irrepugnabile  di  verità.  Il  Bain  si  giova  di  quest'avvertenza  nel  costruire 
la  Bua  teorica  del  sentimento,  il  quale  viene  da  lui  contemplato  anzi  tutto  ne'  suoi  carat- 
teri costitutivi,  ossia  nella  propria  sua  natura,  riservandosi  di  discorrerne  i  caratteri  intel- 
lettuali e  volizionali  nella  teorica  dcU'intelligenza  ed  in  quella  della  volontà.  Tuttavia  a 
mo'  di  anticipazione  egli  osserva,  che  il  sentimento  in  rapporto  coli  intelligenza  mostra 
attitudine  ad  essere  distinto,  unito  e  ritenuto,  attitudine  fino  ad  un  certo  punto  propor- 
zionale col  grado  del  sentimento  e  colla  forza  dell'impressione  ;  e  che  in  rapporto  colla 
volontà  esso  sentimento  è  motivo  o  principio  di  azione  eccitandola  ad  opcrai-e  a  fine  di 
conservare,  accrescere  e  rinnovare  la  sensazione  se  piacevole,  sopprimerla  o  scemarla  se 
dolorosa. 

Il  Bain,  tenendo  per  fermo,  che  i  fenomeni  dell'attività  psicologica  nascondono  le  loro 
prime  origini  nelle  più  generali  manifestazioni  della  vita  fisica,  esordisce  dall'esposizione 


(1,  Vedi  /  sensi  e  l'inlelligensa,  pag  56,  ediz.  francese. 


PEK    GIUSEPPE     ALLIEVO  7 

fisiologica  del  sistema  nervoso  siccome  dal  punto  di  mossa  per  costruire  la  teorica  del 
sentimento.  Descrivendo  successivamente  il  cervello,  il  cervelletto,  la  midolla  allungata 
e  la  spinale,  i  nervi  cerebrali  e  gli  spinali,  egli  riguarda  la  forza  nervosa,  generata  dal- 
ra2done  del  nutrimento  somministrato  al  corpo,  siccome  tale  energia,  che  scorre  a  mo'  di 
corrente  attraverso  le  diverse  parti  del  corpo  stesso,  e  ripone  il  sensorio  e  la  sede  mede- 
sima dello  spirito  non  nel  solo  cervello,  ma  dovunque  si  spiegano  correnti  nervose.  Di  tal 
modo  l'esposizione  fisiologica  del  sistema  cerebro-spinale  riesce  una  prefazione  alla  teorica 
del  sentimento,  la  quale  alla  sua  volta  starà  propedeutica  alla  teorica  dell'intelligenza. 

In  sentenza  del  Bain,  il  vocabolo  amfniirnto  designa  ogni  nostra  affezione,  sia  essa 
piacevole,  sia  dolorosa,  sia  ben  anco  indifferente.  Il  piacere  e  la  pena  sono  note  distin- 
tive, che  valgono  a  differenziare  il  sentimento  dalla  intelligenza  e  dalla  volontà.  E  opinione 
invalsa  fra  i  psicologi,  che  la  prima  manifestazione  del  sentimento  risieda  nelle  sensazioni 
particolari,  ossia  ne'  sensi,  e  che  da  questi  esordisca  la  vita  medesima  dello  spirito.  II 
Bain  è  di  contrario  avviso.  Seguendo  la  sentenza  di  coloro,  che  assegnano  al  senso  musco- 
lare ed  ai  movimenti  dell'attività  .spontanea  un'esistenza  distinta  da  quella  dei  cinque 
sensi  esterni,  lo  pone  al  di  sopra  di  ogni  sensazione  tenendolo  quale  un  fatto  primitivo 
della  nostra  psicologica  costituzione.  Il  senso  muscolare  ha  per  oggetto  suo  proprio  le 
impressioni  piacevoli  o  dolorose,  che  conseguono  dalle  azioni  fisiche  dei  muscoli  e  dai 
movimenti  del  corpo,  ed  attesta  in  noi  una  incessante  energia  di  vita,  che  dal  nostro 
interno  cerca  effondersi  al  di  fuori.  Esiste  nello  spirito  umano  un'attività  spontanea,  che 
si  dispiega  non  per  esteriore  eccitamento  od  impulso,  ma  per  intima  virtfi  riposta  nei 
centri  nervosi.  Quest'attività,  anteriore  alle  nostre  particolari  sensazioni  e  conoscenze,  si 
manifesta  alla  sua  origine  nelle  impulsioni  meramente  interne,  indipendentemente  da  ogni 
cagione  esteriore,  e  si  dispiega  poi  sui  nostri  membri  locomotori,  i  quali  sono  suscettivi  di 
essere  messi  in  moto  da  uno  stimolo  emanato  dai  centri  nervosi.  Nel  sistema  muscolare, 
che  sta  in  servigio  dell'attività  spontanea,  vuoisi  considerare  la  struttura  dei  muscoli  vo- 
lontarii,  i  nervi  dei  muscoli,  la  sensibilità  propria  dei  muscoli,  la  irritabilità  e  la  tonicità 
dei  medesimi.  In  prova  dell'attività  spontanea  ossia  delle  azioni  e  dei  movimenti  indipen- 
denti dalle  impressioni  de' sensi  propriamente  detti,  l'autore  adduce:  1°  la  proprietà  del 
tessuto  muscolare  denominata  tonicità,  che  altro  non  è  se  non  un  grado  inferiore  del  mo- 
vimento muscolare,  segno  di  una  iniziativa  propria  de'  centin  nervosi  ;  2°  il  permanente 
rinchiudersi  dei  muscoli  sfinterici,  effetto  di  una  causa  intcriore  più  energica  della  semplice 
tonicità;  3°  l'esuberanza  di  moto  propria  dell'umana  puerizia  e  dei  bruti  adolescenti  ; 
4°  il  fatto,  che  la  sensibilità  e  l'attività  si  mostrano  il  più  delle  volte  in  ragione  inversa, 
ed  il  temperamento  più  attivo  non  è  sempre  il  più  sensibile. 

Due  sono  le  ragioni  che  consigliarono  l'autore  a  premettere  lo  studio  dell'attività 
spontanea  e  del  conseguente  senso  muscolare  a  quello  delle  sensazioni:  1°  perchè  il  moto 
precede  la  sensazione,  e  nella  sua  origine  si  manifesta  indipendentemente  da  ogni  stimolo 
esteriore;  2"  perchè  l'azione  è  proprietà  più  intima  e  fondamentale  che  verun'altra  delle 
nostre  sensazioni,  le  quali  perciò  sono  di  natura  composta,  mentre  essa  è  semplice.  Onde 
consegue  il  divario,  che  intercede  tra  i  sentimenti  muscolari  e  le  sensazioni  propriamente 
dette  e  comunemente  intese  :  quelli  sono  accompagnati  dalla  coscienza  di  una  forza  motrice 
che  muove  dal  di  dentro  di  noi  e  si  dispiega  al  di  fuori,  queste  per  contro  sono  suscitate 
dà  uno  stimolo,  che  dal  di  fuori  penetra  dentro  di  noi. 


ESPOSIZIONK    CRITICA     DELLE    DOTTRINE     PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIN 


De'  sentimenti    muscolari 

Dall'attività  spontanea  o  motrice  rampollano  i  sentimenti  muscolari,  i  quali  vanno 
classificati,  avuto  riguardo  al  loro  rapporto  cogli  organi  motori,  in  tre  specie,  secon- 
dochè  dipendono  dalla  condizione  organica  de"  muscoli,  o  rilevano  dall'esercizio  di  questi 
stessi,  o  ci  apprendono  i  diversi  modi  di  tensione  degli  oi-gani  motori.  Però  i  sentimenti 
di  questa  terza  classe  vorrebbero  essere  riguardati  come  idee,  anziché  come  sentimenti,  ed 
hanno  più  stretta  connessione  coli  intelligenza,  che  colla  sensitività,  essendoché  siamo  per 
loro  virtù  fatti  capaci  di  giudicare  delle  varie  positure  delle  nostre  membra  e  di  non 
poche  rilevanti  relazioni  delle  cose  fra  di  loro. 

È  cosa  di  fatto,  che  ogni  esercizio  di  forza  muscolaie  tradotto  in  movimento  è  ac- 
compagnato da  un  sentimento  di  piacere,  il  quale  a  poco  a  poco  scema  della  sua  vivezza 
trasformandosi  in  indifferenza  fino  ad  essere  susseguito  da  pena  o  dolore,  se  l'esercizio  del 
moto  è  protratto  di  soverchio.  Perciò  nei  sentimenti  muscolari  bassi  a  notare  come  primo 
carattere  una  qualità,  cui  si  aggiunge  //  y ratio  di  piacere,  che  emerge  dall'esercizio 
muscolare  variabile  a  seconda  delle  circostanze.  Un  terzo  carattere  si  mostra  nella  spe- 
cialità propria  del  sentimento  muscolare,  mercè  cui  ci  formiamo  i  concetti  di  resistenza,  di 
forza,  di  potere,  ed  uscendo  fuor  di  noi  stessi  costituiamo  il  gran  fatto  del  mondo  esteriore 
in  effettivo  contrasto  coi  nostri  stati  di  coscienza,  ed  opponiamo  al  tue  un  von-me. 

Poco  hawi  a  dii'e  intomo  il  sentimento  muscolare  riguardato  nelle  sue  attinenze  colla 
volontà.  Sotto  forma  di  piacere  esso  eccita  l'attività  ad  operare  a  fine  di  essere  conservato, 
accresciuto  o  riprodotto.  Per  lo  contrario  molte  sono  le  proprietà  intellettuali  di  esso  e 
meritevoli  di  attenta  considerazione.  Primamente  esso  ha  questo  di  proprio,  che  in  grazia 
dell'intelligenza  perdura  più  o  meno  lungamente  nella  memoria  sotto  la  forma  ideale  di 
piacere  o  di  pena  ed  è  fatto  capace  di  eccitare  la  volontà  a  rintracciare  l'uno  e  scansare 
l'altra.  Ma  un  secondo  carattere  intellettuale  assai  più  rilevante  dell'idea  di  piacere  o  di 
pena,  ed  onninamente  diverso  sta  nel  distinguere  e  neUideiititìcave.  ossia  nel  difi'erenziare 
e  nell'assomigliare  i  gl'adi  ed  i  modi  dell'appeirezione  della  forza  muscolare  dispiegata; 
appercezione,  che  è  affatto  scevra  di  piacere  o  di  pena,  eppure  conisponde  ai  grandi  fatti 
dell'oggetto,  che  appellasi  il  mondo,  la  resistenza,  la  forza,  il  potere,  la  velocità,  lo  spsizio. 
il  tempo  e  va  discorrendo.  Nello  stato  d  indifferenza  intermedio  tra  il  piacere  e  la  pena,  la 
nostra  attenzione  non  è  ])iù  rivolta  al  sentimento  (;omc  tale,  cioè  come  un  modo  soggettivo 
piacevole  o  molesto,  ma  adempiamo  le  due  supreme  funzioni  dell'intelligenza,  la  distinzione 
e  l'accordo,  giacché  portiamo  giudizio,  che  il  grado  di  energia  o  di  forza  da  noi  sviluppata 
è  maggiore  o  minore  di  un  altro,  oppui-e  rassomiglia  ad  altri  già  avvertiti  e  conosciuti. 
Ecco  qui  un  fatto  di  natura  schiettamente  intellettuale.  Nei  diversi  periodi  del  sentimento 
noi  appercepiamo  delle  differenze,  le  quali  sono  il  primo  dei  due  elementi,  che  costitui- 
Bcono  il  fatto  dell'intelligenza,  ed  al  quale  viene  poi  ad  aggiungersi  il  secondo  elemento, 
la  rassomiglianza. 

La  coscienza,  che  abbiamo,  dei  differenti  gradi  della  nostra  sensibilità  muscolare,  ne 
porta  a  distinguere  e  conoscere  queste  tre  cose  :  1  "  la  somma  di  sforzo,  di  for^a  dispie- 
gata, che  misura  la  rcsistf»z(i  da  vincere,  e  che  costituisce  la  esperienza   fondamentale  ; 


PEK    GIUSEPPE    ALLIEVO  9 

2"  la  continuazione  dello  sforzo,  sia  esso  accompagnato  dal  movimento  o  no  ;  3°  la  rapi- 
dità della  contrazione  muscolare,  risjiondente  alla  velocità  del  movimento  del  membro. 
Queste  tre  distinzioni  ci  sono  lume  e  scorta  a  conoscere  le  qualità  delle  cose  esteriori  ed 
a  formarci  un  fermo  concetto  del  mondo.  Poiché  la  quantità  di  sforzo  da  noi  spiegato  non 
solo  ci  dà  la  giusta  misura  della  resistenza,  ciie  ci  tocca  di  superare,  ma  è  altresì  il  fon- 
damento del  concetto  di  corpo,  la  apprezzazione  della  forza,  deirinerzia.  del  momento  di 
forza  o  della  (ìroprietà  meccanica  della  materia,  del  peso  di  un  corpo  vuoi  assoluto,  vuoi 
relativo.  La  continuazione  dell'azione  muscolare  ci  porge  l'idea  sia  del  tempo,  ossia,  della 
durata,  che  implica  un  dispendio  maggiore  di  forza,  sia  dell'estensione,  perchè  la  conti- 
nuazione di  un  movimento  è  il  corso  dell'organo  attraverso  lo  s|)azio.  sicché  il  senso  del 
moto  è  la  parte  essenziale  e  primaria  della  nostra  conoscenza  dello  spazio,  a  cui  vengono  poi 
ad  aggiungasi  i  sensi  della  vista  e  del  tatto  per  compiere  essa  conoscenza.  Per  ultimo,  dalla 
coscienza,  che  abbiamo,  della  velocità  impressa  ai  nostri  movimenti,  siamo  fatti  capaci  di 
conoscere  ed  apprezzare  la  velocità  degli  altri  corpi  in  moto,  e  di  misurare  l'estensione 
nello  spazio,  siccome  quella  che  si  connette  con  due  distinzioni,  la  continuazione  del  moto 
e  la  velocità  sua. 

I  muscoli,  secondo  il  vario  modo  del  loro  contrai"si  o  distendersi,  danno  origine  a 
movimenti  ora  lenti,  oi'a  rapidi,  i  quali  suscitano  emozioni  differenti.  Da  un  moto  più  o 
meno  lento  emerge  un'emozione  ben  più  grande  di  quanto  potrebbe  originare  da  uno 
sforzo  eguale  di  tensione  passiva  ;  e  da  un  ben  composto  insieme  di  movimenti  lenti  ci  vien 
fatto  di  far  scaturii'e  la  massima  copia  d|  piacere  col  minimo  dispendio  di  forza  muscolare. 
I  sentimenti  suscitati  dai  moti  hmti  e  gravi  rispondono  alla  debolezza  e  sommessione 
dell'uomo  e  pigliano  in  lui  tanto  jiiù  am[)io  sviluppo,  quanto  più  è  depres.so  il  senso  della 
sua  propria  forza.  Kcco  il  perchè  i  moti,  di  cui  discorriamo,  ci  inclinano  al  riposo  ed  al 
Sonno,  riconducono  nell'organismo  la  calma  e  la  salnte  dopo  l'agitazione  e  la  malattia, 
inspirano  nel  recinto  domestico  un'aura  di  serenità  e  di  pace  mercè  l'efiFetto  simpatico  di 
movimenti  ammisurati,  quali  quelli  della  musica  e  del  calmo  convci^sare,  sostengono  e 
promuovono  il  sentimento  i-eligioso  colla  lenta  pronuncia  della  preghiera,  e  le  solenni  e 
gl'avi  note  dell'organo.  Emozioni  e  sentimenti  affatto  diversi  emergono  dai  rapidi  movi- 
menti, che  appariscono  simili  a  certa  quale  (>bbrezza  meccanica.  Questi  eccitano  i  nervi  ed 
i  centri  nervosi  a  spiegare  in  maggioi'  copia  la  loro  spontanea  attività,  accendono  gli  spi- 
riti animali  e  si  spiegano  sotto  forme  diverse  e  con  isforzi  esagerati.  Un  organo  in  preda 
ad  un  rapido  movimento  comunica  il  suo  orgasmo  agli  altri  e  li  mette  in  fermento.  Ne 
sono  esempi  la  caccia,  la  danza,  le  orgie  sacre  dell'Oriente,  i  riti  consacrati  a  Bacco  ed 
a  Cerere. 

Delle  sensazioni. 

Dall'attività  spontanea  e  dal  sentimento  muscolare  il  Bain  discende  a  parlare  delle 
sensazioni  propriamente  dette,  definicndole  «  le  impressioni  mentali,  i  sentimenti  o  stati  di 
coscienza,  che  risultano  dall'azione  delle  cagioni  esterne  sovra  qualche  parte  del  corpo,  il 
quale  per  ciò  appunto  si  appella  sensibile  ».  Ki  le  distribuisce  in  sei  classi,  vale  a  dire  in 
sensazioni  della  vita  organica,  della  vista,  dell'udito,  dell'odorato,  del  gusto  e  del  tatto. 

Le  sensazioni  della  vita  organica  vengono  riconosciute  dai  fisiologi  sotto  il  nome  di 

Serie  11.  Tom.  XXXIV.  2 


10  ESPOSIZIONE    CRITICA    I)EL1,F,    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    HI    A.    BAIX 

senstbiìità  comune  o  generali-,  perchè  sparse  per  tutto  quanto  il  lorpo.  segnatamente  nei 
visceri  ed  abbracciano  tutti  i  sentimenti  di  jiiacere  e  di  pena  interni,  relativi  alle  funzioni 
della  vita  organica.  11  Bain  ne  fa  un  grupiio  a  parte,  perchè  mentre  appartengono  anch'esse 
al  genere  delle  sensazioni,  pure  divei^sano  dalle  sensazioni  speciali  propizie  de"  cinque  sensi 
esterni  in  ciò.  che  non  hanno,  come  que.ste.  una  cagione  propria'iiente  esteriore,  che  le 
ecciti,  come  il  suono  lù^^uaido  al  senso  dcUudito.  la  luce  rispetto  alla  vista  e  va  discor- 
rendo. Ma  questa  sua  distinzione  più  inni  si  concilia  colla  definizione,  che  egli  ha  premesso, 
delle  sensazioni,  le  quali  ei  concepisce  come  stati  di  coscienza,  die  l'isnltaiio  dall'azione 
delle  cagioni  r.slrrnr  sovra  qualche  parte  del  nostro  corpo. 

Avuto  riguardo  alla  loro  sede,  le  sensazioni  organiche  od  interne  vengono  dal  Bain 
distribuite  in  sensazioni  T  de' muscoli  (spasimo,  scn.so  della  fatica,  dolori  provenienti  da 
tagli,  lacerazioni,  lesioni  del  tessuto  uiuscnlure)  :  li"  de' nervi  (doloi'i  e  fatiche  nervose, 
noja.  sentimento  di  ben  essere  del  tessuto  nervoso);  :!"  della  circolazione  degli  umori  e 
della  nutrizione  (sete,  inanizione,  jiiacere  dell'esistenza  meramente  animale):  4"  della  lespi- 
razione  (sensazione  dell'aria  fiesca  e^pura.  della  impura  ed  insufficiente,  soffoco)  ;  5°  del 
caldo  o  del  freddo:  <i'  del  canale  alimentare  (fame,  nausea,  disgusto):  7°  degli  stati 
elettrici  dell'atmosfera.  Certamente  questa  classificazione  è  assai  lontana  dall'essere  rigo- 
rosamente razionale  ed  irreducibile,  j^iactliè  ognun  vede,  che  le  sensazioni  ad  esempio 
dell'aria  i;steriia,  del  caldo  e  del  freddo  e  degli  stati  elettrici  dell'atmosfera  si  possono 
raggruppare  in  una  medesima  classe,  e  si  dovrebbero  collocare  fuori  della  specie  delle 
sensazioni  jiropriamente  interne  ((piali  dnviebbeio  essere  (luelle  della  vita  organica)  in- 
sieme con  quella  de' sensi  esterni. 

Xella  lunga  ed  ingegnosa  descrizione  delle  sensazioni  organiche,  come  ))ure  in  quella 
de'cinque  sensi  esterni,  apparisce  il  naturalista  sottile  ed  il  fisiologo  penetrante,  più  che 
il  cultore  della  scienza  psicologica,  la  (juale  in  una  trattazione  di  cento  e  venti  pagine  ben 
poche  no  trova,  che  le  appartengano,  e  che  non  possano  e.sserle  rivendicate  dalla  disciplina 
biologica  e  fisiologica.  Sono  perù  degne  di  qualche  riguardo  le  considerazioni  non  del  tutto 
originah.  eh'  egli  consacra  ai  sensi  superiori  esterni  del  tatto,  dell'udito  e  della  vista,  i 
quali,  per  universale  consenso,  forniscono  al  pensiero  copia  considerevole  e  rilevante  di 
materiali  intellettivi,  l'ero  a  cpiestA  proposito  egli  ripete  in  parte  le  riflessioni  già  fatte 
riguardo  all' ufficio  intellettuale  del  sentimento  muscolare  :  poiché  discorrendo  del  senso 
del  tatto,  osserva,  che,  sussidiato  dal  .sentimento  muscolare,  esso  ci  jiorge  la  nozione  fon- 
damentale del  mondo  esteriore,  cioè  l'estensione,  e  con  essa  il  volume,  la  forma,  la 
distanza,  la  direzione,  che  sono  altrettante  modificazioni  o  determinazioni  dell'estensione 
medesima.  Lo  stesso  è  a  ripetersi  delle  sensazioni  ibi  movimento  muscolare  e  della  vista 
insieme  associate. 

Degli  appetiti  e  degli  istinti. 

E  noto,  che  i  psicologi  inglesi  anteriori  al  nostro  autore.  Keid,  Steward.  Brow.  'Mill 
collocarono  gli  appetiti  e  gli  istinti  in  una  medesima  classe  coi  desiderii.  coll'abitudine  e 
colla  volontà  sotto  il  nome  di  facoltà  attirr.  il  Bain  invece,  scostandosi  da' suoi  prede- 
cessori, li  schiera  insieme  colle  sensazioni,  sia  perchè  hanno  con  (jucste  strettissime  attinenze, 
sia  {)erchè  ad  essere  conosciuti  non  esigono  uno  studio  anteriore  della  intelligenza,  che  anzi 


PER    fiirSEPPE    ALLIEVO  H 

la  loro  (ioiinsceiiza  ci  spiana  la  via  a  comprendprc  vie  meglio  le  facoltà  siipcriori  dell"  intel- 
ligenza stessa.  Egli  sfiora  appena  l'argomento  degli  appetiti,  avvertendo  che  essi  convengono 
coi  desiderii  in  ciò.  che  entrambi  eccitaiio  la  volontà  ad  operare,  ma  se  ne  differenziano 
in  questo,  che  essi  sono  (ìmidcfii  pì-mìntii  dui  l)i>;f)(jìu  e  dalìf  iif  ressi  fu  rinnovati'  della 
vita  orgnniea.  Il  sonno,  l'esercizio,  il  riposo,  la  sete,  la  fame,  l'attrazione  sessuale  sono 
gli  appetiti  iinivei'sali  e  comnni  a  tutti  gli  animali. 

Mentre  il  sentiinento  muscolare,  le  sensazioni  ed  i  sensi  esterni  formano  i  modi  pri- 
niai'ii  della  coscienza,  gli  istinti  costituiscono  i  modi  originarli  dell'azione  per  l'uomo,  es- 
sendo come  altrettante  dis]Misizioiii  piimitive  e  quasi  una  struttura  primordiale,  su  cui 
l'umano  soggetto  compirà  il  suo  sviluppo  nella  triplice  sfera  del  sentire,  dell'intendere  e  del 
yolere.  Il  Bain  concepisce  l'istinto  siccome  una  non  imparata  attitudine  ad  effettuare  tutte 
guise  di  operazioni,  (pielle  segnatamente  die  tornano  necessarie  od  utili  all'animale,  e  distri- 
buisce tutte  le  nostre  facoltà  istintive  in  queste  cinque  classi:  le  azioni  riflesse,  le  dispo- 
sizioni primitive  per  le  anioni  <issoeiiit.e  od  inìnoviilie.  i  vincoli  originarii  tra  i  sentimenti 
e  le  loro  manifestazioni  fisiche,  il  germe  istintivo  della  rolizinne.  il  meccanismo  della 
voce.  Ma  quanto  a  quest'ultimo  jianto.  l'autore  si  tiene  a  una  descrizione  del  tutto  ana- 
tomica e  fisiologica,  passando  sotto  silenzio  il  gi-ave  aigomento  della  parola  come  facoltà 
psicologica.  Anche  le  azioni  riflesse  sono  da  lui  studiate  piuttosto  sotto  il  riguardo  fisio- 
logico che  psicologico.  Con  siffatto  nome  egli  designa  «  quelle  azioni  circolari,  in  cui  si 
può  distinguere  un  eccitamento  jieriferico  od  esterno  portato  dai  nervi  afferenti  ad  un 
centro  ganglionare.  e  producente,  a  mo'di  risjìosta.  certi  movimenti  ».  Tali  sono  il  ritmo 
del  cuore,  il  moto  intestinale,  la  respirazione,  la  tosse,  lo  starnuto,  la  salivazione,  i  moti 
cigliari.  ecc.  Lo  ('ccitanu'nto  perif(>iico  od  esterno  può  essere  inconsciente.  come  negli 
intestini,  o  consciente  conu'  nell'acconciamento  dfdl'occhio.  e  quindi  segna  due  gl'adi,  in- 
feriore e  superioi-e.  nell'azione  riflessa.  Però  egli  invano  si  argomenta  per  distinguere  le 
azioni  riflesse  sia  dai  movimenti  istintivi  dell'attività  spontanea,  sia  dagli  atti  riflessi  della 
volontà  convertiti  in  abitudini:  che  anzi  dichiara  egli  medesimo  non  potersi  «  tracciare 
una  linea  netta  di  distinzione  tra  gli  atti  involontarii  riflessi  ed  i  volontarii:  questi  due 
ordini  si  confondono  ))er  gradi  insensibili  :  un  medesimo  fatto  od  una  tendenza  medesima 
dell'organismo  è  forse  la  loro  i-adice  comune  •>.  Eppure  egli  aveva  posto  fin  da  principio, 
che  <-  le  azioni  i-iflesse  od  involontarie  hanno  per  segno  l'assenza  del  carattei'e  proprio  delle 
azioni  volontarie,  cioè  dello  stimolo  di  un  sentimento  direttivo  ». 

Tra  le  nostre  facoltà  istintive  testò  classificate  havvi  la  disposizione  primitiva  od 
attitudine  originai'ia  ad  associare  insieme  i  nostri  movinieiìti  in  forma  armonica.  Tali  sono 
i  moti  ritmici  od  nltei-nati  del  camminare,  del  nuotare,  ecc.  Innesto  i-itmo  locomotore 
delle  nostie  membi'a  l'autoie  attribuisce  all'istinto,  e  non  alla  volontà  od  all'esperienza, 
appoggiato  1"  all'analogia  ti-a  i  quadrupedi  inferioii .  che  aj)pena  nati  alternano  il  moto 
delle  loi-o  membra,  e  l'uomo:  l'"  m1  fatto,  che  il  fanciullo  agita  s])ontaneamente  od 
involontariamente  le  gambe  in  moti  alteinati  :  li"  alla  funzione  propria  del  cervelletto  di 
mantenere  l'associazione  ed  il  cooi-dinamento  dei  movimenti.  Esistono  fatti  svariatissimi  e 
numerosi,  i  quali  chiariscono,  come  il  sistema  nervoso  tutto  quanto  ne'  suoi  coordinati 
movimenti  sia  governato  da  una  legge  generale  di  armonia  prestabilita,  posta  dalla  natura 
stessa.  Ma  in  che  mai  questa  originaiia  ed  istintiva  facoltà  del  movimento  litmico  ed  asso- 
ciato più  si  distingue  dall'attività  spontanea,  di  cui  l'autore  aveva  primitivamente  discoreo? 


12  ESPOSIZIONE    CRITICA    rtEI.T.E    IiOTTRINE    PSICOLOGICHE    PI    A.     BAIN 

Ter/a  forma  (lell'istiiito  è  il  legame,  die  unisce  i  sentimenti  colle  loro  tisiche  mani- 
festazioni. Qui  il  Baiu  descrive  ed  esamina  il  meccanismo  istintivo  od  originale,  in  cui  il 
sentimento  rinviene  la  sua  espressione,  mostrando  come  esso  estcìiormente  si  traduca  in 
conispondenti  moti  del  sistema  muscolare,  interionnente  in  effetti  organici,  ossia  in  certe 
influenze  sui  visceri.  Piincipio  logolatoie  di  questa  fusione  degli  effetti  fisici  cogli  stati  del 
sentimento  è.  che  agli  stati  gradevoli  vanno  congiunti  con  un  aumento,  i  penosi  con  una 
diminuzione  delPenergia  di  f|ualclie  funzione  vitale,  o  di  tutte  le  funzioni  vitali.  «  Però 
questo  principio  apiilicato  alla  spiegazione  de"  sentimenti  muscolari  e  delle  sensazioni  orga- 
niche, pati.sce  qualche  eccezione,  segnatamente  jìoi  in  liguaido  ai  cinque  scasi  esterni.  I>i 
(jui  la  necessità  di  una  legge  comitlementare.  la  quale  adempia  i  difetti  del  principio,  che 
il  piacere  accresce  l'energia  vitale,  il  dolore  la  doiìrime.  Daccliè  i  ])iaceri  oidinaii  de'cinque 
sensi,  come  pure  le  emozioni  speciali  deirammirazione.  dell'affezione,  della  latenza,  della 
conoscenza  estetica  od  altrettali  non  si  può  dire  che  aumentino  e  rinforzino  in  grado  corri- 
spondente il  vigore  dell'organismo,  forza  è  aggiungere  al  principio,  che  connette  il  piacere 
colla  conservazione  personale,  il  principio,  che  connette  il  piacere  coll'atto  dello  stimolo, 
dividendo  i  modi  di  esso  stimolo  in  due  classi  :  1  "  gli  eccitamenti  dei  sensi  e  delle  emo- 
zioni :  2°  i  narcotici  e  le  droghe.  La  legge  dello  stimolo  significa  che  «  noi  possediamo 
certa  quantità  di  vigore  nervoso  o  di  irritabilità,  che  non  si  converte  in  piacere  attuale  se 
non  sotto  l'impulso  di  scosse,  che  non  hanno  veruna  tendenza  nutritiva,  ma  ne  esauiiscono 
e  ne  consumano  il  riserbo.  Se  l'effetto  dello  stimolo  non  trascende  certi  limiti,  noi  non 
dissipiamo  maggior  forza  di  quella  che  vien  prodotta;  se  esso  rimane  al  di  qua.  perdiamo 
il  i)iacere,  ond'è  capace  il  nostro  organismo;  se  trascorre  oltre  a  que'  limiti,  camminiamo 
verso  la  rovina  e  la  decadenza  » .  Queste  due  leggi,  di  conservazione  e  di  stimolo,  mani- 
festano le  loro  diverse  conseguenze  nel  contrasto  tra  la  vita  di  campagna,  il  cui  piacei-e 
emerge  principalmente  dalle  influenze  conservatrici,  e  la  vita  di  città,  il  cui  piacere  origina 
dalla  varietà  degli  stimolanti.  Il  vero  benessere  dovrebbe  armonizzare  questi  due  generi 
di  vita  a  tenore  delle  due  leggi. 

Altra  forma  dell'  istinto  si  ha  in  quelle  azioni  spontanee,  da  cui  si  schiude  poi  e  su 
cui  si  fonda  la  volizione.  Seguendo  le  tracce  del  fisiologista  MuUer,  il  quale  aveva  notato  i 
movimenti  spontanei  od  istintivi  nel  feto  ed  il  loro  essenziale  rapporto  cogli  atti  o  moti,  che 
si  appellano  volontarii ,  il  Bain  avverte,  che  l'impulso  attivo  o  spontaneo,  che  eccita  al 
moto  i  diversi  organi  o  membra,  la  voce,  la  lingua,  gli  occhi,  ecc.  per  se  solo  non  basta  a 
spiegare  la  volizione,  perchè  è  irregolare,  impreveduto,  governato  da  circostanze  fisiche,  e 
non  punto  dal  ben  essere  dell'animale.  La  spontaneità  sola  non  giunge  a  fare  ciò.  che  deve 
compiere  la  nostra  volontà  a  fine  di  assicurare  la  nostra  propria  conservazione.  Evvi  tra 
i  nostri  sentimenti  piacevoli  o  molesti  ed  i  nostri  movimenti  organici  un  vincolo  primor- 
diale, (juale  quello  tra  causa  ed  eft'etto.  Questo  vincolo,  che  originariamente  era  un  fatto 
primordiale  ed  istintivo,  si  cangia  dappoi  in  volizione  mercè  l'educazione  e  l'esperienza.  La 
virtù,  ])ropria  della  volontà,  di  isolare  un  membro  dal  rimanente  del  corpo  e  dominarne 
il  movimento,  si  t'orma  mercè  una  serie  di  sforzi  e  di  tentativi.  Il  ])iacere  accresce  l'energia 
vitale,  il  dolore  la  deprime  fin  dall'origine:  ma  la  facoltà  di  scegliere  con  criterio  il  punto 
dell'azione,  non  è  innata,  bensì  va  appresa  coli  "esperienza. 

L'esposta  teorica  della  sensitività  mostrasi  adorna  di  una  licca  messe  di  fatti  accom- 
pagnati da  ingegnose   osservazioni,  ma  troppo   si  risente  di  quel   vacillante  e  sconnesso 


PER    GIUSEPPE    AU.IEVO  13 

{>mpii'isiiio.  elle  è  la  nota  precipua  della  dottrina  positivistica,  ed  anche  considerata  in  ri- 
iliiardo  all'analisi  dei  fenomeni  pro])rii  della  vita  animale,  sottostà  di  gran  lunga  ai  profondi 
studi  psicologici,  clic  dobbiamo  al  Rosmini  su  (juesto  argomento.  Vi  manca  il  concetto  or- 
dinatore de' fatti  ])articolari.  die  solo  può  gei'minare  dallo  spirito  tilnsotico.  Il  concetto  di 
un'attività  spontanea  i)rimitiva.  clic  viene  posta  come  f(mdaraento  primo  di  tutta  la  vita 
animale,  e  che  ])ure  si  muove  per  caso  ed  alla  cieca  ventiu'a  senza  verun  fine  rivolto 
al  buon  essere  del  vivente,  introduce  il  fatalismo  in  tutte  le  manifestazioni  f>  fcMiomeni 
della  sensitività  e  li  rende  inesplicabili.  (1  sentimento  muscolare,  le  sensazioni  organiche  ed 
i  sensi  esterni,  a  cui  dobiiiaiuo  le  foi-me  originarie  della  coscienza,  gli  apjietiti.  che  rispon- 
dono ai  bisogni  ed  alle  necessità  i  iiniovate  della  vita  oi'ganica.  gli  istinti,  che  ci  rendono 
idonei  a  tutte  guise  di  operazioni,  allo  sviluppo  ed  alla  iirosperità  della  vita  animale,  la 
volontà,  che  veglia  alla  nostra  conservazione,  sempi-e  intenta  allo  scopo  di  fugar  il  dolore 
e  mantenere  il  jiiacere  dell'esistenza,  tutti  questi  fenomeni,  in  cui  si  rivela  lo  sviluppo  della 
sensitività,  mal  si  comprende,  come  jiossano  tìuiie  dalla  cieca  ed  incoascia  attività  spon- 
tanea originaria  e  rinveniie  in  essa  il  loro  centro  armonizzatore.  Assurda  cosa  è.  che  il 
fortuito  e  l'inconsciente  generino  la  finalità  e  la  coscienza,  e  che  la  volontà,  sempre  gover- 
nata da  un  fine  peculiare  in  tutte  le  sue  movenze,  abbia  il  suo  germe  originario  nell'atti- 
vità spontanea  sempi'e  mossa  dal  cieco  caso.  L'espeiienza  educatrice  de' sensi,  che  l'autore 
adduce  a  s])iegazione  del  fatto,  non  giova  all'intento,  siccome  quella,  che  può  bensì  espli- 
care i  germi  posti  da  natui-a.  non  però  creare  nuove  attitudini,  che  già  non  preesistano 
implicate  in  una  virtualità  anteriore.  Questo  errore  capitale,  che  vizia  tutta  la  teorica  del 
nostro  autoi-e  intoi-no  la  facoltà  sensitiva,  fu  cagione,  jter  cui  anche  il  suo  concetto  del  di- 
vario, che  intercede  fra  l'attività  spontanea,  l'istinto  e  la  volontà,  apparisce  incoerente  e 
malfermo,  giacché  l'operare  istintivo  e  l'operare  volontario  si  confondono  in  un  medesimo 
intento,  insieme  cogli  appetiti,  la  conservazione  cioè  ed  il  ben  essere  del  vivente  animale. 


Teorica  dell'  intelligenza. 

«  Trattando  dell'intelligenza  (scrive  l'autore  nella  prefazione  alla  sua  opera  /  sensi 
e  l' infeìiìc/enzn)  ho  abbandonato  la  suddivisione  in  facoltà.  L'esposizione  è  tutta  fondata 
sulle  leggi  d'associazione  --.  Mentre  i  psicologisti  ])iocedettero  fin  qui  chiamando  a  ras- 
segna le  operazioni  molteplici  dell'intelligenza  e  distribuendole  in  classi  distinte  e  sognate 
ciascuna  col  nome  di  una  facoltà  riguardata  come  eausa  di  un  ordine  di  fenomeni  intel- 
lettuali.  il  Bain  riduce  tutti  ijuesti  fenomeni  ad  una  sola  causa  suprema,  l'a-ssociazione, 
di  cui  le  facoltà  dell'intelligenza  generalmente  aminesse  appariscono  forme  diverse.  Oj)- 
pone  egli  adunque  alla  pluralità  delle  facoltà  o  cause  de' fenomeni  intellettuali  l'unità 
della  loro  associazione,  nui  non  ci  sembra,  che  del  suo  processo  avvantaggi  gran  fatto  la 
scienza  psicologica,  essendo  che  le  diver.se  facoltà  intellettuali,  che  egli  ripudia,  hanno 
anch'esse  la  loro  comune  radice  nell'intelligenza,  di  cui  sono  manifestazioni  svariate. 
Oltrecchè  egli  erroneamente  avvisa,  che  la  scienza  debba  arrestarsi  .siccome  a  suo  punto 
finale  al  concetto  dell'associazione  riguardata  quale  causa  suprema  de' fenomeni  intellettivi: 
(|uesta  causa  o  legge  importa  lo  sjìirito  umano,  in  cui  ha  la  sua  ragion  d'essere,  ed  una 
psicologia,  che  non  risalga  fino  alla  sostanzialità  dello  spirito,  in  cui  s'incentra  insieme 
colla  intelligenza  anche  il  sentimento  e  la  volontà,  è  scienza  dimezzata  ed  imperfetta. 


14  ESPOSIZIONE    l'KITKA     PKU.K    liOTTKlNK    PSlCOLOfilCHE    IH    A.     BAIN 

Postosi  ad  iiidagaiT  la  natura  del  conoscimenti >  e  (lpiriutellif?Pii/a.  cfili  annovcia  tic 
distinte  operazioni,  elio  suno.  1°  il  (liNct'iiiiiiicntn.  ossia  la  coscienza  od  appercezione  della 
differenza:  2°  raccoidn.  ossia  la  coscienza  od  appci'cezione  della  lassomiglianza  :  '■>"  la 
ritentiva,  ossia  la  meiiioiia  e  facoltà  deirac(|UÌsto.  ..  Queste  tre  funzioni  (ejjli  scrive),  sei)- 
bcue  in  ijualche  modo  si  confonila.no  e  spesso  in  modo  inseparabile  negli  atti  del  nostro 
spirito,  soli  tuttavia  pro])rietà  intieramente  (li--tiiite.  e  servono  ciivscuna  di  fondamento  ad 
una  diiìerenttì  struttura  (op.  cit..  pa^.  ini)  ...  Ksse  sono  l'intelligenza,  tutta  l'intelligenza, 
niente  più  die  1  intelligenza  :  un  numero  maggiore  di  facoltà  intellettive  tornerebbe  inutile, 
un  nuiiK'i-o  minore  riuscirebbe  insuttieiente  a  i-endere  ragione  de'  fatti  intellettuali.  Queste 
funzioni,  che  egli  chiama  altresì  attributi.  |)roiuietà.  elementi,  foi-ze  e  facoltà  dell'intel- 
ligenza, mezzi  pei-  giungere  alle  conoscenze.  l'accliiudono  in  sua  sentenza  le  altre  facoltà 
tutte  generalmente!  ammesse  dai  psicologi.  La  memoria  a  ragion  d'esempio  jiosa  tutta 
quanta  sulla  facoltà  della  ritentiva,  sebbene  sussidiata  sovente  dalla  ras.somigianza.  Il  ra- 
gionamento e  l'astrazione  implicano  |)rin('ipalmente  la  facoltà  dell'accordo,  avendo  per 
utticio  di  identificare  cosi»  rassomiglianti.  11  giudizio  consta  per  una  pait(>  di  discernimento 
o  distinzione,  per  l'altra  di  accordo.  es.sendo  tutto  liposto  nel  pronunciare  che  due  co.se 
differiscono  o  rassomigliano.  L'imaginazione  è  un  )i(nt;ito  di  tutti  e  ti-e  gli  clementi  del- 
l'intelligenza, ai  i|uali  viene  aggiunto  il  sentimento. 

Prima  di  studiare  in  particolare  ciascuna  di  ([ueste  tic  facoltà  intellettive,  giova  con- 
leun)larle  nel  loro  complessivo  insieme.  L'onoscei'O  un  oggetto,  a  ragion  d'esempio  un  albero, 
vale  discerneilo  da  tutti  gli  altri  oggetti,  che  ne  diiteriscono.  ed  identificarlo  con  gli  altri 
tutti,  che  gli  rassomigliano:  epperò  le  due  facoltà  del  discernimento  e  dell'accordo  prese 
insieme  sono  le  f(H-me  primitive  dell' intelligenza  (>  costituiscono  la  natura  medesima  della 
conoscenza.  Ogni  atto  com)iiuto  ili  conoscimento  inchiude  l'uso  di  ipieste  due  funzioni  e 
non  presuppone  l'u.so  di  veriin  altra  tranne  la  litentiva.  che  è  implicata  in  entrambe. 
Allora  soltanto  altri  può  diic  di  conoscere  t'iionio  davvero,  quando  conosca  tutti  i  punti 
di  contrasto,  che  ibi  tutti  gii  altri  tsseii  lo  ditt'erenziano.  e  tutti  i  punti  di  identità,  che  ha 
comuni  con  tutti  gli  altri  uomini.  Se  non  die  la  facoltà  della  ritentiva  è  necessaria  all'eser- 
cizio del  discernimento  e  dell  accordo,  essendoché  non  ci  vien  dato  di  discernere  1' una 
dall'altra  due  impressioni  successive,  se  la  |)rima  non  fosse  ritenuta  ne  preesistesse  nello 
spirito  per  essere  opposta  alla  seconda  .  ne  accolliate  e  coiigiungere  una  sensazione 
presente  con  un"  altra  passata,  se  (piesta  non  abbia  lasciato  traccia  di  se  nel  peasiero. 
Veramente  non  s'intende  bene  l'ordine  geiairhico.  che  esiste  tra  le  tre  facoltà  ed  opera- 
zioni fondamentali  dell'intelligenza  nella  teorica  dell'autore:  poiché,  enumeiaudolc  ad  una 
ad  UTia.  egli  colloca  la  i-itentiva  dopo  le  altre  due.  ed  a  ragione,  mal  potendosi  ritenere  le 
cose,  che  ]iiiina  non  siano  state  conoseiiile.  cioè  distinte  ed  unite:  ma  tosto  avverte,  che 
lidi  interesse  dell'esposizione  la  ritentiva  vu(d  essere  studiata  prima  delle  altre  due.  jierchè 
non  si  possono  discernere  ne  identificare  le  sensazioni,  ossia  conoscerle,  se  non  siano  state 
ritenute,  'l'ant'è.  che  il  discernimento  e  l'accordo  vengono  da  lui  considerate  come  due 
forme  della  facoltà  ritentiva.  Questa  specie  di  circolo,  in  cui  s'avvolge  l'autore,  pare  a  me, 
che  provenga  dallo  aveiH'  scainliiato  la  ritentiva  animale,  che  conserva  le  sensazioni  pro- 
vate, colla  l'itentiva  intellettuale,  che  conserva  le  cognizioni  od  idee,  se  pure  non  si  voglia 
riconoscere  qui  la  sua  dottrina  sensistica,  che  fa  lUdl'idea  una  sensazione  i)as.sata  lipro- 
dotta  iiientalmeiite.  ossia  una  sensazione  ideale  opposta  alla  sensazione  l'cale  luudotta  dalla 
presenza  dell'oggetto 


PER    GIT-SEPPE    ALLIEVO  15 

Queste  tre  proprietà  dell'intelligenza  sono  governate  dalla  legge  di  associazione,  che 
assume  tre  forme  diverse  corrispondenti.  L'autore  dichiara  di  seguire  i  tre  principii  di 
associazione  ammessi  da  Aristotele,  che  sono  il  cuntrasto,  la  similarità  e  la  contiguità.  La 
facoltà  del  (lisceniiiiirntu  (i  delhi  distiii/inni'  si  mustra  sotto  la  forma  del  jii'incipio  associaute 
del  contrasto,  la  facoltà  deH'Mccordo  sotto  (|U''lla  del  ])rin(i])io  aNsociante  di'lln  similarità, 
la  facoltà  della  i-itentiva  sotto  i|U('lla  di'!  |irinci|iio  di  continuità  (1). 

Qui  mette  bene  avveitiic.  come  lautore.  il  ijuale  abbandonò  siccome  insussistente 
il  processo  metodico  della  suddivisione  dell'intelligenza  in  facoltà  distinte  per  introdurre  il 
metodo  dell'associazione,  siasi  mah'  apposto.  L  associazione  nelle  sue  varie  forme  governa, 
propriamente  parlando,  le  sensazioni  o  stati  psicologici,  su  cui  l'iiitclligfnza  si  esercita,  an- 
ziché l'intelligenza  stessa  nelle  sue  pioprii'tà  fondamentali  :  essa  cioè  è  principio  proprio 
dell'oggetto  cono.scibile.  non  del  soggetto  conoscente,  e  pei-  conseguente  mal  può  essere 
riguardata  siccome  la  cagion  suprema,  etticiente .  uniticatrice  di  tutte  le  operazioni  o  fa- 
coltà intellettuali. 


Della  facoltà  del  discernimento  in  particolare. 

La  facoltà  del  discernimento  i-  ])roprietà  dell'intelligenza,  che  conosce,  che  due  sen- 
sazioni successive  differiscono  tra  di  loid  o  per  iiatuia  o  per  intensità.  Da'es.sa  piglia  suo 
inizio  la  vita  intellettuale.  Sentire  non  è  conoscere,  ma  geiinina  il  conoscere.  Uno  stato 
psicologico  è  sensazione,  se  caiatterizzato  da  piacere  o  dolore,  è  conoscenza,  se  distinto 
mentalmente  dagli  altri  stati  od  impressioni,  da  cui  dift'erisce.  Perù  non  tutte  le  guise  di 
sensazioni  posseggono  la  niedesima  attitudine  ad  essere  intellettualizzate.  Nella  sensibilità 
della  vita  oi'ganica  il  sentimento  (biniina  (piasi  esclusivo  e  pressocliè  nulla  partecipa  del- 
l'intelligenza. Nel  gusto  e  nell'odorato  il  senso  tìsico  e  la  facoltà  intellettuale  si  mostrano 
(piasi  in  ]iroporzi()ne.  Nel  tatto  e  più  ancor;i  nell'udito  e  nella  vista,  sensi  noliiiissimi  anzi 
ogni  altro,  appariscono  le  sensazioni  intelicttnaii  propriamente  dette,  sicché  i  sentimenti 
nostri  meritano  il  nome  di  intellettuali  nelbi  misura,  in  cui  ci  ('•  dato  notarvi  delle  differenze. 
Le  cose  ci  vengono  conosciute  dalle  sensazioni  caratteristiche,  che  ne  abbiamo.  Noi  non 
conosceremmo  vermi  essere  umano,  se  tutti  gli  uomini  iiroducessero  sopra  di  noi  identiche 
impressioni. 


(lì  Non  reputo  fuor  di  prnposilo  il  ricordalo,  che  rpipste  tre  medesime  leggi  di  associazione  diret- 
tive delle  rappresonlazioni  itiloUettu.ili  e  dei  pensieri  si  trovano  esposte  pressoclin  negli  stessi  termini 
B  chiarito  r|iKisi  cogli  .«tessi  esempi  in  un'operetta  filosofica  pubblicala  fin  dal  t82'J  a  (ìinevra  .  col 
titolo:  Kfsni  sio-  In  rnison,  par  Honri-Kerd.  De  LaRscuk,  e  che  credo  non  sia  caduta  sott'occhio  art 
A.  Bajn.  «  l,e  leggi  dell'associazione  delle  iap|iresenlazioni  ivi  si  leggo  a  pag.  22)  si  riducono  alle 
"  tre  seguenti  :  1"  La  lei/gc  della  rnssomiglianza :  tutte  lo  rappresentazioni  elio  .?i  rassomigliano  (cine 
«  che  hanno  un  carattere  comune)  si  associano  insieme; 

«  l'"  Ln  hgge  dd  controsto  o  de'  rontrnrii  :  rappresentazioni  contrarie  si  associano  insieme.  Due 
"  oggetti  in  contrasto  si  suscitano  reciprocamente  ,  pn-  guisa  che  tutti  e  due  divenlano  spiccali  ;  ad 
«  esempio  il  turpe  ed  il  bollo,  il  diritto  ed  il  curvo,  il  liianco  ed  il  nei'O  ,  ecc. 

«  lì"  Ln  legge  dello  coesistenza  degli  oggetti  nello  spa:io  e  della  loro  successione  nel  tempo  :  lo 
"  r.ip|)re.sentazioni  di  oggetti  coosistenli  nello  spazio  a  succedenlisi  nel  tempo  si  associano  insieme: 
"  parimente  ancora  esse  si  associano  colle  rappresentazioni  del  luogo  e  dell'istante  stesso,  in  cui  essi 
•  oggetti  si  mostrarono  » 


16  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    Di    A.    BAIX 

Ma  in  che  modo  hi  rita  intellettuale  si  schiude  dal  sentire  mercè  il  discernimento,  o 
rapperc«zione  della  differenza?  Se  gli  oggetti  circostanti  facessero  sopra  di  noi  una  im- 
pressione sola  ed  uniforme,  o  le  sensazioni  ci  venissero  in  folla  dal  mondo  esterno  ma  tutte 
egualmente  intense,  indiscernibili  e  quasi  confuse  insieme,  come  accad(>  al  fanciullo  nella 
pi'imissima  infanzia,  noi  vivremmo  la  vita  puramente  tisiologica.  sentirenmio.  ma  il  nostro 
sentire  non  sarebbe  punto  un  conoscere.  Ma  ([uando  ad  una  nostra  sensazione  succede  più 
o  meno  rapida  un'altra,  la  ((ualc  differisca  dalla  prima  o  ])cr  natura  o  per  intensità, 
allora  il  contrasto  fra  le  due  sensazioni  sveglia  in  noi  la  coscienza,  si  pas.«a  dalla  vita 
tisiologica  alla  vita  ])sicliica  o  mentale  pi'opriameiite  detta,  la  conoscenza  è  sorta,  l'n 
cangiamento  d'impressione  è  coiulizione  necessaria  di  ogni  coscienza,  ecco  il  principio  di 
relatività  ai)plicato  all'intelligenza:  ogni  cosa  è  conosciuta  mercè  la  sua  opposta,  ecco  l'as- 
sociazione di  contrasto,  che  corrisponde  alla  prima  facoltà  intellettiva,  il  discernimento. 
E  egli  vero,  che  uno  stato  psicologico  invariabile  od  uniforme  escluda  la  coscienza  e  non 
possa  essere  oggetto  di  conoscimento?  Lo  sostiene  l'autore,  nui  è  un  pronunciato,  che  può 
essere  controverso.  Lasciando  da  parte  siffatta  questione,  passiamo  a  chiarire  il  princiiùo 
di  relatività,  e  l'associazione  di  contrasto. 

La  coscienza  sorge  pel  cangiamento  d'impressione  o  di  stato  psicologico ,  e  conse- 
guentemente ogni  nostra  conoscenza  s'inizia  da  una  differenza.  A  noi  non  e  dato  cono- 
scere il  calore  se  non  mercè  il  passaggio  dal  freddo  al  caldo.  Nessuna  cosa  conosciamo  in 
se  stessa,  ma  la  diffeienza  soltanto  tra  essa  ed  altra  cosa.  L'a.ssoluto  .  ossia  l'in  sé 
degli  esseri  sfugge  alla  nostra  apprensiva.  La  notizia  del  caldo  riesce  ad  un  contrasto  tra 
di  essa  e  la  notizia  del  freddo  che  l'ha  preceduta.  Ogni  cosa  concepita  implica  un'altra,  che 
le  stia  opposta.  La  luce  implica  le  tenebre,  il  bene  implica  il  male.  In  ultima  analisi  la 
conoscenza,  come  la  coscienza,  è  un  passaggio  da  uno  stato  ad  un  altro,  ed  i  due  stati 
sono  contenuti  nell'atto  che  conosce  l'uno  e  l'altro.  8e  adunque  senza  cangiamento  non 
si  dà  conoscenza,  è  cliiaio  che  il  principio  o  la  legge  di  relatività  applicata  al  pensiero  si 
converte  nella  facoltà  intellettuale  denominata  discernimento,  ciò  è  dire  nell'appercezione 
della  differenza,  la  quale  apparisce  cosi  il  primo  degli  elementi,  anzi  l'e.sordio  dell'intel- 
ligenza. 

Questa  dottrina  del  Bain.  che  fonda  la  conoscenza  sul  prhicipio  di  relatività,  mi  pare 
disforme  dal  vero,  quando  s'intenda  di  ammettere  un  relativismo  universale  nell'ordine 
del  sapere.  Dire,  che  nessuna  cosa  conosciamo  in  sé  stessa,  ma  soltanto  la  relazione  di  diffe- 
renza tra  l'unae  l'altra  cosa,  è  una  proposizione,  che  si  lisolvt!  nel  niente,  poiché  se  io  ignoro 
la  natura  costitutiva  di  due  termini,  mi  torna  impo.ssibile  sentenziare  in  che  l'uno  differisca 
dall'altro,  ed  ammettere  una  relazione  fra  ameiulue  torna  ad  un  medesimo,  che  ammettere 
una  relazione  fra  due  zero,  vai  quanto  dire  una  relazione  affatto  nulla  e  campata  in  aria. 
Poniamo  che  non  si  conosca  ])er  niente  quel  che  sia  in  sé  lo  spirito,  e  quello,  che  la  ma- 
teria, ogni  relazione,  che  io  stabilisca  tra  l'uno  e  l'altra,  tìnirà  nell'ignoto  anch'essa.  Altra 
difficoltà  insorge  contro  la  teorica  dell'autore.  Hgli  fa  iniziare  la  conoscenza  dal  cangia- 
mento, ossia  dalla  dift'erenza.  che  la  mente  riconosce,  tra  lo  stato  precedente  di  coscienza 
ed  il  nuovo  stato,  che  gli  succed(\  Ora  luna  (K'ile  ihie:  od  io  conosceva  la  sensazione 
preesistente  a  quella,  che  succede,  o  no.  Nel  primo  caso,  non  é  dunque  vero  che  la  cono- 
scenza esordisca  dal  discernimento  ossia  dall'appercezione  della  differenza:  nel  secondo 
taso ,  mi   riesce  impo.ssibile  rilevare  ed   affermare ,  che   la  susseguente  differisce  dalla 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  17 

precedente.  Io  passo  a  ragion  d'esempio  dall'impressione  del  color  bianco  a  quella  del  nero  : 
come  potrò  dire,  che  il  nero  differisce  dal  bianco,  se  già  non  conosco  il  color  bianco  ? 
Che  fie  già  lo  conosco,  non  è  più  necessario  il  passaggio  dall'uno  all'altro.  Malgrado  queste 
critiche  osservazioni,  evvi  un  senso  di  verità  nel  principio  di  relatività,  di  cui  discoriiamo. 
ed  esso  è  che  i  pensieri  e  le  conoscenze  sono  fra  di  loro  collegate  da  logiche  relazioni.  Iso- 
liamo una  determinata  idea  da  tutte  le  altre  in  modo  assoluto,  ed  essa  cesserà  di  essere 
oggetto  dell'  intelligenza.  Supponiamo  distrutte  nella  nostra  mente  lo  conoscenze  geome- 
triche tutte  quante,  tranne  la  sola  idea  del  circolo,  e  questa  sparirà  ben  tosto  anch'essa  nel 
vuoto  insieme  con  tutte  le  altre. 

Spiegando  il  principio  associante  del  contrasto,  l'autore  così  si  esprime  :  «  Nulla  di 
pili  naturale,  quando  consideriamo  una  proprietà,  che  la  disposizione  a  ritornare  all'altra 
proprietà,  che  contrasta  colla  prima,  l'opposto  di  essa,  la  cosa,  che  si  nega,  quando  si  afferma 

la  prima I!  fjravdi'  non  è  tale,  se  non  perchè  evvi  cosa,  che  è   non  grande,  ossia 

piccola  :  anche  quando  ci  pare  di  non  considerare  se  non  la  sola  proprietà  della  gi'andezza, 
abbiamo  iv/plicifa  nello  sjìirito  la  proprietà  della  piccolezza,  ossia  l'alternativa.  Quando 
passiamo  da  un  termine  di  contrasto  all'altro,  entrambi  devono  es.sere  presenti,  benché 
soltanto  l'uno  di  essi  sia  pel  momento  un  oggetto  di  considerazione  esplicita...  .  Pensando 
al  giusto,  dobbiamo  avere  nello  sjiirito.  ma  sotto  una  forma  meno  evidente,  la  nozione  di 
cosa  contraria  al  giusto  :  e  quando  ci  proponiamo  di  formarcene  un'  idea  più  chiara ,  ci 
mettiamo  per  poco  a  considerare  esplicitamente  le  cose  non  giuste ,  per  ritornare  poi  al 
concetto  del  giusto  (op.  cit..  pag.  522)  ».  Queste  parole  ci  i-isvegliano  in  niente  la  teorica 
hegeliana,  che  fonda  il  jnocesso  del  pensiero  nella  contraddizione  :  nni  mentre  il  filosofo  di 
Sttttgarda  identifica  i  contraddittorii  in  un  terzo  termine  dialettico  superiore,  il  Bain  e  con 
esso  il  senso  comune  dell'umanità  tutta  quanta  li  differenzia  radicalmente.  Gli  è  vero,  che 
i  contraddittori!  sono  inseparabili  nel  pensiero,  in  quanto  l'uno  non  può  es.sere  pensato  senza 
l'altro,  ma  è  vero  altresì,  che  se  l'uno  di  esso  è  affermato  dal  pensiero,  l'altro  è  negato. 
Quanto  poi  al  Bain  in  particolare,  giova  avvertire  che  il  principio  di  relatività  non  sempre, 
ne  tutto  si  fonda  sul  conti-asto .  potendo  il  pensiero  procedere  da  uno  ad  altro  termine 
differenti  bensì,  ma  non  opposti,  come  sarebbero  virtù  e  bellezza.  Egli  avverte,  che  di  due 
termini  opposti  l'uno  è  pensato  in  modo  esplicito  .  l'altro  in  forma  implicita,  e  che  la 
cognizione  dell'uno  si  chiarisce  e  si  consolida  dalla  cognizione  dell'altro.  L'avvertenza  è 
giusta  allora  soltanto  però,  che  si  tratti  di  due  termini  opposti  contrarii,  ma  non  contrad- 
dittorii; poiché  gli  opposti  contraili  sono  entrambi  positivi  (ad  esempio  sjiinto  e  water ia), 
epperò  si  chiariscono  mutuamente;  in  (|uella  vece  gli  opposti  contraddittorii  essrrr  e  uoii- 
essere,  scurito  e  non-spirito)  sono  l'uno  positivo,  l'altro  una  mera  negazione  del  primo, 
né  il  secondo  potrà  mai  chiarire  il  primo,  come  le  tenebre  non  possono  aggiungere  chiarore 
alla  luce. 

Osserva  l'autore,  die  la  necessità  inerente  ad  ogni  idea  di  compiersi  merce  il  suo  con- 
trario genera  l'amore  delhi  contraddizione  nel  fervore  delle  discussioni;  che  l'artista  ravvisa 
nel  contrasto  un  validisisimo  mezzo  per  dare  vita  e  moto  al  suo  capolavoro:  che  l'in.se- 
gnante  e  lo  scienziato  si  giovano  dell'antitesi  e  della  contrapposizione  (1)  per  compiere  un 
pronunciato   secondo  la  legge  fondamentale  della  conoscenza  ;  che  anche  gli  altri  due 


(l)  Questa  considerazione  del  Hain  ci  ricorda  la  massima  :  Upposila  juxta  se  posila  ntagis  elucescunt. 

Sekie  II.  Tom.  XXXIV.  3 


18  ESPOSIZIONE    TRITICA    PEU.E    DOTTRINE    PSICOI-OOICHE    PI    A.     BAIN 

principii  di  associazione  tlpirintelligenza.  la  similaiità  e  la  pontiguità  concorrono  ad  agevo- 
larci il  passagpo  dall'imo  aHaltni  termine  del  rontiasto.  Infatti  per  quel  che  riguarda  la 
similarità,  è  aiitim  iiroiiiinciato.  ciu-  i  ciiiitrarii  lianiio  alcuni  punti  ili  cdinnnanza.  Dove 
niente  evvi  di  comune,  là  non  j)uò  esservi  ii]»i)osizionc.  Noi  o)iponiam(i  una  stiada  lunga  ad 
unatirevc.  non  già  ad  un  suono  fragoi-oso  :  poniamo  incontrasti)  il  bianco  ed  il  nero,  perchè 
entrambi  sono  moditicazioni  della  luce,  e  convengono  nel  medesimo  genere,  il  colore.  Edio 
avverto  qui  in  proposito,  clic  iiiale  si  appongoni)  alciiiii  iiitici.  i  (|uali  attribuiscono  alla 
metafisica  di  Cartesio  un  dualismo  assoluto .  come  se  egli  niegjis.se  qualunque  punto  di 
comunanza  tia  lo  sjiirito  e  la  mateiia.  mentre  egli  non  diiiiega.  che  siano  amendue  oggetto 
del  pensiero,  che  amendue  siano  sostanze,  che  amendue  al)biano  per  cagione  ettìciente  e 
suprema  Iddio.  l>a  questi  eseni]ii  ci  |>are.  come,  secondo  il  Haiu  .  la  legge  di  similarità  si 
congiunga  coli 'associazione  del  contrustn.  r  clic  la  facoltà  stessa  della  rassomiglianza  abbia 
virtù  di  liberare  lo  spiiito  ibi  no/ioni  contiaddittorie.  ponendo  a  faccia  a  faccia  le  opinioni 
che  cozzano  fra  di  loro.  Kd  anche  l'altio  principio  associante  della  contiguità  interviene  nel 
processo  del  contrasto:  giacche  il  |)ensiero.  ()er  mia  certa  qual  abitudine  contratta,  raccoglie 
in  coppie  distinte  i  varii  opjiosti.  bene  e  mah',  virtù  e  vizio,  grave  e  leggiero,  e  via  discor- 
rendo, e  quindi  passa  senza  qua-si  avvedersene  e  cmne  se  fossero  immediatamente  contigui 
dall'uno  all'altro  dei  due  termini  di  ciascuna  serie.  Qui  io  direi,  che  gli  estremi  si  toccano. 


Della  facoltà  dell'accordo 

In  mezzo  alla  differenza  delle  impressioni  lo  spirito  umano  apprende  la  rassomiglianza 
mercè  la  facoltà  dell'accordo,  la  quale  ha  per  proprio  di  accomunare  ed  identificare  una 
sensazione  presente  con  altra  pa.ssata .  separata  dalla  prima  per  un  intervallo.  Quindi 
mentre  le  sensazioni,  di  cui  la  facoltà  discriminativa  apperc^pisce  la  differenza,  si  succedono 
l'una  all'altra,  quelle,  di  cui  la  facoltà  unificatricp  ricono.sce  la  rassomiglianza,  non  sono 
successive,  ma  separate  da  parecchie  altre  sensazioni  intennedie.  Veggo  un  fiore,  e  m'  ac- 
corgo, che  l'imprcssionp.  phe  ne  provo,  è  identica  con  un  gran  numero  di  impressioni  ante- 
riori prodotte  in  me  da  molti  altri  oggetti  consimili,  e  tutte  le  i-accolgo  in  una  cla.sse  comune 
designata  col  nome  di  fiore,  ('onoscere  nn  oggetto  torna  allo  stesso,  che  classificarlo,  ossia 
riferirlo  al  genere  di  cose,  a  cui  appartiene,  dopo  di  averlo  distinto  da  tutti  gli  altri,  da  cui 
differenzia.si.  Cosi  la  facoltà  o  senso  dell'accordo  intimamente  si  compenetra  con  la  facoltà 
o  senso  del  discernimento  in  tutte  le  operazioni  del  })eiisiero.  e  dalla  loro  sintpsi  emerge  la 
natura  della  conoscenza.  Però  mentre  la  facoltà  del  discei-nimento  è  governata  dal  principio 
af;sociante  del  contrasto,  quella  dell'accordo  è  retta  dalla  legge  o  ynincipio  a.s.sociante  di 
similarità  cosi  forniolato:  le  azioni,  le  sensazioni,  i  pensieri  e  le  emozioni  pi'esenti  tendono 
a  ravvivare  quelle,  che  loro  rassomigliano  fra  le  impiessioni  o  stati  psicxdogici  anteriori. 

Io  convengo  col  Baili  nel  riconoscere,  che  il  discernere  e  l'accordare,  ossia,  come 
suol  dirsi  comunemente,  distinguere  ed  nnii-e  sono  le  due  supreme  funzioni  di  nostra  intel- 
ligenza :  avverto  inoltre,  che  le  opinioni  e  le  dottrine  enonee  risiedono  tutte  t|iiaiite  o  nel- 
l"a,ssociare  cose  eterogenee  o  nel  dissociare  cose  omogenee,  ed  iiggiungo.  che  il  panteismo 
sacrifica  le  differenze  alle  rassoniigliaiizi'.  spingendo  l'unione  fino  ad  universale  identità  o 
confusione  degli  cs.seri.  mentre  il  dualismo  ruina  nell'estremo  oppostospingendo  la  distinzione 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  IP 

tino  alla,  se])ara/,i()iic  assnlutii.  Ma  in  mi  discosto  dalla  tooiica  dell'autore  intorno  la  facoltà 
dell'accordo.  In  sua  sentenza,  a  conoscere  un'impressione  od  uno  stato  psicologico  occorre 
riferirlo  al  gruppo  degli  stati  psicologici  anteriori,  che  gli  rassomigliano,  e  con  essi  identi- 
ficarlo. Ma  e  gli  stati  psicologici,  che  lo  precedettero,  in  che  modo  mai  vennero  conosciuti? 
Per  mezzo  di  altri  stati  anteriori,  se  gli  è  vero,  come  sostiene  l'autore,  che  conoscere  è  un 
classificare,  ossia  ricondurre  l'impressione  jjresente  a  quella,  od  a  (pielle  impressioni  ante- 
riori, che  le  rassomigliano.  Di  qui  io  cosi  argomento;  0  voi  risalite  da  impressioni  anteriori 
ad  altre  sempre  anteriori,  ed  allora  vi  sman-ite  in  un  processo  all'infinito  senza  mai  ritro- 
vare le  prime  origini  della  conoscenza:  o  vi  fermate  ad  un'impressione  anteriore  assoluta- 
mente prima,  ed  allora  questa  fu  conosciuta  senza  riferirla  ad  altra  consimile,  e  non  regge 
più  la  sentenza:  conoscere  è  classitìcaie.  Contro  della  quale  vale  altresì  questa  ragione, 
che  non  tutte  le  co.se  conoscibili  o  conosciute  sono  classitìcaltili.  Iddio,  perchè  infinito,  non 
appartiene  a  veiiina  classe  di  esseii.  eppure  è  coimscinto.  come  per  l'opposto  l'essere  inde- 
terminatissimo  .  spoglio  di  ogni  attributo  vuoi  gciieiico.  vuoi  specifico,  non  ammette  nò 
sopra  di  sé,  né  oltre  di  sé  una  classe  di  cose,  a  cui  pos.sa  riferii'si.  eppure  ne  abbiamo  cono- 
scenza :  egualmente  ciascun  individuo,  come  tale,  non  fa  classe,  é  lui.  e  nienfaltro  che  lui  ; 
di  ciascuno  di  noi  non  ve  n'é  che  un  solo  in  tutta  F immensità  degli  esseri:  eppure  V  iu 
conosce  .sé  stesso. 

Ril)igliando  ora  l'esposizione  della  teorica  del  Bain  intorno  la  facoltà  dell  accordo  ed 
air  associazione  ili  similarità,  egli  avverte,  che  l'identità  tra  la  sensazione  presente  o  reale 
e  la  sensazione  passata  o  ideale  può  essere  jierfetta  .  ed  allora  emerge  da  sé  istantanea  e 
sicura,  od  imperfetta  e  parziale  (come  quando  nell'attuale  impressione  di  un  oggetto  la 
forma  primitiva  giace  oscurata  o  velata  da  elementi  estranei),  ed  in  questo  caso  riesce 
alquanto  perplessa  e  di  difficile  scoprimento,  (ili  ostacoli,  che  si  frappongono  al  risveglio 
delle  impressioni  passate  fondate  sulla  similaiità.  possono  piovcnire  o  dalla  debolezza  delle 
sensazioni,  o  dalla  loro  diversità:  e  l'autore  discorre  queste  due  guise  di  ostacoli,  riscon- 
trandoli passo  passo  nei  movimenti  molteplici  dell'attività  spontanea,  poi  nelle  diverse  sen- 
sazioni della  vita  organica  e  nei  singoli  sensi  tìsici  esterni,  non  senza  avvertire,  che  la  facoltà 
di  riunire  le  cose  simili  malgrado  le  loro  accessorie  dissomiglianze  presenta  una  divei-sa 
impronta  e  spiega  diversa  energia  secondo  il  carattei'e  luiturale  dell'individuo. 

La  facoltà  dell' accendo,  .sicccmie  quella,  che  .scopre  le  rassomiglianze  e  le  analogie- 
delie  cose  in  mezzo  alle  loro  differenze,  viene  dall'autore  riguardata  (|uale  facoltà  inventiva, 
e  r associazione  di  similaiità  siccome  fonte  delle  scoperte  i(h'ali.  All'esercizio  di  questa 
facoltà  identificatricc  é  dovuta  primamente  la  classificazione  volgare  e  superficiale  degli 
oggetti  naturali,  poi  la  classificazione  più  razionale  e  nuova  di  cose  già  classificate.  L'uomo 
di  senso  comune  aggrega  insieme  le  impressioni  de'  diversi  sensi,  la  sensibilità  organica  col 
gusto.  coU'odorato.  col  tatto,  colla  vista  e  coH'ndito.  cogliendo  l'identico  nel  vano,  e  com- 
pone altresì  insieme  in  classi  gli  oggetti  artificiali,  giusta  l'uso,  cui  servono,  e  la  loro  pra- 
tica utilità,  come  utensili,  strumenti,  macchine.  Lo  scienziato  poi  riconosce  l'identità  degli 
oggetti  naturali  non  solo  per  rispetto  alle  loro  imiìiessioni  sensibili .  ma  altresì  le  loro 
proprietà  recondite  vedute  dalla  mente,  e  ])i(igii'disc('  dalle  classificazioni  arbitrarie  ed 
estrinseche  alle  razionali  ed  intrinseche,  dalle  invenzioni  della  meccanica  alle  scoperte  della 
chimica.  Così  dalla  divisione  aristotelica  degli  animali  in  acquatici,  terrestri  ed  aerei  ai  fece 
passo  a  quella  di  Cuvier  :  dall'  antica  divisione  del  regno  vegetale  iu  albeii  ed  arbusti  a 


20  ESPOSIZIONE    CBITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIN 

quella  di  Linneo.  C'osi  il  Davy  scoperse  nella  soda  e  nella  potassa  una  sostanza  metallica, 
appoggiato  a  rassomiglianze  meramente  intellettuali,  ed  il  Goethe  intravide  un'analogia  tra 
il  fiore  e  la  pianta  tutta,  e  1'  Okon  riconobbe  nella  foglia  la  pianta  non  solo .  ma  raffron- 
tando fra  di  loro  le  diverse  parti  di  ciascun  individuo  nel  regno  animale  fu  condotto  alla 
scoperta  delle  omoìogie .  ossia  identità  di  stiuttura  di  tutti  gli  animali  vertebrati .  di  cui 
ne  porge  esempio  la  conispondenza  tra  le  braccia  dell'uomo  e  le  gambe  anteriori  dei  qua- 
drupedi, tra  le  ale  degli  uccelli  e  le  pinne  natatorie  dei  pesci. 

Fin  qui  si  è  contonijìlata  la  facoltà  assimilatrice.  che  raggi'uppa  in  classi  sempre  più 
razionali  una  pluralità  di  oggetti  insieme  collegati  dal  vincolo  di  coesistenza .  che  perciò 
producono  impressioni  simultanee  sui  nostri  sensi  molteplici.  Ma  la  potenza  intellettiva,  di 
cui  discorriamo,  si  dispiega  ben  anco  raccogliendo  l'identico  ed  il  comune  fra  la  varietà 
delle  sensazioni,  che  in  noi  si  succedono  alla  presenza  degli  oggetti  esterni.  Di  queste  suc- 
cessioni altre  sono  ])eriodiche  o  ciclicle .  come  quelle  delle  stagioni,  delle  maree,  dei  rivol- 
gimenti (cle.sti.  altre  evolutive,  come  le  diverse  fasi,  che  percoire  un  vivente  nel  suo  pro- 
gressivo sviluppo  oi'ganico.  ])ui'  rimanendo  sostanzialmente  identico  a  se  stesso.  La  storia 
medesima  dell"  umanità  r  un  immenso  insieme  di  successioni  infinitamente  varie  ne'  loro 
aspetti.  Saper  rintracciare  le  vere  rassomiglianze  in  mezzo  ai  mutamenti  profondi .  che  si 
succedono  nei  periodi  storici  dell'umanità  è  1'  iitticio  più  grave  e  più  aiduo  della  filosofia 
della  storia;  ed  i  paralleli  storici  di'"i)('rio(li  critici  e  delle  grandi  catastrofi  sociali  porgono 
alla  facoltà  dell'identificazione  un  campo  stupendo  e  sempre  nuovo  in  cui  dispiegaci.  Sotto 
questo  riguardo  contemplarono  la  storia  umana  Aristotele.  Vico.  Montesquieu,  fermi  nel 
concetto,  che  le  istituzioni  politiclie  e  sociali  delle  nazioni  e  delle  stirpi,  sotto  la  loro 
varietà  apparentemente  infinita .  nascondono  un  sostrato  identico  e  comune. 

Evvi  poi  un  genere  di  successioni .  dove  il  conseguente  dipende  dal  suo  antecedente, 
e  ne  è  un  jiortato  :  h  la  relazione  scientifica  di  causa  e  di  effetto.  11  vincolo  di  continuità 
esiste  pur  anco  tra  due  fenomeni,  che  ai  no.stri  sensi  appariscono  assai  discrepanti  (come  a 
mo'  d'esempio  la  combustione  e  la  ruggine)  :  ma  se  esso  non  viene  appreso  dalla  percezione 
comune  ed  ordinaria  ben  si  rivela  agli  spiiiti  ])enetiativi.  che  giungono  a  scoprire  la  ras- 
somiglianza de"  due  fenomeni  introducendo  tra  l'uno  e  l'altro  un  fenomeno  intermediixrio. 
che  li  l'icongiunga  sotto  una  medesima  causa  comune.  Alla  scienza  induttiva,  tutta  intenta 
a  rintracciare  le  cagioni  de'  varii  fenomeni .  abbisogna  una  intelligenza  dotata  di  una 
potente  facoltà  identitìcatiice  a  fine  di  risolvere  i  suoi  problemi. 

La  facoltà  dell' accordo  spiega  più  ampia  e  j)iù  profonda  la  sua  virtù  inventiva  nel 
campo  della  scienza,  e  l'autore  contempla  gli  effetti  della  similarità  nelle  divei-se  operazioni 
scientifiche,  l'astrazione,  rinduzionc  la  deduzione,  l'analogia.  Queste  funzioni  intellettuali 
convengono  nell'aver  comune  la  natura  di  ragionamento,  ma  div(>rsano  quanto  alla  forma 
propria  di  ciascuna. 

Astrarre,  in  sentenza  dell'autore,  è  identificare  più  soggetti  differenti  mercè  qualciie 
tratto  comune,  il  quale  viene  riguardato  siccome  un  soggetto  distinto  di  pensiero.  A  ragion 
d'esempio,  i  fiumi  molteiilici .  che  caddero  sotto  la  nostra  osservazione .  in  mezzo  ad  una 
considerevole  diversità  di  circostanze,  presentano  al  pensiero  una  forma  comune,  e  tutti  si 
riuniscono  nello  spirito  non  già  come  una  miscela  di  cose  insieme  aggregate,  bensì  come 
una  chis.sc  stretta  da  un  legame  comune.  Quindi  l'asti'azione.  quale  la  intende  il  Bain.  ap- 
parisce priuuimento  una  classificazione  formata  di  caratteri  raccolti  insieme,  secondameut* 


PER   GIUSEPPE    ALLIEVO  21 

m\?i  ficnerdìizzazlonc  o  nozione  generale,  concetto  od  idea   astratta   (come    nel  citato 
esempio  il  fiume  in  genere  od  astrattamente  considerato)  :  in  terzo  luogo  V  applicazione 
(li  tin  nome  genrraìe  alla  classe;  da  ultimo  una  (Iffniizione,  con  cui  si  esprimono  mercè  il 
linguaggio  i  tratti  somiglianti  e  le  proprietà  comuni  della  classe.  L'  autore  scorge  nella 
definizione  la  più  elevata  forma  dell'  idea  astratta .  che  ci  .serve  di  tipo,  a  cui  raffrontare, 
gli  oggetti,  che  rientrano  in  una  classe:  ma  non  mi  pare,  che  l'astrazione  possa  da  sé  sola 
costituire  una  definizione,  essendoché  questa  non  abbraccia  soltanto  il  comune,  ma  altresì 
il  proprio,  ossia  il  genere  prossimo  e  la  differenza  specifica .  e  talvolta  esclude  il  concetto 
comune,  generale  ed  astratto  e  tutto  si  fonda  sul  ))ro))rio  o  sul  concreto ,  come  sarebbe  la 
definizione  di  Dio.  Discorrendo  della  nozione  generale  od  astratta,  e  quindi  del  nome  gene- 
rale ad  essa  a])plicato  l'autore  si  trova  di  fronte  alla  gran  questione,  che  agitò  in  sensi  di- 
versi tutta  quanta  la  Scolastica,  voglio  dire  la  controveisia  tra  il  realismo,  il  concettualismo 
ed  il  nominalismo  intorno  la  natura  delle  idee  generali  od  astratte.  Ei  riconosce  quanto  sia 
malagevole  compito  quello  di  detemiinare  la  schietta  e  genuina  indole  dell'elemento  men- 
tale chiamato  idea  astratta,  nozione  o  concetto,  ed  avverte,  che  la  dottrina  oggidì  preva- 
lente si  avvicina  ])iù   o  meno  al  nominalismo;  ma  a  me  è  sempre  parsa  sentenza  tra  le 
strane  stranissima  quella  di  voler  convertire  concetti  mentali  in  vocaboli  puri  senza  verun 
significato,  quasiché  un  vocabolo  fiualun(|uc  possa  venire  formato  od  adoperato  senzachè 
esprima  qualche  idea  od  operazione  della  mente.  Si  potrà  muover  questione  se  le  idee  uni- 
versali godano  di  una  l'ffettiva  sussistenza  in  natura,  come  sostengono  i  realisti,  o  non  piut- 
tosto siano  concetti  iiieraiiicnti'  soggettivi  di  nostra  mente,  cui  nulla  risponde  in  realtà,  ma 
ridurli  a  vani  vocaboli  (h'stituiti  di  ogni  significato  ideale  è  un  rinnegare  la  natura  mede- 
sima e  la  ragion  d'essere  deirmiiano  linguaggio. 

11  ragionamento  astratto,  nota  l'autore,  abbisogna  mai  sempre  di  una  moltitudine  di 
casi  particolaii.  su  cui  esercitarsi.  A  ragionare  sulla  giustizia  riguardata  nella  sua  astratta 
generalità  occorre  ranunentare  un  numero  conveniente  di  azioni  giuste  avendo  l'occhio  ai 
caratteri  connotati  dal  vocabolo  giustizia,  escludendone  gli  altri,  che  non  vi  sono  compresi. 
Qualche  volta  si  riesce  a  considerare  in  modo  esclusivo  un  solo  caso  particolare  concreto: 
ma  è  questo  il  piti  sublime  conato  di  astrazione,  onde  sia  ca])ace  lo  spirito  umano. 

Dall'astrazione  l'autore  fa  passo  all'induzione,  la  iiuale.  sebbene  sia  anch'essa  un'opera- 
zione generalizzatrice,  che  perciò  si  fonda  sulla  facoltà  assimilativa,  tuttavia  riesce  pifi  ardua 
e  più  laboriosa,  ma  segna  per  ciò  stesso  un  progresso  nell'ordine  delle  scoperte  ideali,  essen- 
doché le  generalizzazioni  induttive  appariscono  più  complesse  delle  astrattive.  Infatti  nel- 
r  astrazione  si  generalizza  una  proprietà  unica  isolata  dalle  altre  e  comune  ad  un' intiera 
classe  di  cose,  o  se  puie  le  ])roprietà  sono  |)iù  di  una.  si  fondono  iiisicnu!  in  una  sola  unità, 
come  si  può  scorgere  nella  definizione  dell'uomo,  in  cui  la  mentalità  e  la  corporeità  fanno 
un  tutto  unico,  che  é  l'uomo  in  astratto.  Per  contro  l'operazione  induttiva  ne  porge  lo 
scontro  di  due  proprietà  distinte,  insieme  congiunte,  m;i  non  fuse.  Collocando  ad  esempio 
tutti  i  fiumi  in  una  classe  e  definitmdoli  mercé  la  proprietà  comune  a  tutti,  io  u.so  dell'a- 
strazione, mentre  aggiungendo  alla  loro  qualità  comune  ed  astratta  ([uest'altra.  che  i  fiumi 
scavano  il  loro  letto  e  depongono  alluvioni  in  forma  di  delta  al  loro  sbocco ,  compio  una 
induzione,  in  cui  unisco  due  pioprietà  differenti ,  cioè  lo  scorrere  dell'acqua  fiumana  per 
lungo  tratto  di  terra  colla  circostanza  del  deposito  di  alluvione  in  un  sito  particolare.  Di 
qui  il  divario,  secondo  il  Bain.  tra  l'astrarre  e  l'indurre:  l'idea  astratta  di  fiume  espressa 


22  EÌ5P0SIZT0XE    CRITICA    l>KtLE    HOTTRINE    PRICOI.OOICHE    TI    A.    BAIN 

(la  un  nome  generale,  è  una  nozione,  ma  nnu  un  giudizio,  è  una  definizione,  non  però  una 
affermazione,  una  proposizione,  è  un  concetto,  non  i)prò  una  credenza,  una  legge  di  natura, 
ossia  una  costante  coesistenza  di  due  fatti  distinti.  1"  uno  dei  quali,  (piando  .sia  presente, 
basta  senza  jiiù  ad  assicmai'ci  dcdla  ])resenza  dell'altro.  Perchè  si  componga  un'aft'erma- 
zione  generale .  che  poi  espressa  nel  linguaggio  diventa  jiroposizione  .  non  basta  l'idea 
astratta  di  una  sola  proiirictà.  die  costituisce  a])i)iuit(i  una  detinizione:  bensì  occoiTono  due 
proprietà  distinte,  insieme  congiunte  nn^diante  il  verbo,  (jui  io  veggo  ritornare  in  campo 
l'errore  ])iù  su  notato  dell'autore  che  confuse  l'astrazione  colla  definizione,  e  qui  separa 
la  definizione  dalla  induzione,  lo  mi  sto  air(^sempio  medesimo  da  lui  i-iferito.  ('domando: 
alla  proprietà  astratta  e  comune,  in  cui  egli  lipoiic  la  definizione  del  fiume.  |)ercbè  non 
potrò  io  aggiungeiv  in  un  solo  ))ioiiunriat(i  l'alti:!  proprietà,  in  cui  egli  ripone  la  induzione, 
quella  cioè,  che  ha  il  fiume  di  scavare  il  jiroprio  letto  e  foiinaic  un  delta  al  suo  sbocco? 
Ciò  nulla  meno  al  mio  jiionunciato  non  disc(tiiv<'iiel)be  la  natui'a  ed  il  titolo  di  definizione. 
Ampliamento  dell'induzione  è  la  deduzione,  l.i  quale  lia  per  suo  cai'attere  distintivo  l'in- 
ferenza, jìcrclii''  ne  ])oige  una  cognizinne  di  cosa,  che  sorpassa  la  nostra  attuale  esperienza. 
Essa  propriamente  dinun'a  nello  estendere  a  nuovi  fenomeni  le  propi'ietà  già  afterniate  e 
riconosciute  in  altri  fenomeni  jìassati  della  medesima  specie  .  ossia  è  la  seopei'ta  di  una 
perfetta  identità  tia  casi  nuovi  ancoi'a  ignoti  e  ca-^i  antichi  già  conosciuti.  C\  consta  da 
iinmmerevoli  casi,  che  gli  uomini  attraversarono  gli  stadii  successivi  della  nascita,  dell'a- 
dole.scenza.  della  virilità,  della  vecchiaia  segu'ita  da  morte:  ne  inferiamo  clic  (piesta  soi-te 
toccherà  a  tutti  gli  uomini  viventi  di  presente  ed  a  tutti  gli  a  venii-e.  K  chiaio.  che  sifl'atta 
operazione  di  inferenza  od  estensioni^  di  pioprietà.  in  cui  lisiede  la  deduzione,  ha  sua  radice 
nella  facidtà  dell'accordo,  che  identifica  in  un  jìnuto  comune  i  casi  nuovi  e  gli  antichi  .  il 
futuro  col  passato,  il  presente  eoli"  assente.  Sitì'atfa  identificazione  deduttiva  può  seguire 
questo  duplice  processo:  I"  Dato  un  cei  to  numero  ili  fatti  particolari  esemplati  in  una 
legge  di  natura  scoprire  altri  particfdari,  applicandovi  la  legge  per  guisa  da  rivelarvi  nuovi 
caratteri:  così  Newton  dalla  legge  induttiva,  clic  la  combustibilità  di  una  sostanza  va  con- 
giunta con  una  eccessiva  lifrazicme  di  luce,  ne  iiifeii  .  elle  il  diamante  è  sostanza  com- 
bustibile esso  solo  fi-a  tutte  le  ])ietre  ])reziose.  2"  Dato  un  fenomeno  ancora  oscuro  ed  ignoto, 
rischiararlo  co]  mezzo  de' casi  analoghi  n  identici  scelti  fra  i  fenomeni  chiari  e  conosciuti: 
cosi  Franklin  identificò  il  tuono  od  il  folgoi'e  dell'atmosfera  C(dl 'elettricità  quale  si  produce 
colla  macchina  elettrica.  In  amendue  i  i>rocessi  l'oiierazione  intellettuale  èia  stes.sa  :  l'iu- 
fercuza  o  d{!duzione  i'  un  atto  della  facoltà,  clic  identifica  ed  accoi'da. 

L'astrazione,  l'induzione  e  la  deduzione  .sono  le  tre  operazioni  cardinali  della  facoltà, 
che  scopre  e  i-iti'ova  la  rassoniiglianz:!  t'ra  i  casi  ]);iitic()lari.  Ogni  gran  passo  della  scienza. 
che  non  sia  un'()sservazi(me  od  una  espeiienza.  ap|)artiene  di  necessità  all'uno  od  all'altro 
di  que'  tre  atti  intellettuali.  Incontia  pelò  più  di  una  volta,  che  non  essendoci  concesso  di 
pervenii'e  allo  scoprinn'iito  di  um>  veia  identità  o  l'assomiglianza,  dobbiamo  star  jjaghi  ad 
una  semplice  analogia  per  liaiiie  nnu  deduzione  od  inferenza.  Tale  sarebbe  il  caso  di  chi 
paragonasse  lo  stato  colia  famiglia,  e  quindi  trasferisse  al  sovrano  i  doveri  ed  i  jioteri  del 
capo  di  casa.  L'analogia  fra  questi  due  termini  è  grande  :  ma  lagionei'ebbe  assai  torta- 
mente chi  la  spingesse  ad  una  vera  identità,  essendoché  l'analogia  è  relazione  di  rassomi- 
glianza nella  diversità  del  soggetto.  Meno  stretta  sarebbe  l'analogia,  che  intercede  fra  i 
diversi  stadii  evolutivi   di  una  pianta  e  quelli  di   un  animale:  jiiù  remota  sarebbe  ancora 


PER    GlfSEPPE    ALLIEVO  28 

quella  tra  lo  sriluppo  di  un  animale  e  lo  sviluppo  della  mente  umana,  o  lo  sviluppo  della 
umanità  presa  nel  suo  insieme. 

Le  operazioni  intellettuali  tin  iiiii  discorse  niostiano  la  virtù  inventiva  della  facoltà 
dell'accordo.  l;i,  (|uale  nicicè  l'astrazione  identifica  in  una  classe  (ìiìi  differenti  soggetti  sco- 
prendo l'elemento  coniniii'.  incili  convengono:  mediante  l'induzione  congiunge  insieme  due 
proprietà  distinte  e  scopre  una  legge  di  natura  :  c{)lla  deduzione  estende  a  nuovi  casi  ancora 
ignoti  le  proprietà  già  ricono.sciute  in  altri  casi  identici  passati,  scoprendo  nuovi  caratteri 
mercè  l'applicazione  delle  leggi  induttive.  Però  (luesta  teorica  dell'autin-c  soggiace  adalcune 
difficoltà  oltic  a  (|uell('  già  sollevate.  L'astrazione  non  precede  l'induzione,  ma  vi  è  impli- 
cata, perche  non  Milo  a  t'ormare  classi  di  più  soggetti  ditt'ei-enti  occoi'i-c  l'astrazione,  che 
scopra  il  loro  elemento  couiune  isolandolo  dalle  (|ualità  pi-opiie  e  peculiaii  .  ma  ben  anco 
a  scoprire  merc'è  l'induzione  una  legge  di  natura  necessita  l'uso  della  facoltà  asti-attiva,  la 
quale  raccolga  e  fermi  il  tiatto  comuni'  a  più  fenomeni  pai'ticolari.  lasciando  da  parte  le 
circostanze  («l'atteiisticlie  <•  |iiopiic  di  ciascuno.  Oltreccliè  la  deduzione  non  è  tutta,  come 
sentenzia  il  Baio.  iicirainpIiHre  una  legge  di  natiiia  estendendola  a  nuovi  particolari  non 
caduti  sotto  la  nostra  espeiienza  .  ma  si  esercita  iien  anco  nello  esplicare  da  un  pnncipio 
genei'ale  conseguenze  in  esso  implicate. 

L'efficacia  della  similarità  si  manifesta  non  soltanto  ir'H' ordine  della  scienza ,  ma 
altres'i  nel  giro  della  vita  pratica,  ossia  nell'invenzione  e  nel  culto  delle  belle  arti,  e  nel 
governo  degli  att'ari  pubblici  e  privati.  Mercè  la  fai^oltà  dell'accordo  l'artista  si  procaccia 
buona  copia  di  impressioni  esteticlie  ricliiaiiiando  aH'iiojio  tutto,  die  somiglia  in  qualche 
modo  all'oggetto,  che  ha  sott'occhio.  L'intelligente  ed  esperto  amministratore,  che  abbia 
tramano  il  disbrigo  dj  una  faccenda,  ricorrecol  pensiero  ad  al  tra  passata,  che  le  corrisponda, 
e  da  questa  piglia-  nonna  ed  indiii/.zo  per  lo  scioglimento  <li  i|uclla  :  e  se  l'esperienza  non  gli 
soccorra  dirittamente  ali  uopo,  rintiaccia  i|ualclie  analogia  più  o  meno  i-emota  che  possa 
avere  con  altre  guise  di  faccende:  in  entrambi  i  casi  spic'gu  una  forza  identificatrice  non 
ordinaria.  Jia  grande  istituzione  modei'iia  della  divisione  did  lavoro,  che  oggidì  governa  tutte 
le  branche  dell'umana  industria,  è  un'applicazioni'  di  altra  istituzione  antica  con  e.ssa  iden- 
tica, cioè  la  separazione  delle  primitive  classi  sociali  in  a.gricoltoii.  artigiani,  commercianti, 
guerrieri,  sacerdoti  e  via  via.  L'oiatore  f(Hciisc  scorgendo  l'identità,  che  esiste  tra  la  teoria 
scolastica  del  sillogismo  ed  il  processo  di  difesa  delle  cause  criminali  la  applic'a  alle  sue 
arringhe  giudiziarie.  L'a.rte  della  persuasione  si  regge  tutta  su  certa  (juale  identità  o  co- 
munanza di  pensare  e  di  sentire,  che  l'oratore  cerca  di  stabilire  tra  se  e  gli  uditori;  ed 
il  riformatore  sociale  si  giova  di  siffatta  identità  a  fine  ili  indurre  i  contemiioranei  ad  attuare 
i  suoi  disegni. 

lutine  l'associazione  di  similarilà  favoreggia  assai  l'acquisto  delle  nostre  cognizioni  e 
l'esercizio  della  memoiia.  l'n  natuialista.  che  legga  la  descrizione  di  un  animale  recente- 
mente sco))erto.  possiede  ili  già  in  sua  niente  gran  parte  de' caratteri  di  esso,  quelli  cioè, 
che  gli  sono  comuni  cogli  altri  animali  già  da  lui  conosciuti:  onde  riesce  a  ritenere  tutta 
intiera  ipiella  descrizione,  per  poco  che  ponga  mente  ai  caratteri  onninaiiiente  nuovi.  Leg- 
gendo un  libro  di  argomento  a  noi  laMiigliare  se  ne  ritiene  agevolmente  tutto  il  contenuto, 
quando  con  quel  po'  di  nuovo,  che  vi  si  riscontra,  sappiasi  associare  il  molto  già  da  noi 
conosciuto,  che  vi  giace  disperso  pei-  entro,  ijc  scienze  ci  porgono  di  questo  fatto  abbon- 
devoli  esem))i.   Il  giovane  studioso  di  matematica,  che  abbia  ben  bene  inteso  il  valore  di  una 


24  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

formula,  od  il  carattere  di  una  operazione,  o  la  natura  di  un  teorema,  saprà  nei  casi  nuori 
e  problemi  più  complicati,  che  gli  si  presentano,  ricordare  l'elemento,  che  rientra  nelle 
formole  o  teoremi  già  a])presi,  e  riconoscere  l'aspetto  veramente  nuovo,  che  si  tratta  di 
apprendere.  Il  cultore  di  filologia  jìrogredisce  più  spedito  nello  studio  di  un  idioma  ricor- 
dando ciò,  che  esso  ha  di  comune  con  altri  idiomi  già  studiati.  Il  latino  prepara  all'ita- 
liano, al  francese,  allo  spagnuolo:  il  tedesco  all'inglese  ed  all'olandese.  Tutte  le  scienze 
avanzano  e  con  esse  lo  studioso,  raccogliendo,  mercè  la  facoltà  identificatrice,  una  plu- 
ralità di  fenomeni  e  di  ca-si  in  poche  definizioni  e  leggi. 


Della    facoltà    ritentiva. 

Mentre  la  facoltà  dell'accordo  or  ora  discorsa  è  di  natura  inventiva,  siccome  quella, 
che  scopre  la  rassomiglianza  delle  cose  in  mozzo  alla  loro  differenza,  la  ritenti  vita,  di  cui 
ci  rimane  parlare,  è  facoltà  che  presiede  all'acquisto  delle  nostre  conoscenze,  e  va  riguar- 
data siccome  fonte  della  nostra  capacità  educativa,  tantoché  da  essa  dipendono  le  sorti 
del  nostro  progressivo  perfezionamento  e  della  felicità.  La  teorica  della  ritentiva,  che  noi 
qui  esponiamo  dopo  (luelle  del  discernimento  e  dell'accordo,  viene  dall'autore  trattata  prima 
di  queste  due.  e  giova  sentirne  il  jiorchè  :  «  Prese  insieme  ([ueste  due  facoltà  (il  discerni- 
mento e  l'accordo)  abbi'acciano  tutte  le  forme  primitive  dellintelligenza.  Ma  nell  "interesse 
dell'esposizione  dobbiamo  dar  il  pìimo  posto  alla  facoltà  della  ritentiva,  perchè  la  facoltà 
di  appercepire  la  concordanza  nelle  sue  più  elevate  applicazioni  suppone  la  totalità  della 
conoscenza  acquisita,  la  quale  dipende  dalla  funzione  ritentiva  (I  aensi  /■  l'iuteUif)enza. 
pag.  279  e  seg.)  «.  Questa  ragione,  che  sembra  riguardare  soltanto  l'economia  esteriore 
della  trattazione,  in  lealtà  può  mutare  il  significato  interiore  della  teorica  dell'autore.  Egli 
adunque  ammette  una  conoscenza  denominata  acquisita,  la  quale  genuina  dalla  ritentività. 
e  nel  suo  insieme  ])repara  il  lavoro  alla  facoltà  dell'accordo.  Se  così  sta  la  cosa,  uopo  è 
riconoscere,  clu^  le  funzioni  del  discei'nere  e  dell'accordare  non  sono  desse  le  forme  primi- 
tive dell'intelligenza,  e  che  la  natura  propria  della  conoscenza  più  non  dimora  nel  distin- 
guere e  nell 'unire,  ossia  nel  diffeienziaro  e  nell  "accomunare.  Come  già  mi  venne  superior- 
mente avvertito,  il  Bain  incorse  ncll'ciiuivoco  di  scambiare  la  conoscenza  detta  sensitiva, 
propria  della  ritentiva  animale,  colla  vera  conoscenza  intellettuale  propria  del  pensiero, 
facendo  cosi  geiminare  il  conoscere  dal  sentire  fisico.  L'ecjuivoco  ci  appaiirà  manifesto 
disaminando  la  natura  propria  della  ritentività  secondo  la  teoiica  dell'autore. 

Ricevuta  da  una  forza  esteriore  una  sensazione,  lo  spirito  umano  ha  virtù  di  conser- 
varla sotto  fonna  di  idea  e  conservata  lavvivarla.  riprodurla  e  richiamarla  per  sola  energia 
mentale.  Questa  facoltà  di  continuare  nello  spirito  sensazioni  e  sentimenti  passati  e  ripro- 
durli  idealmente  mercè  l'opeia  di  forze  nK'ianieiitc  intellettuali  e  malgrado  l'assenza  del- 
l'agente esterno,  dicesi  ritentiva.  Cosi  intesa  la  facoltà  ritentiva  presenta  due  a.spetti  o 
stadii  successivi,  che  sono  primamente  la  ]>ei-sistenza  o  continuazione  delle  impres.sioni  sen- 
sitive, poi  la  so]ipressione  dell'iigente  esterioie  surrogata  dalla  forza  interiore  intellettuale. 
Una  sensazione  acustica  non  cessa  col  cessare  dell'onda  sonora,  che  aveva  colpito  l'orecchio, 
ma  persiste  e  dura  più  a  lungo:  ed  estinta  che  sia.  la  ritentività,  con  una  virtù  superiore 
alla  precedente,  la  lavviva  trasformata  in  idea,  (.'osi  alla  realtà  della  sensazione  determinata 


f 


PER    (JIISEPPK    ALLIEVO  25 

dalla  presenza  delFoggettu  esteriore  succede  la  trastbrinazione  ideale,  e  lo  spirito  jiassa 
dalla  vita  concreta  ed  attuale  ad  una  vita,  che  scorre  quasi  tutta  raccolta  in  un  mondo 
di  idee.  La  sensazione  presente  od  attuale  diversa  essenzialmente  dalla  sensazione  passata 
odjdeale  in  ciò,  die  essa  si  connette  col  senso  della  realtà  obbiettiva  :  questo  è  carattere 
suo  proprio  e  distintivo,  che  manca  affatto  all'idea.  La  sensazione  cagionata  dalla  vista  del 
sole  è  ben  altra  cosa  dall'idea  o  seasazione  richiamata,  come  altro  è  l'originale  vivo  e  con- 
creto ed  altro  la  copia,  che  lo  raij])i-esenta.  l'eiò  malgrado  questo  essenziale  divario  evvi 
tra  la  sensazione  e  ri<h:'a.  e  i|uiiidi  tra  l'azione  ed  il  pensie-ro  tale  un  vincolo  di  continuità, 
che  lo  spirito  passa  dall'una  all'altra  ))ei-  irradi  indiscernibili,  per  cui  mal  si  può  segnare 
il  punto  dove  tinisce  l;i  prima  e  comincia  la  seconda.  La  facilità  di  convertire  le  idee  in 
azioni  è  da  tutti  simtita.  La  collera  suscitata  in  noi  da  una  persona  i)resente  si  lisveglia  al 
solo  ricordo  di  chi  l'aveva  provocata,  tino  a  j)rodurre  sull'oi-gHiiismo  gli  stessi  effetti  di 
prima.  L'idea  tende  a  produrre  il  fatto  jier  ciò.  che  essa  è  di  già  il  fatto  medesimo  sotto 
la  sua  più  debole  i'(l  imprrcettibile  foiina.  l'ensaie  ^li  è  un  ratteiiersi  dal  parlare  o  dal- 
l'operare.  Questa  tendenza  dell'idea  a  ti-adursi  in  atto  contiene  la  i-agione  spiegativa  della 
simpatia,  della  commisei'azione.  del  <iisiuteresse  e  di  altii  consimili  fenomeni  psicologici. 
11  concetto,  che  abbiamo  delle  condizioni  psicologiche  o  sociali  degli  altri  esseri  viventi  ne 
porta  ad  operare  come  opcieiciniiMi  se  le  pene  ed  i  piaceri  altrui,  da  noi  ideati,  tocca-ssero 
la  stessa  nostia  pcrMiiia.  'Ili  è  veni,  iln'  la  volontà  è  des.sa  la  iiostia  principale  facoltà 
operativa  :  ma  anche  1  idea,  ligiiaidata  in  (|uesta  sua  ingenita  disposizione  a  diventar  realtà, 
è  pure  un  ]niiicipio  determinante  delia  condotta  umana,  ed  a  volte  suscita  nello  spirito  un 
impulso  cosi  potente  di  attività  da  combattere  l'azione  regtdare  della  volontà  medesima  ed 
opporsi  al  nostro  stesso  ben  essere. 

Or  come  si  spiccia  il  tatto,  clic  la  sensazione  persista  nello  spirito  disgiunta  dall'ob- 
bietto  esteriore,  ond'ebbe  origine,  né  solamente  vi  persista,  ma  spentii  risusciti  e  si  ravvivi 
})e)-  mera  forza  intellettuale  i  A  i-eudeic  lagione  di  questo  fenomeno  il  Baili  ricorre  alla 
moderna  teoria  fisiologica  del  cervello,  il  i|iiale  ii(ui  è.  come  per  lo  passato  si  reputava,  una 
sorta  di  ricettacolo  delle  iiii|ircssinni  de' sensi,  ove  esse  rimaiTebbero  accumulate  come  in 
un  serbatoio  separato  (lairapparcc(  hio.  che  le  riceveva,  pei-  uscirne  <li  nuovo  e  manifestai'si 
allo  spirito  giusta  l'occasione.  Il  dominio,  dove  si  e.sercita  la  forza  nervosa,  non  comprende 
il  cervello  soltanto,  ma  altresì  i  nervi  e  le  estremità  perifeiiche  delle  diverse  parti  del  corpo, 
e  l'azione  nervosa  suppone  delle  coirenti.  che  |)ercorrono  questo  dominio  procedendo  dai 
ganglii  centrali  agli  organi  dei  sen^i  e  del  moto.  Ciò  posto,  siccome  ogni  nuova  sensazione 
ha  La  sua  sede  non  nel  solo  cervello,  ma  altre-i  ne'  ceiitii  nervosi  e  nelle  estremità  ])eri- 
feriche  del  corpo  umano,  così  la  sua  persistenza,  venuta  meno  la  causa,  che  la  produsse, 
ò  una  continuazione  delle  medesime  correnti  nervo.se  primitive,  sebbene  meno  intense.  La 
sensazione,  che  ])ersiste,  sconijiarso  l'oggetto  esterioi-e.  ha  lo  stesso  modo  di  essere,  che 
aveva  in  jneseiiza  dell'oggetto  stesso,  essendovi  impegnati  gli  stessi  organi,  e  circolandovi 
le  stesse  correnti,  l'i  se  così  è  delle  sensazioni  che  persistono,  il  medesimo  è  a  dirsi  di  esse, 
allorché  sono  ravvivate  idealmente  per  sola  forza  intellettuale.  Un  sentimento  passato  non 
può  rinnovarsi  se  non  negli  stessi  organi,  in  cui  aveva  sua  sede,  quando  venne  suscitato  la 
prima  volta.  Nella  sensazione  risvegliata  le  correnti  nervo.se  ritornano  esattamente  nelle 
stesse  vie.  che  avevano  percorso. 

A  dire  il  vero,  nella  facoltà  ritentiva  così  intesa  dal  nostro  autore  io  non  so  vedere 

Serie   11.   Tom.   XXXIV.  4 


2fi  ESPOSIZIONE    PKlTIfA    PKI,I,E    DOTTRINF.    PSICOLOGICHE    HI    A.     BAIN 

•una  funzione  dell'intelligenza  mnana  propriamente  detta,  e  quindi  una  conoscenza  razio- 
nale nel  vero  senso  della  parola.  Infatti  le  idee,  che  egli  attnbuisce  alla  ritentiva,  non 
sono  concetti  mentali,  clic  porgano  aUiiitelligenza  i  costitutivi  di  un  essere,  bensì  sensa- 
zioni risvegliate,  ossia  nudi  fantasnii  od  iinagiui  tisiclu'  degli  oggetti  sentiti,  che  non  vanno 
al  di  lA  della  sfeiii  de'  >('usi.  onde  r  lecito  arguiiiic.  che  \-a  facoltà,  di  cui  discoiTe  il  Bain. 
è  nulla  più  che  riinagiuazione  sen.sitiva  o  fantasia  animale,  ammessa  dall' uni  vei-sale  dei 
psicologi,  comune  all'uomo  ed  al  bruto,  facoltà  di  litenerc  e  ridestare  sotto  forma  di  fan- 
tasmi le  sensazioni  e  di  collegarle,  senza  stimolo  esteiiio.  I^'origine  prima  del  sensismo 
dimora  appunto  nel  convei-tiie  questi  fantasmi  od  imagìni  sensitive  in  idee  i-azionali.  e 
riguardare  la  sensitività  siccome  l'iinica  e  snpjvma  fac(dtA  conoscitiva  dello  spirito  umano. 
La  ritentiva  dell'autoie  essendo  una  continnazioiie  della  sensitività,  non  può  trascendere 
la  sfera  della  medesima,  ed  assumere  natura  e  caratteie  di  funziiuie  lazioiiale  :  e  se  egli 
l'avesse  riguardata  ((uale  ima  facoltà  intermedia  tra  la  sensitività  esteriore  e  l'intelligenza 
umana,  non  si  sarebbe  male  apposto:  l'eiTore  suo  sta  appunto  nell'averle  assegnato  un 
uificio  intellettuale,  anzi  un  compito  scientifico,  come  vedremo  discorieudo  della  ritentività 
nella  scienza. 

Posto  il  ('oucetto  detinitivo  della  litentività.  l'autore  passa  a  discorrerne  lo  sviluppo 
conformandolo  all'associazione  di  contiguità.  Ina  sensazione  passata  rism-ge  nella  coscienza 
ogni  qualvolta  presenta-si  di  fatto  qualche  impressione,  che  sovente  si  riscontrò  accompa- 
gnata da  quella  sensazione  medesima,  sicché  l'una  rimanga  inseparabile  dall'altra.  K  questo 
il  principio  di  contiguità,  che  governa  la  facoltà  ritentiva,  fm-molato  nei  termini  seguenti  : 
-  Le  azioni,  le  sensazioni,  gli  stati  di  sensibilità,  che  si  piesentano  l'uno  coll'altro.  o  l'uno 
immediatamente  dopo  l'altro,  tendono  ad  unirsi  strettamente,  ad  adei'ire  l'uno  all'altro, 
per  guisa  che.  allorquando  l'uno  di  essi  pi'esenta.si  allo  spirito,  gli  altri  sono  s.uscettivi  di 
essere  evocati  dal  pensiero  ». 

Questa  legge  di  contiguità  l'autnic  a]i|ili(a  anzi  tutto  all'attività  muscolare,  cioè  a 
tutte  guise  di  nu)vimeuti.  di  attitudini  e  sforzi  di  icsistenza.  1  movimenti  muscolan.  incerti 
e  lenti  nelle  loro  prime  <n-igini.  si  consolidano  e  si  rattorzano  meirè  la  ripetizione,  ossia  la 
pratica  e  l'esercizio  regolare  congiunto  collo  sviluppo  successivo  dei  muscoli  e  dei  centri 
nervosi.  I  moti,  da  prima  isolati  e  faticosi,  vengono  mercé  la  legge  di  contiguità  ad  intrec- 
ciarsi l'uno  coll'altro  in  guisa  da  comporre  degli  aggregati  o  delle  serie,  in  cui  si  alternano 
con  facilità  e  si  licliiamauo  a  vicenda  con  la  sicurezza  |)ropria  dell'istinto.  (  volteggi  della 
danza  cosi  l'apidi  e  complicuti  si  svolgono  con  (|iiella  spontaneità  medcsinui.  con  cui  si 
muovono  l'ima  do|)o  l'altra  le  gambe  di  un  i|iiadnipeile.  Il  parlare  articolato,  lo  .scrivere, 
il  suonale,  il  camminare,  il  danzare,  insoniina  ogni  o|iera/ione  meccanica  od  artistica  risiede 
in  una  serie  successiva  di  movinii'iiti  contigui  od  insiemi'  associati  mercè  la  ripetizione  e 
l'esercizio.  FI  processo,  con  cui  si  acquistano  (|iieste  associazioni  o  serie  di  movimenti,  è 
governato  da  alcune  condizioni,  di  cui  le  une  sono  generali,  le  altre  speciali.  Alle  cimdi- 
2Ìoni  generali  appartengono  I"  la  necessità  della  ripetizione  continuata,  la  ([uale  quanto 
più  é  frequente,  tanto  inaggiore  è  il  j)rogresso  di  chi  a])prendc  :  2'  la  concentrazione  della 
forza  mentale  e  nervosa  .sopra  un  fatto  pai'ticolare.  concent razimie  eccitata  e  provocata  dal 
piacere  e  dalla  pena  sia  presente,  sia  futura  ;  -V  la  varia  attitudine,  che  ha  ogni  uomo  per 
l'acquisto  intellettuale  in  genere.  Condizioni  speciali  poi.  favorevoli  all'acquisto  ed  al  pos- 
sesso dei  movimenti  associati  sono  :  1  "  la  forza  corporale  o  semplice  vigor  muscolare  ;  2°  la 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  27 

spontaneità,  ossia  il  temperamento  attivo  ;  'V  la  delicatezza  o  facoltà  del  discernimento 
muscolare,  che  però  molto  s'approssima  alla  condizione  precedente. 

Le  sensazioni  insieme  associate  dal  principio  di  contiguità  possono  essere  omogenee 
od  etei'ogenee.  Sono  omogenee  quelle  di  moti  con  moti,  di  cui  abbiamo  fatto  parola,  di 
suoni  con  suoni,  di  tatto  con  tatto,  e  va  (liscoi'rcndo.  Alle  seasazioni  eterogenee  del  tatto, 
della  vista  e  del  senso  nniscolaic  insieme  associate  noi  dobbiamo,  in  sentenza  del  Bain.  la 
conoscenza  dei  mondo  esteriore.  Le  due  qualità  jìrimitive  de'  coi'pi.  cioè  la  distanza,  che 
li  separa  dall'occbio  veggente  e  la  loro  leale  dimensione  nello  spazio  non  possono  essere 
percepite  o  conosciute  mercè  il  solo  intermezzo  della  vista,  pei'chè  l'idea  di  distanza  implica 
la  possibilità  di  una  certH  qiiantitcì  di  lociniiozimic:  il  che  si  riscontra  segnatamente  nel 
caso  di  un  oggetto  alla  portata  della  ninno,  in  cui  i  movimenti  del  braccio  danno  la  misura 
di  tale  distanza,  la  (piale  peiriò  è  qualche  cosa  di  più  che  una  .semplice  impressione  visibile. 
L'estensione  in  generale  è  un  sentimento  deiivHto  in  origine  dagli  organi  locomotori  :  ed 
associando  col  sentimento  dell'impiego  di  forze  motrici  le  sensazioni  della  vista  e  del  tatto 
abbiamo  quanto  occorie  h  spiegare  in  unzione  di  grandezza  este.sa  o  di  spazio.  Né  sola- 
mente le  qualità  del  mondo  materiale  dette  piimitive.  «juali  .sono  la  solidità.  l'estensione, 
lo  spazio,  ma  altres'i  le  secondarie,  come  il  colore,  l'odore,  il  gusto,  il  calore,  vengono  co- 
nosciute in  gi-azia  di  assf)CÌazioni  fra  sensazioni  esterne  eterogenee.  Quando  un  oggetto 
esterno  colpisce  nel  medesimo  tempo  più  d'uno  dei  nostri  sensi,  noi  componiamo  insieme 
in  un  solo  tutto  le  diverse  impressioni,  die  altra  volta  produ.ssero  sul  nostro  organismo  le 
molteplici  sue  (jualità  sensibili.  Questo  concetto  del  Hain.  che  fa  esordire  dalla  pluralità 
delle  dispei-se  impressioni  la  conoscenza  oggettiva  della  realtà  cstenore  per  richiamarla 
poi  all'organica  unità,  discoi'da  affatto  dal  movimento  s[)ontaneo  e  discorsivo  della  nostra 
intelligenza,  la  quale  jier  lo  contiario  muove  dalla  iiituiziiuie  vaga  e  confusa  di  tutto 
quant'  è  un  oggetto,  e  discemle  alla  coiiteniplazioiie  successiva  de'  varii  suoi  elementi. 

L'autore  assegna  alla  facoltà  ritentivii  un  amplissimo  compito  nel  lavorìo  del  sapere. 
Per  scienza  egli  intende  •<  il  simbolismo  artitiziale  necessario  jier  esprimere  le  leggi  e  le 
proprietà  del  mondo  in  quanto  sono  distinte  dalle  apparenze  attuali  delle  cose,  cui  l'occhio 
abbraccia  ».  Non  mi  |i;ne  ciie  ((iicsto  concetto  pos.sa  esseie  menato  imoiio  dalla  critica.  Se 
v'ha  un  sii[)ere.  clic  di  sua  natura  escluda  (|uaiito  vi  è  di  simbolico,  di  ai'titiziato  .  di  con- 
venzionale, quello  è  ili  sicuro  il  sapere  scientitico.  La  scienza  non  è  un  sistema  di  simboli 
escogitati  e  composti  insieme  con  certo  quale  artitìi^io  a  tine  di  espiiinere  le  leggi  e  le  pro- 
prietà delle  cose,  bensì  è  dessa  l'espressione  naturale  e  schietta  della  realtà,  perchè  la 
scienza  è  la  verità  genuina  e  niid.i.  sgonilna  d.i  ogni  involucro  simbolico  e  fantastico.  11 
serpente,  che  si  morde  la  coda,  si  assume  come  simbolo  dell'eterno  e  dell'influito:  è  un 
imagiiie  volgai'e  o  jioetica.  ma  non  punto  un  concetto  scientifico.  Anch'egli  il  matematico 
adopera  certo  suo  segno  convenzioiuile  e  simbolico  per  esprimere  una  quantità  infinita,  ma 
anche  qui  il  segno  è  ben  altro  dal  concetto  speculativo. 

Certo  è.  che  la  scienza  va  intessuta  ili  formole.  le  i|uali  appariscono  siccome  i  punti 
più  spiccati  e  salienti  della  sua  generale  orditura,  ma  esse  foimole.  anziché  simboli  artifi- 
ziali,  sono  verità  univei'sali.  che  abbracciano  sotto  un  unico  aspetto  comprensivo  una  mol- 
tiplicità  di  cose  realmente  congeneri.  Le  formole  algebriche  e  le  tavole  numeriche,  onde 
s'intreccia  un  ti-attato  di  astronomia,  pei*  ciò  appunto  che  rspriiiioiìo  (come  scrive  l'autore 
medesimo)  /e  n-ld^ion/  dei  rohniiiiiosi  corpi  rrlcsti,  non  sono  già  simboli  artificiali,  ossia 


28  ESPOSIZIONE    CRITICA    PELLE    POTTRIKE    PSICOLOGICHE    PI    A.    BAIN 

concetti  velati  sotto  parole,  che  significano  letteralmente  cosa  diversa,  per  quantunque  i 
fenomeni  del  sole,  della  luna  e  dei  pianeti  appaiano  dissomiglianti  da  quelle  aride  formole. 

Concepita  la  scienza  quale  un  simbolismo  artifiziale.  l'autore  le  assegna  per  oggetto 
ir  leggi  r  ir  jìroprirtn  drl  iikukIo.  Anche  (juesto  mi  pare  un  concetto  esclusivo  e  mutilo. 
La  scienza  non  sta  tutta  i|uanta  raccolta  nello  studio  e  nella  s])iegazione  del  mondo,  ma  è 
necessitata  a  risalire  intiim  al  ])i  iiK-i|iiii  supieinn  de]  nidiido  st«.s80.  essendoché  la  realtà  finita 
ha  per  suo  termine  correlativo  e  per  sua  ragione  spiegatrice  la  realtà  infinita,  né  si  può 
sbandire  dalla  scienza  la  teorica  dell'Kssere  infinito  senza  negare  la  storia  delle  leligioni. 
In'  ultima  osservazione  mi  occorre  di  aggiungere.  Nel  definire  la  scienza  il  liain  giusta- 
mente riconosce,  che  le  leggi  e  le  propiietà  del  mondo,  cui  e.ssa  ha  ]ier  ufficio  di  esprimere, 
sono  ben  altra  cosa  dalle  a])])ar('nze  attuali  (lellr  cose,  cui  Idccliio  abbiacela.  Qui  adunque 
egli  ammetta  che  le  ajìparenze  sensibili  degli  esseri  possono  divei-saie  dalla  loro  realtà  og- 
gettiva, il  che  non  veggo  come  possa  conciliarsi  colTiifficio  della  facoltà  ritentiva  quale  egli 
la  intende,  giacche  se  questa  è  tutta  nel  i-iprodurre  idealmente  le  sensazioni  pa,ssate.  le 
quali  sono  tutte  e  sempre  i-elative  alle  ajiparenze  esteriori  delle  cose  sentite,  essa  si  chia- 
risce pei'  ciò  inijioteiite  al  cómiiito  x'iciititicd  di  ap]ireiiderci  /'■  ('(jyi  '■  /'■  proprietà  drl 
iiiidkIo   coìiir  {/istinti'   (Idllr   dtiiKili  <ijipiir'-iì.:r  sensibili   delle  cose. 

Determinato  il  sapere  scientifico  in  generale.  1  autore  si  fa  a  chiarire  l'intervento 
della  facoltà  ritentiva  in  tutte  guise  di  scienze,  da  lui  distribuite  in  due  classi  supreme, 
oggettive  cioè  e  soggettive,  secondochè  riguardano  il  mondo  esteriore  della  natura  od  il 
mondo  interiore  dello  spirito.  Le  scienze  oggettive  si  uuiovono  tia  due  estremi:  dall'un 
lato  toccano  le  discipline  d'indole  affatto  trascendentale  e  simbolica,  quali  le  matematiche, 
remote  dalle  forme  sensibili  della  natura,  dall'altro  abbracciano  i  soggetti  più  concrèti 
della  storia  naturale.  Co.sì  la  meccanica  teorica,  l'astronomia  j)ura  f  l'ottica  rientrano  nel 
primo  di  questi  due  estremi,  col  secondo  si  connettono  le  parti  sperimentali  della  fisica, 
della  chimica,  della  fisiologia.  Per  applicare  con  felice  successo  alle  scienze  astratte  e  tra- 
scendentali occorie  una  potente  e  s])eciale  viitù  ritentiva,  per  cui  lo  spirito  concentrandosi 
sui  .simboli  arbitrarii  e  le  formfde  della  matematica,  sulle  aride  nomenclature  della  chimica 
e  della  fisiologia,  sulle  nude  forme  rappresentative  dei  fenomeni  naturali  vi  aderisca  più 
intimamente  che  può.  le  conseivi  ferme  e  fisse  in  se  stesse  e  sajqiia  ravvivarle  all'uopo  (1). 
11  matematicfi.  clii-  rinunzia  al  coniinoventc  spettacolo  della  bella  natura  esteriore  per 
raccogliersi  in  un  nioudo  di  afide  formole  e  di  strane  figure,  mostra  con  ciò  un  amor 
singolare  per  la  scienza  sua.  che  costituisce  il  suo  carattere  iiKimlr  :  ma  (|uesto  amore  non 
gli  basta  all'intento,  ove  non  sia  accoppiato  da  una  peculiare  attitudine  dello  spirito  a 
ricevere  profonda  l'impressione  dei  simboli  astratti  e  fissarli  in  sé  stes.so. 

Anch'esse  le  scienzi'  obbiettive  sperimentali,  del  pari  che  le  astratte,  esigono  la 
ritentiva  dello  spirito,  la  (piale  però  non  su  nude  e  trascendentali  forinole  si  esercita,  bensì 


i'I)  u  Ka  (li  iiipslieri  cho  il  geoindia  riloiiga  erri  cii-colo  e  come  connesse  col  iiicilesimo  tutto  le 
fiistnizioni  il(>l  tdiv.o  libro  di  Knolirle  ,  O'I  .'ill'iinpri  tnttp  (|iielln  elio  i)iiioe(lono  o  su  crii  .si  .nppoRjfiano 
<|iii,'ll«  iIpI  ti'i/.o  lil>i-r).  .Neoossita  altresì,  l'ho  scilii  nnlln  sua  incinoria  tutta  la  lingua,  la  lUale  rappresoiita 
con  vocalroli  (|rianlo  non  prii'i  venire  nflciMo  all'cii-chin  per  via  d'imagini;  il  ciré  pniie  u  scriissima 
prova  radcsivitii  ritnntiva  ilimn  spirito  pei  In  ariile  formo,  docorrc  inoltre,  che  ipiestc  forme  si  fissino 
rapidamnnte  nello  spirito  ad  ogni  passo  ;  altramente  ì  primi  anelli  ili  una  deduzione  andrebbetxi  perduti 
prima  che  i  siissegueiili  abbiano  potuto  tVrmarvisi  ». 


PER    OirSEPPE    AIXIEVO  29 

sopra  le  proprietà  appariscenti  ed  i  fenomeni  sensibili  degli  esseri  della  natura,  acco- 
gliendoli in  se  e  fermandoli  in  modo  che  aderiscano  alla  facoltà  intellettiva.  Epperò  la 
ritentività.  questa  forza  adesiva  dell'intelligeiiza.  impronta  due  distinte  classi  di  spiriti 
scientifici  conispondenti  ai  dup  esti-emi  delle  scienze  obbiettive,  ciò  è  dire  gli  spiriti  mate- 
matici, ed  i  naturalistici.  (|uelli  tempiati  per  le  speculazioni  astratte  e  simboliche,  questi 
rivolti  al  concreto  e  reale. 

Le  scienze  soggettive,  altro  gl'ari  ramo  ileUumano  saliere,  abbracciano  nella  loro 
cerchia  tutti  i  fenomeni  interiori  dello  spirito  e  riposano  pssenzial mente  sulla  coscienza, 
che  ciascuno  di  noi  possiede  de' proprii  atti.  Al  psicologo  abbisogna  come  condizion  neces- 
saria una  memoria  ricca  di  stati  soggettivi,  ossia  di  sentimenti  e  di  idee  considerate  nelle 
loro  attinenze  collo  spirito,  l'ero,  rintracciando  le  condizitmi  speciali  necessarie  a  ritenere 
nella  memoria  gli  stati  soggettivi,  non  ci  soccoiTono  al  pensiero  che  condizioni  negative. 
Possiamo  pronunciare  in  generale,  che  la  coscienza  soggettiva  sta  in  ragione  invei-sa  dell'at- 
tiva esteriore,  vai  (|iiaiito  dire  che  lo  spirito  tanto  meno  è  portato  alla  contemplazione  del 
mondo  intei'iore.  (juanto  ))ii'i  vivo  !•  riiit('ics-,e  die  prova  per  il  mondo  circo.stante.  e  quindi 
pili  forte  l'impulso,  che  lo  trae  veiso  la  natura  esterioi'e.  I/energia  s])iegata  verso  l'oggetto 
è  sottratta  alla  coscienza  del  soggetto,  mentre,  alloraquando  i  movimenti  esteriori  sono  fie- 
voli e  lenti,  lo  spirito  si  raccoglie  in  se  stesso,  i  fenomeni  soggettivi  chiamano  sopra  di  se 
l'attenzione  jisicologica.  e  meglio  son  conosciuti,  più  tenacemente  ritenuti.  Una  potente 
disposizione  all'esercizio  dell'attività  spontanea  muscolare,  ed  una  spiccata  vivezza  de'sensi 
esterni  su})eriori.  (|uali  sono  la  vista,  l'udito,  il  tatto,  vanno  lìerciò  annoverate  fra  le  con- 
dizioni negative,  chi-  si  oppongono  airac(iuisto  del  sapere  psicologico. 

Da  questa  esposizione  appan;  vieppiù  manifesto,  (juanto  sia  fondata  rosservazionc 
critica,  che  siiperioiineiite  mi  vcinic  fatta  intorno  al  concetto  della  facoltà  ritentiva  emesso 
dal  nostro  autore.  N<hi  v'ha  psicologo,  il  (juale  ponga  in  controvei-sia  la  neces.sità  della 
memoria  intellettuale  per  l'acquisto  ed  il  culto  del  sapere,  giusta  il  dantesco:  Xou  fa 
scienza  Sema  lo  r/tevrrr.  acrr  iìilr.so.  Ma  la  ritentiva,  quale  la  intende  il  Bain.  difetta 
della  virtù  scientifica,  che  le  viene  da  lui  attiibuita  :  ne  occorrono  parole  molte  à  dimo- 
strarlo. Basta  alj'iiopn  latVrontarc  il  suo  concetto  della  ritentività  con  quello  del  sapere 
scientifico.  La  scienza  infatti  si  coiiqione  nel  suo  sostanziale  organismo  di  principii  universali, 
di  verità  trascendentali,  di  foiniole  astratte,  alle  quali  non  jiotià  mai  sollevarsi  la  ritentiva, 
siccome  (jitella.  i:hc.  giusta  la  dctìiiizioiie  deHautore.  è  tutta  nel  conservare  le  sensazioni  e 
ravvivarle  sotto  forma  di  fantasmi  o  di  iniagini  d,i  lui  denominate  idee.  Ognun  vede,  che 
questi  fantasmi,  cssenilo  niente  più  che  il  lùsveglio  delle  sensazioni  pa.ssate.  sono  perciò 
meri  rappresentativi  degli  oggetti  sensibili  individuali,  che  ojierarono  sul  nostro  organismo, 
ne  mai  poti-anno  godere  di  (jiiella  universalità  ideale,  clic  è  pro))ria  della  scienza.  A  ritenere 
in  mente  le  forinole  matematiche  od  altre  scientifiche  quali  che  siano,  necessita  averle  di 
già  elaborate  nel  proprio  pensiero  e  possederle;  il  che  importa  l'esercizio  di  un'  altra  vii-ttì 
intellettiva,  che  pn'cede  l'operaiv  ilell.i  ritentività.  la  i|uale  per  ciò  stesso  non  merita  il 
primo  posto  nella  teorica  dell  intelligenza,  né  più  evvi  ragione  di  sostenere  coU'autore.  che 
<<  la  facoltà  di  a()i)ercepire  la  coiicordanz.i  iiell(>  sue  (liù  elevate  applicazi(mi  suppone  la  to- 
talità della  conoscenza  acquisita,  la  quale  dipende  dalla  funzione  ritentiva  ». 

Dalla  scienza  jinra  passa  ì!  Hain  a  contemplare  lo  sviluppo  della  facoltà  ritentiva 
nel  campo  della  vita  pratica  e  reale,  e  mostra  con  ingegnose  osservazioni  ed  esempi   come 


30  ESPnSIZinNF.    fKITICA     PELLE     IlOTTRIXE     PSICOLOGICHE     PI     A.     BAIX 

nel  commercio,  nel  traffico  e  nell'industria  occorre  a  ben  riuscire  l'acquisto  e  la  fama  di 
certa  quale  abilità  dipendente  dalla  conoscenza  delle  abitudini  e  delle  indoli  degli  uomini, 
con  cui  si  trattano  affaii  :  conif  iiellc  hf^lle  ai-ti  il  talento  dell'artista  è  in  gran  parte  il 
necessario  risultato  dell  a<  qnistn  (lipcndtMitc  lUilln  fm/a  di  ccnitifjuità.  per  cui  egli  apprende 
le  conqxisi/ioiii  de'  suoi  predeccNSiiri  e  tìssa  nel  ^nn  v|iirit(i  (|iip11<'  da  lui  prodiitte.  a  fine  di 
destare  in  altii  emozioni  estetiche  :  come  nella  storia  gli  avveiiiuienti.  a  cui  abbiamo  noi 
medesimi  a.ssistit().  si  fissano  nt'l  nostro  spjiito.  e  la  facoltà  ritentiva  venga  sorretta  e  raf- 
forzata dall'intei-esse  generale,  che  ci  inspirano  le  gesta  umane,  e  dall  interesse  particolare 
>'  personale  che  noi  scorgiamo  negli  avvenimenti:  come  infine  nella  nostra  vita  passata  le 
vicende,  che  abbiamo  percorso,  si  inipiimono  nello  spirito  per  forza  di  contiguità  e  possiamo 
richiamarle  più  o  meno  esatte  secondo  la  t'oi-za  della  ricordanza,  che  ne  conserviamo,  e 
rome  la  storia  di  noi  medesimi  non  sia  davvero  conijiiuta  se  non  quando  essa  contenga  ciò 
che  abbiamo  fotto  accanto  a  ciò.  die  abbiamo    minto  e  sfiitita. 


Della  facoltà  costruttiva. 

Discorse  finqui  le  tre  facoltà  costitutive  dell"  umana  intelligenza  .  quali  sono  il  discer- 
nimento, l'accordo  e  la  ritentiva,  parrebbe  con  ciò  condotta  a  compimento  la  teorica  del- 
l'intelligenza ste.s.sa.  L'autore  tuttavia  consacra  un  intiero  capitolo  ad  un'altra  funzione 
intellettuale,  la  costruttiva,  come  distinta  dalle  precedenti:  quindi  .sorge  spontanea  la 
dimanda,  quale  sia  la  lagion  d  essere  eli  (quest'altra  facoltà  .  e  se  veramente  possegga  una 
natura  specifica  sua  propiia  .  che  dalle  altre  la  diti'ereuzii .  o  non  piuttosto  sia  in  queste 
sostanzialmente  implicata,  llgli  ne  aveva  già  acciMinata  1'  esistenza  di.scorrendo  della  legge 
od  associazione  di  similarità  siccome  fonte  delle  scopei'te  ideali,  ed  avvertendo  che  le  ope- 
razioni scientifiche  dello  astrarre,  dell'indurre  e  del  dedurre  implicano  ben  di  frequente 
alcunché  di  più  che  il  })aragone  dei  casi  paiticolari.  i  quali  si  rassomigliano,  ciò  è  dire  le 
operazioni  costruttive  dell'intelligenza,  die  comiiiono  la  facoltà  scientifica. 

L'autore  procaccia  fin  dalle  jirime  di  chiarire  le  attinenze .  die  intercedono  tra  la 
costruttività  e  le  altre  facoltà  intellettuali,  ma  dalle  sue  parole  non  traluce  un  concetto 
lucido  e  fermo.  ■■  Nei  precedenti  cajiitoli  abbiamo  avuto  per  unico  oggetto  la  reviviscenza 
letterale,  la  restaurazione  fedele  delle  nostre  azioni,  emozioni.  ìmagiui  e  serie  di  idee  pas- 
sate (1).  Non  abbiamo  trattato  delle  opei-azioni  mentali  denominate  imaginazione,  creazione, 
costruttività  mercè  cui  ammettesi.  che  noi  manifestiamo  forme  nuove,  costruiamo  imagini  • 
concetti,  metodi,  di  cui  non  troviamo  sperieuza  nel  passato  nostro,  i'ure  il  genio  del  pit- 
tore, del  poeta,  del  musico,  dell'inventore  nelle  arti  e  nelle  scienze  suppone  di  sicuro  un 
processo  di  simil  natura.  Trattando  della  facoltà  di  similarità.  .  .  .  abbiamo  veduto,  che  la 
facoltà  di  richiamare  il  simile  per  mezzo  del  simile  malgrado  la  lontananza  e  le  fallaci 
apparenze  entra  in  un  gran  numero  di  sforzi  d'invenzione  e  nelle  scienze  e  nelle  arti.  Ma 
ora  dobbiaiiiii  o((ii]i.irci  di  costiMi/.ioni  più  complesse.  Sonvi  s<'opei1e .    che  sembrano  vere 


(I)  So  cosi  stesse  la  cosa,  come  .soi'ive  l'aiitoie,  sarebbero  tornato  impossibili  lo  operazioni  scien- 
tifiche dell'astrarrò,  deirindurre  e  del  dedurre,  che  sollevano  la  mente  a  tipi  universali,  oho  non 
suBsiatono  in  natiu-i. 


PER    fiU'SEPPE    AM.IEVO  31 

croazioni.  come  l'intiera  scien/a  delle  matematiche:  e  nelle  belle  arti  una  cattedrale  gotica: 
un  poema,  come  il  Paradiso  pcntnta  sorpassano  d'assai  i  j)iù  gi-andi  sforzi  della  facoltà 
d'identificazione  ridotta  alle  sole  sue  forze  {I sriisi  e  l'iìifillificuzn.  a  pa^.  028)  ».  Se  adun- 
que la  facoltà  identificatrice.  ossia  la  similaiità  .  non  iia  in  sé  tanto  di  virtù  da  creare  le 
scienze  matematiche  e  produirc  i  capolavoii  dell"  aite,  vori'ebbe  la  logica  che  si  riguar- 
dasse la  facoltà  costruttiva  siccome  dotata  di  natui'a  sua  pi'opria  .  che  non  è  quella  del- 
l'accordo. Per  lo  contrario  l'autore,  inconseguente  a  questo  suo  concetto,  tosto  soggiunge  : 
«  Tuttavia  le  forze  intellettuali,  che  opeiano  in  (lueste  ci'eazioni  non  sono  altre,  che  le 
facoltà  d'identitìcazione  già  studiate.  Le  nuove  ccunbinazioni  si  formano  cogli  elementi,  che 
lo  spirito  possedeva  di  già.  e  che  apparvei'o  giusta  le  leggi,  che  conosciamo  (ihifltui)  ». 

Intende  l'autoie  per  facoltà  (distruttiva  il  [ìoteie.  che  ha  lo  spirito  umano  di  formare 
nuore  combinazioni  od  aggregati,  che  (l/ff'rr/srovd  da  (ciascuno  di  quelli .  che  si  sono  ad 
esso  presentati  nel  corso  dell'esperienza,  'l'iv  sono  le  principali  ci>ndizioni  necessarie  al  suo 
sviluppo:  1°  gli  eJpiiKMiti.  (iiidc  si  coniiiongono  le  sue  costruzioni,  vainio  sommessi  all'im- 
pero della  volontà  ;  2"  uopo  è  possedere  il  sentimento  dell"  effetto,  a  cui  si  intende,  ossia 
del  fine  proposto  a  conscguiT'c  ;  '.V  occorre  che  la  volontà  si  eserciti  in  continue  [irove  e 
rinnovi  i  suoi  tentativi  fintantoché  abbia  raggiunto  l'intt'nto.  La  costruttività  adunque  non 
dimora  in  un  atto  puramente  intellettuale  .  ina  nel  dominio  che  la  volontà  esercita  sugli 
acquisti  fatti  dall'intelligenza  e  dalla  sensibilità,  sospendendo  a  suo  grado  i  sentimenti,  lo 
azioni,  le  idee  ed  atteggiandoli  a  nuove  forme.  Il  senso  poi  dello  scopo,  che  si  ha  in  mira, 
somministra  il  critei'io  per  giudicai^  del  risultato,  e  senza  la  chiara  percezione  del  fine  l'ef- 
fetto non  si  raggiunge  mai. 

L'autore  va  successivamente  studiando  con  sottile  accorgimento  l'intervento  della 
facoltà  costruttiva  nei  movimenti  dell'attività  spontanea  .  nel!'  apprendimento  progressivo 
del  linguaggio,  nei  sentimenti  di  peso  e  di  l'esistenza,  nelle  sensazioni  della  vita  organica  e 
nei  sensi  esterni,  mostrando  come  essa  giovandosi  di  elementi  o  stati  di  coscienza  passati 
ne  componga  un  tutto  nuovo,  che  non  ha  riscontio  nella  storia  della  nostra  particolare 
esperienza.  Mercè  la  facoltà,  ili  cui  discoiiianui.  lo  spiiito  umano  è  fatto  altresì  capace  di 
costruire  un  oggetto  concicto  metliante  (|ualità  astratte:  tale  è  1'  imaginazione,  per  cui  ci 
rappresentiamo  un  paese  giovaiuiosi  di  una  carta  topografica  o  di  un  disegno  .  o  diamo 
realtà,  moto  e  vita  ad  un  tipo  astratto  descritto  dal  linguaggio. 

Il  genio  costiuttivo  si  spiega  sotto  una  foiiua  nuova  e  più  elevata  nel  campo  della 
scienza,  nelle  invenzioni  pratiche  meccaniche,  nel  maneggio  dei  jiubblici  affari,  net  culto 
delle  belle  arti.  In  tutti  questi  ordini  dell'attività  umana  occoiie  ceita  i|uale  originalità  di 
mente  riposta  in  un  carattei-c  vigoioso . ,  che  sentesi  tratto  a  spiegare  senza  posa  e  senza 
fatica  la  sua  enei'gia  in  tentativi  e  esperimenti  di  ogni  guisa  finché  abbia  toccato  l'intento. 
Però  questa  originalità  riveste  due  forme  diverse  secondochè  si  eseicita  nella  sfera  della 
scienza  o  nel  giro  della  pratica:  in  quella  |irediiniinano  le  operazioni  d'identificazione  note 
sotto  il  nome  di  astia/ione,  di  induzione,  di  deduzione;  in  questa  ]iiev»le  l'osservazione  e 
l'esperienza.  Nelle  costruzioni  scientifiche  le  forze  impegnate  sono  ))uraniente  intellettuali  : 
nelle  costruzioni  iiratichc  l'attività  del  corpo  e  dei  sensi  è  condizione  indispensabile. 

Giova  ora  seguire  l'autore  che  discorre  la  costruttività  nella  scienza  e  nelle  arti  belle. 
A  dir  vero,  trattando  l'intervento  della  facoltà  costruttiva  nell'ordine  del  sapere  scientifico, 
l'autore  ripete  su  per   giù    quanto  aveva  già   discorso  intorno  l'ufficio   scientifico  della 


32  KSPOSIZIONK    CRITICA    IlKLLK    POTTRINE    PSICOLOGICHE    HI    A.     BAIN 

similarità  e  della  ritentiva  :  il  che  conferma  vie  niag^ionnente,  che  la  costiuttività  anziché 
avere  una  ragion  d'essere  sua  propria,  per  cui  voj^lia  essere  discolia  a  parte,  si  confonda 
colle  altre  funzioni  deiriutellif^enza.  Cosi  iììuIìukIo  dell  astiazione.  che  per  Ini  è  la  gene- 
ralizzazione (  1  )  di  un  attributo  unico  presentato  allo  s])irito  M'parataniente  dalle  altre  pro- 
prietà, con  cui  è  congiunto  in  natura,  cita  in  rMMupio  l'idea  astratta  di  gaz  siccome  appar- 
tenente ad  un  ordine  di  astiazione  assai  sottile,  per  cui  vimlsi  aggiungere  un  grande  sforzo 
di  costruzione  alla  forza  di  identificazioni':  il  che  non  i-i  pare.  Avverte,  che  il  matematico 
oltre  un'attitudine  intellettuale  i)er  ritenere  e  risvegliare  le  forme  matematiche  dehb'essere 
fornito  di  un  gusto  nativo  per  le  mech'sinie  pei-  sollevarsi  a  scoperte  originali  :  avvertenza, 
che  l'autore  aveva  già  espresso  parlando  della  ritentiva.  Osserva,  che  rinduzi(nie  può  essere 
un  semplice  sforzo  della  forza  riproduttiva  della  similarità  ed  esigere  oltre  di  essa  una 
costruzione;  e  che  il  vasto  edilizio  delle  scienze  matematiche  è  splendido  esempio  di  costru- 
zione, che  si  distingue  dalle  .scoperte  di  ])ura  identiticazione  giusta  la  legge  di  similarità. 
Da  questa  osservazione  io  ne  arguisco  che  la  scienza,  e  segnatamente  la  matematica  è  un 
portato  non  più  della  facoltà  identificatrice  e  della  ritentiva  (come  l'autore  aveva  stabilito 
altrove),  bensì  della  funzione  costruttiva,  togliendo  co.sì  alle  une  quelle,  clie  qui  concede 
all'altra  ;  e  se  qui  la  facoltà  costruttiva  apparisce  una  virtù  supenore  e  specitìcamente 
distinta  dalle  altre  virtù  intellettive,  più  non  regge  il  pronunciato  dell'autore,  che  «  le 
forze  intellettuali,  che  operano  in  queste  creazioni,  non  sono  altro  che  le  facoltà  d'identi- 
ficazione già  studiate  ». 

Le  costruzioni  scientifiche  inteiulono  ad  un  fine  speculativo,  l'acquisto  della  verità, 
come  le  costruzioni  meccaniche  rispondono  ad  un  fine  jn-atico.  che  sta  nell'adempierp  alcune 
necessità  della  vita  materiale  :  in  entrambe  domina  sovrana  l' intelligenza  disgiunta  dal 
sentimento  e  dall'affetto,  la  quale  o  inedita  la  realtà  o  cerca  di  convertire  le  forze  della 
natura  in  istrumenti  del  nostro  benessere.  Per  contro,  nelle  costruzioni  estetiche  all'intel- 
ligenza, che  contempla  od  utilizza  la  natura,  si  accoppia  il  sciitiniento  e  l'affetto  del  bello, 
dell'armonioso  e  del  sublime:  qui  risiede  il  loro  carattere  distintivo;  qui  tiene  il  suo  campo 
l'imaginazione  veramente  intesa.  L"  emozione  estetica,  che  tanto  si  dispaia  dal  senso  del- 
l'utile e  dal  piacere  della  vita  organica,  è  es.so  il  potere  moderatore  di  ogni  lavoro  imagi- 
nativo,  il  germe  di  ogni  sforzo  creatore:  satisfare  al  sentimeuto  del  gusto  è  scopo  supremo 
delle  arti  belle.  Però,  sebbene  questo  senso  estetico  .sovraneggi  nelle  creazioni  dell'artista, 
possono  intervenire  a  crescerne  l'interesse  altre  jioteiiti  emozioni,  che  non  sono  d' indole 
estetica,  quali  la  rabbia,  il  terrore,  la  tenerezza,  l'egoi.smo,  passioni,  che.  mentre  sono  fonte 
di  corruzione  e  disordine  nel  dominio  della  scienza  e  della  vita  pratica,  possono  venire  dal- 
l'artista giustamente  tesoreggiate. 

11  Bain  annovera  siccome  qualità  dell'artista  un'adesività  per  l'elemento  o  sostanza, 
che  egli  lavora,  congiunta  ad  una  sensibilità  speciale  per  Veff'rtto  proprio  dell'arte,  e^  lo 
paragona  per  poco  ad  un  operaio,  che  fa  un  lavoro  meccanico,  e  che  a  perfezionai-si  nel- 
l'arte sua  abbisogna  che  si  procacci  la  destrezza  manuale  necessaria.  L'artista  sceglie  i 
materiali  de'  suoi  lavori  dagli  oggetti,  che  sono  adatti  a  suscitare  emozioni  estetiche  in  chi 


(I)  Propriamente  parlando  altro  ù  astrarre,  altro  geueralizzare,  L'astrazìoue  'separu  un  attiibutu 
daiiW  altri.  ripi'rMulenilolo  in  ih  solo,  la  geuerali^za/.ione  lo  considera  come  partecipabile  da  tutti  gli 
individui  della  «tesaa  specie. 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  33 

li  contempla .  e.  quando  siffatti  pjpmenti  stanno  davanti  al  suo  spirito  .  si  compongono 
quasi  da  per  sé  a  proprio  luogo.  Avere  la  mente  tornita  a  dovizia  di  questi  materiali  non 
basta:  ravvivarli  all'uopo  imianzi  alla  mente,  e  scernere  i  più  acconci  all'ideale  concepito  e 
comporli  pei-  guisa,  che  rispondano  allo  scopo  proposto,  qui  sta  il  magistero  dello  artista. 
Poiché  a  lui  non  è  lecito  abbandonarsi,  come  chi  sogna  o  fantastica,  al  libero  coi-so  delle 
sue  immagini  ;  ma  gli  è  debito  di  satisfare  alle  condizioni  della  convenienza,  dell'accordo, 
della  melodia,  e  svegliare  in  altri  questi  sentimenti .  e  rimuovei-e  tutto,  che  possa  urtare 
il  gusto  de'  suoi  uditori.  Certo  e.  che  tanto  meglio  riesce  ad  adempiere  le  non  poche  con- 
dizioni di  un  vero  capolavoro,  quanto  maggiore  è  la  copia  de'  materiali .  onde  va  provve- 
duta la  sua  imaginazione. 

L'autore  non  intende  di  spiegare  pei-  filo  e  per  segno  la  natura  propria  di  quell'atto 
mentale,  che  è  la  costruzione  artistica,  pre.sentendo  le  vive  polemiche .  in  cui  si  dibattono 
le  moderne  teorie  dell'arte.  Tuttavia  egli  sentenzia  fermamente  che  deve  l'artista  intendere, 
siccome  a  suo  supremo  oggetto,  al  .satLsfacimento  delle  emozioni  estetiche,  e  che  perciò  il 
pigliare  per  tipo  la  natura  e  mirare  alla  verità  come  a  scopo  tinaie,  non  s  appartiene  ad 
esso,  ma  allo  scienziato.  Quindi,  mentre  è  indeclinabil  ufficio  del  dotto  e  del  pensatore  il 
contemplare  la  realtà  sotto  tutte  quante  le  su(^  forme,  non  trascurando  verun  oggetto  per 
quantunque  spiacevole  ed  increscioso,  l'artista,  guidato  dal  .sentimento  del  gusto,  come  da 
sovrano  criterio,  sceglie  dalla  natura  solo  quel  tanto,  che  meglio  risponde  al  suo  senso  del- 
l'arte, e  taltìata  modifica  a  suo  grado  la  realtà  medesima.  (ìiova  però  avvertire,  che  nella 
musica  e  nella  danza  la  verità  e  la  natura  non  hanno  che  fare,  mentre  nella  poesia  .  nel 
romanzo,  nella  pittura  il  soggetto  viene  per  lo  più  attinto  dalle  realtà  della  natura  o  della 
vita,  ed  abbellito  poscia  dal  genie»  artistico,  e  per  ciò  appunta,  che  l'argomento  non  è  me- 
ramente fantastico,  l'artista  debbe.  nel  trattarlo,  avere  qualche  riguardo  alla  verità,  non 
isvisando  la  realtà  della  storia  o  dell  esperienza,  pur  mentre  intende  ad  appagare  il  senso 
del  gusto.  Di  certo,  il  gian  poeta  non  va  trasformato  nello  storico  e  nel  moralista,  i  quali 
ritraggono  la  natura  umana  (;on  tutta  quella  fedeltà  rigorosa,  con  cui  l'anatomista  ci  pone 
sott'occhio  perfino  le  più  minute  congiunture  del  corpo  nostro  :  pure  se  gli  venga  fatto  di 
sollevare  la  realtà  nelle  regioni  dell'ideale  senza  of^'endere  la  verità,  riscuote  applausi  do- 
vuti al  suo  genio. 

Appare  da  tutto  ciò.  qual  giudizio  jiorti  l'autore  di  quella  scuola  recente,  che,  intenta 
a  conciliare  l'arte  colla  natura  vuole  frenato  il  volo  della  libera  imaginazione  e  tratteggiate 
nella  loro  naturale  schiotte/za  le  realtà  del  mondo  fisico  ed  umano,  appagando  ad  un  tempo 
le  varie  emozioni  estetiche.  Kgli  riconosce  l'importanza  di  questa  teoria  ed  il  merito  del- 
l'artista, che  ricerca  il  vero.  Tuttavia  non  è  di  avviso,  che  la  rappresentazione  della  verità 
sia  il  compito  supremo  dell'artista  ed  il  jn-inci pale  suo  pregio.  «  Evvi  (egli  scrive)  e  sempre 
vi  sarà  un  divario  tra  il  grado  di  verità,  cui  un  artista  può  raggiungere,  e  quello,  che  può 
venir  conseguito  da  un  dotto  e  da  un  uomo  d'affari.  Il  poeta  non  può  consacrare  allo  studio 
delle  realtà  un'attenzione  illimitata.  1  lettori  non  domandano  la  verità  per  sé  stessa ,  né 
vogliono  che  venga  loro  offerta  sotto  la  severa  forma  di  un'esatta  nomenclatura  . .  .  Non 
dobbiamo  chiedere  all'artista,  che  ci  conduca  alla  verità:  basta,  che  non  ce  ne  allontani 
{/  sensi  <■  l'intdl.,  pag.  .■■)fì4)  ».  Veramente  io  non  iscorgo.  quanto  divario  interceda  tra 
•.la  teorica  dell'autore  e  quella  del  verismo  (come  oggidì  si  denomina)  da  lui  ripudiata; 
poiché  se  egli  sentenzia,  che  oggetto  supremo  dell'arte  é  il  satisfacimento  del  gusto  estetico, 

Serie  11.  Tom.  XXXIV.  5 


S4  ESPOSIZIONK    CRITICA     [IF.I.I.K     DOTTRINE    PSIC0I.0(5ICHE    DI    A.     BAIN 

anche  i  veristi  pronunzia im.  die  l'artista,  pur  mentre  ritrae  la  realtà  qual  è  in  >i'  >tessa, 
lieve  appagare  il  sentimento  del  bello,  dei  firazioso  e  del  sublime.  Ma  il  senso  del  gusto 
estetico,  che  si  vorrebbe  fmidaniento  primo  e  norma  sovrana  dell'arte,  è  esso  indipendente 
per  guisa,  che  contenga  in  sé  niodesimo  il  propi-io  fine,  o  non  piuttosto  va  subordinato  a 
piincipii  superiori  pruprii  dell'ordine  speculativo  e  morale?  Qui  sta  tutto  il  nodo  della  pre- 
sente questione,  che  l'autore  non  pare  ai)bia  veduto,  e  che  pure  avrebbe  dovuto  risolvere 
sia  per  determinare  il  vero  senso  della  sua  teorica,  sia  |ier  rilevare  in  die  essa  differisca 
da  quella  del  verismo. 

Pervenuta  a  questo  punto  la  critica,  può  miiovei  questione  .  se  la  virtù  estraente  e 
costruttiva,  quale  è  intesa  dal  Bain.  arguisca  nello  spirito  umano  un'altra  facoltà  superiore 
specificamente  distinta  dalla  percezione  sensitiva,  e  sia  conciliabile  colla  dottrina  di  lui, 
che  fa  derivare  tutto  i|uanto  il  sapere  dii  11  "esperienza  sensibile.  «  L'intelletto  (egli  scrive) 
non  può  mai  trascendere  i  limiti  della  sua  propria  esperienza,  della  sua  conoscenza  acqui- 
sita vuoi  tisica,  vuoi  meta  tisica.  Quel,  che  sappiamo  mei'cc  i  nostri  sensi,  posti  in  rapporto 
col  mondo  esteriore,  e  meicè  il  nostro  senso  intimo,  è  il  fondamento,  l'abbici  di  tutto,  che 
siara  capaci  di  sapere  (1).  Conosciamo  i  cohu'i  ed  I  suoni,  il  piacere  ed  il  dolore,  le  diverse 
emozioni  chiamate  stupore,  timore,  amore.  c^oUeia.  Se  vi  fosse  qualch'essere  dotato  di  sensi 
diversi  dai  nostii.  non  potremmo  in  veriin  modo  comunicare  con  esso.  Se  vi  sono  fenomeni, 
che  sfuggono  ai  nostri  sensi  limitati .  sai-ebbero  al  di  .sopia  della  nostra  conoscenza  {Lo 
spirito  ed  il  corpo,  (mg.  '11 '1.  ediz.  francese)  •>.  Pedissequo  di  Giovanni  Locke,  il  quale, 
alla  duplice  esperienza,  sensiliilr  od  esterna,  e  psicologica  od  interna,  aveva  aggiunto  la 
riflessione,  che  lavora  sui  materiali  da  i|uella  somministrati,  anch'egli  il  Bain  aggiunge  al- 
l'esperienza la  facoltà  compositiva  e  costruttiva  dello  spirito.  la  (juale  acconcia  insieme  in 
differentissime  guise  le  lettere  del  nostro  alfabeto  di  sensazioni  e  di  sentimenti  :  ma  ben 
tosto  soggiunge,  die  essa  facoltà  sta  ristretta  entro  a  limiti  cosi  angusti,  che  gli  elementi  del 
suo  lavoio  ideale  non  |)ossoiio  essere  di  altra  indole  e  natura  da  quelli  dell'esperienza.  Di 
qui  mi  è  lecito  ai'guire.  die  siccome  Condillac  logicamente  respinse  la  riflessione  lockiana 
siccome  ([uella.  die  nulla  aggiunge  di  nuovo  alla  sensazione,  della  quale  è  una  mera  tras- 
formazione e  iiiilla  più.  cosi  la  facoltà  costruttiva  del  Baili  non  mostra  un  indole  speciale 
ed  una  sua  inopria  natura,  die  la  ilit^'ereiizii  essenzialmente  dalla  esperienza,  bensì  va 
riguardata  ipiale  una  tiasforniazione  della  iiiedesinia.  siccome  quella,  che  nulla  aggiunge 
ad  essa  e  non  ne  trascende  la  virtù  conoscitiva. 

Preoccupato  dal  pensiero  di  trai're  tutto  quanto  il  sajiere  dall'esperienza  .  il  Bain 
restrinse  oltre  misiiia  i  limiti  della  riflessione  speculativa,  o.  com'ei  la  denomina,  della  fa- 
coltà co.struttiva.  (.'he  la  mente  umana  non  possa  snll(>vai>i  di  botto  alla  conoscenza  di 
certi  principii  ideali  e  di  certe  entità  trascendentali  e  soprasensibili,  senza  aver  pigliate  le 
mosse  dalla  percezione  degli  oggetti  sensibili,  noi  noi  neghiamo,  essendoché  lo  spirito  umano 


(I)  Il  Bain  riproduce  qui  l'identica  teoria  di  Lockk,  che  cosi  scrive:  "  Donde  mai  attinge  l'anima 
tutti  quei  materiali,  che  sono  come  il  fondo  di  ogni  suo  ragionamento  e  conoscenza?  K  ciò  risponde 
ili  una  parola  dall' esperienia  :  ijui  sta  il  fondamento  di  tutte  nostre  cognizioni:  di  qui  esse  traggono 
la  loro  prima  origine.  Le  o.«x<;ri'(iji(»ii,  che  facciamo  sugli  Oggetti  eslpriori  e  sensibili,  o  sulle  interiori 
operazioni  della  nostr'anima,  che  appercepiarno  e  sulla  quali  ri/ìeitiamo,  /bmiscuno  ul  nostro  spirito 
I  materiali  di  tulli  i  situi  pensieri.  Sono  queste  le  due  sorgenti  ,  donde  rampollano  tutte  le  idee,  eh» 
abljiamu  o  possiamo  naturalmente  uvere  [Sat^yio  suW itucndinieuto  ecc.,  lib.  I,  capo  1°,  ^  2). 


PER    GIUSEPPE    ALLIETO  35 

è  tale  di  natura,  che  non  possa  spiegare  certe  sue  virtù  intellettive  se  prima  non  ha  per- 
corso certo  qua]  periodo  di  sviluppo  :  ma  le  conoscenze  speculative  tanto  si  sollevano  sopra 
le  conoscenze  empiriche,  che  vanno  riguardate  non  come  semplici  trasformazioni  od  elabo- 
razioni di  queste,  bensì  come  essenzialmente  diverse,  epperò  anche  la  ragion  pura  o  spe- 
culazione essenzialmente  si  differenzia  dalla  pci-cezione  sensitiva.  Difatti  lavoi-ate.  finché  vi 
aggrada,  mercè  la  riilessione.  i  dati  dellesperienza.  che  sono  di  loro  natura  mutabili,  par- 
ticolari, contingenti,  né  vi  verrà  fatto  giammai  di  trarne  fuori  le  idee  eli  Dio.  del  giusto, 
dell'onesto,  i  principii  immutabili,  assoluti,  universali,  necessarii.  che  informano  la  ragione 
0  fondamentano  le  scienze.  Invano  obbietta  il  Hain.  cbn  gli  l'icmenti.  onde  la  facoltà  co- 
struttiva compone  le  sue  conoscenze  sintetiche,  sono  pur  s(Mnpre  i  dati  dell'esperienza,  poiché 
egli  non  avverte,  che  quell'insieme  ideale,  a  cui  vengono  conformati  ed  acconciati  i  molte- 
plici dati  empirici,  trascende  la  virtù  dell'esperienza  ed  abbisogna  di  una  facoltà  essenzial- 
mente superiore,  che  lo  concepisca.  La  mente  dell'arcliitetto.  che  costruisce  l'ideale  di  un 
palagio,  è  di  ben  altra  natura  dalla  facoltà  visiva  sperimentale  del  bruto  .  che  percepisce 
i  mattoni,  i  sassi,  la  calce  ed  altrettali  plpnienti.  onde  viene  poi  ad  essere  costruito  quel- 
l'edificio medesimo:  se  pure  non  si  ardisca  sostenere  non  esservi  sostanziale  divario  tra  il 
genio  umano,  che  scopre  od  inventa,  e  l'esperienza  del  bruto  sempre  legata  alla  singolarità 
del  momento  ed  alla  monotona  unifdnnità. 


Teorica  della  volontà 

Alle  facoltà  del  sentire  e  dell'intendere  gli  esseri  dotati  di  spirito  accoppiano  la  virtù 
del  volere,  ossia  l'attività  esteriore,  in  sentenza  del  nostro  autore.  Il  Kibot  esponendo  la 
dottrina  del  Bain(l)  loda  il  psicologo  inglese,  die  seppe  contemplare  e  ritrarre  la  volontà  in 
tutti  gli  stadii  del  suo  suei-essivo  sviluppo.  d;il  jiunto  primordiale,  in  cui  essa  è  niente  più 
che  un  oscuro  germe,  un  istinto  pressoché  fisiologico,  sino  al  suo  finale  periodo,  in  cui 
sotto  nome  di  libeilà  suppone  l'intelligenza  e  fonda  la  moralità.   Questa  lode  del   Ifibot  h 

accompagnata  da  un  biasi ,  che  egli  muove  Mll'antica  e  ((inaine  psicologia,  la  quale  nella 

teorica  della  volontà,  isolando  il  fatto  della  sua  deteriiiinazion(^  dulie  cundizioni .  che  la 
preparano,  e  dai  risultati  che  la  sussegiKino.  giunse  a  convei-tii-la  in  un  [imito  matematico, 
in  una  mera  astrazione,  ([iiale  ('■  appunto  la  pura  risoluzione  della  volontà  disgiunta  dai 
motivi  clic  la  detcì  niinano.  e  (laUazioiie  esterna,  in  cui  essa  risoluzione  viene  tradotta.  A 
me  non  paie  fondato  (iiiesto  liniproveid.  essendoché  la  psicologia  ordinaria  non  disgiunge 
punto  lo  studio  della  volontà  da  ((uello  de' motivi,  che  sono  condizione  del  suo  sviluppo,  e 
degli  atti  esteriori .  in  cui  s'incarnano  le  sue  risoluzioni  .  e  si  pro))one  di  contemplare  la 
volontà  l'azionale,  (piale  l'ifulge  nella  moralità  umana,  non  già  ([nella  volontà  meramente 
fisiologica  ed  istintiva,  che  inijn'oprianiente  alcuni  attrihuiscdiio  ai  bruti,  (guanto  [loi  alla 
lode,  ch'egli  dà  .■il  U.'iin,  |ierch(''  sia  fondata  in  re.'iltà.  fai'(^hl>e  mestieri  avei'e  prima  dimo- 
strato (cosa  che  non  ei-edianio  [lossibile).  clic  l'istinto  fisiologico,  da  cui  si  vorrebbe  esor- 
dire la  volontà,  [wssa  trasformarsi  in  (piella  facoltà  nobilissima,  che  è  la  libertà  morale 
umana.  Alcuni  discesero  ancora  più  giù  dello  stesso  Baili,  e  pretesero  di  scorgere  le  prime 


(1)  Th.  RiBOT ,  Im  psicologie  aiiglaise  contemporaine. 


Z6  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHF.    HI    A.     BAIN 

manifestazioni  della  volontà  non  già  negli  esseri  animali,  ma  nei  vegetali,  anzi  negli  stessi 
corpi  inorganici  della  natura.  Tale  ('■  la  teoria  contenuta  nelFopera  di  Arturo  Schopenhauer 
Il  mondo  coìiip  roloiitù.  dove  questi»  ardente  avversario  di  Hegel  riguarda  la  volontà  sic- 
rorae  l'intimo  fondo  assoluto  della  realtà  cosmica,  .siccome  la  forza  universale,  die  percor- 
rendo tutta  la  scala  degli  esseri  si  eleva  per  gradi  dalle  leggi  fisiche  della  materia  bruta 
fino  alla  coscienza  nell' animale  dotato  di  scuso  e  di  percezione,  tino  alla  ragione  ed  alla 
morale  nell'uomo.  Come  possa  attribuirsi  una  volontà  alla  forza,  che  fa  gravitare  la  pietra 
verso  terra,  ed  alla  pianta,  che  vegeta,  e  conje  l'inconscio  e  fatale  istinto  del  bruto  possa 
svilupparsi  nella  conscia  e  libera  volontà  .  su  cui  si  appoggia  la  moralità  umana,  è  tale 
arcano,  che  e  lo  Schopenhauer  ed  il  Bain  invano  si  argomentarono  di  rivelare. 

Il  iJaiu  concepisce  la  volontà  un'  attività  determinata  dal  sentimento  :  e  siccome 
l'operare  suscitato  dal  sentire  è  azione  mentale,  perciò  il  volere  è  tal  proprietà .  che  si 
riscontra  in  qualchesiasi  spirito.  Discorrendo  dell'intelligenza,  già  ci  venne  notato  il  vincolo, 
che  la  congiunge  col  sentimento,  là  dove  abbiamo  avvertito,  che  uno  stato  di  coscienza  è 
fientimento.  se  accompagnato  da  piacere  o  da  pena,  è  intellezione  se  venga  conosciuto  come 
differente  o  come  simile  ad  altri  stati  psicologici.  Un  vincolo  non  meno  intimo  collega  il 
sentimento  colla  volontà,  non  potendo  questa  esplicarsi  ove  non  sia  suscitata  e  governata 
da  quello.  Vediamo  ora  di  chiarire  il  concetto  dell'autore,  che  ripone  la  virtù  del  volere 
in  una  sintesi  dell'attività  e  del  sentimento. 

Evvi  in  noi  un'  attività  spontanea,  che  s'insedia  nei  centri  nervosi  e  si  esplica  per 
propria  virtù  interiore  senz'  essere  mossa  da  impressione  esterna  .  nò  determinata  da  sen- 
timento anteriore  :  essa  mette  in  moto  i  muscoli  ed  opera  sugli  organi  del  corpo  senza  verun 
fine  particolaie  presente  all'intelletto.  Questo  fatto  dell' attività  spontanea  è  il  pi'eludio 
della  volontà,  la  quale  allora  sarà  costituita  nell'essere  suo.  quando  a  quel  primo  elemento 
si  aggiunga  l'altro  non  meno  essenziale  del  sentimento,  (ti-,  come  interviene  il  sentimento 
a  suscitare  la  volontà?  Poniamo,  che  la  nostra  attività  spontanea,  che  ha  nei  muscoli  la 
sua  sede  fisica,  e  che  è  la  .sorgente  primordiale  del  potere  volontario,  sia  mes.sa  in  moto 
da  una  impressione  esteriore,  e  testo  sorge  in  noi  un  sentimento .  che  può  essere  piacevole 
o  molesto,  cioè  o  favorevole,  o  contrario  al  nostro  ben  essere.  Or  siccome  è  legge  della  nostra 
conservazione  individuale,  che  il  piacere  rinforza  ed  aumenta  l'attività  nostra,  il  dolore  pei" 
contro  scema  e  combatte  la  nostra  energia  vitale.  (|uindi  ne  consegue,  che  un  sentimento 
di  piacere  da  noi  provato  crescendo  l'attività  nostra  ne  stimola  ad  operare  a  fine  di  pro- 
lungare, accrescei'e.  l'innovare  il  piacere  {trovato,  mentre  un  sentimento  di  pena  ci  provoca 
all'azione  a  fine  di  sopprimere,  scemare  o  prevenire  la  pena.  Kcco  come  il  sentimento 
susciti  e  determini  il  nostro  operare  esteriore,  ccnne  la  volontà  sia  attività  governata  dal 
sentimento,  e  come  sua  legge  sniirenia  --ia  (|uest:i.  che  il  piacere  provoca  l'azione  per  essere 
.'iccresciuto  e  rinnovato,  la  pena  provoca  l'azione  per  essere  diminuita  o  iirevenuta. 

Da  questo  concetto  della  volontà  si  scoige  che  guisa  di  attività  essa  sia.  ed  in  che 
diversifichi  dall'attività  spontanea,  i^a  volontà  non  abbraccia  tuttaquanta  la  cerchia  del  nosta'o 
operare,  è  un'attivitiì.  ni:i  imn  r,itlivit:ì  nniami  tutta  quanta;  è  l'attività  determinata  dal 
sentimento,  non  l'attività  sptmtanea  primitiva.  Mvvi  un  online  di  azioni  e~-tranee  alla  sfera 
della  volontà,  quali  la  respirazione,  la  circolazione  del  sangue,  i  moviuienti  intestinali:  esse 
non  sono  azioni  dello  spirito:  il  Baili  le  denomina  azioni  ritiesse  (in  senso  fisiologico)  e  le 
distingue  sostanzialmente   ilalle  volontarie,  siccome  jnconscienti  e  non  appartenenti  allo 


PER    r.irSKPPE    ALLIEVO  37 

spirito.  L'attività  spontanea  poi  si  differenzia  essenzialmente  dall 'attività  volontaria  ,  essen- 
doché questa  geimoglia  dalla  sensazione  e  la  susse^jiie.  quella  è  anteriore  ad  ogni  sentimento 
e  muove  da  una  virtù  interiore  i-iposta  nei  centri  nervosi:  onde  i  moti  volontari!  sono 
sempre  preceduti  e  preparati  dai  moti  spontanei  od  istintivi.  Ancora,  la  volontà  è  manife- 
stazione di  t'orza  intenta  ad  un  fine  concepito  daUintelligenza .  fine  riposto  nell"  appagare 
il  sentimento  mercé  il  con.seguimento  del  piai'eic  o  la  cessazione  del  dolore,  secondochè  esige 
la  legge  di  nosti'a  conservazione  peisonale.  mentre  la  spontanea  attività  procede  a  caso,  è 
regolata  da  circostanze  tisiche,  e  non  punto  dal  hen  essere  finale  delTanimale.  e  s'arresta 
al  di  qua  di  <'iò.  clic  dovrelihe  compiere  per  la  nostra  consci-vazionc. 

Ognun  vede,  come  questo  t'oncetto  della  vohnità.  la  (piale  si  svolge  dall'attività 
spontanea  fisiologica  come  da  proprio  germe,  ed  è  tutta  nel  satisfare  le  esigenze  della  sen- 
sazione, non  possa  logicamente  far  luogo  alla  libertà  l'azionale  umana,  uè  tradursi  in  altra 
morale  che  (piella  dell'eudemonismo  e  dell'utilisnio.  l]saminaiido  la  teorica  dell'autore  io 
rimasi  colpito  dalla  ]>rofonda  rassomiglianza  e  starei  per  dire  identità,  che  essa  manifesta 
colla  dottrina  sensistica  del  'l'racy.  Il  francese  ideologo  dà  il  nome  di  volontà  <•  a  quella 
ammirabile  facoltà,  che  abbiamo  di  sentile  ciò  che  si  dice  desiderii  (1  )  ».  Kcco  qui  designato 
il  sentimento,  siccome  uno  degli  elementi  costitutivi  di'lla  volontà,  la  ipiale  è  sempre  mai 
portata  all'atto  dal  piacere  o  dalla  pena,  che  noi  proviamo,  come  apparisce  dalle  seguenti 
parole,  che  tengono  dietro  immediatamente  all(>  citate:  «  Hssa  è  una  conseguenza  immediata 
e  necessaria  della  singolare  jiropriefà.  che  hanno  certe  sensazioni  di  airecairi  pena  opiacei'e. 
e  de' giudizi,  che  noi  ne  poitiamo  ;  essendo  che  dopo  di  aver  giudicato  che  un  oggetto  è 
per  noi  ciò  che  chiamiamo  buiuio  o  malvagio,  ci  riesce  impossibile  il  non  desiderare  di 
goderne  o  di  evitarlo  ».  Si  scorge  qui  il  concetto  medesimo  del  Baili,  che  fa  gei'inogliai'e 
la  volontà  dalla  sensazione  piacevole  o  penosa.  Anche  il  secondo  elemento  della  volontà, 
che  risiede  nell'attività  esercitata  sul  nostro  mganismo  mercè  il  movimento,  è  dal  Tracj" 
formalmente  riconosciuto.  «  La  volontà  (egli  scrive  in  (|uel  medesimo  ca])itolo  quinto)  pos'- 
siede  un'altra  virtù  ben  incomprensibile  i-d  assai  rilevante,  (juella  cioè  di  dirigere  i  mo- 
vimenti delle  nostre  membra  e  le  operazioni  della  nostra  intelligenza,  i,'  impiego  delle 
nostre  forze  meccaniche  ed  intellettuali  dipende  dalla  nostra  volontà...  K  la  mia  volontà 
che  traduce  in  atti  i  risultati  di  tutte  le  altre  mie  facolti\  intellettuali  ••.  Questi  due  ele- 
menti integrali  della  facoltà  volontaria  vengono  dal  Tracy  significati  col  nome  di  bisogni 
sentiti  0  di  mezzi  operativi  corrispondenti  in  altra  parte  della  sua  opera,  dove  si  legge: 
«  Dacché  proviamo  s(!ntimenti  di  preferenza  noi  abbiamo  l>iso(/ìi>i  ciie  essi  vengano  sod- 
disfatti sotto  pena  di  essere  infelici  ])er  essi.  Questa  facoltà  di  volere  o  di  preferire  è 
dunque  la  sorgente  di  tutti  i  nostri  hisof/tii  :  o  meglio  ancora  tutti  i  nostri  Insogni  si 
assommano  in  quello  di  soddisfarla.  Abbiamo  altresì  avvertito,  che  fra  gli  atti  della  nostra 
volontà  .  fra  i  nostri  desiderii  evvi  sovente  quello  di  muovere  alcuno  de'  nostri  membri, 
impiegare  alcuno  de' nostri  (jrgani.  usare  di  alcuna  delle  nostre  facoltà  corporee  od  in- 
tellettuali. Oragli  è  in  (juest' azione  volontaria  de'nostri  organi  qualunque,  che  dimorano 
tutti  i  mezzi,  che  po.ssiamo  avere  per  procacciai'ci  quanto  ci  è  necessario,  evitare  quel,  che 
ci  nuoce,  in  una  parola  provvedere  ai  nostri  bisogni  tutti.  Cos'i  la  facoltà  di  volere  è  ad 
un  tempo  la  sorgente  di   tutti  i  nostri  me.t^i  (ecco  Vattirifù  del  Bain)  del  pari  che  di 


(I)  Elementi  di  ideologia,  parte  1",  capitolo  V. 


38  ESPOSIZIONE    CKITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    PI    A.     BAIN 

tutti  i  nostri  insogni  (ecco  il  sentimento)  (1)».  Che  più?  Anche  la  legge  della  nostra  con- 
servazione individuale,  a  cui  il  Bain  richiama  tutto  l'operare  della  volontà,  viene  esplici- 
tamente riconosciuta  sott" altra  forma  dal  Tracy  in  (4ueste  parole:  ••  La  volontà,  del  pari 
che  le  nostre  altre  facoltà,  non  (•  che  un  risultato  del*nostro  organismo  (il  Bain  addita 
nneìi'egli  l'attività  spovtaura  n/Kscotarr.  sifcoiic  preludio  e  geriiir  della  volontà);  ma 
essa  ha  questo  di  proprio,  l'he  per  cagion  sua  noi  siamo  mai  sempre  felici  od  infelici... Il 
desiderio  esclude  l'indifferenza:  per  sua  propria  natura  è  godimento,  se  soddisfatto,  pena, 
se  inadempiuto...  (jodere  e  soffrire  è  tutto  ]ier  noi:  è  la  nostra  esistenza  tutta  quanta,  ne 
mai  godiamo  o  soflrianio  se  non  in  quanto  ahhiaiii  desiderii .  i  quali  vengano  adempiuti 
o  no  (2)  ». 

Questa  dottrina,  che  pretende  di  trovare  nell'istinto  tisico  e  nel  senso  animale  il 
germe  ed  il  fondamento  primo  della  volontà  umana  e  che  in  realtà  scalza  le  basi  di  ogni 
vera  morale,  parmi  fondata  sul  sofisma,  che  i  logici  chiamano  del  post  hoc.  ergo  propter 
hoc.  Da  ciò.  che  nello  sviluppo  della  vita  del  fanciullo  si  manifesta  per  primo  il  senso 
coli  istinto  animale  e  la  libera  volontà  razionale  spunta  assai  dopo,  il  sensista,  ne  arguisce, 
che  questa  è  una  evoluzioiK^  naturale  di  quello.  Se  cosi  appunto  stesse  la  cosa,  anche  nel 
bruto  si  dovrebbe  avverare  siffatta  evoluzione,  mentre  l'esperienza  attesta  il  contrario.  Or 
la  ragione  per  cui  l'istinto  fisico,  ijuale  esiste  negli  animali  in-agionevoli.  non  ha  virtù  di 
esplicarsi  tant'oltre  da  trasformarsi  nella  libertà  morale  umana,  parmi  non  possa  essere 
altra  che  questa:  l'anima  del  bruto  è  specificamente  diversa  dallo  spirito  dell'uomo,  e  la 
dottrina  dell'evoluzione  applicata  al  caso  nostro  è  del  tutto  sbagliata. 

Posta  la  genesi  della  volontà  nell'attività  spontanea  accompagnata  dalla  sensazione, 
il  Bain  si  fa  a  descrivere  la  storia  del  suo  sviluppo  delineando  il  processo,  mercè  cui  lo 
spirito  umano  va  successivamente  connettendo  a  certi  deteiniiinati  sentimenti  certe  deter- 
minate azioni.  Siccome  la  facoltà  del  volere  è  un  operare  a  seconda  del  sentire,  così  essa 
non  costruisce  tutto  di  botto  il  proprio  editìzio.  ma  avanza  nel  suo  sviluppo  a  mano  a 
mano  che  impara  a  padroneggiare  i  movimenti  del  corpo  ordinandoli  ciascuno  a  quel  fine 
particolare,  che  è  segnato  dalla  sensazioTio  piacevole  o  penosa  conforme  alla  legge  della 
propria  conservazione.  Nella  prima  infanzia  i  movimenti  delle  memhra  non  sono  atteggiati 
ad  una  direzione  definita,  ma  avvengono  foitiiiti  ed  alla  ventura,  jierchè  originano  dall'at- 
tività spontanea  interiore,  non  da  un  piacele  n  da  una  jiena  determinata.  Imprimere  al 
nostro  organismo  corporeo  tale  o  tal  altro  movimento  conforme  a  tale  o  tal  altro  senti- 
mento provato  è  cosa  che  s'impaia  mercè  la  pratica  e  l'educazione  di  noi  stessi,  e  costituisce 
tutto  il  magistei'o  e  lo  svolgimento  della  volontà.  L Csercizio  ilei  nostro  senso  muscolare, 
del  senso  organico,  e  de'cinque  sensi  esteiiii  importa,  a  diventar  volontario,  sforzi  non 
pochi  e  ripetuti,  accompagnati  da  tentativi  tal  fiata  infruttuosi. 

L'impero,  che  la  volontà  esercita  sui  movimenti  del  corpo,  abbraccia:  1"  la  facoltà 
di  cotitiniKire  o  sospendere  un  moto,  che  già  stiamo  comiìiendo.  per  obbedire  ad  un  sen- 
timento presente,  giusta  la  legge  (irimitiva  dell'orgainsmo .  pei'  cui  i  piaceri  sono  accom- 
pagnati da  un  aumento  di  forze,  le  pene  da  una  diminuzione:  2"  la  facoltà  di  scegliere  un 


(1)  Elementi  di  ideologia,  tomo  V,  Trattato  delta  volontà. 

(2)  Opera  citata,  parte  I',  capit.  V  e  XIII. 


PKR    GirSEPPK    ALLIEVO  39 

movimento  per  elevare  o  depriineie  l'intensità  di  un  sentimento  presente;  come  quando 
un  fanciullo  impara  a  cercar  un  lume  nella  camera,  o  volge  l'occhio  vei-so  qualche  viso,  che 
cominciò  a  trovare  piacevole  :  3°  il  compiere  azioni  hìtermcclie  in  vista  di  un  piacere, 
come  quando  animali,  vedendo  a  qualche  distanza  la  preda,  si  mettono  in  moto  per  affer- 
rarlti:  4"  la  facoltà  d' iniìtozioiif.  che  ci  consente  di  compiere  azioni  dopo  che  le  abbiamo 
vedute  farsi  da  alti-i  (  1  ):  .")"  la  facoltà  di  muovere  i  nostri  organi  corporei  solo  pel  desiderio 
di  vederli  in  moto,  come  quando  sto  osservando  la  mia  mano  e  voglio  alzarla  ;  6"  la  facoltà, 
di  eseguire  un  movimento  dopo  Vapjjp/lo  del  nome  di  quella  parte  del  corpo,  che  dobbiamo 
muovere,  siccome  avviene  del  soldato  nell'atto  delle  manovre. 

La  volontà  può  essa  estendere  il  suo  potere  oltre  ai  muscoli  riconosciuti  col  nome  di 
volontarii?  Il  suo  diretto  ed  immediato  comando  si  esercita  soltanto  su  questi,  ma  indiret- 
tamente si  estende  anche  ai  muscoli  involontarii :  il  che  avviene  in  que'casi,  in  cui  le  fun- 
zioni organiche  sono  cos'i  intimamente  connesse  coi  moti  muscolari  volontarii,  che  l'anione 
di  questi  può  sovente  eccitarle  o  sospenderle.  Se  invece  manca  siffatta  connessione,  l'in- 
fluenza volontaria  vien  meno  anch'  essa,  come  nel  movimento  del  cuore,  nella  secrezione 
del  sugo  gastrico.  È  altresì  un  fatto,  che  mercè  uno  sforzo  volontario  si  riesce  a  mutare 
il  corso  de' nostri  pensieri;  ma  anche  questa  è  influenza  indii-etta;  la  volontà  può  fennare 
l' attenrione.  arrestarsi  esclusivamente  sopra  un  dato  punto,  ma  non  le  è  dato  procedere 
più  oltre. 

Nel  concetto  di  volontà  giace  implicato  il  concetto  di  fine,  essendo  ogni  atto  volon- 
tario determinato  da  un  motivo.  Il  Bain.  dopo  di  avere  raccolti  i  diversi  motivi  del  nostro 
operare  in  un  massimo  fine  generale,  che  è  riprodurre  il  piacere  ed  allontanare  il  dolore, 
passa  a  distribuirli  nelle  classi  seguenti:  1"  Tutti  i  fenomeni  di  piacere  e  di  dolore  ori- 
ginati dal  sistema  muscolare,  dalle  sensazioni  della  vita  organica,  dai  sensi  estemi,  dalle 
diverse  emozioni,  siano  essi  piaceri  e  pene  attuali  e  presenti,  o  ideali  e  prevedute:  2'  i 
fini  raggi'uppati  od  aggregati,  quali  s(mo  la  scienza,  le  ricchezze,  la  sanità,  la  condizione 
sociale,  cose  tutto  che  implicano  un  tutt' insieme  di  fini  particolari;  '?>  i  fini  derivati  o  in-^ 
teimediarii.  che  ci  ])ortano  a  ricercai-e  ed  amare  |vi'r  st>  stesso  ciò,  che  da  prima  non  era 
che  un  semplice  mezzo,  come  l'ainoiN»  delia  forma  di  un'  istituzione  disgiunta  dalla  sua 
sostanza,  l'amore  del  danaro  per  sé  stesso:  4"  i  fini  appassionati  o  smodati,  discordi  dalla 
ragione,  come  il  fascino,  l'ebbrezza,  la  mononiania:  essi  non  ammettono  considerazioni 
rivali,  non  potendo  venir  combattuti  se  non  da  altri  motivi  della  stessa  natura. 

Questa  rassegna  de' motivi  determinanti  la  volontà,  anziché  una  classificazione  ra- 
zionale e  rigorosa,  apparisce  una  mera  enumerazione  empirica  e  difettosa  ad  un  tempo. 
Non  vi  ha  dubbio,  che  siccome  il  dominio  della  nostra  volontà  abbraccia  tutta  quanta  la 
nostra  attività  esteriore,  meccanica,  artistica,  economica,  politica,  morale  e,  civile,  cosi  i 
motivi  debbono  distinguersi  in  dift'erenti  specie  corrispondenti  alle  diverse  manifestazioni 
della  volontà  :  ma  nella  classificazione  dei  Bain  si  cerca  indarno  il  grande  e  nobilissimo 


(I)  L'autore  reputa  non  istintiva,  ma  acquisita  l'imitazione,  perchè  non  si  manifesta  nei  primi 
lueel  della  vita  uostra,  come  si  manifestano  i  moti  istintivi,  è  lenta  ne' suoi  primordii  e  progredisce 
a  gradi,  spesso  fallisce  alla  prova,  avelie  dopo  di  essere  riuscita  una  volta;  dipende  dalla  ricchezza 
dell'attività  spontanea  e  varia  con  ussa  ;  progredisce  insieme  colle  abitudini  acquisite,  dipende  dalla 
delicatezza  del  senso,  che  percepisce  l'effetto. 


40  ESPOSIZIONE    CRITICA    PKI.T.K    nOTTRlNE    PSICOLOGICHE    PI    A.     BAIN 

fine,  a  cui  è  ordinata  la  vnlmità  morale  e  religiosa,  l'idea  del  dovere,  del  giusto,  del  buono, 
del  santo,  né  l'autore  stesso  avivbbe  logicamente  potuto  farvi  luogo,  egli,  che  ha  fatto 
germogliare  la  volontà  dall" istinto  H-^ico  <>  la  costi'iiisp  in  nti' attività  detenninata  dal 
sentimento  del  piacere  e  del  dolore. 

L'atto  volontario,  che  si  comiìie  sotto  un  conflitto  di  motivi,  è  la  delil)erazione.  la 
quale  mette  poi  capo  alla  risoluzione.  Men  disciplinata  è  quella  v(dontà.  che  jiiocede  né 
troppo  corriva,  ne  troppo  tarda  nel  suo  deliberare.  E  nota  Vnl(/pf»n  j(/6/v(/r  escogitata  da 
Franklin  a  fine  di  ovviare  ai  danni  di  una  precipitosa  risoluzione  :  ogni  qual  volta  si  pende 
ÌTicerti  intorno  ad  un  })artito  da  prendere,  egli  consiglia  di  registrare  i)er  tre  o  quattro 
giorni  sopra  un  foglio  diviso  in  due  opposte  colonne  le  l'agioni  favoicvoli  o  contrarie, 
raccogliendone  in  ultimo  la  somma  per  rilevare  (juali  siano  preponderanti.  Tal  fiata  la 
risoluzione  è  seguita  da  un  sentimento  ))eno>o.  che  acconi])agna  la  coscienza  dell'attività 
muscolare,  e  si  denomina  sforzo,  il  quale  annunzia  una  declinazione  di  energia.  Però  è  natura 
della  volontà  di  jìrocedere  senza  più  dalla  risoluzione  all'atto,  che  la  incarna.  (Questo,  in 
sentenza  del  Bain.  fa  parte  integrale  dello  sviluiipn  volontario,  e  n'è  il  coronamento,  avuto 
riguardo  alla  tendenza,  che  porta  l'idea  a  tradursi  in  atto,  l'na  risoluzione  non  segu'ita 
dall'atto  ei  la  chiama  una  volizione  dinu^zzata.  una  ^jìecie  di  aboi-to  psicologico. 

Pervenuto  a  <iuesto  punto  il  Bain  rincontra  nella  questione  della  libertà,  questione, 
che  può  essere  in  sensi  diversi  agitata  e  lisolta  secondo  le  diverse  .scuole  a  cui  s'appartiene, 
ma  la  cui  esistenza  non  può  venire  infoisata  da  nessuno.  Poiché  essa  si  compenetra  con  le 
sorti  medesime  del  nostro  essere,  s'imjjone  alla  nostra  coscienza  psicologica  e  dimanda 
alla  ragione  il  proprio  scioglimento.  Come  intenda  e  come  risolva  la  questione  della 
libertà  il  nosti'o  autore,  apparisce  da  (|ueste  parole:  ■»  Quanto  .sono  venuto  tìn  qui  espo- 
nendo in  riguaido  alle  azioni  volontarie  degli  esseri  viventi  implica  la  predominanza  di  una 
uniformità  o  di  una  legge  in  ipiesta  da.sse  di  fenomeni,  accordando  una  complicazione  di 
numerosi  antecedenti,  che  non  sempre  sono  perfettamente  conosciuti  ».  K  facile  ravvisare 
velato  sotto  queste  ))arole  il  concetto  del  determinismo,  dottrina,  giusta  la  quale  la  vo- 
lontà non  si  detei-niina  ad  operare  per  sua  virtù  inteiiore.  ma  è  detei'minata  da  fenomeni 
psicologici  precedenti,  come  un  conseguente  da  un  suo  antecedente.  Quindi  egli  chiama  la 
questione  della  libertà  un  paiadosso  di  jiiinio  giado.  una  serratura  imbrogliata,  un  nodo 
inestricabile,  un  problema  fittizio  e  privo  di  reale  significato,  sicché  il  dimandare  se  le 
nostre  volizioni  siano  libere,  torna  allo  stesso  che  ricercale  se  la  virtù  sia  un  gas.  se  la 
volontà  sia  ricca  o  povera,  nobile  od  ignobile.  Non  havvi  dunque  libertà  di  .scelta?  S\, 
risponde  l'autore,  purché  si  voglia  con  essa  significare  la  negazione  di  ogni  intervento  stra- 
niero, come  non  evvi  libera  elezione  ogni  qual  volta  un'altra  pei-sona  s'ingerisce  nelle  mie 
risoluzioni  e  ini  spinge  ad  una  detenninata  azione.  Ciò  vuol  dire,  che  il  Bain  ammette  la 
libertà  ri  rniirfiniir.  cioè  l'esenzione  da  una  violenza  esteriore,  non  però  la  libertà  n  iifcrs- 
sifdfr,  ossia  l'esenzione  da  una  forza  interiore,  inerente  alla  natura  dell'essere  operante. 
Ohe  se  il  vocabolo  Hhna  scflta  venga  applicato  ai  diversi  motivi  presenti  al  mio  spirito , 
esso  smarrisce  allora,  in  sentenza  di  lui.  ugni  significato,  poiché  quello  tra  i  motivi,  che  la 
vince  nel  suo  conflitto  cogli  altri,  trae  con  sé  il  mio  operare,  (.'he  la  volontà  per  sua  stessa 
natura  abbisogni  di  un  motivo  o  di  una  ragion  sufficiente  del  proprio  operare,  é  cosa  che 
concediamo  di  buon  grado  all'autore,  giacché  volontà  libera  non  é  certamente  sinonimo 
di  volontà  capricciosa,  operante  alla  ventura  o  senza  perchè:  ma  è  gravissimo  errore  il 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  41 

confondere  il  motivo,  ohe  è  solo  conrlizionp   delKatto   volontario,  colla   cagione   efficiente, 
che  è  la  volontà  (1). 

Eiconosciuta  siccome  necessaria  airoperare  volontario  la  presenza  di  uno  o  più  mo- 
tivi, il  Bain  avverte  che  la  questione  della  libertà,  sta  tutta  nel  sapere,  se  l'azione  è  mia 
0  di  altra  persona,  che  mi  adoperi  come  strumento  del  suo  operare.  Ma  qui  io  dimando 
alla  mia  volta:  posso  forse  dir  mia  un'azione,  la  quale  sia  un  necessario  portato  di  quel- 
l'insieme di  circostanze  o  forze  esteriori,  che  costituisce  l'ambiente,  in  cui  mi  svolgo,  o  la 
natura  fisica,  che  mi  circonda?  Certamente  no,  per  la  stessa  ragione,  per  cui  l'autore  af- 
ferma non  esservi  libertà  là  dove  s'incontra  ingerimento  di  altra  persona.  0  dirò  forse  mio 
un  atto,  che  la  coscienza  mi  dice  essere  stato  compiuto  da  certe  forze  istintive  o  psicologiche 
a  me  interiori,  che  non  mi  venne  fatto  di  combattere  e  di  superare  malgrado  l'estremo  di 
mia  possa?  No.  di  bel  nuovo,  perchè  la  coscienza  mi  afferma  l'esistenza  di  un  me.  ossia 
di  un  principio  personale  superiore,  in  cui  si  raccoglie,  si  sostanzia  e  s'incentra  il  mio  es- 
sere, e  siccome  questo  ìnf  non  prese  parte  a  quell'azione,  perciò  essa  non  è  mia,  perchè 
non  può  venire  ascritta  a  me.  come  a  vera  cagion  efficiente.  Ciò  è  tanto  vero,  che  la  stessa 
coscienza  mi  testimonia  due  classi  di  fenomeni,  che  si  compiono  nel  mio  spirito  :  gli  uni 
da  me  dipendenti,  gli  alti-i  affatto  indipendenti:  dei  primi  io  sono  il  soggetto  e  la  cagione 
ad  un  tempo,  sicché  sono  miei  veramente  :  dei  secondi  sono  bens'i  il  .soggetto,  non  però  la 
cagione.  Dunque  allora  soltanto  posso  dire  veramente  mia  un'azione,  quando  è  uscita  da 
questo  supremo  principio  lazionale.  che  si  denomina  Vio.  e  dipendeva  da  me  per  guisa,  che 
avrei  potuto  non  farla:  e  per  quantunque  abbia  del  misterioso  questo  avrebbe  anche  po- 
tuto non  farla,  tuttavia  la  sentenza  contraria  ci  mena  a  filo  di  logica  a  niegare  il  fatto 
morale  del  merito,  del  demerito  e  della  responsabilità  umana,  essendo  assurdo  il  chiamare 
a  rendere  ragione  del  proprio  operato  chi  von  poteva  non  compiere  certa  determinata 
azione,  ossia  chi  operò  per  insuperabile  necessità  di  natura  interiore  o  di  forza  esteriore. 
La  libertà   vera  sta  dunque  noi  dominio  di  sé.  ossia  nell'impero,  che  l'io  esercita  sui 


(Ij  Anche  su  questo  punto  io  scorgo  una  consonanza  di  pensare  tra  il  Bain  ed  il  Tracy,  il  qual» 
cosi  si  esprime:     «  Si  domanda  bono  spesso,  se  la  nostra   volontà  essa  stessa  sia  lìbera,   se  dipenda 

da  noi  ,  cioè  se  a  parlare  con  esattezza,  dipende  unicamente  da  sé  stessa La  questione  proposta 

si  risolve  in  questa:  la  nostra  volontà  dipende  essa  soltanto  da  sé,  cioè  possiamo  noi  volere  senza 
una  cagione,  e  per  ciò  solo  che  vogliamo  volere? Si  tratta  di  vedere  sol  questo,  se  è  nella  na- 
tura della  nostra  volontà  di  uscir?  all'atto  senz'essere  mossa  da  checchessia,  se  in  noi  pui^  sorgere  un 
desiderio  senza  causa;  è  evidente  che  no.  Infatti  se  consideriamo  il  desiderio  in  astratto,  se  non  vi 
vediamo  che  una  percezione,  non  possiamo  concepirlo  se  non  come  una  conseguenza  necessaria  del 
giudizio,  che  una  pei'ce/.ione  precedente  è  per  noi  buona  o  malvagia  a  provare,  desiderabile  o  uo  , 
e  questo  giudizio  se  non  come  il  necessario  conseguente  del  modo,  con  cui  siamo  stati  alTetti  da  questa 
percezione  nell'atto  di  provarla.  Se  per  contro  riguardiamo  i  nostri  desideri! ,  quali  sono  in  realtà,  come 
i  risultati  di  certi  movimenti  ignoti,  che  si  compiono  negli  organi  dell'essere  animato,  e  che  gli  fanno 
provjire  un  modo  di  essere  ohe  egli  chiama  desiderare  ;  è  certo  che  ogni  desiderio  segue  necessaria- 
mente dal  movimento  degli  organi,  che  hanno  la  virtìi  di  produrlo,  e  che  questo  movimento  degli 
organi  non  è  un  atto  della  volontà ,  ma  <>  esso  stesso  occasionalo  da  altri  movimenti  anteriori.  Cosi 
né  sotto  il  riguardo  ideologico  ,  né  sotto  l'aspetto  fisiologico  il  desiderio  non  può  essere  concepito  sa 
non  come  un  necessario  conseguente  di  fatti  anteriori,  od  in  generale  non  ci  può  venir  fatto  di  com- 
prendere un  atto  qualunque,  che  sia  principio  e  causa  di  sé  medesimo.  Cosi  quelli  di  nostra  volontà 
sono  forzati  e  necessarii,  come  quelli  di  tutte  le  nostre  facoltà,  e  come  quelli  di  tutti  gli  altri  esseri 
animati  o  inanimati,  che  esistono  nella  natura  [Etem.  di  Ideal.,  parte  I',  capit.  XIII)  ».  È  evidente 
il  determinismo  dell'autore,  che  riguarda  ogni  atto  volontario  siccome  necessario  conseguente  del  de- 
siderio, ed  il  desiderio  come  conseguente  necessario  della  percezione  e  del  giudizio,  togliendo  cosi  di 

mezzo  la  libertà. 
I 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  6 


42  KSPOSIZIOXK    TRITtfA     IiKl.I.K     IKITTKISK     l'SK  iiI.IMillHK     IH      V.     HAIN 

proprii  atti  r  >lllli'  potenze  Mie.  il  (iiliile  alloiH  |inù  dirsi  liheld  nel  >I1(P  (i|)eiare.  quaiulci 
non  f'  già  fleterniinato  da  f<ii/e  a  lui  inleiiori  od  estei'iini.  ma  si  determina  da  sé.  |inr 
avendo  jiresente  a  se  niedtisinio  il  fine,  a  cui  egli  oi'dina  il  suo  atto. 

11  Baili  non  ammette  la  libertà  morale  c^o.si  intesa,  la  quale  poggia  tutta  quanta  sul- 
l'esistenza sostanziale  del  me.  che  primeggia  e  domina  tutti  i  t'enomeni  psit'ologici.  Perini 
il  me  non  è  alcunché  di  sosta nzialinente  superiore  ai  fenomeni  psicologici,  ma  niente  più 
che  il  loro  aggre,gato.  il  loro  sistematico  insieme.  Instituirò  altrtive  la  critica  di  questa 
erronea  sentenza:  qui  basta  ali  uopo  avvertire  1'  incoerenza  del  suo  concetto.  Egli  ripone 
il  problema  della  libertà  nel  sapere  se  l'azione  è  mia.  o  di  altra  pei"sona.  che  mi  adoperi 
come  strumento.  Ma  come  mai  può  parlare  di  azione  niia  o  à'alfrui.  egli  che  niega  a 
ciascun  uomo  la  sostanzialità  del  me  convertendolo  in  un  intreccio  di  fenomeni  privi  di 
un  soggetto,  a  cui  aderiscano  ?  E  tolto  di  mezzo  questo  soggetto  sostanziale,  come  distin- 
guere fenomeni  ed  azioni  mie  da  fenomeni  ed  azioni  altrui  ? 

Ho  affermato,  che  l'autore  non  ammette  la  libertà  come  facoltà  propria  del  me  so- 
stanziale: ora  aggiungo  che  egli  non  può  logicamente  ammetterla,  se  si  mantiene  coerente 
alla  sua  teorica.  Infatti,  se  la  volontà  dimora  essenzialmente  in  un'attività  suscitata  e 
governata  dal  sentimento,  essa  non  può  operare  se  non  quando  e  come  esige  la  sensazione 
piacevole  o  molesta,  che  si  è  provata,  e  nel  solo  intendimento  di  accrescere  e  riprodurre 
il  piacere,  scemare  ed  allontanar  il  dolore,  e  nel  conflitto  dei  sentimenti  lieti  o  penosi  il 
più  forte  di  essi  la  traiTà  dalla  sua.  C'osi  il  cerchio  dell'attività  volontaria  è  inesorabilmente 
tracciato:  un  oggetto  esteriore  suscita  in  me  un'impressione;  questa  si  trasforma  in  uno 
«tato  di  coscienza  o  gradevole  o  doloroso,  e  tosto  io  inetto  in  moto  la  mia  attività  organica 
per  conquistare  o  rimuovere  l'oggetto  sentito  :  ecco  qui  la  mia  volontà,  che  opera  necessitata 
dal  sentimento,  né  potrebbe  operai'e  altramente  senza  procedere  a  ritroso  della  propria 
natura.  Una  volontà  siffatta,  nata  per  servire  al  senso,  non  già  per  dominarlo,  non  può 
pi'etendere  a  quella  libertà  inorale,  che  risiede  nel  dominio  di  noi  medesimi .  nell'impero, 
che  l'umano  soggetto  esercita  sui  proprii  atti  o  sulle  potenze  inferiori.  Seguitela  pure  in 
tutto  il  corso  della  sua  evoluzione  ;  ma  il  germe  dell'attività  spontanea  istintiva,  in  cui 
avete  riposto  le  sue  prime  origini,  non  potrà  mai  esplicarsi  nel  libero  reggimento  di  noi 
medesimi,  come  il  senso  del  piacere  e  del  dolore  mai  non  diventerà  l'idea  solenne  del 
dovere,  il  principio  autorevole  dell'ordine  morale.  R  chi  piglia  ad  esame  la  dottrina  del 
nostro  autore,  non  può  non  rimanere  sorpieso  vedendo,  come  egli,  scrittore  inglese,  non 
riconosca  nella  volontà  umana  una  forza  libera  ed  autonoma  radicata  nell'individualità 
sostanziale  dell'umano  soggetto,  mentre  il  tipo  caratteristico  della  gente  inglese  si  rivela 
nel  governo  di  se.  ossia  nella  costante  ed  energica  affermazione  della  persona  individua. 

Il  Tracy  professa  una  teorica,  la  (]uale  sostanzialmente  non  si  dispaia  da  quella  del 
Bain,  ma  trascinato  dalla  forza  della  verità  usci  senza  addarsene  in  espressioni,  che  smen- 
tiscono il  sistema  ed  attestano  la  libertà.  Egli  sentenziò,  che  il  desiderio  (e  la  volontà  è 
per  lui  la  facoltà  di  sentir  desiderii  ed  adempierli)  riguardato  sotto  l'aspetto  vuoi  psicolo- 
gico, vuoi  fisiologico,  va  mai  sempre  concepito  siccome  un  necessario  conseguente  di  fatti 
anteriori,  e  dichiarò  forzati  e  npcfssnr/i  gli  atti  di  nostra  volontà,  non  altrimenti  che 
quelli  di  tutte  le  altre  facoltà  nostre,  anzi  di  tutti  gli  esseri  della  natura  siano  essi  ani- 
mati o  no.  Se  non  che,  incontratosi  nel  fatto  del  merito  e  del  demerito,  cos'i  si  espiime  : 
»  Non  senza  ragione  gli  uomini  connettono  un'idea  di  merito  o  di  demerito,  un  sentimento 


PER    GIUSEPPE    ALLIETO  43 

di  amore  o  di  odio  alla  nostra  volontà  illuminata  o  stupida  .  benevola  o  malevola  a 
loro  riguardo  :  perchè  se  non  abbiamo  la  potestà  di  volere  per  <-iò  solo,  che  vogliami 
volere,  abbiamo  però  fino  ad  un  certo  punto  (|nella  di  congiungere  la  nostra  attenzione  a 
tale  0  tal"  altra  percezione,  di  moltiplicare  e  correggere  i  giudizi,  che  ne  portiamti .  ed  in 
virtù  de'  quali  abbiam  delle  volizioni  (op.  cit..   loco  cit.)  ». 

Questo  medesimo  concetto  del  dominio  della  volontà  sulle  uustre  sensazioni  e  sui 
nostri  giudizi]  si  trova  ripetuto  nello  stesso  Capitolo  XIII  con  queste  altre  parole:  «  Di- 
pende da  noi  tino  ad  un  certo  punto  applicare  a  qualcuna  delle  nostre  percezioni  la  nostra 
attenzione  siffattamente  da  rendere  pressoché  nulle  a  nostro  riguardo  tutte  altre...  Noi 
siamo  fino  ad  un  certo  punto  arbitri  di  considerare  tal  percezione,  di  richiamare  tal  ri- 
cordo piuttostochè  tali  «Uri  e  di  termale  la  nostra  attenzione  piuttosto  sovra  l'uno  che 
sovra  l'altro  dei  loro  rapiìoiti...  Coiichindiamo  adunque,  che  la  nostra  volontà  non  ha  il  po- 
tere di  formare  tale  o  tal  desiderio  senza  motivo  e  per  un  atto  puramente  emanato  da  essa: 
ma  che  avendo  fino  ad  un  certo  punto  (qualunque  sia  la  cagione,  che  la  porta  all'atto)  il 
potere  di  applicare  la  nostra  attenzione  ad  una  percezione  anziché  ad  un'altia.  di  ravvivare 
un  ricordo  piuttosto  che  un  altro,  di  richiamare  il  nosti'o  esame  .sopra  tal  rapporto  di  una 
cosa  anziché  sopra  tal"  altia  .  tutti  atti,  che  sono  gli  elementi  delle  sue  detemiinazioni . 
essa  influisce,  non  in  modo  immediato,  ma  mediato,  sulla  sua  risoluzione  ulteriore  ».  Ora. 
se  la  volontà  domina  a  sua  posta  le  i)ercezioni  sensitive  a  segno  da  l'inforzare  le  une  ed 
annullare  le  altre,  se  da  essa  dipende  rifare  od  emendare  que' giudizi,  su  cui  posano  le 
nostre  deliberazioni,  se  in-somma  essa  è  arbitra  degli  elementi,  onde  s'intessono  le  sue  de- 
terminazioni, tutto  ciò  è  un  riconoscere  la  vera  libertà  morale,  ed  un  ripudiare  il  sensismo. 
con  cui  essa  è  logicamente  inconciliabile.  I  sensisti  si  argomentano  di  schermirsi  dai  colpi 
della  logica  con  uno  stratagemma  avverbiale.  Il  'l'racy  ammette,  che  la  volontà  può  pa^- 
droneggiare  i  sensi,  gli  affetti  ed  i  pensieri  solamente  fato  ad  mi  rrrto  punto  :  espres- 
sione verbale,  ch'egli  ri|)ete  ogni  (|ual  volta  enuncia  questo  suo  concetto.  Anch' egli  il 
materialista  Biichiier.  dopo  di  avere  sentenziato,  che  >-  non  soltanto  l'essere  dell'uomo, 
ma  le  stesse  sue  azioni,  i  suoi  pensieri,  la  sua  volontà,  tutti  i  suoi  sentimenti  sono  fatal- 
mente soggetti  alle  leggi  regolatrici  dell'universo  {Forza  e  materia.  Gap.  XX)  ».  tosto 
soggiunge,  che  «  l'umanità  e  gli  individui  soggiacciono  ad  un  ordine  di  cose  che  fatalmente 
li  domina  fino  ad  mi  certo  grado  » .  e  dice,  che  «  le  influenze  fisiche  limitano  il  libero 
arbitrio  ».  Quel  fino  ad  mi  certo  pmifo.  fìiio  ad  un  certo  grado  è  un  palliativo  che  non 
approda  a  nulla.  Non  è  i)iù  (luestione,  se  la  libertà  esista  o  no ,  ma  entro  a'  quali  limiti 
sia  circoscritto  il  suo  potere.  Che  noi  siamo  liberi,  è  cosa  non  più  revocata  in  dubbio  ;  questo 
soltanto  rimarrebbe  a  discutersi,  fino  a  qual  segno  possa  giungere  la  nostra  libera  attività: 
discussione  accettata  dai  propugnatori  medesimi  della  libertà,  ai  quali  non  cadde  mai  in 
mente  di.  reputarla  sciolta  da  ogni  limit*'  e  pnjssochè  infinita. 

Il  Bain  s'ingegna  di  infirmare  la  validità  della  coscienza,  che  testimonia  la  libertà, 
argomentando  di  tal  modo.  La  coscienza  è  pei  fenomeni  interni  ciò.  che  l'osservazione  sen- 
sibile pei  fenomeni  estemi  :  e  siccome  i  sensi  esterni  non  sono  testimoni  infallibili  di  quanto 
.avviene  o  sussiste  fuori  di  noi.  atteso  il  disaccordo  degli  umani  giudizi  circa  le  grandezze, 
le  forze,  la  distanza,  il  peso  de'corj)i.  cos'i  non  abbiamo  ragione  di  aggiustar  piena  fede 
alla  coscienza,  attese  le  tante  dispute  metafisiche  intorno  la  natura  ed  i  rapporti  de 'feno- 
meni psicologici.   La  più  parte  degli  uomini  sa  di  pensare  e  di  sentire  senza  possedere 


44  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

esatta  conoscenza  delle  leggi  del  pensiero  e  della  successione  delle  proprie  idee.  Bisogne- 
rebbe che  le  testimonianze  della  coscienza,  riguardo  alla  libeità  del  volere  ed  al  senso  mo- 
rale, a  meritare  salda  credenza,  si  presentassero  sotto  forma  di  assiomi  nel  senso  rigoroso 
della  parola.  Questo  ragionamento  posa  sopra  un  equivoco.  L'autore  confonde  l'esistenza 
dei  fatti  vuoi  intemi .  vuoi  esterni .  colla  ragione  spiegativa  de'  medesimi.  1/  osservazione 
sensibile  esterna,  egualmente  che  la  coscienza,  mi  attestano  fatti .  che  succedono  in  me  o 
fuori  di  me.  e  finché  si  rimane  nella  cerchia  de' fatti,  la  loro  testimonianza  non  può  essere 
messa  in  forse,  la  ragiono  invece  spiegativa  dei  fatti  va  attinta  da  una  facoltà  superiore, 
qual'è  la  riiiessione  speculativa,  (.tra  è  un  fatto  attestatomi  dalla  coscienza  questo,  che  in 
alcuni  casi  dipende  da  me  il  compiere  s'i  o  no  una  detei-minata  azione .  e  che  all'  azione 
compiuta  succede  in  me  il  fenomeno  del  satisfacimento  o  del  rinio!"so.  secondochè  essa  è 
conforme  o  contraria  al  senso  morale:  questo  fatto  né  può  essere  revocato  in  dubbio,  né 
venire  spiegato  altrimenti,  se  non  ammettendo  la  libertà.  Per  <[uantunque  il  più  degli 
uomini  non  conosca  con  esattezza  le  leggi  de'  pensieri ,  "non  e''  perciò  men  certo  di  pen- 
sare e  di  .sentire,  appoggiato  alla  testimonianza  della  coscienza.  Xc  veggo,  come  l'autore 
possa  sostenere  la  contraria  sentenza,  egli  che  discorrendo  della  facoltà  ritentiva  pronun- 
ciava, che  la  scienza  del  soggetto  umano,  la  psicologia,  ripo.sa  tutta  sul  testimonio  della 
coscienza.  Egli  esige,  che  le  testimonianze  della  coscienza  ad  essere  credute  con  sicurezza 
siano  sgombre  da  ogni  nube  ed  abbiano  la  forma  di  un  assioma,  e  non  s'accorge,  che  b 
dessa  la  coscienza  quella,  la  quale  mi  assicuia.  die  io  percepisco  un  assioma.  La  coscienza. 
se  non  è  giudice  autorevole  di  un  principio  razionale  o  scientifico,  è  testimone  infallibile 
di  un  fatto,  anzi  di  tutti  i  fatti  psicologici  e  soggettivi,  quale  appunto  è  il  fenomeno  mo- 
rale del  rimorso  e  della  responsabilità  personale.  Che  più  ?  Il  Bain  professa  la  dottrina 
comune  a  pressoché  tutti  i  psicologisti  inglesi  del  nostro  secolo,  che  cioè  la  coscienza  ac- 
compagna tutti  i  fenomeni  psichici,  è  la  condizione  necessaria  e  la  forma  generale  di  tutte 
le  facoltà  umane  e  delle  loro  opera^iioni.  il  fondo  intimo  di  ogni  spirito,  il  quale  nulla 
potrebbe  sentire,  nulla  intendere,  né  volere  senza  di  e;ssa.  Quindi  è  evidente  che  il 
mettere  in  dubbio  o  l'impugnare  l'autorevolezza  della  coscienza  come  testimone  di 
fatti  psicologici,  dopo  di  averne  riconosciuta  l'ampiezza  e  la  tenuta  universale,  gli  è 
un  rompere  in  una  aperta  contraddizione  ed  uno  scalzare  le  fondamenta  medesime 
della  scienza  psicologica. 


La  coscienza. 

Discorse  col  Bain  a  parte  a  parte  la  sensitività,  l'intelligenza  e  la  volontà,  giova 
abbracciarle  con  uno  sguardo  comprensivo  e  considerarle  nelle  loro  attinenze  collo  spirito. 
Dalle  cose  esposte  apparisce,  che  la  sensitività  sta  come  fondamento  primo  delle  altre  dne 
facoltà,  essendoché  il  sentimento  dall'un  lato  diventa  intellezione  .  quando  venga  conce- 
pito come  distinto  od  identico  con  altri  sfiitiinciiti.  dall'altro  trasformasi  in  volontà-  susci- 
tando la  nostra  attività  ad  operare  a  seconda  del  piacere,  o  del  dolora  da  cui  è  accom- 
pagnato. Di  tal  modo  il  sentire,  l'intendere  ed  il  volere  non  andrebbero  più  riguardate 
siccome  facoltà  costitutive  dello  spirito  tutte  e  tre  fondamentali  ed  originarie  ad  un  modo 
secondochè  il  Bain  aveva  posto  da  principio.  Bensì  l'intendere  ed  il  volere  apparirebbero 


ifl 


PER    GIUSEPPE    ALLIETO  4o 

facoltà  secondarie  e  derivate,  che  rampollano  dal  sentire  come  dal  loro  tronco  comune  (1). 
ed  il  nostro  autore  si  troverebbe  condotto  alla  dottrina  del  Condillac.  che  ripose  nella 
sensitività  l'essenza  dell'  anima,  mentre  Cartesio  l'aveva  collocata  nel  pensiero,  Main  de 
Biran  nell'attività  volontaria.  Per  lui  lo  spirito  è  niente  più  che  lo  sviluppo  fenomenico 
di  esse  tre  facoltà  intrecciate  per  guisa,  che  le  manifestazioni  della  seiLsitività  (quali,  sono 
i  movimenti  muscolari,  le  sensazioni,  gli  appetiti  e  gl'istinti)  ne  costituiscono  la  parte  infe- 
riore e  primitiva,  le  funzioni  invece  dell'intelligenza  e  della  volontà  progrediente  ne  for- 
mano la  pai'te  superiore  e  derivata. 

Kaffrontando  ora  fra  di  loro  i  tie  distinti  ordini  di  fenomeni .  a  cui  il  Bain  riduce 
tutto  quanto  lo  spirito .  rispondenti  alle  tre  facoltà  fondamentali  di  esso,  io  vi  scorgo 
una  forma  comune,  in  cui  tutti  convengono,  cioè  la  coscienza.  Nelle  opere  psicologiche  del 
nostro  autore  non  apparisce  una  teorica  esplicita  e  speciale  della  coscienza,  la  quale  non 
è  sempre  da  lui  concepita  e  signiticata  ad  un  modo  :  giova  tuttavia  raccogliere  qua  e  là  e 
raffrontare  fra  di  loro  i  pensieri  dell'autore  intorno  a  questo  argomento,  il  quale.  seJjbene 
non  sia  stato  da  lui  discorso  di  proposito  .  s'inviscera  nelle  parti  divelle  della  sua  dot- 
trina, e  ne  determina  il  significato  ed  il  valore  in  faccia  alla  critica. 

La  dottrina  del  Bain  tiene  la  sensitività  inseparabile  dalla  coscienza.  Ogni  sentimento 
implica  la  coscienza  od  appercezione  del  grado  e  dell'intensità  sua.  Noi  abbiamo  coscienza 
dei  differenti  gradi  della  sensitività  muscolare,  né  havvi  sentimento  di  moto,  che  vada 
scompagnato  dalla  consapevolezza  della  forza  intei-iore  spontanea,  che  lo  ])rodiice.  e  della 
rapidità  o  lentezza  del  movimento  piodotto.  Anche  le  sensazioni  particolari  propriamente 
dette  ad  esempio  della  vista,  dell'udito,  del  gusto,  sono  stati  di  coscienza  suscitati  in  noi 
dall 'operare  di  una  cagione  esterna.  Come  ogni  fenomeno  della  sensitività,  cosi  ogni  fun- 
zione dell'intelligenza  va  accompagnata  dalla  coscienza.  La  facoltà  del  discernimento  è  la 
coscienza  della  ditferenza  tra  le  cose,  la  facoltà  dell'accordo  è  la  coscienza  od  apperce- 
zione della  rassomiglianza  in  mezzo  alla  dift'erenza.  e  nella  sintesi  di  queste  due  facoltà 
risiede  tutta  la  natura  e  lo  svilupjio  dell' intelligenza.  La  vohmtà  anch'essa  sempre  si 
muove  conscia  del  fine,  a  cui  intende  l'attività  sua.  Forza  è  adunque  arguirne,  che  non  vi 
sono  funzioni  psichiche  inconscienti.  clic  non  si  dà  un  solo  istante  nella  nostra  vita,  in  cui 
la  coscienza  sia  del  tutto  a.s.sente.  clic  insomma  lo  spirito  è  niente  più  che  un  insieme  di 
fenomeni  conscienti,  mentre  il  mondo  esteriore  è  un  insieme  di  fenomeni  inconscienti. 
Questo  concetto  dello  spirito  non  è  dall'autore  enunciato  in  questi  termini  espliciti,  ma 
pure  è  un'espressione  fedele  e  logica  della  sua  dottrina. 

Che  lo  spirito  umano  sia  un  jjuro  fenomenalismo  consciente  scevro  di  sostanzialità, 
è  tal  sentenza  che  non  iTgge  alla  critica,  peichè  colpita  da  intrinseca  contraddizione.  Essa 
contraddice  primamente  alla  coscienza  medesima,  su  cui  tuttavia  dovrebbe  reggersi  tutta 
quanta,  poiché  la  coscienza  mi  art'ei'ma  in  modo  soieinie.  costante,  incontrastabile,  che  io 
non  sono  una  miscela  di  fuggevoli  e  vani  fenomeni,  bensì  una  vivente  ed  effettiva  sostanza. 
■  che  cioè  posseggo  una  vera  individualità  e  sussistenza  tutta  mia  propria,  la  quale  permane 
sempre  in  fondo  la  stessa  in  mezzo  al  variare  delle  sue  mutazioni  esteriori.  Contraddice  in 


(I;  Que.sla  mia  o^servazimie  trae  maggior  coiil'i^rma  dal  seguente  brano  dall'autore  :  «  L'intelligeii/.a 
acquisterà  il  posto  .  che  le  spetta  in  un  compiuto  sistema  dello  spirito  tra  le  emozioni  e  le  attività 
istintive,  e  le  emozioni  e  le  attività  perfezionate  ,  dappoiché  essa  è  lo  stroniento,  che  le  traduce  dal 
primo  al  secondo  stato  {I  sensi  e  l'  inlelligenia,  parte  prima)  ». 


46  ESPOSIZIONE    CKITICA    DELLE    IiOTTRIXE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIX 

secondo  luogo  alla  ragione,  la  ijuale  concepisce  il  fenomeno  siccome  la  manifestazione 
dell'essere,  il  modo  siccome  la  rivelazione  della  sostanza,  epperò  è  portata  dalla  necessità 
st€i-sa  di  sua  natura  a  considerare  questi  due  termini  siccome  inseparabili  e  correlativi, 
perchè  il  primo  ha  sua  ragion  d'essere  nel  secondo.  La  contraddizione  razionale  apparisce 
ancor  più  manifesta,  ([uando  si  ponga  ben  mente  alla  inconciliabilità  di  questi  due  con- 
cetti, fenomenalismo  consciente.  Se  il  fenomeno  è  inseparabile  dalla  sostanza,  perchè  da 
questa  trae  la  sua  origine,  in  questa  rinviene  il  suo  tcniiiiic  tinaie,  min  è  men  vero,  che 
esso  è  inconciliabile  colla  coscienza.  Infatti  la  coscienza  importa  un  consciente.  un  perci- 
piente  se  stesso  :  epperò  un  fenomeno,  ad  esempio  un  sentimento,  un  pensiero,  una  voli- 
zione non  è  coscienza,  se  non  a  condizione  di  essere  un  senziente,  un  pensante,  un  volente, 
vai  quanto  dire  un  essere  sostanziale,  sussistente  in  se  stesso,  onde  consegue,  che  attri- 
buire la  coscienza  ad  un  fenomeno  è  un  rompere  nella  contraddizione,  che  il  fenomeno  è 
una  sostanza.  E  dato  jjure.  ma  non  concesso,  che  al  fenomeno  sia  inerente  la  coscienza, 
sarebbe  giuocoforza  ammettere,  che  lo  spirito  umano  consta  di  tante  coscienze  quanti  sono 
i  fenomeni,  onde  si  dementa  :  sentenza  tanto  strana,  quanto  insussistente,  posciachè  alla 
coscienza  è  essenziale  l'unità  psicologica,  la  quale,  non  potendo  risiedere  nella  moltiplicità 
successiva  dei  fenomeni  psichici,  forza  è  che  dimori  nella  sostanzialità  individua  dello  spirito. 
Infatti,  esso  solo  l'io  umano  può  l'accogliere  ed  identificare  nell'unità  del  suo  essere  la 
varietà  de' suoi  fenomeni:  egli  è  consapevole,  che  quell'io,  il  quale  ha  provato  questo 
0  quel  sentimento,  è  (juel  desso,  (^he  ha  prodotto  tale  o  tal  altro  pensiero,  che  ha  fer- 
mato questo  o  quell'altn)  proposito  volontario.  Tolta  di  mezzo  l'unità  sostanziale  dello 
spirito,  avremo  bensì  un  aggregato  meccanico  di  fenomeni  psichici,  i  quali  si  succedono 
esteriormente  in  una  serie  A\  jii.dd-pdsìzIuHc.  non  un  vivente  si.steina  di  fatti,  che  si  com- 
penetrano interiormente  in  un  tutto  dinamico,  perchè  il  principio  della  continuità  di  svi- 
luppo importa,  che  lo  spirito  conservi  identica  l'individualità  sua  in  tutti  e  singoli  i  mo- 
menti, che  percorre  nella  sua  evoluzione  in  quella  guisa,  che  un  ?iiobile  rimane  sempre 
quel  desso  in  tutti  i  punti  della  distanza,   che  attraversa. 

Tutte  queste  considerazioni  ci  portano  a  conchiuderc.  che  la  coscienza  non  è  pro- 
prietà de' fenomeni,  ma  della  sostanza,  che  i  fenomeni  non  pos.sono  organarsi  in  un  si- 
stema vivente  senza  radicarsi  in  un  ]irinci])io  vitale  supremo.  (|ual  è  la  sostanza,  che 
infine  lo  spirito  umano  lum  è  un  mero  fenomenalismo  consciente,  bensì  una  sostanza  avente 
coscienza  di  sé  e  de'  suoi  fenomeni.  Anche  Francesco  Bouillier  riguarda  la  coscienza  non 
come  una  facoltà  distinta  e  speciale,  ma  come  la  facoltà  unica  e  suprema,  a  cui  si  ricon- 
ducono tutte  le  altre,  t'ome  la  forma  generale,  identica  e  comune  dell'intelligenza,  della 
Kensitività,  della  volontà,  come  la  condizione  necessaria  di  tutti  i  pensieri,  di  tutti  gli  atti 
dello  spirito  e  delle  sue  nuuiiere  di  essere  (1):  ma  pure  insieme  col  me  fenomenico  egli  rico- 
nosce siccome  da  esso  inseparabile  il  me  noumenico  e  sostanziale.  Per  lo  contrario  il  Bain 
ripetendo  Condillac,  il  quale  nel  suo  Traite  dea  .''rii.satiunx  aveva  sentenziato  che  «  il  me 
di  ciascun  uomo  non  è  altro  che  la  raccolta  delle  sensazioni,  che  egli  prova  e  di  quelle  che 
la  memoria  gli  ricorda,  ossia  è  ;ul  un  tempo  la  coscienza  di  ciò.  ch'egli  è  ed  il  ricordo  di 
ciò  che  fu  •  così  scrive  :  «  11    vocabolo  »ir  altro  non   può  significare,  che  la  mia   esistenza 


(tj  Vedi  il  capitolo  XXi  doli»    sua   opera    Du  principe  vilal  et  de  l'ilnn  pensante;    e   l'altra    Hua 
opera  De  la  conscietìce  eie. 


PER    (JirSKPPK    ALLIEVO  47 

corporea  unita  alle  mie.  sensazioni,  emozioni,  volizioni.  })ensien.  supponendo  che  la  loro 
classificazione  sia  compiuta,  e  siasene  fatta  la  .somma  nel  passato .  nel  presente,  nel  fu- 
turo», Questo  linguaggio  smentisce  la  rlottnna.  !1  parlare  della  tnia  esistenza  corporea, 
(ielle  sensazioni  e  delle  volizioni  ////>.  de'  pensieri  miei  mentre  si  riduce  il  nip  a  queste  me- 
desime sensazioni .  pensieri,  volizioni  sommate  insieme,  gli  è  una  ridevole  tautologia,  un 
giuoco  di  parola  insensata,  e  per  di  più  un  rigettare  l'esistenza  medesima  del  me  fenome- 
nico, giacché  la  somma  definitiva  delle  sensazioni  passate,  presenti  e  future  mai  non  sarà 
attuata. 

Un'ultima  considerazione  rimane  a  fare  su  questo  grave  argomento,  ed  è.  che  diffi- 
cilmente ci  può  venir  fatto  di  formarci  un  concetto  qualsiasi  della  coscienza  riguardata 
siccome  forma  generale  e  comune  di  tutti  i  fenomeni  psicologici.  Poiché,  se  lo  spirito  umano 
si  assomma  tutto  quanto  nella  tiiplice  facoltà  di  sentire,  di  intendere  e  di  volere,  ogni 
atto  psichico,  epperò  anche  la  coscienza,  apparterrà  all'uno  od  all'altro  dei  tre  ordini  di 
fenomeni .  sentimenti .  pensieri .  volizioni.  Se  adunque  la  coscienza  ha  la  forma  propria 
del  sentimento,  o  quella  del  pensiero  o  della  volizione,  non  sarà  più  la  forma  comune  e 
generale  di  tutti  i  fenomeni  psicliici. 

Se  poi  è  la  forma  generale  di  tutte  le  manifestazioni  dello  spirito,  forza  è  dire,  che 
essa  non  è  ne  un  sentimento,  ne  un  pensiero,  ne  una  volizione,  ed  allora  che  sarà  essa 
mai?  Il  concetto  dell'autore  intorno  a  questo  punto  non  si  lascia  afferrare.  Egli  considera  i 
sensi  e  gli  istinti  primitivi  siccome  la  parte  inferiore  e  greggia  dello  spirito  umano,  non  ancora 
rischiarata  dal  lume  dell'intelligenza:  il  che  vorrehbe  dire,  che  la  coscienza  non  è  un 
fenomeno  intellettuale,  ossia  una  conoscenza;  ma  dalla  sua  dottrina  non  apparisce  neanco. 
che  essa  risieda  nella  facoltà  del  sentire  od  in  quella  del  volere.  Talfiata  però  egli  piglia 
la  coscienza  in  senso  affatto  speciale  .siccome  una  facoltà  particolare  distinta  da  tutte  le 
altre,  quale  la  intendeva  il  Keid.  vale  a  dire  come  la  conoscenza  de'fatti  del  nostro  proprio 
spirito,  fondamento  della  scienza  psicologica. 


Attinenze  tra  il  soggetto  e  l'oggetto,  il  me  ed  il  non-me. 

La  teorica  della  coscienza  involge  in  sé  il  problema  gravissimo  delle  attinenze  tra 
il  soggetto  e  l'oggetto,  essendoché  il  me  non  potrebbe  aver  coscienza  di  sé  senza  distinguersi 
da  ciò,  che  non  é  lui.  ossia  senza  opporre  a  sé  medesimo  il  non-me.  Il  Bain  discusse 
questo  problema  e  lo  risolse  nel  senso  dell'idealismo,  il  quale  niega  ogni  realtà  noumenica 
e  sussistenza  effettiva  ai  mondo  esteriore.  Xé  la  cosa  poteva  coiTere  diversamente  :  egli, 
che  aveva  trasformato  il  ine  ossia  il  soggetto  in  un  sistema  di  fenomeni,  doveva  per  logica 
necessità  trasformare  il  Tion-ine  ossia  l'oggetto  in  un  fenomenalismo  esteriore.  Nella  seconda 
edizione  della  sua  opera  J  firnsi  e  l'intelligenza  dopo  di  avere  dichiarato  di  scostarsi  dal 
senso  ordinario  del  vocabolo  roKeienzo  adoperato  nella  prima  edizione  come  sinonimo  di 
sentimento,  soggiunge  :  "  Io  preferisco  ora  di  dare  a  questo  vocabolo  una  più  ampia 
estensione  anziché  circoscriverlo  allo  spirito  propriamente  detto,  e  lo  adopero  per  significare 
ad  un  tempo  i  nostri  stati  soggettivi  e  gli  oggettivi.  L'oggetto  ed  il  soggetto  sono  entrambi 
parte  di  noi,  secondo  il  mio  avviso:  abbiamo  adunque  una  coscienza  soggettiva,  che  è  in 
un  senso  speciale  lo  spirito  (ciò.  di  cui  si  occupa  la  scienza   mentale),  ed  una  coscienza 


48     -  ESPOSiZIONF,    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN' 

oggettiva,  cui  posseggono  tutti  gli  esseri  sensitivi,  ed  a  cui  noi  dobbiamo  ruiiiverso  esteso 
e  materiale  (pag.  628)  •>.  Dacché  l'oggetto  fa  anch'esso  parte  di  noi.  il  soggettivismo  è 
inevitabile,  e  vi  ci  siamo  altresì  logicamente  condotti  dalla  teorica  dell'intelligenza  supe- 
riormente esposta.  Infatti  egli  i-i))one  la  natura  costitutiva  dell'intendere  nella  duplice 
funzione  del  discernimento  e  dell'accordo,  ossia  nell' a])percepire  la  differenza  tra  un 
sentifneìiio  e  l'altro,  e  nel  cogliere  la  rassomiglianza  od  identità  di  un  srìitìuinito  con  altri. 
Intendere  adun(|ue  è  un  conoscere  non  già  gli  oggetti  realmente  esistenti,  ossia  le  cose 
in  sé  stesse,  bensì  i  nostri  propri!  sentimenti  differenziandoli  ed  accomunandoli:  e  siccome 
questi  sono  di  loro  natura  soggettivi  perciiè  stati  di  coscienza  o  modi  proprii  del  soggetto, 
perciò  l'intelligenza,  lavorando  esclusivamente  intoi-iin  ad  essi,  ncm  può  non  nuscire  ad  un 
sapere  essenzialmente  ed  universalmente  soggettivo.  Potrebbe  jierò  altri  osservare,  che 
siffatta  teoi-ica  si  concilia  col  lealismo,  quando  si  voglia  significare,  che  nessuna  cosa  può 
diventar  oggetto  di  conoscenza,  se  prima  non  sia  jìassata  jìer  la  sfera  della  sensitività,  sicché 
l'intelligenza,  lavorando  sui  sentimenti,  ne  districa  le  idee  rappresentative  delle  cose.  Ma 
questa  interpretazione,  oltreché,  non  ci  pan^  guari  cunl'orme  alla  dottrina  del  Bain.  si  risolve 
nel  principio  sensistico  espresso  dalla  nota  Ibrmola:  Niliil  rsf  in  /ntrlfrctu.  quod prius  non 
fuerit  in  srnsit  :  e  siccome  il  senso  tisico  (e  ben  si  sa  che  il  Hain  fonda  tutta  la  sua  teorica 
della  sensitività  sul  senso  corporeo  ed  animale)  non  può  contenere  in  sé  il  soprasensibile; 
quali  sono  appunto  le  idee  oggettive  ossia  l'intelligibilità  delle  cose,  perciò  vana  opera 
tenterebbe  l'intelligenza  esplicando  il  sensibile  nell'intelligibile.  Oltre  di  che  nessuno 
vorrà  sostenere  in  sul  serio,  che  act  avere  conoscenza  del  diritto,  del  dovere,  della  giustizia, 
di  Dio  e  di  altrettali  oggetti  occorra   averli   prima  fisicamente  sentiti   (1). 


(1)  È  noto,  come  il  Ros.visi  assegni  al  sentimento  un  compito  rilevantissimo  e  singolare  nella 
formazione  della  conoscenza  o  nell'economia  del  sapere  umano.  L'intuizione  originaria  dell'essere  ideale 
universale  costituisce  l'atto  primo  della  nostra  intelligenza)  e  se  lo  spirito  umano  rimanesse  mai 
.sempre  assorto  nella  nuda  ed  immobile  contemplazione  dell'essere  puro,  uniforme,  indeterminantissimo, 
nessuna  idea  particolare  giungei-cbljo  mai  a  form.irsi ,  nessuna  realtà  determinata  non  conoscerebbe 
mai.  Interviene  la  sensazione,  in  grazia  della  quale  l'essere  da  prima  indeterminantissimo  ed  univer- 
sale viene  dalla  virtù  della  mente  cir(;oscritto  entro  a  limiti  e  rivestito  di  quelle  note  e  determinazioni 
particolari,  che  sono  .segnate  dalla  sensazione  stessa;  e  siccome  lo  spirito  umano,  che  intuiva  l'essere 
ideale,  è  quel  medesimo,  che  ora  sento  una  realtà  particolare,  perciò,  in  virtù  di  questa  unità  psico- 
logica, i  due  elementi,  ideale  e  reale,  vengono  a  comporsi  insieme  nella  conoscenza  umana,  e  dall'atto 
prirnó  dell'intendere  si  svolgono  gli  alti  secoudi,  ohe  danno  luogo  alle  molteplici  idee.  Cosi  mediante 
l'arròta  del  sentinionto  .  il  Ros.mini  si  avvisa  di  ^piegare  l'origine  di  tutto  il  sapere  dall'unica  e  so- 
vrana idea  dell'essere  ideale,  ed  insiememente  salvare  la  sua  dottrina  dall'idealismo  universale. 

In  mia  sentenza,  egli  ha  fallito  all'uno  ed  all'altro  suo  intendimento.  L'unità  psicologica,  51  cui 
ricorre,  non  approda  a  nulla,  perchè  lo  .spiiito  umano,  in  quanto  intelligente,  non  è  lo  spirito  umano, 
in  quanto  senziente;  onde  riesce  impossibile  il  connubio  dell'intuizione  dell'es-sere  ideale  colla  sensa- 
zione dell'attività  reale.  Egli  stesso  pronuncia,  che  l'intelligenza  non  comunica  colla  realtà,  bensì 
coir  idealità  ;  definisce  l'ente  reale  (|uollo,  che  ha  un  sentimento  od  opera  sopra  un  sentimento,  ed 
assegna  ad  oggetto  proprio  dell'intelligenza  l'ente  ideale,  l'idea,  la  possibilità  od  es.senza  universale 
delle  cose,  sicchis  noi  conosciamo  le  realtà  particolari  ,  ad  esempio  un  ciato  cavallo,  non  in  sA,  ma 
nelle  loro  idee  rappresentative:  e  siccome  nell'idea  rappresentativa  di  un  cavallo  reale  c'è  tutta  la 
sua  essenza  lOstitutiva  tranne  la  realtà,  così  conoscere  gli  esseri  reali  nelle  loro  idee  vai  quanto  co- 
noscerli non  già  come  reali ,  bensì  come  possibili  od  ideali ,  il  che  è  pretto  idealismo.  Oltre  di  che 
il  Rosmini  pone  l'intuizione  dell'essere  ideale  indeterminatissimo  come  l'atto  primo  dell' intelligenia  ' 
dato  dalla  stessa  natura  allo  .spirito  umano,  e  scrive  che  :  'i  tutte  le  potenze  intellettivo,  tutta  l'attìvitk 
dell'uomo  in  quanto  è  un  essere  dotato  d'intelligenza  ha  la  sua  .sorgente  in  quell'atto  primo,  che 
qualsivoglia  pensiei'o  si  riduce  sempre  alla  determinazione  e  limitazione  di  una  cognizione  preceden- 
temente  supposta,   sicché    una  cognizione    implicita,  onde  tutte    le  cognizioni   poi  esplicitamente  »i 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  49 

11  problema,  che  abbiam  per  le  mani,  si  risolve  in  questi  due  altri:  1°  come  e 
donde  origini  la  nostra  conoscenza  del  mondo  esteriore  :  2"  se  essa  possegga  un  valore 
oggettivo  siffattamente,  clic  le  corri.sponda  una  realtà  nonmenica  estema.  Vediamo  come 
il   Bain  abbia  risolti  questi  due   problemi. 

L'esercizio  della  nostra  attività  .spontanea  muscolare  suscita  in  noi  un  sentimento 
accompagnato  da  piacere  e  talfiata  da  molestia.  Questo  sentimento  muscolare  è  un  feno- 
meno essenzialmente  psichico  o  soggettivo,  e  finché  !<•  spirito  limane  tubila  sfera  di  esso, 
non  esce  ancora  fuori  di  st\  ('■  puro  soggetto  senza  oggetto,  non  occiiiiato  di  verun'altra 
cosa,  che  di  sé  stesso.  Ma  nell'esercizio  muscolare  medesimo  lo  sjiirito .  affievolito  o 
spento  il  sentimento  di  piacere  o  di  pena,  piglia  un'attitudine  oggettiva,  non  avverte 
più  il  fenomeno  sensitivo  suo  proiirio.  ma  aciiuista  coscienza  della  forza,  dell'attività 
dispiegata,  del  potere  esercitato,  di  qualche  cosa  insomma  che  resiste  a  lui.  che  è  in 
reale  contrasto  con  tutto  l'insieme  de"  suoi  stati  soggettivi.  Cosi  lo  spirito,  uscendo  fuori 
di  sé.  ossia  fuori  del  dominio  della  sensitività  passiva  e  del  pensiero,  s'incontra  in  una 
forza,  che  opera  sopra  di  lui.  ma  non  è  lui,  si  forma  il  concetto  di  fatti  puramente 
oggettivi,  quali  sono  la  resistenza,  la  .solidità,  l'esteasione.  in  una  pai'ola  percepisce  il 
gran  fatto,  che  addimandasi  mondo  esteriore.  Adunque,  secondo  il  nostro  autore,  la  cono- 
scenza della  realtà  esterna  deve  la  sua  origine  ed  il  suo  sviluppo  al  sentimento  mu- 
scolare associato  poi  alle  sensazioni  del  tatto,  della  vista  e  degli  altri  sensi  esterni,  e 
la  gran  distinzione  del  soggetto  e  dell'oggetto,  dello  spii-ito  e  della  materia  riposa  tutta 
quanta  sul  contrasto  tra  il  sentimento  muscolare  proprio  dello  spirito  e  l'attività  o 
forza  propria  delia  materia,  o  dell'estensione  che  suscita   quel   sentimento. 

Se  il  sentimento  dell'attività  muscolare  e  della  resistenza,  che  essa  oppone  allo 
spirito,  origini  in  noi  la  nozione  del  corpo  o  ci  porga  la  misura  della  forza,  dell'inerzia, 
del  peso,  della  solidità,  di  tutte  insomma  le  proprietil.  che  co.stituiscoiio  il  mondo  este- 
riore od  oggettivo  della  materia .  é  cosa  che  qui  non  discuto.  Però  non  mi  rimango 
dall'esporre  alcune  considerazioni  in  liguardo  a  questa  dottrina  del  psicologo  inglese. 
Primamente  egli  ha  concepito  e  discusso  il  problema  in  un  senso  troppo  angusto  ed 
esclusivo  restringendolo  alla  conoscenza  del  inondo  materiale,  mentre  il  noii-me.  di  cui 
si  rintraccia  l'origine,  va  inteso  in  modo  siffattamente  ampio  e  comprensivo,  che  abbracci 
non  solo  l'universo  corpoi'eo .  ma  la  realtà  esteriore  tutta  quanta,  sia  essa  materiale 
od  immateriale,  finita  od  infinita,  cosmica  o  divina.  Secondamente  avverto,  che,  se  il 
sentimento  appartiene  in  proiirio  al  soggetto,  ossia  allo  spirito,  e  l'attività  o  forza  appar- 
tiene in  proprio  all'oggetto  ossia  alla  materia,  allora  il  me  va  concepito  siccome  alcunché 
di  meramente  passivo  e  spoglio  di  ogni  energia    sua  propria  ,  ne  più    s'  intenderebbe 


svolgono  corue  da  loro  gamie,  preceiJtì  iieiiessariamente,  u  1.'  altre  non  sono  che  una  rnodifìoaiione  di 
quella  prima  [Anlropoloyia  in  sercisio  della  sdenta  morale,  libro  3",  sezione  1',  capo  1°,  art.  4')  ». 
lo  opino  in  contrario,  )"  che  da  un  atto  primo  intfiUettuale,  tutto  riposto  nell  intuizione  della  pura 
idealità,  non  possono  germinare  atti  secondi  riposti  nella  cognizione  di  esseri  reali,  non  consentendolo 
la  loro  comunanza  di  natura;  2°  che,  attesa  la  ragione  inversa  in  cui  stanno  fra  loro  l'estensione  e 
la  comprensione  delle  idee,  l'e-ssere  ideale,  perchè  sominameate  esteso,  non  comprenderà  in  sé  veruna 
determinazione  o  nota  particolare,  epperò  non  può  esplicar.si  nella  plunilit.i  delle  idee  rappresentativa 
delle  cose,  sicché  le  determinazioni  costitutive  dei  varii  esseri  verrebber'o  dal  nostro  pensiero  aggiunte 
all'essere  ideale  indeterminatissimo,  in  cui  non  preesistevano  ,  e  gJi  esseri  stessi  sarebbero  una  crea- 
lioue  della  mente  umana.   Eccoci  di  bel  nuovo  in  pieno  idealismo  per  campare  dal  nuUisMio 

Sekie   li.   Tom.   XXXIV.  7 


50  KSKISIZIONK    CKITK  A     |iK1.I,K     liOTTKINK     PSICOI.fHiirHK     1)1     A.     lUIN 

il  come  la  materia  e^sseiizialmente  estesa  possa  spieftare  la  sua  attività  sullo  spirito  essen- 
zialmente inesteso.  Per  ultimo,  non  è  inutile  l'osservare,  che  in  niente  rlellautore  il  corpo 
nostro  proprio  fa  parte  del  inondo  esteriore  ossia  del  non-ine.  Eppure  la  coscienza  ne 
testimonia,  che  il  cor]»),  cui  chiainianio  nostro  proprio,  ^ta  così  intimamente  congiunto 
col  nostro  spirito  da  formare  c(m  esso  un  tutto  solo  vivente  distinto  dalKuniverso  esteriore, 
che  e  l'uno  e  l'altro  sono  entrambi  essenziali  a  costituire  t'umano  soggetto,  ed  il  senti- 
mento della  nostra  individualità  jiersonale  è  cosi  jiotente.  che  noi  riguardiamo  il  nostro 
corpo  e  lo  spirito  nostro  siccome  distinti  dagli  spiriti  e  dai  corpi,  che  compongono  l'uni- 
verso esteriore.  A  dissi])are  ogni  eijuivoco  gioverebbe  dalla  forinola  del  problema  eliminare 
il  vocabolo  /'strriurìfiì.  che  riferito  allo  spirito  si  perde  in  una  vana  metafora  (giacché 
il  dì  fuori  suppone  il  rii  tievtru.  e  lo  spirito  essendo  inesteso  non  comporta  ne  l'uno 
né  l'altro  termine),  e  dimandare  piuttosto  se  abbiavi  e  come  si  conosca  un  mondo  (ìl^tinto 
dall'umano   soggetto. 

Procedendo  al  secondo  |udbleni;i  il  Hain  muove  la  diiiiHudM.  se  nliliiavi  nell'universo 
alcunché  oltre  il  nostro  spirito  ed  i  suoi  fenomeni.  o|i]iine  ipiale  ragicme  abbiamo  di 
credere,  che  sussist;iiio  fuori  di  noi  oggetti,  i  (puili  ^i  (■ontrai)pongano  alle  nostre  sensa- 
zioni e  non  ne  dipendano  Veramente,  il  ricercare  se  vi  esista  (pialche  cosa  oltre  lo  spirito 
ed  i  suoi  fenomeni,  suppone  che  lo  siiirito  sia  esso  stesso  una  realtA  effettiva  e  sostanziale, 
e  non  già  un'entità  meramente  fenomenica,  come  avvisa  l'autore.  A  siffatta  questione 
egli   risponde   con    le   seguenti   osservazioni  : 

1"  Noi  non  possiamo  conosccrr"  il  mondo  esteriore,  né  discutere  intorno  ad  esso 
se  non  in  quanto  esso  è  ni  rajjfìorto  col  nostro  spirito.  ])er  modo  che  l'ammettere  che 
il  mondo  è  indipendente  dallo  spirito  e  che  tuttavia  esso  è  da  noi  conosciuto,  implica 
contraddizione.  La  nozione  stassa  delle  cose  materiali  è  un  fatto  mentale.  Contemplare 
un  mondo,  che  non  fn  punto  parte  dello  spirito,  è-  un'illusione.  (^Mii  l'autore  incorre 
in  un  equivoco.  Da  ciò .  che  non  ci  è  dato  conoscere  il  mondo  se  non  a  condizione 
che  esso  si  ponga  in  rapporto  di  presenzialità  collo  spirito  nostro,  punto  iifin  ne  consegue, 
che  esso  non  possegga  una  sua  propria  realtà  e  sussistenza  distinta  dallo  spirito  stesso. 
e  che  l'entità  essenziale  del  mondo  risieda  tutta  (pianta  in  (juesta  sua  presenza  al  nostro 
pensiero,  .senz'essere  alcunché  di  oggettivo  in  sé  stessa.  Che  anzi  il  mondo  non  lìotrebb'es- 
sere  presente  allo  .spirito,  se  fosse  proprio  un  nulla  di  realtà,  essendoché  un  rapporto 
qualunque  importa  una  dualità  di  termini  distinti  e  diversi.  I/errore  del  Kantismo  giace 
appunto  nell'avere  separato  il  fenomeno  dal  noumeno,  quasiché  il  fenomeno,  ossia  l'appa- 
rire di  una  cosa  alla  mente,  non  sia  il  noumeno  stesso,  ossia  la  realtj^  oggettiva  di  una 
cosa  in   quanto  essa   é   conosciuta,  ossia   è   presente   al   pensiero. 

2°  lia  solidità,  l'estensione,  lo  spazio,  che  sono  le  proprietà  fondamentali  del 
mondo  materiale,  sono  niente  più  che  certi  movimenti  e  forze  del  corpo  nostro  ed  esistono 
nello  spirito  sotto  forma  di  sentimenti  di  forza  congiunti  colle  sensazioni  della  vista, 
del  tatto,  ed  altre  impressioni.  Sentire  il  mondo  esteriore  é  un  aver  coscienza  di  forae 
e  di  azioni  particolari ,  che  ci  sono  proprie,  sicché  noi  siamo  il  soggetto  non  solo  di 
sensazioni  meramente  passive,  quali  il  calore,  l'odore,  ma  altresì  di  ogni  movimento 
attivo  di    im    membro   qualunque  del   corpo. 

La  somma  totale  di  tutte  le  occa.sioni  del  dispendio  della  nostra  forza  attiva,  ecco  ciò, 
che  é  per  noi  il  mondo  esteriore.  Se  una  realtà  esterna  ed  indipendente  significasse  qualche 


PEK    GIISEPPE    ALLIEVO  •  51 

cosa  di  più  che  i  nostri  sentimenti  e  sensazioni  muscolari  e  la  loro  unione  di  reciproca 
dipendenza,  sarebbe  tal  cosa  da  non  potersi  concepire  in  vei'un  modo.  Questa  osservazione 
dell'autore  mena  ad  un  fenomenalismo  n  soggettivi.snio  universale.  P^gli .  che  prima  aveva 
riguardato  il  coi-po  nostro  come  esterioip  allo  spirito  e  cume  parte  del  mondo  oggettivo. 
che  ne  circonda,  óra  considera  la  forza  nd  attività  corporea  ed  ogni  attivo  movimento  mu- 
scolare siccome  appartenente  al  soggetto  ossia  allo  spiiito  .  il  quale  diventa  cosi  oggetto  e 
si  confonde  col  mondo  esteriore  .  ossia  accoppia  in  .sé  una  dualità  di  aspetti,  soggettivo  ed 
oggettivo,  riuniti  nella  coscienza.  «  i.a  totalità  del  nostro  spirito  (egli  scrive)  consta  di  due 
generi  di  stati  di  (coscienza .  la  coscienza-oggetto ,  e  la  coscienza-soggetto  ■.  la  pi-ima  è  il 
mondo  esteriore,  il  uou-ine.  la  seconda  è  il  me,  lo  spirito  propriamente  detto.  E  perfetta- 
mente vero,  che  Ih  coscienza-oggetto  da  noi  detta  esternalità  è  ancora  un  modo  del  me  nel 
senso  più  largo .  non  però  nel  senso  ordinariauiente  risti'etto  di  me  e  di  spirito  .  sinonimi 
del  soggetto  ad  esclusione  dell'oggetto  (op.  cit..  pag.  340)  ».  Se  adunque  il  mondo  este- 
riore è  la  coscienza-oggetto.  >•  se  la  coscienza  è  essenzialmente  soggettiva,  ognun  vede,  che 
il  mondo  iu  tanto  esiste  in  (juanto  ne  abbiamo  consapevolezza,  sicché  .se  questa  vieii  meno, 
anche  quello  .scompare.  Il  Bain  sente  egli  stes.so  questa  conseguenza .  e  dice:  Mi  si  diman- 
derà, se  l'nniver.so  esteriore  non  è.  che  una  dipendenza  della  collezione  degli  spiriti,  e  se 
esso  svanisce.  (|uando  questi  spiriti  non  sono  più  ^  Vuoisi  egli  iTedere.  che  se  tutti  gli  spiriti 
fossero  distrutti,  ne  risulterebbe^  la  distruzione  della  materia,  dello  spazio  e  del  tempo?  Egli 
si  argomenta  di  rispondere  all'  obbiezione  avveitendo.  che  «  la  nosti'a  coscienza-oggetto  fa 
parte  del  nostro  essere  tanto,  quanto  la  nostra  coscienza-soggetto.  Solo  quando  io  non 
esisto  più.  altri  esseri  riprendono  e  conservano  la  parte-oggetto  della  mia  coscienza,  mentre 
la  parte-soggetto  è  scomparsa.  L'oggetto  è  ciò,  che  permane  ed  è  comune  a  tutti  ;  il  sog- 
getto è  ciò.  che  è  mutabile,  particolare  a  ciascuno  •■ .  Questa  risposta,  anziché  disciogliere, 
rinforza  l'obbiezione, 

;t"  Noi  crediamo,  che  le  cause  delle  nostre  sensazioni  sono  esterne,  che  cioè  alcune 
delle  nostre  azioni  desteranno  sensazioni  determinate.  La  credenza  alla  realtà  estema  è 
un'induzione  di  un  effetto  dato  da  un  antecedente  dato:  gli  effetti  e  le  cause  sono  i  diversi 
movimenti  e  le  .sensazioni  nostre  proprie.  Kcco  il  soggettivismo. 

A  que.ste  tre  osservazioni  egli  ne  aggiunge  alcune  altre,  e  revoca  in  dubbio  il  pronun- 
ciato della  co.scienza  espresso  in  questi  termini  :  esiste  una  realtà  esteriore  ed  indipendente. 
Prima  di  invocare  l'autorità  della  coscienza  in  favore  di  un  fatto,  occorre  averla  risolto 
ne' suoi  elementi  primitivi,  semplici  ed  indivisibili:  per  contro  i  termini  realtà,  esteriorità. 
indipcndfìizd .  contenuti  in  quel  pronunciato,  hanno  un  significato  derivato  e  complesso, 
un  senso  dubbio,  un'applicazione  impropria.  ■«  Non  posso  dire  (egli  conchiude),  che  la 
teoria  realistica  sia  del  tutto  falsa,  né  che  sia  vera:  dico  che  non  regge  *. 


Lo  spirito  ed  il  corpo. 

Pigliando  le  mosse  dal  concetto  dello  spirito  riguardato  siccome  sentimento,  intelli- 
genza e  volontà,  abbiamo  discorse  alla  spartita  queste  tre  supieme  e  fondamentali  sue  fun- 
zioni.  e  rilevando  coiin'  esse  (convengano  tutte  in  una  forma  comune,  che  è  la  coscienza. 
sia.mo   pervenuti    come  :i  tiii.ile    conclusione    psicologie:!  ;i  questo  pronuiici;ito  :  lo  s)iirito  é 


r>2  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIN 

un  insieme  di  fenomeni  conscienti,  ossia  appartenenti  al  triplice  ordine  di  sentimenti,  di 
pensieri,  di  volizioni:  più  breve,  lo  spirito  è  coscienza,  la  quale  però  sebbene  sia  essen- . 
zialmnute  sogf^ettiva .  cioè  propria  de!  soggetto .  del  me  .  è  ad  un  tempo  altresì  oggettiva, 
cioè  contiene  quale  sua  appartenenza  l'oggetto,  il  noii-uR'.  Contemplato  tiii  qui  lo  spirito 
in  sé  stesso,  cioè  come  soggetto  avente  coscienza  de'  suoi  stati  psichici .  rimane  di  contem- 
plarlo come  coscienza  oggettiva,  cioè  nelle  sue  attinenze  (.-nll '  organismo  corporeo,  col  mondo 
materiale  od  esteriore,  col  non-me?  che  veramente  l'essere  umano  non  è  ne  pui'o  spirito, 
né  mero  corpo,  ma  la  sintesi  di  questi  due  termini.  A  ipiesto  gravissimo  studio  il  Bain 
consacrò  di  pi'oposito  un  suo  volume  pul)l)licato  col  titolo  :  Lo  .yi/rifo  rd  il  corpo.  Quivi 
l'autore,  posto  da  ])iima  lo  stato  della  (questione,  adduce  in  mezzo  i  fatti  in  conferma 
dell'unione  dello  spirito  col  corpo,  poi  contempla  essa  unione  quale  una  corrispondenza  o 
variazione  simultanea,  per  cui  alle  gradazioni  del  cervello  e  del  sistema  nervoso  in  tutta 
la  serie  animale  risjwndono  gradazioni  analoghe  nelle  facoltà  dello  sjjirito.  quindi  espone 
le  leggi  generali,  che  governano  l'operHre  dello  sjìirito  in  relazione  col  corpo,  infine  s'in- 
gegna di  stabilire  in  <li('  dimori  la  natura  del  corpo  .  chi'  congiunge  insieme  ((uesti  due 
termini.  Chiude  il  vnjnine  un'esposizione  storica  ilcllc  diverse  teorie  dell'anima  umana 
dagli  antichi  tilosoti  greci  tino  ai  moderni. 

Qual  l'apporto  inteicede  fra  lo  sph'ito  e  la  materia  cerebrale .  bianca  o  grigia  ? 
Lo  studio  delle  fibre  e  delle  cellule  nervose  ])uò  es.so  rivelarci  alcuni  dei  fatti  relativi  allo 
spirito  dell' uomo,  alcuna  delle  leggi,  alle  quali  esso  va  soggetto?  In  questi  termini  il 
Bain  propone  il  ])rolileina.  di  cui  t'acciaino  paiola,  fili  è  evidente,  che  il  problema  a~«sume 
diverso  significato  e  può  venire  risolto  in  s(>nsi  divelli  secondo  il  diverso  modo,  in  cui 
s'intend(jno  i  due  termini,  fra  di  cui  si  investiga  il  ra])i)urto.  11  vocabolo  spirito,  l'uno 
dei  due  termini  del  iiroblenia.  viene  egli  adoperato  a  significare  l'anima  razionale  del- 
1  uomo,  che  si  solleva  fino  alla  sfera  dri  principii  ideali  neci'ssarii  ed  iinivei-sali .  o  l'anima 
fen.sitiva  del  bruto  sfornita,  per  confessione  medesima  dei  materialisti,  della  facoltà  astrat- 
tiva e  generalizzatric(^  ?  tjucsta  diversità  di  concetto  introd(vtto  nel  significato  del  problema 
no  porterà  a  concepire  una  diversa  guisa  di  rapporto  tra  lo  s])irito  ed  il  corpo,  essendoché  . 
l'anima  umana  non  mostrasi  cotanto  immersa  .  per  così  dire .  ed  avvilupjiata  nella  materia , 
come  l'anima  del  bruto.  Kgualniente  il  vocabolo  corim.  l'altro  terniinc  dd  problema  (o.  come 
6Ì  esprime  il  Bain,  la  materia  cerebrale,  forse  perchè  il  cervello,  essendo  il  fiore  del  sistema 
nervoso,  incentra  e  sintetizza  in  sé  tutto  l'organismo  corporeo)  può  pigliarsi  o  come  sinonimo 
di  materia  bruta  inanimata,  o  come  sinonimo  di  organismo  vivente:  nel  primo  senso  l'anima- 
zione e  la  vitalità  del  corpo  verrebbe  dallo  spirito  come  da  sua  virtù  efficiente,  nel  secondo 
senso  essa  apparirebbe  quale  una  virtù  proiuia  d(dla  materia:  ed  ognun  vede  lo  scioglimento, 
diverso,  che  ne  verrebbe  al  problema,  secondo  il  diverso  modo  di  concepire  il  corpo.  Il  Bain 
avrebbe  provveduto  assai  meglio  alla  discussione  di  sì  grave  argomento,  se  avesse  anzi  tutto 
divisato  per  bene  il  concetto  de'  due  termini  fondamentali  della  questione.  Né  vuoisi  preter- 
mettere, che  lo  spirito  ed  il  corpo,  di  cui  indagasi  il  rapporto.  pos.sono  venire  riguardati  o  in 
senso  noumenico.  siccnine  effettive  sostanze,  o  in  senso  fenomenico,  come  li  considera  il  Bain. 
il  (|nale  li  conceiiisce  siccome  due  fenomeni  e  nulla  più. 

Posto  cosi  lo  stato  della  questione,  a  me  pare,  che  tre  sole  vie  si  presentino  al  ))en- 
siero  di  chi  imprende  a  risolverla,  ed  esse  sono:  1"  la  dottrina  dualistica,  che  srparn  le 
due  sostanze  od  i   due  ordini  di  fenomeni  per  guisa ,  che  le  manifestazioni  dello  spirito 


1 


PER    filVSEPPE    ALLIEVO  53 

e  quelle  del  corpo  si  svolgono  isolate  ed  indipendenti  le  une  dalle  altre:  2°  la  dottrina  moni- 
stica, che  coìifoììflr  ed  identifica  spirito  e  corpo  in  una  sola  sostanza,  la  quale,  secondochè 
si  concepisce  o  come  materia  esclusiva,  o  come  spirito  esclusivo,  bipartisce  il  monismo  in 
materialismo  ed  in  spiritualismo  esclusivi,  die  può  altresì  rivestire  la  forma  di  panteismo 
idealistico:  -V  la  dottrina  dialettica,  che  uiiiscr  spirito  e  corpo  senza  confonderli  e  ad  un 
tempo  li  ri  isti  lì  gufi  senza  separarli.  11  Bain  potrebbe  essere  annoverato  fra  coloro,  che  pro- 
fessano la  terza  sentenza:  ed  io  esporrò  qui  fedelmente  la  sua  dottrina,  con  cui  s'ingegna 
di  spiegare  il  ra]>porto  fra  Io  sjiirito  ed  il  corpo ,  riservando  per  ultime  le  mie  osservazioni 
critiche. 


Esposizione  della  teorica  dell'  autore. 

Due  guise  di  fenomeni  naturali  essenzialmente  distinti,  eppure  insieme  congiunti  dai 
più  intimi  legami,  si  presentano  alla  nostra  osservazione,  lo  spirito  o  coscienza,  e  la  materia 
od  organismo  corporeo,  li  pregio  dell'opeia  divisare  in  che  essi  convengano  ed  in  che  si 
distinguano  a  fine  di  determinare  le  leggi  più  generali  della  loro  alleanza  ed  appli- 
carle alla  spiegazione  de' singoli  fatti. 

Lo  spirito  ed  il  corpo  posseggono  in  comune  gli  attributi  più  generali,  quali  sono  la 
quantità,  la  coesistenza  e  hi  successione.  Non  v'è  proprietà  materiale,  che  non  ammetta 
un  più  ed  un  meno,  una  ([uantità.  come  i)ure  non  avvi  ((ualità  dello  spirito,  che  non  sia 
suscettiva  di  gradi  diversi:  il  volume,  il  peso,  il  coloie.  la  durezza  dei  corpi  presentano 
gradi  particolari,  come  pure  i  piaceri,  le  jicne.  i  pcnsieii.  le  volizioni  del  nostro  spirito  possono 
essere  luimei-ati  e  misurati  sebbene  non  certo  con  fisica  esattezza  o  rigor  matematico.  Le 
proprietà  matei'iali  coesistono  insieme  raggnippate  in  un  medesimo  corpo,  e  coesistono  altres'i 
in  un  medesimo  spirito  i  suoi  attributi  e  fenometii,  essendo  sempre  lui  stesso,  che  pensa, 
sente  e  vuole.  Anche  l,i  successione,  insieme  colla  coesistenza  e  colla  quantità,  riscontrasi 
nel  corpo,  egualmente  che  nello  spiiito  ;  nel  curpo.  i  cui  cangiamenti  si  avvicendano  gli  uni 
dopo  gli  altri,  insieme  consertati  dal  vincolo  di  causa  e  di  effetto  ;  nello  spirito,  che  versa  in 
una  continua  fluttuazione  di  fenomeni  successivi  e  coiulizionati  gli  uni  agli  altri.  Oltre  a  ciò  i 
fatti  vuoi  dello  spiiito.  vuoi  del  corpo  convengono  anche  in  questo,  che  entrambi  sono  egual- 
mente più  o  nudilo  facili  a  conqirt'iidersi  ed  a  spiegatasi  :  sappiamo  ad  un  modo  quel  che  sia 
un  pezzo  di  materia,  e  ((nel  che  un'operazione  dello  s)iirito  :  e  se  la  materia  presenta  alcune 
proprietà  chiare  ed  evidenti,  come  l'estensione.  1  inerzia,  il  i)eso.  altre  non  cos'i  agevoli  ad 
intendersi,  come  il  calore.  1' elcttri<ità  .  ed  altre  di  assai  difficile  concepimento,  come  le 
proprietà  vitali,  anche  lo  sjiirito  in  alcuni  suoi  reiiomeni  .  come  i  piaceri  ed  i  dolori 
è  assai  piano  a  comiirendeisi.  meiitre  le  leggi  ad  esempio,  che  governano  il  corso  dei 
pensieri  nel  sogno,  non  si  mostrano  guari  facili  ad  intendersi. 

Opposte  a  questi  atti'ibuti  comuni  allo  spirito  ed  al  corpo  stanno  altre  qualità 
siffattamente  jjroprie  dell' uno  o  dell'altro  da  renderli  inconfondibili  fra  di  loro.  Suprema 
fra  le  proprietà  esclusive  della  materia  è  l'estensione,  mentre  lo  spirito  non  può  non 
essere  inesteso  :  che  sarebbe  stranezza,  anzi  assurdità  il  iironunciare ,  che  un  pensiero- 
un  ricordo,  un  sentimento  sia  esteso,  come  lo  è  per  contro  un  tavolo,  un  muro,  una 
campagna.   Alla  estensione  si  aggiungono  l'inerzia,  il  movimento,   il   peso,  il  colore,   la 


54  ESPOSIZIONE    CRITirA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIK 

positura,  la  forma.  1  attrazione,  la  ripulsione,  la  coesione .  qualità  tutte,  che  appar- 
tengono in  proprio  al  corpo  e  disconvengono  allo  spirito .  ed  a  quale  che  siasi  delle 
sue  funzioni.  Avuto  liguardo  a  (jueste  due  serie  opposte  di  qualità,  comuni  le  une, 
proprie  le  altre  ragion  vuole.  cIr'  tutti  quanti  i  fatti  della  natura  vengano  ricondotti 
a  due  ordini  supremi,  lo  spirito  e  in  materia,  i  quali  se  dall  un  lato  non  sono  tanto 
discrepanti  da  rimanere  isolati  ed  indipendenti,  dall'altro  non  conveng<mo  insieme  a 
segno  da  confonder^i  in  alcunché  di  più  t'ievato  e  superiore.  Sia  pur  qualsivoglia  il 
concetto,  che  altri  si  forma  circa  l'unione  dello  spirito  col  corpo,  rimane  pur  sempre 
inconcussa  la  distinzione  tra  i  due  modi  di  esistenza ,  il  modo  materiale  e  lo  spirituale, 
tra  i  corpi  inerti  ed  estesi  dallun   lato,  i   piaceri,  i  pensieri,   le   volizioni  dall'altro. 

Ciò  posto ,  è  cosa  di  fatto .  che  questi  due  ordini  di  pioprietà  o  di  fatti  .  pur 
mentre  rimangono  naturalmente  distinti,  si  riuniscono  in  un  medesimo  essere  animato, 
n  uomo,  o  bruto,  cli'ei  sia.  Un  vivente,  vuoi  umano,  vuoi  animale,  per  una  parte  è 
un  insieme,  di  facoltà  psichiche,  per  l'altra  è  una  massa  di  materia,  e  questi  due  teiinini, 
spirituale  e  materiale,  malgiado  la  loro  essenziale  opposizione,  coesistono  uniti  nel  mede- 
simo individuo.  L'unione  dello  spirito  cim  un  corpo  organato  e  vivente  è  un  fatto  incon- 
trastabile dell'esperienza.  Or  questo  fatto  può  esso  venire  spiegato,  o  non  forse  rimane 
avTolto  in  un  mistero  indicifiabile  ?  Spiegare  un  fatto  vale  quanto  ricondurlo  ad  una 
espressione  generale  .  sollevarlo  a  (juella  classe  superiore  di  fatti  ,  a  cui  rassomiglia  ; 
mistero  è  isolamento  assoluto  :  un  fatto  è  ines|)licabile .  è  mistero .  tuttavoltachè  non 
può  più  essere  riferito  a  veruna  classe  generale  di  fatti  consimili.  Rimane  quindi  a  con- 
siderare se  abbiavi  una  espressione  generale  acconcia  a  designare  l'unione  di  due  nature 
cos'i  distinte  da  non  potersi  ridurre  ad  una  sola. 

Si  suol  dire  comunemente,  che  lo  spirito  ed   il   corpo  agiscono  l'uno  sull'altro.  E 
questa  una  di  quelle  espressioni  improprie  e  falsate,  che  oscurano  ed  inviluppano  il  pro- 
blema anziché  chiarirlo   e    districarlo.    Qm^sto   concetto   non   n^gge   alla    critica ,    perchè 
parrebbe,  che  lo  spirito  possegga  proprietà  e  facoltà  operative  sue  proprie  anche  disgiun- 
tamente dall'organismo  corporeo,  mentre  l'esperienza  non  ci  consente  veruna  conoscenza 
di  uno  spirito  isolato  dal  corpo  e  ci  testimonia,  che  le  nostre  operazioni  mentali  sono  tutte 
quante  accompagnate  da  una  serie  non  mai  inteiTotta  di  atti  materiali.  Non  si  dà  veruna 
azione  dello  spirito  sul  corpo,  né  del  corpo  sullo  spirito,  bensì  havvi  lo  spirito  ed  il  corpo 
riuniti,   che   determinano   un    risultato   insiememente   morale  e  tisico,  i  sostenitori    di    un 
principio  spirituale   isolato   dai    corpo,   da  Aristotele  e  S.  'l'oiumaso  tino  a  noi.   contrad- 
dicendo  alla   loro  sentenza,  aiiiuiettono .  che   certe  operazioni  intellettuali,  come  ad  es.  la 
meuKiria.  dipendono  da  a/ioni  materiali.  Alla  >less;i  evitica  va  soggetta  (juell'altra  espres- 
sione comune,  che  io  spirito  si  .serve  del  c(upo  come  di  strumento   per  operare  sul  mondo 
esteriore.  Anclie  qui  si  concepisce  lo  spirito  si<'.eome  una  sostan/;i  capace  ili  vivere  appartata 
in   sé  .stessa,  di  operare  secoiuloché  gli  iiggi'ada  insieme  eoi  corpo  o  senza  di  esso,  mentre 
a  lui  considerato  isolatamente  non  uppaitiene  virtù  etticienlc  né  potenza  ili  sorta.  Il  nostro 
essere  psichico  è  per  necessità  di  natura  allentai  citi  nostro  essere  tìsico,  sici^lié  senza  (|uesta 
legge  dell'alleanza   gli   stati   del    nosti'o   spirilo    lornerebliero    impossibili.    Coinè  adunque 
eoncepire  sifl'atta  alleanza,  dacché  alibiamo  ripudiata  I Hpinione.    the    io  spirito  agisca  sul 
corpo  o  di    esso   si    serva    come   ili    sliiimento   e.steriore^  Si   duia    assai    fatica    a    trovare 
termini   eonvenienti    v    pi  opri!    per  esprimere  I'  unione  tra  lo  spirito  ed  il  corpo,   appunto 


PKR    fiirsFHVK     AF.I.IKVii  55 

perchp  tra  rtiiin  f  laltro  intorrfrle  opposizione  di  iiaturM.  la  qnalp  non  consente  die  ven- 
gano raffrontati  insieme,  altro  non  avendo  di  connine,  clip  gli  attributi  più  generali. 
-Mlorch^  contempliamo  lo  spirito  siccome  rongiunto  con  una  massa  cerebrale  e  le  sue 
correnti  nervose,  a  stento  possiamo  rimanerci  dall 'assegnargli  un  luogo  speciale.  Il  concetto 
di  alleanza  sembra  inseparabile  dal  concetto  di  luogo  o  di  estensione,  mentre  il  concetti» 
di  spirito,  che  è  essenzialmente  inesteso.  esclude  il  concetto  di  alleanza  locale  siccome  a  sé 
ripugnante  ed  impossibile.  F'cco  (jui  adunque  tutta  la  difficoltà  :  lo  spirito  inesteso  si  allea 
localmente  colla  materia  estesa,  il  dilemma  è  stringente:  o  negare  il  fatto  dell'alleanza 
siccome  inconcepibile  ed  inesprimibile,  o  riguai-daria  siccome  unione  locale.  Diremo  adunque 
che  manca  il  linguaggio  conveniente  a  significare  l'alleanza,  di  cui  discorriamo?  Se  havri 
una  espressione  ali  uopo,  essa  è  ninn  altia.  che  c|iiestM  :  un  i/iìu/imiii'iifii  lii  sdito,  un 
passaggio  cioè  dallo  stato  di  conoscenza  con  estensione  ad  uno  stato  di  conoscenza  senza 
estensione.  os.sia  una  successione  di  tempo,  non  già  un'unione  di  luogo.  Dal  concetto  del- 
l'unione tra  lo  s))irito  ed  il  coi  pò  dobbiamo  escludere  ogni  idea  di  luogo  pei'  surrogarvi 
l'idea  del  tempo.  Non  si  scan.sa  per  altia  via  lo  scoglio  della  contraddizione,  che  me- 
diante la  successione  tcinpoianea.  IH  inganisiiiii  dotato  di  estensione  ci  fa  pas-sare  ad 
uno  stato  scevro  di  estensione,  ossia  lo  st^'sso  essere  è  alternativamente  oggetto  e  soggetto, 
eonsciente   con   estensione,  inconscieiite  senz'estensione:  ec,c<>  tutto. 

Di  tal  modo  ne  pare  tV\  avere  spiegati)  il  mistei-o  dell'unione  tra  lo  s|iirito  ed  il  corpo 
non  già  spiegando  l'essenza  dell' iiiiu  e  dell' altid.  ma  designando  con  una  cfniveniente 
espressione  generale  il  loro  ra]i|iiprlo  per  deiivarne  le  leggi,  clic  gnvevnaiio  la  loro  naturale 
alleanza.  Kssr>  ^i  appoggiano  su  questo  pi'incipio.  che  ogni  ui'to  od  eccitazione  dello  spirito 
è  connesso  cnn  un  urto  n  scossa  nervosa  e  vengono  perciò  a  significare,  che  ogni  fatto 
psichico  sta  implicato  in  nn  Tutto  tisico,  che  ogni  funzione  dello  s|)irifo  si  esercita  sopra 
una  base  fisica  deirni-ganisnin.  il gni  operazioni'  mentale  è  indissolubilnieut+'  accompa- 
gnata da  una  sei'ie  di  atti  corporei,  tantoché  ciascun  sentimento,  ciascuna  idea,  ciascun 
pensiero  esige  una  certa  quantità  di  ossigeno,  di  carbonio,  e  di  alti'e  sostanze,  che  si  com- 
binano  e  si  trasfoi'mano  in  certi  organi  matei'iali. 

Le  leggi,  di  cui  discorriamo,  vannf)  specificate  in  tre  classi  risprmdenti  alle  tre 
supreme  funzioni  dello  spirito  secondocliè  govi'rnano  il  sentimento,  la  volontà  e  l'intelli- 
genza. Le  leggi  relative  alla  facoltà  del  sentire  riguardano  le  une  il  sentimento  in  generale, 
le  altre  il  sentimento  nella  sua  forma  paiticolare  di  piacere  o  di  pena.  Il  sentimento  con- 
siderato nella  generalità  sua  è  governato  dalle  due  leggi  di  relatività  e  di  diffusione.  Un'a- 
zione sopra  qualunque  de'  nostri  sensi,  se  persista  uniforme  e  sempre  la  stessa,  perde  ogni 
sua  efficacia,  sicché  sentire  semiire  una  siila  e  medesima  cosa  torna  afl  un  medesimo,  che 
sentire  un  bel  nulla.  Il  passaggio  dall'  uniforme  e  dall'identico,  al  vario  ed  al  diverso, 
ossia  il  cangiamento  è  condizione  necessaria  allo  sviluppo  del  sentimento  :  è  questa  la  legge 
di  relatività,  la  quale,  applicata  non  più  allo  spirito,  ma  al  corpo,  va  enunciata  di  tal 
modo:  un'azione  continuata  pei-  certo  tempo  cessa  di  produrre  la  quantità  ed  il  genere 
di  azione  nervosa  necessaria  perchè  ne  abbiamo  coscienza.  Occorre  che  il  sistema  nervoso 
si  rifaccia  e  ripigli  forza  dal  nutrimento  e  dal  riposo.  Di  costa  alla  legge  di  relatività  sta 
quella  di  diffusione,  per  cui  tuttavoltachè  un'impressione  va  consociata  con  una  sen.sazione, 
le  correnti  eccitate  si  spandono  liberamente  nel  cervello  e  determinano  un'agitazione 
generale  degli  organi  di   moto  pur  mentre  agiscono  sui  visceri.  Lo  stimolo,    che  eccita 


fi6  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTBINE    PSICOLOOICHE    PI    A.     BAIN 

un  nervo  sensitivo  si  propaga  fino  ad  un  centro  o  ganglio,  dove  sprigiona  una  forza  an- 
cora più  energica,  che  giunge  ai  muscoli  per  via  de'  nervi  motori.  Queste  due  leggi, 
la  relatività  e  la  dift'usione  insieme  accopjìiatc  ci  puigonn  1  " espressione  generale  delle 
condizioni  fisiclio  di  ogni  coscienza,  le  quali  sono  «  un  accrescimento  n  una  variazione 
delle  colorenti  nervose  del  cervello  {erro  In  hf/yr  ili  r  rio  tir  ita)  abbastanza  energiche  ed 
estese  per  agire  sul  sistema  combinato  dei  nervi,  che  partono  dal  cervello,  nervi  motori 
e  nervi  de' vi^cel■i  {cero  la  lajyf  di  (HfJKsiotic)  ».  V\w  se  l'iguardisi  nella  sua  forma  par- 
ticolare di  piacere  o  di  pena  il  sentimento  soggiace  alla  legge  di  conservazione  personale, 
per  cui  il  piacere  va  accompagnato  da  un  accrescimento,  il  dolore  da  una  diminuzione 
di  energia  vitale,  ed  alla  legge  di  stimolo,  per  cui  eccitare  i  nervi  entro  certi  limiti  e  con- 
dizioni è  sorgente  di  piacere,  trascendere  questi  limiti  fino  al  conflitto  od  alla  violenza 
degli  stimoli  produce  dolore. 

Venendo  alla  volontà,  siccome  es,sa  nel  -uo  o|)erare  è  suscitata  dalla  sensazione 
piacevole  o  molesta,  e  guidata  dall' intelligenzM.  ossia  ilalla  conoscenza  del  line,  a  cui  in- 
tende, così  il  problema  dell'accordo  tra  lo  spiiito  volente  e  l'organismo  corporeo  si  risolve 
nel  problema  medesimo,  che  l'iguarda  la  sensazione  e  l'intelligenza.  L'operare  della  vo- 
lontà abbisogna  di  condizioni  fisiche,  le  (juali  sono  ])riiiianiente  Fattività  spontanea  mu- 
scolare, ossia  la  esuberanza  di  potenza  vitale  capace  di  imprimere  un  moto  agli  organi 
indipendentemente  da  ogni  stimolo  esteiime:  secondamente  la  sensazione  gradevole  o  pe- 
nosa, la  quale  dirige  sovra  alcuni  punti  s])eciali  (inell'attività  dapprima  operante  alla 
ventura  ed  a  sbalzi  :  in  terzo  luogo  un  lapporto  tra  certe  date  sensazioni  "e  certi  dati 
movimenti. 

Come  il  sentimento  e  la  volontà,  cosi  l'intelligenza  è  intimamente  vincolata  coU'or- 
ganismo  corporeo,  l  fondamenti  fisiologici  del  jìensiero  ci  vengono  scoperti  in  quelle  me- 
desime leggi  poste  superiormente  in  riguardo  al  sentire  ed  al  volere  applicate  alla  facoltà 
del  pensare. 

La  legge  di  relatività,  ossia  della  necessità  del  cangiamento  per  suscitare  un  senti- 
mento, è  altresì  la  base  fondamentale  della  conoscenza  e  costituisce  la  facoltà  intellettiva 
del  discernimento.  Questa  facoltà,  che  cotanto  si  estende  fino  a  cogliere  le  gi'aduazioni  più 
minute  di'suoni  e  decolori  e  le  diffeienzo  (piasi  ini]ieicettiijili  degli  oggetti,  si  giova  di  un 
apparecchio  tìsico  anch'esso  este.sissinm  e  meravigliosamente  complicato,  come  ne  fauno 
provagli  organi  della  vista  e  dell'udito.  La  seconda  legge  detta  di  diffusione,  o  rapporto 
della  sensazione  con  correnti  raggianti,  governa  del  pari  l'intelligenza,  siccome  quella,  che 
tiene  rapimi-ti  fisici  colle  correnti  nervose  del  cervello.  Panmente  la  legge  di  conservazione 
regge  altresì  il  pensiero,  essendoché  la  nostia  intelligenza  riguardata  sotto  l'aspetto  pra- 
tico può  essere  considerata  siccome  uno  svilup]Mi  vastis.simo  di  azioni,  c^he  da  essa  legge 
dipendono. 

La  facoltà  ritentiva  o  meinoi'ia,  non  alti'iiuenti  che  le  funzioni  del  discernimento  e 
dell'accordo  ha  una  base  tìsica  nell'organismo  corporeo.  Ogni  atto  della  memoria,  ogni 
idea  conservata  o  risvegliata  ha  rispondenza  in  un  gruppo  partie^olare  di  sensazioni  e  di 
movimenti  fisiologici,  mercè  il  sussidio  di  sviluppi  speciali  delle  cellule  di  congiunzione. 
Che  la  memoria,  egualmente  che  lo  altre  facoltà  conoscitive  stia  per  necessità  di  natura 
vincolata  con  uu  organismo  nuiteriale,  è  cosa  che  va  da  sé.  Jla  alloraquando  poniamo 
mente  al  numero  sterminato  dei  nostri  acquisti  intellettuali  e  lo  raffrontiamo  con  quello 


PEK     (UtTSEPPK    ALLIEVO  57 

delle  nostre  fibre  cerebrali  e  ci  domandiamo  come   mai  l'immenso  ammasso  delle  nostre 
operazioni  intellettive  e  delle  nostre  conoscenze  possa  starsene  rinchiuso  tutto  quanto  in 
tre  libbre  di  un  tessuto  grasso  od  albuminoso  composto  di  sottilissimi  fili  e  di  piccoli  cor- 
puscoli, qual  è  il  cervello,  noi  facciamo  le  più  alte  meraviglie  e  ci  troviamo  in  faccia  ad 
un  fatto,  che  sembra  sfidare  ogni   calcolo   ed  ogni  ragion  spiegativa.  Tuttavia   ciascun 
acquisto  intellettuale  debba  avere  la  via  sua  propria  in  quel  labirinto  di  corpuscoli  e  di  fibre, 
che  chiamiamo  massa  cerebrale,  e  l'estensione  delle  nostre  cognizioni  acquisite  va  com- 
misurata al  numero  degli  elementi  particolari  del  cervello  medesimf).  A  dimostrare  questo 
pronunciato  è  necessario  anzitutto  stabilire,  che  siccome  la  ritentiva  è  facoltà  di  continuare 
nello  spirito  impressioni  non  più  eccitate  dallo  agente  primitivo  esteriore  e  riprodurle  più 
tardi  mercè  forze  meramente  intellettuali,  così  l'impressione  rinnovata  occupa  esattamente 
nel  cervello    le  parti  medesime  e  nel  medesimo  modo  che  l' impressione  primitiva.  Ancora 
giova  avvertire,  che  il  numero  delle  svariatissime  idee  e  delle  impressioni  va  considerevol- 
mente ridotto,  essendoché  si  raggruppano  tutte  in  alcune  classi  supreme  e  comprensive  per 
modo,  che  il  concetto  di  genere  o  di  specie  basta  esso  solo  a  conoscere  e  ritenere  tutti 
gli  individui  in  esso  racchiusi.  Cos'i  ciascun  viso   umano   mostra  un'impronta  tutta  sua 
particolare  ;  tuttavia  ritenendo  alcuni  de'tratti  più  salienti  e  ragguardevoli  e  forse  non  più 
da  sei  a  dieci  indicazioni  di  forma,  di  grandezza,  di  colore,  ci  basta  per  riconoscere  qua- 
lunque umana  fisionomia.  Egualmente  il  naturalista,  sorretto  dalla  efficacia  della  classi- 
ficazione, non  può  guari  conservare  nella  sua  memoria  che  i  caratteri  di  due  o  tre  mila 
specie;  pel  resto  si  affida  al  libro:  lo  stesso,  è  a  dirsi  del  filologo,  che  apprende  e  ritiene 
una  lingua  composta  di  innumerevoli  vocaboli,  e  del  matematico,  che  tiene  in  mente  una 
quantità  considerevole  di  formolo  e  di  figure. 

Ciò  posto,  so  instituiamo  un  calcolo  appros.simativo  degli  clementi  nervosi  —  fibre  a 
corpuscoli  —  a  fine  di  paragonare  il  loro  numero  con  quello  de'  nostri  intellettuali  acquisti, 
appoggiati  alla  misura  del  volume  del  cervello  possiamo  arguirne,  che  il  numero  delle  fibre 
le  quali  riuniscono  le  diverse  parti  della  massa  cerebrale  è  di  4800  milioni.  Per  conse- 
guente, posto  il  numero  complessivo  di  duecentomila  acquisti  ideali,  a  cui  potrebbero 
giungei'e  gli  spiriti  meglio  dotati  riguardo  a  memoria  od  alle  altre  facoltà  mentali,  avremmo 
per  ciascun  gruppo  nervoso  cinque  mila  cellule  e  venticinque  mila  fibre.  «  Questo  calcolo 
basta  a  dimostrare,  che  per  quantunque  numerosi  siano  i  rapporti  ai  quali  gli  emisferi 
cerebrali  devono  bastare,  gli  elementi  nervosi  esistono  nella  medesima  proporzione,  e  che 
nulla  v'ha  d'improbabile  ammettendo  l'esistenza  di  un  filo  nervoso  indipendente  per 
ciascun  acquisto  intellettuale  distinto,  ed  assegnando  un  cammino  speciale  apposito  a 
ciascuna  delle  correnti,  che  si  connettono  ad  una  sensazione,  ad  un'idea  ». 

Quando  si  chiamino  a  critica  rassegna  le  più  celebrate  teoriche  dei  filosofi  antichi 
e  moderni  intorno  l'unione  dello  spirito  e  del  corpo  nell'uomo,  si  perviene  a  questa  con- 
clusione :  la  dottrina  delle  due  sostanze  più  non  regge  ai  risultati  della  moderna  scienza 
positiva,  mentre  la  dottrina  della  sostanza  unica,  in  cui  si  riuniscono  due  ordini  opposti 
di  proprietà,  ossia  della  sostanza  unica  con  due  faccie,  l'unica  fisica,  l'altra  spirituale,  ri- 
sponde alle  esigenze  della  questione  ed  ai  bisogni  della  ragione. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


58  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIN 


Critica  dell'esposta  dottrina  intorno  l'unione  psicologica 

Il  problema  dell'unione  fra  lo  spirito  ed  il  corpo  presenta  un'intima  attinenza  con 
i  punti  più  rilevanti  della  pedagogia,  della  religione  e  della  morale.  Infatti  poniamo  caso, 
che  esso  venisse  discusso  e  risolto  secondo  i  pronunciati  del  materialismo,  che  stringe  tutto 
quanto  l'essere  umano  nel  corporeo  organismo,  di  cui  le  facoltà  mentali  sarebbero  un 
necessario  risultamento ,  e  che  rigetta  siccome  assurda  l'esistenza  di  sostanze  spirituali 
indipendenti,  riesce  per  se  evidente,  che  ne  verrebbe  per  logica  conseguenza  il  sacrificio 
dell'educazione  spirituale  alla  educazione  fisica  nell'ordine  pedagogico,  e  la  negazione  di 
Dio  e  dell'immortalità  dell'anima  umana  nell'ordine  religioso  e  morale.  Né  si  obbietti  in 
contrario,  che  il  proposto  problema  va  disaminato  e  sciolto  in  sé  stesso,  astrazione  fatta 
dalle  sue  relazioni  con  altre  questioni  e  senza  punto  preoccuparsi  delle  conseguenze,  a  cui 
ne  porterebbe  nell'ordine  pedagogico  e  religioso,  se  si  vuole  che  venga  discusso  con  piena 
indipendenza  di  pensiero  e  senza  veruna  opinione  preconcetta  in  mente.  Coloro,  che  cosi 
la  discon-ono,  non  avvertono  al  sintesismo  ideale,  che  stringe  insieme  i  molteplici  e  svariati 
problemi  della  scienza  e  compone  ad  armonia  i  differenti  ordini  dell'umano  sapere.  La 
verità  non  può  alla  verità  contraddire,  né  chi  si  affaccia  ad  un  problema  può  rimanersi 
indifferente  allo  scioglimento  di  esso,  il  quale  conduca  alla  negazione  di  altre  verità  già 
stabilite  e  tenute  per  ferme,  che  abbiano  attinenza  col  medesimo.  Questa  pretesa  indiffe- 
renza, che  si  vorrebbe  necessaria  a  conservare  l'indipendenza  del  pensiero  e  la  libertà 
assoluta  della  discussione,  riuscirebbe  alla  negazione  medesima  della  verità,  opperò  alla 
distruzione  medesima  del  pensiero,  il  quale  dovrebbe  ad  ogni  passo  disfarsi  delle  sue  cre- 
denze scientifiche  per  correre  alla  ventura. 

Venendo  di  proposito  al  nostro  argomento,  il  Baiu,  schierati  in  due  classi  opposte  i 
fenomeni  psichici  ed  i  fisici,  lo  proprietà  dello  spii'ito  e  quelle  del  corpo,  pone  in  rilievo  il 
fatto,  che  questi  due  ordini  di  proprietà  e  di  fenomeni  si  riuniscono  in  un  medesimo  essere 
individuo  vivente,  l'uomo  od  il  bruto,  e  si  fa  a  rintracciare  la  ragione  di  siffatta  unione. 
Qui  invece  la  critica  dimanda,  se  mai,  prima  d'investigare  la  causa  di  questo  fatto  nel- 
l'uomo, e  nel  bruto,  non  torni  opportuno,  anzi  necessario  sollevare  la  questione  alla  sua 
espressione  generale  ricercando  se  abbiavi  ragione  di  ammettere  o  di  negare  l'esistenza 
effettiva  di  spiriti  puri,  cioè  sciolti  da  ogni  organismo  corporeo  nello  attuamento  delle 
loro  facoltà  costitutive,  quali  sono  l'intendere  razionale  ed  il  hbei-o  volere.  Il  Bain  non 
può  accogliere  siffatta  questione,  o  se  pure  la  riconosce,  non  può  non  risolverla  in  senso 
negativo,  egli,  che  non  ammette  la  sostanzialità  dello  spirito  convertendolo  in  un  insieme 
di  proprietà  o  di  fenomeni.  Eppure  non  mancano  prove  in  appoggio  della  sentenza  spiri- 
tualistica. Poiché  se  l'esperieoza  ci  pone  sott'occhio  corpi  che  sussistono  disgiunti  da  ogni 
spirito  animatore,  quali  sono  le  sostanze  tutte  minerali,  inorganiche  ed  inanimate,  e  ci 
addita  nel  nostro  medesimo  corpo  organato  fenomeni  puramente  ed  esclusivamente  fisici  e 
meccanici,  a  cui  lo  spirito  non  piglia  parte  veruna  serbandosi  onninamente  estraneo,  la 
ragione  ci  consiglia  per  ciò  a  riconoscere  sostanze  spirituali,  cIk'  intendono  e  vogliono,  in 
tutto  scisse  da  organi  materiali.  Certo  è,  che  siccome  non  tutte  le  sostanze  corporee  pos- 
seggono la  vb'tù  peculiare  di  congiungersi  in  intimità  di  vita  con   uno  spirito  (che  i  corpi 


I 


PEK    GirSEPPE    ALLIETO  59 

minerali  ed  inorganici  non  sono  fatti  per  allearsi  con  un  principio  animatore)  del  pari 
non  tutti  gli  spiriti  sono  di  loro  natura  siffatti  da  abbisognare  di  un  materiale  connubio 
per  sussistere  ed  operare.  Dio  è  tale  spirito,  che  si  regge  da  sé  e  vive  in  sé,  mentre  lo  spi- 
rito umano  è  natofatto  per  convivere  col  corpo.  Ora  il  Bain  ha  egli  proposto  il  giusto 
concetto  spiegativo  di  siffatta  convivenza  ? 

Assaggiato  al  crogiuolo    della  critica  il  concetto  psicologico  dell'autore  apparisce 
incoerente  ed  insussistente.   Dacché  egli  aveva  respinto  siccome  ripugnante  ogni  alleanza 
locale  dello  spirito  col  corpo,  e  riconosciuti  questi  due  termini  siccome   opposti  siffat- 
tamente da  non  comportare  verun  paragone,  più  non  gli  consentiva  la  logica  di  asse- 
gnare alle  facoltà  dello  spirito  una  base  fisica  nell'organismo  corporeo,  di  commisurare  il 
numero  delle  nostre  operazioni  intellettive  e  delle  nostre  conoscenze  con    quello  delle 
fibrille  e  dei  coqDUScoli  cerebrali,  e  sentenziare,  che  il  cervello  deve  o  in   un  modo  o 
nell'altro  fornire  una  via  di  comunicazione  nervosa  apposita  per  ciascun  acquisto  di- 
stinto (1).  È  noto  come  Cartesio  insediasse  l'anima  nella  gianduia  pineale,  e  come  alcuni 
seguaci  della  frenologia  fisiologica  abbiano  iniaginato  la  regione  dell'intelligenza  riposta 
nella  massa  anteriore  del  cervello  cùxondata  dalla  vertebra  anteriore  del  capo ,  l'or- 
gano del  sentire  nella  massa  medesima  circondata  dalla  vertebra  centrale,  l'organo  della 
volontà  e  dell'istinto  nella  massa  cerebrale  posteriore  chiusa  dalla  vertebra  dell'occipite  (2). 
L'autore  dichiara  assai  delicata  la  questione  di  sapere,  se  le  tre  funzioni,  intelligenza, 
sentimento  e  volontà  occupino  ciascuna  un  posto  distinto  nel  cervello  (3).  Ma  a  serbarsi 
concorde  con  sé  medesimo  avrebbe  dovuto  ripudiare  ben  anco  l'esistenza  di  siffatta  que- 
stione, dacché  lo  spirito  non  tiene  col  corpo  verun  rapporto  locale  ;  in  quella  vece  si 
pose  a  rintracciare  i  fondamenti  fisiologici  delle  operazioni  psichiche  ;  e  qui  il  suo  con- 
cetto si  rivela  non  solo  illogico  e  discorde  da  sé  medesimo,    ma   altresì  insussistente. 
Egli  infatti  reputa  di  avere  spiegato  il  fatto  dell'unione  psicologica  sostituendo  al  con- 
cetto di  alleanza  locale  discorde  dalla  natura  dello  spirito  il  concetto  di  cangiamento  di 
stato  0  succession  temporanea,   per  cui  il  medesimo  essere  individuo,  o  uomo  o  bruto  ci 
si  presenta  alternativamente  come  soggetto  ed  oggetto ,  sostanza  unica  a  due  faccie,  l'una 
fisica,  l'altra  spirituale.  Ma  la  difficoltà  rimossa  dal  lato  dello  spirito  ricompare  dal  lato 
della  materia  ;   dalla  proposizione,  lo  spirito  essendo  inesteso  non  può  allearsi  local- 
mente col  corpo,  ci  troviamo  sbalzati  in  quest'altra  :  la  materia,  essendo  estesa  deve 
allearsi  localmente  collo  spirito  :  i  due  termini  opposti  vanno  sempremai  respingendosi, 
non  comportando  paragone  di  sorta.   Per  soprassello,  a  vece  di  una  sola  sostanza  con 
due  facete  ci  troviamo  con  duo  faccie  senza  sostanza,  essendoché,  nessuno  potrà  soste- 
nere sul  serio,  che  1'  unione  di  due  opposti  ordini  di  fatti,   fisici  e  psichici,   nessuno 
de'  quali  è  sostanza,  possa  convertirsi  in  una  sostanza. 


{\)  Lo  spirito  ed  il  corpo,  pag.  240,  efiiz.  frane. 

(8)  11  "ViLLis  aveva  locato  il  senso  comune  nel  corpo  scanalato,  la  memoria  nella  sostanza  eoriieale 
e  cosi  via  via  ciascuna  facoltà  dell'anima  in  una  parte  speciale  del  cervello.  Anch'egli ,  il  fisiologista, 
PiNEL,  non  era  alieno  dallo  assegnare  a  ciascuna  facoltà  peculiare  dello  spirito  una  sede  propria  nel 
cervello.  Sono  meritevoli  di  essere  lette  le  osservajioni ,  che  fa  Main  de  Biras  intorno  a  questo  ar- 
gomento nella  sua  opera  postumi  :  Nouvelles  considérations  sur  les  ropporls  du  physique  et  du  moral 
de  l'homme,  parte  1",  §  IV. 

(3)  Ibid.,  pag.  108." 


60  ESPOSIZIONE    rRITICA    PELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIK 

L'insussisteiiisa  di  questa  dottrina  apparirà  vie   più   manifesta  disaminando  le  leggi 
ossia  i  fondamenti  fisii  ili  "{liei  dell'intpHifieiiza  posti  dal  nostro   autore.  Huplielmo   Hamilton 
avvisava,   ehe.    tutto   ((uaiito   sappiamo   intorno    l'unione   dello   spirito   col   corpo,    sta   in 
ciò.   che   le    modifìca/ioni    psicliiclie   dipendono   ila   certe   condizioni   corporee,    ma   circa 
la   natura   di    (|iii'>ti'   condi/ioni    imn    ci    vien    dato   di   (•onoscere   il    menomo  che.  Il  Bain 
pretese  di  spiegare  il   fatto  secondo   i   placiti   del    positivismo,   ma   fallì   all'intento.    La 
sua  df)ttrina   mi    ricorda   l'ipotesi  di    Carlo   lìonnet.  il    (juale   aveva   sup])osto.  che  il   cer- 
vello  sia    fornito   di    tante   fihrille .    (|uante   esistono   e   possono  esistere    ra])presentazioni 
ideali  e  rajtporti  fra  queste  rapjn'esentazioni.  Essa  riposa  tutta  quanta  su  (luesto  fallace 
supposto,  che  tra  i  nostri  concepimenti  ideali  e  le  oscillazioni  fibrillari  vi  corra  tale  comu- 
nanza di  natura  e  cosi  intima  corrispondenza,   che  possa  risiedere  in   ([ucste  la   ragion 
spiegativa   di  quelli.    8e   cosi   stesse   la   cosa,   sarebbe   giuocoforza   divisare    nella    massa 
cerebrale  tante  specie  di  elementi   nervosi,  quante  sono  le  specie  di  acquisti  ideali  cor- 
rispondenti, anziché  studiarsi   soltanto  di  calcolanie  alla  rinfusa  il  numero  senza  distin- 
zione di  sorta.  Ur  mi   si   dica:    quali   sono   le    fibrille,  che  rispondano   all'operazione  dello 
astrarre  e  del  generalizzare^  Quali   i   corpuscoli  cerebrali,  che  mostrino  la  più   lontana 
analogia    colle    idee  soprasensibili   della    virtù  e  del   vizio,   del    diritto  e  del   dovere  e 
colle  trascendentali  astrattezze  della   metafisica  e  della  matematica?   E   l'idea  medesima 
che  abbiamo  dello  spirito ,   come   potrà  ottenersi  e  venir  suscitata  dal   meccanismo  di 
qualche   elemento   corporeo,  se  spirito  e  corpo  uiohtrano   natura   di    lutto   punto  opposta? 
Noi   possediamo  il   concetto  .sintetico  e  complessivo  di   tutto  quanto  il   nostro  corporeo 
organismo  riguardato  nello  insieme  sistematico  delle  sue  parti   muscolari  e  nervose  ;  ma 
v'ha   egli   una  fibra  c(?rebrale  rispondente  a  siffatto  concetto,  epperò  anch'essa  sinte- 
tica, e  complessiva  e  starei  per  dire  universale?  A  tutte  queste  ed  altrettali  dimando 
io  non  mi  so  quale  satisfacente  ris])osta   possa  fornire  il  nostro  psicologo  :   questo  solo  io 
noto,  che  il  Bain,  il  quale  come  positivista  la  pretende  al  sapere  positivo,  cioè  sgombro 
da  ogni  nube   e  sciolto  da  ogni  dubbiezza  e   perplessiti\ .   qui  si  mostra  impigliato  in 
tutte   quelle   difficoltà   ed   incertezze,   che  egli  rimprovera   alla  dottrina   spiritualistica  dei 
psicologi  e  dei  metafisici  da  lui  avversata. 

Si  pronuncia  con  somma  facilità  e  concordemente  da  tutti,  che  a  certe  oscilla- 
zioni degli  organi  sensibili  succedono  come  conseguenti  ordinarii  e  costanti  certe  sen- 
sazioni e  certe  idee  nell'anima,  ed  a  certi  sentimenti  e  pensieri  dell'anima  tengono 
dietro  certi  movimenti  nel  corpo:  che  la  memoria  è  intimamente  collegata  colle  nostre 
condizioni  fisiologiche  e  ne  risente  le  diverse  vicende  ;  che  alcuni  sconcerti  nella  massa 
cerebrale  ed  alcuni  sciuilibrii  nel  sistema  nervoso  perturbano  il  regolare  processo  del- 
l' intelligenza  e  ne  alterano  considerevolmente  i  risultati.  Intorno  a  questi  ed  altret- 
tali fatti  l'accordo  è  pressoché  universale.  .Ma  (piando  si  rintraccia  la  ragione  del  fatto, 
alla  concordia  del  pensare  sottentrano  i  dissidii  delle  opinioni.  Vi  ha  chi  immagina 
l'esistenza  di  un  organo  universale  composto  di  fibre  meccaniche,  i  cui  movimenti  siano 
la  naturai  cagione  dei  nostri  intellettuali  acquisti  :  ma  poi  tiuesto  meccanismo  ideale 
non  regge  gran  fatto  alla  critica,  avuto  riguardo  alla  opposizione,  che  intercede  tra 
il  movimento  locale  della  materia  e  l'esercizio  delle  facoltà  intellettuali.  Si  vuole  da 
altri,  che  ogni  atto  conoscitivo  stia  insediato  in  un  gruppo  determinato  di  fibre  cere- 
brali, e  quivi  ponti,   starei  per  dire,   la  sua  leva:   ma  non  si  tien  conto  della  spiccata 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO  61 

opposizione  tra  l'estensione  propria  della  materia  e  la  semplicità  essenziale  al  pensiero. 
Si  percorre  tutto  il  campo  delle  congetture,  ma  il  positivista  mai  non  vi  trova  il  fon- 
damento inconcusso  della  certezza. 

Meditando  intorno  il  presente  problema,  mi  par  necessario  distinguere  due  ordini 
di  facoltà  intellettive  proprie  dello  spirito  umano ,  inferiori  le  une ,  superiori  le  altre. 
Appartengono  all'ordine  inferiore  le  facoltà  della  percezione  e  dell'osservazione  sen- 
sibile esterna,  e  della  fantasia  animale  ,  da  cui  attingiamo  la  conoscenza  del  mondo 
materiale,  che  ne  circonda.  Nessuno  può  revocare  in  dubbio,  che  ^siffatte  facoltà  non 
possono  attuarsi  ne  svolgersi  senza  il  conveniente  sussidio  degli  organi  Jproprii  dei  nostri 
sensi  esterni,  in  grazia'de'  quali  lo  spirito  umano  si  pone  in  comunicazione  eoll'universo 
corporeo,  ed  in  sé  lo  riproduce  idealmente.  Anche  il  mondo  intcriore  dell'anima  ci  vien 
rivelato  da  una  facoltà  speciale ,  che  è  il  senso  intimo ,  come  alcuni  lo  chiamano ,  o 
coscienza  psicologica  ;  ma  si  può  egli  sostenere  con  certezza ,  che  sia  anch'esso  fornito 
di  un  organo  peculiare ,  come  ciascuno  dei  sensi  esterni  ?  Alcuni  fisiologi ,  e  psicologi 
tedeschi  (1)  supposero  che  la  coscienza  possegga  un  organo  proprio  della  sua  attività,  e 
loro  parve  di  averlo  scoperto  in  quella  parte  centrale  del  cervello,  in  cui  vanno  ad  appun- 
tarsi le  opposte  estremità  di  tutti  i  nervi.  Edvon  Hartman  nella  sua  Filosofia  dell'In- 
conscio sostiene  che  la  coscienza  umana  non  può  svolgersi  senza  cervello,  sebbene  per 
lui  il  sistema  nervoso  sia  la  forma  più  acconcia .  ma  non  unica  delle  manifestazioni  della 
coscienza,  non  involgendo  veruna  contraddizione  il  concetto  di  esseri  dotati  di  coscienza 
in  tutt'altre  condizioni  da  quelle,  in  cui  è  collocato  l'uomo  nella  vita  presente.  Che 
se  poniamo  mente  a  quelle  altre  facoltà  mentali  di  grado  superiore,  quali  sono  la  ra- 
gion teoretica  e  la  speculazione,  le  quali  si  svolgono  nella  regione  trascendentale  delle 
idee  ed  hanno  per  obbictto  i  principii  assoluti  ed  immutabili,  le  verità  universali  e  teo- 
rematiche ,  ognun  vede,  che  sono  di  loro  natura  assai  più  libere  nel  loro  esplicamento 
ed  assai  più  sciolte  dalle  esigenze  organiche,  che  non  le  facoltà  inferiori,  essendo  pres- 
soché immensurabile  l'intervallo,  che  corre  tra  un  movimento  fibrillare  ed  una  corrente 
nervosa  dall'una  parte  o  l'intuizione  di  Ilio  o  dei  principii  eterni  della  morale  dal- 
l'altra. Con  ciò  non  intendo  di  sostenere  che  nella  [iresente  condizione  della  vita  umana 
le  facoltà  razionali  sussistano  isolate  ali 'intutto  dal  corporeo  organismo,  poiché  uno  ed 
identico  a  sé  medesimo  è  lo  spirito  umano,  ed  in  virtù  di  questa  unità  psicologica  le 
facoltà  superiori  s'intrecciano  colle  inferiori,  ed  in  queste  rinvengono  le  condizioni  per 
sollevarsi  ad  un  mondo  ideale,  dove  non  giunge  la  virtù  sola  del  senso.  Quindi  si  scorge 
ragione  per  cui  nei  concepimenti  più  astratti  e  più  trascendentali  giace  implicato  un 
elemento  sensibile  f  direi  materiale,  non  foss'altro  la  parola,  necessaria  a  significare  e 
circoscrivere  i  concetti  più  astratti  ed  indetcrminati  :  il  che  ci  ricorda  il  pronunciato 
«li  Aristotele,  l'anima  niente  pensa  senza  fantasma  (2)  :  ed  è  questo  a  mio  avviso  il 
carattere  proprio  del  sapere  umano,  per  cui  si  differenzia  dal  sapere  divino.  Non  è  già. 


(1)  Il  psicologista  Jakob  nella  sua  opera  Empirisch.  seelenl. ,  pag.  26,  scrive:  "  Non  si  conosce 
l'orgaDO  del  senso  interiore,  rna  è  verosimile  che  la  sua  attività  sia  legata  a  certi  organi  del  cervello  n; 
ed  in  altra  sua  open,  pubblicata  con  titolo  analogo  nel  18IU,  dice,  che  o  le  opposte  estremità  de'nppvi 
dei  sensi  esteriori,  che  sembrano  riuscire  insieme  al  cervello,  son  forse  l'organo  del  senso  interno  «. 
11  fisiologo  IliLDEBRANDT  intendeva  per  organi  dal  senso  inlimo  la  parta  cerebrale,  dove  si  riuniscono 
tulli  i  nervi, 

(2)  Aristotile,  Dell'anima,  libro  3",  cap.  7  e  8. 


62  ESPOSIZIONE    CKITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

che  i  puri  intelligibili  preesistano  virtualmente  nei  dati  sensibili ,  e  da  questi  si  8clni> 
dano  come  da  loro  proprio  germe,  ne  che  dalla  percezion  sensitiva  fiorisca  la  ragione 
speculativa  siccome  un  progressivo  esplicamento  ;  bensì  è  lo  spirito  umano,  che  percepiti 
i  fatti  mutevoli  e  contingenti  e  le  cose  sensibili  e  temporanee  poggia  più  alto  e  ne  cerca 
la  ragione  nei  principii  immutabili  e  necessai-ii,  nelle  essenze  ideali  ed  eteme,  e  questi 
principii  e  queste  essenze  non  possono  affacciarsi  né  sorreggersi  davanti  alla  mente  se 
non  siano  rivestiti  di  una  forma  sensibile,  che  li  individui. 

Inteso  il  problema  in  questo  modo,  che  a  me  pare  il  meno  discosto  dal  vero,  le 
facoltà  superiori  dell'animo  troverebbero  le  condizioni  e  lo  strumento  del  loro  operare 
nelle  facoltà  inferiori ,  e  non  punto  nelle  correnti  nervose  o  nel  movimento  dei  corpuscoli 
e  delle  fibre  cerebrali,  e  ne  emergerebbe  il  giusto  concetto  dello  spirito  umano,  il  quale 
è  di  sua  natura  siffatto  da  vivere  congiunto  in  consorzio  col  corjjo.  animandolo  ed  infor- 
mandolo di  se  medesimo.  Quindi  sempre  mi  parve  pieno  di  profonda  filosofia  il  gran 
principio  del  finale  risorgimento  dei  corpi  umani  proclamato  dal  Cristianesimo,  significando 
con  esso,  che  l'unione  dello  spirito  e  del  corpo  nell'uomo  non  è  fortuita  .  ne  accidentale, 
bensì  necessaria  e  permanente.  Ne  altri  opponga .  che  questo  concetto  venga  a  mettere 
in  forse  il  principio  dell'immortalità  dell'anima,  la  quale,  se  disgiunta  dal  corpo  suo, 
rimarrebbe  sprovveduta  del  ministero  de'  sensi,  epperò  non  potrebbe  più  né  intendere,  ne 
sus.sistere  per  tutto  quel  periodo  di  tempo,  che  intercede  fra  la  morte  presente  e  la 
risurrezione  futura.  Poiché  le  è  cosa  affatto  ragionevole  il  suppoire.  che  in  tale  frattempo 
l'anima  umana  si  stringa  in  temporaneo  rapporto  colla  materia  sott' altra  forma  e  con- 
dizioni da  quelle  della  vita  presente  pur  rimanendo  sostanzialmente  la  stessa  di  prima,  in 
quella  guisa,  che  alcune  specie  d'insetti  senza  ])unto  mutar  di  natura  discorrono  le  tre 
fasi  cotanto  disparate  di  bruco,  di  crisalide  e  di  farfalla  (1). 

Queste  considerazioni  ci  schiudono  la  via  a  concepire  sotto  un  aspetto  nuovo  e 
razionale  il  fatto  dell'unione  dello  spirito  e  del  corpo  nell'uomo.  Quanda  si  avverta,  che 
lo  spirito  avviva  ed  informa  di  sua  virtù  il  corpo .  con  cui  è  congiunto .  e  che  possiede 
jiccome  .suo  distintivo  carattere  la  facoltà  di'  intendere  e  di  volere,  per  cui  si  solleva  al  di 
sopra  della  materia  fino  a  comprenderla  e  i"ii)rodurla  idealmente,  abbiamo  fondata  ragione 
di  ritenere,  che  alla  mente  conviene  un  naturale  primato  sulla  materia.  Ora  nella  virtù,  che 
ha  la  mente  di  far  suo  il  corpo  avvivandolo  e  dominandolo  senza  punto  distruggere  od  alte- 
rare la  specifica  sostanzialità  del  medesimo,  risiede  a  mio  avviso  la  ragione,  per  cui  lo  spirito 
ed  il  corpo  compongono  l'individualità  dell'essere  umano.  Non  mi  pare  quindi  conforme  a 
verità  il  concetto  del  13ain.  il  quale  ripone  l'unione,  di  cui  discorriamo,  in  un  terzo  termine 
superiore  allo  spirito  ed  al  corpo,  cioè  nell'individualità  dell'essere  vivente,  o  uomo  o  bruto 
ch'esso  sia,  concepita  come  una  sostanza  unica  a  due  faccie,  Tuna  fisica,  l'altra  spirituale. 

Il  Bain  è  materialista  ?  È  una  dimanda  .  che  sorge  spontanea  dalle  cose  discorse. 
I  positivisti  in  generale  si  schermiscono  dalla  lotta,  che  si  dibatte  tra  lo  spiritualismo  ed  il 
materialismo  col  rispondere,  che  essi  non  intendono  di  pronunciare  sentenza,  perchè  non  ci 
hanno  pensato,  e  non  vogliono  pensarci  essendoché  ai  loro  occhi  il  problema  del  divario 
essenziale  tra  lo  spirito  e  la  materia  è  imperscnita.bile  tanto  che  a  tentarne  lo  scioglimento 


(I)  JNori  v'accorgete  voi ,  che  noi  siam  vermi 

Nati  a  formar  l'angelica  farfalla  ? 

Danti. 


PER    GIUSEPPE    ALLIETO  63 

non  si  riesce  a  capo  di  nulla.  Se  per  materialismo  intendasi  la  dottrina  che  rigetta  l'esistenza 
di  qualunque  siasi  sostanza  spirituale,  sia  essa  prosciolta  da  ogni  vincolo  materiale  come  lo 
spirito  divino,  sia  congiunta  con  un  organismo  corporeo  come  lo  spirito  umano,  in  questo 
senso  il  Bain  vuol  essere  annoverato  fra  i  materialisti,  dacché  egli  sostiene,  che  di  uno  spirito 
puro,  indipendente  da  materia,  quale  sarebbe  Dio,  non  possiamo  formarci  concetto  di  sorta, 
e  quanto  allo  spirito  umano  lo  spoglia  di  ogni  sostanzialità  effettiva  convertendolo  in  una 
collezion  di  fenomeni.  Che  se  poi  altri  pigli  il  materialismo  siccome  la  dottrina,  che  confonde 
in  uno  i  due  ordini  di  fenomeni,  spirituali  e  materiali,  riguardando  il  pensiero  e  la  volontà 
siccome  un  movimento  delle  fibre  cerebrali ,  od  un  risultato  di  correnti  nervose ,  allora  il 
Bain  non  va  riguardato  siccome  materialista.  Poiché  egli  sostiene,  che .  in  qualunque  siasi 
guisa  si  concepisca  Tunione  dello  spirito  col  corpo .  permane  pur  sempre  incancellabile  la 
distinzione  tra  i  due  modi  di  esistere ,  materiale  e  spirituale ,  e  dichiara  in  modo  esplicito 
ed  aperto,  che  ogni  qual  volta  facciamo  parola  di  nervi  e  di  fibre,  non  parliamo  per  niente 
di  ciò,  che  dicesi  il  pensiero,  enunciamo  de'  fatti  fisici,  che  lo  accompagnano,  ma  che  non 
sono  il  fatto  psicologico.  Che  anzi  egli  respinge  assai  vivamente  l'accusa  di  volere  distrutta 
la  parte  spirituale  di  nostra  natura  per  ciò  solo,  che  non  ammette  la  dottrina  cartesiana 
di  due  sostanze  distinte  nell'uomo,  l'una  sostegno  dei  fatti  corporei,  l'altra  soggetto  dei 
fenomeni  mentali  :  e  lamenta  che  il  sostenitore  di  una  sola  sostanza  <•  sia  costretto  a  pro- 
testare, che  non  nega  punto  l'esistenza  dei  fenomeni  appellati  spirito,  ma  combatte  soltanto 
un'ipotesi  arbitraria  ed  infondata  (Spirito  v  còrpo,  pag.  228)  ». 

Ciò  nullameno  mi  è  giuocoforza  ricono,scere .  che  la  dottrina  del  nostro  psicologo 
liguardata  nel  suo  carattere  generale  si  disforma  sostanzialmente  dallo  spiritualismo,  e  può 
venire  in  pressoché  tutti  i  suoi  punti  accolta  dai  materialisti.  Infatti  egli  rigetta  l'esistenza 
di  Dio  come  Spirito  infinito,  nega  l'immortalità  dell'animo  umano  perchè  lo  riduce  ad  un 
puro  fenomeno  privo  di  sostanziai  sussistenza,  non  ammette  la  libertà  morale ,  tiene  in  pari 
conto  lo  spirito  e  la  materia,  tutti  pronunciati  questi,  a  cui  ogni  materialista  sa  fare  buon 
viso,  come  se  fossero  suoi  propri!.  Ho  detto,  che  agli  occhi  suoi  la  materia  vale  quanto  lo 
spirito.  Poiché  egli  riguarda  l'influenza  esercitata  sulle  nostre  opinioni  dal  sentimento  della 
dignità  personale  siccome  la  precipua  e  più  copiosa  fonte  di  tutti  i  nostri  errori  e  pregiudizi. 
Dominati  da  siffatto  sentimento  (egli  osserva)  alcuni  filosofi  hanno  posto  per  principio,  che 
di  due  discordi  opinioni  va  preferita  non  già  quella  .  che  è  vera,  bensì  quella,  che  nobilita  e 
rialza  la  natura  umana .-  come  pure  si  volle  combattere  e  rigettare  la  teoria  di  Darwin  per 
ciò  solo,  che  essa  umilia  il  nostro  orgoglio  di  stirpe.  L'Hamilton  aveva  apposto  per  epigrafe 
alla  sua  opera  principale  questa  frase  :  «  Sulla  teira  non  vi  ha  di  grande  che  l'uomo:  nel- 
l'uomo non  v'ha  di  grande  che  lo  spirito  ...  Il  Bain  appunta  quest'epigi-afe  come  una  van- 
teria grossolana  rivolta  all'orgoglio  umano  e  tale  da  disonorare  un'opera  filosofica  (1). 
Queste  osservazioni  del  Bain  rivelano  lo  spirito  materialistico  della  sua  dottrina.  Prima  di 
censurare  il  sentimento  della  dignità  personale  siccome  fonte  suprema  di  errore  .  avrebbe 
dovuto  esaminare  se  mai  esso  non  sia  fondato  in  natura  e  fornito  di  valore  oggettivo,  perchè 
in  tal  caso  può  con  ogni  ragione  essere  adoperato  come  criterio  parziale  di  verità  per  giudi- 
care la  veracità  di  alcune  dottrine. 


(I)  ■•  Sulla  terra  ;egli  aggiunge)  soavi  ben  altre  cose  che  l'uomo  meritevoli  dell'epiteto  di  graudi, 
e  il  meccanismo  del  corpo  è  sotto  ogni  riguardo  un'opera  tanto  riniurchevole,  quanto  lo  «pirite  (op. 
cit.,  pag.  220  e  seg.)  ». 


ESPOSIZIONE    CRITICA     DELI-E    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BATN 


Le  dottrine  morali  di  Alessandro  Bain. 

Le  dottrine  morali  del  Bain  non  si  trovano  trattate  di  proposito  ed  esposte  in  forma 
sistematica  in  veruna  delle  sue  opere,  ma  vanno  raccolte  qua  e  là  da'  suoi  volumi ,  dove 
giacciono  disseminate  e  sparse,  e  segnatamente  nel  libro  intitolato  Le  Emozioni  e  la  vo- 
lontà. Per  conferire  a  questa  breve  esposizione  queirordine  logico,  che  pure  non  si  ravvisa 
nelle  opere  del  nostro  autore,  reputo  necessario  avere  presenti  alla  mente  i  due  punti  domi- 
nanti, su  cui  si  regge  tutto  quanto  l'ordine  morale,  ed  essi  sono  dall'un  lato  le  facoltà  morali 
dell'uomo,  dall'altro  la  legge  direttiva  delle  medesime.  Facoltà  morali  sono;  1°^  libera  vo- 
lontà, ossia  il  dominio  dello  spirito  umano  sui  proprii  atti,  mercè  cui  esso  si  determina  da 
se  all'amore  del  bene  conosciuto  ed  è  causa  efficiente  del  proprio  operare  :  2°  la  coscienza 
morale,  o  facoltà  di  approvare  come  buone  certe  azioni,  biasimare  come  malvagie  certe  altro  ; 
3"  il  sentimento  del  dovere  o  dell'obbligazione,  consociato  con  quello  della  responsabilità 
ed  imputabilità  morale.  Che  se  tali  azioni  vengono  dalla  coscienza  morale  approvate  sic- 
come buone,  e  tali  altre  riprovate  siccome  malvagie  .  forza  è  riconoscere  l'esistenza  di  un 
criterio  di  moralità,  che  governi  siffatto  giudizio  :  e  so  proviamo  dentro  dell'animo  il  senti- 
mento del  dovere,  ossia  dell'obbligo  di  compiere  le  azioni  giudicate  buone,  di  astenerci  dalle 
malvagie,  necessita  altres'i  lo  ammettere  un  principio  autorevole,  che  generi  in  noi  il  dovere 
0  l'obbligazione  sentita.  Or  questo  criterio  regolatore  de'  nostri  giudizi  morali,  questo  prin- 
cipio autorevole ,  fonte  della  nostra  obbligazione  è  la  legge  morale.  Raccogliendo  intomo 
questi  due  punti  cardinali  di  tutto  l'ordine  morale  le  dottrine  del  Bain,  c'ne  stiamo  espo- 
nendo, vediamo  che  cosa  egli  ne  pensi  della  libertà  morale,  come  concepisca  ed  intenda  la 
legge,  come  spieghi  la  genesi  della  coscienza  e  del  sentimento  dell'obbligazione. 

Quanto  è  della  libertà  morale  intesa  come  facoltà  di  determinarsi  da  sé  al  proprio 
operare  senza  patire  veruna  neces^tà  vuoi  psicologica ,  vuoi  fisiologica .  egli  formalmente 
la  respinge  sostituendovi  il  determinismo,  per  cui  ogni  atto  umano  s'intreccia  con  un  altro 
in  modo  indissolubile ,  come  un  conseguente  col  suo  antecedente,  un  effetto  colla  propria 
cagione.  Anche  nel  mondo  fisico,  egualmente  che  nel  mondo  morale,  i  fenomeni  sono  con- 
seguenti determinati  da  antecedenti  in  modo  costante  e  regolare,  salva  però  sempre  la 
differenza,  anzi  l'opposizione,  che  intercede  tra  lo  spirito  e  la  materia.  Poiché  mentre  un 
atto  volontario  è  un  conseguente  accompagnato  dalla  coscienza  dello  sforzo  muscolare,  un 
fenomeno  fisico  consta  di  elementi,  che  per  necessità  medesima  di  loro  natura  sono  incon- 
scienti.  Opina  il  Bain,  che  il  sentimento  della  dignità  umana  abbia  esercitato  una  smodata 
influenza  sulla  questione  del  libero  arbitrio  ingenerando  il  falso  concetto  della  libertà  morale. 
Nella  dottrina  di  Aristotele,  che  proclama  volontaria  la  virtù,  già  apparisce  il  sentimento 
della  dignità  personale  associato  coU'esercizio  della  volontà.  Negli  stoici  l'elemento  vizioso  di 
questa  fittizia  importanza  della  persona  umana,  in  sentenza  dell'autore,  si  scorge  vieppiù 
spiccato  e  prevalente  :  essendoché  essi  esaltavano  la  potenza  della  volontà  a  segno  da  repu- 
tarla superiore  a  tutto  l'universo,  quasi  rocca  inespugnabile  fra  il  turbinìo  degli  eventi,  ed 
.alla  coscienza  di  questa   grandezza  della  volontà  associavano  una  emozione  di  orgoglio, 
un  punto  di  onore  e  dignità.  Filone  ebreo  parla  dell'uom  virtuoso  come  d'un  uomo  vera- 
mente libero,  e  reputa  schiavo  il  vizioso.  In  tempi  più  recenti,  dacché  la  questione  assunss 


PER    (ìirSEPPE     ALLIEVO  65 

un'indole  metatìsica.  il  libero  arbitrio  fu  propugnato  per  ciò  solo,  che  meglio  risponde  alla 
dignità  dell'uomo,  mentre  la  necessità  volontaria,  che  pure  (sempre  in  sentenza  dell'autore) 
ha  tutte  le  ragioni  in  suo  appoggio,  venne  ripudiata  soltanto  perchè  suona  un'offesa  ed  un 
affronto  all'eccellenza  di  nostra  natura.  Nemmeno  la  coscienza  psicologica  può  essere,  secondo 
lui,  invocata  siccome  autorevole  testimonio  della  libera  volontà,  perchè  essa  allora  soltanto 
ha  diritto  alla  nostra  credenza ,  quando  trattisi  di  fatti  semplici,  ultimi,  indecomponibili  ed 
evidenti  come  gli  assiomi .  mentre  la  libei-tà  morale  è  un  fatto  complesso  ed  intricato. 

Insieme  colla  libertà  il  Bain  nega  altresì  l'esistenza  di  una  legge  morale,  quando  per 
essa  s'intenda  un  principio  assoluto,  immutabile,  universale,  che  possegga  una  natura  sua 
propria  ed  oggettiva,  astratta  ed  indipendente  da  ogni  fatto  umano.  Come  le  leggi  fisiche 
non  sono  verità  astratte  e  trascendentali,  ma  uopo  è  raccoglierle  dai  fatti  naturali,  in  cui 
esistono,  e  di  cui  sono  una  espi-essione  generale,  cos'i  le  leggi  morali  occorre  cercarle  nei 
fenomeni  dello  spirito  umano,  e  non  in  alcunché  di  esteriore  ad  esso,  in  certe  intuizioni 
della  pura  ragione.  La  coscienza,  egualmente  che  la  ragione,  sono  individuali  sempre, 
universali  non  mai. 

Gli  uomini  .si  accordano  tutti  quanti  nel  possedere  la  facoltà  di  approvare  o  disap- 
provare le  azioni  in  ordine  alla  morale,  ma  quest'accordo  non  costituisce  punto  un  principio 
di  moralità  astratto  ed  indipeudontp  dai  singoli  giudizi  umani,  in  quella  guisa,  che  un 
canto  corale  non  è  una  voce  astratta  ed  indipendente  dai  singoli  cantori,  bensì  una  concorde 
armonia  delle  inoltepjici  voci,  ciascuna  delle  quali  produce  un  effetto  distinto. 

Che  se  non  evvi  né  libertà,    nh  legge   morale   suprema.   a,ssoluta  ed   oggettiva,    non 
perciò  il   Kain   niega   un   criterii)   morale  ed   un   principio   autorevole,   da   cui   origini   la 
coscienza  nostrn  ed  il  sentimenti)  dell'obbligazinne  e  del  dovere.  Il  concetto  di  obbligazione 
si  converte  con  <)uello  di  sanzione.  Obbligare  è  sanzionare.  Vn  atto  volontario,  per  ciò  solo 
che  sia  approvato  o  biasimato,  non  è  ancora  obbligatorio;  lo  diventa  quando  sia  accompa- 
gnato dalla   minaccia  di  un  castigo,  o  dalla    speranza   di    un    premio.  Ora  dove  risiede   il 
potere,  che  sancisce  epperò  obbliga?  Nell'autorità  governativa.  E  qual  è  il  criterio  morale 
direttivo  della  nostra  coscienza  ?   Esso  é  la  legge  promulgata  nel  seno  della  società  da  chi 
è  rivestito  per  un  determinato  tempo  dell'autorità  di  legislatore  morale.  La  coscienza  non 
è  facoltà  primitiva  ed  indipendente,  ma  tiova  la  sua  genesi  nell'autorità  esteriore,  essendo 
essa  una  imitazione  dentro  di  noi  del  governo  fuori  di   noi.   L'autorità  governativa  impone 
a  me  come  obbligatorio  un  dato  atto  accompagnandolo  con  una  sanzione;  alla  mia  volta 
io  impongo  a  me   medesimo  quell'atto  ed  a.ssoggetto  me  stesso  a  quella  sanzione:   ecco 
qui  la  genesi  della  coscienza  e  del  sentimento  della  obbligazione,  riposta  nell'imitare 
dentro  di  me  il  governo  («sistentc  fuori  di   me.  Però  questa  imitazione,  mercè  cui  la  co- 
scienza riproducp  dentro  di   me  il  comando  bandito  dall'autorità  esterioiv  umana  jìrolun- 
gandola  in  certo  qual  modo  fuori  di  sé.  da  prima  è  fedele  ed  onninamente   passiva,  poi 
si  proscioglie  a  poco  a  poco  dal  vincolo,  che  la  tiene  soggetta,  e  giunge  tal  fiata  a  tal  segno 
di  libertà  e  di  indipendenza,  che  la  coscienza  ribellasi  affatto  dalla  sudditanza  del  governo 
e  diventa  legge  a  sé  medesima.  Così  l'artista  dapprima  imitatore  si  solleva   alla  virtù 
creativa;   così  il  discepolo  si  staccia  dal  maestro  impugnandone  gli  insegnamenti  e  con- 
trapponendo i  concepimenti  originali  del  suo  pensiero.   Ciò  nuUameno.  anche  quando  la 
coscienza  individuale  discorda  ne'suoi  pronunciati  dai  prescritti  dell'autorità  esteriore,  il 
tenore  della  sua  azione  rimane  pur  sempre  conforme  al  suo  archetipo. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  9 


66  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

Quest'obbedire  alla  sola  sua  coscienza  è  talfiata  accompagnato  dal  sentimento  del 
dovere  in  astratto  ;  il  che  avriene  alloraquando  si  adempiono  tutti  gli  obblighi  nostri 
senza  punto  aver  presenti  allo  spirito  il  timor  del  castigo,  il  rispetto  dell'autorità,  l'amore 
0  simpatia  verso  gli  altri,  il  proprio  interesse,  o  qualsiasi  altro  elemento  e  motivo,  che 
valga  a  piegare  la  volontà  in  questa  o  quell'altra  parte.  Ma  soggiunge  tosto  l'autore . 
che  questo  sentimento  del  dovere  in  astratto  non  è  primitivo  ed  originario,  come  non  è 
primitivo  nell'avaro  l'amore  dell'oro  in  astratto,  bens'i  è  un  risultato  dell'associazione  di 
sentimenti  particolari,  e  ne  adduco  in  prova  il  fatto,  che  tali  sentimenti  si  manifestano 
assai  rare  volte  e  presso  pochissimi  uomini. 

Dacché  la  coscienza  morale  trae  la  sua  genesi  dall'autorità  esteriore,  consegue  che 
essa  deve  coiTere   le  stesse  vicende  e  mutare  a  seconda  de'  tempi,  de'  luoghi,  delle  con- 
tingenze sociali,  come  mutano  i   prescritti  dell'autorità  medesima  :  e  mentre  gli   uomini 
concordano  tutti  nel  possedere  il  .sentimento  morale.  os.sia  la  facoltà  approvativa  o  ripro- 
vativa  delle  umane  azioni .   discordano  poi  intorno  alle  materie   particolari .   a  cui  essa 
facoltà  si  applica,  ed  alle  cagioni  che   la  producono.  Tuttavia,  in  mezzo  ai  profondi  ed 
universali  di.spareri  delle  coscienze  individuali,  in  mezzo  alla  diversità  e  contraddizione  dei 
giudizi  morali  il  I5ain  stabilisce,  che  sempre  e  dovunijue  gii    uomini  tutti  hanno  giudicate 
meritevoli  di  lode  o  di  biasimo  due  grandi  cla.ssi  di  azioni,  quelle  cioè,  che  tornano  neces- 
sarie al  mantenimento  della  pubblica  sicurezza,  e  quelle,  che  satisfanno  ad  un  mero  gusto 
0  sentimento  geniale.  Le  azioni  doverose  della  prima  classe  rivelano  un  carattere  uniforme 
e  sono  l'espressione  di  eterni  ed   iniiiiutabili  giudizi   morali,   siccome   quelle,   che  sono 
rivolte  ad  uno  scopo  esteriore  ed  invariabile.  Tali  sono  la  riprovazione  dell'omicidio,  del 
servaggio,  della  rivolta.    Kssi  giudizi  i)erò   traggono  loro  origine  non  da  veruna  facoltà 
intema  particolare,  bens'i  dalla  comunanza  di  condizione  esteriore,  in  cui  vedanogli  uomini, 
e  che  loro  inspira  certa  qual  medesimezza  di  giudizi  morali,  in  quella  guisa  che  l'unifor- 
mità di  struttura  nelle  abitazioni  umane  è  inspirata  da  certa  quale  intuizione  universale. 
La  seconda  classe  di  azioni  abbraccia  i  doveri,  che  essendo  di  puro  sentimento  o  di  semplice 
gusto,  per  quantunque  siano  obbligatorii.  come  i  precedenti,  hanno  tuttavia  un  carattere 
essenzialmente  variabile  e  mutevole  secondo  le  diverse  genti  ed  i  tempi  diversi:  come  sarebbe 
il  ber  vino  in  onore  di  Bacco,  l'uscire  in  pubblico  velati  il  capo  come  i  Musulmani,  aste- 
nersi da  nutrimento  animale  come  i  Bramini.  Siffatte  prescrizioni  non  appariscono  essenziali 
al  mantenimento  della  social  convivenza.  Dalle  quali  cose  tutte  si  fa  manifesto,  che  le  leggi 
morali  positive  quali  prevalgono  in  pressocliè  tutte  le  società  umane,  hanno  il  loro  fonda- 
mento in  parte  nell'utile  pubblico,  in  parte  nel  sentimento  privato 

Il  Bain  combatte  la  capacità  e  l'incapacità  morale  dell'uomo  quale  è  universalmente 
intesa,  dicendo  che  essa  si  appoggia  sopra  un  falso  concetto  della  volontà,  alla  quale  si 
attribuisce  una  forza  interiore  od  una  energia  spontanea,  che  realmente  non  ha  (1).  In  sua 
sentenza,  l'uomo  è  moralmente  capace  di  operare  il  bene  tuttavoltachè  i  motivi  ordinarii 
e  comuni,  per  cui  si  suole  intraprendere  qualche  azione,  esercitano  una  conveniente  influenza, 
sul  suo  volere,  come  per  lo  contrario  egli  rimane  moralmente  incapace,  se  essi  motivi  non 
hanno  più  alcuna  presa  sull'animo  suo.  A  ritrarre  il  vizioso  dal  suo  mal  sentiero  gli  si 
suol  dire:  tu  puoi  emendarti  o  ridiventar  YÌTtnoso.  pure hf'  fu  lo  voglia.  Questa  frase,  intesa 


(I)  Vedi  la  3ua  opoi'a-  Lo  spirilo  t'  il  corpo,  appeodice,  pag;.  220  e  seg. 


PEK    GIUSEPPE    ALLIEVO  67 

nel  sènso,  che  la  volontà  possa  padroneggiare  sé  stessa  e  possegga  una  virtù  superiore  alla 
forza  dei  motivi,  non  ha  né  valor  razionale,  né  pratica  efficacia.  Se  essa  contiene  qualche 
reale  significato,  questo  non  può  risiedere  altrove  se  non  nelle  circostanze  indirette,  ond'è 
accompagnata,  e  che  potrebbero  essere  espresse  in  questi  termini  :  Vorrei  vedervi  mutare 
condotta...  Pensate  al  vostro  stato  e  raffrontatevi  coWuomo  di  onesti  e  lodati  costumi... 
Riflettete  alle  conseguenze  del  vostro  riprovevole  operare,  ed  alla  dignità  che  acquistate 
vincendo  la  vostra  passione...  Se  questi  ed  altrettali  motivi  ordinarli,  che  ritraggono  gli 
uomini  dall'ubbriachezza ,  dal  furto ,  da  altra  disonesta  azione ,  vennero  meno  in  faccia 
all'ebbro  ed  al  ladro,  essi  hanno  fatto  il  callo  al  vizio  e  sono  giunti  alla  fase  dell'incapacità 
morale.  A  tale  segno  nemmeno  la  minaccia  del  castigo,  non  la  punizione  stessa  potrebbero 
essere  adoperate  quale  strumento  di  emendazione  o  di  sanzione  ;  cessata  in  essi  individui 
la  capacità  morale,  è  cessata  altresì  ogni  responsabilità  morale  e  conseguentemente  ogni 
punibilità,  essendoché  quella  non  è  che  un  incidente  connesso  con  questa.  Allora  soltanto 
dobbiamo  essere  puniti  delle  nostre  malvagie  azioni,  quando  ci  conformiamo  da  noi  alle 
ordinarie  precauzioni,  che  ci  guarentiscano  da  ogni  mal  personale  ;  ma  se  altri  è  disposto 
a  buttarsi  giù  dalla  finestra  egualmente  che  a  scendere  giù  per  le  scale,  non  è  più  in  verun 
modo  un  agente  morale. 

Passando  dalla  esposizione  alla  critica  della  dottrina  morale  dell'autore,  a  noi  paiono 
anzi  tutto  onninamente  infondate  le  ragioni,  che  egli  accampa  contro  la  libertà  morale. 
Prima  di  dichiararla  un  pregiudizio  originato  dal  sentimento  della  nostra  dignità  pei-sonale, 
a  lui  toccava  il  dimostrare  (ciò,  elio  non  fece),  che  esso  sentimento  è  una  vana  e  spregevole 
illusione  destituita  di  valore  oggettivo  e  razionale,  che  cioè  tanto  vale  lo  spirito  ,  quanto 
la  materia,  distruggendo  cosi  il  gi'an  principio  dell'ordine  gerarchico  degli  esseri,  su  cui  si 
fonda  il  valore  medesimo  della  ragione.  Non  meno  insussistente  è  l'altro  suo  argomento, 
che  la  coscienza  psicologica  non  sia  autorevole  testimone  della  nostra  libertà  morale,  perchè 
questa  non  è  un  fatto,  od  un  concetto  semplice,  ultimo,  indecomponibile,  evidente  di  evi- 
denza assiomatica,  bensì  bisognevole  di  essere  scomposto  e  spiegato  dal  ragionamento,  il 
quale  assoggettandolo  all'analisi  critica  Io  trova  insussistente  ed  illusorio.  Altro  è  la  co- 
scienza, che  mi  rivela  un  fatto  psicologico,  ed  altro  il  ragionare  intorno  ad  esso  a  fine  di 
risolverlo  ne'  suoi  elementi  e  spiegarne  la  natura.  Il  ragionamento  potrebb'essere  sbagliato 
o  manchevole  all'intento:  ciò  non  pertanto  il  fatto  rimane  indestruttibile  anche  di  fronte 
alle  sottigliezze  dialettiche  ed  alle  cavillose  argomentazioni,  che  tentassero  di  convertirlo 
in  un  vano  fantasma,  come  incontrò  al  greco  filosofo,  che  niegava  il  moto.  Il  verdetto  della 
coscienza,  la  quale  riveli  un  fatto  interiore,  quale  appunto  l'atto  libero,  non  patisce  ap- 
pello: lo  scettico  medesimo  è  forzato  ad  aggiustarvi  fede,  se  pure  vuol  tenersi  sicuro  del 
fatto,  che  costituisce  tutto  il  suo  sistema,  il  dubbio  universale. 

Oltreché  il  ragionamento,  che  instituisce  il  Bain.  per  provare  che  il  fatto  della  libertà 
non  è  semplice,  chiaro  ed  assiomatico,  quale  dovrebb'essere  perchè  venga  accolto  sulla  fede 
della  coscienza,  è  esso  stesso  avvolto  in  difficoltà  e  soggetto  a  contestazioni,  mentre  il  fatto 
del  sentirsi  liberi  suona  chiaro  ed  evidente  a  tutti. 

11  Bain  non  si  mostra  più  felice  nella  costruzione  della  sua  dottrina  di  quello,  che  lo 
fu  nella  sua  critica  negativa.  Il  concetto,  che  egli  propose,  della  volontà  è  per  una  parte 
esclusivo  ed  angusto,  per  l'altra  radicalmente  sbagliato.  Ei  restringe  tutta  l'attività  del 
volere  al  fatto  materiale  dello  imprimere  certi  movimenti  fisici  a  certe  parti  muscolari  del 


M  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTKINE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIK 

corpo  a  fine  di  procacciare  un  piacere  o  cessare  un  dolore  egualmente  fisici.  Ma  forsech^ 
non  hawi  una  regione  superiore  ben  più  elevata  e  sublime,  dove  l'attività  volontaria  fa  le 
sue  prime  e  ben  ardue  prove  prima  di  discendere  nel  campo  della  vita  materiale,  dove 
s'impegna  la  lotta  tra  il  piacere  ed  il  dovere,  tra  l'utile  e  l'onesto,  tra  l'interesse  e  la 
legge  morale,  dove  si  maturano  que'  propositi  e  si  conchiudono  quelle  risoluzioni,  che  sono 
poi  tradotte  negli  atti  esteriori  mercè  l'organismo  corporeo  ? 

Oltreché  esclusivo,  il  concetto  del  Bain  ci  si  mostra  errato,  sia  perchè  confonde  la 
volontà  colla  conoscenza,  sia  perchè  poggia  sopra  un  falso  concetto  del  principio  di  causalità. 
Ei  concepisce  la  volizione  quale  un  fatto  consciente,  che  consegue  da  un  fatto  antecedente, 
e  consciente  lo  appella  per  differenziarlo  dai  fatti  del  mondo  fisico,  i  quali  si  succedono 
anch'essi  incondizionalmente  l'uno  all'altro  siccome  conseguente  ad  antecedente,  ma  non 
sono  illustrati  dalla  luce  della  coscienza  psicologica.  E  gravissimo  e  solenne  errore  il  con- 
fondere il  volere  col  conoscere  e  scambiare  l'uno  per  l'altro  :  certo  è,  che  nessun  atto  può 
rivestire  il  cai'attere  di  volontario,  se  non  sia  accompagnato  da  conoscenza,  ma  non  è 
volontario  per  ciò  solo  che  è  conosciuto.  Volere  non  è  un  mero  conoscere  il  fine,  per  cui 
si  opera,  ma  rivolgere  ad  esso  fine  la  mira  dell'animo:  è  intensione  o  buona  o  ria,  senza 
la  quale  non  si  dà  atto  volontario,  né  libero  nel  vero  senso  della  parola.  Alloraquando  io 
mi  conosco  dominato  da  una  forza  supcriore,  fhc  mi  investe  e  mi  spinge  ad  operare  mio 
malgrado,  io  compio  un  atto  da  me  conosi-iuto  ;  eppure  chi  lo  dirà  volontario,  cioè  tale,  a 
cui  io  mirassi  coli' intenzione  dell'animo?  [1  detto  del  poeta.  Video  meliora,  proboquc. 
deteriora  sequor,  è  pure  un  [ironunciato  della  comune  sapienza,  che  pone  un  essenziale 
divario  tra  il  conoscere  ed  il  volere. 

Il  concetto,  che  della  volontà  emettono  i  positivisti  in  generale  ed  il  liain  in  parti- 
colare, si  fonda  sul  principio  di  causalità  quale  essi  lo  intendono.  Tutto,  che  avvenga  o 
si  compia  in  noi  o  fuori  di  noi.  soggiace  alla  virtù  indeclinabile  della  legge  di  causalità  : 
ogni  fatto  è  necessario  conseguente  di  necessario  antecedente.  1/  invariabile  e  necessaria 
successione  di  un  conseguente  (effetto)  ad  un  antecedente  (causa)  costituisce  il  principio 
di  causalità  (1).  La  volizione  od  atto  volontario  è  anch'esso  un  fatto  o  conseguente,  che 
in  modo  invariabile  e  necessario  succedi'  ad  altro  fatto  o  antecedente,  come  effetto  a 
causa.  Questo  concetto  di  causalità  mi  pare  onninamente  contrario  a  verità.  Primamente 
necessita  lo  avvertire,  che  la  causa  e  l'effetto  lum  (linioiinin  in  un  rapporto  di  successione. 
beasi  importano  simultaneità  e  coesistenza  di  entrambi.  Un  soggetto  qualsiasi  allora 
soltanto  può  dirsi  ed  e  davvero  causa  di  un  determinato  effetto,  cpiando  lo  produce  e 
cessa  di  esserlo  quando  cessa  di  produrlo.  Ino  scultore  esisteva  prima  di  avere  lavorato 
una  statua,  come  questa  può  continuar  a  sussistere  anche  dopo  la  morte  di  lui:  ma 
egli  non  esisteva  in  quanto  causo  di  essa  statua,  bens'i  egli  cominciò  ad  essere  causa 
della  statua  dal  primo  istante,  in  cui  cominciò  il  lavorio  della  statua,  continuò  insieme 
colla  sua  formazione  e  cessò  di  essere  causa  dacché  la  statua  cxissò  di  essere  effetto, 
cioè  acquistò  una  su-ssistenza  sua  propria  distinta  da  quella  del  suo  formatore.  Adunque 
causa  ed  effetto  coesistono  simultanei,  non  si  succedono.  Vuoisi  in  secondo  luogo  osser- 
vare, che,  giusta  la  dottrina  proposta,  il  vero  concetto  di  causu  non  si  avrà  giammai,  sia 
perchè  il   fatto  antecedente,    che   i    positivisti   appelliino   causa .  è  alla    >ua  volta  effetto 


(1)  V«<li  esposto  e  svolto  questo  concetto  nella  Logica  di  Stiart  .Mill,  tomo  1".  libro  :i',  cap.  V. 


PEE    GIUSEPPE    ALLIETO  69 

di, altro  antecedente,  e  questo  di  altro,  e  via  via  all'infinito,  sia  perchè  la  causa  vera, 
quale  universalmente  s'intende,  è  virtù  produttiva  ed  efficiente,  mentre  gli  avversari, 
facendo  arbitraria  violenza  al  comune  linguaggio,  ripongono  la  causa  non  in  una  certa 
attività,  che  genera  un  effetto  e  con  esso  tiene  un'interiore  legame  di  efficienza,  bensì  in  un 
certo  qual  insieme  di  condizioni,  date  le  quali  avviene  altro  fatto,  ossia  l'effetto,  ma  che 
ad  esso  effetto  sono  affatto  estrinseche.  Cosi  a  mo'  d'esempio,  il  fatto  della  scrittura 
succede  a  condizione  che  vi  sia  carta,  penna,  inchiostro  ed  una  mano  atta  a  scrivere  ; 
eppure  la  causa  efficiente  dellu  scritto  non  risiede  nello  insieme  di  queste  condizioni, 
bensì  in  me  stesso,  che  le  adopero  come  strumento  del  mio  volere,  e  son  consapevole,  che 
sono  io  che  realmente  formo  lo  scritto.  Giusta  quest'  erroneo  concetto  del  principio  di 
causalità,  la  cagione  delle  nostre  azioni  andrebbe  riposta  in  quello  insieme  di  motivi,  di 
desiderii  e  di  interessi,  ai  quali,  come  a  condizioni  prestabilite  e  determinanti,  succede 
l'operazione  volontaria,  come  ad  un  antecedente  succede  un  conseguente.  Di  tal  guisa  la 
volontà  umana.  s])oglia  di  ugni  virtù  efficiente  e  causativa,  cessa  di  essere  forza  attiva 
e  viene  ridotta  a  non  so  che,  che  si  atteggia  in  questo  o  in  quell'  altro  modo  ed  è  quale 
la  fanno  essere  i  motivi  presenti  allo  spirito  di  chi  opera  e  ne  porge  imagine  di  un  ter- 
mometro, che  s' innalza  o  m  abbassa  non  per  virtù  interiore,  non  secondo  il  vario  influsso 
dell'ambiente  esteriore. 

Il  governo  sociale  va  esso  fornito,  siccome  sostiene  il  liain.  de'  due  caratteri  di  le- 
gislatore supremo  e  di  giudice  sovrano  del  nostro  operare?  In  altri  termini,  l'autorità 
esteriore  umana  va  essa  riconosciuta  siccome  il  sommo  ed  unico  criterio  morale,  che  ge- 
nera in  ciascuno  di  noi  la  coscienza  de!  giusto  e  dell'onesto,  siccome  il  sommo  ed  unico 
imperante  e  sanzionatore.  che  genera  in  noi  il  huntimeiito  dell'obbligazione  morale?  Anche 
su  questo  momentosissimi)  punto  dell'ordine  niontle  la  dottrina  positivista  del  Bain,  che 
ha  rigettato  un  princi|iiii  di  uioralit;\  oggettivo.  a.ssoluto  ed  universale,  non  regge  alla 
critica.  La  coscienza  giudicativa  dclli'  linone  e  malvagie  azioni,  ed  il  sentimento  dell'obbli- 
gazione e  del  dovere  nascondono  la  loro  origine  nell'intimo  fondo  dell'animo  nostro 
anteriori  ad  ogni  comando  del  potere  sociale,  e  richiedono  l'nna  un  ideale  assoluto  di  mo- 
ralità, l'altro   un  imperativo  sovrano,  che  non   sono   di  siculo  l'autorità  esteriore  umana. 

Infatti  il  tlain  riconosce  egli  medesimo  in  tutti  <•  singoli  gli  uomini  la  facoltà 
dell'approvazione  e  della  disapprovazione  morale,  ma  ben  tosto  distinguendo  essa  facoltà 
universale  dalle  materie  particolari  e  varie,  a  cui  ])uò  venire  applicata  ossia  <lalle  diverse 
azioni  della  vita,  pronuncia  che  spetta  al  governo  l'ufficio  di  approvare  tali  azioni, 
disapprovare  tali  altre,  fiorgendoci  con  ciA  il  criterio  morale  del  nostro  ojierare.  Ma 
egli  incorre  qui  in  una  gravissima  incoerenza,  poiché  la  facoltà  o  potenza  è  logicamente 
e  realmente  inse))aral)il('  dalla  sua  a|iplicazione.  come  un  principio  d.alla  sua  esplica?:ione: 
onde  se  a  me  si  concede  la  facoltà  dell'approvazione  e  disapjirovazione  morale,  ragion 
vuole  che  mi  sia  pur  anco  concessa  l'aiìplicazione.  sicché  io  medesimo  giudichi  delle 
azioni,  se  degne  di  approvazione  o  di  hiasinio.  F,  (jiii  io  dimando:  un  atto  particolare  é 
esso  lodevole  o  biasimevole,  lecito  od  illecito,  onesto  o  disonesto  per  ciò  solo,  che  il  go- 
verno legislatore  me  lo  dichiara  tale,  o  non  si  richiede  altresì  ed  anzi  tutto,  che  tale  lo 
riconosca  la  mia  coscienza  morale,  perchè  tale  è  di  sua  stessa  natura?  Certo  è,  che  torna 
necessario  all'uopo  il  riconoscimento  della  mia  ragione.  Tant' è.  che  il  Bain  medesimo 
ammette,   che   la  coscienza  individuale,  dapprima  |)edissequa  dell'autorità   legislatrice,  si 


'70  ESPOSIZIONE    CRITICA    DELLE    DOTTKIKE    PSICOLOGICHE    DI    A.    BAIN 

ibella  a  poco  a  poco  dal  suo  giogo  fino  a  rendersi  indipendente  e  foggiare  a  sé  stessa 
la  propria  legge. 

Questo  fatto,  davanti  al  quale  egli  si  arresta  come  davanti  ad  una  obbiezione  da  lui 
roposta,  ma  non  risolta,  pone  fuor  d' ogni  dubbio,  che  la  coscienza  individuale  non  deve 
la  sua  genesi  al  potere  sociale,  ma  possiede  un'esistenza  sua  propria  nel  fondo  stesso  dello 
spirito  umano.  Che  anzi  la  storia  viene  in  conferma  di  questa  verità,  che  l'autorità  le- 
gislatrice, anziché  venire  riconosciuta  siccome  il  criterio  morale  delle  coscienze  individuali, 
si  modella  sopra  di  esse  come  sul  proprio  tipo.  E  veramente  i  più  celebrati  legislatori 
di  popoli,  cui  ricordi  la  storia,  altro  non  fecero  che  traduiTO  nei  loro  codici  i  pronunciati 
della  coscienza  sociale  ;  ed  ogni  legislazione  positiva,  se  creazione  capricciosa  del  cervello 
di  un  imperante,  presto  soggiacque,  mentre  resse  gran  tempo,  se  concorde  colle  aspirazioni 
delle  coscienze  individuali.  Per  ultimo  giova  osservai'e,  che  avendo  il  Bain  distinte  due 
classi  di  azioni  doverose  .  le  une  aventi  per  oggetto  la  pubblica  utilità  o  sicurezza 
sociale ,  le  altre  relative  al  sentimento  privato  o  genio  particolare .  egli  ha  con  ciò 
sottratto  all'autorità  esteriore  parte  del  criterio  morale  per  assegnarlo  alle  coscienze 
particolari  ;  e  per  conseguente  il  potere  governativo  non  apparisce  l'unico  e  supremo 
legislatore  della  vita. 

Come  il  governo  non  contiene  in  sé  il  sovrano  criterio  morale  generatore  della 
coscienza  individuale,  coti  non  possiede  in  sé  il  titolo  di  supremo  imperativo  morale,  che 
genera  in  noi  il  sentimento  dell'obbligazione,  e  di  giudice  supremo,  che  sancisce  premi  e 
pene  a  seconda  del  nostro  operare.  Infatti  donde  mai  deriva  il  sacro  e  solenne  carattere 
dell'autorevolezza  proprio  della  legge  morale,  e  la  sua  virtù  imperativa  ed  obbligatoria 
rispetto  alla  nostra  coscienza?  Debbo  io  obbedire  ai  prescritti  del  governo  perciò  solo, 
che  esso  me  li  impone,  ed  accettarne  i  castighi  per  ciò  solo,  che  esso  li  minaccia  o  b 
infligge  ?  No  certamente.  La  sua  autorità  imperante  ed  obbligatoria,  come  pure  la  sua 
sanzione  abbisognano  di  essere  riconosciute  dalla  mia  coscienza.  Ora  a  quali  ragioni  si 
appoggia  questo  mio  riconoscimento?  Si  può  supporre,  che  l'autorità  dell'umano  impe- 
rante origini  da  un  tacito  od  espresso  consenso  della  società,  che  ne  lo  ha  temporaneamente 
investito  ;  ma  in  tal  caso  l'autorità  governativa,  anziché  suprema  e  sussistente  per  virtù 
sua  propria,  sarebbe  derivata.  Potrebbesi  sostenere,  che  essa  autorità  riposi  originaria- 
mente in  una  necessità  sociale,  per  cui  l'umana  convivenza  non  può  né  sussistere,  né 
prosperare  senz'ordine  sociale,  né  l'ordine  può  regnarvi  se  non  a  condizione  che  un  su- 
premo imperante  governi  la  società.  Se  così  s'intende  la  cosa,  forza  è  sollevarsi  al 
concetto  dell'ordine  cosmico  universale,  di  cui  l'ordine  sociale  umano  non  è  che  una  parte, 
ed  anche  in  questo  secondo  caso  l'autorità  esteriore  non  possiede  per  sé  la  rirtù  impe- 
rativa ed  obbligante,  ma  la  deriva  da  un  jiiincipio  ideale  superiore,  universale,  assoluto 
ed  oggettivo,  che  pure  il  llain  ha  ripudiato.  Per  questa  medesima  ragione  la  sanzione, 
di  cui  il  governo  munisce  le  sue  leggi,  va  conformata  ad  un  principio  superiore,  che 
renda  ragionevole  il  castigo,  il  quale  allora  soltanto  può  essere  giustamente  ed  efificace- 
mente  accettato  dalla  coscienza  individuale.  (Inde  consegue,  rlie  il  sentimento  dell'obbli- 
gazione non  deve  la  sua  genesi  all'autorità  esteriore,  ma  p  ((uello  e  questa  risalgono  ad  un 
principio  superiore,  su  cui  si  reggono.  Quell'  ideale  di  moralità  assoluto,  universale,  ogget- 
tivo, che  il  Bain  aveva  sbandeggiato  dal  campo  della  inorale,  ora  ricompare  come  una 
necessità  logica   ed   ontologica  posta  a   fondamento  della  nostra   coscienza  individuale . 


PEK    GIUSEPPE    ALLIEVO  71 

del  sentimento  dell'  obbligazione,  della  medesima  autorità  governativa.  Né  si  obbietti 
in  contrario,  che  sostenendo  l'immutabilità  assoluta  del  principio  morale  si  dà  una  smentita 
ai  fatti  e  si  rinnega  ogni  progresso  sociale  riposto  nell'evoluzione;  poiché  un  principio 
ideale,  pur  mantenendosi  immutabile  nel  suo  concetto  costitutivo  ed  interiore,  è  fecondo 
mai  sempre  di  uno  esplicamento  esteriore.  Un  teorema  di  geometria  è  immutabile,  eppure 
è  ricco  di  svariate  applicazioni. 

Negata  la  libertà  morale,  il  Bain  invano  si  argomenta  di  sostenere  e  spiegare  la 
responsabilità  e  l' imputabilità,  il  merito  ed  il  demerito,  la  capacità  e  l'incapacità  morale. 

Lo  Stuart  Mill  converte  la  responsabilità  nel  castigo  e  ne  spiega  la  genesi  mercè 
l'associarsi  che  fecero  nella  nostra  mente  le  due  idee  di  un  dato  atto  e  del  castigo  o  del 
dolore,  da  cui  es6o  fu  accompagnato  :  ed  anch'esso  il  Bain  riguarda  la  responsabilità  sic- 
come un  indflevff,  ond'  è  accompagnata  la  facoltà  di  essere  punito.  La  spiegazione  non 
regge,  perchè  la  cosa  sta  in  senso  affatto  opposto.  Io  non  mi  tengo  responsabile  di  un  atto 
per  ciò.  che  ne  .sono  o  posso  esserne  punito,  beasi  ne  sono  punito  perchè  responsabile.  A 
rendere  ragione  della  responsabilità  morale  non  basta  associare  l'idea  di  un  dato  atto  con 
quella  del  castigo,  ond' esso  fu  accompagnato:  occorre  anzi  tutto  aver  dimostrato  ragio- 
nevole e  meritato  ii  castigo,  vai  quanto  dire  avere  prima  posto  in  chiaro,  che  la  respon- 
sabilità di  quell'azione  è  jìersonal mente  mia.  Ora  nessun  atto  può  esserci  ragionevolmente 
imputato,  se  esso  non  sia  veramente  nostro,  se  cioè  non  provenga  da  noi  come  da  sua 
libera  ed  efficiente  cagione,  se  da  noi  non  sia  stato  scientemente  e  spontaneamente  voluto. 
La  responsal)ilità  adunque  e  la  imputabilità  si  reggono  entrambe  sulla  sostanzialità  dell'jo 
umano,  che  mercè  la  sua  personalità  individua  è  fatto  conscio  di  sé  ed  arbitro  di  se,  ed 
opera  per  sua  interiore  energia,  non  già  trascinato  dalla  necessità  ineluttabile  delle  con- 
dizioni psicologiche  in  cui  versa,  o  de"  motivi  fatalmente  presenti  al  suo  spirito.  Se  ogni 
mio  atto  è  un  necessario  conseguente  di  quell'  insieme  di  condizioni  o  motivi,  che  lo  hanno 
preceduto  e  che  pure  non  dipendeva  da  me  in  verun  modo,  perchè  quell'insieme  di  con- 
dizioni fu  alla  sua  volta  il  necessario  conseguente  di  altro  necessario  antecedente,  non  a 
me  dunque  ne  insale  la  responsabilità,  bens'i  ai  motivi,  che  lo  hanno  determinato,  e  su 
quali  io  non  aveva  potere  di  sorta.  Dove  la  necessità  impera,  là  giace  schiava  l'attività 
personale,  epperò  la  responsabilità  è  nulla  :  dove  per  contro  la  responsabilità  si  manifesta 
colla  imputabilità,  là  regna  sovrana  la  lil)ertà  morale,  perchè  allora  soltanto  l'umano  sog- 
getto può  dire:  (]upsti  sono  atti  veramente  miei  :  in  essi  io  riconosco  me  stesso,  perchè  io 
li  volli. 

Intimamente  connesso  col  concetto  della  responsabilità  è  il  concetto  di  merito  e  di 
demerito,  il  (juale  ad  essere  razionalmente  spiegato  importa  anch'esso  la  libertà  morale 
dell'uomo.  È  comune  adagio  questo,  che  il  premio  vuol  essere  meritato  e  che  il  castigo  per 
ciò  solo  che  è  inflitto,  non  è  per  anco  ragionevole,  ove  non  sia  accompagnato  da  demerito. 
Ciò  posto,  assoggettando  all'analisi  critica  il  concetto  del  merito  e  del  demerito,  si  scorge, 
come  esso  contenga  questi  elementi:  1°  un'azione  buona  o  malvagia,  ossia  conforme  o 
contraria  all'indole  del  giusto  e  dell'onesto;  2°  un'intenzione  peculiare,  a  cui  essa  sia 
stata  rivolta;  3"  un  soggetto  operante,  da  cui  dipenda  l'azione  e  tragga  direi  tutto  il  suo 
essere  costitutivo.  Or  nessuna  di  queste  tre  condizioni  integrali  del  merito  e  del  demerito 
può  ancora  sussistere  nella  dottrina  psicologica  positivistica,  la  quale  è  logicamente  portata 
a   negarlo ,   sebbene  si  ingegni  di  mantenerlo  in  parole.   Infatti  un'azione  è  moralmente 


72  ESPOSIZIONE    CRITICA     DELLE    DOTTRINE    PSICOLOGICHE    DI    A.     BAIN 

buona,  ossia  conforme  all'ideale  della  moralità,  quando  è  quale  debb' essere,  come  per  lo 
contrario  un  atto  è  malvagio,  quando  non  è  quale  dovrebh' essere;  ma  se  in  forza  del 
determinismo  universale,  ogni  e  qual  che  siasi  umana  azione  non  può  non  essere  altra  da 
quella,  che  è,  perchè  necessario  conseguente  di  necessario  antecedente,  se  tutto  insomma 
il  nostro  operare  è  il  portato  di  una  necessità  inesorabile .  riesce  manifesto,  come  uè  la 
prima,  né  la  terza  delle  succennate  condizioni  possano  ancora  sussistere.  Anch'essa  la  se- 
conda condizione  viene  disconosciuta  dalla  dottrina,  che  stiamo  disaminando .  essendoché 
la  buona  o  rea  intenzione,  che  pure  è  tanta  parte  del  merito  e  del  demerito,  esige ,  che 
V  operante  possegga  una  personalità  individua  e  sostanziale  tutta  sua  jjropria.  capace 
perciò  di  rivolgere  la  mira  del  suo  intendimento  ad  uno  scopo  da  lui  conosciuto  e  voluto, 
mentre  il  Bain  converte  l'umano  soggetto  in  un  mero  intreccio  di  fenomeni  destituiti  di 
realtà.  L'atto  umano  preso  nella  sua  materialità  esteriore,  e  scisso  all' intutto  dall'in- 
teriore intenzione  dell'animo,  quale  appunto  lo  vogliono  e  lo  intendono  i  positivisti,  non 
è  suscettivo  di  valore  morale,  ed  esclude  perciò  ogni  merito  e  demerito. 

Queste  considerazioni  critiche  valgono  altresì  a  chiarire  quanto  sia  insussistente  la 
teoria  della  capacità  (.•  della   incaparbita   nifirale  superiormente  esposta.   In  sentenza  del 
Bain  l'uomo   possiede  la  capacità  di  operai-e  moralmente  tuttavoltachè  i  motivi  ordinarti, 
che  ci  d(^termin;uio  ad  operare,  valgono   tanto  da  indurlo  ad  una   data  azione,  mentre  si 
chiarisce  moralmente  incapace  quando  consti,  che  essi  motivi  nulla  più  possono  sull'animo 
suo.  Anch'esso  lo  Stuart  Mill  sentenzia,  che  cessa  in  noi  ogni  dovere  di  rispondere  in  faccia 
alla  società  ogni  qnal  volta  si  subisce  l'impero  di  un   motivo  con  tale  violenza  che  nessun 
timor  di  castigo  possa  aver  efficacia  da  ritrarci  dall'operare.   Ma  quale  colpa  o  qual  me- 
rito è  il  nostro,  che  i  motivi  ordinarli  di  azione  siano  presenti  o  no  all'animo  nostro,  ab- 
biano o  no   efflcaeia  sul    iiostio  operare^  Che  ne  posso  io  mai.  se  i  motivi   hanno  operato 
sopra  di   me   (-un   vio!eii/,a.   ;ui/ichè   con   certa   ([ual    temperanza  e  Ipntezza^    Foi-sechè  in 
entrambi  i  casi   non  mi    hanno   fatto  subire  1  impero  ineluttabile  della  necessità  per  guisa 
che  a  me  non  rimaneva  forza  veruna  per  combatterli  ('soggiogarli^   H  se  l'alterezza  del- 
l'indole giungi^sse  a  sbandeggiare   dall'animo   ogni  timore  del    castigo,  non  ci  avi-ebbe  con 
ciò   tolto  di  dosso  il  peso   della   responsabilità  morale^   Sostiene  il  Bain.  che   l'emenda- 
zione del  vizioso  non  dipende   dalla   forza   interiore  della  sua   volontà,    ben.sì  dall'insieme 
di  quei  mezzi,   che   la  ragione  suggerisce  come  necessarii  a  ritrarlo  dalla   mala  via.  Ma 
che  guisa  di  emendazione  morale  sia  cotesta.  la  quale  anziché  muovere  dall'interna  energia 
dell'animo  e  reggersi  sulla  costanza  del  volere,  appoggiasi   tntta  quanta  sul    meccanismo 
esteriore  dei  motivi  da  noi  indipendenti,  ciascun  sei  vede. 

Singolare,  davvero  la  condizione  del  |)ositivista  !  Kgli  parla  di  coscienza  morale,  di 
responsabilità,  di  merito  e  demerito,  di  capacità  ed  incapacità  morale,  e  niega  ad  un 
tempo  la  personalità  sostanziale  del  iiir  umano,  cioè  il  soggetto,  di  cui  è  la  coscienza.  " 
cut  appartiene  la  responsabilità,  il  merito  ed  il  demerito,  la  capacità  e  l'incapacità  morale. 
Se  non  io  etìettivamente  sussisto,  e  voglio  ed  opero,  bensì  esistono  invece  di  me  i  miei  mo- 
tivi, le  mie  inclinazioni,  i  miei  sentimenti  e  pensieri,  non  io  adunque,  bensì  questi  miei  de- 
siderii,  e  sentimenti,  e  motivi  dovranno  rispondere  dell'esterno  operare,  e  riportarne  merito 
e  demerito,  perchè  di  essi  sarebbe  la  coscienza,  di  essi  la  capacità  morale.  Strana  con- 
seguenza veramente,  ma  pur  logica  e  necessaria!  Sebbene,  a  discorrere  logicamente  e 
con  proprietà  di  linguaggio  .   anco  i  vocaboli  miei  e  ttiie  applicati  a  desiderii  e  motivi . 


PER    GIUSEPPE    ALLIEVO.  73 

inclinazioni  e  sensazioni,  voiTebbero  essere  sbanditi,  siccome  quelli  che  si  appoggiano  al 
pronome  sostantivo  io  e  me,  il  quale  venne  ripudiato  dal  mondo  della  realtà  e  della 
scienza,  tanto  che  la  vita  umana  vi  andrebbe  scompigliata  e  dispersa  in  un  vortice  di  sen- 
timenti, di  motivi,  di  desiderii  aggirantisi  in  un  immenso  caos  senza  sapere  da  chi  muovano, 
a  chi  appartengano,  in  chi  finiscano.  La  cosa  non  reca  meraviglia  di  sorta.  Niegata  la 
libertà  morale  e  l'ideale  immutabile  ed  universale  del  giusto  e  dell'onesto,  toma  inevitabile 
lo  scompiglio  ed  il  disordine  nel  mondo  umano.  Il  positivismo  è  la  tomba  della  scienza 
morale. 


Conclusione. 

La  negazione  del  soggetto  umano,  e  per  conseguente  il  fenomahsmo  psichico  distri- 
buito nei  tre  ordini  del  sentire,  dell'intendere  e  del  volere  è  il  carattere  fondamentale 
delle  dottrine  di  Alessandro  Bain  quali  vennero  fin  qui  sommariamente  esposte.  Anziché 
una  psicologia,  la  sua  teorica  è  una  psicografia,  dove  lo  spirito  filosofico  è  soffocato  dal- 
l'empirismo. La  mente  vi  sta  a  disagio,  perchè  non  sorretta  da  un  supremo  concetto 
ordinatore,  che  contemperi  ad  armonica  unità  la  disciolta  miscela  dei  fatti,  e  lo  spirito 
umano  sentesi  come  a  dire  inaridito  ed  accasciato  perchè  disconosciuto  in  quanto  ha  di 
più  sacro  e  di  più  caro,  vo'  dire  il  sentimento  della  dignità  personale  e  della  libertà  morale, 
e  perchè  gli  si  contende  la  discussione  de' più  solenni  e  vitali  problemi,  che  incessante- 
mente lo  travagliano,  riguardanti  l'origine,  la  natura  e  la  destinazione  sua.  La  dottrina 
psicologica  e  morale  del  13ain  ci  porge  imaginc  di  un  teatro,  dove  sfilano  sul  palco  sce- 
nico figure  meccaniche  le  più  svariate,  ma  che  pure  è  deserto  di  attori  e  di  spettatori 
viventi.  Vi  si  aggirano  ombre  mute  e  vane  fuorché  nell'aspetto  :  indarno  vi  cerchi  la  per- 
sonalità viva  e  reale  dello  spirito  umano,  che  può  essa  sola  avvivare,  ordinare  e  spiegare 
tutta  questa  successione  continua  di  fenomeni,  essendone  la  cagione  efficiente  ed  il  perma- 
nente soggetto.  Abbandonato  il  concetto  della  pei^sonalità  sostanziale  umana  il  Bain  si 
vide  costretto  a  vagare  in  una  selva  tortuosa  di  fenomeni  senza  poterli  ricondurre  ad  un 
principio  supremo  ed  a  ripigliare  più  volte  le  stesse  questioni. 


Seeie   il   Tom.   XXXIV.  10 


1 


75 


DIALETTO    DELL'ELIDE 


NF.LLP. 


ISCRIZIONI    TESTÉ    SCOPERTE 

MEMORIA 


DEL   SOCIO 


DOMENICO     PEZZI 


Letta  nell'adunanza  del  S3  Gennaio  1881 

1. 
Preliminari 

J^  1 .  Quando  Enrico  Ludolfo  Ahr^is  scriveva  intorno  al  dialetto  della  Elide  lo  pagine 
che  legg  amo  verso  la  fine  del  libro  primo  della  classica  opera  8ua(l),  primo  saggio  di 
una  fonologia  e  di  una  moi-fologia  elea,  deplorabile  veramente  era  la  scarsità  di  fonti 
onde  il  dialettologo  potesse  attingere  notizie  di  talf  idioma,  che,  se  al  filologo  studioso 
delle  forme  più  belle  dello  ellenismo  può  per  avventura  parere  non  degno  di  acxsurate  ri- 
cerche, come  sembrò  semibarbaro  agli  antichi,  si  attrae,  per  lo  coiiti-ario,  l'attenzione  di 
tutti  coloro  cui  preme  conoscere  scientificamente  la  storia  e  la  preistoria  della  grecità.  Un 
trattato  fra  gli  Elei  e  gli  Arcadi  di  Rrea  (2).  attribuito  dal  Bòckh  per  ragioni  di  forma 
e  per  motivi  stoiici  ad  un'età  intermedia  fra  la  olimpiade  40'  e  la  60'  (3)  e  poche  glosse 
tramandateci  da  scrittori  di  varia  anticliità  sono  i  documenti  ai  quali  soli  lo  Ahrens  poteva 
ricorrere  i>er  tentare  la  sua  ricostruzione  grammaticale  del  dialetto  eleo.  Le  glosse  preac- 
cennate sono  di  assai  dubbio  valore,  almeno  in  parte  (4):  il  trattato,  di  cui  è  certa  la 
forma  elea  e  ben  conservati  i  caratteri ,  è  pur  troppo  assai  breve  e  qua  e  là  di  non  facile 


(1)  De  graecae  linguae  dialcctis,  Gottingae,  1839-43:  lib  primus,  De  dialectis  aeolicis  et  pseudoaeo- 
licis,  1839,  pp.  225-31. 

(2)  Corpus  inscripu.  gr.,  1,  2,  pp.  26-31,  n"  11  :  v.  anche  pp.  876-80.  —  Lo  eleismo  della  iscrìz. 
n°  31  non  è  provato. 

;3)  Il  KiRCHHOFK  {Studien  t.  geschichte  des  gr.  alphabets,  Berlin,  1863,  p.  215)  lo  riferisce  alla 
ci.  70*  circa. 

(4)  Lo  stesso  M.  Schmidt,  che,  parecchi  anni  liopo  la  pubblicazione  dell'opera  dello  Ahrens,  si 
acquistò  fama  colla  sua  molto  pregiata  cdi/.iono  del  lessico  Esichiano  (.Jena,  1838-68),  non  riuscì  sempre 
a  distinguere  le  glosse  di  carattere  schiettamente  eleo  da  quelle  di  dialetti  affini.  V.  anche  le  note  del 
medesimo  autore  Z.  elischen  dialect  iZeitschr.  f.  vergi,  sprachf..  X,  206-0). 


76  II,    DIALETTO    DET.I/KI.IDK    NEI.I.E    IPrUIZIONl    TFSTÈ    SfOIKKTE 

intcriirotazinno.  sì  cho  intorno  ad  esso  ebboro  ft  travagliarsi  grinf;cj,'iii  di  parpcchi  liirdogi 
ed  il  commento  dello  Ahrens  si  scosta  in  più  punti  da  quello  del  Bikkh  (1).  Ma  il  te: reno 
di  Olimpia,  da  pochi  anni  esplorato,  con  esito  superiore  ali" aspettazione,  dalla  dotta  ed 
indefessa  Germania,  diede  alla  scienza,  insieme  con  parecchi  monumenti  di  non  lieve  v  ilore 
per  la  storia  dell'arto,  un  buon  nuiucro  d'iscrizioni,  fra  le  quali  non  poche  assai  utili  a 
farci  conoscere  le  vicende  del  linguaggio  nella  Elide  :  iscrizioni  fatte  di  pubblica  rajrione 
uclV Arrhaologische  zritnvg,  dall'anno  187(5  al  1880  (voli,  xxxiii-xxxvin)  ed  illustrate, 
sì  nella  materia  sì  nella  forma,  con  molta  dottrina  da  filologi  di  chiaro  nome  (2).  Quale 
e  quanto  profitto  la  dialettologia  greca  possa  tran-e  da  si  fatte  scoperte  apparirsi .  confi- 
diamo, dalle  seguenti  pagine. 

§  2.  Le  iscrizioni,  testò  date  alla  luce,  che  jjossono.  jiiìi  o  meno  etìicacemente.  giovare 
alla  storia  della  parola  nella  Elide  voglionsi  dividere  nelle  classi  seguenti  : 

I.  Iscrizioni  in  dialetto  di  cui.  per  quanto  sappiamo,  non  ^i  jione  in  dubbio  il  carattere 
eleo  (3): 

[\  (xxxiii,  183-0.  Kirchhoff)  (4)  :  argomento  della  iscriz.  sono  gli  onori  resi  a  Demo- 
crate  da  Tenedo  benemerito  di  Olimpia  ;  per  la  forma  dei  caratteri  e  per  la  qualità  dello 
stile  sembra  al  Kirchhoff  posteriore  all'età  di  Alessandro,  senza  che  vi  sia  ragione  alcuna 
di  riferirla  al  periodo  romano. 

XXII  (xxxiv,  219-20.  Dittcnberger)  :  iscriz.  per  dedica,  appartenente  al  4"sec.  av.  C. 
come  sembi'ano  indicare  il  digamma  conservato  e  la  conformazione  delle  lettere. 

LVI  (xxxv.  48-9,  Frankel)  :  frammenti  da.  cui  non  puossi  trarre  un  senso  compiuto: 
il  carattere  gi-afico  c'induce  a  credere  questa  iscriz.  pressappoco  contemporanea  a  quella 
del  famoso  bronzo  (C.  /.  O..  11);  essa  pertanto  risalirebbe,  giusta  il  Frankel.  alla  olimji. 
70"  circa. 

LIX  (xxxY,  95,  Dittenberger ;  xxxvi,  102.  id.):  iscriz.  degli  Elei  a  Fusco;  non  poste- 
riore né  anteriore  di  molto  al  secolo  3°  av.  e.  v. .  per  quanto  si  rileva  dalle  forme  grafiche. 

CXI  (xxxv.  196-9,  Kirchhoff)  (5).:  la  così  detta  iscriz.  dei  Caladrii.  contenente  un 
])atto  fra  essi  e  Deucalione  :  iscriz.  che  jiarc  compiuta  e  per  lo  più  ben  conservata  e  che 
nondimeno  non  è  di  facile  lezitme  in  ogni  sua  parte  ;  per  alfabeto,  per  dialetto  e  per  stile 
si  accosta  al  patto  fra  Elide  ed  Erea  :  per  ragioni  storiche  il  Kirchhoff  la  considera  come 
meno  antica  della  olimp.  50". 


(1)  V.  l'appendice  al  libro  primo,  pp.  280-82,  e  le  aggiunto  e  correzioni  al  libro  secondo,  pp.  .)4ì>- 
550.  —  Della  illustrazione  Bockhiana  e  dell'Ahrensiana  si  valse  il  Lesrikn  noi  glossario  aggiunto  al 
documento  di  cui  si  traila,  piiliblicato,  qual  saggio  di  greco  antico  eil  eolico  ,  nella  fndogermanische 
rhrestomnthi,:  dello  Schlkicher  .Weimar,   1809,  pp.   161  e  .sogg.). 

(2)  A  sì  fatte  illustrazioni  ci  sentiamo  e  ci  dichiariamo  debitori  di  molto ,  comò  si  scorgerà  age- 
volmente dalla  prima  e  dalla  seconda  parte  di  questo  nostro  lavoro. 

1.3)  Indichiamo  di  ciascuna  il  numero  d'ordine  che  ha  nell'/lrcA.  ^ieitun;/ ,  poi,  tra  parentesi,  il 
volume  e  la  pagina,  infine  il  nome  del  filologo  che  l'ha  commentata. 

(4)  Leggesi  eziandio,  ilopo  il  trattato  fra  gli  Klei  e  la  città  di  Erea,  nel  Detectus  inscriptt.  gr.  del 
Cauer  (Lipsiae,  1877,  pp.  IXi-fi,  n'  11(31.  —  intorno  a  questa  iscrizione  vuoisi  toner  conto  anche 
dello  scritto  di  '1.  Meykr  ÌJbcr  die  neu  ijefundene  elische  inschrift  aus  Olympia  {Zeitschr.  f.d.  òstit-r. 
gymnasien,  XXVII,  417-2r)):  lo  citeremo  colle  parole  «  Mkver  (5.  alla  iscriz.  IV  ». 

(V  V.  anche  Ahren.s  li.  L.,  Die  inschrift  aus  Olympia  nr.  Ili  {Philologus,  XXXVIil,  38."i-98)  per 
la  dichiarazione  delle  forme:  Busolt,  Forschungen  t.  gr.  geschichte  (I,  Breslau,  1880)  in  ordine  allo 
argomento.  Indicheremo,  nello  citazioni,  lo  scritto  dello  Ahrens  cosi:  Ahrb.ns  alla  iscriz.  CXI. 


MEMORIA    DI    DOMENICO    PEZZI  77 

CXXXVIII  (xxxvi.  88,  Dittcnberger)  :  documento  brevissimo,  di  età  non  bene  deter- 
minalìile,  ma  posteriore  alla  olimp.  89".  secondo  il  filologo  pi-ecitato. 

CLXXXV  (xxxvi,  141-2,Kirclihoff)  :  resti  di  un"iscriz.  che  non  è  più  possibile  ricostruire. 

CCXXIII  (xxxvii,  47,  Kircbhoff:  xxxviii,  66,  id.):  di  essa  vuoisi  ripetere  quanto 
abbiam  detto  della  precedente  ;  dapprima  lo  insigne  filologo  citato  aveva  posto  in  dubbio 
la  origine  elea  di  questa  epigrafe  a  cagione  dello  zetacismo  che  in  essa  appare  (ossia  della 
sostituzione  di  uno  Z  ad  ogni  A  iniziale  o  medio)  (1),  ma  poscia,  notato  sì  fatto  fenomeno 
anche  nelle  iscrizioni  CCCVIII  e  CCCLXII,  di  carattere  incontestabilmente  eleo,  è  venuta 
meno  a  quel  dubbio  ogni  ragione,  come  lo  stesso  Kii'chhoff  afferma. 

CCXXIV  (xxxvii,  48-9,  Kircbhoff)  :  per  i  molti  guasti  il  senso  ci  resta  oscuro;  semlira 
nondimeno  che  vi  si  contenga  un  patto  fra  gli  Elei  ed  un  certo  Nicarchida. 

CCLXXXVI  (xxxvii,  144,  Furtwangler)  :  iscriz.  di  due  parole  e  di  età  indetenniuata. 

CCCVI  (XXXVII,  158-9,  Kirchhofif):  contratto  fra  gli  Elei,  probabilmente,  e  due  pri- 
vati ;  il  carattere  gi'afico  di  tale  iscrizione  e'  induce  a  considerarla  come  una  delle  meno 
antiche  fra  le  elee. 

CCCVIII  (XXXVII,  160,  Kircbhoff):  giunta  a  noi  in  pessimo  stato,  sì  che  non  è  possibile 
la  restituzione  di  essa  nella  propria  integrità  :  la  scrittura  ha  imjìronta  di  età  molto  antica. 

CCCLXII  (XXXVIII,  (i6-8,  Kircbhoff;  xxxviii,  69-70,  G.  Curtius):  una  Ppy-px  di 
lettura  e  d'interpretazione  assai  difficile  ;  v'ha  un  argomento  storico  per  giudicarla  ante- 
riore alla  olimp.  50°. 

CCCLXIII  (xxxviii.  1 1  7-9,  Kirchhofi)  :  una  fparpa  fra  Aneti  e  iJetapii  per  unami 
cizia  di  mezzo  secolo  (2). 

II.  Iscrizioni  in  dialetto  incerto ,  ma  o  eleo  od  almeno  congiunto  da  stretta  aflinità 
all'eleo  (3): 

CLXXVI  (xxxvi.  139,  Kircbhoff):  avanzo  di  nn  àiK/.'/ocor,  di  vincitori  ne'  giuochi 
olimpici:  v'hanno  lacune  che  non  si  possono  colmare  ;  che  il  dialetto  sia  eleo  è  piuttosto 
iK)n  abbastanza  dimostrato  che  improbabile  :  se  fosse  veramente  elea,  questa  iscriz.  appa- 
rirebbe, per  ragioni  grafiche,  meno  antica  della  iscriz.  seguente. 

CLXXVII  (xxxvi,  139-40,  Kiichhoff;  xxxvii,  48-9,  id.)  (4):  iscriz.  degli  Elei  a 
Difilo  Ateniese;  scrittura  e  lingua  rivelano,  nota  il  Kircbhoff,  con  non  dubbii  segni  un'an- 
tichità assai  minore  di  quella  a  cui  risale  la  iscriz.  dei  Caladrii.  Per  alcune  ragioni.  sj)ccial- 
inente  gi-atìch(!  e  fonologiche,  il  Wvìì  ed  il  Kircbhoff  stesso  reputano  non  trop])o  inverisimile 
clie  negli  'Meìoc  di  questo  documento  abbiansi  a  scorgere  non  tanto  gli  Elei  quanto  gli 
abitatori  dell'arcade  Alea.  Ma,  osservano,  lo  Aleese  si  direbbe  grecamente  A  Isòq  od  "A  hcKTr,?: 
vuoisi  oltracciò  avvertire  che  gli  argomenti  fonologici  da  essi  addotti  non  possono  parere 


(1)  V.  ancho  Mkyer  (?.,  Griech.  grnmm.,  Leipzig,  1880,  p.  179;  libro  che  spesso  avremo  a  citare 
in  questa  nostra  monografia  come  sintesi  di  molti  lavori  speciali  intorno  ai  dialetti ,  ai  suoni ,  alle 
formo  greche.  Lo  indicheremo  col  solo  nome  dell'autore. 

(2)  Di  alcune  iscrizioni  brevissime,  oggetto  di  recentissimi  studi  a  cultori  della  numismatica,  non 
occorre  tener  conto  in  questa  nostra  rapida  enumerazione:  più  tardi,  quando  si  discorrerà  del  digamma 
nel  dialetto  della  Elide,  si  vedrà  qual  profitto  siasi  tratto  anche  da  quelle  leggende. 

(3)  .Vi  vocaboli  appartenenti  a  quesla  seconda  serie  d'iscrizioni,  i  quali  verranno  citati  nelle 
seguenti  Considerazioni,  posporremo  il  segno  '),  per  distinguerli  dalle  parole  di  provenienza  sicura- 
mente elea,  oppure  sarà  in  tal  modo  segnala  la  iscrizione  che  li  contiene. 

i    Consulta  eziandio  Weil,  Vau  auf  elischen  inschriften  [Zeitschr.  f.  numismalik,\\] ,  117-20). 


78  II-    DIALETTO    DEf.l/ELIDE    NELLE    ISCEIZIONI    TESTÉ    SCOPERTE 

molto  gravi  a  chi  attentamente  esamini  i  caratteri  del  diahtto  eleo .  come  apparirà  dalle 
considerazioni  che  esporremo  nella  seconda  e  nella  terza  parte  del  presente  scritto. 

CCXXV  (xxxvii,  49-51,  Kirchhoff) .-  iscriz.  concernente  la  liberazione  di  una  famiglia 
di  schiavi:  documento  mutilo  ed  in  parte  illeggibile;  l'alfabeto,  soprattutto,  ne  fa  parere 
meno  probabile  la  origine  elea. 

cecili  (xxxvii.  154-tj.  Kirchhoff):  si  riferisce  a  festa  olimpica  e  ad  un  certo  Timo- 
orate  ;  molti  e  gravi  guasti  non  permettono  una  ricostruzione  della  epigrafe  ;  le  ragioni  che 
muovono  il  filologo  prelodato  a  dubitare  intorno  alla  origine  elea  di  questo  documento  ci 
sembrano  non  di  grande  inijiortanza,  come  si  scorgerà  in  séguito;  egli  crede  poterlo  asse- 
gnare, per  le  fonrie  delle  lettere,  alla  prima  metà  del  5°  sec.  av.  Cr. 

CCCIV  (xxxvii,  151).  Kirchhoff):  nomine  di  prosseni  e  di  euergeti  per  benemerenze  verso 
il  tempio  di  Zeus  in  Olimpia  :  lo  alfaliett)  ed  alcuni  caratteri  dialettali  ci  distolgono  dal 
credere  elea  la  forma  di  questa  iscriz.,  che,  per  ragioni  storiche,  il  Kirchhoff  attribuirebbe 
al  tempo  compreso  fra  la  olimp.  103". 4  e  la  olimp.  104\2. 

III.  Iscrizione  in  dialetto  dorico  mite: 

XVI'  (xxxiv,  128  e  segg..  Neubauer):  questa  prima  parte  di  un'iscriz.  che  consta  di 
tre  contiene  la  notizia  della  deliberazione  j)resa  dal  sinedrio  degli  Elei  di  concedere  ai 
Messeni  la  chiesta  facoltà  di  collocare  in  Olimpia  due  documenti  del  giudizio  che  Mileto. 
per  incarico  ricevuto  da  Eonia.  aveva  pronunziato  intorno  ad  una  terra  lungamente  contesa 
fra  Messeni  e  Lacedemoni  :  la  età  ineiu)  improbabile  sembra  al  Neubauer  un  secolo  e 
mezzo  av.  e.  v. 

IV.  Iscrizioni  in  dialetto  comune  con  qualche  più  o  meno  notevole  idiotismo  eleo,  ado- 
perato per  amore  di  arcaismo  e  di  solennità  :  delle  poche  epigrafi  spettanti  a  questa  classe 
e  per  lo  jiiii  apjiarti'nenti  al  2"  od  al  3'  secolo  della  e.  v.  non  reputiamo  necessario  dare 
qui  un  elenco  con  indicazioni  particolareggiate.  Lo  stesso  diremo  delle 

V.  Iscrizioni  in  dialetto  comune  senza  idiotismi  elei  :  sono  in  numero  di  sessanta  pres- 
sappoco; la  età,  assai  varia,  a  cui  risalgono  sembra  potersi  considerare  come  compresa  fra 
il  secondo  secolo  avanti  ed  il  terzo  dopo  la  e.  v. 

Ci  proponiamo  ora  di  esporre  con  ordine  alcune  considerazioni  intorno  al  dialetto  eleo 
quale  ci  appare  dopo  la  scoperta  dei  prcaccennati  documenti  e  gli  studi  fatti  intorno  ad 
essi.  Ben  sappiamo  che  nuove  iscrizioni  possono ,  nell'ora  stessa  in  cui  scriviamo  questa 
pagina ,  venir  rese  alla  luce  dalla  indefessa  diligenza  degli  esploratori  ;  che ,  anche  per  lo 
studio  ancora  troppo  incompiuto  di  parecchie  questioni  aflìni  allo  argomento  nostro ,  non 
è  giunto  ancora  il  tempo  in  cui  si  possa  tentare  una  trattazione,  per  quanto  è  lecito  espri- 
merci cos'i,  definitiva  del  dialetto  della  Elide.  Keputiamo  nondimeno  che  i  risultati  ottenuti 
mediante  lo  esame  delle  iscrizioni  testé  scoperte  siano  abbastanza  numerosi  ed  importanti 
per  meritare  di  venire  sin  d'ora  ridotti  a  fornui  di  ordinaci  esposizione,  a  vantiiggio  di 
coloro  che  investigano  le  origini  e  lo  svolgimento  dello  ellenismo.  Se  a  tale  esposizione 
occorrerà  fra  poco  aggiungere  qualche  aiijtendice  per  apparizione  di  nuovi  documenti  o  per 
nuove  illustrazioni  di  (juclli  che  già  possediamo  o  per  nuovi  studi  intorno  a  dialetti  afiiui, 
noi  saremo  ben  lieti  di  ampliare  e  di  coireggere  questo  nostro  lavoro. 


MEMORIA    n    DOMENICO    VEZZI  79 

II. 

Considerazioni  speciali  (1). 

SUONI. 

§  3.  a  — e:  a«  =si  (cxi.  5,  7;  ccxxiv,  3.  5.  6,  7,  9,  18;  cccvi,  7;  cccvm,  2,  3,  4, 
5;  cccLXJi,  2  bis.  6,  7,  8:  ccclxih.  5  ;  cf.  xi.  e.  3,  5.  7;  «tre,  ib.,  3  bis,  8  bis,  9)| 
xa  — x£  (Lvi,  1,  anche  2,  se  a  ragione  il  Frankel  disgiunge  il  xadal  Ouyx;  seg.;  cccLXii,' 
3;  cccLxii],  4;  cf.  xi.  e,  3);  nocp  =  tteoc'  (ccxxiv.  1.  coll'A  guasto;  cccvi,  2;  cf.  xi.  e.', 
4-5);  («pov  (IV,  32),  y.cxuap  (ccci.xii,  2)  con  tapo;')  ((«p&ij,  ccxxv),  cf.  mo:poi  (xi.  e.' 
9,  hidpa,  giusta  la  trascrizione  del  Bockh.  seguito  dallo  Ahrens)  ;  zc^ps-^  {^apr,)^.  cccvi' 
5);  ehudcr.pog')  ('{kvjQàpa^?,  ccxxv,  3^;  xossra^oi  (xù^T&rajOot,  CCCLXIII,  3);  fxmidwxv 
(ix-rìm9slc(v.  ccclxii,  2).  [ismeSBocav  (uwmSéoiav,  ccclxiii,  3),  «TroFsXEojav  (inoFr.lÉotav, 
ib.,  4),  n(x[p]^xivoiav  (ib..  li),  cf.  ouvsav  (xi.  e.  4.  5),  KTronvotsfv  (ib.,  G).  Al  paleo-eleo 
f(xpyov{\ì.  e,  3-4)  risponde  nello  eleo  assai  meno  antico  la  forma  £UìpY£r5:jc(iv.  19  ecc.)(2). 

Alle  voci  elee  preaccennate  è  facile  trovare  numerosi  riscontri  in  parecchi  dialetti  della 
classe  eolo-dorica,  fra  i  quali  merita  di  essere  particolarmente  ricordato,  in  ordine  a  questo 
fenomeno,  il  dialetto  dei  Locri  (3).  8e  nell'a  di  cui  discorriamo  abbia.si  a  ravvisare  in  ogni 
caso  un  «  primitivo,  ovvero,  in  parecchi  fra  gli  esempii  menzionati,  un  £  trasformato  in  x 
per  influenza  del  p  seguente  noi  indagheremo  più  tardi,  quando  cotal  problema  ci  si  farà 
innanzi  di  nuovo  nella  trattazione  della  vocale  a  lunga. 

«  =  &  :  Fjzxn  (cccvi,  (j),  come  ne'  dialetti  laconico,  eracleese,  beotico. 

a  ci  appare  svoltosi  fra  X  e  u  in  lxlau.o)^(xt  {Icàixàytì,  cccvi,  8-4)  e  fra  ju  e  v  in 
lJ.c(vxGioi  (fAi/affiW,  ib.,  5-(5,  voce  che  il  Kirchhoff  interpreta  '  getreidemaass  '  ed  illustra 
ricordando  il  cipr.  ij.và7tg  e  lo  Ksichiano  jUV«ct'ov)  (4).  In  entrambi  i  casi  vuoisi  tener 
conto  dellazione  esercitata  dallo  a,  precedente  o  seguente  (5). 


(1)  Le  parole  elee  verranno  rappresentate  colle  medesime  lettere  con  cui  ci  appariscono  notate 
nelle  iscrizioni,  ma  per  lo  più  in  forma  minuscola  ne' casi  in  cui  occorrerà,  per  qualsiasi  ragione,  sarà 
aggiunta,  fra  parentesi,  una  trascrizione  nell'alfabeto  greco  comunemente  adoperato.  I  numeri  romani  de- 
signeranno i  documenti  che  verremo  citando  giusta  l'ordino  .iella  loro  pubblicazione  nell' Arch.  zeitung- 
gli  altri  numeri  indicheranno  le  linee  delle  singole  iscrizioni  citate.  XI.  C.  segnerà  il  famoso  traflato 
che  ha  sì  fatto  numero  nel  Corpus  inscnptt.  gr. 

(2)  Onde  emerge  non  essere  lo  E.cp/erav')  (non  £.«<fy.:Tav)  della  iscriz.  CLXXVll  ,  4-5  un  valido 
argomento,  come  pare  al  Kircuuoff,  per  contestarne  lo  deismo. 

(3)  V.  .Meyer  G.  ,  pp.  24-6,  63  e  gli  scritti   da   lui  citati   dello  .\llen  {De  diakao  Locrensium 
negli  Studien  del  Curtius,  III,  218  e  segg.1  e  dello  Havet  {Mols  locriens  contenant  un  a  pour  un  1 
in  Mémoires  de  la  Socicié  de  linguistique  de  Paris,  II,  167).  «  Saepissime  mutant   u    lones  et  ea  pars 
Aeolum  quae  complectitur  Lesbios   Cyprios  Areadas:  sequuntur  Boeoti  et  Thessali  ;  Dores  cum  Eleis 

pristini  soni  praeter  ceteros  diligentes  sunt Allen  .   l.  e,  il  quale  adduce  ad  esempii  à/.ip«, 

«yyorap^;,   ftaiiipiac,  itcìTapa,  fapu.,  usate  dai  Locri.  V.  anche  Meter  G.  alla  iscriz.  IV,  p.  420.  —  Degno' 
di  menzione  è  inoltre  il  beot.  naptiav. 

(,r  RoTHE,  De  Ct/priorwn  dialecto.  Lipsiae.   1875,  p.  34. 
^5'  Meter  G.,  p.  95  e  segg. 


80  II.  I'Iai,i;tto  dem/empe  neu.e  iscrizioni  testé  scoperte 

Dileguo  di  «  finale  di  preposizioni,  zzra.  ava,  r-aoi,  cessando  di  avere  la  sillaba 
finale  protetta  dallo  accento  acuto,  diventano  qua  e  là  y,yx,  ^v,  nyo:  /.zr  in  /MTCìpaco^ 
(xaT[r]o70«5og,  CCXXiii,  5),  •A<-/-i'xncf.rpioi  (/.«TTxnarpice,  giusta  la  correzione  del  Frànkel, 
LVi,  li),  y.vrajzo  (-/.arry.vToì ,  ccclxii,  1),  y.c/.O-jrc.;  {/.yraOvrr.g,  ccxxiv,  (i)  con  y.c/.6urc/Ag 
(cccLXii,  4),  forse  anche  in  •a.vSjxjiv.;,  (lvi,  2,  che  il  Friinkel  legge  za  Ou7a;),  cf.  /.y.ooù.E[j.ivoi 
(*y.a5^.,  "xKT^.,  XI.  e,  6-7),  ya^ylzoiro  (ib.,  8);  av  in  <Jwxy)jjoiro  (da'auvav)..,  ccxxiv, 
7);  nao,  secondo  ogni  probabilità,  in  T:cf.[p]^afy<nc.v  (cccLxiii,  0);  ai  quali  esempii  con- 
verrebbe aggiungere  jujr  in  iisdy.iJ.oi  (per  '  p.i^^yiJ.oi,  '  iJ.ii:<ìa[J.oi,  p.sra  ^c/.iioi,  cxi,  7),  se. 
come  vedremo  verso  la  fine  di  questa  seconda  parte,  la  interpretazione  proposta  dal 
Kirchbofi'  non  jiaresse  meno  probabile  soprattutto  dopo  le  osservazioni  dello  Ahrens. 
Cf.  aX  («).?.«,  XI.  e,  4)  (1).  Esempli  di  si  fatta  apocope  di  preposizioni  ci  somministrano 
in  Imnii  numero  i  dialetti  dorici,  eolici,  ionici  ed  anche  la  poesia  tragica  ateniese  ci  pre- 
senta traccie  di  questo  fenomeno  (2). 

§  4.  «^=-/;.  In  sillabe  radicali:  a  («,  Lix,  I;  cxi,  1;  ccxxiv,  7,8;  ccclxii,  1,  (J  : 
CCCLXiii,  1;  cf.  XI.  e,  1);  rav  (iv,  8,  9,  14,  39;  cxi,  4)  con  rat  (ccclxii,  7),  r«c:  (ràc;. 
ccxxiii,  3),  xv.p  (zxp,  IV,  20,  31;  ccxxiv,  1;  cccvi,  2,  3),  «urag  (prob.  aìtzà;,  ccxxiv. 
4),  aurap  (c.ùrxp,  iv,  17);  e/.;j.£<M  (iv,  11);  i//«5£(7,aa  (iv,  30)  ;  Ahiog  (cxxxmi,  cclxxxvi) 
con  FsfXct'jjv  (xxii,  1),  Ahiojv  (lix,  1  ;  clxxvii,  5,  oveleggesi  AIhov')),  pOA  (Fa[X£i(V)v]. 
ccxiii),  Fa).£ioi;  (ccclxii,  1,  cf.  xi.  e,  1),  Ahiotg')  (clxxvii,  1);  yav  (cxi,  4)  con 
y(xp  =  jr,g  (cccvi,  3);  p.£ÒajU.ot  (v.  §  24,  cxi,  7)  con  Fi7o§a^iopyov  (cxi,  4,  cf.  5ce[j.og. 
XI.  e,  9),  <Mo5'2/j.ov  (cccxLi,  5),  EvSafxou  (ib.,  (3),  e,  con  ?  =  (5  (v.  §  19),  ^afjioy  (ccxxiii, 
8)  con  (^ix;j.top[yo]  (ccxxni,  3),  (^aij.top-jtci  (ccclxii,  6);  lav/lcepov  (xiV,  4)  (3);  p.a> 
(ccxxiv,  13);  kIocOuo'^tcì  (ccxxni,  8);  npayap  (iv,  24);  ?poi.-:pa  (cxi,  1;  ccclxii,  1: 
cccLXiii,  1,  cf.  XI.  e,  1);  ij.a.  (prob.  =/xn',  cccvin,  2,  3,  cf.  xi.  e,  5);  ni\>xay.ov:u 
(ccCLXiii,  2)  ;  ^amlc/.£g  (ccclxii,  3). 

Eicliiamiamo  l'attenzione  del  lettore  sui  quattro  ultimi  esempii.  Fparpa  proviene  da 
una  radice  che  ci  appare  con  r,  anche  nei  derivati  eolo-dorici,  così  che  G.  Meycr  credette^ 
di  poter  porre  Ppr,  come  forma  panellenica  di  essa  (4).  Esclusivamente  proprii  dello  eleo 
sembrano  anche  ijm,  TOira/.oi/ra,  ^v.aù.a.ig  (5). 


(Il  0  Apocopen  'xi'/  non  agnoscit  Hormanims  ;  scalptorera  omii»isse  potius  K  iu  prima  scriptione , 
in  correctione  vero  aut  iterura  eius  oblituni  esse  aut  id  ob  spatii  angustiam  uon  addidisse.  At  nec 
tara  angustum  spatium  est  ot  celerà  probe  corroxit  scalptor  »  Bòckh  ,  p.  878.  Tra  i  due  pareri  lo 
Ahrens  si  mostra  dubbio  (I,  23i)). 

(2)  Kkucer,  Gr.  sprachlehre,  Berlin,  1801-71  ,  parto  2*,  sez.  I",  5  8,  3.  Ahrens,  li,  ;?53  e  segg. 
Thiersch,  Gr.  gramm.,  Leipzig,  1820,  §  IO"'-  —  Intorno  alla  origine  ed  alla  forma  primitiva  v.  Grass- 
MANN,  Ursjiruni/  d.  prrìposkiunm  im  indoij.  (Zeilschr.  f.  vergi,  sprachf.,  XXIII,  55'J-79). 

(3  Notevole  eziandio  perchè  il  fonetismo  di  questa  iscriz.  non  è  eleo,  ma  attico:  lo  stesso  dicasi 
di  due  alili  fra  gli  esempii  preaccennati,  *iio8a,uov  ed  EuJa/«u. 

(4)  P.  44.  Ahrens,  li,  146. 

(5)  « d.  parlikel  ,u>i ,  die  allgomein   griecbisch   ist   (ai.  mn),  nur  elisch   ju«  »,  Metkr  G. , 

P-  44.  —  «  In  den  mit  -  xovra  zusamraengesetzten  zahlwòrtern  parlicipieren  von  50  ab  alle  dialekte 
an  den  ion.  att.  formen  mit  n  ».  Id.,  p.  48.  —  In  ordine  a  ,8a3i/£Ji  consulta  G.  Curtius,  Grundj. , 
a.  D,:5.  -  In  nlaOuovra  e  specialmente  in  eipujoip  l'a  non  è  a  dirsi  proprio  soltjinto  del  vocalismo  eleo, 
come  (juello  che  trovasi  anche  in  altro  forme  eolo-doricho  dello  ellenismo.  Eipiva  rinviensi  nel  laconico, 
nel  cretese,  nel  megarese,  ipi\>x  nel  beotico:  della  forma  con  5  si  valse  Callimaco,  mentre  in  parecchie 
iscrizioni  cretesi,  in  quasi  tutti  i  codici  di  Pindaro  e  ne'poeti  tragici  abbiamo  la  forma  con  ».  V.  Hblbio, 


MEMORIA    Di    nOlir.MCO    PEZZI  81 

Lo  eleo  si  accosta,  per  lo  contrario,  all'uso  degli  altri  dialetti  eolo-dorici  negli  esempii 
segg.  :  c(VE6r,y.tv  (i.ix,  1),  owSevoc  (cccvi,  v.  §  21):  sy/.-:r,7cv  (iv,  24)  (1);  ai  quali  con- 
verrà aggiungere  [j.Yi  (cxi,  7),  se  si  accoglie  la  illustrazione  Ahreusiana,  di  cui  già  si  è  fatto 
cenno  e  si  discorrerà  di  nuovo  più  tardi  (§  24)  (2). 

Procediamo  ora  allo  studio  dello  stesso  fenomeno  in  sillabe  non  radicali.  Anche  qui 
avremo  a  citare  buon  numero  di  forme,  alcune  fra  le  quali  degnissime  di  attenta  conside- 
razione per  la  storia  della  parola  gi'eca:  E).X(ZV(zo;  (cxxxviii),  E/Àavoojxav  (  E)./avo(j£Kàv, 
IV.  2)  con  E/Xcfyoi^r/.y;  (ccCLXii,  5)  :  a\ 5av  [jrt]  ov  ")  (cLxxvii,  3-4);  fìalcp  (iv,  31)  ;  zvyj/. 
(IV.  1);  cjsp-/tryv  (iv,  19:  CLXXVii.  4-5):  sKiiulr- yy  (iv.  34):  y.(/.$ura;  (ccxxiv,  0): 
'/.otiyrxv  (?,  ccxxiv,  13);  iipv.vy.p  (iv.  24):  ki-yypccj  (iv,  34);  y,x\c/.ixovai  (cccvi,  3-4); 
BKC/yiryy.wp  (iv.  8,  v.  §  21):  fC(iy</.-C(t  (iv,  l(i);  anoixcù.y.^.i'j  (=:^7r57T«).y;va£,  iv,  35); 
nofw.-z^x  (  =  novrirr-c/.i..  iv,  3(j);  v.v</-bQv.i  (iv,  32)  con  ììoOcf.i  (ib..  37);  iy.  (ccxxiv,  9: 
forse  anche  coxxiii.  G  :  cf.  xi.  e.  2  ;  Ahrens  e  Kirchhoff  si  mostrano  inclinati  alla  trascri- 
zione zia):  nar.ctp  (iv.  (i). 

Le  sette  ultime  fra  le  forme  addotte  ci  offi'ono  un  r/.  cui  negli  altri  idiomi  ellenici  di 
stampo  eolo-dorico  lisponderebbe  un  r,  (3)  e  sono  pertanto  ad  annoverarsi  fra  i  caratteri 
che  distinguono  lo  eleo  dai  dialetti  più  affini. 

Ma  che  si  fatta  tendenza  al  suono  a  in  elementi  formali  avesse  limiti  nell'uso  eleo  ben 
si  rileva  dalle  segg.  parole,  nelle  quali  tutte  abbiamo  un  r,  concorrente  alla  loro  forma- 
zione: novftotr.vx  (iv.  36)  con  nor,y-'7y.i  (iv.  33):  tzifurr-yy  (iv.  34);  6y/(zrc/3 ')  (Su'/an^i, 
CCXXV,  0).  ££c  (zVC.  ccxxiii.  5.  7). 

La  precedente  esposizione  ci  ha  jneparati  allo  esame  di  una  ijuestione  che  ora  ci  si 
affaccia,  vogliam  dire  l'origine  dello  y.  nelle  fiu-nie  elee  su  cui  abbiamo  in  ispecial  guisa 
invitato  il  lettore  a  riflettere  :  prolileiua  che  si  connette  con  quello,  già  da  noi  accennato, 
della  gonfisi  dell'i  in  pareccliie  forme  del  dialetto  di  cui  discorriamo  e  di  quello  dei 
Locri  (4). 

Che,  V.  g.,  neirj<  del  locr.  r:y.~y.p^.  del  locr.  ipào^iv^eleo  li^OcV  [yjpry),  nell'  a.  delle 
forme  elee  Fptxzpy,  zy.rv.p.  ly.  (ct«?)  abbiasi  a  riconoscere  un  y.  breve  ne'  primi  esempii, 
lungo  ne'  secondi,  di  antichità  proto-aria,  del  quale  sarebbe  pertanto  assai  meno  antico 
1'^'  (e.  •/;)  che  troviamo  nelle  forme  corrispondenti  doj;li  altri  dialetti  greci,  sembra,  a  primo 


De  dial.  crei.,  Plaviae,  1873,  p.  29.  Beermann,  Do  dial.  lìoeot.  tCuaiixa,  Sludien  eoe,  IX,  :57;.  Peter, 
De.  dial.  Pind.,  Hai.  Sax.,  1860,  pp.  9-10.  Mucke,  De  diali.  Stesichori  ecc.,  Lipsiae,  1879,  p.  9.  Degner, 
De  dorismi  usu  Callimachoo .  Vratisl.,  1877,  p.  10.  —  Intorno  k  rt/aOuovra  v.  specialmente  Schrader  , 
Quaaslt.  dial.  gr.  parlicida  (Curtius,  St.,  X,  31G).  L'i  ci  si  fa  innan/.i  in  «aO-;o,-  (  iscriz.  eoi.  di  Cime 

3.524  C.  I.  G. ,  127  Cader,  1.  18),  ma  il  dialetto  di  tale  iscrix.  è  una  «  Aeolis  Lesbiaca affectata 

antiquitate  rodintegrafa  «.  G.  Meyer  (p.  43)  cita  anche  il  n/àOoj  della  iscriz.  cret.  3iJ4S  (1.  21),  ma  lo 
Helbig  {l.  e),  fondandosi  su  altri  documenti,  crede  doverlo  correggere  sostituendo  W  all' 3.  Si  potrebbe 
.indie  citare  la  glossa  cipr.  xTtì.xOyj-  koìXì,  prob.  dalla  rad.rria  col  così  detto  z  intensivo  (Rothe,  De  Cy- 
priorum  dial.  ,  p.  22). 

(1)  Ahrens,  11,  131.  Mkyer  (ì.,  pp.  44-5. 

(2)  Non  puossi  decidere,  pel  cattivo  stato  in  cui  ci  è  giunta  la  iscriz.  CLXXVI ,  se  il  .uìòjv')  della 
1.  3*  debbasi  leggero  «v;òèv  ovvero  -  ;t.riài^. 

(3)  Meyer  (1.  alla  iscriz.  IV,  p.  421:  Gr.gramni.,  pp.  47-8.  Ahrens,  II,  110. 

(4)  Ai.LBN,  ;.  e.  Brugman,  Z .  physiologie  d.  R-laute  in  d.  indog.  sprachen  (Curtius,  St.,  V,  311-32, 
V.  specialmente  p.  328).  IIavet  ,  Mot.<!  locriens  ecc.  Schmidt  J.,  Z.  geschichte  d.  indog.  vocalismtis  . 
Weimar,  1871-5,  II,  329:  id.,  nella  Zeitsckr.  f.  vergi,  sprachf.,  XXIII,  ISG-8,  375.  Schrader,  Quaesti,  ecc., 
pp.  284-0.  Meter  G.  alla  iscriz.  IV,  pp.   120-1  ;  id.,  Gr.  gramm.,  pp.  24-5,  43  e  segg. 

Serik  II.  Tom.  XXXIV.  11 


82  IL    DIALETTO    OKl,l/KhH)K    NKLl-E    ISCRIZIONI    TKSTÈ    SCOPERTE 

aspetto,  non  solo  verisimile  ma  certo.  Per  altro,  ove  si  consideri  che  l'ac^iordo  di  tutti  gli 
altri  idiomi  ellenici  nel  suono  e  in  tali  parole  pare  additarci  quest'ultima  vocale  come  an- 
teriore, nelle  voci  accennate ,  allo  svolgimento  dei  singoli  dialetti  dal  cosi  detto  ellenico 
primitivo  e  fondamentale  e  che,  in  ordine  a  qualche  radice  ed  a  qualche  suffisso  fra 
gli  esempii  addotti,  vha,  nel  suono  <• .  consenso  eziandio  fra  quasi  tutte  le  forme  della 
grecità  ed  il  latino,  onde  appare  non  punto  improbabile  la  ipotesi  che  il  suono  e  risalga, 
in  sì  fatti  casi,  ad  età  preellenica,  prcitalica,  ossia  al  periodo  di  quella  che  chiamano  unità 
greco-italica;  che,  infine,  almeno  in  qualche  caso.  \'v  può  venire  attribuito,  per  non  dissi- 
mile ragione,  al  preteso  periodo  dell'unità  europea;  si  scorgerà  agevolmente  come  intorno 
a  tale  argomento  possano  essere  assai  discordi  fra  loro  le  opinioni  dei  glottologi.  E  vera- 
mente mentre  il  Brugman  (come  lo  Havet  in  ordine  alle  forme  locresi)  non  crede  alla  pri- 
mitività del  suono  it  negli  elementi  radicali  e  ne" formali  menzionati,  l'affermò  G.  Schmidt 
ed  anche,  almeno  per  «luanto  concerne  Y  d,  lo  Sclu'ader  e  G.  Meyer  si  manifestò  prima  con- 
trario, poi  favorevoli^  alla  opinione  del  Brugman.  della  quale  è  tempo  di  esaminare  il  valore. 
Notiamo,  innanzi  tratto,  che  nello  assorgei-e  a  forme  gi'eco-italiche  conviene  tener 
conto  non  solo  de'  dialetti  greci  e  del  latino,  ma  eziandio  dell'umbro  e  dell'osco  e  che, 
seguendo  questo  metodo,  ad  es.,  nello  studio  del  suffisso  dell'ottativo,  non  possiamo  ammet- 
tere come  italo-gre(^a  la  forma  -ie-,  ma  dobbiamo  risalire  ad  un  più  antico  -i<i-.  come 
avvertì  lo  Sclu'ader,  per  causa  del  -ia-  che  troviamo  nell'umbro  (1)  ed  eziandio,  aggiun- 
giamo noi,  almeno  in  un  esempio  osco  (2).  Secondamente  non  bassi  a  considerare  come 
assolutamente  incompatibili  la  originalità  del  suono  «  nei  casi  mentovati  e  la  esistenza  di 
un  linguaggio  greco-italico.  E  qui  ricorderemo  la  ipotesi  dello  Alien  :  «  vocalem  quae 
])raecedit  o  in  bis  vocabulis  jam  ante  linguas  sejunctas  labefactari  eoepisse  ac  paululum 
inclinari  ad  sonum  tenuiorem,  hanc  mutationem  postea  apud  Latinos  plurimosque  Graecos 
praevaluisse,  horum  vero  paucos,  renitente  littera  p,  non  deposuisse fl]3ertiorem  vocalem  ». 
Infine  non  è  a  tacersi,  sebbene  possa  parer  cosa  strana  o  poco  piacevole  ad  alcuno,  che, 
piima  di  trane  certe  conseguenze  dalle  tesi  dell'unità  gi'eco-italica  e  dell'em'opea,  sarebbe 
conveniente  dare  di  esse  una  dimostrazione  assai  \^\\l  compiuta,  jiiù  a<curata  e  più  rigo- 
rosa che  sino  ad  ora  .siasi  fatto  e  gioverebbe  non  dimenticare  come  non  poche  uè  lievi 
siano  le  ragioni  per  cui  da  parecchi  ancora  sono  messe  in  dubbio  (3).  Ne,  ove  si  neghi  la 
primitività  dell'x  negli  esempii  citati,  è  facile  illustrarne,  con  maggiore  verisimiglianza,  le 
origini.  Nessuno  oserà  certo  tacciare  di  affettato  iperdorismo  forme  che  si  leggono  in  un 
documento  (guanto  antico  altrettanto  l'ozzo  com'è  la  iscriz.  XI.  e.  (Fiaroz,  tct).  (.'he. 
giusta  la  ()i)iiii()ne  del  Brugman,  l'z  delle  mentovate  forimi  locresi,  a  cui  lo  eleo  offre  (come 
abbiamo  notato)  parecchi  riscontri,  sia  un  «  isterogeno  provenuto  da  un   f  greco-italico 


(I)  Brral,  Les  lables  Eugubines  etc  Paris,   I87Ì),  p.  3t»l. 

("2)  Hftr-i-ii-il  ,  citato  dallo  K.nueris,  Versxich  einer  fortnenlehre  lì.  o.vft.  spr. .  Ziirich ,  1871, 
lip.  XXXll-lII. 

(3)  Delle  più  autorevoli  opinioni  intorno  ai  rapporti  particolari  fra  singole  lingue  arie  abbiamo 
trattato  nella  parte  2*,  capo  2°  della  Glottologia  aria  recentissima  (Torino,  1876;  vers.  inglese,  Londra, 
1879).  Non  è  inutile  riferire  qui  le  parole  scritto,  a  questo  proposito,  da  G.  MgykR,  non  ancora  con- 
vertito alla  ipotesi  del  Hruo.man,  secondo  cui  1'*  («,  a)  sarebbe  per  influenza  del  p  ridiventato  «  : 
«  Icli  nieiiie,  naclidum  Jet/.t  das  elische  ■Ka.-:àf>  hinzugnkommon  ist,  sei  os  eiii  verkennen  sprachlicher 
thatsachen  zu  gunsten  einer  vorgefassteu  tlieorie,  wenn  man  ohue  uCthigung  eine  solcbe  riicklàufig» 
bevveirmit»  dor  lautentwickpl'ing  annìmmt  ». 


MEMOKIA     PI    DOMENICO    l'KZZI  83 

sotto  l'azione  del  p  .  suono  contenente  un  elemento  vocale  affine  allo  a,  appare  poco  pro- 
babile soprattutto  dopo  le  ricerche  di  G.  Schmidt,  che  mise  in  rilievo  la  tendenza  del 
suono  p  alla  vocale  r.  E  quando  anche  si  volesse  accogliere  la  dottrina  del  Brugman 
intorno  all'azione  del  suono  p,  come  mai  varrebb"essa  a  renderci  ragione  dell'a  (a  ,  x)  che 
ci  appare  in  forme  ove  di  sì  fatta  influenza  non  vi  può  essere  traccia  alcuna  ?  Come  si 
spiegherebbero  gli  ottativi  in  -orM  da  noi  sopra  citati?  Come  le  forme  [j.c/.  ,  -cvrazcvra, 
fìoccikasg ,  ocfivc/zy. ,  aTTOTTaXap.sv ,  noiYiazc/.t .  ma.xzbv.i .  ^o6ai ,  la  .  che  stanno  .  per 
proporzione  di  numero,  a  noiTV.p  come  nove  ad  uno  ? 

Sembra  pertanto  ]jiù  conforme  allo  studio  imparziale  dei  fatti  lo  ammettere  che  nella 
età  preistorica  dello  ellenismo  la  vocale  •  a  primitiva  fu  conservata  assai  più  che  non  si 
pensi  da  parecchi  glottologi.  Onde  si  scorge  come  si  venga  attenuando  la  forza  di  uno 
degli  argomenti  principali  addotti  dal  Pick  a  conferma  della  sua  divisione  dello  ano 
])rimitivo  in  orientale  ed  occidentale,  ossia  in  asiatico  ed  europeo,  vogliam  dire  la  trasfor- 
mazione dellV/  in  p  come  carattere  distintivo  delle  lingue  arie  di  Europa  (1);  si  scorge, 
in  secondo  luogo,  che  non  è  solida  quanto  comunemente  si  reputa  una  delle  basi  su  cui 
si  è  tentato  ricostruire  lo  edificio  della  unità  italo-greca  (2)  ;  si  scorge,  da  ultimo,  per 
quanto  attiensi  alla  conservazione  dellV/,  primitivo,  soprattutto  dello  Ti .  appartenere  al 
dialetto  eleo  un  titolo  di  maggiore  antichità  che  non  alle  altre  forme  deli 'eolo-dorismo  (3). 

Porremo  termine  a  questo  ormai  troppo  lungo  discorso  intomo  all's^  eleo  con  alcuni 
cenni  circa  questa  vocale  nata  da  contrazione. 

Di  «  =  ac,  come  nel  dorismo.  abbiamo  esempii  in  iscrizioni  di  forma  attica ,  ma  non 
possiamo  addurne  alcuno  che  si  possa  indubbiamente  considerare  come  proprio  dello  eleo. 
a  rappresenterebbe  ac  in  'jUÌ.o/.ì  [aulù.  cxi.  U)  se  a  buon  diritto  il  Kii-chhoff  ravvisasse 
in  tal  voce  un  ottativo:  ma  non  senza  grave  ragione  vi  si  oppone  lo  Alireus  che  giudica 
cotal  forma,  come  contratta  da  auKc/si,  contraria  ad  ogni  analogia  (§  22). 

s<=:'/w,  non  altramente  che  nel  dorismo:  ùlc/voòv/.oiv  (iv.  2);  ;ro).tTav  (ib..  15):  rxy 
Te  Quaiw  y.of.1.  ziixxv  na.i'/.v  (ih..  2(t);  -'j.'j  (ih..  34):  oyp/u.av  (prob.  gen.  \A.=:òù7.yu.ciuv, 
ciixxxv.  ())  ;  xptSav  (cccvi,   5). 

g  5.  L's  ci  appare  conservato  in  cf.'JBpxg  (ccxxiv.  3).  come  nel  linguaggio  di  Omero 
e  di  altri  poeti. 


(1)  D.  ehemalige  spracheinheit  d.  Indog.  Europas,  Góttingen,  1873,  pp.  176-200.  — V.  le  osserva- 
zioni critiche  di  G.  Schmidt,  Was  betceist  d.  e  europ.  sprachen  fur  d.  annahme  einer  einheittichen 
europ.  grundxprache?  (Zeitschr.  cit. ,  XXXIII,  333-7.T)  e  la  nostra  Glottologia  aria  recent.  (p.  186 
della  vers.  ingl.). 

(2)  Quindi  non  senza  ragione  affermava  lo  Schrader  apparire  dallo  studio  comparativo  di  tutti 
i  dialetti  greci  a  multas  souorum  et  formarum  affectionas ,  quibus  ei ,  qui  unam  spectat  dialectum , 
graeca  cum  aliis  liuguia  facere  videtur,  intra  ipsius  graeci  sermonis  fìnes  natas  esse  »  (Quaesti,  ecc., 
preliminari). 

(3)  Perciò  il  filologo  precitato ,  discorrendo  dell'alterazione  di  amo,  nota  che    «  elea  dial.  tota 

fere  ab  hac  mutatioue  abstinet veri  simillimum  raihi  videtur  eleam  gentem  ab  reliquis  iara   di- 

gressam  fuisse  ,  cum  mutatio  illa  in  lingua  oreretur  »  (Quaestt. ,  §  4).  Dopo  si  fatta  separazione  l'i; 
si  sarebbe ,  giusta  lo  Schrader,  svolto  dall'  «  in  parecchi  casi  in  tutti  gli  altri  dialetti ,  non  ancora 
ben  distinti  fra  loro  ;  poi ,  in  un  numero  maggiore  di  forme  ,  nell'attico  ;  infine ,  con  frequenza  cre- 
scente, nel  ionico  (v.  ^  3). 

Nel  difendere  la  primitività  dello  a  eleo  ne'casi  accennati  è  stato  intendimento  nostro  soltanto 
opporci  alla  ipotesi  ch'esso  sia  provenuto  da  un  e,  non  già  affermarne  l'origine  da  un  a  protoario 
veramente  puro.  Ma  del  vario  a  indo-europeo  e  de'suoi  continuatori  discorreremo  altrove. 


84  H-    DlAl-ETTO     UELI.El.ibK    .NKI.I.K     l.SCKIZIOM     IKSTÉ    S(i)in:KTE 

Assai  più  notevole  è  Ve  di  Tiolsp  (iv,  1(5),  di  cui  già  si  occuparono  il  Kirclihofife 
(}.  Meyer  ne'  loro  commenti  alla  iscrizione  citata.  Non  abbiamo  alcuna  ragione  di  credei'e 
che  il  mutamento  di  un  t  in  £  avanti  p  fosse  uno  dei  caratteri  del  dialetto  eleo  (cf.  Ttp 
XI.  e,  7)  od  appartenesse  al  numero  delle  alterazioni  fonetiche  di  cui  ben  certi  esempii 
ci  porge  lo  ellenismo  in  tutte  od  almeno  in  alcune  delle  sue  forme.  Siccome  poi  nella 
flessione  dei  temi  in  -  t  -  lo  eleo  conservò  questa  vocale  immutata.  ]wr  quanto  appare  da 
parecchi  esempii  che  accenneremo  a  tempo,  così  non  jìuossi  nemmeno  propone  la  ipotesi 
che  l'j  di  altri  casi  sia  stato  introdotto  erroneamente  nel  nominativo  singolare.  Ci  pare 
pertanto  che  non  resti  a  suppone  se  non  uno  sbaglio  di  chi  scrisse  :  tale  eziandio  è  l'opi- 
nione di  G.  Meyer. 

Di  un  e  protetico  in  sFepsv  {ìfior.v  od  ifippr,y.  infinito  di  dubbio  significato,  cxi.  (i) 
non  si  può  ammettere  la  esistenza,  affermata  dal  Tudeer  (1),  se,  come  pare  jìrobabile,  l'i 
di  cui  trattasi  vuol  essere  aggiunto  alla  voce  precedente ,  per  guisa  che  si  legga  non  già 
<7vl<xt  jFsoiv  (Kirchhoff).  ma  bensì  tjIv.u  fsor,v  (^ulctir,  F£^o,or,v .  Ahrens)  :  intomo  a 
•y'jlais  V.  il  già  cit.  §  22. 

.4^  (3.  r,,  probabilmente  come  contrazione  di  ££  (2),  ci  appare  negli  infiniti  uTtapyw 
(IV,  18),  nixr/r.y  (ib..  27).  giusta  i  quali  il  Kirchhofi'  trascrive  con  r,  neDa  sillaba  finale 
anche  i  segg.:  s/jv  (cxi,  5);  ìFspv  (ib..  (j)  :  <iapsv  (coevi.  5);  d^xppiv  (cccuxii,  1)  (3). 
( Inde  emerge  che  lo  infinito  eleo  vuoisi  litenei'e  identico  a  quello  dello  eolismo  lesbico, 
mentre  il  dorismo  di  Creta,  di  Eraclea,  di  Tera.  di  Delfo  ed  il  dialetto  degli  Arcadi  ci 
dàimo  la  terminazione  -£y  e  qualche  altra  forma  di  grecità  dorica  si  accorda  col  ionismo 
e  coll'atticismo  nella  finale  -  siv.  Ma  /;  rappresenta  la  in  ùia\i.oY.p'j.-.f,  (iv.  18)  (4). 

Nell'v^  prodotto,  come  suol  dirsi,  da  prolungamento  di  compenso  (5)  lo  idioma  degli 
Elei  si  accosta  all'uso  del  dorismo  severo,  uso  di  cui  notevoli  orme  restano  eziandio  ne' 
documenti  arcadi  e  beotici  :  -/if/sv  (iv,  10-20),  i^vj  (yÌjulcV,  cxi  ,  2.  Kirchhoff:  cf.  ìa/Ji£v 
in  Saffo  ed  in  Omero,  vifisv  cret.  ed  eracl..  £Jy.£v  locr.,  rod.,  agiig..  delf.,  anche  beot.): 
iv.iyr,pui  (cccEi.  2).  \iiiiv.i'/r,pa  (cccL,  3,  cfr.  delf.  hs/r.pìa)  (6).  composto  che  si  rinviene 
in  altre  iscrizioni  in  forma  meno  antica  (iJ.z7rA.iyiipou.  OCXL,  2;  txsrv/.^/HO'j).  cccxLix,  2). 
Un'eccezione  alla  legge  preaccennata,  eccezione  che  l'eleo  ha  comune  cogli  altri  dialetti 
eolo-dorici .  è  la  voce  npy.yag  (iv,  24),  se  veramente,  come  sembra  probabile,  proviene 
da  '  sfporyy.  (cf.  fpazpoi)  (7).  Nel  prolungamento  di  cui  qui  si  discorre  il  dialett*^  eleo  si 
mostra  pertanto  men  fedele  all'  uso  antichissimo  che  lo  idioma  eolico  di  Lesbo .  ma  non 
ancor  giunto  al  grado  di  alterazione  fonetica  di  cui  ci  danno  esempio  il  doiismo  mite,  il 
ionismo  e  lo  atticismo. 


(1)  De  diati  gr.  digamma  testimonili  inscriptionum,  HelHingforsiae,  1876,  p.  lOTi. 

(2)  Curtius  G.,  D.  verbum  d.  gr.  spr.,  [,eipzig,  1873-6,  I,  101  e  segg.,  109  e  segg. 

(3)  «  Ala  vocal  der  infinitivendung  ist  hier  . .    .  .  nicht  ti,  sonderò  >?  zu  getzen  ,  wenn  anders  das 

zi'iigniss  eines  .■lUerdings  jimgeren   denkmales  ,  des  ehrendecretes   fùr  Uamokrates gelten  soli  » 

KiRCHHOFK  alla  iscriz.  CXI. 

(4)  Mkyer  G.,  pp.  131-2. 

(5)  Bruoman,  De  gr.  linguae  productione  suppletoria  (Curtius,  .Vrud.,  IV,   f,  59-186'.  Ahrens,  11, 
153-72.  V.  anche  Meyer  (ì.,  p.  67  e  segg. 

(6)  Mbter  G.,  /.  0. 

(7)  GiESE,  i'b.  d.  aolischen  dial.,  Berlin,  1837,  p.  187.  Curtius  G.,  Grundt..  a'  493.  V.  anche  1» 
nota  .'■>  a  p.  80. 


MK.MOKIA    DI    HUMKNICO    l'KZZI  85 

Avendo  della  forma  /jiìz  {=uh)  wn  esempio  certo  (xi.  e.  5)  e  due  probabili  (cccviu. 
2,  3),  pare  che  a  buon  diritto  si  possano  considerare  col  Kirchhoff  le  i)arole  [is-iQsiay 
(cccLxn,  2),  iisnmosovzcv  (ib..  4),  [j.cynot  (ib.,  (3).  ixsv7ts$ioic.v  (ccclxiii,  3)  come  prove- 
nute per  via  di  crasi  da  /j.à  hiQsìm  ecc.  :  si  avi-ebbero  pertanto  altrettanti  esempii  di 
contrazione,  giusta  l'uso  dorico,  di  «h  in  r,. 

§  7.  In  ordine  alla  vocale  o  non  abbiamo  a  notare  che  la  forma  ypocsyj  (CCCLXII,  8). 
Ciò  che  intorno  ad  essa  osservò  il  Kirchhoff,  non  apj)arire  in  eleo  si  fatta  vocale  in  altri 
derivati  dalla  medesima  radice  ('/^oa^sa  xi.  e.  !»  :  yp7';£v.  iv.  31;  Pj'jù.v/pa^oo.  ib.,  37: 
■joam;,  ccxxiii,  5:  ypa©£wv.  ib.,  <i)  ben  puossi  ripetere  anche  di  altri  dialetti  eolo-do- 
rici.  Fra  essi  il  più  inclinato  all'i—  à  sembra  lo  idioma  di  Lesbo  (l). 

§  8.  Quanto  è  stato  detto  testé  intoiiio  allo  r,  eleo,  con-ispondente  all'y;  ed  allo  £' 
degli  altri  dialetti  in  casi  di  contrazione  e  di  cos'i  detto  prolungamento  di  compenso,  gio- 
verà eziandio  alla  trattazione  dell'w  a  cui  ora  siam  giunti. 

&)  da  00  ci  sta  innanzi  in  una  serie  di  genitivi  singolari:  reo  (iv,  9,  32  bis.  35),  ro  (rù. 
ccxxiii,  3;  cccLXiii.  4);  f/.po  (iot.p(ù,  rcxxiii.  3):  Omo)(ìy,  3):  noh;j.a  (iv,  23;  cf.  xi. 
e,  5,  che  ci  dà  anche  cip-'j-opo);  Ol^jp-mo)  (iv.  32):  [OÀ]  yvmxta  (CLXXXV.  2):  FaXwo 
(cccLxn.  2):  |3o/Jio  ((Sw;/-!),  cccLXUi,  4):  McÀavo-c ')  (MìXkvuti'^,  clxxvii,  3);  ©sci^saoro 
(ccXLVi ,  3-4 .  iscrizione  affettante  antichità)  :  ai  quali  esempii  vuoisi  forse  aggiungere 
^yripfj)  ([i).i-cv.\z/j,prs).  ci.xi.  2  (2):  cf.  lxv,  2:  cccxi.ix.  2:  (.'ccl,  3:  cccu.  2)  ed  alatolo 
(«X^tojojJLcvoc  =  àXciwoj  [JXvóz-  cavi.  (i-7.  Kii-chhoff)  (3).  Genitivo  singolare,  fonuato 
con  alti-o  suffisso,  è  anche  Vop-^ag  (lxvii.  5),  che  il  Dittenberger  giudica  vero  avanzo  di 
eleisrao.  non  pi-odotto  d'imitazione  per  amore  di  forme  arcaiche.  Riscontri  offre,  com'è 
noto,  il  dorisnio  severo  e  qualche  forma  di  dorisnio  mite,  insieme  collo  eolismo  lesbico  e 
beotico  (4). 

a  da  0  per  prolungamento  di  compenso,  come  .suol  dirsi:  aTivotyco;  {u.c(vc<7Ìa;,  cccvi, 
5-0):  ,3o).a  {po)lx.  ('('xx!!!.  6),  |3oXav  (ib.,  8).  ^ak(xp  =  {^o'jlr,g.  iv,  31)  con  9.0)lo'/pa.y.p 
(IV.  37).  Appena  occorre  avvertire  come  nell'i)  degli  esenipii  arrecati  lo  eleo  si  accordi  col 
dorismo  più  schietto  (eccezion  fatta  del  cretese  per  gli  acc.  pi.)  e  col  beotico  (5).  Avremo, 
per  altro,  assai  presto  occasione  di  accorgerci  che  lo  eleo  non  si  serbò  sempre  fedele  a 
([uesto  sistema  di  prolungamento  e  si  accostò  in  qualche  caso  allo  eolismo  di  Lesbo. 

w  in  eleo,  come  in  altre  forme  antiche  dello  eolo-dorismo  (G),  può  trarre  origine  an- 
che da  i£:  l^auiop-^^ia  (ccclxii.  t>),  ì;y.[ji[op[yc,]  (ccxxiii.  3).  FcGoSap.'.opyov   (rxi.  4). 

5;;  i'.  L'j  tinaie  di  temi,  come  noh  -ecc..  si  conserva  inalterato  nella  flessione,  come 
in  tanta  parte  dei  liialetti  greci  (7):  Tzohop  (iv.  20):  y.-ya^sTtop  (ib.,  33);   xaTacraaio; 


(1)  Meyer  G.,  pp.  24  e  28. 

(2)  Probabilmente,  insieme  col  tw  che  segue,  è  genitivo,  non  dativo  come  lo  volle  il  Uittenbebuer 
che  vi  .sottoscris.se  un  i:   cf.  CLXiV,  2,  ove  leggesi  [fii-:i>i'.]xf,po<j. 

(3)  Un  genitivo  sing.  in  -ou,  forma  di  carattere  meno  antico,  abbiamo  in  A=rr/s£cu  (CXXXVIII). 
(i)  Ahrens,  II,  203-4.  Meyer  G.,  pp.  78,  126,  291-2. 

(")  Ahrens,  11.   153  e  segg.  Meyer  G.,  pp.  78  e  segg. ,  302.  Curtius,  Gnmds.,  a"  659. 
(6}  Meyer  G.  ,  p.  !3ri. 
^7)  Id.,  p.  289. 


k 


86  n.  niALETTo  dell'elide  nelle  iscrizioni  testé  scoperte 

(ccxxiv.  1):  anche  la  iscriz.  CLXIV.  2,  sebbene  non  abbia  nella  sua  forma  carattere  eleo, 
ci  porge  il  nom.  plur.  p.a)/rug.  —  Agli  esempli  dorici  del  suffisso  —  VTt  (3"  pi.  att.)  con- 
viene aggiungere  lo  eleo  ixerz/o'^zi  (iv.  28).  Così  eziandio  la  prepo.sizione  nou  ha  conser- 
vato Vi  finale  (iv,  4,  39;  cf. ,  per  altro,  noro)/ :=  nor  ròv,  cxi,  7),  mentre  lo  arcadico 
ed  il  ciprio  ci  danno  nóg. 

La  forma  Aj  che  già  conoscevamo  come  elea  (xi.  e.  (>)  (1)  ci  si  affaccia  di  nuovo 
nella  iscriz.  Lvi.  2. 

L'i  di  nEoì  non  ci  appare  più  nello  eleo  n'/p  (cccvi.  2:  ccxxiv,  1.  ove  il  ;:  manca  e 
r  ar  è  guasto;  cf.  xi:  e,  4-5).  Simile  fenomeno  ha  luogo  anche  nel  già  mentovato  Trorov, 
proprio  eziandio  del  dorismo  (2). 

§  10.  u  =0.  La  iscriz.  CLXXV^Il.  3.  ci  somministra  l'esempio  HVIVN*)  (conH=:''). 
notevole  in  particolar  guisa  perchè  ci  mostra  l'oscuramento  di  5  in  u  (forse  per  influenza 
dello  Vi  precedente)  in  una  sillaba  pronunziata  con  accento  (3).  mentre  negli  esempii 
fomiti  da  iscrizioni  di  Lesbo,  di  Tegea,  di  Cipro  e  di  Aspendo  ed  in  alcuni  altri  V  o  appa- 
riva offuscato  iu  u  per  lo  più  in  sillabe  atone  o  quasi  atone  (4).  E  questo  il  luogo  ove 
giova  far  menzione  della  oscura  forma  ■a'jit:!/.Òvioi')  (cecili,  3).  che  il  Kirchhoff  sembra 
disposto  a  leggere  /.  unct^uy.iot,  comiwsto  in  cui  il  primo  elemento,  ukx.  ci  ricorderebbe 
il  Saffico  ÙTcy.OzOpóp.v.Aiv.  Meno  incerto  esempio  dell'alterazione  fonetica  di  cui  discorriamo 
è  il  <l>tX'j  (tl't'Xy;),  nome  di  un  eleo,  sopra  una  medaglia  menzionata  dal   Friedlander  (5). 

§  11.  Attestano  la  tendenza  del  dial.  eleo  alle  forme  non  contratte  le  voci  segg.  : 
F£T£a  (ccCLXiii,  3;  cf.  xi.  e,  2:  ypaf^y.  ib.,  8),  con  iry.vjsa')  (cecili,  12);  aKS[j.c/.p-:ìjpzo'j 
(IV,  15);  7rot£i)v  (iv,  3),  «/xswv  (ib.,  11).  ■ipa.'sio'j  (^okos'iuv,  ccxxiii.  6).  cXtsvcm^  (iv,  12); 
lj.-iim5zC>iay  (occlxiii,  3),  anofel-oicv  (ib. .  4.  cf.  /.y.òvlsoiro.  xi.  e.  8):  (dìsvuov ') 
((7X£uauv,  cecili,  4);  cf.,  per  altro,  ritxo77oy')  (=t(|ui.w(75wv.  ib..  12).  Ac(iJ.ay.pc/-x  (iv,  18). 

§  12.  Già  sopra  è  stato  accennato  che  i  dittonglii  at,  oi,  corrispondenti,  nello 
eolismo  di  Lesbo ,  allo  a,  u  (su)  degli  altri  dialetti ,  non  sono  stranieri ,  in  simile  caso . 
alla  grecità  elea.  Ne  siano  prove  gli  accusativi  plurali  y.arcx^iaip  (iv,  16),  [ivatg  (ccclxii,  8), 
naQurocig  (ib.,  4)  ed  cùloip  (iv,  8),  roip  Osxpotp  (ih.,  10).  Ma  sfuggono  a  si  fatta  norma 
gli  acc.  pi.  ucuauto:  precitato  (§  8)  e  [òa]  pyjJ.xg  (lvi,  4)  ((3)  :  né  si  accostano  all'  uso 
lesbico  le  forme  t:X7W  (iv,  12),  oci>rxno§iO'j)<J~x  (ib.,  17).  in  ordine  alle  quali  vuoisi 
avvertire  che  il  u  non  ha  origine  eguale  a  quella  del  5  finale  degli  accusativi  preaccen- 
nati (7).  —  Dello  £j  in  stpyvxp   (iv.  24)  già  si  è  fatto  cenno  al  i^  tJ. 


(1)  BòcivH  nel  cotiinionto  alla  iscriz.  cit.  :  «  ài  cave  putos  esse  prò  disyllabo  Aii:  monosyllabum 
est  etiam  n.  16  et  aliquoties  apud  Pindaram  ■> .  Il  Peter  {Do  dial.  Pindari,  p.  42)  insegna  che  Aif, 
comunque  ci  apparisca  ne'  codici,  «  omnibus  locis unius  syllabae  spatium  explet  »  . 

(2)  AiiRKNs,  II,  351. 

(3)  Intorno  ad  IITITS  v.  Nkubauer,  Hermes,  X,  t5S-62  o  Meyek  d.,  p.  273. 

(A)  «  .Man  sieht,  dass  die  siclieron  falle  dieses  lautwandols  sich  boschriinken  auf  tonlose  endsilben 
(denn  auch  die  endsilben  der  praepositionen  sind  in  der  zusammensotzung  und  im  zusaramonhang  der 
rede  tonloa)  und  auf  andrò  tioftonigo  silben,  wo  das  u  yen  p  oder  /*  gefolgt  ist  »  .  Meyer  lì.,  pp.  40-1. 

(5)  Eingerittte  inschri/ìen  auf  mùmen  [Zeitschr.  f.  numismatih,  11,  46). 

(6|  La  iscriz.  CCCI V  ♦)  ci  dà  gli  accusativi  pi.  vjip/irixi  (l.  4;  ed  auroj (oiùtms,  l.  3),  U^oi  ([7tpo]Eivu{,  1. 4(. 

(7)  Meter  <i.  alla  iscriz.  IV,  p.  419:  Gr.  gramm.,  p.  108. 


MEMOEIA    DI    nOMENICO    PEZZI  87 

§  13.  Dallo  studio  delle  vocali  procediamo  a  quello  delle  consonanti.  E  qui  vuoisi, 
in  primo  luogo ,  far  menzione  del  e ,  che .  in  fine  di  parola .  in  un  numero  notevolissimo 
di  esempii  appartenenti  ad  i.sciizioni  assai  varie  fra  loro  per  età  e  per  argomento,  ci  appare 
sostituito  alla  sibilante  j-  ^  conoscere  con  esattezza  la  estensione  del  rotacismo  nel  dial. 
eleo  gioverà  indicare  le  iscrizioni  in  cui  esso  ci  si  presenta,  divise  in  più  classi  giusta  la 
varia  frequenza  del  fenomeno,  ed  in  fine  quelle  che  non  ce  ne  offrono  traccia. 

1°  Iscrizioni  in  cui  ogni  ;  ci  appare  mutato  in  p  :  IV  (61  p  finali)  ;  XXII  (py.O'^oic/p^ 

unico  caso  possibile  in  questa  iscriz.  di  tre  parole);  CCXLVI  ( wjop ^  1.  1  ;  p/riupap, 

1.  2:  [a\u>Tpo's.op,  1.  :>).  in  (questo  elenco  il  rotacismo,  che  in  altri  non  appare  fuorché 
nella  formola  Stop  cioa,  non  è  punto  indizio  di  alta  antichità,  ma  bensì  di  ricercato  ar- 
caismo, uso  gradito  alla  età  di  Adiiano.  come  bene  osservò  il  Dittenberger. 

2°  Iscrizioni  con  rotacismo  non  costante,  ma  prevalente  :  CXI  (Totp  Xck'/.v.qoioo,  1.  1  ; 
ma  rtg,  1.  ti,  forse  per  influenza  del  seguente  'jvlc/.ic);  CCCVI  (-oro,  U.  2,  3  :  yccp,  1.  3; 
'xX'ftoiop.EVOp,  11.  ti-7  :  ma  [j.ocv«<jco?,  U.  5-ti)  ;  CCCVIII  (tip,  11.  3,  5;  opztp,  ovvero  -pop 
zip,  1.  6  ;  fa  eccezione  Kadionog,  1.  6,  con  g  guasto). 

3°  Iscrizione  con  numero  eguale  di  p  e  di  j  finali  :  CLXXXV  (  nei  pochi  resti  di 
questa  iscriz.  leggiamo sp  ?,  1.  3  :  p.EvOs  =  fJ^'l'-'s'?,  1-  2). 

4°  Iscrizioni  con  prevalenza  di  e  finale:  XI.  C.  (7  g  fin.  —  2  p.  70ip,  1.  1  e  zip, 
1.  7);  CGCLXII  (14  ?  contro  due  p,  fappv^op,  1.  2  ed  op,  1.  3);  CCCLXIII  (j  in  4  casi, 
,0  in  2,  [xccvmp.  1.  5  e  ■potxc/.i/T'^p ,  1.  (i)  CCCIII  *  )  (almeno  ó  g  —  2  p,  uno  dei  quali, 
sip,  1.  13,  è  certo,  laltro,  rotp,  1.  7.  vuoisi  considerare  come  dubbio).  —  Alle  iscrizioni  di 
(juesta  categoria  si  possono  aggiungere!  quelle  che  ci  porgono,  per  amore  di  arcaismo,  un 
antico  A  «0(3,  sebbene  la  loro  forma  non  abbia  punto  carattere  eleo:  ad  es.  la  epigrafe  CLXI, 
del  2°  secolo  d.  C.  nella  quale  parecchi  sono  gli  g  finali  ed  unico  esempio  di  rotacismo 
la  voce  mentovata;  la  troviamo  eziandio  nelle  iscrizioni  CCCXLVIII,  1  ;  CCCXLIX,  1: 
CCOL,  2  ;  OCCLI.  1  ;  delle  quali  le  prime  due  appartengono  al  2°,  le  altre  due  al  3°  sec. 
d.  e.  V.  (ma  la  iscriz.  CCCL,  27  ci  dà  àiog);  v.  anche  CCVIII,  1  (ove  la  lettera  o 
finale  è  guasta)  e  CCXII,  1  (1). 

5°  Iscrizioni  che  non  offrono  esempio  alcuno  di  p  finale  =  g  :  LVI  (4  g  finali)  ; 
LIX  (noltg)\   CXXXVIII  (EÀ>.«vrx5;   Mstog,  brevissima  come  la  precitata):  CLXXVI") 

( r,g,  1.  ti);  CLXXVII  *)  (\/.ztoig ,  caso  unico  di  j  finale)  (2);   CCXXIII   (4  ;  finali); 

GCXXIV  (12  esempii  di  g)  (3);  CCXXV)  (con  molti  g  finaU);  CCLXXXVI  ([IvOoxU? 
Msiog)  :  (JCCIV  *)  (con  parecchi  g  finali). 

Fra  gli  esempii  di  rotacismo  che  abbiamo  raccolti  non  uno  ci  mostra  questo  fenomeno 
in  principio  od  in  mezzo  di  parola  ;  esso  pertanto  non  ebbe  mai  luogo  in  eleo,  per  quanto 
possiamo  apprendere  dalle  iscrizioni,  se  non  in  ordine  al  5  finale.  Le  iscrizioni  testé  scoperte 


(1)  \iOf,  è  l'unica  parola  che  si  possa  leggere  bene  in  questa  epigrafe  ed  è,  nota  il  Dittenberger 
«  el.  genetiviorni  . . . . ,  welche  nach  ausweis  cler  buchslabnuform  auch  hier  als  affectirter  archaisiiius 
betraohtet  werdeu  muss  ». 

,2)  Se  pure  il  segno  che  tien  dietro  all'.\/Eisi:  (così  legge  il  Kirchhokk)  nella  1'^  linea  non  è  un  I 
che  deblia  essere  unito  alla  parola  precedente,  come  a  noi  pare. 

[.^)  Dobbiamo,  per  altro,  osservare  che  nell'ultima  line.i  ci  pare  di  poter  leggere  isuTaip ,  che 
sarebbe  4UÌ  usenipio  sporadico  di  rotacismo.  Il  Kirchhokf  dichiara  che  a  die  letzte  zeile  làsst  eine 
sichere  lesung  uicht  zu   "  . 


88  I'.    DIAI.KTTO    IiF.I.r/KI.IDF.    SKU.V.    ISCKIZIONI    TK.sTÈ    SCOPERTE 

non  coiifiu-mano  la  dottrina  dello  Ahreus  (1)  se  non  per  (juauto  coucerne  il  rotacismo  in 
fine  di  parola  e  dùnostrano  che  a  torto  certe  glosse  vennero  attribuite  al  dialetto  eleo  da 
M.  Schniidt  (2).  Ksempii  di  rotacismo  medio,  fra  vocali,  non  iniziale  ne  tinaie,  ci  porge 
una  iscriz.  Eretriese  (;3):  iu  mezzo  ed  in  line  di  parola  troviamo  f>  ^  a  in  glosse  laconiche, 
specialmente  nel  secondo  caso  (4).  Né  questo  fenomeno  è  ristretto  al  campo  dello  ellenismo, 
che  per  lo  contralio  hen  maggiore  è  l'estensione  e  la  regolarità  e  rimjìortanza  ch'esso  ebbe 
in  latino  e  di  altre  lingue  indo-euro])ee  potremmo  ancora  far  cenno.  Ma  clii  ben  consideri 
gli  esem|)ii  che  ciascun  idioma  ci  i)orge.  le  condizioni  e  l'età  e  la  varia  frequenza  del  muta- 
mento in  ognuno  di  essi,  non  tarderà  jìunto  a  convincer.si  che  non  conviene  trarre  da  si  fatta 
alterazione  fonetica  conclusioni  intorno  a  speciale  affinità  fra  due  o  più  dialetti  greci  né 
fra  il  greco  ed  altro  idioma  di  stipite  ario.  come  apparirà  meglio  dalle  coasidenizitmi  che 
faremo  ancora  intorno  alla  legge  ed  all'ejìoca  di  tale  trasformazione  di  suono. 

Mentre  il  cangiamento  di  un  .s' in  r  nell'indiano  antico  di|)ende  e  dalla  vocale  che  ])re- 
cede  la  sibilante  e  dal  suono  che  le  tien  dietro  (5).  esso  ci  apjiaie  in  eleo  iiidijiendente  e 
dall'una  e  dall'altra  causa:  basta,  per  giungere  a  questa  conclusione,  leggere  attentamente 
la  iscriz.  IV  (()).  Né  puossi  trovai-e  la  cagione  del  ,  ora  conseivato  ora  diventato  />  nella 
varia  origine  di  esso  :  la  metamorfosi  della  sibilante  ci  appare  tanto  in  fine  di  un  nom.  o 
di  un  gen.  singolare,  di  un  nom..  di  un  locativo,  di  un  acc.  pi.,  quanto  di  un  avverbio. 

Ci  sfugge  eziandio .  almeno  in  gran  parte .  la  cronologia  del  fenomeno.  Chi  limita  la 
comparazione  ai  due  documenti  più  noti,  ossia  alla  iscriz.  XI.  C.  ed  alla  iscriz.  IV.  può 
conchiudere  che  il  rotacismo,  già  iniziatosi  nell'età  piii  antica  a  cui  risalga  la  nostra  cono- 
scenza del  dialetto  eleo,  siasi  fatto  sempre  più  frequente  ne'  tempi  che  le  tennero  dietro  e 
verso  l'epoca  di  Alessandro,  almeno,  ogni  e  tinaie  avesse  ceduto  il  campo  allo  invadente  p. 
Ma  se,  a  colmare  la  grande  lacuna  che  separa  l'età  della  prima  da  quella  della  seconda 
epigrafe,  si  tenta  di  tran-e  da  altre  iscrizioni  iudi/.ii  intomo  allo  svolgimento  del  rotacismo. 


(1)  .<  Maxime  notubilis  est  Eleorum  et  Kretriensium  (unde  etiam  ad  Chalcìdenses  propagatus 
videtur)  mos  i  et  in  extramis  vocilius  et  in  raeJiis  ante  vocales  in  p  mutandi  »  ,  I,  226-7. 

(2)  V.  la  nota  4  a  p.7J, 

(3)  Bréal  ,  Mémoires  de  la  Socic'le  de  linguistique.  II,  232.  —  Se  crediamo  a  Platone,  che  agli 
Kretriesi  attribuisce  la  forma  «i/;pÌTY!p  {Crai.,  434,  C)  non  dovette  essere  loro  affatto  straniero  nem- 
meno il  rotacismo  finale. 

(4)  Krami'e  [Di',  dial  lacon.,  Mona.st.,  1867,  §  15;  c'insegna  che  il  mutamento  di  i  in  p  non  segu« 
in  tale  dialetto  una  legge  ben  certa,  «  quia  ncque  auctores  locupletissimi,  Alcmau,  Aristopbanes  (pi-aeter 
unum  exomplum),  tum  tituli  antiqui  quidquam  eiusmodi  reliquerunt,  et  grammatici  quoque  tacenl. 
Observatur  igitur  in  fine  vocabulorum  ,  rarius  in  modiis  iisque  scraper  sequente  consona  •> .  Spiess 
(De  Alcmanis  poiHae  dial., in  Curtius,  Slitd.,  X  ,  5  14)  :  »  ^  in  fine  vocabulorum  in  p  mutati,  quod 
recentissimae  Laconum  dialecti  peculiare  est,  nullum  vestigium  apud  Alcmanem  exstat  ».  —  Intorno 
al  rotacismo  nei  tre  dialetti  menzionati  ed  in  alcun  altro  che  ne  mostra  qualche  traccia  v.  anche 
Meyer  G.  alla  iscriz.  IV,  pp.  422-3:  Griech.  gramm.,  pp.  202.  —  Per  lo  studio  comparativo  del  feno- 
meno in  greco  od  in  latino  v.  Curtius,  Grunds''.,  pp.  453-4. 

(5)  'WiiiTNEY,  Ind.  gramm.,  Leipzig,  1879,  §§  174  e  176,  e. 

(ij)  Se  corno  eccezione  all'airermata  indipendenza  del  mutamento  eleo  da  ogni  suono  precedente  o 
seguente  possa  addursi  il  ti,-  i-j'm: ,  giusta  la  congettura  da  noi  preaccennata,  non  è  possibile  definire 
con  qualche  probabilità,  soprattvitto  per  cVì  che  non  trovasi  nella  iscriz.  IV,  la  più  notevole  peri 
fenomeni  del  rotacismo,  parola  alcuna  terminata  in  p=5,  nò,  com'è  stato  detto,  in  5,  segufta  imme- 
diatamente da  un  vocabolo  con  »  iniziale.  A  chi  poi  citasse  il  roip  Fxiitoii  ed  il  toh  ICppaoioi;,  come 
argomento  favorevole  alla  ipolesi  di  un'azione  esercitata  da  una  consonante  inizialo  sul  j  finale  della 
voce  precedente  por  la  trasformazione  di  esso  in  p ,  ricorderemmo  la  sibilante  di  fxmot;  conservata 
innanzi  al  /  di  rM  0  (|uella  di  fzppivo^  mutata  in  p  avanti  a  paicm  nella  1.  2^  della  iscriz.  CCCLXII, 
inentro  appare  inalterata  in  toi;  seguito  da  F°''!"><ì  nella  1.   I  '  del  medesimo  documento. 


MEMORIA    m    DOMENICO    PEZZI  89 

allora  il  dialettologo  si  vede  resa  più  che  difficile  la  ricerca  1  °  dalla  incertezza  in  cui  ver- 
siamo per  quanto  concerne  l'epoca  di  alcuni  documenti,  2°  dallo  stato  deplorabile  in  cui 
si  trovano  parecchi  di  essi,  3°  dal  raro  numero  di  parole  ivi  contenute  che  per  la  loro 
terminazione  giovino  alla  soluzione  del  problema. 

Dall'alterazione  fonica  di  cui  abbiamo  trattato  ben  si  distingue,  per  l'evidente  influenza 
del  suono  |S  precedente,  il  mutamento  di  a  medio  in  p  nelle  voci  Qc/.pf>sv  (Oappriw,  ccCLXii,  1), 
f'xppevop  (il). .  2)  ;  assimilazione  prediletta  al  neo-attico,  mentre  il  ionismo  e  lo  atticismo 
antico  ci  danno  ancora  p7  (1). 

Poco  abbiamo  ad  aggiungere  intorno  al  p  in  eleo.  Merita  appena  un  cenno  la  metatesi 
di  esso  in  [$y.]  pXfJ-x?  (Lvi,  4),  By.pyjJ.cfii  (prob.  gen.  pi.,  CLXXxv,  (5):  metatesi  che  già 
era  nota  per  mezzo  di  Esichio  e  della  famosa  iscriz.  di  Tegea. 

La  forma  dorica  ed  Omerica  non  (cf.  npoT'.  Omerico,  nopù  cret.)  rinviensi  anche 
in  eleo  (iv.  14.  39):  agg.   nors^z  ')  (clxxvi.  4)  (2). 

§  14.  Pareccliie  radici  s'incontrano  in  greco  con  p  in  una  serie  di  derivati,  con  X  in 
un'altra  (3).  Perciò  lo  Ahrens  (4)  considera  il  nome  Xalv.Spiop  (cxi,  1),  Xcdc/.òptov  (ib.,  2) 
come  forma  elea  del  tema  Kxpy.Bpto  - -.  cf.  Xxoc/.^pc/.  nella  Focide,  nello  Epiro,  nella  Mes- 
senia. 

§  15.  Alla  psilosi  dello  eolismo  lesbico  (5)  si  accosta  lo  eleo,  come  già  avvertiva  il 
Bockh  in  ordine  alla  iscrizione  XI.  C.  (0).  Ne'  ducumenti  recentemente  scoperti  manca  il 
segno  dell'aspirazione  alle  voci  segg.:  E).)(Zvr/.oj  (oxxxviii);  c).).«'>ooj/x>  (iv.  2);  oixorjìp 
(ih.,  11);  «/y.cW!/  (ih.,  11):  onap  (ih.,  4,  37):  v.[j.z  (ih..  5);  «  (=  r!,  ib.,  10);  y.-jTc.p  {y.ùràp, 
ib.,  17);  uTiotp/r.v  (ib.,  18):  oraa  (ib.,  21):  tapo'j  (ib..  32);  op-ovoiap  (xxii,  2-3);  a(=r,, 
ccxxiv,  7);  0(70!  (ih.,  21);  ic.pog')  (iapùg ,  ccxxv.  4):  (/.{=r„  ccclxii,  1,  6);  op  (ib.,  3); 
fXXavo^izyg  (ih.,  r>);  o  (ib..  8):  a  (  =  /', ccCLXiii.  1).  A  questi  esempii,  tratti  dalle  iscri- 
zioni testé  pubblicate  e  disposti  secondo  l'ordine  delle  medesime,  due  soli  abbiamo  a 
contrapporre  di  aspirazione  segnata:  HÌ'IÌ'N  *)  (ci-xxvii,  3)  (7)  e  HIEPON')  (ccciv,  2). 
Si  aggiunga  che  nessuna  traccia  di  aspirazione  troviamo  nel  /.  «  (x'  à)  della  iscrizione 
CCXXIV.  7,  nel  >t  £XX«vo^(X!zg  della  CCCLXII,  5,  nei  composti  XKTiTTa?  (ccxxiv,  2),  ot- 
Tajsp-olaro  (ib..  4),  snsxs  (irc-fiX£,  ib.,  13),  -ACf.xiy.p  (cccLXii,  1.  6,  cf.  entapoi,  xi.  e,  9)  e 
nel  KdTzazapot  (y.ùnózapoi,  per  crasi)  della  iscrizione  CCCLXIII,  3.  Ma  qui  non  si  hanno 


I 


(1)  Meter  G.,  p.  234. 

(2)  Curtius,  Grunds.,  n"  3SÌ . 

(3)  Meyer  G.,  pp.  152-4. 

(4)  Alla  iscriz    CXI. 

(5)  Vedi,  intorno  a  questo  importante  carattore  del  dialetto  menzionato  ,  le  testimonianze  degli 
antichi  in  Giese,  Ub.d.  dot.  dial.,  libro  2°.  È  noto  che  I'Ahrens  tentò  segnargli  certi  limiti  (I,  19-ìO): 
ma  sembra  che  si  ritorni  per  lo  più  alla  dottrina  degli  antichi  e  del  Giese  (Wald,  Additamenta  ad 
dial.  et  Lcsbiorum  et  Thessalorum  cognoscendam,  Berol.,  i87l,  p.  9,  ov'à  citata  anche  la  3*  ediz.  dei 
lirici  greci  pubblicata  dal  Bergk). 

(6)  •<  Asper  cum  nulli  voci  appositus  deprehendatur ,  nolim  omissionem  scribae  imputare,  sed 
Aeolismo  tribuo  ».  Quindi  ci  dà  à  (ì.  I),  'apfxoioi;  (11.1-2),  e/aTov  (1.2),  imipa  (1.9),  mentre  I'Ahrens 
trascrive  à ,    llpFawoi; ,  Vmzov  (I,  226,  280;  II,  548,  ove  assai  meno  si  scosta  dall'opinione  del  Bockh, 

:cui  erasi  aggiuuto  il  Franz). 

(7)  Lo  spirito  aspro  notato  in  principio  di  questa  parola  è  uno  degli  argomenti  che  indussero  il 
KiRCHHOFF  a  porro  in  dubbio,  insieme  col  Weil,  il  carattere  eleo  di  questa  epigrafe.  V,  sopra,  pp.  77-78. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  12 


90  li.    DIALETTO    DELI.'KLIDK    NEI.LK    ISrRIZlONM     IKSTÈ    SCOl'KKTE 

ad  ommettere  alcune  forme  composte  in  cui  ap])are  evidente  l'azione  dello  spirito  aspro 
sulla  muta  precedente:  xa5w5  (iv,  1 4.  27)  :  ACf/jtoY.og  (cccviii,  ti);  a.^i-Ai')  {i-^-ftV.i,  ccxxv.  2). 
Se  della  terza  di  esse  assai  dubbia  è  l'origine,  non  v'ha,  secondo  il  nostro  parere,  ragione 
di  negare  il  carattere  eleo  alle  due  prime,  appartenenti  l'una  ad  un'iscrizione  che  pel 
suo  rotacismo  ed  altri  indizii  sembra  ostentare  sì  fatto  carattere,  l'altra  ad  un  documento 
che  dalla  scrittura  appare  doversi  giudicare  assai  antico. 

Sebbene,  pertanto,  non  si  scorga  segnata  l'aspirazione  se  non  i!i  un  numei-o  poco 
rilevante  di  esempii,  né  tutti  di  origine  indubbiamente  elea  e  manchi  il  segno  di  essa  ad 
una  (juantità  assai  maggiore  di  parole  eh'  ebbero  uno  spirito  aspro  iniziale  sino  dai  pri- 
inordu  dello  ellenismo  o  l'acquistarono  in  séguito  (1).  tuttavia,  memori  dell'osservazione 
fatta  dalli)  Ahrens  (2),  reputiamo  che  almeno  qualche  resto  d'aspirazione  non  si  debba 
negare  all'eleo  e  che  questo  dialetto  non  abbia  a  reputarsi  giunto,  i)er  quanto  concerne 
tale  fenomeno,  a  quel  medesimo  grado  di  decadenza  fonetica  in  cui  ci  appare  lo  eolismo 
di  Lesbo.  Già  in  ordine  ad  altri  suoni  abbiamo  messo  in  rilievo  la  incertezza  dello  deismo, 
né  nuovi  indizii  mancheranno.  Conviene  perciò  andar  molto  .a  rilento  nel  giudicare  una 
forma  qual  è  IIVI VN  '\  (cLxxvii.  3)  come  un  argomento  per  dubitare  intomo  alla  origine 
elea  della  menzionata  iscrizione. 

§  IG.  Di  un  j  ci  appare,  secondo  ogni  probabilità,  il  dileguo  in  £5((=Jti;,  ccxxiv.  9, 
forse  anche  coxxiii.  (ì,  cf.  xi.  e,  2:  ■tv'jìc/.v.  ib.,  4,  5).  Non  vediamo  essei"vi  ragione  per 
assegnare  collo  Ahrens  (3)  all' K  di  tu,  tj-jecl-j  il  valore  di  Kl:  leggiamo  pertanto  col 
Bockh,  seguito  anche  dal  Cauer,  £«,  Tvvmv  e  notiamo  qui  la  sparizione  del  _;',  la  quale 
trova  riscontro  nei  genitivi  singolari  in  oo  restituiti  da  alcuni  filologi  in  parecchi  luoghi 
delle  epopee  Omeriche  (4)  ed  in  parecchie  altre  forme.  K  qui  si  scorge  un'altra  prova 
della  incostanza  teste  accennata:  che  accanto  aX  j  andato  perduto  in  iv.  aj'jta.'v  >ta  1'; 
nel  suffisso  modale  di  altri  ottativi  in  maggior  numero,  ni  (£!"/;,  ocxxiil,  5,  7)  (5),  nj't.'/.u 
{■jiAatr,.  giusta  lo  Ahrens,  cxi,  5):  ijjmQucfv  ecc.  (v.  §  6).  Aggiungasi,  come  esempio  di  / 


(1)  È  questa  una  lìistinzionfi  ili  molta  importanza  (V.  Cuinius,  Grundi.,  pp.  (WJ-94;  Meyer  G.  , 
pp.  215-9],  e  della  quale  vuoisi  tener  conto  m  questa  disquisizìuiie  :  perocché  il  difetto  di  segno 
indicante  aspirazione  iniziale  nelle  parole  in  cui  essa  proviene  da  un'antichissima  spirante  (come  in 
parecchio  delle  paroln  eleo  sopraccennate)  è  indizio  di  gran  lunga  più  grave  che  la  ommissioue  del 
segno  mentovato  in  principio  di  altri  vocaboli  in  cui  lo  spirilo  aspro  non  ha  ragione  etimologica  di 
esistere,  od  almeno  tale  ragiono  non  <':  ben  certa,  e  si  tiova  pertanto  solo  in  alcuno  dei  dialetti,  li 
noto  come,  in    latt  )   d'aspirazione,  i  due   estremi    della   grecitii  siano  ;  Lesbii    4.t<-.irt<oi    e   gli  .\ttici 

Ò3r7JVT(z5l. 

(2)  '  Spiritus  asper  in  foedere  nusquam  scriptus  legitur,  neque  tamen  certura  est  inde,  tileos  leni 
usos  esse  in  ■>.,    lUpxùoi;,  sxxtov,  (|uia  asperi  signum  ((uanquam  in  antiquìoribus  inscriptionibus  exarari 

Bolet,  omittitur  tamen  in  galea  Hieronis  C.  I.  nr.  Iti,  uno  ex  antiquissirais  monunientis in  art.  i 

dura  scribitur  in  nomine  'l'/pav   ■>   I,  226. 

(3)  '  \i  priniuni  probabile  viitetur,  s  in  titulo  antiquissinio  vicem  diphthongi  si  sustinere,  deinde 

in  derivatis  a  FA/!;<;  ,  /siTfii«  Eleos  antiquissimo  diaereseos  genere  il,  non  ei  habere ;  itaque  scri- 

psimus  e'x  ,  5uvetav  ,  F.\)»5i'9ti ,  Àarp/jiVi/i-vov »   (1,  280). 

(4)  Meyer  G.,  p.  2y2,  193  e  segg. 

(5)  Questo  il!  ci  rendo  assai  peritosi  nel  considerare  l' sa  ,  che  leggesi  dopo  <  nella  1.  6,  comò 
un  ottativo:  il  Kirchhokf  trascrive  e»-.  Ma,  ove  si  ponga  mente  all'ondeggiare  del  dialetto  eleo  fra 
suoni  e  forme  diverse,  non  parrà  del  tutto  improbabile  che  anche  neU'ex  abbiasi  a  scorgere  un  ottativo, 
alla  quale  opinione  sembra  indurre  non  solo  il  »'  precedente  ,  m:i  eziandio  la  difficoltà  di  proporre 
un'altra  pìCk  verisimile  interpretazione. 


MEMORIA    ni    DOMENICO    PEZZI  91 

dileguatosi.  nor,oi.7<jxt  (iv,  33),  inninr^iovxov  {ccclxii,  4);  ma  nouav  (iv,  13),  notr.oczai 
(ib.,  36);  riscontri  si  trovano  in  ogni  dialetto,  come  insegna  G.  Meyer  (pp.  144-5). 

§  17.  Nemmeno  in  ciò  che  concerne  il  F  rivelano  gU  Elei  nel  loro  idioma  una  ten- 
denza ben  determinata  e,  se  cosi  possiamo  esprimerci,  inconsciamente  logica  in  ogni  caso, 
almeno  in  un  medesimo  documento.  Quanto  intomo  a  tale  argomento  c'insegnano  le  epi- 
grafi venne  testé  raccolto  e  con  bell'ordine  esposto  dal  Tudeer  (1).  Delle  sue  ricerche  noi 
ricorderemo  qui  .solo  i  principali  risultati.  Da  esse  si  rileva  che  il  F  si  venne  nell'eleo 
affievolendo  e  dileguando  in  mezzo  di  parola  assai  jirima  che  in  principio.  Pare  che  il  F 
iniziale  sonasse  ancora  per  lo  più  nel  secolo  V  av.  e.  v.;  poi  si  conservasse  col  suo  segno 
in  alcune  parole  quando  già  erano  cadute  in  disuso  altre  lettere  antiche  :  più  tardi  venisse 
rappresentato  col  B  (2).  Alcuni  documenti,  fra  i  quali  non  mancano  iscrizioni  di  cui  la 
forma  delle  lettere  rivela  l'antichità  non  comune,  non  ce  ne  offrono  più  traccia.  Vuoisi 
infine  osservare  col  Kirchhoff  (3)  e  col  Weil  che  nel  notare  il  nome  degli  Elei  in  monete, 
medaglie,  tessere  di  bronzo  si  adoperò  il  F  iniziale  anche  in  un"età  in  cui  questa  lettera 
non  era  più  usata  in  altri  casi  (4). 

La  i)relodatii  monografia  del  Tudeer  e  l'esposizione  delle  vicende  del  suono  t'  nelle 
varie  forme  dello  ellenismo  fatta  da  G.  Meyer  (5)  ci  dispensano  da  un  minuto  paragone 
fra  la  storia  del  F  eleo  e  quella  di  si  fatta  spirante  negli  altri  dialetti  eolo-dorici  e  nel 
paleoionismo.  Richiameremo  soltanto  l'attenzione  del  lettore  sopra  due  fatti.  In  primo 
luogo  è  manifesto  che,  per  (juanto  spetta  alla  spirante  labiale  di  cui  discorriamo,  lo  eleo 
si  accosta  al  dorismo  ed  agl'idiomi  disila  Beozia,  di  Cipro  e  di  certe  iscrizioni  dell'Arcadia 
più  assai  che  allo  eolismo  di  Lesbo.  Notiamo,  secondamente,  che  la  forma  FappeDop 
(ccclxii,  2)  parve  meritamente  a  G.  Curtius  assai  importante  per  la  storia  di  questa  parola, 
cui  ora  lo  insigne  glottologo  non  paragona  più  col  rsìi/i-h/i(t-s,  ma  bensì  col  vrshan  scr., 
ponendo  come  primitiva  e  fondamentale  in  greco  la  forma  tematica  Py.pivj-  ed  ammet- 
tendo dileguo  del  F  hiiziale  in  parecclii  luoghi  d'Omero  (0). 


fi)  Da  diali,  gr.  digamma  testimonia  inscriptiunum  ,  pp.  104-10,  127  e  129.  L.i  trattazione  dol 
Tudeer  si  diviJe  uelln  parti  sogg.  :  «  I.  Digamma  servatum  ,  11.  (ì  iligammi  vicariuin  ;  HI.  Digamma 
io  titiilis  uiitiiiuae  sc-ripturae  omissum  ;  IV.  Digamma  neglectuni  iu  tilt,  rocentioris  scripttiraf,  ubi  in 
voce  FAAi:iuN  est  scu'iptuni  ;  V.  Digaiiiiiia  iir^glectum  in  tilt.  <|iii  in  nonnuUis  vocilnis  oius  loco  8 
habeut  •■  . 

V.  anche!  Eckuel,  Doctr.  numorum  veterum,  I,  90;  II,  264  o  segg.  Mionnet,  Description  de  mé- 
dailles  antiques  grecques  et  romaines ,  I,  98-100  e  Suppl.,  IV,  7-8,  174.  È  a  notarsi  che  le  iscrizioni 
FA  ,  FAAElilN  vennero  ilapprima  attribuite  erroneamente  a  Falena  od  in  genere  ai  Falisci  :  corressero 
sì  grave  errore  il  Pay.ne  e  poi  lo  Eckhkl  ,  che  anch'esso  vi  era  caduto.  —  Consulta  infine  il  breve 
scritto  del  Weil,  già  cit.  a  p.T'.VrtM  auf  elischcn  insrhriften. 

(2)  «  Neque  enim  dubito  quia  sicut  in  aliis  diali,  (laconica,  cretensi,  corcyraea \  et  hic  quoque 

ad  scripturam  solam,  non  ad  ipsum  sonuni  pertineat  haec  mutatio  >•  (p.  109},  E  già  prima  il  Ditten- 
berger  ,  discorrendo  della  voce  ^omap  (=  Fo«ta» ,  IV,  21)  ;iveva  espresso  l'opinione  che  probabilmente 
presso  gli  Elei  il  (3  già  sonava  v ,  quando  altrove  conservava  ancora  inalterato  il  valore  primitivo.  Ed 
aveva  aggiunta  l'osservazione  che  nelle  iscrizioni  scoperte  ad  Olimpia  il  v  lat.  è  sempre  notato  con  B, 
non  già  con  or  {Arch.  seit.,  XXXIV,  219). 

(3)  St.  z.  geschichte  d.  gr.  alphabels*,  p.  215. 

(4)  Ma  ,  come  avvertì  Io  stesso  Weil  ,  fa  eccezione  un  triobolo  della  collezione  berlinese  ,  ancora 
del  4»  sec.  :  non  altramente  la  iscriz.  LIX  ci  dà  A)£iwv ,  senza  digamma.  Perciò  non  è  grave  indizio 
di  origine  non  elea  la  mancanza  del  F  iniziale  in  A/eioi;*)  (CLXXVII,  I),  A>siov")  (ib.,'i7)acceQnata  dal 
Weil  fra  le  ragioni  che  lo  inducono  a  dubitare  intorno  allo  eleismo  di  questa  iscrizione. 

(5)  Pp.  204-15. 

(6)  Consulta  le  osservazioni  del  Curtius  alla  iscriz.  citata  e  Grundi.,  n.  491. 


92  li-    DIALETTO    DELI/EI,IDK    NELLE    ISCRIZJOM    TESTÉ    SCOPERTE 

§  18.  Veniamo  ora  alla  spirante  dentale,  intorno  a  cui  potrà  essere  brevissimo  il 
nostro  discorso  dopo  quanto  ne  scrisse  G.  Meyer  (1).  Che  il  n  medio  jìrimitiyo  in  eleo  sia 
andato  perduto  o  forse  siasi  ridetto  ad  una  non  segnata  aspirazione  Ì7i  nor,o'.'770(.<.  (=  noir,- 
'jy.iOy.ì ,  IV.  ::>3)  ed  in  r.'jvc'X'cii  {^7:oir,7ri-ai,  ib..  30),  mentre,  per  lo  contrario,  si  scorge 
conservato  in  >,uaJ<(7T0  (cccvi,  7-8)  ed  il  <7  medio  isterogeno  resta  inalterato,  ad  es.  in 
Traaav  (iv,  12)  ed  in  parecchie  altre  voci  della  iscrizione  citata  (fra  le  quali  noteremo  solo 
avrxTzoSi'ìoi^'ycf.,  17,  con  doppio  7.  come  0'77cx^^Ò77a,  21  (2)).  in  /.y:a7Z'y.7'.o:  (ccxxiv,  1), 
è  a  sufficienza  noto.  Basterà  qui  avverth'e  che  nella  trasformazione  di  7  medio  in  '  lo  eleo 
fu  di  gran  lunga  più  moderato  che  il  laconico,  in  cui  vediamo  essere  stato  soggetto  a  cotal 
mutamento  talvolta  anche  il  7  isterogeno.  Né  questo  fenomeno  è  indizio  di  speciale  affinità 
fra  il  laconico  e  lo  el<!0,  non  solo  perchè  sembra  essere  stato  comune  ad  essi  con  altri 
dialetti,  collo  argivo  ad  es.  e  con  quel  di  Cipio,  ma  eziandio  perchè  non  ci  appare  ne'  più 
antichi  documenti  elei  e  laconici  (ii). 

In  7:or,v.77(Xi  (iv,  B;!),  il  doppio  7  è,  giusta  il  Kirchhoff  e  G.  Meyer  (4),  provenuto  da 
gO:  il  secondo  elemento  di  questa  combinazione  fonica,  ridotto  a  spirante  interdentale,  si 
sarebbe  assimilato  al  primo.  Non  possiamo  per  altro  passare  sotto  silenzio  che  lo  eleo  ci 
dà  in  alcune  forme  verbah  7-  in  luogo  dello  7O  comune  :  lv7y.7ro  (cccvi,  7-8) .  7:z7:x7ro 
(ib.,  8),  a  cui  si  aggiunga  T!(j.5!7tov')  (cccih,  12),  le  quali  conispondono  in  ciò  alle  locresi 
yj)ri7Tr,),  èH7':a  (5).  E  siccome  in  questo  dialetto  troviamo  anche  un  ùÌ7~ai,  un  j^p-fiorat, 
con  qualche  altro  esempio,  non  è  punto  vietato  suppoiTe  un  eleo  *  Kor,a7-:c/.i,  da  cui  sarebbe 
nato  il  n^Yt(/.77y.i  della  iscriz.  IV  per  assimilazione  progressiva,  mentre  in  alcune  forme  dia- 
lettali si  ha,  com'è  noto,  tt  da  7-  per  assimilazione  regressiva.  Non  dissimuliamo  tuttavia 
che  questa  ipotesi  non  va  esente  da  gravi  tlifficoltà,  sebbene  st>mbii  meglio  dell'altra  adat- 
tarsi ai  fatti  preaccennati. 

§  19.  L'ultimo  carattere  veramente  degno  di  nota  che  ci  resti  ad  accennare  del  fonetismo 
eleo  è  lo  ^:=  ò  che  si  trova  in  un  numero  considerabile  di  esemjìii,  appartenenti  ali»?  tre  iscri- 
zioni CCXXIII,  CCCVlIle  CCOLXn.  La  1.1  ima  ci  dà:  ^'tp  (;:-fV.7i-L\.  1)  ;  o)i»-!«s5'-'  (1-  2); 
^afi£0|0  (Cy.jj.iupY'^.  1.  -^  ;  Zt  (1.  4);  ^tx'/ta  (1.  5);  ^f  (H.  ti,  7):  -po—iutcv  {-007:1!^'!'^. 
-ooo-^tòi'cov  ?,  1.  7)  ;  oui^i  (1.  7)  ;  (^c([j.(jv  (1.  8).  Nella  seconda  leggiamo  :  Zt  (11.  7-8).  Nella  terza  : 
^£  (11.  2  bis,  5,  6,  7)  :  (^iKCtr/.  (11.  2-3,  5),  Ciz^tov  ('^lAciav  ,1.  7)  ;  u£x.c<  (1.  3) .  ?-x«ava{5;t 
(1.  7):  Zi  (1.  4);  sXJ.aviCtxa;  (1.  ó):  <;'y.p.i',p-/i'/  (1.  ti):  Cìs-jiov  (1.  C):  Farce  (  FfjCv;,  1   8). 


(1)  Pp.  19S-2Ua:  alla  iscii/..  IV,  pp.   l-..M-ri. 

(2)  Che  il  ilnppio  T  ileijba  attribuirsi  a  sbaglio  di  scrittura,  conm  in  ordine  ad  avTa^o(ì•5w•:•:I  sembra 
inclinato  a  supporrò  il  Kirchhokk,  non  ci  pare  verisimile,  sebbone  la  voce  ^xhuj  ci  presentì  un  »  sem- 
plice (cf.,  por  altro,  n«»>i;,  XIV',  3-4)  :  simili  incoenmze  già  abbiamo  veduto  essere  non  rare  in  eleo, 
nò  scarso  numero  di  esempii  ce  ne  potrebbero  somministrare  altri  dialetti  greci.  Non  senza  ragione 
pare  al  Dittenberoer  {Arck.  ^eit.,  XXXIV,  50)  che  la  sibilante  di  naaav  e  di  avTomoòiòwjji ,  sorta  sul 
campo  greco,  dovesse  venir  profferita  con  particolar  forza  e  perciò  conservata. 

(3)  Krampe,  D'  dial.  lacon.,  ^  I.S.  Spiess,  De  Alcmanis  poclae  dial.A  I-I-  Mkyer  (i.,  t.  e.  Mììller 
Alfr.  ,  De  ^  litern  in  l.  gr.  inter  vocales  posila  ,  Lipsiae  ,  1880:  v.  soprattutto  pp.  80-1 ,  ove  difende 
la  primitività  dull'aoi-.  sigmatico  di  itoùu  ecc.  contro  I'Osthoff  (ivi  cit.).  Crediamo  che  il  MOller  abbia 
ragione,  ma  non  addurremmo,  come  gravo  argomento,  lo  aTt!i>iJE  o  nome  della  iscriz.  XWI  C.  I.  G.  (Curtius, 
D.  verb.,  1',  112),  perchè  non  reputiamo  provato  lo  deismo  di  cotale  epigrafe;  motivo  per  cui  non  ce 
uè  siamo  occupati  discorrendo  dell'à,  di  cui  questo  documento  porge  un  notevole  esempio. 

(4)  Pp.  234:  alla  iscriz.  IV,  pp.  625-5. 

(.'i)  Ai,i.E\,  D'diaì   I.nrrensium.  J  8.  CuRTius,  D  rerbttm  ecc..  I'.  S'9:  II'.  '  14  e  spsrg   Meyer  0  ,  pp.  234. 


MEMORIA    DI    DOMENICO    PEZZI  93 

Che  nei  frammenti  a  noi  pervenuti  delle  iscrizioni  CCXXIII  e  CCCVIII  non  si  trovi 
alcun  A  può  essere  attribuito  a  caso,  come  della  seconda  di  esse  scrisse  il  Kirchhoff.  Ma  ciò 
7ion  si  vorrà  certamente  affermare  della  epigrafe  CCCLXII,  che  consta  di  nove  Unee  e  con- 
tiene 1 5  volte  lo  Z  =  A  (  1  )  :  probal)ilmente  non  meno  costante  ci  apparirebbe  il  fenomeno 
ne"  due  altri  documenti  se  li  possedessimo  intieri  od  almeno  nelle  più  importanti  loro  parti. 
Si  noti  inoltre  che  troviamo  lo  ^  =:  ò  innanzi  a  vocali  assai  dissimili  fra  loro  :  lo  troviamo 
in  principio  ed  in  mezzo  di  parola.  Delle  due  iscrizioni  CCCVIII  e  CCCLXII  sappiamo  essere 
grande  l'anticliità:  sappiamo  oltracciò  che  la  prima  api)artiene  alle  epigrafi  con  rotacismo 
prevalente,  la  >ìeconda  è  ned  novero  di  quelle  in  cui  non  manca  il  p  =  5 ,  sebbene  per  lo 
più  quest'ultimo  resti  inalterato.  Forse  in  queste  iscrizioni  più  che  in  parecchie  altre  la 
scrittura  tentò  accostarsi  alla  pronunzia  elea  e  segnare  l'assibilamento,  che  in  questa  do- 
veva avere  avuto  luogo,  della  dentale  sonora  (2).  mentre  altri  documenti,  come  ad  e.  la 
iscriz.  IV.  non  rappresentano  gi-aficamente  se  non  il  rotacismo.  Sì  fatta  pronunzia  elea  del 
ò  appare  quasi  preparazione  alla  moderna,  come  in  parecchi  altri  dialetti  antichi  vediamo 
essersi  iniziate  certe  trasformazioni  foniche  di  cui  scorgiamo  i  risultati  nella  grecità  tarda 
e  bizantina  e  soprattutto  nel  neo-greco.  Il  mutamento  di  ^  in  ^  nel  dial.  eleo  ci  ricorda 
quello  di  0  in  7  nel  laccmico  (3),  avvenuto  anch'esso  in  sillabe  iniziali  ed  in  medie  ed 
innanzi  ad  ogni  vocale  (4). 

§  20.  Quanto  ci  resta  a  dire  intorno  ai  suoni  nel  dialetto  eleo  si  può  ridurre  a  pochi 
e  brevi  conni. 

Le  forme  otu.s  (iv.  .'>).  ay.c'M  (ib.,  11),  yjusv  (r,iJ.;v,  iv,  19-20;  cxi,  2)  col  loro  ju. 
semplice  si  accostano  alle  doriche.  Della  nasale  v  è  notevole  l'alterazione  in  stc.  (ìrra,  h 
VX,  ccxxiv,  2),  accennata  dal  Kirchhoff.  —  Gl'imperativi  senza  v  finale  luiaTto  (cccvi, 
7-8),  7T£~affTo  (ib.,  8),  che  debbono  essere  considerati  come  pluiali  (5),  hanno  ri.scontro 
in  forme  del  dialetto  di  Corcira  (6). 

Esempii  di  r  conservato  avanti  i  ci  stanno  innanzi  in  Fr/.c/-i  (cccvi,  6),  fz£r£^ovT( 
(iv,  28),  mentre  il  doi-.  -vrt  ci  appare  rappresentato  da  -i/tj  nel  dialetto  degli  Arcadi,  da 
-lai  nel  lesb.,  da  -ot  con  prolungamento  di  compenso  negli  altri.  Intorno  a  non  v.  §  9. 
11  T  in  Xv7'X(TTo  ecc.  già  venne  additato  all'attenzione  del  lettore  (§  18). 

Del  n  notevolissimo  in  OTirw  (cccvi,  4)  discon-e  G.  Schmidt  nel  recentissimo  scritto 
Zwci  arìtii-hi'  a-hiutc   iiiid  clic  palataìen  (7). 


(1)  (ìhe  anche  lo  Zi  rappiessenti  un  più  antico  At  ,  né  la  sibilante  iniziale  abbia  qui  origine  diversa 
ila  quella  che  manifestamente  ha  nelle  altre  parole  citate,  appnre  affatto  probabile  dal  Ai  che  leggesi 
non  solo  nella  iscriz.  XI.  0.,  6,  ma  eziandio  nella  LVI,  i. 

(2)  Meybr  lì.,  p.  l7iJ.  —  Intorno  al  suono  del  5  descritto  da  antichi  discorre  il  Linzi  {De 
pronunt.  linguae  yr. ,  Berol. ,  IH64,  pp.  64-7),  ma  in  guisa  che  non  possiamo  approvare.  —  Per  ciò 
che  attiensi  al  valore  dello  ;  consulta  <Vscou,  St.  nritici,  II,  3°  saggio  gr. 

(3)  Meyer  G.,  p.  191. 

(4)  I  prodotti  di'Ua  evolu/.ione  iti  suoni  ò  e  0  non  si  conservano  nel  greco  odierno  sempre  ben 
distinti  fra  loro,  onde  accade  di  trovare  5  in  qualch''  caso  in  cui  dovremmo  avere  un  6  ed  anche, 
sebbene  più  raranien(e  ,  6  p.  ò,  secondo  i  varii  dialetti.  V.  Foy  .  LaxUsyslam  d.  gr.  vulgàrsprache , 
Leip^it;.  1S79,  pp,  Ki  e  30. 

(5,  V.  Kirchhoff  nel  commento  alla  iscriz.  cit. 

(0)  Curtius,  D.  verbum,  li',  53. 

(71  Zeitschr.  f.  vergi,  sprachf.,  XXV,  t30. 


94  IL    DIALETTO    OELL'ELIDE    NELLE    ISCRIZIONI    TESTÉ    SCOPERTE 


FORME   E  LORO   FUNZIONI. 

§21.  Non  è  intendimento  nostro  uè  conforme  allo  scopo  di  questo  lavoro  far  oggetto 
di  accurata  investigazione  il  senso  di  parecchi  vocaboli  di  assai  difficile  interpretazione  che 
s'incontrano  nello  iscrizioni  testé  scoperte  (1).  Pertanto,  dopo  qualche  osservazione  tema- 
tologica,  procederemo  allo  esame  di  alcune  forme  della  flessione. 

Merita  un  cenno  l'art,  noni.  pi.  -oi  (iv,  27  :  crci.xn,  3:  cccLxm.  4-5.  cf.  xi.  e,  fi, 
secondo  l'Ahrens,  i,  2H1  :  ii.  .')40).  dal  tema  ro-,  forma  del  paleo-dorismo,  del  beotismo 
e  del  ionismo  Omerico. 

È  degno  di  menzione  anche  il  derivato  Ss-^y.  in  7v>6v^y  (('ccvi,  1).  Il  Kirchhoff  si 
accorse  tosto  che  non  si  poteva,  per  più  ragioni,  leggere  (jyvictvat.  Perciò  si  fece  a  propoire 
dapprima  la  correzione  TJvQr.y.Cf  o  TrjQ(:/.(/.[i].  più  tardi  [Arehàolog.  zi-it.,  xxxviii,  69) 
(r!)y5r,^a  o  <vj''/rl\j.rx.  'rx^OFiiJ.v.  [t].  Non  sarebbe  più  naturale  ammettere  un  <jvi>Or,v(/.  formato 
come  eipr,yr„  che  G.  Curtius  interpreta  etimologicamente  '  verabredung '  (driinth.,  n.  493)  ? 

Del  derivato  'ipy.(S''jZ,  già  noto  per  la  iscriz.  XI.  C.  nuovi  esenipii  verniero  raccolti  nelle 
epigrafi  che  da  poco  tempo  possediamo  .'v.  §  "). 

La  iscriz.  IV,  8  ci  dà  in  ir.'xvixu'Aap  una  forma  verbale  che  (ì.  Curtius,  seguito  dal 
Cauer  e  da  G.  Meyer,  giudicò  frequentativa  e  paragonò  coWHarr  latino  (2):  più  tardi 
sembra  vi  scorgesse  un  intensivo  (H).  Noi  non  lìossiamo  astenerci  dal  compararla  al  tema 
nominale  i-xv-  (noni.  sing.  i--r,-q)  :  la  differenza  che  pur  v'ha  nel  significato  si  è  svolta 
probabilmente  dopo  la  formazione  del  denominativo  tTc/.cù,  di  cui  ora  abbiamo  nella  citata 
voce  elea  una  prova  sicura  ad  aggiungere  al  noto  ìrr-io'j. 


(1)  Basterà  accennare  le  seguenti  parole  rinviando  il  lettore  ai  commenti  con  cui  tentarono  illu- 
stiarle  i  filologi  che  fecero  di  pubblica  ragione  i  nuovi  documenti  nell'Arc/iaoio^.  seitwng  e  I'Ahrbns 
por  la  iscriz.  CXI  :  1.  «iraixoi  (CCflLXII ,  8,  o  ;tiTzo() ,  di  cui  il  Kircbhofk  non  crede  poter  proporre 
alcuna  dicliiarazione  che  non  sia  mal  cprta;  2.  ev-/apouvT£?  (XXXV'III,  2,  iscrizione  con  forme  attiche), 
voce  che  il  Dittenberger  considera  come  indubbiamente  propria  del  dialetto  locale  e  pertanto  con- 
servata, cora'espressione  consecrata  dall'uso  antico,  anche  in  un  tempo  in  cui  lo  eleo  era  già  caduto  in 
disuso,  a  significare  probabilmente  «  dimorante  nel  paese  >■;  3.  epip^v,  o,  forse  meglio,  F-P"  (Fw''''»  CXI,  6') 
che  il  KiRCHHOHK  non  osa  interpretare,  il  Tudeer  (op.  cit.,  p.  105)  crede  derivato  dalla  stessa  radico 
onde  procede  fpiTpx  e  lo  Ahrens  intende  per  guisa  che  la  locuzione  F^pIpJ*!"  ™T[T]èv  àix  significhe- 
rebbe «  landfliichfig  werden,  um  fortan  nur  den  schutz  des  Zeus  «  (detto  anche  ^ù^oi  come  protettore 
dei  f\jyiòi;) ,  »  nicht  den  des  nienschlichen  rechtes  zu  geniessen  ";  4.  ctkvmi  (RCCLXII,  5),  e-svirsTo 
(  STtsvnéTw ,  ib.,  S-6|,  fi'.moi  (//yjvTtoi ,  ib.,  6),  chs  al  KiRCHHOPF  HOH  Sembrano  potersi  spiegare  in  modo 
che  appaghi  e  che  G.  Cubtiii»  trarrebbe  da  un  ì^— ;v-:tiw  o  da  un  év-  ;i-ìm  (tiìw  •  ,5*i:tw),  che  rappresen- 
terebbero i  concetti  di  «  beachten,  bcaufsichtigcn  "  e  di  «  noch  dazu  beaufsichtigen  •  ;  egli  pertanto 
leggerebbe  ènsv™,  Jii-:v;r/,Tw  (con  contraz.  dor.  di  a-:  in  «),  èvTt-ji  (staccato  dal  /xa  o  j"»i  precedente'  ;  5.  i;ast«oi 
(CCCLXIl,  7-8),  d'ignoto  valore  (Kirchhoff);  6.  xaTiapau«(e  (CCCLXII  ,  <>) ,  che  il  Kirchhoff  scom- 
porrebbe in  y.xriafj'  (cf.  el.  tniafoi,  XI.  C,  9  e  foc.  TioOùpov)  ed  ajcòii,  seu/ta  per  altro  giungere  ad  una 
interpretazit)ne  che  soddisfaccia,  mentre  G.  Curtius  vi  scorgerebbe  una  tniesi  e  congiungerobbe  il  xor 
con  m'jiti  Jxaraùiai  si  accosterebbe  nel  significato  a  xaOsleiv);  7.  /iiìrpam  (CCCLXII,  6-7),  illustrato  dal 
Kirchhoff  colla  glossa  Esich.  /iairpUr  «i  tu»  àpxó'Toiv  eùSuvw;  8.  «vtuj  (CCXXIII,  8),  di  cui  il  prolodato 
filologo  non  ardisce  affermare  rapporto  alcuno  con  5»!u,  5»u.  —  Il  ieo<  ()éw)  della  iscriz.  CCXXIV,  3  (cf. 
Ksich.  ii'ji/j.1  [o  /!(!l,ui?]'  Ot'iot/j.1  Stv)  non  conferma  l'opinione  espressa  dallo  Ahrens  intorno  alla  forma 
/tia  del  verbo  sì  notevole  ne'  dialetti  dorici  (li,  317-8).  —  La  parola  Smu  (IV,  3)  come  nome  di  mese 
trova  riscontro  anche  in  iscrizioni  beotiche  (Kibchhoff). 

(2)  Curtius,  D.  vei-bum,  I',  3.'?6;   II",  405.  Cauer,  Ddeclv^  ecc.,    pag.  136.  Metcr   G.   alla  iscri- 
zione IV,  pag.  421. 

(3)  Nelle  note  alla  iscru.  CCCLXII. 


MEAfORIA     DI    DOMENICO    PEZZI  95 

Infine  non  ommetteremo  di  additare  al  lettore  i  composti  ^'s>).o-iooìy^Q  (iv,  37), 
F(7o;Tp&|£yov  (cxi,  3)  con  ft7o5<xjj.topyoii  (ib. ,  4)  (1)  e  ;xs-c/.s/;cp'jo  (cccL,  3  :  cf.  CLXi,  2  ; 
LST,  2:  cccxLix,  2;  ccxl,  2)  (2).  —  Già  il  documento  XI.  C,  9  ci  aveva  dato  il  notevole 
composto  ETziapot. 

§  22.  Assai  poco  abbiamo  a  dire  intorno  alle  forme  verbali.  Della  insolita  coniuga- 
zione in  -ut,  cui  appartiene  il  noto  y.aocù.eij.sv':^  (xi.  e,  G-7)  (3),  abbiamo  probabilmente 
un  altro  esempio  in  7u}.c(u  {(TvXc.tr,,  cxi,  6).  Così  legge  lo  Ahrens.  congiungendn  a  7i/}.y.c  Ve 
seguente  che  altri  pone  come  iniziale  in  sFspcv.  La  considerazione  che  distolse  il  Kirchhoff 
dallo  ammettere  ^vl^rr,  come  ottativo,  non  essere  -ir-,  ma  bensì  -ti-  il  suffisso  di  questo 
modo  in  eleo,  non  ha  veramente  grande  valoi'e  per  chi  si  ricorda  dello  zi-  (si'r,)  che  ab- 
biamo trovato  nella  iscriz.  CCXXIII,  5,  7  e  della  incostanza  che  in  questo  ed  altri  casi  è 
stata  notata  come  uno  dei  caratteri  dello  deismo  (4).  Ma,  come  già  l'iscriz.  XI.  C.  ci  porgeva 
le  forme  comuni  ocpyot  (1.  3),  a-o-tyoiyy  (1.  (5)  con  /.«^aleoizo  (1.  8),  così  le  epigrafi  teste 
scoperte  ci  danno  un  numero  assai  notevole  di  ottativi  formati  giusta  la  così  detta  coniu- 
gazione in  -fio:  anorivot  (lvi,  4;  ccxxiv,  12  :  cccLxii,  4),  eyoi  (cccLXii,  3),  ooy.sot  (cxi,  7); 
■/.artapavasu  (cccLXii,  2)  (5);  7:x[p]^c(ivotc/.y  (ccclxiii.  6).  ctnoFslEotxv  (ib.,  4):  mval- 
/votro  (ccxxiv.  7)  con  altri  che  per  brevità  ommettiamo. 

Degl'infiniti  attivi  in  -fv  (-rv)  già  si  è  fatta  menzione  al  §  6.  Il  suffisso  -[Xcv.  ado- 
jìcrato  in  parecclii  dialetti  dorici,  nel  tessalico,  nel  beotico,  nel  linguaggio  di  Omero,  ci 
appare  in  r,ix£v  (iv,  19-20;  cxi,  2,  s^sv),  Ò0jU£>  (cxi,  28)  ed  in  «;rc;cr7a).a/x£v  (  =  «7ro- 
<7zc0r,vc/.t,  IV,  35)  (6). 

Il  iurs.-/ovxi  della  iscriz.  IV,  28  ha  non  pochi  riscontri  nelle  forme  doriche  della  3"  pi. 
att.  (§  20). 

§  23.  Porremo  tonnine  a  queste  considerazioni  morfologiche  con  poclii  cenni  intorno 
alla  flessione  nominale  e  pronominale.  Le  forme  che  ci  sembrano  degne  di  nota,  oltre  a 
(juelle  di  cui  già  abbiamo  avuto  occasione  di  far  menzione  nelle  considerazioni  fonologi- 
che, sono  : 

1"  I   nominativi  plurali  -luovip  (iv,  8).  yy.przO  (ib.,  17),  usati  come  accusativi: 
nletovsp  si  legge,  adoperato  come  nom.  pi.,  nella  medesima  iscriz.  (1.  15).  Non  mancano 


(1)  «  Mit  diesfin  worteu  kann nur  eine  person  bezeichnet  gedacht  werden,  welche  rang  und 

werth  eines  Proxenos  oiler  Detniurgen  bnsitzt  »  :   vuoisi,  ciò»,  probabilmente  significare  «  die  aul'nahme 

unter  diejenige  classe  der  gemeindeglieder ,  welche  zu  Proxenen  und  Demiurgeu  wàhibar  waren  o 

KiBCHHOKK  nelle  noto  alla  iscriz.  CXI.  ' 

(2)  Con  i|uesto  composto,  di  carattere  eleo,  in  iscrizioni  con  forme  attiche,  si  volle  probabilmente 
denotare ,  come  Osserva  il  Ditte.\ke(ioer,  giusta  l'analogia  di  altri  composti  colla  medesima  preposi- 
zione, il  quadriennio  compreso  fra  due  èxc^^ipiai. 

(3)  Sia  esso  attivo  giusta  il  parere  dello  Ahrens  (I,  "281  ;  II,  549)  che  traduce  «  qui  foedus  violant  », 
o  passivo  secondo  il  Ruttm.\n.\  ed  il  Bòckh,  cui  piace  interpretare  "  violato  »;  la  ipotesi  che  sia  un 
perfetto  senza  raddoppiamento  ci  sembra  la  meno  probabile. 

(1)  «  Die  von  ihm  anerkanute  optativforra  iiui2,  als  contrahirt  aus  rjiiot,  ist  meines  wissens  "anz 
ohne  analogie  »  Ahrens  alla  iscriz.  CXI. 

(r<)  Intorno  all'ottativo,  detto  eolico,  in  -eia  v.  Curtius,  D.  verbum,  1',  268-9. 

v6    .\Ieyer  G.  ,  p.  4iì.  —  La  iscriz.  GCCIV,  3,  ha vai*)  (crvai  od  i/x/px-^f,tfui ,  Kibcuhoff).  — 

Iritoi'ni>  al  ».x6iotoi  i^txOtMòi)  della  iscriz.  CCCVIII,  6  ed  a  qualche  altra  forma  di  simile  struttura 
V.  Meter  G.,  p.  423;  notevole  è  soprattutto  il  dor-.  avi-^xx. 


96  IL    DIALETTO    DELL'ELIDE    NELLE    ISCRIZIONI    TESTE    SCOPERTE 

riscontri  in  forme  contratte  dello  atticismo:  più  notevole  ancora  è  il  delf.  òiy.y.ri-op-g 
(uva;)  (1).  E  giacché  si  discorre  di  accus.  plur..  ricliiameremo  l'attenzione  degli  studiosi 
Rull'el.  au.£  (iv,  5)  ;  cf.  dor.  aa£.  lesb.  ed  omer.  a/a.ui. 

2"  Il  locativo  sing.  auroi  (iv,  21,  28),  adoperato  come  un  vero  dativo.  None 
punto  inverosimile  che  siano  locativi,  non  dativi,  Tot  (Lvi.  2,  4:  ccxxiii,  4;  CCCLXII.  4  : 
cf.  XI.  e,  3,  6  bis,  10);  ^ouot  (lvi,  2);  àatj.fji  (cxi.  7.  Kirchhoff)  :  'J.-jvmot  (cccLXii.  4-'): 
cf.  XI.  e,  0:  aggiungansi  £nto:po( .  ib..  9:  r/ov-iJ-EVot.  ib..  10). 

Traccie  di  simil  caso  si  trovano,  com'è  noto,  in  quasi  tutti  i  dialetti  greci,  ma  fra 
essi  notiamo  in  particolar  guisa  quello  degli  Arcadi,  in  cui  il  locativo  rinviensi  anche  con- 
giunto colla  preposizione  tv  (2). 

3°  Il  locativo  plurale  metaplastico  y.y^votp  (iv.  2(J),  che.  giusta  il  Kirchhoff.  è  pro- 
babilmente effetto  d'influenza  etolica.  Quanti  esempli  di  sì  fatta  formazione  si  possano  rac- 
cogliere dai  dialetti  della  Grecia  settentrionale  e  del  Peloponneso  è  inutile  qui  ricordare, 
dopo  le  ricerche  fatte  recentemente  intomo  a  questo  argomento  (3). 

4"  I  locativi  plurali  rog  (ccCLXiii.  1).  Ms-x-.io;  (ih..  2):  probabilmente  anche  il  ro 
finale  e  l'Avatro  della  1"  linea  debbonsi  leggere  to?,  Avztro;.    Il  Kirchhoff  pensa  che. 
per  orrore  di  scrittura,  sia  stato  ommesso  un  !  nelle  due  prime  forme  avanti  a  ;  :  nella 
sua  trascrizione  leggiamo  pertanto  To[{]g  ,  '\hr«7r;5[£]j  e  per  conseguenza,  nei  due  altri 
casi,7o[!;],    Av5;!7o[!c].     Stanno  in  favore  di  questa   restituzione  i  locativi  plurali  in 
-lite:  ed  in-oio  che  ci  si  fanno  innanzi  non  di  rado  in  altri  documenti  elei  di  varie  età, 
fra  i  quali  basti  citare  la  iscriz.  XI.   C.  e  quella  di  Democratc.  Si  .aggiunga  che.  nella 
epigi-afe  CXI,  1.  il  locativo   \c/lc/.opioi>.  senza  t  anch'esso,  è  preceduto  immediatamente 
da  zoirj,  onde  certamente  trae  valore  la  con-ezione  Kirchhofliana  Xcr').'/.$pio[i]p.  E  (jui 
vuoisi  osservare  che,  nei  due  primi  esempii  accennati,  toc  e  MzTV-uo:.   non  v'  ha   alcun 
vuoto  fra  lo  ed  il  g  e  che  per  quanto  concerne  i  due  altri,  to  ed  Avaro,  v'  ha  dopo  l'o 
spazio  ]>iuttosto  per  una  lettera  che  per  due.  Non  sarebbe  assurdo  suppon-e,  in  un  dia- 
letto che  ci  offre  non  pochi  ne  lievi  caratteri  di  anticliità  ed  in  più  guise  si  scosta  dalle 
altre  forme  dello  ellenismo  e  manifesta  la  individualità  propria,  l'esistenza  di  locativi  plu- 
rali in  *-o-7!.  corrispondenti  a  quelli  in  -7-~i.   -r,--i  (dei  quali  buon  numero  ci  appare 
ancora  nelle  iscrizioni  paleo-attiche  (4)  ed  in  fonne  che  furono  dette  avverbiali)  e  poscia, 
con  dileguo  dcU't  finale,  terminati  in  -o-j,  come,  almeno  giusta  l'opinione  generalmente 
professata,  da  -0£7i  si  ebbe  -oj;   (5).  Dobbiamo  tuttavia  schiettamente  confessare  che 
gravi  obbiezioni  si  possono  fare  a  cotale  ipotesi  e  fra  esse  la  confusione  del  nominativo 
singolare  col  locativo  plurale. 

§  24.  Le  più  importanti  osservazioni,  cui  può  dai-  luogo  l'uso  dei  casi  e  delle  pre- 
posizioni e  quello  dei  modi  nelle  iscrizioni  elee  teste  scoperte  già  vennero  fatte  dai  filologi 
che  le  diedero  alla  luce.  Noi  ci  proponiamo  di  esporne  qui,  con  brevità  ed  ordine,  i  risultati 


(1)  Meter  G.,  pp.  300-2. 

(2)  Meyer  C...  pp.  295-7. 

(3)  Veiline  i  risultiiti  uell'op.  cit.  di  G.  Meter,  pp.  311-1*2,  ove  sono  indicati  i  Livori  speciali, 
(i)  .Meyer  G.,  p.  311. 

("ly  Altri  ora  considerano   la  forma  in  -os-  dei  temi  in  -o-  come  strumentale  e  la  separano  per- 
tanto dalla  forma  in  -oui ,  nella  quale  scorgono  un  locativo  (Metbr  G.,  pp.  309-10). 


MEMORIA    HI    DOMENICO    PEZZI  97 

più  degni  di  nota,  affinchì^  non  manchi  uno  dei  tratti  più  rilevanti  alla  immagine  che  noi 
stiamo  delineando  del  dialetto  eleo. 

È  noto  che  lo  ai'ticolo.  come  suol  dirsi,  ci  appare  qua  e  là  con  valore  di  pronome  rela- 
tivo ne' canti  Omerici,  in  Erodoto,  nella  poesia  tragica  e  che  quest'uso  non  è  punto  stra- 
niero allo  schietto  dorismo  (1).  Ai  non  pochi  esempii  già  raccolti  aggiungiamo  il  se- 
guente: fampaj  ttc/Jì-^jv  ruv  syjt  swciat/  non  t^zv  rxd/.iv  (iv.  13-4). 

Per  quanto  attiensi  alle  funzioni  dei  casi  citiamo,  in  primo  luogo,  il  seguente  esempio  di 
accusativo  che  chiamano  di  relazione:  cTrzCj.y.vcùu.s'^ofi  rov  rs  tìuv  O).v/7.7:iflov  a'/uvc/.  /.'jx  oCù.oio 
vLui  Tilitoncp  {IV,  6-8).  L'uso  di  questo  caso  nella  locuzione  Tur.omtv/Mp  Tiv.p  xu.s  (iv,  5) 
già  fu  notato  dal  Kirchlioff,  il  quale  citò,  a  proposito  di  esso,  il  T:o).t7Svovr(/.  ny.o  vìirolg 
che  si  legge  nelle  Eììenichf  (i,  5.  ">). 

La  preposizione  iv  collo  accusativo  trovasi  ne' documenti  del  dorismo  settentrionale, 
dei  dialetti  dell'Arcadia  e  di  Cipro  (tv),  della  Beozia,  della  Tessaglia  (2)  ;  nou  desta  per- 
tanto meraviglia  il  vederne  esempii  anche  in  epigrafi  elee  :  £V  tx'j  iSiav  zav  Té  tw  nocpoo 
(IV,  8-9);  £v  To  la-po^j  (ib.,  32);  z\i.  ì,\Ckc-.o\>  (ih.,  38). 

§  25.  Già  nel  suo  commento  alla  iscrizione  XI.  C.  il  Bockh  aveva  os.servato  l'uso  fre- 
quente del  modo  ottativo  col  /.a.  in  senso  imperativo  (3).  Nuovi  esempii  di  sì  fatta  costru- 
zione s'incontrano  nella  iscriz.  CCXXIV  (7iivaX).uoJT5  ^s  x.  «  no>xq,  1.  7.  ;  y.  anotivoi.  1.  12) 
e  nella  CCCLXII  (za  aTrortvof,  1.  3-4;  im-jnoi  x,  1.  5  ;  xaùscTxoi  =)t  anun/.oi  o  xa  r.  ?, 
1.  8),  la  quale  ci  offre  eziandio,  accanto  agli  ottativi,  due  imperativi  (EnsvùEro.  11.  ^-(i  : 

aTtUTtVETO,    1.     ()). 

Lo  stesso  ufficio  viene  nella  iscriz.  IV  affidato  a  due  forme  verbali  di  modo  congiun- 
tivo: «i/aTcSat  (1.  32)  ;  r.oiriC/.-ut  (1.  36).  Accanto  ad  esse  ci  appare,  adoperato  anch'esso 
imperativamente,  un  infinito  (/roriau^aj,  1.  33).  Forse,  com'è  inclinato  a  credere  il 
Kirchhoff,  quest'uso  del  congiuntivo  con  significato  imperativo  in  proposizioni  positive  si 
svolse  dall'uso  dell'aoristo  di  tal  modo  nel  medesimo  senso  in  proposizioni  negative. 


(1)  Ahrens,  II,  27r).(;:  0 genuinae  Doridi  licuiase  articulo  prò  relativo  uti,  e  titulis  et  scri- 

ptoribus  satis  appare!  ». 

(2)  Ahiiens,  11,  359-60.  Schrader,  Quaesti,  qcc,  §  4.  Meyer  G.,  p.  34.  Pare  che  in  colali  dialetti 
non  fosse  ancora  nota  la  differenza  fra  èv  ed  hi.  onde  ss,  e<>.  Per  altro  nella  iscriz.  CCCIII,  di  cui 
è  dubbio  lo  eleisrao,  lo  ej*)  della  1.  2*  sembra  al  Kirchhoff  stare  in  luogo  di  un  vi. 

Lo   ocTTO   nella   1.   31    della  iscriz.   IV  (t9   Ss.  ^pstfi'J/j.u  to -/v/ovop  x-^zq  rap  ^wAap  ypaysv  ey^^o/xw/xa  «variOat  ecc.) 

sembra  al  (irolodato  filologo  «  cine  dialektische  eigenthiimlichkeit  zu  sein,  der  gegeniiber  der  gebrauch 
von  i/nò  z.  2  ira  gewohnlichen  siune  auffallend  erscheinen  mùsste  »  (alla  iscriz.  IV). 

Che  la  locuzione  zi  //eò:;;/ot  òr/.'.ot  della  iscriz.  CXI ,  7  debba  venire  interpretata  «ì  /»!Tà  Sdfioi  òozéoi 
ben  pochi  saranno  disposti  a  credere  col  Kirchhoff  (alla  iscriz,  cit.}  dopo  le  osservazioni  critiche  dello 
.\HnKNS,  il  quale,  nelle  sue  note  alla  epigrafe  preaccennata,  dimostra  poco  verisimile  la  supposta  apo- 
cope di  ii'.tì  e  meno  ancora  la  costruzione  del  verbo  Soxioi  con  /ìstì  Sxiioi  invece  del  semplice  caso  e 
difende  la  più  naturale  dichiarazione  ,  aì  /*>)  Sifiot  Sonici),  connettendola  col  senso  delle  parole  precedenti. 

(3)  «  Enel,  x' toties  cura  optativo  in  hoc  titulo  redit,  ut  dubitari  non  possit,  optativum  addito 

«a  s.  àv  usurpatuni  esse  prò  imperativo  sive  huius  vim  tenente  infinitivo  " . 


Serie  II.  Tom.  XXXIV.  13 


9g  IL    DIALETTO    DELL'ELIDE    NELLE    ISCRIZIONI    TESTE    SCOPEKTE 

III. 

Considerazioni  generali. 

§  26.  Dallo  studio  dei  singoU  fatti ,  che  nel  dialetto  degli  Elei  ci  parvero  degni  di 
attenzione  si  nell'ordine  dei  suoni ,  sì  in  quello  delle  forme  e  del  loro  valore ,  assorgiamo 
ora  ad  alcuni  concetti  sintetici,  i  quali  valgano  a  rappresentare  i  risultati  più  notevoli  delle 
precedenti  investigazioni  nei  loro  rapporti  colla  storia  generale  dello  ellenismo. 

1°  Già  discorrendo  del  suono  vocale  a,  abbiamo  avvertito  come  l'esistenza  di  esso 
in  parecchie  voci  elee ,  mentre  le  forme  corrispondenti  in  ogni  altro  dialetto  greco  ed  in 
altre  lingue  arie  d' Europa  ci  presentano  un  r .  sia  una  gi-ave  obbiezione  contro  la  dottrina 
dell  "antichità  panellenica  e  pre-ellenica  che  parecchi  glottologi ,  fra  cui  giova  soprattutto 
ricordare  il  Fick  ,  attribuiscono  allo  svolgimento  di  sì  fatta  vocale,  valendosene  come  di 
giave  argomento  nel  sostenere  la  ipotesi  della  così  detta  unità  glottica  europea. 

2°  Il  fatto  preaccennato ,  mentre  conferma  sempre  più  la  divisione  dello  ellenismo 
primitivo  in  colo-dorismo  e  ionismo  (1),  non  giova  punto  alla  suddivisione  dell' eolo- 
dorismo  in  eolismo  e  dorismo,  non  essendo,  almeno  in  parecchie  forme,  l'z  eleo  comune  ad 
esso  ne  col  primo  ne  col  secondo. 

3"  Lo  eleo,  dialetto  di  carattere  indubbiamente  eolo-dorico,  né  si  scosta  per  guisa 
dal  dorismo  che  si  possa  dire  schiettamente  eolico  (2) ,  ne  dall'eolismo  tanto  si  allontana 
che  sia  lecito  annoverarlo  fra  le  forme  varie  del  dorismo. 

4°  A  chi  consideri  come  lo  eleo,  oltre  a  parecchi  ed  importanti  caratteri  comuni  ad 
esso  coi  dialetti  eolo-dorici  in  genere,  ne  possegga  alcuni  che  appartengono  soltanto  ad 
esso  e  al  dorismo  od  almeno  a  qualche  dialetto  dorico  (3);  come  talvolta  ci  ricordi  lo 
eolismo  lesbico  (4) ,  mentre  nella  varia  maniera  di  prolungamento  di  comi)enso  sembra 
ondeggiare  fra  la  forma  scliiettamente  eolica  e  la  dorica  ;  a  chi,  ripetiamo,  abbia  presenti 
alla  mente  tutti  questi  fatti  e  la  fedele  conservazione  del  suono  n  in  parecchi  vocaboli, 
parrà  per  avventura  di  scorgere  nello  eleo  un  dialetto  la  cui  fisionomia  per  molti  tratti 
si  accosti  a  quella  del  preistorico  idioma  da  cui  sembra  procedessero,  quasi  linee  diver- 
genti da  centro  comune,  le  faville  dei  Dori  e  degli  Eoli. 


(1)  ScHRADER,  Quaesti,  ecc.,  J  1  ecc.  Meyf.R  ti.,  p.  XII  e  sogg. 

(2)  Intorno  alle  varie  opinioni  sui  limiti  del  campo  eolicoTprofessate  da  antichi  e  da  moderni 
dialettologi  v.  i  preliminari  allo  scritto  dello  Hinricus,  De  Homer.  elociUionis  vestigiis  aeolicìs,  Jenae, 
1875.  .Mentre  la  dottrina  Straboniana ,  giusta  cui  i  dialetti  degli  Elei  e  degli  Arcadi  si  dovrebbero 
annettere  anch'essi  alla  famiglia  eolica,  aveva  ancora,  dopo  la  confutazione  dello  Ahrens,  che  ridusse 
il  vero  eolismo  alle  favello  di  Lesbo  o  dell'Asia  minoro  attigua,  della  Beozia  e  della  Tessaglia,  trovato 
un  difensore  in  G.  Curtius,  il  quale,  nelle  Bemerkungen  z.  gr.  dialeìUologie  (Gutt.  nachrichten,  1862, 
pp.  483-98),  vi  aggiunse  anche  il  dialetto  di  Cipro,  senza  occuparsi  guari  dello  eleo,  lo  Hinrich.s  volle 
ristretti  i  confini  dello  eolismo  allo  idioma  di  Lesbo  e  dell'Asia  minore  preaccennata.  V.  anche  Schrader, 
Quaesti,  ecc.,  §  5. 

(3)  Ad  es.  il  T  conservato  innanzi  ad  i  (v.  ^  20)  ed  il  rotacismo. 

(4)  V.  g.  collo  influito  attivo  (v.  p.  84)  e  colla  psilosi,  di  cui  tuttavia  abbiamo  veduto  non  essere 
del  tutto  certa  la  estensione  in  eleo  e  che,  del  resto,  appare  in  qualche  modo  anche  fuori  dei  due 
dialetti  accennati  ne  ha  valore  se  non  d'indizio  negativo. 


MEMORIA    DI    DOMENICO    PEZZI.  99 

5°  Non  converrebbe ,  per  altro ,  affermare  essere  del  tutto  pari ,  per  numero  e  per 
importanza,  i  caratteri  di  affinità  fra  lo  eleo  ed  il  dorismo,  fra  lo  eleo  e  lo  eolismo  lesbico. 
Perocché  v'  hanno  indizii  e  fonologici  e  morfologici ,  che  non  abbiamo  ommesso  di  notare, 
i  quali  c'inducono  a  considerare  lo  eleo  come  più  vicino  al  dorismo  ed  alle  favelle  degli 
Arcadi  e  dei  Beoti  che  non  all'eolismo  asiatico  e  confermata  pertanto  dai  più  recenti  studi 
la  dottrina  dello  Ahrens  (1). 

G°  Di  una  certa  incostanza  nella  produzione  di  alcuni  mutamenti  fonici  già  abbiamo 
nelle  pagine  precedenti  additato  al  lettore  più  esempii ,  né ,  del  resto,  è  carattere  esclusi- 
vamente proprio  del  dialetto  di  cui  discorriamo.  Più  giova  a  mettere  in  rilievo  la  indivi- 
dualità di  esso  l'uso  di  certe  preposizioni  e  dei  modi  congiuntivo  ed  ottativo  in  guisa  non 
conforme  alle  leggi  che  lo  governano  negli  altri  dialetti. 

7°  Non  reputiamo  possibile  investigare  con  buon  successo  se  in  alcuni  fra  i  divarii 
che  appariscono,  in  certi  caratteri  fonetici,  fra  e]5Ìgrafe  ed  epigrafe  si  abbia  o  non  si  abbia 
a  ravvisare  effetti  di  varietà  locali  delio  eleismo.  E  sebbene  certe  differenze  abbiano  mani- 
festamente la  loro  ragione  nella  varia  età  dei  documenti ,  tuttavia  s'i  perché  troppo  poclii 
ne  possediamo ,  s'i  pel  deplorabile  stato  in  cui  alcuni  fra  essi  ci  giunsero ,  s'i  infine  perchè 
forme  che  sembrano  appartenere  a  gradi  diversi  di  svolgimento  si  trovano  non  di  rado  in- 
sieme in  una  medesima  iscrizione ,  è  assai  più  facile  discernere  nelle  fonne  acceimate  le 
paleo-elee  dalle  neo-elee  che  ordinare  cronologicamente  le  epigi-afi.  adoperando  un  criterio 
esclusivamente  glottologico.  In  quanti  periodi  si  debba  dividei-e  la  vita  dello  deismo,  (luali 
siano  i  caratteri  ed  i  limiti  loro  noi  invano  chiederemmo  ai  documenti  superstiti ,  invano 
alle  poche ,  sconnesse ,  incerte  nozioni  che  dobbiamo  agli  antichi.  Indiali  notevoli  di  neo- 
eleismo  ci  appariscono  nel  dileguo  del  F  e  nel  frequente  rotacismo. 

8°  Ancora  in  epigrafi  appartenenti  ad  una  età  in  cui  lo  eleismo  aveva  già  ceduto  il 
campo  allo  invadente  dialetto  che  dissero  comune  si  scorgono  qua  e  là,  giova  ripeterlo  (2), 
traccie  dello  antico  idioma  della  contrada  :  forme  arcaiche,  frammenti  venerati  del  passato, 
con  cui  piacque  ai  memori  nepoti  degli  antichi  Elei  accrescere  solennità  a  pubblici  docu- 
menti e  di  cui  essi  pensavano  forse  ciò  che  dei  grandi  ed  antichi  roveri  pensò  Quintiliano  : 
«  non  tantaiu  habent  speciem  quantam  religionem  »  (3). 


(1)  «  Pi'opius aecedit  ad  doricam  et  laconicam  maxime  dialectum,  ita  tamea  ut  optimo  iure 

peculiaris  dialectus,  non  doricae  varietas  quaedara  habeatur  »  I,  231. 

(2)  V.  !,  2,  p.  78. 

(;i)  Inst.  orat.,  X,  88. 


Già  avevamo  compiuta  l'ultima  coiToziono  delle  bozzo  di  questo  lavoro  quando  ci  giunse,  por 
cortesia  dell'illustre  Autore  cui  ci  professiamo  assai  grati,  la  Memoria  del  Prof.  D.  Comparetti  inti- 
tolata Iscrhioni  greche  di  Olimpia  e  di  Ilhaka  (Roma,  1881)  e  pubblicata  dalla  U.  Accademia  dei 
Lincei.  Siamo  dolenti  di  non  potercene  piìi  valere  per  questa  nostra  dissertazione  e  ci  proponiamo  di 
trarne  profitto  per  l'appendice  che  probabilmente  terrà  dietro  assai  presto  alla  presente  Memoria. 


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101 


GLI   STATUTI 

dku,'anno  1379 
DI    AMEDEO    VI    CONTE    DI    SAVOIA 

MEMORIA 

DEL 

Prof.  CESARE   NANI 


Letta  neltadunama  del  23  Gennaio  i88i 


Di  Amedeo  VI  Conte  di  Savoia  sono  celebrate  le  ardite  imprese  di 
guerra,  onde  crebbe  la  gloria  della  sua  Casa  e  ne  furono  ampliati  i  do- 
minii;  ma  quasi  si  ignorano  i  provvedimenti  legislativi  che  egli  emanò 
ne' suoi  Stati  e  che  meriterebbero  nondimeno  di  essere  meglio  conosciuti, 
perocché  essi  segnano  ima  fase  importante  nello  svolgimento  dell'antico 
diritto  pubblico  e  privato  sabaudo-pieinontese.  Le  leggi  più  ampie  e  più 
saviamente  ordinate  del  Duca  Amedeo  Vili  ebbero  per  effetto  di  far 
cadere  quasi  del  tutto  in  dimenticanza  quelle  dei  Principi  anteriori,  le 
quali  per  la  maggior  parte  non  vennero  mai  pubblicate  ed  appena  si  tro- 
A^ano  qua  o  la  accennate  da  (jualche  storico,  benché  sia  importante  il 
conoscerle,  dacché  è  in  esse  che  si  debbono  ricercare  i  germi  dello  istitu- 
zioni che,  essendosi  in  progresso  di  tempo  meglio  sviluppate,  si  presentano 
in  quelle  sotto  una  forma  più  determinata  e  precisa.  Ciò  si  parrà,  speriamo, 
dall'esame  che  stiamo  per  intraprendere  degli  Statuti  di  Amedeo  VI, 
limitandoci  per  ora  a  quelli  dell'anno  LS79  che  contengono  ordinamenti 
civili  (  1  ) ,  circa  ai  quali  verremo  raggruppando  quelle  notizie  che  ci 
riuscì  di  raccogliere  intorno  ad  altri  più  antichi  (2),  col  desiderio,  meglio 

(1)  Esistono  oltre  a  questi  altri  Statuti  di  Aujeileo  VI  del  7  febbraio  Kiól.  Il  Capre  {Traile  histo- 
rique  de  la  Chambre  des  comptes  de  Savoye.  Lyou,  1652,  p.  19,  27)  uè  conosceva  la  data  riferita  in  antichi 
inventarli,  ma  lamentava  di  non  aver  potuto  trovarne  il  testo.  Anche  Cibrario,  Finanze  della  Mon.  di 
Savoia  (nelle  Operette  varie.  Torino,  1800),  p.  199,  li  accenna  riferendosi  alla  notizia  del  Cafre.  Essi 
però  non  andarono  perduti,  dacché  ne  esiste  una  copia  in  un  vecchio  volume  menzionato  dal  chiaris- 
simo Bollati  ne'  suoi  Cenni  preliminari  alla  tradu/.ione  della  Storia  delle  origini  del  diritto  germanico 
di  Stobbe,  p.  XXV,  intitolato:  Statuta  Camere  computorum  et  Decreta  Ducum  Sabaudie  ab  anno  1351- 
1535,  che  si  trova  nell'Archivio  Camerale  di  Torino. 

(2)  Questi  sono,  per  enumerarli  qui  in  ordine  cronologico:  1°  gli  Statuti  del  19  ottobre  1318  di 
Amedeo  V  e  Filippo  d'Acaia  ;  2"  gli  Statuti  del  13  maggio  1325  di  Edoardo;  3°  gli  Statuti  del  29  no- 
vembre 1329  di  Aimone  ;  4°  le  Ordinaliones  Parlamenti  Ambroniaci  del  1336  pure  di  Aimone.  Sono 
di  Amedeo  VI;  5°  le  Lettere  del  27  luglio  13.55  riguardanti  il  Consiglio  nobiscum  residens  e  6°  le  fran- 
chigie accordate  a  parecchi  Comuni  nel  Piemonte,  fra  cui  importanti  quelle  concesse  al  Comune  d 
Porosa  il  12  aprile  1360. 


102  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

che  colla  certezza,  che  esse  possano  riuscire  complete,  poiché  il  genere  e 
la  novità  stessa  di  queste  indagini  basterebbero  di  per  sé  sole  a  creare 
difficoltà  non  lievemente  superabili  anche  ai  cultori  più  sperimentati  di 
questo  ordine  di  studi. 


Gli  Statuti  di  Pietro  II  coi  quali  era  data  norma  ai  giudizii,  stabilite  le  pene  per 
certi  reati,  regolata  l' arte  notarile  e  qualche  punto  concernente  il  diritto  civile,  costitui- 
scono la  più  antica  fonte  legislativa  che  si  conosca  del  diritto  sabaudo.  Li  superano  questi 
di  Amedeo  VI,  se  non  d'importanza,  certo  per  la  copia  delle  disposizioni  (1).  Sono  essi 
scritti  in  latino,  e  preceduti  da  un  breve  proemio  in  cui  il  Principe  dichiara  per  quali 
motivi  egli  si  .sia  indotto  a  pubblicarli.  Lo  mosse  il  desiderio  di  provvedere  alla  utilità  dei 
suoi  sudditi,  di  moderare  le  spese  e  le  molestie  delle  liti,  di  venire  in  soccorso  alle  persone 
povere  e  miserabili  nelle  loro  cause ,  di  limitare  gli  onorarii  dei  notai  e  dei  chierici  della 
Curia,  infine  di  ovviare  agli  abusi  dei  giudici,  castellani  e  mistrali.  Che  queste  leggi  siano 
state  deliberate  in  una  assemblea  di  Stati  non  risulta,  mentre  la  cosa  può  parere  probabile 
quanto  a  quelli  di  Pietro  II  ;  invece  è  detto  nel  preambolo  che  essi  sono  il  frutto  di  una 
deliberazione  ^rr  litngum  tempus  hahita  cum  suis  haromhus,  miìitihus,  proceribus  et 
peritìs,  che  è  quanto  dire  col  suo  Consiglio  (2). 

Le  sue  disposizioni  sono  contenute  in  settantasette  capi,  che  non  portano  rubrica  di 
sorta.  Conviene  però  avvertire  che  l'ultimo  comprende  ancora  due  statuizioni  che  non  hanno 
veruna  attinenza  con  quanto  forma  oggetto  della  prima  parte  di  detto  capo.  Dichiarano  le 
medesime  che  lo  Statuto  non  dovrà  avere  effetto  retroattivo  e  che  non  potranno  molestarsi 
gli  eredi  per  le  pene  incorse  da  consiglieri,  giudici  e  castellani  se  non  si  è  proceduto  contro 
costoro  finché  erano  in  vita. 

Del  resto,  le  disposizioni  si  seguono  quasi  senza  ordine,  ne  si  vede  che  siano  state 
dettate  secondo  un  disegno  prestabilito.  Sono  concepite  in  una  forma  piuttosto  rozza  ;  ma 
alcuni  errori  ed  omissioni  che  ne  rendono  qua  e  là  ambiguo  od  oscuro  il  significato  sono  da 
attribuire,  senza  dubbio,  all'amanuense  (3). 


(l)Sono  ricordati  da  Ricotti,  Storia  della  Monarchia  Piemontese  (Firenze,  1869),  l,p.88,edilCiRnARio 
oltre  al  menzionarli  nelle  Origini  e  progressi  delle  istiluiioni  delta  Monarchia  di  Savoia  (Firenze  1869;, 
2*  parte,  p.  144,  dà  un  breve  sunto  di  parecchie  delle  loro  disposizioni  nel  primo  de'  suoi  Discorsi  sulle 
Finanze  ecc.  (p.30  segg.).  Anche  più  breve  è  quello  che  ne  fa  lo  Sclopis  nella  sua  Storia  dell'antica 
legislazione  del  Piemonte,  Torino,  1833,  p.  l'44-2J6.  Sono  questi  Statuti,  per  quanto  è  a  nostra  notizia, 
tuttora  inediti.  So  ne  conserva  una  copia  autentica  nel  nostro  Archivio  Camerale  estratti,  come  in 
essa  è  detto,  da  altra  simile  in  carattere  antico  per  R.  servizio,  e  porta  la  data  del  12  dicembre  1771. 
Di  questa  copia ,  non  scevra  di  gravi  mende,  mi  sono  servito  per  questo  lavoro  e  sulla  medesima  è 
condotta  la  edizione  degli  Statuti  che  si  troverà  nelle  Appendici  alla  presente  Memoria. 

(2)  La  composizione  del  Consiglio  residente  di  militi,  proceri  e  giurisperiti  nell'anno  1376  risulta 
dai  Protocolli  dei  notai  comitali  n.  102,  f.  81.  Di  questi  Protocolli  di  cui  già  alcuni  storici  insigni  delia 
Monarchia  Piemontese,  corno  il  Cibrakio  ed  il  Ricotti,  si  valsero,  vuol  essere  segnalata  la  grande 
importanza  anche  sotto  il  punto  di  vista  storico-giuridico. 

(3)  Qualche  disposizione  ò  ripetuta  due  volto.  Cosi  la  istituzione  dell'ondano  del  Consiglio  pre- 
scritta dal  elle  riafTermata  al  e.  21 .  Né  manca  qualche  contraddizione,  come  sarà  avvertito  a  suo  luogo. 


PEB    CESARE    NANI  103 

Lo  Statuto  manca  di  chiusa,  e  tanto  nel  preambolo  che  in  fine  manca  ogni  cenno  del 
luogo  e  dell'epoca  della  sua  promulgazione.  Nella  copia  autentica  dell'Archivio  Camerale 
gli  è  assegnata  la  data  dell'anno  1379  come  risultante  dal  conto  della  Gran  Cancelleria 
di  Savoia,  dove  è  annotata  la  mercede  che  si  pagò  al  copiatore  di  esso  (1). 

Finalmente  è  da  ritenere  che  il  medesimo,  come  avente  carattere  di  Statuto  generale, 
dovesse,  almeno  nell'intenzione  del  Principe  che  lo  promulgava,  essere  osservato  in  tutti 
i  suoi  Stati,  «jualunque  fossero  le  leggi  e  le  consuetudini  in  vigore  nelle  varie  sue  parti  ed 
il  vincolo  che  riunisse  queste  alla  Monarchia  (2). 


II. 

Gli  argomenti  di  cui  si  occupa  in  particolar  modo  il  nostro  Statuto  possono  così  enu- 
merarsi : 

1°  Della  costituzione  dell'autorità  giudiziaria; 
2"  Dei  giudizii  cos'i  civili  che  criminali  ; 
3°  Delle  relazioni  fra  la  giuiisdizione  laica  e  la  ecclesiastica  ; 
4°  Di  provvedimenti  relativi  alla  custodia  dei  detenuti  ; 
5°  Dell'arte  notarile; 

6°  Degli  emolumenti  da  percepirsi  da  varii  pubblici  uffiziali. 
Facendo  capo  dal  primo,  diremo  alcunché  intorno  all'ordinamento  giudiziario  che  in 
quell'epoca  era  in  vigore  in  Savoia,  poiché  degli  ordini  si)eciali  che  vigevano  nel  Ducato 
di  Aosta  non  è  (lui  il  luogo  di  parlare. 

Suprema  autorità  giudiziaria  era  il  Consiglio  del  Principe  ;  in  ogni  baliato  risiedeva 
di  regola  un  giudice ,  e  vi  esercitavano  qualclie  giurisdizione  castellani  e  mistrali  ;  vi  era 
inoltre  un  Giudice  generale  delle  appellazioni  (.'?)  ;  e  tribunale  straordinario  non  avente 
sede  fissa ,  presieduto  dal  Conte  di  Savoia  oppure  da  un  suo  delegato .  era  da  ultimo  il 
Parlamento  Generale,  quello  che  negli  Statuti  di  Amedeo  Vili  prese  il  nome  di  Suprema 
Generale  Udienza  (4). 

Di  questo  Parlamento  nel  nostro  Statuto  non  è  fatta  parola .  onde  è  a  credere  che 
in  quel  turno  di  tempo  fosse  alquanto  scaduto  d'importanza,  per  il  che  Amedeo  Vili  si 


(1)  In  verità  nel  conto  di  Guglielmo  Cìenevesio  (Itivent.  parz.  Savoia,  q.  41,  conto  n.  20,  f.  3  verso,  nel- 
l'Arch.  Camerale)  dall'anno  1378-1381'  alla  pergamena  03,  in  fine,  trovasi  la  seguente  annotazione:  n  Li- 
bravit...  mense  aprilis  anno  D.  mccclxxx  prò  copiando  nova  statata  domini  ad  habendum  ea  in  Curia 
Cousilii  domini  cum  domino  residentis  tam  prò  negotiis  domini  quam  gencium  habencium  ibidem 
agero.  Et  que  tradidit  Francisco  Garnot  de  Brugeto  qui  dieta  statuta  copiavit  liunc  temporis  ad  opus 
dicti  consilii.  Et  allocantur  ut  supra  in  prima  librata  comput.  prosentib.  VI  den.  gross .».  (juindi  la  data 
del  1379  non  può  essere  ritenuta  che  come  approssimativa. 

(2)  Lo  ScLOPis  (op.  1.  cit.)  assevera  die  queste  leggi  sieno  state  fatte  specialmente  per  la  Savoia. 
E  veramente  potrebbe  farlo  supporre  qualche  espressione,  come  quella  che  si  legge  nel  preambolo,  dove 

ìì  detto,  che  lo  Statuto  ha  per  iscopo  di  provvedere  aXVutile  et  laudabile  regimen lotiv^  Sabaudie 

comitatus  ;  ma  farebbero  fede  per  contro  della  generalità  dello  Statuto  le   disposizioni  dei  ce.  53  e  60 
che  esplicitamente  si  riferiscono  alle  terre  cifra  montes,  ubi  iure  comuni  utimur. 

(31  Ne  ò  fatta  menzione  al  e.  15  del  nostro  Statuto.  Se  no  trova  pur  cenno  nel  Prot.  60  (serie 
cameiule),  f.  20,  a.  1338.  Un  giudice  generale  del  Piemonte  è  pure  nominato  nel  Prot.  5,  f.  55,  a.  1301. 
Nel  prot.  60,  1.  cit.  è  menzionato  un  procuratore  generale  delle  appellazioni  di  Savoia. 

(4)  CiBRARio,  Finanze,  p.  37.  Capre,  op.cit,  p.  12.  Ricotti,  op.cit.,  p.98. 


104  STATl'TI    DI    AMEDEO    VI 

sarebbe  proposto  più  tardi  ili  ritornarlo  in  onore.  Ma  che  prima  di  Amedeo  VI  il  Parla- 
mento fosse  più  volte  convocato  e  decidesse  in  affari  giudiziarii  di  gran  rilievo ,  consta  da 
più  documenti  riferiti  dal  Cibrario.  ed  è  anche  attestato  dalle  OrdiìKdionrs  Parìnvicnti 
Amhronincì  del  133(J,  nelle  quali  in  occasione  di  un  Parlamento  che  doveva  tenersi  ad 
Ambronay  furono  date  regole  che  certo  dovevano  essere  osservate  nei  casi  consimili  (1). 

Invece  intomo  al  Consiglio  del  Principe  lo  Statuto  contiene  parecchie  importanti 
disposizioni.  L'origine  di  questo  Consiglio,  come  opportunamente  ha  avvertito  il  Uicotti  (2). 
è  schiettamente  fendale.  Dopo  essere  stato  per  molto  tempo  ambulatorio,  fu  diviso  in  due 
corpi,  indipendenti  l'uno  dall'altro,  per  modo  che  mentre  i  consiglieri  appartenenti  all'uno 
di  essi  continuarono ,  come  pel  passato .  a  seguire  il  Principe  dovunque  egli  andasse  (3), 
all'altro  per  contro  fa  assegnata  sede  stabile  in  Ciamberì.  Ma  non  è  ben  certo  quando  e 
per  opera  di  chi  questa  innovazione  sia  stata  introdotta.  Perocché  mentre  Caj)ré  credette 
che  essa  sia  dovuta  ad  Aimone  per  effetto  di  una  ordinanza  del  29  novembre  1329  (4), 
il  Cibrario  invece  ha  cercato  di  dimostrare  che  l' istituzione  del  Consiglio  residente  deve 
essere  anteriore  a  questa  epoca,  dacché  già  nel  1327  e  nel  1328  si  avrebbe  notizia  della 
sua  esistenza.  Tuttavia  di  fronte  alle  prove  che  egli  adduce  può  parere  alquanto  arrischiata 
la  sua  affermazione  che  essa  debba  attribuirsi  al  conte  Edoardo  (5). 

Ad  ogni  modo  è  certo  che  un  ordinamento  completo  ebbe  il  Consiglio  del  Principe 
per  opera  di  Amedeo  VI,  prima  con  Lettere  patenti  del  27  luglio  1355  ((j),  poi  cogli  Statuti 
che  stiamo  esaminando.  In  quelle  il  Principe  dichiara  che  essendogli  impossibile  occuparsi 
personalmente  della  moltitudine  delle  cause  che  sono  portate  alla  sua  udienza,  ha  deliberata 


(1)  Le  Ordinationes  Parlamenti  Ambroniaci  8ono  accennate  da  Capre,  op.  cit.,  p.  110  ed  espo.ste 
da  Cibrario,  Storia  della  Monarchia  di  Savoia  (Torino,  1841),  III,  p.  K  clic  le  ha  ricavate  da  un  registit) 
imperfetto  dell'  Archivio  Camerale.  Inesattamente  il  Dal  Pozzo  ha  creduto  essere  stato  questo  Parla- 
mento una  riunione  di  Stati  Generali  ^Essai  sur  les  anciennes  Assemblées  nationales  de  la  Savoie,  etc. 
Paris,  1829,  p.  51).  Lo  stesso  Caprk  (1.  cit.1  afferma  che  l'anno  1345  sotto  la  tutela  di  Amedeo  VI 
venne  deliberato  che  detto  Parlamento  dovesse  convocarsi  una  volta  all'anno  e  che  secondo  l'antica 
consuetudine  vi  sedessero  come  giudici  i  Prelati ,  i  Signori  della  Corte  ed  i  più  insigni  Dottori  di 
diritto  ;  ma  non  dà  veruna  indicazione  più  precisa  intorno  a  siffatto  provvedimento  ,  la  cui  esistenza 
è  contestata  da  Cibrario,  Fin.,  p.29. 

(2)  Op.  cit.,  I,  p.95.  Un  posto  consimile  teneva  nelle  antiche  istituzioni  normanne  la  curia  prtn- 
cipis  modellata  sulla  curia  regis  nella  Francia  occidentale.  Brunner,  Die  Entstehung  der  Schwurge- 
richte  (Berlin,  1871),  p.  147.  Fischel,  La  Constitution  d'Angleterre,  trad.par  Vogel  (Paris,  1846),  I,  p.364. 

(3)  Questo  Consiglio  ambulatorio  è  menzionato  ad  es.  nel  Prot.  61,  f.  52,  a.  135i 

(4)  Op.  cit.,  p.  8.  Egli  si  fonda  essenzialmente  su  ciò  che  nei  registri  della  Camera  dei  Conti  si 
leggo  questa  indicazione:  «  Rotiilus  pergamene  continens  ordinationes  factas  per  dominum  Aymonem 
Comitem  Sabaudie  de  Consilio  suo  Camberiaci  residenti,  sub  data  anni  mcccxxix,  die  penult.  mensis 
novembris,  sigillo  comitis  impendenti  signatus.  ■■  Queste  ordinanze  furono  pubblicato  per  la  prima  volta 
da  BuRNiKR,  Htstoire  du  Senat  de  Savoie  (Chambéry,  1861)  1,  587,  il  quale  le  adduce  in  conferma  del- 
l'opinione di  Capre.  Tuttavia  non  ripugna  il  credere  che  colla  medesima  si  sia  inteso  di  dare  norme 
più  certe  ad  una  istituzione  già.  prima  esistente.  Si  troveranno  riferite  in  Appendice,  riprodotte  con 
più  corretta  lezione. 

(5)  Infatti  egli  si  limita  {Finame,  p.  24,  n.  2)  a  riferire  due  brani  di  un  conto  dai  quali  risulta 
che  negli  anni  I3.'7,  1328,  1329  furono  pagati  gli  onorarli  ai  membri  del  Consiglio  residente  a  Ciamberì. 

(6)  Si  trovano  nell'Archivio  Camerale  di  Torino,  Inv.  Savoia,  n  1,  f.  4.  Di  qui  probabilmente  le 
ricavò  il  Capre  che  primo  le  pubblicava  (op.cit.  p.  9).  Però  in  una  copia  della  medesima  gentilmente 
favoritami  dal  chiarissimo  Bollati,  ho  riscontrato  parecchie  discrepanze  dal  testo  edito  dal  Capre,  quan- 
tunque non  di  grande  importanza.  Le  medesime  furono  ristampato  da  Duboin,  Editti  ecc.  Ili,  226.  Ns 
espone  il  contenuto  lo  Sclopis,  op.  cit.,  p.  243,  e  le  accennano  Ricotti,  op.  cit.,  p.97  e  Burnier,  op  cit., 
I,  35. 


PEK    CESARE    NANI  105 

(li  affidare  questa  cura  al  suo  Consiglio  (composto,  come  risulta  dalle  nomine  che  seguono, 
(li  prelati,  nobili ,  professori .  dottori  di  leggi  e  giurisperiti) ,  clie  munisce  per  tale  scopo 
dei  più  ampli  poteri.  Quindi  esso  può  conoscere  di  ogni  specie  di  cause,  anche  quando  con- 
venuto fosse  lo  stesso  Conte  di  Savoia ,  e  può  deciderle  e  terminarle  in  modo  definitivo, 
procedendo  a  tutti  gli  atti  giudiziarii  a  ciò  opportuni.  Né  è  necessario  che  tutti  i  Consi- 
glieri assistano  al  giudizio .  ma  basta  la  presenza  di  tre  od  anche  solo  di  due .  e  si  lascia 
ancora  in  loro  facoltà  di  giudicare  in  qualunque  luogo,  purché  sia  dentro  ai  confini  dello 
Stato  di  Savoia  (1). 

Nel  nostro  Statuto,  menti-e,  in  ordine  al  Consiglio  di  Ciamberi  (2),  alcune  di  queste 
disposizioni  trovano  conferma,  altre  appaiono  modificate.  Venne  mantenuta  la  universalità 
della  competenza  al  Consiglio,  per  modo  che  la  sua  giuiisdizione  dovesse  estendersi  sopra 
ogni  specie  di  cause,  ed  alla  medesima  andasse  soggetta  ogni  qualità,  di  pei-sone.  dovunque 
avessero  la  loro  residenza.  Però  non  solamente  fu  conservata  la  facoltà  a  chiunque  di 
ricori-ere  al  Consiglio .  invocandone  la  decisione  nella  propria  lite  :  ma  fu  ancora  ricono- 
sciuto es])ressan)onte  a  questo  il  diritto  di  ricliiamare,  j)urchè  non  vi  ostasse  un  ])rivilegio 
«lei  Principe,  qualunque  causa  al  proprio  giudizio  :  s))pcialmente  quando  o  la  gravità  della 
medesima ,  o  la  potenza  del  convenuto  o  la  povertà  dell'  attore  consigliassero  di  sottrarla 
al  giudice  ordinario,  per  commetterne  la  risoluzione  a  più  alto  tribunale.  Che  anzi .  ciò 
occorrendo,  è  stabilito  che  invano  le  parti  chiedano  di  essere  rimesse  davanti  al  giudice 
in'dinario.  e  rimanga  ferma  la  competenza  del  Consiglio  (.S). 

Il  concetto  onde  muove  (juesto  disposto  non  era  nuovo  nella  legislazione  sabauda,  e 
neppure  senza  precedenti  nel  diritto  barbarico.  Perocché  già  Pietro  II  nel  suo  Statuto 
aveva  prescritto  che  il  giudice  dovesse  d'ufficio  intervenire  nelle  cause  in  cui  un  povero 
f()ss(»  in  pericolo  di  soccombere  di  fronte  ad  un  potente  avvei"sario,  ed  anche  in  tempo 
ahiuanto  \nii  antico  la  giurisdizione  regia  accoglieva  sotto  la  sua  tutela  le  ragioni  dei  mi- 
serabili in  lotta  colle  jìretese  dei  forti  (4).  Né  è  da  credere  che  esso  fosse  peculiare  alle 
leggi  di  Savoia,  poiché  anche  nelle  Costituzioni  siculo  è  al  Gran  Giustiziere  ed  alla  Magna 
C/ir/d.  supremo  tribunale  del  Regno,  che  é  attribuita  la  giurisdizione  nelle  cause  dei 


(1)  «...ipsis  (consiliariis"  tenore  presenciura  committimus  oranes  et  singulas  causas  taiii  civile» 
[iiam  criminalos  ac  etiani  feudale»,  tam  inotas  quain  movendas  cuiuscumque  generis  censeantur,  tam 
pi'O  nobis,  quam  contra  nos,  audiendas,  coguoscendas  et  fina  debilo  terminaudas,  ac  processus  et  actus 
qiioscumque  iudiciales  exerccndos  ,  ipsos  ties  vel  duos  ex  ipsis  in  nostrum  Consilium  et  prò  nostra 
Curia  sint  supra  eligentes.  Et  quia  frequenter  contigit  quamplures  de  nostro  Consilio  in  aliis  nostris 
iirduis  negociis  occupari,  volumus  et  raandamus  ne  propter  huiusmodi  occupationes  dictarum  causarum 
lìt  processuum  cognitio  et  decisio  retardentur  ;  quod  per  tres  aut  duos  ex  ipsis  nostris  consiliariis  causae 
huiusmodi  audiantur  et  fine  debito  terminentur  sicut  et  quomadmoduni  omues  de  Consilio,  presente» 
nxistentes  ad  praodiota  in  locis  quibus  eis  videbitur  ,  infra  tamen  terram  nostrani  nostri  Sabaudie 
l'oraitatus  (prenominati,  aut  duos  vel  tres  ex  ipsis,  iure  nobiscum  resideant  sive  non  ad  predicta  ubi- 
l'umque  sint,  infra  tamen  terram  nostrani  et  nostri  Sabaudie  comitatus)  similem  habeant  potestatem 
sicut  si  nobiscum  residerent  et  prò  nostro  nobiscum  residenti  Consilio  ubi  libet  Labeantur  {Dalla  copia 
Bollati). 

;2)  Avverte  Cibrario,  Fin.,  p.  26,  che  un  Consiglio  stabile  venne  pure  istituito  da  Amedeo  VI  al 
di  qua  dei  monti,  avente  sede  talora  a  Rivoli,  talora  a  Torino  ,  avendone  trovato  cenno  nei  conti  di 
alcuni  castellani  negli  anni  1374  e  successivi. 

(3)  C.  14. 

(4)  V.  Gli  Statuti  di  Pietro  II  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino,  serie  II  , 
voi.  xxxni),  n.  51. 

Seeik   II.  Tom.  XXXIV.  14 


ioti  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

poveri,  allorché  alcuno  di  questi  voglia  farvi  ricorso,  giurando  solennemente  che  la  potenza 
del  suo  avversario  lo  atterrisce  (1). 

Sotto  altro  rispetto  è  notevole  quella  disposizione,  poiché  in  essa  trapela  il  proposito 
che  si  manifesta  (come  veilremo)  anche  sotto  altra  forma,  di  estendere  quai  *o  più  é  pos- 
sibile la  competenza  dei  magistrati  direttamente  dipendenti  dal  Priiici]ic  restringendo 
quella  dei  giudici  che  da  altri  che  da  lui  riconoscono  il  loro  potere.  Il  coiicentramento 
deirautorità  giudiziaria  nelle  sue  mani  fu,  come  tutti  sanno,  uno  dei  mezzi  più  validi 
onde  si  valse  la  Monarchia  per  abbattere  le  resistenze  dei  Baroni  e  dei  Comuni. 

tiuanto  al  modo  con  cui  deve  essere  composto  il  Consiglio  stabile,  rpiando  giudica 
delle  cause ,  è  provvisto  in  più  capi  dello  Statuto. 

Possono  bensì  prendervi  i)arte  i  prelati  della  Contea  di  Savoia,  il  cancelliere  gene- 
rale e  gli  altri  membri  del  Consiglio  (2) .  ma  di  regola  entrano  a  costituirlo  il  cancellien' 
che  ne  conserva  il  sigillo,  due  collaterali  ed  un  avvocato  e  procuratore  del  Fisco  {'A).  Ai 
tre  primi  spetta  la  cognizione  delle  cause  che  debbono  essere  decise,  e  quando  pure  uno 
solo  dei  medesimi  fosse  presente,  a  lui  competono  le  medesime  facoltà  che  avrebbero  tutti 
insieme  (4).  Quando  tra  i  presenti  siavi  disparere,  l'opinione  della  maggioranza  ha  la  ]m-- 
valenza  (5). 

Sono  addetti  al  Consiglio  un  usciere  (hostiaiius)  (li),  un  chiavaio  (clavarius)  il  quale 
deve  provvedere  alla  esazione  di  tutte  le  multe  e  condanne  pecuniarie  pronunciata^  dal 
Consiglio  od  incoi"se  per  violazione  di  qualche  disposto  dello  Statuto,  e  col  prodotto  delle 
medesime  pagare  le  spese  occorrenti  al  Consiglio,  nonché  lo  stipendio  del  cancelliere  e 
dei  consiglieri,  rendendo  conto  in  debita  forma  della  entrata  e  della  uscita  (7):  e  per 
ultimo  due  o  tre  o  più  servienti  per  mettere  ad  esecuzione  gli  ordini  del  Consiglio  (8). 


in. 

Subordinati  a  questo  sono  i  giudici  locali ,  stabiliti  nei  ballati.  lx)ro  obbligo  é  di 
teneie  le  assisie  almeno  quattro  volte  all'anno,  in  primavera, estate,  autunno  ed  inverno (9). 

Dei  giudici  locali  delle  appellazioni  o  maji  è  fatta  parola  nel  nostro  Statuto  una  sola 
volta  e  senza  indicazioni  più  precise  (10). 


(I)  Nov.  Const.  lib.  I,  tit.  xxxviii  (in  Hum.lard  Bréholi.gs,  ffist.  Dipi  Frid.  II,  VI,  p  15(i'  ..  st.ituimu^ 
ut  magister  iustitiarius  (magnae)  curiae  nostrae  . . .  .  miserabiliuni  personaruin  qiiaruni  est  privilegiiini 
forum  eligere,  corporali  prestito  sacramento,  quoti  aiiversariorum  suorum  forte  potentiam  perhorrescuut, 
causas  audiat  et  iuslitiu  mediante  deciilat  »  . 

;2)  C.9. 

(3)  C.  2,  '^,  A,  T),  6,  9,  66.  Uue  volte  uello  Statuto  è  fatto  cenno  anche  di  un  procuratore  fiscale 
addetto  ad  ogni  giudicatura,  e.  25,  35. 

(4)  Esempio  di  una  sentenza  (in  materia  penale)  del  Cons.  residente,  Prot.  62,  f  IS  (a.  1350);  di 
una  interlocutoria,  Prot.  64  (a.  1 3.^1)  f.  4.  Altro  esempio,  Prot.  76,  f.24  (a.  1402). 

(5)  C.  2. 

(6)  C  11,  21. 

(7)  C  21. 

(8)  C.  20. 

(9)  C.  22. 

(10)  C.  48.  V.  intorno  ai  medesimi  Cibkario,  Pinanie,  p.  15,  26.  Ricotti,  op.  cit,  1,  94;  Capkk  . 
op.  cìt.,  pag.7,  130. 


I 


PER    CESAFE    NANI  ]07 

Ma  esso  non  limita  lo  sue  disposizioni  ai  magistrati  investiti  di  giurisdizione  imme- 
diatamente dal  Principe ,  bensì  le  estende  in  parte  anche  a  quelli  che  nelle  terre  feudali 
per  delegazione  del  signore  esercitano  il  loro  ufficio.  Qui  è  necessario  ricordare  come  il 
dominio  dei  Conti  di  Savoia  comprendesse  in  quei  tempi  una  quantità  di  terre  e  feudi  no- 
bili (1)  tenuti  da  baroni  e  banderesi .  dai  quali  dipendevano  ancora  i  nobili  ed  i  vassalli. 
I  baroni  dovevano  avere  tremila  lii'e  di  rendita,  ricevei'e  omaggio  da  venticinque  gentiluo- 
mini, ad  uno  dei  quali  almeno  spettasse  la  giuristlizione  omnimoda.  Erano  tra  questi  i 
marchesi  ed  i  conti,  e  tenevano  il  più  alto  grado  fra  la  nobiltà.  I  banderesi  o  bannereti 
loro  inferiori  quanto  a  rango,  erano  gentiluomini  d'antica  stirpe,  a  cui  prestavano  omaggio 
non  meno  di  ventiquattro  capi  di  famiglia  (2).  Gli  uni  e  gli  altri  avevano  .  come  il  co- 
niando in  guerra  dei  loro  uomini,  cosi  la  giurisdizione  sui  loro  vassalli  (3).  Perciò  elegge- 
vano i  loro  giudici,  detti  appunto  i  giudici  dei  banderesi  (4). 

Ora  il  nostro  Statuto  riconosce  loro  questo  diritto ,  ma  pui-e  riconoscendolo  impone 
.illa  podestà  dei  giudici  cosi  nominati  certe  condizioni,  certi  limiti,  certe  cautele.  L'auto- 
rità sovrana  non  provoca  ancora  ad  a])erta  lotta  l'autorità  baronale,  ma  con  infinito  accor- 
gimento si  insinua  a  poco  a  poco  nella  sua  giuii.sdizione.  la  stringe  nelle  sue  spire,  le  scema 
(efficacia  e  vigore.  Tutti  i  banderesi  hamio  facoltà  di  instituire  nei  loro  dominii  giudici 
ordinarii,  i  quali  possono  risiedere  ivi  o  nelle  terre  del  Conte.  Conoscono  essi  delle  cause 
civili  al  pari  dei  giudici  del  Principe,  dal  primo  atto  infino  all'ultimo  del  giudizio,  alla 
sentenza;  ma  nelle  cause  criminali  la  loro  opera  incomincia  solo  dopo  che  sia  avvenuta 
la  contestazione  della  lite,  ossia  dopo  che  si  è  compiuto  lo  stadio  inquisitorio  e  si  airesta 
quando  sta  per  essere  pronunciata  la  sentenza  definitiva  (5). 


IV. 

Se  per  un  lato  l'autorità  del  Principe  quanto  airamniinistrazione  della  giustizia  tro- 
Tava  un  ostacolo  nei  diritti  e  privilegi  baronali  ,  per  altra  parte  anche  quella  jiartc  di 
autonomia  (-he  si  eiano  riservata  od  era  stata  concessa  ai  Comuni  contribuiva  a  limitarla. 
IJenchè  anche  da  questi  legami  essa  cercasse  via  via  di  sciogliersi  (0) ,  tuttavia  l' impresa 

(t)  Vedasene  la  lunga  enumerazione  in  Cai'ré,  op.  cit.,  sec.  part.,  chap.  I. 

(2)  Capre,  p.  130.  Sclopis  ,  Considerazioni  sloriche  intomo  alle  antiche  assemblee  (Torino,  1878), 
p.  59.  CiBRARio,  Fin.,  38,  ed  Economia  politica  del  Medio  Eoo  (Torino,  I8i'2),  I,  22:?.  Burnier,  op.  cit.  p.  49. 

;3)  Como  golosamente  essi  custodissero  questo  loro  diritto  ò  attestato  dall'atto  del  12  aprile  1360 
'riferito  da  Datta,  Storia  dei  principi  di  Savoia  del   ramo  d' Acaia ,  Torino,   1832,  II,  212)  »on  cui 

.^modeo  VI  ebbe  a  conl'erniai-e  ai  nobili  del   Piemonte   le   loro  antiche  franchigie.   «   Item  quod 

•  loniinus  Comes  voi  aliqui  eius  ortici;irii  seu  coramissarii  non  possint  nec  debeant  uUani  Jurisdictionem 
vel  aotum  juridicum  erirainalem  sou  civilem  in  terra, territorio,  fìnibus  et  jurisdictione  dictorum  nobilium 
aliquando  exeroere  nisi  forte  ipsi  nobiles  et  eorum  heredes  seu  oflSciarii  ipsorum  defìoissent  in  justitia 
oxhibenda  •• . 

(4)  Esempio  di  conditto  fra  la  giurisdizione  del  Conte  di  Savoia  ed  un  barone  de'  suoi  Stati  si  ha 
nel  Prot.  10,  f.  118  (a,  1350}. 

(5)  C.23.  Federico  II  nelle  sue  Costituzioni  siculo  con  più  energico  provvedimento  tolse  ai  baroni 
laici  ed  ecclesiaotici  l'esercizio  di  ogni  giurisdizione  penalo.  Const.  I,  4',). 

(6)  Perciò  nei  patti  di  dedizione  di  alcune  terre  ai   Conti  di    Savoia   tiene   il  primo  posto  quello, 
che  loro  viene  concessa  la  piena  giurisdizione.  Così  nell'atto  di  sottomissione  del  comune  di  Ivrea  ad 

Amedeo  V  di  Savoia  e  Filippo  d'Acaia,  Statina  Eporedie  {Mon.Hist.  Pot.  Leges  I,  col.  1092) In 

primis  quod  dicti  domini  et  eorum  heredes  .  . .  perpetuo  habeant  dominium  et  segnoriam  merum  et 
niixtum  imperium  iurisdictionem  omnimodam  civitatis  Yporegie  districtus  et  pertinenciarum  eius.. .  » 


108  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

era  difficile  e  laboriosa,  né  potè  essere  condotta  a  termine  che  in  un  lungo  spazio  di  tempo. 
Consuetudini  antiche,  privilegi  con  gelosa  cura  custoditi  restringevano  (luanto  alle  persone 
ed  alle  cose  la  giurisdizione  del  Sovrano  e  vincolavano  la  libertà  d  azione  dei  suoi  ma- 
gistrati. 

Alcune  di  siffatte  franchigie  sono  ricordate  dal  Kicotti  (1),  e  più  potreblMTo  citarsene 
ad  esempio.  Basterà  qui  ricordare  le  concessioni  e  confenne  di  franchigie  fatte  da  Amedeo  VI 
l'amio  13H0  a  molti  Comuni  del  Piemonte,  dopo  che  per  eft'etto  di  sentenza  arbitrale  il 
principe  Giacomo  d'Acaia  era  stato  per  causa  di  fellonia  spogliato  dei  suoi  Stati.  Sono 
tra  queste  particolarmente  degne  di  nota  quelle  accordate  con  atto  del  13  Aprile  13G0  al 
comune  di  Perosa  (2),  siccome  le  più  ampie  e  dettagliate  fra  tutte.  In  forza  di  questo 
atto,  la  giustizia  dovrà  ivi  continuare  ad  essere  amministrata  con  quelle  stesse  fonue  con 
cui  rendevasi  anteriormente,  restando  in  vigore  tutti  gli  antichi  patti,  consuetudini  e  sta- 
tuti. Le  pene  che  sono  in  uso  nei  singoli  luoghi  non  potranno  né  dal  Princijìc.  ne  dai  suoi 
successori  essere  variate  ;  ninno  abitante  della  terra  potrà  essere  citato  davanti  ad  altra 
autorità  che  non  sia  quella  del  luogo  dove  egli  risiede. 


11  nostro  Statuto,  che  dei  giudici  stabiliti  nei  Comuni  non  fa  menzione  .  uguaglia  i 
giudici  dei  bandercsi  a  quelli  che  dal  Principe  ricevono  la  loro  nomina  all'ufficio.  Vi  hanno 
riguardo  a  costoro  alcune  disposizioni  che  tendono  allo  scopo  di  assicurare  la  impar- 
zialità del  magistrato,  e  ad  impedire  che  distratto  da  altri  affari  egli  attenda  con  minore 
sollecitudine  alle  funzioni  che  gli  sono  attribuite. 

Era  un  abuso  introdottosi  in  quei  tempi  che  il  giudice  percepisse  stipendio,  e  doni 
dai  litiganti  dei  quali  era  chiamato  a  decidere  le  cause  (3).  A  questo  cerca  di  pon-e  riparo 


(1)  Op  cit.,  p.  102,  vedi  pure  Burnier,  p.5l.  In  Forel,  Charles  commimales  dupays  de  Vaud  nelle 
Mém.et  doc.de  la  Sodété  d'hist.de  la  Suisse  Romande,  t.  XXVII  (Lausanne,  1872)  sono  pubblicate  pa- 
recchie franchigie  accordate  a  varii  comuni  ad  es.  a  Moudon  (p.  ISU),  Roraont  (  p.  f-tl  I,  Vaulruz 
(p.  144),  ecc.  Notevole  vi  è  il  doc.  riferito  a  p.  108  con  cui  il  comune  di  Payerne  ;a.  1348)  accorda  facoltà 

ad  Amedeo  VI prò  docem  anno3  proximos    ....  tantunimodo  et  uon  ultra  inquireie  de  nialeficiis 

in  villa  Paterngari  territorio  et  iurisdictioiie  dicti  loci  perpetrandis  do  plano  per  inciuestas  et  non  per 
verentyes 

(2)  L'atto  sta  nei  protocolli  de  Mota  n.08,  f.  17,  verso.  È  inedito  e  merita  a  nostro  avviso  di  venir 
pubblicato  a  riscontro  di  quello  sopramenzionato  mediante  il  quale  nella  stessa  occasiono  si  confer- 
marono solennemente  i  privilegi  dei  nobili  piemontesi. 

(3)  L'  uso  delle  sportalo  giù  era  comparso  nell'  impero  romano.  Proibito  da  Costantino  che  tentò 
con  gravi  pene  di  reprimerlo,  esso  riapparve  più  tardi  e  se  ne  fa  cenno  in  parecchio  Costituzioni  con- 
tenute nel  Cod.  Giustinianeo.  Secondo  questo  le  sportule  non  poi^sono  mai  percepirsi  dal  magistrato, 
ina  si  bene  dagli  addetti  al  tribunale  per  gli  atti  giudi^iarii  a  cui  essi  prestano  la  loro  opera.  Vedi  ad 
es.  L.  33  (nell'edi^.  Kriiger  32)  §  5,  C.  De  Ep.  et  cler.  6,  3.  —  L.  4  (De  caslrens.  et  minist.  1 2,  26  noU'ediz. 
Kriiger  25)  L  3,  ^  4,  C.  De priv. schol.  12,  30  (nell'edizione  Kriiger  28).  Ma  doveva  avvenire  abbastanza 
frequentemente  che  si  regalasse  il  giudice  coU'intento  di  ottenei-e  sentenza  favorevole,  poiché  dalla  Nov. 
124,  7,  e.  1  è  prescritto  ai  litiganti  di  giurare  anzitutto  solennemente  «  quod  nihil  penitus  iudicibus, 
aut  patrocinii  causa  ipsis  vel  alii  cuicumquo  personae  prò  hac  causa  quolibet  modo  dederunt  aul 
promiserunt  aut  postea  dabuut  voi  per  .so  vel  per  aliam  quamcumque  raediam  personani.  »  E  notevole 
che  ancho  qui  la  pena  per  lo  sportule  illecitamente  esatte  è  fissata  nel  quadruplo  (Nov.  tit.  cit.,  e.  3). 
Che  l'uso  delle  sportule  ai  giudici  si  conservasse  eziandio  nell'  epoca  dei  diritti  barbarici  ò  attestato 
dal  e.  Misso  data  a.  803,  e.  2   (M.  G.  L.  II,   121).  Fu   poi  per  effetto  di   una   confusione  di  concetti 


PEK    CESARE    NANI  109 

il  nostro  Statuto,  ordinando  che  né  il  cancelliere,  ne  i  collaterali  del  Consiglio  possano 
ricevere  alcunché  come  regalo  da  alcuno .  quando  non  sia  di  cose  da  mangiare  o  da 
bere  (1),  ne  accettare  per  causa  di  patrocinio  nessuna  pensione  annua,  sotto  pena  di  dover 
pagare  il  quadruplo  al  fisco  e  restituire  quanto  abbiano  ricevuto  (2).  Il  fatto  però  deve 
essere  accertato  per  mezzo  di  sentenza,  ed  all'imputato  è  data  facoltà  di  presentare  le  sue 
difese. 

Ma  quanto  fosse  radicato  l'abusalo  dimostra  la  disposizione  di  carattere  transitorio 
che  segue ,  la  quale  dichiara  non  avere  effetto  il  divieto  per  le  pensioni  prima  pattuite, 
per  forma  che  le  rate  delle  pensioni  anteriormente  scadute  possano  esigersi  senza  incon-ere 
pena  di  sorta.  Ancora  è  stabilito  che  rimane  lecito  il  percepire  l'emolumento  dei  sigilli  e 
le  (Irnlic  (3)  che  le  parti  abl)iano  convenuto  di  pagare  al  giudice  quando  egli,  siccome 
arbitro  in  via  amichevole,  abbia  definita  la  loro  controversia  (4). 

?]guale  divieto,  accompagnato  da  identica  sanzione,  è  fatto  all'avvocato  ed  al  procu- 
ratore fiscale  (5),  nonché  ai  giudici  ordinarii  e  commissarii.  e  trovasi  ripetuto  riguardo  ai 
castellani  (6),  ai  chierici  delle  curie  ed  ai  procuratori  dei  chierici  (7). 

Né  é  meno  rigorosa  la  legge  nel  reprimere  ogni  atto  dei  mistrali  per  cui  vengano 
ad  offendersi  le  ragioni  della  giustizia.  Infatti  è  prescritto  che  nessun  mistrale.  il  quale 
tenga  accrnsata  dal  Conte  la  sua  misti-alia  (8).  j)Ossa  pattuire  con  alcuno  che  qualche 
cosa  gli  sia  data  per  la  decisione  della  sua  causa  (9).  Se  egli  si  lascia  corrompere,  dovrà 
pagare  al  PrincÌT)e  por  ogni  volta  e  per  ogni  persona  con  cui  abbia  concluso  un  tal  patto 

germanici  con  concetti  romani  ,  come  lia  dimostrato  Re.\tz  (Zur  Oeschichle  des  Armuneides  nella 
Zeitschrift  far  Rechtsgeschiihte ,  II,  ltì63  ,  p.  421  e  segg.)  che  nei  tribunali  medioevali  si  è  propagata 
la  consuetudine  dulie  sportale  pagato  ai  giudici.  Il  di|-itto  canonico  mantenne  fermo  il  divieto 
quanto  ai  tribunali  ecclesiastici,  permettendo  ai  giudici  di  esigere  solo  la  rifusione  delle  spese  soste- 
nuto nell'interesse  dello  parti  (V.  ira  gli  altri  e.  10,  X  De  vita  et  hon.  cleric.  Ili,  1).  Ma  che  esso  non  fosse 
sempre  osservato  lo  prova  Durant.  Spec.  lib.  I,  part.  IV,  tit.  De  salariis  ^  I,  n.  7  ». .  , .  verumtamen  delegati 
quotidie  de  consuetudine  ruoijiiuDt   et    male   secundum   quosdani   si   habent   beuefìcium  unde  possint 

comode  sustentari sed  et  si  sint  sine  benefìcio  possunt  et  salarium  recipere  secundum  Aegid... 

quod  non  placet  sod  expensas  sic.  -.   V  puie  Tancredi  1,  4,  ^  .5,  Grat.  Il,  9. 

(1)  Le  Costituzioni  siculo  erano  più  rigorose  in  proposito,  Nov.  Const.,  I,  ói  (Hlili.lakd  Bréholles  IV. 

195)  <i  Ut  iustitiarii  et  universi  officiales  seu  ipsorum  familia  nihil  a  litigantibus  recipiant nec  ipsi 

(iustitiarii)  noe  officiales  aut  familiare»  eorum  aliquid  ab  impetrantibus  seu  litigantibus  omnino  reci- 
piant nec  esculentwn  nec  pocuUntum  etiam  infra  triduum  consummandum  .  .  Ancoia  al  tempo  di 
Menochio  era  grave  contesa  fra  i  dottori  se  il  giudice  potesse  accettare  dalle  parti  in  dono  esculenta 
et  pocutenia,  ed  in  caso  aiformativo  di  qual  valore  e  quantità.  Egli  opinava  pel  si  —  «  quid  enim  mali 
suspicari  posset,  si  nobilis  et  dives  aliquot  perdicos  ,  vel  phasianos ,  vel  capones,  vel  metretara  unam 
voi  duas  etiam  vini  dono  mitteret  Regio  senatori,  (jui  gravissimae  eius  causae  iudex  esset  >'  fDe  orbiti- 
iud.guaest.U,  Cent.  VI,  e. 517,  13-21). 

(2)  Ciìh  il  divieto  era  pronunciato  dalla  ordinanza  di  Aimone  del  1329. 

(3)  Intorno  a  questo  v.  C'brario,  Fin.,  p  60. 
(4)0.5. 

(5)  C.  5. 

(6)  C.  63.  In  quali  cause  fosse  competente  a  giudicare  il  castellano  non  è  detto  nello  Statuto. 

(7)  C.66. 

(8)  Le  mistralie  solevansi  dare  a  censo  dal  Principe.  Numerosi  esempi  se  ne  riscontrano  nei  Pro- 
tocolli de'notai  ducali,  ad  es.  n.  47,  f.  2  (a.  1367),  n.  101,  f.  93  [n.  1372  ,  n.  150,  f.  89  (a.  1326).  Nel  Prot.  91, 
f.  225  (a.  1448)  si  contiene  una  grida  per  la  messa  all'asta  di  una  mistralia.  Così  pure  potevansi  cedere 
Prot.31,  f.25,  27  (a.  1335).  Uno  stesso  uso  seguivasi  circa  allo  stesso  tempo  in  Francia  v.  Cii.Louandre, 
Le.i  origines  de  la  magistrature  fran^aise  (nella  Revue  des  deux  mondes,  t.  34  (a.  1879),  p.442). 

(9)  Di  qui  risulta  che  anche  i  mistrali  erano  investiti  di  t.'-iurisdizione.  Probabilmente  questa  limi- 
tavasi  ai  reati  campestri  e  ad  ogni  modo  di  poca  entità.  Manca  però  ogni  notizia  più  precisa  su  questo 
riguardo. 


1  1  0  STATUTI    PI    AMEDEO    VI 

illecito  sessanta  soldi  forti,  e  la  stessa  pena  incorre  l'autore  della  coiTuzione.  Il  simile  è 
>tabilito  po^l  caso  che  il  mistrale  abbia  convenuto  di  assolvere  alcuno  dal  pagamento  del 
lianno  di  qualunque  specie  ed  entità  (1),  a  cui  sarebbe  stato  tenuto.  Perchè  poi  meno 
facilmente  rimangano  impuniti  reati  di  tal  genere,  chi  li  denuncia  percepisce  tre  soldi  sopra 
ogni  multa  incorsa  (2). 

Bisognava  ancora  impedire  che  il  magistrato  cumulasse  l'ufficio  di  giudice  e  di  avvo- 
cato. La  cosa  può  parere  assurda  ai  dì  nostri,  ma  non  dovc^va  sembi-are  tale  quando  non 
si  era  ancora  spenta  del  tutto  la  memoria  degli  usi  giudiziarii  fondati  sopra  le  consuetudini 
l)arl)ariche.  Per  queste  infatti  la  distanza  che  separa  il  giudice  dall'avvocato  non  è  molta, 
e  l'unione  dei  due  uffizi  in  una  stessa  persona,  come  era  frequente  nella  pratica,  così  per 
ninn  rispetto  si  presentava  illecita  e  repugnante.  Basti  il  ricordare  come  in  epoca  più 
antica  bene  spesso  dagli  scabini  comitali  si  traessero  gli  avvocati  ed  i  cosidetti  (■.(insidici 
(onde  non  raramente  si  incontra  nei  documenti  di  (|uel  tempo  taluno  designato  srahimis 
rf.  ndvocatus  (3)  ).  ed  in  epoca  alquanto  più  vicina  a  noi  n(;i  liberi  Comuiù  si  confondessero 
talora  in  una  sola  corporazione,  originata  dagli  antichi  scabini,  giudici  ed  avvocati  (4). 
La  fonua  della  procedura  germanica,  nella  quale  ha  larga  attuazione  il  ])rincipio  della 
collegialità  dei  giudici,  e  l'esiguo  numero  di  individui  che  in  tempi  di  così  scarsa  coltura 
foss(jro  versati  nel  diritto  possono  addursi  come  le  ragioni  principali  che  spiegano  questo 
fatto. 

Ma  esse  non  sussistevano  più  che  fino  ad  un  certo  punto  quando  Amedeo  VI  emanò 
lo  Statuto  di  cui  ci  occupiamo,  ed  i  ]iericoli  che  per  la  retta  amministrazione  della  giu- 
stizia traeva  seco  il  cumulo  delle  funzioni  ili  giudice  ed  avvocato  erano  troppo  evidenti. 
Quindi  questo  cumulo  vi  è  vietato,  e  severamente  punito  chi  disubbidisca  al  precetto  della 
legge.   Ne  il  cancelliere,  né  il  giudice.'tìnchè  durano  in  ufficio,  possono  ne  apertamente,  né 


(1)  Ai  mistrali  come  ai  castellani  infatti  spettava  l'esocuzione  delle  sentenze,  a  meiile  del  e. 50  del 
nostro  Statuto. 

(2)  C.  67. 

(3)  Avveniva  talora  nella  confusione  prodotta  dalla  moltiplicità  dei  diritti  vigenti  contemporanea- 
mente in  uno  stesso  territorio,  come  conseguenza  del  sistema  della  personalità  della  legge,  che  l'avvocato 
stosso  della  parte  ,  essendo  egli  i'  unico  che  cono-scesse  il  diritto  secondo  cui  questa  aveva  ad  essere 
giudicala,  fosse  accolto  fra  i  giudici.  Ad  es.  in  una  cau.sa  dibattutasi  l'  a.  998  fra  i  preti  della  chiesa 
ili  S.  Eustachio  ed  il  monastero  di  Farfa,  quest'ultimo  avendo  allegato  di  volei-si  difendere  secondo  la 
legge  longobarda,  il  presidente  del  tribunale»....  eo  quod  deessent  ibi  alii  iudices  longobardi  preter 
ipsum  advocatum  ut  posset  veritatom  discernere  inter  fallaciani  fecit  eum  inrare  per  IV  evaugelia,  ul 
ex  ìUa  bora  et  deinceps  verum  iudiciuni  iudicaret.  Tunc  fecit  eum  sedeie  in  iudicio  ut  iudicai-et  se- 
cundura  suam  legem  da  hoc  ».  Fu  dato  un  altro  avvocato  al  monastei-o  e  permesso  al  primo  divenuto 
giudice  «  ut  eum  instruat  qualiter  respoiideat  »  Gai.lktti,  Del  prirnicero  della  Santa  Sede  Aposto- 
lica, ecc.  (Roma,  177(5),  due.  n  2.  Intorno  alla  riunione  frequentissima  delle  qualità  di  giudico  ed  av- 
vocato nei  giudizi  franco-longobardi  v.  Bethman.n-Hollweo,  Der  Civilproiess  des  geìneinen  liechts,  V 

Bonn,  18711,  p.  109,  238,  333.  L'uso  derivava  esso  da  vecchie  consuetudini  franche?  Cfr.,  Sohm,  Dir 
altdeulsche  lieichs  «.  Oerichtsverfassunff,  I  (Weimar,  1871),  p  447,  n.  168  —  In  Romagna  l'ufficio  de' 
causidici  come  ha  dimostrato  Ficker  ,  Forschungen  sur  lieichs  —  «.  liechtsgeschichte  Jlaliens ,  III 
(Innsbruck,  1870),  p.  473,  474,  era  duplice,  in  quanto  che  nel  tempo  sto.'-so  consigliavano  le  parti  ed  i 
giudici,  erano  avvocati  ed  assessori  del  tribunale ,  e  come  tali  prendevano  parte  alla  decisione  delhi 
causa.  L'  uso  di  invitare  tilora  gli  avvocati  a  sedere  come  assessori  si  conservi)  nella  pratica  dei 
tribunali  ecclesiastici,  v.  Fourniek,  Les  offìcialili-s  au  Moyen  Ago  (Paris,  1880),  p.  3.i. 

(4)  Vedi  Savionv  ,  Storia  del  Diritto  Roìiiano  nel  M.Evo  ((rad.  Bollati) ,  1,  2(j8,  .583;  Hbthma.nn- 
HoLLWEQ,  Ursprung  der  Lombardischen  Stàdtefreiheit  (Bonn,  1846),  p.  148.  IIkobi.,  Storia  della  costi- 
tuitone dei  Municipii  Italiani  (Milano,   (861),  p.  49?. 


l'KR    CKSARE    NANI  111 

segi'etamente  patrocinare  alcuna  causa  che  sia  intentata  davanti  a  qualunque  Curia  tem- 
porale della  Contea  di  Savoia,  sotto  pena  di  essere  rimossi  con  ignominia  dal  Consiglio,  e 
di  dover  restituire  alle  parti  quanto  ne  abbiano  ricevuto  ed  il  quadruplo  al  fisco  .  dopo 
che  il  fatto  risulti  constatato  da  sentenza,  premesse  le  difese  del  reo  (1). 

Avveniva  allora  di  frequente  che  alcuno  fosse  contemporaneamente  rivestito  di  due 
pubblici  uffizii,  poco  meno  che  incompatibili  fra  loro  :  come  ad  esempio,  che  un  giudice  foss»! 
al  tempo  stesso  castellano  (2).  La  cosa  non  era  certo  scevra  d'inconvenienti:  ma  questi 
riuscivano  senza  dubbio  di  gran  lunga  maggioii  quando  le  due  cariche  riunite  in  una  sola 
persona  procedessero  da  due  differenti  autorità.  Non  poteva  invero  accadere  senza  serio 
pericolo  pei  diritti  del  sovrano,  che  una  persona  da  questo  elevata  al  grado  di  uffiziale 
giudiziario  dipendesse  al  tempo  stesso  anche  da  un  barone,  per  esserle  stata  da  questi  com- 
messa una  giudicatura,  jjoichè  questo  secondo  legame  doveva  per  naturale  conseguenza 
allentare  ciuello  che  la  univa  al  Principe,  quando  appunto  erano  numerosi  i  casi  in  cui 
poteva  sorgere  (H)nflitto  fra  la  giurisdizione  sovrana  e  la  baronale.  Per  impedire  che  ciò 
avvenisse,  il  nostro  Statuto  dispone  che  ninno  dei  componenti  il  Consiglio  possa  assumere 
una  giudicatura,  in  tutta  la  Contea  di  Savoia,  che  non  sia  conferita  dal  Piincipe  {'ò). 
Quanto  ai  giudici,  il  divieto  è  meno  severo,  poiché  solo  nella  giudicatura  dove,  per  man- 
dato del  Conte,  esercitano  il  loro  uffizio  non  ])ossono  essere  in  pari  tem]»)  giudici  dun  ban- 
derese.  Ed  ancora  (se  cosi  si  ha  da  intendere  la  disposizione  finale  di  questo  capo  che 
forse  per  l'omissione  di  qualche  parola  riesce  alquanto  oscura  (4)).  al  divieto  è  tolto  ogni 
effetto  l'etroattivo  (5).  Probabilmente  la  ragione  di  questa  mitezza  è  da  ricercare  in 
ciò.  elle  meno  serio  era  il  pei'icolo  a  cui  in  questo  secondo  caso  trattavasi  di  ovviare, 
(lacchè  mentre  la  competenza  del  Consiglio  si  estende  a  tutto  lo  Stato,  quella  del  giu- 
dice per  contili  ('■  listrettn  nei  confini  del  ballato. 

VI 

Ora  che  abbiamo  vt^luto  i  lineamenti  generali  dell'ordinamento  giudiziario  quale 
risulta  dallo  Statuto  di  Amedeo  VI.  conviene  che  ci  addentriamo  alquanto  nello  esame 
delle  regole  che  esso  statuisce  intorno  al  processo. 

Come  tutte  le  leggi  dell'epoca,  esse  non  senio  tali  da  costituire  un  sistema  compiuto, 
ma  lasciando  in  vigore  il  diritto  comune  ne  accentuano,  o  dichiarano,  o  modificano  qualche 
particolarità,  l'ale  istituto  che  gi;ì  ai  tempi  di  Pietro  li  aveva  messo  radice  in  Savoia,  vi 
appare  meglio  svilupjiato  ;  dove  prima  i  suoi  contorni  si  presentavano  vaglii  ancora  ed 
incerti,  ora  appariscono  meglio  definiti:  qualche  eccezione  si  è  trasformata  in  regola.  Le 
Statuto  di  Pietro  II  segna  per  questo  rispetto  il  punto  di  partenza,  quello  di  Amedeo  VI 
accenna  i  risultati  a  cui  nel  corso  di  poco  più  che  un  secolo  era  pervenuto,  relativamente 
alla  procedura  giudiziaria,  il  diritto  sabaudo. 


(1)  C  4. 

(2)  CiBKARio,  Finanze,  p.  17. 

(3)  C.  6. 

(4)  Essa  suona  così  :  «  ludices  nuoc  iu  officio  iudicatuie  residentes  postquam  ipsi  coasenserìat  buie 
statuto  non  aute  seu  postquam  praesens  statutum  fuerit  publicatuni  » . 

(3)  C.7 


1  1  2  STATI  TI    DI    AMEDEO    VI 

Incominciando  dal  processo  civile,  il  primo  atto  che  in  esso  si  compie  è  la  citazione, 
e  intorno  ad  essa  la  iiosti-a  legge  dà  le  sue  norme. 

Nel  diritto  romano,  nel  suo  ultimo  stadio,  alla  citazione  in  giudizio  eseguita  diretta- 
mente dalla  ])arte.  si  era  sostituita  quella  che  effettuavasi  per  autorità  del  giudice,  il  quale 
riceveva  dall'attore  il  ìilieUnni  coni-i'utioii/s  e  lo  comunicava  per  mezzo  di  uno  dvcidor 
al  convenuto,  intimandogli  di  comparire  in  giudizio  (1).  Questo  intei^vento  del  giudice 
nella  citazione ,  affatto  contrario  alle  antiche  consuetudini  germaniche,  trovò  adito  in 
quelle  fra  le  leggi  Ijarbariche  che  furono  modellate  sulle  romane  (2) ,  e  come  eccezione 
fu  in  vigore  eziandio  presso  i  Longobardi  (3)  e  vi  si  mantenne  cosi  presso  i  tribunali  di 
Lombardia  (4)  come  presso  (juelli  di  Romagna  (5) .  infino  all'epoca  del  risorgimento  del 
dhitto  romano  (6). 

La  citazione  giudiziale  venne  in  seguito  accolta  dalle  leggi  che  emanarono  in  Italia  (7) 
e  dal  diritto  canonico  (8).  ])er  guisa  che  nel  secolo  XIV  non  è  ammessa  altra  che  questa. 

(1)  5  24. 1.  De  act.,  4  6  Bethmann-Hollweg,  op.  cit.  Ili,  |j  152.  Keller,  Il  processo  ciìi.  romano  (ver- 
sione Filomnsi  (luelfi,  Napoli,  1872),  p.  170.  Padelletti,  Storia  del  diritto  romano  (Firenze,  1878),  p.480. 

(2)  Così  nell'editto  di  Teodorico  e.  LXXIII  ò  fatta  menzione  àeW apparitor  sl  c\x\  il  convenuto  deve 
promettere  se  ad  judicium  esse  venlurum.  Il  Papiano  t.  XI  prescrive  che  1'  editto  libelli  abbia  luogo 
davanti  al  tribunale. 

(3)  Liutpr.  e  2.5,  20.  Questa  è  certamente  una  fra  le  anomalie  pili  degne  di  nota  del  diritto  lon- 
gobardo, dove  pure  è  scolpita  cosi  profondamente  l'impronta  germanica.  Per  contro  nel  diritto  franco, 
fino  a  Carlo  Magno,  la  mannilio,  ossia  la  citazione  per  opera  della  parte,  è  la  regola  ordinaria  ed  ecce- 
zione la  bannitio,  la  citazione  per  opera  del  magistrato. 

(4)  Ej-posit.  ad  Liutpr.  0  26,  «  .Martine  sculdasci  hoc  te  appellat  lohannes  quod  tu  oi  cuni  legato  et 
epistola  sculdasii  ad  te  venienti  ut  de  Petro  tue  sculdasie  sibi  iustitiara  faceres  ....  »  E  nella  Placiti 
forma  gloss.  [in  Padelletti,  Fontes  iuris  italici  .1/.  AB.  Torino,  1877,  p.480)  «  Donine  comes  facile  venire 
.id  placitum  ■■  . 

(5)  Lo  si  può  argomentare  da  gualche  passo  di  una  delle  due  fìnte  Costituzioni  di  Giustiniano 
'pubblicate  da  Klenze  nella  Zeitschrifl  f.  gesch.  Rechlswissenscha/ì,  Vili,  243  segg.),  che  secondo  l'opi- 
nione comune  vennero  compilate  verso  il  fine  del  sec.  XI  nella  scuola  di  diritto  di  Ravenna.  ^  1 
«  Notum  sit  vobis  patres  conscripti,  me  velie  imperiali  auctoritato  ])raeeipere ....  fore  in  uno  quoque 
romano  placito  apparitorem  ....  litis    . .  ita  ut  in  (irimis  faciat  reum  ad  oum  apparere,  qui  ius  dicturus 

sit  . . .  §  2 querenti  aotore  reus  ad  eum  vocetur  per  appai'itorera  qui  ius  dicturus  sit ,  quia  reus 

semper  omnibus  modis  in  eo  loco  pulsatur  ubi  aliquis  egerit  vel  admiserit,  et  adraoneatur  audire  reus 
de  querela  actoris  »  . 

(6)  Nelle  compilazioni  di  diritto  che  precedettero,  con  maggiore  o  minoro  intervallo  di  tempo,  la  scuola 
di  B  dogna,  la  citazione  compare  come  opera  del  giudice.  Così  in  un  lihellus  de  verbis  legalibus  scritto 
l>robabilmente  nella  prima  metà  doU'XI  secolo,  che  si  contiene  in  un  codice  della  Biblioteca  Nazionale 
di  Torino,  e  che  venne   pubblicato  por  la  prima   volta  da  Pittlng  fluristiche  Schrifìen  des  frilheren 

Mittdulters,  Halle  1876),  trovo  sotto  la  rubrica  he  in  ius  vacando <■   Citatio  est  in  ius  invitatio, 

voluti  cum  ijuis  conqueritur  de  altero  apud  iudicem  deposita  querimonia,  index  niisso  edicto  citatorie 
vocat  eum  in  quem  agere  desiderai  qui  conqueslus  est  et  dicitur  hoc  edictum  citatorium  quando  iudex 
vocat  tantum,  quando  autem  adiciit  dicens  «  si  die  prescripto  non  veneris  quasi  contuma::  condem- 
jinaberis  »  tunc  dicitur  edictum  peremptorium  quia  perimit  tergiversationera  eius  qui  venire  contcnipnit  ». 
SilFatta  distinzione  romana  fra  il  citatorium  ed  il  peremptorium  edictum  che  !'  rilevata  dal  libetlus 
composto  secondo  l'opinione  dui  Pitting  (op.  cit.,  p.  40)  nella  Francia  settentrionale,  riappare  eziandio 
in  Italia  verso  il  finire  del  secolo  duodepimo ,  poiché  in  un  documento  del  lISó  che  si  contiene  nel 
così  detto  codice  di  .Malabaila,  f.  308  (pubblicato  da  Ficker,  l'rhimden,  Innsbruk,  1874,  n.  154),  se  no  fa 
menzione:  "Quia  N.  et  consortes  sui  vocati  citatorio  edicto  et  denium  pereniptorio  ante  curiam  domini 
imperatoris  venire  contompserunt  ])ro  iustitia  facienda. . .     "  . 

(7)  È  ordinata  ad  esempio  nelle  Costituzioni  siculo  I,  72.   1,  73.  1,07,  98:  "  Citationis  littore  (tam 

per  iustitiarium  quam  per  baiulum)  transrailtende »  V.  La  .Mantia,  Storia  della  legislasione  civ.  <■ 

crim.di  Sicilia  (Palermo,  1874),  p.  212.  Delvecchio,  La  legislacione  di  [■'ederico  II  (Tarinu,  1872),  p.  i;?,"i. 

(8)  V.  MOnche.n,  Dos  hanonische  Gerichlsver/'ahren  und  Strafrecht  (Kuln  1874)  1,  25(i.  Foubmeb. 
op.  cit,  p.  1  17  DiRANT.  .Sptfc.  lib.  II,  pari.  I,  tit.  De  citai.  Ta.ncuedi,  Ordo  indie.  Il,  3.  Damasi,  5«»i»iti  d,- 
ord.  iud.{in  Wunderlich  anecdota  etc.  I84I)  87  •  ad  ollìcium  iudicis  s|)ectat  recepto  libello  ab  actoiv 
reum  citare  •. 


PER    CESARE    NANI  11:5 

Quindi  è  affatto  naturale  che  questa  sola  si  trovi  regolata  nello  Statuto  di  Amedeo  VI. 
Esso  prescrive  adunque  che  le  citazioni  emanino  dall'autorità  giudiziaria,  in  qualunque 
grado  sia  essa  costituita,  e  debbano  eseguirsi  dai  balii,  castellani  e  vice-castellani,  mistrali 
e  sotto-mistrali  ed  altri  uificiali  dell'ordine  esecutivo  (1). 

Quando  alcuno  di  essi  abbia  ricevuto  la  citazione  può  mandarla  ad  esecuzione  o  per- 
sonalmente 0  per  mezzo  di  un  suo  dipendente,  incaricandolo  di  adempiere  quest'atto  o 
verbalmente  o  per  mezzo  di  lettera,  che  però  non  dovrà  essere  annessa  alla  lettera  del 
Consiglio  0  del  giudice  da  cui  è  partita  la  citazione.. 

L'ufficiale  inferiore  poi  dovrà  procedervi  esso  stesso  senza  delegare  altri  in  sua  vece. 
In  nessun  caso  il  delegante  potrà  percepire  alcun  diritto  per  la  delegazione  data.  Chiunque 
contravvenga  ad  alcuna  di  queste  disposizioni  sarà  punito  con  multa  di  20  soldi  forti  e 
dovrà  restituire  quanto  abbia  illecitamente  riscosso,  bastando  il  giuramento  di  chi  abbia 
pagato  o  presenti  la  lettera  di  delegazione,  avuto  però  riguardo  alla  qualità  del  giu- 
rante (2). 

Della  citazione  effettuatasi  deve  constare  per  iscritto,  al  quale  scopo  l'esecutore  della 
citazione  dovrà  stendere  verbale  e  sottoscriverlo,  indicando  pure  il  suo  ufficio,  che  se  egli 
sia  illetterato  bisognerà  che  ricoiTa  all'opera  di  un  cliierico  della  curia  o  di  un  notaio. 
Oltre  di  ciò  il  verbale  dovrà  menzionare  le  modalità  sotto  cui  la  citazione  venne  eseguita, 
cioè  se  fu  fatta  direttamente  alla  persona  del  citando  od  alla  sua  casa  od  altrimenti,  ed  il 
tempo  e  la  risposta  che  egli  abbia  data.  Anche  qui  la  pena  della  inosservanza  di  queste 
formalità  è  di  25  soldi  forti,  e  come  prova  è  ammesso  il  giuramento  (3). 

Sono  fissate  la  mercede  che  il  notaio  può  pretendere  per  questa  relazione  (4)  ed  i 
diritti  dell'escutore  per  la  citazione  a  cui  egli  proceda,  diritti  che  variano  secondo  che  questa 
viene  eseguita  nel  luogo  stesso  in  cui  risiede  l'esecutore,  o  fuori  ed  in  ragione  della  di- 
stanza maggiore  o  minore,  e  del  numero  delle  persone  da  citarsi  (5). 


vn. 

Intimata  la  citazione,  il  convenuto  ha  l'obbligo  di  comparire  davanti  al  tribunale. 
Non  comparendo  incoiTe  nella  contumacia,  condizione  giuridica  da  cui  derivano  gravissimi 
effetti.  Ma  quanta  differenza  nelle  leggi  a  questo  riguardo  !  Il  punto  di  vista  sotto  cui  viene 
considerata  la  contumacia  si  è  più  volte  mutato,  movendosi  fra  i  due  estremi  di  una  seve- 


(1)  La  dipendenza  dei  castellani,  mistrali  ed  altri  ufficiali  minori  dell'ordine  amministrativo,  non 
acilo  (lai  balii  ,  ma  eziandio  dai  giudici ,  ora  già  stabilita  da  un  pili  antico  Statuto  di  Edoardo  del 
13  maggio  \\V2'ì.  Questo  Statuto  che  è  inedito,  per  quanto  è  a  nostra  notizia,  si  contiene  nei  Protocolli 
Reynaiiili  (a.  150,  f  74),  quantunque  siavi  luogo  a  dubitare  che  esso  non  sia  completo.  Al  e.  V  dispone  : 
«  Iteni  ordinatum  est  quod  castellani,  mistrales  et  alii  otficiarii  niinores  pareant  et  obediant  mandatis 
bailivorum  et  iudicum  simul  vel  divisim,  quod  nisi  fecerint  puniantur  prò  qualibet  vice  qua  non  parue- 
runt  in  decem  libris  fortibus  nobis  dandis  nisi  mandarent  excusationem  quasi  mandata  facere  non 
deborent».  E  nel  capo  successivo  è  soggiunto:  «  Item  quod  castellani  mistrales  et  aliis  (sic)  officiales 
inforiores  exequantur  mandata  domini;  quod  nisi  fecerint  puniantur  prò  qualibet  vice  in  quindecim 
libris  fortibus  nobis  dandis  nisi  mandarent  excusationem  ut  supra  ■■  . 

(2)  C.  10. 

(3)  C.  13. 

(4)  C.  13.  Esempio  di  lettere  citatorie,  I'rot.38,  f.   9  {a.  1360). 
{5)C.12. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  15 


114  STATl'TI    PI    AMEDEO    VI 

rità  eccessiva  e  di  nna  eccessiva  mitezza.  Il  grado  di  coltura  |dogni  popolo,  le  sue  stesse 
condizioni  sociali  hanno  stampato  la  loro  impronta  su  questo  istituto.  Egli  è  infatti  questo 
uno  dei  casi  in  cui  al  disopra  dell"  interesse  privato  si  agita  un'altra  questione  d'ordine 
più  elevato,  quella  dei  rapporti  fra  l'autorità  pubblica  ed  il  cittadino. 

Quando  lo  Stato  è  riuscito  da  poco  ad  infrenare  le  forze  riluttanti  al  suo  impero  e 
sottomettere  le  podestà  che  ne  avevano  dapprima  usurpati  gli  ufficii,  onde  sente  la  ne- 
cessità di  affermare  la  sua  potenza,  allora  la  contumacia  è  considerata  (luale  delitto  e 
la  sanzione  punitiva  si  aggrava  sopra  il  privato  che  tenta  di  disconoscere  la  sua  giurisdi- 
zione ;  dove  invece  quella  necessità  più  non  sussiste  prevalgono  altri  criterii. 

A  Koma,  dove  l'idea  di  Stato  signoi-eggia  fin  da  principio  la  vita,  pubblica  e  la  pri- 
vata, la  contumacia  non  potè  mai  assumere  un  carattere  delittuoso,  neppure  quando  la 
citazione  essendo  fatti!  intimare  dal  magistrato  .  il  non  osservarla  dovette  apparire  come 
una  disobbedienza  ai  suoi  ordini.  Tuttavia  fu  un  tempo  in  cui  il  diiitto  spiegò  contro  il 
contumace  il  massimo  rigore  delle  sanzioni  civili,  trattandolo  senz'altro  come  un  condan- 
nato contro  cui  è  lecita  l'esecuzione  (1).  Solo  più  tardi  la  sentenza  contumaciale  perdette 
il  carattere  di  una  sentenza  definitiva,  e  le  sue  conseguenze  fui'ono  mitigate  fino  al  punto 
che  essa  potè  soltanto  autorizzare  la  viissio  in  bona  rei  servandae  causa. 

Per  contro,  nel  diiitto  germanico  la  contumacia  è  dappiincipio  considerata  quale 
reato.  Trattisi  di  comparire  davanti  al  tribunale  per  rispondervi  di  un  delitto  o  di  una 
semplice  obbligazione  civile .  la  pena  che  la  colpisce  è  identica.  Nell'uno  e  nell'altro  caso 
il  diniego  di  comparire  indica  il  disprezzo  dell'autorità  dello  Stato,  e  cjuesto,  con  sel- 
vaggia energia,  costringe  il  renitente  a  piegai'visi.  Il  contumace  non  si  trova  solo  di  fronte 
il  giudice,  ma  il  re  stesso,  che  è  giudice  egli  pure  e  ad  un  tempo  supremo  difensore  della 
pubbhca  pace. 

Per  la  legge  salica  è  punito  di  multa  il  contumace  pel  fatto  che  egli  debitamente 
citato  non  si  presenti  davanti  al  tribunale  ;  ma  se  egli,  senza  giusta  causa,  persiste  tenace- 
mente in  questo  proposito ,  allora  gli  è  minacciata  la  massima  delle  pene,  perchè  per  de- 
creto del  re  è  messo  fuori  della  pace,  onde  i  beni  gli  vengono  tolti  e  la  sua  persona  è  esposta 
alle  offese  di  ognuno  (2).  Certo  l'asprezza  della  legge  va  in  progresso  di  tempo  mitigan- 
dosi (3) ,  ma  ancora  nella  legislazione  carolingica  la  confisca  dei  beni  (ren  in  bannimi 
missae)  è  la  conseguenza  della  contumacia  sì  nelle  cause  penali,  che  nelle  civili  (4). 


(1)  È  famoso  il  passo  delle  leggi  delle  XII  tavole:  «  Post  meridiom  praesenti  litem  addicito*.  Gbllius 
Noct.  Att.  XVll,  2,  10;  V.Keller,  op.  cit. ,  §  69;  Scheirl,  Lehrb.der  Insiit.  (Rrlangen,  1868),  §  74. 
Salkowski,  Lehrb.  der  Insiit.  u.  der  Geschich.  des  Ròm.  Rechts  (Leipzig,  1880),  p.464, 

(2)  L.  Sai.  LVI,  2.  u  De  eo  qui  ad  inallum  venire  contemnit.  2. . .  Tum  si  ìUe  qui  admallat  ista  omnia 
irapleverit  et  qui  admaljatus  est  ad  nuUum  placitum  venire  voluerit,  lune  rex  ad  qucm  manitus  est 
«xtra  sermonem  suum  ponal  eum.  Tura  ipso  culpabilis  et  oinnes  res  suas  erunt.  l''t  quicumque  euni 
aut  paverit  aut  hospitalem  dederit  etiam  si  uxoi-  sua  proxima  Malb.  Inmpicii  hoc  est  DC  dinarios  qui 
l'aciunt  solidos  XV  culpabilis  iudicetur,  dnnec  omnia  que  iniputatur  coinponat  o  (Uall'ediz.  Behrend, 
Berlin),  Cfr.  Sieokl,  Geschichte  dcs  deutschen  Gerichisverfahren  (Giessen,  1857),  p.  52  segg.  ;Sohm,  op.  cit., 
p.  58,  162;  Hethmann-Hollweg,  op,  cit.,  IV,  p.519. 

(3)  V,  l'Editto  di  Chilperico  e.  7,  9  (il  5"  cap.  nell'ediz.  Boretius  in  Behrend,  op.  cit,  p.  lUo  segg,  ),  per 
cui  il  pignoramento  dei  beni  è  sostituito  come  regola  generale  al  bando,  che  però  continua  ad  appli- 
carsi quando  il  contumace  sia  »  malus  homo  qui  male  in  pago  faciat  et  non  habeat  ubi  consistat  nec 
res  unde  componat  et  per  silvas  vadit  et  in  presentia  nec  agens  nec  parcntes  ipsum  adducane  possunt  ". 
V.  similmente  L.  Kipuaria  tit.  XXXIV  (al.  XXXIl). 

(4)  Cap.lec/.Rip.add.&.803,  e.  7  (M,G.  L.  11,  IIV.  Vap.leg.add.&.8\9,  ci  2  (lbid.212). 


PER    CESARE    NANI  115 

In  Italia,  forse  nella  pratica  la  confisca  fu  limitata  ai  casi  di  crimini ,  e  contro  il 
contumace  si  applicò  negli  altri  casi  la  investitura  salva  querfìa,  od  il  pignoramento, 
secondo  che  si  trattava  di  azioni  immobiliari  o  nascenti  da  debiti  (1);  ma  non  rimase 
senza  influenza,  sopra  alcune  delle  leggi  che  posteriormente  entrarono  in  vigore,  il  concetto 
onde  aveva  preso  le  mosse  il  diritto  germanico  (2).  Infatti  nelle  Costituzioni  sicule  la  con- 
tumacia riappare  come  un  reato  che  è  represso  con  pena  pubblica.  Federico  li  dichiarò 
che  la  pena  di  nove  oncie  d'oro  comminata  al  contumace  dalle  antiche  leggi  sicule  non 
gli  sembrava  appropriata ,  e  perciò  la  cambiò  nella  perdita  del  terzo  del  patrimonio  mo- 
biliare del  contumace,  senza  far  differenza  fra  cause  civili  e  criminali  (3).  Questa  pena  è 
scritta  nelle  sue  leggi,  come  complemento  ad  un  sistema  di  disposizioni,  per  cui  le  ragioni 
dell'attore  sono  protette  in  maniera  che  la  diserzione  del  giudizio,  per  parte  del  convenuto, 
non  gli  cagioni  detrimento  di  sorta  (4). 

S'informa  a  questo  principio  anche  lo  Statuto  di  Amedeo  VI.  La  condizione  del  con- 
tumace nei  rapporti  coU'attore  è  regolata  dal  diritto  comune,  ma  le  sanzioni  civili  non 
sono  ancora  considerate  come  sufiicienti ,  e  per  ciò  vi  si  aggiungono  le  penali.  Per  esso , 
come  per  i  canonisti  di  quell'epoca  (5),  la  contumacia  suppone  la  colpa,  e  quindi  non 
deve  andare  impunita.  Una  multa  è  comminata  al  contumace  per  ogni  volta  che  citato 
non  compaia,  oltre  al  pagamento  dei  danni  e  delle  spese,  e  questa  multa  è  gi-aduata  se- 
condo la  differente  qualità  delle  persone.  Perciò  è  disposto,  che  se  si  tratti  di  un  agricol- 
tore 0  di  un  artigiano,  per  la  prima  contumacia  debba  sborsare  cbique  soldi  viennesi,  per 
la  seconda  dieci,  per  la  terza  quindici,  e  per  ogni  ulteriore  sia  raddoppiata  la  multa  sta- 
tuita per  la  precedente  ;  se  invece  si  tratti  di  nobile  non  handerese,  o  borghese  non 
artigiano,  o  di  notaro,  la  multa  è  stabilita  con  lo  stesso  sistema  sulla  base  di  venticinque 
soldi  viennesi  per  la  prima  contumacia  ;  se  infine  trattisi  di  banderesi,  è  posta  a  base  la  multa 


(1)  V.  nel  Uh.  PapAa  gì.  2  aii  Lud.  V.  10ed£rp.,§  2,  Lud.  P.  17:  Iìethmann-Hollweo,  op.  cit.,  II, 
§  112.   FicKER,  op  cit.,  I,  p.33. 

(2)  Anche  nel  diritto  canonico  era  riconosciuta  al  giudice  la  facoltà  di  punire  il  contumace.  Le 
peno  erano  pubbliche  o  private,  o  frequentissimo,  come  ò  noto,  era  in  tali  casi  l'uso  della  scomunica 
che  venne  poi  moderato  dal  Concilio  tridentino.  V.  in  proposito  Mùnchen,  op.  cit.,  I,  229,  320  segg., 
lui  segg.  KouRNiEB,  op.  cit.,  p.  ir^G. 

(3)  Const.  1,  99 <  Contumacem  (cuiuscumque  conditionis  sit)  conventum  civiliter  vel  crinii- 

naliter  accusatum  tertia  parte  honorum  mobilium  nostro  erario  inferenda  in  posterum  mulctari  cen- 
semus  »  .  Anche  negli  Statuti  di  Pera,  tit.  11,  Rubr.  22  (Kdiz.  V.  Promis,  Torino  1871,  p.  32)  De  contu- 

iiiacibus «   lUe  qui  tacitus  fuerit  et  ante  me  non  venerit  conferam  ei  qualibet  vice  soldos  V  vel 

loinus  arbitrio  meo  nisi  iusto  impedimento  vel  alia  iusta  causa  stetisset  "  .  Cosi  pure  negli  Statuti  di 
lìivalta  (Ediz.CoARETT.^,  1878),  Rubr.  Dn  citatione personaliter  et  non  venerit.  »  Item  statutum  est  quod  si 
.iliquis  citatus  fuerit  personaliter  coram  curie  Rippalte  ut  veniat  alicui  de  iustitia  responsurus  per 
inincium  domini  et  non  venerit  solvat  prò  banipno  denarios  duodecim  seciixinos  •>  .  Il  hannum  prò 
fontumacia  apparo  frequente  nella  legislazione  statutaria  italiana.  Ficrkr,  op. cit.,  I,  iOl.  Negli  Statuti 
<li  Porto  Maurizio  (  pubblicati  da  Doneaud  ,  Storia  dell'antica  comunità  di  Porto  Maurilio.  P.  1*, 
Oueglia  1875),  trovo  prescritto:  Rubr.  24.  «  In  praeceptis. .  .  factis  de  mandato  magistratus  portus,  si 
;iliquis  citatus  fuerit  personaliter  et  non  comparuerit,  solvat  prò  prima  citatione  soldos  duos  illi  qui 

eum  citare  fuerit  et  ultra  expensas prò  secunda  citatione  soldos  quinque  quorum  duo  sint  citar! 

facientis  et  reliqui  tres  communis  portus  et  in  omnibus  casibus  semper  solvat  expensas  ut  supra  »  .  Qui 
liappare ,  come  si  vede,  l'antica  distinzione  tra  il  frodo  e  la  composizione  in  stretto  senso  fatta  dal 
diritto  franco  nella  multa  inflitta  al  contumace;  V.  Sohm,  op.  cit.,  p.  170,  n.  105. 

(4)  Sopra  il  hanno  delle  Costit.  sicule  ,  V.  Ficker,  op.cit.,  n.  112-115. 

{h)  Ad  es.  lo.  DE  Deo,  Cavili.  46,  VI,  e.  4  n.  44  :  «  Dicturis  de  contumacibus  primo  occurrit  dicore  de 
ilolo  siue  quo  contumacia  esse  non  potest.  Est  ergo  dolus  malus  quia  est  et  dolus  bonus  ...  Dicto .. . 
de  dolo  et  de  contumacia  videamus,  quae  est  eius  filia,  sicut  peccatum  est  filius  iniquitatis  ». 


110  STATITI    III    AMEPEO    VI 

di  dieci  lire.  Ma  per  la  qualità  della  causa  o  per  ragione  di  antecedente  contumacia  il  giu- 
dice potrà  anclie  comminare  nella  citazione  una  pena  maggiore  di  quelle  sopra  accennate. 
Tutto  ciò  ha  luogo  ri.spetto  alle  cause  civili.  Quanto  alle  criminali,  le  multe  sono  raddop- 
piate, ed  è  pure  lecito  al  giudice  di  impoi-le  maggiori  secondo  la  qualità  delle  persone  e 
del  delitto.  In  ogni  caso  però,  affinchè  si  incorra  nello  aggravamento  della  pena  stabilita 
dalla  legge,  è  necessario  che  le  contumacie  si  susseguano  immediatamente  ;  verificandosi 
una  discontinuità,  se  cioè  le  citazioni  non  sono  state  ripetute  a  breve  intervallo  di  tempo, 
la  pena  che  colpisce  la  seconda  o  la  terza  contumacia  non  è  che  quella  imposta  per  la  pre- 
cedente (1). 

Ma  la  multa  si  incorre  essa  di  pien  diritto,  ovvero  fa  d'uopo  che  sia  instata  ?  Il  prin- 
cipio del  diritto  canonico  era  che  contumacia  non  accusata  non  nocef:  bisognava 
quindi  che  il  giudice  la  dicliiarasse  (2).  Il  nostro  Statuto  per  contro  vuole  che  la  pena  si 
intenda  incorsa  ipso  iure  pel  solo  fatto  della  contumacia ,  anche  qualora  il  giuilice  non 
l'abbia  comminata  nella  citazione  (3). 

Il  procuratore  fiscale  dovrà  a  tale  effetto  citare  il  contumace  davanti  al  Consiglio 
od  al  giudice,  secondo  i  casi,  e  quivi  gli  dicliiarerà  la  pena  incorsa  ;  al  che  seguirà 
la  condanna,  a  meno  che  la  contumacia  non  possa  essere  scusata  da  qualche  giusta 
causa  (4). 


Vili. 


Ma  quale  sarà  l'autorità  giudiziaria  davanti  a  cui  il  convenuto  dovi'à  essere  citato  (" 
Il  diritto  comune  aveva  ereditato  dal  diritto  romano  i  varii  titoli  di  competenza  che 
in  quello  si  erano  venuti  via  via  svolgendo,  dopoché  il  rigoroso  principio  della  esclu- 
sione di  ogni  altro  foro  che  non  fosse  quello  dell'origine  e  del  domicilio  era  stato  messo 
in  disparte.  Quindi  fu  adottato  anche  il  forum  contractus.  Ma  poteva  essere  dubbio, 
e  la  questione  fu  lungamente  dibattuta  fra  gli  autori  e  variamente  risolta  dalli»  leggi  (.5), 
se  per  questo  titolo  divenisse  competente  il  tribunale  del  luogo  dove  la  obbligazione 
era  nata  o  quello  piuttosto  del  luogo  dove  la  medesima  doveva  avere  il  suo  esegui- 
mento [forum  solutionis)  (G).  11  diritto  canonico  inclinava  manifestamente  alla  seconda 
opinione  (7),  ed  alla  medesima  aderivano  eziandio  i  trattatisti  (8).   Il  nostro  Statuto 


(1)  C.  16. 

(2)  V.  Endemann,  Das  deutsche  Civilprozessrecht  (Erlangen,  1868),  p.  408;  Wetzf.i.i.,  System  des 
ordentlichen  Civilproiesses  (Leipzig,  1878).  p. 982.  Sui  requisiti  necessari  perdio  il  {.'iitilice,  secondo  il 
diritto  canonico,  possa  dichiarare  la  contumacia,  v.  Mììnchen,  op.  cit.,  1,  228. 

(3)  C.  17. 

(4)  C.18. 

(5)  V.  in  proposito  Satigny,  System  des  heut.  rSm.  Rechts,  Vili  [Berlin,  1849),  ^  370.  Bab,  Civilproiess 
(in  HoLTZENDoRFKS  Eticyclopàdìe)  p.  312. 

(6)  Il  dubbio  nasceva,  come  è  noto,  da  alcuni  passi  delle  Pandette,  specialmente  dalla  L.  19,  ]j  2, 
Dejurf.5,  I. 

(7}  V.  principalmente  e.  17  De  for.comp.2,  2. 

(8)  DuRANT.  Spec.  II,  I,  De  camp.  iud.  ^  1,  n.  18 «  nam  ibi  dicitur  quis  contrahere  ubi  se  con- 

etituit  soluturum  ». 


PER    CESARE    NANI  117 

l'accetta  esso  pure ,  ordinando  che  qualora  nasca  controversia  per  qualsiasi  contratto 
0  quasi-contratto,  che  abbia  avuto  origine  in  Ciamberì,  il  Consiglio  quivi  residente  od 
il  giudice  di  Savoia  sieno  competenti  a  conoscerne  anche  quando  l'esecuzione  debba 
seguire  altrove.  Gli  altri  giudici  invece  sono  competenti  a  decidere  solo  quando  nelle 
loro  giudicature  debba  per  accordo  delle  parti  effettuarsi  il  contratto  (1).  La  compe- 
tenza del  Consiglio  e  del  giudice  di  Savoia  viene  per  tal  maniera,  per  la  ragione 
più  sopra  avvertita,    alquanto  allargata  in  confronto  a  quelli. 


IZ. 


La  parte  citata  compare  dinanzi  al  tribunale  assistita  ordinariamente  da  un  avvocato 
e  rappresentata  da  un  procuratore  (2),  perocché  durava  ancora  l'antica  distinzione  fra 
i  due  uffizii  già  propria  del  diritto  romano.  Scomparsa  nell'epoca  della  prevalenza  del 
tliritto  germanico,  che  non  ammette  in  giudizio  che  come  eccezione  la  rappresentanza 
e  la  difesa  per  parte  di  un  terzo,  essa  ricompare  col  risorgere  del  diiito  romano  (u) 
,  Potevansi  i  due  uificii  riunire  in  una  stessa  pei-sona,  ma  non  perciò  si  confondevano 
insieme  (4). 

Nondimeno  per  lo  Statuto  di  Amedeo  VI  non  è  reso  necessario,  almeno  per  tutti  gli 
atti  del  giudizio,  il  ministero  del  procui-atore,  come  si  può  argomentare  dall "esservi  stabilito 
che  non  si  ha  da  intendere  essere  stato  revocato  il  procuratore  anteriormente  costituito,  solo 
perchè  la  parte  interessata  sia  comparsa  personalmente  in  giudizio  (5). 

Per  contro  appare  maggiore  la  cura  perchè  niuuo  dei  litiganti  resti  privo  dell'assi- 
stenza di  un  avvocato.  Al  quale  scopo  sono  dirette  due  disposizioni,  la  seconda  delle  quaU. 
la  più  importante,  è  diventata  il  fondamento  di  una  istituzione  che  fiori  fino  a  questi  ul- 
timi tempi  negli  antichi  Stati  di  Casa  Savoia. 

La  prima  richiama  in  vigore  un  principio  che  già  il  diritto  romano  aveva  sancito. 
Quando  l'avvocatura  cessò  di  essen;  una  professione  assolutamente  libera  per  diventare  un 
ufficio  pubblico,  lo  Stato,  in  vista  dell'interesse  generale,  le  impose  certe  norme  e  fondizioui. 
Fra  le  altre  questa,  che  l'avvocato  potesse  talora  essere  obbligato  a  prestare  la  propria 
assistenza  anche  contro  il  suo  volere.  Il  pericolo  ciie  una  delle  parti  litiganti  riuscisse  a 
mettere  dalla  sua  tutti  gli  avvocati,  od  almeno  i  migliori  fra  quelli  addetti  ad  un  tribunale, 
per  guisa  che  la  causa  dell'avversario  fosse  esposta  a  soccombere  per  difetto  od  imperizia 


(i)c.ir,. 

(21  Ciò  risulta  dai  co.  "8,  32.  Esempio  di  procura  geuerale  alle  liti  nel  Prot.  I.jó,  f.  2  (a.  I;j33). 

(3)  1  primi  esempii  in  Italia  di  patrocinio  delle  cause  assunto  da  giureconsulti  sono  forniti  pro- 
babilmente dai  causidici  di  Romagna,  dove  il  diritto  romano  aveva  serbato  pressoché  del  tutto  carattere 
territoriale. 

(4)  Quindi  Bulgaro,  De  jud.,  §  3,  così  caratterizzava  il  compito  dell'avvocato:  <i  Advocati  sunt  qui 
et  patroni  (causarum)  dicuntur,  qui  ingrediuntur  iudicium  utrique  parti  suum  pi-aesfantes  auxilium 
quorum  est  officium  causas  perorare  quousque  volueriut  ». 

(5)  C.  32.  Neil' Ordojwrf.  di  Ottone  Pavese  Rnhr.  De  Procuratoribus  (e.  4). . .  «ad  sui  defensionem, 
procuratorem  constituere,  nemo  ex  ordine  prohibetur  ». 


1  1  S  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

del  difensore  ha  dettato  nella  legislazione  imperiale  questa  restrizione  (1).  Essa  fu  mante- 
nuta nel  Medio  Evo  (2)  e  la  troviamo  pure  imposta  dal  nostro  Statuto,  dove  è  fatta  facoltà 
al  (\>nsiglio  ed  ai  Giudici  di  obbligare  gli  avvocati  a  prestare  il  loro  consiglio  e  di  distri- 
liuirli  fra  le  parti,  sotto  pena,  per  chi  non  obbedisca,  di  temporanea  interdizione  o  di  multa, 
a  meno  che  non  possa  allegare,  con  giuramento,  una  giusta  causa  del  proprio  rifiuto  (3). 


Più  notevole  ancora,  come  si  è  avvertito,  è  l'altra  disposizione,  parimente  relativa 
all'avvocatura,  alla  quale  il  Principe  stesso  dovette  annettere  particolare  importanza, 
})OÌchè  volle  che  fosse  scritta  prima  fra  tutte  nel  suo  Statuto.  Con  essa  fu  introdotto  per 
la  prima  volta  in  Savoia  l'avvocato  dei  poveri.  Poiché  molte  volte  avviene  (è  ivi  detto),  e 
])uò  avvenire  in  futuro,  che  persone  povere  e  miserabili  abbiano  ad  essere  imjìlicate  in  liti 
f)  come  parte  attrice  o  convenuta,  e  non  possano  né  agendo  né  difendendosi  tutelare  il  proprio 
diritto  a  motivo  della  loro  povertà ,  il  Conte  di  Savoia  vuole  statuire  che  nella  città  di 
Ciamberì  risieda  un  giureconsulto,  il  quale  sarà  avvocato  dei  poveri  nelle  cause  e  per  tutti 
gli  altri  atti  giudiziari! ,  ed  a  cui  il  conte  assegnerà  uno  stipendio  ammo  (4).  Di  questa 
istituzione  pietosa  che  ebbe  secoli  di  vita  e  lasciò  di  sé  nobili  memorie  si  possono  a  nostro 
avviso  i-intracciare  le  più  remote  origini  in  certi  ordinamenti  delle  leggi  barbariche  (5). 
Infatti  in  un  Capitolare  franco  è  chiaramente  espresso  il  principio  che  alle  vedove ,  ai 
})upilli.  ed  ai  poveri  debba  nei  giudizii  dai-si  un  avvocato  che  ne  esponga  e  ne  sostenga  le 
lagioni  (6). 

Quel  principio  dettato  da  un  sentimento  d'umanità  penetrò  nella  legislazione  medio- 
evale italiana,  e  seppe  assumervi  qua  e  là  forma  più  concreta  e  determinata.  Le  leggi  di 


(1)  L.  7,  C.  De  postulando  2,  6.  «  Providendum  est  ne  hi,  quos  in  foro  aut  meritum  nobilisaimos 
fi'cit  aut  vetustas  in  una  parte  consistant,  aliam  a  rudibus  atque  tironibus  necesso  sit  sustineri.  |j  t , 
.\tque  ideo  si  in  uno  auditorio  duo  tintura  prae  ceteris  fuerint  vel  plures  quorum  fama  sit  hilarior, 
in  iudicantis  officio  sit  ut  par  causidicorum  distributio  fiat  ut  aequae  sint  partibus  auxilium  sin- 
f;ulorum  et  aequa  divisio  procedat». . eliche  la  legislazione  ecclesiastica  provvide  a  che  una  delle  parti 
non  si  accaparrasse  tutti  i  procuratori  di  un  tribunale.  Syn.  Cantuar.  e.  18  (a.  i^S&).  Labbé,  XI,  r412. 
V.  FOURNIEK,  op.  cit.,  p  38. 

{i)  Nella  carta  di  Payerne  del  1347  a.  21  (Fokel,  op.  cit.,  p.  99)  similmente  è  disposto:  ..."  Quoties- 
cumque  aliquis  burgensis  questionem  habuerit  coram  advocato  contra  alium  et  consilium  reperire  non 
potuerit,  quod  advocatus  et  consules  Paterniaci  de  Consilio  petenti  providere  teneantur  » 

(3'  C.  28.  La  ragione  di  questo  disposto  non  può  essere  ohe  l'identica  che  l'ha  suggerita  nel  diritto 

romano  e  che  ai  suoi  tempi  ripeteva  Fabro  (Cod.  Ili,  4,  1) Cum  advocationis  itemque  procuratorie 

fifficiura  publicum  magis  sit  quam  privatum,  ot  nocessarium  potius  quara  voluntarium  ;  siquidora  invitis 
i|uoque  advocatis   et   procuratoribus  postulandi    procurandique   necessitas  iniungi   potest  ».   Ibid.  4,  3. 

(  Hodie quisquis  procurator  sit  in  aliquo  tribunali  aut  ailvocatus  proprio  su  astringit  iureiurando 

quod  petenti  cuilìbet,  si  nulla  erit  excusatio,  p.itrocinium  voi  oporam  suam  sit  praestiturus  ». 

;4)  CI. 

(5)  V.  Gli  Slattiti  di  Pietro  II,  n.  51. 

(6)  Cap.a.  817.  Aei;.  rtrfrf.  I,  3  (M.G.L.II,  .HI),  De  viduis  et  pupillis  et  pauperibus.  «  Comes  iìXoa  ve! 
illas  adiuvet  dando  eis  taloni  hominem  qui  ralionora  eorum  teneat  et  prò  eis  loquatur  ».  E  appena 
necessario  però  di  avvertire,  come  il  ministero  dell'avvocato  s'intendesse,  a  quel  tempo,  in  modo  assai 
diverso  da  quello  che  nell'epoca  romana  e  nella  presente. 


PER   CESARE    NANI  119 

Pederico  II  (1)  e  gli  Statuti  di  varii  Comuni  (2)  lo  accolsero,  e  gli  diedero  quale  in  un 
modo,  quale  in  un  altro  più  acconcio  svolgimento. 

Ma  allo  Statuto  di  Amedeo  VI  spetta  il  merito  di  avere,  creando  un  Ufficio  apposito 
dei  poveri ,  raggiunto  il  suo  intento  in  modo  più  largo  ed  efficace  di  ogni  altra  legge  (3). 


XI. 


Intoino  al  modo  poi  con  cui  si  svolge  il  giudizio  civile  non  si  incontrano  che  scarse 
regole  nello  Statuto. 

Una  di  esse  è  relativa  al  iusiuranduni  calumniac.  Anche  questo  dal  diritto  romano 
è  passato  nel  diritto  medioevale.  Da  una  semplice  facoltà  accordata  all'attore  ed  al  con- 
venuto di  pretendere  dall'avversario  una  solenne  aflfermazione  che  egli  non  agisce  né  si 
<lifende  valnmiiinndi.  cnnsd,  (4)  il  lii.'iiunnKÌti'ìii  caluìHniac  col  volgere  del  tempo  e  col 
modificarsi  del  carattere  del  processo  venne  a  cambiarsi  in  un  obbligo  imposto  dalla  legge 
alle  parti ,  e  comprese  eziandio  la  promessa  di  nulla  fare  nel  corso  del  giudizio  col  solo 
proposito  di  prociastinare  la  decisione  della  causa  (5).  In  questa  forma  ebbe  ad  accoglierlo 
il  diritto  secolare  ed  il  canonico  ((i). 

Ma  siffatto  giiuumento  doveva  prestarsi ,  oltreché  dalle  parti ,  anche  dai  loro  av- 
vocati. Secondo  il  diritto  romano  la  cosa  non  poteva  essere  dubbia,  poiché  la  legge 
loro  lo  imponeva  esplicitamente  (7).  All'epoca  dei  Glossatori  quest'ohbligo  durava  pari- 


(1)  Anch'emù  volle  che  le  cause  dui  poveri  fossero  gratuitameate  patiocinate ,  ma  senza  stabilire 
per  ciò  un  ufficio  speciale  dei  poveri.  iVo».  Cons*,  1,  34  (Huili.ard-Breholi.es,  IV,  180).  r  Lege  praesenti 
pietatis  officio  suggerente  statuimus  ,  pupillis,  viduis,  orphanis,  pauperibus  seu  quibuslibet  debilibus, 
praesertim  contra  potentes  agentibus  aut  defendentibus  causas  suas  seu  iura  uostrae  curiae  defenden- 
tibus  advocatos  et  pugiles  si  c;lll^.l  proposuerit,  de  curia  nostra  gratis  et  expensas  alias  victui  neces- 
sarias  dum  necessariani  in  curiam  raoram  trahont  nec  non  testium  producendorum  impendia  per  curiam 
largiri  debore  et  nuUas  ab  ipsis  praeterea  sportulas  ab  apparitoribus  vel  tabellionibus  nostris  omnino 
aut  prò  sententiarura  subscriptionibus  aliquid  volumus  postulari  "  . 

(2)  V.  Delvecchio,  op.cit.,  p.  130,  n  3.  Anche  gli  Statuti  di  Himini  (a.  1334)  si  occupano  {Rubr.  21 
e  segg.  )  dell'avvocatore  dei  poveri:  «et  novorum  civium  qui  et  que  propter  paupertatem  ipsorum  et 
propter  potentiam  suorum  adversariorum  advocatum  habere  non  possunt  » .  Salvigli  ,  Gli  Stai.  ined. 
di  /Jimmt  (Ancona,   1880). 

(3)  Intorno  all'ufficio  dei  poveri  ha  scritto  due  operette  il  Uu  Heux,  ossia  :  De  V institution  de  l'avocat 
des  pauvres  dans  le  royaume  de  Sardaigne  et  de  l'utilite  d'une  institution  de  ce  genre  en  France 
(Troyes,  184r3),  dove  però  si  asserisce  erronfiameute  (pag.  20)  che  i  primi  monumenti  legislativi,  che 
abbiano  regolato  in  Savoia  l'istituzione  dell'avvocato  dei  poveri,  risalgono  ad  Amedeo  Vili  ;  ed  Etudes 
sur  V institution  de  V avocai  des  pauvres  et  sur  les  moyens  de  défense  des  Indigents  (Paris,  1847),  che 
non  mi  riuscì  di  trovare. 

(4)  (!ai.  IV,  §§  173,  174,  176.  Keller,  op.cit.,  p.  205,  227. 

(5)  Ij  1.  1.  De  poena  tem.lit.4,  16.  Cod.2.  59  (nell'odiz.  Krììger,  58).  De  iureiur.  propt.  cai.  dando. 

JVoiJ.  49,  e.  3,  §  I  :  «  Sancimus ut  utraque  pars,  dum  una  quidem  de  calumnia  sacramentum  prae- 

buerit,  alia  vero  quia  iustam  putans  reluctationem  esse  litis  adjiciat,  quia  in  tota  lite  siculi  quaesierit 
probationes  adversarium  suum,  non  per  occasionem  dilationis  hoc  faciat,  sed  prò  veritate,  necessariara 
sibi  a  suo  adversario  exhibendam  putans  probatiouem  >>  . 

(6)  V.  Endemann,  Die  Beweislehre  des  Civilprosesses  (Heidelberg,  1860)  ^  107.  Gross,  Die  Betoeis- 
thcorien  im  canonischen  Prozess,  1  (Wien,  1867),  p.  72. 

(7)  L.  2  pr.  C.  cit utriusque  partis  viros  disertissimos  advocatos insinuandum  praestare  »  . 

U  1,  1.  cit. ...  €  utriusque  etiam  partis  advocati  iusiurandum  subeunt  »  .  L.  14,  J  1  (nell'ediz.  Kriiger  4), 
C.  Dej'urf.  3,  1:  «Patroni  causarum  cum  lis  fuerit  contestata  ....  iuramentura  praesteut  ». 


120  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

mente  (1).  Ma  forse  più  tardi  qua  e  là  esso  era  andato  o  stava  per  andare  in  disuso  (2)  ed 
è  probabilmente  per  questo  motivo  che  lo  Statuto  lo  sancisce  nuovamente  dichiarando 
che  gli  avvocati  delle  cause  debbano  giurare  de  calumnia  secondo  la  forma  di  legge  (3). 

Se  anche  i  procuratori  sieno  tenuti  a  prestare  questo  giuramento,  il  che  era  contro- 
vei-ho  nella  giurisprudenza  canonica  (4),  non  è  detto  nello  statuto. 

Un'  altra  disposizione  riguarda  la  materia  probatoria,  e  si  riferisce  più  specialmente 
al  giuramento  decisorio. 

A  chi  e  da  chi  jiuò  riferirsi  od  essere  riferito  questo  giuramento  ?  Nel  diritto  romano 
era  profondamente  radicata  la  massima  che  esso  non  può  versare  che  sul  fatto  propri(j  di 
chi  deve  prestarlo,  poiché  questi  solo  si  ha  certezza  che  lo  conosca  pienamente.  Qualunque 
altra  persona  adunque,  fosse  pure  l'erede  od  il  coniuge,  non  j)uò  essere  tenuto  a  pre- 
starlo (5).  La  giurisprudenza  medioevale  non  ha  deviato  da  questo  concetto  (G),  al  quale 
il  diritto  canonico  doveva  dimostrar.si  singolarmente  favorevole,  intento  come  esso  era  ad 
eliminare  ogni  occasione  di  spergiuro  (7),  e  per  siffatto  modo  esso  si  è  mantenuto  in  vita 
nelle  leggi  infino  ai  di  nostri  (8). 

Ma  quella  lo  ha  portato  a  con.seguenze  anche  più  spinte  che  non  il  diritto  romano. 
Perocché  fondandosi  sopra  alcuni  frammenti  delle  Pandette  non  rettamente  interpretati, 
essa  ha  ritenuto  per  un  certo  tempo,  che  non  si  potesse  validamente  deferire  il  giuramento 
da  una  parte  all'altra,  benché  si  trattasse  di  fatto  proprio  di  quest'ultima,  allorquando 


(I)  BiiLtìAR.  Dejud.,  ^  3.  «  Advocati  post  litem  contsstatam  religione  iureiurandi  arctaudi  sunt, 
quod  omni  viitute  sua  onmique  ope  ,  quod  verum  et  iustum  existiraavcrint  id  suo  litigatori  inferri 
procurent,  iiihil,  quod  sibi  possibile  est  de  industria  relinquentes  •.  .\nche  lo  Statuto  di  l'era  imponeva 

il  iur.de  cai.  al  procuratore,  I  Rubr.  28.   < Et  quilibet  procurator  ordinatus  in  causis  seu  qui  in 

alìqua  causa  interveniet  possit  et  toneatur  iurare  de  calumpnia  et  respoudere  in  animam  suani  si 
requiratur  per  partem  adversam».  Nella  Practica  Ord.jud.  di  Ottone  Pavese  alla  Rubr.  De  advocatis, 
e.  8,  è  riferito  il  contenuto  del  giuramento  che  essi  dovevano  prestare  all'inizio  della  lite. 

(3)  Cfn-to  ai  suoi  tempi  osservava  Dionisio  GoTOKREno  (in  nota  alla  1.?,  I,cit). ..  «  in  consuetudine 
non  habetur  quod  iuretur,  licet  lege  caveatur  ».  Nella  Praxis  di  Bartolomeo  Brunazio  (Venezia  1567) 
non  se  ne  fa  più  parola. 

(3)  C.  30. 

(4)  "V.  Endem.^nn,  Be^reislehre,  p.  533. 

(5)  Paulus  II,  1,  §  4.  a  Heredi  eius  cum  quo  contractum  est,  iusiurandum  deferri  non  potest  quoniam 
oontractum  ignorare  potest  ».  L.  1 1 ,  §  2,  D.  De  art.  rer.  amot.  25,2  «...  pater  ....  amoventis  iurare  non 
cogitur,  cum  iniquum  sit  de  alieno  facto  alium  iurare;  is  ergo  cogitur  iurare  qui  amisisse  dicitur  et 
idcirco  nec  hores  eius  qui  quaeve  amovisse  dicotur,  iurare  cogetup".  V.  in  proposito  Saviost,  Sy- 
.liem,  VII,  p.04. 

(6)  DuRANT.  .?pec.  Il ,  De  iuram.del.  n.7.  Gross,  op.  cit.,  II  (Innspruck,  1880),  p.75,  248. 

(7)  È  noto  come  il  giuramento  decisorio  avesse  nel  diritto  canonico  essenzialmente  il  carattere  di 
una  prova  sussidiaria,  comò  risulta  dal  e.  2,  X,  De  probat.  2,  19;  che  anzi  vi  fu  epoca  in  cui  la  scuola 
italiana  lo  trattò  come  una  probatio  irregularis,  limitandone  l'applicazione  e  scemandone  l'impoi-tanza. 

'Alla  scuola  francese,  a  Donello  o  Cuiacio  sopratutto,  è  dovuto  se  il  giuramento  decisorio  ricomparve 
nella  teoria  e  nella  pratica,  in  quella  forma  stessa  che  aveva  assunto  nel  diritto  romano. 

(8)  Mentre  in  (Jermania  accanto  al  iura>nentnm  de  veritate  andava  sviluppandosi  il  iur.  de  credulilale, 
nel  diritto  sabaudo-piemontoso  serbavasi  inalterato  il  concetto  romano.  Fabro  (cod.IV,  1  dcf  18)  inse- 
gnava: >i  De  alieno  (facto)  iurare  nemo  cogendus  est  periurii  raetu  »  ed  ancora  Bertolotti,  Istit.  di  dir.  eiv 
(Torino,  18271,  IV,  343,  ripeteva  la  regola:  n  Quisque  iurat  de  facto  suo.  >>  Più  tardi  però  ilCod.civ. 
albertino  (art.  1474)  ammetteva  (seguito  in  ciò  dal  Cod.civ.it.  a.  1365)  il  giuramento  anche  sulla  semplice 
notizia  di  un  fatto.  Per  contro  il  Codice  napoleonico  apparentemente  non  si  è  discostato  dal  rigore  del 
dir.  romano  (art.  1359)  ma  ha  introdotto  una  eccezione  coli' art.  2275  in  base  al  quale  il  giuramento 
sulla  semplice  notizia  è  invalso  nella  pratica.  V.  Marcadè,  Explic.  etc.  a.  i;i5U-l;!60.  Mattirolo,  Eletn. 
di  dir.giud..  Il  (Torino,  1876),  p.3l2.  n.  1. 


PER    CESARE    NANI  121 

questa  non  avesse  potuto  a  sua  volta  riferirlo  (1).  Uno  studio  esagerato  di  mantenere  per- 
fettamente uguale  la  condizione  delle  parti  litiganti  aveva  condotto  a  (juesto  assurdo,  di 
escludere  il  giuramento  decisorio  in  un  gran  numero  di  casi  nei  quali  niun  pericolo  poteva 
sorgere  dall' ammetterlo. 

Ora  il  nostro  Statuto  riproduce  esattamente  lo  stato  della  giurisprudenza  in  quel- 
l'epoca, circa  a  questo  argomento.  Esso,  quasi  a  modo  d'interiiretazione  di  un  frammento 
delle  Pandette  (2).  enuncia  anzitutto  la  massima,  che  solo  le  persone  che  abbiano  contrattato 
fra  di  loro  o  stretto  qualsivoglia  negozio  giuridico  possano  mutuamente  deferirsi  e  riferirsi 
il  giuramento  decisorio.  In  secondo  luogo  proibisce  ai  loro  successori  universali  o  singolari 
di  valersene.  Ma  il  divieto  non  è  concepito  in  modo  che  il  giuramento  non  possa  riferirsi 
solo  ali  'erede  di  colui  del  quale  è  proprio  il  fatto,  nel  qual  caso  si  avrebbe  nuUa  di  più  che 
(juanto  già  era  stabilito  dal  diritto  romano.  11  divieto  per  contro  è  esjiresso  in  modo  gene- 
l'ale,  per  forma  che  neppure  gli  eredi  d'  un  contraente  possano  deferire  il  giuramento 
all'altro  contraente  ancora  in  vita.  Che  tale  sia  la  estensione  del  divieto  è  fatto  anche  meglio 
palese  dalla  eccezione  che  segue  immediatamente.  Se  cioè  si  tratti  di  eredi  che  abbiano 
lite  con  chi  abbia  gerito  un  affare  del  loro  autore ,  quelli  hanno  facoltà  di  deferirgli  il 
giuramento  decisorio.  Di  regola  non  lo  potrebbero,  [lerchè  il  loro  avversario  non  avrebbe  il 
diritto  di  riferire  loro  il  giuramento  deferitogli,  ma  per  considerazioni  speciali  il  legislatore 
ha  in  loro  favore  derogato  al  rigore  della  massima  generale  (3). 


xa. 

Il  rendere  quanto  più  possibile  spedito  il  corso  delle  cause  era  stato  uno  degli  intenti 
|)iincipali  che  si  era  proposto  Pietro  II  nell 'emanare  il  suo  statuto  ;  ed  a  questo  scopo  mirò 
pure  Amedeo  VI  (4). 

Non  è  qui  il  luogo  di  ricordare  per  quali  cause  il  processo  in  quell'epoca,  essendosi 
moltiplicate  le  formalità  ed  i  termini,  fosse  venuto  allungandosi  oltre  ogni  discreta  misura, 
per  guisa  che  lo  studio  dei  legislatori  dovette  rivolgersi  a  cercare  i  modi  clie  potessero 
condurre  ad  abbreviarlo  (5).  Per  lo  appunto  nelle  leggi  di  Pietro  II  si  possono  ravvisare  i 
(irimi  timidi  tentativi  di  introdun-e  in  luogo  dell'ordinario  procedimento  un'altra  forma 
meno  lenta  di  giudizio.  Essi  corrispondevano  allo  stato  delle  idee  di  quell'epoca,  nella 
(juale  incominciava  appena  a  manifestarsi  nelle  curie  ecclesiastiche  e  nelle  secolari  una 
tendenza  a  spogliare  il  processo,  specialmente  riguardo  a  certe  cause .  di  alcune  di  quelle 


(1)  Tale  era  la  tporia  di  Natta  Cons.  XXXV,  1,  .  Quia  iura  semper  cooiungunt  delationi  relationem 
et  cogunt  reuni  iurare  vel  defeire  »  ,  non  peiò  di  Cbavetta  Cons. 203.  V.  in  proposito  Menoch.  De  arbitr 
iud.W,  Cent.  II,  e.  189,  7.  Pothier,  Tratt.  delle  obbl.,  n.9f3. 

(2)  E  la  1.38  V.Re  iureiur.  12.  1.  «  Manifestae  turpitudinis  et  confessionis  est  nelle  nec  iurare  nec 
inramentum  referre  »  . 

(3)  C.  31.  Ecco  la  disposizione  finale  di  questo  capo  che  ò  alquanto  oscura...  ..  nisi  fiat  delatio 
por  successores  alteri,  cuius  persona  gessisset  negotium,  non  autem  e  centra  ». 

(4)  E  detto  nel  preambolo  dello  Statuto  :  «  Desiderio  desiderans  verum  breve  atque  rectum  et  imma- 
culatum  intercius  subditos  fieri  facere  ac  {cum?)  per  lungura  iudiciorum  tractum  dicti  subiecti  sum- 
tibus  et  latoribus  praegravantur. .    ..». 

(5)  V.  Gli  StattUi  di  Pietro  II,  §  III,  IV. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV. 


16 


122  STATUTI     DI     AMKDEO    TI 

formalità  che  meno  erano  necessarie  e  maggiormente  lo  impacciayano  e  ne  ritardavano  lo 
svolgimento. 

Dopo  d'  allora ,  segnatamente  in  seguito  alla  promulgazione  della  celebre  Decretale 
Sucpe  dell'anno  1306  di  Clemente  V  (1),  e  della  Disprndiomm  dell'amia  l:!!!  dello 
stesso  Pontefice  (2),  si  era  completata  in  ogni  sua  parte  la  teoria  del  processo  accelerato. 
Mentre  il  processo  sommario  (che  ha  per  iscopo  di  anivare  non  già  ad  una  sentenza  defi- 
nitiva.  ma  solo  ad  un  provvedimento  temporaneo  nei  suoi  eifetti).  procedeva  nel  diritto 
medioevale  direttamente  dal  siitiniKithii  roijuoacerc  del  diritto  romano  (3).  il  procedimento 
che  si  svolge  de  plano,  sine  strcpitu  et  figura  iudicii.  se  può  avere  qualche  analogia  colla 
procedura  indicata  per  gli  interdetti  per  le  cause  di  poco  momento  o  pei-  quelle  di  eccle- 
siastici portate  dinanzi  al  tribunale  vescovile  .  è  .però  nel  suo  compless<i  una  creazione 
della  giurisprudenza  medioevale.  Trasportato  dai  tiibuuali  ecclesiastici  nei  laici .  esso  vi 
piglia  quasi  intieramente  il  posto  del  ))rocesso  ordinario  (4).  e  riceve  quivi  dalla  legisla- 
zione secolare  alcune  modificazioni. 

Una  di  queste  è  contenuta  nel  nostro  Statuto.  11  quale  pone  anch' esso  il  principio 
che  il  Consiglio  ed  il  Giudice  ordinario  e  (jnello  degli  appelli  debbano  terminare  tutte  le 
cause  soggette  alla  loro  competenza  sinipìicitrr.  dr  piavo,  siiic  .ifripitii  rt  fitiura  iiididi, 
ma,  per  ottenere  più  sicuramente  lo  scopo  di  una  sollecita  amministrazione  della  giustizia, 
fissa  eziandio  lo  spazio  di  tempo  entro  cui  la  lite  vuole  e&sere  definita.  Perocché  i-  da 
notare  che  la  (Jlementina  Sacpe  aveva  a  questo  medesimo  intento  munito  il  giudice  di  una 
facoltà  impoitaute .  di  dare  cioè  la  sentenza  appena  riputiisse  la  causa  matuia  a  deci- 
sione (5).  mentre  giusta  la  regola  dell' indi n aria  procedura  egli  avrebltc  dovuto  attendere 
che  le  parti  stesse  lo  lichiedessero .  cliiudendo  la  causa.  Ma  con  ciò  non  l'i-a  t()lt(.  ogni 
pericolo  di  un  soverchio  ed  inutile  prolungarsi  della  lite,  poiché  tutto  dipendeva  dal  pru- 
dente uso  che  il  giudice  avrebbe  fatto  di  quella  facoltà.  Lo  Statuto  di  Amedeo  VI.  seguendo 
l'esempio  di  altre  leggi  italiane  (6).  per  impedire  che  ciò  avvenga,  ordina  che  le  cause  di 
prima  istanza .  siano  esse  portate  davanti  al  Consiglio  od  al  giudice  ordinario ,  debbano 
essere  terminate  entro  un  anno  al  più  dal  giorno  in  cui  fu  proposta  l'azione  (7),  non  com- 
putate le  ferie,  e  quelle  di  seconda  istanza  entro  sei  mesi.  Che  se  pel  fatto  del  Principe  o 


(1)  Clem.  2  De  verb.  sign.  5. 11. 

(2)  Clem.  2  De jud.  Zi. 

(3)  V.  intorno  a  questo  Bethmann-Hollwkg,  op.  cit.  Ili,  J)  1(33. 

(4)  V.  specialmente  Briegleb,  Einleitung  in  der  Theorie  der  summ.  Processe  (lieipzig,  185t))  J  33. 

(5)  «  Sententiam  vero  deffinitivam  proferat  (index)  etiam  ei  ei  videbitur  conclusione  non  facta, 
prout  ex  petitione  et  pi-obatione  et  aliis  actitatis  in  causa  fuerit  faciendum  >■. 

(6)  Le  quali  però  generalmente  prescrivevano  termini  più  brevi.  Così  ad  es.  nelle  Costituzioni 
8Ìcule,iVor.  Const.  I,  52  (IIuu,i.\bd-Breholles  IV,  190)-."  lustitiarii. .  .causas  ordinarias  iudicio  audiant 
et  exarainent  et  dncidant  infra  triraestris  temporis  spatiuni  •.  Ibid.  1  ,  76.  "  Umnes  baiuli  locorum  et 
iudices  causas  in  eorum  iudiciis  inchoatas  infra  bimeslris  temporis spatium  a  diecitationisemisse  definiant 
nisi  pi-obationes  ex  longinquo  petantur  ,  sacramento  specialiter  super  hoc  prestito  per  petentem  ,  vel 
alia  manifestissima  causa  sit,  propter  quam  causam  infra  predictum  terminum  finiri  non  possit  ». 
V.  le  disposizioni  di  varii  Statuti  a  questo  riguardo  in  Del  Vecchio,  op.  cit.,  p.  132,  n.  3.  Per  contro 
lo  Statuto  di  Pera  assegnava  come  ordinario  il  termine  di  un  anno.  I.  Rubr.  Wl.  De  terminandis  et 

abreviandis  causis uUa  occasione    possit  concedi    vel  duri  dilacio    alieni   qua   causa  prolongelur 

ultra  annum  a  die  litis  contestate  et  mensem  nisi  de  ambarum  parcium  voluntate  n. 

(1)  L'azione  qui  prende  il  nome  di  petitio  .  perchè  con  tal  nomo  la  si  designava  nel  processo 
accelerato.  Scaccia,  De  iud.  1,  e.  53.  Bnobmann,  Cioilpr.,  p.  1032,  n.  28. 


PER    CESARE     NANI  12H 

per  altra  giusta  causa  non  possano  entro  quel  termine  essere  esaurite ,  ne  dovrà  essere 
fatto  c«nno  nei  registri  della  curia  (1). 

Infine,  quanto  alla  esecuzione  della  sentenza,  risulta  dallo  Statuto  che  essa  è  affidata 
ai  castellani  ed  ai  loro  subalterni,  i  mistrali  (2). 


ZIII. 

Kestando  ancora  nell'ordine  dei  giudizii  civili,  vogliono  qui  essere  esaminati  due  pro- 
cedimenti speciali,  dei  quali  è  pur  cenno  nello  Statuto. 

L'uno  è  ({uello  che  si  riferisce  agli  istrumenti  sigillati.  La  base  di  questo  procedimentf), 
(Ih-  corrisponde  esattamente  a  quello  esecutivo  in  forza  degli  istrumenti  muniti  della  clau- 
solii  di  guarentigia,  la  quale  era  in  quell'epoca  in  uso  in  Italia  e  fuori  d'Italia,  era  stata 
jiosta  già  iU(jlto  tempo  prima  da  Pietro  II  (3),  e  lo  Statuto  nostro  lo  ricorda  espressa- 
mente (<infi<iuiiiis  st(iti(fnm  fnrrit).  Lo  Statuto  di  Amedeo  VI.  pur  mantenendo  quella 
st(^ssa  base,  tiacciando  con  precise  disposizioni  il  corso  della  procedura  che  vuole  essere 
seguita  in  questo  caso,  fissandone  i  termini  e  stabilendo  le  norme  relative  alle  parti  ed  ai 
giudici,  riesce  a  dare  all'istituto  come  un  nuovo  aspetto. 

Per  gli  Statuti  di  Pietro  II  era  jìrcjscritto,  che  tutti  gli  istrumenti  sigillati  col  sigillo 
(lelbi  (hiria  del  (Jimte  di  Savoia,  dopo  confronto  colla  abbreviatura,  avessero  la  ste.ssa  effi- 
cacia clic  la  cosa  giudicata .  in  maniera  che  potessero  senz'  altro  mandai-si  ad  esecuzione  ; 
n(ni  dovendo  il  giudice  tener  conto  di  alcuna  eccezione  che  si  muovesse  dagli  interessati,  si; 
non  fosse  tale  clii'  si  potesse  oppon-e  anche  ad  una  sentenza  definitiva.  Ora.  con  lo  Statuto 
(li  Amedeo  VI.  questa  disposizione  è  confei-niata  (4).  Acceunavasi  parimente  nello  Statuto 
anteriore  alle  eccezioni  che  hamio  tratto  alla  validità  dell'istrumento,  a  quella  solutionis, 
ed  alla  ))erent()rÌH  in  genere,  a  condizione  però  che  fossero  tali  da  potersi  produrre  anche 
eontio  la  regiudicata.  E  queste  pure  sono  opponibili,  a  tenore  del  nuovo  Statuto,  con  ciò 
solo  che  viem^  esphcitamente  aggiunta  la  cxrrpfio  quittatinnia  (5),  e  quanto  alle  peren- 
torie è  tolta  la  condizione  che  sieno  opponibili  anche  contro  una  sentenza  definitiva , 
pel  qual  modo  riusciva  notevolmente  allargato  il  campo  delle  eccezioni  ammissibili  contro 
latto  sigillato  (ti). 


(1)  C.  8.  Secondo  la  legislaziono  giustinianea  ogni  causa,  com'è  noto,  doveva  terminarsi  entro  lo 
.-ipazio  di  tre  anni  post  litem  contustatam.  L.  13,  5  ',  C.  De  mrf.  3,  I. 

(2)  C.  50. 

(3)  V. ,  negli  Statuti  di  questo  Principe,  art.  17,  Rubr.  De  redditione  eariarum  et  istrumentorum, 
od  art.  2  (1  art.  ;uUl.)  Rubr.  De  notnriis.  Esempio  di  un  atto  sigillato  nel  Prot.  68,  p.  49. 

(4)  La  prima  parte  di  questo  capo  può  dar  luogo  a  qualche  difficoltà  d'interpretazione.  Io  l'in- 
tendo in  questo  senso:  «  Item,  che  come  anticamente  era  stato  stabilito,  tutti  gli  istrumenti  sigillati 
fui  da  principio,  ossia  all'epoca  della  redazione  (quibus  actum  fuerit  qiiod  sigillentur  sigillis  curiarum 
Uomini  nostri  Sabaudie  comitis,  et  per  hoc  sigillata)  o  sigillati  più  tardi,  previa  sempre  la  collazione 
(vel  etiam  non  acti  si  reperiantur  concordare  cum  protocollo  coUatione  facta  similiter  sigillata)  pos- 
sano e  debbano  ecc.  » . 

(5)  Era  questa  una  di  quelle  che  più  frequentemente  amraettevansi  dalla  legislazione  statutaria 
(V.  Statuti  di  Pietro  II,  n.  70,  71). 

(6)  Anche  nella  tooiia  la  eccezione  perentoria  fu  ritenuta  tacitamente  ammessa,  pur  quando  ne  tacesse 
lo  Statuto.  Ant.  Uk  Can.  Deexec.  instrum.  15.  «Ad  verte  tamen  quod  licet  contra  sententiain  exceptio  peren- 
toria opponi  non  possit  contra  instrumenta  opponi  potest...  Bald.  ad  1.  2,  C.  Sent.  rescindi  non  posse,  19... 
«  An  poterit  opponi  exceptio  peremptoria  ?  Respondeo;  sic,  quia  quantum  ad  escludendum  exceptionem 


11!4  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

Ma  in  qual  momento  ed  in  qual  forma  tali  eccezioni  avevano  a  proporsi  ?  Qui  sta 
essenzialmente  la  differenza  tra  il  primo  Statuto  ed  il  nuovo  ;  e  qui  si  rivela  eziandio  la 
piega  che  cotesta  forma  di  processo  stava  ))er  prendere. 

In  Savoia  come  altrove,  il  creditore  munito  dell'atto  cui  era  assicurat a  dalla  legge 
virtfi  esecutiva,  bastava  che  ricorresse  al  giudice,  il  quale  immediatamente  .  riconosciuto 
l'atto  regolare  nella  sua  forma  estrinseca  (ipso  ostenso  è  detto  nello  Statuto  di  Pietro  II)  (1  ), 
provvede  perchè  sia  mandato  ed  esecuzione.  Le  eccezioni  consentite  dalle  leggi  possono 
bensì  mettersi  in  cam])o  dal  debitore  ;  ma  solo  dopo  che  il  precetto  di  ))aganu'nto  sia  spic- 
cato, e  lino  a  questo  punto  ogni  procedimento  in  contraddittorio  è  assolutamente  escluso  (2). 
Perciò  la  domanda  del  creditore  non  riveste  la  forma  di  una  citazione  al  debitore  che 
coiichiuda  con  un'istanza  per  la  sua  condanna;  unicamente  ituplorotiir  officium  iii- 
diiis  prò  f.i('ci(t/onc  facicnda  (8).  L'atto  sigillato,  come  l'istrumento  guarentigiato.  pro- 
curava la  esecuzione  parata  ;  in  ciò  risiede  la  sua  particolarità  ;  perciò  esso  è  ben  più  che 
un  titolo  che  apra  la  via  ad  un  giudizio  sommario  nel  senso  proprio  del  vocabolo,  o  ad 
una  procedura  accelerata. 

Ma  il  rigore  di  questo  principio  era  venuto  sempre  più  mitigandosi:  tra  l'altre  cause, 
forse  anche  per  (piesta.  che  la  efficacia  esecutiva  si  era  estesa  ad  un  numero  molto  mag- 
giore di  atti.  A  poco  a  poco  nella  dottrina  come  nella  legge  si  fa  strada  il  concetto,  affatto 
discordante  dall'indole  originaria  dello  istituto,  che  il  creditore  dovesse  prima  della  ese- 
cuzione far  giudizialmente  constare  del  proprio  diiitto,  dimostrando  essere  infondate  le 
eccezioni  con  cui  il  debitore  pretendesse  di  impugnarlo.  Di  qui  la  necessità  della  cita- 
zione (4)  :  di  (jui  l'origine  di  uno  [speciale  procedimento  che  deve  naturalmente  avere  la 
sua  conclusione  con  una  sentenza  del  giudice.  Certo  non  è  ancora  perduto  di  vista  del 
tutto  lo  scopo  a  cui  mira  lo  strumento  guarentigiato,  e  però  quel  giudizio  è  retto  da  norme 
singolari  che  tendono  essenzialmente  a  renderlo  breve  quanto  è  possibile  ;  ma  è  chiaro 
che  l'indole  del  procedimento  fondato  su  quel  titolo  è  modificata,  da  semplicemente  ese- 


istiid  instruiuentum  non  habet  vira  sententiae  ».  Del  resto,  la  tendenza  a  crescere  sempre  più  il  nu- 
mero lielle  eccezioni  opponibili  contro  l' istrumento  guarentigiato  ,  e  nella  teoria  e  nella  legislazione 
statutaria,  andò  fino  al  punto  che  non  vi  fu  più  quasi  eccezione  di  cui  il  debitore  non  fosse  "in  facoltà 
di  valersi  ,  purclu;  non  fosse  allinris  indaginis  (  v.  Brif.oleb  ,  Ueber  execiUorische  Urhunden  itnd 
Executio-Process  iStuttgart,  1845),  p.  102)  e  bastò  die  potessero  dibattersi  e  risolversi  incontinenti. 
Intorno  al  significato  della  quale  espressione  B>rt.  ad  L.  4  D.  De  re  iud.  4  t  ...  si  intra  tantum  tempus 
possit  expediri  ista  exceptio,  intra  quod  ista  executio  espediretur  ,  si  nulla  exceptio  fuisset  opposita, 
dicitur  fieri  incontinenti.  Ant.  De  Canario,  De  exec  .  instr.  19. 

(1)  Bald.  ad.  1.  1,  0.  Ne  filius  prò  patre  9,  «  viso  instruinento  et  citatione  non  praemissa  ■> .  Iìe.n.  Di 
Barzis,  De  puarentigia  p.  1,  quae.  8,  ■>  statini  viso  instruraento  otiam  non  citata  parte  n. 

(2)  Tutt'al  più,  può  il  giudice  nell'emanare  il  precetto  riservare  le  eccezioni  del  debitore,  da  farai 
valere  nel  termine  stabilito    dalla  legge.  Q.  De  Suzaria,  Tract.  de  guar.  instr.  47  «...  Postea  index 

in  exequendo  praeceptum  guarentigiao   praecepit   dicto   Arrigo    quod   deberet  dare florenos  auri 

illinc  ad  diem,  reservatis  sibi  olim  exceptionibus,  si  quas  vellet  opponere  »  . 

(3)  DuRANT.,  Spec.  11,  III,  De  execut.  seni.,  5  ">,  n.  1,  «  si vult  executionem  potere,  petat  hoc 

iudicis  officio  et  sine  libello..."  Cynus  ad  1.  13.  C.  famil.  hercis.u...  per  quemcumque  modum  6mis8a 
confessione  habet  locum  officium  iudicis,  quod  paratam  habet  executionem  n.  Cì.  De  Suzarpa  21  u  ...conti- 
notur  in  Statuto  quod  de  instrumentis  continuntìbus  guarentigiam  dobeat  sine  libello  cognosci.  32... 
qui  habot  iuiii  certa  numquid  sino  libello  mandat  sententiam  exequutionì .'  et  videtur  quod  sic  ». 
Brieoleb,  Exec.  Urk.  pag.  108. 

(4)  Bart.  in  L.  15,  Jj  2.  D.  De  re  iud  a quaero . .  .  autequam  iudex  praecipiat  executionem  fieri 

an  dubeat  pars  citari?  Dicunt  doctores  nostri  ijuod  dobct  citiri  pars  et  sibi  terminus  competena  assi- 
gnari  ad  ostendondum  quare  non  debeat  executìoni  mandari  ...  k.  Brucoleu,  op.  cit.  p.  112,  n.  7. 


PER    CESARE    NANI  125. 

cutivo  si  apparecchia  a  diventare  niente  altro  che  una  nuova  forma  di  quelle  causac  siim- 
niurkic  (1)  proprie  del  diritto  medioevale  italiano. 

E  di  questa  trasformazione,  che  si  è  operata  precisamente  nei  secoli  XIV  e  X^'.  rende 
testimonianza  anche  il  nostro  Statuto.  Infatti,  esso  vuole  che  quando  alcuno  intende  di 
procedere  all'esecuzione  in  hase  ad  un  atto  sigillato,  debba  anzitutto  citare  il  debitore  con 
invito  di  addurre  ([uelle  eccezioni  che  creda  competergli  contro  il  medesimo.  Se  il  debitore 
presentandosi  non  ne  accampa  nessuna,  allora  il  giudice  ordinerà  che  si  passi  immediata- 
mente alla  esecuzione.  Se  non  si  presenta,  sarà  citato  una  seconda  volta,  e  mantenendosi 
anche  questa  volta  contumace,  la  sua  contumacia  equivarrà  alla  confessione  della  mancanza 
di  ogni  eccezione.  Che  se  in  conseguenza  della  prima  o  della  seconda  citazione,  comparendo 
(lavanti  al  (,'onsiglio  od  al  giudice  ordinario ,  solleverà  alcuna  delle  eccezioni  indicate 
dalla  legge,  gli  si  dovrà  assegnare  un  termine  sufficiente  perchè  la  provi,  regolando  però 
le  cose  in  modo,  che  la  causa  non  abbia  a  durare  più  di  tre  mesi.  E  se  dalla  sentenza 
che  sarà  in  seguito  emanata  egb"  vorrà  ricorrere  per  via  di  appeUo  o  di  supplica,  il  giu- 
dizio in  questa  imova  istanza  non  dovi'à  mai  durare  pifi  di  due  mesi.  A  garantire  la 
osservanza  di  questi  termini  viene  comminata  al  magistrato,  per  ogni  giorno  di  ritardo, 
la  pena  di   20   soldi   forti  (2). 

Colla  citazione  adunque,  per  eft'etto  di  questa  disposizione,  si  apre  un  vero  giudizio, 
che  si  distingue  dagli  altri  ordinaiii  f)ei-  la  maggiore  brevità  del  tempo  entro  cui  deve 
essere  condotto  a  fine,  e  così  pui-e  pei  termini  assegnati  onde  fare  le  prove ,  ma  che  come 
(Igni  altio  giudizio  mette  capo  ad  una  s(!nt<^nza.  la  quale  può  essere  combattuta  coi  mezzi 
oidinarii.  A  questo  modo  sono  risolte  alcune  questioni  a  cui  necessariamente  doveva  dai- 
luogo  il  processo  esecutivo,  dopo  che  si  era  spogliato  del  suo  antico  carattere.  Perocché, 
offerto  il  campo  al  debitore  di  opporre  un  numero  grande  di  eccezioni,  domandavasi  entro 
(|u;d  tempo  dovianno  (jueste  discutersi?  La  dottrina  cercava  di  risolvere  la  rpiestione  distin- 
guendo fra  le  vari(!  specie  di  eccezioni  ed  assegnando  a  ciascuna  un  termine^  diverso  entro 
cui  dovesse  esaurii-si  (3).  Ammesso  il  contraddittorio  fra  creditore  e  debitore  prima  che 
emanasse  il  precetto  di  pagamento,  per  guisa  che  il  decreto  del  giudice  veniva  ad  assumere 
il  carattere  di  una  vera  sentenza,  sorgeva  il  dubbio,  se  contro  quello  potesse  proporsi  o  no 
l'appello.  Né  gli  autori  erano  d'accordo  nel  risolverlo.  Si  era  ritenuto  da|)priiicipio  che  non 
fosse  neppiu-  luogo  a  pailare  d'appello  in  questo  caso  (4).  Questa  opinione  così  a.ssoluta 
doveva,  a  misura  che  veniva  alterandosi  la  natura  del  procedimento,  per  la  forza  stessa 
dello  cose  via  via  modificarsi,  ed  anche  qui  si  erano  introdotte  eccezioni  e  distinzioni  (5). 

(1)  Per  lo  appunto  Tartagno  (Cous.  Si')  appellava  sill'atla  procedura  executwa  et  summnria;  ed  il 
f'oNTANO  (Cons.  137)  avvertiva:  »  nil . . .  est  instrumentum  guarentigiae  clausulam  continere  et  con- 
sequenter  habere  paratam  executionem,  nisi  quod  vigore  eius  competit  exaetio  sine  strepita  et  figura 
ìiidicii  »  . 

(2)  C.  27. 

(3)  V.  A.  De  Canakio  19,  "20. 

(4)  BoATERius  Exp.  ad  C.  IH  De  debit.  et  credit,  [nei  Coian\.  aXV Aurora  di  Rol.  F^assau.)  Rubr. /n5<r. 
solemne  mutui  duorum  debitor.  etc.  ad.  4.  «  Imo  dieas  quod  plus  operatur  illud  preceptum  quam  sen- 
t(!ntia,  cum  a  sententia  possit  appellari,  sed  ab  hoc  praecepto  non  potest  appellar!  »  . 

(5)  La  sentenza  più  comune  era  elio  si  potesse  appellare  nel  caso  che  l'esecutore  avesse  ecceduto 
nella  esecuzione.  Roland.  Summa  1,  IX  De  appellat.   <i  ..nisi  executor  excedat  modum  in  exequendo, 
ut,  quia  ante  tempus  statutum  exequetur,  vel  in  maiori  quantitate  quara  in  sententi»  contineatur  ».  Cyn. 
in  L.  5.  C.  quarum  appetì,  non  ree.  «...  tuac  para  potuit  appellare  quia  videtur  moduni  excedere  exe-  . 
quendo».  È  da  vedere  con  quanta  sottigliezza  la  questione  sia  discussa  da  Ant.  Uè  Can.,  n.  83,  85,  il 


121^  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

Il  nostro  Statuto  col  lasciare  all'arbitrio  del  giudice  di  stabilire  un  termine  conp-uo 
intro  cui  debbano  dibattersi  le  ecxjezioni.  e  col  permettere  senza  restrizione  l'appello  o  hi 
.-upiilica,  ha  tolto  di  inezzo  ogni  motivo  di  controversia  in  proposito,  e  dalle  sue  disposi- 
zioni risulta  nettamente  delineata  la  nuova  fase,  non  l'ultima  certo,  verso  cui  il  proct'di- 
iiiento  esecutivo  si  era  avviato.  ' 


XIV. 


lina  seconda  forma  di  procedimento  straordinario  è  in  esso  regolata. 

Chi  violentemente  sjioglia  alcuno  di  cosa  di  cui  questi  è  in  possesso,  quando  lo  spoglio 
sia  avvenuto  apertamente,  per  modo  che  a  tutti  sia  notoria  la  spogliazione,  o  quanto  meno 
afipaia  notoria  al  magistrato,  è  obbligato  a  fame  restituzione  allo  spogliato.  Non  si  richiede 
jierciò  un  vero  e  proprio  dibattimento  giudiziario,  il  quale  abbia  per  fine  una  condanna  ; 
l)a.sta  che  lo  spogliato  ricon-a  all'aiitorità  del  giudice,  il  quale  d'ufficio  dovrà  provvedere 
perchè  le  cose  sieno  rimesse  nel  j)ristino  stato.  Tale  è  il  disposto  dello  St^atuto  (1); 
disjiosto  che  appare  singolarmente  notevole.  La  sua  importanza  spicca  anzitutto  se  lo  si 
laiì'nmti  con  quanto  prescrive  sull'argomento  lo  Statuto  di  Pietio  11.  Ivi  il  fatto  dello 
spoglio  era  ancora  considerato  sotto  un  punto  di  vista  essenzialmente  penale,  come  avve- 
niva nel  diritto  germanico  (2).  e  l'azione  civile  aveva  l'apparenza  quasi  di  un  acces- 
sorio (H).  Invece  nel  pre.sente  compare  l'azione  civile,  svincolata  intieramente  dall'azione 
penale.  Ma  neppure  si  potrebbe  affemiare  che  la  disposizione  relativa  a  questo  |)unto  segni 
un  litorno  puro  e  semplice  al  diritto  romano.  Perocché  anche  l'interdetto  aviir  ri  coU'an- 
ilaii'  del  tempo  d'interdetto  non  serbò  più  altro  che  il  nome  (4),  e  diventò  una  vera  azione 
pHisonale.  nascente  dal  delitto  della  spogliazione  violenta  del  possesso,  diretta  alla  restitu- 
zione ed  al  risai'cimento  dei  danni  (5).  E  stabilito  il  termine  entro  cui  deve  farsi  valere; 
precisato  l'obbietto,  gl'immobili;  limitate  le  eccezioni  con  cui  può  essere  contrastata.  Oni 
nulla  di  ciò  si  riscontra  in  quella  disposizione.  Il  giudice  interviene,  certo  dietro  ric«»rso 
dell'interessato,  ma  non  interviene  per  decidere  una  lite,  la  quale  non  ha  ragione  di  essere, 
jioichè  ninna  citazione  fu  rivolta  contro  l'avversario,  che  per  siffatta  maniera  rimane  estraneo 
alla  procedura;  interviene  unicamente  per  ristabilire  ex  nfprio.  mediante  l'imperio  che  gli 
spetta,  lo  stato  di  cose  anteriore  alla  spogliazione.  » 


•  |iiale  coDchiude  (n.  86)  «...  .  norma  est  ab  executiono  .ippellari  non  posse  quoad  tìnem  impelli^ndl 
iieciitiononi  seu  meri  oxecntionis  procossum ,  sed  quoad  fìaem  dovolvondi  caiisam  appellationis  ad 
>-iiperiorem  tenet  appelUtio  etiam  a  mero  executorn  interposita  >■  . 

(1)  C.  29. 

(2)  Federico  li  nelle  suo  leggi  non  abbandona  intieramonte  questo  punto  di  vista,  volendo,  come 
dice  egli  sfesso,  prendere  una  via  di  mezzo  fra  il  diritto  longobardo  ed  il  comune.  Const.  I,  ?.t  (Huillard- 

Iìkehollks  IV,  27) Statuentos  ut  si  quis  per  violontiam  ile>tituerit  aliqueni  rei  immobili»  poeses- 

sdiem,  possessione  cum  legitimis  obvonlionibus  omnibus  (primitus)  restituta  violentuni  vel  univer- 
Kalviii  successoiem  eius  in  niedietate  estimationis  rei  in  qua  violentiara  commisisse  probatur,  miilrtandum 
osse  censemus  »  . 

(3)  V.  Gli  Statai  di  Pietro  II .  i  X. 

(4)  Bruns.  ,  Dos  heutigc  ròtnische  licchl  (in  Holt/.bndori'k.s  Encyctopddie),  p    383. 

(5)  Rruns.,  Dns  Recht  des  Besiltes  im  MiUelaUcr  und  in  der  Gdgmtoarl  (Tiibingen,   1848),  p.  Oi. 


l'ER    CESARE    NANI  127 

Neppure  per  altro  lato  potrebbe  ritenersi  che  qui  sia  figurata  la  condictio  ex  canone. 
l'azione  di  spoglio  del  diritto  canonico,  che  si  era  venuta  formando  nel  secolo  XIII  ed  era 
già  nel  secolo  XIV  in  pieno  vigore.  Vero  è  che  nella  larghezza  della  formula  di  cui  si 
vale  la  legge  nulla  impedisce  di  suppon-e  che  non  soltanto  il  proprietario,  non  soltanto  il 
possessore  .  ma  eziandio  il  semplice  detentore  possa  ricorrere  al  giudice  e  che  anche 
quando  la  cosa  non  sia  più  in  mano  dello  spogliatore,  ma  ritenuta  da  un  terzo,  possa  collo 
stesso  mezzo  ottenersi  la  restituzione  ;  ne  è  assolutamente  esclusa  la  ipotesi  che  i  mobili 
al  pari  degli  immobili  siano  compresi  nella  sua  dis|iosizioue.  Ma  non  vuol  essere  dimenti- 
cato che  la  romlìct/o  rx  atvime  è  pur  sempre  un'azione  che  è  proposta  in  contraddittorio 
dell'interessato  e  che  dà  luogo  ad  un  processo  sommario  (1). 

La  disposizione  inve.ce  che  stiamo  esaminando  si  spiega  a  nostro  avviso  tenendo  conto 
di  un  nuovo  concetto  che  in  (juell'epoca  appunto  incominciava  a  manifestarsi  nel  diritto 
canonico,  in  fatto  di  diritto  possessorio.  Indipendentemente  dal  giudizio  possessorio,  prima 
ancora  che  esso  si  aprisse  e  mentre  era  hi  corso,  potevano  darsi  casi  in  cui  fosse  conveniente 
che  di  propria  autorità  il  giudice  si  infianunettesse  nella  controversia,  dando  i  provvedimenti 
che  riputasse  più  opportuni  iiitoino  alla  cosa  il  cui  po.ssesso  era  contrastato.  Ciò  avveniva 
specialnuuite.  allorcliè  fosse  a  temere  che  i  contendenti  adoperassero  la  forza  per  fai-  valere 
le  loro  pretese,  anziché  licurrere  alle  vie  legali  ed  attendere  l'esito  di  un  regolare 
giudizio  (2). 

Intanto  il  principio  era  posto.  Di  (jui  doveva  (liù  tai'di  svilupparsi  il  posaessorìuni 
sunimariisshmmi.  Nel  nostro  Statuto  esso  assume  invece  una  forma  speciale,  e  si  esplica 
come  un  ]3rovvpdimento  dato  nell'interesse  deirordiiie  pubblico  offeso  da  un  atto  ingiusto, 
onde  possono  derivare  anche  maggiori  danni.  Ma  perché  (jucl  provvcdiinentn  sìm  attuato  è 
necessaria  una  condizione,   cioè  la  notorietà  del  fatto  dello  spoglio. 

Qui  l'impronta  del  diritto  canonico  è  evidente.  La  teoria  del  notorio  non  è  sorta  nel 
diritto  romano.  Fu  il  diiitto  gennanico  che  alla  notorietx^  del  fatto  diede  speciale  impor- 
tanza, riguardo  al  modo  con  cui  il  giudizio  doveva  svolgei-si.  Ciò  che  era  conosciuto  dal 
giudice,  ciò  che  era  a  pubblica  notizia  non  aveva  d'uopo  d'essere  provato,  quindi  niuna 
necessità  di  mettere  in  opera  gli  ordinari!  mezzi  di  prova  (3).  E  questa  medesima  idea  dal 
germanico  fu •  verosimilmente  trasportata  nel  diritto  canonico,  e  vi  fu  elaborata  tanto  che 
ne  risultò  una  teoria  completa.  Nei  giudizi  così  civili  che  criminali  diventò  principio  fonda- 
mentale che  il  fatto  notorio  esimesse  dall'obbligo  della  prova,  perforala  che  il  procedimento, 
sotto  questo  rispetto,  ebbe  ad  assumei'e  una  foi'uia  speciale  (4).  Ma  da   (piali   circostanze 


{1;  Bruns.,  T)as  lierM  etc;  p.  231  ;  Endemann,  '.'ivilpr.,  p.  1U79. 

(2)  Il  giudice  interviene  si  ibi  est  timor  armorum.  La  dottrina  poi  cei-cava  «li  giu.stifìcare  questa 
intromissione  del  magistrato,  richiamandosi,  in  questo,  come  in  altri  casi  in  cui  volevasi  far  passare 
[)ei-  antica  una  teoria  prettamente  nuova,  ad  una  legge  romana  e  precisamente  alla  L.  13,  S  3  D.  Da 
usufructu  7,  I.  DuRANT.  11.  De  petit,  et  possessore  §  1,  u.  38;  IV.  De  tib.concept.,  5  9,  u.  14.  Io.  Andr. 
ad  h.  t.  s.  V.  §  I,  in  fine.  Cons.  in  propos<ito  Bruns.,  Das  Recht  etc,  p.  230  segg.  Wetzell,  op.cit., 
|).  324.  Fertile,  Storia  del  Dir.  italiano,  IV.  (Padova  IS74),  p.  183,  u.  27. 

(3)  Ad  es.  Ratchis,  e.  1  «...  nisi  qualiler  iudei  qui  iudicaverit  se  rememoraverit  ».  V.  Bethuann- 
HoLLWEQ,  op.  cit.,  IV,  34.  ZóeFL,  DeiUsche  Rechtsgeschichte  (Braunschweig,  1872),  111,  348.  Wetzell, 
op.  cit..  p.  181. 

(4)  Intorno  ai  delitti  notorii  v.  Biener  ,  Beilràge  su  der  Geschichte  des  Inguisitions-Processes 
(Leipzig,   1829^,  p.  19  segg.  78.  Intorno  ai  fatti  notorii  non  costituenti  reato  v.  Wetzell,  op.  cit., 

p.  lai. 


128  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

lisultava  la  notorietà?  Su  questo  punto  era  ben  lontana  dall'essere  concorde  la  dottrina  (1), 
ina  ad  ogni  modo,  questo  può  affermarsi  come  certo,  che  la  notorietà  esisteva  se  si  trattava 
di  un  fatto  che  tutti  cimoscessero  (2)  o  di  cui  constasse  al  giudice  in  modo  certo,  sia  perchò 
risultasse  da  sentenza  o  da  confessione  o  da  prova  (3). 

(ira.  sono  ap]iunto  (jucsti  i  caratteri  che  secondo  il  nostro  Statuto  deve  avere  la  spoglia- 
zione consumatasi,  percliè  il  giudice  col  suo  decreto  ordini  la  restituzione  in  pristino.  Le 
medesime  espressioni  che  in  questo  argomento  adoperano  le  fonti  del  diritto  canonico  sono 
usate  dal  nostro  Statuto.  Laonde  è  da  conchiudere  che  quanto  esso  prescrive  in  tale  ma- 
teria risulta  da  due  concetti  che  si  erano  in  queirepoca  insinuati  nella  giurisjnudeiiza ; 
l'uno  che  il  giudice  può  in  determinate  occasioni  interporsi  d'ufficio  fra  i  contendenti  del 
jiossesso:  l'altro,  che  la  notorietà  del  fatto,  risultante  da  certe  condizioni,  autorizza  una 
procedura  retta  da  norme  singolari.  E  questi  due  concetti  sono  rimasti  saldamente  asso- 
ciati nella  giurisprudenza  sabaudo-piemontese.  Dagli  Statuti  di  Amedeo  Vili  passarono 
nelle  RK.  CO.  del  1770  (4),  e  compaiono  ancora  nell'art.  447  del  Cod.  civ.  Allertino,  col 
(}uale  è  regolata  l'azione  di  reintegrazione.  Per  esso  la  notorietà  del  fatto  è  ancora  un 
requisito  essenziale,  ed  al  giudice  è  fatto  obbligo  di  agire  senza  jprocesso  p  senza  (ina- 
zione. Lievemente  modificato,  quell'articolo  fu  inserito  nel  Codice  civile  italiano,  e  per 
tal  modo  la  sua  disposizione  è  entrata  a  far  parte  del  nostro  attuale  diritto  (5). 


XV. 

Dei  giudizi  criminali  non  mancava  qualche  cenuo  negli  Statuti  di  Pietro  II,  anzi  in 
essi  era  il  germe  di  un  istituto  che  sorto  quasi  inavvertito  nel  diritto  canonico  doveva, 
trasportato  nel  diritto  secolare,  rapidamente  diffondersi  ed  estendere  la  sfera  della  sua 
efficacia.  Questo  istituto  è  l'inquisizione. 


(I)  Vocab.iuris,  v.  Nolorium.  «  Materia  notorii  est  adeo  intricata,  quod  dicunt  lo.  de  Libano  et 
Ant.  de  Butri,  quod  multi  loquuntur  de  notorio,  quid  sit  notoriuni  ignorantcs  " . . V.  Riener,  Ice.  cit 
Oross,  op.  cit.,  I,  p.  ^9.  Enuemann,  lìeweislehre,  p.  96  segg. 

f2)  C.  8,  X.  De  cohab.  cìer.'i.'ì  «....Si  crinieu ita  publicum  est  ut  merito  deboat  .ippellari 

notorium  in  eo  casa  nec  teslis  nee  accusator  est  necessarius  cura  buiusmodi  crinien  nulla  possit.  tor- 
giversatione  celari  ».  C.  15,  X.  De  purgai,  5,  34  "  . . .  Ciimen  publicum. . . et  notorium  quod  nullus  infi- 

ciationi  locus   penitus  existebat ,  utpote  cuius  universae  viciniae  populus  testis  erat cum ai 

orimen  notorium  existebat  non  erat  illi  iudioanda  purgatio,  sed  in  oum  condemnationis  senteatia  pro- 
inulganda  ».  Cons.  in  proposito  MOnchen,  op.  cit.,  I,  105  segg. 

(3)  C.  IO  X.  De  cohab.  cit.  «...  nisi  peccatum  sit  notorium  ppr  sententiam,  seu  oonfessioneni  factara 
in  iure  aut  per  evidontiam  rei,  quae  tergiversatione  aliqua  celari  non  possit  ».  C.  24,  X.  De  V.  S.  5,  40 
«  . . .  offensam  illam  nos  re-scribimus  intelligere  nianiTestam,  quae  vel  per  confessionem  vel  probationero 
legitirae  nota  fuerit,  aut  evidentia  rei,  quae  nulla  possit  tergiversatione  celari  ».  V.  in  proposito  fìaoss, 
1,  cit,  p.  51. 

(4)  Lib.  Ili,  tit.  XXlll,  22. 

(5)  Nel  Cod.  Albertino  l'indole  eccezionale  del  procedimento  appariva  anche  piii  chiaramente  scol- 
pita che  non  nell'italiano,  come  risulta  dal  confronto  delle  i-ehtive  disposizioni.  Cod.  Alb.,  art.  447  : 
"  Tale  reintegrazione  dovrà  ordinarsi  dal  giudico  .nilla  semplice  notorietà  del  fatto  sema  processo  e 
senso  dilatione.  contro  qualsivoglia  persona,  quand'anche  fos.se  il  proprietario  della  cosa  di  cui  si  è 
patito  lo  spoglio  »  .  Coil.  civ.  it.,  art.  606.  •  La  reintegrazione  deve  ordinarsi  dal  giudice  preniM^d  la  cita- 
zione dell'altra  parte  sulla  semplice  notorietà  dr.l  fatto,  senza  dilniione  e  colla  maggior  celerità  di  prò- 
ci-dura  contro  qualsivoglia  pei-sona,  fosse  anche  il  proprietario  delle  cose  di  cui  si  è  patito  lo  spoglio» ■ 


PER    CESARE    NANI  12!) 

Pietro  II  l'ammise,  ma  solo  quanto  alle  ingiurie  reaU  e  verbali.  Si  era  allora  nell'e- 
poca  in  cui  incominciava  ad  introdursi  nei  giudizi  non  ecclesiastici  linquisizione.  Alla  fine 
del  secolo  XIII  essa  vi  si  era  già  solidamente  radicata,  e  nel  secolo  susseguente  tendeva 
sempre  più  a  diventare  la  forma  ordinaria  del  processo  criminale  (1).  Quindi  si  spiega 
facilmente  come  il  nostro  Statuto  non  contenga  disposizioni  che  non  sieno  relative  a  questa, 
e  ninna  ve  ne  abbia  in  cui  sia  menzionata  Vaccusatio,  che  pure  dovea  costituii'e  in  tempo 
più  antico,  anche  in  Savoia,  la  regola  generale.  L'eccezione  in  breve  volgere  di  tempo  ha 
soverchiato  la  regola. 

Connettendo  e  riordinando  insieme  varii  articoli  sparsi  qua  e  là  nello  Statuto  di 
Amedeo  VI,  ne  risulta,  per  quanto  la  rozzezza  della  forma  con  cui  essi  sono  concepiti  o 
gU  errori  dell'amanuense  ne  rendano  talora  piuttosto  difficile  l'interpretazione,  abbastanza 
cliiaro  l'andamento  del  processo  inquisitorio  che  usavasi  allora  nella  Contèa  di  Savoia, 
il  quale  corrisponde  pressoché  esattamente  allo  stadio  in  cui  esso  era  entrato  nella  teoria 
e  nella  pratica  italiana  di  quell'epoca. 

L'inquisizione  (2)  per  tre  vie  può  essere  messa  in  moto  ;  cioè  o  per  via  di  notorio  o 
di  denuncia  o  per  mero  officio  del  giudice.  Quest'ultimo  èra  in  principio  l'unico  modo  per 
cui  il  processo  inquisitorio  poteva  essere  iniziato,  mentre  gli  altri  due  davano  origine  a  due 
forme  distinte  di  procedimento.  Ma  avvenne  dappoi,  quasi  per  la  forza  delle  cose  (3),  che 
per  causa  di  notorio  o  di  denuncia  si  procedesse  in  quella  guisa  stessa  che  solevasi  per 
l'inquisizione,  la  quale  sempre  più  cresceva  d'importanza,  tanto  che  da  ultimo  non  vi  fu 
più  che  una  sola  qualità  di  processo. 

Partendo  da  questo  concetto  lo  Statuto  non  fa  differenza  se  il  procedimento  sia 
incoatò  in  seguito  a  denuncia  o  di  proprio  impulso  del  giudice  (4).  Qualunque  sia  il  modo 
con  cui  esso  è  istituito  sono  sempre  le  medesime  nonne  che  lo  reggono. 

Si  incomincia  adunque  collo  stadio  informativo.  La  notizia  del  crimine  può  pervenire 
al  giudice  per  qualsivoglia  mezzo.  Non  appare  che  fossero  costituiti  nelle  terre  della  Contèa 


(1)  Già  Alberto  Gandino  osservava,  Lib.  de  mal.  « hodie  de  iure  civili  iudices  potestatum  de 

quolibet  maleficio  cognoscunt  ex  officio  suo  per  inquisitionem  ».  E  più  tardi  Battolo  « de  iure 

municipali  in  quibusdam  terris  ex  Statuto  iudex  indistincte  potest  per  inquisitionem  procedere  ».  Biener, 
op.  cit.,  p.  99. 

(2)  K  appena  necessario  di  avvertire  che  l'inquisizione  del  diritto  ecclesiastico,  e  di  qui  comuni- 
catasi al  secolare,  non  è  da  confondere,  come  si  ò  fatto  erroneamente  troppo  spesso,  coli'  in  quisilio 
hereticae  praviiatis,  e  tanto  meno  colla  inquisizione  spagnuola,  da  cui  si  distingue  su  punti  d'impor- 
tanza capitale. 

(3)  Quanto  al  notorio,  è  agevole  intendere  come  il  suo  concetto  potesse  compenetrarsi  con  quello 
dell'inquisizione,  chi  ricordi  che  fu  appunto  per  crimini  notorii  che  i  glossitori  ritennero  potersi  re- 
cedere dalle  norme  ordinario  del  processo  e  punire  il  colpevole,  senza  necessità  che  precedesse  l'accusa. 
Quanto  alla  denuncia,  fu  per  effMo  delle  riforme  introdotte  riguardo  alla  medesima  da  Innocenzo  III 
che  essa  si  accostò  di  tanto  da  confondersi  quasi  insieme  colla  inquisitio.  Biener,  op.  cit.,  p.  60; 
MiiNCHE.s,  I,  3G3  segg.  Varhha,  Die  Verlhei'ìigung  in  Strafsachen  (Wien,  1879;,  §  6lJ.  Quindi  loH.  Faber 
Comm.  in  Inst.  De  pubi.  iiid.  avverte  rispetto  al  notorio  :  «  haec  via  est  una  et  eadera  cum  denuncia- 
tione  et  inquisitione,  nec  video  quare  Canonistae  fecerint  raembrum  per  se  ».  Lo  stesso  avvertiva  Bald. 
Frac.  Quaesl.,  circa  inquisii.  Qu.  5  e  Ang.  Db  Gambil.  Traci,  de  mal..  Rubr.  haec  est  quaedam  inquisii, 
a.  12-18  e  Rubr.  nec  non  ad  denunciai. 

l4)  C.  24  « sive  per  viam  denunciationis  vel  inquisitionisex  officio  Curiae  (iudices  procedant)  ». 

C.  38  « onines  inquisitiones  sive  fiant  ad  denunciationem,  promotionera  et  instigationem,  sive  ex 

mero  officio...  si  quidem  fiant  ad  denunciationem,  seu  suggestioneni  ,  claniam   vel  querimoniam  ali- 
cuius. . .  »  C.  60,  e  sive  ...  ex  officio  Curiae  sive  ad  denuntiationem  vel  suggestionem  alicuius  ». 

Serie  II.   Tom.  XXXIV.  17 


ino  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

di  Savoia,  come  se  n'era  introdotto  l'uso  in  Italia,  pubblici  ufficiali  collo  speciale  incarico 
di  denunciare  i  reati  che  si  commettevano  entro  i  confini  di  un  detcmiinato  territorio  (1). 
Soltanto  j)er  una  specie  di  reati,  ossia  pei  danni  inferii  alle  biade,  prati,  castagneti  ed 
altre  cose  ò  fatto  obbligo  dallo  Statuto  di  indicare  chi  ne  sia  stato  l'autore,  sotto  pena 
di  rispondere  del  proprio  (2). 

L'istruzione  del  processo  è  condotta  per  mandato  del  giudice,  probabilmente  secondo 
la  diversa  ([ualitil  del  reato,  da  un  chierico  della  Curia  opjìure  da  un  commissario  del  Conte 
o  del  Consiglio  o  d'altro  giudice  (3),  collo  scopo  di  raccogliere  tutte  le  informazioni  op- 
portune. Il  termine  entro  coi  deve  essere  menata  a  termine  è  diverso,  secondocbè  il  reo 
si  trovi  in  istato  di  arresto  o  no.  Infatti  nella  seconda  ipotesi  esso  è  d'un  mese  dal  giorno 
della  denunzia  (4);  nella  prima  invece  è  più  breve,  cioè  di  dieci  giorni  dal  dì  dell'ar- 
resto (5). 

Xell'istruire  il  processo  però  si  tiene  conto  della  circostanza,  che  il  denunciaute  abbia 
manifestato  l'intenzione  di  prender  parte  attiva  al  suo  svolgimento,  che  si  tratti  in  altri 
termini  di  una  inquisitio  cum  promovente  o  cum  prosequente.  Questa  facoltà  era  stata 
dal  diritto  canonico  assicurata  a  chi  avesse  fatta  la  denuncia  del  crimine.  L'Autorità  pro- 
cede, essa  ha  l'iniziativa  in  tutto  l'andamento  del  processo,  ma  chi  ha  presentata  la 
denuncia  ha  diritto  non  solo  di  assistere,  ma  eziandio  di  cooperare  per  sua  pai'te  affinchè  le 
indagini  dell'Autorità  inquirente  riescano  al  loro  scopo  fornendo  la  prova  dei  fatti  in 
questione  (6).  Ed  appunto  troviamo  stabilito  dallo  Statuto  che  l'inquisitore  prefigge  al 
denunciante  il  termine  di  un  mese  affinchè  egli  corrobori  con  prove  la  sua  denuncia  (7). 

All'inquisitore  che  procede  sono  teimti  i  mistrali  e  gli  altri  iu)])iegati  di  prestare  ob- 
bedienza, assistendolo  nella  sua  opera  (8). 

Dopo  che  si  è  chiuso  lo  stadio  informativo  ossia  preparatorio  del  processo,  se  ne  apre 
un  secondo  in  cui  si  ha  da  esaminare  in  contraddittorio  col  reo  tutto  il  materiale  raccolto 
nel  primo.  Egli  quindi  deve  essere  presente  e  gli  si  debbono  esporre  i  fatti  intorno  a  cui 


(1)  Si  appellavano  consules ,  syndaci  tocorum  et  villarum,  minislrales,  officiales  ed  anche  antiarti 
o  parochiani. 

(2j  C.  2'!   (I sive  clerico  illiua  Curiae  sive  por  commissarium  Domini  vel  Consilii   vel  aliis 

facti  sint  pi-ocessus  ».  C.  3><.  «  Clerici  Curiarum  vel  etiaiii  alii  commissarii  "  cfr.  C.  3.5.  Dove  il  passo 
€  . . .  quilibet  cloricus  Curiae,  vel  in  cuius  officio  fiat  in()uisitio  actae  etiam  specialis  commissarius  alìcuius 
inquisiiionis  •  ò  evidentemente  corrotto  per  isbaglio  del  copista,  e  mi  pare  che  possa  ristabilirsi  così 
n  . . .  quilibet  cloricus  Curiae,  vel  in  cuius  officio  fiat  inquisitio,  ac  etiam  specialis  commissarius  alicuius 
inquisitionis  ».  Nello  stosso  C.  «  cloricus  Curiae  vel  inquisitor  alius  ".  Secondo  lo  Costituzioni  sicule 
l'inquiaiziono  era  fatta  dal  Giustiziere.  Const.  1,  53. 

{T:  C.  62. 

(41  C.  38. 

(5)  C.  35. 

(0)  Questa  singolarità  nel  procedimento  inquisitorio  fu  creata  dai  canonisti  sul  fondamento  del 
e.  19,  X.  De  acc.  5,  1  «...  quod  si  ad  inquisilionem  fieret  procedendum  praedictos  vel  alios  quos  ipsius 
constiterit  esse  iniraicos  nec  ad  prosequendum  inquisilionem  nec  ad  perhibendum  testimonium  centra 
ipsum  Episcopum  ailiiiittatis  >i.  Una  glossa  cit.  da  Varoiu  (op.  cit.,  p.  81\  «  In  inquisitione  non  est 
actor.  Si  tanieu  iiliqni.s  volit  crimen  probare  admitt;itur,  non  ut  advorsarius  sed  tamquam  adiutor  ad 
inquisitiononi  oxpedioiidam  ».  V,  Bienkr,  op.  cit.,  58,  60.  (jross,  op.  cit.,  II,  118.  Kournikr,  £75.  Presto 
la  stessa  particolarità  passò  nella  pratica  dei  tribunali  laici.  Già  Durantk,  III,  I,  De  inquis.,  J)  3,  n.  31, 
trattava  deU'mi^uisid'o  aliquo  promoventc. 

(7)  C.  38  ad  fulciendum  scu  probandum  suam  donunciationem,  suggestiouem  vel  clamam  >. 

(8)  C.  38  in  fine. 


PKR    CESARE    NANI  131 

l'inchiesta  si  è  ag^rata  ed  i  nomi  e  le  deposizioni  dei  testi  già  interrogati.  Questo  è  uno 
dei  principii  fondamentali  dell'inquisizione  canonica  (1),  che  si  mantiene  in  vigore  anche 
nelle  inquisizioni  dei  tribunali  secolari  (2).  Secondo  il  nostro  Statuto,  quando  il  reo  sia 
stato  lasciato  in  piena  libertà  fino  a  questo  punto  del  processo  (ed  egli  può  ottenerla, 
mediante  cauzione),  lo  si  cita  a  comparire  davanti  al  tribunale  (3).  La  citazione  è 
fatta  in  persona,  se  è  possibile;  se  ciò  non  è  possibile,  alla  casa  dove  il  reo  abitava 
al  tempo  del  commesso  delitto,  oppure  per  mezzo  di  pubblico  banditore  nel  luogo 
in  cui  quello  fu  perpetrato.  Nella  citazione  infine  sarà  prefisso  al  reo  un  termine  suffi- 
ciente per  comparire  (4). 

Ma  non  solamente  il  reo.  anche  la  parte  fiscale  ha  da  intervenire  in  questo  se- 
condo stadio  del  processo. 

Perciò  gli  atti  sono  dall'inquirente  consegnati  anzi  tutto  al  Procuratore  della  giu- 
dicatura, entro  il  termine  di  cinque  giorni,  dopo  che  la  istruzione  sia  compiuta,  perchè 
gli  esamini  dentro  uno  stesso  intervallo  di  tempo  e  li  restituisca  con  quei  supplementi  od 
aggiunte  che  reputi  del  caso  (5).  La  sua  funzione  adunque  si  restringe  a  fornire  nuovi 
elementi  al  processo,  egli  non  è  ancora,  come  fu  molto  più  tardi  in  Savoia  ed  in  Italia, 
l'accusatore  pubblico. 

In  seguito,  pure  nel  termine  di  cinque  giorni,  è  ofiFerta  copia  degli  atti  all'inqui- 
sito (G),  il  quale  {)uò  anche  acquistarla  pagando  una  somma  determinata  in  base  ad 
una  tariffa  che  è  stanziata  dallo  Statuto  stesso  (7)  e  gli  si  assegna  un  intervallo  di 
tempo  di  trenta  giorni  per  fare  le  sue  difese  (8).  Tanto  il  procuratore  del  fisco,  quanto 
il  chierico  od  il  «tommissario,  che  non  osservino  i  termini  fissati  dalla  legge,  sono  puniti 
colla  multa  di  quattro  soldii  forti  per  ogni  giorno  di  ritardo  (9). 


(1)  0.  24,  X,  De  acc.  5,  I.  o  Debet  igìtur  esse  praesons  is,  centra  quem  facienda  est  inquisitio,  nisi  se 
por  contumaciam  absentaverit ,  et  expononda  sunt  ei  illa  capitala  de  quibus  fueiit  inquirondum  ut 
i'acultatem  haboat  defendendi  se  ipsum  et  non  sDlura  dicla  sed  etiam  nomina  ipsa  testiiim  sunt  ei  (ut 
quid  et  a  quo  sit  dictum  appareal)  publicanda,  noe  non  excoptiones  logitimae  admittendae  ;  no  per  sup- 
pressionein  nominum  infamandi,  por  exceptionum  vero  exclusionem  deponendi  falsura  audacia  prao- 
beatur  ».  Ibid.  e.  l'6.  Bonauuida  Summa,  1'.  Il,  t.  3"),  (Junliter  iste  cantra  quem  inquiritur  se  defendat 
«...  peto  ante  omnia  edi  et  in  scriptis  dari  capitula  sive  arficulos  de  quibus  vultis  procedere  centra  me 
ad  inquirenduni  et  me  assoritis  infamatum,  ut  possim  me  defendore,  et  tempus  ad  deliberandum  peto  ». 

(2)  C.  ^\.  Es.  di  cauzione  di  non  allontanarsi  in  attesa  di  precesso,  Prot.  409,  f.  ;'94;  e  nel  prot.  101, 
f.  101  (a.  1372)  di  cauzione  prestata  da  un  terzo  per  un  detenuto  nella  Curia  del  Conte.  Nello  Statuto 
di  Rivalla  ora  esplicitamente  stabilito,  Rubr.  Quod  Dominus  Ri p palle  non  capiat  aliquem  volens  dare 
fideiubxorem.  •  .  . .  quod  Dominus  Rippalte  non  possif  noe  doboat  capoi'e  aliquam  persnnam  de  Rippalta 
quo  potuerit  voi  voluorit  dare  ydonoos  fuleiubxores  do  parendi  iuri  coram  eo  secundum  inquisitionem 
tUctam  ex  officio  suo  nisi  essst  prò  aliquo  magno  maleficio  scilicet  prò  honiicidio  vel  furtu  vel  sinniles 
capiantur  homines  ».  Cfr.  Statuti  di  Riva  (Trento  )8G(),  3  voi.  e.  36. 

(3)  E  preci.samonte  a   questo  punto   che   nella   pratica  italiana   di  quell'epoca   si   citava  il  reo. 

(4)  0.  33. 

(5)  C.  ». 

(6)  E  ciò  che  nella  pratica  italiana  dicevasi  la  comunicazione  al  reo,  della  charta  o  libellus  inqui- 
sitionis. 

(7)  C.36. 

(8)  C.  35,  38.  E  da  avvertire  però,  che,  se  non  ò  incorso  qualche  errore  nella  copia  del  nostro 
Statuto,  esisterebbe  su  questo  punto  una  contraddizione  fra  i  due  capi.  Infatti  mentre  il  primo  dice 
«  ....  sibi  terminum  peremptorium  triginta  dierum  et  plus  assignari  prò  suis  defensionibus  faciendis» 

nel  secondo  invoco  trovo  « et  terminum  triginta  diorum  vel  minus  quem  vellet  inculpatus  ad  hoc 

sibi  assignare  u. 

(&)  C.35  in  fine. 


J32  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

Ora,  come  si  svolge  la  difesa  dell'inquisito  ?  Anzi  tutto  occorre  stabilire  quali  dei 
fatti  che  risultassero  dalle  informazioni  raccolte  egli  accetti  per  veri  .  e  quali  egli 
contesti.  Perciò  è  inteiTogato,  dà  le  sue  risposte  affennando  o  negando  secondo  il 
caso  (1),  e  per  tal  modo  prepara  il  terreno  su  cui  dovrà  aggirarsi  la  sua  difesa.  Sia  che 
impugni  le  circostanze  di  fatto  che  consterebbero  a  suo  carico,  sia  che  egli  ne  adduca 
di  nuove  a  sua  difesa  (2),  è  ammesso  a  dare  le  prove  occorrenti.  Quindi  si  oppongono 
prove  a  prove,  testimoni  a  difesa  a  testimoni  d'accusa.  Le  forme  rigorose  che  in  materia 
probatoria  sono  introdotte  nel  processo  civile  sono  escluse    dal  processo  criminale  (3). 

La  separazione  stessa  fra  il  processo  informativo  ed  il  processo  offensivo  e  difensivo 
non  è  così  assoluta,  che  nel  dibattimento  delle  prove  disegnandosi  nuovi  punti  di  fatto 
non  prima  avvertiti,  non  possa  riaprirsi  l'istruzione  per  chiarirli  mediante  nuove  prove. 
È  detto  infatti  nello  Statuto  che  anche  dopo  la  pubblicazione  delle  difese  può  il  giudice 
procedere  ad  un  supplemento  d'inquisizione  (4).  Similmente  è  indifferente  che  le  depo- 
sizioni dei  testimonii  seguano  o  precedano  le  risposte  del  reo  (5).  Non  sono  necessarie 
ne  la  conclusione,  ne  la  rinuncia  (6),  e  l'invito  a  sentire  la  sentenza  basta  sia  fatto  per 
mezzo  di  pubblico  banditore,  non  richiedendosi  veruna  citazione  od  assegnazione  speciale 
al  reo  (7). 

Questi  sono  i  principii  fondamentali  secondo  cui  si  regolava  la  inquisizione  negli 
Stati  di  Casa  Savoia  in  quei  tempi.  Lo  Statuto  li  accenna  senza  svolgerli,  richiamandosi 
alle  pratiche  seguite  nei  tribunali  (specialmente  nelle  terre  al  di  qua  dai  monti),  dove 
questa  forma  di  processo  aveva  raggiunto  oramai  un  grado  notevole  di  sviluppo. 

Dopo  che  decorso  il  termine  per  la  difesa  il  processo  inquisitorio  è  passato  per  tutte 
le  fasi  prescritte,  il  giudizio  deve  necessariamente  chiudersi  colla  sentenza.  E  questa  è 


(f)  Brani  dì  uà  interrogatorio  penale  nel  Prot.  47,  ff.73,  80. 

(2)  1  napitula  inquisitionis  corrispondono  esattamente,  nella  procedura  canonica  d'inquisizione,  agli 
arlicula  ed  aUe  positiones  della  procedura  civile.  Su  quelli  unicamente  ha  da  restringersi  la  prova,  e.  21, 
J  ì,  X,  De  accusai.  5,  I.  Gì.  ibid.  <  si  solummodo  super  illis  »  C  31,  X,  De  simon.  5,  3,  gì.  ibid.  .  v.  pro- 
positis  0.  DuRANT.  Spec.  lib.  Ili,  part.  1  De  acquisii.'^  3,  n.  26.M0nchkn,  I,  296,  Fournier,  p.  293. 

(3)  Intorno  alle  differenze  fra  la  procedura  penale  e  la  civile  v.  Ano.  Aret.,  De  maleficiis ,  Rubr. 
Qui  index  dictum  processum  publicavit. 

(4)  C  60" quod  post  publicationem  defensionum  fortificatio  inquisitionis  fieri  possit  ». 

(5)  C.  60  " De  ordine  responsionum  et  attestationum  testium  non  arcetur  sed  valeat  inqnisitio 

et  procedat  sivo  responsio  sequatur  attestationem  te.->tiura  sive  procedat  (praecedat)  ». 

(6)  C.  60  < Quod  renunciatio  et  conclusio  necessaria  nullatenus  exigantur  »  .  E  noto  come  queste 

fossero  indispensabili  nel  processo  civile  :  Damas.  Summa  de  ord.  iud.  tit.  84.  «  Renunciatione  facta  alle- 
gationum  et  testium  iudex  ex  quo  sufficienter  instructus  fuerit  feret  sententiam  ditfinitivam  »  Ang.  Aret. 

De  maleficiis.  Rubr.  Super  quibus  omnibus  et  singulis.  > Licet  in  civilibus  libellis  necessaria  sit 

conclusio tamen  in  criminalibus  in  accusatione  vel  inquisitione  non  est  necessaria  conclusio  ». 

V.  DuRANT,  lib.  II,  part.  II,  De  renunciatione  et  conclusione,  §  I.  Nelle  Costit.  siculo  Nov.  ConstA,  40 
(Huillahd-Rbéholles,  vi,  6ii). 

(7)  C.60.  "Sufficiat  piiblica  et  praeconia  notificatio  assertnrum  iudicum  ad  sententiam  audiendam 
licet  non  facta  fuerit  citatio  et  assignatio  specialia  " .  La  presenza  della  parte  al  momento  in  cui  veniva 
pronunciata  la  sentenza  ritenevasi  necessaria  già  dal  diritto  romano,  L.  60.  D.  De  re  jud.  42. 1 .  L.  3. 7.  C. 
Quomrido  et  quando  iudex  etc.  43,  7  e  lo  stesso  principio  vigeva  nel  dir.  canonico  e.  2.  Clem.  De  sent. 

et  re  iud.  2.  1 1  « Dicine sententia  meruit  quae  a  indice in  absentem  nec  citatum  legitime  . . . 

promulgata  ?  ..  Damas.  Summa,  84 est  autem  sententia  ferenda praesentibus  partibus,  vel  altera 

parte  absento  per  contumaciara  post  litem  contestatam,  alias  non  feretur Bru.sat.  Pmxis  Rubr. 

de  cnusae  conclusione.    Advocatua parlis,  quae  victoriam  expectat  curet,  ut  ante  prolationem  sen- 

tentiao  citetur  adversarius  ad  sententiam  audiendam ,  et  fiat  citatio  cum  additione  peremptorii ,  alias 
non  valet  sententia  in  absentem. 


PER    CESARE    NANI  133 

pronunciata  dal  giudice  competente  nelle  assisie  che  tiene  regolarmente,  come  si  è  veduto, 
quattro  volte  all'anno:  soltanto  egli  ha  facoltà  di  differire  la  sua  pronuncia  infino  alle 
prossime  assisie,  allorquando  la  gravità  del  caso  o  qualche  grave  dubbio  su  qualche 
punto  di  diritto  lo  richieda.  Ogni  ingiusto  ritardo  è  punito  colla  multa  di  un  fiorino 
per  giorno  (1). 

Onde  provvedere  a  che  ogni  causa  sia  chiamata  secondo  il  suo  turno,  è  stabilito  che 
le  inquisizioni  sieno  iscritte  nei  registri  della  Cmia,  per  modo  che  il  giudice  le  trovi  anno- 
tate per  ordine  di  data,  e  ciò  a  pena  di  sessanta  soldi  forti  (2). 

Ma  se  il  reo  trovasi  in  istato  di  arresto,  allora  non  è  punto  necessario  che  si  aspetti 
l'epoca  delle  assisie.  Nei  dieci  giorni  successivi  a  quello  in  cui  od  il  reo  od  in  suo  difetto 
il  denunciante  o  la  parte  fiscale  ne  abbiano  fatta  istanza,  il  giudice  deve  emanare  la  sen- 
tenza, a  meno  che  non  ne  sia  impedito  da  qualche  giusta  causa,  come  sarebbe  l'assenza 
per  servizio  del  Principe,  l'infermità  od  altro  gi-ave  motivo.  La  pena  del  contravventore  è 
di  cinque  soldi  forti,  per  ogni  giorno  che  egli  indugi  indebitamente  (3). 

XVI. 

Non  sempre  però  contro  il  reo  si  procede  in  via  criminale  ed  il  processo  incoato  è 
condotto  fino  alla  sentenza.  Tra  le  miserie  che  affliggevano  la  pratica  penale  di  quell'epoca 
era  anche  questa,  che  il  delinquente  poteva,  sborsando  una  somma  di  danaro  che  pattuiva 
col  giudice,  sfuggire  alla  condanna  in  cui  altrimenti  sarebbe  incorso.  In  tutta  Italia  si  era 
diffusa  questa  trista  consuetudine  (4)  ed  anche  Savoia  ne  era  infestata  (5).  La  legislazione 
dei  Principi  sabaudi,  se  non  intese  a  sradicarla  affatto ,  provvide  però  a  ridurla  entro  più 
stretti  confini.  Il  vecchio  Statuto  di  Edoardo  del  13  Maggio  1325,  già  prima  menzionato, 
fece  divieto  severo  ai  balii,  ai  giudici,  ai  castellani  ed  a  qualunque  altro  ufficiale  di  fare. 
0  personalmente  o  per  mezzo  d'altri,  composizioni  riguardo  a  delitti  commessi.  Chi  trasgi-e- 
disce  l'ordine  è  punito  con  multa  di  dieci  lire  forti  e  la  composizione  è  destituita  di  ogni 
efficacia  (G).  Ben  è  vero  che  la  facoltà,  che  era  tolta  per  simil  modo  agli  ufficiali,  non  si 
intendeva  negata  al  Conte. 

Lo  Statuto  nostro  però  non  rinnova  il  divieto .  segno  manifesto  che  in  pratica  esso 
non  vi  era  stato  osservato;  non  proibisce  le  composizioni  o  concordie,  come  esso  le  chiama, 
ma  le  circonda  di  certe  formalità,  quanto  al  tempo  ed  modo  e  ne  esclude  assolutamente 
certi  crimini  ritenuti  di  maggiore  gravità  (7). 


(1)  C.  24. 

(2)  C.39. 

(3)  C.25. 

(4)  V.  Pertile,  Storia  del  dir.it.  IV  {Padova,  1876),  J  119. 

(5)  Basta  scorrere  i  protocolli  dei  notai  comitali  e  ducali  per  trovarne  esempii  abbastanza  numerosi. 
Vedasi  ad  es.  Prot.  12.  f.30  (a.  1355),  prot.  101,  ff.  15,  18,  19,  25,  28,  76,  81  (a.  1369).  Ne  accenna  Cibrario, 
Fin.,  p.  110,  Econ.polAU,  182. 

(6)  Art.  1.  Primo  quod  inhibeatur  omnibus  Bailyvis,  iudicibus  et  castellanis  et  omnibus  aliis  ofiS- 
cialibus  ne  ipsi  aliquas  compositiones  super  escessibus  qualescumque  sint  faciant  per  se  vel  per  alium, 
quod  si  fecerint  compositio  nuUius  sit  momenti,  et  nichilominus  ille  qui  compositionem  fecerit  pu- 
niatur  prò  qualibet  compositionem  in  decem  libras  fortes,  sed  super  quibuscumque  escessibus  et  requi- 
sltionibus  pronuntietur  per  iudicem  prout  fuerit  rationis. 

(7)  Per  contro  le  Costituzioni  sicule  permettevano  ancora  le  transazioni  fra  accusato  ed  accusatore, 
purché  ciò  avvenisse  prima  che  fosse  contestata  la  lite.  Const.  II,  16. 


134  STATUTI    ni    AMEDEO    VI 

Quindi  è  ordinato  che  i  castellani  non  possano  pattuire  concordie  intorno  a  fatti 
delittuosi  se  non  durante  le  assisie  e  dopoché  l'inquisizione  sia  compiuta  e  riferita  nel 
libro  della  Curia.  In  qualunque  tempo  poi,  la  concordia  deve  seguire  alla  presenza,  oltreché 
del  castellano,  del  giudice,  e  del  procuratore  del  fisco  se  si  trova  in  quel  luogo  (1).  Della 
medesima,  non  che  delle  dichiarazioni  che  l'accompagnino,  deve  risultare  da  apposito  regi- 
stro da  tenersi  dai  giudici  per  essere  mostrato,  al  pari  che  quello  delle  condanne,  ogni  anno 
ai  rettori  dei  conti  (2),  ed  il  chierico  della  Curia  dovrà  di  propria  mano  farne  annotazione 
nel  registro  dove  fu  inscritta  l'inquisizione.  Ma  non  è  permesso  a  nessuno  di  transigere  sopra 
un  crimine  che  abbia  cagionato  la  morte  (3)  e  neppm'e  sopra  reati  di  falso  istrumento  o 
carta  o  scrittui-a,  o  di  falsa  testimonianza  ;  nel  qual  caso  deve  applicarsi  il  rigore  del  di- 
ritto, ed  al  trasgressore  è  comminata  la  pena  del  quadruplo  da  pagarsi  al  fisco  insieme 
con  quanto  abbia  ricevuto  (4). 


XVII. 

Tali  erano  le  nonne  in  cui,  a  mente  del  nostro  Statuto,  era  costituita  l'autorità  giu- 
diziaria e  si  amministrava  la  giustizia. 

Ma  a  quella  guisa  che  non  tutta  la  giurisdizione  emanava  in  quell'epoca  dal  Prin- 
cipe, essa  non  apparteneva  unicamente  ai  tribunali  secolaii. 

Accanto  al  foro  civile  si  erigeva  il  foro  ecclesiastico,  e  tra  questi  due  è  facile  inten- 
dere come  dove.sse  sorgere  lotta  di  competenza. 

Non  è  qui  il  luogo  di  esporre  le  cause  molteplici  e  vaine  onde  originavano  questi 
conflitti.  Certo  è  che  la  estensione  che  la  giurisdizione  ecclesiastica  aveva  preso  li  rendeva 
pressoché  inevitabili.  Anch'essa  era  incominciata  da  tenui  principii,  sotto  la  forma  di  un 
semplice  arbitrato,  ma  si  era  venuta  svolgendo  nell'impero  romano ,  e  più  tardi  nell'  im- 
pero franco.  Non  solamente  aveva  affennato  il  suo  predominio  in  modo  assoluto  rispetto  ai 
chierici,  per  forma  che  uessim  altro  tribunale  traime  l'ecclesiastico  fosse  competente  a 
decidere  delle  loro  cause  (5)  ,  ma  si  era  estesa  eziandio  (favorita  in  ciò  dagli  stessi 
litiganti)  dalle  causae  vere  spirituales  alle  cause  ecclesiasticae  spiritualilms  adnexae  sivr 
coniunctar .  a  quelle  miserabilium  personaruni,  a  quelle  in  cui  il  fatto  di  una  delle 


(1)  C.47. 

(2)  C.26,  47. 

(3)  C.  47. 

(4)  C. 48. Temperamenti  consimili,  per  lo  stesso  scopo  difenderò  meno  frequenti  e  facili  le  compo- 
sizioni, introducevansi  pure  qua  e  là  in  varii  Stati  d'Italia.  V.  Fertile,  l.cit.pp.  4U5.  406. 

(5)  La  massima  era  già  stata  proclamata  dalla  legislazione  romana  e  fu  più  tardi  confermata  dalla 
leg^sla/ione  imperiale  germanica.  V.  ?Jov.  1 1'3,  e.  ?1  e  l' Authentica  Slatuimiis,  Cod.  de  episc.  et  ckr.  (che  ò 
la  ConstUxttio  in  Basilica  beati  Petri  di  Federico  II  a.  f2?0,  in  M.  G.  L.  II,  243).  Tuttavia  ciò  non  accadeva 
senza  contrasto,  almeno  per  certe  cause,  per  parte  dell'autorità  temporale.  V.  Richter,  Lehrbuch  des 
/firc/ienrec/itó^Leipzig,  I853Ì.  §  192,  n.  )3,  e  Beline  De^  anciennes  iuridictions  ecdcsiastiques  (oeWa.  Revxu- 
étrangire  et  francaise  di  Felix,  a.  1843,  p  186  segg.).  Naturalmente,  quando  l'attore  fosse  laico,  ma  il 
convenuto  ecclesiastico  era  competente  il  foro  ecclesiastico,  giusta  la  massima  ac<orj«yMiVur/brum  rei: 
ma  anche  noi  caso  contrario  talora  rilenevasi  competente  lo  .«fesso  tribunale,  c.ó.  X,  De  foro  co>np.  2. 2 
a  ...  in  plerisque  parlibus  aliter  do  consuetudine  habeatur  n.  V.  su  questo  punto  Friedberg  De  finium 
inter  Ecclesiam  et  civilatem  regundorum  judicio  quid  Medii  Aevi  doctores  et  leges  staluerinl  { Lipsiae, 
1801),  p.  n:j. 


PER    CESARE    NANI  135 

parti  rivestisse  l'aspetto  di  un  peccato,  ed  interveniva  pure  qualora  il  giudice  secolare 
diniegasse  o  ritardasse  la  decisione  (1).  Quindi  i  limiti  che  naturalmente  la  separavano 
dalla  civile  tendevano  sempre  più  a  scomparire,  e  si  moltiplicavano  per  la  confusione  delle 
due  potestà  i  motivi  di  litigio  (2).  La  lotta  fu  lunga  ed  aspra,  specialmente  sul  punto,  se 
la  causa  tra  due  laici  che  per  natma  sua  avi-ebbe  appartenuto  alla  cognizione  del  foro 
laico,  potesse  validamente,  per  consenso  di  ambedue  le  parti  ed  anche  per  volere  di  una 
sola,  sottrarsi  alla  giurisdizione  laica  per  sottoporla  alla  ecclesiastica.  Questa  poteva  invo- 
care in  suo  favore  una  antica  legge  emanata  da  Costantino  (3),  che  in  verità  era  stata 
bentosto  abrogata  (4) .  ma  la  Chiesa  non  la  riteneva  pinva  di  ogni  eflScacia,  e  più  volte 
fui'ono  rinnovati  i  tentativi  onde  farla  osservare  (5). 

L'autorità  secolare  vi  si  oppose  (6).  ed  anche  in  Savoia  non  mancano  esempi  di  con- 
flitti suscitati  per  tale  cagione  (7).  A  farli  cessare,  il  nostro  Statuto  in  due  capi  di- 


(1;  V.  RicHTER,  op.  1.  cit.,  IIiNSCHiis  Geschìchle  ti.  Quellen  des  Kan.  Rechls  [in  Holtzendorkks, 
Encyclop.),  p.  MS.  Wetzell,  op.  ci(.,  p.  338,  Friedberg,  Lehrb.des  Kirchenrechts  (Leipiig,  )879)  p.  169. 
Id.  De  fin.  etc,  p.  110  segg.  Fourmer,  op.  cit.,  p.  64  segg. 

(2)  Di  qui  trassero  origine  le  disposi/.ioni  che  si  leggono  in  più  statuti  municipali  relative  alla 
giurisdizione  laica  ed  ecclesiastica.  V.  Bethmann-Hollweg,  op.  cit.,  VI,  89.  Sulle  opinioni  di  Gino  da 
Pistoia  intorno  ai  limiti  fra  la  giurisdizione  laica  e  l'ecclesiastica  cons.  Chiappelli,  Vita  e  opere  giu- 
ridiche di  Cino  (Pistoia,  1881  \  p.   134  segg. 

(3)  «  Quicumque  itaque  litem  liabens  sive  possessor  sive  petitor  erit,  Inter  initia  litis  vel  decursis 
temporunn  curriculis,  sive  quura  negotium  peroratur,sive  quum  iam  coeperit  pronii  sententia,  iudicium 
elegit  sacrosanctae  legis  autistitis,  etiamsi  alia  pars  refragatur  ad  episcopum  cum  sermone  litigantium 
dirigatur  »...  (È  la  XVIIi  Consl.  Sirtnond.  ed  Haenel)  É  noto  come  la  autenticità  di  questa  costituzione 
sia  stata  contestata  da  Gotofredo  e  da  altri  molti,  ma  essa  fu  dimostrata  da  Hànel.  V.  Puchta,  Instit. 
(Leipzig,  1871),  p.337. 

(■4)  L.  9,  C.  De  ep.  aud.  1 ,  4.  Nov.  Val.  34  pr. 

(5)  Essi  risalgono  nell'impero  franco  all'epoca  in  cui  la  Chiesa,  fino  allora  legata  allo  .Stato,  cercava 
di  svincolarsene.  Nel  coinraentario  di  Floro  alla  cit.  costituzione  di  Costantino  (in  Maassen,  Ein  Com- 
mentar des  Florus  von  Li/on  :u  einigen  der  sogenannten  Sirmond'schen.  Constitutionen,  \\'ien,  1879, 
p.  26)  si  legge  :  '(  Christianissimus  iste  imperator  in  publico  litigantes,  etiam  si  iudicialis  iam  sententia 
proferatur,  si  una  pars  ad  episcopum  proclamaverit,  continuo  etiam  nolente  alia  saeculares  ad  ecde- 
siasticum  iudicium  dirigit.  Noster  vero  praetorialis  episcopus  ecclesiasticos  ad  seculare  examen  ire 
compellit.  Apparet,  quantum  status  ecclesiao  dilap.sus  sit,  quando  venerabilius  sentit  de  honore  ecclesiae 
imperator  nuper  ex  pagano  conversus  quam  episcopus  ab  infantia  ecclesiae  lacte  nutritus  •■ .  Ed  in  una 
poesia  dello  stesso  autore,  del  ceto  ecclesiastico  e  del  secolare  si  dice  :  «  Semper  distinctus  duplex  hic  ordo 
cucurrit-iudicibusque  suis  utraque  parte  viguit  •>  Nella  collezione  pseudo-isidoriana  ripetevasi  la  legge 
di  Costantino  attribuendola  a  Teodosio  [li  366)  ed  il  passo  intiero  con  identiche  parole  era  riportato 
nel  Decreto  e.  37,  C.  XI,  qu.  I.  «  Volumus  atque  praecipimus  ut  omnes  nostrae  dictioni  subiecti  tam 
Romani  quam  Franci ,  Alemanni,  Bavari,  Saxones,  Turingi,  Frisones,  Galli,  Burgundiones,  Britones, 
Longobardi,  Guascones  ,  Beneventani,  Gothi ,  Hispani,  ceterique  omnes  nobis  subiecti,  quocunque 
videantur  legis  vinculo  stricti  vel  consuetudinario  connexi  more,  hanc  sententiam  quam  ex  soxtodecimo 
Theodosii  imperatoris  libro  capitulo  videlicet  uudecimo,  ad  interrogata  Ablavii  ducis,  quum  illis  et 
omnibus  per  scripturara  misimus  et  Inter  nostra  capitula  prò  lege  tenenda  consultu  omnium  fideliuni 
nostrorum,  posuimus,  lege  cuncti  perpetua  teneant,  id  est;  Quicumque  litem  habens,  etc».  — Ancora 
Innocenzo  HI  (e.  13,  X.  De  jud.  2,  I)  richiama  la  supposta  legge  di  Teodosio  che  Carolvs  innovavit 
per  inferirne  la  potestà  del  giudice  ecclesiastico  di  conoscere  almeno  in  determinati  casi  di  cause  che 
concernessero  un  ecclesiastico  ;  sebbene  osservi  poco  appresso  «  non  humanae  constitutioni  sed  divine 
potius  innitamur,  quia  potestas  nostra  non  est  ex  homine  sed  ex  Deo,  etc.  »  . 

(6)  Le  lotte  che  si  dibatterono  in  Francia  per  questa  causa  da  Filippo  .\ugusto  a  Filippo  di  Valois 
sono  narrate  distesamente  da  Fournier,  op.cit.,  p.  94  segg.  V.  anche  Friedberg,  De  fin.reg.,  p.  113. 

(7)  Nei  Protocolli  de'  notai  ducali  (prot.  38,  f.  49,  a.  1341)  si  trova  esempio  di  rimessione  di  un 
giudiiabile  dal  giudice  ecclesiastico  all'ordinario.  Il  De  Ville,  Estat  ou  abregé  delajuslice  ecclesias- 
tique  et  sécuUbre  du  paijs  de  Savoie  (Chambéry,  1674),  P.  1,  liv.  1,  chap.  Vili,  in  epoca  molto  più  vicina 
a  noi,  tratteggiava  i  confini  della  giurisdizione  ecclesiastica  negli  Stati  di  Savoia. 


136  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

chiara  altamente  l'incompeteiiza  del  tribunale  ecclesiastico  rispetto  ai  laici  nei  casi  che  non 
siano  assegnati  alla  sua  giurisdizione  (1).  Perciò  è  prescritto  che  nessun  laico  tragga  o 
faccia  citare  o  convenga  un  altro  laico  fuori  della  Curia  del  Conte  per  qualsiasi  causa  che 
non  appartenga  alla  giurisdizione  ecclesiastica.  Chi  non  obbedisce  al  divieto  è  punito  con 
multa  di  cento  soldi  forti,  ed  il  citato  o  convenuto  che  non  riveli  il  fatto  al  Consiglio  od 
al  giudice  od  al  castellano  fra  dieci  giorni  dalla  citazione  o  convenzione  è  punito  della 
stessa  pena.  Ma  occoireva  pure  ovviare  alle  frodi  con  cui  si  sarebbe  cercato  di  sfuggire 
all'applicazione  del  divieto.  La  più  freciuente  doveva  senza  dubbio  essere  questa,  che  il 
laico  cedesse  ad  un  chierico  la  sua  obbligazione  od  azione,  per  modo  che  sopra  la  mede- 
sima diventasse  giudice  competente  l'autorità  ecclesiastica.  Severa  assai  è  la  disposizione 
dello  Statuto  a  questo  riguardo.  Il  cedente  perde  la  causa  e  l'azione  e  deve  pagare  cento 
soldi  forti  jiel  solo  fatto  che  sia  seguita  la  citazione  avanti  alla  Curia  ecclesiastica,  e  quegli 
contro  cui  fu  fatta  la  cessione,  e  citato  non  rivela,  è  multato  della  stessa  somma. 

Che  queste  prescrizioni  abbiano  raggiunto  il  loro  scopo,  non  si  può  certo  affermare, 
dacché  quasi  cento  anni  dopo  lo  stesso  divieto  aveva  bisogno  di  essere  rinnovato  (2). 


XVIII. 

Parecchi  articoli  dello  Statuto,  come  si  è  visto,  contengono  minacce  di  pene  a  chi 
contravvenga  ad  alcuna  delle  sue  disposizioni  ;  ma  è  singolare  come  nessuna  si  riferisca 
propriamente  al  diritto  penale. 

Neppure  lo  Statuto  di  Pietro  II  era  ricco  di  disposizioni  in  questa  parte  (3).  Il 
diritto  romano  (4),  e  più  ancora  leggi  e  consuetudini  locali  fornivano  le  norme  al  giudice 
quanto  alla  repressione  dei  reati. 


(1)  C.54,  55. 

(2)  Un  editto  del  duca  Lodovico  del  16  febbraio  1462  (pubblicato  da  F.  Saraceno  nei  Documenti 
inediti  del  duca  Lodovico,  ecc.  (Torino,  1876,  p.  55)  dopo  avere  lamentato  ■■  quam  plurimos  in  dominiis 
nostris  mediate  et  immediate  subditis  centra  et  preter  statutorum  nostronim  et  iuris  comunis  obser- 
vanciam  subditoa  nostros, etiara  et  banneretorura  fidelium  nostrorum,  sin>;ulari  qiadam  temeritate  ad 
eurias  ecclesiasticas  et  alias  alienas  dietim  trahero  et  inquietare  atquo  pretensia  contumaciis  ceterisque 
modis  satis  exquisitis  ac  dolosis  interdici  excomraunicarique  agravari  reagravari  et  aliis  variis  terrendis 
occlesiasticis  censuris  inuovari  facere  et  obtinero  iu  causis  etiani  prophanis  «  prosegue»  vobis  (baillivis, 
iudicibus,  procuratoribus,  castellanis,  clericis  curiarum  et  ceteris  officiariis  nostris  mediatis  et  iiiime- 
diatis)  et  vestrura  cuilibet  in  solidum  quantum  ad  eum  spectaverit  tenore  presentium  districte  inhi- 
bemus  et  sub  pena  nostre  indignacionis  vestrorumque  privacionis  oflìciorura  et  ulterius  centum  mar- 
oharum  argenti  per  quomlibet  vestrum  vice  qualibet  qua  centra  fecerii  comictenda  et  nobis  applicanda 
ne  occasionibus  premissis  in  eosdem  nostros  et  dictorura  vassellorum  nostrorum  subdifos  aut  eorum 
bona  licteras  . . .  .compulsorias,  et  de  mandato  capiendi  contra  iuris  et  dictorura  statutorum  nostrorum 
mentem  a  modo  cuique  concedere  audeatis  vel   presumatis  verum  concessas  per  vos  quascunque  cum 

inde  sequutis  universis  revocetis Contra  autem  buiusmodi  temerarios  vexatores  procedatis  ad  peuas 

per  ius  comune  et  statuta  nostra  promulgatas  advei-sus  temerarios  litigatores  seu  contra  trabentea 
subditos  nostros  vel  nostrorum  vassellorum  ad  eurias  alienas  ,  excusacionibus  quantistibet  pariter  et 
exceptioiiibus  reiectis  et  non  obstantìbus,  et  absque  cuiusvis  alierius  expectacioiie  mandati  >  . 

(3)  Tre  soli  reati  esso  contemplava,  violenza  ed  ingiuria  contro  un  privato,  ingiuria  verbale  prof- 
ferita in  tribunale,  e  falso  giuramento. 

(1)  Che  esso  fosse  applicato  come  legge  vigente  in  materia  penale  risulta  dal  Prot.  ,4,  f.  22  dov» 
8i  contiene  una  condanna  in  forza  della  legge  lutia  de  vi.  Che  il  diritto  romano  si  studiasse  in  quel- 
l'epoca in  Savoia,  risulta  anche  dal  Prot.  32,  f.  18,  dove  è  menzionata  la  vendita  di  un  Digesto  fatta  per 
60  fiorini  d'oro. 


PER   CESARE    NANI  137 

Vuol  essere  a  questo  proposito  ricordato  un  antico  Statuto ,  forse  il  primo  Statuto 
generale  che  abbia  avuto  vigore  in  Piemonte  (1),  promulgato  il  19  ottobre  1318  da 
Amedeo  V  e  Filippo  d'Acaia  col  consenso  dei  conti  di  Masino,  di  Mazze,  di  S.  Martino, 
e  di  Brosso  (2j.  contro  i  predoni  di  strada  ed  i  loro  favoreggiatori.  In  esso  è  minacciata 
pena  di  morte,  non  meno  agli  autori  della  depredazione,  che  a  quelli  che  vi  prestano  aiuto. 
Ognuno  degli  intervenuti  all'atto  si  obbliga  di  fare  ogni  suo  potere  per  catturare  i  predoni 
e  punirli  egli  stesso,  se  la  depredazione  ebbe  luogo  sul  territorio  a  se  soggetto,  o  conse- 
gnarli in  mano  del  signore  della  teiTa  dove  quella  è  succeduta.  Eisponsabili  della  depre- 
dazione di  cui  non  sia  arrestato  l'autore  sono  gli  abitanti  della  villa  più  vicina  al  luogo 
dove  essa  accadde,  i  quali  per  conseguenza  debbono  indennizzare  il  derubato  del  danno 
e  delle  spese  sofferte.  Lo  stesso  obbligo  incontra  il  signore  che  abbia  dato  ricetto  ad  un 
predone.  L'indennità  deve  essere  pagata  entro  dieci  giorni  dal  di  della  denunzia  fattane 
dal  Vicario  d'Ivrea  o  di  Torino,  o  dal  Balio  di  Val  di  Susa,  i  quali  possono  eziandio  pro- 
cedere armata  mano  contro  quelli  che  si  rifiutassero  di  osservare  qualunque  delle  suddette 
disposizioni.  Oltre  a  ciò  i  signori  ed  i  nobili  sopra  nominati  dichiarano  che  presteranno 
man  forte  al  Conte  di  Savoia  ed  al  Principe  d'Acaia  jjerchè  lo  Statuto  abbia  la  sua  ese- 
cuzione. Però  è  soggiunto,  clie  non  debbano  essei'e  trattati  quali  predoni  i  nobili  canave- 
sani  che  abbiano  gueira  privata  fra  di  loro,  quando  alcuno  di  essi  tolga  ad  un  altro 
qualche  cosa  dieci  giorni  dopo  la  diffida,  purché  ciò  non  avvenga  sulle  terre  né  del  Conte 
uè  del  Principe. 

.  Interessanti  sono  nel  nostro  Statuto  le  regole  intomo  al  trattamento  dei  detenuti. 
A  quell'epoca,  in  Savoia,  come  in  quasi  tutta  Itaha.  Venezia  forse  sola  eccettuata,  le  carceri 
erano^  fonti  di  guadagno  per  chi  ne  aveva  la  custodia  (3).  Là  esse  erano  tenute  dai  castel- 
lani ,  i  quali  avevano  l'obbligo  di  alimentare  i  prigioni  e  ne  riscuotevano  mercedi  e 
tasse  (4).  Appunto  perciò  era  da  temere  che  ne  nascessero  abusi,  o  per  causa  di  detenzione 
arl>itraria  o  per  indebito  rila-scio  dei  detenuti  o  per  esagerate  pretese  rispetto  alle  spese 
del  mantenimento.  Laonde  Amedeo  VI  cerca  di  prevenirli,  ordinando  anzitutto,  che  ninno 
possa  e-ssere  carcerato  se  non  per  ispeciale  mandato  del  Conte  o  del  Consiglio  o  di  altro 
giudice  (5),  e  niuno  parimente  sia  rimesso  in  libertà  se  non  dietro  autorizzazione  data  da 
chi  ebbe  ad  ordinare  la  cattura  (G),  con  ciò  però  che  spetti  facoltà  al  Consiglio  di  ordinare 
la  scarcerazioni^  del  deteiuito.  anche  quando  quella  siasi  effettuata  in  seguito  a  mandato 


(1)  Per  tale  lo  ritiene  Cibrario,  Origine  e  progressi,  ecc.  II,  89. 

(2)  Se  ne  hanno  due  edizioni.  La  prima  procurata  da  Cibrario  e  D.  Promis,  Docu>nenti,  sigilli  e 
monete  appartenenti  alla  storia  della  nion.  di  Savoia  (Torino,  1833,  p.  258,  tratta  dall'originale  nell'ar- 
chivio della  città  d'Ivrea.  La  seconda  da  A.  Burtolotti  nella  Miscel'anea  di  storia  italiana  t  XII  (Torino 
1871)  in  appendice  allo  scritto  Convensioni  e  statuti  per  l'estirpamento  dei  berrocieri  e  ladri  del  Mon- 
ferrato,  ecc.   nei  secoli   XIII  e  XIV  (p.  812)    Si  troverà  ripubblicato  in  appendice. 

(3)  V.  Ceccuetti,  Delle  leggi  della  repubblica  Veneta  sulte  carcerUVenezia,  1866).  Pertile,  op.  cit., 
V.  p.  284  segg.  Beltr.^ni-Scalia,  Sul  governo  e  sulla  riforma  delle  carceri  in  Italia  (Torino,  1868)  spe- 
cialmente p.  300  e  segg.  dove  sono  riferiti  gli  ordini  di  parecchi  Comuni  italiani  circa  al  trattamento 
dei  detenuti. 

(4)  Nel  Prot  102,  f.  35  due  detenuti  danno  cauzione  al  castellano  di  non  uscire  dalle  camere  loro 
assegnate. 

(Ti)  C.  25  in  fine,  e.  51. 

(6)  Nei  Protocolli  dei  notai  ducali  (Prot.  32,  f.  137  a.  1358),  si  ha  esempio  di  un  ordine  del  Conte 
di  Savoia  di  rilasciare  in  libertà  un  carcerato. 

Serie  11.  Tom.  XXXIV.  .  18 


138  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

di  altro  giudice.  Responsabile  dell 'adempimento  di  queste  prescrizioni  è  il  padrone  anche 
pel  fatto  del  servo,  e  la  pena  è  stabilita  in  dieci  lire  forti,  oltre  quella  di  diritto  (1).  K 
poi  tariffata  la  mercede,  varia  secondo  la  qualità  delle  persone,  che  il  castellano  ha  diritto 
di  pretendere  dai  detenuti ,  ed  è  fatta  facoltà  a  questi  ultimi ,  qualora  le  vogliano ,  di 
provvedersi  a  proprie  spese  il  mantenimento  (2).  In  questo  ultimo  caso  il  prigioniero  non 
ha  da  pagare  che  pel  letto  e  pei  mobili  ;  e  la  tassa  è  di  due  denari  forti  al  giorno ,  se  si 
tratta  di  semplice  agricoltore;  di  i|uattro,se  di  semplice  borghese  od  agricoltore  di 
mediocre  condizione;  di  otto  od  anche  meno,  se  di  nobili,  avuto  riguardo  alla  loro  posi- 
zione. Se  invece  il  castellano  s'incarica  del  mantenimento,  gli  si  dovrà  corrispondere  dagli 
agricoltori  ed  artigiani  un  denaro  grosso  al  giorno;  da  borghesi  e  notai  due;  da  nobili  tre 
o  quattro,  a  seconda  della  loro  qualità  e  dignità.  Può  sorgere  controversia  intomo  a  questo 
punto,  ed  allora  si  dovrà  stare  a  quanto  verrà  ordinato  dal  Consiglio  o  dal  giudice  nella 
cui  giudicatura  si  trovi  il  prigione. 

Tasse  speciali,  fissate  con  gli  stessi  criterii,  ha  pur  diritto  il  castellano  di  esigere  dai 
suoi  carcerati  (3).  Ma  se  protende  pi  fi  che  non  gli  competa,  dovrà  restituire  1"  indebita- 
mente esatto  e  pagare  per  dippiù  dieci  fiorini  per  ogni  volta  al  fiisco  ;  nel  che  si  starà  al 
giuramento  di  chi  ha  pagato. 

XIX. 

Non  sono  che  quattro  gli  articoli  del  nostro  Statuto  che  riguardino  il  diritto  civile, 
e  tutti  quattro  concernono  la  tutela  e  la  cura.  Non  bastano  per  certo  a  dare  un  concetto 
completo  dell'istituto  in  quell'epoca;  ma  bastano  a  dimostrare  come  anche  qui  cercassero 
di  fondersi  insieme  idee  romane  e  idee  germaniche,  trasformandosi  nelle  regole  del  diritto 
modenio.  La  distinzione  capitale  che  il  diritto  romano  aveva  introdotto  fra  la  tutela  e  la 
cura  non  appare  più  nello  Statuto.  È  prevalso  il  concetto  germanico  che  le  accomuna  sotto 
un  criterio  più  largo  e  comprensivo,  quello  della  difesa  dei  deboli  e  bisognosi  di  soc- 
corso (4),  che  già  si  era  insinuato  nella  Glossa  (5).  Perciò  ninna  differenza  nei  modi  con 
cui  tutela  e  cura  vengono  conferite  ed  esercitate.  Con  disposizione  generale  è  statuito  che 
la  tutela  dei  minori  {(i)  e  la  cura  dei  furiosi,  prodighi,  dementi  ed    assenti,  e  dei  beni 


(1)  C.51  in  fine. 

(2)  A  Roma,  il  carceriere  di  coloro  che  stavano  rincliiusi  nello  secrete  non  poteva  esigerò  ohe  un 
carlino  al  giorno  per  il  pranzo  ed  un  altro  per  la  cena  ;  ma  potendo  accadere  che  taluni  non  pote>^sero 
o  non  volesaero  spendere  tanto  si  lasciò  loro  libertà  di  stabilirò  col  carcei-iero  ì  patti  che  giudicassero 
più  convenienti.  La  diversità  dello  carceri  poi  influiva  sul  diverso  diritto  da  pagarsi  A  Lucca  invece 
era  la  maggiore  o  la  minore  graviti^  del  <lelìttu  che  determinava  la  tassa  da  pagarsi  dal  reo.  Beltrami- 
SCAl.U,  op.  I.cit. 

(3)  Qui  non  ò  ben  chiaro  il  concetto  della  legge,  per  qualche  errore  incoreo  sicuramente  nella 
copia.  Vi  si  dice  infatti  (e.  49  in  fine)  «prò  ri/yresni  vero  castri  capiant  (castellani;  ut  infra,  videlicet 
ab  agricola  2  den.  fori,  voi  valorem,  ab  alììs  vero  non  agricolis  usqiio  ad  nobiles  4  den.  fort-,  a  nobili 
vero  uuus  den.grossus  et  prò  regressu  tantumdem  a  quolibet  ultra».  Come  si  vede,  la  tassa  sarebbe 
stabilita  due  volto  prò  regrcssu  e  quindi  si  avrebbe  una  ripetizione  senza  scopo.  Ma  forse  è  da  leggere 
prò  ingressu  la  prima  volta  o  prò  eyressu  la  seconda. 

(I)  GKRMEn,  System  des  dcutschen  Privatrechls  (Iena,   1878),  p.  666. 
(r)  Ho3smnT,  Doymen-Gi-schichle  dcs  Cicilrechls  (Heidelberg,   1853),  p.  299. 

(6)  Se  qui  sia  indicata  solo  la  tutela  tfatica,  o  se  debba  intendersi  compresa  nella  disposizione  anche 
la  tutela  legittima,  non  risulta. 


PER    CESARE    NANI  139 

loro,  debba  essere  commessa  unicamente  dal  Consiglio  o  dal  giudice,  esclusi  il  castellano 
e  qualsivoglia  altro  ufficiale  (1).  La  pena  della  trasgressione  è  di  cento  soldi  forti,  oltre 
la  restituzione  di  quanto  si  sia  ricevuto  come  prezzo  della  concessione  (2). 

Ed  è  pure  frutto  di  idee  germaniche  la  podestà  che  lo  Statuto  accorda  ai  parenti 
prossimi  ed  anclie  agli  amici  sopra  alcuni  atti  per  cui  potrel)be  soffrir  detrimento  l' inte- 
resse del  pupillo  (8).  Qui  risiede  il  primo  germe  del  consiglio  di  famiglia,  clie  sconosciuto 
al  diritto  romano,  appare  nei  Codici  moderni.  Per  siffatta  guisa  è  prescritto  che  i  mobili 
aj)partenenti  al  pupillo  che  non  possano  conservarsi  debbano  essere  alienati  (4)  all'  in- 
canto dal  tutore,  in  tre  giorni  di  mercato,  ed  il  prezzo  sia  rivolto  a  suo  vantaggio,  preso 
poi-ò  consiglio  dai  parenti ,  a  meno  che  in  modo  diverso  abbia  disposto  il  testatore  (5). 
Derogando  inoltre  al  diritto  romano  (6) ,  lo  Statuto  vuole  che  ,  finita  la  tutela  e  la  cura, 
debba  il  tutore  ed  il  curatore  rendere  il  conto  e  chiedere  di  essere  liberato  non  al  solo 
pii])illo  od  amministrato,  ma  bensì  in  presenza  del  giudice  e  di  quegli  amici  che  il  giudice 
crederà,  opjjortunn  di  convocai-e.  La  quitanza  che  non  siasi  ottenuta  in  questa  conformità 
è  nulla;  il  tutore  o  curatore  è  punito  del  doppio  in  prò  del  fisco  di  ciò  che  sia  por- 
tato dalla  quitanza  :  ed  il  notaio  che  l'abbia  ricevuta  pagherà  venticinque  lire  forti 
al   Conte  (7). 

Poteva  essere  dubbio  se.  essendo  la  tutela  e  la  cura  poste  sotto  la  sorveglianza  del- 
l'autorità giudiziaria,  nel  formare  gì' inventarii  alle  medesime  relativi  occorresse  valersi 
dell'opera  di  alcuno  dei  scgrotarii  del  tribunale.  Lo  Statuto  lo  risolvo  nel  senso  che  possa 
ricorrersi  a  qualunque  notaio,  a  differenza  degli  inventarii  compilati  per  ordine  della  Curia, 
i  quali  non  possono  essere  redatti  che  dai  chierici  alla  medasima  addetti  (8). 


XX. 

Intorno  ai  notai,  agli  atti  che  essi  ricevono,  ed  agli  onorarii  che  possono  percepire  si 
trovano  nello  Statuto  parecchie  dis]iosizioni.  Risulta  da  esse  che  tre  specie  di  notai  erano 
allora  in  Savoia.  I  notai  del  Conti!  anzitutto,  i  fiecretorii  domini,  la  cui  più  antica  notizia 
risalirebbe,  a  detta  del  Cibrario,  all'anino  1191  (9);  sono  essi  i  notai  di  cui  il  Conte  si  vale 


(1)  Esempio  di  costituziono  di  curatore  ad  una  pupilla  fatta  dal  Cons.  residente,  Prot.  150,  f  I 
8.1333);  di  tutore,  Prot.  141,  f.  8  (a.  1353).  L'autorità  ecclesiastica  come  protettrice  delle  miserabiUt 

per.ionae  attribuivasi  talora  il  diritto  di  nominare  tutori  e  curatori.  In  Francia  nel  secolo  XIII  vodonsi 
sovnnto  nominati  tutori  dagli  ofliciali  dopo  aver  preso  l'avviso  dai  parenti,  coetu.'i parentum.  Fournieh, 
p.  80. 

(2)  C.53.  È  noto  come  il  dispensare  la  tutela  fosse  un  mezzo  di  lucrare,  onde  si  abusava  in  quel- 
l'epoca. V.  Pkrtilk,  op.  cit.,  II,  3."0. 

(3)  Cons.  Kraut,  Die  Vormundschaft  nach  den  Grundsdizen  des  deutschen  liechts  (183,5,  p.77  segg.|. 

(4)  Cos\  stabiliva  eziandio  il  diritto  romano  L.7,  jj  1.  D.  De  adm.et  lìer.tut.lò,  7.  Probabilmente 
quanto  agli  altri  mobili  ed  agli  immobili  restava  in  vigore  il  divieto  assoluto  di  alienazione,  a  meno 
di  speciale  autorizzazione,  del  diritto  romano.  V.  Windscheid,  Lehrb.der  Pand.'^  441  ;  Arndts,  Pand. 
SS  456,  457. 

(5)  C.  50. 

(6)  L.  1 ,  §  3.  D.  De  tut.  et  rat.  distr.  27,  3.  L.  9.  C  De  arbitr.  tut.  5,  51 . 

(7)  C.57. 

(8)  C.  52. 

(9)  Orig.  e  Progr.,  Il,  ad  annum  1191.  V.  anche  Saraceno,  op.  cit.,  p.  7. 


140  ^;TATVT1    DI    AMEllKO    VI 

pei  suoi  affari  particolari  (1).  Quindi  ricevevano  gli  atti  relativi  al  Principe  ed  alla  sua 
Corte  (in  IiospUio);  benché  possano,  richiesti,  prestare  il  loro  ministero  anche  nell'inte- 
resse dei  privati  (2).  I  loro  minutarìi,  dove  si  contengono  gli  atti  riguardanti  il  Conte,  deb- 
bono a  loro  cura  consegnarsi  ogni  anno  al  custode  della  croia  di  Ciamherì  (3).  Sono  i 
protocolli  di  questi  notai ,  nei  quali  si  trova  memoria  degli  atti  emanati  dal  Principe . 
non  solo  d'interesse  privato,  ma  eziandio  d'interesse  pubblico,  che  porgono  preziosi  sussidi! 
anche  allo  storico  del  diritto. 

Vengono  in  secondo  luogo  i  notai  addettf  alle  Curie  (cìericì  curianim),  ai  quali  viene 
affidato  anche  questo  speciale  uffizio  di  ricevere  le  note  e  gli  istrumenti  relativi  ad  alber- 
gamenti,  investiture,  regichic  e  simili  che  riguardino  l'interesse  del  Conte.  Xessun  altro 
notaio,  da  questi  all'infuori,  può  riceverli  ;  se  alcuno  contravvenga  a  quest'ordine  è  multato 
per  ogni  volta  di  cinque  tìoiTni  a  vantaggio  del  Conte,  e  l'atto  è  nullo  (4). 

"Dovevasi  provvedere  a  che,  in  occasione  di  tali  atti,  non  venisse  a  soffrir  detrimento 
il  patrimonio  del  Conte.  Perciò  già  gli  Statuti  di  Pietro  II  avevano  ordinato  che  tutti  gli 
atti  relativi  ad  immobili  sopra  i  quali  il  Principe  avesse  diritto  di  riscuotere  qualche  ca- 
none od  altro,  dovessero  essere  inseriti  dai  notai  in  un  registro  speciale,  e  questi  fossero 
tenuti  a  farne  di  volta  in  volta  dichiarazione  al  giudice  od  al  balio  od  al  castellano  (5). 
Il  nostro  Statuto  vuole  pure  che  degli  atti  della  specie  su  menzionata  sia  tenuto  un  minu- 
tario a  parte,  e  che  questo  passi  dal  segretario  che  gli  ha  ricevuti,  alla  sua  morte,  al 
segretario  che  gli  succederà  nell'uffizio.  Per  questo  i)rivilegio  di  rogare  tali  atti  i  se- 
gretarii  della  Curia  dovranno  pagare  al  Principe  quanto  già  si  soleva  pagare  dai  loro 
predecessori  (G). 

Infine  trovansi  menzionati  i  notai  istituiti  unicamente  per  gli  affari  dei  privati  (7). 
e  loro  è  proibito  di  ricevere  gli  atti  nelle  taverne  sotto  pena  di  nullità  dell'atto ,  e  di 
multa  di  venticinque  soldi  forti  (8). 

È  altamente  manifestata  l'intenzione  del  Principe  che  niun  notaio  nella  Contèa  di 
Savoia  sia  ammesso  a  rogare  atti,  se  non  sia  tale  per  autorità  del  Conte  e  non  abbia  giu- 
rato nelle  mani  di  esso  o  del  giudice  del  distretto  dove  esercita  le  sue  funzioni  (9).  Per 


())  C.  42,  58,  60. 

(2)  C.  S8. 

(3)  C.  64. 

(4)  C.  39. 

(5)  Art.  20.  4"  È  dettato  collo  stesso  scopo  il  disposto  del  secondo  articolo  dello  Statuto  di  Kdoardo 
del  1325:  n  Item  ordinatum  est  quod  quicumque  officialis  domini,  cuiuscuinque  conditionis  existat  ius 
domini  celaverit  vel  aliquid  recipiendo  ius  domini  (minuerit)  puniatur  prò  qualibet  vice  in  viginti 
quinquQ  libris  fortibus  et  nihiloniinus  pen.i  iuris  puniatur  secundum  qualitateni  delieti  »  . 

(6)  C.  37. 

(7)  C.  46. 

(8)  C.  44. 

(!))  Di  qual  tenore  sia  questo  giuramento  non  ò  detto  nello  St.ituto.  Ma  è  ovvio  il  supporre  che 
si  tratti  del  giuramento  di  fedeltà  che  i  notai  hanno  obbligo  di  prestare;  onde  nello  Statuto  d'Asti 
(in  DucANOE  G/osior.  m.  etinf.  lai.  al  vocab.  Notnrius,  e.  3").  >>  luro  ....quod  non  sum  homo  alicuius 
Marchionis,  vel  vassallus,  vel  Comitis,  vel  Comitissae  de  Lombardia,  exceptis  comitibus  de  Lumello, 
si  fuerint  notarii  et  Episcopi  Astensis  >.  Una  analoga  disposizione  si  trova  nelle  Costituzioni  sicule. 

Const.  1,  79  « nuUus  iudex  vel  notarius  publicus,  nisi  sit  de  demanio  et  homo  demanii,  statuitur, 

ita  quod  nulli  sit  survitìo  vel  conditioni  subiectus,  nec  alicui  alii  personae  ecclesiasticae  vel  sueculari  ; 
sed  immediate  nobis  tantummodo  teueatur  »  . 


PER    CESARE    NANI  141 

ben  due  volte  in  due  distinti  articoli  (1).  è  ripetuto  quest'ordine;  ma  fra  questi  è  da  no- 
tare una  contraddizione.  Infatti  in  uno  di  essi  (e.  34)  è  statuito,  che  gl'istrumenti 
ricevuti  dal  notaio  non  giurato  sieno  colpiti  di  nullità  ;  nell'altro  invece  (e.  45)  la  validità 
di  tale  atto  è  esplicitamente  riconosciuta,  ma  viene  inflitta  una  grave  multa  (100  soldi  forti) 
al  notaio.  Se  non  si  ha  da  supporre  qui  qualche  errore  incorso  dal  copista,  la  contraddi- 
zione non  si  potrebbe  spiegare  se  non  ritenendo  essere  le  due  disposizioni  emanate  in  epoclie 
diverse,  o  per  paesi  diversi. 

Ad  ogni  modo,  è  notevole  come,  anche  sotto  questo  aspetto,  la  monarchia  cerchi  di 
esercitare  essa  sola  quei  poteri  che  piima  altre  autorità  le  contendevano  o  dividevano  con 
lei.  Gli  Statuti  di  Pietro  II  si  limitano  a  dar  norme  pei  notai  che  ricevono  il  loro  ufficio 
dal  Principe  :  quelli  di  Amedeo  VI  non  riconoscono  che  questi.  Perciò  a  quelli  nominati 
dai  conti  di  Lomello.  forse  pei-  diritto  discendente  dall'antica  carica  di  Conte  palatino  (2). 
0  dalle  numerose  famiglie  a  cui  gl'imperatori  concedevano  questa  facoltà  (3)  negli  Stati 
della  monarchia  di  Savoia,  non  restava  che  un  titolo  puramente  onorifico,  se  non  facevano 
atto  di  sommissione  al  Principe. 

Il  modo  con  cui  i  notai  procedono  alla  i-edazione  degli  atti  non  differisce  gran  che 
da  quello  che  consta  essere  stato  anteriormente  in  vigore  (4).  Di  ogni  istrumento  si  stende 
anzitutto  la  minuta  (hi  lirniatura)  ;  poi  nel  teimine  di  trenta  giorni  lo  si  ti-ascrive  com- 
pleto {incorporare  ad  plenum)  nel  registro  o  protocollo,  d'onde  si  levano  le  copie  in  foima 
pubblica  (■)).  Per  la  trascrizione  delle  note  ricevute  prima  della  data  della  pubblicazione 
dello  Statuto  è  accordato  il  temiine  di  due  mesi.  Ai  segretarii  del  Conto  però  è  concesso 
un  termine  pifi  lungo  per  procedervi ,  ossia  di  sei  mesi  tanto  per  le  abbreviature  redatte 
prima,  come  jjer  quelle  redatte  dopo  che  lo  Statuto  sia  entrato  in  vigore.  La  pena  del  con- 
travventore è  però  sempre .  se  non  possa  addune  qualche  legittimo  motivo  di  scusa ,  di 
quaranta  soldi  forti  (6). 

Allorquando  un  notaio  venga  a  morire  è  prescritto  che  i  suoi  minutarii  non  possano 
cedersi  a  chiunque  perchè  li  venda;  ma  a  chi,  per  essere  notaio  egli  stesso  o  coadiutore  (7). 
possa  levare  copia  degli  istrumenti.  Neppure  possono  consegnarsi  a  qualunque  notaio,  ma, 
per  quanto  è  possibile,  solo  ad  alcuno  che  dimori  nel  luogo  stesso  dove  aveva  la  sua  resi- 
denza il  notaio  defunto,  o  nel  medesimo  mandamento  o  per  lo  meno  in  luogo  vicino.  Il 
figlio  del  notaio,  purché  idoneo,  doveva  venir  preferito  quando  offriva  una  somma  eguale 
0  di  poco  inferiore  a  quella  offerta  da  altri  (8). 


(1)  C.  'M,  45.  Un  atto  di  nomina  di  un  notaio  si  può  vedere  nel  Frot.   \W,  f.  22  (a.  1400). 

(2)  Esempi  di  notai  nominati  dal  conte  di  Lomello  si  incontrano  nei  Protocolli  ducali.  Cosi  Prot.  6, 
f.   13  (a.  1313),  Prot.  31,  f.  55. 

(3)  La  concessione  del  diritto  di  nominare  notai  accordavasi  dall'  imperatore  fin  da  tempo  molto 
antico.  Carlo  IV,  a  quanto  pare,  diede  norme  più  precise  a  questo  proposilo  ordinando  l'istituzione 
di  nuovi  Conti  palatini  e  quella  del  Conte  del  Palazzo  Lateranense.  V.  Ficker,  Forsch.W,  n.264,  265. 

(4)  V.  Statuto  di  Pietro  II,  Rubr.  De  notariis. 

(5)  C.  67. 

(6)  C.  42. 

(7)  Nei  Protoc.  de'  notai  ducali,  Prot.  9,  f.  64,  vi  è  il  testo  di  una  patente  con  cui  si  autorizxa 
un  notaio  a  spedire  atti  di  varii  notai  defunti. 

(8)  C.  43. 


142  STATl'TI    PI    AMEDEO    VI 


XXI. 


Fra  le  questioni  a  cui  1"  interpretazione  di  un  atto  notarile  poteva  dar  luogo,  avve- 
niva talora  che  si  presentasse  anche  questa:  come  doveva  intendersi  l'espressione  ecc.  che 
vi  si  trovasse  adoperata  ?  Il  dubbio  realmente  è  sorto  nella  dottrina  (1).  e  per  certo  Li 
questione  dovette  agitarsi  nella  pratica,  all'epoca  della  promulgazione  dello  Statuto;  il 
quale,  avvisando  agli  inconvenienti  che  possono  nascere,  per  la  incertezza  in  cui  si  trovano 
i  notai  che  levano  copie  di  atti  rogati  da  notai  defunti,  intorno  al  senso  che  debbono  dare 
a  quella  espressione,  dà  in  proposito  una  regola  chiara  ed  esplicita.  0  nei  minutari  che  essi 
tengono  in  deposito  si  trovano  altri  istrumenti  dello  stesso  tenore  relativi  a  contratti 
simili,  ed  allora  dal  confronto  potranno  traiTe  un  criterio  sicuro  d'interpretazione.  0 
mancano  tali  atti  con  cui  sia  jiossibile  il  confronto,  ed  in  questo  caso  bisognerà  che 
ricorrano  al  giudice  da  cui  dipendono  od  al  Consiglio  residente  a  Ciamberi,  il  quale 
indicherà  loi-o  che  cosa  debbano  mettere  al  posto  dell'espressione  ecc.  (^).  Certo  la 
regola  non  sarebbe  accettabile  ora .  uè  si  confarebbe  al  concetto  che  ora  abbiamo  del- 
l'autorità giudiziaria  :  ma  aveva  in  quel  tempo  il  merito  di  prevenire  molti  litigi. 

Provvede  ancora  lo  Statuto  a  determinare  gli  onorarii  che  i  notai  possono  per- 
cepire per  gli  atti  del  loro  ministero. 

Quanto  a  quelli  a  cui  non  prendono  parte  che  privati,  la  tariffa  è  stabilita  in 
base  a  diversi  criterii.  Perocché  se  si  tratti  di  istrumenti  di  debito  ,  di  venditii  ,  di 
permuta,  di  donazione,  di  locazione  e  simili  l' onorario  è  maggiore  o  minore  secondo 
l'entità  del  debito  od  il  valore  della  cosa  dedotta  in  convenzione. 

Quando  invece  si  tratti  di  testamenti,  si  ha  riguardo  od  alla  lunghezza  dell'atto 
od  alla  condizione  economica  del  testatore.  Perciò,  dato  che  sia  pari  la  lunghezza  del- 
l'atto, paga  meno  di  tutti  il  nobile  che  abbia  poche  sostanze  e  più  il  borghese  o  notaio 
o  nobile  facoltoso,  ed  una  ta.ssa  intermedia  quegli  che  sia  in  istato  di  mediocre  agia- 


(f)  Lo  trovo  infatti  dibattuto  in  un  vecchio  trattato  di  arte  notarile  intitolato  :  Doctrinale  florum 
arlis  nolarie  sive  formularium  instrumentorum  ad  omnes  materias,  stampato  a  .Milano  l'anno  1519, 
di  cui  deve  essere  autore  Stefano  MarciUeti.  In  esso  alla  Rubr.  D*  dictione  sive  verbo  etc  quo  notarii 
sioe  tabelUon^s  in  suis  notis,  prolhocollis  et  scripturis  publicis  saepius  utuntur  {{.  5)  si  avvertono  i 
notai  di  adoperare  quella  locuzione  n  tanturamodo  in  clausulis  generalibus  quae  iuxta  stillum  cuiuslibet 
iiotarii  sine  aliqua  dubietate  intelligi  et  estendi  possunt.. .  in  cartis  vero  et  instrumentis  publicis  nullo 
modo  nisi  forte  in  ois  aliqua  alia  scriptura  inseretur  que  dictum  etc.  contineret».  In  altra  successiva 
poi,  Rubr.  Cui  seu  quibus  possunt  et  debent  notarii  edere  seu  tradere  publica  inslrumenta  er  suis  co- 
gitalimibus  sive  notis  et  quedam  alia  capitula  (f.  8)  si  legge:  «  Et  tunc  qualiter  fit  interpretatio  sive  decla- 
ratio  etc.  Die  aut  ille  qui  recipit  vult  grossare  et  tunc  aut  vult  interpretari  centra  naturam  contractus 
et  non  potest;  talia  euira  que  contra  naturam  contractus  sunt  non  presumunt  venire  nisi  probent 
intervenisse;  quia  sermone  sunt  inquirendi  .«ecundum  naturam  contractus.  Aut  vult  interpretari  se- 
cundum  naturam  contractus,  et  tunc  poterit;  aut  aliis  vult  grossare  instrumentum  ut  quando  qui 
recipit  notam  raortuus  est,  et  sui  libri  legati  sunt  tali  vel  alias  in  suis  manibus  venerunt;  et  tunc 
si  possit  apparerò  de  aliis  instrumentis  in  mundum  reJactis  sive  extensis  facta  comparatiouo  sui  poterit 
grossare  sequendo  stylum  notarii  mortui.  Si  autem  eius  modus  vel  stilus  seu  forma  non  appareat , 
hunc  secundum  modum  suum  est  faciendum  Seil  certe  raelius  servatur  de  usu;  scilicet  quod  alter 
notarius  predictura  verbum  etc.  ponat  in  instruraento  prout  iacet  in  prothocoUo  ,  et  iudex  in  instru- 
mento grossato  partibus  presentibua  faciet  interpretationem  suam  secundum  modura  predictum  «.Come 
ai  vedo  la  soluzione  qui  suggerita  è  sostanzialmente  la  medesima  che  >>  indicata  dallo  Statuto. 
(2)  C.  67. 


PER    CESARE    NANI  143 

tezza.  Per  le  regichie  è  stabilita  una  tassa  fissa  in  ragione  dell'estensione  dell'atto. 
Siccome  però  l'applicazione  di  queste  tariffe  poteva  facilmente  dar  luogo  a  controversie 
fra  il  notaio  e  le  parti,  così  è  prescritto  che  in  questo  e  nei  casi  simili  debba  starsi  al- 
l'arbitrato del    giudice  del  luogo  (1). 

I  segretarii  del  Conte  invece  non  possono  valersi  di  queste  tariffe  allorché  roghino 
istrumenti  che  riflettono  il  Principe.  Viene  loro  raccomandato  di  non  esigere  tasse  troppo 
gravi,  ed  in  caso  che  sorgano  lagnanze  a  questo  riguardo  dovi-à  decidere  il  Conte  od 
il  suo  cancelliere  (2). 

Quanto  ai  notai  della  Curia,  già  dallo  Statuto  di  Edoardo  era  stabilito  iu  genere 
per  tutti  gli  atti  che  essi  redigessero,  che  l'onorario  dovesse  essere  fissato  dal  giudice  a 
suo  arbitrio  e  nulla  potessero  pretendere  di  più.  sotto  pena  della  restituzione  dell'in- 
debitamente  riscosso  e  del  doppio  (3).  La  qual  disposizione  è  da  credere  si  mantenesse 
ancora  in  vigore. 


XXII. 


Anche  intorno  alle  tasse  che  altri  ufiiciali  possano  peicepire  nell'esercizio  delle  loro 
funzioni  si  diffonde  lo  Statuto.  Non  potrebbe  qui  avere  grande  interesse  l'analizzare  tutte 
le  disposizioni  che  si  riferiscono  a  ((uesto  argomento.  Basterà  quindi  darne  un  cenno  al- 
quanto sommario. 

Ai  chierici  del  Consiglio  era  prefissa  una  tariffa  per  tutti  gli  atti  a  cui  procedevano, 
e  questa  medesima  tariffa  riducevasi  alla  metà,  quando  gli  stessi  atti  si  com])iessero  da 
chierici  della  Curia  (4). 

Quanto  all'inquisizione,  il  chierico  della  Curia  ed  il  commissario  che  per  mandato 
del  Conte,  del  Consiglio  o  del  Giudice  vi  proceda,  non  può  nulla  pretendere  dal  reo,  ma 
ha  diritto  ad  essere  pagato,  nella  misura  stabilita  dalla  legge,  per  gli  atti  deiriii(]ui'^izione 
che  quegli  voglia  avere.  Il  commissario  poi  riceverà  una  indennità  fissata  dal  Consiglio, 
che  gli  sarà  sborsata  dal  suo  clavario.  Tutte  le  altre  spese  sono  pure  anticipate  dal  da- 
vano stesso;  ma  se  l'inquisito  è  condannato,  h  tenuto  a  rifonderle  al  fisco;  se  assolto,  e  la 
inquisizione  fu  aperta  dietro  denuncia,  .sottosta  a  questo  obbligo  il  denunciante.  se  invece  fu 
incominciata  d'ufficio  non  vi  ha  luogo  a  risarcimento  (ò). 

Quanto  alla  cancellatura  delle  inquisizioni,  i  chierici  della  Curia  ed  i  commissarii 
inquisitori  non  possono  pretendere  emolumento,  se  della  inquisizione  fu  acquistata  copia 
dall 'inquisito ;  nel  caso  contrario  solo  quando  l'inquisizione  sia  stata  iniziata  in  seguito 
a  denuncia  (6). 


(1)  n.  -16. 

(2)  C.  58. 

(3)  Art.  3.  «  Item  quod  nuUus  notarius  Curie  recipiat  prò  scripturis  inquestarum  vel  aliÌB  actis 
uisi  ad  arbitrium  iudiois,  quod  si  coiitrariutn  fecerit  id  totuni  quod  receperit  restituat  et  in  duplum 
domino  puniatur  ». 

(4)  C.  59 

(5)  C.  36. 

(6)  C.  40. 


144  STATUTI    DI    AMEDEO    VI 

Né  quelli  poi,  né  altro  ufficiale  qualunciue.  possono  pretendere  alcunché  per  le  cauzioni 
prestate  da  coloro  contro  cui  si  procede  inquisitoriamente,  onde  essere  posti  in  libertà  (1). 

Per  l'esecuzione  dello  sentenze,  o  per  rimmissione  in  possesso,  ed  in  genere  per 
l'adempimento  degli  incarichi  loro  affidati  dal  Consiglio  o  dal  giudice,  i  castellani  od  i 
inistrali  hanno  diritto  ad  una  mercede,  che  è  misurata  sul  valore  della  cosa  contem- 
])lata  dal  decreto  del  giudice  (2).  Parimente  i  servienti  del  Consiglio,  a  cui  è  commessa 
l'esecuzione  delle  pene,  l'esazione  delle  multe  ed  altri  incarichi,  percepiscono  per  ogni 
giorno  in  cui  abbiano  atteso  ad  atti  del  loro  ufficio  una  indennità  diversa,  secondochè 
siano  nobili  o  borghesi,  e  (|uesta  viene  pagata,  secondo  i  casi,  o  dal  fisco  o  dalla  parte 
instante,  o  dalla  parte  contro  cui  si  agisce  (3). 

Componendosi  un  reato,  nei  casi  permessi  dalla  legge,  varie  sono  le  pei-sone  che. 
oltre  al  fisco,  si  dividono  la  somma  sborsata  dal  reo.  Il  castellano  ne  prende  la  quarta 
parte,  e  dei  tre  (juarti  rimanenti  il  giudice  ed  il  procuratore  il  nono,  nella  misui-a  di 
due  parti  pel  giudice  ed  una  pel   procuratore  del  fisco  (4). 

Finalmente  in  favore  dei  chierici  addetti  al  servizio  dei  maestri  dei  conti  è  sta- 
bilita una  tassa  per  ogni  originale  o  copia  che  spediscano  (5). 


(1)  (\  41. 

(2)  C.  50. 

(3)  n.  20. 

(4)  C.  47.  Lo  Statuto  di  Edoardo  quanto  ai  l)anni,  art.  7  :  «  Item  ordinatum  est  quod  castellani 
percipiant  in  banuis  duos  solidos  monete  de  qua  facta  fuerit  condempnatio  prò  qualibet  libra  con- 
dempnationis  >. 

(5)  C.  6ó. 


PER    CESARE    NANI  1^^ 


DOCUMENTI 


Ordinamcnta  et  Provisiones  facto   et  facte  per  Amedeum   Comitem   Sabaudie 
et  Philippum   de  Sahaudia   Principe/m  Acìwye  anno  MCCCXVIIL 


Archiv'io  centrale  di  Stato,  Provincia  d'Ivrea,  Mazzo  1",  n.6. 


Anuo  domiiiice   luitiuitatis  millesimo  cccxviii  ,    inditione  prima  ,  die    xviiii   mensis 
octubris  ili  Yporcgia,  in  domo  habitatiouis  domini  Jacometi  de  Solerlo,  presentibus  testi- 
bus  dominis  Ebaio  de  Zalaut,  Hugone  de  Carozeta,  Antonio  de  Barge,  Potrò  de  Berlanda 
et   Andrea   de   domino    Andrea  ,    ciuibus    Yporegie   et    vtriusque    iuris   peritis  ,  et  Guil- 
lelmoto  de  Douia  clauario.    Infrascripta  suut  urdiuumenta  et  prouixiones    facta   et   facte 
per  illustrissimos  et  magnificos    viros    et  dominos  dominos  Amedeum  comitem  Sabaudie 
et   in    Italia   marchiouem    et  Philipum   de   Sabaudia  principem   Achaye    de  consensu   et 
voluntate  dominoruin  comitum   de  Maxino,  de  Wazadio,  de  sancto  Martino  et  de  Brozio,  et 
iurata  per   ipsos  dominos   infrascriptos ,  scilicet  dominos   Petrum  de  Maxino,  Vbertum  de 
Mazadio  et   Bartholiuum  eius  fratrcm,  Martiuuin  de  Agladio,  Odonum  et  Johannem   de 
Strambino,  Martinum  de  saucto  Martino  et  Guietum  Cagnam  de  Brozio  :  Primo,  quod  nullus 
derobet  ucl   det  cousilium   auxilium   uel   receptationem  uec  etiain   mauum    ut  derobatio 
fiat.  Iteiu    quod   omnes  derobatores   furchis    suspendantur   et   consencientes    derobatori. 
Item   quod  omnes  bona  fide  faciaut  eoruin  posse  capiendi  derobatores  ut  ipsos  puniautur 
ut  supra,  si  in  dominio  capientis  robaria  facta  fuerit,  et  si  non,  ut  remittat  punicndos  per 
illuni  in    cuius  dominio  robaria  facta  fuerit.  Item   est    ordinatum   quod  si   robaria  facta 
fuerit,  quod  ablata   cuni  expensis  emendentur  restitueutur  per  homines    trium    villarum 
magis  propinquarum  loco  vbi  robaria  facta  fuerit,  nisi  robatores  capti   fuerint  et  ut  supra 
puniti; quo  casu  homines  ipsarum  villarum  ad  emendam  non  teneantur  sed  sufSciat  ipsos 
malefattores  ut  supra  fore  punitos,  nisi  in  quantum  de  facultatibus  ipsius  derobatoris  uel 
de  rebus  ablatis  ipsa  emenda  liori  possct.  Item  est  ordinatum  quod  dominus   qui  deroba- 
tores recipcrct  uel  contra  premissa  alio  modo  faceret  predictam  emendam  facere  teneatur. 
Item  est  ordinatum  quod  predicte  emende  fiant  infra  x  dics  postquam  hoc   denuntiatum 
fuerit  ipsis  viUis  uel  dominis  ipsarum    per    vicarium  yporegiensem  uel   taurinensem  uel 
bayliuum  vallis    Secuxic.  Item   quod  si    aliquis  dominorum   ipsorum  locorum   facere  fieri 
iioluerit,  uel  contra  premissa  uel  aliquod  premissorum  fecerit,  uel  iuobediens  in  premissis 
fuerit,  quod  predicti  vicarius  et  baylliuus  uel  vuus  ipsorum  teneatur  ire  et  procedere  vi 
armata  contra  inobedieutcm    uel  facientem  contra  premissa,  et  compellere  ipsum  ad  pre- 
missorum obseruationcm  et  emendam  faciendam  danipuaque  passis  ratione  sue  inobedientie 
uel   quia    non   obseruauerit   premissa.    Item    quod  omnes  premissi    domini   et  uobiles  te- 
neantur eorum  posse  et  bona  fide  fortes  facere  predictos   dominos  Comitem  et   Principem 
et  predictos  eorum  olllciales  et  quemlibet  ipsorum  ad  faciendam  executioneiu  de  premissis. 
Item  derobatores  non  intelligantur  uobiles  de  Canapitio,  vnus  capiendo  de  rebus  alterius 
quem  diliìdasset,  elapsis  x    diebus  post  diOìdacionem,  cum  quo  haberet  guerram,   dum- 
modo  ipsa  captio  non  tìeret  in  terra  ipsorum  dominorum  Comitis  et  Principis  uel  alterius 
ipsorum.  Et  de  predictis  preceptum  est  michi  notarlo  infrascripto  fieri,  et  tradidi  vnum  et 
plura  publica  iustrumeuta,  dictauda  et  melioranda  semel  et  pluries  ad  consilium  vnius  uel 
plurium  sapientum. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  19 


146  STATUTI    DI    AMEDEO    VI    (DOCUMENTI) 

IL 

Ordinamenta   Comitis  Eduardi  de   Sabaudia  an.   MCCCXXV. 


Archivio  centrale  di  Stato,  ProlocoUo  Reynaudi,  n"  150,  fol.  74. 


Quedam  Statata  Sabaudie  .  Anno  domini  m"  ccc"  xx»  quinto  ,  xin'  die  mensis  maii , 
ordiuatum  estitit  per  Dominum,  presentibus  dorainis  archiepiscopo  tharantesiensi  Aymone 
de  Sabaudia,  abbate  Altecombe,  Aymaro  de  Intermontibus,  et  pluribus  aliis  de  Consilio; 
Oddone  de  Chandeya,  priore  Lemenci,  Johanne  IJertrandi,  Egidio  Richardi,  Petro  de  Claro- 
monte,  Aymone  de  Serraualle,  Aymone  de  Camera,  Lauceloto  de  Chandeya,  Petro  Fran- 
cisci,  Anthonio  de  Claromonte,  Johanne  de  Meyriaco  ,  judice  Mauriaune  et  Tharantasie. 

Primo,  quod  inhibeatur  omnibus  bailliuis  ,  judicibus  et  castellanis ,  et  omnibus  aliis 
ofBcialibus  ne  ipsi  aliquas  compositioues  super  excessibus,  qualescumque  siut,  faciant  per 
se  vel  per  alium;  quod  si  fecerint,  compositio  nullius  sit  momenti,  et  nichilominus  ille 
qui  compositionem  fecerit  puniatur  prò  qualibet  compositione  in  decem  libris  forcium; 
sed  super  quibuscuniquc  excessibus  et  inquisitionibus  jìi-onuntietur  per  judicem  prout  fuerit 
rationis. 

Item  ordinatnm  est  quod  quicumque  olìiciarius  Domini,  cujuscumque  conditionis  exi- 
stat,  jura  Domini  celauerit  vel  aliquid  recipiendo  jus  Domini  ceiauerit,  puniatur  prò  qua- 
libet vice  in  viginti  quinque  libris  forcium,  et  nichilominus  pena  juris  puniatur  secundum 
qualitatem  delieti. 

Item,  quod  nullus  notarius  Curie  recipiat  prò  scripturis  inquestarum  vel  aliis  actis 
Curie  nisi  ad  arbitrium  judicis  :  quod  si  contrarium  fecerit ,  id  totum  quod  receperit  resti- 
tuat  et  in  duplum  bannum  Domino  puniatur. 

Item,  quod  quioumque  ofSciarii  Domini,  qui  nunc  vel  in  posterum  erunt,  non  reci- 
piant  aliquem  hominum  vel  subditorum  Domini  in  garda  sua;  et  si  receperint,  ipsos  incon- 
tinenti liberent  ab  obligatione  diete  garde.  Et  ex  nunc  Dominus,  statuendo,  ipsas  gardas 
reuocat ,  cassat  et  annuUat.  Et  nichilominus  precipit  Dominus  quod  ab  hiis  qui  predicta 
fecerint  vel  facient  recipiatur  idonea  cautio  de  cmendandis  hiis  que  forefecerint  in  pre- 
dictis  gardis  recipiendis. 

Item  ordinatum  est  quod  castellani,  mistrales ,  et  alii  officiales  minores  pareant  et 
obediant  mandatis  bailliuorum  et  judicum,  simui  vel  diuisim.  Quod  nisi  fecerint,  puniantur 
prò  qualibet  vice  qua  non  paruerint  in  decem  libris  forcium  Nobisdandis,  nisi  mandareut 
excusationem  quare  mandata  facere  non  deberent. 

Item,  quod  castellani,  mistrales,  et  ahi  officiales  inferiores  exequantur  mandata  Domini; 
quod  nisi  fecerint,  puniantur  prò  quahbet  vice  in  quindecim  libris  forcium  Nobis  dandis, 
nisi  mandarent  excusationem  vt  supra. 

Item  ordinatum  est  quod  castellani  pcrcipiant  in  bannis  duos  solidos  monete  de  qua 
facta  fuerit  condempuatio,  prò  quahbet  libra  coudempnationis.  Et  cetera 


PEK    CESARE    NANI  147 

III. 

Constitutio   sire   Ordinatio   Consilii  Ghambrriaci  residentis,   an.   MCCCXXVIIII. 
Archivio  centrale  di  Stato,  Materie  giuridiche,  Senato  di  Savoia,  Mazzo  1,  n.  1. 


In  nomine  Domini  amen.  Anno  eiusdem  millesimo  tercentesimo  vigcsimo  nono  die 
mercurii  penultima  mensis  novembris,  per  modum  qui  sequitur  ordinat  dominus  Aymo, 
Comes  Sabaudie.  Consilium  suum  residens  apud  Camberiacura. 

Primo  quidem  ordinat  quod  consiliari!  ejus  siut  infrascripti ,  videlicet  dominus  frater 
Jacobus  de  Broeut,  prior  de  Lemencio,  dominus  Philippus  de  Provaiiis ,  legum  professor 
ejusque  judex  causarum  appellatiouum,  dominus  Petrus  de  Muris,  dominus  Petrus  Franch 
Johannes  Bonivardi  ,  Antlionius  de  Claromoute,  et  dominus  Humbertus  de  Castelleto. 

Item  ordinat  quod  tam  in  Consilio  quam  in  causis  appellationuni  sit  avocatus  prò 
jure  dicti  domini  Comitis  substinendo  dominus  Petrus  de  Muris  jurisperitus,  et  procurator 
dominus  Bartholomeus  Taberne  de  Reyvoria,  jurisperitus. 

Itera,  quod  dicti  consiliarii  simul  quacunique  die  convcniant  de  mane  in  domo  Fratrum 
minorum  in  prima  missa,  uisi  qui  ex  eis  justam  excusationem  habebunt  prò  negotiis 
ejusdem  domini  Comitis  et  subditorum  siiorum  occurrentibus  debite  expedit'iidis. 

Item,  quod  dicti  dominus  Petrus  de  Muris  et  procurator  etiam  dictis  loco  et  bora  cum 
dictis  consiliariis  conveuiant  quando  erunt  vocati ,  et  ulterius  cum  placebit  eisdcm. 

Item,  quod  expediciones  faciendas  per  supradictos  consiliarios  debeat  unus  de  infra- 
scriptis  notariis  jurutis  dicti  domini  Comitis  scribere,  hoc  niodo  videlicet  quod  subscribant 
illi  de  consiliariis  supradictis  qui  in  expeditiones  faciendas  presentes  eruut,  et  nomen 
ejusdem  notarii.  Nomina  quorum  notariorum  scu  clericorura  sunt  hec  :  Viviandus  Velleti, 
Bomanetus  Barberii,  Humbertus  Diderii  dictus  Aquabella  ,  et  Matheus  Panicerie  clericus 
supradicti  domini  Philippi. 

Item ,  quod  predicti  consiliarii ,  avocatus  vel  procurator ,  siugulariter  vel  in  univer- 
sum nihil  omniuo  possint  ratione  dicti  consilii,  avocationis  vel  procurationis ,  percipere 
doni  nisi  res  esculentas  vel  poculentas  que  diebus  modicis  verisimiliter  possint  consumi. 

Item ,  quod  expeditiones  facicnde  per  consiliarios  supradictos  sigillentur  sigillo 
autheutico  dicti  Consilii,  ordinato  per  dictum  dominum  Comitem  ;  quod  sigillum  portare 
et  de  exitibus  fìdelcm  computum  redderc  debet  dominus  Philippus  predictus. 

Et  observare  hec  omnia  bona  fide  et  prò  posse  in  manibus  dicti  domini  Comitis  ad 
sancta  Dei  evangclia  juraverunt  consiliarii ,  avocatus ,  procurator ,  et  clerici  seu  notarii 
superius  nominati. 


148  STATUTI    DI    AMEDEO    TI    (DOCUMENTI 


IV. 


Statutuni   Aniede-i   Comitis  Sabaudie  de  reformatione   Consihi  residentés. 

an.   MCCCLV. 


Archivio  di  Stato  detto  Camerale,  Inv.°  Savoja,  ni,  fol.  1. 


Nos  Amedeus  comes  Sabaudie  uotum  facimns  vniuersis  has  nostras  litteras  inspe- 
cturis,  quod  attenta  frequenti  et  assidua  multitudine  causanim  que  ad  nostram  audionciam 
deducuntur  et  quibus  multipliciter  occupamur,  nostra  propria  neg-ocia  non  sine  nostro  magno 
incomodo  deserere  nos  frequenter  opportet  et  alienis  coraodis  insudare.  Eapropter  in  nostrum 
Consiliura  sarcinam  huiusmodi  transferre  volentes,  de  cuius  probitate  et  industria  plenarie 
coufidimus,  ipsum  nostrum  Coiisilium,  videlicct  reiierendos  in  Christo  patres  dominos  Johan- 
nem  Tharentasic  archiepiscopum.  Amedeum  episcopuni  maurianensem,  Jacobum  episcopum 
yporiensem,  Nicolaum  episcopum  augustensem,  Rodiilphura  abbatemsancti  Michaelis  clusini. 
Guillelraum  priorem  bellicensera  ,  compriorem  prioratus  conuentualis  sancti  Vrsi  augu- 
stensis,  Guillelmum  preceptorem  sancti  Anthonii  Chamberiaci ,  et  dominos  Valcsium  de 
Balma,  Johannem  dominnm  Ciimore.  Flngonem  dominuni  Grandiraontmui.  Johannem  dnmi- 
num  sancti  Amoris,  Guillelraum  de  Balma,  Humbertum  dominum  Chiuronis,  Liidouicnm  Re- 
uoyre  dominum  Domaissini,  Humbertum  de  Corgerone  dominum  de  Meillona,  Franciscum 
dominum  Seirate  (?),  Pctrum  de  Montegelato,  Johannem  Rauaisii  legum  doctorem  dominum 
sancti  Maurici],  Hugonem  Bernardi  juris  vtriusque  professorem,  Guigonem  Cachere,  milites, 
Johannem  Nustrilis  castellamim  Gcbennarum,  Girardum  Descres  legum  doctorem,  Guil- 
lelmum de  Castellione  in  legibus  licenciatum,  Robertum  Pngini  (?).  Petrum  de  Monteme- 
liori ,  Petrum  de  Ponte  et  Jacobum  Morandi,  jurisperitos,  harum  serie  ordinamus  et  ipsis 
tenore  presencium  committimus  omnes  et  singulas  causas  tam  ciuiles  quam  criminales, 
cciam  feudales,  tam  motas  quam  moucndas,  cuiusciimque  generis  censeantur ,  tam  prò 
nobis  quam  centra  nos,  audiendas  cognoscendas  et  fine  debito  terminandas,  ac  processus 
et  actus  quoscunqne  judiciales  exerceudos  ;  ipsos  tres  vel  duos  ex  ipsis  in  nostrum  Con- 
silium  et  prò  nostra  Curia  sicut  supra  eligentes.  Et  quia  frequenter  contigit  quamplures 
de  nostro  Consilio  in  aliis  nostris  arduis  negociis  occupari .  volnmus  et  mandamus,  ne 
propter  huiusmodi  occupatioues  dictarum  causarum  et  processuum  cognitio  et  dccisio  retar- 
dentur,  quod  per  tres  aut  duos  ex  ipsis  nostris  consiliariis  ca<ise  huiusmodi  andiantur  et 
fine  debito  terminentur,  sicut  et  quemadmodum  omnes  de  Consilio,  presentcs  existentes  ad 
predicta,  in  locis  quibus  eis  videbitur,  infra  tameu  tcrram  nostram  nostri  Sabaudie  comi- 
tatus,  prenominati,  aut  duo  vel  tres  ex  ipsis,  siue  uobiscum  resideant  siue  non,  ad  predicta 
■vbicumque  sint,  infra  tamen  terram  nostram  et  nostri  Sabaudie  comitatus,  similem  habeant 
potestatem  sicut  si  nobiscum  continue  residerent,  et  prò  nostro  nobisc.um  residente  Con- 
silio vbilibet  habeantur.  Datum  in  Ponte  Vele ,  die  vicesima  scptima  mensis  julii  anno 
domini  millesimo  ccc""  quinquagesimo  quinto. 

Per  Dominum  in  Consilio 

Rauaisins  ■ 


PER    CESARE    NANI  1-49 


Y. 

Franchixie  et  Privilegia   concesse  et  concessa  Hominihus  ,   Commiinitati ,   et   Valli 
Peruxie  an.   MCCCLX. 


Archivio  centrale  di  Stato,  Protocotto  de  Mota,  n.  68,  foli.  17  v°  et  seq. 


In  primis,  omnia  et  singula,  omnes  et  singulas,  capitula,  statata,  ordinamenta,  privi- 
legia, convenciones,  bonas  et  legitimas  consuetudines,  libertates  et  immunitates  dictis  de 
Peruxia  et  valle  concessas  et  concessa,  indultas  et  indulta  per  predecessores  nostros  in 
dieta  terra  Pedemoncium,  approbamus  prò  nobis  etnostris  pariter  et  confirmamus ,  si  et 
quatinus  eis  usi  sunt  et  legitime  ac  rite  processerunt.  Itcm  quod  nulla  persona  de  Peruxia 
vel  valle,  vel  ibi  nunc  habitans  seu  in  posterum  in  ipso  loco  Peruxie  ac  valle,  in 
aliqua  causa  civili  aut  criminali ,  vel  causa  seu  occasione  alia  quacumque.possiut  aut  de- 
beant  citari,  cogi,  duci,  seu  aliqualiter  trahi  vel  confinari  ad  locum  aliquem  extra  dictum 
locum  Peruxie,  imo  de  ipsis  fiat  ius  et  iusticia  ibidem  secundum  formam  et  servata  forma 
pactorum  et  convontionum  atquc  statutorum  dicti  loci,  si  tamen  et  prout  fieri  in  premissis 
extitit  cousuetum.  Item  quod  nulla  persona  de  Peruxia  vel  valle,  ibidem  habitans  nunc 
vel  in  posterum ,  aliqua  occasione  vel  causa  possit  detineri  personaliter ,  vel  ad  castrum 
Peruxie  seu  ad  alium  locum  duci,  dummodo  possit  secundum  qualitatcm  facti  et  quanti- 
tates  penarum  (Japitulorum  Peruxie  et  vallis,  loquencium  de  delieto  per  eam  comisso,  de 
iure  puniendo,  cauptionem  ydoneam  prestare;  et  ante  omnia  ipsam  talem  personam  de- 
beant  officiales  Curie  Peruxie  ducere  ad  domum  ubi  ius  redditur  in  Peruxia  et  ibi  eam 
tenere  quatuor  horarum  spacio,  ut  infra  dictum  tempus  suos  possit  habere  fideinssores ; 
proditoribus ,  latronibus  famosis,  rebellionis,  et  aliis  casibus  quibus  pena  sanguis  infertur 
aut  alias  de  scandalo  teneretur,  dumtaxat  exceptatis.  Item  eisdem  concedimus  et  largimus 
quod  nulla  persona  popularis  et  de  plebe  de  Peruxia  vel  valle,  aut  ibi  habitans  nunc  aut 
in  posterum,  ad  aliquos  cxcrcitus  vel  cavalcatas  nostri  Comitis  vel  successorum  nostrorum 
ire  vel  mittere  aut  stare  quomodolibet  teneatur  seu  cogi  possit  aut  debeat  ultra  montes; 
citra  vero  montes  Nos  sequi  debeant  et  teneantur,  prout  tamen  predecessores  nostros  in 
dieta  terra  Pedemontium  sequi  solebant ,  more  solito  ,  videlicet  prout  infra.  Item  quod 
nulla  persona  de  locis  predictis  teneatur  aut  debeat  ire  vel  mittere  aut  alias  stare  in 
exercitibus  et  cavalcatis  nostris  citra  montes  nisi  per  quadragiuta  dies.  casibus  exceptis 
quibus  nos  debellare  vellemus  et  hoc  veruni  esset,  et  singulis  aunis;  quo  predicta  intelli- 
gantur  et  intelligi  volumus  ad  personas  et  de  personis  que  ad  exercitus  nostros  et  ca- 
valcatas de  jure  vel  consuetudine  ire  tenentur.  Item  quod  nos  predictus  Comes  ,  successores 
vero  nostri  aut  heredes ,  castellanique  vel  alius  quicumque  officialis  dicti  loci  Peruxie  et 
vallis  eiusdem  non  possimus  uec  possint  vel  debeant  mulctas  seu  penas  imponere  aliquas 
aut  indicere  cuiquam  persone  de  locis  predictis  vel  districtu  eiusdem,  nisi  secundum  con- 
suetudines legitimas  predictorum  vel  secundum  jus  commune  possit  fieri  et  deberet,  ser- 
vatis  tamen  Capitulis  dicti  loci  suis  casibus  prout  supra.  Item  volumus.  concedimus,  remi- 
timus.et  largimur  personis  locorum  predictorum  et  ibi  habitantibus  penas  et  inulctas  tam 
principalium  debitorum  quam  criminum  commissorum  hactenus  per  ipsas  personas  in  locis 
predictis,  exceptis  prodicionis  casibus,  sicut  et  prout  aliis  communitatibus  Pedemoncium 
concessimus,  remisimus,  et  largiti  fuimus  gratiose.  Item  quod  nos  Comes  predictus,  succes- 
sores aut  heredes  nostri ,  non  possimus  nec  nobis  liceat  aliquando  alienationem  facere 
Inter  vivos  vel  in  ultima  voluntate  de  locis  predictis  in  quaracumque  personam  preter- 
quam  in  personas  de  genere  et  progenie  nostris  de  Sabaudia,  laicus. 

Datum  Rippolis  die  xiii  meusis  aprilis,  anno  domini  mccclx,  indici,  xiii. 


150  STATUTI    DI    AMEDEO    VI    (DOCUMENTI) 

VI. 

Capitula ,   Statuta   et   Ordinampnta  Amedei  Comitis  Sabaudie  an.   MCCCLXXIX. 


Archivio  di  Stato  detto  Camerale,  Inventario  parziale  Savoia,  Voi.  1,  n.8. 


Priuceps  illustris  et  magnificus  doininus  noster  dominus  Amedeus  Comes  Sabaudie, 
Chablasii  et  Aug-ustae  dux,  et  in  Italia  marchio,  et  princeps.  Desiderio  desideraiis  utilitati 
suorum  subditoruiii  salubriter  providerc ,  veruni  breve  atque  rectuai  et  immaculatum 
inter  ejus  subditos  (ieri  facere  :ic  per  longuni  judiciorum  tractuin  dicti  subiecti  sumtibus 
et  laboribus  pregravautur;  volens  etiani  pauperibus  et  miserabilibus  personis  in  eorum 
cansis ,  sicut  eis  convenit,  providere,  ac  immensam  notariorum  et  clericorum  Curiarum 
pecimiaruni  receptiouem  prò  suis  scripturis,  instrumentis  et  litteris  moderare ,  judicum , 
castellanorum,  et  mistralium  actus  aliqualiter  temperare  ;  debberatioue  per  lougum  tempus 
habita  cum  suis  baronibus,  railitibus,  proceribus,  et  peritis,  tam  super  predictis  quam 
aliis  multis  tendentibus  ad  boiium,  utile  et  laudabile  regimcu  suo  tempore  totius  Sabau- 
die comitatus  ;  decrevit,  statuii,  et  ordinavit  ex  ejus  certa  scieutia  (-apitula  que  et 
prout  iuferius  contineutur.  Que  Capitula  seu  Statuta  vult  et  precepit  iuviolabiliter  custo 
diri  sicut  legem  in  (torpore  legis  inclusam. 

1. 

Primo,  quia  sepe  contingit  hactenus,  et  in  futurum  contingere  jìosset.  pauperes  et 
miserabiles  personas  in  judiciis  interesse  tam  agendo  quam  defendeudo,  que  jura  sua  vel 
agendo  vel  defendendo  prosequi  vel  tueri  non  possent,  obstante  eorum  paupertate,  vult 
|et]  statuit  prefatus  dominus  noster  Sabaudie  comos  quod  in  villa  Ohamberiaci  resideat 
unus  jurista ,  qui  erit  in  causis  et  aliis  actibus  persouarum  paupurum  advocatus  ;  cui 
prefatus  princeps  dominus  noster  Sabaudie  comes  coustituet  salarium  certum  per  anuum. 

2. 

Item  statuit  quod  ab  inde  in  antea  siut  et  resideant  in  suo  Consilio  Chamberiaci,  cum 
caucellario  seu  portante  sigillum  dicti  Consilii,duo  collaterales,  ultra  advocatum  et  prò- 
curatorem  fiscales,  et  in  illis  solis  tribus,  caucellario  et  duobus  coUateralibus,  resideant 
et  in  eis  incumbant  potestas,  onus  et  necessitas  audiendi,  coguoscendi  causas,  et  dicendi 
que  corani  ipso  Consilio  dcvolvuntur.  Uno  tameu  eorum  vel  pluribus  abscntibua,  pre- 
dieta  resideant  in  prcsentibus  vel  presenti;  et  si  quidem  omues  vel  aliqui  siut  preseutes 
et  non  esseut  concordes,  stetur  majori  parti  eorum. 

;{. 

Item  statuit  quod  si  aliquis  dictorum  trium,  Consilium  facientcs,  ante  publicationem 
horum  Statutorum  et  ante  onus  hujusmodi  per  eos  susceptum  cognovisset  de  aliqua 
causa  virtute  offìcii  ordinarli  quod  habebantiir  a  Oomiuo,  ad  Consilium  postea  devoluta, 
ejus  cause  cognitio  et  decisio  ad  alios  tantum  i)ertiiieant,  ita  quod  ipso  non  deboat  esse 
presens  in  aliquibus  circa  dictam  causam  agitaudis  nisi  tamquam  advocatus,  si  vellet,  prò 
sua  sententia  defendenda;  et  idem  intelligatur  in  causis  in  quibus  ante  dictam  publica- 
tionem et  oneris  predicti  receptiouem  fuerunt  advocati  ;  quas  jirosequi  valeant  sicut  ante. 

4. 

Itum  quod  dicti  tres,  cancellarius  et  collaterales,  non  possint  nec  debeant  in  aliqua 
causa  movenda  in  aliqua  Curia  temporali  totius  Sabaudie  comitatus  ,  durante  eorum  re- 
gimine, patrocinium  in  litigando  preljcrc  palam  voi  occulte.  Et  ad  hoc  jurejurando  so- 
Icmnitor  se  astringcnt,  et  si  contrafecerint ,  a  Consilio  cum  ignominia  sint  remoti  ;  et  si 
contrafecerint,  id  quod  acceperint  inde  restituant  parti  et  quadruplum  fisco  solvant ,  lata 
primo  sententia  centra  eum  prehabitis  defeiisionibus,  si  facere  voluerint. 

5. 
Item  quod  neutor  dictorum  trium   cancellarli  et  coUateralium    possint  nec  sibi  liceat 


l'KK    CESARE    NANI  151 

ab  iiliqua  persona  litigante  corani  Consilio,  occasione  litis,  aliquid  recipere  preter  escu- 
lenta et  poculenta  ex  jure  licita,  nec  etiam  ab  aliqua  persona  comitatus  Sabaudie  pos- 
sint  nec  debeant  aliquam  anuuam  causa  patrocinii  pensionem  habere  vel  recipere;  et  si 
secus  fecerit,  a  dicto  Consilio  moneatur,  et  receptum  rostituat ,  et  prò  pena  quadruplani 
fisco  prestet,  lata  primo  sententia  contra  eum,  prehabitis  defensionibus,  si  faccre  voluerit. 
Preteritas  auteni  pensiones  jam  debitas  possit  recuperare  et  exigere  sine  pena.  Et  idem 
in  judicibus  ordinariis  et  commissariis  salariatis  a  Domino  est  statutum.  Excepto  dum- 
taxat  emolumento  sigillorum  [et]  exceptis  druUiis  (1)  quae  fient  Inter  partes  et  de  earum 
voluntate,  in  eas  concordando,  et  earum  jura  per  viam  amicabilem  adjudicando. 

(). 
Item  quod  predicti  tres  cancellarius  et  coilaterales   non  possint  nec  debeant  aliquod 
officium  judicature  preter  quam  dicti  domini  Coraitis  habere  vel  exercere  in  toto  Sabaudie 
comitatu. 

7. 
Item  quod  nullus  judex  domini  nostri  Comitis  possit  aliquam  judicaturam  bannereti 
exercere  infra  judicaturam  quam  habebit  a  domino  nostro  Sabaudie  comite ,  nec  aliquam 
pensionem  causa  patrocinii  recipiat  ab  aliquo  qui  sit  de  judicatura  sua  quod  presens 
Statutum  ligabit.  Judices  nunc  in  officio  judicature  residentes  fS) ,  postquam  ipsi  conscn- 
serint  buie  Statuto,  non  ante,  seu  postquam  presens  Statutum  fuerit  publicatum. 

8. 
Item  quod  Consilium  omnes  suas  causas  cognoscere  et  terminare  possit  et  debeat 
simpliciter  et  de  plano,  sine  strepitu  et  figura  judicii,  saltem  infra  annum  computanduin 
a  tempore  petitionis  porrecte  ,  non  computandis  feriis  Nativitatis  Domini  et  Pasche  et 
iis  que  indicentur  prò  mcssibus  et  vindemiis.  Judices  autcm  ordinarii  similiter  cum 
eadem  qualitate  tcrminent  infra  annum  ;  et  judices  appellationum  infra  diniidium  annum 
dictas  causas  appellationum  cum  eadem  qualitate  debeant  terminare ,  nisi  proptcr  factum 
Domini  vel  alia  causa  rationabili  possent  excusari  ;  que  causa  in  libro  Curiarum  suarum 
sit  per  clericum  ipsiiis  Curie  registrata. 

9. 
Item  quod  nullus  alius   rcgulariter  sedeat   in    banco   Consilii  preter   dictos  cancella- 
rium  et  coilaterales  et  advocatum    et    procuratorem   fiscales ,  exceptis   prelatis  Sabaudie 
comitatus  et  cancellario  Sabaudie  generali  et  aliis  de  Consilio  Domini. 

10. 
Item  quod  citationes  tam  a  Consilio  quam  ab  aliis  judicibus  possint  [dirigi?  ]  omnibus 
oftìciariis,  vidclicet  bailivis,  castellanis  et  vice  castellanis,  mistralibus  et  submi.stralibus,  et 
aliis  quibuscumquc  a  majoribus  usque  ad  minorcs  inclusive;  et  omnes  et  singuli  quibus 
dirigentur  et  fnerint  presentate  teneantur  mandata  exequi  ,  videlicet  superiores  per  se 
vel  per  inferiorem,  cui,  presenti,  verbo,  vel  absenti,  per  litteram,  precipient  et  mandent: 
non  tamen  anncxent  eam  litteris  Consilii  vel  jndicis  ;  et  nihil  prò  prccepto  vel  littera 
sua  recipiant:  infcriores  vero  faciant  prò  .se,  nullo  super  hoc  superioris  expectato  mandato. 
Et  si  contrafccerint  in  aliquo,  prò  qualibet  vice  solvant  20  solidos  forcium  et  acceptum 
restituant,  et  credatur  juramento  solventis  aut  litteram  deferentis ,  qualitate  jurantis 
prospecta. 

11. 

Item  ordinetur  unus  hostiarius  in  Consilio. 

12. 

Item  quod  prò  executione  citationis  predicte,  si  fiat  in  villa  vel  suburbiis,  in  qua  repc- 
ritur  executor,  ita  quod  non  opporteat  eum  extra  ire,  et  sit  una  persona  tantum  citanda, 
recipiat  duos  denarios  fortium  tantum;  si  vero  sint  plures,  prò  qualibet  ultra  primum  recipiat 
unum  denarium  fortem  ;  si  vero  propter  hoc  vadat  extra  suburbia,  siquidem  per  Icutam  vel 

(I)  Drutlia,  b  stesso  che  Druaylia,  (v.  Drouiltes,  cho  il  Ducanqe  definisce    «   munusculum 

judicibus  fere  concessum,  haud  inultum  absimile  huic  quod  vulgo  dicimuspoJ  rfe  rm  •.  Vedi  l'estratto 
di  conto  da  lui  riferito  del  1330. 

(l')  Forse  si  ha  da  leggere:  «  de  judicatura  sua.  Presens  ist.atutum  ligabit  judices  nunc  in  of- 
ficio etc.  :) . 


152  STATITI    DI    AMEPKO    VI    (DOCUMENTI) 

rninus,  habeat  prò  una  persona  quatuor  denarios  fortium,  et  si  sint  plures,  prò  qualibet 
ultra  priinum  unum  denarium  fortem;  si  vero  ultra  leutam  disteni,  habeant  prò  siugulis 
leutis  ultra  primani  cuiido  duos  denarios  et  obolum  fortium  ;  et  totidem  redeundo  prò  una 
persona;  et  prò  siugulis  ultra  primum  unum  denarium  fortem  tantum.  Et  si  plus  reci- 
piant.totum  restituant  parti,  et  quadruplum  totius  fisco.  Et  credatur  juramento  solventis, 
qualitate  prospecta  ut  supra. 

Item  quod  executiones  citatiouum  referaiitur  in  scriptis  per  executorem,  si  sciat  seri- 
bere  ,  ciim  subscriptionc  sui  nomiuis  et  officii  ;  et  si  nesciat ,  faciat  fieri  per  clericum  Curie 
vel  per  alium  notarium  ,  qui  rcferat  secuudum  relationem  ipsius  exocutoris  et  se  subscribat. 
Et  referat  modum  executionis,  videlicet  an  in  personam  citati  vel  ad  domum  aut  aliter 
facta  fucrit  executio,  et  tempus  quo  facta  est,  et  respousio  quam  citatus  fecerit  exequeuti. 
Et  prò  ista  scriptura  executor ,  si  sciat  scribere,  aut  clericus  Curie  nihil  recipiat;  alius 
vero  notarius  non  clericus  Curie  recipiat  unum  denarium  vieuneusem  tantum.  Et  teneatur 
quicumque  clericus  Curie  et  notarius,  per  executorem  aut  partem  citationem  procurantem 
requisitus,  subscriptionem  seu  relationem  facere  sub  pena  vigiutiquinque  solidorum  fortium 
prò  qualibet  vice  ,  et  credatur  juramento  requirentis  ,  ejus  qualitate  prospecta  ut  supra; 
executorem  etiam  qui  coutrafecerit  in  totidem  prò  singulis  vicibus  punieudo. 

14. 

Item  quod  Gonsilium  omnes  et  siugulas  personas  immediate  domino  nostro  Gomiti 
subiectas,  uudecumque  vel  ubicumque  morentur,  dum  tamcn  de  contrario  privilegium  non 
habeant  a  Domino,  coram  se  possit  evocare  si  res  exegerit,  puta  magnitudo  persone 
citando  vel  cause,  vel  miserabilitas  persone  citari  peteutis ,  vel  alia  mixta  causa,  ar- 
bitrio Consilii  despicienda ,  absque  eo  quod  remissio  fiat  ad  ordinarium  ,  licet  petatur. 

15. 
Item  quod  omnes  et  singuli  domino  nostro  Corniti  Sabaudie  mediate  vel  immediate 
subjecti ,  qui  contraxerint  vel  quasi  in  villa  Chamberiaci ,  possint  coraui  Consilio  vel  ju- 
dice  Sabaudie  ratione  solius  contractus,  esto  quod  (1)  ibi  se  soluturum  (?)  non  promiseriut, 
conveniri ,  dum  tanien  solutio  non  i<it  in  alium  certuni  locum  collata;  et  etiam  ratione 
contractus  solius  possint  conveniri  coram  judice  in  cujus  judicatura  coutrax[erin]t ,  dum 
tamen  alibi  se  non  promiseri[n]t  soluturum  (?). 

Itì. 
Item  quod  omnes  citati  coram  Consilio  vel  aliis  judicibus  Domini  prò  causis  civilibus  , 
non  comparentes  juxta  formam  citationis,  prò  contumacia  ultra  partis  interesse  vel  ex- 
peusas  puniantur  ut  infra  ;  videlicet  agricultor  seu  affanator  (2)  quilibet  manualis,  exceptis 
notariis,  prò  prima  contumacia  in  quiiique  solidis  vieunensium,  prò  secunda  in  decem  solidis 
vienn.,  prò  tertia  in  quindccim  solidis  vienu.,  et  iu  aliis  sequeutibus  semper  duplicando 
penam  precedentem;  nobilis  vero  non  banneretus  et  burgeusis  non  affanator  seu  artifex 
manuali»,  ac  etiam  notarius,  prò  prima  in  vigiutiquinque  solidis  vieunensium,  prò  secunda 
in  quinquaginta  solid.,  prò  tertia  iu  ceutum  solid-,  et  sic  de  singulis  duplicando;  banne- 
retus vero  prò  prima  in  decem  libras,  prò  secunda  ut  supra,  duplicando.  Et  hoc  iu  omuibus 
mtelligenda  sint ,  nisi  alia  major  pena  pecuniaria  sit  imposita  iu  citatione ,  que  major 
possit  imponi  prò  qualitate  cause  aut  prò  modo  contumacie  precedentis.  Pro  causis  vero 
crirainalibus  sit  peua  in  duplum  ejus  quod  in  civilibus  est  predictum  in  singulis  coutu- 
maciis  et  persouis,  arbitrio  tamcn  majoris  imponende  prò  qualitate  personarum  et  criminis  , 
Consilio  et  judicibus  reservato.  Hec  autem  intelligantur  si  contumacie  sint  immediate  con- 
tinuate; si  autem  essent  discontiuuate ,  tunc  discontinua  puniatur  ut  precedens  in  qua- 
licumque  causa.  Castellani  vero  et  clerici  Ciiriarum  penas  super  causis  criminalibus 
imponant  prout  sibi  videbitur  declarandum ,  postea  per  judicem  vel  Cousiiium,  prout  eis 
videbitur  expedire. 


(1)  Legga»!  a  otsi  quoJ  >  od  u  otiam  quod  •>. 

(2)  "  AfTdnator  »,  operariii-s  ,  gali.  Manceuore,  ab   bispuaica  voce  Affanador ,    qui   multo   labore 
operatur.  Ducanou,  in  v.°. 


*  PEK    CESARE    NANI  153 

17. 

Item  quod  hujusmodi  pene  per  Consilium  et  judicem  sint  et  intelligantur  ipso  jure 
imposite  seu  continuate  et  ex  sola  contumacia,  esto  quod  in  citatione  imposite  non 
fuerint ,  ipso  iure  commisse. 

18. 

Item  quod  diete  pene  parti  contumaci  ad  hoc  citata ,  instante  Procuratore  Domini  . 
debeant  integre  declarari,  nisi  contumax  excusaverit  contumaciam  suam  per  probationem 
juste  cause,  per  Consilium  vel  judices  judicialiter  approbate. 

19. 

Item  quod  omues  pene  et  multe  seu  condemnationes  pecuniarie,  per  Consilium  vel 
judicem  declarate  vel  definite ,  redigantur  in  scriptis  sub  suis  temporibus  in  libro  per  se 
ad  hoc  tantum  ordinato,  vocato  Libro  mulctarum  et  condemnationum,  qui  semper  sit  in 
bancho  dum  tenetur  Consilium  et  in  bancho  judici.s  dum  tenebit  suam  sedem  ;  et  ibi 
signentur  et  caucellentur  solventes  manu  clerici  Consilii  et  clerici  judicis ,  et  illi  detur 
velut  actis  publicis  et  judicialibus  piena  fides. 

20. 
Item  quod  Consilium  habeat  duos  vel  tres  servientes  vel  plures  seu  minores,  gene- 
rales ,  quos  possit  prò  suo  arbitrio  facere  vel  mutare ,  qui  de  mandato  Consilii ,  quando 
expediet,  faciant  executiones  peuarum,  et  mulctarum  exactiones,  vel  aUa  sibi  commissa. 
Et  capiat  quilibet  singuhs  diebus  quibus  ad  ofKcium  vacaverit,  si  sit  eques  ,  sex  denarios 
grossorum,  si  vero  pedes  tres  denarios  grossorum  super  parte  ob  cujus  culpam,  contu- 
maciam vel  defectum,  certam  et  indubitatam,  prò  facto  Domini  ;  si  autem  sine  culpa  de- 
fectum  vel  contumaciam  alterius  (?)  prò  facto  Domini  laborent,  capiant  super  Domino,  et 
petente  defectum  vel  culpa  refundat  culposus  ;  si  autem  ad  instantiam  partis,  tunc  capiat 
super  parte  instante,  ita  tamen  quod  prò  modo  et  qualitate  cause  statim  ei  refundautur 
vel  in  fine  litis  reserventur  prout  justitia  suadebit. 

21. 

Item  quod  ordinetur  unus  clavarius  Consilii ,  qui  omnes  mulctas  et  condemnationes 
pecuniarias  in  Consilio  (actas  et  illas  que  comittentur  ex  contemptu  et  non  observantia 
dictorum  et  infrascriptorum  Statutorum  exigat  et  exigi  faciat  per  specialem  executorem, 
videlicet  unum  de  dictis  servientibus  generalibus  vel  per  alios  Dominii  ;  et  cancellarli 
et  alii  officiarli  locorum  ,  quibus  suberint  condemnati,  teneautur  ad  ejus  mandata  incon- 
tinenti exigere  et  statim  clamores  mittere;  quod  si  non  feccrint,  arbitrio  Consilii  sint  mul- 
ctandi.  Clavarius  autem  super  predictis  exactionibus  solvat  sumptus  et  expensas  prò 
facto  Domini  in  Consilio  vel  agendis  coram  eo  necessariis,  et  salaria  cancellarli  et  alio- 
rum  de  Consilio  et  dictorum  nunciorum  et  alia  quecumque ,  ad  et  juxta  mandata  Con- 
silii opportuna,  que  omnia  in  computo  suo  debeant  alloquari.  Et  de  receptis  et  libratis 
teneatur  clavarius  reddere  legitimam  rationem.  Et  etiam  ordinetur  hostiarius  prò  dicto 
Consilio. 

22. 

Item  quod  singuli  judices  ordinarli  Domini  assisias  teneant  in  loco  solito  ad  miuus 
in  anno  quater,  videlicet  in  quatuor  temporibus  veris,  estatis ,  autumni ,  et  hiemis ,  juxta 
raajorem  comoditatem  temporis  et  locorum  et  subiectorum. 

23. 

Item  quod  omnes  et  singuli  bannereti  provideant  sibi  de  judicibus  ordinariis  ,  sic 
quod  continue  sit  provisum;  qui  judices  residentiam  faciant  infra  terram  bauneretorum 
vel  infra  terram  domini  Comitis  ,  et  in  loco  residentie  possint  cognoscere  de  causis 
civilibus  usque  ad  senteutiam  inclusive ,  et  de  criminalibus  post  coutestationem  seu  re- 
sponsionem  factam  super  inquisitionibus  usque  ad  definitivam  sententiam  exclusive.  Que 
cause  debeant  terminari  sicut  in  aliis  judiciis  inferius  est  provisum. 

24. 
Item   quod  singuli  judices  tam  Domini   quam  alii,  scilicet  bannaretorum  ordinarli . 
teueantur,  videlicet  in  singulis  assisiis,  omnes  causas  criminales ,  quarum  tempus  defen- 
siouis  lapsum  fuerit  in  eundo  vel  in  regressu,  terminare  definitive  vel  interlocutorie,  sive 
Serie  II.  Tom.  XXXIV.  20 


154  STATUTI    DI    AMEDEO    VI    (DOCUMENTI) 

per  viam  denunciationis  vel  inquisitionis  ex  officio  Curie  procedant  ,  et  sive  clerico  illius 
Curie  sive  per  commissarium  Domini  vel  Consilii  vel  alios  facti  sint  processus,  dum- 
modo  ratione  criminis  vel  aliter  foro  suo  subsint.  Si  tamen  rei  magnitudo  vel  magnum 
dubium  juris  suaderet,  possit  ex  tali  juxta  causa  usque  ad  sequentes  assisias  differre ,  non 
ultra.  Quod  si  non  fecerint,  solvant  prò  qualibet  die  qua  morosi  fuerint   unum  florenum. 

25. 

Item  quod  singuli  judices  teneantur  omnes  causas  criminales  ,  ex  quibus  rei  , 
quorum  punitio  ad  eos  spectat ,  capti  persoualiter  detiuebuntur,  definitive  vel  interlocu- 
torie, super  questione  habenda  vel  non,  terminare  vel  decidere  infra  decem  dies  postquam 
per  captivum  cui  fuerit  oblata  copia  aut  ejus  nomine  fuerit  postulatum  ;  vel  si.  lapso  ad 
defensiones  faciendas  dicto  termino,  captivus  definiri  non  postulet,  postquam  per  partem 
adversam  privatam  vel  etiam  fiscalem,  oblato  sibi  processu,  fuerit  postulatum;  et  hoc  infra 
judicaturas  suas,  carcerato  presente,  sive  ex  speciali  mandato  Domini  vel  consilii  castel- 
lani captivi  detineantur  ;  et  hoc  sub  pena  quinque  solidorum  fortium  prò  quolibct  die  quo 
morosus  fuerit  ultra  dictum  tempus.  Qae  intelligenda  sunt  nisi  judex  justa  causa,  vide- 
licet  absentie  prò  facto  Domini,  infirmitatis,  vel  alterius  majoris  simul,  fuerit  impeditus. 

26. 

Item  quod  singuli  judices  registra  suarum  concordiarum  et  suarum  condemnationum 
fiendarum  in  anno  in  singulis  computis  apportent  rectoribus  computorum,  ponendo  per- 
sonas  concordantes  et  condemnatas. 

27. 

Item  quod  ,  sicut  antiquitus  statutum  fuerat ,  omnia  instrumenta  quibus  actum  fuerit 
sigillentur  sigillis  Curiarum  domini  nostri  Sabaudie  comitis ,  et  per  hoc  sigillata ,  vel 
etiam  non  acto ,  si  reperiantur  concordare  cum  protocollo  collatione  facta,  similiter 
sigillata ,  possint  et  debeant  sigillata  executioni  demaudari  per  modum  infrascriptum  : 
videlicet  quod  fiat  citatio  debitori  opposituro  solutionem  ,  quittationem ,  aut  instrumeuti 
falsitatem,  vel  aliam  peremptoriam  ;  et  si  quidem  debitor  comparuerit  et  neutram  causarum 
predictarum  vel  aliam  peremptoriam  opposuerit  precise ,  Consilium  vel  judex  ordiuent 
executionem  fìendam  ;  si  vero  non  comparuerit  in  prima  dieta  ,  citetur  iterum  ad  idem , 
et  si  non  compareat,  tunc  Consilium  precise  vel  judex  ordinet  dictam  executionem  fien- 
dam;  si  vero  vel  in  prima  vel  secunda  dieta  comparuerit  debitor  et  apportet  alterata 
ilictarum  causarum ,  detur  terminus  congruus  ad  probandum ,  ita  tamen  quod  hec  causa 
ultra  tres  menses  non  duret ,  et  si  ab  hac  causa  principali  contingerit  appellare  vel  sup- 
plicari,  tunc  infra  duos  menses  a  tempore  appellationis  dieta  causa  debeat  terminari.  Et 
si  quis  predictorum ,  tam  Consilii  quam  judicis,  morosus  fuerit  in  predictis  ,  solvat  prò 
qualibet  die  et  prò  qualibet  causa  viginti  solidos  fortium. 

28. 

Item  quod  Consilium  et  judex  possint  et  debeant ,  si  expedierit  ,    singulis  advocatis 

precipere  consilium  prestandum  ,  et  advocatis   distribuere ,  et   penam    interdictiouis  tem- 

poralis  vel  aliam  penam  pecuniariam  imponere  ;  quam  incurrant  si  sine  justa  causa  non 

pareant  arbitrio   precipientis  cause  justitie  decernende,  et  recusarent  juramento  affir- 

mandum. 

29. 

Item  quod  ubicumque  aliqua  spoliatio  fiet  in  comitatu  Sabaudie ,  que  iu  loco  ubi 
facta  fuerit  erit  notoria  vel  aliter  Consilio  vel  judici  notoria  apparebit,  ita  quod  non 
possit  aliqua  tergi versatione  celari,  debeat  statim  sine  aliquo  processu  ex  mero  oflScio  fieri 
restitutio  spoliato. 

30. 

Item  quod  advocati  causarum  teneantur  jurare  de  calumnia  juxta  forniam  legis. 

31. 
Item  quod  lex  manifeste  fif.  de  Jiirej arandoci),  scilicet  quod  juramentum  delatum  debeat 


(1)  Questa  citazione,  conio  si  ì;  detto,  si    riferisce  al  J  38  Dig.  De  jureiurandv  (t.  XII,  21,  così 
concepito:    «   Manifestae  turpitudinis  et  confeasionis  est  nolle  nec  jurare  nec  jusjurandum    deferre  »  . 


PER    CESARE    NANI  155 

prestari  vel  referri ,  servetur  in  judiciis  iater  personas  que  coiitraxerint  seu  inierint 
negotium  de  quo  queritur ,  non  inter  successores  universales  vel  singulares ,  nisi  fiat  de- 
latio  per  successores  alteri  cujus  persona  gessisset  negotium,  non  autem  e  contra. 

32. 

Item  quod  per  solam  comparitionem  factam  in  judicio  per  principalem  personam  pro- 
curator  persone  comparentis  prius  constitutus  non  intelligatur  revocatus  nec  intelligi 
debeat ,  quamquam  principalis  persona  de  hoc  non  faciat  aliquam  mentionem. 

33. 
Item  quod  quotiescumque  aliquis  inculpatus  fuerit  aliquod  delictum  fecisse,  et  talis 
delinquens  faciliter  iuveuiri  non  possit  et  propter  hoc  opporteat  quod  citetur,  responsurus 
intitulatis  contra  ipsos,  quod  talis  citatio  fieri  possit  in  ejus  personam  si  reperiatur,  vel 
in  domo  quam  talis  delinquens  habitabit  tempore  dehcti  commissi ,  vel  voce  preconis  in 
loco  in  quo  delictum  fuerit  factum ,  sub  penis  que  superius  sunt  expresse  vel  majo- 
ribus,  prout  qualitas  delieti  requirit  et  prout  judici  vel  Consilio  videbitur  expedire  ;  et 
talis  citatio  facta  altero  dictorum  modorum  proinde  valebit  ac  si  fuisset  delinquenti  tali 
in  eius  propriam  personam  facta  citatio.  Ante  predictam  habeat  intervallum  competens  a 
tempore  citationis,  que  fiet  usque  ad  diem  qua  comparere  volet  ille  qui  citari  mandabit. 

34. 

Item  quod  uuUus  possit  recipere  aliqua  instrumenta  si  non  sit  vel  fuerit  juratus  domini 
nostri  Comitis,  saltem  in  manibus  judicis  domini  cui  suberit  vel  ratione  judicature  vel 
ratione  resorti.  Et  instrumenta  per  notarium  non  juratum  facta  nuUius  sint  momenti. 

35. 
Item  quod  quilibet  clericus  Curie  vel  in  cujus  officio  fiet  inquisitio ,  acta  etiam  spe- 
cialis  commissionis  alicujus  inquisitionis  fortasse  centra  aliquem  personaliter  captum , 
teneatur  complevisse  inquisitionem  infra  decem  dies  post  captionem  iuculpati ,  et  infra 
quinque  dies  sequentes  iUam  exiberc  procuratori  illius  judicature,  qui  infra  alios  quinque 
dies  restituat  clerico  una  cum  supplemento  et  additionibus  in  papiro  seorsum  positis, 
si  quas  presentaverit  faciendis  ,  et  infra  quinque  dies  sequentes  clericus  Curie  vel  in- 
quisitor  alius  teneatur  offerre  copiam  inculpato  prò  suis  defensionibus  faciendis ,  et  ter- 
minum  triginta  dierum  vel  minus ,  quem  vellet  inculpatus  ad  hoc  ,  sibi  assignare.  Et  si 
clericus,  commissarius,  vel  procurator  ultra  predictum  tempus  in  aliquo  morosus  fuerit, 
prò  qualibet  die  quatuor  solidorum  fortium  plectetur. 

36. 

Item  quod  clerici  Curiarum  et  alii  inquisitores  quicumquc  nihil  recipiànt  ab  illis  contra 
quos  facta  fuit  inquisitio,  nisi  tantum  prò  copia  quando  tradent  ;  et  tunc  prò  siugulis  pa- 
ginis  unius  folli  papiri  parve  forme  ,  qui  tameu  habeat  viginti  tres  lineas  rei  circa  et 
in  qualibet  linea  decem  vocabula  ,  sex  denarios  fortium  ;  prò  sumptibus  vero  vel  labore 
suo  commissarii  domini  nostri  Comitis ,  Consilii  vel  judicis ,  nihil  ab  inquisito  recipiànt 
sed  a  clavarie  supradicto,  qui  sibi  satisfaciat  ad  taxationem  Consilii  juxta  quahtatem  la- 
boris  et  cause.  Et  si  clericus  vel  inquisitor  quivis  (?)  ultra  quidquid  receperit,  omnia  etiam 
juste  recepta  restituat  parti  et  quadruplum  ini'crat  fisco  et  credatur  juramento  solventis, 
ejus  qualitate  pensata  ;  et  siquidem  inquisitus  condemnetur,  restituat  expensas  seu  sumptus 
per  clavarium  solutas  ;  si  autem  absolvatur ,  et  inquisitio  fiat  ad  denuntiationem  partis  ^ 
deuunciaus  denunciato  et  clavarie  per  eos  soluta  reficiat;  si  vero  ex  officio  Curie  in- 
(juisitio  processerit ,  nuUus  resarcet.  Et  omnis  copia  quae  non  annexabitur  scribatur  per 
modum  quaterui. 

37. 

Item  quod  clerici  Curiarum  tantum  recipiànt  omnes  notas  seu  instrumenta  deinceps 
tìenda  super  albergamentis ,  investituris ,  Regichiis  (1) ,  et  laudibus    ahorum    contractuum 


(1}  o  Regichium  idem  videtur  quot  rectUudo,  tributum,  pi-aestatio  '.Così  il  Ducanue,  che  cita  in 
■'PPOffgio  una  Carta  del  1368.  Ma  rosta  a  sapersi  di  qual  natura  fosso  quella  prestazione  feudale. 


156  STATUTI    DI    AMEDEO    VI    (DOCUMENTI) 

tangentibas  Dominum  ,  et  in  papiro  seu  prothocoUo  redigant  in  quo  nulla  alia  instrumenta 
ponantur  nisi  Dominum  tangentia,  et  illa  papirus  seu  prothocoUum  semper  transeaut  ad 
successores  in  clericatura  predicta  qui  potestatem  habeatC;').  Clericus  qui  recipiet  instru- 
menta predicta  et  clericus  cujuslibet  Curie  solvat  Domino  id  quod  alii  notarii  sue  cleri- 
cature  Domino  dabant  ante  presens  tempus  ;  qui  notarii  ab  eo  quod  dabant  ante  quieti 
sint.  Omnis  autem  notarius  aliter  recipiens  iustrumenta  predicta  prece  clerici  dictarum 
Curiarum  et  recipiens  (?)  solvat  Domino  prò  singulis  vicibus  viginti  quinque  florenos  ,  et 
nihilhominus  talia  instrumenta  nullius  sint  valoris  et  momenti. 

38. 
Item  quod  clerici  Curiarum  ,  vel  etiam  alii  commissarii  ad  inquirendum  deputati,  te- 
neantur  omnes  inquisitiones,  sive  Oant  ad  denunciationem,  promossionem  et  instigationem, 
sive  ex  mero  oflìcio,  infra  unum  mensem  a  tempore  denunciationis  complevisse;  et  si  quidem 
fiant  ad  denunciationem  seu  suggestionem,  clamam  vel  queremoniam  alicuius,  incontinenti 
preiingant  ei  tempus  dicti  mensis  ad  fulciendum  seu  probandum  suam  denunciationem, 
suggestionem  vel  clamam.  Lapso  autem  predicto  mense  ,  infra  quinque  dies  sequentes 
teneautur  offerre  copiam  iuquisitionis  parti  coutra  quam  facta  est  et  tradere ,  si  vult , 
sumptibus  moderatis  secundum  taxassionem  infrascriptam  ,  et  sibi  terminum  perentorium 
triginta  dierum  et  plus  assiguare  prò  suis  defensionibus  faciendis.  Et  istis  clericis  et 
iuquisitoribus  pareant  mistrales  et  officiarli  Curie  circa  dependeutia  in  dicto  officio,  puta 
in  citando  et  similia  ;  et  si  familiaris  seu  mistralis  dicto  clerico  non  paruerit,  solvat  Do- 
mino prò  singulis  vicibus  viginti  solidos  fortium. 

3!». 
Item  quod  clerici  Curiarum  omnes  inquisitiones  debeant  pouere  in  papiris  Curie ,  non 
in  cedulis  vel  quaternis ,  ita  quod  judices  omnes  ipsas  in  libro  scriptas  reperiant  secundum 
prioritatem  temporis  ordinatas ,  et  hoc  sub  pena  prò  quolibet  et  qualibet  vice   solidorum 
sexaginta  fortium. 

40. 
Item  quod  clerici  Curiarum  vel  alii  inquisitores  quicumque  nihil  recipiant  prò  can- 
cellaturis  inquisitionum  quarum  copia  capta  est  per  partem  inquisitam;  et  si  secus  fecerint, 
acceptum  restituant  et  quadruplum  fisco,  et  credatur  juramento  solventis,  ejus  qualitate 
jjcusata;  prò  hiis  vero  quarum  copia  non  capta  est,  si  quidem  inquisitus  est  absolutus 
et  inquisitio  sit  ex  officio  Curie  ,  nihil  capiatur  ;  super  denunciationes  ,  videlicet  prò  primo 
folio  solo  vel  minus  ,  duodecim  denarios  fortium,  et  prò  secundo  folio  sex  denarios  fortium, 
et  ab  inde  supra  prò  quolibet  duos  denarios  fortium;  et  si  plus  receperit,  acceptum  resti- 
tuat  et  quadruplum  fisco  ipso  jure;  si  autem  inquisitus  est  condemnatas  vel  composuerit, 
tantumdem  ut  supra  recipiat  super  eo. 

41. 
Item ,  prò  cautionibus  prestandis  per  illos  centra  quos  fient  inquisitiones  ,  nihil  reci- 
piant clerici  Curiarum    vel  alii  inquisitores ,  commissarii   vel  officiarli  quivis  ;  et  si  secus 
fecerint ,  restituant  receptum  et  fisco  quadruplum  ipso  jure. 

42. 

Item  quod  omnes  notarii,  exceptis  secrctariis,  teneantur  omnia  instrumenta  que  per 
abbreviatiouem  recipient  infra  triginta  dies  post  receptionem  in  prothocollo  incorporare  ad 
plenum,  sic  quod  instrumentum  levatum  cum  prothocollo  concordet ,  ita  quod  non  -sit  in 
cedulis  nec  solus  supersutis  (?),  et  hoc  sub  pena  quadraginta  solidorum  fortium  prò  quo- 
libet et  qualibet  vice;  iiotas  vero  jam  reccptas  incorporent  in  suo  prothocollo  infra  duos 
meuses  a  tempore  publicatiouis  presentium  Statutorum  sub  pena  predicta  .^Secretarli  vero 
habeant  terminum  dimidii  anni  prò  dictis  notis  incorporandis  et  recipiendis  in  futurum,  et 
prò  jam  receptis  habeant  tantundem  et  pari  pena  qua  supra  dictum  est  puniantur ,  nisi 
justa  causa  prò  facto  Domini  vel  aliter  excusarentur. 

43. 
Item  quod  prothocoUa  notariorum  defunctorum  non  concedantur  alieni  vendituro  vel 
in  alium  translaturo ,  sed    ei    tantum    qui   propria  mauu    aut  per   proprium   coadiutorem 


PER    CESARE    NANI  1 5  ( 

instrumenta  levabit  et  eis  se  subscribet  ;  nec  concedantur  alieni  qui  ea  exportet  extra 
villam  in  qua  morabatur  notarius  cujus  fuerunt  prothocolla,  vel  saltim  extra  manda- 
mentum,  si  infra  non  esset  aliquis  notarius  sufficiens;  et  si  nec  in  mandamento  sit  aliquis 
sufficiens ,  concedatur  alieni  in  propinquiori  loco  residenti  inter  notarios  ,  aut  quibus  Set 
concessio  talis  preferatur  defuncti  notarli  filius ,  si  sit  idoneus  et  tantum  pretium  seu 
commodum  dederit  quantum  alter  notarius  obtulerit  effieaeiter  se  daturum ,  vel  modicum 
minus. 

44. 

Item  quod  aliquis  notarius  non  recipiat  aliqua  instrumenta  aliquorum  contraetuum 
in  tabernis  [alioquin]  ;  nuUius  sint  momenti ,  et  notarius  recipiens  puniatur  prò  qualibet 
vice  in  vigintiquinque  solidos  fortium. 

45. 

Item  quod  nullus  notarius  recipiat  aliquod  instrumentum  seu  in  formam  publicam 
redigat  in  toto  Sabaudie  eomitatu  nisi  sit  notarius  auctoritate  domini  Comitis  vel  juratus 
de  Curia  sua,  sub  pena  prò  qualibet  vice  centum  solidorum  fortium  ,  valentibus  tameu 
instrumentis  per  notarium  talem  confectis. 

46. 

Item   quod   notarii   de   singulis   instrumentis   debitorum  recipiant   a   creditoribùs   ut 

infra,  videlicet:  de  instrumento  continente  decem  floreuos  et  infra,  capiant  duos  denarios 

grossorum,  et  ab  inde  supra  usque  ad  summam  viginti  florenorum  capiant  tres  den.  gross. 

turonensium ,  vel  infra  et  a  viginti  florenis  supra  usque  ad  centum  florenos  capiant  ultra 

dictos  tres  denarios  grossorum  quatuor  den.  fortium  prò  libra  ;  -  item  de  instrumentis  vendi- 

tionum,  quorum  pretium  erit  decem  florenorum  et  infra,  capiantur  tres  den.  gross.,  et  ab  inde 

usque  ad  viginti  floren.,  quatuor  den.  gross.,  et  ab  inde  usque  ad  centum  floren.,  quatuor 

den.  fortium  prò  libra,  et  ab  inde  supra  prò  qualibet  libra  duos   den.  fortium;  -  et  idem 

fiat  de  instrumentis  permutationum,  donationum,  locationum.  et  similium,  ratione  et  con- 

sideratione  ad  valorem  rerum  permutatarum  ,  donatarum   et  locatarum;  -  de  testamentis 

vero  continentibus  quartam  partem  unius  pellis  mutonine  vel  infra,  si  testator  fuerit  no- 

bilis  et  parvarum   facultatum  ,  capiant  quatuor  den.   gross.  ;  si  testator  fuerit  burgensis 

vel  notarius  vel  nobilis    majorum  facultatum  ,  capiant    ceto  den.  gross.  ;  si  vero   testator 

fuerit  communium  facultatum ,  et  dictum  testamentum  contineat  quartam  partem  diete 

pellis  vel  infra,  usque  unum  florenurn  vel  infra;  si  vero  testamentum  contineat  dimidiam 

pellem  vel   infra  usque   ad    quartam    diete  pellis ,  capiant  tertiam    partem    pluris  quam 

dictum  est  supra  in   tribus  particulis   supraseriptis;    si  vero  testamentum   continet  unam 

pellem  vel  infra  usque  ad  medium  diete  pellis ,  capiant   medietatem  pluris  ejus  quod  su- 

prascriptum  est;  -  de  quolibet  cursu  regichiarum  capiant  sex  den.  grossorum,  et  fiant  duo 

cursus  tales  in  qualibet  pelle  mutonina.  Et  si  quid  ultra  capiant,  solventi  reddant  et  prò 

qualibet  vice  Domino  viginti  solidos  fortium  solvaut.  Si  autem  oriretur  inter  partes  con- 

tentio  in  et  de  predictis  et  aliis  hic  non  expressis,  recurrant  ad  judicem  loci,  cuius  arbitrio 

stetur. 

47. 

Item  quod  castellani  non  possint  aliquam  concordiam  super  crirainalibus  facere  vel 
recipere  nisi  durantibus  assisiis  ,  et  tune  vel  aliis  temporibus  judcx  et  castellanus  simul , 
presente  procuratore  si  sit  in  loco ,  et  quilibet  ipsorum  registret  concordias  et  declara- 
tiones,  et  clericus  Curie  in  papiro  super  inquisitionem  propria  manu  notet.  Nulla  tamen 
concordia  per  quemcumque  fiet  nisi  prius  inquisitio  in  libro  Curie  redacta  fuerit.  Nulla 
etiam  concordia  fieri  possit  de  crimine  ex  quo  mors  veniet  inferrenda.  Et  super  eoncordiis 
castellanus  recipiat  quartam  partem,  et  judex  et  procurator  de  aliis  tribus  partibus  nonam 
partem  ;  que  nona  pars  dividatur  in  tres  partes ,  quarum  judex  habeat  duas  partes  et 
procurator  habeat  tertiam  partem  prò  suis  expensis.  Et  quicumque,  sive  judex,  sive  pro- 
curator, si  ve  castellanus,  aliquid  recipiant  ultra  quautitatem  ,  palam  vel  occulte,  totum 
■iolventi  reddant,  et  fisco  solvant  prò  singulis  vicibus  et  casibus  centum  florenos.  De  con- 
demnatis  vero  recipiat  castellanus  duos  solidos  prò  libra ,  sicut  est  consuetum. 

48. 
Item ,  quod  specialiter  cavetur ,  nulli  officiano  liceat  super  crimine  falsi  instrumenti 


158  STATITI     DI    AMEDEO    VI     (DOCUMENTI) 

carte ,  scripture  ,  testimouii  falsi ,  aliquam  concordiam  accipere ,  sed  puniatur  secundum 
rigorem  juris,  et  concordia  ipso  jure  sit  nulla;  et  recipiens  eam ,  si[ve]  sit  exacta  vel  non 
exacta,  quadruplum  fisco  solvat  una  cum  exacto. 

49. 
Item  quod  castellani  prò  miallia  (Ij  captivorum  ut  infra  recipiant:  -  videlicet  si  captivus 
voluerit  esse  ad  suas  proprias  expensas ,  nihil  ab  co  prò  miallia  recipiat  nisi  prò  lecto  et 
prò  utensilibus  suis,  et  hoc  modo:  scilicet  prò  simplici  agricola  duos  denarios  fortium  in 
die,  prò  mediocri  homiue,  sive  agricola  sive  burgeiise  mediocris  status,  quatuor  den.  for- 
tium in  die.  prò  nobili  quolibet  secundum  ejus  statum  octo  den.  fortium  in  die  et  infra , 
secundum  personarum  qualitatem;  -  si  vero  voluerit  esse  ad  expeusas  castellani ,  tunc  ab 
agricolis  et  affanatoribus ,  esceptis  notariis ,  capiatur  prò  quolibet  et  qualibet  die  uiius 
denarius  gross.,  a  burgensibus  vero  et  notariis  prò  quolibet  et  qualibet  die  duos  den.  gross. 
prò  omnibus ,  a  nobilibus  vero  tres  vel  quatuor  den.  gross.,  secundum  qualitatem  et  po- 
testatem  nobilis  captivi.  Si  tamen  .secundum  qualitatem  persone  controversia  oriretur , 
stetur  ordinationi  Consilii  vel  judicis  in  cuius  judicatura  talis  esset  captivus.  Pro  regressu 
vero  castri  capiant  ut  infra  :  -  videlicet  ab  agricola  duos  denarios  fortium  vel  valorem , 
ab  aliis  vero  non  agricolis  usque  ad  nobiles  quatuor  den.  fort.  ,  a  nobili  vero  unus  den. 
gross.;  et  prò  regressu  tantumdem  a  quolibet  ultra.  Et  si  plus  recipiat  restituat,  et  decem 
florenos  singulis  vicibus  fisco  ;  et  stetur  juramento  solventis  ut  supra. 

50. 
Item  quod  castellani  seu  mistrales  prò  executioae  sententiarum  seu  mandatorum  Con- 
silii seu  judicis ,  seu  prò  missione  in  possessionem ,  recipiant  de  viginti  solidis  grossorum  et 
infra,  duos  den.  gross.,  et  ab  inde  supra  usque  ad  centum  solidos,  ultra  primam  libram,  prò 
qualibet  libra  quatuor  den.  gross.,  et  ab  inde  supra  prò  qualibet  Ifljra  unum  den.  fort.  Et 
plus  recipiens  receptum  et  quadruplum  fisco  restituat.  Et  castellanus  seu  ejus  locum  tenens, 
vel  mistralis ,  seu  alins  quicumque  officiarius  non  adimplens  quantum  poterit  mandata 
Consilii  vel  judicis,  facta  fide  de  presentatione  et  requesta  per  juramentum  requirentis, 
in  viginti  libris  fortium  puniatur  prò  qualibet  vice. 

51. 
Item  quod  nuUus  castellanus  vel  officiarius  quicumque  de  majoribus  audeat  vel  possit 
aliquem  captivum  vel  arrestatum  de  mandato  Consilii  vel  alicujus.  nisi  de  expresso  man- 
dato illius  cujus  mandato  captus  fuerit  vel  arrestatus,  relaxare;  hoc  salvo  quod  ad  man- 
datum  Consilii  omnes  debeant  relaxari,  cujuscumque  judicis  mandato  siut  capti.  Et  qui 
contrafecerit,  ultra  penam  juris  solvat  decem  libras  fortium  prò  quolibet  et  qualibet  vice, 
et  culpa  familiaris  quantum  ad  penam  pecuniariam  imputetur  magistro. 

52. 

Item  quod  inventaria  tutorum  et  cnratorum  et  aliorum  administratorum  et  heredum 
recipiantur  per  quoscumque  notarios ,  si  volueriut  illi  qui  inventaria  facient  ;  inventaria 
vero  que  fient  ex  officio  Curiarum  recipiantur  tantum  per  clericos  Curiarum.  Et  prò  iis 
recipiatur  ut  infra  dicetur  in  taxassionem  scripturarum. 

53. 
Item  quod  de  regimine  minorum,  furiosorum ,  dementium,  prodigorum  vel  absentium , 
seu  honorum  eorum ,  alteri  committendo  seu  administrandi  liceutiam  dandi ,  castellani 
vel  alii  officiarli  preter  judicein  vel  Consihum  se  uullatenus  intromittant;  et  contrafaciens 
solvat  prò  qualibet  vice  centum  solidos  fortium ,  et  quod  inde  receperit  restituat.  Hoc 
habeat  locum  citra  raontes ,  ubi  jure  comuni  utimur. 

54. 
Item  quod  nullus  laicus  trahat  seu  citari  faciat  vel  conveniat  aliquem  extra  Curiam 
Domini  prò  causa  ad  ecclesiasticam  Curiam  non  pertinente;  et  contrafaciens  solvat   Do- 


(i;    Miallia,  Micallia,  Mmiallya,  dal  (ra^aceae  Mangeailles ,   chiamasi  la   spesa   u  prò  incareeiati 
homìnis  victu  et  potu  ••  cfr.  OucANaE  in  vocibus. 


PER    CESARE    NANI  150 

mino  prò  qualibet  vice  centum  soliJos  fortium,  et  tantundem  solvat  citatus  vel  convinctns 
si  non  revelaverit  Consilio  vel  judici  suo  vel  castellano  infra  decem  dies  post  actionem  vel 
conventionem. 

55. 
Item  quod  nuUus  laicus  possit  facere  aliquam  cessionem  alicujus  debiti  vel  obliga- 
tionis  seu  actionis  alieni  clerico ,  cujus  occasione  trahatur  debitor  ad  Curiam  ecclesia- 
sticam.  Et  contrafaciens  perdat  causam  et  actionem  et  solvat  centum  solidos  fortium  prò 
qualibet  vice.  Et  pena  hec  comittatur  statim  post  citationem  coram  ecclesiastica  Curia 
factam.  Et  ille  contra  quem  facta  fuerit  cessio,  citatus  in  ecclesiastica  Curia,  non  revelans 
solvat  centum  solidos  fortium. 

56. 
Item  quod  bona  pupillorum  mobilia ,  que  servando  servari  non  poterunt ,  et  que  non 
erunt  necessaria  pupillo ,  mortuo  patre ,  subastentur  ad  incantum  per  tutorem ,  et  suba- 
stentur  in  tribus  foris,  et  plus  oflferenti  dentur,  et  pretium  convertatur  ad  utilitatem  pu- 
pillorum. In  quibus  omnibus  parentum  consilium  reservetur.  Et  predicta  fiant  nisi  testator 
aliunde  ordinasset. 

57. 
Item  quod  nuUus  tutor  possit  recipere  quittationem  a  pupillo,  etiam  adulto  facto,  nisi 
talis  quittatio  fiat  coram  judice  decretum  interponente  ,  vocatis  iis  amicis  quos  judex 
viderit  expedire ,  et  quittatio  nulla  sit,  et  tutor  recipiens  talem  quittationem  puniatur  in 
duplum  ejus  quod  reperitur  quittatum,  (et)  pena  fisco  applicetur.  Et  idem  intelligatur  in 
adulto  durante  cura.  Notarius  autem  recipiens  de  hoc  instrument(nm]  solvat  Domino  prò 
qualibet  vice  viginti  quinque  libras  fortium. 

.58. 
Item  quod  Secretarli  Domini  de  scripturis  quibuscumque  quas  facient  prò  facto  sui 
officii  in  hospitio  Domini  tantum  capiant  moderate  ,  sic  quod  Domino  vel  cancellano  que- 
remonia  non  fiat  ;  et  si  querela  fiat ,  Dominos  seu  cancellarius  Domini  providebunt .  In 
aliis  autem  scripturis,  quas  dicti  Secretarli  facient  extra  et  ultra  suum  officium  ,  sequantur 
ipsi  Secretarli  formam  et  modum  Statutorum  in  aliis  notariis  superins  et  inferius  ordi- 
natorum. 

59. 
Item  quod  clerici  Consilii  capiant  prò  memoriali  quolibet  duodecim  denarios  fortium , 
prò  citatione  et  commissione  sex  den.  fort.  ;  prò  quolibet  cursu  habente  dimidium  folium 
octo  den.  fort.  Clerici  judicum  capiant  medietatem  ejus  quod  in  Consilio  clerico  est  statutum 
de  memoriali  et  citationibus;  de  cursibus  vero  habentibus  dimidium  folium  capiant  de 
quolibet  sex  den.  fort. 

60. 
Item  quod  in  causis  inquisitionum  omnium  ,  sive  factarum  ex  officio  Curie .  sive  ad 
denunciationem  vel  suggestionem  alicujus ,  in  Sabaudie  comitatu  ,  potissime  citra  montes 
Cenisii ,  Montisjovis,  et  Columpne  Jovis,  stjius  usitatus  observetur  ,  videlicet  quod  de 
ordine  responsionum  et  attestationum  testium  non  arretur  (1),  sed  valeat  iuquisitio  et  pro- 
cedat,  sive  responsio  sequatur  attestationem  testium  sive  precedat.  Item  quod  post  pu- 
blicationem  defensionum  fortificatio  iuquisitionis  fieri  possit.  Item  quod  renuuciatio  et 
conclusio  necessario  nuUatenus  exigantur.  Item  quod  sufficiat  publica  et  preconia  noti- 
ficatio  assertorum  judicum  ad  sententiam  audiendam  ,  licet  non  facta  fuerit  citatio  et 
assignatio  specialis.  Item  et  omnis  aliter  (ìeg.  alius)  stylus  usitatus  observetur ,  licet  hic 
particulariter  nuUatenus  declaretur. 

61. 
Item  quod  nullus  mistralis  tenens  ad  censam  aliquam  mistraliam  a  Domino  vel  ban- 
ueretis  sit  ausus  aliquod  pactum  facere  cum  aliquo  sue  mistralie  de  sibi  solvendo  vel 
aliquid  dando  prò  solutioue  sue  cause,  nec  etiam  pactum  facere  cum  aliquo  sue  mistralie 
per  quod  de  aliquibus  bannis  grossis  vel  minutis,  etiam  bestiarum,  sit  paciscens  cum  dicto 
mistrali  quilibet  (?)  a  solutioue  dicti  banni  ;  et  si  dictus  mistralis  contrafecerit ,  solvat 
Domino  sexaginta  solidos  fortium   prò   singulis  vicibus  et  personis   quibus  faciet   contra 


(1)  "  Ark.\re,  spendere,  fr.  enerrer,  arrham  dare,  vulgo  Arrher  «.  Ducange  in  v. 


160  CESARE    NANI    -    STATITI    DI    AMEDEO    VI    (dOCI'MENTI) 

predicta.   Similiter  quilibet  paciscens  taliter  cum  dicto  mistrali   singulis  vicibus  eandem 

peaam  solvat.  De  qua  pena  accusator  habeat  tres  solidos  fortium  prò  singulis  vicibus. 

62. 

Item  quod  quilibet  mistralis  Domini  et  banneretorum  et  aliorum  habentium  mistra- 

lem,  in  cujus  mistralia  fiet  damuuni  in  Ijladis ,  pratis  ,  vineis  ,  castagnetis  ,  vel  aliis  rebus 

sue  mistralie,  teueatur  dainuum  datum  emendare  damnum  passo,  vel  demonstrare  damnum 

dantem. 

63. 

Item  quod  uuUus  castellauus  vel  vicecastellanus  capiat  aliquam  peusiouem  auuuam 
in  sua  castellauia  vel  aliud  occasione  alicujus  controversie  civilis  vel  criminalis  que  coram 
ipso  verteretur,  preter  quam  esculenta  et  potulenta;  et  si  contrafecerit,  ejus  quod  rccipiet 
quadruplum  fisco  solvat.  Item  et  nullus  clericus  Curiarum  Domini,  etiam  uec  procurator, 
in  clericatura  et  procura  suis  aliquid  recipiaut  ab  aliquo,  officio  suo  subdito ,  ratione  cau- 
sarum  in  quibus  versabuntur,  nisi  ea  que  supra  statuta  sunt  cum  esculentis  et  potulentis; 
et  si  contrafecerint ,  accepium  restituant  et  quadruplum  fisco  solvant. 

64. 

Item  quod  singuli  Secretarii  teneantur  singulis  annis  in  festo  Nativitatis  domini  tra- 
dere  registrum  omnium  iustrumentorum  que  in  anno  retro  receperiut  prò  domino  nostro 
Comite  custodi  crote  Domini  existentis  iu  Chamberiaco. 

65. 

Item  quod  clerici  computorum  capiant   prò  singulis  cursibus  pergameni    (et  fient  in, 
qualibet  pelle  mutonina  per  longitudinem  pellis  duo  cursus  tantum)  tres    denarios   gros- 
sorum,  et  prò  copia  cujuslibet  cursus  tres  den.  grossorum  turonensium,  non  ultra;  et  si 
quid  ultra  ceperint ,  hoc  restituant ,  et  quadruplum  pene  fisco  solvatur. 

m. 

Item  quod  advocatus  et  procurator  Domini  fiscales  in  causis  tangentibus  Dominum 
nihil  capiant  ab  aliqua  partium  nisi  esculenta  et  potulenta  ,  sicut  in  consiliariis  et  ju- 
dicibus  est  provisum  ;  et  illud  quod  ceperint  restituant ,  et  quadruplum  fisco  solvant. 

67. 

Item  quia  dictus  dominus  noster  Sabaudie  Comes  assiduis  querelis  plurium  perso- 
uarum  inquietatus  extitit  super  facto  instrumeutorum  que  levantur  et  jam  levata  sunt 
in  formam  publicam  de  prothocoUis  notariorum  defunctorum,  in  quibus  instrumeutis  le- 
vatis  et  etiam  levandis  ex  dictis  prothocoUis  est  in  multis  locis  scriptum  hoc  verbum  etc, 
quod  verbum  notarli  quibus  dieta  prothocolla  commissa  sunt  et  quotidie  committuntur 
ampliare  non  audent;  de  quo  gentes ,  prò  quibus  dieta  instrumenta  faciunt ,  leduntur  et 
ledi  possent  in  futurura;  statuii  idem  dominus  Comes  quod  hujusmodi  notarli  ,  quibus 
dieta  prothocolla  commissa  sunt  et  inposterum  committentur,  possint  et  debeant  impune 
dictum  verbum  etc.  secundum  dictamen  aliorum  instrumeutorum  similium  seu  similem 
contractum  habentium  qualis  est  contractus  vel  imbreviatura  in  quo  vel  in  qua  dictum 
verbum  etc.  scriptum  erit  [ampliare].  Sin  autem  dicti  notarii  non  recipiant  in  prothocoUis 
aliquam  imbreviaturam  seu  notam  ad  plenum  ex  quo  possint  ampliationem  predictam 
facere,  et  eo  casu  dicti  notarii  recurrant  et  recurrere  debeant  ad  judicem  cui  suberint 
seu  ad  Consilium  Chamberiaci  residentem  ,  qui  seu  quod  super  tahbus  ampliationibus 
provideant ,  dictando  prout  sibi  videbitur  amplianduni.  Hec  autem  omnia  intelligantur  iu 
futuris  negotiis  et  casibus ,  non  in  preteritis   ante  publicationem  presentium   Statutorum- 

Notandum  est  quod  prò  aliquibus  penis  centra  consiliarios ,  judices ,  castellanos  et 
alios  supradictos  impositis,  si  de  eis  viventibus  inquietati  non  fuerint,  ejus  heredes  iu- 
quietari  non  possint. 


161 

I  PRIMI  STATITI 


SOPHA 


LA    CAMERA    DEI    CONTI 

NELLA    MONARCHIA    DI    SAVOIA 

PER 

CESARE    NANI 


Lelta  nell'adunanza  del  12  Giugno   1881 


Gli  Statuti  ciyili  dell'anno  1379  di  Amedeo  VI  Conte  di  Savoia  furono  preceduti 
da  altri  non  meno  importanti  del  medesimo  Principe  che  riguardano  l'ordinamento  finan- 
ziario de' suoi  Stati.  Sono  questi  gli  Statuti  del  7  febbraio  1351,  dai  quali  sono  d'ac- 
cordo quasi  tutti  gli  autori  aver  avuto  origine  la  Camera  dei  conti  nella  Monarchia  di 
Savoia  (1),  ma  il  cui  tenore  per  un  singoiar  caso  e  rimasto  finora  ignorato,  credendosi 
dopo  r  affermazione  del  Capre  di  non  essere  riuscito  a  trovarli ,  che  fossero  andati 
perduti  (2).  Coi  medesimi  strettamente  si  connettono  quelli  promulgati  in  data  del 
29  dicembre  1389  da  Bona  contessa  di  Savoia  e  da  Amedeo  VII.  Perciò,  discorrendo 
dei  primi,  crediamo  necessario  estendere  il  nostro  esame  anche  ai  secondi. 


Sarebbe  fuori  di  luogo  il  volere  qui  rifare  la  storia  delle  finanze  dell'  antica 
Monarchia  di  Savoia. 

Essa  fu  scrittai  ^  Cibrario  ne' suoi  tre  Discorsi,  insigni  per  erudizione  ed  accura- 
tezza di  ricerche,  e  [k^  -io  che  spetta  più  specialmente  alla  Camera  dei  conti  ha  raccolto 


(i;  Li  accenna  Capre,  Tratte  historigiue  de  la  Cluimhre des  comptes  de  Savoye  (Lyon  1662),  p.  19-27. 
—  Galli,  Cariche  del  Piemonte  {loxino  1798),  L  299,  il  quale  avvertì   che  si  conservava  negli  Archivi 

Camerali  il  registro,  ossia  libro,  contenente  Les  ordonnances  faites,  etc sur  le  fait  de  les  comptes  le 

7""  jour  de  fcorier  Van  1351).  —  Guichenon,  Histoire  généalogique ,  etc.  (Turin  1778)  I,  148  — 
Dictionnaire  de  la  législation  des  États  Sardes,  p.  542.  —  Costa  de  Beauregard,  Mémoires  histo- 
riques  sur  la  Maison  B.  de  Savoie,  I  (Turin  1816),  p.  145.  —  Cibrario,  Origini  e  Progressi,  ecc. 
(Firenze  1809),  II,  118.  —  Id.,  Finanze,  ecc.  (nelle  Operette  varie.  Torino  1860),  p.  198.  —  Sclo'pis, 
Storia  dell'antica  legislazione  del  Piemonte  (Torino  1839),  p.  253.  —  Vigna  ed  Ali  berti.  Dizionario 
amministrativo  (Torino  1840-52),  vocab.  Camera  dei  conti. 

(2)  Essi  si  trovano  invece  trascritti  nel  Registro  menzionato  dal  Capre,  che  si  trova  tuttora  nell'Ar- 
chivio Camerale  di  Torino,  e  porta  per  titolo  :  Statuta  Camere  computorum  et  Decreta  Ducum  Sabaudie 
ab  anno  1351-1535. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  21 


162  T  PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI   SAVOIA 

notizie  e  documenti  preziosi  il  Capre  nel  suo  trattato  storico  di  questa  istituzione  (1).  Ma 
non  sarà  inoi)portuno  il  ricordare  in  mezzo  a  quali  circostanze  in  Savoia,  come  in  altri 
Stati,  sia  sorta  la  Camera  dei  conti.  Sono  queste  circostanze  infatti  che  ne  spiegano  l'ori- 
gine, e  l'esporle  renderà  più  facile  l'intelligenza  dei  nostri  Statuti. 


La  Monarchia  carolingica  non  aveva  organizzato  un  sistema  generale  d'imposte  nel 
vasto  impero.  Le  condizioni  della  pubblica  finanza  si  serbarono  pressoché  immutate. 
Kimasero  qua  e  là  traccio  dell'  antico  sistema  tributario  romano ,  dove  le  incursioni 
barbariche  non  lo  avevano  completamente  distrutto,  ma  nulla  fu  fatto  per  ripristinarlo 
nella  sua  interezza,  e  mentre  si  creavano  istituzioni  comuni  a  tutto  l'impero,  per  ciò 
(ho  riguarda  la  finanza  si  lasciarono  sussistere  le  consuetudini  in  vigore  presso  ciascun 
popolo.  Fu  riordinato  il  potere  amministrativo  e  giudiziario,  ma  la  riforma  finanziaria 
non  appare  nemmeno  tentata,  e  le  entrato  pubbliche  sostanzialmente  si  mantennero 
quali  erano  state  nei  regni  fondati  dai  barbari,  allorquando  l'idea  di  Stato  appena 
accennava  a  svolgersi  ed  attuarsi  (2). 

Questa  condizione  di  cose  non  potè  che  peggiorare  dopoché  ,  sfasciato  l' impero 
carolingico,  sopra  le  sue  rovine  sorse  lo  Stato  feudale.  Confusi  insieme  i  concetti  di 
sovranità  e  di  proprietà ,  svigorito  il  potere  centrale  e  smembrato  il  temtorio  dello 
Stato  in  tante  signorie  quasi  indipendenti,  il  tributo,  come  la  giurisdizione,  doveva 
risentire  profondamente  gli  effetti  del  nuovo  ordinamento  politico.  Esso  non  può  avere 
il  carattere  che  ha  nello  Stato  moderno,  dove  è  essenzialmente  di  ragion  pubblica,  stabilito 
dall'autorità  sovrana  per  provvedere  a'  pubblici  bisogni.  Non  è  tale  che  per  eccezione, 
perchè  il  concetto  del  dominio  più  o  meno  ])ieno  del  signore  feudale  gli  serve  di 
base  ;  non  può  essere  uguale  per  tutti  i  cittadini,  dacché  non  esiste  uguaglianza  di  classi  ; 
non  uniforme,  dacché  non  è  un'autorità  sola,  ma  sono  molte  dentro  i  confini  d' uno 
stesso  Stato,  che  lo  impongono  e  lo  percepiscono.  Ma  quello  che  é  più  singolare  si  é, 
che  la  finanza  regia  in  questo  sistema  è  povera.  Le  imposizioni  sono  quasi  infinite 
di  numero,  i  pesi  clie  si  aggi'avano  sui  contribuenti  spesso  insopportabili,  ma  il  fisco  lotta 
continuamente  col  bisogno,  e  non  riesce  che  a  stento  a  sopperire  alle  spese,  per  quanto 
poco  rilevanti,  che  gli  incombono.  Egli  è  clic  per  la  necessità  delle  cose  anche  la  finanza 
regia  è  divenuta  finanza  feudale,  e  non  lo  sono  rimaste  soggette  che  le  teiTe  che  dal  re 
dipendono  inimediiitamento.  Il  re  è  sovrano  l'ondalo  e  lo  rendite  sue  sono  quelle  stosse 
che  ogni  signore  ha  diritto  di  pretendere  nel  territorio  a  lui  sottoposto. 


(1)  L'opera  Jol  Capro  finora  ò  l'unica  su  tale  arfromonto,  bcnehii,  come  altri  ebbe  già  ad  avvertire,  non 
sia  scevra  di  inesattezze  o  di  omissioni,  ,V.  Burnier,  IIì<toire  du  Sénat  de  Savoie,  I,  ChanibOry  1864, 
pag.  57). 

(2)  11  Waitz,  Deutsche  Verfamtungtf/eschichte,  IV  (Kiel  1864),  p.  "  segg.,  nota,  a  ragione,  elio  i  rap- 
porti fìnanziarit  continuarono  nell'impero  carolingico  a  portare  quell'impronta  di  diritto  privato  che  per 
più  rispetti  si  manifesta  nulle  istituzioni  dello  ìitato  gerriuinico.  Le  entrato  del  re  in  fondo  sono  quelle 
d'ogni  privato  ,  non  no  dilVeriscono  che  per  la  quantità  e  per  l'estensione.  1  Capitolari  anziché  introdurre 
principii  nuovi,  si  limitano  ad  inculcare  vecchie  prescrizioni  ed  a  combattere  certi  abusi. 


CESARE  NANI  163 

Come  nei  primordii  della  monarcliia  germanica,  così  ancora  in  quell'epoca,  il  tesoro 
regio  si  alimenta  principalmente  colle  rendite  dei  regii  possedimenti.  Diminuiti  di  numero 
per  le  donazioni  e  le  concessioni  in  beneficio,  questi  sono  tuttavia  abbastanza  considerevoli 
perchè  la  loro  amministrazione  costituisca  una  delle  cure  principali  del  Principe  ed  uno 
dei  più  importanti  uffici  che  spettino  ai  suoi  impiegati.  A  queste  entrate  si  aggiungono  i 
diritti  feudali  che  il  sovrano,  come  ogni  signore  feudale,  esige  ne' suoi  domimi  e  ne'  feudi 
che  muovono  da  lui ,  le  regal'ie,  le  taglie  ed  i  sussidii,  le  due  forme  di  tributo  medioevale 
che  meno  si  scostano  dal  concetto  moderno  e  d'onde  la  monarchia  doveva  più  tardi 
trarre  l'imposta  generale  (1). 

ni. 

Questi  erano  i  proventi  di  maggior  rilievo  su  cui,  sotto  la  terza  dinastia,  poteva 
contare  il  tesoro  dei  re  di  Francia  (2). 

Vi  erano  terre  di  cui  il  re  era  proprietario  e  che  formavano  il  suo  patrimonio  e  ve 
n'erano  di  quelle  di  cui  non  riteneva  che  il  dominio  diretto.  Su  queste  ultime  percepiva  i 
censi,  i  chaniparts  (3),  le  taglie,  le  decime  non  altrimenti  che  i  signori  sui  territorii  e 
sulle  persone  soggette.  Il  censo,  fosse  esso  o  no  d'origino  romana  (4).  non  serba  nessun 
carattere  pubblico;  è  diritto  prettamente  signorile  e  patrimoniale,  che  come  ogni  altra 
prestazione  di  cose  e  di  opere  trova  la  sua  ragione  d'essere  unicamente  nella  organizzazione 
che  il  feudalesimo  ha  introdotto  nella  proprietà  fondiaria. 

Le  tasse  pei  trasferimenti  di  proprietà  e  le  ammortizzazioni,  che  per  certe  terre  le 
rappresentano,  non  gravano  che  sui  beni  che  muovono  dal  re;  i  dh-itti  sopra  le  eredità 
vacanti,  le  successioni  degH  stranieri  e  dei  bastardi,  le  regalie  delle  foreste  e  della  pesca 
non  si  estendono  oltre  i  confini  del  demanio  regio;  e  mentre  egli  è,  in  teoria  almeno,  il 
supremo  giudice  del  regno,  le  ammende  e  le  confische,  i  diritti  di  sigillo  ed  ogni  provento 
di  giustizia  gli  competono  mono  come  a  sovi'ano  che  come  a  signore.  Per  lo  stesso  motivo, 
pedaggi  e  gabelle,  ogni  specie  di  tasse  sulla  vendita  o  trasporto  delle  merci  non  sono  levate 
nel  nome  del  re  che  nel  suo  dominio. 

Altri  redditi  per  la  monarchia  formarono  le  carte  di  franchigie  accordate  o  confer- 
mate ai  comuni  mediante  pagamento  di  certe  tasse  convenute  ,  perchè  come  fu  arguta- 
mente ossei-vato  (6).  le  franchigie  comunali  furono  in  Francia,  nel  Medio  Evo.  piuttosto  una 


(1)  Il  Caller)'  per  contro  in  un  suo  notevole  studio  L'impót  du,  roi  (nella  Revtie  des  questioni 
historiques,  1879)  ha  cercato  di  dimostrare  che  l'imposta  re^ia  si  è  svolta  dalle  ayrfes  de  l'host,  il  prezzo  che 
pagavano  i  non  nobili  per  esonerarsi  dall'obbligo  del  servizio  personale  militare. 

(2)  Vuole  essere  consultato  su  questo  argomento  specialmente  Vuitry,  Ettides  sur  le  regime  financier 
de  la  France ,  Paris  1S78  ,  che  ha  con  Incida  esposizione  riassunto  i  risultati  delle  indagini  di  tutti  gli 
scrittori  precedenti.  Vedi  anche  :  N  o  6 1 ,  Etude  historique  sur  l'orgaìmation  financière  de  la  France, 
Paris,  1881.  —  Pustel  de  Coulange,£es  impóts  au  moyen  àge,  nella  Eevue  des  deux  mondes,  3"" 
per.,  t.  25,  1878.  —  Louandre,  Les  hudgets  de  l'ancienne  France  (Ibid.,  3™*  per.,  t.  I,  1874).  —  La 
Ferrière,  Histoire  du  Droit  fran^ais,  IV  (Paris  1852),  p.  50,  59  segg. 

(3)  Vedi  intorno  a  questi  Boutaric,  Traile  des  Droits  seigneurianx  (Toulouse  1758).  p.  234  segg. 
e  Garsonnet,  Histoire  des  locations  perpétuelles  et  des  baux  à  longue  durée  (Paris  1879),  p.  425. 

(4)  Consulta  in  proposito  Vuitry,  op.cit.,  p.  18  segg.,  86  segg.  263;  Garsonnet,  op.  cit.,  p.  404  segg. 

(5)  Louandre,  1.  cit.,  p.  407. 


164  I  PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  KELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

merce  che  una  conquista.  E  fonte  cospicua  di  lucro  erano  le  contribuzioni  imposte  sopra 
"li  Ebrei  ed  i  Lombardi  die  in  Francia  attendevano  al  commercio.  Espulsi  e  riammessi  a 
volta  a  volta,  ottenevano  di  potersi  stabilù-e  in  qualche  sito  e  di  csercitai-vi  la  loro  industria 
di  prestatori  di  denaro  e  banchieri,  mediante  lo  sborso  di  forti  somme  al  signore  del 
luogo  (1).  Non  protetti  dalle  leggi,  soltanto  in  queste  convenzioni  trovano  una  difesa; 
considerati  come  fonti  di  rendite  il  loro  prodotto  si  inscriveva  in  luogo  cospicuo  fra  le 
entrate  regie  e  signorili.  Perocché  ancora  prima  che  incominciasse  il  secolo  XIII  si  intro- 
dusse la  massima,  promulgata  poi  negli  Efdlilissevicnts  (ìes  Juifs  di  Luigi  Vili  e  di 
S.  Luigi,  che  non  è  libero  ad  un  ebreo,  domiciliato  da  antico  sulle  terre  d'un  barone,  di 
abbandonarle  per  trasferirsi  altrove  ;  persona  e  beni,  quando  tenti  di  farlo,  sono  reclamati 
dal  barone  del  luogo  dell'antico  domicilio  (2).  Pagano  quivi  le  tasse  convenute,  ed  ancora, 
fin  dal  XIII  secolo,  ogni  volta  che  un  nuovo  signore  prende  possesso  del  dominio,  gli  Ebrei 
gli  fanno  cospicui  presenti  al  fine  di  ottenere  lettere  confermative  del  loro  stabilimento. 
Per  tal  modo  a  Filippo  il  Bello,  allorché  prese  possesso  della  Champagne,  fu  dagli 
Ebrei  là  domiciliati  fatto  un  dono  di  25,000  lire,  ed  a  Filippo  il  Lungo  furono  regalate 
100,000  lire  dagli  Ebrei  di  tutto  il  suo  dominio  (3).  Essi  rappresentano  una  proprietà 
baronale,  ma  nel  tempo  stesso  sono  di  diritto  regio,  ossia  subiscono  una  onerosa  prote- 
zione speciale  del  re  (4). 

Dal  fodrum  (l'antica  annona  miìiiaris  resa  più  produttiva)  (5)  si  erano  sviluppati 
in  Francia  il  droit  de  gite  ed  il  droit  de  jnise  (6).  Con  essi  è  provveduto  ai  viaggi  del 
re  e  del  suo  seguito  nelle  terre  che  ne  costituivano  il  dominio,  viaggi  frequenti,  fatti, 
come  si  diceva  sotto  l'antica  monarchia,  piìi  per  raccogliere  il  denaro,  clie  non  le  testi- 
monianze d'afl'etto  dei  sudditi  (7).  Si  era  infatti  fin  dal  XII  secolo  introdotto  l'uso  che 
le  gìies  si  convertissero  in  danaro,  pur  riservandosi  il  re  il  diritto  di  pretenderle,  quando 
meglio  gli  piacesse  in  natura  (8).  Diventarono  per  siffatta  maniera  meno  vessatorie  e 
fino  ad  un  certo  punto  più  tollerabili. 

Ma  il  tributo  nel  quale  è  più  profondamente  scolpita  l'impronta  feudale  è  il  sussidio. 
È  di  tre  specie  ;  legale,  nei  celebri  quattro  casi  ;  grazioso,  quando  è  concesso  come  dono 
volontario  ;  di  rigore,  quando  è  bensì  obbligatorio,  ma  levato  soltanto  in  circostanze  ecce- 
zionali, essendo  in  pericolo  il  feudo  od  il  regno.  Ma  il  suo  fondamento  consiste  sempre 
in  quel  legame  piuttosto  morale  che  giuridico  che  stringe  il  vassallo  al  signore  :  il  re  non 
ha  diritto  di  pretenderlo  che  come  supi-emo  signore  feudale.  Ne  certo  il  suo  diritto  ora 


(1)  Sono  interessanti  i  ragguagli  che  su  questo  proposito  danno  Brussel,  Nouvel  examen  de  Tusage 
general  des  fìefs  en  Frante  (Paris  17.50,  I,  569  segg.)—  Vuitry,  op.  cit.,  pag.  315  segg.  —  Saiga,  De 
la  condition  dea  Juifs  dana  le  comtéde  Toulouse  {Bibl.  de  TÉcole  des  Charles,  XKXIX,  1878),  p.  273,  segg. 

(2)  Brussel,  op.  cit.,  p.  570.  V.  anche  Ducange,  Gloss.  vocab.  Judaei. 

(3)  Brussel,  op.  cit.,  p.  609. 

(4)  Brussel,  op.  cit.  p.  615.  —  Secondo  Callery,  op.  cit.,  p.  443,  le  tasse  imposte  agli  Ebrei  ed 
ai  Lombardi  equivarrebbero  ai  carichi  che  gravavano  sopra  il  corpo  feudale. 

(5i  V.  Waitz,  op.  voi.  cit.,  p.  14,  ed  intorno  alle  modificazioni  che  questo  tributo  ha  subite  special- 
mente in  Italia  cons.     Post,  Ueber  don  Fodrum,  Strassburg  1880. 

(fi;  Il  droit  de  gite  designossi  dapprima  mansionaticum ,  poi  droit  de  procuration  ;  da  ultimo  repat 
o  festin.  Brussel  op.  cit.  I,  536  segg.  —  Vuitry  cit.  363  segg.  —  Louandre,  La  noblesse  fratifaùe 
(Paris)  1880,  p.  62. 

(7)  Quando  lo  finanze  erano  esaurite,  nota  Brussel  (1.  cit.  p.  551),  il  re  andava  a  visitare  le  cìtti 
ed  i  luoghi  del  reame  che  erano  sotto  la  sua  guardia  immediata  per  esigervi  le  gite  in  danaro. 

(8)  Talora  si  esigevano  parte  in  danaro,  parte  in  natura.  Brussel  cit.,  p.  545. 


CESARE   NANI  165 

sempre  riconosciuto.  I  ciuchi  di  Normandia  ed  i  conti  di  Tolosa  che  pure  tenevano  i  loro 
feudi  dal  re  si  erano  sciolti  quasi  d'ogni  obbligo  verso  di  lui. 

Quindi  la  monarchia  francese  è  a  capo  del  regno,  ma  non  esercita  veramente  che 
sopra  una  parte  di  esso  il  suo  potere  finanziario  ;  come  è  limitata  la  sua  giurisdizione,  così 
è  limitata  la  sua  finanza.  In  realtà  come  è  feudale  il  suo  carattere,  così  sono  feudali  le 
sue  rendite  ;  come  il  re  non  è  sovrano,  nel  senso  proprio  della  parola,  che  sulle  terre  che 
immediatamente  da  lui  dipendono,  così  solamente  sopra  queste  egli  impone  e  riscuote 
tributi.  Questi  perciò  non  danno  che  esigui  proventi.  Le  spese  necessarie  per  l'amministra- 
zione sono  certo  di  poca  entità,  poiché  non  esiste  esercito  permanente  ed  i  lavori  pubblici 
non  pesano  sul  bilancio  dello  Stato,  e  non  fu  per  anco  creato  il  debito  pubblico,  ne  quella 
organizzazione  burocratica  che  le  condizioni  politiche  dell'epoca  rendevano  impossibili.  E 
tuttavia  avveniva  bene  spesso  che  il  tesoro  pubblico  fosse  impotente  a  farvi  fronte,  onde 
era  necessario  ricorrere  a  qualche  spediente  per  procacciar  danaro.  Si  stabdivano  a  questo 
scopo  fiere  e  mercati  sopra  cui  la  finanza  regia  si  riservava  dei  profitti;  si  vendevano 
diplomi  di  protezione  ai  borghesi  contro  le  angherie  e  soprusi  dei  signori  laici  ed  eccle- 
siastici (1);  s'aggravava  la  mano  sopra  gli  Ebrei  ed  i  Lombardi  (2)  e  si  alteravano 
le  monete  (3). 

IV. 

In  proporzioni  minori,  la  finanza  della  Monarchia  di  Savoia,  nell'epoca  a  cui  si  rife- 
riscono i  nostri  Statuti,  riproduce  esattamente  il  tipo  della  finanza  dell'antica  monarchia 
francese. 

Anch'essa  è  eminentemente  feudale  e  feudali  sono  i  cespiti  onde  attinge  il  suo  ali- 
mento. Il  principe  non  ha  ancora  acquistata  tanta  autorità  da  dettare  la  sua  legge  ai 
baroni  e  comuni,  ma  per  via  di  convenzioni  regola  con  essi,  tra  gli  altri  rapporti,  anche  i 
sussidi!  finanziarii  che  egli  è  in  diritto  di  pretendere.  Quindi  anche  nella  contea  di  Savoia 
sono  tributi  molteplici  e  multiformi,  e  l'erario  pubblico,  che  non  può  contare  che  in 
minima  parte  sopra  redditi  fissi,  si  dibatte  frequentemente  tra  le  strette  del  bisogno. 

Redditi  fissi  non  potevano  dare  che  i  beni  di  proprietà  del  principe.  Questi  erano 
considerevoli  e  costituirono,  almeno  per  molto  tempo,  il  principal  ramo  d'entrata  (4). 
Stavano  sotto  l'amministrazione  e  sorveglianza  di  balii  e  castellani  ed  erano  coltivati 
alcuna  volta  per  conto  del  principe,  più  spesso  conceduti  ad  altri  perchè  li  lavorasse  (5). 

Di  frequente  la  concessione  eseguivasi  a  titolo  di  aìhrrgamenio.  Questo  (albergue, 
anhergada)  aveva  assunto  in  Savoia  una  forma  speciale.  Anche  altrove  era  in  uso,  come 
nel  Bugey,  in  Linguadoca,  e  nel  Béajrn,  ma  in  Savoia,  come  nel  Delfinato,  aveva  per  effetto 


(Ij  Louandre,  1.  cit.  p.  408. 
(2j  Vuitry  cit.  p.  317,  332. 

(3)  Vuitry  cit.  p.  437  segg.  Sotto  Filippo  il  Bello  narrasi  che  furono  alterate  ventidne  volte  le  monete; 
si  confiscò  mediante  ordinanze  suntuarie  il  vasellame  d'  oro  dei  sudditi;  si  condannarono  e  spogliarono  i 
Templari.  Louandre  cit.  p.  411.  Dalla  prima  di  queste  accuse  perù  ha  cercato  di  scagionarlo  il  de  Sanlge. 
Philippe  le  Bel  a-t-it  mérité  le  surnom  de  faux  monnayeur?  1876. 

(4)  Capre  cit.  p.  124,  178. 

(5)  V.  Cibrario,  Fw.,  p.  61. —  Costa  di  Beauregard,  op.  cit.  I,  142,  144.  —  Wurstemberger, 
Peter  der  Zweite  (Berlin  u.  Zurich  1856-1859)  III,  171. 


I(j6  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA   DEI  CONTI  NELLA   MONARCHIA  DI  SAVOIA 

di  trasmettere  il  dominio  utile,  nel  modo  stesso  che  una  locazione  a  censo  signorile  (1). 
Certo  doveva  avervi  acquistato  non  poca  importanza,  poiché  se  ne  occupano  gli  statuti  di 
Pietro  II  che  lo  accennano  (2)  e  quelli  di  Amedeo  YI  del  1379,  dove  è  stabilito  (3), 
che  i  chierici  delle  Curie,  e  nessun  altro,  sotto  pena  di  multa  e  nullità  dell'atto,  ricevano 
gli  atti  relativi  agli  albergamenti  del  principe  e  li  redigano  in  un  protocollo  speciale.  Se 
quei  beni  si  solessero  pure  dare  in  affitto  è  dubbio  (4) ,  e  dalle  leggi  quanto  meno  non 
risulta,  ma  è  certo  che  fin  dall'epoca  di  Pietro  II  era  praticato  rispetto  ai  medesimi  il 
contratto  enfiteutico  (5). 

Foreste,  pascoli  ed  acque,  poiché  erano  diventate  regalie,  consideravansi  come  ap- 
partenenti al  principe,  onde  pel  godimento  concessone  ai  sudditi  riscuotevansi  in  danaro 
od  in  natura  i  tributi  del  forestagium,  passano gium ,  herhagium,  nlpagìuni,  ecc.  (6). 

Molta  parte  delle  terre  che  costituivano  il  suo  demanio  era  coltivata  da  censuarii. 
Sopra  questi  si  accumulavano  i  pesi  sotto  forma  di  ti'ibuti.  di  tasse  e  di  servizii,  tanto  più 
gravi  quanto  maggiore  era  il  numero  delle  terre  nobili  possedute  dai  vassalli.  Perocché  la 
terra  censiva  ed  ignobile,  secondo  il  concetto  feudale,  fa  che  il  suo  possessore  si  ti'ovi  in 
condizione  che  si  approssima  alla  servile.  Quindi  i  suoi  obblighi  verso  il  proprietario  del 
fondo  non  sono  limitati  ad  un  compenso  pel  godimento  del  fondo  stesso  ;  la  loro  origine 
sta  nella  soggezione  della  persona  a  cui  e  affidato,  e  questa  pm-e  ne  determina  la  esten- 
sione. Consistono  nel  censo  e  nel  sopracenso  (siirceiis),  nelle  decime  (pavateria,  cahaì- 
logiiim,  fcnateria,  avenagho».  ecc.),  nelle  taglie,  nelle  manopere  e  corvate  (7),  e,  poiché 
a  danaro  potevasi  ottenerne  il  riscatto,  nella  redenzione  dalle  opere  reali  o  personali  (8). 
Che  se  la  terra  censile  alienavasi.  o  per  altro  titolo  trasferivasi  ad  un  nuovo  possessore,  il 
dominio  diretto  del  principe  rendevasi  efficace  coi  lodi  e  vendite,  coi  niiifagii,  coi  relevii, 
ripreise  o  placiti  dilla  morte  (9). 

Invece  minor  provento  davano  all'erario  del  conte  di  Savoia  le  terre  concesse  ai 
vassalli ,  dai  quali  egli  non  poteva  pretendere  che  i  diritti  signorili.   Anche  sopra  di 


(1)  Garsonnet,  op.  cit.  p.  392,410.  —  Dupin  e  Laboulaye  Glossaire  de  rancieri  droit  fran^ais 
(Paris  1846).  V.  Albergement.  —  Aubry  et  Rau,  Cours  de  droit  civ.fran^ais,  IT  (Paris,  1869\  p.  447, 

n.  4  Cliarmeil,  Etudes  sur  le  droit  enqìhitéotique ,  p.  104  —  Journal  de  Grenoble  et  de  Cham- 

bérij,  1861,  p.  14. 

(2)  Art.  20,  4"  art.  addiz.  intercalato. 

(3)  C.  39  (negli  Statuti  dell'anno  1379  di  Amedeo  VI  Conte  di  Savoia.  —  Memorie  della  B.  A-c- 
cademia  delle  Scienze  di  Torino,  S.  II,  t.  XXXIV]. 

(4)  Wurstemberger,  op.  1.  cit.  lo  contesta  ;  C  i  b  r  a  r  i  o  invece  Fin.,  p.  61,  asserisce  che  si  affit- 
tavano. Parrebbe  confermarlo  il  disposto  dal  e.  4  dello  Statuto  del  1351  dove  è  fatto  cenno  di  ferme. 

(.5)  Stat.  di  Pietro  11,  art.  cit.  Manca  però  ogni  arfjoniento  per  decidere  se  esso  conservasse  in  quel- 
l'epoca in  Savoia  i  caratteri  che  gli  aveva  impres.so  il  diritto  rumano,  o  si  confondesse  colla  locazione  perpetua. 
Sopra  la  questione  in  genere,  e  per  ciò  che  riHctte  più  particolarmente  la  Francia,  V.  Lattos,  Studi  storici 
sopra  il  contratto  di  enfiteusi  (dalle  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  Torino,  S.  IT,  t  XXV; 
e.  VI,  e  Garsonnet,  op.  cit.  p.  414  e  segg. 

(6)  V.  Costa  di  Beauregard,  op.  cit.  p.  204,  n.  130.  —  Cibrario,  Fin.  p.  62.  —  Wurstem- 
berger, op.  cit.  p.  173. 

(7)  Cibrario,  Fin.,  p.  65.  —  S  a  i  n  t  -  G  e  n  i  s  ,  Histoire  de  Savoie  (  Paris  ,  1868) ,  1 ,  454.  — 
Wurstemberger,  op.  cit.,  p.  173.  —  Louandre,  La  noblesse  franfaise,  cit.  p.  61. 

(8)  Cibrario,  Economia  politica  del  medio  evo  (Torino  1842),  p.  153.  —  Ricotti,  Storia 
della  Monarchia  Piemontese,  I  (Firenze  1861),  p.  82. 

(9  Cibrario,  op.  1.  cit.  —  Costa  di  Beauregard,  Matériau.r  historiques  et  Documens  inédits 
(estr.  dallo  Mcmoires  de  la  Socivté  Boi/ale  Acadèmi^ue  de  Saooie,  t.  XI).  Chambér)-,  1842,  p.  52. 


CESAKE    NANI  16  7 

esse  spettava  al  principe  il  dominio  diretto,  come  sulle  censuali  ;  ma  la  qualità  delle 
persone  che  le  tenevano  impediva  che  quello  si  manifestasse  con  uguale  energia.  La 
proprietà,  come  la  sovranità  del  principe,  era  coartata  dal  feudalesimo.  Danno  un  utile 
finanziario,  anche  rispetto  ai  feudi,  le  successioni  per  causa  di  morte,  nonché  le  alie- 
nazioni per  atti  tra  vivi  ;  e  dai  vassalli,  come  la  taglia  dai  censuarii,  si  riscuotono  come 
in  Francia,  oltre  al  gietum,  i  sussidii.  Perocché  l'uso  di  questi  era  per  antica  con- 
suetudine invalso  nei  soliti  quattro  casi,  anche  nella  contea  di  Savoia.  Costituivano 
i  sussidii  ordinarli,  oltre  ai  quali,  in  circostanze  speciali,  richiedevansi  i  sussidii  stra- 
ordinarii  (1).  Erano  invitati  a  prestarli  così  i  vassalli,  come  i  Comuni  retti  a  franchigie. 
Quando  incominciarono  a  radunarsi  le  Congregazioni  degli  Stati,  il  Principe  a  queste 
li  domandava  ;  ma  anche  prima  d'allora,  quantunque  in  forma  meno  solenne,  li  consen- 
tivano i  tre  ordini  della  nobiltà,  del  clero  e  degli  uomini  dei  Comuni  (2).  Benché 
di  qui  dovesse  probabilmente,  come  già  fu  avvertito  ,  sorgere  la  vera  imposta  regia, 
nell'origine  loro  e  per  lungo  spazio  di  tempo  i  sussidii  ebbero  il  carattere  di  un  donativo 
accordato  per  un  atto  di  spontanea  liberalità,  senza  che  vi  fosse  diritto  di  pretenderlo 
in  chi  lo  chiedeva,   dovere  di  prestarlo  in  chi  lo  concedeva  (3). 

L'amministrazione  della  giustizia  così  pel  principe  come  pei  baroni  è  fonte  di  entrate. 
Ma  poiché  la  giurisdizione  signorile  ha  soverchiata  la  sovrana,  così  pure  essa  ne  trae 
il  lucro  maggiore.  Dove  il  principe  non  è  egli  stesso  signore  della  ten-a ,  ammende , 
banni,  confische  e  concordie  (con  questo  nome  designavansi  allora  nella  contea  di  Savoia 


(1)  Cibrario,  Fin.  ,  p.  169.  —  C  a  p  r  é  ,  op.  cit.,  p.  178,  180.  —  C  o  s  t  a  de  B  e  a  u  r  e  g  a  r  d, 
MaUriaux,  p.  42.  Nun  si  potrebbe  precisare  l'epoca  in  cui  la  consuetudine  si  sia  introdotta.  Non  consta 
che  esistesse  già  ai  tempi  di  Pietro  II.  Wurstemberger,  op.  cit.,  p.  186. 

2)  ....Pro  suhaidio  concesso  Domino  de  gratta  xpeeiali  per  banneretos,  religiosos  et  ceteros  nobilex 
ipsius  castellanie  ac  per  homines  Domini  eiusdcm  casteìlaniae  è  detto  nel  conto  di  Aimone  di  Provana 
castellano  di  Morienna,  dell'anno  13.")9,  citato  da  Capre  cit.  p.  180  e  da  Sclopis  Assemblee  rappre- 
sentative del  Piemonte  e  della  Savoia  (Torino  1878),  p.  110.  V.  Cibrario,  Fin.,  p.  164  e  doc.  n.  14  e  15. 
I  primi  documenti  di  convocazioni  di  Stati  per  concessione  di  sussidii  che  si  furono  conservati,  risalgono 
al  16  marzo  1866  (  Bo  1 1  at  i ,  Comitiorum,  I,  col.  39  nei  Mon.  Hist.  Patr.  XIV)  ed  al  24  settembre  1377. 
Ibid.  col.  44,  pag.  16).  Di  un'  adunanza  dei  tre  Stati  del  Genevese,  Bressa,  Bugey  e  Savoia  tenuta  a 
Ciamberi  nel  1329,  nella  quale  si  convenne  di  un  donativo  a  farsi  ad  Aimone  eletto  conte  di  Savoia,  si  h;i 
memoria  nelle  Cìironiqucs  de  Savoie,  nei  ^[on.  Hist.  l'at.  Script.,  I ,  col.  254  ed  in  Bollati,  opera 
cit.  II,  Cronologia,  ad  an.  i:i39.  In  iJuboin,  Editti,  ecc.  t.  XX,  p.  1702  può  vedersi  una  memoria  in 
cui  s'accenna  alla  serie  cronologica  dei  documenti  e  provvidenze  relativi  a  sussidii  e  donativi  pagatisi  negli 
antichi  Stati  del  Piemonte  e  della  Savoia  dall'a.  1316  al  1350  ;  ed  Ibid.  XX,  1700  ("in  nota)  un  Stimma- 
rium  computi  receptoris  subsidiortcm  pluribus  de  cattsis  a  siibditis  comitis  Sabattdiae  concessoriim  fra 
gli  anni  1402  e  1403. 

(3,  Talvolta  il  Comune  richiesto  di  un  sussidio  straorilinario  dal  Principe  non  piegavasi  a  concederlo 
se  quegli  non  dichiarava  esplicitamente  di  riceverlo  a  puro  titolo  di  liberalità  e  senza  tratto  di  conseguenza. 
Per  es.  nel  1328  Lodovico  di  Savoia  signore  di  Vaud  avendo  richiesto  il  sussidio  ai  nobili,  borghesi  ed 
abitanti  di  Moudon,  l'ottenne,  ma  a  condizione  che  confessasse  che  era  fatto  «  en  pur  don  et  pour  aimple 
et  franche  libéralitù,  d'autant  que  nous  n'avions  ni  n'avons  aucun  droit  de  leur  demander  une  ielle  eontri- 
bution  ;  et  nous  ne  voulons  point  quo  par  ce  don  qui  nous  a  été  fait,  il  y  ait  quelque  droit  ou  investiture 
qui  doive  ètre  acquise  à  perpétuité  pour  nous  ni  pour  noshéritiers,  ni  que  par  làil  se  fasse  quelque  préjudice 
aux  surnomniés  do  Moudon  ou  à  leurs  horitiers,  et  nous  promettons  aussi,  et  nous  faisons  serment,  le  prétant 
sur  Ics  Saints  Evangiles  de  Dieu,  de  ne  demander  et  de  n'  e.xiger  en  fajon  qui  que  ce  soit  à  1"  avenir,  ni 
par  nous  mémes  ni  par  d'autres,  soit  pour  nous  ou  par  nos  héritiers,  le  dit  don  de  la  dite  communance  des 
nobles  et  bourgeois  et  habitans  du  dit  Mondon»  (da  Grenus  Docitmens  relatifs  à  Vhistoire  du  Pays 
de  Vaud,  Genève  1817,  doc.  n."  2\  Documenti  d'ugual  tenore  n.'  3,  4,  22.  Qualche  volta  avveniva  che  la 
domanda  del  sussidio  fosse  respinta;  ad  es.  doc.  n."  25. 


168  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI   CONTI   NELLA  MOKARCHIA  DI  SAVOIA 

le  composizioni  col  fisco,  mediante  cui  sf aggirasi  alla  condanna  penale)  cedevano  al 
feudatario  e  quegli  tutto  al  più  poteva  pretenderne  una  parte.  Tra  i  diiitti  di  giustizia 
erano  anche  le  date,  intorno  a  cui  aveva  stabilito  norme  precise  lo  statuto  di  Pietro  II, 
ordinando  che  per  ogni  lite  che  vertisse  davanti  al  giudice  del  Conte,  si  dovesse  da 
ciascuna  delle  parti  pagare  sei  denari  per  ogni  lira  della  somma  o  del  valore  della  cosa 
dedotta  in  contestazione,  metà  in  sul  principio,  metà  in  fine  del  processo  (1).  Davano 
proventi,  per  ciò  che  riguarda  la  giui-isdizione  volontaria,  le  tutele  degli  orfani  e  delle 
vedove  che  vendevansi  talora,  come  in  Inghilterra  (2). 


Riscuotevansi  tasse  per  l'entrata  in  qualunfjue  uffizio  [inirogio  o  prrysa)  e  pel 
sigillo  apposto  agli  atti  d'indole  amministrativa  o  giudiziaria.  Doveva  quest'ultimo  ap- 
portare non  lieve  beneficio  alla  pubblica  finanza.  Poiché  coli 'apposizione  del  sigillo  si 
imiirimeva  all'atto,  come  avviene  ora  mediante  la  registrazione,  il  carattere  d'autenticità; 
ed  ottenevasi  ancora  rispetto  ad  una  certa  categoria  di  atti,  a  quelli  cioè  che  servono 
a  documentare  un  credito,  un  effetto  maggiore,  poiché  fu  stabiUto  che  essi,  per  virtù 
del  sigillo,  acquistassero  forza  esecutiva.  Non  è  qui  il  luogo  di  ricordare  quali  fasi  abbia 
attraversato  nel  diritto  sabaudo  questo  istituto  (3),  ma,  considerando  la  cosa  pura- 
mente sotto  l'aspetto  finanziario,  vuole  essere  avvertito,  che  in  Savoia,  come  in  Francia  (4), 
dovette  generalizzarsi  l'uso  di  munii-e  gli  atti  del  sigillo  del  sovi'ano  o  del  suo  Con- 
siglio, poiché  siccome  l'autorità  del  principe  si  estendeva,  a  differenza  della  baronale  o 
comunale,  sopra  tutto  il  temtorio  dello  Stato,  così  per  effetto  di  quello  il  creditore 
era  posto  in  gi-ado  di  ricoiTere  dovunque,  per  l'espeiimento  delle  sue  ragioni,  all'ese- 
cuzione parata.  Le  disposizioni  numerose  che  s' incontrano  a  questo  riguardo  nei  più 
antichi  monumenti  legislativi  del  diritto  sabaudo-piemontese  fanno  fede  dell'importanza 
che  l'atto  sigillato  aveva  assunto,  e  per  conseguenza  dell'utile  che  doveva  provenirne 
all'erario  del  principe. 

La  regalia  della  zecca  era  stata  esercitata  fin  dalle  origini  dai  principi  della  Mo- 


(1)  Art.  21. 

(2)  Wurstemberger,  op.  cit.  p.  181.  —  Cibrario,  Fin.,  p.  122,  ed  Econ.  Ili,  187. 

(3)  V.  a  questo  proposito  gli  Statuti  di  Pietro  II  ;nelle  Memorie  della  R.  Accademia  delle  Scienze 
di  Torino},  §§  V,  VI,  o  gli  Statuti  deiranno  1379  cit.  §  XIII. 

(4)  Anche  in  Francia  infatti  dove  il  notaio  non  aveva  la  qualità  di  giudice,  come  in  Italia,  l'atto  gua- 
rentigiato  si  presenta  sotto  la  forma  di  atto  sigillato,  poidié  anche  là  il  sigillo  rappresenta  il  Tribunale, 
sotto  la  cui  giurisdizione  il  debitore  che  ha  emesso  la  confessione  viene  a  porsi.  Quindi  anche  in  Francia 
l'atto  esecutivo  è  di  regola  quello  clie  è  munito  del  sigillo  del  Ke  (Lettres  obligatoircs  passées  sous  le  séel 
roìjal),  quantunque  possano,  con  efletto  più  limitato,  quanto  al  territorio  in  cui  il  creditore  può  protendere 
la  esecuzione,  anche  altre  autorità  dare  coli 'apposizione  del  sigillo  efficacia  esecutoria  ad  un  atto.  Adcs.ncl 
Ducato  di  liorgogna,  per  privilegio  reale,  il  sigillo  del  Cancelliere  ducale  conferiva  virtù  esecutiva  all'atto 
(Chassenaeus,  Commentaria  in  con^uet.  Burgumiiae.  Ad  condasìonem  et  approbationem  ad  \.  Nous 
avons  faict  mettre  notre  si'el,  n.  C^.  Col  progresso  della  monarchia  dopo  Filippo  il  Bello  prevalse  l'uso  che 
in  tutta  la  Francia  si  mandassero  dei  scelleurs,  garde-séeh  come  delegati  del  cancelliere  regio,  per  maggior 
comodità  di  chi  voleva  far  sigillare  gli  atti.  V.  Briegleb  Ueber  executorische  Urkunden,  I  (Stutt- 
gart, 1845),  p.  185  segg. 


CESARE  NANI  169 

narchia  di  Savoia  (1).  Esistono  perciò  antichi  provvedimenti  che  essi  emanarono  a 
questo  riguardo,   dei  quali  alcuni  sono  pubblicati,  altri  sono  ancora  inediti  (2). 

Anche  le  miniere  furono  ricercate  e  se  ne  intraprese  la  coltivazione;  la  più  antica 
di  cui  si  abbia  memoria  è  quella  di  Champorcher  presso  Bard,  scoperta  l'anno  1279  (3). 

Altra  regalia  era  quella  della  pesca  e  della  caccia  :  e  clii-itti  dipendenti  dalla 
sovranità  ten-itoriale  le  successioni  degli  stranieri  e  quelle  vacanti,   e  le  cose  trovate. 

Senza  fermarci  qui  a  discorrere  della  awocazia  delle  Chiese  e  delle  salva- 
guardie (4),  delle  concessioni,  confenne  ad  accrescimenti  di  franchigie  ai  Comuni,  non 
accordati  gratuitamente  (5),  accenniamo  ancora  rapidamente  ad  alcune  tasse  e  balzelli 
sjjeciali  che  esigevansi  allora  nella  contea  di  Savoia. 

Tenevano  il  primo  posto  fra  questi  i  pedaggi.  Non  mai  essi  furono  più  numerosi 
che  nell'epoca  feudale  ;  non  mai  essi  resero  più  difficili  le  comunicazioni  già  inceppate 
da  tanti  ostacoli  ;  non  mai  essi  gravarono  jìiù  duramente  sul  commercio.  La  situazione 
dei  dominii  di  Casa  Savoia,  posti  sui  confini  tra  Italia  e  Francia,  doveva  far  sì  che 
frequentemente  essi  fossero  percorsi  da  viaggiatori,  in  ispecial  modo  da  mercanti  (6). 


(1)  Il  C  i  b  r  a  r  i  0  {Fin. .  p.  126  segg.)  ha  chiarito  questo  punto  ne'snoi  più  minuti  dettagli  con  grande 
abbondanza  di  notizie.  V.  pare  D  n  b  o  i  n  ,  tit.  t.  XVIII,  778. 

(2)  Numerosissimi  sono  i  privilegi  concessi  dai  Conti  e  Duchi  di  Savoia  a  monetieri.  Il  Cibrario, 
Fin.,  137  ha  riportato  le  condizioni  sotto  cui  fu  accordato  da  Amedeo  VI  l'anno  1349  a  Nicolò  da  Podio 
il  diritto  di  battere  moneta.  In  Jolly,  Compilation  dea  anciens  Editi  des  Princes  de  la  R.  Maison  de 
Savoie  (  Chambéry,  1679  )  p.  690,  trovansi  i  privilegi  concessi  dallo  stesso  principe  agli  ufficiali  della  moneta 
nel  1343.  Cosi  le  prime  come  i  secondi  .si  contengono  in  D ubo  in  (XVIII,  1,  759,  801  ),  ed  inoltre  altri 
privilegi  degli  anni  1306,  1341,  1351,  1352,  1359,  1369,  1375,  1384,  1390,  1391  ecc.  (XVIII,  73,  754,  19, 
770,  813,  774,  778,  783,  758,  20,  793,  814,  796  }.  I  più  antichi  però  che  abbiamo  trovati  sono  quelU 
tuttavia  inediti  di  Edoardo  del  20  luglio  1327,  che  si  conservano  nei  prot.  dei  notai  comitali.  Prot.  150, 
f.  CXI.  Si  troveranno  inserti  in  appendice  alla  presenta  Memoria. 

(3)  Cibrario,  Fin.,  p.  126. —  Wurstemberger,  p.  179.  In  Duboin,  Editti  ecc.,  può  ve- 
dersi la  concessione  di  Amedeo  V  a  due  cittadini  fiorentini  di  coltivare  miniere  in  tutto  lo  Stato,  a.  1289, 
]•  giugno  (XXn*",  81  r. 

(4)  Accordavansi  queste  dal  principe  a  quelle  persone  e  luoghi  che  si  raccomandavano  per  una  speciale 
protezione.  Nello  statuto  di  Edoardo  del  1326  (Negli  Stai.  delF anno  1379,  cit.  p.  48),  è  fatta  proibi- 
zione a  tutti  gli  ufficiali  di  ricevere  alcuno  sotto  la  loro  guardia.  La  ragione  di  questo  disposto  non  ò  ben 
chiara.  Osserva  Cibrario  {Fin.,  197  |,  che  esso  sia  dettato  dal  concetto,  che  di  tutti  i  suoi  sudditi  il 
principe  debba  essere  padre  e  difensore  comune;  ma  la  sua  supposizione  difficilmente  potrà  ritenersi  come 
fondata,  quando  si  consideri  the  lo  stesso  Edoardo  concedette  di  queste  salvaguardie  speciali  (V.  Cibrario, 
Origini,  II,  a.  1324,  20  settembre  ).  Piuttosto  si  potrebbe  congetturare  che  il  divieto  fosse  occasionato  da 
lagnanze  dei  signori  delle  terre  dove  risiedevano  gli  individui  che  avevano  fatto  ricorso  al  principe  per 
salvaguardia,  o  che  questi  volesse  riservare  a  sé  solo  il  diritto  di  accordarle.  Esempio  di  simili  salvaguardie 
nel  doc.  31  dicembre  1322,  pubblicato  da  Cibrario  in  appendice  al  Discorso  II,  Fin.,  n.  13. 

(5)  Costa  di  Beauregard,  Matériaux,  p.  46.  Numerosissime  sono  le  rinnovazioni  di  tali  fran. 
cliigie.  Sotto  Amedeo  VI  furono  confermate  le  franchigie  di  parecchi  comuni  del  paese  di  Vaud.  V.  Grenus, 
op.  cit. ,  p.  X  segg.  Ottennero  pure  conferma  di  antiche  franchigie  verso  il  1360  i  Comuni  del  Piemonte 
(Batta,  Storia  dei  Principi  d'Acaja,  Torino,  1832,1,  187.  —  Cibrario,  Storia  della  Monarch.  di 
Savoia,  Torino,  1841,  III,  167.  —  Statuti  dell'anno  1379  cit.  p.  10)  e  numerose  furono  le  carte  di  libertà 
accordate  in  quel  turno  di  tempo  a  molti  Comuni  di  Savoia  (  V.  le  indicazioni  relative  in  G  r  i  1 1  e  t.  Die- 
tionnaire  historique  des  départemens  du  Moni  Blanc  et  du  Leman.  Chambéry,  1807,  p.  38  e  Saint- 
Genis,  op.  cit.,  p.  3001.  In  S?i,ia,ceno  ,  Regesti  dei  Principi  di  Casa  rf'>4cota  (Torino,  1881),  si  può  ve- 
dere un  esempio  di  una  concessione  siutrum  franchisiarum  accordata  per  una  somma  di  danaro  homirùbus 
et  comunitati  hominum  Montiscalerii  nell'anno  1384  (p.  129  ). 

(6)  V.  i  dettagli  in  C  ibrar  io,  2^m.,  p.  85  e  segg.  —  Capre,  op.  cit.,  p.  227  segg.  —  Saint-Gen  is, 
op.  cit.  I,  208,209,  456.  -  Wurstemberger,  op.  cit.  p.  183. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  22 


170  1   PRIMI   STATl'Tl  SOPKA  LA   CAMEKA   DEI  CONTI   NELLA  MONARCHIA   PI    SAVOIA 

(Quindi,  sulle  strade  principali  che  gli  attraversavano  il  fisco  aveva  moltiplicati  i  suoi 
balzelli.  Le  vie  da  tenersi  erano  designate  e  proibito  Tabbaudonarle  per  seguirne  altre  ; 
quasi  ad  ogni  castellania  pagavasi  il  pedaggio:  importanti  sopra  tutti  erano  quelli  sta- 
biliti a  Kivoli,  Avigliana,  Susa,  Mommelliano.  Ciamberì.  Seisello,  Borgo,  Pontebelvicino, 
Villanova  di  Chillon  e  S.   Maurizio  (1). 

ila  l'interesse  medesimo  che  aveva  indotto  a  crearli  consigliava  pure  a  non  spingere 
oltre  certi  limiti  il  rigore  nelle  esazioni  e,  più  ancora,  a  rendere  sicure  le  strade,  affinchè 
non  avvenisse  che  il  commercio  cercasse  per  altri  Stati  passaggi  più  facili  e  meno  di- 
spendiosi. Laonde,  coi  rappresentanti  delle  grandi  società  dei  mercanti  italiani  (2)  vennero 
più  volte  a  patti,  come  i  ro  di  l'rancia  (3) ,  i  principi  di  Casa  Savoia.  Guarentivano 
che  i  pedafTip  non  sarebbero  aumentati,  la  incolumità  delle  pei-sone  e  delle  merci,  la 
celerità  nella  definizione  delle  liti  che  insorgessero  in  occasione  del  viaggio,  l'n  esempio 
di  siffatte  convenzioni  è  riferito  dal  Cibrario  (4).  il  quale  ha  pubblicato  il  testo  di 
una  concessione  di  privilegi  fatta  dal  conte  Aimone  nel  13GG  alla  Compagnia  dei  mer- 
canti di  Milano,  nel  cui  nome  agivano  Bertrando  di  Solaro  e  Contino  Dalpozzo  (5)  : 
ma  sonvene  altre  molte,  più  antiche ,  tuttora  inedite.  La  più  antica  di  cui  abbiamo 
trovato  notizia  risale  ai  tempi  di  Pietro  II,  all'anno  12()5.  addì  23  maggio  ((5). 
K  un  trattato  che  egli  conchiuse  col  Comune  di  Asti,  in  forza  del  quale  si  obbligava 
a  provvedere  alla  sicurezza  delle  strade,  dal  ponte  di  Lione  fino  a  Kivoli  e  da  Rivoli 
a  Pietra  Crispa,  jiei  mercanti  astesi,  jn-endendoli  sotto  la  sua  salvaguardia  e  protezione, 
purché  transitassero  senz'armi.  Rappresentava  il  Comune  d'Asti  Sicardo  GaiTcto,  cit- 
tadino astese,  il  quale  tra  gli  altri  patti  prometteva,  che  quando  un  mercante  astese 
venisse  a  patire  offesa  nella  persona  o  nelle  robe,  i  cittadini  d'Asti,  collegandosi  cogli 


(1)  V.  in  proposito  i  Joc.  7,  8,9,  pubblicati  da  Cibrario  in  appendice  al  Jìiscorso  II,  Fin. 

(2)  L'importanza  di  queste  società  di  mercanti  italiani  è  rilevata  da  Schupfer,  La  Società  mila- 
nese all'epoca  del  risorgimento  del  Comune  (Bologna,  1870),  p.  171. 

(3)  Ciià  nel  1278  le  società  dei  mercanti  lombardi  e  toscani  stipulavano  di  tali  trattati  coi  Re  di 
Francia.  V.  Ducange,  Gìoss.  V.  Longobardi  —  Schupfer,  op.  cit.,  p.  172.  —  Rota,  Storia  delle 
Banche  (Milano,  1874),  p.  4-5. 

(4;  Fin.,  p.  93.  Nell'ii/'con.  Ili,  :t04,  lo  stesso  A.  dà  notizia  di  una  salvaguardia  concessa  l'anno  1293 
da  Ludovico  di  Savoia  signore  di  Yaud  in  i)rescnza  di  Amedeo  V  all'università  dei  mercanti  di  Lombardia, 
Toscana  e  Provenza. 

(5)  Il  Capre  cit.,  p.  228,  229  ha  cercato  di  dare  una  enumerazione  completa  delle  convenzioni  con- 
cbinse  su  questo  argomento  dai  Principi  di  Savoia  colle  università  dei  mercanti  italiani.  Ma  mentre  egli 
accenna  a  quelle  del  12G8,  del  1293,  del  1321.  del  Vi'Hì  e  del  1347,  registrate  in  seguito  dal  Consiglio 
residente  di  Ciamberì  nel  1399,  ne  ha  omesso  affatto  alcune,  fra  le  altre,  quella  del  126.5  completata  dalla 
dichiarazione  dello  stesso  anno,  e  quella  del  1288  menzionata  nel  testo.  Ambedue  sono  trascritte  in  uno  dei 
volumi  dei  Contracts  et  traités  entre  la  maison  de  Savoie  et  Princes  étrangers  ^Savoia,  Invent.  parziale, 
voi.  180,  f.  1  retro  )  che  si  conservano  nell'Archivio  camer.ile  di  Torino.  Quivi  pure  è  il  testo  della  pro- 
cura (in  data  del  1268'  dei  capitani  dell'università  dei  mercanti  luinb.irdi,  toscani  e  provenzali,  per 
chiedere  la  sicurezza  del  transito  per  recarsi  alle  fiere  di  Champagne  e  di  Francia.  La  medesima  è  anche 
riportata  nei  Protocolli  dei  notai  comitali,  Prot.  410,  f.  328.  Altra  procura  pel  medesimo  scopo  dell'anno  1288 
trovasi  nello  stesso  Prot.  ff.  329,  332.  Per  l' antichità  e  singolarità  loro,  ci  pare  opportuno  di  inserire  in 
appendice  la  convenzione  e  la  dichiarazione  del  1265,  nonché  la  procura  del  1268.  La  convenzione  del  1268 
trovasi  stampata  nei  Mon.  Jlitt.  l'atr.,  Chart.  I,  1607,  e  cosi  pure  i  privilegi  conceduti  da  Filippo  di 
Savoia  ai  mercanti  di  Milano  I,  1499).  In  D  uboi  n,  Editti  ecc..  possono  vedersi  i  privilegi  concessi  a 
compixgnie  di  mercanti  nel  l.ìOl,  1347,  13.51,  1399,  ecc.  iXV,  706.  717.  XXII,  1645,  16.54.  XV,  713,  723]. 

'6)  Per  verità  nel  Registro  dei  Contracts  et  Traité.t  sopra  cit.,  dove  èf  riferito  in  compendio  il  tenore 
dell'atto,  gli  è  assegnata  la  data  dell'anno  1255.  Ma  dev'essere  per  errore,  come  risulta  dal  confronto  colla 
dii'hiarazione  susseguente. 


CESARE  NANI  171 

nomini  flei  castelli  o  delle  terre  ,  che  il  conte  di  Savoia  possedeva  in  Lombardia  e 
Piemonte,  avrebbero  mosso  guerra  all'offensore,  od  a  chi  gli  avesse  dato  rifugio,  od  al 
luogo  d"onde  quegli  si  fosse  partito,  senza  addivenire  a  pace  o  tregua,  prima  che  l'offeso 
avesse  riportato  piena  restituzione  ed  ammenda. 

Diede  occasione  ad  un'  altra  convenzione,  che  segue  questa  prima  per  ordine  di 
data,  la  cattura  ingiustamente  sofferta  nelle  terre  del  conte  di  Savoia  da  Gioffiredo 
Guerra  e  Masino  Amodosi,  ambasciatori  e  nunci  dei  capitani  e  della  società  dei  mer- 
canti oltramontani  per  le  fiere  di  Champagne  e  del  liegno  di  Francia.  Fu  stipulata 
fra  Amedeo  V  e  Eogeri  di  Casate  milanese,  capitano  di  detta  società,  add'i  3  marzo  1288. 
Onde  cessare  l'ingiuria,  i  danni,  V obbrobrio,  le  molestie  e  le  spese  che  quella  ingiusta 
detenzione  avevano  causato  alla  società,  il  conte  pagò  centoventicinque  lire  turonensi, 
mediante  le  quali  si  dichiarò  sopita  ogni  questione. 

Dopo  d'allora  frequentemente  si  rinnovarono  i  trattati  fra  i  Principi  di  Savoia  e 
le  società  dei  mercanti  italiani. 


VI. 

Colpivansi  di  tasse  i  mercanti  che  transitavano  per  le  terre  della  contea  di  Savoia, 
ma  più  gravi  ancora  erano  i  tributi  che  si  imponevano  su  coloro  che  vi  fissavano  la 
loro  residenza  per  attendervi  alle  operazioni  di  credito.  Erano  questi  Ebrei  e  Lombardi, 
perchè  con  (]uesto  nome  vi  si  designavano,  come  in  Francia  (1)  ed  in  Inghilterra  (2), 
i  prestatori  italiani.  L'industria  che  essi  esercitavano  era  condannata  dal  diritto  civile 
e  canonico,  dacché  l'usura  consideravasi  come  peccato  e  come  delitto  ;  contro  i  primi 
poi  si  agitavano  odii  feroci  di  razza  e  di  religione.  La  leggo  negava  efficacia  al  contratto 
dove  fosse  indizio  di  usuraria  praritas  ;  il  prestito  ad  interesse  non  aveva  azione  davanti 
ai  tribunali;  ma  ciò  non  impediva  che  esso  fosse  frequente  nell'uso.  Più  elevata,  come 
suole,  ne  risultava  la  misura  dell'interesse,  ma  ad  Ebrei  e  Lombardi  ricorrevano,  strin- 
gendo il  bisogno,  principi  e  baroni  e  borghesi  (3).  La  sicurezza  delle  persone  e  delle 
proprietà  che  il  diritto  comune  loro  negava  acquistavasi  dai  medesimi  in  Savoia,  come 
in  Francia,   mediante  speciali  patti  (4)   rinnovati  di  tanto  in  tanto,   dai   quali  ritraeva 


(1)  Si  appellarono,  fino  a  tutto  il  secolo  XIII,  Caorsini.  Intorno  all'origine  del  qual  nome  si  disputa  da 
gran  tempo  fra  gli  autori.  Alcuni,  e  sono  i  più,  vorrebbero  farlo  derivare  da  Cahors  (antic.  Cadurcum)  in 
Francia.  Altri  invece  da  Cavour  (antic.  Caorsa), terra  del  Piemonte.  Altri  dai  Corsini,  famiglia  di  Firenze. 
Cons.  in  proposito  Ducange-Henschel,  (floss.  (Paris,  1840-50),  voc.  Caorsini.  —  Muratori, 
Antic[.  Ital.  M.  Ae.  I,  Diss.  XVI,  t.  890.  —  Depping,  Essai  sur  les  Juifs  au  moyen  àge.  —  Ci- 
brario,  Econ.  ITI,  162  segg.  —  Rota  cit.,  p.  44  segg. 

2i  V.  Bagehot,  Lombard  Street  ou  le  marche  financier  en  Angìeterre  (Paris,  1874),  p.  76. 

(3)  In  Costa  de  Beaurogard,  Matériaux,  p.  .56,  è  fatto  cenno  d'un  mutuo  contratto  dai  sindaci 
di  Ciamberì  l'anno  1397  con  certo  Jaczono  jìideo.  La  somma  era  di  settanta  scudi  d'oro  ;  furono  dati  in  pegno 
parecchi  oggetti  preziosi  e  convenuto  l' annuo  interesse  del  289  "/o  ■ 

(4)  C  i  b  r  a  r  i  0  ,  Fin.,  p.  76  segg.  —  Saint-Genis,  op.  cit.,  p.  284,  456.  —  Wurstemberger, 
op.  cit.,  p.  178,  179.  I  privilegi  concessi  agli  Ebrei  ritenevansi  però  sempre  come  contrarli  al  diritto  comune 
sebbene  fondati  su  speciali  convenzioni.  V.  Sessa,  Tractatus  de  Judaeis  (Augustae  Taurinorum,  1717), 
e.  III.  —  Di  una  fra  Io  più  antiche  concordie  fatte  cogli  Ebrei  è  menzione  in  doc.  22  febbraio  1309  pub- 
blicato dal  C  i  b  r  a  r  i  0  ,  Discorso  III,  Fin.,  appendice  n.  6...  prò  concordia  quam  nuper  fecimus  cum  judeis. 
Lo  stesso  A.  ha  pubblicato  in  appendice  al  Dùìc.  II,  n.  3  il  testo  dei  privilegi  conceduti  da  Odoardo  di 
Savoia  ad  alcuni  Ebrei,  17  novembre  1323. 


172  1  PKIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA  BEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  HI  SAVOIA 

non  mediocre  profitto  l'erario.  I  conti  dei  castellani  citati  dal  Cibrario  (1)  dimostrano 
come  a  caro  prezzo  comperassero  gli  Ebrei  la  facoltà  di  mercanteggiare  e  di  prestare 
ad  usura,  ed  i  protocolli  dei  notai  ducali  stanno  a  provare  qual  profitto  sapesse  tran-e 
il  fisco  dalle  casanr  tenute  dai  Lombardi  (astigiani  sopratutto)  che  fiorivano  in  ogni 
parte  del  dominio  di  Savoia. 

Sulle  vendite  era  imposta  la  gabella  detta  Iryda  o  lei  da  in  danaro  od  in  natura. 
Trattandosi  di  vendita  al  minuto  di  commestibili,  riscuotevasi  il  ho ii raggio  ed  il  pr- 
saggio,  e  nelle  alienazioni  delle  case  il   irczow  (2). 

Infine  erano  tributi  ordinarii  che  pagavansi  dai  borghesi  annualmente  per  ragione 
dei  loro  possessi  ,  secondo  la  diversa  qualità  dei  medesimi,  'i  treni,  il  ierrayium.  e, 
specialmente  al  di  qua  dei  monti,  il  tesaggio,  il  fenestraggio,  il  eulmugio  (3),  ed 
il  focaggio  (4). 

VII 

L'enumerazione  sommaria  di  queste  gravezze ,  per  certo  incompleta ,  dimostra  a 
quante  fonti  attingesse  a  quei  tempi  la  pubblica  finanza  le  sue  entrate.  E  tuttavia, 
per  quanto  numerose  fossero  le  contribuzioni,  e  per  quanto  duramente  pesassero  sopra 
i  soggetti,  a  mala  pena  esse  potevano  dare  un  frutto  sufiìciente.  Clii  percorre  i  pro- 
tocolli dei  notai  comitali  di  quell'epoca  vede  a  quali  spedienti  il  principe  sia  costretto 
a  ricorrere,  segnatamente  quando  sorge  (jualche  imperioso  bisogno  ili  danaro. 

Le  pene  incorse  troppo  frequentemente  si  commutano  nel  pagamento  di  una  somma, 
sempre  arbitrariamente  fissata,  e  quando  la  necessità  si  faceva  sentire  imperiosa,  non 
si  rifuggiva  da  mezzi  estremi  (5).  Le  spese  dell'amministrazione  sono  tenui,  come 
dappertutto  dove  il  feudalesimo  ha  usurpato  le  più  importanti  funzioni  della  sovranità, 
ma  il  fasto  della  Corte,  le  splendide  giostre  (6),  e  più  che  tutto  le  spedizioni  militari 
erano  causa  d'ingenti  spese. 

Il  maggior  vizio  che  allora  travagliasse  la  finanza  pubblica  era  l'incertezza  delle 
entrate  ,  la  (luale  impediva  che  si  potesse  prevedere  sicuramente  quale  sarebbe  stato 
in  definitiva  il  prodotto  delle  riscossioni  in  ogni  singolo  anno.  La  qualità  delle  imposte 
che  variavano,  anche  (juanto  alla  misura,  da  luogo  a  luogo,  ne  era  una  delle  cagioni  : 


(1)  Fin.,  p.  78  segg.  Notevole  è  il  documento  da  lui  riferito  (n.  3)  che  contiene  un  salvacondotto  di 
Edoardo. 

(2)  Trezenum  seu  decimum  tertium  denarium  è  detto  nel  Prot.  24,  f.  16.  Intorno  a  questo  tributo 
erano  sorte  contestazioni  fra  Amedeo  VI  ed  il  Comune  di  Cianiberi.  Furono  transatte  con  atto  del  16  gen- 
naio 1366  (Costa  de  Beaurogard,  Matériaiix,  p.  53 1.  In  seguito  emanò  in  data  del  7  marzo  1382 
una  Declaratio  locoriim  in  quibiis  debentur  Teysie  et  Trezenum  in  villa  Camberii  {in  Jolly,  p.  495,  e 
Duboin,  XXI,  1186)  dello  stesso  principe,  ed  altra  successiva  dell' 1 1  maggio  140'J.  Declaratio  Amedei 
comitis  in  quibiis  casibiis  debeatar  trezenum  |  in  Jolly,  p.  .'iOl).  Ivi  ò  dichiarato  che  il  trezeno  «  com- 
petit quotiens  et  quando  ea  (domusl  contingit  quomodolibet  alienari  >. 

(3)  Del  culmagio  è  data  la  definizione  nel  Frot.  115,  f.  4  e  5,  a.  1351. 

;4)  Cibrario,  Fin.,  p.  72  segg.  —  Costa  de  Beauregard,  Matériatur ,  p.  52.  —  >V  u  r - 
s  tem  be  r  gè  r,  op.  1.  cit.,  p.   176.   —  G  r  i  1  le  t ,  op.  cit.,  p.  40.  —  Sa  i  n  t  -  G  e  n  i  s,  op.  cit.,  p.  455. 

i5)  Cibrario,  Fin.,  p.  200.  —  Econ.  IH,  199.  -  Ricotti,  op.  cit.,  p.  85.  —  S  a  i  n  t  -  G  e  n  i  s, 
op.  cit.  I,  458. 

'.6)  È  noto  che  la  Corte  di  Amedeo  VI,  come  prima  quella  di  Amedeo  V,  distinguevasi  pel  lusao. 
Cibrario,  Econ.  II,  180;  HI,  128,  133.  —  Ricotti,  op.  cit.  I,  168.  —  Baudrillart,  Ui^toire 
du  luxe  (Paris  1880),  III,  212. 


CESARE    NANI  173 

ma  si  aggiungevano  le  difficoltà  dell'esazione,  la  negligenza,  la  malafede  e  la  corruzione 
degli  impiegati.  La  debolezza  della  Monarcliia  rivelavasi  necessariamente  anche  rispetto 
all'azienda  finanziaria,  e  per  conTcrso  doveva  rinunciare  all'audacia  delle  iniziative  il 
principe  die  troppo  spesso  vedovasi  venir  meno  i  mezzi  per  effettuarle. 

La  monarchia  feudale  non  poteva  avere  un  bilancio  preventivo  (1).  Come  bene 
ha  avvertito  il  Oibrario  (2).  il  metodo  di  ridurre  tutti  i  rami  d'entrata  e  di  uscita 
in  uno  specchio  generale  e  di  fame  un  ristretto  fu  invenzione  delle  repubbliche  ita- 
liane (3).  Perchè  si  potessero  detei-minare  esattamente  le  enti-ate  e  le  spese,  era  neces- 
saria l'imposta  fissa,  l'imposta  generale,  a  somiglianza  di  quella  che  i  Comuni  liberi 
avevano  introdotta  (4). 

I  primi  tentativi  per  stabilirla  si  connettono  coi  primi  tentativi  che  la  Monarchia 
fece  nell'ordine  anmiinistrativo  e  giudiziario  per  centralizzare  il  potere.  In  Francia  essi 
risalgono  forse  all'anno  1147,  quando  Luigi  A^II  impone  la  tassa  del  ventesimo,  od 
al  1188,  allorché  Filippo  Augusto  stabilLsce  la  celebre  drchiin  salodina  (5).  Ma. 
anche  quando  vogliasi  ritenere  che  questi  tributi  avessero  il  carattere  di  una  imposta, 
secondo  il  concetto  moderno  ((i),  certo  è  ciie  la  resistenza  clie  essi  incontrarono  fu  tale 
che  indusse  il  re  a  riimnziarvi.  Filippo  Augusto  non  solo  lascia  cadere  in  dissuetudine 
la  decima  saladina.  ma  dichiara,  con  lettere  patenti  del  1189.  che  né  egli  né  alcuno 
dei  suoi  successori  commetterà  più  la  stessa  co/jja ,  né  si  permetterà  una  cos'i  condan- 
nevole audacia:  perocché  ninno  deve  essere  dispensato  dall'osservanza  di  una  misura 
alla  quah^  egli  sottomette  la  stessa  sua  maestà  regia.  Luigi  il  Sauto  vi  si  conforma, 
dacché  per  tutta  la  durata  del  suo  regno  si  accontenta  dei  donativi  delle  città. 

Finché  non  sia  possibile  instaurare  la  finanza  regia  sopra  le  rovine  della  feudale, 
la  monarcliia  deve  limitarsi  a  portare  lordine  nelle  spese,  a  sorvegliare  i  suoi  impie- 
gati, ad  iiistituire  un  controllo  serio  ed  efficace,  a  preservare  da  ogni  offesa  e  da  ogni 
usurpazione  i  suoi  diritti  patrimoniali.  A  <iuesto  modo  difendeva  quanto  le  era  rimasto 
e  quanto  riusciva  ad  acquistare,  ed  apparecchiava  i  mezzi  e  le  vie  per  sorgere  a  mag- 
giore altezza. 

Sono  antichi  i  regolamenti  che  riguardano  Vostrllo  del  principe.  In  Francia,  il 
primo  di  cui  si  abbia  notizia  porta  la  data  del  1261.  ed  é  opera  di  Luigi  il  Santo. 
Per  esso  Vostri  è  diviso  in  sei  dipartimenti  ;  è  determinato  il  numero  e  la  qualità  degli 
ufficiali  che  dovranno  essere  addetti  a  ciascuno  di  questi  ;  fissati  gli  emolumenti  loro 
dovuti;  regolati  i  più  minuti  particolari  (7). 


(1)  Non  riuscirono  ad  averlo  neppure  le  monarchie  normanne,  dove  pure  la  finanza  pubblica  fu  solida- 
mente organizzata.  V.  Deli  si  e,  Des  revcnus  publicK  en  Normandie,  p.  278  e  Bianchini,  Storia 
delle  Finame  del  Regno  di  Napoli,  p.  49. 

(2)  Econ.  Ili,  198.  V.  pure  Fertile,  Storia  del  Birit.  ti..  Il  (Padova,  1880),  p.  539. 

(3)  Di  Venezia  soprattutto,  dove  ebbe  la  sua  culla  la  statistica  moderna,  e  di  Firenze,  V.  Burckhardt 
Die  Cultur  der  Renaissance  (Leipzig,  (877),  p.  69  segg. 

(4)  Pondavasi  la  medesima  sull'estimo  o  catasto.  V.  in  proposito  Canestrini,  La  Scienza  o  VArte 
di  Stato,  Firenze,  1862  —  Bianchi,  Gli  ordinamenti  economici  dei  Comuni  toscani  nel  M.  E., 
Siena,  1879.  —  Fertile,  op.  1.  cit.  p.  473  segg. 

,5)  Louandre,  cit.  p.  409.    —  Fustel  de  Coulange  cit.,  p.  697. 

C6)  Vuitry,  op.  cit.,  p.  391,  419,  ritiene,  che  la  decima  saladina  non  fosse  altro  in  sostanza  che 
il  sussidio  obbligatorio  per  una  spedizione  in  Terrasanta,  il  quale  però  doveva  riscuotersi  anche  al  di  fuori 
dei   limiti   territoriali  assegnati   dalle   regole  feudali. 

(7)  Vuitry,  op.  cit,  p.  473.  —  BaudriUart,  op.  1.  cit.,  p.  176. 


174  1   PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA   CAMERA  DEI  CONTI   NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

In  Savoia  non  consta  quando  primamente  sia  emanato  un  regolamento  consimile, 
ma  vi  è  argomento  a  credere  che  a  (juesto  riguardo  esistessero  ordini  modellati  sui 
francesi  (1).  Alla  Corte  infatti  vi  erano  maestri  d'ostello  preposti  al  governo  della 
casa  del  principe,  ciambellani  che  avevano  cura  della  sua  camera,  segretarii,  ed  un 
tesoriere  dell'ostello,  i  conti  del  quale,  verificati  dal  gran  maestro  della  casa  (2),  erano 
trasmessi  al  tesoriere  generale  (3).-  Kisulta  eziandio  che  le  spese  dell'ostello  andavano 
divise  fra  cinque  dipartimenti,  ossia  la  imnatteria,  la  hiitiiitlnria.  la  niriim,  la  nin- 
rescalcia  e  la  cawcru  (4). 

Nel  tempo  stesso  con  gelosa  cura  si  jìrovvedeva  affinchè  nulla  andasse  perduto 
di  quanto  era  ili  spettanza  del  principe.  Prima  ancora  che  fosse  proclamato  soleime- 
mente,  negli  Stati  della  Monarchia  di  Savoia,  il  principio  della  inalienabilità  dei  beni 
demaniali,  si  cercò  di  impedire  che.  nascendo  contestazioni  sui  diiitti  fiscali  o  patri- 
moniali, potesse  recare  detiiiuento  al  principe  la  malafede  o  la  inesperienza  del  giudice. 
Perocché  la  condizione  dei  tempi  era  tale  che  il  sovrano  aveva  giusta  ragione  di  temere 
delle  sentenze  rese  non  solo  dai  giudici  dei  l)ai'oni,  ma  da  quelli  medesimi  da  lui  instituiti. 

Ci  fu  conservata  una  ordinanza  di  Amedeo  VII  a  questo  proposito  (5),  ma  il 
fatto  che  la  medesima  dovette  essere  nuovamente  promulgata  e  confermata  dal  suo 
successore,  basta  a  mostrare  quanto  fosse  difficile  il  procurarne  l'esecuzione.  In  essa  il 
principe  dichiaia  altamente  la  sua  volontà,  che,  per  tutto  ciò  che  si  riferisce  dh-ettamente 
od  indirettamente  al  suo  patrimonio,  non  possa  muoversi  controversia  se  non  davanti 
al  suo  tribunale  o  davanti  ad  un  giudice  clie  da  lui  abbia  avuto  speciali  poteri  in 
proposito.  Nessun  altro  giudice,  per  quanta  autorità  e  potestà  egli  goda,  sarà  compe- 
tente a  conoscerne  od  emettere  (lualunque  dichiarazione .  interpretazione  o  decisione 
in  siffatta  materia.  Quando  alcuno  si  attenti  di  trasgredire  questi  ordini,  non  solo  sarà 
nulla  e  di  nessun  effetto  la  sua  decisione,  ma  egli  incorrerà  ancora  nella  indegnazione 
del  Principe  (6).  e  si  procederà  contro  di  lui  siccome  contro  a  disobbediente  agli  ordini 
del  sovrano. 


(1)  Nello  statuto  del  1351  sono  infatti  accennate  l'art.  54)  le  ordenances  de  la  provision  de  lostel.  Un 
regolamento  intorno  all'ospizio  del  Principe  fu  reso  da  Bona  di  Borbone  od  Amedeo  VII  sotto  1'  11 
maggio  1390.  Si  contiene  noi  protocolli  dei  notai  ducali  (Prot.  Genevesii  n"  106,  f.  174),  ed  è  tuttora  ine- 
dito. L'autore  di  questa  Memoria  si  riserva  di  pubblicarlo  a  parte. 

,2)  II  maestro  dell'  Ospizio  del  principe  appare  già  in  doc.  degli  anni  1257,  1278,  1331.  D  ubo  in 
cit.,  t.  XVm,  758,  807,  793  fnota\  I  conti  dell'Ospizio  che  si  conservano  nell'Archivio  camerale  di  Torino 
incominciano  coli 'anno  1269. 

(3'  Ricotti,  op.  cit.,  p.  109.  —  Capre,  op.  cit.,  p.  173.  Le  disposizioni  dello  statuto  del  1389  in 
proposito  saranno  esaminate  più  sotto. 

(4)  Ciò  si  trae  dal  conto  dell'ospizio  della  contessa  di  Savoia  del  1299  cit.  da  Cibrario,  Fin.,  p.  192. 

(5)  Ne  esiste  copia  nel  liegisfre  contenant  ìes  règles  et  les  .itatutu  de  la  Chambre  dex  comptes  de 
Savoye  (f.  Xl-Xll  1  che  si  custodisce  nell'Archivio  camerale  di  Torino,  Venne  pubblicata  dal  Cibrario  in 
appendice  al  terzo  de'  suoi  discorsi  sulle  Finanze,  ecc.  [Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino, 
t.  XXXVlì.  Inesattamente  però  egli  l'attribuisce  ad  Amedeo  VI.  Come  risulta  dal  suo  tenore,  essa  fu  pub- 
blicata da  Amedeo  VII  il  dì  5  del  mese  di  agosto  dell'  anno  1386  a  Torino,  e  rinnovata  da  .■Vmedeo  Vili 
con  lettere  del  17  settembre  1402  dat«  a  Ciainberl. 

,6)  Era  frequente  questa  pena  nel  medio  evo  ,  colla  quale  sancivansi  gli  ordini  dell'imperatore ,  dei 
prìncipi,  ed  anche  dei  podestà  dei  Comuni.  Ma  quali  ne  fossero  gli  elVetti  è  dubbio.  Cfr.  Ficker,  For- 
tchungen  zur  Reichs  —  u.  Rechtsgeschichle  Italiens,  1  (Innsbrutk  1868),  §  35  e  Pertilc,  Storia  del 
diritto  italiano,  V  (Padova  1876  ,  p.  401.  —  Nel  Protocollo  De  Clauso  (n"  51  ,  b.  411,  a.  1467)  si  ha 
esempio  dell'avviso  cho  spedivasi  allorquando  alcuno  era  caduto  in  disgrazia  del  Principe.  È  una  lettera 
del  duca  Lodovico  potestatibus  Bugelle  et  ceteris  officiariis  nostris,  in  cui  Odetto:   «  vobis  et  singulis 


CESARE    NANI  175 

A  difendere  le  ragioni  demaniali  fin  da  antico  erano  stati  deputati  un  avvocato 
e  un  procuratore  fiscale.  L'origine  loro  probabilmente  risale  all'epoca  stessa  in  cui  ap- 
paiono per  la  prima  volta  insti tuiti  in  Francia  (1)  ,  cioè  nel  XIII  secolo  (2).  Gli 
Statuti  di  Amedeo  VI  del  1379  ne  fanno  menzione,  e  stabiliscono  pene  per  la  tras- 
gressione dei  doveri  del  loro  ufficio  (3). 


Vili. 

Non  temevasi  soltanto  dei  giudici,  ma  sì  ancora  di  tutti  gli  impiegati  ai  quali 
era  commessa  la  difesa  degli  interessi  del  sovrano.  Più  antico  ancora  dell'ordinanza 
di  Amedeo  VII  è  un  capo  dello  statuto  di  Edoardo  del  13  maggio  1325  (4),  con 
cui  si  prescriveva  che  qualuncjue  degli  ufficiali  del  Principe ,  di  iiualsiasi  gi-ado ,  celi 
alcun  dii'itto  che  gli  appartenga,  o  per  aver  ricevuto  qualche  cosa  li  diminuisca,  sia 
punito  per  ogni  volta  colla  multa  di  venticinque  lire  forti  ed  oltre  a  ciò  incorra  nella 
pena  ordinaria,  secondo  la  qualità  del  delitto.  Ma  queste  disposizioni  sarebbero  cadute 
a  vuoto  se  non  si  fosse  provveduto  ])er  tempo,  affinchè  le  funzioni  degli  impiegati  fos- 
sero esattamente  definite  e  non  si  fosse  aff'ermata  la  loro  dipendenza  gerarchica  ;  se 
non  si  aveva  cura  d'impedire  ogni  maniera  di  abusi,  togliendo  i  mezzi  di  commetterli, 
()  reprimendoli,  se  commessi,  colla  severità  dei  castighi.  La  legislazione  antica  dei  principi 
di  Savoia  non  è  fallita  a  questo  scopo. 

p]rano  impiegati  fiiianziarii  in  Savoia  i  castellani,  'i'engono  l'ufficio  loro  dal  Principe, 
ed  hanno  pure  attribuzioni  civili  e  militari.  Rispondono  in  certo  modo  ai  prnùts  ed 
ai  boi  Ili  s  dell'antica  anmiinistrazione  francese.  A  somiglianza  di  questi,  hanno  incarico 
di  riscuotere  tutte  le  rendite  del  sovrano,  e  di  vegliare  alla  conservazione  di  tutti  i 
tuoi  beni  e  diritti.  Sono  intendenti  del  Principe  e  governatori  nel  tempo  stesso.  Quindi 
hanno  dimora  nel  castello  che  è  loro  affidato  ;  sorvegliano  l'amministrazione  dei  pos- 
sedimenti sovrani ,  radunano  i  raccolti,  esigono  i  censi,  le  taglie,  le  multe,  i  servigi 
dovuti  ;  tengono  in  buono  assetto  le  strade  ed  i  ponti  coi  denari  che  introitano,  fa- 
cendo fronte  a  tutte  le  spese  occorrenti  (5). 

Subordinati  ai  castellani  sono  i  mistrali  ,  nelle  mistralie  in  cui  dividevasi  cia- 
scuna castellania.  ed  altri  ufficiali  di  minor  gi-ado  addetti  essi  pui'e  alla  riscossione  delle 
entrate  fiscali  ((5).   Loro  superiori  i   balii  preposti  ai  baliati,  la  maggior  circoscrizione 


vestrura  precipiemio  inandamus  expresse  et  sub  pena  centum  marcarum  argenti  prò  quolibet,  quatenus 
Michillinum  de  Bugella  recepti.s  presentibus  in  nostra  malagracia,  voce  tube  et  aliis  locis  ac  moribus  talia 
lieri  solitis,  nostri  parte  proclametis  et  proclamari  faeiatis  ;  nec  non  tamquam  nobis  malÌTolam  et  ingratum 
ab  omnibus  ubicumque  pertractari  iubeatis,  et  eciam  absque  alterius  mandati  ». 

(1)  Nella  Costuma  di  Montans  del  1271  si  trova  una  richiesta  indirizzata  al  procuratore  del  re  di 
Carcassonne.  Buvnier  cit. ,  p.  39.  Secondo  qualche  autore  invece  le  cariche  di  avvocato  e  di  procuratore 
generale  non  sarebbero  state  create  che  nel  1312  da  Filippo  il  Bello.  Louaudre,  1.  cit.  pag.  438.  — 
Cfr.  Coumoul,   Préeis  hùtorùiue  sur  le  Ministère  publique.  Nouv.  Rév.  hist.  VISSI',  p.  303  segg. 

(2)  Cibrario,  Degli  Statuti  di  Amedeo  Vili  (negli  Studii  storici,  Torino  1851),  p.  393,  Fin.  p.  18. 
—  Ricotti,  op.  cit.  p.  94. 

(3l  C.  2.  .5. 

14)  Gli  Statuti  delTanno  1379,  cit.  p.  48. 

(5;  Capre,  op.  cit.,  p.  171.    -  Costa   de  Beauregard,    Mém.  lUstor.,  cit.   p.   144.  —    Ricotti, 
op.  cit.,  p.  64.  —  Cibrario,  Statuti,  cit.  p.  395.  —  Wurstemberger,  op.  cit.  p.  188. 
(6    Cibrario,  Fin.,  p.  181,  182  —  Ricotti,  op.  cit.,  p.  65. 


176  I  PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

amministrativa  che  si  trovi  stabilita  fin  dal  principio  del  secolo  decimoquarto  negli  Stati 
della  Moiiarcliia  di  Savoia.  Costoro,  per  ciò  che  riguarda  più  specialmente  l'azienda 
finanziaria,  dovevano  fare  il  regolamento  delle  imposizioni  e  su'ssidii  nei  loro  ballati  ed 
al  bisogno  procurarne  l'esazione  forzata  (1). 

In  ogni  provincia  trovasi,  nella  seconda  metà  del  secolo  XIII,  un  tesoriere  pro- 
vinciale (2) ,  prima  ancora  forse  che  fossero  istituiti  tesorieri  generali  pel  Piemonte  e 
per  la  Savoia  (3). 

Per  mezzo  di  questi  impiegati  aveva  eseguimento  la  volontii  del  principe  e  loro 
era  commessa  la  difesa  dei  suoi  interessi.  Edoardo  nel  suo  statuto  del  1325  inculca  ai 
medesimi  l'osservanza  dei  proprii  ordini ,  ed  a  ciascuno  in  particolare  di  (luelli  che  gli 
provengano  da  un  officiale  a  lui  superiore  di  gi-ado.  E  ordinato,  dice  in  essi,  che  i 
castellani .  mistrali ,  e  gU  altri  ufficiali  minori  obbediscano  alle  disposizioni  impartite 
dai  balli  e  giudici,  ad  ognuno  di  essi  singolanncnte  od  a  tutti  insieme;  ed  a  meno  che 
non  giustifichino  la  inossei-vanza  di  siffatti  ordini,  incorrano  per  ogni  volta  nella  multa 
di  dieci  lire  forti.  Ugualmente  debbono  mandare  ad  esecuzione  gli  ordini  del  sovrano 
sotto  pena  di  quindici  lire  forti  (4). 

Ai  castellani,  che  costituiscono  come  il  pernio  di  tutta  l'amministrazione  finan- 
ziaria, sono  imposte  norme  rigorose  da  un'ordinanza  del  conte  Aimone  del  1355  (5). 
Il  loro  scopo  è  principalmente  di  impedire  che  le  concessioni  a  censo  e  gli  appalti  di 
beni  e  diritti  demaniali  non  tornino  pregiudizievoli  in  qualsivoglia  maniera  al  principe. 
Quindi,  sono  fissati  i  termini  da  osservarsi  nel  procedervi  :  proibito  ai  castellani  stessi 
od  ai  loro  famigliari  di  concoiTcrvi  (tì)  :  vietato  che  i  beni  feudali  ed  enfiteutici  del 
conte  sieno  trasferiti  a  mani  morte ,  prescritto  che  nelle  vendite  ed  alienazioni  per  nessun 
riguardo  portino  detrimento  agli  interessi  del  sovrano. 


IX 

Ma  la  condizione  indispensabile  perchè  pigliasse  migliore  avviamento  la  pubblica 
finanza  era  l'istituzione  di  un  controllo  severo  e  minuto  sopra  le  entrate  e  le  spese. 
La  finanza  moderna  ne  ha  affinati  e  moltiplicati  i  congegni,  ed  anche  questa  è  una 
delle  caratteristiche  che  la  distinguono  dalla  finanza  antica  e  dalla  medioevale.  Ma  già 


(1)  Capre,  op.  cit.,  p.  176,  il  quale  però  erroneamente  vorrebbe  scorgere  l'origine  della  istituzione  dei 
balii  nei  missi  dominici  dell'epoca  carolingica. 

(2)  Cibrario,  Fin.,  p.  4[;  Storia  I,  115.  —  Wurstemberger,  op.  1.  cit,  p.  190. 

(3)  Costa  de  Beauregard,  Mém.  histor.  cit,  p.  146.  -    Ricotti,   op.  cit,  p.  84.  —  Cibrario, 
Stat  cit.,  p.  400.  —  È  fatta  menzione  dal  tesoriere  generale  in  doc.  6  luglio  1399  (pubblicato  da  Cibrario 

in  appendice  al  Disc.  ITI ,  Fin.,  n.  5  ) «  fideli   nostro  Petro  Andreveti   tliesaurario  nostro  Sabaudie 

generali  » .  —  Però  i  conti  dei  tesorieri  generali  che  si  conservano  nell'Archivio  camerale  di  Torino  risalgono 
al  1297,  e  come  avvertì  il  chiarissimo  Bollati  di  S.  Pierre,  a  cui  debbo  questa  notizia,  hanno  l'aspetto 
di  veri  bilanci  consuntivi,  poiché  vi  si  contiene  l'indicazione  particolareggiata  delle  entrate  e  dei  pagamenti, 
e  si  chiudono  con  un  riassunto  dell'attivo  e  del  passivo.  —  Un  tesoriere  al  di  là  dei  monti  è  ricordato  nel 
Prot.  101,  f.  19. 

(4)  Gli  StahUi  deìTanno  1379,  cit.,  1.  cit. 

(5)  Cibrario,  Fin.,  p.  197  ne  riferisce  il  tenore. 

(6)  Lo  stesso  divieto  ò  fatto  agli  ufficiali  regii  nelle  ordinanze   di  Luigi    il  Santo  del   1254  e  1256. 
{Ree.  des  ordon.,  XI,  330). 


CESARE    NANI  177 

la  monarchia  feudale  ne  aveva  riconosciuta  la  necessità  ed  in  mezzo  a  mille  difficoltà 
dato  opera  ad  instaurarlo. 

Il  ricordo  dei  ntissi  dominici  di  Carlo  Magno  non  si  era  perduto  del  tutto  col 
dissolversi  del  suo  impero.  La  carica  scemò  d'importanza,  cessò  di  essere  stabile,  mu- 
tarono le  condizioni  in  cui  l'ufficio  esercita  vasi  anticamente;  ma  continuarono  pure  a 
valersi  di  missi  gli  imperatori  germanici ,  e  se  ne  valsero  i  sovrani  degli  Stati  maggiori 
0  minori  che  erano  sòrti  sopra  le  rovine  di  quell'impero. 

In  Francia  S.  Luigi  stabilisce  gli  enqueteurs  o  commissarii  scelti  specialmente  fra 
ecclesiastici,  perchè  percorrano  le  provincie  e  vigilino  a  che  niun  sopruso  si  commetta 
dagli  ufficiali  pulilici.  Più  tardi  gli  rnquotours  ricevono  le  istruzioni  dalla  Camera  dei 
conti  e  sono  mandati  nelle  provincie  per  procedere  alla  ispezione  ed  alla  riforma  delle 
finanze  (1).  Come  all'origine  della  dinastia  dei  Capeti  il  gran  seuescallo  sorveglia, 
portandosi  sul  luogo,  la  gestione  dei  prcvóts  (2),  così  più  tardi  i  tesorieri  generali 
sono  obbligati  ogni  anno  a  fare  le  chcvauch&s  e  le  visitatiovs  nelle  provincie  per 
esaminare  davvicino  la  coni  lotta  degli  ufficiali  di  finanza ,  vegliare  all'  osservanza  dei 
regolamenti ,  verificare  lo  stato  delle  casse .  e  confei-ire  coi  balli  e  senescalli  intorno 
alle  riparazioni  da  farsi  ai  beni  demaniali  ("j). 

In  Savoia  fin  da  antico  esistevano  i  commissarii  drllr  rstentc.  Erano  chierici 
della  curia,  mandati  nelle  castellanie  a  formarvi  il  ruolo  dei  contribuenti  e  delle  con- 
tribuzioni, ed  a  sorvegliare  il  modo  con  cui  i  castellani  adempiono  al  loro  ufficio  (4). 
Esiste  a  tal  proposito  un  ordine  di  Amedeo  V  datato  dal  dì  della  Circoncisione  del 
1288,  nel  quale  viene  imposto  a  questi  chierici  di  bene  esaminare  se  i  castellani 
rendano  conto  esatto  di  tutti  i  proventi  che  il  tesoro  pubblico  deve  ricavare  dalle 
multe,  dai  lodi,  dalle  vendite,  placiti  ed  introgii,  sulle  terre  date  in  albergamento,  e 
dai  donativi  dei  borghesi  accolti  da  j)oco  tempo  (5).  e  ricercare   se  essi  abbiano  ri- 


(1)  Maury,  L'Administration  fran^aise  avant  la  Revolution  du  1789  (Reme  des  deux  moiides 
sec.  per.,  t.  107,  1873),  p.  593,  600. 

(2)  Vuitry,  op.  cit.,  p.  480. 

(3;  NoSl,  Ettide  ìnstorique  sur  Vorr/anisation  financlère  de  la  France  ;Paris ,   1881  \  pag.  430 

Louandre,  Les  origines  de  la  magistrature  franraise  nella  Revue  des  deux  mo)ules,  3">'  per.,  t.  34, 
an.   1879) ,  pag.  438. 

(4)  La  e.stensionc  del  mandato  loro  conferito   risulta  dal  Prot.  53  ,  f.  124  a.  1462  e cum  piena 

et  ampia  potestate  inquirondi  cxquirendive  iura  nobis  et  demanio  nostro  spectantia  circha  bona  feudalia 
et  alia  que  a  nobis  iiioventur  ,  in  ipsa  patria  consistentia ,  comissionesque ,  cscbeytas  ,  census  et  redditns 
annuos  cum aliis  actionibus,  droyturis,  partinentiis  etc.  etc.  nobis  pertinentibus  ».  Anche  più  parti- 
colareggiata è  la  luterà  eoinmis.tionis  extenlarum,  a.  1448  che  si  legge  nel  Protocollo  de  Clauso  (n.  91, 
f.  144),  Ludovicus  dux  etc.  universis  serie  presentium  fiat  manifestum  quod  tam  castra,  fortalicia,  manda- 
menta  atque  loca  sancti  Martini . . .  certis  legitimis  causis  ad  nos   nostrasque  raanus  devenire  volentes . . . 

Anthonium  Boynerii facimus  et  constituimus  per  presentes  commissariura  receptoremque  extentarnm 

nostrarum  pariter  et   regichiarum   castrorum  mandamentorumque  et  locorum  praedictorum  suarumque  soli- 

tarum  pertinenciarum eidem   Anthunio  propterea   plenam  et  onmimodam   conferentes    potestatem 

auctoritatemquo  ipsas  extentas  et  recognitiones  recipiendi,  illasque  in  debitam  formam  conficiendi  et  redigendi, 
bona  et  alia  que  tenent  ad  cau-am  dictorum  castrorum  et  locorum  recognoscere,  recusanciura  ad  manus 
nostras  redigendo,  processusque  adversus  eos  formandi,  illos  citandi,  arrestandi,  secundum  casaum  exigen- 
ciam ,  etiam  relaxandi  et  poenas  eis  imponendi  ac  alia  universa  et  singula  circa  hanc  raateriam  faciendi 
que  per  alios  conmiissarios  et  reccptores  extentarum  nostrarum  debite  fieri  sunt  assueta  ». 

(5)  Di  simili  conferme  di  concessioni  di  borghesia  si  può  vedere   esempio  in   doc.  3  gennaio  1323  pub- 
blicato da  Cibrario  in  appendice  al  Disc.  I,  Fin.,  n.  7. 

Serie  li.  Tom.  XXXIV.  23 


178  1  PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA   PEI  CONTI   XEI.LA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

cevuto  qualche  donativo  illecito,  o  pigliato  alcuna  cosa  pei  pagamenti  che  sono  stati 
incaricati  di  fare  (1).  In  base  ai  ruoli  da  loro  compilati,  i  castellani  eseguivano  le 
riscossioni  e  si  controllavano  i  loro  conti. 

Il  qual  controllo  esercitavasi  in  origine  dal  Consiglio  del  Principe.  Perocché  nella 
monarchia  feudale  è  in  questo  che  si  accentra  ogni  potere.  E  col  suo  consenso  che 
emanano  i  decreti  ;  esso  è  che  decide  nelle  cause  deferite  alla  giurisdizione  sovrana  ; 
è  col  suo  concorso  che  si  compiono  gli  atti  più  importanti  di  govemo.  Quindi  in  esso 
mette  capo  tutta  l'azienda  finanziaria.  Il  Consiglio  è  composto  di  baroni  e  di  altri 
dignitarii  ecclesiastici;  solo  a  poco  a  poco  la  monarchia  potè  introdurvi  uomini  di  sua 
fiducia,  scelti  fra  esperti  giureconsulti  ed  amministratori;  e  fu  uno  dei  suoi  trionfi 
nella  lotta  contro  il  feudalesimo  l'essere  riuscito  a  comporlo  a  suo  grado. 

Ancora  nel  secolo  XIII  mandavansi  in  ogni  l)aliato  uno  o  due  fra  i  membri  del 
Consiglio  del  Principe  di  Savoia  ad  esaminare  i  conti  di  ciascun  castellano  (2).  Ma 
in  progresso  di  tempo  fu  ordinato  che  i  castellani  stessi  si  portassero  dove  il  Principe 
aveva  dimora  insieme  col  suo  Consiglio.  I  conti  degli  ufficiali  debbono  rendersi  al  Principe 
ed  egli  li  riceve  assistito  o  rappresentato  dal  suo  (Consiglio  (3).  Tale  è  il  concetto 
a  cui  si  infonna  (juesta  prescrizione. 

Lo  stesso  avveniva  anche  in  Francia,  intorno  a  quell'epoca.  La  curia  reyis.  tra 
l'altre  funzioni  che  esercita,  ha  quella  di  verificai'e  i  conti  dei  Comuni  e  degli  ufficiali 
regii  (4). 

Da  questo  Consiglio  si  sviluppa  in  Francia,  come  in  Savoia,  il  Consiglio  stabile, 
con  attribuzioni  giudiziarie ,  destinato  a  diventare  la  Corte  suprema  di  giustizia.  In 
Francia  anche  prima  di  Filippo  il  Bello  (5)  ;  in  Savoia  sotto  Aimone  o  non  molto 
tempo  prima  (6). 

Ui  qui  doveva  pure  sorgere  la  magistratura  a  cui  si  sarebbe  affidato  il  principal 
posto  nel  governo  della  pubblica  finanza,  e  primo  e  più  importante  ufficio  fra  tutti 
il  controllo  su  tutte  le  spese  e  su  tutte  le  entrate,    la  Camera  dei  conti. 


(1)  Si  trova  neirArchi\io  camerale  di  Torino  e  lo  ha  riferito  Cibrario,  Fin.,  p.  195  come  il  più  antico 
che  si  conosca  in  proposito.  Di  altri  Statuti  di  Aimone  pubblicati  nel  1341  o  1342,  intomo  ai  conti  ed  ai 
chierici,  che  sono  andati  perduti, è  menzione  in  Cibrario,  Fin.,p.  198;  Storia,  III,  62;  Origini,  II,  III. 

(2)  Cibrario,  Fin.,  p.  88. 

[S]  Trovo  infatti  nel  Regesto  ^ei  Principi  d'Ae({ja  cit.  di  Saraceno  agli  anni  1323-24,  1334,  1379-81 
csempii  dei  conti  ricevuti  in  presenza  del  Principe,  assistito  da  consiglieri  e  segretari!  ;  ed  una  formola  di 
approvazione  dei  conti  ò  cosi  concepita:  «  Nos  Philipims  de  Sabaudia  princcps  Aihaje  confitemur  quod 
omnes  et  singulas  libratas  suprascriptas,  et  contentas  in  hiis  tribus  cedulis  simul  annexis,  vidimus  et 
examinaviraus  pcrsonaliter,  presente  Reviglono  de  S.  Julia  clerico  nostro,  et  quod  Franciscus  Nasaporìs 
clericus  noster  ipsas  omnes  libratas  factas  ut  supra  fecit  de  nostro  speciali  mandato.  ..  »  (p.  115-116\ 

(4)  Goffro)',  La  Chambre  des  compte.i  de  Paris  nella  Rev.  de  deti.v  mondes  ,  3""  per.  ,  t.  5, 
a.  1874),  p.  750. 

(5)  Louandre,  1.  cit.  p.  438. 

ifi]  V.  l'ordinanza  relativa  negli  Statuti  dell'anno  1379,  cit.  p.  49  ed  ibid.  p.  6. 


CESARE  NANI  179 


Ma  come  accadde,  che  questa  Camera  si  distaccasse  dal  Consiglio  del  Principe 
e,  cessando  di  farne  parte  integrante,  si  costituisse  in  corpo  separato,  avente  un  proprio 
organismo,  capi  ed  ufficiali  proprii?  Perocché  è  necessario  di  por  mente  a  questo, 
che  la  Camera  dei  conti,  nel  senso  vero  della  pai'ola  ,  non  ebbe  vita  quando  inco- 
minciò ad  esercitarsi  la  funzione  del  controllo,  e  neppure  quando  fu  stabilito  il  luogo 
in  cui  dovesse  esercitarsi,  ma  si  bene  quando  il  controllo  fu  deferito  ad  un  magistrato 
speciale.  La  qual  cosa ,  per  non  essere  stata  bene  avvertita .  lia  indotto  in  en'ore 
quelli  che  finora  si  occuparono  delle  finanze  negli  antichi  Stati  Sabaudi,  e  fece  cre- 
dere a  taluno  la  istituzione  della  Camera  dei  conti  più  antica  clie  in  realtà  non 
sia,  almeno  a  nostro  avviso.  Cosi  il  Capre,  seguito  in  ciò  da  altri  autori  (1).  ha 
inteso  in  un  capitolo  della  sua  opera  (2)  di  dimostrare  che  la  Camera  dei  conti  fu 
dapprima  ambuhvtoria ,  come  era  ambulatorio  il  Consiglio  del  Principe  ,  e  più  tardi 
diventò  stabile  a  Ciamberi  ,  per  modo  che  essa  troverebbesi  già  in  funzione  ante- 
riormente all'anno  1351.  11  Costa  de  Beauregard  poi  lia  creduto  di  poter  fissare 
all'anno   1295  la  data  della  istituzione  di  detta  Camera  (3). 

Ma  è  da  notare  che  i  documenti  citati  da  Capre  non  provano  altro,  se  non  che 
prima  del  1351  vi  erano  computisti  a  cui  si  rendevano  i  conti  dagli  ufficiali,  e  clic  già 
sotto  il  governo  di  Aimone  vi  ha  cenno  di  aiaìitores  computorum,  che  sono  nel  tempo 
stesso  fiimiì/arrs  del  principe.  Di  un  documento  pure  da  lui  invocato ,  dal  quale 
apparirebbe  che  già  nel  1267  si  rendessero  i  conti  in  camrra  computoruni .  è  im- 
possibile tener  conto,  peixhè  la  sola  menzione  che  egli  fa.  di  averlo  trovato  in  un 
vecchio  registro  della  Camera  dei  conti  (4) ,  non  basta  a  stabilirne  ne  l'autenticità 
né  l'epoca. 

Ora  la  denominazione  di  familiarcs  indica  che  le  persone  accennate  in  (juei 
documenti  facevano  parte  del  seguito  del  principe  (5) ,  onde,  se  appellavansi  audi- 
tor es  cowjmtorum,  gli  è  perchè  in  qualità  di  consiglieri  o  segretarii  attendevano  al- 
l'esame dei  conti.  Per  altra  parte  non  è  punto  in  (luestione  clie  la  resa  dei  conti  si 
facesse  anche  prima  del  1351,  poiché  ciò  risulta  dai  conti  delle  castellarne,  e  risulta 
anche  dall'ordinanza   che,  secondo  il  Capre  (6).  sarebbe  stata  emanata  nel   1343  da 


(1)  Ad  es.  lo  Scloiiis,  Storia  dell'antica  legislazione  del  Piemonte  ^Torino  1833),  p.  253,  ed  Albini, 
Storia  della  legisla:ione  in  Italia  (Vigevano  1856},  p.  227. 

(2)  Prcm.  Part.,  chap.  III. 
(Sì  Matériaux  cit.,  p.  14  segg. 

(4)  In  quel  registro  sarebbe  detto primo  quod  dominus  de  anno  domini  millesimo  ducentesimo 

sexagesimo  septimo  et  ante  habebat  castrum  et  eastellanum  in  civitate  Gebennarum  qui  in  Camera 
computorum  computabat.  Capre,  p.  20. 

(5;  La  cosa  ò  certa  quanto  a  Pietro  di  Montgelaz  ,  clie  è  appellato  per  lo  appunto  familiaris  Domini 
nel  doc.  cit.  da  Capre  a  pag.  21,  dacché  lo  si  trova  fra  i  membri  del  consiglio  nelle  lettere  di  Amedeo  VI 
del  1355.  Saraceno,  Registro  dei  principi  d'Acaja,  cit.  a.  1295  (p.  114^: —  «  presentibus  plurimis  tam 
sapientibus,  quam  familiaribus  Dili,  quos  secum  mandaverat  prò  Consilio  »  —  a.  1395  (p.  115)  «...  a  dno 
Jacobo  de  Palaizonibus  de  Florencia  prò  sigillo  litterarum  sue  farailiaritatis  et  officii  taurinensis  et  consilii  » . 

(6)  Op.  cit.  p.  57. 


180  I  PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA   MONARCHIA  DI  SAVOIA 

Ludovico  di  Savoia,  signore  di  Vaud,  ed  Amedeo,  conte  di  Ginevra,  in  qualità  di  tutori 
di  Amedeo  VI.  In  essa  infatti  sarebbe  stato  prescritto  che  nel  rendere  il  conto  ciascun 
ufficiale  debba  pagare  le  rimanenze ,  e  non  allontanarsi  tinche  ciò  non  abbia  fatto  . 
sotto  pena  del  duplo  (1).  Per  conseguenza,  ciò  che  di  più  importante  si  ricava  da 
quei  documenti  si  è  che  vi  dovevano  essere  alcuni  fra  i  consiglieri  i  quali  parti- 
colarmente occupavansi  della  contabilità,  ma  non  se  ne  deduce  certo  la  prova  che 
fin  da  tempo  antichissimo  fosse  costituita  .  come  organismo  autonomo ,  la  Camera 
dei  conti. 

Né  più  fondata  è  Tipotesi  del  Costa  de  Beauregai'd.  Tutto  il  suo  ragionamento  si 
fonda  su  ciò,  che  nel  1397  essendosi  trattato  di  trasportare  da  Ciamberì  a  Bourg 
la  sede  e  gli  archivi  della  Camera  dei  conti ,  il  comune  di  Ciamberì  vi  si  oppose, 
facondo  valere  in  due  memorie,  indirizzate  una  al  Conte  di  Savoia  e  l'altra  al  suo 
Consiglio  stabile,  che  essi  erano  stabiliti  in  castro  et  villa  di  Ciamberì  da  tempo 
cosi  antico  qiiod  dr  contrario  memoria  hominis  non  existit.  Ora,  siccome  il  castello 
di  Ciamberì  diventò  proprietà  dei  Conti  di  Savoia  precisamente  nell'anno  1295,  ne 
risulterebbe  che  in  quell'epoca  dovette  essere  istituita  nel  castello  di  Ciamberì  la  Camera 
(lei  conti.  La  congettura  avi-ebbe  ancora  appoggio  nel  fatto,  che  solo  dopo  il  1295 
si  troverebbe  nei  conti  dei  castellani  ed  altri  ufficiali  l'indicazione  che  essi  furono  rice- 
vuti apud  Camheriacum.  Ma  è  troppo  ovvio  l'osservare  come,  quando  pure  riuscisse 
dimostrato  che  incominciarono  in  quell'anno  a  riceversi  e  conservarsi  i  conti  in  Ciani- 
beri,  nulla  prova  ancora  che  vi  funzionasse  la  Camera  dei  conti.  I  documenti  alle- 
gati dal  Costa  di  Beaui'egard  possono  giovare  come  indizio  per  precisare  l'epoca  in 
cui  cessarono  i  consiglieri  del  principe  di  levare  i  conti  nelle  castellarne,  e  dovettero 
gli  ufficiali  renderli  a  Ciamberì,  ma  non  se  ne  può  traiTO  nulla  di  più. 

In  definitiva  esistevano  già  prima  del  1351  certi  elementi  che  dovevano  rendere 
più  agevole  lo  stabilimento  della  Camera  dei  conti,  ma  non  la  Camera  stessa.  Sarebbe 
infatti  difficile  a  supporre  che  questa  si  trovasse  già  stabilita  in  Savoia  prima  che 
fosse  organizzata  in  Francia  ,  mentre  tanta  parte  del  diritto  pubblico  sabaudo  si  è 
modellata  sul  francese  ;  più  difficile  ancora  se  si  consideri  che  la  prima  origine  della 
Camera  dei  conti  nei  paesi  dove  essa  è  sorta  primieramente  è  dovuta  ad  influenze  nor- 
manne, le  quali  non  si  vede  per  quali  vie  avrebbero  potuto  esercitarsi  immediatamente 
in  Savoia. 


ZI. 

La  Camera  dei  conti  nei  suoi  principii  è  istituzione  normanna.  In  Francia,  come 
in  Inghilterra,  come  nel  regno  di  Napoli  ,  essa  si  sviluppò  dai  germi  lasciativi  dalla 
con(iuista  dei  Normanni.   Vi  si  atteggiò  diversamente,  ma  nella  varietà  delle  foime  si 


(1)  Ecco  il  testo  della  disposizione,  quale  è  riferita  da  Capre,  il  quale  però  non  dà  altre  indicazioni  pre- 
cise in  proposito  :  <  Itcm  quod  in  redditione  computi  quilibet  ofticiarius  suam  remanentiam  tenc.itur  solvere 
cnm  etTcctu,  nec  de  loco  doncc  solvcrit  audeat  recedere,  sub  rcmancntiac  poena  dupli  ;  computatoribus  autem 
specialiter  est  iniunctum  etc.  >. 


CESARE  NANI  181 

intraTedono  ancora  i  lineamenti  di  un  istituto  più  antico,  frutto  del  genio  finanziario 
di  quel  popolo   (1). 

È  soprarvissuta,  pur  modificandosi  profondamente,  in  Francia  ed  in  Italia,  in  mezzo 
a  tante  mutazioni  politiche  ;  mentre  in  Ingliilterra  il  vecchio  Excìiequer  perdeva  ad  una 
ad  una  le  sue  attribuzioni ,  che  trasferivansi  a  nuovi  uffici  (2)  ,  ed  ancora  recen- 
temente la  Court  of  Exchequer,  che  ne  era  diretta  emanazione,  scompariva  come  tri- 
bunale speciale  per  di-rentare  una  sezione  della  suprema  Corte  di  Giustizia  (3). 

Le  prime  traccie  di  questo  istituto  appaiono  in  Normandia  (4).  Anche  là  esiste 
una  corte  feudale  la  curia  ducis ,  che  è  il  Consiglio  onde  si  circonda  il  Duca,  che 
con  lui  divide  la  pienezza  del  potere.  Amministrazione  e  giurisdizione  si  concentrano  in 
esso;  ma  fino  da  tempo  anticliissimo  la  sua  cura  principale  si  rivolge  alla  pubblica 
finanza.  Lo  spirito  finanziario  prevale  qui,  come  in  tutto  il  diritto  pubblico  normanno, 
e  della  sua  influenza  si  è  risentita  nel  suo  sviluppo  la  costituzione  inglese. 

Perciò  prende  il  nome  di  curia  ad  scaccarium  (c'ckiqmer,  exchequer  (5)),  dal 
tappeto  che  è  steso  sopra  il  tavolo  a  cui  siede  la  Corte  che  riceve  i  conti  dagli  uffi- 
ciali. Il  nome  non  comparì  in  Normandia  che  sotto  PJnrico  II,  mentre  se  ne  trova 
più  antica  menzione  in  documenti  inglesi  ;  ma  la  priorità  non  può  per  questo  motivo 
essere  contestata  alla  Normandia  (G). 

Fin  dal  tempo  di  Enrico  I  ne  fanno  parte  insieme  coi  barones,  i  rappresentanti 
del  feudalesimo  che  vi  siedono  per  diritto  proprio,  i  iustitiarii,  persone  elette  dal  re. 
In  progresso  di  tempo  andò  scemando  il  numero  dei  primi  e  lo  scaccarium  fu  com- 
posto essenzialmente  di  iusticiarii  chierici  e  borghesi,  specialmente  esperti  di  cose  am- 
ministrative, tanto  che  sotto  Enrico  II  (1151-1189)  sopra  sette  membri  uno  solo  è 
nobile  (7). 

Dapprima  lo  Scacchiere  seguitava  il  Duca  dovunque  si  recasse  ;  sotto  il  regno 
di  Enrico  II  viene  stabilito  che  YÉchiquier  des  coniptrs  si  raduni  il  dì  di  S.  Michele 


(1)  In  altri  Stati ,  come  è  noto ,  la  Camera  dei  conti  non  fu  introdotta  che  in  epoche  relativamente 
recenti.  In  Prussia  ad  es.  la  sua  prima  organizzazione  è  dovuta  a  Federico  Guglielmo  I  che  la  costituiva 
con  ordine  di  gabinetto  del  16  giugno  1717.  E.  Mejer  in  Holtzendorffs  Rechtslexicon,^':  Aufl.,  vocab. 
Oberrechnungskammer. 

(2l  V.  Gneist,  Das  Englische  Verivaltungsrecht,  Il  .Berlin  1^67),  §  61. 

(3)  Ciò  in  forza  del  Supreme  Court  of  Judicahire  Act,  1873  (36  et  37  Vict.  cap.  66). 

(4~,  L'argomento  fu  oggetto  di  erudite  indagini  per  parte  di  più  autori.  Il  primo  che  se  ne  occupò  è 
Madox,  The  funtori/  and  antiquities  of  the  exchequer  from  the  Norman  conqitest  to  the  end  of  the 
Reign  of  King  Edward  II  (London  1769;.  Primeggia  fra  tutti  la  dissertazione  (rimasta  incompleta)  di 
D elisie,  Les  revenus  piiblics  en  Normandie  au  douzième  siede  (neìld  Bibliothèque  de  TÉcole  des 
Charles,  Sèrie  II,  5;  Serie  III,  1,  3).  Sono  pure  da  ricordare  Thomas,  History  of  Exchequer  1846  ed 
Id.  Notes  of  materials  for  the  history  of  publics  Departetnents ,  1846.  Pregevoli  appunti  si  trovano  in 
Brunner,  Die  Entstehung  des  Schiciirgerichte  (Berlin,  1871),  Vili. —  Id.  Die  Quellen  des  Norman- 
nischen  Rechts  ^in  Holtzendorffs  Encyclopàdie,  p.  244),  e  Gneist  op.  cit.,  I,  §  13. 

(5)  Sull'etimologia  del  vocab.  vedi  Delisle  cit.,  t.  V,  268.  Nel  Dialogus  de  scaccario  (in  Madoi 
Parte  2."):  «  Scaccarium  tabula  est  quadrangola  quae  longitudinis  quasi  decem  pedum,  latitudinis  quinqne, 
ad  modura  mensae  circumsedentibus  apposita  undique  habet  limbum  altitudinis  quasi  quatuor  digitorum' 
ne  quid  appositum  excidat.  Superponitur  autem  scaccario  superiori  pannus  internus  Paschae  emptus,  non 
quilibet,  sed  niger,  virgis  distinctus,  distantibus  a  se  virgis  vel  pedis,  vel  palmae  extentae  spacio  >. 

(6)  V.  Delisle  cit.  ,  p.  270.  —  Gneist,  op.  cit.  I,  p.  201.  —  Brunner,  Die  Entstehung, 
p.  150.  Quellen,  p.  244. 

(7)  Delisle,  p.  273.  —  Brunner,  Entstehung,  p.  151. 


182  I  PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA    DEI   CONTI    NELLA  MONARCHIA   DI   SAVulA 

nel  castello  di  Caen ,  per  ricevem  i  conti  (1).  Sono  tenuti  a  presentarsi  per  ren- 
derli tutti  gli  ufficiali  contabili  del  Ducato,  o  personalmente  o  per  mezzo  di  procu- 
ratori, e  tutti  quelli  che  sono  in  debito  verso  il  tesoro.  Vengono  introdotti,  l'uno  dopo 
l'altro,  nella  sala  dove  la  Corte  tiene  la  sua  seduta  per  leggervi  la  memoria  di  quanto 
ciascuno  ha  ricevuto  e  speso.  La  Corte  conti-olla,  tenendo  per  base,  per  ciò  che  riguarda 
le  entrate  ordinarie,  il  conto  degli  anni  precedenti  ;  per  ciò  che  riguarda  le  variabili,  le 
informazioni  ricevute  dalla  cancelleria  ducale,  che  le  trasmetteva  gli  atti  per  cui  quelle 
erano  soggette  ad  aumento  o  diminuzione.  Oltre  a  ciò  l'ufficiale  rendendo  conto  di 
queste  doveva  presentare  le  lettere  od  ordinanze  relative.  Costituivano  spese  ordinarie 
le  elemosine,  i  feudi  ecc.:  fra  le  entrate  straordinarie  erano  quelle  provenienti  dal- 
l'amministrazione della  giustizia.  Dopo  Ein-ico  II  trovandosi  il  demanio  ducale  impo- 
verito, queste  diventano  la  principale  attività  del  fisco,  e  le  sportule  giudiziarie  tengono 
il  primo  posto  nei  l'uoli  dello  scacchiere  (2).  Approvato  il  conto  lo  si  trascriveva 
nel  Bofìtiiis  annnlia  (3)  dello  scacchiere. 

Tale  era  l'organismo  dello  scaccnriiim  in  Normandia  sorto  nell'undecimo  secolo 
e  via  via  perfezionato  nel  corso  del  duodecimo. 


XII 

Ed  anche  in  Italia  ,  nel  regno  di  Napoli  e  di  Sicilia  da  loro  conquistati,  por- 
tarono i  Normanni  i  germi  di  questa  stessa  istituzione ,  di  cui  si  possono  scoprire 
alcuni  indizi  nelle  costituzioni  di  Federico  II  (4).  Negli  ordinamenti  clie  vi  stabi- 
lirono tiene  un  posto  insigne  il  sistema  finanziario.  Non  si  trova  menzionato  lo  scac- 
carium,  ma  esiste  un  ufficio  a  cui  spetta  la  funzione  del  controllo  su  tutti  gli  impiegati 
che  hanno  il  maneggio  del  pubblico  denaro.    È  questa  la  Magna   curia  rationiim  (5). 


(1)  Deli  s  le,  p.  272. 

(2)  Brunner,  Entstelmng,  p.  1-51. 

(3)  Furono  conservati  in  tutto  od  in  parte  quelli  del  USO,  1184.  119.5,  1198,  1201  e  120.3.  Li  pub- 
blicò Stapleton  col  titolo  Magni  rotuli  scaccarii  Xormnnniae,  London  18401844,  corredati  di  Obser- 
vations  on  the  great  rolls  of  the  Exchec^ner.  Li  ristamparono  Ledi  a u  de  d'Amsy  e  Charma  nelle 
Mémoires  de  la  Société  dcs  Antiquairea  de  Normandie,  voli.  1.")  e  16.  Nelle  stesse  Mcmoires,  voi.  16. 
Deli  si  e  pubblicò  un  frammento  del  ruolo  del  11 '^4. 

i4)  Cons.  Gì  anno  ne  ,  Istoria  civile  del  liegiio  di  Xapoli  (Milano,  1821),  HI,  lib.  XI,  e.  6,  §  V. 
—  Gregorio,  Considerazioni  sopra  la  Storia  di  Sicilia.  (Palenno  18051  —  Bianchini,  Storia  delie 
Finanze  del  Regno  di  Napoli  (Palermo,  1839).  —  R  a  u  m  e  r ,  Geschichte  der  Hohenttaufen  III  !  R  e  u  t- 
1  i  n  ff  e  n ,  1829  ).  -  Huillard-Bréholles,  Historia  diplomatica  Friderici  secundi,  I  (Parisiis,  1 8.">9) 
Introduction.  —  Portile,  Storia  del  Diritto  italiano,  II  ^Padova,  1880j,  p.  321  segg.  —La  M  a  n  t  i  a, 
■Storta  della  Legislazione  di  Sicilia,  I  (Palermo  1^1  i.  —  Del  Vecchio,  ia  legislazione  di  Fede- 
rico II  imperatore  ^Torino  1874). 

(.5)  Inesattamente,  a  nostro  avviso,  vorrebbe  il  Gregorio,  op.  eit.  p.  41,  attribuirle  un'origine  romana- 
L'ordinamento  finanziario  romano  non  ebbe  mai  alcuna  istituzione  che  rispondesse  all'ufficio  della  Camera 
dei  conti.  I  Quaestores  urbani  non  sono  i  controllori  dell'  azienda  finanziaria;  sono  invece  i  custodi  dello 
erario  pubblico  di  cui  tengono  le  chiavi.  Domi  peciiniam  publicam  custodiunt,  dice  Cicerone  (De 
kg.  3,  3,  6  )  sono  i  cassieri  dello  Stato,  perciò  mentre  curano  le  esazioni  fanno  i  pagamenti  che  loro  ven- 
gono ordinati  dal  Senato.  Il  loro  ufficio  è  chiaramente  descritto  da  Pomponio,  1.  2,  §  22.  D.  de  O.  7. 
(  1.  2):  €  Deinde  cum  aorarium  populi  auctius  esse  coepisset,  ut  essent  qui  illi  praeessent,  constituti  sunt 
quaestores,  qui  pecuniae  praeessent,  dicti  ab  eo  quod  inquirendae  et  conservandae  pecuniae  causa  creati  erant  ». 
D'altronde  essi  non  costituivano  un  consiglio  stabile,  ina  erano  magistrati  eletti  annualmente  e  cum  pari 


CESARE  NANI  183 

Essa  è  composta  di  magistri  rationnlrs  o  mugistri  rationmn  curiae  i  quali,  proba- 
bilmente sotto  la  direzione  del  logoteta  (1),  esaminano  i  conti  dei  giustizieri  e  di 
tutti  gli  ufficiali  fiscali,  dopo  che  già  sono  stati  verificati  una  prima  volta  dai  razio- 
nali (2). 

L'incarico  dei  magistri  non  è  che  temporario,  quindi  cessa  allorché  hanno  rice- 
vuto i  conti  che  sono  deputati  ad  esaminare  (3).  Se  essi  cumulassero  colle  funzioni 
di  revisione  anche  quelle  giurisdizionali,  e  specialmente  di  giudici  d'appello  delle  Corti 
scerete,  è  dubbio  (4). 

Stabilivano  il  loro  ufficio,  le  scholue  ratiocinii,  là  dove  potessero  più  comoda- 
mente portarsi  gli  ufficiali,  i  cui  conti  trattavasi  di  verificare.  Quindi,  da  principio 
almeno,  la  31.  curia  rationum  non  dovette  aver  sede  fissa.  Tuttavia  radunossi  già 
da  antico  per  la  Sicilia  a  Palermo  (5)  e  pel  Kegno  di  Napoli  a  Barletta  (6).  In 
una  costituzione  di  Fedeiùco  II  è  stabilito  che  d"ora  innanzi  le  secU  dove  si  rice- 
vono i  conti  sieno  Monopoli ,  Melfi  e  Caiazzo,  per  guisa  che  a  ciascuna  di  esse  si 
rechino  gli  ufficiali  dai  giustiziariati  })iù  vicini.  Nella  stessa  si  ordina,  che ,  sorgendo 
qualche  dubbio  relativamente  alle  rese  dei  conti,  debbano  i  maestri  consultarsi  a  vicenda 
e  ricorrere  per  consiglio,  occorrendo,  alla  Magna  curia.  Oltre  a  ciò  sono  date  in  altra 
costituzione  alcune  norme  circa  al  modo  da  tenersi  nella   verificazione  dei  conti  (7). 


potestate,  d'onde  è  noto  quali  conseguenze  procedessero;  ed  univano  altre  funzioni  allo  finanziarie,  special- 
mente quelle  attinenti  alla  giurisdizione  criminale  che  furono  forse  le  più  antiche.  Sul  carattere  della 
questura  romana  cons.  principalmente  L  a  n  g  e  liiimiscJte  Alterthiimer  (3"  Aufl.  I,  Berlin  1876',  881  segg. 
—  Mommsen,  Riimisches  Staatsrecht,  II  (2"  Aufl.,  Leipzig  1877',  p.  511  segg.  —  Willem  s,  Le 
Droit  public  romain  (4""  édit.,  Louvain  1880),  p.  297  segg.  —  Madwig,  Die  Verfamng  ii.  Verwal- 
tung  des  Riitn.  Staates,  I  (Leipzig  1881',  p.  438  segg.  —  Walter,  Gesch.des  ròm.  Rechts  (2"  Aufl., 
Bonn  184.5\  I,  §§  128,  lfi3.  —  Padelletti,  Storia  del  Dir.  romano  (Firenze  1878),  p.  24.  —  Neppure 
1,'redo  che  abbia  qualche  analogia  colla  Camera  dei  conti  moderna  l' ufficio  del  Procurator  a  rationibus  o 
rationalis  nummae  rei  che  diventa  più  tardi  il  Comes  sacrarum  largitionum.  Infatti  egli  può  paragonarsi 
ad  un  ministro  di  finanza  (Puchta,  Cursu.<i  der  lìulit.,  7"  Aufl.,  Leipzig  1871,  p.  •')21).  Ha  il  governo 
del  sacriim  aerarium  (distinto  dalla  res  privata  e  dall'arca  Pracfecturae  practorianae)  e  mediante  l'o/"- 
ficitim  che  risiedo  a  Roma,  i  rationales  vicarii  o  comitea  largitionum  stabiliti  nelle  singole  Diocesi,  non  che 
il  Comes  commerciorum,  i  praepositi  thexaurorum  ecc.,  magistrati  locali,  provvede  alla  riscossione  di  tutte 
le  pubbliche  entrate,  di  qualunque  natura,  i  cui  proventi  tiene  a  disposizione  dell'imperatore,  L.  12,  §  2,  C.  de 
Gif.  Com.  sac.  largii.  (1.  321  (ediz.  Kriiger):  <■....  noverint ....  aurum  eiactum  ad  suas  largitìones  sine 
ulla  dilationu  esse  mittendum  »  V.  Be  t  h  m  a  n  n- H  o  1 1  we  g  ,  Der  Civilprozess  des  gem.  Recht'>,ììl 
(Bonn  1860!,  p.  71  segg.  Willems,  p.  606  segg.  —  Del  resto,  non  è  punto  escluso  che  anche  a  Roma 
si  esercitasse  una  revisione  sopra  le  riscossioni  e  le  spe.se  pubbliche,  poiché  senza  questa  non  è  concepibile 
una  ordinata  amministrazione  finanziaria.  Ma  è  moderno  il  trovato  di  una  magistratura,  la  quale,  senza  essere 
depositaria  del  pubblico  danaro  e  senza  ingerirsi  nella  sua  erogazione,  abbia  per  suo  unico  ufficio  il  controllo 
finanziario.  Questo  della  Camera  dei  conti  è  un  istituto  proprio  del  diritto  pubblico  moderno,  il  quale, 
assai  più  che  non  il  diritto  privato,  tende  a  scostarsi  dalle  basi  del  diritto  antico. 

(1)  H  u  i  1 1  a  r  d  -  B  r  é  h  0  1 1  e  s  ,  Intr.  cit.  p.  CDXVII.        Del  Vecchio,  cit..  p.  206. 

(2)  Giannone,  cit.  p.  500.    -  Raumer,  cit.  p.  440.  —  Gregorio,  cit.  p.  39. 

^3)  Non  si  nominavano  mai  più  di  tre  0  quattro  ma(7is<ra<('.  Huillard- Bréholles  cit.,  p.  219,  u.  1. 

(4)  L'artermano  Giannone,  1.  cit.  —  Gregorio,  III,  p.  40.  —  Bianchini,  p.  149.  —  Fer- 
tile, 322.  Per  contro  Huillard-Bréolles,  p.  CDXVI,  senza  contestarlo  in  modo  assoluto,  osserva- 
che  manca  ogni  prova  positiva  al  riguardo. 

(5)  Gregorio,  p.  40. 

(6)  Fertile,  p.  321. 

(7)  Nella  terza  delle  costituzioni  indicate  alla  n.  seguente  (Huillard-Bréholles,  p.  220) :  De 
apoilixis  que  inveniuntur  in  quaternis  veterum  rationum  posite,  in  suspenso  sic  vos  tenere  volumus  ut  si 
in  eis  justa  causa  suspicionis  est  posita,  eas  prò  inefficacibus  habeatis.  Si  vero  nulla  causa  notatur  in  eis, 
et  vos  potestis  aut  per  eos  qui  rationes  huiusmodi  receperunt,  aut  ex  vestro   ingenio  causam  in  eis  com- 


184  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

le  quali    è  probabile    non  differissero    da    quelle    che   si    osservayano  nell'epoca    nor- 
manna (1). 

Queste  sono  le  notizie  che  abbiamo  della   Magna  curia  rationum ,  i  cui  poteri 
dovevano  più  tardi  trasmettersi  alla  Camera  della  Sommaria. 


XIII 


Dalla  Normandia  lo  Scacchiere  fu  trasportato  in  Inghilterra  (2)  e  vi  serbò  per 
tutto  il  periodo  normanno  il  suo  stampo  originale. 

«  Ogni  anno  (scrive  Gneist  (3))  un  gran  numero  di  alti  impiegati  e  di  uomini 
del  re  con  numerosi  dipendenti  erano  occupati  a  ricevere  i  pagamenti  dei  sceriffi,  degli 
afìittaioli  e  cusfoiìes ;  ad  esaminare  i  conti  e  liberarli;  a  trasci'ivere  e  percepire  entrate 
periodiche,  aids,  ialhuji-s,  scutaycs;  a  mettere  in  caricai  sceriffi  ed  aXivi  fcrìuors  o 
custodes  e  levarne  i  conti  ;  a  decidere  le  cause  che  sorgono  nella  sfera  di  questa 
amministrazione  ;  a  destinare,  per  altra  parte ,  pagamenti  per  i  bisogni  della  famiglia 
reale,  del  seguito  e  dei  domestici ,  per  le  provvigioni  da  guerra  e  guarnigioni,  per  sod- 
disfare i  creditori  del  re  e  per  le  spese  d'amministrazione  di  ogni  genere;  il  tutto  sotto 
la  presidenza  personale  del  re,  ovvero  secondo  il  suo  volere  espresso  o  presunto  ». 

Quindi  lo  Scacchiere  si  ripartisce  in  due  sezioni,  lo  scaccarium  majus,  la  sezione 
che  si  occupa  della  contabilità ,  e  lo  scaccarium  inferius ,  scaccarium  de  rcccpio , 
recepta  scaccarii,  quella  che  si  occupa  delle  entrate  (4).  Cos'i  la  prima  che  la  seconda 
sezione  ha  i  suoi  impiegati.  Appartengono  alla  prima,  oltre  il  lleniemhrunccr,  VIii- 
(jrosser  ecc.,  gli  auditorcs  conipniorum  che  surrogarono  i  clrrlx  jìvo  ìiac  vice  edi  baroni; 
alla  seconda  il  clrricus  lirrrium ,  i  Chamberlains ,  i  clerici  thesaurarii  ecc.  (5). 
n  denaro  riscosso  è  versato  nel  Tìtesauriis  regis  ed  i  pagamenti  non  seguono  che  in 
base  ad  ordine  del  re  (writ  o  rnandafc)  indirizzato  al  tesoriere  od  ai  cameraiii  (Trea- 
siirers  e   Chamhvrìains)   (G). 


prehenJere  quave  debeant  non  aJmitti,  non  aduiittatis.  Si  vero  aiit  minus  justam  aut  minus  rationabilein 
causam  notatam  in  eis  aut  vus  de  ture  cas  non  vidoritis  sus))endendas  ipsas  voluiuus  computare,  et  si  super 
hiis  forte  dubiuni  vobis  emersorit  nostrae  excellontiae  rcferatis.  De  e3q)ensis  autem  quae  per  ofrìciales  nostros 
quocumque  tempore  prò  nostris  servitiis  facte  fiierint,  de  quibiis  fai-icndis  vel  mandata  non  habuerint  vel  apodiias 
minus  solempnes  ostenderunt ,  volumus  quod  sibi  liquide  vobis  constiterit  expensas  nostris  servitiis  neces- 
sarie et  utiliter  esse  factas,  licet  forte  fatte  fuerint  sine  mandato  vel  apodixe  que  exinde  ostenduntur  aliquid 
minus  habeant  de  solempnitate  que  in  apodixis  requiritur  faciendis,  debeant  eis  nichilominus  computari. 

(1  Sono  tre  le  costituzioni  di  Federico  II  relative  alla  Magna  Curia.  Furono  pubblicate  da  H  u  i  1  - 
lard-Bréholles  cit.,  IV,  p.  216-221  col  titolo  Conitifutiones  super  acholis  ratiocinu,  super  nitiociniis 
ab  officialibus  rccipiendifi,  et  responsiones  de  e.rcomputationihus  de  apodi.ris  et  expensis.  —  La  prima  di 
esse  trovasi  in  Vetri  de  Vin.  Epiat.  lib.  Ili,  e.  XIV;  la  srconda  ibid.  Ili,  LXV.  La  terza  era  inedita 
—  Incerto  l'anno  della  promulgazione.  L'Huillard-Bréliolles  credo  si  possano  con  una  tal  quale 
probabilità  assegnare  all'anno  1238. 

(2;  V.  le  opere  di    Madox,   di    Gneist     e    Thomas   già  cit.  ,   e    Fi  schei,    La    Constitution 
d'Angìeterre  (trad.  par  Vogel).  Paris  1864,  p.  265  segg. 

(3)  Op.  cit.,  p.  IO,"). 

(4)  Gneist,  1.  cit.  -  Thomas,  Materials,  5.  —  Ma  do  i,  I,  348-350,  362-389. 

(5)  Madox,  I,  107;  II,  263  e  segg.  -  Gneist,  p.  204. 
l6,  Gneist,  p.  196,  203. 


CESAKE  NANI  185 

La  resa  dei  conti  procede  cauta  e  minuziosa,  tanto  che  non  è  raro  il  caso,  che 
chi  deve  rendere  il  conto  si  sottometta  a  pagare  grosse  somme  per  essere  esonerato  da 
ogni  responsabilità  esso  ed  i  suoi  srrvifntrs  (1). 

I  pagamenti  fatti  dai  sceriffi  non  sono  ammessi  se  non  è  presentato  il  mandato 
(Warrant  of  discount),  ed  è  necessario  che  sieno  giustificati  da  un  ordine  del  re  (Kìng's 
writ),  o  da  un  rescritto  del  tesoriere.  U  contabile  deve  comparire  in  pei-sona  e  giurare 
anzitutto  (le  fideTi  competo  reddendo  :  talora  è  approvato  il  conto  anche  jj^'r  fìdem  o per 
veruni  dictuni.  Solo  in  via  d'eccezione,  per  un  ordine  regio,  più  tardi  anche  per  ordine 
del  tesoriere,  è  concesso  che  la  resa  dei  conti  segua  per  mezzo  di  un  cìrrk .  come  rap- 
presentante (attorney)  (2). 

I  risultati  dei  conti  sono  trascritti  nel  Motuìns  annnnlis,  the  great  Boll  of  Ex- 
chequer  (3).  Lo  scacchiere  ritiene  pui-e  funzioni  giurisdizionali.  Allorché  nasce  conte- 
stazione su  qualche  parte  di  un  conto,  gli  impiegati  supremi  ileWExcheqiier  si  costituiscono 
in  tribunale,  citano  il  contabile  e  si  risolvono  in  forma  contenziosa  le  difficoltà  insorte  (4). 


XIV. 

Mentre  a  questo  modo  si  veniva  atteggiando  in  Inghilterra,  nell'epoca  normanna,  la 
Camera  dei  conti,  essa  ])ropagavasi  pure  in  Francia  (5). 

L'anno  in  cui  vi  fu  istituita  non  si  può  fissare  neppure  per  approssimazione  (6); 
ma  questo  è  da  ritenere  come  certo  che  non  fu  prima  che  la  Normandia  fosse  incorporata 
nel  Regno  di  Francia.  Né  ciò  avvenne  immediatamente  dopo  la  conquista  di  Filippo 
Augusto.  E  vero  che  in  un'ordinanza  dell'anno  1256  (7),  colla  quale  sono  imposte 
certe  regole  all'amministrazione  ed  alla  contaljilità  dei  comuni,  è  fatto  cenno  di  revisori 
eletti  dal  re  (nostras  (/('lìtrs  quc  ad  nostros  rowjwtog  drputantur),  innanzi  ai  quali 
debljono  presentarsi  a  Parigi  nell'ottava  di  S.  Martino  i  magistrati  comunali  a  rendere  i 
conti  della  loro  gestione  finanziaria  :  ma  oltrecchè  questa  disposizione  non  fu  che  per 
breve  tempo  in  vigore  (8),  non  vi  è  prova  sicura  che  essi  estendessero  il  loro  controllo 
eziandio  alla  contabilità  degli  ufficiali   regii  (0).   Ma  in  sul  finire  del    secolo  decimo- 


(1)  Offrivansi  puro  soiuine  di  (lan.iro  ut  Rex  faciat  rccipi  compotum  sine  ira  et  indignatione, 
G  neis  t ,  p.  187. 

(2)  Gneist,  p.  197.  —  Tliomas,  Excheqiier,  49-58. 

(3)  M  a  d  0  X  ,  II,  4.56  segg.  —  Gneist,  p.  197,  203. 

(4^  Gneist,  p.  198.  La  procedura  è  descritta  noi  Dialogus  de  ScaccaHo,  U,  e.  1,  cit. 

(5)  V.  Boilisle,  La  Chambre  des  comptes  de  Paris.  Piéces  justificatires  pour  servir  à  Vhistoire 
des  premiers  Présidens  (  Nogent-le-Eotrou,  1873^  —  Vuitry  e  Noel,  op.  cit.  ed  i  lavori  di  M  a  u  r  y  e 
Louandre  pure  cit.  —  D  a  1 1  o  z  ,  Repert.  XIV.  —  Non  mi  è  stato  possibile  di  consultare  D  n  e  r  o  q , 
La  Cour  des  comptes:  et  som  histoire,  1867. 

(6)  Tale  è  la  conclusione  a  cui  è  pervenuto  il  Boilisle,  il  quale  ha  fatto  le  più  diligenti  e  minute 
indagini  a  questo  riguardo.  V.  pure  Geffroy  1.  cit,  p.  749  e  Vuitry,  p.  509. 

(7)  Bee.  des  Ord.,  I,  82 ,  83.  «  Nous  ordenons  que  li  nouvianx  maires  et  li  viez  et  quatre  des 
preudhomes  de  la  ville .  . .  viegnent  à  Paris  a  nos  Gens,  aux  octaves  de  Saint  Martin,  pour  rendre  corapte 
de  leur  recette  et  de  leurs  dépenses  ». 

(8)  Vuitry,  p.  501. 

(9)  Tuttavia  qualche  autore  ha  ritenuto  che  a  questa  ordinanza  sia  da  riferire  la  prima  origine  della 
Camera  dei  conti  francesi.  Così  il  P  a  r  d  e  s  s  u  s  (t.  XI.  Ree.  des  Ord.  Préface,  p.  102  )  —  N  o  6 1,  1.  cit. 
p.  444.  —  Persico,  Principii  di  Dir-  Amministrativo  (Napoli,  1874),  I,  133.  —  D  a  1 1  o  z  ,  cit.,  n.  .'5. 

Serie  li.  Tom.  XXXI Y.  24 


1  86  1   PRIMI   STATITI  SOPRA   LA  CAMERA  DEI  CONTI   NtLLA   MONARCHIA  Vi  SAVOIA 

terzo  si  fanno  più  numerosi  gli  indizii  della  esistenza  della  Camera  dei  conti.  Verso  il 
1272  troviamo  una  decisione  che  è  resa  jìrr  nuigistros  curinr  qui  erant  in  com- 
potis  apud  tniipluni.  in  una  questione  di  diritto  che  interessava  le  finanze  (1).  Poco 
più  tardi  si  vedono  menzionati  maitres  des  comptes  du  roi  in  un  atto  del  1278  relativo 
alla  liquidazione  dei  debiti  della  città  di  Noyon,  e  parimenti  in  due  conti  del  1285  e 
1288  (2).  È  da  credere  quindi  che  fin  d'allora  fosse  per  sorgere  la  Camera  dei 
conti ,  e  probabilmente  il  suo  ordinamento  definitivo  fu  opera  di  Filippo  il  Bello,  che 
riordinò  le  istituzioni  politiche  del  Regno  (3),  e  di  Filippo  il  Lungo  (4). 

L'esempio  della  Normandia,  dove  continuava  a  funzionare  V Écliiquier ,  doveva  ne- 
cessariamente condurre  a  questo  risultato.  Le  particolarità  del  fatto  rimangono  avvolte 
nella  oscurità,  ma  è  costante  che  quella  Camera  fu  un'emanazione,  operatasi  mediante  un 
lento  processo,  della  Curia,  del  consiglio  del  re  di  Francia.  I  magisiri  f»mfp  senza  dubbio 
erano  consiglieri  del  sovi'ano  ;  ma  forse  già  i  magi  stri  coiiipotorum  del  1278,  del  128."> 
e  1288,  erano  impiegati  di  regia  nomina. 

Per  tal  guisa  si  trovò  costituito  un  ufficio  autonomo  a  cui  spetta  il  controllo  supremo 
su  tutta  lammimstrazione  finanziaria  del  regno.  Stabilita  a  Parigi,  la  Camera  dei  conti 
esamina  tutti  i  conti  del  regno,  ne  verifica  l'esattezza,  li  approva  e  decide  con  pienezza 
di  giurisdizione  in  tutte  le  cause  relative  alle  entrate  regie  (5).  Coli' accrescersi  dello 
Stato  però  la  Camera  dei  conti  di  Parigi,  pur  serbando  la  preminenza  su  tutte,  vide  ele- 
varsi d'attorno  parecchie  altre  Camere  provinciali,  stabilite  in  differenti  località  (6). 


XV 


In  Francia  adunque  noi  troviamo  organizzata  (juesta  istituzione  sul  principio  del 
secolo  decimoquarto. 

Di  là  è  venuto  linipulso  onde  essa  si  costituì  anche  in  Savoia. Vi  è  sorta  dagli  stessi 
elementi,  con  un  procedimento  congenere,  e  lo  Statuto  di  Amedeo  \  I  del  7  febbraio  13,")] 
è  il  primo  documento  che  ci  annunzia  in  modo  positivo  la  sua  apparizione. 

Esso  è  redatto  in  francese  antico,  ed  ha  ti'entasette  capi,  concepiti  talora  in  forma 
così  rozza  che  ne  riesce  difficile  l'intelligenza.  La  sua  importanza  consiste  essenzialmente 
in  ciò,  che  con  esso  è  creato  un  nuovo  ufficio,  e  ne  sono  esattamente  regolate  le  funzioni. 
L'ufficio  è  quello  di  maestro  dei  conti  (mrstrr  <lrs  comptes),  e  le  funzioni,  di  varia  natura. 
che  gli  vengono  assegnate  sono  tutte  dirette  al  buon  governo  delle  finanze. 

Vi  ha    nello    Statuto    i[ualche  disposizione   in    cui    si   rinnovano   ordini   già   prima 


(1)  Pa  rd  ess  u  s  ,  1.  cit. 

(2)  Vuitry,  p.  509. 

(3)  Vuitry,  1.  cit. 

'4)Maury,  1.  cit.,  p.  .")07.  Batbie,  Traili'  thi'or.  et  prat.  de  droit  public,  VII  (1868  , 
n.'  442,  443. 

;.">)  Maury  cit.,  p.  .").')(). 

(6)  Cosi  fu  creata  quella  di  Montpellier  nel  14l'2;  quella  di  lìouen  nel  14.");i,  quella  di  Dijon  nel  1477, 
di  Aii  nel  1483,  di  Nantes  nel  1492  ecc.  Xoel  cit.,  p.  445. 


CESARE  NANI  187 

in  rigore  (1),  e  ve  n'ha  alcuna  che  evidentemente  ha  solo  effetto  transitorio  (2). 
Secondo  la  consuetudine  dell'epoca  (3)  ,  esso  ha  l'apparenza  di  una  serie  di  istruzioni 
date  ai  due  maestri  dei  conti  che  venivano  insigniti  di  tale  carica.  Ma  ciò  nonostante, 
non  può  cader  dubbio  che  gran  parte  delle  norme  in  esso  contenute  erano  destinate 
a  rimanere  in  osservanza,  e  che  lo  scopo  loro  era  di  costituire  un  nuovo  organo  nel- 
l'amministrazione finanziaria  dello  Stato  (4). 

I  due  maestri  dei  conti  ivi  nominati  sono  Pietro  di  Montgelé  e  Guillermet  Bon,  e 
loro  è  affidato  il  controllo  delle  finanze,  la  sorveglianza  degl'impiegati  che  vi  sono  addetti, 
la  cura  di  provvedere  alla  incolumità  dei  diritti  patrimoniali  del  conte. 

Perciò  è  detto  fin  dal  principio  dello  Statuto  che  d'ora  innanzi  i  conti  debbano 
riceversi  per  loro  ordine  dai  chierici  a  ciò  deputati .  e  che  essi ,  per  la  fedeltà  a  cui 
sono  tenuti  verso  Monsignore,  faranno  in  modo  che  gli  ufficiali  sieno  prontamente  li- 
berati affinchè  non  abbiano  a  lagnarsi  come  altre  volte  accadde  (5). 

È  stabilito  che  gli  ufficiali  debbano  effettuare  personalmente,  se  il  Conte  non  abbia 
diversamente  ordinato,  o  non  possano  addurre  qualche  giusta  causa,  la  resa  dei  conti. 
Quando  sieno  rappresentati  da  un  ])rocuratore,  occon-erà  che  questi  sia  munito  di  pieni 
poteri,  e  ne  sarà  ritenuta  la  procui-a  (fi). 

Non  è  ammesso  a  rendere  il  conto  chi  non  al)l)ia  prima  giurato  di  renderlo  esatto  e 
fedele,  uè  a  riceverlo  il  chierico  che  l'abbia  ricevuto  dallo  stesso  ufficiale  l' anno  innanzi. 

La  pena  dolio  spergiuro  è  di  venticinf|ue  lire  forti,  e  sarà  annotata  a  conto  dell'uf- 
ficiale (7).  Nei  cimti  poi  i  castellani  dovraiuio  computare  anche  le  (Indir  ricevute  in 
occasione  di  accensamenti,  di  affitti  o  simili.  La  disposizione  non  era  nuova,  dacché  già 
nell'ordinanza  di  Amedeo  V  del  1288  trovasi  stabilito  che  si  debbano  registrare  tutti  i 
doni  ricevuti  dal  castellano,  affinciiò  si  sappia  se  alcuna  cosa  appartenga  al  principe  e  si 
ccmosca  la  causa  dei  doni.  Por  dono,  fosso  di  moneta  o  d'altro,  s'intendeva  un  valsente 
non  minore  di  ciu(iuo  soldi  (8). 

L'ufficiale  non  può  abbandonare  il  suo  impiego  senza  che  siano  chiusi  i  conti  della 
sua  amministrazione,  e  finché  rimane  in  carica  non  si  procederà  alla  verifica  se  prima  non 
sieno  approvati  i   suoi  conti    della  stagione    antecedente  (9).   Se  risulti  da    questi    di 


(1;  Cosi  al  e.  30  è  fatto  divieto  agli  ufficiali  di  comperare  od  acquistare  per  qualunque  altro  titolo  , 
feudi  0  rctrofcudi,  il  che  può  considerarsi  come  una  ripetizione  della  prescrizione  di  Aimone.  Col  e.  25  è 
prescritto  nuovamente  agli  ufficiali  di  nulla  celare  di  quanto  sia  avvenuto  a  loro  notizia  di  pregiudizievole 
agli  interessi  patrimoniali  del  Conte  di  Savoia.  Nel  e.  12  è  riconfermata  la  disposizione  dell'ordinanza 
del  1343  di  sopra  ricordata. 

(2)  Segnatamente  quella  del  e.  19  ,  dove  è  fatto  ordine  agli  ufficiali  ed  ai  non  ufficiali  di  mettersi 
a  carico  e  far  pervenire  al  tesoriere  le  somme  ricevute  ]ier  la  spedizione  che  doveva  aver  luogo  in  Piemonte 
e  fu  contromandata.  Al  e.  18  sono  invitati  gli  ufficiali  ad  anticipare  le  entrate  dell'anno  prossimo  al  fine 
di  procurare  a  Monsignore  i  mezzi  di  riscattare  i  castelli  impegnati.  Sembrano  pure  avere  carattere  transi- 
torio le  disposizioni  dei  ce.  8  e  24  che  si  riferiscono  alla  pestilenza  del  1348,  e  quella  del  e.  10  relativa 
ai  sussidii. 

(3)  Sono  concepite  nella  medesima  forma  le  lettere  pure  di  Amedeo  VI  del  135.5  con  cui  veniva 
riordinato  il  Consilittm  nohiscum  residenx. 

(4)  V.  Guich  enon,  op.  cit.,  I,  118. 

(5)  C.  1. 

(6)  C.  3. 

(7)  C.  2,  4. 

(8)  Cibrario,  Fin.,  p.  196.  —  Costa  de  Beauregard,  Matériaux,  p.  46. 

(9)  C.  6,  5. 


188  I  PRIMI   STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI   SAVOIA 

qualche  arretrato,  ovvero  gli  sia  stata  concessa  una  mora,  dovranno,  a  meno  di  giusta 
eccezione  in  contrario,  nella  susseguente  resa  dei  conti  saklarsi  le  differenze  (1).  Le 
rimanenze  poi  debbono  dai  maestri  porsi  a  registro  e  presentarsi  a  Monsignor©  (2). 

Per  causa  della  pestilenza  scoppiata  l'anno  1348  (3)  essendo  diminuito  il  nu- 
mero dei  contribuenti ,  il  totale  delle  riscossioni,  in  parecchie  castellanie,  difficilmente 
avrebbe  potuto  conispondere  a  quello  risultante  dalle  esientc.  Perciò  i  maestri  dei  conti, 
prima  di  ammettere  la  detrazione  richiesta  dal  castellano,  dovranno  ))orre  grande  diligenza 
e  verificare  i  fatti  allegati,  servendosi  di  documenti,  del  giuramento  e  di  ogni  altro  mezzo 
di  prova  che  loro  parrà  idoneo,  e  riferii-anno  in  proposito  a  Monsignore,  uniformandosi 
poi  ai  suoi  ordini  (4). 

XVI 

Qui  hanno  termine  le  disposizioni  relative  alle  rese  dei  conti  (5):  alle  quali,  come 
si  è  veduto,  sono  picposti  i  maestri.  Lo  Statuto  non  aggiunge  alti'i  particolari,  ma,  con 
disposizione  generale,  è  imposto  ai  maestri  di  procedere  in  ordine  ai  conti  nel  modo  che 
riesca  sempre  il  più  profittevole  por  Monsignore  (6).  E  Tautorità  loro  sotto  questo  ri- 
spetto è  così  grande  che  quasi  si  uguaglia  a  quella  del  Conte.  Infatti,  come  egli  è  in  di- 
ritto di  impoiTe  pene  a  suo  ai'bitrio,  cosi  possono  i  maestri  dei  conti  multare  gli  ufficiali 
per  ogni  loro  negligenza  nella  resa  dei  conti  (7). 

Essa  si  estende  ancora  ad  ogni  parte  dell'azienda  finanziaria,  per  ciascuna  delle 
quali  sono  muniti  di  poteri  appena  inferiori  a  quelli  del  Principe.  Soprastanno  a  tutta  la 
gerarchia  degli  impiegati  che  vi  prestano  la  loro  opera,  ne  debbono  stimolare  lo  zelo, 
impedire  gli  abusi.  Per  la  fede  ed  il  giui'amento  che  hanno  prestato  a  Monsignore  (8), 
dice  lo  Statuto,  essi  debbono  riferirgli  quali  fra  gli  ufficiali,  a  loro  notizia,  lo  servano 
lealmente  e  con  suo  profitto,  o  quali  no.  Sopra  tutto  debbono  procurare  che  ninna  delle 
entrate  dell'erario  si  disperda,  ma  che  invece  ognuna  frutti  sempre  maggiormente. 

Già  abbiamo  accennato  sommariamente  (juali  fossero  ;  lo  Statuto  ne  enumera  pa- 
recchie, sottoponendole  alla  vigilanza  dei  maestri. 

I  raccolti  delle  ten-e  demaniali  e  le  prestazioni  dovute  in  natura  tengono  il  primo 
posto  fra  le  rendite  annuali  del  conte  di  Savoia.  La  cura  di  raduiiarle,  di  custodirle  e  di 
venderle  era  spettata  fino  allora  ai  castellani  nelle  rispettive  castellanie  (!)).  Ma  foi'se 
erano  nati  inconvenienti  riguardo  alle  vendite  delle  vettovaglie,  e  per  troncarle  lo  Statuto 
ordina,  che  dora  innanzi  grani,  vino,  polli,  cera,  fieno  e  droghe,  sieno  vendute  per  cura 


(1)  C.  7,  12. 

(2)  C.  32. 

(3)  V.  Cibrario,  Storia,  III,  101  sefrg. 

(45  e.  8.  Ha  stretta  attinenza,  a  mio  avvi>o,  fon  questa  disposizione  l'altra,  non  ben  chiara,  del  e.  -4, 
da  cui  risultereblie  che  i  maestri  dovranno  informare  Monsignore  di  quanto  in  media  sia  scemata  la 
rendita  di  ogni  castellania  per  causa  della  mortalità. 

(.'))  Intorno  alla  procedura  che  si  osservava  nella  verifica   dei  conti.  V.  Cibrario,  /Vii.,  p.  188  segg. 

(6)  C.  29. 

(7)  C.  20. 

(8)  C.  27. 

(9)  Capre,  op.  cit.,  p.  171.  —  Costa  do  Beaurogard,  Mém.,  p.  144.  W  u  r  s  t  e  m  b  e  rg  e  r, 
op.  cit.,  p.  188. 


CESARE  NANI  189 

dei  maestri  dei  conti  ;  al  qual  uopo  debbono  tenersi  informati  dei  prezzi  correnti  in 
ciascun  mercato.  Il  ricavo  delle  vendite  sarà  consegnato  al  tesoriere  del  conte  o  del 
suo  ostello  (1).  Se  si  rendano  acquisitori  gli  ufficiali  stessi  dovranno  pagare  o  finanzare  il 
prezzo,  prima   che   partano  da  Ciamberi,  dove  sono  venuti  per  rendere  i  conti  (2). 

kWostello  di  Monsignore,  il  quale,  come  si  è  veduto,  aveva  una  amministrazione 
separata,  sono  parimenti  dovute  certe  pensioni.  Quali  fossero,  non  è  detto  nello  Sta- 
tuto (3).  Ora  avveniva,  pel  disordine  finanziario  dell'epoca,  che  le  somme  per  tal  titolo 
dovute  fossero  o  pagate  direttamente  alla  casa  del  principe  dai  debitori  o  richieste  agli 
ufficiali,  prima  che  scadessero  i  termini  stabiliti  pel  versamento  dei  fondi  incassati  (4). 
Perciò,  (quando  trattavasi  della  resa  dei  conti,  trovavansi  deficienze  che  occorreva  giustifi- 
care, e  la  conuetudine  apriva  facile  la  via  agli  abusi.  Anche  a  ciò  tenta  di  porre  riparo 
lo  Statuto,  ed  è  degno  di  nota  il  modo  con  cui  la  disposizione  relativa  è  concepita  :  «  È 
ordinato  che  i  maestri  procurino  che  gli  ufficiali  si  obblighino  a  pagare  le  pensioni  dovute 
airostello  di  Monsignore,  e  che  le  portino  o  trasmettano  nei  termini  e  giorni  fissati,  nel 
modo  che  sarà  meno  gravoso  per  Monsignore.  A  ciò  debbono  obbligarsi  sotto  pena  del 
doppio,  da  registrarsi  nei  loro  conti,  e  loro  non  sia  fatta  grazia  se  la  incorrono.  Né  ecce- 
zione ne  ordine  che  essi  abbiano  ricevuto  in  contrario  non  possano  farsi  valere  in  nessun 
modo,  a  meno  che  le  jìcnsioni  od  altri  denari  che  i  detti  ufficiali  ritengano  per  altra  causa, 
sieno  stati  spesi  da  Monsignore  o  dal  suo  ostello.  Non  si  chiuda  il  loro  conto,  ne  sieno  li- 
cenziati dalla  Camera,  finché  non  abbiano  assunto  quesfobljligo,  tranne  che  ordini  diver- 
samente Monsignore,  il  ([uale  prowederà  come  gli  parrà  meglio.  E  siffatta  ordinanza  sarà 
comunicata  al  cancelliere,  perchè  nell'occasione  della  nomina  di  nuovi  ufficiali  la  inserisca 
nelle  lettere  di  nomina,  onde  essi  vi  si  sottomettano  ed  obblighino  ;  e  pagliino,  se  si  dimo- 
strino negligenti,  oltre  alla  pena  sopradetta,  anche  le  spese  che  fossero  '  necessarie  per 
ricuperare  le  pensioni  dovute,  decorsi  i  termini  »  (5).  La  disposizione  è  rigorosa  e 
precisa,  ma  non  consta  clie  essa  abbia  pienamente  raggiunto  il  suo  scopo;  lo  crederà  solo 
chi  ha  fede  nella  onnipotenza  della  legge. 

L'entità  di  tali  pensioni  deve  essere  arbitrata  dai  maestri  dei  conti,  i  quali  pui' 
procurando  che  il  principe  ne  tragga  il  maggior  provento  possibile,  dovranno  tener  conto 
della  quantità  più  o  meno  grande  delle  imposizioni  che  già  gravano  sopra  ciascuna 
castellania  ((5). 


(1)  In  doc.  11  settembre  1365  (pubblicato  da  Cibrario  in  appendice  al  Disc.  Ili,  Fin.,  n.  1)  è 
fatta  menzione  appunto  delle  vettovaglie  venduto  ad  expensas  hospicii  nostri. 

(2)  C.  9. 

^3)  Certo  erano  tra  queste  le  pensioni  che  pagavansi  dagli  Ebrei.  Infatti  nel  conto  dell'ostello  del 
principe  pel  biennio  133S.1339,  trovasi  registrata  (giusta  nn' informazione  fornitami  dal  chiar."'"  Boll  ati 
J  i  S.  Pierre)  la  seguente  partita:  «  Recepit  (il  texoriere)  loczono  de  la  Ferté,  judeo,  solvente  nomine 
suo  et  aliorum  judeoruin  terre  Domini,  prò  quadam  composiiione  quam  habent  cuni  Domino  (et  solvunt  in 
medio  cuiuslibet  mensis  centum  florinos  auri,  ut  in  computo  precedenti  ,  et  computat  prò  decem  septem  men- 
sibus,  quorum  primus  est  mensis  marcii  anno  1338  etc.  1700  florinos  auri  de  Florentia  ».  In  un  doc.  22  feb- 
braio 1300  pubblicato  da  Cibrario  (cit.  p.  13.  n.  4)  Amedeo  V  rilascia  quitanza  per  una  somma  ricevuta 
«...  a  David  judoo  ...  de  pecunia  quam  ipso  David  nobis  debot  solvere  in  lesto  nativitatis  Domini  proximo 
venturo  prò  concordia  quam  nuper  fecimus  cum  judeis  ». 

(4;  Cibrario,  Fin.,  p.  184  —  Ricotti,  op.  cit.,  p.  84.  In  doc.  31  luglio  1355  .pubblicato  da 
Cibrario  in  appendice  al  Discorso  HI,  Fin.,  n.  2)  il  principe  ordina  ai  maestri  dei  conti  di  allogare 
una  somma  spesa  da  un  ufficiale  ...»  quas  quantitates  ipse  prò  nobis  solvit  et  libravit  ». 

(5)  C.  11. 

;6    C.  13. 


1  90  1    l'KlMI   STATITI    Mll'KA    LA   CAMEKA   DKI   CONTI    NKI.LA   MONAKCHIA    HI   SAVOIA 

In  alcuni  luoghi  il  demanio  aveva  dei  crediti,  che  rappresentavano  entrate  straor- 
dinarie, forse  già  di  data  antica  e  fino  allora  non  esatti.  È  ingiunto  ai  maestri  dei  conti 
di  fame  diligente  inventario  per  mezzo  dei  documenti  e  delle  informazioni  che  potranno 
raccogliere,  e  consegnarli  agli  ufficiali  delle  castellanie  dove  esistono  quei  crediti,  affinchè 
non  mettano  indugio  a  riscuoterli.  Nell'intento  che  la  hisogna  sia  condotta  col  maggior 
zelo,  si  promette  agli  esattori  (nello  statuto  sono  appellati  devcììicrs)  quel  tanto  sulle 
riscossioni  che  già  ottennero  altra  volta,  ed  agli  ufficiali  due  soldi  per  ogni  lira,  oltreché 
ciò  che  avranno  ricuperato  sarà  imputato  a  conto  di  ciò  che  per  avventura  Monsignore 
dovesse  loro.  Anche  questa  ordinanza  sarà  comunicata  dal  cancelliere  agli  ufficiali,  nell'atto 
che  riceveranno  le  lettere  per  cui  sono  investiti  del  loro  ufficio  (1). 

Le  cariche  pubbliche  consideravansi  a  quell'epoca  principalmente  sotto  il  risi)ett(i 
dell'utile  che  procuravano  a  chi  ne  era  in  possesso.  Perciò  in  Savoia,  come  in  Francia, 
ritenevansi  poco  meno  che  come  cose  in  commercio.  Le  mistralie  nella  contea  di  Savoia 
si  affittavano,  si  appaltavano,  si  vendevano  (2).  In  Francia  le  prcvótrs  si  davano  a 
regìa  talora  per  conto  dello  Stato,  più  generalmente  si  mettevano  all'incanto  :  \nh  tardi 
si  trafficarono,  ed  i  proventi  die  si  ricavavano  per  siffatta  guisa  si  inscrivevano  nel  bi- 
lancio sotto  il  nome  di  affaircs  extraordinaires  (:^).  Tale  essendo  la  consuetudine, 
doveva  parere  affatto  naturale  che  degli  ufficii  si  disponesse  a  titolo  di  pegno.  Lo  Statuto 
ha  apjiunto  una  disposizione  sopra  questo  argomento,  con  cui  si  ordina  ai  maestri  dei 
conti  di  jìoiTe  in  opera  ogni  mezzo  onde  liberare  gli  uffizi  impegnati,  affinclit'  ritornino 
intieramente  a  disposizione  del  Conte  (4). 

Le  eredità,  che  si  rendono  vacanti  nel  douiiiiio  del  Principe,  cedono  a  lui  come 
a  signore  feudale.  Cos'i  jìnrc  a  lui  rituniMno  le  teiie  date  altrui  a  godere  quando  chi 
le  coltiva  venga  meno  ai  patti  della  concessione.  I  maestri  dei  conti  dovranno  invigilare 
perchè  gli  ufficiali  nell'uno  e  nell'altro  caso,  valendosi  all'uopo  anche  dell'o]iera  di 
qualche  persona  i)roba.  si  mettano  in  possesso  di  quei  beni  e  ne  dispongano  pel  maggior 
vantaggio  di  Monsignore  (5). 

Nei  passaggi  dei  feudi  a  nuovi  signori.  piT  (|iialiiniini'  causa  avvenissero,  potevano 
soffrir  detrimento  i  diritti  del  Conte  da  cui  quelli  inovevano.  Lo  Statuto  inculca  ai 
maestri  di  ])i'ovvedere  a  che  gli  ufficiali,  servendo>i  di  chierici  esiìcrti,  dieuo  opera  nel 
miglior  modo  alle  ricognizioni  dei  feudi,  e  sollecitino,  (juant'è  possibile,  perchè  Mon- 
signore già  ebbe   a  patire  danno  jier  questo   motivo  ((5). 


(1)  C.  14. 

(2)  V.  Gli  Statuti  del  1379,  cit.  p.  il.  n.  S. 

(3)  V.  in   proposito   Louaniire,   1.   cit.  ,  p.  44:i.   —  I.  a  f  e  rr  icre  ,  op.  cit.  ,  p. -59    -    B  russe  l, 
op.  cit.,  p.  422. 

(4)  C.  15. 

(5)  C.  17. 

(6)  C.  23. 


CESARE    XANI  1  9  1 


XVII. 


Anche  l'amministrazione  della  giustizia  era  ,  come  si  è  detto  .  fonte  di  redditi. 
Perciò,  il  i)rocurare  che  essa  procedesse  rettamente  era  non  soltanto  un  obbligo  che  si 
imponeva  al  Principe,  ma  ancora  suo  supremo  interesse.  La  monarchia  doveva  orga- 
nizzare solidamente  i  suoi  tribunali,  ed  estenderne  la  competenza  onde  combattere  il 
feudalesimo  ;  ma  doveva  eziandio,  nella  lotta  ch'essa  sosteneva  contro  la  giurisdizione 
ecclesiastica,  fare  in  modo  che  la  giustizia  dei  suoi  tribunali  paresse  preferibile  a  quella 
dei  tribunali  ecclesiastici.  Perocché  sarebbe  errore  il  credere  (1  )  che  questi  abbiano 
potuto  nel  medio  evo  comprendere  nel  giro  della  loro  competenza  una  sì  disparata 
(juantità  di  persone  e  di  cause,  valendosi  della  frode  e  della  violenza.  Fu  il  consenso 
dei  litiganti  stessi  che  sovente  forai  alla  Chiesa  i  mezzi  di  estendere  la  sua  giurisdizione. 
Vi  fu  tempo  in  cui  i  suoi  mezzi  di  prova  parvero  migliori  che  quelli  che  si  adope- 
ravano nei  tribunali  laici,  maggiore  la  scienza  e  la  imparzialità  de"  suoi  giudici,  minori 
le  spese  del  processo.  Solo  per  queste  considerazioni  si  spiega  la  frequenza  nel  medio 
evo  delle  obbligazioni  confermate  con  giuramento,  e  la  consuetudine  prevalente  in  certi 
luoghi  che  il  debitore  si  sottomettesse  alla  giurisdizione  AsWufficiaìe  per  il  pagamento 
del  debito  che  contraeva  alla  sua  presenza  (2) ,  e  gli  accorgimenti  sottili  che  si  im- 
piegavano dai  laici  onde  apparire  quali  ecclesiastici  e  godere  del  privilegio  del  foro 
ecclesiastico,  per  guisa  che  Filippo  il  Bello  lagnavasi  col  Pontefice  che  vi  fossero  in 
Francia  forse  ventimila  mercanti  italiani  che  portavano  falsa  tonsura  e  vestivano  frau- 
dolentemente  gli  abiti  clericali  .  il  cui  esempio  ora  imitato  eziandio  dai  mercanti  ed 
artigiani   francesi  ('?). 

Anche  in  Savoia  stavano  a  fronte  le  due  giurisdizioni,  la  civile  e  la  ecclesiastica, 
od  il  conflitto  fu  lungo  ed  ostinato  (4).  Quindi  è  agevole  il  comprendere  il  motivo 
l)er  cui  Amedeo  VI  .  il  quale  \nÌL  tardi  nello  Statuto  del  1379  cerca  di  restringere 
la  competenza,  quanto  alle  pereone,  delle  curie  ecclesiastiche,  già  molto  tempo  prima, 
nello  Statuto  del  1351,  che  è  d'indole  prettamente  finanziaria,  inculcasse  ai  giudici 
(li  rendere  giustizia  buona,  pronta  e  non  dispendiosa,  affinchè  ninno  sia  tentato  di  ri- 
volgersi (1(1  (dira  Corte.  Solenne  ed  energica  è  la  forma  in  cui  è  concepita  la  dispo- 
sizione :  «  I  maestri  dei  conti  ingiungeranno  ed  espressamente  comanderanno  per  parte 
di  Monsignore  agli  ufficiali,  sotto  la  pena  che  colpisce  i  disobbedienti  ai  suoi  voleri, 
che  essi  amministrino  fermamente  la  giustizia,  tanto  ai  grandi  che  ai  piccoli,  e  ciò  per 
ninna  cosa  al  mondo  non  lascino  da  fare,  p]  se  si  trovasse  per  avventura  alcuno  ribelle 
contro  di  essi  e  contro  lo  Stato  di  Monsignore,  provvedano  i  detti  maestri,  in  maniera 


(1)  Come  pare  che  creda  Laurent,  L'Egliseet  l'Etat,  I  (Bruxelles  1858),  p.  87  segg. 

(2)  V.  Fournier,  Les  offìcialités  axi  mot/en  àge  (Paris  1880',  p.  81. 

(3)  V.  questa  lettera  che  è  del  1288  ed  altro  documento  consimile  in  Fournier,  op.  cit.,  p.  69. 

(4)  V.  gli  Statuti  del  1379  cit. ,  §  XVII.  Nei  protocolli  dei  notai  ducali  (prot.  38,  f.  49,  a.  1841)  si 
può  vedere  un  esempio  di  testimoniali  d"  istanza  per  rimessione  dal  giudice  ecclesiastico  al  secolare  di  nn 
sedicente  chierico. 


192  I   J'RIMI  STATITI  SOPRA   LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 

che  salvo  rimanga  l'onore  di  Monsignore  ed  il  loro,  e  sia  esempio  durevole  per  l'av- 
venii'e.  E  nel  caso  che  il  fatto  sia  tale  che  gli  ufficiali  non  possano  adempiere  al  loro 
dovere  ricorrano  al  balio,  ed  il  balio  al  Consiglio  od  a  Monsignore.  Quando  Monsignore 
trovi  qualche  negligenza  per  causa  loro  o  dei  loro  luogotenenti  egli  li  punirà  per  tal 
modo  che  serva  a  metterli  alla  ragione.  Giammai  non  avranno  da  Monsignore  ne  tali 
uffizii.  né  altri.  E  loro  sia  ingiunto  di  essere  così  graziosi  e  spediti  nel  rendere  giustizia 
a  quelli  che  la  domanderanno  davanti  a  loro  che  per  troppa  spe.sa  o  per  soverchio 
indugio  non  abbiano  motivo  di  ricoiTere  ad  altra  corte  (1)  ». 


XVIII 

Ai  maestri  dei  conti  non  solo  incombe  la  sorveglianza  sopra  le  entrate  fiscali  , 
ma  ancora  sul  demanio. 

Quindi  essi  debbono  informarsi  secretamente  dagli  ufficiali,  se  ninna  usurpazione 
sia  avvenuta  nelle  rispettive  castellarne,  cosi  riguardo  alla  giuristlizione,  come  ai  feudi, 
retrofeudi,  eredità,  ecc.  in  pregiudizio  dei  diritti  del  Principe  e  riferirne  a  lui,  affinchè 
egli  possa  porvi  riparo  (2).  Il  segreto  che  si  raccomanda  in  siffatte  inchieste,  tanto  che 
le  informazioni  si  debbono  dare  o  verbalmente  o  per  lettere  sigillate,  è  chiara  prova  che 
non  era  senza  pericolo  il  farle  apertamente. 

Oltre  a  ciò  debbono  i  maestri,  in  concorso  degli  ufficiali  del  luogo,  impiegare  ogni 
loro  diligenza  affinchè  i  beni  del  Principe  sieno  tenuti  in  modo  che  dieno  maggiori  rendite, 
dacché  (osserva  lo  Statuto)  ve  ne  sono  di  qiu^Ui  che  sono  costati  più  che  non  abbiano 
dato  di  profitto.  Il  Conte,  intesa  la  loro  relazione,  jirowederà  nel  modo  che  reputerà  più 
conveniente  (3). 

Quando  sia  necessaria  qualclie  riparazione  o  qualche  opera  intorno  a  quelli,  gli 
ufficiali  ne  informino  i  maestri  ,  e  questi  Monsignore  (4).  A  loro  ciu-a  si  tengano 
coperti  i  castelli  (5)  ;  si  facciano  gli  inventarli  delle  armi  e  munizioni  che  si  tro- 
vano in  ciascuna  castellania  (6) .  e  .si  provvedano  di  cappellani  le  cappellanie  fondate 
da  Aimone  (7). 

Il  controllo  che  i  maestri  dei  conti  esercitano  sopra  tutto  ciò  che  costituisce  il 
patrimonio  del  principe  e  le  sue  entrate  è,  come  si  vede,  amplissimo,  e  non  gli  mancano 
le  condizioni  opportune  per  riuscire  efficace.  Ma  non  avviene  lo  stesso  del  controllo 
quanto  alle  spese,  indispensabile  anche  questo  per  una  retta  amministrazione  delle  finanze. 
Lo  Statuto  su  questo  proposito  tace.  Appena  si  possono  indicare  due  disposizioni  che 
indii-ettamente  vi  si  riferiscono.  I  maestri  dei  conti  sono  tenuti  a  fare  un  elenco  di 
tutte  le  pensioni  e  salarii  che  sono  a  carico  di  Monsignore,  e  presentarglielo,  affinchè 


(1)  e. 

26. 

(2)  C. 

25. 

(3;  C. 

31. 

[A)C. 

21. 

[5)  C. 

22. 

(6)C. 

37. 

{^)  e. 

35. 

CESARE  NANI  193 


egli  possa  mettersi  in  grado  di  soddisfarli  (1)  ;  e  dovranno  avvisare  quanto  costino 
i  custodi  in  ciascun  ufficio  e  moderare  i  salarii,  fissandoli  siccome  loro  parrà  meglio  (2). 
La  istituzione  della  Camera  dei  conti  per  questo  riguardo  è  ancora  imperfetta. 


ZIX. 

Lo  Statuto  contiene  pure  due  articoli  che  riguardano  anche  i  chierici  dei  conti. 
Il  primo  dispone,  che  non  possano  questi  estraiTe  conti  dal  castello  di  Ciamberi,  dove 
si  conservano,  senza  il  consenso  di  Monsignore  o  dei  maestri  dei  conti,  e  senza  regi- 
strarli. Debbono  i  maestri  provvedere  alla  custodia  delle  chiavi  dei  luoghi  ove  sono 
depositati  i  conti,  per  modo  che  nessuno  possa  entrarvi  senza  che  essi  lo  sappiano  ed 
ordinino  ,  e  fare  trascrivere  tutti  i  conti  da  trenta  anni  addietro  sopra  un  registro  ap- 
posito ,  affinchè  ninno  se  ne  perda  e  si  possa  conoscere  quali  ne  manchino  (3).  Col 
secondo  è  prescritto  ai  maestri  di  avvisare  a  che  le  copie  dei  conti  che  si  rilasciano 
dai  chierici  agli  ufficiali  sieno  prontamente  spedite,  e  non  se  ne  esigano  che  onorari! 
discreti  (4). 

Per  ultimo  è  ordinato  che  questi  Statuti,  quelli  che  riguardano  l'approvvigio- 
namento .^eìVostcìlo.  e  gli  altri  relativi  ai  conti  siano  trascritti  su  pergamena  e  posti 
là  dove  si  custodiscono  i  conti,   e  ciascuno  dei  chierici  ne  abbia  una  copia  (5). 

In  conclusione,  collo  Statuto  del  1351,  sono  gettate  le  basi  della  Camera  dei 
conti  (6).  Già  prima  essi  si  levavano  a  Ciamberi.  Ora  è  organizzato  l'Ufficio,  dinanzi 
al  quale  debbono  rendersi  per  l'avvenire,  istituiti  i  capi  da  cui  l'Ufficio  dipende  (7), 
e  determinate  le  loro  attribuzioni.  La  funzione  del  controllo  non  appartiene  più  al  Con- 
siglio del  principe,   bens'i  ad  un  nuovo  ente  che  si  è  costituito. 

Lo  stesso  doveva  avvenire  per  ciò  che  concerne  la  giurisdizione.  Per  effetto  degli 
Statuti  del  1379  gi-an  parte  di  essa,  la  più  importante,  si  distacca  dal  Consiglio  no- 
biscum  residens  e  si  localizza  nel  Consiglio  che  ha  stanza  a  Ciamberi,  Le  due  supreme 
magistrature  dell'antica  Monarchia  di  Savoia  ebbero  da  quei  due  statuti  le  loro  ori- 
gini (8). 


(1)  C.  16. 

(2)  C.  36. 

(3)  C.  28. 

(4)  C.  33. 

(5)  C.  34. 

;6)  La  Chambre  vi  è  due  volte  nominata,  ai  ce.  11  e  12. 

;7  La  carica  di  presidente  della  Camera  dei  conti  non  fu  istituita  che  più  tardi,  circa  il  1410.  —  Gui- 
chenon,  cit.  p.  246.  —  Galli  cit.,  p.  300. 

(8)  In  Francia,  come  è  noto,  è  vecchia  la  disputa  se  il  Parlamento  abbia  preceduto  in  ordine  di  data 
la  Camera  dei  conti,  o  questa  quello.  Benché  il  Parlamento  vi  si  arrogasse  il  titolo  di  Corte  la  più  antica 
del  regno,  parrebbe,  secondo  le  indagini  più  recenti,  che  esso,  solo  qualche  tempo  più  tardi  che  non  la  Camera 
dei  conti,  sia  diventato  un  corpo  organizzato,  perpetuo,  stabile.  V.  Geffroy,  1.  cit.,  p.  9.")0.  Negli  antichi 
Stati  della  Monarchia  di  Savoia,  non  ci  sembra  dubbio  che  la  precedenza  (  come  già  affermava  il  Costa 
de  Beauregard,  Mém.,  p.  145  )  spetti  alla  Camera  dei  conti. 


Serie  II.  Tom.  XXXIV.  25 


194  T   PRIMI  STATUTI    SOPRA  LA   CAMERA  DEI  CONTI    NELLA    MONARCHIA    ni    SAVOIA 


XX 


In  confronto  dello  Statuto  del  1351  perde  alquanto  della  sua  importanza  quello 
Buccessivo  del  29  dicembre  1389.  promulgato  dalla  contessa  Bona  di  Borbone  e  da 
suo  figlio  Amedeo  VII  (1).  Quantunque  si  trovino  in  esso  pareccbie  disposizioni  nuove, 
tuttavia  non  potrebbe  affermarsi  che  per  esso  abbia  ottenuto  (|ualclie  accrescimento 
essenadale  la  giurisdizione  già  attribuita  ai  maestri  dei  conti.  Soltanto  il  trovarne  au- 
mentato il  numero  da  due  a  quattro  (2)  rivela  Timportanza  sempre  maggiore  acquistata 
dal  loro  ufficio.  Ciò  che,  a  nostro  avviso,  rende  singolarmente  degno  di  nota  questo  Statuto, 
è  la  preoccupazione  che  vi  si  manifesta  evidente  di  impedù'e  che  per  Tavvenire  si  rinno- 
vino i  disordini  circa  le  spese  anteriormente  avvenuti.  Per  questo  lato  esso  impone  guaren- 
tigie nuove,  e  getta  i  germi  di  ordinamenti  destinati  a  svolgersi  in  progresso  di  tempo. 

Lo  Statuto  del  1389  (redatto  anch'esso  in  francese)  fu,  come  risulta  dal  prologo, 
deliberato  insieme  col  Consiglio,  e  vi  si  dichiara  dai  Principi  che  lo  promulgano  essere 
loro  fermo  volere,  che  le  sue  disposizioni  sieno  osservate  dai  loro  successori,  come  essi 
vi  si  sottomettono,  e  che  vi  obbediscano  i  maestri  dei  conti  presenti  ed  avvenire,  tutti 
gli  altri  ufficiali  e  tutti  i  sudditi. 

1  maestri  debbono  promettere  di  attendere  alla  revisione  dei  conti  e  ad  ogni  affare 
clie  vi  abbia  attinenza  bene  e  lealmente  ,  con  gran  diligenza  .  pel  maggiore  onore  e 
profitto  dei  Principi,  e  di  non  far  mai  nulla  in  contrario  per  amore,  timore  o  gua- 
dagno (3).  Specialmente,  loro  è  commessa  la  esecuzione  delle  disposizioni  che  si  con- 
tengono nello  Statuto,  e  sono  tenuti  ad  informarne  ogni  anno,  finita  la  resa  dei  conti, 
i  Principi  (4).  Non  del)bono  accettare  dono  di  sorta  né  da  ufficiali,  né  da  altra  persona 
qualunque  clie  abbia  a  trattare  con  loro  per  ragione  d'uffizio  (5). 

l'^orse  prima  d'allora  la  carica  di  tesoriere  poteva  cumularsi  con  quella  di  maestro 
dei  conti.  Lo  Statuto  li  dichiara  invece  incompatibili  fra  loro  ((5),  e  la  incompatibilità 
risulta  invero  manifesta  da  alcune  disposizioni  che  saraimo  esaminate  in  seguito. 

l  maestri  ricevono  i  conti  nel  castello  di  Ciaraberì.  ogni  anno  dal  primo  gennaio 
al  primo  maggio  ;  entro  i|uesto  termine  gli  ufficiali  sono  tenuti  a  renderli  personal- 
mente ,  e  solo  per  eccezione  col  mezzo  di  procuratori,  sotto  le  pene  stabihte  dai 
maestri  stessi  (7).   Giurano,  prima  di  incominciare  la  resa  dei  conti,  ili  eseguirla  leal- 


(1)  Fu  pubblicato  da  Capre,  op.  cit.,  p.  28.  —  J  o  1 1  j-,  op.  cit.,  p.  1.  -  D  ubo  in  III,  525.  Ne 
dà  un  cenno  brevissimo  Cibrario,  Fin.,  p.  199  e  li  ricorda  lo  Sclopis  op.  cit.,  p.  253.  La  lezione  del 
Duboin  non  ò  scevra  di  errori  ed  omissioni.  Quanto  a  quella  del  Jolly  è  copia  materiale,  e  neppure  sempre 
esatta,  della  ediz.  Capre.  Quindi,  essendo  l'opera  del  Capre  diventata  rarissima,  ci  pare  opportuno  il  ri- 
ferire anche  il  testo  di  questo  Statuto  in  appendice,  giovandoci  della  copia  che  ne  esiste  nel  registro  Sta- 
tata computorum  cit.  dell'Archivio  camerale  di  Torino. 

(2)  Quando  emanò  questo  Statuto  tenevano  l'ufficio  di  maestri  dei  conti,  come  risulta  dal  prologo, 
tìioamaro  Trovana,  cavaliere,  Adriano  di  Belletrnche,  Antonio  Barbier  e  Pietro  Magnin  di  Ciamberl. 

3    CI. 

(4)  C.  40. 

(5)  C.  2. 

(6)  e.  24. 

(7)  e.  4,  5,  6,  II. 


CESARE  NANI  195 

mente  e  di  far  osservare  gli  ordini  contenuti  nello  Statuto  o  loro  imposti,  per  parte 
del  Principe,  dai  maestri:  né  possono  partire  da  Ciamberì  fino  a  tanto  che  i  loro  conti 
non  siano  chiusi  (1).  Per  un  certo  sentimento  di  diffidenza  è  prescritto  che  l'ufficiale 
non  sia  presente  all'esame  dei  suoi  conti  (2). 

Trattandosi  di  concordie  (  3  )  in  materia  criminale  ,  il  controllo  è  regolato  in 
modo  che  difficilmente  l'erario  potrà  essere  privato  d'alcuno  dei  proventi  che  gli  de- 
rivano per  questo  titolo.  Infatti  il  Cancelliere  comitale,  il  Cancelliere  del  Consiglio  re- 
sidente a  Ciamberì ,  ed  i  segretarii  debbono  registrarli  e  dame  memoria  per  iscritto 
oi'ni  mese  ai  maestri  dei  conti.  Lo  stesso  deve  farsi  per  ogni  altra  cosa  riguardante 
il  demanio  ed  il  patrimonio  del  principe  (4).  Per  lo  Statuto  di  Amedeo  VI  del  1379 
bastava  che  ogni  anno  si  sottoponessero  dai  giudici  ai  maestri  dei  conti  i  registri  delle 
condanne  e  delle  concordie  (5).   Ora.   come  si  vede,   le  cautele  sono  cresciute. 


XXI 

Subordinati  ai  maestri  sono  i  chierici  dei  conti.  I  quali  debbono  essere  in  nu- 
mero di  otto  e  non  più,  compresi  i  due  che  custodiscono  le  chiavi  dei  conti,  e  cia- 
scuno di  essi  ha  da  avere  ai  suoi  ordini  uno  scrivano  per  redigere  gli  originali  di  essi 
conti  (6). 

I  doveri  che  essi  promettono  con  giuramento  di  adempiere,  e  mancando  ai  quali 
possono  essere  rimossi  dall'uffizio,  sono  della  stessa  natura  di  quelli  che  incombono  ai 
maestri  dei  conti  ;  ma  debbono  per  giunta  obbligarsi  di  non  attendere  ad  altre  occu- 
pazioni (7). 

Sono  scelti  fra  probi  uomini,  di  buona  fama,  e  sostengono  un  esame  per  dar  prova 
della  loro  capacità  (8).  Si  presentano  ogni  giorno  all'uffizio  per  ricevere  gli  ordini 
dei  maestri;  non  possono  farsi  rappresentare  da  un  coadiutore,  e  quegli  che  ha  inco- 
minciato a  ricevere  un  conto  deve  riceverlo  sino  alla  fine  (9).  Esaminato  il  conto . 
ne  trascrivono  sopra  un  registro  a  parte  i  risultati  finali,  e  rimettono  i  conti  sotto- 
scritti ad  uno  dei  chierici  deputati  alla  custodia  delle  cliiavi  (10).  A  questi  incombe 
la  massima  risponsabiUtà  riguardo  alla  conservazione  dei  medesimi,  e  quindi  sono  ri- 
confermate sull'argomento  le  disposizioni  dello  Statuto  del   1351    (11). 

Alcune  norme  riguardano  più  particolarmente  gli  ufficiali  e  le  funzioni  loro  affi- 
date. Le  estente,  in  base  alle  quali  i  castellani  riscuotono  le  contribuzioni,  debbono 
essere  rinnovate  di  dieci  in  dieci  anni,  e  pel  controllo  se  ne   consegnerà  1"  estratto  ai 


[\)  C.  9,  7. 
^2)  C.  10. 

(3)  V.  intorno  alle  medesime  gli  Statuti  delFanno  1379,  §  XVI. 

(4)  C.  13. 
,5)  C.  26. 

(6   C.  14,  18. 

(7)  C.  15,  16,  17. 

(8)  C.  17. 

(9)  C.  20,  21. 

(10)  C.  22. 

(11)  C.  23. 


19G  I  PRIMI  STATITI  SOPRA  LA   CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA   I>I   SAVOIA 

maestri  dei  conti  (1).  Parimenti,  per  impedire  che  avvengano  usurpazioni  per  parte 
dei  vassalli  quanto  alle  rendite ,  ai  servigii ,  ed  al  demanio ,  è  stabilito  che  ad  ogni 
decimo  anno  i  castellani  procedano  alla  revisione  dei  diritti  che  quelli  vantano,  e  ciò. 
dice  modestamente  lo  statuto,  perchè  è  breve  la  vita  degli  uomini  e  corta  la  memoria, 
ed  i  possessori  dei  feudi  si  mutano  sovente.  I  maestri  dei  conti  debbono  ricordare  questo 
loro  obbligo  ai  castellani,  un  anno  prima  di  quello  in  cui  deve  aver  luogo  la  revisione, 
nell'occasione  che  ne  ricevono  i  conti  (2). 

Venendo  a  Ciamberì,  ogni  ufficiale  deve  portare  con  sé  i  campioni  delle  misure 
e  dei  pesi  usati  nel  luogo  di  sua  residenza  affinchè  i  maestri  dei  conti  possano  rag- 
guagliarli coi  pesi  e  colle  misure  di  Ciamberì  (;ì).  11  ragguaglio  era  necessario  per 
le  vettovaglie  dovute  al  Principe,  sia  che  fossero  conservate  o  destinate  alla  vendita. 
Prima  era  ufficio  di  commissarii  speciali,  deputati  nelle  provincie,  lo  instituire  siffatto 
ragguaglio  (4);  per  lo  Statuto  cotesta  incombenza  è  affidata  ai  maestri  dei  conti. 

In  fine  è  imposto  agli  ufficiali  di  non  allontanai"si  dai  castelli  o  case  loro  asse- 
gnate per  abitazione  o  di  farvisi  rappresentare  da  luogotenenti  rispettabili  e  capaci  . 
sotto  pena  della  perdita  del  salario  e  di  ogni  altro  diritto  proveniente  dall'ufficio  (5): 
e  per  togliere,  almeno  in  parte,  1"  abuso  della  venalità  delle  cariche,  è  loro  proibito 
di  accensare  i  rispettivi  uffizii  ((i). 

Ai  maestri  continua  a  spettare  la  suprema  direzione  e  vigilanza  riguardo  agli  im- 
piegati, al  demanio,  ed  a  tutti  i  diritti  demaniali.  Ma  perchè  possano  esercitarla  con 
piena  cognizione  di  causa,  è  creato  un  nuovo  ufficio ,  che  si  potrebbe  appellare  degli 
isjucttori  (Iniianiaii.  Sono  persone  di  integi-a  fama,  di  piena  fiducia  dei  maestri,  scelti 
da  loro  stessi,  e  posti  sotto  la  loro  assoluta  dipendenza.  Possono,  sotto  un  certo  aspetto, 
paragonarsi  agli  rnqursfeurs  dell'antica  amministrazione  francese.  Ogni  anno,  terminata 
la  resa  dei  conti,  sono  spediti  nelle  provincie,  previo  giui-amento  nelle  mani  dei  maestri 
di  eseguire  diligentemente  e  rettamente  i  loro  incarichi  (7).  Quivi  esaminano  lo  stato 
dei  forti,  de"  molini  ed  altri  cdifizii:  tengono  nota  del  prezzo  corrente  dei  viveri;  s'in- 
formano segretamente  del  modo  con  cui  castellani,  mistrali,  ed  altri  ufficiali  disimpe- 
gnano le  loro  funzioni  ed  i  cappellani  adempiono  ai  loro  doveri  e  se  sia  rispettato 
1  "obbligo  della  residenza  per  parte  degli  ufficiali  ;  riscuotono  le  somme  dovute  al  Prin- 
cipe e  le  consegnano  a  chi  deve  darsene  carico.  Le  cose  vedute  o  pervenute  a  loro 
notizia  debbono  comunicare  alla  Camera  dei  conti  (8). 


(Ij  C.  30. 

(2)  C.  29.  Allo  stesso  intento  mirava  il  disposto  del  e.  23  dello  statuto  del  1351. 

(3)  C.  21. 

(4)  Come  risulta  dal  conto  della  castellania  di  Ciamberì,  a.  1320-1322  cit.  da  Cibrario,  p.  196. 

(5)  C.  8. 
6)  C.  39. 

(7)  C.  32. 
:8)  C.  32-38. 


CESARE  NANI  197 


XXII. 


Il  denaro  che  i  castellani  portano  con  se,  come  frutto  delle  contribuzioni,  in  quali 
mani  è  versato  ?  clii  ne  risponde  ?  con  quali  forme  si  spende  ? 

Le  disposizioni  che  lo  statuto  dà  sopra  questo  argomento,  dirette  a  sradicare  in- 
veterati abusi,  sono  severe:  «  D'ora  innanzi  (vi  è  detto)  perchè  le  nostre  finanze  siano 
meglio  governate,  non  potranno  essere  ricevute  che  da  tre  persone;  cioè  dal  Tesoriere 
generale  e  dai  due  segretarii  della  spesa  del  nostro  ostello.  E  quando  alcuno  di  essi 
avrà  consegnato  una  somma,  qualunque  essa  sia.  grossa  o  piccola,  a  qualsiasi  persona, 
perchè  sia  impiegata  in  qualche  uso.  chi  l'ha  ricevuta  dovrà,  appena  impiegatala,  ren- 
derne conto  a  quegli  da  cui  l' ha  avuta  »  (1).  La  responsabilità  adunque  dei  pa- 
gamenti che  si  eseguiscono  spetta  essenzialmente  a  quelle  tre  persone.  E  perciò,  quando 
il  Conte  o  la  Contessa  od  il  tesoriere  abbiano  spedito  qualche  commissario  nelle  Pro- 
vincie, per  ricuperarvi  finanze  o  vettovaglie  .  è  ordinato,  che  appena  questi  sia  di  ri- 
torno renda  il  conto  dell'incassato  e  dello  speso  al  chierico  dell' o.s'/^//o  del  Conte  o 
della  Contessa  od  al  tesoriere  rispettivamente ,  appunto  perchè  essi  e  non  il  commis- 
sario ne  diventino  responsabili  davanti  alla  Camera  dei  conti  (2). 

E  sono  ancora  essi  che  hanno  principalmente  il  carico  di  fare  i  pagamenti  per 
conto  del  Principe.  Ma  non  possono  procedervi  se  non  osservando  certe  cautele  e  certe 
formalità.  Anzi  tutto,  niuno  può  pretendere  di  essere  pagato  di  un  credito  che  vanti 
verso  il  Conte  o  la  Contessa  se  la  cedola  o  la  lettera  di  debito  non  sieno  accompa- 
gnate dal  mandato  di  pagamento.  In  secondo  luogo,  quegli  che  paga  dovrà  procurare 
che  la  quitanza  sia,  per  opera  di  notaio,  redatta  sul  dorso  della  cedola  o  lettera  di  de- 
bito, e  trasmetterla  in  seguito  ai  maestri  dei  conti,  senza  di  che  non  gli  sarà  menato 
per  buono  il  pagamento  (  3  ).  Parimenti  ogni  volta  che  un  ufficiale  eseguirà  qua- 
lunque pagamento  per  conto  del  Principe  i  maestri  dei  conti  dovranno  farlo  annotare 
in  un  registro  pposito,  afiinchè  quegli  possa  sempre  conoscere  esattamente  lo  stato  delle 
sue  finanze  (4).  Avveniva,  come  si  è  detto  più  sopra,  che  talora  qualche  ufficiale 
sostenesse  di  non  avere  a  rendere  conto  di  alcuna  delle  somme  incassate,  asserendo  di 
averle  spese  per  ordine  ricevuto  dh-ettamente  dal  Principe.  Lo  Statuto  dispone,  che  per 
l'avvenire  i  maestri  non  debbano  dedurre  nella  resa  dei  conti  alcuna  partita  che  sia 
del  demanio  o  del  patrimonio  del  sovrano  a  nessun  ufficiale,  quand'anche  esistano  let- 
tere od  ordini  del  Conte  o  della  Contessa,  o  di  tutti  e  due  insieme,  se  ambedue  non 
lo  impongano  verbalmente  a  tutti  i  maestri.  L'interesse  finanziario  prevale  qui  sopra 
ogni  altra  considerazione  (5). 

Ad  ogni  modo  sono  concetti  nuovi  e  fecondi  clie  si  agitano  sotto  la  dura  appa- 
renza di  queste  disposizioni.  Lo  Statuto  del   1351   aveva  essenzialmente  avuto  di  mira 


(1)C. 

25. 

(2)  e. 

26. 

(3;  e. 

27. 

(4)  e. 

28. 

(5)  C. 

3. 

198  PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOU 

il  controllo  delle  entrate  ;  lo  Statuto  del  1389  va  più  innanzi  e  si  studia  di  proT- 
vedere  anche  al  controllo  delle  spese. 

E  vi  ha  di  più.  Si  adombra  in  quelle,  benché  ancora  incerta  e  indeterminata  nei 
contorni,  l'idea  di  una  nuova  istituzione,  della  Camera  del  tesoro,  sotto  la  forma  di 
un  uffizio,  unico  depositario  ed  unico  dispensatore  del  pubblico  denaro,  soggetto  al  con- 
trollo della  Camera  dei  conti.  Questa  è  la  ragione  per  cui  si  stabilisce  che  i  maestri 
dei  conti  debbano  tenere  un  registro  apposito  nel  quale  annoteranno  segretamente  tutte 
le  somme  versate  a  mani  del  Tesoriere  (1). 

Come  dal  Consiglio  del  principe  è  sorta  a  poco  a  poco  la  Camera  dei  conti,  cosi 
da  questa  doveva  svolgersi  la  Camera  del  tesoro,  organo  necessario  a  rendere  più  sem- 
plice, più  spedita,  più  efficace  l'opera  della  prima.  La  monarchia  feudale  non  potè  che 
iniziare  questa  trasformazione  ;  lo  Stato  moderno  la  vide  compiersi. 

È  sotto  questo  punto  di  vista  che,  come  abbiamo  notato,  ci  paiono  più  special- 
mente notevoli  gli  Statuti  dell'anno  1389,  coi  quali  si  chiude  xm  periodo  della  legisla- 
zione dei  principi  sabaudi,  quello  dei  piimi  tentativi  di  Statuti  generali.  Insieme  con 
quelli  di  Pietro  II,  di  Edoardo,  di  Aimone,  di  Amedeo  VI,  emanati  in  varie  epoche, 
attinenti  al  diritto  pubblico  ed  al  diritto  privato,  essi  sono  da  considerare  come  i  pro- 
dromi di  un'opera  di  maggiore  importanza,  quale  fu  il  Codice  di  Amedeo  Vili. 

Torino,  Aprile   1881. 


(1)  C.  12. 


CESARE    NANI  199 


DOCUMENTI 


I. 


(*) 


Les  Ordonances  faictes  par  monseigneur  le  Conte  de  Sauoye  a  grant  Conseil 
et  a  meure  deliberacion  sus  le  faict  de  ses  comptes  le  vij'  jour  de  feurier 
lan  m  uf  Ij  {"). 


Ce  sdnt  les  ordenances  faictes  pae  monsieur  le  Conte  dg  Sauoye  a  grant  conseil 
et  a  moure  deliberation  sos  le  faict  de  ses  comptes  le  tu'-  jour  de  feurier 
lan  courant  mil.  cccli. 

I.  Computi  reddendi  per  Officiarios  recipiantur  per  Clericos  computorum 
juxla  ordinationem  Auditorum  eorundem 

Premierement  est  ordone  que  messires  P.  de  Montgele,  Guillermet  Bons  soyent 
mestre  des  diz  comptes  et  nayent  la  charge,  et  que  a  lordenance  de  lor  les  diz 
comptes  soyent  recehu  pleynement  pour  les  clers  conteours,  jurez  de  Monsig-neur 
et  deputez  a  ce,  et  autres  que  il  ordeneroit.  Et  que  lidit  maistre  sur  la  foy  quii 
sunt  entenu  a  Monsigneur  entendent  a  deliurer  les  officiaires  si  vnesmeut  quii  ne  se 
puissent  plaindre  eusi  comme  autre  foiz;  la  quau  chose  serait  dommage  [a]  Monsi- 
gneur et  es  officiaires. 

II.  Quod  Clerici  compìitorum  nullos  computos  recipiant  sine  mandato  Domini  aul  Magistroì-um 
computorum.  Nullus  Officiarius  computet  in  manibiis  Clerici  qui  precedentem  compulum 
talis  ofjicii  receperit. 

Item  en  ordone  que  nul  des  clers  desuzdit  ne  reczoiuent  compte  de  nul  oflBciaire 
sans  le  commandement  de  Monsigneur,  desdit  maistres,  ou  daucon  de  lour.  Item 
est  ordone  que  lesdit  meistre  ne  faczoint  en  aucune  maniere  compier  nulz  officiers 
en  la  main  du  clero  qui  auroit  receup  le  compte  de  lan  deuant  dudit  officier  ou  de 
son  office. 

III.  Locatenentes  non  admictanlur  ad  compulandum  sine  expresso  mandato  Domini 

vel  nisi  justa  appareat  causa. 

Item  est  ordone  que  leutenant  ne  aultres  maigneuz  de  chastellain  ou  de  officier 
ne  soit  receupz  a  compter,  fors  que  les  maistres  offlciayres  qui  y  sont  pour  lettres 


(*)  Adempio  qui  ad  uà  gradito  dovere  riagraziando  pubblicamente  anzitutto  l' illustre  Barone 
F.  E.  Bollati  di  S.  Pierre,  il  quale  eoa  squisita  e  rara  cortesia  mi  fu  largo  di  agevolezze  di  ogni 
maniera,  e  gli  egregi  signori  Conte  F.  Saraceno  e  Cav.  P.  Vayra,  Uffiziali  archivisti,  i  quali  mi 
prestarono  valido  aiuto  nella  trascrizione  dei  documenti  che  seguono. 

^**)  Archivio  di  Stato  detto  Camerale,  Registro  intitolato  Staluta  Camere  computorum  et  Decreta 
Ducuni  Sabaudie  ab  an.  1351  ad  an.  1533,  foli.  1  a  20. 


200  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA  LA  CAMERA   DEI  CONTI   NELLA  MONARCHIA  m  SAVOIA 

ordones  par  Monsigneiir,  sanz  lexpres  commandement  de  Monsig-neur  cu  sans  bien 
juste  cause  apparoissant  esditz  maistres  des  comptes;  et  en  cel  oas  les  lieuxtenantz 
cu  aultres  qui  compteroient  pour  lesditz  officiaires  non  soyent  receupz  pour  compter 
synon  prone  et  playne  puissance  de  leur  meistre  a  pueyr  feire  et  lor  obligier  a  tout 
ce  que  porroient  fere  lor  meistre  silz  estoieut  presentz.  Et  retindrout  les  diz  meistres 
les  procures  desus  diz  affin  que  touz  jours  sen  puyssent  fere  pleyne  foy,  et  les  feront 
inserir  au  compte. 

IV.  De  jnnmenin   prpstando    per  Offiriarios  antequam  admiclantur  ad  computandum. 
Pene  incurse  per  Offìciarios  allocentur  in   enrum   computis.    Quod  Of/iciarii   revellent  di'ulias. 

Item  au  comencement  de  chascon  compte  iurera  chascons  officiaires  ou  oil  dessus 
dit  qui  haront  puissance  de  elx  sus  le  sainct  Euangile  de  Dieu  de  present  lesditz 
maistres  des  comptes,  et  sus  la  poyne  de  xxv  liures  des  fors  par  chasciine  foys  qui 
se  trouueroit  en  parjurie,  de  rendre  bon  compte  et  loyal  raison  de  toutes  receptes 
et  liurees,  en  quelque  maniere  que  receu,  qui  peut  toucher  a  Monsig-neur,  ne  liure 
ait;  et  seront  les  peynes  dessus  dictes  escriptes  en  lour  comptes  pour  pueyr  en 
feyre  touz  jours  pleyne  foy  ;  et  de  reueller  les  drolies  quii  barioni  beu  de  censes 
de  fermes,  sur  lesquelz  porueant  de  fere  en  compter  ce  que  lor  semblera  quii  au- 
rient  pois  oultre  manere  et  ordonance. 

V.  Officiarii  non  audiantur  nec  admiclantur  ad  computandum  nisi  prius  computaiierint 

de  precedentibus. 

Item  est  ordone  que  uul  officiaires  ne  soit  oiz  pour  compter  de  son  contio 
present  qui  a  compter  dautre  saison  deuant  jusque  il  ait  compte  du  premyer  temps. 

VI.  Quod  Officiariorum  computi  tam  prò  preterito  quam  presenti  concludanlur. 

Item  est  ordone  que  tous  ceulx  qui  ont  estez  officiayres  de  Monsig-neur  au 
temps  passez  et  qui  de  present  ne  le  sont,  qui  non  bariont  clous  lor  couties  dou 
temps  quii  bariont  tenu,  soyent  mande,  et  sus  grosse  poyne,  de  venir  compter  de 
present  et  clourre  lours  conties.  Et  la  poyne  reg-istree  soit  deuers  les  maistres ,  et 
se  recouroit  sii  sont  desobeissent. 

VÌI.  Officiarii  compulent  de  arreragys  et  mffertis ,  nisi  sii  justa  in  contrarium  causa. 

Item  est  ordone  que  tous  les  officiayres  contemt  entierement  des  arrages  et  des 
suffertes  pour  eusi  quant  lour  est  mande  et  enjont  pour  les  letres  de  Monsigneur 
sii  nauoient  juste  exception,  encontre  laquelle  voyent  a  grant  diligence  les  maistres 
desus  dit. 

Vili.  Auditores  computorwn  se  informenl  de  qucrelis  et  pelicionibus  Offìciariorum  circa 
detractiones  per  eos  petitas  ob  peslem  ani  raristiam.  Et  informenl  Dominum  de  verilate, 
et  inde  fiat  iuxta  mandalum  Domini. 

Item  est  ordone  que  sus  les  deductions  que  demanderont  les  officiaires  ou 
aucon  de  lour  por  raison  de  la  murtilitee  que  les  dit  meistres  des  conties  aient 
tresgrant  auis  et  bone  deliberation  a  uoier  la  diligence  que  les  dit  officiaires  y 
haront  rais,  et  ce  por  chertres  et  por  lor  serement  et  por  tote  autre  seurte  qui  bone 
lor  semblera;  et  ce  que  lour  semblera  reportoieut  a  Monsigneur  de  boucbe,  sii  puet 
estre,  ou  por  letres,  et  apres  facent  sur  ce  que  Monsigneur  en  ordonera  et  facent 
a  entendre  par  les  officiayres. 


DI  CESARE  NANI  201 

IX.  Omnia  rictualia  Domini  vendantur  per  Auditores  computorum  ad  comodum  Domivi. 
Preda  victualium  recipiantiir  per  Thesaurarium.  Cere  et  species  debite  Domino  soluantur 
per  Officiar ios  in  Chamberiaco. 

Itera  en  ordone  que  toutes  les  choses,  queles  qiieles  soyent,  qiie  messires  (?)  ait 
en  ses  offlces,  soyent  bles  vin  polaille  ciré  espices  et  fein ,  soyent  vendues  par  les 
meistres  conteoiirs  dessns  ditz  anmieiiz  qne  fere  se  porrà  pour  le  profit  Monsigneur, 
es  ofHciayres  ou  aultres  gent;  et  le  pris  des  choses  dessus  dictes  viendra  en  la 
main  del  tresurier  Monsigneur  pour  les  neccessitees  dii  dit  Monsigneur  et  de  son 
hostel,  ensi  que  ordone  yet;  et  cires  et  espieces  soyent  payees  ou  furees  a  Cham- 
bery  pour  les  offlciayres  dessus  dit  deuant  quii  partissoieut  de  Charabery.  Et  ce  sus 
bonne  poyne,  laquel  soit  registree  deuers  les  meistres  et  recouuree  sii  faillent.  Et 
que  li  meistre  seuforment  de   la  value  des  choses  eu  chascuue  marche. 

X.  De  certo  subsidio  tunc.  concesso  Domino. 

Itera  sera  enioint  esditz  ofBciaires  ce  que  sera  ile  la  volente  Monsigneur  sur 
le  faict  du  subside  dehu  a  Monsigneur  en  son  poys,  per  on  ant  aceauz  qui  lont  paie 
vne  foys,  et  pour  deux  anz  a  ces  qui  ne  nont  point  paye.  Et  les  dit  meistre  degent 
informer  Monsigneur  de  ceauls  qui  ne  lont  paie  et  des  aultres  par  maniere  que  Mon- 
signeur en  ordouoat  ainsi  quant  lny  semblera.  Et  lenformation  il  facent  au  plus 
brie  que   se   porrà,  si  (|ue  messire  en  ordonoit. 

XI.  Quod  pensioncs  saluantur  per  Officiarios. 

Itera  en  ordone  comment  les  dit  meistres  proourant  en  vers  les  ditz  officiayres 
quii  se  obligent  a  payer  les  pensions  ordonees  en  Ihostel  Monsigneur  et  celes  pen- 
sions  quii  apportoient  ou  traraectoient  aux  terraes  et  auz  iours  ordone  au  raeyns  de 
charge  quii  pourront  par  Monsigneur;  et  a  ce  se  obligeut  et  submectant  les  dit  offi- 
ciaires  sus  la  jioyne  dou  doble,  et  celle  poyne  registre  soit  en  lour  compte  ne  non 
lour  en  soit  feite  grace  se  il  la  cominectoient,  ne  exi'eptions  ne  conunandement  quii 
heussent  en  contraire  ne  lour  puisse  valoir  eu  nulle  raaniere ,  se  ce  nestoit  tant 
seullement  que  Monsigneur  ou  son  ostel  despendissaint  lesdictez  pensions  ou  liues 
que  tiendroient  lesdictz  olìiciaires;  et  tant  que  sii  ofiiciaires  ne  lour  procureur 
dessusdit  se  soint  obliges  a  ce,  et  sus  la  poyne  dessiisdicte,  ne  lour  soit  clos  compte 
ne  soyent  licenciez  de  Charabery  sans  le  commanderaent  de  Monsigneur  qui  y  pouruee 
ensi  quorame  li  serablera.  Et  ceste  ordenance  sera  por  deiiers  le  Chanceilier  a  fin  que 
quant  changement  de  officiaire  se  fera  elle  soit  inseree  en  lour  letre ,  et  se  y  soub- 
raectront  et  oblig'eront  en  la  forme  dessus  diete,  et  parrent  ly  officiaire  qui  seront 
heu  negligent  de  payer,  oultres  la  poyne  dessus  dite,  touz  les  despens  qui  se  feroient 
au  recourer  les  [letisions  pour  enx  deheues  pas.-^es  les  termes. 

XII.  Officiarii  non  relaxentur  nisi  prius  solntis  pensionibiis  ne  rcmnnenriis  computorum. 

Itera  que  nul  ofQuiaires  soit  deliures  ne  licenciez  de  Chainberi  ne  clous  ses 
comptes  jusque  a  tant  quii  aura  paie  ce  quii  doit  des  pensions  du  temps  passez  et 
ce  quii  deuroit  daultre  part  pour  remaneuce  de  son  corapte.  Item  que  li  dit  maistre 
enioignent  a  touz  les  olìiciaires  quii  recouurent  tonz  les  arrages  de  leur  offices,  qui 
que  les  doiue. 

XI II.  Miigislri  computorum  ordinent  pensiones  prout  eis  videhitur. 

Itera  est  ordone  que  les  dit  meistres  haient  a  arbitrer  et  ordoner  es  offi- 
ciaires  les  pensions  dessus  dites  sellon  ce  que  lour  sembleront  cbargier  ou  de- 
chargier  les  offices.  Et  touzjours  la  raetront  il  ou  plus  quii  porront  bonnement  por 
ce  que  Monsigneur  soit  raielz  et  plus  pleineraent  pourueluiz. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  .  26 


202  1   PRIMI  STATUTI   SOPKA  LA  CAMERA  DBJ  CONTI   NELLA  MONAKCHLi  DI   SAVOIA 

XIV.  Iniuiìgalur   Officiariis   quod   recipianl  prò  Domino   omnia   exnaordinaria   eidem  debita. 
De  bis  que  predali  Officiarii  recipient  exlraordinarie  hahehunl  ij  solidos  prò  libra. 

Itera  est  ordone  quii  soit  enioint  es  offlciaires  por  lesdit  meistres  de  recoiirer 
en  lour  offices  toutes  choses  extreordinaires  dyues  a  Monsigneiir ,  coinme  debtes, 
deiiiers ,  et  autres  deptes  quii  quii  soyeiit,  et  lour  bailleront  les  dit  meistres  por 
iuuentoire  chartres  et  toutes  inforraations  des  debtes  deasus  dit,  et  les  meistres  les 
procureront  a  auoir  por  deuers  eulz  sag-ement  et  a  bone  dilig-ence  de  toutes  les 
marches  de  la  contee  a  fin  que  a  cest  present  compte  les  puissent  ballier  es  dit 
officiaires  ensi  come  dit  est  dessus.  Et  aussi  quant  esdit  officiaires  les  bailleront  par 
inuentaire,  les  recoyuent  de  ceanz  qui  les  lor  bailleront.  Et  des  debtes  desinyz  dessus 
diz  laissera  messire  auz  deuelliers  (?)  selouc  ce  que  autrefoiz  est  Leu  ordone  por 
lui.  Et  a  ce  que  les  officiaires  soient  plus  diligent  al  recourer,  il  prandront  en  ce 
quii  recouureront  par  Monsigneur  ij  solz  par  liure,  et  ce  quii  recouuront  lour  re- 
mandra  en  descharge  de  ce  que  .Mousigneur  leur  seroit  entenuz.  Et  ce  il  pro- 
mectront  bien  et  loialment  faire  a  lour  seirement  et  de  rendre  bon  compte  et  mostrer 
lour  bonne  diligence  es  comptes  auenir  de  ce  quii  aront  peu  recourer  des  debtes 
dessus  dit ,  et  ce  deuant  laut.  Les  oiliciaires  a  cuy  seroit  ceste  ordonance  enioincte 
se  changeoient  par  monsieur  le  Chancelliers  deuant  que  les  letres  des  offices  lor 
soient  rendues,  lour  aura  baille  ladicte  ordonance  et  mis  en  lordre  qui  afferra. 

XV.  Magislri  compulorum  aduisahunt  circa   reempHonem  aut  rehabitionem  officiorum 
impignoratorum  et  circa  onera  super  illis  imposila. 

Item  est  ordone  que  les  meistres  dessus  dit  regardoient  et  auisoient  pour  toutes 
les  manieres  que  fere  se  porroit  de  mectre  en  deliurance  des  offices  Monsigneur 
tant  quant  il  porront  bonement,  et  cil  qui  porront  estres  deliures  soient  entierement 
et  sans  anitre  charge  mis  et  ordone  a  la  necessite  de  Monsigneur ,  ne  ne  tor- 
noient  arriers  en  empecbement  sanz  grant  et  mour  conseil. 

XVI.  Magistri  compulorum  proiiideant  circa   salaria   e!   pen.mnes  ;  et  de  illis   fiat   regislrum 
quod  ostendaliir  Domino  vt  super  eo  prouidere  possit. 

Item  est  ordone  que  les  meistres  des  comptes  auisoient  les  sallaires  et  les  pen- 
sions  que  Monsigneur  done,  quelque  part  que  ce  soit,  et  celle  mectoint  en  registre. 
et  le  registre  monstroient  a  Monsigneur  atìu  quii  y  puisse  poruoir  en  ce  quii  y  seroit 
tropt  grauez  sans  bone  cause.  Et  ce  se  face  auant  que  les  compties  soyent  acomply. 

XVII.  Magistri  compulorum  aduideant  circa  heredilales  et  successiones  Domino  perueaientes. 

Item  est  ordone  que  les  meistres  sus  les  heritaiges  des  liomes  de  Monsigneur 
qui  vaquent  et  sont  a  sa  main  avisoient  diligiement  et  voient  la  diligence  qui  a  este 
mise  por  les  officiaires  a  ceaulx  herilages  bailler  au  profìct  de  Monsigneur.  Et  se 
les  offlciaires  ny  ont  heu  bonne  cure,  sy  en  soient  repris  et  leur  soit  feyte  com- 
mission  por  les  meistres,  aiouste  ancone  bone  persone  des  offices  avoyeulx  secont 
la  faculte  de  les  cboses,  a  mectre  les  dit  heritages  ou  autres  choses,  qui  soyent  a  la 
main  de  Monsigneur  por  cause  de  deflFaut  de  teneuientier ,  au  plus  de  profit  et  au 
mainz  de  domage  que  metre  se  porroit  pour  Mousigneur.  Et  ce  lour  sera  enioint 
sus  lor  serrement  a  faire  bien  et  loyalement. 

.WIII.  De  renieiidis  raslris  inìpigiioralis. 

Item  est  ordone  que  les  dit  officiaires  soient  requis  pour  Monsigneur,  sii  y 
puet  estre ,  ou  por  autres  quii  y  voudra  ordoner,  comme  il  lour  plaise,  laisser  a 
Monsigneur  la  prise  de  lant  auenir,  sans  leur  de  rens  paier  pour  rambre  ses  cha- 


CESARE   NANI  203 

stiax  qui  sont  en  gage ,  lesqualx  il  entend  a  rembre  a  laide  de  Dieu  et  de  ses 
genz.  Et  ceste  requeste  faceint  les  raeistres ,  et  les  responces  meteint  a  la  fin  de 
chascon  compie. 

XIX.  De  solucione  caualcate. 

Item  est  ordone  quii  soit  mis  sus  les  ofSciaires  en  lour  comptes  le  prist  quii 
auront  por  aler  en  la  chiuauchie  Monsigneur  en  Piemont,  laquel  chiuauche  fu  contre- 
mande  et  ny  alaront  point  ;  et  des  autres  qui  ne  sunt  officiaires  il  sera  faict,  asauoir 
es  dit  meistres,  pour  maniere  quii  puyssent  enioindre  es  officiaires  dessus  cuy  il 
seront  quii  soient  contreint  por  la  plus  fort  maniere  que  fere  se  porrà  a  rendre  et 
baillier  en  la  main  du  tresorier  Monsigneur  ce  que  il  nauront  heu;  et  des  autres 
qui  ne  sunt  de  la  terre  Monsigneur,  qui  ont  heu  aussi  de  cest  argent,  ordone  a 
Monsigneur  ce  que  li  plaira. 

XX.  Pene  incurse  per  Of/iciarios  allocentur  in  eorum  computis. 

Item  est  ordone  quii  soit  mis  sus  les  officiaires  en  lour  comptes  les  poynes 
qui  leour  sunt  mise.s  de  part  Monsigneur,  es  queles  il  non  ont  obey  soit  por  le  faict 
de  ce  quii  ne  sunt  venu  compier  quant  lon  les  a  mande,  ou  por  les  pensions  de  lostel 
Monsigneur  non  paies  ou  por  autre  cause.  Et  auront  puissance  de  Monsigneur  de 
Sauoye  les  dit  meistres  dou  comptes  de  mectre  poynes  es  dit  officiaires  por  taiit 
quant  locherà  le  falci  de  lour  comptes.  Lesquelles  poynes  seront  tenuz  de  registrer 
les  dit  meistres  deuers  eaulx. 

XXI.  Magistri  compulorum  perquirnnl  ab  Officiariis  et  se  biformenl  de  slatti  domoìmm, 
stagnorum,  forcstannn,  furnorum,  molendinorum,  et  aliorum  eie. 

Item  est  ordone  que  lesdit  meistres  saichent  des  officiaires  les  deffaiiz  qui  seroient 
es  chastiax  de  lor  offices,  ou  en  oures  a  faire,  ou  en  estayns,  en  fores,  en  fors,  ou  en 
molins  ou  en  aultres  choses,  quelles  quelles  soient  ;  et  ceauz  defFauz  degeut  retenir 
les  dit  meistres  por  deuers  eau.K  affiu  quii  les  puisseut  mostrer  a  Monsigneur  qui 
puisse  mectre  le  remede  qui  afferoil. 

XXII.  Officiarii  leneantur  manutenere  domus  domini  coperlas,  sub  prua  e  librarum. 

Item  lour  .sera  enioint  par  les  mestres  de  lenir  les  chastialx  a  sonte  por  la 
maniere  quii  le  doiuent  fere,  et  ce  sus  poynes  de  e  liures  registrez  deuers  les 
meistres,  les  ales  et  les  autres  ediffices  Monsigneur. 

XXIII.  Piovideatur  super  recognitionibns  pendis. 

Item  est  ordone  que  les  dit  meistres  haieut  auis  auoique  les  dit  officiaires  por 
quel  maniere  et  \)0V  quii  clers  sofisant  a  ce  faire  se  porrieut  feire  mielz  les  regichies 
de  Monsigneur  et  au  pluys  de  son  protìt  en  lour  offices.  Et  ce  reporteront  les 
meistres  a  Monsigneur  a  ce  quii  y  poruee  briefmant ,  car  il  y  est  fort  dommagier 
et  seroit  encor  plus  sii  ne  se  faisoit  toust  por  cause  des  genz  qui  sont  mori  et  les 
heritages  transporter. 

XXIV.  Sciat  Dominus  diminulionem  sui  redditus  oh  peslem  euentam. 

Item  est  ordone  que  lesdit  meistres  mostroient  a  Monsigneur  passe  les  comptes 
que  puet  estre  decroissu  cumunelment  chascons  de  ses  offices  por  la  reison  de  la 
murtilite. 

X.W.  Officiarti  dehe'ììU  sub  juramenlo  se  informare 
de  subtractione  aut  vsurpacione  Juriuvi  Domini  ei  reuelare  Magislris  computorum. 

Item  est  onione  quii  soit  demaudees  officiaires  dessus  dit  per  leur  seremenl  sii 
seiront  en   lour  offices   chose  en  que  Monsigneur   soit  domagiez  ne  grauez   a  tort 


204  I   l'RIMl  STATUTI  SOPRA  LA   CAMKKA   DEI  CONTI   KELLA  MONARCHIA   DI  SAVOIA 

poit  en  iuridition  que  autres  approprioit  a  ly ,  soil  en  homages  ,  ne  en  feu  ne  en 
refeu  ne  en  heritages,  soit  en  enquestes  cachiez,  soit  en  cas  de  forfait  encontre 
Monsigneur  et  sa  Court,  cu  aiitre  liquel  par  fauour  amour  ou  autres  choses  hait 
este  cachie  et  non  mis  en  voye  de  raison  ou  en  qiielque  autre  maniere  que  ce  soit; 
et  ce  que  il  en  repcrteront  soit  mis  secretement  en  escript  deuers  les  dit  meistres. 
Et  se  les  dit  officiaires  nestoyent  pleinement  des  dictes  oboses  informe,  ce  lour  soit 
donez  termes  de  duos  moys ,  dedauz  lequel  il  soient  entenu  de  venir  dire  ou  mander 
en  lettre  dessoubz  lour  saielx  secretement  les  choses  dessus  dites,  afin  que  les  dit 
meistres  puyssaut  si  toust  qiiant  il  auriant  lenformation  faire  eu  raport  a  ilon- 
signeur  por  manere  quii  y  puisse  poruoir  et  ordouer  a  sa  volunte. 

XXVI.  Vagistri  compuiorum  iniungaiit  Officiìriis  sub  pena  qiiod  vnicuù/ue 
facianl  instnmieiHum.  Officiai ii  siiil  (jraciosi  et  expeditiui  circa  administracionem  jusiicie 

Item  est  ordone  quii  soit  por  les  dit  meistres  enioint  et  expressement  commaiide 
depart  Monsigneur  es  officiaires  et  sus  la  poyne  de  quant  quii  se  porrient  meffaire 
enuers  luy  comment  il  tiemeut  et  faczoiiit  firmemaut  et  entieremaut  raison,  et  aussy 
des  granz  quant  des  petiz,  et  ce  por  nulle  chouse  ne  leissent.  Kt  se  il  trouoient  por 
auentnre  aucons  rebelles  encontre  eulx  ne  contre  lestat  de  Jlonsigneur,  soyt 
poruoient  por  tei  mauere  quii  soit  lonnor  de  Mon.-igiieur  et  la  lour  et  eximbles  par- 
durables  a  ceaux  auenir.  Et  au  cas  que  le  fait  seroit  tei  quii  ny  porrient  feire  bou 
deuoir  por  eaulx,  si  correint  a  lour  ballif  et  le  ballif  au  Consoli  et  a  Monsigneur,  et 
el  cas  que  es  choses  dessus  dictes  Monsigneur  trouueroit  nul  deifaut  par  leor  culpe 
ne  por  la  culpe  de  leor  leutenaiez  ,  Monsigneur  les  en  puniroit  et  por  tei  ma- 
niere quant  raison  en  porroit  apporter ,  ne  jamais  naurient  de  Monsigneur  cel 
office  ne  autre,  ainz  les  tiendroit  pour  tieux  quant  il  seroient.  Et  lor  soit  enioint 
quii  soyent  si  gracieux  et  si  brief  en  fere  reison  a  ceaulx  qui  deinanderont  deuant 
eulx  que  por  tropt  despens  ou  par  alongement  il  nayent  ochoison  de  recorre  a 
autre  Court. 

XXVIl.  Magislri  cumputorum  lencanlur  declamre  Domino  (jitnliter  seruiaiU  dicli  Officiarii. 

Item  est  ordone  que  les  dit  meistres  soyent  tenuz  sur  la  foy  et  le  seyrement 
quii  ont  a  Monsigneur  de  dire  li  en  secrest  lesquelx  officiaires  ,  sellonc  quii  puent 
apperceuoir,  sieruent  le  dit  Monsigneur  bien  loialement  et  a  son  profit,  et  li  quel  non. 

XXVIII.  Clerici  compuiorum  non  passini  e.rtrahere  rompulos  sine  licencia  Domini 
aut  Magistrorum  romputorum.  Quod  rumpuli  regislrenlur. 
Magislri  ordineni  gardaui  compuiorum. 

Item  est  ordone  que  nyons  des  clers  ordone  es  compties  ne  puyssent  traire  nul 
des  compties  de  fors  sanz  le  commandement  Monsigneur  et  sanz  les  dit  eonties 
registrer.  Kt  degeint  les  dit  meistres  ordoner  de  la  garde  des  clees  des  comptes  par 
maniere  que  nul  ny  puisse  entrer  sanz  lour  sane  et  commandement.  Et  encor  de- 
geint les  dit  meistres  feire  registrer  en  on  papier  touz  les  comptes  qui  se  troueront 
lay  ou  on  les  tient  deus  xxx.''  anz  encza,  por  ce  que  nul  ne  sen  puisse  perdre  ft 
que  lon  puisse  scauoir  ceans  qui  foudront. 

XXIX.  Magislri  cnmpiitornm  ordinenl  circa  aìios  computcs  de  quibus  hic  non  fil  mencio 

prout  eis  metius  ridehitnr. 

Item  est  ordone  que  les  dit  meistres  es  autres  cas  tochant  les  dit  comptes  de 
que  ne  se  feit  mentiou  dessus,  et  qui  seroient  tropt  Ione  a  escrire  ne  boneraent  ne 
se  porrient  desclairier,  mectaint  la  bone  ordenance  qui  lor  seniblera  au  jilus  de 
protìt  quii  porront  pour  Monsigneur. 


CESAKE  NAXI  20r) 

XXX.  Prohihelur  Officiariis  quod  nemitiem  lelineani  prò  feudo  aul  retrofendo. 

Item  deffendaiut  li  dit  meistre  es  officiaires  dessouz  certeynes  poynes  quii  non 
retienant  achetour  ne  autrerf  aquirieurs  por  quelque  tiltre  que  ce  soit  de  feu  gentil 
ne  de  seruis,  soreseruis. 

XXXI.  Fiat  informatin  de  comodo  et  incomrido  Domini  circa  ruralia. 

Item,  car  en  ancona  leus  molins  et  autres  choses,  fors  praz  et  vig-nes,  feire  et 
mantenir  coustent  mais  a  Monslgneur  et  ont  costa  quii  nont  fait  de  profit ,  et 
sauisaint  les  meistres  en  touz  les  Ines  et  se  enformaint  sus  et  an  Conseil  doiez 
officiaires  dou  leu  dou  mayour  profit  de  Monsigneur  et  en  faceint  et  en  joignant 
a  lour  sen  ce  qui  lour  semblera  por  le  mellor,  et  le  reporteint  a  Monsigneur  a  fin 
quii  en  puisse  fere  ce  que  li  semblera. 

XXXII.  Fiat  registrum  de  remanenciis. 

Item  seynt  tenu  li  meistre  toutes  les  remaiiances  qui  se  denront  a  Monsio-neur 
et  qui  denza  a  registrer  et  enuoyer  a  Monsigneur  por  escript. 

XXXII  I.  Prouideiint  Magistri  computorum  circa  copias  computo ivm. 

Item  proueaint  li  meistre  que  li  clert  douz  conpties  se  paient  des  copies  por 
tei  manere  a  lauignent  que  li  officiaire  nayent  cause  de  se  pleindre  ne  por  ce  faire 
mal  adroit  et  que  il  soient  briemant  deliure. 

XXXIV.  Presens  Ordinalio  vnacum  Onlinalioiie  status  domus  Domini  registrentur. 

Item  porueant  li  meistre  que  les  pressans,  ordenances,  celes  de  la  prouision  de 
lostel,  et  toutes  les  autres  les  quelles  sont  por  les  compties ,  soient  registrez  et 
mises  en  parchemin  et  mises  la  ou  se  garderont  les  compties  ;  et  chaseons  douz 
clercs  dou  compties  ait  la  copie. 

.\.\XV    De  seruicio  Cnpellarum  Domini  ei  de  solutione  earundem. 

Item  porueant  li  meistre  a  bonne  diligence  que  les  chapelles  ordonees  en  les 
chastellanies  par  Monsigneur  jadis,  que  Dieus  absoue,  soient  bien  seruies  et  pale  li 
chapellain,  sans  fauta  et  diminution.  Et  sus  ce  regardaint  de  poruoir  diligerament, 
cart  aussi  en  sont  il  enchargaie  comme  exequutoux. 

.\XXVI.  De  moderatione  custodie  domorum  Domini. 

Item  aduisaint  li  meistre  les  garnisons  des  quauz  se  conterà  en  chascon  oflice, 
et  celle  moderoint;  et  les  sallaires  seront  ce  quii  lour  semblera  por  le  melliour. 

XXXVII.  De  inuenlariis  Mohilium  caslroritm  Domini. 

'  Item  proueant  que   tuit   li  enuentayre  darmez ,  garnimanz  et  aultres   choses, 
sencloant  et  mectant  es  compties  de  chascon. 


206  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA   CAMERA   DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  DI  SAVOIA 


11. 

(*)  Statuta  et  Ordinationes  facte  per  dominam  Bonam  de  Borhon  [et  Amedeum 
comitem  Sahaudie  ]  in  Camera  computorum  [  anno  m.  ecc.  Ixxxùc,  die 
xxix  decemhris  ]. 


Nous  Bone  de  Bourbon  contesse  et  Ame  conte  de  Sauoye  par  ces  presente» 
faisons  scauoir  a  tous  presans  et  auenir  que  nous,  heue  longuement  nieure  deli- 
beration  auecqiies  noz  conseilliers  cy  dessonbtz  escripcz  et  aultres  uoz  barons , 
cheualliers  et  conseilliers  ,  sur  le  esdressement  et  bou  gouernement  par  le  temps 
auenir  de  noz  coiuptes ,  au  lous  honour  et  reuerence  de  Dieu ,  de  la  glorieuse  be- 
noite  vierge  Marie ,  et  de  tonte  la  Court  celestiel ,  a  conseruation  et  per  Ivtilite 
accroinsauce  et  esdressement  de  nostre  honueur  et  estat  et  de  noz  pays,  bieus  et 
subg-iez ,  et  de  noz  successeurs,  aussi  per  uous  et  per  noz  dicz  successeurs  a  tous 
jours  mays ,  hauuns  faict  et  faisons  les  ordenances  et  status  cy  dessoub  escriptes , 
les  queles  nous  volous  tenir  et  obseruer  per  nous  et  nostres  successeurs,  et  orde- 
nons  inaudons  et  cominandons  estre  obseruez  et  tenus  per  noz  bien  amez  monsieur 
Johannard  Prouaue  clieuallier,  Andre  Belletruche ,  Anthoyne  Barbier,  et  Pierre  Ma- 
gnin  de  Chamberi  ,  niaistres  a  present  de  noz  comptes ,  et  per  les  aultres  qui  se- 
ront  per  le  temps  aduenir  maistres  et  auditeurs  de  noz  comptes,  et  per  tous  noz 
aultres  offlciers  et  subgiez  presens  et  auenir,  Fans  nul  deffaut,  sus  et  per  le  gou- 
ueruemeut  de  noz  ditz  comptps  et  toutes  escriptures  et  aultres  chouses  tochantz  a 
yceulx  par  la  forme  et  maniere  qui  se  ensuyuent. 

I.  Forma  juramenti  Uagistronim  computorum. 

Premierement  que  les  maistres  des  ditz  comptes  promectent  de  nous  seruir  sur 
la  examination  des  comptes  et  toutes  autres  chouses  dependautz  des  ditz  comptes 
bien  et  loyalement  a  boue  diligence  ,  et  garder  le  honneur  protìt  et  cheuance  de 
nous  a  leur  pouoir  ,  iustice  non  oflFendue,  et  que  per  amour  temour  ne  profit  eu 
nul  eas  il  ne  feront  le  contraire. 

II.  Quod  non  recipiatU  dona. 

Item  que  lesditz  maistres  ne  poiut  deulx  per  leur  ne  per  anitre  ne  degeht 
prendre  nuls  seruis  proufits  ne  dons  de  point  de  oftìciers  ne  anitre  persone  qui  hait 
a  besoigner  auecque  eulx  per  cause  de  leurs  offices. 

Ili    De  non  delrahendo  quicqunm  de  Palrimonio. 

Item  que  les  dicz  maistres  des  comptes  ne  degent  deduyre  a  nul  officier  nulle 
ehouse  qui  soit  du  domayne  et  patrimoyne  de  nous  ,  par  mandement  ne  par  lettVes 


(♦)  Archivio  camerale,  citato  Registro  degli  Statuta  computorum  etc. ,  foli.  12'  -22.  —  Questi  Stai  iti 
vennero  pubblicati  per  la  prima  volta  da  Tommaso  Capre  nel  suo  Traité  historique  de  la  Chambre  dei 
comptes  de  Savoye.  Justifié  par  titret ,  Statuts ,  Ordonnances ,  Edicts,  et  autres  preuves  tirées  dei 
Archires.  Lyon  1662,  in-4''  (pagg.  28-37),  senza  dire  donde  li  traesse;  poi  da  Alessandro  Jolly  {Com- 
pilation des  anciena  Kdits  dex  Princes  de  la  royale  Maison  de  Saroi/e.  Ciiambery  1G79,  in-4°),  ed  in 
ultimo  da  Amato  Duboin  nella  nota  sua  Raccolta  per  ordine  di  materie,  tom.  ni.  Parte  2*,  pagg.  •'i2,">- 
531.  Questi  ultimi  bauno  riprodotto  il  tosto,  assai  errato,  del   C'apre. 


CESARE    NANI  207 

de  nous  ou  daucun  de  nous  faitz ,  ne  deuoir  a  faire ,  se  ce  nestoit  que  nous  am- 
bedeux  ensamble  le  comandessions  de  bouche  expressement  a  tous  les  maistres 
ensemble. 

IV.  Ouod  omnes  Ofjlciarii  annis  sìngiilis  computent. 

Item  que  tous  noz  officiers ,  de  quelque  condition  et  estat  quii  soyent  ,  tant 
deczay  les  montz  comme  de  lay  et  aultre  part  ou  que  nous  les  hayous ,  presans  et 
auenir,  soyeut  enteuus  de  compier  chascun  an  ,  et  que  lon  raandeist  chascun  an 
tous  les  dit  officiers  per  compter ,  sur  certaynes  poynes  ,  et  que  tous  les  comptes 
se  facent  et  soyent  clous  et  examinez  pleynement  deys  le  premyer  iour  de  ianuyer 
iusquez  le  premier  iour  de  may. 

V.  Ouod  pene  commisse  in  compuHs  allocentur. 

Item  que  les  poynes  mises  es  officiers  per  les  ditz  maistres  a  cause  de  leurs 
oftìces ,  tant  per  venir  compter  comme  aultrement,  les  queles  les  ditz  officiers 
commectront  par  desobeissance  ou  autrement ,  que  celles  telles  poynes  Iour  soyent 
alloyees  en  leur  comptes  et  a  leur  charge. 

VI.  Quod  principales  Officiarii  debenl  personaliler  venire  eomputaturi. 

Item  que  per  le  hounour  et  profit  de  nous  mieulx  garder  tous  les  officiers  des- 
sus  dicz  soyent  entenus  de  venir  compter  en  propre  persone,  non  point  per  procu- 
reurs  ,  ou  cas  quii  non  hauront  iuste  excuse  de  non  pouoir  venir;  ouquel  cas  il 
degent  transmectre  procureur  tant  souftìsant  quii  puisse  et  sachet  excuser  sur  le 
faict  du  compte  de  son  maistre  et  aultres  chouses  qui  appartiendrient  a  faire  per 
sondit  maistre  per  cause  de  son  office  aussi  bien  que  comme  ledit  son  maistre 
estoit  present. 

VII.  Pene  officiariis  inflicle  eie.  De  comparendo  in  Camera  et  non  recedendo  donec  eie. 

Item  que  les  officiers  non  degent  partir  de  Chamberi  ou  du  luef  ou  les  comptes 
se  recepurout  iusquez  a  tant  que  leurs  comptes  soyent  faiz  compliz  et  examinez , 
ne  sans  la  licence  des  maistres  des  comptes ,  sur  la  poyne  de  xxv.  libr.  de  fors  et 
de  vng  florin  per  chascun  iour  quii  feront  le  contraire. 

Vili.  De  resideneia  fienda  per  Officiarios  in  castris  Domini. 

Item  que  les  officiers  qui  tiendront  offices  ou  il  aura  chastel  ou  maison  qui  soit 
nostre  soyent  entenus  de  y  faire  leur  demourance  et  liabitation ,  ou  Iour  lieuxte- 
nantz  honorables  et  souffisautz;  et  au  cas  quilz  feront  le  coutraire ,  que  les  mai- 
stres des  comptes  ne  leur  alloyeut  point  leur  sallaire  ne  aultre  droit  doffice. 

IX.  Forma  juramenti  per  Ofjiciarios  preslanda. 

Item  que  tous  les  officiers  soyent  entenus  au  commencement  de  leur  compte  de 
iurer  et ,  sur  la  peyne  de  xxv.  libr.  de  fors ,  de  compter  bien  et  loyalement  et 
de  faire  actendre  et  obseruer  les  ordouances  dessus  et  dessous  escriptes  et  aultres 
commandemens  raisonables  que  les  maistres  leur  feront  depart  nous. 

X.  Officiarii  non  sint  presenles  in  Camera  compuloi'um. 
Item  que  nul  officier  ne  soit  present  a  la  examiuatiou  de  son  compte. 


208  I   PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA   DEI  CONTI   NELLA   MONARCHIA   DI   SAVOIA 

XI.  Omnes  computi  in  cnstro  Chamberiaci  exnminentur,  nec  ab  ipso  extrahantur 

sine  mandato  MaQistrorum. 

Itera  que  tous  les  comptes  se  degent  recepuoir  et  exarainer  cu  chastel  de 
Chambery,  et  que  nul  nompte  ne  soit  poiirte  ne  traici  hors  dudit  chastel  sans  le 
commandement  des  maistres. 

XII.  De  fiendo  registro  libratarum. 

Item  que  les  maistres  deg:ent  auoir  vng  papier  quii  garderont  par  deuers  eulx, 
ouquel  il  degent  registrer  secretement  toutes  liurees  faictes  a  thesauriers  et  aulire.* 
manieres  de  gens  qui  en  deburont  compier. 

XII 1.  Quod  Cincellarius  preudens  Chamberiaci  et  omnes  Secretarii  aclus  concementes 
Patrimoìiiitm  singulis  mensihus  ad  Cameram  mictant. 

Item  que  nostres  chancelier.*  et  aussi  le  Chancellier  de  nostre  Conseil  resideut 
a  Chambery,  et  aussi  noz  secretaires  soyent  enteiius  de  registrer  les  accordies  qui 
se  feront ,  et  que  il  les  degent  bailler  ou  tramectre  en  memorial  par  escript  cha- 
scuu  mo3's  es  maistres  des  comptes  ensemble  toutes  autres  chouses  touchans  nostre 
domayne  et  patrimoyne  affin  que  les  maistres  les  facent  registrer  la  ou  il  se  ap- 
partieudra. 

XIV.  Nu>nerus  Rfceptorum  computorum,  celo. 

Item  quii  hayt  vhuyt  clers  ppr  recepuoir  les  comptes ,  et  non  plus  ,  inclus 
esdics  vhuyt  clers  les  duoz  qui  gardent  les  cles  des  dicz  comptes. 

XV.   Formi  jiiramenti  BereploiU'/ì   compìitornm. 

Item  que  les  ditz  liuyt  clers  iurent  et  promectenl  de  seruir  bien  et  loyalement 
a  bornie  diligence  et  de  garder  nostre  honneur  et  profìt  et  cheuance ,  et  que  per 
profit  amour  ne  temour  il  ne  feront  le  contraire ,  et  quii  ne  entrepregniant  de 
faire  autres  ouures  fors  que  entandre  sur  les  comptes,  aiuses  comme  il  leur  sera 
commande  par  les  maistres  de  noz  dits  comptes. 

XVi    Recepiores  computorum  non  reciinant  miniera  ab  Offiriariis. 

Item  quii  per  lour  ne  per  autre  ne  prendroiit  nuls  dons  ne  prouficz  de  point 
de  officier  qui  hait  a  besoigner  auecques  eulx  per  le  faict  de  leurs  offices. 

XVI 1.  Rereptores  ìi'in  obedieiiles  Magi'itris  passini  per  eos  aiif^'erri  ab  eorum  u/ficiQ. 
Quod  Recepiores  examinentur  in  Camera  an  sinl  suffìcienles. 

Item  que  au  cas  que  les  clers  dessus  dicz  ou  point  deiils  ne  feroient  ainsi 
comme  il  est  de.^sus  et  des.sous  ordonne  et  le  comandement  des  maistres,  que  les 
maistres  les  puissent  ouster  et  mectre  autres  en  leurs  lieux,  et  aussi  remectre  en 
la  maniere  quii  leur  seniblera  pour  nostre  honneur  et  profìt.  Et  aussi  nul  clerc  ne 
soit  receu  audit  office  sinon  est  prodhome  et  de  bone  fame  et  bone  conuersation  , 
et  quii  soit  examiue  en  la  Chambre  des  comptes  sii  est  souffisant  ou  non. 

XVIII.  Quilibel  Receptor  debct  tenere  vnum  honum  clericum  hen?  scrihentem. 

Item  que  chascuu  des  luiyt  clers  dessus  dicz  soyent  entenus  de  lenir  auecque 
soy  vng  bon  clerc,  loyal ,  prodhomrae  et  souffisant,  et  bien  escripuant ,  per  escri- 
pre  les  originaulx  de  noz  comptes. 


I 


CESARE    NANI  209- 

XIX.  De  continencia  rotulorum  et  scripture. 

Item  que  les  dicz  clers  soient  entenus  de  faire  les  rueles  du  long  de  la  pel  et 
quii  soyeut  du  long  que  les  raaistres  ordeneront.  Et  que  les  dicz  ruelles  soient  regie 
du  grand  et  de  la  regleure  que  les  maistres  ordoneront.  Et  que  es  comptes  ne  se 
mectent  parolles  superflues  forsque  celles  qui  seront  neccessaires. 

XX.  Receptores  omni  die  coram  Magislris  sese  presentare  debent. 

Itera  que  lesditz  clers  soyent  entenus  de  soy  presenter  chascun  iour  ouuriez 
eii  la  Chambre  des  comptes  affin  quii  soyent  appareille  de  faire  ce  que  les  maistres 
leur  commanderont  per  nostre  faict  touchant  a  lonr  office. 

XXI.  Receptores  non  recipiani  computos  per  Coadiutores. 

Item  que  lesditz  clers  ne  puissent  recepiioir  uul  compte  par  coadjuteur,  mais  que 
celluy  a  cuy  il   sera  commis  personalmeut  le  deige   commencier  moyaner  et  finir. 

XXII.  De  registrandis  remanenciis  computorum. 

Item  que  les  ditz  clers  soyent  entenus  de  escripre  incontinent  ou  papier  des 
remanences  les  remanences  des  comptes  quii  recepuront ,  et  au.^si  tost  quii  seront 
examine;  et  que  lesditz  comptes,  ensemble  les  lettres,  il  soyent  entenus  de  randre 
subscriptes  incontinent  a  vn  des  clers  qui  gardent  les  cles. 

XXIII.  De  non  tradendis  computis  aut  scripiuris  per  Clauarios  sine  mandato  Magistrorum  eie. 

Item  que  les  duoz  clers  qui  gardent  les  cles  des  comptes  ne  bailliant  uul  compte 
a  nulle  persone  du  monde;  et  non  laisseront  nul  entrer  la  ou  les  comptes  se  garde- 
ront  senon  per  commandement  des  maistres;  et  que  il  ne  chercheront  nulles  informa- 
tions,  escriptures  ny  extraitz,  sans  le  comandement  des  maistres  ou  de  duoz  deulx. 

XXIV.  Quod  nullus  Thesaurarius  possit  esse  Magisler  computorum. 
Item  que  nul  tresourier,  quel  quii  soit,  ne  puisse  estre  maistre  des  comptes. 

XXV.  Omnes  Financie  recipiantur  per  manus  Thesaurarii. 

Item,  par  ce  que  nostres  finances  soyant  myeulx  gardees ,  nous  ordonnons  que 
lesdictes  finances  deys  or  en  auaut  se  degent  recepuoir  tant  seuUement  par  troys 
persones  et  non  point  par  plus;  cest  assauoir  par  nostre  thesaurier  g-eneral  et  per 
les  duoz  clers  des  despens  de  nostres  ho.stelx.  Et  se  le  thesaurier  et  les  clers  des 
despens  dessus  ditz  baillent  ne  deliurent  point  de  fiuauce,  soit  grand  ou  petite,  a 
aucune  persone  ,  de  quoy  celle  telle  persone  dege  compter ,  que  celluy  qui  deli- 
urera  ladicte  finance  soit  entenu  de  faire  compter  et  recepuoir  le  compte  bien  a 
point  de  celluy  a  cuy  il  aura  bailie  ladicte  finance  incontinent  quii  aura  faict  et 
besoigne  ce  perquoy  lon  luy  aura  ladicte  finance  bailie. 

XXVI.  Super  reddendis  computis  per  Conimissarios  qui  mictentur  eie. 

Item  que  se  nous  ou  soit  nostre  tresaurier  tramectent  point  de  commissaires 
per  recourer  finances  ne  viures ,  que  incontinent  que  les  commissayres  seront  re- 
uenus  le  clero  des  despeyns  de  Ihostel  de  nous  Contesse ,  se  le  commissaire  est 
ale  depart  nous  (*) ,  et  le  thesaurier  sii  le  aura  tramis,  soyent  entenus  de  faire  et 


(')  L'edizione  Capre  dopo  le  parole  depart  Noits  reca  quest'inciso  che  manca  nel  nostro  Ms.:   €  le  clero 
Sekie  il   Tom.   XXXIV.  27 


■210  I  PKIMl  STATUTI   SOPRA  LA   CAMERA   UEl  CONTI   NELLA   MONARCHIA   I!  SAVOIA 

recepuoir  le  compte  dudit  commissayre  et  compier  des  receptes  que  le  dit  commis- 
saire  aura  faictes  affin  que  les  liurees  faictes  es  commissayres  se  alloyent  baillez 
au  tbesaurier  ou  esditz  clercs ,  non  point  es  commissayres. 

XXVII.  Debiti    Domini   per  cedulns  aut  obligationes  non  soliiantur  per  Thesaiirarivm 
sine  mandato  Domini.  Apponadir  satisfactum  in  cedulis  aut  obligationibus. 

Item  que  le  tbesaurier,  les  clers  des  despeyus ,  et  aultres  officiers,  quelx  quii 
soyent ,  ne  deliurent  point  de  fiuauces  a  nulle  persone  a  cuy  nous  Contesse  et 
Conte  degeons,  qui  en  aura  cedule  ou  lettre  de  debte  de  nous,  se  ce  nest  quii  ait 
lettre  de  mandement  de  payer  qui  soit  annexee  a  ladicte  cedule  ou  lettre  de  debte; 
et  se  nous  duoz  ensemble  ou  le  vng  de  nous  mandons  que  lon  deliureist  point  de 
somme  de  finance  a  nulle  persone  en  descbarge  de  ce  que  nous  ou  le  vng  de  nous 
li  deurons,  que  celluy  qui  deliurera  ladicte  somme  deuant  toutes  chouses  la  face 
escripre  et  mectre  en  payeraeut  ou  doz  de  la  cedule  ou  lettre  de  debte  que  celluy  a 
cuy  lon  payera  aura  de  nous  ou  de  lung  de  nous,  et  apportoit  es  maistres  des  com- 
ptes  tesmoiuaige  par  escript,  seignie  de  raain  de  notaire,  comme  celle  telle  somme 
est  escripte  et  mise  en  payement  ou  doz  de  ladicte  cedule  ou  soit  lettre  de  debte. 
Autremant  que  lon  non  la  li  alloyeist  point. 

XXVllI.  Magistri  computorum  registrati  facianl  solutiones  que  jient  in  exonerationem 

debitorum. 

Item  que  quant  point  des  officiers,  quel  quii  soj'ent,  deliurera  point  de  finance 
a  aucune  persone  en  descbarge  de  ce  que  nous  ou  le  vng  de  nous  li  deurons,  que 
les  maistres  des  comptes  soyent  entenus  de  faire  escrire  celluy  tei  descbarge  en 
vng  papier  affin  que  nous  ne  payons  a  nul  plus  que  nous  ne  deurons  ;  et  aussi  que 
quant  nous  vouldrons  veoir  ce  que  nous  deurons  ou  ce  que  nous  aurons  paye  que 
lon  nous  en  puisse  incontinent  et  plainement  informer. 

XXIX.  Omnes  et  singuli  Officiarìi  computent  particulariter  de  decem  annis  in  decem  annis. 

Item,  quar  la  vie  des  gens  est  brief  et  la  memoyre  est  curte,  et  aussi  quar  les 
tenementiers  des  fiez  se  changent  souuant,  affin  que  riens  de  nostres  rentes,  seruis, 
domayne,  et  aultres  vsaiges  ne  se  desperdent,  cbascun  officier  soit  entenu  de  com- 
pter  particulierement  de  dix  ans  en  dix  ans,  et  que  les  maistres  des  comptes  soyent 
entenus  de  le  fayre  scauoir  es  officiers  a  la  reception  de  leurs  comptes ,  sed  assa- 
uoir  vng  an  deuant  affin  quii  ne  troueyut  oucboison  de  faire  leur  dit  compte  parti- 
culierement. 

XXX.  Quod  Exlente  renouentur  de  decem  annis  in  decem  annos  {*). 

Item  que  per  les  causes  dessus  dictes  les  extentes  se  facent  de  dix  ans  en  dix 
ans  per  tous  les  lieufs  de  la  conte ,  et  que  cil  qui  feront  lesdictes  extentes  les  de- 
gent  apporter  ensemble  les  extraictz  dicelles  es  maistres  de  noz  comptes. 

XXXI.  De  apportandis  mensuris  et  ponderibus  Chamberiacum,  et  equipollentiis  fiendis. 

Item  que  les  dicz  maistres  des  comptes  facent  appourter  a  Cbamberi  per  deuant 
eulx  per  gens  dignes  de  foy  les  mesures  iustes  de  blez,  vin,  sai,  et  aussi  les  poys 
raisonables  de  tous  les  lieufs  de  la  conte,  affin  quii  les  puissent  equipoller  a  la 
mesure  et  pois  de  Cbamberi  per  maniere  que  lon  saiche  comme  les   viures  se  gou- 


«  de  l'hostcl  de  nons  Comte,  et   le  thésaurier  etc.  ».  So  l'aggiunta  non  è  dell'Editore,  convien  dire  die 
il    Capre   ebbe  sott'occhio  un  altro  manoscritto. 

(")  Dopo  questa  rubrica  viene,  parimente  in  margine,  la  seguente  nota:   «  Et  ex  alia  Ordinatione  ducali, 
«  de  ut»  annis  >.  11  nostro  Ms.  appartiene  al  secolo  XV;   da  indi  la  menzione  di  un'Ordinanza   ducale. 


CESARE     NANI  211 

uerneront  et  aussi  par  ce  que  les  viures  qua  !on  vendra  lon    les  puisse  vendre  rai- 
sonablemeut. 

XXX! I.  De  inictendis  Commissmiii  ad  infimationes  sumenJas  super  preciis  vktualium 

Itera  que  lesditz  maistres  des  comptes  soyent  entenus  de  tramectre  vng  cha- 
scun  an,  feny  le  temps  de  la  reception  des  comptes,  en  chascun  bailliag-e  de  la 
conte  aucune  persone  sotiffi.<ant  et  proudhome  qui  i tirerà  es  mains  des  raaistres 
que  per  soy  ne  per  autre  il  ne  prendra  en  nulle  maniere  don  ne  profìt  de  nul  offi- 
cier  ne  en  viures  ne  autrement  per  fai  re  les  chouses  dessonbz  escriptes  secretement 
a  bonne  diligence.  Lesquelles  chouses  il  rapporterà  a  la  Chambre  des  comptes. 

IN    SKX    CaPIT[ MS    SEOL'ENTIBUS    CONTINENTUR     ET    QUE    FIENDA    SUNT 
l'ER    DICTOS    COMMISSATUOS. 

Premieremeut  auisera  les  chasteaulx ,  forteresses ,  fours,  molins  ,  et  aultres 
ediffìces  nostres  ,  silz  sont  en  bon  estatz ,  bien  couuert ,  tenu  a  souste,  et  appa- 
reillez. 

Item  per  scauoir  les  pris  des  viures  qui  auront  valu  au  marches  des  luefs  de3's 
pasques  iusques  le  dernier  iour  de  may. 

Item  se  informerà  se  les  chastellains  ou  luestenantz  demourent  en  nostres 
chasteaulx  ou  maisons  contrae  dessus. 

Item  se  informerà  secretement  corame  les  chastellains,  les  clers  de  cours,  me- 
straulx,  et  aultres  officiers  de  chascune  chastellanie  gouuernent  nostre  faict  et  noz 
subgectz. 

Itera  se  informerà  corame  nostres  chappelles  sunt  seruies  per  les  chappellains 
a  cuy  lon  donne  les  pensions  ,  et  corarae  les  chappellains  sont  payez  des  chastel- 
lains,  et  aussi  aultres  anniuersaires ,  comraeraorations ,  et  aultres  aulmosnes  or- 
denees  per  nostres  deuanciers  et  per  nous. 

Item  recouureront  des  officiers  et  aultres  gens  ce  quii  nous  deuront  per  les 
apporter  a  ceulx  qui  ont  la  charge  de  en  corapter  corame  dessus. 

XXXIII.  Nullus  Offìciarius  accemel  officium  suum. 
Item  que  nul  officier  non  accensoit  son  office. 
XXXIV 

Item  que  les  maistres  des  comptes  ou  douz  deulx  soyent  entenus  chascung 
an,  feni  le  temps  de  la  reception  desditz  comptes,  quant  nous  ou  le  vn  de  nous  le 
manderons,  de  venir  par  deuers  nous  per  nous  informer  pleynement  de  nostre  faict 
sus  les  ordenances  dessus  dictes  affin  que  les  dictes  ordenances  se  actendent  et  ob- 
seruent  tousiours  a  Ihonneur  de  nous  et  des  nostres. 

Donne  a  Chamberi  dessoub  nostre  seaulx  en  testraoing  des  chouses  dessus 
dictes  le  vingt  et  neuf  iour  de  decembre  lau  de  la  natiuite  nostre  Seigneur  mi! 
troys  cens  quatre  vingtz  et  neufz. 

Redite  liitcras  ponitori. 

Per  Dominam  et  Dorainum  presentibus  dominis  de  Cossonay,  Girardo  dEstres 
Cancellario,  Johanne  de  Confleto  et  sancti  Maurioii,  Egidius  Driueti. 


212  I   PRIMI  STATUTI   SOPRA  LA  CAMERA  DEI  CONTI  NELLA  MONARCHIA  HI   SAVOIA 


III. 

Ooncessio  priuilegiorum  et  franchisiarum  facta  per  Eduardum  comitem  Sabaudie 
Monetariis  terre  et  comitatus  Sahaudie  anno  Domini  m.  ecc.  xxvij  (*^ 


Nos  Edduardus  comes  Sabaudie  notum  facimus  vniuersis  presentes  literas  in- 
specturis  quod  Nos ,  de  industria  et  legalitate  operariorum  et  monetariorum  artis 
et  officii  monetarie,  videlicet  illorum  de  terra  nostra  comitatus  Sabaudie,  plenarie 
confidentes,  volentes  ipsos  eciam  prosequi  gracia  et  fauore,  volumus  et  eisdem  prò 
nobis  et  successoribus  nostris  concedimus  quod  ipsi  et  eorum  quilibet  ad  operan- 
dum  et  monetandum  in  nostris  monetis  que  nunc  fiunt  et  quas  in  posterum  fieri 
contingerit  in  terra  nostra  et  in  quolibet  loco  terre  nostre,  dum  ipsi  fideliter  ope- 
rabuntur  et  nobis  et  magistris  nostris  raonetarum  nostrarum  fideles  erunt ,  et  ser- 
viantur  (?)  et  consimilibus  aliis  operariis  et  monetariis  extraueis  ad  operandum  et 
monetandum  in  easdem  preponantur ,  et  etiam  .  .  .  prò  tali  bracagio  ouragio  et  mo- 
uetagio  quod  datar  et  dari  consuetum  est  in  regno  Francie  operariis  et  monetariis 
regni  Francie;  quod  quidem  bracagium  ouragium  et  raonetagium  prò  nobis,  here- 
dibus  et  successoribus  nostris,  eisdem  operariis  et  monetariis...  concedimus  et 
confirmamus ,  volentes  et  dictis  nostris  operariis  et  monetariis  tenore  presencium 
eoncedentes  quod  ipsi  e1>-  eorum  quilibet .  .  .  operantes  et  non  operantes  in  predictis 
monetis  nostris ,  gaudeant  et  vtantur  libere  omnibus  priuilegiis  libertatibus  et  gra- 
ciis  [quibus  |  ceteri  operarli  et  monetarii  in  regno  Francie  et  in  monetis  regis 
Francie  operantes  et  non  operantes  nunc  gaudent  et  hactenus  gaudere  et  vti  cou- 
sueuerunt.  Dieta  autem  priuilegia  libertates  et  franchesie  secuntur  prout  infra.  Nos 
considerantes  et  atendentes  grata  et  acepta  seruicia  nobis  et  predecessoribus  nostris 
facta  et  exhibita  per  predictos  operarios  et  monetarios,  volumus  concedimus  et  con- 
firmamus magistris  nostris  monetarum  nostrarum  et  prefatis  operariis  et  monetariis 
qui  nunc  sunt  et  qui  prò  tempore  fuerint  tocius  terre  nostre  et  comitatus  nostri 
Sabaudie,  qui  sunt  et  erunt  de  sacramento  comitatus  nostri  Sabaudie,  omnia  pri- 
uilegia et  omnes  franchesias  que  et  quas  predecessores  comites  Sabaudie  condam 
eisdem  operariis  et  monetariis  dederunt  et  concesserunt  temporibus  retroactis,  vi- 
delicet quod  ipsi  non  teneantur  de  aliquo  casu  respondere  coram  aliquo  indice  nisi 
tantummodo  corani  magistris  nostris  monetarum  nostrarum ,  exceptis  tribus  casi- 
bus,  videlicet  de  omicidio  ,  de  furto  ,  et  de  raptu.  Volentes  eciam  et  eoncedentes 
quod  ipsi  sint  franchi  quieti  et  penitus  liberati  per  totam  terrara  nostram  et  per 
totum  comitatura  nostrum  ab  omnibus  tagliis  cost...  pedagiis  passagiis  censiue... 
oaualcatis  exercitus ,  et  generaliter  ab  omnibus  subuencionibus  existentibus  ,  que- 
cumque  sint,  operantes  et  non  operantes ,  non  obstantibus  aliis  priuilegiis  datis 
seu  dandis,  non  facieutibus  de  huiusmodi  priuilegiis  plenariam  mentionem.  Et  ab 
inde  in  antea  accipimus  et  ponimus  magistros  nostros  monetarum  nostrarum ,  ope- 
rarios et  monetarios  earundem  monetarum  nostrarum,  qui  nunc  sunt  et  qui  prò 
tempore  fuerint,  in  nostra  salua  garda  protectione  et  conducta,  et  res  et  bona 
ipsorum.  Volentes  insuper  et  eoncedentes  quod  quicumque  faciet  grauamina  seu 
molestias  predictis  magistris  monetariis  .  .  .  seu  prefatis  operariis  et  monetariis 
supradictis ,  que  sint  centra  libertates  priuilegia   franchesias  supra  dinta  et  dictas 


(*)  Archivio  centrale  di  Stato  io  Torino,  Protocollo  ducale  Rbynaud,  n.  15U,  inter  foli.   IIU  et  111. 


CESARE  NANI  213 

eisdem  per  nos  concessa  et  concessas ,  quod  ille  uel  illi  qui  dieta  gravamina  mole- 
stias  turbaciones  seu  impedimenta  vel  aliqua  alia  dampna  faciet  incontinenti  con- 
dempnetur  et  compellatur  ad  .  .  .  et  emendandum  omnia  dampna  expensas  et 
turbaciones  que  sustinuerunt  prò  facto  dictorum  impedimentorum  dampnorum  et 
perturbacionum ,  et  nobis  similiter  emendetur  secundum  qualitatem  et  quantitatem 
delieti.  Volentes  et  districte  precipientes  tenore  presencium  omnibus  iudicibus,  bayl- 
liuis ,  castellanis ,  mistralibus  ,  ceterisque  officialibus  et  subditis  nostris  in  terra 
nostra  constitutis ,  qui  nunc  sunt  et  qui  prò  tempore  fuerint ,  quod  ille  vel  illi  in 
cuius  juridicione ,  castellania  uel  districtu,  dieta  grauamina  molestie  seu  perturba- 
ciones  facta  reperirentur  seu  data ,  breuiter ,  et  de  plano  faciant  totum  integ:raliter 
et  perfecte  restituì  corrici  et  emendari ,  prout  supra  dictum  est ,  tam  dampnis 
passis  quam  nobis;  [et]  illud  idem  volumus  et  districte  precipimus  omnibus  aliis 
iuriditionem  quamcunque  exercentibus  ,  in  terra  nostra  constitutis ,  qui  nunc  sunt 
et  qui  prò  tempore  fuerint,  atendere  compiere,  atendi  et  compleri  facere,  prout  su- 
perius  est  expressum.  Et  quia  est  intencionis  nostre  quod  [predicti  magistri?],  ope- 
rarli et  monetarii  nostri ,  in  predictis  franchesiis  libertatibus  graciis  dreyturis  et 
antiquis  suis  bonis  costumis  per  totum  comitatum  nostrum  Sabaudie  et  per  totam 
terram  nostram,  operantes  et  non  operantes,  seruentur  et  custodiantur,  iniungimus 
et  districte  precipimus  et  mandamus  omnibus  iudicibus,  bayliuis,  castellanis,  mistra- 
libus, ceterisque  officiariis  nostris,  et  omnibus  aliis  iurisdicionem  exercentibus,  in 
terra  nostra  constitutis,  qui  nunc  sunt  et  qui  prò  tempore  fuerint,  quatenus  predi- 
ctas  libertates  priuilegia  et  franchesias  custodiant  et  obseruent ,  custodiri  et  ob- 
seruari  faciant  integraliter  et  perfecte  et  sine  aliquas  corruptione  prefatis  magi- 
stris,  operariis,  et  monetariis  monetarum  nostrarum  ,  per  presentacionem  sibi  fa- 
ctam  copie  harum  nostrarum  literarum  absque  sigillo  nostro  et  absque  aliquo  alio 
sigillo  Curie  nostre  seu  autentiquo.  In  quorum  omnium  robur  et  testimonium  si- 
gillum  nostrum  duximus  presentibus  apponendum.  Datum  Chamberiaci  die  xx' 
mensis  julii  anno  domini  m"  .  ccc"  .  xxvij'. 


IV. 

(■)  LlCTEBE    ET    INSTRUMENTA    CONTRACTUOM   ET    ALIOROM   ACTDUM  INTER   DOMINOS    COMITBS 
INDEQDB  DnCES   SaBAUDIE  NEC  NON   GOMMONE   ET   SDBDITOS  ClOITATIS  ASTENSIS. 

.  .  .  Instrumentum  in  quo  dominus  Petrus  comes  Sabaudie  et  in  Ytalia  marchio 
dedit  et  coucessit  omnibus  et  singulis  mercatoribus  et  hominibus  de  Ast  et  de  posse 
astensi  sine  armis  caminum  stratum  et  stratas  a  parte  Lugduui  qui  est  supra 
Rodanum  vsque  ad  castrum  et  villam  Rippollarum  ,  et  per  ipsam  villatn  et  locum 
Rippollarum  et  a  Petra  Crispa  vsque  ad  castrum  et  villam  Rippollarum  ,  et  ab 
eodem  castro  et  villa  Rippollarum  vsque  ad  predictum  pontem  et  Petram  Crispam, 
recipiendo  ipsos  et  quenlibet  ipsorum  et  res  eorum ,  eundo  stando  et  redeundo 
per  dictas  stratas,  in  saluagardia  et  protectione  et  conductu  dicti  domini  Comitis 
centra  omnes  homines  et  personas  ;  cum  pluribus  aliis  pactis  et  promissionibus 
declaratis  in  dicto  instrumento  recepto  per  Nicolaum  de  sancta  Brigida  et  Curi- 
num  Croctis  (?)  notarium  anno  domini  millesimo  ij.  Iv.  die  xxiij  mail,  signatumque 
per 


(*)  I  due  documeati  che  seguono  sono  tratti  da  un  volume  manoscritto  in  loglio  dell'Arehivio  di 
btato  detto  Camerale  (foli.  583  e  584),  che  porta  per  titolo  :  Registre  Contrats  et  Traités  enire  les  Duct 
de  Savoie  et  les  Princes  étrangers,  1410  à  1448,  ed  è  citato  a  fol.   1   lìeWImentario  parziale  Savoia. 


214  I    PRIMI  STATUTI  SOPRA   LA  CAMERA    DEI  CONTI   NELLA   MONARCHIA   DI   SAVOIA 

Promissio  sindici  Communis  astensis  facta  nomine  dicti  Conimunis  domino  Philippo 
corniti  Sahaudie  super  conseruatione  mercatonim  et  aliorum  in  strafis ,  prò 
qtia  modis  infra  scriptis  dictum    totum  suum  effortium  deheat  faccre. 

Anno   domini   millesimo   ducentesimo  sexagesimo  quinto,  indicione   octaua.   die 
sabbatti  vif^esimo  tertio  mensis  uiadii. 

Cnm  dominus  Petrus ,  illustris  comes  Sabaudie  ,  dederit  et  concesserit  stratam 
et  caininum  mercatoribus  et  ciuibus  astensibus  per  comitatum  Sabaudie ,  videlicet 
a  ponte  Lug-duni  et  a  Petra  Crispa  vsque  Rippollas  et  a  Rippollis  in  antea  ,  super 
strata  saluanda  et  aseruanda  et  deffendenda  fecit  et  habuit  quedam  pacta  et  con- 
uenta  vnacum  Sicardo  Garreto  ciue  astensi ,  procuratore  et  sindico  Communis 
astensis  (vt  constat  de  sindicatu  publico  instrumento  scripto  manu  Melani  Gilli 
notarii  eodem  anno  et  imlicione,  die  jouis  nouo  mensis  aprilis,  et  sigillo  dicti  Com- 
munis astensis  munito;  vt  constat  de  predictis  in  eis  conuentione  et  pactis  per  in- 
strumentum publicum  factum  a  me  notarlo  infrascripto  ipsa  eadem  die  sigillo  ipsius 
dicti  Communis  roboratum  de  pluribus  pactis  et  conuentis  factis  a  dicto  siudico  prò 
Communi  astensi  dicto  domino  corniti),  voluit  idem  dominus  comes  publicum  instru- 
mentum .  .  .  prenominatus  procurator  et  sindicus  nomine  dicti  Communis  astensis 
promisit  dicto  domino  comiti  et  pactum  fecit  et  Srmauit  quod  si  contingeret  quod 
aliqua  persona  ofFensionem  faciat  alimi  mercatori  vel  alii  persone  ,  in  persona  vel 
rebus,  in  strata  a  Rippollis  in  antea  super  posse  RippoUarum  vel  Montiscalerii  vel 
super  posse  astensi,  vel  suorum  vel  illorum  de  parte  astensi,  tunc  Commune  et  homi- 
nes  astenses  teneantur  et  debeant  equitare  et  ire  hostiliter  cum  toto  exfortio  eorum, 
acum  castellanis  et  hominibus  terre  ipsius  domini  comitis  quam  habet  in  Lombardia 
in  Pedemonte,  centra  et  supra  illum  et  illos  qui  ofiFensionem  facerent  vel  qui  ofiFenso- 
rem  receptarent  vel  de  quorum  vel  cuius  terra  mouisset,  et  ei  vel  eis  facere  viuam 
guerram  simul  cum  predictis  castellanis  et  hominibus,  et  nuUam  cum  eis  facere  con- 
cordiam  seu  treugam  donec  de  ofiFensa  plenam  restitutionem  et  emendam  fecerint 
iniuriam  passo.  Item  promisit  dictus  sindicus  nomine  predicti  Communis  se  ita  fat- 
turum  et  curaturum  quod  dicti  domini  de  Plozasco ,  commune  et  homines  Taurini 
et  de  Collegio  iurabunt  saluare  et  custodire  stratas  et  caminum  et  dare  auxilium  et 
succursum  toto  eorum  posse  omnibus  euntibus  et  redeuntibus  per  ipsas  stratas,  et 
quod  attendent  et  obseruabunt  vnacum  Astensibus  omnia  et  singula  supradicta.  Et 
promisit  idem  sindicus  nomine  supradicto  predicta  pacta  et  promissiones  attendere 
et  obseruare  et  lìrma  tenere  et  non  coutrauenire,  et  facere  et  curare  ita  quod  po- 
testas  et  Commune  astensis  ea  omnia  et  singula  ratifficabunt  et  firmabunt  quando- 
cunque  ab  eodem  domino  cornile  vel  eius  nuucio  inde  fuerint  requisiti ,  et  ea  tirmu 
et  incorrupta  seruabunt  donec  predicta  strata  centra  mandata  esset  et  contradicta 
ex  parte  ipsius  domini  comitis  predictis  Astensibus  ,  vt  in  supradicto  instrumento 
facto  de  concessione  diete  strate.  Et  inde  dictus  sindicus  a  me  notarlo  rogauit  fieri 
presens  publicum  instrumentum  ,    vnum   et  plura  in  eodem   tenore. 

Actum  apud  Rotundum  Montem  in  castro  quod  est  in  Vuaudo,  presentibus , 
testibus  vocatis  et  rogatis  domino  Vberto  de  Monraeliano,  Thoma  de  Rosglone,  Sy- 
mone  de  Verterlo,  et  Bernardo  Rusticii,  et  Henrico  Guerre  (?)  de  Florentia. 

Et  ego  Jacobus  Valbella,  notarius  sacri  Palacii ,  rogatus  a  dicto  sindico,  in- 
terfui  et  sic  scripsi. 


CESARE    NANI  215 


V. 


LlCTERE   ET  INSTROMENTA   DOMINORUM   COMITUM  INDEQDH    DdCDM   SaBAODIE  ET    SUBDITORUM 

Ddcum  Mediolani  (*). 

Procura  Gapitaneorum  thuchinorum  mercatorum  ad  petendum  securitatem 
prò  eundo  ad  nundinas  Francie. 


Venerabilibu.s  in  Christo  patribus  archiepiscopis,  episcopis,  ac  dilectis  sibi  in 
Christo  abbatibas,  prioribus,  archidiacouis,  decanis ,  et  ceteri.s  ecclesiarum  prelatis, 
et  nobilibus  et  discretis  viris  dominis  ducibus,  comitibus,  baronibus,  inilitibus,  ca- 
stellanis,  baiuli.s,  prepo.sitis,  et  ceteris  laicis  locorum  ordiuariis,  ad  quos  iste  lictere 
perveuerint ,  houorabilibus  (?)  dominis  dilectis  suis  ,  Guillelmus  Zaueugus  (?)  pla- 
centinus  et  Johannes  Cristianiuis  (?)  de  Monte  Pessulano ,  capitanei  et  rectores  vni- 
uersitatis  et  societatis  mercatorum  thuscannorum,  lorabardorum ,  et  prouincialium, 
ad  nundinas  Campanie  et  Francie  frequeutantium ,  et  ipsa  eadem  vniuersitas  sa- 
lutem  cum  omni  felicitati  augmentum  ac  paratos  seruicium  cum  honore. 

Primum  quidem  oportet  uos  prouidere  iuxta  dictum  sapienti»  de  premissis  ad 
indempnitatem  mercatorum.  Hinc  est  enim  quod  nos  constituimus  et  ordinamus 
dilectos  nostros  Einricum  de  Venecia  et  Jacobum  Vidaleni ,  ambos  mercatores  Ve- 
netorum,  latores  presentium,  qui  dictum  Einricum  de  Aragra  (?)  veuetum  et  dictum 
Jacobum  Vidalem  certos  nuncios  ambaxiatores  diete  vniuersitatis  ad  petendum  et 
recipiendum  a  vobis  dominis  honorabilibus  (?)  securitatem  caminorum  et  ad  tra- 
ctandum  vobiscunque  ea  pedagia  que  sunt  ad  soluendum  mercatoribus  transeundo  per 
terram  vestram  et  jurisdicionis  vestre  ,  cum  ipsoruni  bonis  eundo  et  redeundo  ad 
nundinas  Campanie  et  Francie,  securiter  transire  permictere  dignemini  et  velitis , 
si  placet,  accipiendo  a  mercatoribus  qui  per  terram  vestram  transierunt  illud  peda- 
gium  quod  quantum  dictis  nunciis  et  ambaxiatoribus  supradictis  vobiscum  .  .  .  do- 
minis ordinatum  et  stabilitura  fuerit.  In  cuius  testimonium  presentibus  licteris  si- 
gillum  nostre  vniuersitatis  et  societatis  mercatorum  duximus  apponendum. 

Datis  in  nundinis  prodomi  (?)  dicti  Hangulphi  ,  anno  domini  m"  ce"  Ix"  viij  , 
indicione  xj.  die  vj.  octobris. 


(')  Stesso  Registre,  fol.  488. 


217 


SIGILIOGRAPHIE  DE  LA  SAVOIE 


PREMIÈRE  SERIE 

SCEAUX    religieux 

DESSINÉS    ET    DÉCRITS 

PAR 

le  General  AUGUSTE  DUFOUR  et  le  Prof.  FRM^OIS  RABUT 


Lue    dans   la   Séance    du   24  Acni  1881 


INTRODUGTION 
— ►«©«+.— 

Déjà  quelques  publications  se  sont  produites  sur  la  sphragistique  savoyarde,  mais 
il  reste  encore  beaucoup  à  faire  sur  ce  sujet.  Farmi  les  travaux  déjà  publiés,  il  faut 
citer  hors  ligne  et  avant  tout  les  Sigilli  de'  Frincijìi  di  Savoia,  publiés  avec  autant 
de  science  que  de  luxe  par  MM"  Cibrario  et  Promis  en  1854.  Cette  publication, 
autrement  sérieuse  que  celle  qu'a  faite,  deux  siècles  auparavant,  l'historiographe  Guichenon 
en  téte  de  son  Histoirr  géìK'alogiqiie  de  la  Maison  de  Savoie  ,  s'arréte  au  règne 
d'Emmanuel  Pliilibert  inclusivemeut.  Outre  les  sceaux  des  princes  et  des  princesses  de 
cette  illustre  famille,  elle  renferme  encore  ceux  de  quelques  administrations  :  Conseil 
de  Chambéri,  Cliàtellenies  des  Clets,  de  Cossonay,  de  Crens,  de  Morges,  de  Nyons, 
de  Romont,  de  Ruo  et  d'Yverdun. 

Après  cet  ouvrage,  le  seul  de  cette  importance ,  qui  ait  para  sur  cette  branche 
intéressante  de  notre  archeologie  savoyarde  ,  on  ne  peut  citer  que  quelques  articles 
isolés  publiés  ^a  et  là  sur  un  ou  deux  sceaux  de  diverses  espèces.  L'un  de  nous  en 
a  fait  connaìtre  quelques-uns  dans  les  mémoires  de  la  Société  savoisienne  d'histoire 
et  darchéologio  (1) ,  dans  la  Snbaudia  (2)  ,  dans  les  actes  de  l'Académie  royale 
des  Sciences  de  Turin  (3)  et  ailleurs. 


(1)  Lettres  sur  la  sigillographie  savoyarde,  pa.TF.  ^abut. 

Dans  la  l'^e  lettre,  insérée  au  tome  Xll,  sont  décrits  les  sceaux  d'Etienne  de  la  Thuile,  pénitencier 
du  Pape ,  du  Chapelain  de  S'-Étienne  de  Cuines  et  de  l'évèque  d'Aoste  Pierre  IV   de  Sonnaz. 

Dans  la  2<'e,  insérée  au  tome  XIV,  il  s'agit  de  ceux  de  Simon  évèque  d'Aoste,  de  la  Cour  de 
Justice  du  Corate  de  Savoie  à  Aoste ,  et  d'Airaou  du  Bois. 

(2)  Grand  sceau  equestre  du  due  Charles  Emmanuel  1,  page  169. 

(3)  Note  sur  une  bulle  de  Pierre  de  Savoie  archevéque  de  Lyon,  voi.  XII. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  28 


218  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE   —   SCEAUX    EELIGIEUX 

ir  Promis  a  publié  dans  le  tome  9°  des  Miscellanea  di  Storia  italiana  un  fort 
joli  petit  sceau  ovale  d'Emmanuel  Philibert  :  M'  le  comte  Amédée  de  Foras  en  a  re- 
produit  quelques-uns  dans  son  armorial  et  nobiliaire  de  la  Savoie,  et  tout  récemment 
W  Laurent  Eabut  vient  de  publier,  dans  le  tome  XVII  des  Mémoires  de  la  Société 
savoisienne,  un  grand  sceau  equestre  en  plomb  inédit  d"Amédpe  Vili  comte  de  Savoie. 
Mais,  nous  le  répétons.  il  y  a  une  grande  lacune  à  corabler,  et  nous  avons  résolu  de  tra- 
vailler  à  la  diminuer,  en  éditant  quelques  séries  de  sceaux  relatifs  à  notre  pays  natal. 

Nous  donnons  aujourdhui  une  première  sèrie  consacrée  aux  sceaux  religieux,  espérant 
la  faire  suivre  d'autres  séries  renfermant  chacune  des  sceaux  d'une  espèce  differente  ; 
sceaux  judiciaires,  sceaux  féodaux,  sceaux  municipaux,  etc.  A  coté  d'un  dessin,  aussi 
soignè  que  possible,  nous  placerons  une  description  exacte  de  ces  petits  monuments  et 
nous  y  ajouterons  quelques  renseignemens  historiques  sur  les  persomies  ou  sur  Ics  maisons 
religieuses  auxquelles  ces  sceaux  ont  appartenu. 

Nous  avions  d'abord  pensé  à  suivre  l'ordre  géographique  et  à  classer  nos  sceaux 
suivant  les  divisions  ecclésiastiques  de  la  Savoie ,  mais  cela  préseutait  des  difficultés. 
surtout  à  cause  des  changements  survenus  à  différentes  époques  dans  les  circonscriptions 
religieuses,  et  nous  avons  pi'éféré,  comme  plus  commode,  la  classification  suivante.  Nous 
les  partageons  d'abord  en  deux  catégories  ,  comme  l'est  le  clergé  lui-méme  .  l'une 
contenant  les  sceaux  du  clergé  séculier,  l'autre  les  sceaux  du  clergé  régulier.  Dans  la 
première  nous  suivrons  l'ordre  Inérarchique  :  1°  les  cardinaux  et  les  protonotaires  apos- 
toliques;  2"  les  archevéques;  3°  les  évéques  ;  4°  les  coUégiales  et  plébainies;  5°  les 
simples  prétres. 

Pnur  les  siéges  épiscopaux  ou  arcliiépiscopaux,  nous  mélerons,  à  leiu"  ordre  chro- 
nologique ,  et  aux  sceaux  des  prélats,  ceux  de  leurs  chapitres  et  officiers  et  de  leurs 
tribunaux. 

Dans  la  seconde  catégorie,  nous  passerons  en  revue  successivement  les  divers  ordres 
religieux,  Bénédictins,  Franciscains,  Dominicains,  etc,  qui  ont  existé  en  Savoie  ou  dans 
les  pays  voisins  qui  ont  été  sous  la  domination  de  nos  Comtes  et  de  nos  Ducs.  Nous  ter- 
minerons  en  donnant,  comme  une  sorte  d'annexe,  quelques  sceaux  de  corporations  reli- 
gieuses ou  mises  sous  la  protection  de  Saints.  Nous  donnerons  aussi  les  sceaux  des 
prélats  et  des  religieux  savoyards  qui  ont  vécu  dans  des  pays  étrangers  où  ils  ont 
occupé  des  siéges  ou  habité  des  maisons  religieuses. 

Ce  mémoire  presenterà  sans  doute  bien  des  imperfections  ,  mais  nous  comptons 
beaucoup  sur  l'indulgeuce  des  travailleurs  sérieux  qui  tiendront  compte  des  difficultés 
de  ces  sortes  de  recherches  et  de  la  bonne  volonté  des  auteurs. 


PAE    A.  DUFOUR    ET    F.  RABUT  219 


I. 

CLERGÉ  SÉCULIER 


— >«a»6?<BM~— 


r  CARDINAUX  ET  PROTONOTAIRES  APOSTOLIQUES 


Le  Cardinal  Maurice  de  Savoie. 

1627 

Sceau  de  forme  ronde  de  62  millimètres  de  diamètre. 

Type:  Dans  un  cartouche  surmonté  d'un  chapeau  qui  n'a  que  trois  rang6  de 
houppes  pendant  de  chaque  coté  1,  2,  3,  figurent  les  armes  de  Savoie  écartelées  comme 
le  due  Emmanuel  Philibert  avait  commencé  à,  le  faire,  savoir:  aux  1"  et  4'  quartier, 
de  Saxe;  au  2'' quartier,  du  duché  de  Chablais;  au  3"  quartier,  du  duché  d'Aoste;  et 
sur  le  tout  de  Savoie:   de  gueules  à  la  croix  pìeine  d'argent. 

Legende.  La  legende,  entre  deux  filets,  est  en  capitales  romaines  et  est  entourée 
d'une  bordui'e  de  fleurons  : 

MAVRITIVS  •  S  •  R  •  E  •  DIACON  •  CARD  •  SABAVDI/s^ 
Mauritius  sacrce  romance  ecclesice  diaconus  cardinalis  Sabaudi^. 

Planche  I,  fig.  n"  1. 

Ce  sceau  est  d'un  dessin  élégant  :  Il  est  en  ciré  rouge  plaqué  à  une  charte  du  1 5 
Juin  1627,  par  laquelle  la  prévóté  de  S'-Antoine,  dépendant  de  l'abbaye  de  la  Chiusa, 
est  conférée  à  révérend  Jean  Martin  Billié  (1). 

Relativement  au  type  de  ce  sceau  nous  ferons  remarquer  qu'on  voit  dans  la  partie 
supérieure  du  cartouche  une  tète  d'ange,  qui  se  rencontre  souvent  dans  les  sceaus  ecclé- 
siastiques  et  qu'au  lieu  des  houppes  de  Cardinal,  qui  doivent  étre  de  cinq  rangs  1,  2,  3, 
4,  5,  le  chapeau  n'a  que  des  houppes  d'évéque;  exemple  rare  d'un  prince  de  l'église  pre- 
nant  moins  d'iasignes  qu'il  aurait  le  droit  de  le  faire.  Mais  cela  peut  s'expliquer  ainsi  : 
à  savoir  que  ce  sceau  est  celui  dont  le  prince  Maurice  se  servait  en  qualité  d'Abbé  de  la 


(1)  Archives  de  l'Économat  general  -  S'-Michel  de  la  Cluse  -  Paquet  )6. 


220  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  —  SCEAt'X    RELIGIEUX 

Chiusa,  bieii  qu'il  n'en  ait  pas  pris  le  titre  dans  la  legende.  Disons  ancore,  pour  com- 
pléter  la  description  qui  précède,  que  les  quartiers  de  Saxe  sont  subdivisés  dans  les 
armoiries  des  souverains  de  Savoie  et  sur  notre  sceau  comme  suit  :  Farti  de  pourpre  mi 
cheval  gai  et  contourné  d'aryent,  qui  est  de  haute  saxe  et  fasce  d'or  et  de  sable  de  8 
pièces  au  crancelin  de  sinopie  pose  en  bande  sur  le  tout,  qui  est  de  basse  saxe,  et  ente 
en  pointe  d'argent  à  3  bouterolles  de  gueules,  qui  est  d'Angrie.  Les  armes  du  duché 
de  Chablais  sont  d'argent  seme  de  billiettcs  de  sable  an  Ij/on  de  sable  hrochant  sur 
le  tout  (On  n'aperQoit  pas  les  billiettes  sur  le  sceau).  Le  duché  d'Aoste  porte  de  sable 
au  hjon  d'argent  arme  et  lampassé  de  gueules. 

Quant  au  personnage  possesseur  de  ce  sceau,  il  est  assez  connu;  trop  connu  mème  à 
cause  de  la  part  qu'il  prit  dans  les  troubles  domestiques  de  la  Maison  de  Savoie  avec 
son  frère  le  prince  Thomas  et  sa  sceur  Marguerite,  déjà  du  vivant  de  son  frère  le  due 
Victor  Amédée  I,  et  plus  tard  pendant  les  régences  de  Christine  de  France  à  laquelle  il 
reprochait  sa  nationalité,  bien  qu'elle  ait  été,  on  ne  peut  plus,  dévouée  à  la  Maison  de 
Savoie  et  à  sa  politique  traditionnelle. 

Xous  ne  parlerons  donc  de  lui  que  pour  rappeler  ici  très-sommairement  qu'il  était 
le  5"  fils  du  due  Charles  Emmanuel  I,  qu'il  uaquit  en  1593,  qu'il  fut  créé  Cardinal  diacre 
à  l'àge  de  1 4  ans,  sans  qu'il  ait  jamais  regu  plus  tard  les  ordi'es  sacrés  ;  qu'il  traita 
avec  Mad'  Roy'  en  1642  et  regut  le  gouvemement  de  Nice.  Ce  traité  fut  suivi  du  ma- 
riage  de  Maurice  de  Savoie,  alors  premier  prince  du  sang  avec  sa  nièce  Louise  sceur  du 
due  Charles  Emmanuel  II.  Il  renvoya  son  chapeau  de  cardinal  au  pape  qui  luì  accorda 
toutes  les  dispenses  nécessaires  pour  ce  mariage.  Sa  femnie  n'avait  que  14  ans,  il  en  avait 
près  de  50.  Ils  n'eurent  pas  d'enfants  et  quaud  il  mourut  en  1657,  son  frère  Thomas 
de  Savoie-Carignan,  devenait  le  plus  proche  héritier  du  tròne  en  cas  d'extinction  de  la 
branche  ainée. 


Le  Cardinal  Gerdil. 

1788-1794. 

Sceau  de  forme  ronde  de  45  millimètres  de  diamètre. 

Type:  Un  écu  dans  un  cartouche  élégant  est  parti  au  1"  d'azur  à  une  cróix 
d'argent  sur  3  coupeaux  de  montagnes,  aceostee  des  lettres  P.  A.  ;  au  2*,  coupé  d'azur 
a  3  étoiles  à  6  rais  d'or,  et  d'argent  à  un  oiseau  sur  un  trrrain  au  naturcl  se  mou- 
vant  de  la  pointe  de  l'écu.  Un  autre  petit  écu,  qui  est  aussi  dans  un  cartouche  qui  couvre 
en  partie  le  sommet  de  l'écu  précédent,  porte  de  gueule  à  une  tige  de  hjs  sur  un  terrain 
de  sinopie,  agitce  par  un  veni  qui  soufflé  du  frane  quartier,  au  chef  d'argent  chargi' 
de  trois  dtoiles  à  6  rais  de  sable.  Plus  haut  le  chapeau  ccclésiastique,  d'où  pendent, 
de  chaque  coté,  trois  rangs  de  houppes  1,  2,  3. 

Legende.  La  legende  en  capitales  romaines  est  entre  deux  gi-enetis  d'inégale  grosseur. 
le  plus  gros  est  le  gi'enetis  extérieur.  Les  points  qui  séparent  les  mota  y  sont  remplacés 
par  de  petites  étoiles  à  6  rais: 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.  KABUT  221 

HYAC-TITVLI    S-CECILIA^-S-  R- E- PRESS -CARD -GERDIL- 
Hyacintus  tituli  sanctce  Cecilice  sacra  romance  ecclesice  presbiter  cardinalis  Gerdil. 

Planche  I,  fig.  n°  2. 

Sceau  plaqué  sur  ciré  rouge  renfermée  entre  deux  papiers.  Il  corrobore  des  lettres- 
patentes  datées  de  Eome,  du  27  7""^  1788,  par  lesquelles  le  cardinal  Gerdil,  comme 
abbé  de  S'-Michel  de  la  Cluse,  charge  son  vicaii'e  general  Fenero  de  convoquer  un 
synode  et  de  le  présider  en  son  nom  (1). 

Il  existe  un  autre  sceau  du  méme  personnage,  de  méme  forme  et  de  mème  dimension 
sur  un  acte  de  1794. 

Tyjìe  :  Le  type  est  le  méme  que  celui  du  sceau  précédent,  mais  le  dessin  en  est  dif- 
férent.  Le  cartouche  moins  élégant  est  accompagné  dans  la  partie  inférieure  d'une  cou- 
ronne  de  feuillage.  Le  petit  écu  supérieur  au  lieu  d'ètre  dans  un  cartouche  est  tout 
simplement  un  écu  italien  ou  ovale.  Entre  ce  petit  écu  et  le  chapeau  apparait  une 
croix  tréflée  :  tout  le  reste  est  semblable  :  intérieur  des  écus,  chapeau  et  houppes. 

Legende.   La  legende  cUffère  davantage  : 

«85    HYACINT    S    RE-  PRESB  •  CARDINALIS  •  GERDIL  •  ABBAS  • 
S  •  MICH  •  DE    CLVSA- 

Hyacintus  sacra  romance  ecclesice  presbiter  cardinalis  Gerdil  abbas  Sancii 
MichceUs  de  Clusa. 

Planche  I,  fig.  n°  3. 

Ce  sceau  plaqué  sur  ch-e  rouge,  entre  deux  papiers,  à  une  charte  du  20  Aoùt  1704 
donnée  à  Turin,  par  laquelle  le  cardinal,  autorisé  par  le  pape,  nomme  un  econome  à  un 
bénéfice  destine  à  un  nommé  Jean  Valetti  qui  n'ayait  pas  ancore  1  age  requis  pour 
l'obtenir  (2).  C'est  donc  encore  comme  abbé  de  S'-Michel  de  la  Cluse  qu'agit  le  cardinal, 
et  cette  fois  il  en  prend  le  titre  sur  son  sceau,  et  c'est  pour  cela  sans  doute  qu'il  n'a 
fait  graver  sur  les  sceaux  que  nous  publions  que  le  chapeau  épiscopal  au  lieu  du  chapeau 
cardiualice. 

Le  petit  écu  qui  domine  l'écu  piincipal  dans  les  deux  sceaux  est  celui  du  pape 
régnant  Pie  VI. 

Dans  le  gi-and  écu  qui  est  parti,  le  premier  quartier  est  aux  armes  des  Bama- 
bites;  les  lettres  P.  A.,  qui  figurent  dans  ces  armes,  sont  les  initiales  des  mots  Paulux 
Apostolus.  Le  2^  quartier  contient  les  armes  particuhères  adoptées  par  le  cardinal  qui 
sont,  comme  nous  l'avons  dit,  coupé  d'azur  à  3  ctoiles  d'or  et  d'argent,  à  un  oiseau 
sur  un  terrain  au  naturel  moiwant  de  la  pointe  de  Vdcu. 

Gerdil  a  été  une  des  grandes  gloires  de  la  Savoie.  Né  à  Samoens  en  Faucigny  en 
1718,  il  fit  ses  études  aux  colléges  de  Thonon  et  d'Auneci  coniiés  alors  aux  religieux  de 


())  Archives  de  VÈconomat  general   -  S> -Michel  de  la  Cluse  -  Paquet  n»  3. 
(2)  Id.  id.  -  Paquet  n"  1. 


222  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIECX 

S'-Bamabé,  vulgairement  appelés  les  Barnabites  (1).  Les  Barnabites  ont  fait  en  Savoie 
de  bonnes  recrues  pour  leur  ordre:  Don  Fulgence  de  Bellegarde,  Don  Claude  Joseph 
Greffié,  Don  Emmanuel  Bui'uod  et  surtout  Don  Hyacinthe  Sigismond  Gerdil.  Ils  envoyèrent 
ce  demier  étudier  la  théologie  à,  Bologne,  ou  il  fut  distingue  par  l'Archevèque  de  catte 
ville  Monseigneur  Lambertini  qui  lui  conferà  les  ordres  mineurs  en  1736  et  en  1737. 

Gerdil  soutient  avec  applaudissement  ses  thèses  sous  la  présidence  du  P.  Gastaldi  et 
en  1738  il  va  enseigner  la  philosophie  à  Macerata.  En  1739,  il  est  nommé  recteur  de 
philosophie  à  Moutù.  En  1741,  il  est  ordonné  prètre  et  bientòt  on  lui  confie  une  chaire 
à  l'université  de  Turin,  où  il  est  un  des  premiers  membres  de  l'Académie  des  Sciences 
fondée  dans  cette  ville.  Les  Barnabites  lapprécièrent  aussi  et  en  firent  le  provincial  des 
Maisons  situées  en  Savoie  et  en  Piémont. 

Le  roi  Victor  Amédée  III  lui  conila  lùducation  de  son  fils  ainé  le  prince  de  Piémont 
Charles  Emmanuel  et  lorsque  Pie  VI  démerabra  le  décanat  de  Savoie  du  diocèse  de  Gre- 
noble, il  en  confia  l'administration  à  Gerdil  par  lettres  du  8  des  ides  de  Juillet  1775. 

Déjà  en  1773,  le  pape  Clément  XIV  le  designa  In  petto  Cardinal  avec  cette  note 
élogieuse  votus  orbi,  nix  notus  urbi,  qui  témoigne  à  la  fois  de  la  science  et  de  la  mo- 
destie de  Gerdil.  Mais  ce  ne  fut  qu'en  1777  qu'il  fut  adnùs  au  sein  du  sacre  College  ;  les 
honneurs  religieux  lui  arrivèrent  en  foule  cette  année  là.  En  Janvier  il  fut  nommé  évéque 
de  Dibonna;  en  Février,  président  du  Consistoire;  en  Mars,  abbé  de  S'-Michel  de  la 
eluse,  et  en  Décembre,  cardinal  avec  le  titre  de  S'-Jean  porte  latine  en  1778  et  celai 
de  S'^-Cécilc  en  1784. 

C'est  du  roi  de  Sardaigne  qu"il  tenait  l'abbaie  de  la  Cluse.  Gerdil  s'occupa  toujours 
avec  sollicitude  de  cette  Maison,  comme  le  prouvent  les  deux  chartes  où  nous  avons  ren- 
contré  ses  sceaux,  celle  surtout  où  il  ordonne  la  convocation  d'un  synode  prèside  par  son 
vicaire  general  monseigneur  Ferrari.  C'est  là  qu'il  se  refugia  après  l'occupation  de  Eome 
par  les  Fran^ais  en  1798. 

Très-bien  accueiUi  à  Tuiin  par  le  roi  Charles  Emmanuel  IV,  son  ancien  élève,  il  part 
pour  Giaveno  au  commencement  de  l'année  salvante  et  en  Décembre  il  se  rend  à  Venise 
au  conclave  rassemblé  pour  donner  un  successeur  à  Pie  VI.  Ce  successeui-  faillit  étre 
Gerdil  qui  eut  toujours  plus  de  voix  que  ses  concurrents  dans  les  votes  des  2,  3,  4,  5, 
6,  7,  8,  9,  10,  11,  12,  13,  14  et  15  Décembre;  mais  l'opposition  de  rAutriche  en  guerre 
avec  la  France  où  était  né  Gerdil  fit,  sur  la  fin  du  conclave  donner  la  tiare  au  cardinal 
Chiaramonti  qui  fut  Pie  VII. 

Gerdil  mourut  à  Rome  en  1802  à  Tàge  de  84  ans.  Pie  VII  donna  lui-méme  l'ab- 
soute  à  ses  funcrailles.  Son  mausolée  en  marbré  se  voit  encore  avec  une  longue  inscription 
composée  par  le  P.  Fontana  dans  l'église  S -Charles  des  Gattinai'i  à  Rome. 

Si,  à  cette  chronologie  sommaii-e  de  la  vie  de  Gerdil,  on  vouloit  ajouter  ses  mérites, 
comme  savant,  il  faudrait  un  long  récit.  Contentons  nous  de  rappeler  que  les  ouvrages 
quii  a  composés,  les  uns  en  langue  italienne,  les  autres  en  latin  ou  en  fran^ais,  publiés 
de  son  vivant  ou  après  sa  raort,  s'élèvent  au  nombre  de  98   (2),  et  roulent  sur  de.s 


(1)  Ces  religieux  dirigoaìent  le  collège  de  Thonou  depuis  1615,  et  celui  d'Ànneci  depuis  1614.    Ils 
y  restèrent  jusqu'en  17l'9. 

(2)  Eilraits  ine  liis  de  la  correspondanoe  et  des  manuscrits  du  Cardinal  Gerdil,  déposés  dans  le 
collège  dea  Barnabites  de  5.  Carlo  ai  Gattinari  :\  Rome,  par  Pierre  Vachoux.  Annecy,  1867,  p.  17  et  suiv. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   KABUT  223 

matières  de  théologie,  de  philosophie,  de  physique,  etc.  Déjà,  de  son  vivant,  ses  travaux 
avaient  été  réunis  et  publiés  à  Kome  en  6  volumes  in-4''  pendant  les  années  1784- 
1791.  Dès-lors  une  édition  plus  complète  a  pam  dans  la  méme  ville  en  20  volumes 
in-4",  intitulé:  Opere  edite  e  inedite  del  Cardinale  Giacinto  Gerdil;  Eoma,  Poggioli, 
1806-1821.  Une  autre  édition  plus  complète  encore,  fonnat  in-fol. ,  est  en  voie  de 
publication  à  Kome  par  les  soins  du  P.  Barnabite  Yercellone  à  qui  est  confiée  la  garde 
des  manuscrits  et  de  la  coiTespondance  du  cardinal  Gerdil. 

La  plupart  des  savants  contemporains  de  Gerdil  ont  été  en  rapport  avec  lui  et 
il  était  très-estimé  de  tous,  malgi'é  lem-  différence  d'opinion.  Jean-Jacques  Rousseau 
disait  de  lui:  «  Panni  tant  de  brochures  imprimées  contre  mes  écrits  et  ma  persomie, 
«  il  n'y  a  eu  que  celle  du  pére  Gerdil  que  j"ai  eu  la  patience  de  lire  jusqu"à  la  fin; 
«  il  est  fàcheux  que  cet  auteur  estimable  ne  m'ait  pas  compris  ».  Le  gi-and  Montesquieu 
s'exprimait  ainsi  à  propos  d'une  critique  de  Gerdil  :  «  Je  vous  remercie  de  la  critique 
«  du  Pére  Gerdil,  elle  est  faite  par  un  homme  qui  mériterait  de  m'entendre  et  puis 
«   de  me  critiquer  ».   Le  savant  De  Lue  de  Genève  se  glorifiait  d'étre  l'ami  de  Gerdil. 

Les  travaux  de  notre  Cardinal  sur  la  physique  ont  été  loués  par  d'Alembert  et 
insérés  au  journal  des  savants.  Enfin  M'  de  Mairan  de  l'Académie  des  Sciences  de 
Paris  disait  que  Gerdil  portait  dans  tous  ses  discours  un  esprit  géométrique  qui  manquait 
souvent  aux  géomètres  mèmes. 

La  réputation  de  Gerdil  est  tellement  établie  en  Piémont  qu'en  1867  un  journal 
hebdomadaire  qui  paraissait  à  Turin  et  qui  s'occupait  de  littérature  et  de  phUosophie 
s'intitulait  II  Gerdil  et  n'avait  rien  trouvé  de  mieux  pour  s'abriter  que  le  nom  du 
savant  savoyard. 

Robert  de  Genève  Protonotaire  apostolique. 

1359. 

Sceau  ogival  de  55  millim. 

Type:  La  Vierge  debout,  tenant  l'enfant  Jesus  dans  ses  bras,  sous  un  édicule 
ogival.  Au  dessous,  un  personnage  agenouillé  dans  une  petite  niche,  de  chaque  coté  de 
laquelle  est  un  écu  aux  armes  de  la  maison  des  comtes  de  Genève:  d'or  e'quipollc 
de  quatre  points  d'azur. 

Legende.   En  majuscules  gothiques: 

IS  •  DNI  .  PP£  •  NOTARII  • 

(Sigilhim  Boberti  de  Gebenn)is  domini  pape  notarti. 

Planche   I,  fig.  n»  4. 

Ce  sceau  pend  par  des  cordons  de  soie  verte  à  un  acte  par  lequel  Robert  de 
Genève,  notaire  de  S'-Siége  constitue,  en  qualité  de  procureur  du  general  de  l'ordre 
du  S -Sépulcre  ,  le  pere  Droyno  de  l'ordi'e  des  Bénédictins  ,  recteur  de  l'hópital  du 
S'-Sépulcre  d' Annecy  (  1  )  :   Il  est  en  cii-e  rouge  étendue  sur  de  la  ciré  jaune. 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Bénéfices  de  là  des  monts  -  Prieuré  S'-Sépulcre,  Anaeci ,  pag.  171. 


224  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  —   SCEAUX    RELIGIEUX 

Lc8  lettres,  où  il  pend,  sont  datées  d'Avignon,  alors  residence  du  pape  et  des 
généraux  dordre,  et  du  22  Novembre   1359. 

Robert  de  Genève,  si  célèbre  comme  antipape,  sous  le  nom  de  Clément  VII,  après 
le  retour  des  souverains  pontifes  à  Eome  et  après  la  nomination  en  1378  du  pape 
italien  Urbain  VI,  auquel  il  fut  oppose  par  quelques  cardinaux,  fut  le  demier  repré- 
sentant  de  la  célèbre  maison  de  Genève  dont  la  branche  légitime  s'éteigiiit  avec  lui. 

Les  annes  de  cette  famille  ont  encore  été  portées  par  la  famille  de  LuUin,  branche 
bàtarde  de  la  maison  de  Genève,  puis  par  la  maison  de  Boringe,  branche  bàtarde  de 
la  maison  de  Lullin. 

Eobert  cinquième  fils  d'Amédée  III  de  Genève  et  de  Mathilde  de  Boulogne  est 
né  en  1342:  Il  fut  seigneur  de  Cruseilles  ,  entra  jeune  dans  les  ordres  et  fut  suc- 
cessivement  chauoine  de  Paris,  évéque  de  Térouane  (1)  de  1361  à  1368,  évèque  de 
Cambray  de  1368  à  1372,  cardinal  du  ti  tre  des  douze  Apótres  en  1 3  7 1  et  antipape 
à  Avignon  en  1378.  Il  survécut  à  ses  quatre  frères  ainés  et  fut  quelques  mois  comte 
de  Genevois,  de  Mars  à  Septembre   1394,  année  de  sa  mort. 


Philippe  de  Compey  Protonotaire  apostolique. 

1488. 


Grand  sceau  ogival  de  110  millim.  dans  sa  plus  grande  dimension. 
Type  :  Dans  un  édicule  ogival  à  trois  compartimens  formant  trois  niclies  sur- 
montées  de  clochetons  très-ornés,  surtout  colui  du  milieu  qui  séparé  le  commencement 
de  la  fin  de  la  legende,  sont  debout  sur  des  consoles  de  méme  style  trois  saints  per- 
sonnages  :  au  milieu,  la  Vierge  couronnée  tenant  dans  ses  bras  l'enfant  Jesus  dont  la 
tète  est  radiée  ;  les  deux  autres  saints  sont  nimbés  et  barbus.  L'un  d'eux,  dans  la  niche 
de  gauche,  tient  un  livi'e  ;  c'est  sans  doute  l'apòtre  S"-Philippe  patron  du  protonotaire 
Compey,  et  dans  la  niche  de  droite,  le  saint  qui  tient  dans  ses  bras  un  agneau  nimbé 
est  S'-Jean  Baptiste. 

Au  dessous  des  niches  qui  abritent  ces  trois  saints,  il  y  en  a  une  autre  moins 
haute,  de  méme  architecture,  dans  laquelle  le  protonotaire  Compey  est  agenouillé  sur 
une  console,  les  mains  jointos  et  la  tòte  nue. 

A  droite  de  cette  niche  ,  un  écu  anx  aimes  des  Compey  de  Gruffy  qui  porte  : 
d'hertnine  au  chef  de  gueules  charge'  d'un  aiglc  d'or,  est  surmonté  d'une  mitre  dont 
les  triples  bandelettes  descendent  de  chaque  coté  de  l'écu  et  interrompent  la  legende. 
A  gauche  de  la  niche  ,  un  personnage  arme  de  toutes  pièces,  la  téte  nue.  étend  au 
dessus  de  la  téte  du  protonotaire  son  bras  droit  et  y  tient  une  couronne  de  feuillage: 
De  la  gauche,  il  tient  un  petit  étendard. 

Legende.  En  capitales  gothiques: 


(1)  Térouane,  en  latin  MorinenMs,  ce  qui  a  fait   supposer  et  dire  à  quelque  auteur,  que  Rober 
de  Qenàve  avait  été  évèque  de  Maurienne,  Morianensis. 


PAR   A.  DUFOUR    ET    F.  KABUT  225 

•  S  "  REVERENDI  »  PATRIS  =  PHILIPPI  S  D  t  COMPESSIO  '  SEDIS  » 
APLICE  =  PROTHONOTARII  ' 

Sigillum  reverendi  patris  Philippi  de  Compesio  sedis  apostolice  protonotarii. 

Cette  legende  est  un  peu  oblitérée  dans  le  commencement  par  suite  d'un  mou- 
yement  fait  par  celui  qui  appliquait  le  sceau  matrice  sur  la  ciré. 

Sceau  en  ciré  rouge  renfermé  dans  une  boite  en  sapin  de  méme  forme  et  retenu 
par  des  cordons  de  soie  verte  à  une  charte  du  mois  de  Novembre  1488,  un  vidimus 
de  conventions  passées  entre  Troches  et  le  comte  de  Savoie  (1). 

Planche  I,   fig.  n»  5. 

Ce  sceau  est,  sans  contredit,  le  plus  beau  de  tous  ceux  que  nous  publions,  soit 
par  la  dimension  ,  soit  par  le  dessin  des  nombreux  objets  qui  en  forment  le  type  : 
archi  tee  ture ,  personnages,  etc.  Pour  la  dimension,  il  rappelle  ceux  des  cardinaux  et 
celui  de  Jean  de  Compey  frère  de  notre  Philippe  ,  successivement  évéque  de  Turin , 
de  Genève  et  archevèque  de  Tarentaise.  Ce  sceau  de  l'évéque  Jean  de  Compey  a  été 
dessiné  par  M'  Blavignac  dans  son  armorial  genevois  ,  mais  le  notre  lui  est  bien 
supérieur  sous  le  rapport  artistique  et  l'on  regrette  vivement  de  ne  pas  connaitre  le 
nom  du  graveur  de  ce  sceau.  La  famille  riche  et  puissante  des  Compey  semble  avoir 
eu  le  privilége  exclusif  en  Savoie  de  ces  sceaux  majestueux. 

Philippe  de  Compey  était  fils  de  Jean  de  Compey  seigneur  de  GrufTy,  de  Prangins 
et  de  Grandcour,  d'une  branche  cadette  de  l'ancienne  famille  des  Compey  et  d'An- 
toinette  de  la  Palud-Varambon.  Son  pere  Jean  de  Compey  était  chambellan  d' Amédée  VITI 
qui  l'envoya  à  Chypre  avec  un  petit  corps  de  troupes  et  son  beau  frère,  au  secours 
de  Janus  de  Lusignan,  expédition  dont  il  revint  presque  seul,  au  dire  de  Guichenon  (2); 
il  fut  aussi  chargé  de  plusieurs  missions  délicates  par  ce  prince  et  par  son  successeur  le 
due  Louis,  aussi  re^ut-il  d'Amédée  Vili  d'importantes  donations  et  entr'autres  les  biens 
considérables  confisqués  à  l'infortuné  Lageret,  ce  riche  bourgeois  de  Chambéry  qui  fut 
exécuté  en   1417  sans  qu'on  connaisse  aujourdhui  le  crime  dont  il  s'est  rendu  coupable. 

Philippe  de  Compey  voué  à  la  carrière  ecclésiastique,  comme  la  plupart  des  cadets 
de  famille,  fut  d'abord  cure  de  Margencel,  puis  cure  d'Arrache  et  de  Cruseilles,  prieur 
de  Lovagny,  doyen  de  Savoie,  chanoine  de  Genève  et  de  Lausanne,  vicaire  perpétuel 
de  Genève  et  protonotaire  apostolique  (3).  Il  mourut  le  18  Mai  149(1  à  Genève  et 
fut  enterré  dans  la  cathédrale  de  cette  ville  à  laquelle  il  avait  fait  une  riche  fondation 
pour  le  repos  de  son  àme  et  de  celles  de  ses  parents  ;  son  frère  Jean  fut  évèque  de 
Genève  pendant  un  an  (1483-1484)  et  c'est  en  1483  que  notre  Philippe  jura  pour 
lui  les  francliises  de  cette  ville  (4). 

La  dignité  de  Protonotaire  apostolique  lui  donnait  le  premier  rang  après  l'évéque. 
On  distinguait  deux  sortes  de  protonotaires  apostoliques,  les  uns  intra  stattim,  in  curia 


(\)  Archiv.  du  Royaume  -  Abbaye  d'Aulps  -  Paquet  n°  1. 

(2)  Hist.  généalog.  de  la  Maison  de  Savoie. 

(3)  Besson,  Mémoires  pour  l'histoire  ecclésiastique pag.  54. 

(4)  Ibidem. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  29 


226  SIGII.LOGKAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Bomava,  étaient  chargés  à  Rome  de  rediger  l'histoire  des  papes,  les  procès-verbaux 
des  consistoires,  etc.  ;  les  autres,  extra  statum,  nommés  un  peu  partout  étoient  à  la 
disposition  du  souverain  Pontife  pour  les  missions  qu'il  pouvait  leur  confier.  Les  pro- 
tonotaires  du  S'-Siége  étaient  exempts  de  la  juridiction  de  l'ordinaire  et  placés 
immédiatement  sous  l'autorité  du  S'-Siége:  ils  pouvaient  étre  nommés  par  le  pape 
cu  par  un  légat  a  Intere.  Ils  avaient  bien  d'autres  priviléges  :  ainsi  il  précèdent  les 
autres  membres  des  chapitres  quand  ils  sont  cbanoines  eux-mémes.  Leur  costume  est 
une  robe  violette  avec  le  petit  manteau  de  mème  couleur.  Ils  peuvent  aussi  porter  dans 
les  cérémonies  religieuses  un  anneau  sans  pierre  précieuse  (1). 

La  mitre  placée  dans  notre  sceau  au  dessus  de  l'écu  armorié  s'expliquerait  par 
la  diguité  de  Doyen  de  Savoie  :  la  présence  de  S'-Jean  Baptiste  dans  la  nicbe  droite 
s'explique  aussi  parceque  S-Jeau  était  le  patron  du  pere  de  Philippe  de  Compey. 
celui  de  son  frère  l'évéque  Jean  qui  l'a  fait  gi-aver  au  milieu  de  son  sceau  et  le  patron 
vènere  de  la  famille  des  Compey.  L'on  sait  que  dans  la  plupart  des  grandes  familles, 
il  y  a  un  prénom  préféré  qui  revient  souvent  et  embarasse  singulièrement  les  généa- 
logistes.  Il  suffira ,  pour  se  convaincre  de  ce  fait ,  de  jeter  les  yeux  siu-  les  tableaux 
de  l'armorial  et  nobiliaire  de  Savoie  de  M  de  Foras ,  et  les  Amédée  de  la  Maison 
de  Savoie  en  sont  une  autre  preuve.  Et  bien  chez  les  Compey,  le  prénom  préféré  était 
celui  de  Jean  :  il  revient  au  masculin  ou  au  féminin,  à  tous  les  degrés,  dans  la  branche 
ainée  et  dans  les  branches  cadette»  (2). 

Ce  qui  est  plus  difficile  à  expliquer  dans  notre  sceau,  c"est  le  personnage  arme 
qui  tient  uu  étendard  et  une  couronne  de  feuillage  sur  la  tète  du  protonotaire  et  qui 
ressemble  à  un  S'-Michel  ou  à  un  S-Maurice  ou  à  S'-Philippe  patron  de  Compey. 
Il  faudrait,  pour  cela,  connaìtre  quelques  détails  de  la  vie  et  des  honneurs  conférés 
à  Philippe  de  Compey,  détails  qui  ne  sont  point  parvenus  jusqu'il  nous. 


Jean  Oriol  Protonotaire  apostolique. 

Sceau  ogival  de  65  millim. 

Ti/j)e  :  La  Vierge  tenaut  l'enfant  Jesus  dans  ses  bras  est  debout  dans  une  fort 
jolie  nicbe  ogivale  au  dessous  de  laquelle  se  trouve  un  écu  aiTondi  en  pointe  dans  lequel 
figure  une  croix  à  deux  branches. 

Legende.  La  légeude,  en  caractères  gotbi(iues  minuscules  nettement  gravés,  et  très- 
lisibles,  court  sur  un  pliilactère  dont  l'extrémité  est  un  peu  enroulée  au  bas  du  sceau: 

.  s  .  r  .  p  .  d  ,  io  .  orioli .  sedls  .  ap'=«.  protho""' .  vicarius  .  habniidancie  ~«5<s^ 

SigilÌKìH    reverendi  patris    domini  Johannis  Orioli  sedis  upostoìicc  protJionotarius 
vicarius  habundancie. 


(11  hìctionn.  encyclope'diq.  de  la  théologie  catholique  de  Goschler;  iraduct.  franjais.  Tome  XIX. 
Paris,   \Sr,i. 

(?)  Costa,  Familles  histoi-iques  de  la  Savoie  -  Les  Compeys.  —  Chambc^ri .  1814  ,  in-1".  Voir  le 
tableau  géoéalogique. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.   KABUT  227 

Un  fleuron  suivi  d'un  point  termine  la  legende. 

La  matrice  en  cuivre  de  ce  sceau  esiste  au  musée  d'Anneci  :  Le  dessin  que  nous 
donnons  a  été  fait  d'après  une  bonne  empreinte  que  nous  devons  à  l'obligeance  de 
M.  Eloi  Séran ,  alors  Conservateur  de  ce  musée ,  à  qui  nous  devons  plusieurs  autres 
empreintes. 

Planche   J ,    fig.  a"  6. 

La  Vierge,  qui  forme  le  type  principal,  est  la  patronne  de  l'abbaye  des  cbanoines 
réguliers  de  S'-Augustin  d'Abondance  en  Chablais.  L'église  de  cette  riebe  abbaye 
existe  encore  et  remonte  au  xii  siècle.  Elle  vient  d'ètre  classée  panni  les  monumens 
historiques,  à  la  suite  d'un  mémoire  redige  par  un  arcbitecte  de  Lyon,  M'  Cbarvet. 
La  tradition  attribuait  à  S'-Colomban  la  fondation  de  cette  maison  religieuse:  le 
laborieux  Besson  avait  accueilli  cette  tradition  et  tous  les  auteui's  après  lui,  notamment 
MM.  C'harvet  et  Lecoy  de  la  Marcbe,  ont  répété  que  S'-Colomban  avait  jeté  les  fondements 
de  cette  abbaye;  mais  en  1807  M'  Melville  Glover  a  fait  justice  de  cette  croyance 
en  s'appuyant  sur  la  vie  de  cet  apótre  écrite  par  son  disciple  le  moine  Tonas  (1). 

Les  armes  qui  sont  dans  l'écu  place  au  dessous  de  la  nicbe  doivent  étre  celles 
qu'avaient  adoptées  les  moines  d'Abondance,  car  ce  ne  sont  pas  celles  de  la  famille  Oriol 
ou  d'Orici,  ou  de  l'Oriol  qui  portait  d'azui-  à  une  tour  d'argent  senestré  d'un  pan  de  mu- 
raille  de  méme  (2).  Le  meublé  de  cet  écu,  la  croix  à  doublé  traverse,  figurait  volontiers 
dans  les  armes  des  religieux  ou  des  institutions  religieuses  du  nord  de  la  Savoie.  Cette 
croix  doublé  se  volt  dans  les  écus  du  cardinal  de  Brogny,  du  collège  des  Machabée  de 
Genève  et  d'Anneci,  et  du  chapitre  du  S'-Sépulcre  d'Anneci. 

Place  au  dessous  de  la  Vierge,  patrone  de  l'abbaye  ,  l'écu  à  la  croix  doubles 
doit  ètre  l'insigne  adopté  par  les  cbanoines  réguliers  d'Abondance  ;  ce  qui  nous  porte 
encore  davantage  à  le  croire,  c'est  l'importance  plus  grande  donnée  dans  la  legende 
au  titre  de  Vicaire  d'Abondance  écrit  en  toutes  lettres,  qu'à  celui  de  protonotaire  mis 
en  abrégé.  Le  vicaire  était  le  religieux  chargé  de  remplacer  l'abbé  en  cas  d'absence 
de  ce  demier. 

Le  volume  III  des  Scriptonim  des  Monumenta  historiae  patriae  contient  un 
obituaire  de  l'abbaye  d'Abondance,  mais  Jean  Oriol  n'y  figure  pas. 

Son  sceau  est  classe  par  son  style  dans  la  fin  du  xiv  ou  le  commencement 
du  XV  siècle. 

Plus  tard  on  trouvc  un  Jean  Oriol  (3),  évéque  de  Nice,  panni  les  témoins  de 
lettres-patentes  du  Due  de  Savoie  Charles  II,  en  date  du  12  Octobrc  1504  par  les- 
quelles  ce  prince  nomme  Louis  de  Miolans  marescbal  de  Savoie. 


(lì  Revue  Savoisienne,  1867,  pag.  99. 

(2)  CiiEviLLARD ,  Arm.  de  Eresse,  ete. 

(3)  Jean  Oriol,  un  des  administrateurs  de  l'évèque  de  Genève,  Adriani,  pag.  91. 


228  SIOILLOORAPHIE    DE    l.K    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIETJX 


2;  ARCIIEVEQUES. 


A.    AECHEVÉQUES     DE    TARENTAISE 


Herluin  de 

1238. 

Sceau  de  forme  ogivale  de  51   millim. 

Type  :  Archevéque  debout,  mitre,  revétu  de  la  chasuble  terminée  en  pointe  ar- 
rondie  et  du  pallium,  bénissant  de  la  main  droite  et  tenant  de  la  gauche  une  eresse 
tournée  en  dedans. 

Legende.  La  legende  entre  deux  cordons  est  en  capitales  qui  tiennent  le  milieu 
entre  les  capitales  romaines  et  les  capitales  gothiques,  mais  sont  plus  rapprochées  du 
gothique  : 

-h    S  .  HERLVINl   •  TARENTASIEN  •  ARCHIEPI  • 

Sigillum   Herìuini  tarcntasiensis  archiepiscopi. 

Planche   I ,   fig.  7. 

Ce  sceau  très-bien  conserve  est  en  ciré  jaune  et  pend  par  deux  cordons  de  fil 
gris,  au  bas  du  testament  du  comte  de  Savoie  Amédée  IV  fait  dans  l'hopital  d'Ai- 
guebelle  le  19  Juillet  1238  et  auquel  l 'archevéque  Herluin  mit  son  sceau  comma 
témoin:  In  cujus  testivìonium  jìi'csentihus  ìittcris  sigillum  nostrum  apposnimus  et 
sigillum  domini  Archiepiscopi  Tarentasiensis ,  etc.   (1). 

Le  siége  de  Tarentaise  est  le  plus  ancien  de  la  Savoie  ;  il  remonte  au  v  siècle. 
Les  titulaires  n'étaient  d'abord  que  des  évèques.  C'est  au  vili  siècle  qu'un  de  ces 
prélats  porte  pour  la  première  fois  le  titre  d'archevéque.  Il  en  est  ainsi  jusqu'à  la 
revolution  qui  supprime  le  siége  de  Tarentaise  :  mais  la  rcstauration  le  rétablit  comme 
évéché  suffragant  de  l'archevéché  de  Chambéri. 

L 'archevéque  Herluin  était  peut  étre  de  la  famille  puissante  alors  des  sires  de 
Chignin,  mais  bien  sur  ou  de  cette  famille  ou  d"une  famille  alliée  à  cette  Maison, 
puisque  Besson  a  trouvé  qu'il  avait  un  neveu  nommé  Aj-mon  fils  de  WuUierme  de  Chi- 
gnin (1).  D'après  cet  auteur  ,  il  fut  archevéque  de  Tarentaise  de  1224  à  1248  et 
dans  le  long  article  qu'il  lui  consacre,  il  rappelle  des  faits  qui  étahlissent  que  ce  prélat 
jouissait  d'une  grande  considération  :  il  donna  la  bénédiction  nuptiale  au  comte  de  Savoie 


(1)  Archiv.  du  Royaume  :  -  Tostaments.  -  Paquet  1,  n°  3. 

(2)  Besson,  Mémoires  pour  l'hist.  ecclésiastique ,  page  204. 


PAR    A.    DUFOUR    ET    F.   KABUT  229'' 

Amédée  IV;  il  est  souvent  pris  pour  arbitre;  l'empereur  Frédéric  II  lui  accordo  la 
confirmation  des  priviléges  de  son  église  ;  il  regut  l'hommage  des  seigneurs  Aymon  de 
Cevins  et  Emeric  de  Brianzoli.  Besson  a  publié  quatre  chartes  relatives  à  son  épiscopat, 
mais  il  ignorait  qu'il  eut  assistè  au  testament  d'Amédée  IV,  ce  qui  ajoute  encore  une 
preuve  à  la  haute  considération  dont  jouissait  notre  prélat. 

Quant  au  sceau,  il  ne  présente  aucune  particularité.  Suivant  l'usage  adopté  par 
plusieurs  prélats  dès  le  X  siede,  Herluin  a  fait  mettre  sa  propre  figure  sur  son  sceau. 
On  a  dit  que  la  eresse  tournée  en  dehors  était  un  signe  du  pouvoir  temporel  et  que 
la  eresse  tournée  en  dedans  était  au  contraire  Tindication  de  l'absence  de  juridiction 
politique.  Nous  croyons  qu'on  a  attaché  à  ce  détail  une  importance  qu'il  n'a  pas,  car 
les  faits  prouvent  souvent  le  contraire.  Ainsi  en  est-il  poui"  l'archevéque  Herluin  pour 
qui  l'empereur  Frédéric  II  renouvella  les  concessions  de  droits  régaliens  accordés  par 
Henri  VI  à  un  de  ses  prédécesseurs. 


Bertrand  de  Bertrand. 

1310-1318. 

Sceau  ogival  de  55  millim. 

Type  :  Le  prélat  debout  sur  une  sorte  de  console,  bénit  de  la  main  droite  et  tient 
de  la  gauche  le  bàton  pastoral ,  la  crosse  tournée  en  dehors.  Il  est  mitre  ;  sur  son 
bras  gauche  il  porte  un  manipule  dont  l'extrémité  frangée  voltige  d'une  fa^on  inaccou- 
tumée  ;  le  bas  de  la  soutane  est  frangée  ou  plissée  :  le  pallium  descend  très-bas.  Dans 
le  champ,  de  chaque  coté  du  prélat,  de  petits  rameaux  dépourvus  de  feuilles ,  mais 
dont  chaque  branche  est  terminée  par  un  fruit  rond  et  au  dessous  de  ces  rameaux  ; 
à  droite  un  soleil;  à  gauche  un  croissant. 

Legende.  En  capitales  gothiques  entre  deux  cordons  : 

....  BERTRANDI  :  DI  :  GRA  :  AR  . . .  •  EPI  :  TARENTASIEN  ... 
Sigillimi  hertrandi  dei  grafia   archiepiscopi  tarentasiensis. 
Planche  I,  fig.  n"  8. 

L'archevéque  Bertrand  a  appose  ce  sceau  au  bas  du  vidimus  du  testament  du 
comte  de  Savoie,  Pierre,  le  23  Novembre  1310  (1).  Il  est  en  ciré  jaune  et  pend  à 
une  bande  du  parchemin.  Nous  l'avons  aussi  trouvé  en  bas  des  conventions  passées  entre 
l'archevéque  de  Tarentaise  et  le  Dauphin  Hugues  le  9  Novembre  1318  au  sajet  des 
foires  de  S'-Maxime,  conventions  qui  ont  été  publiées  par  Besson  (2). 

Ce  sceau  est  un  peu  plus  orné  que  celui  de  son  prédécesseur  Herluin.  Le  soleil 
et  la  lune  qui  figurent  de  chaque  coté  du  prélat  sont  des  symboles  rebgieux  souvent 
employés.   On  les  volt  sur  les  sceaux  de  quelques  prélats  et  méme  sur  les  sceaux  de 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Testaments.  -  Paquet  1,  n"  16. 
('i)  Mém.  ecclésiast.,  pag.  422,  n"  79  des  preuves. 


230  SIGILLOGKAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAIX    RELIGIEUX 

quelques  villes  (Alby,  Valenciennes,  Dijon,  etc),  sur  les  monnaies  des  archevéques  de 
Lyon,  sur  les  monnaies  des  comtes  de  Narbonne,  etc.  Les  iconographes  y  voient  l'in- 
dication  de  J.  C.  et  de  la  Yierge  (1).  On  les  voit  cependant  figurer  aussi  de  chaque 
coté  du  Clirist  lui-mème.  Nous  ne  pouvons  dire  ce  que  sont  les  branches  fructifères 
placées  dans  le  champ  de  notre  sceau.  EUes  ne  sont  certainement  pas  empruntées  au 
blason  de  la  famille  Bertrand  qui  portait  d'or  au  ìion  de  sahìe  arme',  conronnc  et  Inm- 
passé  de  yueules  et  qui  avait  pour  supports  et  pour  cimier  des  lions  semblables. 

Bertrand  de  Bertrand  est  un  des  plus  anciens  membres  connu  de  cette  famille 
célèbre  qui  a  foumi  beaucoup  de  prélats  et  de  magistrats.  Cette  famille,  dont  la  branche 
ainée  est  éteinte  depuis  peu-  et  dont  les  branches  cadettes  sont  encore  représentées  par 
des  femmes  vivant  à  l'étrauger,  était  originaire  du  Piémont,  ou  Jean,  frère  de  notre 
prélat,  était  conseigneui-  de  BrozoUo  et  de  San  Jorio;  son  autre  frère  ^"illelme  vint 
s'établir  à  Montmeillan  en  1274  (2). 

Bertrand  de  Berti-and  était  le  neveu  de  l'archevéque  de  Tarentaise  Aymon  III, 
de  la  famille  des  nobles  de  Bruisson  qui  l'attira  près  de  lui  et  le  fit  successivement 
diancine  et  vicaire  general.  Il  fut  élu  archevèque  après  lui  en  1204  et  mourut  le 
9  Mai  1334  (3).  Pendant  ce  long  épiscopat,  l'archevéque  Bertrand  continuale  népo- 
tisme  en  attirant  près  de  lui  ses  petits  neveux  Humbert  qui  fut  chanoine,  et  Jean  qui 
sera  aussi  chanoine  de  Tarentaise  puis  évèque  de  Lausanne  et  archevèque  de  Tarantaise. 
Lequel  Jean  fera  de  méme  pour  son  neveu  Jean  qui  fut  aussi  archevèque  de  Taren- 
taise et  son  petit  neveu  Antoine  Bertrand  de  Bertrand,  fut  jìrésent  à  plusieurs  actes 
signalés  par  Besson,  et  aux  Etats  tenus  après  la  mort  du  comte  Edouard.  11  vota  pour 
l'exclusion  des  femmes  de  la  succession  au  comté  de  Savoie. 


Jean  de  Bertrand  ou  Jean  III. 

1358. 

Sceau  ogival  de   72  millim. 

Type  :  Un  édicule  ogival  compose  de  trois  niches  dont  les  deux  principales,  au 
méme  étage,  abritent  S'-PieiTe  et  S'-l'aul  debout  et  nimbés;  le  premier  tenant 
de  la  main  droite  les  deux  clefs,  le  second  arme  d'une  épée  dans  la  main  gauche,  ce 
qui  met  de  la  sjnnétrie  dans  les  deux  figures.  La  3*"  niclie,  au  dessus  des  deux  autres, 
plus  largo  et  plus  basse  est  remplie  par  la  Vierge  assise  tenant  l'enfant  Jesus  sur  ses 
genoux.  Au  bas  du  sceau,  sous  un  are  à  plein  cintre,'  le  prélat  à  genoux,  les  mains 
jointes,  la  tète  levée  vers  les  saints  et  couvert  de  la  mitre,  et  de  chaque  coté  des 
écus  terminés  en  ogive,  aux  armes  do  la  famille  Bertrand.  Une  petite  rose  sculptée 
entre  les  deux  niches  principales,  et  un  fond  quadrillé  dans  toutes  les  niches.  donnent  à 
ce  sceau  un  air  de  richesse. 


(1)  V.  Annales  Archi'olo/jique,  tonr»  V,  pag.  óH  et  suivantes. 

(2)  A.  DK  KoRAS,  Armorial  et  nobiliaire  de  la  Savoie.  Art.  Bertrand. 

(3)  Besson,  Mem.  ecdc'siast. ,  pag.  210. 


PAR    A.   DLFOUR    ET    F.   RABUT  231 

Legende.  En  capitales  gothiques,  entre  deux  cordons: 

S  •  lOHI  S....  GRA  :  ARCH TARENTASIENS  • 

Sigilluìu  Johannis  dei  grafia  archiepiscopi  tarentasiensis. 

Planche    I,  fig.  n°  9. 

Ce  sceau  en  ciré  rouge  pend  à  une  bande  de  velin  de  la  charte  dans  laquelle 
le  comte  Amédée  de  Genève  appelle  d'une  sentence  arbitrale  rendue  le  2  Aoùt  1358 
par  l'arcbevèque  de  Tarentaise  Otlion  de  Grandson  et  le  cbancelier  de  Savoie  dans  une 
contestation  entre  lui  et  le  comte  Amédée  de  Savoie  au  sujet  du  droit  de  monnoyage. 
Dans.cet  acte  d'appel,  notre  prélat  prend  les  titres  de  judex  ac  cognitor  electus.  .  . 
ab  illusf.   et  magnificis   principihns  dominis  Amedeo  coniite   Sabaudie  et   Amedeo 

comite  gebenn cette  cliarte  qui  est  inèdite  a  été  rédigée  à  Clery-Frontenex  le  8 

Aoùt  1358.  Datum  cleriaci,  etc.  (1). 

Jean  de  Bertrand  eut,  comme  son  grand  onde,  un  long  épiscopat  de  1342  à 
1365.  11  avait  été  auparavant,  pendant  deux  ans,  évèquc  de  Lausanne,  et  auparavant 
chanoine  et  officiai  de  Tarentaise. 

Il  était  fils  de  Jean  de  Bertrand  conseig'  de  BrozoUo  seig'  de  la  Pérouse  et  de 
Chamousset ,  et  de  Antoinette  de  Villette-Cbevron.  Il  fut  l'un  des  exécuteurs  testa- 
mentaires  du  comte  de  Savoie  Aymon  et  membro  du  conseil  résident  auprès  du  corate 
Amédée  VI,  Besson  donne  le  texte  d'uno  transaction  entre  ce  prélat  et  le  comte  de 
Savoie  du  27  Juin  1358,  au  sujet  de  la  juridiction  de  leurs  officiers:  Baillis,  Chà- 
telains,  etc,  et  sur  divers  autres  objets,  entr'autres,  celui  de  savoir  à  qui  appartien- 
droient  les  bàtards  des  chapellains  et  autres  personnes  ccclésiastiques  nés  et  à  naìtre 
de  femmes  appartenantes  à  l'archevèque.  Ils  furent  laissés  au  prélat  et  devenaient  ainsi 
ses  hommes  justiciables. 


Jean  de  Bertrand  ou  Jean  V. 

1432. 

Sceau  ogival  de  83  millim. 

Type  :  Construction  ogivale  composée  d'une  grande  nicbe  principale ,  surmontée 
d'un  clocheton  très-ouvragé,  dans  laquelle  le  patron  du  diocèse,  S'-Pierre,  est  assis. 
et  de  deux  petites  nicbes  latérales  et  posées  de  biais,  où  sont  deux  anges  agenouillés 
sur  un  piédestal  et  tournés  vers  la  figure  du  Saint.  Plus  bas,  dans  un  entourage  à 
pans  abattus,  le  prélat  à  genoux  sur  une  console,  tient  une  longue  croix.  Au  dessous 
des  anges,  contre  les  murailles  qui  soutiennent  tout  l'édifice,  on  voit  des  écus  de  forme 
ogivale,  où  est  taillé  le  lion  des  Bertrand. 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Duché  de  Genevois  -,  pag.  6,  n"  2. 


232  SIGILLDGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE   —   SCEAVX    RELIGIEUX 

Legende  : 
S  :  lOHS  :  DE  :  BERTRANDIS  :  DEI  :  ORA  :  ARCHIEPI  :  THAREN  :  ET  :  CONMITIS  : 
Sigillum  Johannis  de  Bertrandis  dei  gratta  archiepiscopi  tharentasiensis  et  comitis. 

Cette  legende  en  capitales  gothiques  est  entre  deux  grenetis  accompagnés,  chacun, 
de  deux  filets.   Dans  le  mot  Bertrandis,  Va  et  Vn  sont  liés. 

Planche   I,  fig.   n"   10. 

Malgré  quelques  légères  avaries,  ce  sceau  est  bien  conserve  :  c'est  le  plus  beau 
connu  de  la  sèrie  des  archevèques  de  Tarentaise.  On  remarquera  aussi  que,  à  mesure 
que  la  famille  Bertrand  devient  plus  puissante,  les  sceaux  des  prélats  de  cette  maison 
prennent  de  plus  grandes  proportions.  Celai  de  Jean  V  est  en  ciré  jaune  :  il  est  enfenné 
dans  une  boite  de  fer-blanc  de  méme  forme  et  pend  par  des  cordons  de  soie  à  la 
ti-ausaction  que  ce  prélat  fit  avec  les  évéques  de  Maurienne,  de  Belley  et  d'Aoste,  d'une 
part,  et  le  due  Amédée  Vili  le  16  Janvier  1432  pour  terminer  quelques  contestations 
8ur  leurs  juridictions  (1):  cet  acte  a  été  publié  par  Besson  (2). 

Jean  de  Bertrand  prend  sur  son  sceau ,  comme  dans  l'acte  précité,  le  titre  de 
Comte  de  Tarentaise,  titre  que  ses  prédécesseurs  portaient,  mais  qu'ils  n'avaient  pas  mis 
sur  lexirs  sceaux. 

Jean  V,  neveu  de  Jean  III,  était  fils  de  Pien-e  de  Bertrand  de  Chamousset  ;  il 
fui  évéque  de  Genève  en  1408,  et  il  occupa  le  siége  de  Tarentaise  de  1410  à  1432. 
Nous  publions  plus  loin  deux  sceaux  dont  il  s'est  servi  comme  évéque  de  Genève  :  l'un 
d'eux  semblable  à  celui  que  nous  venons  de  décrire  est  sans  aucun  doute  dù  au  méme 
graveur. 

Joseph  de  Parpaglia. 

1568. 

Sceau  ovale  de  34  millim. 

Type  :  Armes  de  la  famille  du  prélat,  d'argcnt  au  lion  de  gueules  dans  un  écu 
ovale  entouré  d'un  cartouclie  et  surmonté  d'une  croix  tréflée. 
Legende.   En  capitales  romaines: 

lOSEPH  ■  PARPALIA  •  ARCHIEPI  •  ET  •  COM  •  TARANT  • 
Plauche    II,    fig.    n"    11. 

Ce  sceau  est  plaqué  sur  papier  blanc  en  cii'c  rouge  au  bas  d'un  compie  de  dé- 
penses  faites  par  le  prélat  pendant  une  ambassade  dont  il  avait  été  chargé  par  S.  A. 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Archevòq.  de  Taraiitaise  -  Paquet   I",   n°  14. 

(2)  Mim.  eccL,  pag.  455,  n."  99  dea  preuves. 


PAR    A.  DUFOUR   ET    F.   RABUT  283 

le  Due  de  Savoie  auprès  de  la  seigneurie  de  Venise.  Ce  compte  est  date  de  Turin  le 
24  Septembre   1568  (1). 

Nous  sommes  ici  en  présence  d'un  sceau  dont  le  prélat  se  servait  pour  ses  affaires 
particulières.  Ce  n'est  pas  celui  dont  il  se  servait  pour  les  actes  officiels  de  l'archevèclié 
et  c'est  ce  qui  explique  sa  petite  dimension  et  l'absence  des  insignes  arcliiépiscopaux 
dont  les  prélats  entouroient  leurs  écus  ;  la  petite  croix  seule  fait  exception. 

Joseph  Parpaglia  était  seigneur  de  Revigliasco  en  Piémont.  Le  Due  Emmanuel 
Philibert  l'avait  envoyé  eomme  ambassadeur  ordinaire  à  Venise  par  lettres  du  20  Avril 
1564  avec  le  traitement  annuel  de  2592  livres,  à  partir  de  la  date  de  sa  nomination. 
11  n'était  pas  encore  archevéque  de  Tarentaise  alors.  11  paraìt  qu'en  1568  il  re^ut 
l'expectative  de  l'arehevéché  de  Moutiers,  puisque  Besson  nous  apprend  que  son  pré- 
décesseur  Jerome  de  Valpergue  mourut  en  1573,  que  Joseph  Parpaglia  re^ut  la  buUe 
de  ses  provisions  en  1573  et  fit  son  entrée  solemnelle  à  Moutiers  le  6  Février  1576. 
11  mourut  en   1598   aux  AUues  où  il  a  été  enseveli  (2). 


Jean  Fran90is  Berliet,  Baron  du  Bourget. 

1602. 

Petit  seeau  ovale  de  30  millim. 

Type  :  Armes  de  famille  du  prélat  dans  un  écu  ogival  entouré  d'un  cartouche 
et  surmonté  d'une  couronne  de  comte  et  d'une  croix  tréflée  dont  la  tige  passe  derrière 
l'écu  et  la  couronne. 

Il  n'y  a  pas  de  legende,  elle  est  remplacée  par  un  cordon  de  perles. 

Planche   li,  fig.  n"  12. 

Empreint  sur  ciré  rouge  au  bas  d'une  lettre  du  prélat  du  22  Octobre  1604  (3). 
Gomme  le  précédent,  ce  sceau  est  celui  dont  le  prélat  se  servait  pour  ses  affaires  per- 
sonnelles,  l'écu  est  écartelé:  aux  premier  et  quatriènte  quartiers  d'nzur  à  trois  hesants 
d'or,  2,  1,  armes  de  la  baronie  du  Bourget  et  mix  2°  et  3',  d'or  à  3  pals  de  gueules 
au  chef  d'azur  chargé  d'un  croissant  d'argent,  armes  de  la  famille  Berliet.  La  couronne 
de  comte  rappelle  que  les  archevéques  de  Tarentaise  étoient  aussi  seigneurs  temporels. 

Jean  Frangois  Berliet,  seigneur  de  Chiloup  et  de  la  Ptoche,  baron  du  Bourget, 
eonseigneur  des  salines  de  Tarentaise,  originaire  de  la  Eresse,  entra  tard  dans  les  ordres, 
après  la  mort  de  sa  femme.  Il  avait  auparavant  été  un  des  meilleurs  conseillers  des 
ducs  Emmanuel  Plùlibert  et  Charles  Emmanuel  I,  auxquels  il  rendit  plusieurs  services 
et  dont  il  re^ut  de  nombreuses  réeompenses.  Il  fut  nommé  conseiller  d'Etat  et  premier 
président  de  la  Chambre  des  comptes  de  Savoie  par  Emmanuel  Philibert,  par  lettres- 


(1)  Archiv.  Camérales  -  Patent  Piémont  -  Voi.    19,  pag.  324. 

(2)  Besson,  Mém.  eccles.,  pag.  219. 

(3)  Archiv.  du  Royaume  -  Lettres  des  évèques  de  Tarentaise. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  30 


•234  SIGILLUGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE   —   SCEAUX    KELIGIEI'X 

patentes  de  16  Mai  1578  (1)  et  il  a  prète  serment  à  Turin  le  14  Décembre  de  la 
méme  année.  Le  28  Novembre  1580  Charles  Emmanuel  I  confirma  Berliet  en  la  charge 
de  conseiller  d'État  et  de  président  (2).  Le  20  Mai  1581  il  avait  été  chargé  par 
Emmanuel  Philibert  des  négociations  relatives  à  l'échange  du  comté  de  Tende  (3). 

Le  24  Juin  1586,  il  re^ut  l'inféodation  des  minières  d'or,  d'argent  et  de  cuivre 
de  la  Tarentaise  et  Conflans  conjointement  avec  Jean  Francois  de  la  Crest,  Guillaume 
Francois  Cbabod  seigneur  de  Jacob,  André  de  Bienvenu  et  Francois  Caillat  de  Dombes 
avec  pouvoir  de  construire  maisons,  martinets,  etc.  (4). 

Le  21  Octobre  1589,  le  due  lui  vend  et  inféode  la  seigneurie  de  Bourget  «  sauf 
et  resene  le  chdteau  et  la  juridiction  (Judit  village  et  le  rachat  pcrpéttiel  pour  la 
somme  de  7000  écus  d'or,  avec  promesse  d'eriger  cette  seigneurie  en  baronie,  et  e' est 
à  la  contemplation  des  grands  services  que  nous  avons  receu  de  luy  durnnt  cette 
guerre  (5)  en  quali  té  de  suiìer  intendant  des  vivres  de  notre  armée  »  (6);  on  ignore 
quand  fut  accomplie  la  promesse  de  Térection  de  la  seigneurie  du  Bourget  en  baronnie. 
Berliet  est  qualifié  de  moderne  sieur  et  baron  du  Bourget  dans  des  patentes  du 
12  Mai-s  1605  (7).  D'après  Besson  ,  J.  Francois  Berliet  fut  nommé  archevéque  de 
Tarentaise  le  8  Novembre  1598,  aussitót  qu'il  eut  embrassé  Fétat  ecclésiastique  et 
il  en  prit  possession  par  procureur  le  5  Janvier  1600,  pendant  qu'il  étoit  en  am- 
bassade  à  Paris:  il  ne  fit  son  entrée  à  Moutiers  que  le  22  Févi-ier  1601  et  il  y  mourut 
le  2   Janvier  1607. 

Dans  son  testament,  qui  à  été  publié  par  M'  Albert  Albrier  ■(8)  et  qui  est  date 
du  9  Aoùt  1605,  il  fait  béritiers  ses  neveux,  Jean  fils  de  son  frère  Jean  pour  deux 
tiers  et  Jean  d'Ivoley  fils  de  sa  soeur  pour  l'autre  tiers.  Il  fait  des  legs  à  ses  ser- 
viteurs  et  veut  étre  enseveli  avec  la  pompe  usitée  dans  le  caveau  des  archevèques  de 
Tarentaise.  En  devenant  archevéiiue ,  Berliet  avait  cesse  d'ètre  président  de  la  Chambre 
des  comptes  et  avait  été  remplacé  par  Kené  de  Lucinge  le   14  Juillet   1600. 

Le  détail  suivant  nous  fait  connaìtre  un  des  priviléges  des  membres  de  la  Chambre  des 
comptes.  Berliet  avait  acheté  en  1593  une  grande  vigne  à  Tresserve.  Par  lettres-patentes 
du  Souverain,  de  1595,  l'archevèque  Berliet  était  exempté  des  laods  relatifs  à  cette  vigne 
et  la  Chambre  des  comptes  de  Savoie  en  enregistrant  ces  patentes  le  17  Novembre  1605 
ordonne  qu'il  jouira  du  don  de  laods  «  pour  la  moitié  heu  esgards  que  l'autre  moitié 
»  dudit  laoud  demeure  acquise  aud'  suppliant  par  privilcge  concèdè  par  S.  A.  et  observé 
>  en  faveur  des  seigneurs  et  magistrats  de  ce  corps  duquel  lors  de  l'achept,  led"  s*  sup- 
»  pliant  estoit  premier  président  » . 


(1)  Archiv.  Ch.  des  comptes  -  Patentes  de  Savoie  -.  Voi.  13,  pag.    19. 
Capre  dit  et  apròs  lui  M.  De  Foras  dit  aussi  le  -.'4  Septembro  iri79. 

GuiCHENON  de  soQ  cOtu  et  d'apr's  lui  Eugène  Bubmer  dounent  au  contraire  la  date  du  1577; 
on  voit  qu'ils  ont  tous  fait  eiTeur  d'une  annóe  en  plus  cu  en  moins. 

(2)  Ibidem,  pag.  3U2. 

(3)  Arch.  jOh.  comp.  -  Pat.  de  Savoie  -.  Voi.  14,  pag.   88. 

(4)  Ibidem  »  »      16     "     349. 

(5)  11  s'agit  de  la  guerre  contro  Genève. 

(6)  Pat.  de  Savoie  -  Voi.  18,  pag.  35. 

(7)  Ibidem  »     24      »      37. 

(tì)  ìlem.  et  documens  de  la  Società  Sav.  d'hist.  et  d'tirch.,  tome  XI,  pag.  171. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   RABUX  235 

Francois  Amédée  Milliet. 

1661. 

Sceau  ovale  de  29  millim. 

Type  :  Un  écu  aux  armes  écartelées  de  la  famille  Milliet  ;  «  Écartelé  aux  l"  et  4* 
(Vargent  à  la  fasce  de  gueuìe  acconqjagnée  de  deux  devises  de  méme,  au  lion  issant 
de  sinopie;  aux  2''  et  3"  de  gueule  à  la  bande  d'argent  accompagnée  de  deux  cot- 
tices  de  méme  et  sur  le  tout  d'azur  à  un  chevron  d'or  chargé  d'un  aufre  chevron 
de  gueules  accompagné  de  trois  étoiles  d'or  ».  L'écu  surmonté  d'une  couronne  de 
comte,  du  chapeau  et  des  houppes  d'évèque. 

Sans  legende. 

Planche  li,  fig.  n°  13. 

Ce  sceau  est  plaqué  au  bas  d'une  copie  authentiquée  par  le  prélat,  de  la  donation 
faite  par  Eodolphe  roi  de  Bourgogne,  à  l'église  de  Tarentaise  en  996.  Cette  copie  est 
du  21   Janvier   1(361    (1). 

Francois  Amédée  Milliet,  fils  de  Hector  Milliet  baron  de  Challes  et  d'Arvillars,  pre- 
mier président  au  Sénat  de  Savoie  et  de  Madeleine  de  Montchenut,  nacquit  en  1628; 
il  étudia  le  droit  et  la  théologie  à  Paris  et  succèda  à  Benoit  Théophile  de  Villette 
sur  le  siége  archiépiscopal  de  Moutiers.  Nommé  en  1658  (2)  par  le  due  de  Savoie, 
il  ne  fut  confii-mé  par  bulles  du  pape  que  le  15  des  kalendes  de  Décembre  1659  (3).  11 
préta  serment  en  présence  du  due  Charles  Emmanuel  le  20  Octobre  1660  (4).  La  régente 
Marie  Jeanne  Baptiste  le  nomma,  le  29  Novembre  1675  (5),  premier  président  du  Sénat 
de  Savoie  dont  il  était  membre  depuis  1645,  aux  gages  de  620  ducatons  et  8  sols 
avec  une  pension  de  420  ducatons.  La  patente  contient  ces  mots  «  bien  entendu  que 
«  le  dit  R.  Archevéque  exercera  la  dite  charge  de  premier  président,  vestu  des  habits 
«  de  prélat  ».  En  1680  (6)  F.  A.  Milliet  obtint  de  rentrer  dans  son  diocèse,  tout  en 
conservant  ses  titres,  gages  et  pensions.  Il  mourut  à  80  ans,  en  1703.  Après  sa  mort, 
le  siége  resta  vacant  pendant  24  ans  et  fut  ensuite  occupé  par  son  neveu  dont  nous 
allons  publier  un  sceau. 

Lorsque  Milliet  fut  nommé  sénateur,  le  10  Décembre  1645,  il  n'avait  que  22  ans: 
aussi  la  patente  dit  qu'il  n'aura  pas  voix  deliberative.  Le  Sénat  enrégistra  les  patentes 
le  21  Février  1646,  à  condition  que  Milliet  serait  examiné  et  payerait  les  droits  de 
chapelle. 


(Il  Arch.  Roy,  —  Archm.  Tarentaise  -  Paq.  1  ,  n*  1. 

(2)  Arch.  Ch.des  comples  -  Patent.  de  Savoie  -  Voi.  47,  pag.  268'. 

(3)  ibidem  >■  '•  »     269. 

(4)  Arch.  du  Royaume  -  Archev.  de  Tarentaise  -  Paquet  2,  N»  15. 

(5)  Arch.  Ch.  des  comptes  -  Pat.  de  Savoie  -  Voi.  51,  pag.   7. 

(6)  Ibidem  »  ..    52     ..   281. 


236  SIGILLOGRAPHIK    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIOIKUX 

Franfois  Amédée  Milliet. 

1734. 

Sceau  rond  de  55  millim.  de  diamètre. 

Type  :  Lea  armes  de  la  famille  du  prélat ,  d'aeur  au  chevron  d'or  chargé  d'un 
chevron  de  gueules  et  accompagné  de  trois  étoiles  d'or,  2,  1,  dans  un  cartoucLe  sur- 
monté  d'une  couronne  ducale  d'où  sort  une  croix  tréflée,  le  tout  entouré  du  chapeau 
d'archevèque  avec  les  lacs  et  les  houppes  1,  2,  3,  4  ;  un  cordon  accompagné  d'un 
doublé  filet  court  sur  le  bord  du  sceau. 

Legende.   Précédée  d'une  rose  : 

FRANC-  AMED- MILLIET -ARCHIEPSTARANTASISR-  IPRINC  • 

Franciscus  Amedeus  Milliet  Archiepiscopus   Tarentasiensis 
Sacri  Romani  Imperii  Princeps. 

Planche  II,  fig.  n"  14. 

Ce  sceau  est  au  bas  d'un  acte  par  lequel  le  prélat  nonune  le  chanoine  don  Claude 
Ruffier  promoteur  du  tribunal  de  l'officialité  métropolitaine.  Il  est  date  de  Moutiers  le 
25  Juin   1734  (1). 

Francois  Amédée  Milliet  d'Arvillars  était  de  la  branche  cadette  de  la  maison  Milliet 
qui  remonte  a  Etienne  Milliet  capitaine  au  chàteau  de  Martigny  en  Chablais  pour  le 
comte  de  Savoie  au  xiv'  siede.  Son  grand-pere  Hector  Milliet  fut  le  premier  de  la 
branche  des  Milliet,  barons  de  Challes  et  d'Arvillars.  qui  se  sépai-a  bientòt,  elle-méme, 
en  deux  branches,  celle  des  barons  de  Challes  et  celle  des  barons  d'Arvillars,  com- 
mencée  par  Silvestre  Milliet,  baron,  puis  marquis  d'Arvillars,  mareschal,  general  de  camp 
du  Due,  pére  de  notre  prélat  (1).  Un  fils  d'Hector,  nommé  Francois  Amédée,  avait 
déjà  été  archevèque  de  Tarentaise  de  1658  à  1703.  Il  fut  remplacé  sur  ce  siége  par 
son  neveu  et  fiUeul  :  le  prélat  dont  nous  publions  le  sceau. 

Ce  demier  était  dono  de  Silvestre  Milliet  marquis  d'Arvillai-s  et  de  Anne  de  la 
Fléchòre.  Il  était  né  en  16(34,  fut  doyen  de  Tarentaise  à  un  àge  peu  avance,  en  1681. 
pendant  l'épiscopat  de  son  onde,  vicaii-e  general  en  1684.  puis  évéque  d'Aoste  en 
1698  et  archevèque  de  Tarentaise  en  1727.  Le  siége  avait  vaqué  pendant  24  ans  de- 
puis  la  mort  de  son  onde  cn  1703.  Il  mourut  cn  1744.  Son  oraison  funebre  a  été 
prononcée  dans  l'église  métropolitaine  de  Moutiei-s  le  4  Juin  1 745  par  R*  Aymé  Mu- 
gnier  chanoine  pénitentiaire,  vicaire  general  et  officiai  du  prélat,  et  imprimée  à  Anneci 
par  J.   B.   Burdet. 


(1)  Archiv.  du  Royaume. 

^2)  Genealogie  de  la  .^faison  Milliet  par  Besson,  publide  par  F.  Rabut. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   RABUT  237 

n  a  sans  doute  mis  sur  son  écu  une  couronne  ducale,  à  cause  du  titre  de  prince 
du  S'-Empire  romain  qu'il  prend  dans  la  legende,  affectant  ainsi  l'indépendance  tìs- 
à-TÌs  du  roi  de  Sardaigne. 


Claude  Humbert  de  Roland  ou  Rolland. 

1752. 

Sceau  de  forme  ronde  de  55  millim. 

Type  :  Les  armes  de  Koland  d'azur  à  une  épée  d'or  mise  r.n  pai,  la  pointe  en 
haut,  dans  un  cartouche  surmonté  d'une  couronne  ducale,  d'où  sort  une  croix  tréflée, 
et  entouré  du  chapeau,  des  lacs  et  des  houppes  d'archevèque. 

Legende  (une  fleur  entre  deux  petites  roses)  : 

CLAVDIVS  HYMBERTVS  DE  ROLAND  DE  BERY  ARCHIEPISCOPVS 
ET  COM  .  TARANT    SRI-  PRIN  • 

Planche  II,  fig.  n"  15. 

Ce  sceau-  est  plaqué  sur  ciré  rouge,  recouverte  d'un  papier  blanc  découpé  en  forme 
de  rosace,  au  bas  d'un  certificai  relatif  à  la  vacance  d'un  bénéfice  et  date  de  Moutiers 
le   19  Avril   1752. 

On  voit  que  le  prélat  y  prend  le  mème  titre  dans  la  legende  et  la  mème  cou- 
ronne sur  son  écu  que  son  prédécesseur.  C'est  le  demier  prélat  mentionné  par  Besson 
dans  sa  liste  des  arcbcvéques  de  Tarentaise.  Il  fut  nommé  à.  ce  siége  en  1749  ;  il  est 
mort  le  27  Novembre   1770. 

La  faraille  Eoland,  aujourd'bui  éteinte,  était  des  environs  de  Rumilly  et  a  résidé 
dans  cette  ville  dans  le  courant  des  xvi  et  xvii'  siècles.  Claude  Humbert  de  Eoland 
était  né  en  1708,  à  Marigny,  de  Jean  Pierre  de  Koland  et  de  Anne  Marie  de  Chavanes. 
n  avait  fait  ses  premières  études  à.  Eumilly.  cbcz  Ics  Pères  Oratoriens.  Il  alla  les  con- 
tinuer  à  Paris  en  Sorbonne ,  et  à  Valence  :  il  fut  bacbelier  de  Sorbonne  et  docteur 
en  tliéologie  de  l'univei-sité  de  Valence,  il  prit  ces  grades  après  sa  nomination  d'ar- 
chevéque.  Après  avoir  été  ordonné  prétre  il  fut  nommé  chanoine  de  Bayeux,  puis  cha- 
noine  et  vicaire  general  de  Tour  en  Lorraine.  Devenu  archevèque,  il  a  signé  avec  le 
Roi  Charles  Emmanuel  III,  en  1769,  une  transaction,  par  laquelle  il  renonce.  pour  lui 
et  ses  successeurs,  au  titre  de  Comte  et  à  tout  droit  de  souveraineté  sur  la  province 
de  Tarentaise,  contre  le  titre  de  Prince  de  Conflans  et  de  S'-Sigismond  et  une  pension 
de  3000  liv.  Ce  fut  peu  après  que  le  roi  érigea  en  faveur  de  ces  prélats,  Conflans, 
en   principauté  (1). 

Un  autre  acte  de  son  épiscopat  fut  d'obteuir  du  souverain  l'application  à  l'hò- 
pital  general  de  la  province  de  Tarentaise  d'une  aumòne  qui  se  faisait  annuellcment 
à  Moutiers  pendant  tout  le  mois  de  Mai  aux  frais  de  l'archevéque,  et  qui  consistait 


(1)  Croisollet,  Hist.  de  Rumilhj,  pag.   156. 


238  SIGlLLOGRAl'HIE    UE    LA    SAVOIK  SCEAVX    RELIGIEVX 

en  1500  bichets,  moitié  seigle.  moitié  orge.  On  distribuait  alors  à  chaque  pauvre  une 
demi  livre  de  pain  (1).   Ce  changement  fut  autorisé  en  1755. 

Claude  Humbert  Roland  n'était  pas  riche.  Sa  sceur  Anne  Hélène  de  Roland  avait 
été  mariée  en  1728  à  Pliilippe  .Joseph  de  Savoiroux  à  qui  il  avait  fallu  payer  une 
dot.  Aussi,  quand  il  fut  nomnié  il  rarchevéché  de  Tarentaise,  il  presenta  une  supplique 
au  Roi  pour  étre  exempté  de  certains  droits  trovandosi,  dit-il,  in  somme  angustie  (2). 

Aussi  fut  il  plus  tard  obligé  d'aliéner  son  fief  de  Bery  dont  nous  lui  voyons  porter 
le  titre  sur  le  sceau  que  nous  publions.  Voici  ce  qui  nous  amène  il  avancer  ce  fait. 
L'un  de  nous  possedè  une  de  ces  grandes  et  belles  thèses  en  placard  dont  Tusage  était 
très-général  aux  xvii"  et  xviu*  siècle.  C'est  une  thèse  de  théologie  soutenue  par 
Joseph  Abondance  de  Tarentaise  en  1750,  dans  la  grande  salle  de  l'Hotel  de  viììe  de 
Chamhéri.  Elle  est  dédiée  à  notre  prélat  dont  les  armes  sont  gravées  dans  un  cai*- 
touche  soutenu  par  des  anges.  Le  dessin  de  ces  armoiries  est  la  reproduction  exacte 
du  sceau  que  nous  publions  :  écu,  ornemens  extérieui-s,  legende  ;  tout  y  est  complète- 
raent  semblable  :  le  graveur  a  copie  le  sceau.  Mais  une  bande  de  papier  converte  de 
fleui'ons  typogi'apliiques  recouvre  les  deux  niots  de  herij,  qui  avaient  été  préalablement 
grattés  (3).  Ces  précautions  indiquent  évidemment  qu'en  1750  le  prélat  ne  portait  plus 
ce  titre,  par  suite  d'une  aliénation  du  domaine  et  de  la  maison  de  Bery,  qu'il  avait 
peut-étre  donne  en  payement  de  la  dot  de  sa  soeur,  puisquils  appartiennent  aujourd'hui 
aux  Savoiroux. 

Ce  qui  rcstait  de  fortune  à  Claude  Humbert  de  Roland  passa  il  la  famille  de 
Savoiroux,  par  suite  des  testaments  qu'il  fit  le  14  Juillet  et  28  Octobre  1770,  l'année 
de  sa  mort.  en  favcur  de  son  neveu  Jean  Joseph  de  Savoh'oux  fils  de  sa  sceur  Anne 
Hélène  (4).    Claude  Humbert  de  Roland  fut  le  denùer  de  sa  lignee. 

M'  F.  Descotes  a  publié  sur  l'entrée  de  ce  prélat  à  Paris,  comme  étudiant  et  sur 
son  entrée  il  Moutiers  comme  archevèque,  des  anecdotes  dont  il  ne  garantii  pas  l'au- 
tenticité.  Il  en  ajoute  encore  d'autres  dans  un  second  article,  qui  renferme  quelques 
détails  historiques,  entre  autres  sur  le  testament  de  Tarchevèque,  mais  qui  contient  quel- 
ques erreurs  (5). 


Gaspard  Auguste  Laurent  de  St-Agnès. 

1772  -  1783. 

Sceau  rond  de  67  millim. 

Type:  Dans  un  cartouche  agrémenté  de  branches  de  feuillage  portant  des  fruits, 
sont  gravées  les  armcs  suivantes  que  nous  a  permis  de  blasonner  plus  complètement 
la  gravure  de  plus  grande  dimension  que  le  sceau,  placée  en  tète  des  lettres-pastorales 


(1)  Archiv.  de  l'Economat. 

(2)  Ibidem. 

(3)  Bihl.  de  F.  Rabut. 

(4)  A.  DE  KuiiAS,  Armorinl  et  noh.  de  Savoie.  -  Art'  Bracorens  de  Savoiroux. 

(5)  litKue  Sai-oisienne,  1868,  pag.  45  et  70. 


PAR    A.   DUFOUE    ET    F.  KABUT  239 

du  prélat:  «  Écartelé  aux  V  et  4"  d'argent  à  un  murier  arraclic  de  sinopie,  fruite' 
»  de  giieules  et  chargé  en  ahyme  d'un  croissant  d'or  qui  sont  les  armes  des  Laurent 
»  de  S'-Agnès,  mix  2*  et  3'  d'nzur  à  la  fasce  d'argent  accompagnée  de  trois  hesants 
»  d'or  en  chef  et  de  deux  étoiles  de  méme  en  potute  ». 

Les  armes  choisies  par  le  prélat  sont  «  au  chef  d'azur  à  deux  bras  au  naturel  por- 
»  tant  des  stigmates  et  passe's  en  sautoir  desqueìs  sort  une  croix  de  gueules  »;  armes 
des  frères  mineurs  conventuels  de  Saint-Francois.  Derrière  l'écu  sont  passés  en  sautoir 
une  eresse  et  une  épée,  dont  la  pointe  soutient  une  mitre;  au  dessus  du  cartouche,  une 
couronne  ducale,  d'où  sort  la  croix  archiepiscopale  à  deux  traverses  ;  le  chapeau.  les 
lacs  et  les  houppes  d'archevèque  enveloppent  le  tout. 

Legende.   Où  les  points  sont  remplacés  par  de  petites  étoiles  : 

F  *  GASPAR  *  AVGVST  +  LAVRENT  *  DE  *  ST-AGNES  *  ARCHIEPISC  * 
TARANTASIENSIS      ET  ^  CONFLVENTI  •   PRINCEP  * 

La  legende  est  entre  deux  filets  et  un  très-petit  grenetis  à  l'intérieur  et  un  cordon 
d'étoiles  à  l'extérieur. 

Planche  li,  fig.  n»  16. 

Cette  description  est  faite  d'après  une  empreinte  en  ciré  rouge,  prise  sur  la  ma- 
trice en  cuivre  et  classée  dans  la  collection  de  l'un  des  auteurs  de  ce  mémoire. 

On  voit  que  le  prélat  ne  répudiait  pas  le  souvenir  de  sa  vie  antérieure  ;  il  com- 
mence  la  legende  de  son  sceau  par  la  lettre  F  initiale  du  mot  Fratcr  qu'il  prend 
dans  les  autres  actes  officiels;  lettres  pastorales,  etc.  et  qui  rappelle  qu'il  a  été  re- 
ligieux  de  S'- Francois  d'Assise.  Il  le  rappelle  également  dans  le  chef  de  ses  armes. 
Mais  son  humilité  ne  l'empéche  pas  de  mettre  aussi  dans  la  legende  de  son  sceau,  le 
titre  de  prince  de  Conflans,  que  son  prédécesseur  avait  re^u  du  souverain,  comme  com- 
pensation  de  l'abandon  de  celui  de  Tarentaise.  Ce  titre,  il  le  constate  encore  dans  soii 
sceau  par  la  couronne  ducale  et  par  l'épée.  Les  brauches  fructifères  qui  ornent  le  car- 
touche sont  sans  doute  des  branches  de  murier  empruntées  au  meublé  principal  des 
armes  de  la  famille  Laurent  de  S'-Agnès,  comme  les  étoiles  répétées  à  profusion  dan^ 
la  legende  et  dans  le  cordon  extérieur  du  sceau  sont  empruntées  à  l'un  des  meubles 
de  ses  armes  particulières. 

Laurent  de  S'-Agnès  fut  archevèque  de  Tarentaise  de  1772  à  1783,  date  de 
sa  mort  arrivée  inopinément  le  23  Juillet,  pendant  qu'il  était  en  villégiature  dans  sa 
campagne  de  Montaut ,  paroisse  de  la  Motte,  au  diocèse  de  Cliambéri .  comme  nous 
l'apprend  une  lettre  de  Té  ve  que  de  Chambéri ,   Michel  Conseil  (1). 

La  lettre-pastorale,  par  laquelle  Laurent  de  S'-Agnès  annouce  son  élévation  au 
siége  de  Moutiers,  est  du  10  Février  1772.  La  mème  année  parut  à  Turin  un  recueil 
de  poesies  in  8°,  de  32  pages  intitulé  :  III.""'  ac  Bev.""  Angustino  Gaspari  de  S'-Agnè'^ 
ord.  min.  S.  Francisci  conventualium  in  Tarantasiensem  archiepiscopum  inaugu- 
rato gratulatio. 


(1)  Archio.  du  Royaume  -  Lettres  des  Evèques. 


240  SI6ILL0GKAPH1E    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Joseph  de  Montfalcon  du  Cengle. 

1785-1793. 


Sceau  rond  de  55  millim. 

Tijpe:  Écu  ovale  aux  armes  de  la  famille  du  prélat  d'argcnt  à  Vaigìe  éployén 
de  sahle  membréf  et  hecqudc  d'or  dans  un  cartouche  surmonté  d'une  couronne  ducale  et 
de  la  croix  archiepiscopale.  Deux  aigles  supportent  le  cartouche  d'où  sortent  la  mitre, 
la  crossa  et  l'épée  passées  en  sautoir.  Le  chapeau  et  les  houppes  d'archevéque  enve- 
loppent  le  tout.  Par  une  erreur  du  graveur,  le  fond  de  l'écu  est  couvert  de  traits 
perpendiculaires  comme  si  le  chauip  était  de  gueules  :  il  a  aussi  abaissé  les  ailes  de 
l'aigle,  ce  qui  est  encore  une  eiTcur. 

Legende:    *  lOSEPH  DE  MONTFALCON   DV  CENGLE  ARCHIEP 

TARANT  &  PRINCFPS 

La  legende  est  entra  deux  filets  très-minces,  et  un  gros  grenetis  court  sur  le  bord 
du  sceau. 

Planche  II,  fig.  a»  17. 

Le  dessin  de  ce  sceau  a  été  fait  sur  une  empreinte  prise  avec  la  matrice  en  cuivi-e 
qui  est  au  musée  de  Chambéry. 

Joseph  de  Montfalcon  est  né  au  chàteau  de  Montfalcon,  commune  de  la  Bielle, 
d'une  ancienne  famille  qui  a  subsisté  longtemps  en  France  et  cn  Savoie  et  qui  est 
éteinte  :  suivant  d'autres,  il  serait  né  à  S'-Offenge.  Il  était  fils  de  Claude  de  Mont- 
falcon seigneur  du  Cengle  et  de  Anne  de  Gautellet-Vectier,  de  Beaufort. 

Il  a  été  ledemier  archevèque  de  Tarentaise,  depuis  l'année  1785,  14  Aoùt,  jusqu'à 
sa  mort,  arrivée  le  20  Septembre  1793.  Il  avait  fait  ses  premières  études  chcz  les  ora- 
torians  de  Rumilly,  comme  monseigneur  Koland,  et  comme  lui,  il  fut  un  prélat  liberal, 
plus  que  lui,  méme,  à  raison  de  l'epoque  où  il  a  yécu.  Lorsqu'après  l'occupation  de 
la  Savoie  par  les  armées  frangaises  en  1792,  les  députés  de  toutes  les  communes  de 
la  Savoie  se  réunirent  à  Chambéri  le  21  Octobre  et  se  constituèrent  en  assemblée  na- 
tionale  des  AUobroges,  il  envoya  à  cette  assemblée  une  lettre  où  il  exprimc  les  re- 
grets  qu'il  éprouve  de  ce  que  les  circonstances,  qu'il  explique,  ne  lui  permettent  pas 
de  se  rendre,  comme  il  en  avait  l'intention,  avec  les  députés  du  chapitre  pour  pré- 
senter  ses  hommages  à  la  convention  nationale.  Il  envoie  en  mème  temps  le  discours 
qu'il  se  proposait  de  prononcer  il  cette  occasion.  Cette  lettre  et  ce  discours  ont  été 
imprimés  avec  la  réponse  de  l'assemblée  en  une  brochure  de  8  pages  chez  C.  F.  LuUin  (1). 


(«)  Bibl.  de  F.  Rabut. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.   RABUT  241 

Joseph  de  Montfalcon  du  Cengia  prit  ses  grades  à  Turin  avec  distinction,  fut  en- 
suite  chanoine  de  la  cattedrale  d'Asti,  président  de  la  Congrégation  de  la  Superga. 
Il  rebàtit  la  chapelle  de  son  palais  archiépiscopal  et  fonda  un  mont  de  piété  à  Mou- 
tiers.   Il  multiplia  les  écoles  dans  son  diocèse. 

Le  1"  Mars  1793,  il  quitta  la  Savoie  et  gagna  le  Piémont  par  le  petit  S -Ber- 
nard, fut  bien  veqn  à  Turin  par  l'archevéque,  le  cardinal  Costa  d'Arignano.  Il  mourut 
dans  cette  ville. 


B.    ARCHEVÉQUES    DE   CHAMBÉRT 


Antoine  Martinet. 

1828-1839. 

Sceau  rond  de  55   niillim. 

Type  :  Armes  du  Prélat  d'argent  à  tme  tour  de  gueuìes  soutenant  trois  martinets 
de  sable,  deux  affrontés  et  celai  du  milieu  en  fasce,  au  chef  d'azur  chargé  de  trois 
étoiles  d'or,  dans  un  cartouche  surmonté  d'une  couronne  ducale,  de  la  croix  archie- 
piscopale, de  la  mitre  et  de  la  crosso  ;  cliapeau  et  houppes  d'archevéque  :  dans  le  bas, 
deux  branches  de  laurier  en  sautoir  et  par  dessus  la  partie  supérieure  du  cartouche 
lui  philactère  portant  la  devise:  Non  hab.  ine  man.  civit.  (1). 

Legende:  ANTONIVS  MARTINE!  ARCHIEPISCOPVS  CAMBERIENSIS  • 

Planche  II,  fig.  n"  18. 

Nous  avons  trouvé  ce  sceau  sur  plusieurs  picces,  entr'autres,  en  timbro  sec,  au  bas 
d'un  rapport  fait  à  l'occasion  de  la  consécration  de  monseigneui"  Turinaz  comme  évèque 
de  Tarentaise,  sous  date  du  6  Mai   1838   (2). 

Chambéri  fut  erige  en  évéché  en  1779;  suppi-imé  pendant  la  revolution,  ce  siége 
fut  rétabli  en  1801  et  erige  en  archevèché  en  1817,  avec  les  évéques  de  Moutiers, 
d'Annecy  et  de  S'-Jean  de  Maurienne  pour  suffragans.  Deux  Prélats  y  ont  précède 
Mgr.   Martinet,  savoir:   Mgr.   De  Solle  et  Mgr.   Bigex. 

Mgr.  Martinet  avait  déjà  été  nommé  évèque  de  Tarentaise  le  22  Décembre  1825. 
Il  prèta  serment  à  Turin  le  28  Mars  suivant  et  prit  possession  de  son  évéché  le  16  Avril. 
Il  fut  nommé  Archevéque  de  Chambéri  le  14  Mars  1828,  fut  dispense  du  serment  et 
prit  possession  le  12  Avril.  Par  son  testament  du  12  Aoùt  183G,  il  fait  héritier  le 
séminaire  de  Chambéri  et  meui't  le  6  Mai  1839.  Il  a  été  enseveli  dans  la  chapelle  du 
Calvaire  dont  il  avait  fait  achever  la  construction  commencée  par  Mgr.  De  la  Palme. 
Il  était  grand  Gordon  de  l'Ordi-e  des  Ss.  Maurice  et  Lazare. 


(1)  Non  habemus  hic  manentem  civitatem. 

S.  Paul,  aiix  Hébreux,  Cliap.  un,  vers.  xiv. 

(2)  Archiv.  de  l' Economal  general. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV.  31 


242  SIGIIXOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    EELIGIEUX  * 

Martinet  était  un  enfant  de  la  Tarentaise:  il  était  né  le  22  Aviil  17GG  a  Queige. 
dans  la  vallèe  de  Beaufort,  de  parens  peu  fortunés:  il  avait  fait  ses  premières  études 
au  collège  de  Cbambéri  et  avait  suivi  les  cours  de  tliéologie  an  séminaire  de  Moutiers. 
n  fut  successivenient  vicaire  de  la  paroisse  de  S'-Paul,  secrétaire  de  TArchevéque 
(Mgr.  de  Montfalcon),  professeur  de  tliéologie,  préfet  du  collège  royal  de  Moutiers. 
Il  avait  émigrè  en  Piémont  en  1793,  mais  il  était  bientòt  revenu  secrètement  en 
Savoie.  Puis  il  retounia  en  Italie,  et  fut  cliargé  de  l'éducation  du  jeune  marquis  de 
Cambiano  Timnetti.  De  nouveau  supérieur  du  collège  de  Moutiers  en  1816  et  professeui- 
de  théologie  en  1817,  il  est  rappelè  à  Cliambèri  en  1819,  nommé  ebanoine  hono- 
raire,  officiai  mètropolitain,  grand  vicaire  en  1822  et  èvèque  de  Tarentaise  en  1825  et 
sacre  en   1826. 

Les  martinets  qui  figurent  dans  ses  armes  sont  une  espcce  d'birondelle  qui  vient 
passer  la  belle  saison  en  Savoie. 

Le  portrait  de  Mgr.  Martinet  a  été  lithogi-aphié  par  M.  Justin  et  imprimé  dans 
l'atelier  dcs  frères  Courtois  et  Aubert  à  Cbambéri  ,  foi-mat  in-4°.  A  la  suite  de  son 
oraison  funebre  pronoucèe  par  Tabbè  Rendu,  le  futur  évéque  d'Anneci,  le  12  Juin 
1839,  dans  la  métropole  de  Cbambéri,  se  trouve  une  notice  bistorique  sur  Mgr.  Antoine 
Martinet  (1)  dans  laquelle  on  énumère  les  èglises  construites  dans  le  diocèse  de  Cbam- 
béri ,  pendant  qu'il  le  dirigeait.  EUes  sont  au  nombre  de  40  et  malbeureusement 
d'assez  mauvais  goùt.  A  la  page  55  de  cette  notice  assez  com-te,  une  note  en  an- 
nonce  une  plus  développée,  due  à  la  piume  de  l'abbé  Martinet  ebanoine  de  Moutiei-s, 
neveu  du  Prélat,  un  des  écrivains  les  plus  féconds  du  clergé  savoisien;  nous  ignorons 
si  elle  a  paru. 

Vacance  du  aiége  de  Chambéri. 

1839-1840. 

Sccau  ovale  de  56  millim. 

Type  :  Dans  un  cartoucbe,  deux  mains  jointes  tiennent  une  croix  tréflée.  Au  dessus 
du  cartoucbe,  une  bandcrolle  jiorte  la  legende  Frntrrs  in  unum.  Au  dessous  du  car- 
toucbe, deux  braucbes  de  palmier  en  sautoii*.   Cbapeau  et  houppes  dévèque. 

Legende:  CAPITVLI   METROPOLITANI  CAMBERIENSIS 

Planche  II,  fig.  n"  19. 

Ce  sceau  est  celui  dont  s'est  servi  le  cbapitre  des  clianoines  de  Cbambéri  qui 
a  administré  le  diocèse  pendant  la  vacance  qui  a  suivi  la  niort  de  Mgi'.  Martinet, 
jusqu'à  l'évènement  de  Mgr.  Billiet  en  1840.  Il  a  été  grave  par  Louis  Rabut  orfèvi-e 
à  Chambéri,  le  pére  de  l'un  de  nous. 


(!)  Chambéri,  Puthod,  1839,  in-S»  de  70  pages. 


i 


PAR    A.    DUFOUR   ET   F.  RABUT  243 

Alezis  Billiet. 

1840-1873. 

Sceau  rond  de  54  millim. 

Type:  Un  écu  en  accolade  aux  armes  que  s'était  choisies  le  Prélat,  lorsqu'il  avait 
été  nommé  évéque  de  Mauiienne  d'asiir  à  huit  hiìUettcs  cVor  disposées  en  forme  de 
croix,  2,  4,  2;  au  chef  d'argent  chargé  de  deux  tétes  de  manrrs  de  sahle.  L'écu, 
appuyé  contre  une  croix  archiepiscopale  posée  en  pai  et  contre  une  crosse  et  un  bàton, 
surmonté  d'une  mitre  passés  en  sautoir,  est  entouré  du  Gordon  de  l'ordre  des  Saints 
Maui'ice  et  Lazare.   Cliapeau  et  houppes  de  cardinal,    1,   2,   3,   4,   5. 

Legende:  ALEXIVS  BILLIET  ARCHIEPISCOPVS  CAMBERIENSIS . 

Planche  II,  fig.  n"  20. 

Les  armes  du  prélat  sont  des  armes  parlantes,  dont  les  meubles  rappellent  son 
nom  et  son  premier  siége,  colui  de  Maurieune.  Les  houppes  de  cardinal  sont  un  peu 
prématurées  sur  un  sceau  dont  Mgr.  Billiet  s'est  servi  bien  avant  davoir  regu  le  chapeau. 
On  rencontre  en  effet  ce  sceau  sur  des  pièces  de  l'année  de  sa  promotion  à  l'archevéché 
de  Chambéri,  1840.  Est-ce  pressentiment  ?  est-ce  flatterie  du  gravem-?  Nous  avons  trouvé 
ce  sceau  plaqué  au  bas  d'une  copie  de  la  bullo  de  nomination  de  Mgr.  Billiet  à  l'arche- 
véché de  Chambéri;  cette  copie  est  datée  de  Chambéri,  2  Juillet  1840  (1).  Les  houppes 
de  cardinal  figurent  également  sur  les  armes  gravées  placées  en  tète  des  mandements 
archiépiscopaux  des  premières  aimées  et  sur  le  Munuaìe   Confessariorum,   de   1843. 

Pour  les  affahes  courantes,  Mgr.  Billiet  se  servait  aussi  d'un  petit  sceau  ovale 
au  mème  type.  La  matrice  du  grand  sceau  rond  que  nous  venons  de  décrire  est  au 
musée  de  Chambéri. 

Mgr.  Billiet  fut  nommé  à  l'archevéché  de  Chambéri  le  27  Aviil  1840,  5^  ka- 
lendas  Man;  il  l'occupa  jusqu'à  sa  mort,  le  30  Avril  1873,  et  l'administra  avec  une 
grande  activité,  qui  se  prolongea  jusqu'à  ses  derniers  moments  malgré  son  àge  avance  : 
il  avait  à  sa  mort  90  ans  et  2  mois. 

La  Eevue  Savoisienne  du  27  Mai  1873  contient  un  artide  biographique  sur 
le  cardinal  Billiet.  M.  Descotes ,  avocat  à  la  Cour  d'Appel  de  Chambéri ,  a  prononcé 
l'éloge  de  l'archevèque  Billiet  dans  son  discours  de  reception  à  l'Académie  de  Savoie 
le  22  Décembre  1874  (2). 

Son  portrait,  peint  par  Guille,  a  été  lithographié  en   1840   à  Chambéri. 

La  vie  de  ce  Prélat,  dont  la  porte  est  recente,  est  présente  à  la  mémoire  de  tout . 
le  monde  et  cela  nous  dispense  d'en  parler  ici.  Voici  seulement  quelques  dates  et  faits 


(1)  Archivi,  de  VEconomat  general. 

(2)  Mémoires  de  l'Académie  des  Sciences  de  Savoie,  Tome  IV  de  la  3»  serie. 


244  SI6ILL0GEAVHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

essentiels:  Né  aux  Chapelles  en  Tarentaise  le  28  Février  1783,  il  entra  au  séminaire 
de  Chambéri  en  1805,  déjà  iustruit  en  pliilosophie  et  en  théologie,  et  l'année  suivante, 
il  y  enseignait  cette  demière  science.  Il  fut  sacre  évéque  de  Mauriemie  le  19  Mars 
1826.  D  était  archevéque  au  moment  de  l'annexion  de  la  Savoie  à  la  France  en  1860 
et  le  zèle  qu'il  mit  à  faire  voter  le  plébiscite  par  le  clergé,  joint  à  ses  mérites  per- 
sonnels,  lui  valut  en  1861  le  chapeau  de  Cardinal,  sur  la  proposition  de  Napoléon  III. 
Il  est  mort  en  1873.  Mgr.  Billiet  fut  l'un  des  fondateurs  de  l'Académie  des  Sciences, 
lettres  et  arts  de  Savoie  dont  il  fut  un  des  membres  les  plus  actifs.  Il  a  enrichi  les 
mémoires  de  cette  Société  de  plusieurs  travaux  sur  la  geologie,  la  statistique  et  l'iiis- 
toire  religieuse  du  pays.  Il  était  cbevalier  grand  croix  de  l'Ordre  des  Ss.  Maurice  et 
Lazare. 

C.   ARCHEYÉQUES    DE    LYON. 


Philippe  de  Savoie. 

1248-1250-1256. 

Sceau  ogival  de  60  millim. 

Type  :  Un  personnage  debout,  vétu  d'une  longue  tuniquc  avec  une  sorte  de  ma- 
nipule  sur  le  bras  gauche,  tenant  un  livre,  devant  lui,  des  deux  mains.  Dans  le  champ, 
de  chaque  coté  de  la  tète,  trois  points  disposés  en  triangle:  et  vers  le  milieu,  de  chaque 
coté  dn  personnage,  une  étoile  à  six  rais. 

Legende,  en  capitales  gothiques  : 

•ìt  S  :  PH  :  PRIME  :  LVGD  •  ECCLESIE  :  ELECTI  • 

Sigillum  Fhiìippi  prime  lugdunensis  ecclesie  electi. 

Planche  li,  fìg.  n»  21. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend,  par  deux  cordons  de  soie  verte,  au  bas  du  compromis 
passe  le  10  .luin  1250  entre  PieiTC  de  Savoie  d'une  part  et  Guillaume  comte  de  Ge- 
nevois  et  ses  fils  Kodolplie  et  Henri  d'autre  part,  en  la  personne  de  Philippe  primat 
de  Lyon  pour  décider  de  leurs  différens.  Compromittinms  in  ven.  doni.  Ph.  .  .  Dei 
gratta  prime  lugdunensis  ecclesie  electum.  .  .  (1). 

Le  mCme  sceau  en  ciré  jaune  pend,  par  une  bande  du  parchcmin,  au  bas  du  testamcnt 
dufrère  de  l'iiilippo,  Thomas  11  de  Savoie,  fils  commc  lui  du  Comte  Thomas,  du  29  Juin 
1248,  auquel  interviennent  sept  témoins  requis  par  le  testateur  mdelicet  revercndum.  .  . 
fratrem  meum  Philippum  lugdunensem  electmn  Eadulpkuvi  tarent'"'  electum  . . .  Nous 


(1)  Regest.  genevois  d'apris  Worstemberoer. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   RABUT  245 

l'avons  aussi  rencontré,  en  plus  mauvais  état,  au  bas  du  testament  de  Philippe,  du 
26  JuiUet  1256   (1). 

Le  personnage  grave  sui*  ce  sceau  est  Philippe  de  Savoie  archevéque  élu  de  Lyon. 
On  sait  que  les  élus  ne  portaient  pas  la  crosse.  Les  étoiles  à  6  rais  étaient,  à  cette 
epoque,  un  des  types  fréquemmeot  employés  par  les  princes  de  la  Maison  de  Savoie 
sur  leurs  moniiaies  (2)  et  leur  présence,  à  droite  et  à  gauclie  du  personnage,  corrobore 
notre  opinion  sur  celui  que  représente  le  sceau.  Dans  la  legende  le  mot  prime  rappelle, 
que  le  siége  de  Lyon  est  l'archevéché  primatial  de  la  gaule  transalpine. 

Philippe  de  Savoie,  dixième  enfant  du  Comte  Thomas,  était  né  à  Aiguebelle  en 
1207.  Sans  étre  engagé  dans  les  ordres  sacrés,  il  avait  été  nommé  successivement  cha- 
noine  et  primicier  de  Metz  et  prevòt  de  S'-Donatien  de  Bruges,  grand  gonfalonier  de 
l'église,  évéque  de  Valence  en  1246  et  l'année  suivante,  archevéque  de  Lyon.  Voyant 
son  frère  ainé,  le  Comte  Pierre,  le  petit  Charì emagne  sans  héritiers  màles,  LI  pensa  pou- 
voir  arriver  au  tròne  après  lui,  renonga  aux  lionneurs  ecclésiastiques  et  épousa  en  1267 
Alix  fille  et  héritière  du  comte  de  Bourgogne.  L'année  suivante,  il  succèda  dans  le  comté 
de  Savoie  à  son  frère  et  regna  jusqu'à.  sa  mort  en  1285.  Il  n'eut  pas  d'enfans  et 
decèda  dans  le  chateau  de  Koussillon:   Il  fut  inhumé  à  Hautecombe. 

M.  G.  de  Souttrait  a  publié  trois  méreaux  en  plomb  portant  d'un  coté  l'écu  de 
Savoie  qu'il  attribue  à  ce  prince  (3). 


Pierre  III  de  Savoie. 

1331. 

Grand  sceau  ogival  de   75  millim.  environ. 

Type  :  Cinq  niches  de  style  ogival  :  Dans  celle  du  milieu  plus  haute  que  les  autres, 
r archevéque  debout,  en  costume  pontificai,  tient  la  crosse  de  la  main  gauche:  Dans  les 
quatre  niches  latérales,  quatro  prélats,  aussi  debout  et  en  mème  costume,  mais  de  plus 
petite  taille;  sans  doute  les  suifragans  de  l 'archevéque  de  Lyon,  savoir  les  évéques  d'Autun, 
de  Chàlons  sur  Saóne,   de  Macon  et  de  Langres. 

Au  dessous  des  niches,  deux  écus;  l'un  aux  armes  de  Savoie,  l'autre  aux  armes 
de  Lyon,   séparés  et  tenus  par  deux  personnages  fantastiques. 

Legende:  Les  bords  de  ce  sceau  ont  mallieureuscment  été  biisées  et  de  la  legende 
on  ne  voit  que  les  trois  lettres  OME  [Comesi). 

Planche  II,  fig.  n"  22. 

Ce  sceau  en  ciré  rouge  pend  par  un  doublé  cordon  de  soie  verte  à  une  charte 
par  laquelle  Pierre  de  Savoie  Archevéque  et  Comte  de  Lyon,  délégué  à  ces  fins  par  le 
pape  Jean  XXII,  notifie  à  Humbert  de  Villars  et  à  Béatrix  de  Savoie  la  dispense  qui 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Testaments  -  Paquet  S,  n."  4  et  8. 

(2)  Promis,  Mon.  dei  Reali  di  Savoia. 

(3)  Móm.  lu  à  La-Sorbonne  en  1868,  pag.  127. 


24*)  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE    —    SCEAUX  RELIGIEUX 

leur  est  accordée  pour  se  marier,  malgré  leur  parente  au  3°  degré  de  consanguinité- 
Cette  charte  est  du  10  Mai  1331  et  a  été  donnée  avec  l'apposition  du  grand  sceau 
(lu  Prélat  dans  sa  maison  dite  de   CJiaponay  (1). 

PieiTe  de  Savoie  était  fils  de  Thomas  III  frère  du  comte  Amédée  V,  dit  le  gi-and. 
et  de  Gine  de  Bourgogne.  Il  avait  été  chanoine  et  doyen  de  Salisbury  en  Angleten-e. 
puis  chanoine  et  doyen  de  Lyon  én  1304.  Il  fut  élu  Archevèque  de  cette  ville  en 
1308,  succèda  sur  ce  siége  à  Louis  de  Villars  et  l'occupa  jusqu'à  sa  mort  en   1332. 

Ce  fut  lui  qui  cèda  au  roi  Philippe  le  bel,  en  1312,  le  droit  de  justice  qu'il 
exergait  à  Lyon.  Mais  pendant  la  réaction,  qui  suivit  la  mort  de  ce  monarque,  le  droit 
de  justice  fut  rendu  à  l'archevéque  en  1320  par  Philippe  Vie  long,  qui  voulait  garder 
le  tròne  en  invoquant  la  Ini  salique  et  qui  se  faisait,  dans  ce  but,  des  partisans  des 
vassaux  du  royaume. 

Pien-e  III  ])résida,  dans  sa  cathédrale,  à  la  cérémonie  de  l'intronisation  du  pape 
Jean  XXII  qui  continua  à  résicler  à  Avignon,  et  fut  toujours  bienveillant  pour  l'ai- 
chevéque  de  Lyon  et  poui-  la  Maison  de  Savoie. 

L'archevéque  PieiTe  a  eu  deux  bàtards ,  Jean  dit  La  Mitre  seigneur  de  Cuines 
en  Maurienne,  et  Ugonin  seigneur  d'UssegUo  qui  fùt  renommé  par  sa  bravoure  et  son 
honnéteté. 

L'un  de  nous  a  déjà  public  une  bulle  de  ce  Prélat.  On  connait  aussi  de  lui  des 
jetons  de  différentes  diuiensions  sur  lesquels,  comme  sur  la  bulle,  la  croix  dans  l'écu 
de  Savoie  est  chargée  d'une  petite  croix  tréflée  que  les  Archevèques  de  Lyon  ajoutoient 
volontiers  aux  ai-mes  de  lem*  famille  aux  xni"'  et  xiv"  siècles. 


n.    ARCHEVÉ(JUES    D'AUCH. 


Frangois  de  Savoie. 

1485. 

Sceau  rond  de   52   millim. 

Type  :  Un  écu  ogival  à  la  croix  pleinc  de  Savoie  surmonté  d'une  croix  episcopale. 
L'écu  est  entouré  au  dessus  et  par  coté  d'enroulemeus  qui  simulent  des  lambrequins 
et  le  tout  est  ferme  par  une  bordure  de  petits  ornemens  en  forme  i'  x  placésà  distauco 
les  uns  des  autres. 

Legende  : 

SIGILLVM  •  FRANCISCI  ■  DE  •  SABAVOIA  ■  ARCHIEPI  ■  AVXITANIsIS 

Planche  III ,  fig.  n"  23. 

Ce  sceau  est  plaqué  sur  ciré  rouge  entro  deux  papiers  blancs  et  pend  pai'  une 
doublé  liste  de  parchemiii  au  bas  d'un  acte  par  lequel  Francois  de  Savoie,  évèque  élu 

(Il  Archiv.  du  Royaume  -  Matrimoni  Casa  Retile  -  Paq.  5,  n"  5. 


PAR    A.   DUFOUK    ET    F.    RABUT  247 

d'Auch  et  administrateur  de  l'évéclié  de  Genève  accorde,  eu  qualità  d'abbé  commen- 
dataire  perpétuel  de  la  prévoté  du  Grand  S'-Bemard,  une  pension  de  200  florins  au 
chanoine  Chaffardon  vicaire  general  de  lad°  prevòté  des  Ss.  Nicolas  et  Bernard.  Cette 
charte  est  datée  de  Tmin  le  23  Juin   1485   (1). 

Francois  de  Savoie,  fils  du  due  Louis,  a  été  abbé  de  Staffarde,  d'Abondance, 
de  S'-Andi'é,  de  Verceil  et  d'Aulps,  prevòt  commendataire  du  Grand  S'-Bernard  en 
1459,  Arcbevéque  d'Aucb  en  1483,  puis  évéque  de  Genève  en  1484.  Il  eut  ce- 
pendant  beaucoup  de  peine  à  arriver  à  ce  siége.  En  effet,  après  la  mort  de  l'évéque 
Jean  Louis  de  Savoie,  le  chapitre  de  Genève  avait  élu,  pour  lui  succèder,  Urbain  de 
Cbivron,  abbé  commendataire  de  Tamié.  Le  pape  Siste  lY,  df:ììa  JRoicre,  de  son  coté, 
qui  tenait  à  favoriser  quelque  membre  de  la  famille  piémontaise  de  la  Rovere,  à  laquelle 
il  prétendait  appartenir ,  voulant  nommer  le  cardinal  Dominique ,  arcbevéque  de  Ta- 
rentaise,  à  l'évèché  de  Turin,  donna  en  échange  celui  de  Genève  à  Jean  de  Compeys 
qui  occupait  alors  ce  siége  en  Piémont.  Le  Due  de  Savoie  protesta,  il  est  vi-ai,  contre 
la  nomination  de  Jean  de  Compeys  à  cet  évécbé ,  qui  relevait  de  son  autorité  et 
qu'il  destinait  dailleurs  à  son  onde  Francois;  mais  le  Pape  passa  outi-e  et  maintint 
sa  décision.  -  Jean  de  Compeys  fut  coiifirmé  évéque  de  Genève  en  Avril  1483  et 
Chivi'on  alla  occuper  le  siége  de  Tarentaise  le  20  Mai  suivant.  Le  Pape  crut  pouvoir 
apaiser  le  Due  de  Savoie  en  donnant  à  Francois  l'archevécbé  d'Aucb  le  20  Octobre 
de  la  méme  année. 

Le  Due  de  Savoie,  alors,  donna  ordre  de  réduire  les  biens  de  l'évécbé  sous  sa 
main.  Le  Pape  fulmina  l'excommunication  contre  les  commissaires  du  Due  et  pronon^a 
l'interdit  dans  tout  la  diocèse.  L'évéque  de  Compeys  prit  le  parti  de  quitter  Genève 
le  21  Septembre  1483  et  se  réfugia  A,  la  Coui-  de  Rome,  préférant  céder  son  évéché, 
s'il  était  nécessaii'e. 

Mais  un  évènement  imprévu,  la  mort  d' Urbain  de  Ciiivron,  arrivée  le  9  Novembre 
1483,  vint  mettre  fin  à  ces  regrettables  et  scandaleuses  discussions  entre  les  Cours  de 
Rome  et  de  Savoie,  Compey  accepta  la  sucecssion  d'Urbain  de  Cbivron  et  l'arcbevéché 
de  Tarentaise  le  16  Mai  1484,  et  Francois  II  put  ainsi  aller  occuper  l'évèché  de  Ge- 
nève où  il  arriva  le  25  Juillet   1484. 

Francois  ne  résida  pas  plus  dans  son  nouvel  évéché  de  Genève  qu'il  ne  l 'avait 
fait  dans  celui  d'Auch.  C'est  à  peine  s'il  y  celebra  en  1485  sa  première  messe  au 
milieu  d'un  grand  concours  de  peuple.  dit  la  chronique,  messe  à  laquelle  assistèrent  le 
due  Charles  et  sa  jeune  épouse  Bianche  de  Jlonferrat.  Le  titre  où  pend  ce  sceau  et  dans 
lequel  il  s'intitule  prince  et  administrateui-  de  l'évèché  de  Genève  est,  comme  nous 
l'avons  dit,  date  de  Turin  où  il  avait  assistè  quelques  jours  auparavant  (10  Juin  1485) 
à  la  publication  des  Statuts  du  due  Charles.  11  dùt  méme  fixer  son  séjour  dans  cette 
capitale  pendant  le  voyage  que  le  due  et  la  duchesse  firent  en  Savoie,  et,  plus  tard. 
à  la  mort  de  ce  prince  en  1490,  il  dùt  résider  à  Turin  où  il  fut  chargé  du  gouver- 
nement  des  Etats,  deqà  et  delà  les  monts,  à  la  demande  de  la  jeune  veuve,  sa  nièce. 
qui  désirait  s'occuper  de  la  tutèle  de  son  jeune  fils  Charles  Jean  Amédée  et  qui  voulait 
s'aiderdes  conseils  de  son  onde.  C'est  aussi  à  Turin  qu'il  mourut  en  1491.  Le  chevalier 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Abbaia  du  Grand  S'-Bernard  -  Paq.  1. 


248  SIGILI.OGRAFHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAVX    RELIGIEUX 

Bayard,  qui  était  aloi-s  page  à  la  Cour  de  Savoie ,  fut  chargé  de  porter  à  Genève  la 
uouvelle  de  sa  mort.  Francois  avait  eu  un  bàtard,  Jean  Francois,  qui  fut  plus  tard 
évèque  de  Genève. 

Un  sceau,  à-peu-près  sembable  à  celui  que  nous  publions,  a  été  signalé  sur  un 
acte  de  1487  (1)  et  le  portrait  de  notre  Prélat,  tire  d'une  gravure  sur  bois  mise  au 
frontispice  d'un  missel  genevois  de  1491  ,  a  été  reproduit  dans  les  mémoires  de  la 
Société  d'histoire  de  Genève  (2). 

Francois  de  Savoie  a  été  Lieutenant  general  et  Gouvemeur  de  la  Savoie  en  1490. 


E.    ARCHETÉQUES    DE    TURIN. 


Claude  de  Seyssel. 

A.   1518. 

Sceau  ogival  de   79  milUm. 

Type:  Une  niche,  en  style  de  la  renaissance,  dans  laquelle  est  assise  la  Vierge  tenant 
l'enfant  Jesus:  De  chaque  coté  de  la  mche,  le  vide  est  rempli  par  deux  branches  de 
feuillage.  Eutre  les  bases  des  colonnes,  sous  une  arcature  à  trois  lobes,  un  écu  aux 
armes  des  Seyssel  Gironné  d'azur  et  d'or  est  surmonté  d'une  croix  tréfiée  et  inter- 
romp  la  legende  au  bas  du  sceau.  Au  centre  de  l'écu,  en  abjTne,  on  voit  un  besant 
ou  un  toui'teau  chai-gé  d'un   autre  besant  plus  petit  ou  d'un  gros  point. 

Legende:    ^     S  ■  CLAVQII  •  QE  •  SEISSELLO  •  ARCHIEPISCOPI- 

THAVRINENSIS- 

Dans  cette  legende  en  caractères  romains  majuscules  les  D  ont  été  renversés  par 

le  grave  ur. 

Planche  III,  fig.  n"  24. 

Ce  sceau  en  ciré  rouge,  plaqué  sur  papier,  pend  il  une  quittance  donnea  aux  sei- 
gneurs  Antoine  et  Christophe  de  Piossasque  le  4  Février  1518   (3). 

Les  armes  des  Seyssel  sont  souvenfc  blasonnées  Gironné  d'or  et  d'azur.  Mais  sur 
notre  sceau  et  sur  plusieurs  autres  nionumens,  on  voit  qu'il  faut  dire,  G/'ronne  d'azur 
et  d'or.  Le  tourteau  qui  est  mis  en  abyme  sui-  le  tout  doit  étre  de  gueules  :  On  voit 
en  effet  aux  archives  de  Genève,  que  Claude  de  Seyssel  brisait  les  armes  de  sa  famille 
d'un  tourteau  de  gueules  (4).  Nous  retrouvons  aussi  cette  brisure  sur  un  petit  sceau 
rond  qui  servait  de  cachet  au  Prélat ,  au  bas  d'une  lettre  adressée  par  lui  au  Due 
(le  Savoie  (5). 


(1)  Man.  et  doc.  publiés  par  la  Soc.  d'hist.  et  d'arch.  de  Genite.  Tom.  VII,  pag.  67. 

(2)  Ibid.,  pian.  XXXV. 

(3)  Archevèche  de  Turiti  -  Protocole  LIV  de  Bernard  Perachia,  1517-1520. 

(4)  Archives  de  Genève,  Piòces  historiques,  n'  830  -  Lettres  de  1504  à  1506. 

»  Armorial  Genevois  de  Blavignac,  pag.  207. 

(5)  Turin  -  Archives  du  Royaume  -  Lettres  de  Claude  de  Seyssel  àS.A.-  Lettres  ÌAìuisivì  di  Francia 


PAR    A.   DUFOUE    ET    F.    RABUT  249 

Ce  petit  sceau  rond  de  8  inillim.  de  diamètre  ne  présente  que  les  armes  du  Prélat 
dans  un  écu  ogival  accoste  des  initiales  C.  S.  (Claude  Seyssel).  De  petits  fleurons  rem- 
plissent  le  cbamp  du  sceau  au  dessus  et  au  dessous  de  l'écu. 

Planche  III ,  fig.  a"  25. 

La  lettre  où  nous  l'avons  vù  plaqué  est  sans  date ,  mais  elle  figure  parmi  les 
lettres  des  ambassadeurs  fran^ais.  Elle  appartient  sans  doute  à  l'epoque  ou  Claude 
de  Seyssel  était  envoyé  en  mission  pour  le  roi  de  France  auprès  du  due  de  Savoie 
et  avant  qu'il  fut  archevèque  de  Turin  en   1516. 

Claude  de  Seyssel  était  fils  naturel  du  maréchal  de  Savoie  Claude  de  Seyssel:  il 
nacquit  vers  le  milieu  du  quinzième  siècle  à  Aix-les-Bains,  d'autres  disent  à  Seyssel.  Il 
a  étudié  le  droit  à  Pavle  et  à  Turin.  Après  son  doctorat,  il  suivit  la  carrière  des  armes 
pendant  quelque  temps,  mais  il  y  renon^a  bientót,  et  en  1487,  il  enseigna  la  juris- 
prudence  à  luniversité  de  Turin  et  ensuite  à  l'université  de  Pavie.  Après  la  couquète 
du  Milanais,  Louis  XII  le  nomma  membro  du  parlement  qu'il  créa  dans  ce  duché, 
puis  l'appela  en  France,  le  nomma  Conseiller  d'Etat.  Il  fut  alors  chargé  de  plusieurs 
missions  dijilomatiiiues  en  méme  temps  qu'il  entrait  dans  les  ordres.  En  1509  il  fut 
élu  évèque  do  Marseille,  mais  il  ne  s'y  rendit  pas,  fit  rógir  son  évèché  par  des  dé- 
lógués  et  continua  ses  missions  diplomatiqucs  qu'il  remplit,  entr'autres,  à  Londres  en 
1508,  à  Trèves  en  1512,  au  Concile  de  Latran  en  1514,  et  auprès  du  due  Charles  II 
de  Savoie  en  1515  et  en  1516.  Après  la  mort  de  l'archevéque  de  Turin  en  1516, 
il  fut,  avec  l'appui  du  Due  de  Savoie,  nommé  a  ce  siége  par  bulle  du  11  Mars  1517  (1). 
Claude  do  Seyssel  a  été  pendant  trois  ans  arcbevéque  de  Turin:  Il  en  avait  pris  pos- 
session  le  10  Juin  1517  et  il  mourut  le  30  Mai  1520  dans  son  palais  arcliiépiscopal  (2). 
Il  avait  testé  la  méme  année  au  mois  de  Janvier,  et  fùt  enseveli  à  S'-Jean. 

Quelques  personnes  ont  tenté  de  faire  passer  Claude  de  Seyssel  pour  fils  légitime 
du  Marécbal  Claude  et  ont  invo(iué  pour  cela  un  abandon  de  succession  en  faveur  de 
ses  cousius  du  27  Juin  1511  (3).  Mais  dans  ce  document,  c'est  lui  qui  se  donne  le 
titre  de  fils  légitime  et  naturel.  Entro  Icgitimns  et  legitimatus  l'en-eur  est  du  reste 
facile,  et  cet  acte  invoqué  pour  les  besoins  d'un  procès  par  les  descendans  de  notre 
Prélat  est  suspect.  'Voici  d'ailleurs  les  preuves  qu'il  était  bàtard:  1°  Dans  la  maison 
de  Seyssel,  il  a  toujours  été  considéré  comme  fils  illégitime.  2°  C'est  l'opinion  des 
auteurs  piémontais  qui  se  sont  occupés  de  lui  (le  command'  Carutti,  Dominique 
Promis  (4)  et  autres).  3"  La  brisure  du  besant  sur  les  armes  de  Seyssel,  brisure  qu'il 
n'aurait  pas  mise  s'il  eut  été  fils  légitime  et  unique  de  Claude  de  Seyssel.  4°  Dans 
une  genealogie  manuscrite  du  17°  siècle,  que  possedè  l'un  de  nous,  le  Maréchal  Claude 
de  Seyssel  fils  de  Humbert  de  Seyssel  est  indiqué  comme  sans  descendant,  et  le  dernier 
de  sa  lignee,  au  moyen  du  petit  signe  ^  qui  se  trouve  au  bas  de  tous  les  noms  de 


(1)  Domenico  Carutti,  Il  discorso  sopra  l'acquisto  di  Milano  di  Monsignor  Claudio   di  Sei/ssel, 
Torino  1861. 

(2)  Protocole  de  Perachia,  déjà  cité. 

(3)  Archiv.  du  Royaume  1450-iri64  -  Bugey  Seyssel  -  Paquet  n»  10. 

(4)  Illustrazione  di  una  medaglia  di  Claudio  di  Seyssel  '^Misceli,  di  St.  ital.  Tom.  XIII,  pag.  73). 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  32 


250 


SIGILLOGRAPHIE   DE    LA    SATOIE  SCEAUX   BELIGIEUX 


ceux  qui  n'ont  pas  eu  d'enfants  et  entr'autres  de  son  neveu  Francois  Philibert  mort 
pupille.  Nous  donnons  ici  un  petit  tableau  généalogique  qui  montrera  la  place  que 
Claude  tient  dans  la  branche  ainée  des  Seyssel  et  nous  y  ajoutons  la  fiUe  naturelle . 
Antoinette,  qu'il  eut  avant  d'entrer  dans  les  ordres  sacrés. 


AIMARD 

en  1"  noces  à  Eleonora  de  Clerniont 

I 

ANTOINE 

à  Jeanne  de  la  Uochette 


HUMBKRT 
teste   en   1 432 


PHILIBERT 

GABRIEL 

a. 

Franvoise  de  Seyssel 

la  Chambre 

FRANCOIS  PHILIBERT 
mort  pupille 


CLAUDE 
Marc'chal  de  Savoie 

1 

CLAUDE 

Archev»  de  Turin 

ANTOINETTE 

fiUe  naturelle 

à 

Marius  d'Arenthon 

d'Alex 


FRANgOISE 
à 

Gabriel 
de  Seyssel 


'I 


JEAN  Seig'  de  Babjac 

Maréchal  de  Savoie 

à  Marguerite  de  la  Chambre 

AYMON 

I 
LOUIS 


CHARLES 

Baron 
de  Vermoya 


I 

LOUIS 

Baron 

de  Chàteauneuf 


JEAN  I 
C"  de  la  Chambre 

à 
Barbe  d'Amboise 


Bàtard,  légitime  ou  légitimé,  Claude  de  Seyssel  a  été  un  des  savants  les  plus  dis- 
tingués  de  son  tomps  :  ses  ouvi-ages  sont  très-nombreux  :  Il  a,  le  premier,  écrit  le  fran(;ais 
avec  quelque  netteté  dans  la  Vieto/re  da  roi  contre  les  Vrnitiens  :  La  graìule  luo- 
narchie  de  Trance;  Les  louanges  du  hon  roi  Louis  XII;  La  ìoi  saliqne ;  Les  irn- 
ductions  de  Thucydide,  de  Xenophon,  de  Trogiie  Pompée,  de  Justin,  etc.  Plusieurs 
ceuvres  sur  des  matières  religieuses  ont  été  écrites  par  lui  en  latin. 

L'oraison  funebre  de  l'archevèque  de  Turin  a  été  prononcé  dans  la  cathédralc 
de  cette  yille  le  premier  Juin   1520  par  Fr.  Thadée  de  Lyon,  moine  Augustin. 

Ajoutons  que  Vallauri,  dans  son  histoire  des  Cniversités  des  Etats  Sardes,  dit  que 
Claude  de  Seyssel  a  été  le  recteur  de  ce  Corps  en  1482,  et  qu'il  a  été  chaxgé  par 
Louis  XII  de  l'adrainistration  de  l'évéché  de  Lodi  de  1501,  année  où  il  prit  l'habit 
ecclésiastique,  à,  1512. 

B.   1519. 

Sceau  rond  de  47  millim. 

Type:  Les  armes  de  Seyssel,  sans  la  brisure,  dans  un  écu  do  forme  singulière, 
surmonté  d'une  croix  episcopale  et  entouré  de  fleurons  qui  rcmplissent  le  vide  entre 
l'écu  et  la  legende: 

Hh    S  "§>  CLAVDII  ^  DE  -8»   SEYSSELLO  ^   ARCHIEPISCOPI   ^ 
THAVRINENSIS  <& 


en  caractòres  romains  majusculcs.  Les  mots  y  sont  séparés  par  de  petites  flcurs  à  quatrc 
pétales  qui  remplacent  les  points. 


PAR   A.   DUFOUR    ET    F.  EABUT  251 

Planche  III,  fig.  n"  26. 

Ce  sceau  coirobore  un  acte  de  présentation  et  d'institution  à  l'église  paroissiale 
du  prieuré  de  Combeniano,  donne  à  Turin  le   1"  Décembre  1519   (1). 
n  est  en  ciré  rouge  au  bas  de  l'acte,  et  recouvert  de  papier. 

Philibert  Milliet. 

1622. 

Sceau  rond  de  50  millim. 

Type  :  Armes  de  la  famille  Milliet  dans  un  cartouclie  où  figurent,  de  chaque  coté , 
deux  petits  anges  nuds  et  debout  servant  de  tenants.  Au  dessus  et  autoui-,  le  chapeau 
et  les  bouppes  d'évéque. 

Legende:        PHILIB  :  MILLIETVS  •  ARCHIEPISC  :  TAVRINEN  • 

en  caractères  romains. 

Planche  III,  fig.  n"  27. 

Ce  sceau  est  plaqué  sur  ciré  rouge  et  sur  papier,  au  bas  d'une  lettre  du  28 
Juillet  1622  qui  or  donne  la  consignation  des  biens  de  la  mense  archiepiscopale  (2). 

Notre  Prélat,  plus  modeste  que  d'autres  qui  prennent  dea  omements  héraldiques 
d'un  rang  plus  elevo  que  celui  qu'ils  occupent,  entoure,  quoique  archevèque,  son  écu 
de  bouppes  épiscopales. 

La  famille  Milliet,  dont  les  armes  étaient  (nous  l'avons  vù  précédemment  à  propos 
de  l'arcbevèquc  de  Tarentaise  Francois  Amédée)  (ì'azur  au  chcvron  d'or  chargc  d'un 
chcvroii  de  yucules  et  accompagtié  de  3  étoiles  d'or,  avait  pris  l'habitude  de  les 
écarteler  corame  elles  le  sont  sur  le  sceau  de  Philibert  Milliet,  savoii*  :  Eeartelé  au 
V  eM"""  quartiers,  d'argent  à  la  fasce  de  gueules,  acconipagnce  de  derises  de  méme 
au  lion  issant  en  chef  de  sinopie  lanipassé  de  gueules,  et  aux  2""^  et  3'^°'°  quartiers, 
ce  gueules  à  la  bande  d'argent  acconipagnée  de  deux  cottices  de  méme,  qui  est  le 
blason  de  la  famille  Gavit-la-Roche  et  sur  le  tout  de  Milliet.  C'est  depuis  le  mariage 
de  Pierre  Milliet  avec  Amblarde  fille  de  noble  Petreman  Gavit  de  Genève  en  1475 
que  l'usage  s'introduisit  dans  la  famille  Milliet  de  mettre  dans  son  écu  recartele  des 
Gavit-la-Eoche  avec  leur  propre  blason  sur  le  tout.  Cependant  quelques  membres  de 
cette  maison  ont  continue  à  ne  prendre  que  l'écu  de  Milliet  (3). 

Sur  le  sceau  où  les  émaux  ont  généralement  été  bien  dessinés,  le  graveur  a  mis 
la  fasce  et  les  devises  d'argent  sur  fond  de  gueules  au  lieu  de  gueules,  sur  fond  d'argent. 

Philibert  Franc^ois  Milliet,  connu  sous  le  seul  nom  de  Philibert,  est  né  le  15  Novembre 
1561  à  Chambóri  du  Chancelier  de  Savoie,  Louis  Milliet  de  Faverges  et  de  Challes, 


(1)  Archives  de  V Archeoéché  de  Turin,  Protocole  de  Perachia  LV,  page  44. 

(2)  Archives  de  V Archevèché  de  Turin. 

(3)  Mém,  et  doc.  publiés  par  la  Société  Savoisienne  d'hist.  et  d'arch.  -  Tom.  Vili,  pag.  164. 


252  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  —   SCEAUX    RELIGIEUX 

et  de  Fran^oise  Bay:  Il  fut  nommé  docteur  en  théologie  à  Rome  en  1585.  Il  fut  suc- 
cessivement  recteur  de  la  Cliapelle  de  S'-Aiidró  à  Rome,  prieur  de  Lémenc  à  Chambéri 
en  1583,  doyen  de  Viri  en  Genevois,  coadjuteur  de  l'évéque  de  Maurienne  Pierre  de 
Lambert  son  onde  en  1590,  évèque  de  Maurienne  en  1591,  abbé  d'Aulps  en  1593. 
conseiller  d'État  la  mème  année,  cbancelier  de  l'Ordre  de  l'Annonciade  cn  1608,  et 
enfin  arcbeveque  de  Turin  en  1618.  Il  testa  en  1624  en  faveur  de  son  frère  ainé 
Francois  Amédée  Milliet  de  Faverges  et  mourut  en  1625  à  Turin:  Il  a  été  enseveli 
dans  l'église  des  Jésuites  de  cette  ville. 


F.    ARCHEVÉQUES   DE   GÈNES. 


André  Charvaz. 

1852. 


Nous  n'avons  à  publier  de  ce  Prélat  savoyard  qu'un  tout  petit  sceau  grave  pour 
servir  de  cacbet.  Oblong,  à  angles  abattus,  ce  petit  monument  est  sans  legende  et  contient 
seulement  un  écu  aux  armes  du  Prélat  d'azur  au  saiiioir  d'argent,  entoui'é  des  ornements 
arcbiépiscopaux,  croix,  eresse,  mitre,  chapeau  et  houppes,  et  du  cordon  de  l'Ordi'e  des 
Ss.   Maurice  et  Lazare. 

Planche  IH,  fig.  n"  28. 

Il  avait  adopté  cet  écu  et  la  devise:  Aìmt  mihi  gloriari  nisi  in  cruce ,  lors- 
qu'il  fut  nommé  évèque  de  Pignerol.  Cette  devise  a  figure  sur  les  monnaies  de  Charles 
Emmanuel  I  et  de  Victor  Amédée  I   (1). 

L'empreinte  de  ce  cachet  nous  a  été  commuiiiqué  par  M''  l'abbé  Jorioz  ancien 
secrétaire  de  Mgr.  Charvaz. 

Mgr.  André  Charvaz  est  né  à  Hautecour  près  de  Moutier  en  Tarentaise  le  25  Dé- 
cembre  1793;  il  fut  sacre  évèque  de  Pignerol  à  Cliambéri  le  9  Mars  1834,  et  il  a 
été  reg.u  à  Pignerol  avec  de  grandcs  dénionstrations  de  joie  le  31  Mars  par  la  mu- 
nicipalité  et  par  son  chapitre  (2).  Son  entrée  fut  aussi  l'occasion  d'une  charmante 
publication  imprimée  avec  luxe  de  pièces  de  vers  en  italien  et  en  latin  (3).  Il  fut  nommé 
archevéque  de  Gènes  le  27  Septembre  1852,  et  moui-ut  à  Moutiers  le  18  Octobre 
1870;  il  avait  renoncé  à  son  évPché  le   7   Aoùt   1860   (4). 


(1;  I'romis,  Monete  de'  He  ali. 

(2;  Kel  solenne  inyresso  nella  sua  Chiesa  dell'Ulto  e  Ree. "io  Monsignore  Andrea  Charvat,  Vescovo 
di  Pinerolo,  prepo.iito  d'Oulx  e  di  Chaiimoìit,  sipnore  dell'Abbadia  di  S.  Pietro,  Valle  di  Lemina  e 
Conte,  Commendatore  della  Sacra  religione  e  Ordine  militare  de'  Ss.  Maurizio  e  Lasiaro,  il  dì  31 
Marzo  1834,  Allocuzioni.  -  Pinerolo  -  F.  Guiqhetti  ,  in-8o,  di  40  pagine. 

(3;  Serto  poetico  offerto  dal  Capitolo  di  Pinerolo  a  Monsignor  Andrea  Charvaz  -  Pinerolo,  Massara- 
Novara,  1831,  in-l",  titre  rouge  et  noir  (biblioth.  de  F.  Rabut\ 

(4)  Voir  la  Notice  biographique  publiée  par  le  chan.  Jorioz,  Asti,  1871. 


PAR    A.    DUFOUR    ET    F.   RABUT  253 

Mgr.  Charvaz  avait  été  le  précepteur  des  fils  de  Charles  Albert,  les  Ducs  de  Savoie 
et  de  Gènes.  Pendant  son  épiscopat  de  Pignerol,  il  s'appliqua  à  convertir  les  Vaudois 
qui  habitaient  son  diocèse.  Ce  fut  l'occasion  pour  lui  de  diverses  pubHcations  panni 
lesquelles  nous  citerons  le  JDiscours  prononcé  à  l'occasion  de  la  conversion  de  dotize 
Vaudois  -  8°  -  7  Janvier  1844,-  et  Instruction  à  dome  Vaudois  convertis  -  8°  de  108 
pages,  25  Mars  1844.  On  lui  doit  aussi  l'oraison  funebre  de  la  Beine  de  Sardaigne 
Marie  Adelaide,  prononcée  dans  la  cathédrale  de  Turin  le  3  Mars  1855,alors  qu'il 
était  archevèque  de  Gènes. 


3.*^    ÉVEQUES 


A.    ÉYÉQUES    DE    MAURIENNE 


Aymar. 

1231. 

Sceau  ogival  de  50  millim. 

Type:  L'évéque  debout,  mitre,  revétu  de  la  chasuble  et  du  pallium,    bénissant 
de  la  main  droite  et  tenant  de  la  main  gauche  la  crosso  tournée  en  dedans. 
Legende:  en  capitales  gothiqucs 

AYM.    .    ePI   MAVRIANCNSIS 

Sigillum  Aymari  Episcopi  Maurianensis. 

Planche  III,  fig.  n°  29. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  à.  une  bande  de  toile  verte  attachée  au  parchemin 
d'un  acte  du  31  Mai  1231  passe  à  S'-Jean  de  Maurienne,  par  lequel  le  Prélat  con- 
firme l'hospice  du  Mont-Cenis  dans  la  possession  des  terres  qu'il  a  dans  le  diocèse 
de  Maurienne  et  c'est  avec  Tavis  et  la  volente  du  Chapitre  de  Consilio  et  voluntate 
capituli  nostri  (1). 

Aymar,  qui  est  aussi  appelé  quelquefois  Aymon  sur  les  chartes,  était  évéque  de 
Maurienne  en   1223  (2)  et  transigeait  cotte  année  avec  les  chanoines  de  la  cathédrale 


(1)  Archivi,  du  Roijaume  -  Prevòté  du  Montcenis.  .  Paquet  I,  n*  36. 

(2)  Bksson,  Mémoires  ecdésiastiques,  pag.  2yi. 


254  SIGILLOORAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    KELIGIEUX 

relatiTcment  aux  redevances  et  aux  amendes  (1).  M.  Angley  dit,  dans  son  liistoire  du 
diocèse  de  Maurienne,  qu'il  prit  possession  de  cet  évèclié  en  1222  et  Mgr.  Billiet  dit 
qu'il  a  été  14  ans  évèque  de  Maurienne  (2),  ce  qui  ferait  commencer  son  épiscopat 
en  1221,  puisqu'il  fut  nommé  archevèque  d'Embrun  en  1235  et  qu'il  prit  cette  année 
là  possession  de  ce  siége.  Avant  d  etre  évèque  de  Maurienne  il  avait  été  abbé  du  mo- 
nastèro de  S'-Pierre  de  Vienne  en  Dauphiné.  On  ignoro  sa  patrie  et  à  quelle  famille 
il  appai-tient;  nous  ne  pensons  pas  qu'il  soit  savoyard.  11  mourut  en  1245  et  fut  en- 
seveli  à  Vienne  dans  l'église  du  monastère  dont  il  avait  été  abbé. 

Besson  donne,  dans  les  preuves  de  ses  mémoires  pour  l'histoire  ecclésiastique,  une 
sentence  arbitrale  qu'il  rendit  en  1225  avec  Berlion  abbé  de  Tamié,  dans  une  con- 
testation  entre  l 'archevèque  de  Tarentaise  Herluin  et  Guillaume  de  Beaufort  au  sujet 
de  droits  seigneriaux  (3).  M.  Angley  donne  les  deux  inscriptions  qui  out  été  placées 
sur  son  tombeau  (4). 

Les  anciens  historiens  de  la  Savoie  faisaient  remonter  l'existence  de  l'évèclié 
de  Maurienne  à  un  Lucianus  qui  auroit  assistè  à  un  concile  en  341.  Mais  l'on  sait 
aujourd'hui  que  cet  évéché  fut  fonde  par  le  roi  Gontran,  dans  la  seconde  moitié  du 
sixième  siècle  et  que  son  premier  évèque  a  été  Felmase. 

Pierre  IV  de  Guélis. 

1272. 

Sceau  ogival  de   52   niilliin. 

Type  :  Le  Prélat  debout,  mitre,  tenant  de  la  main  droite  une  crosse  et  de  la  gauche 
un  livide  appuyé  contro  sa  poitrine. 

Legende:  S  ■  P  •  DEI  •  CR.  ■  ■        MAVRlANfl 

Sigillum  Fetri  dei  gratin   episcopi  Mauri anensis. 

[•lanche  III,  fig.  n"  30. 

Ce  sceau  en  ciré  noire  pend  par  un  cordou  plat  de  fil  roux  à,  un  vidimus  du 
testament  d'Amedeo  IV  du  mois  d'Aoùt  1272  (5).  Le  testament  du  Comte  Amédée  IV 
est  du  19  Juillet  1238.  Le  vidimus  du  l'rélat  est  date  de  S'-Jean  de  Mauiienne  le 
samedi  après  la  fète  de  S"-Pierre  aux  liens,  qui  se  trouve  le  1"  Aoùt. 

On  sait  peu  de  choses  de  ce  Prélat  et  on  ignoro  d'où  était  sa  famille  et  ce  qu'il 
a  été  avant  d'aniver  au  siége  de  S'-Jean.  11  fut  évèque  de  Maurienne  dès  12G9  jusqu'à 
sa  mort  arrivée  le  K!  Janvier  1273,  cinq  mois  et  demi  après  avoii-  fait  apposer  son 
sceau  au  bas  du  vidimus  où  nous  l'avons  trouvè.  11  fut  gènéreux  envers  son  chapitro 
et  envers  l'église  de  S'-Jean  et  chargea,  par  son  testament,  son  frère  Guillaume   de 


(1)  Documens  publii's  par  l'Académie  de  Savoie  -  Tome  II,  n"  45. 
(2ì  Ibidem,  pag.  72. 

(3)  Besson,  Preuves,  n"  46. 

(4)  Histoire  du  diocèse  de  Maurienne,  pag.   K^. 

(5)  Archiv.  du  Royaume  -  Tostamens.  -  Paquet  I,  a"  3. 


PAR   A.   DUFOUR   ET    F.  KABUT  255 

Guelis,  qui  était  son  héritier,  de  tenir  main  à  ce  que  les  legs  qu'il  leur  avait  faits 
parvinssent  sans  obstacle  à  leur  destination  (1).  Ce  testament  a  été  publié  par  l'Aca- 
démie  de  Savoie  (2).  On  y  voit,  entr'autres  détails ,  qu'il  donne  à  chacun  des  cha- 
noines  demeurant  à  S -Jean  de  Maurienne  un  anneau  d'or,  comme  cela  avait  été  déjà 
fait  et  recommandé  par  son  prédécesseur  Antelme  de  Clermont. 


Aimon  I  de  Miolan. 

1278. 

Sceau  ogival  de  54  millim. 

Type:  L'évèque  debout,  mitre,  vétu  de  la  chasuble  en  pointe,  bénissant  de  la 
main  droite  et  tenant  de  la  gauche  une  crosse.  Au  dessus  de  lui,  un  clocheton  com- 
pose de  trois  édic'ules  ajourés,  reliés  par  des  courtines  et  soutenus  par  trois  arcs  à 
plein  cintre. 

Legende:  en  capitales  gothiques. 

SAYmONIS  DI  GRA  IIÌAVRIANEN  EPI 

Planche  III,  fig.  n"  3). 

Sceau  en  ciré  jaune  pendant  par  des  cordons  de  soie  rouge  à  un  acte  du  14 
Novembre  1278  par  lequel  l'évèque  et  le  chapitre  de  S'-Jean  de  Maurienne  approuvent 
la  donation  faite  par  un  nommé  Jacques  Traversa  à  l'hospice  du  Mont-Cenis,  d'une 
maison  et  autres  biens  (3).  On  lit  au  bas  de  cet  acte:  Venerahilis  dominus  Aymo 
episcopio  presenti  instrmnento  impressioneni  sigili)  sui  fecit  apponi,  rogans  capi- 
tiiluni  Maurianne  vt  .  .  .  .  insiruntevto  impressioneìu  sigilli  sui  apponi  fnciat  -  on 
trouve  en  effet  au  bas  de  ce  document  le  sceau  du  chapitre  dont  voici  la  description. 

Sceau  ogival  de  45  millim. 

Type:  La  main  de  S'-Jean  Baptiste,  patron  du  diocèse,  avec  le  petit  doigt  et  l'an- 
nulaii'e  fermés  et  les  trois  autres  doigts  ouverts. 

Legende:  S  •  CAPILI  .    ...    I     JOHIS  MA  ■ 

Sigillum  capituli  sancii  Johannis  maurianensis. 

Pianelle  111,  fig.  n°  32. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  par  des  cordons  verts. 

Le  sceau  de  l'évèque  Aimon  I  est  d'un  joli  aspect.  La  legende  est  interrompue 
par  lo  type ,  cn  haut  par  le  clocheton,  en  bas  par  une  petite  console  et  par  les  pieds 
du  personnage.  Celui  du  chapitre  est  plus  gi-ossièrement  grave.  La  main  de  S'-Jean 
Baptiste  est  devenue  l'armoiiie  du  chapitre. 

(1)  Besson  et  Ifl  chaiidine  Angley,  déjà,  cités. 

(2)  Documens  -  Tomo  11,  pag.   108. 

(3)  Archiv.  du  Royaume  -  Prevflté  du  Montcenis,  pag.   1,  n"  52. 


256  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Aimon  I  était  de  la  puissante  famille  des  sires  de  Miolan  :  il  fut  évèque  de  Mau- 
rienne  de  1273,  année  où  il  succèda  à  Pierre  de  Guelis,  à  1300.  Son  pere  et  son 
frère  ainé  portaient  le  nom  d'Anthelme,  sa  belle-soeur  s'appellait  Leone.  Elle  approuve 
avec  son  mari,  en  1281  le  11  Juillet,  une  donation  de  10  livres  fortes  faite  au  Chapitre 
de  S'-Jean  par  l'éreque  Aimon  (1).  En  1285,  après  quelques  contestations  avec  le 
comte  de  Savoie  Philippe  I,  celui-ci  recoiinait  que  la  paroisse  d'Argentine  appartient 
ù,  l'évèque  Aimon  et  à  ses  successeurs.  Ce  Prélat  a  fourni  des  secours  au  comte  Amédée  V 
pendant  ses  luttes  avec  le  Dauphin  de  Vienne;  cela  resulto  des  lettres  du  14  Mai 
1287  par  lesquelles  ce  Prince  reconnait  que  c'est  bénévolement  et  sans  y  étre  obligé 
que  ces  secours  lui  ont  été  donnés.  Aimon  fait  encore  des  donations  au  Chapitre  de 
sa  cathédrale  par  acte  du  3  Décembre  1297,  et  entr'autres,  il  lui  donne  une  somme 
de  60  sols  de  Vienne  pour  féter  la  S'-Gontrand,  ce  qui  le  fait  regarder  comme  l'ins- 
tituteur  de  cette  féte. 

En  Avril  1299  il  donne  au  prètre  Guillaume  de  Montaimont,  son  homme  d'af- 
faires,  un  pré  situé  près  de  S'-Jean.  Il  mourut  le  26  Octobre  1300  et  fut  enseveli 
dans  la  cathédrale  devant  l'autel  de  S"-Thécle  (2). 

Aimon  II  de  Miolan. 

1314. 

Sceau  ogival  de  60  millim. 

Tyj^e  :  Prélat  debout,  comme  sui'  le  sceau  précédent,  dans  une  niche  dont  le  fond 
est  omé  d'un  treillage  garni  de  points.  Au  pilier  de  droite  de  l'édicule  est  appendu 
un  écu  armoirié  où  Fon  voit  les  bandes  des  Miolan  avec  une  brisure. 

Legende:  +   •  S  •  AIMONIS NENSIS  ■  EPISCOPI  . 

Cette  legende  en  capitales  gothiques  présente  une  lacune,  facile  à  combler  du 
reste,  parceque  le  sceau  est  brisé  dans  sa  partie  inférieui-e. 

Planche  III,  fig.  n"  33. 

Ce  sceau  en  ciré  rouge  sur  ciré  jaune  pend  à  une  bande  du  velin  d'une  sen- 
tence  intervenne  sur  les  différents  qui  existaient  entre  le  Comte  de  Savoie  et  l'évèque 
pour  la  juridiction  sur  la  paroisse  de  S'-Martin  d'Arve,  du  2  Juin  1314  (3).  Outre 
le  sceau  du  Comte  et  du  Prélat,  pendait  aussi  au  bas  de  cette  charte  colui  de  l'ar- 
chevéque  de  Tarentaise,  Bertrand,  dont  nous  avons  donne  précédemment  le  dessin  et 
la  description  (4).  La  cliarte  a  été  rédigée  à  Chambéri  dans  la  prairie  du  chàteau. 
In  prato  retro  castrum  nostri  comitis 


(f)  Académie  de  Savoie  -  Documents.  Tomo  II,  pages  117,  121,  130,  146,  152. 

(2)  Anoley,  Hist.  du  Dioc.  de  }faunenne.  -  Pages  159. 

(3)  Archiv.  du  Royaume  -  Province  de  Maurieiine.  -  Paquet  4  -  S'-.Martin,  n"  I. 

(4)  Voyez  ci-devant,  pag.  16. 


PAR   A.  DUFOUE    ET    P.  KABUT  257 

Le  sceau  d'Aimon  II  est  aussi  élégant  que  celai  d'Aimon  I,  et  l'on  y  voit  de 
plus  les  armes  du  Prélat  dans  un  écu  ogiyal.  Les  Miolan  portaient  de  gueules  à  trois 
handes  d'or.  Besson  dans  son  armorial  manuscrit  dit,  en  parlant  de  l'écu  des  Miolan 
«  Je  l'ai  vù  avec  trois  pals  diminués  soit  le  quart  d'iceux  soriani  du  chef  de  .  .  .  »  ; 
c'est  bien  là  l'écu  de  notre  Prélat  que  nous  blasonnerons  plus  volontiers  comme  suit: 
de  gueules  à  trois  handes  d'or,  au  chef  de  .  .  .  charyé  de  trois  pals  de  .  .  .  Ce  chef 
chargé  de  trois  pals  est  assez  visible  sur  notre  sceau.   C'était  une  brisure. 

Aimon  II  de  Miolan  avait  fait  partie  du  Chapitre  de  S'-Jeau  arant  d'arriver  aux 
fonctions  épiscopales  qu'il  rempHt  de  1308  à  1334,  année  de  sa  mort.  Son  nom  et 
ses  fonctions  font  presumer  qu'il  était  neveu  et  filleul  d'Aimon  I,  mais  nous  n'avons 
pas  de  certitude  à  cet  égard.  Dans  une  douation  qu'il  fait  au  Chapitre  en  1312,  il 
parie  de  sa  mère  Alaysie  et  de  sa  belle  sceur  Mabilie,  veuve  de  son  frère  Jean  seigneur 
des  Hurtières  (1). 

Besson  et  le  chanoine  Angley  lui  consacrent  d 'assez  longs  articles  dans  lesquels 
ils  s'efforcent  de  lui  donner  un  ben  ròle  dans  le  célèbre  soulèvement  des  habitans  des 
Arves  contre  les  exigences  féodales  du  Prélat.  Assiégé  dans  son  chàteau  d'Arves  ,  il 
parvint  à  s'échapper  et  se  réfugia  dans  la  collegiale  d'Aiguebelle  d'où  il  implora  la 
protection  du  comte  de  Savoie  Edouard.  Il  l'obtint,  cn  partageant  avec  lui  la  juri- 
diction  qu'il  exerrait  sur  les  terres  de  l'évéché.  Cette  convention  a  été  souvent  publiée; 
elle  porte  la  date  du  2   Février   1327. 

Nous  avons  rencontré,  à  la  date  de  1314,  un  sceau  du  Chapitre  de  S'-Jean  de 
Maurienne  pendant  par  un  lac  cn  parchemin  à  une  pièce  en  mauvais  état,  ainsi  que 
le  sceau  qui  ressemble  à  celui  qui  a  été  décrit  ci-devant  à  la  date  de  1278  ;  aussi  nous 
ne  le  reproduisons  pas:   le  suivant  do  l'année  1344  est  mieux  conserve   et  mieux  fait. 

Le  Chapitre  de  S^-Jean  de  Maurienne. 

1344.    14  Mars. 

Sceau  ogival  de  52  milim. 

Type:  La  main  de  S'-Jean  Baptiste   niml)ée  sur  un  fond  quadrillé. 

Legende:  :  ■  CAPITVLl  •  SCTI  •  lOHIS  •  BB  •  DE  •  MAVRIAN  . 

Sigillum   Capiiuli  sancii  johannis  baptiste  de  Maurinvn 

riancho  III,  fig.  n"  34. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  par  un  doublé  cordon  de  soie  rouge  à  une  con- 
vention faite  entre  le  comte  de  Savoie  Amédée  VI  et  les  Chapitre  et  Chanoines  de 
S'-Jean,  le  14  Mars  1344,  par  laquelle  ce  Prince  confirme  des  concessions  faites  par  ses 
prédécesseurs ,  et  reconnait  au  Chapitre  l'omnimode  juridiction  sur  les  teiTitoires  de 
Mont-Béranger,   de  Villar,   Cernon,   Cuines,   etc.   (2). 


())  Académie  de  Savoie  -  Documeats.  -  Tome  II,  page  105. 
(2)  Archiv.  du  Royaume  -  Maurienne  -  Paquet  1,  Cuines  n°  3. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  33 


258  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE   SCEAUX    RELIGIEUX 

Le  nimbe  qui  entoure  la  main  justifie  l'opinion  par  nous  emise  que  cette  main 
est  celle  du  précurseur  dont  la  cathédrale  de  S'-Jean  possédait  trois  doigts  panni  ses 
reliques  (1).  Suivant  la  legende,  S"-Thècle  ou  S"-Tigre,  d'une  illustre  famille  de  la 
Maurienne,  aurait  apporté  d'Alexandrie  d'Egypte  dans  la  cité  de  Maurienne  deux  doigts 
et  le  ponce  de  la  main  droit  de  S'-Jean  Baptiste,  qui  fut  dès-lors  le  patron  du  diocèse, 
du   Chapitre  et  de  la  ville  de  S'-Jean  de  Maurienne. 

Aimon  III  de  Gerbaix. 

1432. 

Sceau  ogival  de   75  millim. 

Ty))P  :  Un  édicule  de  style  ogival,  compose  de  deux  niches  centrales  superposées 
et  de  deux  niches  latérales  très-étroites.  Dans  la  plus  grande,  dont  le  fond  est  fleuronné 
ou  diapré,  un  S'-Jean-Baptiste  debout  et  nimbé  tient  dans  ses  bras  un  agneau  et 
une  croix  ;  dans  la  niche  supérieure,  le  buste  de  la  Vierge  tenant  l'enfant  Jesus  ;  dans 
les  deux  niches  latérales  ou  voit  deux  anges  debout  avec  les  ailes  élevées.  Au  bas  du 
sceau  ,  le  Prélat  agenouillé  et  mitre  tient  une  crosse  et  lève  la  téte  vers  les  Saints. 
Il  est,  lui  aussi,  dans  une  niche  de  chaque  coté  de  laquelle  sont  pendus  deux  écus 
aux  ai-mes  du  Prélat,  les  armes  des  Gerbaix  ù'aziir  à  un  chef  d'argent  chargé  de  3 
étoilcs  de  gticules,   brisees  d'une  bordure  dentelee. 

Legende:  en  gothique  cursive 

Sitjillum  (petite  croix  recroisetée)  aiiiiou'  ^^i   Cirt  fpi  mnurianfa 

[^lanche  111,  fìg.  ii"  35, 

Ce  joli  sceau  est  en  ciré  jaune  et  renfermé  dans  une  boite  de  mème  forme  en 
tòle  bianche.  11  pcnd  par  un  doublé  cordon  de  soie  verte  à  la  transaction  entro  le  Due 
de  Savoie,  rArchevè(iue  de  Tarentaise  et  les  Évèques  de  Maurienne,  Belley  et  Aoste 
à  l' occasion  de  l'exercice  de  Icur  juridiction  respective.  Cette  charte  du  1 0  Janvier 
1432  a  été  publiée  par  Besson  (2). 

Aimon  de  Gerbaix  était  un  des  enfans  du  trésorier  general  de  Savoie.  C'était 
un  homme  instruit ,  il  avait  étudié  le  droit  et  pris  ses  grades  et  avait  été  prevót  de 
la  cathédrale  d'Aoste  avant  son  élévation  à  l'épiscopat.  Il  fut  évèque  de  1426  à  1432. 

Après  lui,  son  frère  Urbain,  fut  élu  par  le  Chapitre  pendant  le  confiit  ontre  le 
pape  Eugène  IV  et  le  concile  de  Bùie:  mais  il  ne  se  prévalut  pas  de  son  clection , 
et  LI  ne  compte  pas  parmi  les  évéques ,  n'ayant  pas  vu  cette  élection  confirmée  :  il 
resta  chanoine  et  doyen  d'Anncci. 


(1)  y.  Mireaux  de  la  SM -Chapelle  et  de  l'^glise  de  Belley  par  F.  Rabut,  pa?.  7. 

(2)  Métnoires  ecdésiastiques  -  l'rouvcs,  ii°  99. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   KABUT  259 

Pierre  de  Lambert. 

1567-1591. 

Sceau  OTale  de   36  millim. 

Type:  armes  de  la  famille  Lambert  dans  un  cartouche  surmonté  d'une  eresse 
et  d'une  mitre. 

Legende:  en  caractères  romain^  majuscules. 

PETR  •  DE  •  LAMBERT  •  EPIS  •  ET  •  PRINC  •  MAVRIENEN 

PlaQche  III,  fig.  n-  36. 

Nous  reproduisons  ce  petit  sceau  d'après  un  recueil  assez  rare  qui  contient  un 
certain  nomljre  de  sceaux  des  rois  de  France,  beaucoup  de  sceaux  bourguignons  et  quel^ 
ques  sceaux  de  diverses  provinces  fran^aises:  Il  est  intìtulé:  Recueil  des  sceaux  du 
moyen  àge  ditz  sceaux  gotìiiques;  Paris  chez  Antoine  Boudet,  1779,  in-4°,  contenant 
15  pages  de  texte,  un  frontispice  grave  et  30  planches.  Les  frais  de  cette  publication 
ont  été  faits  par  un  M'  de  Mìgieux  d'une  famille  répandue  en  Savoie  et  en  Bour- 
gogne:   l'auteur  du  texte  est  l'abbó  Boullemier. 

Les  armes  de  la  famille  Lambert  sont  :  d'argent  au  pai  d'azur  chargc  d'une 
croix  d'or  angìc'e  de  4  rayons  à  trois  pointes  de  méme.  Sur  notre  sceau,  les  rayons 
n'ont  qu'une  pointe:   c'est  une  abriViation  du  graveur. 

Pierre  de  Lambei't  est  né  à  Chambéri  au  commencement  du  16°  siede  de  Philibert 
de  Lambert  clavaire  de  la  Chambre  des  comptes  de  Savoie  et  de  Philippine  Lottier. 
Il  se  destina  a  la  carrière  ecclésiastique.  Cbanoine  de  Genève  lors  de  la  revolution 
de  1535,  il  se  réfugia  à  Anneci  avec  l'évèque  Pierre  de  la  Beaume,  puis  à  Chambéri 
où  il  fut  fait  arcliidiacre  et  doyen  de  la  S'' -  Chapelle. 

Évéque  de  Maurienne  en  Novembre  1567,  il  exer^a  ccs  fouctions  pendant  24  ans 
avèc  zèle  et  mourut  le  16  Mai  1591,  en  laissant  de  nombreuses  traces  de  son  passage, 
entr'autres  le  collège  Lambertin  fonde  par  lui  a  S'-Jean  de  Maurienne,  son  tombeau 
en  marbré  ,  qu'on  volt  encore  dans  le  cbceur  de  la  cathédrale  ,  les  boiseries  de  ce 
chojur,  etc.  Aux  nombreux  détails  que  donne  sur  ce  Prélat  le  cbanoine  Angley.  nous 
ajouterons  seulement,  d'après  les  documens  que  nous  avons  trouvés:  qu'il  fut  chargé 
en  1560  par  le  due  Emmanuel  Pliilibort  de  porter  300  écus  d'or  au  S'  Lambert  de 
la  Croix,  ambassadeur  du  prince  en  Suisse  (1);  qu'en  1569  le  Due,  qui  avait  recouvré 
les  baillages  de  Ternier,  Gex  et  Gaillard,  ordouna  que  les  revenus  du  prieuré  de  Pré- 
vissin,  situé  au  baillage  de  Gex  fussent  restitués  à  Pierre  de  Lambert,  corame  dépen- 
dance  du  doyennó  de  la  S'-Cliapelle  de  Chambéri  (2). 

En   1572,  le  mème  prince  ordonne  de  payer  à  l'évèque  P.  de  Lambert  dès  le 
l"  Janvier  1573,  et  pendant  5  ans,  la  somme  de  600  livres  en  considération  des  frais 


(lì  Archiv.  de  la  Chambre  -  Arrèts  -  Voi.  1,  pag.  140. 

(2)  Archiv.  de  la  Chambre  -  Lettres-pateates  -  Voi.  7,  page  64. 


260  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    KELIOIEUX 

qu'il  supporto  cn  reccvant  dans  son  palais  épiscopal,  à  leur  passage,  le  due,  sa  cour 
et  d'autres  serviteurs  du  prince  ou  des  étrangers  (1). 

Il  transigea  en  1573  ayec  les  seigneurs  du  Conseil  de  Berne,  relativement  à 
l'abbaye  de  Payeme  et  au  Prieuré  de  Collombier ,  que  notre  évéque  avait  possedè . 
comme  doyen  de  la  S""- Cliapcllo,   pour  une  somme  de  3000  écus  d'or. 

Enfin  le  due  Emmanuel  l'hilibert  ayant  touché  cette  somme  ,  vendit  et  alièna 
à  l'évèque  de  Maurienne  les  émolumens  du  greffe  d'Aiguebelle  par  lettres-patentes 
du   14   Décerabre   1575  (2). 

Hercule  Berzetti. 

1G58-  1(38G. 

Sceau  ogival  de  39  millim. 

Ti/pp:  Amics  du  Prélat  dans  un  écu.surmonté  d"une  couronne  ducale  et  entouré 
de  chapeau  et  houppes  épiscopales. 

Legende:  +    HERCVL  BERZETVS  EPVS  MAVR  ET  PRINCEPS. 

Outre  les  deux  filets  qui    limitent  la  legende  ;   un  cordon  de  fleurons  borde  le  sceau. 

Planche  III,  fig.  n"  37. 

Notre  dessin  à  été  fait  sur  une  empreinte  que  nous  a  donnée,  il  y  a  quelques 
années ,  le  cbanoino  Albrieux ,  alors  cbancelier  de  l'évccbé  ,  qui  possédait  la  matrice 
en  cuivre  de  ce  sceau. 

Les  armes  d' H."  Berzetti  étoient:  Coupé  de  sulle  et  d'argent  au  hon  de  l'un 
en  l'autre  lamjmsse'  de  gueules. 

Hercule  Berzetti  «lui  prcnait  les  titres  de  patrice  et  sénateur  de  Rome  avait  eté 
Prélat  domesti(iue  du  pape  Alexandre  VII  et  assistant  au  tróne  pontificai.  Il  fnt  nommé 
évèque  en   1658   et  mourut  le  4    Mars  1686,  après  un  épiscopat  de  28  ans. 

TI  préta  serraent  pour  les  fiefsjde  l'évèché,  il  Turin  le  8  Aoùt  1658,  mais  il 
refusa  de  prèter  serment  à  S'-Jean  de  Maurienne  de  maintenir  et  défendre  les  immu- 
nités  de  son  égUse,  comme  l'avaient  fait  ses  prédécesseurs. 

Une  tradition  rapporto  «lu'il  avait  été  militairc  avant  d'entrer  dans  les   ordres. 

Fran90is  Hyacinthe  Valperga  de  Masin. 

I(i87  -1736. 

Sceau  ovale  de  57  millim. 

Ti/pr  :  Armes  de  la  famillo  des  seigneurs  de  Valpergue,  comtes  de  Masin.  dans 
un  cartouclie  surmonté  d'une  coiuonnc  ducale,  de  la  miti-e,  de  la  crosse  et  du  chapeau 
avec  liouppes  d'archévéque. 

Legende  : 

+    FRANC  ^   HYAC  •&  DE  -Si   MASIN   *   EPVS  fg»   ET  «>  PRINC  ^   MAVR 


(1)  Archic.  de  la  Chambre  -  l'atont.  de  Savoie  -  Voi.  7,  pag.  6-1. 

(2)  Id.  id.  »    lU      »    220. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.   RABUT  261 

Tous  les  mots  de  cette  legende  sont  séparés  par  des  fleurs  à  6  pétales  qui  rem- 
placent  les  points  :  un  gros  cordon  fleuronné  enveloppe  le  tout. 

Planche  IV,  fig.  n"  38. 

Dessiné  d'après  une  empreinte  de  notre  collection  prise  sur  la  matrice  en  cuivre. 

La  famille  piémontaise  de  Valpergue  portait:  Fasce  d'or  et  de  gueules  de  six 
pièces  à  la  lìlante  de  chanvre  nrrachée  de  sinopie  brochant  sur  le  tout.  Besson  dit 
avoir  tu:   la  piante  de  chanvre  de  trois  branches  de  sinopie  feuilUe  d'argent. 

Francois  Hyacinthe  de  Valpergue  appartenait  à  une  des  plus  illustres  familles  du 
Piémont  :  Il  était  fils  de  Francois  Louis  comte  de  Masin  et  de  Fran^oise  Marie  Chris- 
tine de  Simiane  fille  du  marquis  de  Pianezza. 

Il  fit  des  études  de  théologie  à  Paris  où  il  prit  le  grade  de  docteur:  TI  re?ut 
de  Louis  XIV  l'abbaye  de  S'-  Pierre  de  Chàlon.  Kentré  en  Piémont ,  il  fut  nommé 
aumònier  de  la  Kégente  S.  A.  R.  Jeanne  Baptiste  de  Savoie-Nemours  qui  administrait 
pour  son  fils  Victor  Amedée  II.  Il  fut  appelé  à  l'évéché  de  S-Jean  de  Maurienne 
en  1687,  prcta  sermcnt  a  rf.  A.  R.  pour  les  biens  et  fiefs  de  l'évèclié  le  8  Septembre 
1687,  et  le  mois  suivant  prit  possession  de  son  siége  qu'il  occupa  pendant  près  de 
50  ans,  jusqu'à  sa  mort  arrivée  le  7  Septembre  1736.  Il  avait  fait  rebatir  en  1694 
le  cbàteau  d'Aiton  où  il  aimait  à  séjoumer  volontiers. 

Par  son  testament  qu'il  avait  fait  quelques  jours  seulement  avant  sa  mort ,  il 
légue  divcrscs  sommes  à  son  église  et  à  son  cliapitre.  Son  oraison  funebre  prononcée 
par  le  P.  Castagneri  de  Chàteauneuf,  préfet  du  couvent  des  jésuites  de  Chambéri,  a 
été  imprimée  à  Lyon  en   1736  chez  Henry  Declaustre. 

Mgr.  de  Valpergue  se  servait  pour  les  actes  courans  de  son  évéché  (coUation  de 
grades,  etc.  )  d'un  petit  sceau  tout  à  fait  semblable  pour  le  type  à  celui  que  nous 
venons  de  décrii-e,  mais  sans  legende.  Nous  avons  vu  plusieurs  de  ces  actes  datés  du 
prieuré  d'Aiton  et  suiinonté  des  armes.  gravées  sur  bois,  du  Prélat,  mais  alors  avec 
des  houppes  d'évèque. 

Ignace  Dominique  Grisella  de  Rosignan. 

1741  -  1746. 

Sceau  ovale  de  47   millim. 

Typc  :  Ai'mes  du  Prélat  dans  uu  cartouche  derrière  lequel  passent,  en  sautoir,  une 
eresse  et  une  épée  qui  soutient  une  mitre.  Au  dessus  du  cartouche  ,  une  couronne 
ducale:  au  dessous,  pend  une  médaille  représentant  l'Annonciation  ;  chapeau  et  houppe 
d'évèque. 

Legende:  ICNAT  •  GRISELLA  EX   MAR  •  ROS   •  EPISCOPVS  ■  MAVRIANENSIS 

ET  PRINCEPS. 

Planche  IV,  fig.  n°  39. 

Ce  sceau  se  trouve  plaqué  au  bas  de  patentes  qui  nomment  l'avocat  Jean  Domi- 
nique Guy  d'Ai've  jugo  de  toutes  les  terres  de  l'évéché  de  Maurienne,  sous  date  du 


262  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEDX 

20  Juin  1756  (1).  Les  armes  des  Grisella  marquis  de  Kosignan  sont:  d'argent  au 
chàtean  d'or  entouré  de  deux  hranches  de  groseilìcr  de  sinopie  qui  sont  pnssérs 
en  saxdoir  en  pointe.  La  figure  de  rAiiuonciation  au  bas  de  l'écu  rappelle  que  le 
Prélat  était  membre  de  l'Ordre  de  l'Annonciade ,  dont  il  a  été  chancelier. 

Mgr.  de  Kosignan  fut  nommé  évèque  par  le  roi  de  Sardaigne ,  au  mois  de 
Mars  1741,  après  une  vacance  du  siége  de  5  ans.  Son  ministère  fut  troublé  par 
l'occupation  espagnole  de  1742  a  1748.  En  174!>,  il  commenda  ses  visites  pastorales. 
Il  eut  beaucoup  de  tracas  avec  son  chapitre  et  mourut  d'une  attaque  d'apoplexie  le 
22   Septembre   1756. 

Charles  Filippa  de  Martiniana. 

1757-1779. 

Sceau  ovale  de  50   niillim. 

Type:  Armes  du  Prélat:  Echiqueté  d'or  et  de  sable  dans  un  caiiouche  surmonté 
d'une  couronne  ducale,  de  la  mitre  et  de  la  crosse  passées  en  sautoir,  avec  une  épée  dont 
la  garde  apparait  au  bas  du  cartouche  à  scnestre.   Chapeau  et  houppes  d'archevèque. 

Legende:      ^    CAR  •  FILIPPA  •  EX  •  COMIT  •  MARTINIANE  •  EPISC  • 

MAVRIANENSIS  •  ET-  PRINC 

Pianelle  IV,  fig.  n"  ^0 

Ce  sceau  se  trouve  au  bas  d'un  acte  de  mise  en  possession  de  la  prévoté  de 
N.  D.  du  Mont-Cenis  pour  l'abbé  Victor  Amé  Petitti  de  Koret,  abbé  de  Sixt.  né  à 
Chambéri,  mais  originaire  de  Clierasco,  présente  par  le  Eoi.  Cet  acte  est  du  31  Juillet 
1773  (2). 

Mgr.  Filippa  fut  nommé  évèque  de  Maurienne  par  le  roi  Charles  Emmanuel  HI 
le  25  Mai  1757:  Cette  nomination  fut  approuvée  par  le  Pape  et  le  Prélat  prit 
possession  de  son  siége  le  21  Aoùt;  il  fit  rebàtir  presque  en  entier  son  palais  épis- 
copal  dans  le  gout  italieii  et  entr'autres  la  fagade  ,  le  grand  escalier  et  la  grande 
salle  qui  le  suit  et  où  sont  peintes  les  armes  de  l'évéque. 

Il  fut  le  dernier  des  évèques  de  S'-Jean  à  prendre  le  ti  tre  de  prince  de  Mau- 
rienne. En  1768,  le  9  Février,  il  cèda  au  roi  tout  ce  qui  lui  restait  de  juridiction 
temporelle  sur  la  ville  et  dans  d'autres  paroisses  ;  et  il  reQut,  en  écliange ,  pour  lui 
et  ses  successeurs  une  pension  annuelle  de  2000  livres  et  le  titre  de  prince  d'Aigue- 
belle,  qu'ont  porte  jusqu'à  nos  jours  les  évèques  de  Maurienne. 

Charles  Joseph  Filippa  de  Martiniana  regut  de  Victor  Amédée  III  la  riche  abbaye 
de  Casanova  et  peu  après  fut  nommé  Cardinal  par  Pie  VI  au  mois  de  Juin  1778. 
L'année  suivante,  il  fut  transféré  à  l'évèchó  de  Verceil  au  mois  de  Juillet  et  remplacó 
à  S-Jean  de  Maurienne  par  Charles  Josepli  de  Brichanteau. 

Le  Cardinal  de  Martiniana  assista  au  conclave  de  1800  où  il  eut  quelques  voix 
pour  la  papauté  et  mourut  le   7   Décembre   1802. 


(1)  Archw.  de  V Economat  gt'nr'rnl  à  Turin. 

(2)  Ibidem  -  Prev^itó  du  Montcenis. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.  RABUT  263 


B.    ÉTÉQUES    DE    GENÈVE  ET   D'ANNECI 


Aymon  de  Grandson. 

1251. 

Sceau  ogival  de   56   millim.   avec  contresceau  ogival  de   42   millim. 
Type  :  Le  Prélat  debout,  mitre,  avec  la  chasuble  et  le  pallium,  bénissant  de  la 
main  droite  et  tenant  de  la  gauche  une  crossa  tournée  en  dedans. 
Legende  :  en  capitales  gotbiques  : 

....  AVmONIS    G€BeN  .  .  .  €CCLeSie  €PI 
Sigillum  Aimonis  gebennensis  ecclesie  episcopi. 

Au  revers  est  empreint  un  contrescel,  de  mème  forme,  mais  plus  petit.  Le  type 
en  est  semblable,  sauf  que  le  Prélat,  au  lieu  de  tenir  la  eresse  droite,  à  coté  de  lui, 
la  tient  inclinée  et  appuyée  sur  son  épaule. 

Legende:  ....  A^TllONlS  •  GeB€NN  •  GPI 

Plancbo  IV,  fig.  n"  41  et  42. 

Ce  joli  sceau  en  ciré  noiràtre  pend  par  une  bande  du  parchemin  à  l'acte  de 
donation  faite  par  Aimon  de  Faucigny  à  Pierre  de  Savoie,  à  l'occasion  du  mariage 
de  ce  seigiieur  avec  sa  fille  Agnès.  Cette  cbarte,  corroborée  par  les  sceaux  des  témoins 
Aimon  11  de  Grandson  évéque  de  Genève  et  PieiTe  évèque  d'Herfort,  est  du  20  Aoùt 
1251    (1). 

Le  plus  ancien  évèque  de  Genève  dont  l'existence  soit  constatée,  vivait  au  milieu 
du  V^  siècle:  c'était  Tévéque  Isaac  (2).  Avec  ce  point  de  départ,  Aimon  de  Grandson 
serait  le  08"  Prélat  de  ce  siége  épiscopal  qu'il  occupa  de  1215  à  1260,  très-longtems 
comme  l'on  voit.  11  fut  le  deriiier  évéque  de  Genève  élu  par  le  peuple  et  le  clergé.  Ses 
successeurs  furent  ,  en  conformité  d'une  décision  du  concile  de  Latran  ,  élus  par  le 
chapitre  seul,  en  attendant  que  les  Papes  s'attribuent  le  droit  de  nomination. 

L'ancienne  famille  hélvétique  de  Grandson  portait  les  armes  suivantes  :  Palle 
d'argcnt  et  d'azwr  de  6  picces  à  la  bande  de  gaeales  brochant  sur  le  tout  et  chargé 
de  trois  coqiiilles  d'or,  avec  la  devise  à  petite  cloche  grand  son.  Guicbenon,  dans 
l'histoire  de  la  Eresse,  dit  que  les  coquilles  sont  de  sable. 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Mariages  -  Paquet  2,  n.  2.  —  Nous  donnerons  plus  loin  le  sceau  de 
l'éyèquo  d'Rrford,  parrai  ceux  des  évèques  étrangers.  Cette  charte  a  été  publiée  par  Guichenon  et  aussi 
dans  les  Monumenta  hisl.  patr. 

(2)  Regeste  genevois,  pag.  478. 


264  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    EELIGIEUX 

Aimon  (le  Grandsou  était  fils  d'Ebal  seigneor  de  Grandson  et  de  la  Sarraz.  Il 
était  sous  diacre  à  Lausanne  en  1210  et  chantre  du  Chapitre  de  la  méme  ville  en 
1212:  Il  résigna  ses  fonctions  d'évéque  en  12G0  et  mourut  deux  ans  après.  C'était 
un  homme  de  talent,  un  peu  mondain,  souvent  en  querelle  ayec  ses  chanoines  et  avec 
le  comtes  de  Genève.  Dix  ans  après  son  avénement  à  l'épiscopat,  il  y  eut  des  plaintes 
contre  lui  et  une  enquéte  fut  ordonnée  par  le  Pape.  Elle  existe  aux  archives  de  Genève 
et  ne  lui  impute  aucun  méfait  grave  ,  mais  un  peu  de  négligence  dans  ses  fonctions 
))astorales  (1). 

En  1219,  l'archevèque  de  Vienne  règia  ,  comme  arbitre ,  une  discussion  entre 
Aimon  de  Grandson  et  Guillaume  comte  de  Genève  ,  relativement  à  leurs  droits  et 
juridictions  respectifs  dans  Genève:  Ce  fut  naturellement  en  faveur  de  l'évèque.  L'a- 
nalyse  de  ce  traité  a  été  donnea  en  note  dans  l'édition  de  l'histoire  de  Genève  de 
Spon,  augmentée    (2). 

Aimon  III  de  Menthonay. 

12(58  et   127:1 

Sceau  ogival  de  50  milUm. 

Type  :  L'évèque  debout  avec  la  mitre,  la  chasuble  et  le  manipule,  bénissant  de 
la  maiu  droite  et  tenant  de  la  gauche  une  crosse  tournée  en  dehors. 
Legende.   En  capitales  gothiques: 

+    S  •  FRIS  HÀYMOIMIS  €PI  CeBCN. 
sigiìlum  fratris  haymonis  episcopi  gebennensis. 

Planche  IV,  fig.  n"  i3. 

Ce  sceau  en  ciré  noii-e  pend  par  une  doublé  bande  du  parchemin  dont  l'une  sort 
au  bas  et  l'autre  au  coté  du  sceau,  au  vidimus  d'une  donation  faite  par  Hugon  comte 
palatin  de  Bourgogne  à  sa  femme  Alix  qui  fut  plus  tard  l'épouse  du  comte  Philippe  1 
de  Savoie.  L'évèque  de  Genève  et  l'archevèque  de  Tarentaise,  Kodolphe,  ont  mis  leur 
sceau  au  bas  de  cotte  charte,  qui  est  du  mois  de  Janvier  1268.  La  donation  de  Hugon 
de  Bourgogne  est  du   l"'  Aoùt   1266   (3). 

Nous  avons  aussi  trouvé  ce  sceau  au  bas  d'un  acte  du  méme  Prélat  de  lannée 
1273  par  lequel  il  donne  acte  de  la  présentatiou  qui  lui  a  été  faite  du  testament 
de  Hugues  de  Confignon  chevalier  et  vidomne  de  Genève  par  son  fils  Vauthier  (4). 
U  manque  à  ce  second  exemplaire  de  notre  sceau  la  partie  inférieure,  mais  le  haut, 
mieux  conserve,  nous  a  permis  de  mettre  au  commencement  de  la  legende  la  petite 
croix  qui  y  figure.  Le  nom  du  Prélat  que  nous  avons  vu  sur  le  sceau  et  le  contre- 


(1)  LuLLiN  ut  Lekort  -  liegeste  genevois. 

(2)  Genève  -  Fabri  et  Barillol,  1730,  in-4''  -  Tom.  1,  pag.  51. 

(3)  Archio.  du  Royaume  -  iMariages  -  Paquet  2,  n°  7. 

(4)  Archives  parlicuUì-res.  -  Comrauniquées  par  le  chev.  Baudi  di  Vesme. 


PAR    A.  DrFOUK    ET    F.  EABUT  2(35 

sceau  d'Aimon  II,  écrit  de  deux  fa^ons  ;  Aymo  et  Aimo,  se  présente  ici  sous  une  3"  forme  : 
Haymo.  Le  mot  fratris  nous  apprend  qu'Aimon  III  avait  été  religieux  régulier:  Besson 
dit  en  effet  qu'il  fut  chanoine  régulier  de  Sixt  en  Faucigny.  Faisons  encore  remarquer 
sur  son  sceau,  que  la  eresse  est  tournée  en  dehors  comme  symbole  de  pouvoir  tem- 
porel  que  ses  successeurs  ont  toujours  continue  à  constatar  par  le  mème  signe. 

Aimon  III,  élu  par  le  Cliapitre  de  la  cathédrale  de  Genève  fut  évèque  de  1268 
à  1275,  année  oìi  il  mourut  subitement  à  Hautecombe  le  26  Novembre.  Comme  les 
évéques  de  ce  temps  ,  il  mit  son  sceau  à  plusieui's  chartes  émanées  des  puissants  de 
l'epoque  et  s'occupa  beaucoup  d'augmenter  les  propriétés  de  l'évèché  dans  les  terri- 
toires  de  Jussy,  de  Salaz   et  ailleurs. 

Robert  II  de  Genève. 

1285. 

Sceau  ogival  de  60  millim. 

Type  :  Le  Prélat  debout  sur  une  console  avec  mitre,  chappe  et  manipule,  bénit. 
et  tient  la  eresse  tournée  en  dehors. 
Legende.  En  capitales  gotliiques  : 

....  ROB€RTI  ■  D€l  •  ORA  ■  €PI  ■  C€B€N€N.  . 
Sigillum  lioherti  Dei  (/ratta  Einscoiìi  Gebennensis. 

Planche  IV,  fig.  n"  H. 

Sceau  en  cii-e  jauno  pendant  par  une  bande  du  velin  au  bas  d'un  ordre  donne 
par  l'Évéque  à  sa  ville  de  Genève  d'observer  le  traité  de  paix  passe  entre  lui  et  le 
Comte  de  Savoie,  donne  à  Genève  le  lendemain  de  la  S'- Michel,  soit  le  30  Septembre 
1285.  Le  traité  est  de  la  veille,  du  29  Septembre  (1).  Ces  deux  pièces  ont  été 
éditées  dans  le  tome  VIII  des  Mdmoires  et  documents  puhliés  par  la  Société  d'his- 
toire  et  d'arcliéologie  de  Genève. 

Kobert  II  était  fils  de  Guillaume  II  comte  de  Genevois  et  d'Alix  de  la  Tour. 
Trois  de  ses  frères  ont  été  évéques  comme  lui  ;  Amédée  évèque  de  Die  ,  dont  nous 
donnerons  le  sceau  plus  loin  ;  Aimon   évèque  de  Viviers   et  Guy  évèque  de  Langres. 

Les  auteurs  varient  sur  la  date  de  son  avénement  à,  l'épiscopat  de  Genève:  Besson 
le  trouve  Évèque  en  1277,  mais  MM.  Lullin  et  Lefort  croient  qu'il  fùt  élu  par  le 
Chapitre  vers  la  fin  de  l'année  1275  (2);  car  il  fit  une  visite  pastorale  en  1276. 
Ce  fut  un  Prélat  très-dévoué  aux  intérèts  de  l'église  et  zélé  réformateur  des  abus  dans 
son  diocèse.  Il  exerga  son  ministèro  jusqu'en  1287,  année  où  il  moui'ut  le  14  Janvier. 
Son  épiscopat  fut  assez  agite.  Il  eut  des  démélés  avec  le  comte  de  Savoie  Amédée  V, 
à  propos  de  la  juridiction  sur  Genève  ,  et  U  se  trouva  mèle  aux  querelles  entre  les 


(Ij  Archiv.  du  Royaume  -  Genève,   l«re  catég."  -  Paquet  4,  n."  6  et  7. 
(2)  Régeste  genevois. 

Serie  II.  To.m.  XXXIV  34 


2G6  SIGILLOGRAPHIE    UE    LA    SAVOIE  SCEAIX    RELIGIEUX 

princes  apanagés  dans  son  diocèse,  le  prince  Louis  de  Savoie  et  son  frère  Amédée  V, 
et  aui  hostilités  entre  les  Maisons  de  Faucigny,  de  Savoie  et  du  Dauphiné. 

Les  armes  des  Comtes  de  Genevois  étaient  :   Équipoìé  d'or  et  d'azur,  ou  mieux 
d'or  à  quatre  points  équipoles  d'azur. 


Guillaume  de  Conflans. 

1290. 

Sceau  ogival  de  65  millim. 

Type:  L'Évèque  debout  avec  mitre,  chasuble  et  manipule,  bénit  de  la  droite  et 
tient  sa  crosso  de  la  main  gauche.  Dans  le  champ,  une  étoile  à  sLs  rais  à  droite  du 
Prélat  et  un  croissant  à  gauche  (1). 

Legende.   En  capitales  gothiques: 

....  GVLLern.  .  .  •  PISCOPI  •  GeB€N€NSlS 

Planche  IV,  fig.  ii"  45. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  par  une  doublé  bande  de  velin  dont  l'une  sort  par 
le  bas  du  sceau  et  l'autre  par  le  coté,  à  un  compromis  passe  à.  Asti  le  19  Septembre 
1290  entre  le  Comte  de  Savoie  et  l'Évèque  de  Genève  au  sujet  du  chàteau  de  l'Ile  (2). 
Le  sceau  de  révé(iue  de  Belley.   Pierre,  avait  aussi   été  mis  au  bas  de  cette  charte. 

Guillaume  de  Conflans  succèda  à  Kobert  II  en  1287,  et  son  épiscopat  finit  en 
1295.  Il  était,  d'après  Besson,  de  la  famille  de  Duing  étabUe  à  Conflans,  au  confluent 
de  l'Arly  et  de  l'Isère,  oìi  notre  Prélat  serait  né.  Besson  nous  apprend  aussi  qu"il  avait 
été  chanoine  de  Lyon.   Ce  fut  un  pasteui-  zélé  pour  l'église  qui  lui    était  confiée. 

A  peine  sur  le  siége  de  Genève,  il  entre  en  lutto  avec  le  Comte  de  Savoie  qui 
avait  pris  possession  du  chàteau  de  l'Ile  ;  il  lance  l'interdit  sur  les  ten-es  d'Amédée  VII 
(lui  en  appello  à  Rome.  Le  débat  se  termine  par  le  traité  au  bas  duquel  pend  le 
sceau  que  nous  publions  et  par  lequel  le  Comte  reste  en  possession  du  vidomnat  de 
Genève  ;  l'Évèque  garde  les  propriétés  des  pécheries  et  des  péages  et  la  question  du 
chàteau  est  renvoyée  à  un  arbitrage.  Le  Comte  continua  à  l'occuper.  En  méme  temps 
les    habitans   de  Genève  s'érigent  en  commune  sous   la    protection    de   la   Maison  de 

Savoie. 

Guillaume  de  Conflans  mit  son  sceau  à  la  fondation  de  la  chartreuse  de  Mélau 
dont  l'acte  a  été  publié  par  Besson  (1292).  Il  mourut  le  2  Mars  d'après  l'obituaire 
manuscrit  de  Sixt  et  l'on  ne  trouve  que  le  2  Mars  1295  entre  la  dernière  charte 
émanée  de  Guillaume,  le  7  Mars  1294  et  la  première  de  son  successeui-  qui  est  du 
10  Juillet  1295  (3).  Besson  s'est  donc  trompé  en  faisant  mouiir  Guillaume  en  1294: 
mais  son  erreur  est  facile  à  comprendi'e. 


(1)  V.  ce  que  nous  avons  dit  précéJemment  à  propos  de  ces  deus  objets,  pag.  lo. 

(2)  Afch:r>.  du  Rotjaume  -  Genèv»,  1"»  catég»  -  l'aquet  4,  ii"  24. 

Cot  acte,  dont  un  uo  iblu  oxista  aux  Archives  de  Genève,  a  été  publié  dans  les  Mémoires  de  la 
Sociétd  d'Uist.  et  dWrch.  de  alle  ville,  Tom.  1,  p.  55,  2«  partio. 

(3)  LuLLiN  et  Lefokt  -  lìej'stc  genevois,  pag.  XO. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.    KABUT  267 

Le  tribunal  de  l'Officialité  de  l'Évéché  de  Genève. 

1290. 

Sceau  rond  de  36  millim.  avec  contresceau  de  méme  forme  de   25   millim. 
Type:  Buste  d'Évéque  mitre,  de  profil  toumé  à  gauche,  devant  lui  une  crosse- 
toui'née  en  dehors. 

Legende:  +      S  •  CVRIE  •  GEBEN  ■   EPISCOPI  • 

Sigillum  curie  gebennensis   episcopi. 

Contrescel:  Le  type  du  contrescel  est  le  mème  ;  seulement  plus  petit:  la  legende  est: 

Hh    S  •  CVRIE    GEBENNENSIS  •  AD  •  CAS- 
Sigillum   curie  gebennensis  ad  causas. 

Planche  IV,  fig.   n»»  46  et  47. 

Ce  sceau  en  ciré  noiràtre  pend  par  un  doublé  cordon  de  soie  verte  et  jaune. 
L'un  des  cordons  sort  au  bas  du  sceau  et  l'autre  par  le  coté.  Ce  sceau  du  tribunal 
du  seigneur  P:véque  de  Genève  est  celui  dout  se  servait  le  juge  ou  officiai  diocésain. 
Nous  l'avons  trouvé  au  bas  d'une  charte  de  1290  par  laquelle  une  donation  faite  à 
l'abbaye  de  Filly  est  authentiquée  nu  con-oborée  par  ce  fonctionnairé  qui  y  a  fait 
mettre  le  sceau  de  la  cour  de  justice  de  l'Évèque  et,  en  contre-sceau,  le  sceau  affecté 
plus  spécialement  aux  actes  judiciaires,  aux  procès,  ari  causns  (1). 

L'abbaye  de  Filly,  en  Chablais,  était  une  maison  de  chanoines  réguliers  de 
S'-Augustin:  Nous  donnerons  plus  loin  le  sceau  dun  de  ces  abbés. 

Martin  de  S'-6ermain. 

1301. 

Sceau  ogival  de  60  millim. 

Type  :  Le  Prélat,  assis  sui-  un  siége  orné  de  deiuc  tètes  danimaux,  bénit  de  la 
main  droite  et  tient  la  crosse  de  la  main  gauche.  Sous  ses  pieds  une  console  de  style 
ogival. 

Legende.  En  capitales  gothiques  entre  deux  cordons: 

....  MARTINI  -GRATIA     D6I     6PI    G€BeNN6NSIS- 

Planche  IV,  fig.  n°  48. 

Ce  joli  sceau,  dont  le  type  et  la  legende  sont  d'un  excellent  dessin,  est  en  ciré 
noiràtre  et  pend  par  une  bande  de  velin  à  la  charte  inèdite  suivante  : 


(!)  Archiv.  da  Roìjaume  -  .\bbave  de  Filly  -  Une  pièce  analogue  et  de  la  mème  année  où  figure 
le  mòme  prieur  de  Filly,  Martin,  a  été  piibliée  dans  les  Mémoires  de  la  Soc.  d'Hist.  et  d'Archéol.  de 
Genève,  Tome  XIV,  pag.  222. 


268  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    KELIGIEUX 

Nos  Martinus  diuina  miseratione  episcopus  gehennensis.  Notum  facimus  tmi- 
uersis  presentes  litteras  inspecturis  quod  nos  liabuimus  et  recepinms  centiim  lihhras 
(/chennensps  a  Bartliolomeo  Barrali  de  Secusia  vicedogno  gebennensi  prò  illustri 
viro  domino  Amedeo  Cornile  Sabaudiae  de  quadam  comj}ositione  fucta  inter  nos  et 
dominum  Comitem  ex  vna  parte  et  dominum  Nycholaum  de  sancto  Germano  legum 
professorem  ex  altera  vice  et  nomine  Guillelmi  prouincialis  ciuis  gehennensis  eo 
quod  dictus  GuiUelmus  inculpahatnr  usiis  fiiisse  de  falsis  monotis  quictantes  et 
uhsohtentes  predictim  dominum  Comitem  et  predictum  Bartìwìomeiim  vicedognnm 
unum  et  de  dictis  centum  libris  datiim  die  sahhati  ante  purificationem  beate  Marie 
Virginis  cum  appositione  sigilli  nostri  anno  domini  M"  CCC  primo  (1). 

L'évèque  Martin  était  d'une  famille  du  Bugey ,  établie  à  Genève  au  1 3*^  siècle.  Il 
était  déjà  prétre  en  12G5  et  chanoine  de  Genève  en  1273.  Il  succèda  à  Guillaume  de 
Conflans  eu  1295  et  son  épiscopat  dui'a  jusqu'en  1303.  Il  était  plus  favorable  à  la 
Maison  de  Savoie  que  son  prédécesseur.  Il  s'occupa  beaucoup  de  la  fabrication  de  ses 
monnoies  qu'il  voulut  étre  de  bon  aloi  et  dont  il  confia  la  fabrication  à  Benjamin 
Thomas  banquier  d'Asti  en  1300.  Il  fonda  dans  sa  cathédrale  une  chapelle  dédiée  il 
son  patron  S'- Martin  (2). 

Guichenon  donne  comma  suit  les  armes  de  la  famille  de  S'-Germain  dans  son 
armorial  de  Eresse  et  Bugey:  d'or  à  une  fasce  de  gueules,  et  pour  cimier  un  dextro- 
chère  arme  tenant  une  épée  haute. 

Aimon  de  Quart. 

1305,    1308. 

Sceau  ogival  de  60   millim. 

Type  :  Le  Prélat  debout  et  bénissant,  dans  une  niche  de  style  ogival.  Dans  le 
champ  du  sceau,  entre  la  niche  et  la  legende,  un  treillage  avec  de  petites  fleurs  dans 
chaque  carré. 


Legende:  S  •  AYfn  .....   D€ EPISCOPI  ■  CeB6N 

Planche  IV,  fig.  n°  49. 

Sceau  de  ciré  jaune  pendant  à  un  doublé  cordon  de  soie  rouge  qui  se  séparé  à 
l'intérieur  et  sont  de  deux  còtés  au  bas  du  sceau.  Nous  avons  trouvé  ce  sceau  au  bas 
de  trois  pièces,  sans  pouvoir  compléter  la  legende  :  aussi  ne  pouvons-nous  dire  si  les 
lettres  de  sont  le  commencement  de  la  formule  DEI  GKATIA,  ce  qui  est  probable, 
ou  de  l'indication  de  la  famille  DE  QUAliTO. 

La  première  pièce  ou  diarte  est  le  compromis  passe  à  Lyon  le  15  Janvier  1305, 
entre  l'Évèque  et  le  Comte    de    Savoie,    par  lequel    ils   nomment   dcs   arbitres  pour 


{I)  Archiv.  du  Royuume  -  Genève,  l'"''''  catég"  -  Paquet  5,  n"  7. 
;2'  Mém.  Soc.  Genève  -  Tome  II,  p.  149,  et  tome  VII,  p.  44  et  83. 
Voir  encore  Bb3son  -  Lefort  et  Ll'i.lin. 


PAR    A.  DUFOUK    ET    F.   RABUT  269 

terminer  leurs  différents  et  entr'autres  Ambiarci  d'Entremont  évéque  de  Maurienne  (1). 
La  seconde  est  la  sentence  arbitrale  prononcée  le  4  AttìI  1308  entre  l'Evèque  et 
Louis  II  de  Savoie  seigneur  de  Vaud  sur  les  différents  qu'ils  avaient  relativement  au 
cours  de  leur  monnaie  (2). 

Aimon  de  Quart  d'une  famille  illustre  de  la  Vallèe  d'Aoste  avait  été  prévòt  de 
l'église  de  Lausanne.  Il  fut  élu  évèque  le  28  Féviier  de  l'année  1304  ;  mais  il  ne 
fut  sacre  que  le  5  Octobre  de  la  méme  année,  et  ce  fut  en  grande  pompe.  Il  mourut 
le  13  Octobre  1311  à  Ivrée  d'une  maladie  qui  l'avait  atteint  à  Brescia  où  il  avait 
accompagné,  en  qualité  de  secrétaii'e,  l'empereur  Henri  VII  de  Luxembourg  qui  allait 
faire  valoir  ses  prétentions  sur  l'Italie.  Il  avait  assistè  au  concile  de  Vienne  en  Dau- 
phinè  tenu  à  la  sollicitation  du  roi  Pbilippe   IV  par  le  pape  Clément  V. 

Son  épiscopat  avait  été  très-agité  par  les  luttes  qui  eurent  lieu  dans  les  pays 
voisins  entre  le  Comte  de  Savoie  d'un  coté  et  les  Comtes  de  Genevois,  les  Sires  de 
Faucigny  et  le  Dauphin  de  l'auti-c,  et  par  les  débats  qu'il  eut  à  soutenir  pour  dé- 
fendre  ses  prérogatives ,  droits  cu  prétentions  contre  les  seigneurs  laics  et  contre  les 
citoyens  de  Genève  (3). 

Pierre  II  de  Faucigny. 

1312  -  1316  -  1319  -  1329. 

Sceau  ogival  de  67  millim. 

Tyjte  :  Dans  une  belle  et  l.irge  nicbe  de  style  ogival,  surmonté  d'un  clocbeton, 
l'Évèque  debout,  mitre,  vètu  de  la  chasuble  et  du  pallium  bénit  de  la  main  droite, 
tient  de  la  gauche  la  crosse  tournée  en  dehors  et  foule  aux  pieds  un  dragon. 

Legende:  S  •  PETRI  ■  061  •  GRATIA  •  6PISCOPI  ■  CeBeNNCNSIS  • 

Planche  IV,  fig.  n»  30. 

Au  revers  du  sceau  est  empreint  un  contresceau  ciixulaire  de  28  mill.  dont  le 
type  est  un  bras  vètu ,  qui  tient  une  crosse  avec  la  legende  en  capitales  gothiques 
comme  pour  le  sceau,  et  entre  deux  filets. 

+   SÉCRCTV  •  P€TRI  •  €PI  •  G€B6NeN. 

Plaucho  IV,  fig.  n"  51. 

Nous  avons  trouvé  plusieurs  fois  ce  sceau  aux  arcbives  du  royaume  ce  qui  nous 
a  permis  d'en  donner  un  dessin  assez  complet  et  la  legende  entière,  les  exemplaires 
se  complètant  les  uns  les  autres,  malgré  leurs  lacunes. 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Genève  -  1*"=  Catég»  -  Paquet   5,  n"  8.  -  Cet  acte  a  étó   publié  dana 
les  Mémoires  de  la  Soc.  d'iiist.  de  Genève,  Tom.  IX,  pag.  239. 

(2)  Ibidem  -  N"  1 1   et  aux  Archio.  de  Genève  -  Publié  par  Spon  et  par  la  Soc.  d'hist.  de  Genève, 
Tome  IX,  pag.  160. 

(3)  V.  Besson,  Blavignac  -  Mallet  -  Lefokt  et  Lullin  -  Spon,  etc. 


270  SIGILLOGKAPHIE    DE    LA    SAVOIE   —   SCEAVX    RELiniEUX 

11  pend  par  un  cordon  de  soie  à  une  transaction  intervenne  le  vendredi  après 
l'Ascension  de  l'an  1310  entre  le  Chapitre  et  le  Comte  Guillaume  de  Genève  et  à 
laquelle  le  Prélat  a  été  prie  de  mettre  son  sceau  pour  la  corroborer  (1).  Il  pend 
aussi  par  une  bande  du  parchemin  à  un  vidimus  de  lettres  par  lesquelles  le  Dauphin, 
le  comte  Édouard  de  Savoie  et  le  Seigneur  de  Beaujeu  se  portent  cautions  envers  dame 
Agnès  de  Chalon  qui  a  prie  le  Prélat  de  mettre  son  sceau  à  cette  transcription.  Ce 
vidimus  est  date  de  Chaumont  le  mardi  après  Pàques  de  l'année  1312  (2).  Le  mot 
secret  uni,  «lue  nous  rencontrons  ici  pour  la  première  fois,  figure  souvent  dans  les  con- 
tresceaux.  Le  di-agon  sous  les  pieds  de  l'Évéque  représent«  les  ennemis  du  Prélat,  ceux 
qui   iiiinoient  ses  priviléges,  ou  les  hérétiques. 

Pendant  les  (juerelles  qui  ont  suivi  la  démolition  de  la  maison-forte  de  Genève 
■par  les  gens  du  Corate  de  Savoie ,  il  est  intervenu  un  certain  nombre  d"actes  litigieux 
que  l'évèque  Pierre  de  Faucigny  a  fait  authentiquer  avec  son  sceau  ad  cattsas,  employé 
ordinairement  dans  les  affaires  judiciaires:  voici  la  description  dece  joli  petit  sceau. 

Sceau  ogival  de  45  millim. 

Tyi)e  :  le  Prélat  debout.  sur  une  console,  bénissant  et  tonant  la  crosse.  Dans 
le  clianip,  il  droite,  une  clef  posée  en  pai. 

Legende:  P€TRI  •  061  •  ORA  ■  €P SIS-  AD  •  CAVSAS  ■ 

Sigilhtm  Fefri  Dei  grafia  episcopi  gehennensis  ad  caiisas. 

Planche  IV,  fig.  n°  52. 

Sceau  de  ciré  jaune  pendant  par  une  doublé  bande  ilu  velin  à  une  quittance 
de  Pierre  II  au  comte  Édouard  de  l'iudemnité  payée  pour  la  démolitiou  de  la  maison- 
forte,  du  9  Janvier  1319  (3).  Nous  l'avons  aussi  vu  au  bas  d'une  procuration  du 
G  Janvier  1329  passée  par  le  Prélat  à  son  frère  Jaques  de  Faucigny  prévòt  du  Cha- 
pitre de  Genève  pour  transiger  avec  le  Comte  de  Savoie,  encore  relativement  à  cette 
affaire  de  la  maison-forte  (4). 

La  petite  clef  qui  figure  à  coté  de  TÉvèque  rappelle  le  patron  du  diocèse, 
S'-PieiTe,  dout  deux  clefs  sont  l'attribut;  mais,  étant  seule,  elle  pourrait  bien  étre 
un  témoignage  du  droit  que  l'Évèque  de  Genève  avait  de  posseder  une  prison  episcopale  ; 
elle  serait  alors  le  signe  de  sa  liaute  juridiction  criminelle. 

Pierre  de  Faucigny  fut  élu  le  4  Décembre  1311  et  moui-ut  le  28  Mars  1342. 
après  un  long  épiscopat  de  31  ans.  Il  avait  été  prévòt  de  la  catliédrale  de  Genève, 
fonctions  qui  passèrent  ensuite  à  son  frère  .Jaques.  Le  fait  k-  plus  saillant  qui  se  soit 
produit  pendant  que  Pierre  II  était  évéque  de  Genève  est  la  démolition  par  les  gens 
du  Comte  de  Savoie  du  chàteau  que  Guillaume  III  comte  de  Genève  possédait  dans 
cette  ville  à  l'entrée  du  bourg  de  Four  et  quii  avait  cède  au  Prélat.  Le  comte 
Édouard  fut  excommunié  et  l'interdit  lancée  contre  Genève  par  l'Évèque  qui    s'était 


(1)  Archic.  du  Royaume  -  Genève  -  4»«<«  Catóg»  -  Paquet  1,  n"  10;  et  i*«  Catég*  -  Paquet  5,  n»  \<J. 

(2)  Ibid.  Duché  Gonevois  -  Paquet  3,  n"  24. 

(3)  Ibid.  GenBve  -  )*"  Catég«.  -  Paquet  .5.  n°  17. 

(4)  lliid.  III.  ..  ■■       6,    ..    13. 


PAR    A.   DUFOIR    ET    F.   RABUT  271 

retiré  dans  son  cliàteau  de  Tlay  (1).  Pien-e  II  fit  constmire  un  hòpital  pour  les 
femmes  atteintes  par  la  peste  ;  cette  maison  fut  ensuite  donnea  aux  religieuses  de 
S'^'-Claire. 

Il  fut  créé  par  le  Dauphin  de  Vienne,  qui  était  co-seigneur  de  Faucigny,  premier 
conseiller  poui-  le  baiUage  de  ce  noni.  Besson  a  publié  un  acte  du  premier  Octobre 
1335  par  lequel  ce  Prélat  cédait  au  Dauphin  de  Vienne  la  suzeraineté  de  plusieurs 
terres  et  cliàteaux  pour  lesquels  le  Comte  de  Genève  lui  devait  et  lui  refusait  l'hom- 
mage  (2). 

Alamand  de  S'-Jéoire. 

134G. 

Sceau  ogival  de  55  millim. 

Typc  :  S'-Pierre  debout,  nimbé  et  tenant  une  clef  et  un  livre,  dans  une  niche 
de  style  ogiyal  dont  le  fond  est  quadrillé.  Au  dessous,  sous  une  arcature  à  plein 
cintre,  le  Prélat  agenouillé ,  mitre  et  les  mains  jointes ,  la  tète  levée  vers  le  patron 
du  diocèse. 

Legende.    En  gotliiciuo  majuscule  : 

....    LAMAmDI  DC  SAJTO   IORIO  D€l  GRATIA   epl  GeBCNCN  . 
SigiUmn  Alamandi  de  ÌSancio  Jorio  Dei  grutia  Episcopi  gehennensis. 

Planche  V,  fig.  n"  53. 

Ce  sceau  en  ciré  noire  pend  par  une  bande  du  volin  A.  un  compromis  du  1 9  Mai 
1346  entre  le  comte  Amédée  de  Savoie,  assistè  de  Louis  de  Savoie  et  d'Amédée  de 
Genève  ses  tuteurs  et  l'évéque  Alamand  sur  des  diflférents  relatifs  à  la  juridiction  dans 
la  ville  de  Genève  (3). 

Alamand.  d'une  ancienne  famille  du  Faucigny  éteinte  depuis  longtemps,  fut  sacre 
Evéque  ,  suivant  les  uns  en  1342,  suivant  d'autres  en  1343  par  l'arclievéque  de 
Vienne  Bertrand  et  mourut  en   1366. 

Ce  fut  pendant  son  épiscopat  quo  l'empereur  Charles  IV  passa  par  la  Savoie 
pour  se  rendre  auprès  du  Pape  à  Avignon  et  donna  au  corate  Amédée  VI  à  Cham- 
béri,  le  22  Mai  1365,  le  titre  de  Vicaire  de  l'enipii-e,  titre  d"où  les  Princes  de  Savoie 
ont  fait  dériver  leurs  droits  teniporels  sur  Genève. 

Ces  Alamand  étaient  ils  un  rameau  des  Alamand  du  Dauphiné  ?  on  l'ignore. 
Quelles  étaient  leurs  armes  ?  Blavignac  Icur  donne  celles  de  S'-Jéoire  de  gueules  att 
smiioir  d'or.  Besson  les  donne  de  deux  fa^ons  dans  son  annorial  manuscrit  ;  une  fois  : 
de  sahlp  au  lion  d'or  à  la  bande  de  gueiilrs  hrochant  sur  le  touf  :  et  ailleurs  : 
de  gueules  à  trois  tétes  de  clieval  d'argent  en  faisant  remarquer  que  Charles  Auguste 


(1)  V.  SpoN  et  Besson. 

(2)  Besson,  Preuves,  n°  83. 

(3)  Archiv.  du  Royaume  -  Geaève  -  Paquet  6,  n°  i3. 


272  SIGILLOGBAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    REI.IGIEUX 

de  Sales  dit  :  3  heaumes  cVuryent.  11  est  bien  regi-ettable  que  notre  Évèque  n"ait  pas 
mis  ses  armcs  sur  son  sceau.  11  était  riclie  saus  doute,  car  il  a  fait,  nous  dit  Bcsson, 
de  nombreuses  fondations  de  chapelles,  chapelains  et  lampes  dans  l'église  cathédrale 
de  Genève. 

Chapitre  de  l'église  de  Genève. 

XV''    SIÈCLE. 

Sceau  rond  de  33  millim. 

Type  :  Deux  clefs  passées  en  sautoir  et  liées  par  un  cordon  qui  part  de  leurs 
anneaux  :  au  dessus  une  étoile  à  six  rais. 
Legende.    En  gothique  ciirsive: 

Sigillum  capititll  rcflfaic  ©fbfncntì. 

Planche  V,    fig.  n"  54. 

La  matrice  de  ce  sceau  est  au  Musée  d'Anneci.  Une  empreinte  nous  à  été  com- 
muniquée  par  M'  Eloi  Serand.  Un  sceau  semblable  mais  d'un  dessin  différent  et  dont 
la  legende  est  d'un  caractère  plus  ancien  a  été  publié  par  M'  Blavignac  (1).  Le 
nòtre  paraìt  ùtre  du  xv  siècle  et  aura  été  apportò  à  Anneci  lorsque  l'Evèque  et  le 
Chapitre  de  Genève  se  réfugièrent  dans  cette  ville  en  1535.  Le  tj^pe  de  ces  deux  sceaux 
présente  les  armes  du  Chapitre  de  Téglise  de  S'- Pierre  de  Genève.  Nous  les  avons 
trouvé  blasonnées  :  De  gueules  à  deux  clefs  d'or  xìosées  en  sautoir.  Les  deux  sceaux 
nous  les  montrent  plus  complètes  et  on  pourrait  les  décrire  ainsi  :  De  gueules  à  deux 
clefs  d'or  passées  en  sautoir  et  liées  de.  . .  .  accomjìagnées  en  chef  d'une  étoile  à  sijc 
rais  d'or. 

Chapitre  de  Genève. 

1317. 

Sceau  ogival  de  (35  niillini. 

JV/j)e  ;  Un  bras  vètu  issant  de  gauche  et  tenant  deux  clefs  posées  en  pai,  dont 
les  pemies  sont  en  haut  et  dont  les  anneaux  sont  de  forme  differente,  l'un  rond,  l'autre 
carré  tenant  à  la  tige  par  un  angle. 

Legende.  En  capitales  gothiiiues  : 

ICILVm  :  CAPII..  LI  ;  G€B6NN6NSIS  . 

manche  V,  fig.  ii"  5.'). 

Nous  avons  trouvé  ce  sceau  sur  plusieurs  actes,  entr'autres,  sur  une  transaction 
entre  le  dauphin  Hugues  seigneur  de  Faucigny  et  le  Chapitre  do  Genève  relativemcnt 
à  leur  juridiction  sur  quelques  terres  du  i'aucigny  :   Vetraz,   Jlonthouz,  etc.   (2). 


(1)  V.  Spo.N  et  Besson. 

(2j  Archie.  du  Roi/aume  -  Province  de  Genevois  -  Ternier  -  I^aquel  35,  n"  G  et  12. 


PAK   A.    DUFOUR    ET    F.    RABUT  273 

Ce  bras  est  évidemmeut  celui  de  S'-Pierre  qui  était  le  patron  du  diocèse.  Ce  sont 
les  insignes  ou  armes  du  Chapitre  dans  lesquels  les  clefs  sont  de  metal  différent:  une 
d'or,  l'autre  d'argent.  Sur  notre  sceau  où  il  n'y  a  pas  d'email  indiqué,  on  a  cependant 
différencié  les  deux  clefs  par  la  forme  diverse  de   leurs  pennes  et  de  leurs  anneaux. 

Un  sceau  du  Chapitre  de  Genève,  semblable  à  celui-ci  pour  le  type  et  la  legende, 
mais  de  forme  ogivale  plus  aigue  et  appartenant  au  siècle  précédent,  xiii  siècle,  a  été 
publié  par  M''  Blavignac  dans  son  armorial  genevois.   Fig.    38. 


Officiante  du  Tribunal  de  Genève. 

1419. 

Sceau    rond  de   33  millim. 

Type  :  Buste  de  S'-Pierre  dans  un  édicule  ogival  et  au  dessous  un  écu,  dont  les 
meubles  sont  une  bande  et  une  bordure,  surmonté  d'une  petite  croix  à  trois  branches. 

Legende:  S  •  OFFKIALATVS  ■  CVRIE  ■  GEBENNENSIS  . 

Pianelle  V,  fig.  n"  56. 

Une  bande  du  parchemin  d'un  vidimus  du  20  Juin  1419  d'une  charte  de  Beatrix, 
dame  de  Faucigny.  soutient  ce  sceau  de  ciré  noire  dont  nous  avons  pù  compléter  la 
legende  au  moyen  des  divers  exemplaires  que  nous  avons  rencontrés. 

Nous  l'avons  rencontré  sur  un  autrc  vidimus,  de  méme  date,  d'une  charte  d'in- 
feudation  en  faveur  de  Girard  seigneur  de  Ternier. 

L'officiai  qui  a  délivró  et  scellé  ces  vidimus  est  le  chanoine  Jean  de  Lantenay. 
Nous  ne  pensons  pas  que  ce  soit  son  écu  qui  figure  sur  ce  sceau,  nous  pensons  plutòt 
que  ces  armes  sont  celles  de  l'évèque  Pierre  II  à  cause  de  la  croix  episcopale  qui 
surmonté  l'écu. 

Jean    de   Bertrand. 

1411   -   1413. 

Sceau  ogival  de  83  millim. 

Type:  S'-Pierre  assis  et  nimbé  ,  tenant  les  deux  clefs,  sous  un  édicule  ogival 
surmonté  d'un  clocheton  très-orné.  De  chaque  coté  de  cette  construction,  deux  autres 
édicules  composés  d'un  de  en  magonnerie  de  quatre  colonnes  et  d'un  toit  à  deux  pans, 
abritent  deux  anges  à  genoux  tournés  vers  la  figure  principale.  Au  dessous  de  la  grande 
niche,  une  autre  niche  à  pans  coupés  entoure  le  Prélat  mitre,  agenouillé,  les  mains 
jointes  et  retenant  sa  eresse  contre  sa  poitrine  :  à  droite  et  à  gauche  un  écu  ogival 
aux  armes  du  Prélat,    Un   lion  rampunt. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV  3-5 


274  SKIILLOGHAI'HIE    UK    LA    SAVOIE    —    SCEAl'X  RELIGIEUX 

Legende.  En  gothique,  majuscules  : 

S  :  lOhlS  :  D€  :  BGRTRAVJDIS  :  D6I  :  ORA  :  CPl  :  C€BeNN€N  : 
€T  :  PRINCIPIS  • 

Planche  V,    fig.    n"  57. 

Ce  sceau  a  cela  de  particulier  qu'il  est  empreint  sur  une  couche  de  ciré  rouge 
appliquée  sur  de  la  ciré  jaune.  Il  pend  par  des  cordons  de  soie  rouge  à  un  vidimus 
du  5  Mai  1411  du  testament  de  Pierre  comte  de  Genève  de  l'année  1392  24  Mars  (1). 

Ce  beau  sceau  est  tout-à-fait  semblable  à  celui  «lue  nous  avons  décrit  précédem- 
ment  et  qui  a  appartenu  au  mème  personnage  alors  qu'il  était  Ai'chevéque  de  Tarentaise. 
Il  était  évidemmeut  dù  au  mème  artiste  dont  le  nom  nous  est  inconnu. 

Jean  de  Bertrand,  dont  nous  avons  déjà  parie,  a  occupé  le  siége  de  Genève  de 
1408  à  1418,  c'est-à-dire  jusqu'à  sa  nomination  à  Farchevèché  de  Tarentaise.  Pendant 
son  épiscopat.  il  fit  apposer  son  sceau  à  l'acte  de  fondation  des  chanoines  réguliers 
de  S'-Augustin  de  Ripaille  du  23  Aviil  1411;  il  accompagna  l'empereui-  Sigismond 
en  Espagne  en   1415  et  il  assista  au  Concile  de  Constance. 

Nous  avons  dù  faire  connaìtre  un  autre  sceau  du  mème  Prélat. 

Sceau  rond  de   36   millim. 

Type  :  Buste  de  S'-Pierrc  dans  une  niche  ogivale  accostée  de  deus  autres  édicules 
dans  lesquels  on  voit  les  bustes  de  deux  anges  de  profil  regardant  le  Saint.  Dans  le 
bas,  un  écu  ogival  aux  armes  du  Prélat,  surmonté  d'une  crosse. 

Legende.    En  capitale  gothique: 

S  •  IO  •  D  ■  BCRTRANDIS  ■  DEI  ■  GRA  •  6PI  ■  GeB€N  • 
Pianelle  V,    fig.  u"  58. 

Ce  sceau  en  ciré  rouge  pend  par  une  targe  bande  de  vélin  à  un  acte  du  P  Mai 
1413  (2),  par  lequel  l'Évéque  reconnaìt  et  accepte  la  protestation  faite  par  Pierre  de 
Verbouz,  abbé  d'Entremont,  par  laquelle  il  déclare  ne  pas  entendi-e  renoncer  à  ses  droits 
et  priviléges  en  assistant  au  synode  ,  citra  lyrcjndicntm  et  lesionem  priuiìegiorum 
suorum  et  dicti  sui  monasterii.  Plus  tard,  en  effet,  le  2  Mai  1420,  Ponce  de  Haut- 
villars,  conservateur  de  l'ordre  de  S'-Euff.  lan^ait  un  monitoire  dans  lequel,  en  vertu 
des  priviléges  de  l'abbaye  d'Entremont,  il  ordonnait  à  l'Évéque  de  Genève,  sous  peinc 
d'excommunication,  de  s'abstenir  de  tout  acte  qui  porterait  atteinte  à  sa  juridiction. 

L'acte  cité  se  termine  par  ces  mots  :   Bntnm   in  prioratu   S""    Victor is 

nostre  cittiintis  Gehennrsii.  .  .  .  sub  sigillo  ìutstro  rotondo  (3),  sceau.  dont  le  Prélat 
se  servait  sans  doute  poiir  les  objets  de  moindre  intérét  pour  lesquels  il  n'usait  pa-s 
de  son  grand  sceau  ogival  et  pimr  lesquels  la  bande  du  parchemin  rerapla^ait  les 
cordons  de  soie. 


(f)  Archiv.  du  Royaumi:  -  Duchu  flenevois  -  Paquet  9,  n"  5. 

(2)  Archic.  du  Royaume  -  Abbaye  (l'r)ntremoiit  -  Paquet  1,  n"  ... 

(3)  Ce  inèrae  sceau  so  voit  encore  dans  des  actes  de  1412  et  1414.  Genève  -  l*rc  Catóg*.  -  Paquet  7, 
n"  14  et  IH. 


PAR    A.    DTFOUR    ET    F.   RABUT  275 

Amédée  de  Savoie. 

Officiante  de  Vévéché  de   Genève. 

1445. 

Sceau  rond  de  40   millim. 

Type  :  Dans  une  niche  ogivale ,  le  buste  de  S'-Pien-e  et  au  dessous  un  écu  aur 
armes  de  l'évèché,  deux  clefs  passées  en  sautoir. 
Legende.   En  gothique  cursive  : 

6  •  officialatutì  •  ffcUtìif  •  cjfbfuncn  • 
au  revers  un   contresceau  très-petit  et   rond    porte  seulement  deux    clefs   en   sautoir. 

Planche  V,   fig.  n"'  59  et  60. 

Ce  sceau,  qui  appartient  au  commencement  de  la  période  pendant  laquelle  Amé- 
dée Vili  de  Savoie,  pape  sous  le  nom  de  Felix  V,  fut  administrateur  de  l'église  de 
Genève  (1444-1450)  avec  Jean  de  Grolée  pour  grand  vicaire ,  pend  par  une  large 
bande  du  parchemin  au  vidimus  d'une  charte  par  laquelle  le  roi  René  d'Anjou  as- 
signe  un  douaire  à  Marguerite  de  Savoie  veuve  de  .son  frère  Louis,  le  28  Janvier  1437. 
Le  vidimus  est  dii  4  Juin   1445    et  il  est  attesté  par   l'officiai  Jean  de  Marie  (1). 

Jean  de  Savoie. 

1517. 

Sceau  ovale  de  20  millim. 

Type:  Écu  de  Savoie  avec  la  barre,  surmonté  d'une  crosse  et  d'une   mitre. 

Legende:  SPES  MEA   DNS 

Spes    me  a    Dominus. 
Planche  V,    fig.  n°  61. 

Plaqué  au  bas  d'une  déclaration  de  ce  Prélat  que,  par  la  gràce  qu'il  avait  ac- 
cordée  au  nommé  Tissot,  qui  avait  été  condamné  à  étre  pendu,  il  n'avait  pas  prétendu 
préjudicier  à  l'autorité  du  Due. 

Jean  Francois  de  Savoie  était  un  bàtard  de  l'évèque  Francois  de  Savoie,  fìls 
du  due  Louis.  Il  avait  été  chanoine  de  Turin,  vicaire-général  de  Genève  et  fut  promu 
à  l'épiscopat  en  1513.  Il  mourut  en  1522  dans  l'abbaye  de  Pignerol  dont  il  était 
abbé  commendataire  perpétuel. 


(I)  Archiv.  du  Royaume  -  Mariages  -  Paquet  10,  n.  y. 


276  SIGII.LOORAPHIE    DE    I.A    SAVOIE  SCEAIX    KEI.IGIEUX 

FranQois   Bachod. 

1567. 

Petit  sceau  ovale  de   14  niillim. 

Type:  Les  armes  du  Prélat:  d'azur  à  uve  montagne  à  trois  coupeaux  d'or 
atirmontée  d'tinc  ('toìic  à  six  7-ois  de  mime  en  chef  accostée  de  deìix  croisettes  d'ar- 
gent,  dans  un  cartouche  timbré  d'une  mitre. 

Legende:  FRAN  ■  BACHODI  •  EPS  •  GEBENNE  ■ 

Planche  V,  fig.  n°  62. 

Ce  petit  sceau  qui  servait  au  Prélat  de  cachet  pour  sa  correspondance  se  voit 
en  placard  sur  une  lettre  écrite  au  Due  de  Savoie  et  datée  d'Anneci  le  5  Septembre 
1567   (1).   Il  est  imprimé  sur  ciré  rouge  recouverte  de  papier. 

On  sait  qu'en  1535,  Genève  secoua,  à  la  fois.  la  domination  de  son  Évèque 
et  celle  du  Due  de  Savoie,  et  que  dès  lors  PieiTe  IV  de  la  Baume  se  réfugia  a  Anneci 
oà  le  clergé  résida  dès-lors,  jusqu'à  la  revolution  fran^aise.  Francois  III  de  Bachod 
était  son  troisième  successeur.  Originaire  du  Bugey ,  il  était  abbé  d'Ambronay  et  de 
S'-Rambert  dans  ce  pays.  Besson  nous  apprend  qu'il  a  été  familier  et  commcnsal 
du  pape  Paul  III.  creò  chevalier  et  comte  Palatiu  par  Charles  V.  Il,fut  évécjue  de  1556 
à  1568.  Il  mourat  cette  année  là  le  premier  Juillet,  à  Turin  et  fut  enseveli  dans  la 
cathédrale  où  on  lui  eleva  un  tombeau  de  marbré  blanc.  Il  a  assistè  au  Concile  de 
Trente.  Le  pi'ésident  Favi'e  fait  son  éloge  en  quelques  ligiies  éloquentes  dans  son  code  (2) 
et  Guichenon  a  donne  la  genealogie  de  sa  faiuille  dans  son  histoire  de  la  Bresse  et 
du  Bugey. 

Ange    Justinien. 

157(1. 

Cachet  ovale  de   30  millim. 

Type:  Les  armes  du  Prélat  :  Clidteau  gibcllin  ù  (rais  tours  d'argent  fiur  un  chnmp 
d'azur  et  un  chef  d'or  avec  un  aigle  issant  de  sabìe,  dans  un  cartouche  sui-monté 
d'une  mitre  soutenue  par  un  bàton  dont  l'extrémité  inférieure  paraìt  au  bas  du  cartouche. 

Legende:      F  •  ANGELVS  ■  JVSTINIANVS  •  EPISCOPVS  •  E  •  PR  •  GEBEN- 
Fruter  Angelus  Jusfinianus  episcopus  et  prìnceps  gehennensis. 

Plancho  V,    fig.  n"  63. 

Ce  petit  sceau  est  applique  au  bas  d'une  lettre  du  Prélat.  sous  date  du  1 1 
Février  1576  adressée  d'Anneci  au  Due  de  Savoie  et  qui  mérite  d'étre  reproduite 
ici  à  l'honneur  de  cet  Evéque  (3): 


())  Archiv.  du  Royaume  -  Lettres  des  Évòques  -  Genève. 

(2;  Liv.  I,  tit.  I,  pag.  •-'.".,  éililioii   17-10. 

;3;  Archiv.  du  Royautue  -  Lettres  des  Évèques  -  Genève,  l.")70. 


PAR    A.   DVFOUK    ET    F.   RABUT  277 

«  V  altezza  si  maraviglicrà  chr  io  la  venglii  supplicare  di  picola  gratta, 
»  i  poveri  ne  richiedono  ben  (V assai  minori  al  sig.  Iddio.  Io  mi  son  preso  cura 
»  di  mandar  il  fitto  del  priorato  di  Pellionay  a  monsig''  il  Card'  di  Vercelli,  Et 
»   a  questo  fine  e  per  soccorrer   qualche   miei  necessitosi,  ho  mandato  a  Ckiamberi 

»   circa   3500  fiorini  moneta  di  Savoja et  ho  trovato  che  è  prohihito  mandar 

»  simili  monete  in  Piemonte  e  di  piii  che  li  sig'  della  Camera  mi  dicono  tiolerli 
»  ritener  per  il  servizio  di  V.  A.  et  darmi  testoni  del  He.  .  .  la  supplico,  ordinj.  .  . 
»    che  per  questa  volta   tanfo   lascino  jw.ssffr   la  soprad"  somma   »... 

De  Nissy   11   Février   1576. 

Ange  Justinieu  ou  mieux  Angelo  Giustiniani  était  d'une  ancienne  famille  génoise 
en  possession  do  la  principauté  de  Cliio  où  il  nacqiiit  en  l.")20.  Le  titre  qu'il  con- 
serve humblement  sur  son  cachet  de  Frater  nous  rappelle  qu'il  fut  d'abord  religieux 
Franciscain  de  l'observance. 

Il  assista  au  Concile  de  Trenta  corame  premier  docteur  en  théologie  de  ^on  Ordre. 
et  au  coUoque  de  Poissy.  choisi  par  le  roi  de  France  Charles  IX.  Il  fut  nommé 
évèque  de  Genève  en  1568  par  le  I3uc  de  Savoie  et  s'appliqua  ti  préserver  son  diocèse 
du  Calvinisme.  Les  embarras  qu'il  éprouva  méme  de  la  part  de  son  clergé  le  déter- 
minèrent  à  renoncer  à  l'épiscopat  en  1579.  Il  permuta  catte  année  là  avec  le  prieur 
de  Talloires,  Claude  da  Granier.  Mais  il  voulut  en  vain  réfonner  la  maison;  il  eut 
ancore  plus  de  contraiiétés  à  cssuyer  de  la  part  des  moines  de  Talloires  et  aussi  de 
celle  de  l'abbé  commendataire  Charles  de  La  Toui-,  que  de  celle  du  clergé  séculier, 
et  il  renon^a  au  pricuré  pour  se  retirer  à  Gènes  où  il  mourut  en  1596,  le  22  Février. 
S'-Fran^ois  de  Sales  lui  consacre  un  long  article  élogieux  dans  la  préface  de  son  rituel. 

Claude  de  Granier. 

1587. 

Cachet  ovale  de  30  millim. 

Ti/2)f  •■  Armes  du  Prélat  :  de  sahle  à  trois  croix  tr('ftces  au  )ìicd  fiche'  d'nrgcnt, 
dans  un  cartouche  surmonté  d'une  mitre. 

Legende:      <§j    C  •  DE  •  GRANIER  ■  EPS  ■  ET  •  PRIN  •  GEBEN  ■ 

Planche  V,  fig.  n°  64. 

Empreint  sur  ciré  rouge  recouverte  de  papier,  au  bas  d'une  lettre  du  19  Juin 
1587  (1). 

Claude  de  Granier  était  fils  do  Bernardin  de  Granier  maitre  d'hotel  de  Jaques 
de  Savoie  Nemours.  Il  fut  uovice  au  couvent  de  Talloires  et  prieur  commendataire 
de  cette  maison  à  l'àge  de  16  ans.  Nous  savons,  qu'ayant  éprouvé  des  résistances  opi- 
niàtres  dans  les  tentatives  de  réforme  du  monastère,  il  cèda  la  place  à  Ange  Justi- 
nien  et  qu'il  vint  occuper  le  siége  d'Anneci  en  1579.  Il  mourut  en  1602.  Sa  vie 
à  été  écrite  par  Constantin  de  Magny  et  imprimée  à  Lyon  en   1640. 


(I)  Archiv.  du  Royaume  -  Lettres  des  Évèques. 


-278  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAIX    KELItìlEUX 

S^-Fraii90is   de    Sales. 

1G02-1G22. 

Sceau  rond  de  49   millim. 

Type:  Les  armes  de  la  famille  de  Sales,  dans  un  écu  ogival  sumionté  d'une 
mitre  et  d'une  eresse ,  et  soutenu  par  une  doublé  branche  de  laurier. 

Legende:  FRANC  •  DE  •  SALES  ■  EPS  ■  ET  ■  PRINCEPS  •  GEBENN  • 

Plancho  V,    fig.   n»  65. 

Notre  dessin  a  été  fait  d'après  une  einpreinte  en  ciré  rouge  du  sceau  matrice 
eu  cuivre  qui  appartieni  à  M''  le  comte  Eugène  de  Roussy  de  Sales. 

Les  armes  de  la  famille  de  Sales  sont,  d'après  les  meilleui's  héraldistes  et  entr'autres 
Charles  Auguste  de  Sales:  d'azitr  à  deux  fasces  de  guenìes  horddcs  d'or,  ou  bieu  à 
deux  fasces  d'or  chargees  de  deux  fasces  de  gueuìes,  (tccompagnc'es  d'un  croissant 
d'or  en  cJief  et  de  deux  etoiles  à  6  rais  de  mcme,  une  en  tthijnie  et  l'autre  en  pointe. 
Sur  nóti'e  sceau,  les  étoiles  sont  à  5  rais  :  ces  erreurs  sont  très-fréquentes  et  nous 
les  l'etrouvons  encore  sur  un  petit  sceau  anépigraphe  dont  le  Prélat  s'est  servi  lorsqu'il 
n'était  que  prévòt  de  Genève.  Ce  petit  sceau  rond  ne;  présente  (jue  les  armes  de 
Sales  dans  un  cartouche  très-simple  et  dont  nous  donnons  le  dessin. 

Planche  V,  fig.  n"  6t>. 

Il  se  trouve  sur  un  lettre  écrite  par  le  prévòt  Fi'an(;ois  de  Sales  au  due  Cltarles 
Emmanuel  I  le  27   Scptembre   1599   (1). 

Mais,  sur  un  autre  petit  sceau  ovale  dont  S'-Fran^ois  de  Sales  se  servait  pendant 
son  èpiscopat,  les  étoiles  sont  à   6  rais. 

Ovale  de  22   millim. 

Type:  Armes  de   Sales  dans  un  écu  ovale  surmonté  d'une  mitre. 

Legende:  FRANC  •  DE  •  SALES  •  EPS  •  ET  •  PRINCEPS  •  CEBEN  • 

Planche  V,    fig.  n"  67. 

Nous  l'avons  trouvé  sur  une  lettre  originale  du  Prélat  adressée  d'Anneci  au  Due 
de  Savoie  le  7   Octobre   1()13  (2). 

Que  dire  de  S'-Fran^ois  de  Sales  qui  n'ait  été  dit  et  redit.  Successivement  béa- 
tifié  et  canonisé  au  1 1"  siècle,  il  vient  d'ètre  mis  tout  récemment  au  rang  des  docteurs 
de  l'Eglise,  1878.  A  cette  occasion,  la  Société  Florimontane  a  reproduit  le  testtiment 
du  Saint  dans  un  article  où  la  questiou  des  armoiries  de  Sales  a  été  traitée  d'une 
fa^on  assez  fantaisiste  (3). 


(1  )  Archiv.  du  Royaume  -  Lettres  originales  de  S'-Fran^ois  de  Sales. 

(2)  Ibid.  id. 

(3)  Revue  Savoisienne,  1878,  pag.  54. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.   RABUT  279 

Jean  Frangois  de  Sales. 

1622-1635. 

Sceau  ovale  de  38  millim. 

Type  :  Un  écu  en  accolade  écartelé  aux  V^  et  4"  quartiers  des  armes  de  Sionnaz- 
Vallières;  aux  2^  et  3'  de  celles  de  Kichard  de  la  Thuile  et  sur  le  tout  en  abjrme 
de  Sales:  sur  l'écu,  une  couronne  ducale;  autour  de  l'écu,  le  Collier  de  l'Annonciade: 
Le  tout  enfermé  dans  le  chapeau,  les  houppes  en  nombre  exagéré  et  deux  petites  palmes. 
Pas  de  legende:  un  gi'enetis  seulement. 

Empreinte  prise  sur  la  matrice  que  possedè  le  Musée  d'Anneci. 

Planche  V,    fig.  n°  68. 

La  présence  du  Collier  autour  de  l'écu  permet  d'attribuer  sùrement  ce  sceau  à 
l'évèque  Jean  Francois  de  Sales,  frère  et  successeur  de  S'-Fran^ois,  car  il  a  été  chevalier 
et  cbancelier  de  l'Ordre  de  l'Annonciade  ,  tandis  que  son  prédécesseur  et  son  neveu 
Charles  Auguste,  qui  furent  aussi  Evéques  de  Genève,  n'ont  pas  été  décorés  de  cet  Ordre. 

Jean  Francois  de  Sales  avait  été  d'abord  capucin,  puis  cbanoine  et  cbantre  de 
la  catbédrale  de  Genève,  il  avait  été  suffragant  de  son  frère  avec  le  titre  d'évéque 
de  Calcédoiue  en  1621,  et  lui  succèda  en  1622  et  mourut  en  163'».  Il  avait  été 
conseiller  d'État  et  giand  auinònier  du  Due.  Son  dévouement  à  Anneci  pendant  les 
pestes  de   1629   et   1630   avait  été  très-remarqué. 

Nous  pensons  (lue  la  couronne  ducale  qui  sui-niontc  lécu  est  là  pour  rappeler 
sa  dignité  de  grand  aumònier  de  la  Cour.  Quant  aux  armes,  dont  il  a  écartelé  son 
écu,  ce  sont  armes  d'alliance.  La  mère  de  Jean  Francois  de  Sales  était  une  demoiselle 
Frangoise  de  Sioiinaz-Vallièros.  La  famille  Sionnaz  dans  laquelle  avaient  fini  les  fa- 
milles  Vallières  et  Richard  de  la  Thuile  écartelait  ses  armes  comme  sur  notre  sceau. 
savok  aux  V  et  4"  de  sablc  mi  ìyon  d'or  arme  lampassd  et  couronne  d'azur  (jui 
est  de  Sionnaz,  le  dit  ìyon  entrelassé  dans  les  trois  bandes  d'ar^ew^  des  Vallières; 
aux  2'  et  d'  d'argent  à  la  croix  de  sable  cantonnéc  de  quatre  fleiirs  de  lys  de, 
gueules,  armes  des  Richard  de  la  Thuile   (1). 

Vacance   du  siége. 

1637. 

Sceau  ogival  de  85  millim. 

Type:  S'-Pierre  debout  tenant  une  clef  et  un  livi'e  eutre  deux  colonnes  en  forme 
de  balustres  ornées  qui  supportent  un  fronton  triangulaire.  Au  dessous  un  écu  aux  armes 
de  l'évéché  :   2   clefs  en  sautoir. 


(1)  Besson  ,  Armorial  manuscrit. 


280  SlOILLOfiKAVHIE    I>E    l.A    SAVOIE   SCEAVX    KELIGIEUX 

Legende:      S  •  SANCII  •  PETRI  •  VICARIATVS  ■  ET-  EPATVS  •  GEBEN  . 

Pianelle   V,  fig.  n"  O'J. 

Sceau  en  placarci  sur  cke  rouge  recouverte  de  papier  au  bas  d'un  acte  du  3 
Avril  1G37  par  lequel  le  vicaire  g('uéral  de  róvéché  de  Genève  Pierre  Franc^ois  Jai, 
en  latin  Jaius,  agit  comme  commissaire  apostolique  pour  l'exécutiou  de  bulles  relatives 
à  la  coUation  du  prieuré  de  S" -Laurent  de  Chindrieux  à  Louis  de  Gerbaix  et  à  l'annotation 
des  conventions  quii  avait  faites  avec  le  couvent  de  Talloires  (1).  Le  chanoine  Pierre 
FrangoLs  Jai  était  docteur  en  théologie  et  archidiacre.  11  fut  cliantre  du  Cliapitre  en 
1(555  (2).    11  mourut  d'une  chute  en    lUOO. 

Juste  Guerin. 

1G42. 

Petit  sceau  ovale  de  20  millim. 

Tf/j)?;  Arnies  du  Prélat  :  iVargent  à  un  arbre  de  sinopie  sur  un  Urruin  de 
ménte  au  chef  d'azur  chargc  de  cinq  étoiles  d'or  posees  2,  3,  dans  un  écu  ovale 
surinonté  d'une  mitre  et  d'une  crosse  entre  lesquelles  se  voit  une  petite  étoile.  Plus  liaut. 
un  chapeau  avec  des  cordons  -X  une  seule  liouppe. 

Pas  de  legende. 

Plancho  V,  fig.  n"  70. 

Plaqué  en  ciré  rouge  sur  une  lettre  datée  d'Anneci  le  20  Juiii  1()42  et  adressée  au 
marquis  de  S'- Thomas  pour  obtenii-  Tautorisation  à  ses  fenniers  d'exporter  300  coupes 
de  froment  et  000   coupes  d'avoine  (3):   elle  est  signée  Jusfe  ]'J.  de  Genere  indigne. 

Né  à  Tramoy,  près  de  Montluel  en  Bugey,  don  Guerin  se  fit  barnabite  en  1600; 
il  fut  confesseur  des  Princesses  de  Savoie,  viiit  fonder  des  maisons  de  son  ordre  à 
Aimeci  et  à  Thonon  et  n'accepta  quo  sur  les  instances  do  Jladame  Koyale  et  sui'  les 
ordres  du  Pape  l'évéché  de  Genève  en  1639.  Il  mourut  a  Rumilly  en  1645  et  fut 
enseveli  en  l'èglise  des  Capucins.  Sa  vie  a  été  écrite  par  le  Barnabite  don  Maurice 
Ai'pand  et  imprimée  à  Anneci  en   1678. 

Jean   d'Arenthon    d'Alex. 

1673-1676. 

Petit  sceau  ovale  de  20  millim. 

T7//>«.*  Armes  du  Prélat:  Bmidé  d'argrìit  et  de  gueules ,  dans  un  écu  en  ac- 
colade  surmonté  d'une  couronue  ducale  d'où  sortent  une  mitre  et  une  crosse.  Cbapeau 
d'Évéque  avec  ses  houppes. 

Pas  de  legende. 


(1)  Archio.  du  Royaume  -  Prieuré  de  Chindrieux  -  Paquet  6,  n"  1'. 

{i)  BessO.n,  Mémoires  eccUsiastiques. 

(3)  Archiv.  ilu  Roijnutìie  -  Lottres  des  Kvequos  -  Genove. 


PAR    A.    DUFOUR    ET    F.   RABUT  281 

Planche  V,  fig.  n"  71. 

Plaqué  sur  des  lettres  du  Prélat  adressées  à  S.  A.  E.  pendant  les  années  1673- 
1(376   (1). 

Jean  d'Arentlion  fils  de  Jaques  d'Arenthon  seigneur  d'Alex  d"une  famiUe  issue 
de  celle  des  barons  de  Faucigny  nacquit  en  1620,  fut  ordonné  en  1644,  clianoine 
de  Genève  en  1649,  nommé  Évéque  en  1660  et  sacre  en  1661.  Il  mourut  le  17 
Juillet  1695.  Sa  vie  a  été  écrite  par  le  general  des  Chartreux  F.  Innocent.  Elle  a 
été  imprimée  à  Lyon  chez  Francois  Comba  en  1698  en  un  in-8°  de  26  pages  non 
fbiffrées  et  de  592  cbiff. ,  orné  d'un  poi'trait  du  Prélat  grave  par  Bouchet  d'après  le 
portrait  ad  vivimi  de  J.  de  la  Monce.  Le  méme  auteur,  Lemasson  Innocent,  a  publié 
en  1699  à  Chambéri,  chez  Jean  Gorrin.  un  autre  volume  in-S"  intitulé:  Éclaircisse- 
viPììf;  sur  la  rie  de  Messire  Jean  d'Arantlion  d'Alex  Évéque,  etc. 

Besson  consacre  un  long  article  à  co  Prélat  dans  ses  mémoircs  pour  l'iiistoire 
ecclésiastique. 

Ce  fut  pendant  son  épiscopat  qu'eui'ent  lieu  à,  Anneci  les  solemnités  de  la  ca- 
nonisation  de  S'-Frangois  de  Sales  en  1666.  Kappelons  encore  qu'il  s'entendit  avec 
Louis  XIV  pour  persécuter  les  protestants  dans  le  pays  de  Gex,  et  qu'il  fit  pour  cela 
deux  voyages  en  Franco.  C'était  un  bibliopbile  qui  encouragea  son  imprimeur  Jaques 
Clerc  à  bien  faire. 

Michel  Gabriel  de  Rossillon  de  Bernez. 

1699. 

Petit  sceau  ovale  de   1 7  millim. 

Type  :  ce  sceau  anépigraphe  montre  un  petit  cartouche  aux  armes  de  la  famille 
de  Kossillon  ou  Kossillion  de  Bernex:  de  salde  à  la  croix  d'argent  avec  couronne, 
mitre,  crosso,  chapeau  et  bouppes  d'Arcbévéque. 

Le  Musée  d'Anneci  possedè  le  sceau  matrice. 

Planche   V,   fig.  n»   72. 

Michel  Gabriel  de  Kossillon  se  servait  aussi  d'un  sceau  plus  petit  quo  nous 
avons  retrouvé,  en  assez  mauvais  état,  sur  l'enveloppe  d'une  lettre  qu'il  adi-essait  au 
Due  de  Savoie  le  26  Décembre  1699  au  sujet  de  Madame  la  Princesse  de  SoLssons 
et  de  la  Princesse  de  Carignan  ses  fiUes,  toutes  deux  soeurs  du  célèbre  princo  Eugène 
et  filles  d'Eugène  Comte  de  Savoie-Soissons  et  d'Olympe  Mancini   (2). 

Michel  Gabriel  de  Kossillon  de  Bernex  nacquit  :i  Chateau-l)lanc  près  de  Genève 
de  l'ancienne  Maison  de  Kossillon  au  pays  de  Gex  et  fut  le  demier  représentant  de 
cotte  famille.  Il  entra  jeune  au  couvent  de  S'-Antoine  en  Daupliiné,  fut  ordonné 
prètre  on  1681  et  nommé  Évéque  de  Genève  en  1697  après  une  vacance  de  deux 
ans  qui  suivit  la  mort  de  son  prédécesseur  Jean  d'Arenthon.  Il  mourut  à  Anneci 
en   1734.   Il  avait  refusé  en   1713  l'archevèché  de  Tarentaise. 


(1;  Archio.  du  Roi/aume  -  Lettres  des  Évèques  -  Genève. 
(2)  Archiv.  du  R'oyaume  -  Lettres  des  Evèques. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV  36 


282  SlGII.r.OfiKAl'HIE    UE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Lcs  Jésuites  de  la  Roche,  le  P.  liomeville  entr'autres ,  lui  causèrent  des  em- 
barras  en  lójiandaiit  le  bruit  qu'il  s'opórait  des  mii'acles  dans  leur  chapelle  par 
l'intercession  de  S'-Fran^ois  Xavier.  11  fit  à  l'occasion  de  ces  prétendus  miracles  une 
lettre  pastorale  célèbre  imprimée  en  1702.  Cesi  entra  ses  mains  que  Madame 
de  Varens  abjura  le  protestantisme. 

Sa  vie,  écrite  par  M'  Boudet  chanoine  de  S'-Antoine,  a  été  imprimée  à  Paris 
en  1750  en  un  volume  in-12°.  orné  de  figures;  son  oraison  funebre,  prononcée  par 
le  chanoine  de  Beimcvix,  a  été  imprimée  à  Anneci  par  Jean  Baptiste  Burdet.  in-8\ 

Officiante  du  diocèse  de  Genève. 

1760. 

Sceau  rond  de   40   millini. 

Typr:  Buste  de  S -PieiTC  au  dessus  d'un  écu  aux  armes  de  l'évèché  les  clefs 
cn  sautoir. 

Légendr  : 

S  ■  S  •  P  •  VI  •  ET  •  OFF  •  EPTVS  •  CEBEN  • 

Sigiììum   Sancii  Pctri  vicariatus  et  officiaìatus  rptscojHitus  gehennensis. 

Cette  legende  en  capitales  romaines  est  inserite  sur  un  philactère  dont  les  deux 
extrémités  em-oulées  se  voient  de  chaque  coté  de  la  téte  du  saint.  Le  graveui-  à  mis, 
par  erreur.   un  point  entro  les  lettres  V  et  1.  initiales  du  mot  vicariatus. 

•  Planche    V,   fig.  n"  7o. 

Ce  sceau  (1)  en  placard  sur  ciré  recouverte  de  papier  est  au  bas  d'une  at- 
testation  donnée  le  24  Mai  17(50  par  le  chanoine  Michel  Conseil .  vicaire  general 
et  officiai  du  diocèse,  qui  sera  plus  tard  premier  Evéque  de  Chambéri. 

Jean  Pierre  Biord. 

1764-1785. 

Sceau  rolli]   de   45   millim. 

Tyjìc:  Armes  de  la  famillo  du  Prélat  :  De  giieuìcs  au  croissant  d'argent,  au 
clirf  d'or  rluirgr  d'un  a/gir  rplogr  de  gueuìrs ,  dans  un  cartouche  surmonté  d'une 
couronne,  d'une  mitre  et  d'une  crosse  et  soutenu  de  deux  branches  de  palmier.  Cha- 
peau  et  houppes  d'Archevóque. 

Lc'grndr  : 

JOH  •  PET  •  EPISCOPVS  •  ET  ■  PRINCEPS  •  GENEVENSIS- 
F'ianche   V,  fig.  n"  74. 

La  famillo  Biord  est  du  Faucigny.  Le  pere  de  nótre  Prélat  était  seigneur  de 
Seynod  et  de  Chàteauvieux,  terres  qui  fui-ent  érigées  en  Comté  en  favcur  du  sénateur 


(1:  Coli.   !•'.   Kahut. 


FAK    A.    DITOUR    ET    F.   RABUT  283 

Paul  Josepli  Biord,  fière  da  Pivlat.  eii  17  76.  L'évéque  J.  P.  Biord  est  né  a  Chà- 
tillon  en  Faucigny  le  10  Octobre  1719,  quoique  son  pere  Joseph  Biord,  et  sa  mère 
Claudine  de  Thiollaz  eussent  leur  domicile  ordinaire  à  Samoèns.  11  fut  Évèque  d'An- 
neci  de   1764  à   1785.   Il  mourut  le   7   Mars   1785. 

Il  avait  fait  ses  premières  études  à  Thonon  et  appris  la  tliéologie  à  Paris. 
L'Archevéque  de  cette  ville  le  nomina  cure  de  la  S  '"-Ohapelle.  Il  fut  plus  tard  cha- 
noine  de  Genève,  vicaire  general,  prieur  de  Douvaine  et  ensuite  Évéque. 

Pendant  son  épiscopat,  il  essaya  inutilement  de  convertir  Voltaù-e  et  il  obtint  la 
canonisation  de  S '^-Jeanne  Frangoise  Frémiot  de  Chantal  en  1768.  Sa  correspondance 
avec  Voltaire  a  été  publiée  en    1775. 

Outre  ses  ceuvres  pastorales,  on  a  de  lui  une  oraison  funebre  de  Louis  XV  im- 
primée  à  Turin  en  deux  formats  et  celle  de  Charles  Emmanuel  III  restée  à  l'état 
de  manuscrit.  On  a  un  petit  portrait  de  Mgr.  Biord  gi-avé  à  Paris  par  Quenedey. 
Grillet  lui  a  consacré  un  long  article  dans  son  dictionnaire,  au  mot  Smnorns. 

Le  successeur  de  Mgr.  Biord  fut  Joseph  Marie  Paget.  qui  fut  Évéque  de  1785 
à  1802,  epoque  à  laquelle  il  donna  sa  démission,  à  la  suite  du  concordat.  et  dont 
nous  n'avons  pas  retrouvé  le  sceau:  L'évéché  fut  alors  réuni  à  celui  de  Chambéri  et 
la  Savoie  n'eut  qu'un  seul  Prélat  jusqu'en  1822.  Cette  aniiée-là.  le  15  Février,  fut 
créé  l'Evèché  d'Anneci.  Nous  donnons  ici,  à  la  suite  de  ceux  des  Évéques  de  Genève, 
les  sceaux  que  nous  avons  rencontrés  des  titulaires  de  ce  nouveau  siége  épiscopal. 

Claude  Franfois   de  Thiollaz 

KVÉQUE     d'aXXECI 

1826. 

Petit  sceau  ovale  de  35   millim. 

Typi':  Armes  de  la  famille  de  TliioUaz:  ile  gufuìps  ù  un  aiglon  d'anjent  ac- 
coììipagné  de  dcux  ctuiles  d'or  cu  chef,  dans  un  cartouche  surmonté  d'une  couronne 
de  comte,  d'une  mitre  et  d'une  crosse;  chapeau  et  houppes  d'Archevéque. 

Pas  de  legende. 

Ce  sceau  est  plaqué  au  bas  d'un  actc.  par  lequel  l'Évòque  institue  les  40  heui-es 
dans  l'église  do  S -Nicolas -la-C hapelle  et  (jui  est  date  d'Anneci    14  Septembre  1826. 

Hlanche  VI,  fig.  n"  75. 

Mgr.  de  Thiollai:  a  été  évéijne  d'Anneci  de  1822  à  1832.  Il  était  fils  de 
l'ran^ois  De  Thiollaz  et  de  Louise  de  la  Faverge  de  Cormand,  et  était  né  le  8  Avril 
1752  à  Chaumont.  Élève  du  Collège  d'Anneci,  il  avait  fait  sa  théologie  à  Paris  et 
avait  été  vicaire  general  du  diocèse  de  Genève,  prévót  et  vicaii-e  general  du  diocèse 
de  Chambéri  après  le  rétablissement  du  eulte.  Prisonnier  pendant  la  première  répu- 
blique,  il  avait  été  délivré  par  le  dévouemout  d'un  nommé  Matliieu  d'Anneci  et  était 
venu  a  Lausanne  en  1793.  Son  oraison  funebre  a  été  prononcée,  par  l'abbé  Challamet 
et  imprimée  par  A.   Burdet  en   1832. 


284  bKilLLOGRAPHIE    PE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Pierre    Joseph    Rey. 

1832-1842. 

Sceau  ovale  de  39  millim.  sans  legende. 

Type:  Armes  assez  peu  héraldiques  du  Prélat:  d'asur  à  une  croix  monvant  de 
la  pointe  cantre  laqueUe  est  (q)imy&  une  ancre,  et  à  sénestre  nne  chajielìe  sur  un 
tertre.  L'écu  est  surmouté  d'une  couronne  de  comte  ,  d'une  mitre,  d'une  crosse  et 
d'une  croix  tréflée  ;  le  chapeau  épiscopal  avec  les  houppes  entoure  le  tout.  Au  bas  de 
l'écu  pend  la  crobc  de  l'Ordre  des  Ss.  Maurice  et  Lazare  et  plus  bas  sui"  une  ban- 
deroUe  on  lit  la  devise:  Arma  Potentia  Beo. 

l'ianche  VI,  fig.  q"  76. 

Le  sceau  matrice  dont  nous  avons  relevé  une  empreinte  appartieni  au  Musée  de 
Chambéri. 

Nous  renvoyons,  poui-  les  détails  relatifs  à  ce  Prélat,  à  la  notice  biograpliique 
publiée  par  le  chanoine  Ruffin  en  1858.  Disons  seulement  ici  qu'il  a  fait  ses  études 
chez  les  Barnabites  do  Thonon.  Il  était  au  séminaii-e  en  1793,  et  fut  envoyé  professer 
la  pliilosopbio  à  Tliouon,  mais  il  partit  bientòt  poiu-  le  Piémont  ;  il  revint  en  Savoie, 
pendant  le  Dii'ectoire,  fut  envoyó  comme  missionaii'c  à  Bellevaux  en  Chablais.  Devenu 
ensuite  vicaire  de  l'égUse  cathédi-ale  de  Chambéri,  puis  chanoine,  il  se  fait  une  ré- 
putation  comme  prédicateui".  11  est  nommé  Evéque  de  Piguerol  en  1824,  Evèque 
d'Anneci  en  1832  et  meurt  en  1842.  Il  était  conseiller  d'Etat  et  gi-and  cordon  de 
rOrdre  des  Ss.  Maurice  et  Lazare. 

On  a  de  lui,  entr'autres,  l'oraisou  funebre  de  Chai'les  Emmanuel  IV  prononcéc 
à  Chambéri  le  Itì  Décembre  1819  (1),  celle  de  Victor  Emmanuel  I  prononcée  à 
Chambéri  en  1824  (2),  cello  de  Louis  XVIII  prononcé  à  Turin  en  1824  alors  qu'il 
était  déjà  Evèque  de  Pignerol  (3). 

Louis   Rendu. 

1843-1859. 

Sceau  rond  de  53  millim. 

Type:  Ecu  aux  armes  de  l' Evéque:  d'azur  à  deux  gerbes  d'or  passées  en  sautoir 
soutennnt  une  croix  d'argrnt;  au  dessus  la  devise:  Tout  à  Tous  sur  une  banderole 
d'où  sortent  la  croix  episcopale,  la  mitre  et  la  crosse.  Au  bas  de  l'écu  peudent  les 
croix  du  Mèrito  civil  et  des  Ss.  Maurice  et  Lazai'e.  Chapeau  et  houppes  d'Archevéque. 


(1)  Gorrin  et  Routin  iraprimaurs,  in--!",  1819. 
('<!)  Id.  id. 

(3)  Turin,  Imprimerin  Royale,  in-4"'. 


PAR    A.  DUFOUR    ET    F.   RABUT  28S 

Legende  : 

LVDOVICVS   RENDV   ANNECIENSIS    EPISCOPVS 
Planche   VI,    fig.  ii"  77. 

Décrit  et  déssiné  d'après  une  empreinte  du  sceau  matrice  en  cmvi'e  communiquée 
par  le  conservateur  du  Musée  de  Chambéri.  Mgr.  liendu  se  servait  aussi  d'un  sceau 
plus  petit  et  ovale  aux  mémes  type  et  legende  qu'il  faisait  plaquer  sur  des  actes 
de  moindre  importance.  Il  se  servait  aussi  sur  les  feuilles  de  sa  correspondance  or- 
dinaire  d'un  timbre  sec  dans  le  mème   gout. 

Louis  Eendu  est  né  en  1792  à  Meyrin  dans  le  pays  de  Gex  :  Il  a  fait  ses 
premières  études  avec  son  cui-é,   puis  au  collège  de  Chambéri. 

Il  a  été,  à  la  restauration,  professeur  de  pbysique  au  collège  de  Chambéri,  puis 
directeui'  de  cet  établissement.  Elu  membre  de  l'Académie  de  Savoie,  il  en  à  été 
quelque  temps  secrétaire  perpétuel.  Ecrivain  fécond,  il  a  laissé,  outre  ses  travaux  pas- 
toraux,  des  mémoires  sur  la  physique,  la  geologie,  la  philosophie,  la  politique,  l'eco- 
nomie politique ,  des  oraisons  funèbres  et  méme  des  poésies ,  etc.  Il  fut  nommé 
chanoine  en  1839.  Nommé  Evèque  d'Anneci  par  buUes  du  15  Février  1843,  et  sacre 
le  9  Avril  suivant,  il  préta  serment  le  22  Aviil  et  fut  mis  en  possession  du  siége 
deux  jours  après.  Entré  à  Anneci  le  3  Mai  1843,  il  y  est  mort  le  28  Aoùt  1859. 
iprès  les  réformes,  il  a  été  un  des  premiers  à  renier  les  princes  de  la  Maison  de 
Savoie  qui  l'avaicnt  cependant  comblé  de  bienfaits  :  son  portrait  peint  par  B.  Claris 
a  été  admirablement  reproduit  par  la  lithographie  de   J.   Hebert. 

Vacance    du  siége. 

Sceau  ovale   de   42   millim. 

Type:   S '-Pierre  debout,   uimbé,  tenant  les  clefs  et  uu  livi-c,  un  raanipule  sur  le 
bras  gauche:  sous  ses  pieds  un  écu  aux  armes  de  l'évéché,  celles  de  l'évéché  de  Genève. 
Legende  : 

SIGIL  ■  EPISC  •  OLIM  •  GEBEN  ■  NVNC  •  ANNECIENSIS  • 
Planche   VI ,  fig.  n"  78. 

Empreinte  du  sceau  matrice  qui  est  au  Musée  d'Anneci  et  qui  nous  a  été  com- 
muniquée imr  M"  Éloi  Sérand. 

Ce  sceau  est  sans  aucun  doute  celui  dont  s'est  servi  le  Chapitre  d'Anneci  administrant 
pendant  l'intervalle  écoulé  entre  la  mort  d'un  Prélat  et  l'installation  de  son  successeui-. 

On  volt,  dans  la  legende  ,  l'intention  de  considérer  l'évéché  d'Anneci  comme  la 
continuation  de  celui  de  Genève  ;  cela  apparali  encore  davantage  dans  le  sceau  suivant. 

Officiante  de  l'Évèché  d'Anneci. 

Sceau  ovale  de   60   millim. 

Type:  S'-Pien-e  debout  comme  dans  le  sceau  précédent,  dans  un  édicule  com- 
pose de  deux  colonnes  d'ordre  corinthien  avec  fronton,  console  renversée  et  vases 
ardents.   Au  dessus  les  armes  de  l'évéché. 


286  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SOEAIX    KELIGIEUX 

Legende  : 

SICIL  •  ANTIQ  •  PRA^TORII  •  CANCEL  •  EPISCOP  •  OLIM  •  CEBEN 
NVNC-  ANNECIENSIS  • 

Sigiìlnm  antiqui  praetorii  cancellarii  episcopatus 
oliin  Gebennensis  nunc  Anneciensis. 

Planche  VI,  fig.  ii»  79. 

Le   sceau  matrice    est    au   Musée   d'Anneci  :    M  '  Serand  nous    en    a  donne  une 
empreinte  que  reproduit  nótre  dessin. 

C.    ÉVÈQUES    DE    CHAMBÉRI 


Michel   Conseil. 

1780-1793. 

Sceau  rond  de  46  millim. 

Type:  Les  armes  du  Prélat:  d'uznr  au  lion  d'or,  au  chef  cousu  de  gneìdes  à 
l'étoile  d'or,  dans  un  cartouche  suimonté  d'une  couronne  ducale,  d'une  mitre  et  d'une 
Grosse;  au  dessus,  chapeau  et  houppes  d'archevèque;  au  dessous  deux  palmes  passées 
en  sautoir. 

Legende: 

MICHAEL  •  CONSEIL  •  PRIMVS  •  EPISCOPVS  •  CAMBERIENSIS  • 
Planche  VI,  fig.  n»  80. 

La  matrice  en  cuivre  de  ce  sceau  est  au  Musée  de  Chambéri. 

On  connait  de  ce  Prélat  un  sceau  plus  petit,  ovale,  au  mème  type,  mais  sans 

legende. 

Planche  VI,  fig.  n"  SI. 

Nous  l'avons  vu  sur  une  lettre  de  cet  nvèijuc .  en  date  du  10  Mai  1872, 
adressée  au  secrétaire  de  l'Économat  royal  à  Turin. 

Les  Princes  de  la  Maison  de  Savoie  avaient  depuis  longtemps  songé  à  faire 
établir  un  évéché  à  Chambéri.  Le  due  Charles  11  avait  obtcnu  du  Pape  une  bulle 
du  21  Mai  1515  qui  séparait  le  décanat  do  Savoie  du  diocèse  de  Grenoble  et 
l'érigeait  en  arclievèclié.  Mais  l'opposition  du  roi  de  France  Francois  I  empécha 
l'exécution  de  cctto  l)ullo.  Ce  n'est  qu'on  1770  que  ce  décanat  est  erige  en  un 
diocèse  dont  le  siége  fut  à  Chambéri.  L'église  des  frères  niineui's  Franciscains  dcvint 
la  cathédrale  et  les  clianoines  de  la  S'*-Chapelle  formòront  lo  Chapitre  du  nouvel 
évéché.  Le  premier  Evéque  titulaire  fut  Michel  Conseil  nommé  le  20  Mars  1780,  et 
sacre  le  30  Avril  suivant. 

Michel  Conseil  était  né  à  Mégève  en  1  7 1 0  :  il  a  été  chanoine,  puis  vicaire  general 
du  diocèse  de  Genève.  Nommé  Évéque  de  Chambéri.   il  vint  résider  au  couvent  des 


PAR    A.    DUFOUR    ET    F.   RABl'T  287 

Frères  mineurs.  En  1782,  il  iustitua  un  séminaire  dans  une  maison  située  au  bocage 
que  lui  cèda  rÉconomat  royal. 

Après  la  constitution  civile  du  clergé  en  France  et  l'annexion  de  la  Savoie  à 
ce  pays  en  1793,  l'Kvèque  de  Chambéri,  qui  avait  cependant  offert  ses  bommages  à 
la  nation  dans  la  séance  du  26  Octobre  1792  de  l'assemblée  des  AUobroges,  refusa 
le  sermoni.  11  perdit  sa  place  et  mourut  peu  de  mois  après  dans  son  palais  épis- 
copal.  Il  avait   77   ans  et  était  atteint  d'une  bydropisie  de  poitrine. 

Francois  Tbérèse  Panisset  de  Cbambéri,  cure  de  S'-Pierre  d'Albigni  bomme  de 
bonnes  moeurs  et  prétre  édifiant,  au  témoignage  de  ses  supérieurs  ecclésiastiques,  fut 
élu  Evèque  constitutionnel  du  département  du  Mont-Blanc  le  tj  Mars  de  la  mème 
année   1793,  avant  la  raort  de  Mgr.  Michel  Conseil. 


U.    ÉVÉQUES  DE  MOUTIERS  DE  TARENTAISE 


Vacance    du    siége. 

e  H  A  1'  I  T  R  E      DE      MOUTIERS. 

1836-1838. 

Sceau  rond  de  40  millim. 

Typn  :  Un  écu  en  accolade  portant  d'astir  à  une  téte  de  Saint  (celle  de  Saint 
Pierre,  patron  du  diocèse),  l'écu  appuyé  contre  deux  clefs  passées  en  sautoir  et  nouées. 
Des  anneaux  pendent,  de  chaque  coté  de  l'écu,  des  cordons  qui  se  croisent  derrière 
lui  et  se  terminent  par  une  bouppe.  De  chaque  coté  de  l'écu  les  initiales  D.  P. 
divtis  Petrus,   au  bas  une  étoile. 

Legende  : 

CAPITVLVM    TARENTASIENSIS    ECCLESIE  • 
Planche  VI,  fig.  n"  82. 

En  placard  sur  cii'e  rouge  recouverte  d'un  carré  de  papier,  au  bas  d'une  copie 
de  l'extrait  du  dócòs  de  Mgi\  Antoinc  liocbaix,  du  21  Novembre  1836,  signée  DutoiU' 
d'Héry  le  27  Janvier  1838   (1). 

Lorsqu'en  1817  l'évéché  de  Chambéri  eut  été  erige  en  Archevècbé,  on  ne  tarda 
pas  à  lui  créer  des  suffragans  cn  Savoie  :  l'Evècbé  d'Anneci  créé  en  1822  et  ceux 
de  Tarentaise  et  do  Maurienne  en  1825.  Le  premier  Evèque  de  Tarentaise  fut  Mon- 
seigneur  Antoine  Martinet  (2)  auquel  succèda  en  1828  Mgr.  An teine  Kochaix  qui 
mourut  en  1836.  Ce  dernier  ne  fut  pas  remplacé  immédiatement  mais  seulement 
en  1838;  de  là  une  vacance  d'environ  deux  ans  pendant  laquelle  le  Chapitre  de 
Moutiers  administra  et  se  servit  du  sceau  que  nous  publions. 


(1)  Economat  generai. 

(2)  V.  Ant.  Martinet,  archevèi|ue  de  Chambéri,  pag.  27. 


288  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

Jean  Fran9ois  Marcellin  Turìnaz. 

(1838-186...). 

Sceau  rond  de  52  millim. 

Typc  :  Armes  adoptées  par  le  Prélat  :  d'argent  à  une  croix  haussée  de  sable 
pos&  sur  une  ferrasse  de  sinopie  mouvant  de  la  pointe  et  enlacée  d'ttne  vigne  de 
niéme,  dans  un  écu  ovale  enfermé  dans  xin  cartouche  que  surmonte  une  couronne  ducale, 
une  mitre,  une  crosse  et  une  croix  tréflée  et  au  bas  duquel  pend  la  croix  de  TOrdre 
des  Ss.  Maurice  et  Lazare  ;  le  tout  entouré  du  cliapeau  et  des  houppes  archiépiscopales. 
Dans  le  haut  du  cartouche,  la  devise,  wihi  vir.  Christus  est,  est  inserite  sur  un  ruban. 
Leggende  : 

IOAN  •  FRANCISC  ■  MARCEL  •  TVRINAZ  •  EPISCOPVS 
TARENTASIENSIS  • 
l'ianche  VI,  fig.  n°  83. 

Le  sceau  matrice  en  cuivre  est  au  Musée  de  Cbambéri. 

Mgr.  Turinaz  était  commandeur  de  l'Ordre  de  Ss.  Maurice  et  Lazare.  Il  s'in- 
titnlait  aussi  Prince  de  Conflans  et  de  S'- Sigismond.  Il  était  né  au  Chàtelard  en 
Beauges  le  G  Avril  1786.  Il  a  pris  sa  retraite  en  186.  et  a  été  admis  au  Chapitre 
de  S'-Denis. 

E.     ÉTÉQUES     DE    GRENOBLE 


Falc  o  n. 

1264. 

Sceau  ogival  de  .SO  milHm. 

Type  :  Le  Prélat  debout,  mitre,  vétu  de  la  chasuble  en  pointe  avec  le  pallium  : 
bénissant  de  la  droite  et  tenant  de  la  gauche  une  crosse  tournée  en  dedans.  Dans  le 
champ,  à  droite  du  personnage,  une  étoile  il  6  rais. 

Le'gende.   En  capitales  gothiques  : 

S  •  FALCO S  •  6PI  •  GRONOPOLIT  {sic) . 

Sigillum    Falconis    Episcopi    Gratianopolitani. 

Pianelle   VI  .  fig.   n"  84. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  par  deux  cordons  de  soie  rouge  au  testament  de 
Réatrix  de  Savoie  veuve  de  Béranger  comte  de  Provence,  du  14  Janvier  1264.  Les 
Évéques  de  Belley  et  de  Grenoble  ont  fait  mettre  leur  sceau  à  cet  acte  qui  leur  était 
présente  par  les  Archevèques  de  Vienne  et  de  Tarentaise,  par  Philippe  élu  de  Lyon  et 
par  Lambert  abbé  d'Hautecombe  (1). 


[1)  Archiv.  du  Roynume  -  Testameiits  -  Paquet  1,  ii"  11. 


PAK    A.    nUFOUK    ET    F.   RABUT  289 

Le  diocèse  de  Grenoble  qui  touchait,  au  nord,  à  ceux  de  Belley,  de  Genève  et 
de  Maurienne,  s'étendait  sur  une  partie  assez  notable  de  la  Savoie,  ce  qui  justifie  la 
publication  des  sceaux  des  Prélats  grenoblois,  que  nous  avons  pu  rencontrer,  dans  ces 
notes  de  spbragistique  savoyarde.  Il  était  divise  en  quatre  décanats  dont  un  était  le 
décanat  de  S -André  devenu  ensuite  décanat  de   Savoie. 

Le  doyen  de  S'-André  avait  primitivement  un  Chapitre  et  il  était  élu  par  ses 
chanoines  qui  étaient  de  l'ordre  des  Cbanoines  réguliers  de  S'-Augustin.  Il  avait  de 
grandes  prérogatives  et  une  juridiction  contentieuse  (Curia)  et  il  pouvait  étre  choisi 
parmi  tous  les  membres  du  clergé  méme  régulier.  Mais  l'évéque  Falcon.  dont  nous 
publions  le  sceau,  et  qui  a  siégé  de  1251  à  1266,  a  décrété  en  1257  que  le  doyen 
de  S'-André  serait  désormais  uommé  par  lui  et  par  ses  successeui*s ,  et  pris  parmi  les 
cbanoines  de  la  catbédrale  de  Grenoble,  ce  qui  fut  fait.  Le  doyen  quoique  plus  dé- 
pendant  de  l'Evèque  par  cette  décision  conserva  néanmoins  son  tribunal  ecclésiastique 
Gomme  nous  le  voyons  par  le  sceau  suivant. 

Tribunal  du  doyen  de  S'-André. 

XIV''  SIÈCLE. 

Sceau  rond  do   31   millim. 

Type  :  Un  écu  ogival  aux  armes  de  la  famille  du  doyen  Guillaume  de  Commier  : 
d'argent  au  sautoir  d'azur  cantonné  de  quatre  quintcfcuiUcs  de  gucuics  chargc'es  cu 
abynie  d'une  cinquième  quintefeuillc  hrochant  sur  le  tout,  qui  serait  une  brisure  (1). 
Au  dessus  de  l'écu,  un  senestrochère  tient  une  croix  haussée  et  pattée.  Dans  le  champ, 
une  étoile  à  six  rais  et  le  nom  du  doyen  G.  D'   COMER'  (Guillelmus  de  Comeriis). 

Legende.    Entre  deux  grenetis  : 

+    S-CVRie    ^    D6CANI    <^    SANTI    ^    ANDR6€ 

SigUlum  curie  deeani  Sancii  Andreae. 

Planche   VI,   {\g.   n°   85. 

Ce  sceau,  trouvé  en  1834  dans  les  fondations  du  pont  Morens  à  Anneci,  appar- 
tieni au  Musée  de  cette  ville.  Une  description  en  a  été  doonée  dans  la  revue  des 
Sociétés  savantes  de  France  des  mois  de  Mai  et  de  Juin  1864.  M.  Constant  Despine 
Tavait  déjà  cité  dans  son  ouvrage  sur  les  abymes  de  Myans  en  1862.  il  en  a  mis 
un  fac  simile  dans  son  indicateui-  d"Aix-les-Bains  en  1864  :  mais  il  est  trop  intéressant 
pour  notre  pays  pour  ne  pas  étre  reproduit  ici  avec  un  peu  plus  d'exactitude  d'ailleui-s 
dans  le  dessin. 

Ce  sceau,  qui  a  tous  les  caractères  du  14''  siede,  est  évidemment  antérieur  à 
lannée  1342,  car  à  cette  epoque  révèque  Jean  II  de  Chissé  fit  supprimer  les  fonctions 
de  doyen,  et  l'Evèque  fut  doyen  tam  re  quam  nomine  (2). 


(f)  Chorier,  Hist.  dìi  Dauphiné  -  Les  Comraiers,  seigneurs  de  la  Roche  et  de  Montmiraa  avaient 
pour  devise  :  Sub  pennis  cjus  sparaho.  ■> 

(2j  Gallia  Christiana ,  tome  XVI. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV  37 


290  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE   SCEAIX    RELIGIEUX 

Les  doyens  de  la  période  compris  entre  les  années  1257  et  1342  ont  continue 
à  résider.  quant  bon  leur  semblait.  en  Savoie,  et  ils  y  avaient  un  tribunal  ecclésias- 
tique  qui  siégeait  dans  une  des  subdivisions  religieuses  du  décanat. 


Officiante  de  Chambéri  pour  l'Évéque  de  Grenoble. 

l;JiU»  -  1417  -  1457. 

Sceau  rond  de  43  millim. 

Type  :  Évèque  debout ,  mitre ,  bénissant  et  tenant  une  crosse ,  dans  une  niche 
ogivale  très-oniée  de  Tépoque  tertiaire  avec  clocheton  ,  piuacles  et  petites  niches  à 
droite  et  à  gauche  ;  au  bas  une  ligne  de  petites  étoiles. 

Legende  : 

S  •  MAIVS  •  CVRie  •  OFFIC  •  CHAMB6R  •  PRO  ■  DOMINO 
6PISCOPO  •  GRATIANOPOLITANO  • 

Sigiìlum  maius  curie  officialatus  Ckamberiaci  prò  domino  Episcopo  Gracianopolitano. 

Pianelle   VI,  fig.  n"'  86. 

Nous  avons  reucontré  plusieurs  fois  ce  joli  sceau  si  intéressant  pour  notre  ville 
de  Chambéri  et  toujours  pendu  à  une  longue  bande  du  ])archemin  où  est  écrit  l'acte 
qu'il  corrobore.  Il  a  servi  en  efFet  à  notre  connoissance  sous  deux  épiscopats  :  ceux 
des  évèques  Aimon  de  Chissey  et  Sybond  Allamand.  Nous  venons  de  dire  qu'en  1342 
l'Évéque  de  Grenoble  fut  le  doyen  du  décanat  de  Savoie.  Les  Évèques  conservèrent 
alors  en  Savoie  le  tribunal  ecclésiastique  qu'avaient  eu  les  anciens  doyens  et  ils 
nomraaient  l'officiai  de  cette  Cour  ecclésiastique  dont  le  siége  fut  fixé  dés-lors  à 
Chambéri. 

11  fut  d'usage  alors  de  s'adresser  à  ce  fonctionuaire  pour  authentiquer  des  vidimus 
et  c'est  sur  des  transcriptions  de  ce  genre  que  nous  avons  trouvé  le  grand  sceau  de 
l'officialité  do  Chambéri  poui-  l'Évéque  de  Grenoble. 

La  plus  ancienne  est  le  vidimus  de  la  prestation  de  serment  de  fidélité  du  comte 
Amédée  de  Genève  au  comte  Amédée  Vili  de  Savoie.  Il  est  date  de  Chambéri  du  2 
Mai  1390  sous  l'épiscopat  d'Aimon  de  Chissey  (1)  et  nous  fait  connaìtre  l'officiai  alors 
en  fonction,  Guigue  Bcczon,  d'une  famille  notable  de  Chambéri,  dont  un  membre  Jean 
Beczon  alias  Vulliod  a  été  trésorier  du  due  Charles  II  et  a  fait  construire  à  ses  frais 
le  grand  portail  de  la  cathédrale  de  Chambéri  (alors  église  des  Franciscains)  sur  lequel 
ses  armes  sont  répétées  jilusieui-s  fois  :  Elles  sont  sculptées  le  long  de  la  galerie  qui 
occupe  le  milieu  de  ce  portail  et  entremclées  aux  initiales  du  fondateur  J.  V.  Ces 
armes  sont  alternativement  celles  des  Beczon,  autrement  dit,  Vulliod  un  sautoir  et  celles 
lUi  fondateur  parties  avec  d'autres  armes ,  peut-étre  celles  de  sa  femme  :  un  nrhro 
nrrnchi-  accompagne  de  deux  étoiles  meubles  que  nous  trouvons  dans  l'écu  des  Chainey 
de  Benne  en  Faucigny.  avec  les  émaux  suivants,   d'a->o'  mi  rhene  nrruchc  dr  siiiopìr 


(1)  Archic.  du  Royaume  -  Duchó  de  Genevois  -  Paquet  S,  u'  2. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.    RABUT  291 

accoste  de  deux  étoiles  d'argent.  Nous  n'hésitons  pas  à  reproduire  ce  petit  inonument 
héraldique  relatif  à  une  famille  chambérienne. 


Le  second  vidiraus  oii  nous  avons  copie  notre  sceau,  qui  y  est  bien  conserve,  est 
celai  d'une  charte  d'Amédée  Vili,  par  laquelle  le  Comte  de  Savoie  enlève  le  comté 
de  Genevois  à  Humbert  de  Villars  (1).  Il  est  du  Iti  Juillet  1417  sous  l'épiscopat 
d'Aimon  de  Chissey  et  autbentiqué  à  Cliambéri  par  Pierre  Veromey  {Vrromcsii)  offi- 
ciai qu'il  nous  fait  eneo  re  connaìtre  (2). 

Nous  avons  cncore  trouvé  le  niéme  sceau,  toujours  en  ciré  rouge  mais  recouvert 
de  papier  et  comme  les  deux  précédeuts  pendu  à  une  krge  bande  du  parchemin  au 
vidimus  authentiqué  par  l'officiai  Nicod  Passin  JS'ijcocIhs  Passini  à  Chambéri  le  10 
Janvier  1457,  sous  le  pontificat  de  l'cvéque  Sybond  Allamand,  de  lettres-patentes  du 
roi  de  France  Charles  VII  du  9  Décembre  1456  par  lesqueUes  il  atténue  les  exigences 
du  traité  de  Cleppié  près  de  Feur  du  27   Octobre  1452  passe  avec  le  due  Louis  (3). 

Outre  le  grand  sceau  de  Tofficialité  .  cette  pièce  est  encore  corroborée  par  les 
signes  et  les  signatures  de  l'officiai  et  des  deux  notaires  Jean  Chappuis  de  Usinens  et 
Jean  Choutagnie  de  Cliambéri. 

Officiante  du  décanat  de  Savoie  sous  Laurent  Allamand  I. 

1510  -  ISlti. 

Sceau  rond  de  26   millim. 

Type  :  Écu  aux  armes  de  la  famille  du  Prélat  de  gueules  seme  de  fleurs  de  lys 
d'or,  à  la  bande  d'argent  hrochant  sur  le  fout  (4)  surmonté  d'une  mitre  et  appuyé 
contre  une  crosse  mise  en  pai  dont  le  sommet  s'élève  au  dessus  de  la  mitre. 

Ldgende.   En  gotliique  cursive: 

Caiircntiutì   2lllonionòi  . 

Planche  VI,  fig.  n"  87. 

Ce  sceau  est  imprimé  sur  ciré  rouge  au  fond  d'une  boite  cylindrique  en  fer 
blanc  et  pend  par  des  cordons  de  soie  orange  au  bas  d'un  vidimus  du  contrat  de 
mariage  du  Prince  de  Piémont  avec  la  fiUe  ainée  du  roi  de  Chypre  du  9  Aoùt  1421  (5). 


(1)  Archiv.  du  Royaume  -  Duchi'  de  Genevois  -  Paquet  10,  u  5. 

(2)  Nous  avons  trouvé,  à  Chambiéri ,  gravós  en  caractères  gothiques  ,  autour  d'un  bénitier ,  les 
noms  d'un  Johannes  Verromesij  de  la  méme  famille  piobablement  que  notre  Officiai  et  donateur  da 
ce  bénitier,  qui  était  dans  la  cour  du  meuuier  Collorab  au  boeage,  lorsque  nous  avons  relevé  cette 
inscription,  il  y  a  quelques  années. 

(3]  Archiv.  Municipales  de  Chambéri  -  N"  28  de  l'ancien  inventaire,  tiroir  B,  n"  5. 

(4)  Chorier,  Hist.  du  Dauphiné. 

(5)  Ce  Prince  de  Piémont,  du  nom  d'Amédée,  mourut  en  1431  avant  son  pére  Amédée  Vili  ,  et 
alors  son  frère  Louis  devint  Prince  de  Piémont. 


292  blGILLOGlìArHIE    DE    LA    SAVOIE   SCEAl'X    RELIGIETX 

Le  vidimus  autlicntiqué  il  Cliambc'-ri  par  Guillerme  Corterii  vicaire .  officiai  du  dé- 
canat  de  Savoie  poui-  l'évèque  Laurent  AUamand  est  du  27  Aoùt   1510  (1). 

Le  méme  sceau  figui-e,  mais  cette  fois  dans  une  boite  cylindrique  en  bois,  au  bas 
du  vidimus  des  lettres  par  lesquelles  le  comte  de  Savoie  Amedée  V  accorde  à  Nantelme 
seigneui'  des  Urtières  l'oninimode  juridiction  sur  le  fief  de  ce  noni  en  1296.  Le  vidimus 
est   authentiqué  à  Ohambéri  le   31   Janvier  1510.    L'officiai  est  Claude  Le  Bret  (2). 

Laurent  I  Allamand,  d'une  puissante  famille  du  Daupliiné,  uujourdliui  éteinte,  a 
été  Evéque  de  Grenoble  de  1485  envirou  à  1530.  C'est  le  second  Évéque  de  cette 
famille  que  nous  avons  rencontré:  Il  y  en  a  encore  eu  deux  autres  sur  le  mème 
siége;  son  successeur  Laui'ent  II  Allamand  (1530-1561)  et  plus  tard  Ennemond  Al- 
lamand  (1707-1719). 

Pierre  II  Scarron 

1632. 

Sceau  ovale  de  28  millini. 

Type:  Les  armes  de  la  famille  de  l'Évèque:  d'aznr  à  la  bande  hretesscr ,  dans 
un  écu  en  accolade  surmonté  d'une  couronne  de  comte  et  d'un  chapeau  d'où  pen- 
dent  des  houppes   1,   2,   1,  sans  legende. 

Planche  VI,  fig.  n  88. 

imprimé  sur  ciré  rouge  entre  deux  papiers  et  perni  par  une  bande  du  velin  au 
bas  d'un  acte  du  l"  Aviil  1(532  date  de  l'église  S'-Léger  de  Ohambéri  pai-  lequel 
la  tonsure  est  donnée  à  un  nommé  Jaques  Arestan  fils  de  feu  Francois  Arestan  et 
de  Marthe  Moy,  et  qui  est  signé  par  le  secrétaii-e  épiscopal  Ducouz.  On  y  voit  que  ce 
sceau  est  celui  du  cabinet  de  l'Evéque,  sigillo  ramere  nostre,  y  est-il  dit.  Le  Prélat 
y  prend  aussi  le  titre  de  doyen  du  décanat  de  Savoie  uni  à  perpétuité  il  l'épiscopat 
de  Grenoble  decano  decanatus  Sahaudie  episcopatm  nostro  perpetuo  uniti  (3). 

Pierre  Scarron  'X  été  Évéque  de  Grenoble  du  27  Mars  1621  à  1670.  La  cou- 
ronne au  dessus  de  l'écu  s'expli(iue  par  le  titre  de  Prince  de  Grenoble  qua  les  Evé- 
ques  de  cette  ville  ont  pris  et  porte  jusqu'à  la  revolution. 

Officiante   du  Décanat  de  Savoie. 

Sons  Pierre  li  Scarron. 

1632. 
Sceau  rond  de   36    millim. 

Type:  Un  écu  comme  le  précédent,  aiix  armes  du  Prélat,  surmonté  d'une  mitre  et 
d'une  Grosse,  au  dessous,  deux  branches  de  laurier.  Gros  gi-énetis  en  place  de  la  legende. 

Planche  VI,  fig.  n»  89. 

Sceau  en  placard  sur  ciré  rouge  couverte  de  papier,  au  bas  d'une  circulaire  de 
l'officiai  du  diocèse    de  Grenoble   dans   le    décanat  de    Savoie  Jean  Vissol,  datée  de 


(i)  Archiv.  du  Royaume  -  Mariages  -  Paquet  10. 

(2)  Ibid.  »         1. 

(3)  Coli.  F.  Rabut. 


l'AK    A.    DIFOUR    ET    F.    RABUT  293 

Chambéri  le  0  Septembre  1632  (1).  Cette  circulaire  adressée  aux  curés  àia  sollici- 
tation  du  Cardinal  Maurice  de  Savoie  a  pom-  objet  de  faire  avertir  le  peuple  aux 
offices,  que  tous  ceux  qui  ont  ou  qui  savent  où  se  trouvent  des  titres  et  des  con- 
trats  relatifs  aux  abbayes  d'Aulps  et  d'Abondance,  appartenans  au  Cardinal,  aient 
à  les  restituer.  On  sait  que  le  cardinal  Maurice  était  abbé  de  ces  deux  maisons 
et  qu'il  se  démit  de  ces  abbayes  poui'  se  marier  avec  sa  nièce  Louise  sceur  du  due 
Charles  Emmanuel   II   (2). 

Officiante  du  Décanat  de  Savoie. 

Sous  Enncmond  Aììamand. 

1728. 

Sceau   ovale  de   32  millim. 

Type  :  Les  armes  des  AUamand  dans  un  écu  ovale  surmonté  d'une  couronne 
ducale  accostée  d'une  mitre  et  d'une  crosse  et  supportò  par  des  arabesques.  Cbapeau 
et  houppes  d'Archévèque. 

Legende  : 

ENNEMONDVS  ALLEMAND  EP^  ET  PRINCEPS  CRATIAN^ 
Planche  VI,  fig.  n"  90. 

Ce  sceau  a  été  mis  par  l'officiai  Deville  le  5  Décembre  1712  à  Chambéri  au 
bas  de  la  légalisation  de  la  signature  du  chantre  et  chanoine  de  la  S'^-Chapelle.  Mar- 
tini, qui  avait  expédié  un  extrait  de  baptOnie  dn  sieur  Charles  Henri  Salteur  fils  de 
Philibert  Salteur  M"  de  Samoens  et  de  dame  Louise  de  Loche  né  le  20  Juillet  1704. 
Cette  pièce  figure  panni  les  pièces  jointes  à  la  présentation  faite  par  le  roi  Victor 
Amédée  au  Pape  pour  faire  pourvoii*  le  jeune  Charles  Henri  Salteur  de  l'abbaye  de 
N.   D.  de  Sixt  en  Fancigny  (3). 

L'évèque  Knncinond  Allamand  se  servait  d'une  sceau  tout-A,-fait  semblable  au 
précédent,  seulement  do  plus  grande  dimension  (45  niill.  au  lieu  de  33);  nous  l'avons 
vù  sur  plusieurs  actes  (4). 

F.     ÉVÉQUES    DE    BELLEY. 


Jean   II. 

1255. 
Sceau  ogival  de   50   millim. 

2"ype:  Le  Prélat  debout,  mitre,  revétu  de  la  chasuble   en  pointe.  et  du  pallium 
bénissant  de  la   main    droite    et    tenant   de  la  gauche  une  crosse  tournée  en  dedans. 


(lì  Archiv.  de  l'Économat  general  •  Abbaia  de  S'-Michel  -  Paquet  i. 
|2)  Voyez  le  Cardinal  Maurice  de  Savoie,  pag.  5. 

(3)  Archiv.  du  Ro'jaume  -  Abbave  de  Sixt  -  Paquet  1,  n»  16. 

(4)  Coli.  F.  Rabut. 


294  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE    SCEALX    KEI.IGIEI'X 

Legende.   En  capitales  gothiques: 

S  •  lOhlS  ■  €PISCO B€LLIC€NSIS  . 

Planche  VI,  fig.  u"  9). 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  par  une  bande  de  parchcmin  au  bas  de  l'acte  de 
donation  par  le  comte  Philippe  de  Savoie  et  de  Bourgogne  d'une  dot  à  Béatrix  sa 
nièce,  la  grand  Dauphine,  fillo  de  Pierre  II  en  1208  le  uiercredi  avant  la  fete  des 
Ss.  Simon  et  Judes  (1).  L'Évéque  est  intervenu  il  cet  acte  avec  Lambert  abbé  d"Haute- 
combe  et  tous  les  deux  y  ont  fait  mettre  leur  sceau. 

Nous  avons  aussi  vù  ce  sceau  au  bas  d'une  donation  faite  par  Pieire  Bouvier 
sire  de  Chàlons  il  Béatrix  fille  d'Amódée  IV  qu'il  va  cpouser,  la  mème  année   12G8  (2). 

La  tradition  rapporto  que  Tévèché  de  Nyons  a  étó  transporté  à  Belley.  où  la 
sèrie  des  Prélats  commence  vers  412  (3).  Cet  évèché  dépendait  de  la  province  ecclé- 
siastique  de  Besan^on  et  s'étendait  avant  la  revolution  en  partie  sur  le  territoire  du 
Hoyaume  de  Franco,  et  partie  sur  le  Duché  de  Savoie,  savoir  :  sur  la  portion  com- 
prise  entre  la  rive  gauche  du  Rhóne  et  la  rive  droite  du  Guiers.  à  l'ouest:  le  lai' 
du  Boui'get  et  la  chaiue  de  montagne  (jui  s'étend  du  nord  au  sud  depuis  ce  lac  vers 
le  Mont-du-Chat  jusqu'au  Guiers,  il  l'est.  Les  principales  paroisses  en  étaient  S'-Jean 
de  Chevelu,  Yenne,  Verthemex,  S'-Genix,  Novalaise.  Nances,  Lépin,  Aiguebellette.  La 
Bridoire,  La  Banche,  Pont  de  Beauvoisiu,  etc.  La  plus  grande  partie  de  ce  petit 
évéché  s'étendait  d'ailleurs  sur  la  Eresse,  le  Valromey,  le  Bugey  qui  ont  appartenu 
pendant  environ  trois  siècles  à  la  liaison  de  Savoie  avant  le  traité  de  Lyon  de  1601. 
Voilà  pourquoi  nous  voyons  souvent  les  Evèques  de  Belley  intervenir  dans  les  actes 
officiels  de  la  famille  des  Comtes  et  des  Dues  de  Savoie. 

Jean  II  est  Évèque  de  Belley  en  1255.  Cette  année  là,  il  prononce  avec  d'au- 
trcs  arbitres  une  sentence  relative  à  la  succession  de  Thomas  de  Savoie  (4).  En  1258 
(  Décembre  )  il  transige  avec  Humbert  abbé  de  S'-Oyen ,  relativement  à  l'église  de 
Virieu.  Nous  1  "avons  vù  inteiTenir  en  1268  aux  mariagcs  de  la  princesse  Béatrix 
fille  de  Pien-e  II  avec  le  dauphin  Guigue  VII .  et  de  Béatrix  la  jeune ,  dite  Con- 
tesson,  avec  Pien-e  de  Clullon.  11  scelle  encore  le  testament  du  comte  Pierre.  Enfin 
en  1269,  il  appose  son  sceau  à  un  acte  passe  entre  le  comte  Philippe  et  la  Com- 
tesse  de  Savoie  (5). 

On  ignoro  à  quelle  famille  appartenait  ce  Prélat. 

Berlion  II  d'Amesin  ali(i>i  Werlio. 

1273. 

Sceau  ogival  de   59   millim. 

Typc  :  Le  Prélat  debout  sur  une    console    ornée  de   larges  feuilles .   tient  de  la 
main   droite   une   eresse  et  de  la  main    gauche  un  livie  appuyé    contre   sa  poitrine. 


(1)  Archiv.  du  Roi/aume  -  Mariages  -  Paquet  2,  n"  2. 
(2,  Ibid.  «       2,  n"  6. 

(3)  (ialHa  Christiana,  tom.  XV. 

(4)  Monum.  hist.  palr.  chartarum,  tom,  li,  pag.  1521. 

(5)  Gallia  Christiana. 


l'AK     A.     DlFOri;    ET    F.    RABIT  295 

Dans    le    tliamp  ,    à    droite    de   l'Évéque ,    une   rose   et    à.   gauclie    une    fleur    de   lys 
héraldique. 

Legende  : 

S  •  B€  -LIONIS  •  €PI  :  B€LLIC€N  . 

Sif/illiini  Bfrlianis  episcopi  Bellicensis. 
Planche  VI,  fig.  n"  92. 

Ce  sceau  de  ciré  pend  par  une  doublé  bande  de  parchemin  à  un  vidimus  du 
mois  d'Aoùt  1273  de  l'acte  de  fidélité  et  hommage  prete  le  16  Juin  1263  par  An- 
thelme  seignem-  de  Miolan  au  conite   Philippe  de  Savoie  (1). 

Les  deux  petits  types  accessoires  de  ce  sceau  ne  sont  pas .  comme  on  pourrait 
le  croire,  des  meubles  de  l'écu  de  la  Pamille  du  Prélat.  La  famille  savoisienne  d'Amesin 
cu  d'Ameysin  portait  en  effet  (Varyent  à  la  bande  de  gueule  cìiargée  de  trois  coquilles 
d'or  (2),  on  peut  y  voir  plutót  des  emblèmes  religieux.  hi  rose  ììiystique  et  le  hjs  de 
la  calice. 

Amesin  est  le  noni  d'un  hameau  ile  la  ville  de  Yenne  qui  a  donne  son  nom  à 
catte  famille  illustre  aux   13'  et   14'  siècles.    Berliou  est  dono   un   Prélat  savoyard. 

Guichenon  et  l'auteur  do  la  (iallia  citrìstiana  ne  sont  pas  d'accord  sur  le  rang 
clu-onologi(jue  de  ce  Prélat.  Ce  dernior  reproche  à  Guichenon  d'avoir  niis  Bernard  V 
après  Berliou  li  ;  il  inet  au  contraire  Berlion  II  après  Bernard  V,  et  il  est  dans  le 
vrai.   Voici  d'ailleurs  les  dates  certaines  quo  nous  avons  trouvées  pour  ce  personnage. 

De  1264  à  1268,  Berlion  d'Amesin  était  chanoine  de  Vienne  et  fut  procureur 
du  comte  de  Savoie  Pierre  II.  En  1268,  il  fut  l'exécuteur  testamentaire  de  ce  Prince 
mort  cette  année  là.  (8). 

On  trouve  Berlion  dójà  Kvé(iue  de  Belley  en  1272  d"après  Guichenon  et  la  Gallia 
clirisUana;  nous  le  voyons  signor  un  vidimus  en  1273;  il  figure  encore  en  1280  dans 
une  charte  publiée  dans  les  Monumenta  hisit.  patriae  (4).  La  méme  année,  1280,  Gui- 
chenon traduit  ])ar  A\'illaume  les  doubles  \\  dans  lesquels  l'auteur  de  la  Gallia  re- 
connait  plus  ju-stoment  les  initiales  de  Werlion  ou  Berlion,  ce  que  corrobore  la  charte 
des  Monumenta.  Guichenon  lo  retrouvc  encore  en  1282.  Tout  cela  nous  permet  d'étre 
déjà  sur  de  la  duróo  de  l'épiscopat  de  Berlion,  1272  à  1282  et  méme  probablement 
à   1285,  date  de  l'avénement  de  son  successeur. 

Pierre  III  de  la  Beaume. 

1290-1297. 

Sceau  ogival  de  50  millim. 

Type  :  L'Évéque  debout  bénit  et  tient  la  crosse .-  à  droite  une  étoile  à  plusieurs 
rais  et  à  gauche  un  croissant  (le  soleil  et  la  lune). 


J]  Archif.  du  Royaume  -  Savoie  -  Miolan  -  Paqnet  fl4,  n»  2. 

(2)  A.  De  Foras,  Armorial  et  nobil.  de  Savoie. 

(3)  WiiRSTEMBERGER,  Hist.  du  comte  Pierre  de  Havoie. 

(4)  Charlarum,  tom.  1 ,  pag.   1527. 


296  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE    SCEAUX    KELIGIEVX 

Legende:  En  capitales  gothiques: 

+    S  ■  P6TR1  ■  D€l  •  GRA  •  €PI  ■  B€LLIC€N  • 
Sigillmn  Pctri  Dei  gratta  Episcopi  Bcììiccnsis. 

Planche  VII  ,    fig.   n°  9:1 

Ce  sceau  en  cii'e  rouge  perni  par  une  doublé  tresso  de  soie  de  la  raéme  cou- 
leui-  à  un  acte  du  31  Janvier  1297.  Le  Prélat ,  comme  délégué  du  Pape,  confirme 
le  patronage  de  l'église  de  S'^-Cathérine  d'Aiguebelle  au  Due  de  Savoie  (1). 

Nous  ne  savons  à  laquelle  des  nombreuses  familles  de  la  Beaume  ou  Baume  ou 
Balme  rattaclier  nòtre  Evé(iue.  11  y  a  cependant  quclques  présomptions .  il  raison  de 
la  localitó ,  cn  faveui-  de  la  famille  de  la  Baume  en  Vali'omcy  dont  le  plus  ancien 
représentant  connu  est  un  Humbert  mort  avant  1306  et  qui  poiuTait  avoir  été  le 
frère    du  Prélat  dont  le  prénom  Pierre  est  porte  par  un  des  fils  (2). 

Pierre  III  a  siégé  de  1285  à  1298.  Il  avait  pris  parti  en  1287  pour  l'évèque 
de  Genève  Guillaume  qui  accusait  le  Comte  de  Savoie  do  ravager  ses  terres,  et 
qui  s'opposait  à  ce  que  le  Comte  mit  le  pied  dans  Genève  pour  y  exercer  les 
droits  du  Comte  de  Genevois.  Il  mit  fin  en  1200  à  des  dissentiments  qui  existaient 
entre  les  Comtes  de  Savoie  et  les  Evèques  de  Belley  à  propos  de  juiidiction  sur  Kos- 
sillon  et  Belley,  et  paya  au  Comte  100  livres  viennoises  con  tre  quelques  coucessions 
que  lui  fit  ce  Prince  (3).  La  móme  annèe  1290,  ce  fut  en  sa  présence  que  la  prin- 
cesse Marguerite  renouga  en  faveur  de  son  pére  Amedeo  V  à  un  legs  de  iJOOO  livres 
viennoises  que  lui  avait  fait  sa  mère  Sybille  de  Baugé,  le  6  Janvier. 

Thomas    II. 

1310. 
Sceau  ogival  de  50  millim. 

Typc  :  Meme  type  que  le  précédent.  sauf  que  le  Prélat  tient  la  crosse  oblique- 
ment  devant   lui  et  que    le  fond  du   sceau  est  couvert  d'un  treillage   avec  un  point 
dans  les  vides. 
Legende  : 

HI-    S  •  ThOMe  •  Dei  •  G LIC6NSIS  •  ePI  •    ■   • 

Sigillmn  l'/ionie  Dei  gratia  BcUicensis  Episcopi. 

Notous  que  le  petit  sautoii-  qui   termine  la  legende  entro  deux  points  n'est  pas 

une  lettre,  mais  un  simple   ornement,  peut  ótre  un  meublé  des  armes  de  la  famille 

du  Prélat. 

Planche    VI ,    fig.    n"  91. 

Ce  sceau  d'un  élégaut   dessin  pcnd  par  deux  tresses  de  soie  au  bas  du  vidimus 
d'un  acte  de   donation   par  Marguerite  de  Savoie    marciuise  de  Montferrat  au  comte 


|))  Archives  du  Royaume  -  FJónéfìces  delà  les  monts  -  Paquet  1,  n"  4. 

(2)  A.  De  Foras  -  Armorint  et  nobil.  de  Savoie. 

(3)  Oaltia  Christiana,  toni.  XV.  Paris,  1860. 


PAR    A.     DUFOrB    ET    F.    RABIT  297 

Amédée  V  son  pere  d'une  somme  de  six  mille  livres  viemioises  que  sa  mère  Sybille 
de  Baugé.  la  première  femme  du  Comte.  lui  avait  légué  par  son  testament.  La  dona- 
tion  est  du  G  Janvier  1290  :  Le  vidiraus  scellé  par  l'évèque  Thomas  II  est  du  mois 
de  Décembre  1310   (1). 

L'évèque  Thomas  II  était  inconnu  à  Guichenon  et  aux  frères  de  S"'-Marthe.  La 
Gaìlia  Christiana  le  signale  comme  ayant  prète  foi  à  son  métropolitain  l'archevèque 
de  Besan^on  Hugon,  le  22  Janvier  {XI  lìes  Kalendcs  de  FiUrirr)  1309.  L"acte  ou 
pend  notre  sceau  constate  son  existence  à  la  fin  de  l'année  1310.  Le  martjTologe  des 
Bènèdictins  de  Nantua  donne  le  jour  de  sa  mort  le  19  Avril  XIII  Cai.  wnii  Thomas 
episcopiis  hellicensis  dr  Congregationr  nostra  et  nous  apprend  en  mème  temps  qu'il 
avait  été  religieux  de  Tordre  de  S'-Bénoit.  L'année  n'est  pas  indiquée.  comme  dans 
la  plupart  des  obituaires,  mais  ce  ne  peut  étre  plutòt  que  l'année  1311.  Son  suc- 
cesseur  Jaques  de  S'- André  siége  de  1325  à  134(3. 

Guillerme  III. 

1432. 

Sceau  ogival  de  62   millim. 

Type:  Deux  niches  en  style  ogival  de  dimen^iions  et  d'ornementations  diverses  : 
au  dessus  de  leurs  clochetons  une  sorte  de  fronton  commun  aux  deux  niches  et  surmont»'^ 
d'une  croix  tréflée.  Dans  la  niche  de  droite,  la  Vierge  debout.  tenant  l'enfant  Jésu  ; 
dans  la  niclie  de  gauche  un  S'-Jean  Baptiste  dobout.  tenant  un  agneau.  Au  dessous 
de  la  niche  de  droite,  un  écu  ogival  dont  Ics  meubles  sout  un  pan  de  mur  pose  en 
fasce  ajouré  d'une  porte  et  accompagni  en  chef  de  deux  roses  et  en  pointe  d'une 
étoile.  Au  dessous  de  la  niche  de  gauche,  un  personnage  agenouillé,  nù  tète,  les  mains 
jointes,  dont  la  robe  coupé  la  legende.  Le  tout  d'un  mauvais  dessin  ainsi  que  la  legende, 
en  minuscules  gothiques,  très-barbare. 

Legende  : 

tì  .  tUulUfrmi  bflicfntìiij  rpi  . 

L'S  est  renversé ,   la  legende  est  terminée  par  un   rameau. 

Pianelle   VII,  fig.  q"  93. 

Sceau  de  ciré  jaune  enfermé  dans  une  boite  de  mème  forme  en  fer-blanc  et  pendu 
par  un  cordon  de  soie  rouge  à  la  transaction  passée  entro  le  Due  de  Savoie  et  les 
Prélats  de  Tareutaise.  de  Maurienne,  de  Belley  et  d'Aoste  (2),  sur  des  contestations 
relatives  à  leurs  juridictions.  le  16  Janvier  1432.  Cet  acte  a  été  publié  par  Besson, 
au  n°  99  des  prcuves  de  ses  Memoires  poiir  l'histoire  eccle'siastique. 

L'évèque  Guillaume  Didier  a  siégé  de  1430  à  1437.  Il  a  été  témoin.  dans  la 
charte    d' Amédée  Vili  relatives  à  la  reconstruction   des  murailles  d'Évian.  A    quelle 


(1)  Archie.  du  lio'/fiums  -  Testaments  -  Paq'iet  I,  n"  22. 

(2;  .)ean  de  Bertrand;  Aimon  Cierbaix;  iìiillaume  Didier  et  Ogier  Morisetti, 

Serie  II.  Tom.  XXXIV  .  38 


298  SIGJLLOGRAPHIE    DE    I.A    SAVOIE  SCEAUX    REI.IGIEIX 

famille  Didier  appartenait-il  ?  Il  y  a  eu  plusieurs  familles  nobles  de  ce  noni  en 
Champagne ,  en  Maurienne ,  en  Val  d'Aoste  et  ailleurs ,  mais  leur  blason  n'est  pas 
<lu  tout  celui  qui  figure  sur  nòtre  sceau  ,  qui  est  en  conséquence  une  nouvelle  con- 
quète  héraldique. 


G.    ÉVÉQUES     D'AOSTE. 

Philibert  Milliet. 

1658. 

Petit  sceau  ovale  de  32  milliin. 

Typc:  Un  écu  en  accolade  aux  arnies  de  la  famille  Milliet,  comme  elle  les  portait 
après  le  mai-iage  de  Pien-e  Milliet  avec  Amblaide  de  la  Roche  Gavit,  savoir  :  ÉcarteU 
aux  \"  ft  4*  (Vargent  à  la  fasce  de  gueules  accompngn&.  de  deux  devises  de  méme, 
au  lion  issant  en  chef  de  sinopie  lumpasse  de  gueules:  aux  2'  et  3'  de  gueules 
à  la  bande  d'argent  accom pugne f  de  deux  cottices  de  méme,  qui  est  de  Garit  la 
Roche  et  sur  le  tout  l'écu  des  Milliet:  d'azur  au  chevron  d'or  charyé  d'un  tiiitre 
chevron  dr  gueules  accompagné  de  trois  ctoiles  d'or.  Au  dessus  le  chapeau  avec 
houppes   1,   2,   1. 

Legende  : 

FILIBER  •  MILLIETVS  •  EPVS  •  AVGVSTEN  • 

Philibertus  Millietus  Episcopus  Augustensis. 

Pianelle  VII,  fig.  n°  96. 

Ce  sceau  est  plaqué  sur  la  nomination  de  K.  Nicolas  Pascalis  prévót  de  l'église 
d'Aoste  aux  fonctions  de  Vicaire  general  eu  date  du   11   .Tuillet    1G58   (1). 

Philibert  Milliet  était  le  21'  et  dernier  fils  de  Francois  Amédée  Milliet;  sa  mère 
était  demoiselle  Diane  Corte.  11  avait  été  chanoine  régulier.  Promu  à  l'évèché  d'Aoste 
en  1657,  il  n"y  resta  pas  deux  années  et  fnt  transféré  à  l'évèchr-  d'Ivrée  vers  la  fin 
de  l'année  suivante   1658. 

L'évèché  d'Aoste  a  été,  pendant  les  premiers  siècles  du  moyen-àge,  suffragant 
de  l'archevéché  de  Milan  et  vers  le  milieu  de  cette  periodo  sans  (\\ie  la  date  en  soit 
connue,  il  rcleva  de  l'archevéché  de  Tarentaise.  Nous  ne  donnerons  que  les  sceaux 
qui  se  rapportent  aux   Prélats  savoyards  que  nous  avons  pfi  rencontrer. 


(I)  Archiv.  partk.  du  Chanoine  Bérard  à  Aoste. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   RABUT  299 

Officiante    du    diocèse    d'Aoste 
sous  Philibert  Albert  Bally. 

1690. 

Sceau  ovale  de  25  millini. 

Type:  Armes  de  l'évéque  Bally  dans  lécu  duquel  figui-e  un  lémer  passant 
sur  un  terrein  mouvant  de  la  iiointe.  Sur  l'écu,  une  couronne  de  Comte  ;  au  dessus, 
une  mitre  et  une  eresse:   plus  liaut.   un  chapeau  avec  houppes  d'archévéque. 

Legende:  presque  complètement  illisible: 


S  •  VK 

^lanche  VII.  fig.  n"  97. 

Sceau  en  placard  sur  une  lettre  circulaire  du  vicaire  general  et  officiai  Ribitel 
poui-  réunir,  d'ordre  du  Prélat,  tout  le  clergé  du  diocèse.  afin  de  délibérer  sur  une 
affaire  pressante  quo  demanda  le  Due  de  Savoie  (aloi-s  en  gueiTC  avec  Louis  XIV 
roi  de  France) ,  et  pour  recommander  à  ce  clergé  des  prières  publiques  et  particu- 
lières  à  l'occasion  de  la  guerre,    fette  lettre  est  du   30   Mars  1690  (1). 

Pbilibert  Albert  Bally  né  à  Grési  en  Savoie,  religieux  barnabite,  fut  Évèque 
d'Aoste  de  1659  à  1691.  Ce  fut  un  personnage  tròs-original,  un  écrivain  fécond  en 
tous  genres.  Le  P.  Barnabite  ,1.  M.  Albini  a  public  sa  biografie  en  1865  (2).  Nous 
nous  proposons  de  publier  un  certain  nombre  de  lettres  inédites  de  l'évéque  Bally, 
qui  jeteront  un  nouveau  jour  sur  ce  Prélat  comme  diplomate.  Nous  ne  connaissons 
pas  les  émaux  des  armes  de  ce  Prélat.  Il  y  avait  en  Savoie  une  famille  Bailly  d'Albi 
qui  portait  de  giieuìrs  à  un  chrvro»  d'or  accompagne  dr  froin  etoilcs  de  mcme  et 
d'ìcii  eroissant  de  ìiièìiie  en  chef. 

Déjà,  avant  Albert  Bally,  d'autres  savoyards  avaient  siégé  à  Aoste,  quoiqu'au 
dc-là  des  monts  et  entr'autre  :  Humbert  II  de  Villette  au  1 3"  siede ,  Pierre  IV  de 
Sonnaz  en  1400  et  Pliilibert  Milliet  son  prédécesseur  ;  mais  il  y  en  eut  surtout  après 
lui  ;  Alexandre  Lambert  do  Soirié,  Francois  Amédée  Milliet,  Jaques  II  Rambert.  Jean 
Guillet,   etc. 

FranQois  Amédée  Milliet. 

1699-1727. 

Sceau  rond  de   52   millim. 

Tyjìc  :  Armes  de  la  famille  MilUet.  Beartele  V  et  4"  d'argent  à  la  fasce  de 
gueiiles  accompagnee  de  deux  devises  de  méme  au  lion  issant  en  chef  de  sinopie  ; 
aux  2''  et  "A"  de  gueiiles  à   la   bande  d'argent  accompagnc'c  de  deux  cottices  de  méme 


(1)  Commiiniqué  par  M.  Bérabd  Clianoine  à  Aoste. 

(2)  Turin  -  Sb.  Franco,  iii-B",  avec  portrait. 


300  SlOILLOflBAPHIE    TiE    I.A    SAVOIE    —    SCEAUX   REL1G]EIX 

et  sur   II    font   rrcn  il<-  Miìlift  daus  un  cartouche  suniionté  de  la  mitre,  «le  la  crosse 
et  du  chapeau  d'Évéque  qui  est  soutenu  par  deux  anges. 
Legende:  Une  coquille  entre  deux  tleuions. 

FRANCISCVS  •  AMEDEVS  •  AAILLIET  ■  EPISCOPVS  •  AVCVSTANVS  • 

entre  un  tìlet  et  un  grenetis. 

Planche  VII,   fig.  n°  98. 

Un  autre  sceau  ovale  du  nii-nie  Prélat  présente  le  méme  type  moins  les  deux 
anges.  et  la  méme  legende  moins  les  tìeurons  et  la  coquille. 

Nous  avons  déjà  parie  de  F.  A.  Milliet  à  l'occasion  du  sceau  de  ce  Prélat  corame 
archevéque  de  Tarentaise  (1).  Il  avait  été  d'abord  doyen  et  vicaire  general  du  Chapitre 
de  Tai-entaise  puis  en  1G99  à  l'age  de  3(J  ans  livéque  d'Aoste,  où  il  siégea  jusqu'au 
moment  où  il  fut  promu  à  larclievéché  de  Tarentaise  en  1727.  Pendant  son  épiscopat 
à  Aoste,  il  embellit  son  chàteau  de  Charvensod  et  fit  de  nombreux  dons  à  son  église 
et  aux  pauvres. 

Pierre  Francois  de  Sales. 

1774. 

Sceau  ovale  de  32  millim. 

Type  :  Un  écu  ovoide  aux  armes  de  la  Maison  de  Sales,  surmonté  des  insignes 
épiscopaux,  mitre,  crosse,  cliapeau,  et  d'une  couronne  de  comte. 
Legende  : 

PETRVS    FRANCISCVS    DE  SALES    EPISCOPVS   AVGVST  • 

Planche  VII,  fig.  n"  9'J. 

Plaqué  entre  deux  papiers  sur  Tacte  d'union,  déclarée  pai*  le  Prélat,  de  la  chapelle 
de  N.  D.  des  Gràces  de  S'-Sébastien  et  de  S'-Rocli  dans  la  paroisse  de  S -Cristophe, 
avec  la  chapelle  de  N.  D.  de  Pitie  de  S'-Pierre  et  S'-Léonard  d'Aoste,  le  8  Juillet 
1774   (2). 

Pierre-Francois,  et  non  l'^ian^ois  comme  le  disent  Besson  et  la  plupart  des  généa- 
logistes  descendait.  en  ligne  directe  et  par  plusieurs  générations,  de  Gaspard  de  Sales 
seig'  de  Brens,  cousin  de  S'-Fran^ois  de  Sales.  Pierre  Francois  était  fils  de  André  de 
Sales  seig''  de  Vuad  et  de  Marie  Domen  du  Songey  d'Arbusigni.  Il  avait  été  pourvu 
tout  jeune  d'un  canonicat  dans  l'église  de  Genève,  puis  de  la  cure  de  Chilli  et  du 
doyenné  de  Ilumilli.  Il  fut  sacre  Évéque  d'Aoste  il  Rome  le  23  Avril  1741,  prèta 
serment  :\  Turin  lo  31  Mai  et  fit  son  entrée  solennelle  il  Aoste  le  29  Juin  de  la 
méme  année:  il  mourut  en    1783.   le  29   9*"". 


(1)  V.  page  31.  Planche  11,  fig.  n°  14. 

{2)  Archiv.  du  Koyaume  -  Bénéfìces  de-là  Us  monts  -  Paquet  3,  n«  9. 


l'AK    A.    TìIKOlK    ET    F.    KABl'T  301 

Pierre  Francois  de  Sales  vivait  ilans  la  plus  grande  intimité  avec  le  pape  Benoit  XIV 
qui  le  créa  Prélat  domestique  et  assistali!  da  tróue  pontilical. 

Nous  pouvons  doiiner  sur  ce  Prélat  une  anecdote  peu  connue  mais  assez  curieuse 
et  fort  intéressante  (1).  il  s"agit  d'un  accideiit  qui  faillit  sinon  compromettre,  retarder 
du  moins  ou  ajourner  son  élection.  Ce  fut  pendant  le  voyage  qu'il  fit  avec  d"autres 
abbés,  préconisés  cornine  lui ,  pour  se  rendre  à  Rome  où  ils  devaient  ètre  présentés 
au  pape  Bénoìt  XIV  pour  les  formalités  d'usage. 

«  Partis  de  Novare  le  15  Mars  1741  vers  les  2  lieures  après  midi,  dit  l'abbé 
»  de  Sales  dans  le  rapport  qu'il  dut  présenter,  nous  espérions  aniver  à  Milan  avant 
»  la  iiuit,  mais  à  peine  sortis  d'Olmo,  dernier  relai  de  poste,  iious  fiìmes  assaillis 
»  par  6  ou  7  brigands  armés  qui  se  jetèrent  à  la  téte  de  nos  chevaux  et  arrétèrent 
»  les  voitures.  (^n  d'eux  vint  à  moi  et  me  cria ,  en  me  ména^ant  de  son  pistolet, 
»    0    I    (Innari   o    la    rifa. 

»  .le  crus  d'abord  ne  pouvoir  mieux  faire  <iue  de  me  recommander  ti  Dieu  et 
»  à  mon  patron  S'-Franrois  de  Sales,  puis  j'a])pellai  à  mon  aide  le  chev.  Porporati, 
»  mais  celui-ci  n'était  guères  dans  de  meilleuros  eaux  que  moi,  je  me  décidai  alors 
»  à  dire  à  mon  domestique  de  donner  au  voleur  l'argent  qu'il  convoitait  :  mais,  soit 
»  qu'il  y  iiiit  peu  ili'  honiii'  volonté  ou  ]ieu  d'empressement,  le  voleur  perdit  patience 
»    et  se  mit  à  lui  porter  quelques  couj)s  de  la  eresse  de  son  pistolet. 

»  Co  fut  alors  qu'il  me  vint  l'idée  de  me  débarasser  de  ce  visiteur  incommode 
»  et  de  le  mettre.  sans  le  tuer,  dans  l'iinpossibilité  de  nous  inaltraiter  davaiitage  ; 
»  je  pris  un  pistolet  i|ue  j'avais  dans  la  volture  et  le  dirigeant  sui-  lui  à  l'épaule 
»  droite ,  je  tis  feu  :  Le  voleur,  qui  s'attendait  peu  à  ce  résultat  de  son  attaque , 
»    fut  renversé  du  coup  et  s'écria  en  tombant:   Jo  son  morto. 

>■>  Proiitaiit  de  ce  moment,  je  sautai  à  bas  de  la  voiture  et  me  jetai,  pour  in'y 
»  cacher .  dans  un  fosse  plein  d'eau  que  j'aper^u  il  qiielque  pas  au  bord  de  la 
»  route.  Bientòt  j'entendis  (Quelques  coups  de  pistolet,  le  roulement  des  voitures  qui 
»  s'éloignaient,  puis  un  va  et  vient  des  voleurs  qui  avaient  remarqué  ma  disparition 
'■>  et  qui  proféraient  contre  moi,  en  me  chercliant.  les  plus  atroces  menaces.  Au  bout 
»  de  quelques  instants ,  ne  voyant,  ni  n'entendant  jdus  personne ,  je  sortis  de  ma 
»  cachette  et  me  dirigeai  à  pied  sur  Milan,  où  je  retrouvai  sains  et  saufs  tous  mes 
»   compagnons  ». 

Le  Pape,  instruit  du  fait,  réunit  son  conseil  (jui,  le  9  Avril,  rendit  une  sentence 
favorable  à  l'al)bé  de  Sales.   On  sait  qu'il  fut  sacre  Evéque  d'Aoste  le  23  Avril  1741. 

Jean-Baptiste-Marie  Aubriot  de  la  Palme. 

(18UI-1823). 

Cachet  ovale  de  24   millirn. 

Type:  Armes  de  la  famille  du  Prélat,  d'arycnt  à  deux  x)ahni-s  de  sinopie  pas- 
sres  cu  sautoir    <d  surmontdes   d'une  couronnc  de  laurier  de  niéme,  au  chef  d'azur 


(1)  Roma  -  Lettere  Ministri  -  1741   -  Lettere  del  Contedi  Riveia,  Ambasciatore  di  S.  M.  il  Re  di 
Sardegna  presso  la  Corte  di  Roma. 


o02  SIGILLOGRAPHIE    DE    I.A    5.AV0IE  SCEAUX    RELIGIEUX 

cfiarge  d'un   cnsque  d'urgcni ,   dans   un    cartouche  avec   couronne   de    cointe ,  mitre , 
Grosse  et  chapeau  d'Évèque. 
Sans  legende. 

Plancho  Vii,  fig.  n"  tOU. 

Se  trouvo  sur  plusieurs  lettres  de  cet  Évéque  ejcistant  aux  arcliives  de  l'Économat 
general  à  Turin. 

L'évéque  J.-B"'  de  la  Palme  est  né  dans  le  domaine  patrinionial  de  la  Motte- 
Monfort  près  de  Chambéri  en  1753.  Il  a  été  chanoine  et  directour  du  séminaire  de 
Chambéri  en  1780.  Emigré  pendant  la  période  révolutionnaire,  il  a  écrit  à  cette  epoque 
plusieurs  ouvrages  de  théologie  :  Entretien  familier  d'un  émis.sair'e  constitutionneì 
atee  un  cntholiqnr  de  C.  (Chambéri);  Sccours  reìigicux :  Frincipes  catìtoliqucs 
JKstifies  etc. 

11  succèda  à  M.  André  de  Maistre  sur  le  siège  d'Aoste  en  1810  A  l'àge  de 
(>6  aus  ,  consacrò  à  Turin  le  1 1  Juillet .  il  y  préta  serment  le  lendemain,  et  prit 
possession  le  30  Juillet  de  la  méme  annéc.  Quatre  ans  plus  tard,  le  20  Juillet  1823. 
il  renon^a  à  l'épiscopat  et  se  retira  à  Chambéri  où  il  mourut  en  182(),  le  8  Février. 

Les  armes  des  la  Palme  sont  quelquefois  blasonnées  comme  suit  :  coupé  d'azur 
un  casquc  d'urgent  pose  de  face  et  d'argent  à  dettx  branchcs  de  imlmier  de  sinopie 
passées  en  sautoir  et  chargées  d'une  couronne  de  ìaurier  de  niènie  (1).  C'est  sans 
doute  cotte  exprossion  chargée ,  au  liou  de  sumiontée  ,  qui  a  fait  représenter  dans 
l'armorial  et  nobiliah-e  de  M.  A.  de  Foras.  cette  couronne  comme  entrelacée  dans  les 
deux  branches  de  palmier,  ce  qui  est  d'un  joli  aspect,  comme  dessin,  mais  contredit 
par  le  petit  raonument  que  nous  publions.  La  couronne  de  comte  rappelle  le  titre  de 
comte  de  Cogne  que  portaient  les  évèques  d'Aoste. 

André  Jourdain. 

(1832-185...) 

Sceau  rond  de   37   millim. 

Type :  Armes  de  l' Évéque:  de  sabìe  à  In  bande  onde'e  d'argent,  accompagnee  de 
deux  palmiers  de  sinopie  sur  une  ferrasse  de  niéme,  dans  un  cartouche  surmontc  des 
omemens  ordinaires  :  couronne  de  comte,  mitre,  crosse ,  croix  et  chapeau  A  houppes. 

Legende  : 

«j     ANDREAS   JOVRDAIN    EPISCOPVS    AVGVSTENSIS 
ET    COMES   CO  ■ .  .  [Cognie] 

Plancho  \|l,  fifr.   n"  101. 

D'après  une  empreinte  communitjuée  par  M'  le  chanoine  Bérard.  On  y  Toit  que 
le  Prélat  prend  son  titre  de  comte  de  la  vallèe  de  Cogne  sur  laquelle  ses  prédécesseui-s 


(I;  Archiv.  de  l'Ècmwmat. 


VAR    A.   DIFOUK    ET    F.   RABUT  303 

avant  la  revolution  et  dès  le  13*^  siede  avaient  une  autorité  <  jxx  rf  tìoììiiuluni )   égale 
à  celle  des  princes  dans  leurs  Btats. 

Mgr.  Jourdain  a  été  évéque  d'Aoste  de  1832  à  1859.  Il  est  né  à  Notre  Dame 
du  Villars  en  Mauiienne  en  1780.  Las  armes  qu'il  a  choisies  sont  des  armes  parlantes: 
la  bande  ondée  figurant  le  fleuve  Jourdain  comme  dans  les  armes  de  Sallanche , 
où  le  chevron  onde  figure  le  confluent  des  deux  Sallanches.  Son  portrait  a  été  li- 
thographié  à  Chambéri  par  le  peintre  Guille.  Mgr.  Joui'dain  était  commandeur  de 
rOrdre  des  Ss.   Maurice  et  Lazare.   Il  est  mort  à  Aoste  le   29  Mai   1859. 


ti.    ÉVÈQUES    DE    LAUSANNE. 


Guillaume  de  Champvent. 

1293. 

Sceau  ogival  de   50   niillini. 

Typc:  Le  Prélat  debout ,  bénissant  et  tenant  la  eresse,  accoste  d'un  croissant 
et  d'une  étoile  à  six  i-ais  (soleil).  , 

Legende  : 

VILLERfni  ■  DEI   .  C  .  €P1      LAVSA 

SiijiUiiiii    Vilìifiiii  Jhi  f/riit/d   Kpiìicopi   Lduttdììììeììsix. 

Planchfi  VIF,  fig.  ii"  102. 

Ce  sceau  en  ciré  jaunc^  pend  \)a\-  une  doublé  l)ande  du  parchemin  à  un  com- 
promis  fait  entre  les  comtes  Amédée  de  Savoie  et  Amédée  de  Genevois  il  propos  du 
nbàteau  de  Genève,  en  présencc  de  Guillaume  évéque  de  Lausanne  et  de  Aymon  de 
Quart  prévót  de  Lausanne  et  précenteur  de  la  grande  église  de  Lyon,  le  10  X'""'  1293 
à  Aix  (1).  Cet  acte  a  été  publié  par  la  Société  d'histoire  et  d'arcbéologie  de  Genève 
dans  le  VILI  volume  de  ses  mémoires.  ainsi  (lu'uii  autre  acte  du  30  Décembre  1287 
auquel  il  se  réfère  (pag.   257  et  272). 

Les  lOvéques  de  Lausanne  jìarvinrent  de  benne  lieure  à  relever  directement  de 
l'Empereur  et  pour  conserver  lem-  indépendance.  ils  contìaient  l'avouerie  à  des  seigueurs 
voisins  qui  étaient  leurs  protecteurs .  tels  que  les  (Jomtes  de  Genève ,  les  Ducs  de 
Zceringen,  les  Seigneurs  de  Faucigny  etc.  ;  apròs  une  ({uerelle  avec  le  Sire  de  Fau- 
cigny,  l'Evéque  raclieta  l'avouerie  en  122(5.  Mais  alors  la  lutto  s'engagea  avec  les 
princes  de  la  Maison  de  Savoie  qui  possódaient  dès  le  13'  siècle  la  plus  grande 
partie  des  terres  du  pays  de  Vaud.  Ces  terres  sont  domiées  en  apanage  à  Louis  de 
Vaud  frère  d'Amédée  V,  mais  elles  sont  raclietées  et  rentrent  dans  les  domaines  de 
la  branche  ainée  en   1359. 

Dès  1200,  l'évéque  Jean  accepte  la  ju-otection  du  comte  Pierre  et  lui  cède  la 
moitié  du  pouvoir  temporel.   Ces  conditions  furent  renouvellées  en   131tì   et   1343  et 


(1)  Archiv.  du  Royaume   -  Duchi'  de  Genevois  -  Paquet  2,  n"  i\  et  Genève,  )fr"  catég"  •  Paquet  5, 
n"  3. 


304  SIGILLOGRAPHIE    DE    l.\    SAVOIE  SCEAIX    RELIGIEl  X 

pendant  plus  de  deux  siècles  nous  sommes ,  à  Lausanne ,  sui-  teiTe  savoyarde.  Nous 
trouvons,  pendant  ce  temps,  les  Évéques  de  Lausanne  mélés  aux  affaires  des  Comtes  de 
Savoie.  C'est  pourquoi  nous  raettons  ici  les  sceaux  de  trois  Evèques  de  cotte  période. 
Guillaume  a  occupò  le  siége  de  Lausanne  de  1273  à  1300.  Il  obtient  en  12SHÌ 
une  charte  de  lempereur  Albert  qui  défend  à  Louis  de  Savoie  de  continuer  à  frapper 
des  monnoies  semblables  à  celles  de  l'Évéque  de  Lausanne  (1). 

Pierre  d'Oron. 

131(J. 

Sceau  ogival  de  67   millim. 

Typn:  Le  Prélat  debout  bénissant  et  tenant  la  eresse  tournée  en  dehoi-s. 
Legende  : 

S  ■  P€TRI  :  D€l  :  GR  :  €PI  :  LAVSANEN  • 

l'ianche  VII,  fìg.  n°  1(«. 

Ce  sceau  en  ciré  noire  pend  par  deux  bandes  du  parchemin  à  un  traité  d"alliance 
ou  de  confédération  forme  au  mois  d'Avril  1316  entro  Guillaume  comte  de  Genève, 
Girard  évèciue  de  Bàie  et  Pierre  évéque  de  Lausanne  contro  Louis  de  Savoie  seigneur 
de  Vaud,  auquel  ils  réclamaient  certains  droits  dont  ils  l'accusaient  de  s'étre  eraparé 
sui"  leurs  domaines  (2).  Nous  croyons  inédit  cet  acte  qui  a  été  signalé  dans  les  tableaux 
chronologiques  de  Cibrario   et  dans  le  régeste  de  la  Suisse  Komande. 

Au  dos  de  ce  sceau  est  empreint  un  contrescel  de  petite  dimension  et  de  forme 
ronde. 

Type:  Le  chàteau  que  l'on  voit  sur  les  monnoies  épiscopales  de  Lausanne,   ou 

plutót  le  sommet  d'un    éditìce    religieux   surmonté    d'une  croix  pattée ,  au  dessus  de 

laquelle  se  trouve  uno  autre  croix  semblable  .   (jui  pourrait  bien  n'étre  là  quo  pour 

marquer  le  commencement  de  la  legende. 

Legende  : 

4-    S  •  AIMONIS 

Secr  ef  Hill     Aìììiov/s. 

Pianelle  Vii,    fig.  n"  )U-t. 

Quel  est  cet  Aimon  dont  le  uom  figure  sur  ce  contre-sceau  ?  Est-ce  colui  du 
prcvòt  de  Lausanne,  Aimon  du  Quart.  t[uc  nous  avons  vu  figurer  dans  l'acte  de  1293, 
au  bas  duquel  pend  le  sceau  de  Guillaume  ile  Champvent  ?  Mais  il  ùtait  devenu  Evèque 
de  Genève  en  1304  et  il  était  mort  en  1311!  Serait-ce  alors  un  de  ses  sceaux  reste 
à  l'évéclié  de  Lausanne  et  dont  l'évéque  PieiTe  se  sei-vait  comme  contre-sceau  ?  Nous 
ne  pouvons  trancher  la  question. 

Pierre  d'Oron  a  occui)é  le  siége  épiscopal  de  Lausanne  de    1313  à    1323. 


(1'  Mémoircs  de  la  Suisse  liomande,  tome  VII,  pag.  75. 

(2)  Archiv.  du  Roi/aume  -  Duché  de  Gonevois  -  Paquet  4,  a" 


PAK    A.    DUFOUR    ET    F.    RABUT  305 

Jean  de  Rossillon. 

(1335-1341). 

Sceau  ogiva]  de   G8  millim. 

Type  :  Trois  niches  surmontées  de  clochetons  artistement  enchevètrés ,  occupent 
les  deux  tiers  du  sceau:  dans  celle  du  milieu,  plus  grande  que  les  autres,  et  ogivale, 
la  Vierge  debout  tenant  l'enfant  Jesus  ;  dans  les  niches  latérales  à  plein  cintre ,  on 
voit  à  droite  un  Saint  qui  tient  deux  clefs  (S'-Pierre)  et  à  gauche  un  Saint  qui 
tient  devant  lui  un  attribut  difficile  à  déterminer ,  peut-étre  un  agneau  (  S'-Jean  )  ? 
Dans  le  tiers  inférieur  du  sceau  ,  on  voit  au  milieu  le  Prélat  agenouillé ,  mitre  et 
Grosse.  Dans  une  niche  à  plein  cintre,  surbaissé  et  de  chaque  coté  un  écu  ogival  dont 
le  meublé  est  une  croix  pleine  (armes  des   Rossillon  )   de  sable  à  la  croix  d'argnit. 

Legende.   En  capitales  gothiques  : 

S-IOlilS   MISERATIONE   D A  .  EPISCOPI    LAVSAN  . 

Siglllum  Jolumnis  miseratione  Divina  Episcopi  Lausannensis. 
Pianelle  VII,  fig.  u«  105. 

Le  médailler  du  Roi  à  Turi»  possedè  deux  exemplaires  de  ce  sceau,    qui    sont 

détachés  des  chartes  c^uils  authentiquaient  et  tous  les  deux  ont  au  revers  un  contrescel 

différent.  L'un  d'eux  en  ciré  verte  pendait  par  des  cordons  de  soie  rouge.  Son  contrescel 

anépigraphe  a  pour  type  un  sautoir  cantonné  de  quatre  feuillcs  de  tre'fle  et  chnrgé 

au  centre  d'une  rose. 

Planche   VII,  fig.  n"  loti. 

L'autre  pendait  à  une  bande  du  velin.  Son  contresceau  porte  les  quatre  lettres 
ORBA  disposées  en  croix  avec  un  jioint  au  centre. 

Planche  VII,    fig.  n"  107. 

Orba,  est  le  nom  d'une  ville  ancienne  du  pays  de  Vaud  ;  Orbe,  qui  a  appartenu 
à  la  Maison  de  Savoie  et  qui  est  situé  sur  une  rivière  du  méme  nom. 

/.    ÉYÉQUES    DE    PIGNEROL. 


Jean  Baptiste  d'Orlìé. 

1749. 

Sceau  rond  de   50   millim. 

Type:  Ai'mes  de  la  famille  du  Prélat  d'or  à  l'ours  leve  en  pied  de  sable  {1} , 
alias  à  l'ours  accroupi  de  sable  (2),  mais  avec  un  détail  de  plus,  un  collier  au  cou 
de  l'ours,  dans  un  cartouche  ayant  poui-  supports  deux  ours  également  accolés,  avec 
les  ornemens  épiscopaux  ordinaires,   couronne  ducale,  mitre,   crosse  et  chapeau. 


(1)  Menétrier,  Nouvelle  meihode  raisonné  du  blason. 

(2)  Besson  ;  -  Archiv.  de  la  Chambre,  Blason. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV.  39 


306  SIOILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAIX    RELIGIEUX 

Légeììdf  : 

*    JOHANNES  •  BAPT  •  EPISC  •  PINEROLIENSIS  •  ET  ■  PREPOS  • 
VLTIENSIS  • 

Planche  VII,  fig.  n°  108. 

L'actp.  où  se  trouve  plaqué  ce  sccau  nous  a  été  communiqué  par  labbé  Caffarati 
cure  de  l'abbaye  près  Pignerol. 

La  famille  d'Orlié  de  S'-Innocent  est  une  des  anciennes  familles  de  la  Savoie 
qui  n'est  pas  encore  éteinte.  Elle  a  donne  plusieurs  fonctionnaires  à  l'Etat  et  à  lEglise. 
Jean  Baptiste  nacquit  à  Chambéri  en  1709;  il  fut  dii-ecteur  de  la  Superga  et  premier 
Évéque  de  Pignerol  en  1749.  Nòtre  sceau  noua  apprend  qu'il  fut  aussi  prévòt  d'Oulx. 
Il  mourut  en  1795  dans  un  àge  très-avancé.  Ses  inandements  ont  été  recueilUs  et 
publiés  en  un  volume  in-S"  par  les  frères  Reycend  à  Turin. 

K.     ÉYÉQUES    DE    DIE. 


Amédée  de  Genève. 

1256. 

Sceau  ogival  de  45  millim. 

Typc:  Prélat  debout  bénissant  et  tenant  la  crosse  tournée  en  dedans. 

Legende  : 

JL.    S  •  AM€D€I  •  DieNSIS  •  €PI  • 

Pianelle  VII,  fig.  n"  109. 

Sceau  en  ciré  noire.  pendant  par  une  doublé  attaché  de  fil  à  l'acte  de  donation, 
faite  par  Agnès  comtesse  de  Genève  à  son  fils  Rodolphc,  du  cliàteau  de  Cornillon,  etc. 
du  5  Octobre  (8  nonas  Oct.)  1256,  acte  où  le  Prélat,  parent  des  parties,  est  témoin 
avec  le  prieur  de  Talloires  et  le  prieur  de  Pomier  qui  y  ont  aussi  mis  leurs  sceaux  (1). 

L'évéque  Amédée  était  fils  de  Guillaume  II,  comte  de  Genevois  et  de  Alix  de 
la  Tour  du  Pin  qui  cèda  à  son  fils,  frère  ainé  de  rJJvéque,  le  comte  Rodolphe,  le 
chàteau  de  Cornillon,  le  territoirc  du  Bornant,  le  fief  de  Duing  et  ses  droits  sur  la 
vallèe  et  les  nobles  des  Clès  et  sur  le  Sénéclial  d'Anneci,  le  tout  contre  une  somme 
de  cent  marcs  dargent.  Cette  donation  a  été  publiée  dans  les  mémoires  de  la  Société 
d'histoire  et  d'archeologie  de  Genève  (2). 

Amédée  de  Genevois  avait  été  chanoine  de  Lausanne  en  1239,  prévòt  de  Lausanne 
en   1247,  évèque  de  Die  en   1251   jusqu'à  sa  mort.  arrivée  en   1275. 

L'évéché  de  Die  (Dea  vocontiorum)  passe  pour  un  des  plus  anciens  de  la  Gaule. 
11  fut  réuni  à  celui  de  Valence  en  1276,  mais  il  en  fut  séparé  en  1687;  et  sup- 
primé  en   1790. 

Nous  avons  trouvé  un  autre  sceau  de  l'évr-quc  Amédée,  de  la  fin  de  son  èpiscopat, 
différent  un  peu  du  premier  par  la  legende  et  par  le  dessin  du  type. 


(1)  Architi,  du,  Royaume  -  Ducbó  de  Genevois  -  Paqust  1,  n"  i3. 

(2)  Tome  XIV,  pag.  389. 


PAR    A.   DUFOUR    ET    F.   RABUT  301 


Flanche  VII,  fig.  n"  llu. 


11  pend  par  une  tresse  assez  large  de  fil  vert  au  testament  du  Prélat  qui  fait 
héritier  son  neveu  le  comte  Aimon  li,  à  la  date  du  21  Janyier  1275,  l'année  de  sa 
mort.   L'évèque  de  Valence,  Amédée  de  Koussillon,  met  aussi  son  sceau  à  cet  acte  (1). 

Le  sceau  de  l'Evéque  de  Die  porte  au  revers  un  joli  contre-sceau  de  forme  ronde. 

Type:  Buste  du  Prélat  mitre  accompagné  d'un  croissant  et  d'une  étoile. 

Legende  : 

A  S-  S€CR€TI  •  epi     DVeN  • 

Siy illuni  secreti  Episcopi  Dyensis. 
Pianelle  VII,  fig.    n"  MI. 

Le  testament  d'Amédée  de  Genevois  a  été  publié  par  la  Société  d'histoii'e  et 
d'archeologie  de  Genève,   Tome  XIV,   pag.   40.5. 

Jean  II  de  Genève  évéque  de  'Valence  et  de  Die. 

1287. 

Sceau  ogival  de  67   millim. 

Type  :  Le  Prélat  debout.  bénissant  et  teuant  Li  eresse  touniée  en  déhors. 
Legende  : 

SFRIS-  lOhlS  ■  D S-  €••  VALENTIN  •  €PI  • 

Sigìllum  Fratris  Johannis  Diensis  H   Valentinensis  Episcopi. 

Flanche  VII,  fig.  n"  112. 

Pend  en  ciré  jaune  par  deux  baiules  du  parcliemin  à  l'acte  du  22  Novembre  1287, 
date  d'Annemasse,  par  lequel  le  comte  de  Genève  Amédée  11  promet  de  défendre  le 
comte  de  Savoie  et  de  lui  ètre  fidèle ,  et  donne  pour  garant  de  cette  promesse  son 
frère  Jean  évéque  de  Die  et  de  Valence,  l'Archevèque  de  Vienne  et  les  Evéques  de 
Langres  et  de  Lausanne  (2).  Cet  acte  a  été  èdite  par  la  Société  d'hist.  et  d'archéol. 
de  Genève  avec  deux  autres  signés  le  mème  jour ,  au  mème  lieu  ,  cntre  les  mèmes 
parties,   qui  terminaient  ainsi  leurs  querelles  (3). 

L'évèque  Jean  était  lils  du  comte  Rodolphe  dont  nous  avons  parie  précédemment 
et  de  d.""  Marie  de  Coligni.  il  est  signalé  en  1280  comme  abbé  du  monastèro  de 
S'-Seine  (Còte  d'Or).  11  figure  en  cette  quaUté  dans  le  testament  de  son  frère  Aimon  li 
dont  il  est  un  des  exécuteurs  testamentaires.  L'évécbé  de  Die  ayaut  été  réuni  en  1270 
à  celui  de  Valence  cette  année,  Amédée  I  de  Roussilloti  et  ses  successeurs  portent  le 
titre  d'évéques  de  Valence  et  de  Die.  Jean  li  de  Genève  fut  évéque  de  1283  à  1297. 


(1)  Mais  ce  sceau,  de  grande  dimension,  est  en  très-mauvais  état. 

(2)  Arehiv  du  Roi/aume  -   Duché  de  Genevois  -  Paquet  2,  n°  6. 
(3^  Regeste  Genevois  -  Llllin  et  Lepori. 


308  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX. 

L.    ÉVÉQUES    DE    HEREFORT 


Pierre  d'Aigueblanche. 

1251. 

Sceau  ogival  de  80  millim. 

Type:  L'Évèque  debout,  sur  une  console  ornée  de  feuilles,  bénit  et  tient  la  eresse; 
sa  chasuble  est  fermée  par  une  grosse  agrafe  ;  de  chaque  coté  du  Prélat  une  tète 
humaiiie  dans  un  entourage  ou  cadre  à  huit  lobes  inégaux.  Au  dessous  de  celle  de 
droite,  un  objet  qu'on  ne  peut  déterminer,  et  au  dessous  de  celle  de  gauche  une  fleur 
de  lys  héraldique. 

Legende.   En  capitales  gothiques  : 

. . .  €TRVS 1  :  GRACIA  :  HeR€FORD€NSlS  :  6PISCOP  • 

Petrus  Dei  grada  Herefordensis  Episcoptis. 
Planche  VII.   fig.  n"  113. 

Ce  sceau  en  ciré  jaune  pend  i)ar  une  bande  du  velin  à  lacte  que  nous  ayons 
déjà  signalé  en  parlant  du  sceau  d'Aimon  II  de  Grandson  évéque  de  Genève.  Les 
deux  Prélats  ont  scellé  cette  cession  d'Aimon  de  Faucigny  à  sa  fille  Agnès  et  à  son 
mai'i  Pierre  de  Savoie  de  toutes  ses  terres.  Acte  qui  a  été  souvent  publié,  par  Guichenon, 
dans  les  Monumenta  storiae  pafriac  et  par  Wurstemberger. 

Pierre  d'Aigueblanche,  évcquc  d"Herefort,  chef-lieu  du  comté  de  ce  noni,  sur 
la  Wye,  revint  mourir  dans  sa  patrie.  Il  avait  fonde  à  Aiguebelle  la  collegiale  de 
S'^-Catherine  en  1254.  Cette  collegiale  comprenait  13  chanoines,  4  diacres,  4  sous- 
diacres  et  14  bénéficiers.  Il  mourut  à  Aiguebelle  en  1269  et  y  fut  enseveli  dans  un 
magnifique  tombcau  en  bronze  avec  cette  inscription  : 

Hic  Jacet  V.  Pater  D.  Petrus  Herfordiensis  episcopus  fimdator  et  dotntor 
Inijus  ecclesie  qui  obiit  quarto  Kal.  decembris  (28  O'"'")  12r)0.  Hoc  opus  fecit  Henricus 
de  Colonia. 

Pierre  d'Aigueblanche  avait  été  chanoine  de  Genève;  il  avait  applique  à  l'oeuvi-e 
de  la  collegiale  d'Aiguebelle  de  nombreux  biens  qu'il  avait  acquis  en  Savoie  et  des 
maisons  qu'il  possédait  à  Lyon  et  à  Paris.  Il  donna  par  testamcnt  le  droit  de  pa- 
tronage à  son  neveu  Ayméric  de  Brian^on. 


309 


TABLE 


Ptanche 

Fig. 

I 

1 

)) 

2-3 

i> 

4 

» 

5 

» 

6 

Introduction         Pag.  217 

I. 
CLERGÉ  SÉCULIER. 

1"  Cardinaux  et  Protonotaires  apostoliques. 

Date  Page 

Le  cardinal  Maurice  de  Savoie      1627  219 

id.        Gerdil 1788-1794  220 

Le  Protonotaire  apostolique  Robert  de  Genève      1359  223 

id.                        Philippe  de  Compey     ....    1488  224 

id.                        Tean  Orioi 15..  226 

2*>  Arcbevéques. 

A.  Archevéques  de  Tarentaisc. 

rierluin 1238  228         ..               7 

Bertrand  de  Bertrand 1310-1318  229         »               8 

Jean  de  Bertrand  cu  Jean  IH 1358  230         »               9 

.Jean  de  Bertrand  ou  Jean  V      1432  231         »             10 

Joseph  de  Parpaglia 1568  232       II             11 

Jean  Francois  Berliel,  baron  du  Bourget 1602  233         "             12 

Francois  .4médée  Milliot 1661  235         »             13 

Francois  Amédée  Milliet  d'.Vrvillars 1734  236         »             14 

Claude  Humbert  de  Roland  ou  Rolland       1752  237         »             lo 

Gaspard  Auguste  Laurent  de  S"-Agnès      1772-1783  238         »             16 

Joseph  de  Montfalcon  du  Gengle 1785-1793  240         »              17 

B.  Archevéques  de  Chambéri. 

Anloine  Martinet 1828-1839  241         ..             18 

Vacance  du  siége  de  Chambéri 1839-1840  242        »            19 

Alexis  Billiet 1840-1873  243         »             20 

C.  Archevéques  de  Lyon. 

Philippe  de  Savoie 1248-1250-1256  244         »             21 

Pierre  III  de  Savoie      .    . 1331  245         »             22 


310  SIGILLOGRAPHIE    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

D.  Archevéques  d Auch. 

Date  Page       Plancht          Fig. 

Francois  <\e  Savoie 1485  246      III            23 

E.  Arrhevéqties  de  Turin. 

Claude  de  Seyssel 1518  248        »        24-25 

Id.              1519  249         »             26 

Philibert  Milliet 1622  251         »            27 

F.  Archevéques  de  Oènes. 

André  Charvaz 1352  252         .             28 

3"  Évéques. 
A.  Évéques  de  Maurienne. 

Aymar 1231  253         »             29 

Pierre  IV  de  Guèlis 1272  254        »            30 

Aimon  I  de  Miolan 1278  255         ■>       31-32 

Aimon  II  de  Miolan 1314  256         »             33 

Chapitre  de  S'-Jean  de  Maurienne 13U  257         »             34 

Aimon  III  de  Gerbaix 1432  258         »             35 

Pierre  de  Lambert 1567-1591  259        »            36 

Hercule  Berzetti 1658-1686  260         »             37 

Francois  Hyacinthe  Valperga  de  Masin 1687-1736  260       IV            38 

Ignace  Dominique  Grisella  de  Rosignan 1741-1756  261         »             39 

Charles  Filippa  de  Martiniana 1751-1779  262         »             40 

B.  Évéques  de  Genève  et  d'Anneci. 

Aymon  de  Grandson 1251  263 

Aimon  III  de  Menlhonay 1268-1273  264 

Robert  II  de  Genève 1285  265 

Guillaume  de  Connans 1290  266 

Tribunal  de  ronìcialité  de  Genève 1290  267 

Martin  de  S'-Germain        1301  267 

Aimon  de  Quart 1305-1308  268 

Pierre  II  de  Faucigny 1312-1316-1319-1329  269 

Alamand  de  S'-Jéoire 1346  271 

Chapitre  de  l'église  de  Genève xv'  siede  272 

Chapitre  de  Genève 1317  272 

Oflìcialilé  du  Tribunal  de  Genève 1419  273 

Jean  de  Bertrand 1411-1413  273 

Officiante  de  l'Évéché  de  Ginève  (Amé  de  Savoie)    ....    1445  275 


B 

41-42 

» 

43 

» 

44 

» 

45 

1) 

46-47 

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48 

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49 

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50-1-2 

V 

53 

» 

54 

» 

55 

» 

56 

1) 

57-58 

» 

59-60 

PAR    A.    DUFOUR    ET    F.    RABUT  311 

Date  Page  Fianchi          Fig. 

Jean  de  Savoie 1517  075  „  gj 

I-'rancois  Bachod 1567  276  »  62 

Ange  Justinien 1576  276  »  63 

Claude  de  dranier 1587  277  »  64 

S'-Francois  de  Sales 1602-1622  278  .      65-6-7 

Jean  Francois  de  Sales 1622-1635  279  »  63 

Vacance  du  siége 1637  279  »  69 

Juste  Guérin -1642  280  »  70 

Jean  d'Arenthon  d'Alex 1673-1676  280  »  71 

Michel  Gabriel  de  Rossillon  de  Bernex 1699  281  »  72 

Officiante  du  diocèse  de  Genève 1760  282  n  73 

Jean  Pierre  Biord 1764-1785  282  »  74 

Claude  Francois  de  Thiollaz 1826  283  VI  75 

Pierre  Joseph  Rey 1833-1842  284  »  76 

Louis  Renda 1843-1859  284  »  77 

Vacance  du  siége 285  »  78 

Officiante  de  l'Évèché  d'Anneci 285  »  79 

C.  Écéques  de  Chanìòéri. 

Michel  Conseil 1780-1793  286  »  80 

I<1-              286  ..  81 

D.  Évéques  de  Moutiers  de  Tarentaise. 

Vacance  du  siége  -  Chapitre  de  Moutiers 1336-1838  287  »  82 

Jean  Francois  Marcellin  Turinaz 1838-186.  288  »  83 

E.  Évéques  de  Grenoble. 

l-'alcon      1264  288  »  84 

Tribunal  du  Doyen  do  S'-Andrè xiii'  siede  289  »  85 

Officiante  de  Chambéri  pour  l'Évéque  de  Grenoble  ....    1399  290  »  86 

Officialité  du  Décanal  de  Savoie  (Laurent  Allamand)      1510-1516  291  »  87 

Pierre  II  Scarron 1632  292  »  88 

Olficialité  du  Décanat  de  Savoie  (Pierre  II  Scarron)  ....    1632  292  »  89 

Id.                            (Ennemond  Allamand)   .    .    1728  293  »  90 

F.  Évéques  de  Belley. 

Jean  II 1255  293  »  91 

Berlion  II  d'Amesin  alias  Werlio 1273  294 ->     »  92 

Pierre  III  de  la  Beaume 1297  295  »  93 

Thomas  li 1310  296  »  94 

Guillerme  III  Didier 1432  297     VII  95 


312  SIGILLOGRAPHIB    DE    LA    SAVOIE  SCEAUX    RELIGIEUX 

G.  Évéques  d  Aoste. 

Date  Page  Plancht          Fig. 

Philibert  Milliet 1658  298  VII  96 

Olficialité  du  diocèse  d'Aoste  sous  Bally 1690  299  »  97 

Francois  Amédée  Milliet 1699-1727  299  »  98 

Pierre  Francois  de  Sales 1774  300  »  99 

Jean-Baptiste-Marie  Aubriot  de  la  Palme 1819-1823  301  »  100 

Andre  Jourdain 1832-1859  302  •  101 

H.  Évéques  de  Lausanne. 

Guillaume  de  Champvent 1293  303  »  102 

Pierre  d'Oron 1316  304  »  103-4 

Jean  de  Rossillon      1335-1341  305  d  105-7 

I.  Évéques  de  Pignerol. 

Jean  Baptisle  d'Orlié 1749  305  »  108 

K.  Évéques  de  Die. 

Amédée  de  Genève 1256  306  »      109-11 

Jean  II  de  Genève,  évéque  de  Valence  et  de  Die     ...       1287  307  »  112 

L.  Évéqìies  de  Herefort 

Pierre  d'Aigueblanche 1251  308  »  113 


Cai-dinauji ,  Praloiwlaues   aposf  L    .  irclì('\-iyues 


l'Iaiu/ic  .1.    /. 


N°2 


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^Archevèques 


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N°108 


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'/èrtiiali/.F'''/k)ijen 


313 


CARLO   BONCOMPAGNI 


DI  MOMBELLO 


COMMEMORAZIONE 

LETTA    DAL    SOCIO 

GIUSEPPE      CARLE 

nella  adunanza  del  4  Dicembre  1881 


Mio  intendimento  non  è  quello  di  tessere  un  elogio  alla  memoria  di  Carlo 
BoNCOMPAGNi,  elogio,  che  sarebbe  inopportuno  per  parto  di  un  discepolo,  che  adempie 
peritoso  all'incarico  affidatogli  di  commemorare  la  vita  e  le  opere  di  un  illustre  e  venerato 
Maestro,  nò  quello  parimenti  di  descrivere  minutamente  la  sua  vita,  che  già  fu  rian- 
data con  memore  affetto  dal  nostro  illustre  Presidente,  e  da  altri  più  compe- 
tenti di  me. 

Il  mio  proposito  è  più  modesto  :  quello  cioè  di  richiamare  a  grandi  tratti  la  nobile 
figura  di  quell'Illustre,  di  cui  deploriamo  la  perdita,  riproducendone  le  idee,  adope- 
randone il  linguaggio,  e  descrivendo  gli  intenti  generosi,  che  ne  ispirarono  il  cuore  e 
ne  guidarono  la  mente  :  cose  tutte  che  mi  è  lecito  desumere  dai  fatti  a  cui  ha  preso 
parte,  e  dalle  opere  clie  ci  ha  lasciate. 


Consentitemi  pertanto,  che  io  prenda  senz'altro  le  mosse  da  un  concetto,  che  egli 
ebbe  occasione  di  svolgere  cos'i  nel  conversare  privato,  come  nel  pubblico  inse- 
gnamento. 

Chiedevasi  il  Boncompagni  la  ragione,  per  cui  oggi  apparisse  pressoché  posta  in 
disparte  quella  questione,  tanto  agitata  nell'antichità  e  ne"  tempi  di  mezzo,  intorno  alla 
preferenza  da  attribuirsi  alla  vita  speculativa  od  alla  vita  pratica,  e,  dopo  un  largo 
discorso  sulle  varie  condizioni  dei  tempi,  veniva  a  conchiudere  che  una  tale  questione 
soleva  riprodursi  ogni  qual  volta  per  la  tristezza  dei  tempi  gli  onesti  uomini  ed  i 
vigorosi  ingegni  erano  costretti  a  rifugiarsi  nella  solitaria  speculazione;  ma  aggiungeva 
Seeie  il  Tom.  XXXIV  40 


314  I.A    VITA    K    LE    OPERE    DI    CARLO    BONCOMPAGXI 

rispondere  maggiormente  airequilibrio  delle  facoltà  umane,  che  l'uomo  dovesse  cercare 
di  svolgersi  sotto  l'aspetto  s^jeculativo  e  pratico  ad  un  tempo  (1). 

Farmi,  Onorandi  Colleghi,  che  Tlilustre  Uomo  abbia  in  tale  occasione  descritto 
se  stesso  e  compendiata  m  brevi  parole  la  propria  vita.  —  Nato  in  tempi  in  cui 
quasi  non  era  lecito  sperare  gli  avvenimenti  che  seguirono  dappoi,  egli  si  raccolse 
dapprima  a  meditare  sulle  condizioni  e  sulle  aspirazioni  del  suo  paese,  ma,  appena  si  palesò 
un  risveglio  nella  vita  pubblica  ed  intellettuale  dei  medesimo,  passò  senz'altro  dalla 
speculazione  all'azione,  e  cercò,  come  ebbe  a  dire  di  lui  il  suo  amico  Giovanni  An- 
tonio Raineri,  di  tradurre  nella  vita  e  nella  società  i  concetti  che  si  era  venuto  for-. 
mando  nella  solitudine  e  nella  meditazione.  Di  ijui  provenne,  clie  le  cure  travagliose 
della  vita  pubblica  non  lo  distolsero  mai  intieramente  dalle  meditazioni  scientifiche, 
e  che  queste  gli  somministrarono  costantemente  le  norme  che  gli  furono  di  guida 
nella  vita  pubblica  e  privata.  Vi  fu  così  in  lui  una  maravigliosa  concordia  fra  il 
pensiero  e  l'azione,  e  come  i  suoi  studi  sempre  ebbero  di  mira  il  bene  della  società 
e  della  patria,  così  le  circostanze  della  sua  vita  e  gli  avvenimenti  del  giorno  gli  som- 
ministrarono quotidiano  argomento  di  meditazione  e  di  studio. 

Questo  è,  a  parer  mio,  il  carattere  dell'Uomo:  quello  che  ci  spiega  la  parte  viva 
da  lui  presa  a  tutti  i  problemi  che  agitarono  i  suoi  tempi,  il  suo  passare  senza  ram- 
marico dai  più  alti  uffici  della  vita  pubblica  alla  tranquillità  dei  proprii  studi  e  della 
propria  famiglia,  la  sua  costante  abnegazione  nel  servire  la  patria,  e  la  sua  incom- 
parabile modestia  dopo  averla  servita,  ed  è  quello  parimenti  che  può  condurci  a  seguire 
il  formarsi  e  lo  svolgersi  della  sua  mente  e  1'  indirizzo  che  egli  credette  di  impri- 
mere ai  suoi  studi. 


I. 


Nacque  (Jaklo  Boncojii'A(;ni  in  questa  città  il  25  Luglio  1804  da  Ludovico 
BONCCMPAGNi  e  da  Sara  Pastoris  di  Saluggia.  Studi  recenti  lianno  meglio  comprovato 
che  le  origini  della  sua  famiglia  rimontano  a  quel  Dino  Compagni .  riguardo  a  cui 
potè  essere  messa  in  dubbio  l'autenticità  della  Cronica,  ma  non  la  qualità  di  ottimo 
e  di  grande  cittadino  (2).  1  suoi  antenati  tuttavia  avevano  abbandonato  il  servizio 
del  Gran  Duca  di  Toscana  fin  dalla  metà  del  secolo  XVII,  ed  erano  passati  a  mili- 
tare in  Piemonte,  dove  il  nome  dei  Compagni  fu  portato  onoratamente  in  più  di  una 
battaglia.    Fin  dal    l(i(iO   un  suo  antenato,   Carlo  Francesco  Vittorio  Compagni,   dopo 


(1)  Il  Bo.NCOMPAUNl  trattò  la  questione  di  cui  qui  si  tratta  nell'  inaugurazione  al  suo  coreo  di 
Diritto  Costituzionale  nella  R.  Università  di  Torino  nell'anno  scolastico  lb76-77  ,  ma  quella  lezione 
non  fu  pubblicata. 

(2)  E  da  vedersi  a  questo  proposito  l'erudita  opera  di  Isidoro  Del  Lungo  :  Dino  Compagni  e  la 
sua  Cronica.  Voi.  1°,  Parte  II,  Gap.  XX,  pag.  1032.  Tra  i  documenti  annessi  allo  stesso  volume, 
Parte  II,  trovasi  l'albero  genealogico  della  famiglia  Compagni. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  315 

aver  comprovata  la  sua  nobiltà  (1),  era  stato  ascritto  alla  milizia  dei  Ss.  Maurizio  e 
Lazzaro ,  ed  investito  della  Contèa  di  Mombello ,  di  cui  trasmise  il  titolo  ai  proprii 
eredi.  Il  padre  del  nostro  Carlo,  Ludovico  Boncompagni,  fu  il  primo  della  famiglia 
che  lasciasse  le  anni  o  il  sacerdozio  per  avviarsi  alla  nobile  carriera  di  Magistrato  , 
di  cui  giovane  ancora  ebbe  a  percorrere  i  più  alti  gradi  sotto  la  dominazione  francese. 
Da  un  libro  clie  ci  rimane  di  lui  col  titolo  «  Analisi  clclìr  immogenitnrp  »,  pubblicato 
nel  1789,  egli  appare  seguace  sviscerato  delle  idee  liberali,  ma  ardito  e  sincero  abba- 
stanza per  combattere  un  decreto  della  Kepubblica  Francese  del  27  Frimaio  anno  VII, 
il  quale,  conservando  le  lìrimogniiture  e  i  fidecommessi,  si  metteva  in  conti'addizione 
coi  principii  die  avevano  ispirata  la  rivoluzione  francese  (2).  Per  causa  dell'uffizio  del 
padre  i  primi  anni  di  Carlo  Bokcompagni  trascorsero  ora  a  Torino,  ora  a  Firenze,  ora 
a  Conflans  in  Savoia,  e  in  questi  varii  luoghi  egli  ricevette  la  prima  educazione  ed 
istruzione  dalla  sua  madre ,  gentildonna  profondamente  religiosa  e  pia,  che  in  tempi 
agitati  ed  irrequieti  seppe  dimostrare,  anche  nelle  sventure,  quel  carattere  equanime 
ed  inalterabilmente  sereno,  che  pur  trasmise  al  proprio  figlio.  Dopo  la  morte  imma- 
tura del  padre,  avvenuta  nel  1815,  il  Boncompagni  ritornò  colla  madre  in  Torino, 
dove,  compiuti  gli  studi  secondari  nelle  RE.  Scuole  dette  del  Carmine,  intraprese  a 
quindici  anni  gli  studi  legali  in  questa  Università. 

Troppo  giovine  ancora  per  aver  preso  parte  ai  moti  del  21,  non  fu  però  estraneo 
a  quel  fermento  letterario  e  politico,  che  era  un  carattere  della  vita  universitaria  a 
quei  tempi.  Risulta  da  memorie  trovatesi  fra  le  sue  carte,  che  egli  con  Pinelli,  con 
Sappa  e  con  altri  entrò  a  far  parte  della  Società  o  Circolo  denominato  dei  figli  di 
Dante ,  nella  iiuale  ebbe  il  soprannome  di  Benevolo,  e  di  cui  egU  ebbe  per  (jualche 
tempo  la  presidenza.  Fra  le  lettui'e  o  conferenze  da  lui  tenute  in  quel  Circolo  ve  n'ha 
una  in  cui  discorse  del  drspotismo  nella  Grecia  antica  ;  il  che  comprova,  quanto 
egli  stesso  ebbe  a  narrare  più  tardi,  che  quindicenne  appena  senti  nascere  e  svolgersi 
nella  sua  mente  una  naturale  propensione  per  gli  studi  relativi  alla  costituzione  ed 
al  reggimento  degli  Stati  (•'<). 

All'età  di  20  anni  conseguiva  la  laurea,  e  due  anni  dopo  si  avviava  alla  carriera 
stessa  del  genitore.  Mediante  la  sua  capacità  ed  il  suo  zelo  potè  in  breve  numero 
d'anni  percorrerne  i  varii  gradi  da  Sostituito  Avvocato  dei  poveri,  quale  lo  troviamo 
nel  1830,  a  Membro  del  Senato,  alla  qual  dignità  pervenne  nel   1845. 


(1)  Narra  a  questo  proposito  l'Autore  precitato  che  vi  fu  in  questa  occasione  un  lungo  e  laborioso 
processo  intorno  alla  nobiltà  della  famiglia  dei  Boncompagni,  al  quale  partecipò  come  testimone  Carlo 
Strozzi.  U  Carlo  Bonco.mpaoni  poi,  in  una  sua  lettera  al  Del  Lungo,  manifestava  l'avviso  che  l'aggiunta 
del  BoN  al  cognome  di  famiglia  rimontasse  alla  sua  bisavola  nata  Balbo,  moglie  di  Ludovico  Maria 
conte  di  Mombello,  morto  nel  n58,  argomentandolo  da  ciò  che  sui  libri  della  medesima  occorrevano 
entrambe  le  denominazioni. 

(2)  11  titolo  di  quest'opuscolo  è  il  seguente:  Analisi  delle  primogeniture,  al  Popolo  subalpino,  al 
Governo  che  lo  rappresenta,  alla  Francia  protettrice,  con  petizione  a  prò  dei  secondogeniti  e  dei  cre- 
ditori, del  cittadino  Ludovico  Boncompagni.  Torino,  anno  7°,  dalla  stamperia  del  cittadino  Fea.  Esso 
porta  la  seguente  epigrafe  tratta  dal  Filangeri,  Scienza  della  legislazione,  Cap.  36,  Non  hanno  i 
figli  un  diritto  comune  alla  eredità  del  padre? 

(3)  Ciò  narra  il  Boncompagni  nella  prolusione  al  corso  di  Diritto  Costituzionale  nella  R.  Università 
di  Roma,  fatta  addì  3  P'ebbraio  1873.  Roma,  1874.  Devo  poi  questi  cenni  di  fatto  alla  cortesia  del 
genero  del  Boncompagni,  Avvocato  Luigi  Amedeo  di  Lamporo. 


316  l'A    VITA    E    r.E    OPERE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

L'esercizio  della  Magistratura  ha  avuto  sulla  mente  e  sull'ingegno  del  Bon'coìipagsi 
una  influenza ,  di  cui  si  possono  scorgere  le  traccie  per  tutta  la  sua  vita.  Mentre 
i  doveri  del  proprio  uffizio  gli  porsero  occasione  di  perfe2donare  e  di  svolgere  le  sue 
larghe  conoscenze  nella  Giui-isprudenza  Romana,  Canonica  e  Civile  (come  lo  compro- 
vano le  sue  conclusioni  (^ual  Sostituito  Procuratore  Generale,  e  le  sue  sentenze  quale 
Membro  del  Senato,  di  cui  molte  furono  fatte  di  pubblica  ragione  nei  giornali  giu- 
ridici di  quel  tempo);  egli  trovò  ancora  tempo  e  modo  per  continuare  quelle  medi- 
tazioni giuridiche  e  politiche,  che  rimontavano  alla  sua  prima  gioventù,  e  per  esten- 
dere quegli  studi  storici  e  filosofici,  sovra  cui  doveva  fondare  più  tardi  le  sue  dottrine 
costituzionali  (1).  Fu  parimenti  in  questo  periodo  di  tempo,  che  egli,  o  quale  membro 
della  Commissione  di  statistica,  o  quale  promotore  degli  Asili  di  Infanzia,  o  qual 
collaboratore  in  questo  o  quel  giornale,  rannodò  quelle  forti  amicizie,  a  cui  si  man- 
tenne poscia  costantemente  fedele;  come  pui-e  fu  in  (juesto  tempo  che  egli  cominciò 
a  matm-are  quei  concetti  intorno  alla  educazione  del  popolo,  ed  alla  libertà  costitu- 
zionale, che  poi  furono  gli  ispiratori  di  tutta  la  sua  vita.  Si  aggiunga  che  l'esercizio 
imparziale  della  Magistratura  cooperò  potentemente  a  svolgere  in  lui  il  senso  pratico, 
la  serenità  e  l'imparzialità  nel  giudicare,  la  perspicacia  nello  scorgere  i  varii  aspetti 
sotto  cui  può  presentarsi  mia  questione,  la  tolleranza  delle  altrui  opinioni,  e  la  mo- 
derazione nell'espon-e  le  proprie,  la  facilità  nel  richiamare  una  discussione  al  vero 
punto  di  questione  :  qualità  tutte  di  cui  ebbe  più  tardi  a  dare  larga  prova  nella  vita 
politica  e  parlamentare,  e  in  più  stretta  cerclùa  eziandio  nelle  nostre  discussioni  acca- 
demiche. 

Fu  questo  insomma  il  periodo  della  vita  del  Boncompagxi,  in  cui  la  mente  di  lui 
venne  modellandosi  e  temprandosi  ;  quello  in  cui  il  pensatore  modesto  e  solitario  già 
cominciò  a  partecipare  alla  vita  pubblica  del  suo  paese  ;  quello  infine  in  cui  il  Ma- 
gistrato imparziale  si  trasformò  gi'ado  grado  in  propagatore  dell'educazione  e  della 
istruzione  popolare,  in  banditore  della  Monarclda  rappresentativa,  in  promotore  tli  libe- 
rali riforme,  nell'uomo  infino,  che,  senza  aver  mai  cercato  di  mettere  in  evidenza 
l'opera  sua,  prese  tuttavia  parte  operosa  ed  efficace  a  tutto  ciò  che  di  nobile,  di 
generoso  e  di  grande  fu  concepito  ed  attuato  in  questo  splendido  periodo  del  risor- 
gimento italiano. 

Da  questo  punto  l'investigatore  della  sua  vita  deve  per  necessità  distinguere  ciò 
che  in  lui  si  trovò  congiunto  in  mirabile  armoiua ,  e  seguire  le  dii-ezioni  diverse  in 
cui  prese  a  spiegare  la  sua  operosità  benefica  ed  instancabile. 


(1)  Si  trovano  di  quest'epoca  scritti  del  Ho.ncomi'aoni  ,  oltreché  negli  Annali  di  Giunsprudenia 
in  cui  trattò  largamente  dei  rapporti  fra  il  diritto  e  la  morate  (Tomo  VI,  pag.  66,  408,  505,  613), 
neW Antologia  italiana,  nello  Letture  popolari,  che  furono  poi  chiamate  Letture  di  famiglia,  noll'Edu- 
catore  primario,  nel  Subalpino.  Cf.  Vittorio  Bersezio,  Il  Regno  di  Vittorio  Emanuele  IL  Torino  1878. 
Voi.  r,  pag.  280.  Occorrono  poi  Conclusimi  del  Boncomi'agni,  (juale  Sostituito  Procuratore  Generale, 
e  Sentenze  del  medesimo,  quale  Membro  del  .Senato  di  l'iemonte,  nel  ìMantei.li,  Giurisprudenia  del 
Codice  civile.  K  pur  degno  di  nota,  per  l'altezza  del  tema  e  per  il  modo  eminentemente  filosofico  con 
cui  ebbe  a  trattarlo,  il  discorso  da  lui  letto  il  IG  Novembre  1843  nel  R.  Senato  di  Torino  per  l'inau- 
gurazione dell'anno  giuridico  col  titolo:  Il  diritto  e  la  sdenta. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  317 


II 


«  Fino  dalla  mia  prima  gioventù  i^ensai  che  il  popolo  italiano  doveva  essere 
rigenerato  dalla  educazione  e  dallz   libertà  (1). 

Così  scriveva  il  Boncompagni  all'Abate  Iacopo  Bernardi  il  12  luglio  1876  ;  né 
egli  snienti  giammai  il  suo  nobile  programma.  Qualsiasi  proposito  del  Boncompagni 
soleva  essere  il  frutto  di  lunghe  riflessioni  e  meditazioni,  e  quindi,  scelta  una  via, 
soleva  proseguire  in  essa  con  quella  persistenza  tenace,  che  è  frutto  appunto  delle 
convinzioni  profonde.  Di  qui  la  continuità  non  interrotta  di  tutte  le  principali  dù-e- 
zioni  della  operosità  del  Boncompagni,  le  quali  risalgono  aìla  sua  prima  gioventù  e 
perdurano  per  tutta  la  sua  vita,  continuità  che  appare  anche  più  manifesta  nella 
parte  importantissima,  che  egli  ebbe  nel  diffondere  l'istruzione  infantile  e  popolare,  e 
nello  svolgere  e  propugnare  in  ogni  tempo  il  concetto  della  libertà  costituzionale. 

Finché  non  fu  lecito  discorrere  all'aperto  di  libertà,  accadde  nel  Piemonte 
questo  fatto  notevole,  che  il  sostenere  o  l'avversare  l'istruzione  popolare  fu  l'unico 
modo  con  cui  si  potessero  esprimere  e  manifestare  quelle  aspirazioni  politiche,  che  tanto 
più  preoccupavano  gli  animi,  quanto  più  erano  compresse.  Ne  consegui  che  in  questo 
tempo  la  istituzione  di  una  scuola  d'infanzia,  d'una  scuola  di  metodo,  ebbe  in  certo 
modo  l'importanza  di  un  avvenimento  politico,  come  lo  dimostrava  l'entusiasmo  dei 
propugnatori  e  l'accanimento  degli  avversari.  In  questa  lotta  entrò  il  Boncompagni  a 
bandiera  spiegata;  ed  egH  deve  essere  considerato  come  uno  dei  primi  in  Piemonte 
che,  dopo  aver  fatto  uno  studio  profondo  dei  metodi  educativi,  abbia  preso  ad  occu- 
parsi dell'educazione  infantile  e  popolare,  non  nell'intento  di  farne  una  speculazione 
lilosolica,  né  una  disputazione  letteraria,  ma  per  patrocinare  (come  egli  ebbe  a  scrivere) 
un  interesse  gi-avissimo  e  presente  del  nostro  paese  (2). 

Fin  dal  1825  il  Marchese  di  Barolo  aveva  fondato  in  questa  città  un  Asilo 
infantile,  ma  l'opera  sua  generosa  era  passata  pressoché  inosservata.  Fu  il  Boncompagni 
che  richiamò  la  pubblica  attenzione  sul  nobile  esempio,  e  si  adoperò,  per  usare  le 
parole  ili  lui,  con  tutta  la  sua  attività,  con  tutta  la  sua  diligenza,  e  con  tutte  le  sue 
facoltà  a  propugnare  e  a  diffondere  l'istituzione  degli  Asili  di  Infanzia  (3).  Nel  1836 
egli  si  recava  a  Friburgo  in  Isvizzera  per  conferh-e  sui  metodi  educativi  coU'abate  Girard; 


(1)  Il  testo  della  lettera  qui  accennata  fu  pubblicato  dall'Abate  Jacopo  Bernardi  nella  sua  memoria 
intitolata:  Di  Carlo  Boncompagni  e  del  pubblico  insegnamento  in  Italia.  Atti  del  R.  Istituto  Veneto 
Voi.  VII,  ser.  V. 

C'J'  Così  si  esprime  il  Bo.\comp.\gni  nell'indirizzo  ai  Torinesi  che  precede  il  suo  libro:  Dell:  scuole 
infantili.  Torino,  1839. 

(3)  ..  Mi  era  doveroso,  scrive  il  Boncomp.ìgni,  Delle  scuole  infantili,  pag.  155,  l'impegnare  lamia 
parola  espressa  e  solenne,  che  ed  ora  e  sempre  finché  i  soscrittori  della  supplica  (  per  l' erezione 
della  Società  degli  Asili  d'Infanzia),  e  gli  altri  miei  concittadini  vorranno  collocare  in  me  la  loro 
fiducia,  io  non  tralascierò  d'adope.-are  tutta  la  mia  attività,  tutta  la  mia  diligenza,  tutte  le  mie  facoltà, 
affinchè  la  città  nostra  sia  dotata  dello  scuole  infantili,  affinchè  il  loro  ordinamento  ed  i  loro  effetti 
corrispondano  ai  voti  e  alle    speranze  di   chi   desidera  il  miglioramento  della  umana  generazione   «  . 


318  LA    VITA    E    LE    Ol'EKE    DI    CARLO    BONXOMPAGXI 

più  tarfli  visitava  le  scuole  infantili  di   Cremona,  di  Firenze,  di  Pisa  e  di  Livorno  e  ne 
apprendeva  i  metodi  da  coloro  che  le  dirigevano.  Toniato  in  Torino  riesciva  a  raccogliere 
intomo  a  se  un  buon  numero    di    uomini   benemeriti    ed    illustri ,  e  confortato    dalla 
autorità  dei  loro  nomi  dirigeva  nel   1838  una  supplica  al  Re  Carlo  Alberto  per  otte- 
nere di  erigersi  in  Società  per  la  fondazione  degli  Asili  di  Infanzia.    La  supplica  fu 
accolta,  e  la  Società  da  lui  iniziata,  dopo  aver  superate  non  poche  difficoltà  nei  suoi 
primordii,  dura  tuttora   con    grande    benefizio   della   educazione    infantile  (1).    Trenta 
anni  più  tardi  il  Boncompagsi,  ponendo  termine  qual  Presidente   al  Congresso  Peda- 
gogico tenutosi  in  Torino  nel   18G9,  alla  qual  dignità  era  stato  acclamato  sulla  pro- 
posta di  un  altro  benemerito  della  istruzione   popolare,  il  senatore  Giuseppe   Sacchi, 
riportavasi  col  pensiero  a  quei  tempi  e  compiacevasi  di  ricordare  che  «  Camillo  Cavoui-. 
il  principale  iniziatore  della  politica  per  cui  l'Italia  divenne  una  grande  nazione,  aveva 
esordito  nella  vita  pubblica  quale  direttore  operosissimo  delle  scuole  infantili,  di  cui 
aveva  curato  soprattutto  lordinamento  economico  ed  amministrativo  (2)  ».  Egli  allora, 
come  soleva,  ricordava  i  meriti  altrui,  tacendo  i  proprii;  ma  egli  è  però  universalmente 
noto  che  l'anima  di  quella  Società  fu  il  Boxcompagni,  il  quale  non  dubitò  di  impar- 
tire egli  stesso  lezioni  negli  Asili  di  Infanzia.    Egli  inoltre,  per  convincere  i  dubbiosi 
ckca  la  bontà  dell'istituzione,  pubblicò  nel   1839  un  libro  sulle  Scuole  Infantili,  che 
colloca  il  suo  nome  accanto  a  quello  di  Raffaele  Lambruscliini  e  di  Ferrante  A  porti, 
che  egli  soleva  clùamare  i  due  italiani  più    benemeriti    della    istruzione    popolare.    11 
libro  dimostra  la  carità  che  lo  ispirava,  il  lungo  studio  che  l'aveva  preparato  e  l'alta 
importanza  che  il  Boncompagni  attribuiva  al  tema  da  lui  trattato,  ed  è  eziandio   di 
facile  e  gradita  lettura  per  il  linguaggio  che  sgorga  dal  cuore  e  per  il  suo  stile  sem- 
plice, alla  buona  e  mirabilmente  atto  a  convincere  e  a  persuadere. 

Fu  questo  uno  dei  libri,  clie  cominciò  a  rendere  popolari  anche  in  Piemonte  i  nomi 
dell'Aporti  e  del  Lambruschini ,  e  a  render  pensieroso  il  Governo  sulla  necessità  di 
provvedere  in  qualche  modo  alla  educazione  della  infanzia. 

Quando  poi  nel  1844  l'Aporti  fu  chiamato  in  Torino  per  dettarvi  lezioni  di  metodo, 
egli  lo  accolse  ospite  nella  propria  casa,  ove  si  adunavano  ad  amichevoli  discussioni 
i  fautori  del  nuovo  indirizzo  educativo,  e  lo  ebbe  poi  familiare  ed  amico  per  tutta 
la  vita;  lo  confortò  e  sostenne  nelle  lotte  che  gli  furono  suscitate  contro  dal  partito 
avversario  alla  istruzione  popolare;  concorse  con  lui  a  fondare  l'Istituto  femminile  che 


(li  II  BoNCOMPAG.Ni ,  in  una  nota  da  lui  aggiunta  alla  vita  del  Cav.  Cesare  Saluzzo,  che  doveva 
essere  la  prima  delle  Biografie  accademiche  dettale  da  Federigo  Sclopis,  la  cui  pubblicazione  erasi  dal 
BoNCOMPAG.Ni  incominciata  negli  ultimi  anni  di  sua  vita,  ebbe  occasione  di  accennare  al  modo  in  cui 
fu  costituita  la  prima  Direzione  di  queste  scuole  infantili.  Era  Presidente  della  Direzione  il  Bo.ncom- 
PAGNi,  Segretario  Luigi  Franchi,  Tesoriere  Camillo  Cavour.  Quando  si  trattò  di  convocarla  ,  venne 
ordine  dal  Ministero  dell'  Interno  che  dette  scuole  fossero  poste  sotto  la  direzione  di  una  Corporazione 
religiosa.  La  Direzione  propose  allora  alla  Società  dei  sottoscrittori,  che  si  facesse  una  protesta  ,  con 
cui,  non  accettando  la  modificazione  voluta  dal  Governo,  si  sciogliesse  la  Società  senza  procedere  innanzi 
neir  impresa.  L'autorità  dei  nomi  sottoscritti  a  quella  protesta  condusse  il  .Ministero  a  chiedere  sol- 
tanto che  le  prime  maestre  fossero  scelte  fra  lo  Suore  di  Carità  di  Rivarolo,  e  a  queste  più  tardi  suc- 
cedettero maestre  secolari. 

\2,  Atti  del  VI  Congresso  Pedagogico  italiano.  Torino  1869,  pag.  301.  Ivi  è  riportato  il  discorso 
con  cui  il  Bo.scoMPAGNi  chiuse  il  Congresso  ragionando  di  Camillo  Cavour,  Ferrante  Aporti,  e  Antonio 
Ravneri. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIl'SEPPE    CARLE  319 

giustamente  si  intitola  dai  loro  due  nomi  insieme  congiunti,  e  dopo  la  sua  morte  non 
tralasciò  occasione  di  ricordarne  le  nobili  virtù ,  e  la  parte  importantissima  da  lui 
avuta  nel  dififondere  in  Piemonte  l'istruzione  popolare  (1). 

Si  giunse  intanto  al  1848  e  allora  il  promotore  modesto  degli  Asili  di  Infanzia 
trovò  aperto  innanzi  a  se  un  pifi  largo  campo  e  potè,  qual  Ministro  della  pubblica 
istruzione,  in  virtù  dei  poteri  straordinari  concessigli  con  legge  4  Ottobre  1848,  porre 
le  basi  di  tutto  un  sistema  di  pubblica  istruzione  qual  poteva  convenire  ad  un  libero 
paese.  Fu  egli  infatti  l'autore  della  legge  4  Ottobre  1848  sulla  pubblica  istruzione, 
elle  contiene  a  grandi  linee  un  riordinamento  completo  delle  scuole  elementari,  delle 
scuole  classicbe  e  dell'istruzione  universitaria:  fu  egli  parimenti  che  istituì  i  Collegi 
Convitti  Nazionali  di  educazione ,  assegnando  loro  i  casamenti  che  già  semvano  ai 
Convitti  diretti  dai  Padri  Gesuiti  ;  fu  egli  inlìne  che  nei  Collegi  di  Torino ,  di  Genova 
e  di  Nizza  stabUì  in  via  di  esperimento  un  corso  speciale  per  giovani  che  non  inten- 
devano (li  attendere  agli  studi  classici,  il  qual  corso  fu  poi  il  germe  che,  svolgendosi, 
condusse  alla  istituzione  delle  attuali  scuole  tecniche  (2). 

Quando  poi  cessò  di  essere  Ministro ,  ritornò  ugualmente  modesto  al  patrocinio 
dell'educazione  infantile,  pubblicando  nel  1851  un  Sayyio  di  lezioni  per  Vinfunzid, 
il  (juale  porta  questa  eloquente  epigrafe:  non  irut  qui  frangeret  ris.  Il  libro  comprende 
una  introduzione  ed  un  saggio  pratico  di  lezioni.  Mentre  nella  prima  si  riconosce 
l'uomo  di  intelletto  e  di  cuore,  che  ha  meditato  a  lungo  il  tema  dell'educazione  infan- 
tile, che  ne  ha  sentita  tutta  l'importanza  politica  e  sociale,  che  ne  ha  discussi  i 
metodi,  ed  ha  seguito  il  movimento  filosofico  dei  tempi  suoi  (3)  ;  nel  secondo  invece 
si  scorge  colui,  che  dalla  astratta  speculazione  sa  discendere  alla  pratica  minuta ,  e 
che  consapevole  del  nobile  intento,  che  egli  si  propone,  non  crede  di  awilii-si  per  l'ap- 
parente umiltà  dell'opera  sua. 

D'allora  in  poi  il  suo  vero  campo  di  azione  deve  essere  cercato  di  preferenza  nella 
vita  politica  e  parlamentare;  ma  egli  non  dimentica  però  mai  le  nobili  soddisfazioni 
che  gli  ha  preparato  questa,  che  direbbesi,  operosa  propaganda  per  l'istruzione  popolare, 
e  interviene  sempre  di  buon  animo  alla  inaugurazione  di  Asili  o  alla  distribuzione  di 
premii  negli  Istituti  di  educazione  (4),  prende  parte  ai  lavori  dei  Congi'essi  pedagogici, 
e  non  tralascia  occasione  di  riandare  nei  suoi  discorsi  le  vicende  della  istruzione 
popolare  e  di  ricliiamare  le  nobili  figure  degli  amici  che  già  gli  erano  stati  rapiti. 


(1)  Abbiamo  del  Boncompagni  una  commovente  Commemorazione  di  Ferrante  Aporti,  da  lui  detta 
il  15  Luglio  186.T  per  la  distribuzione  dei  premii  all'Istituto  Aporti-Boncomp.igni  ,  che  contiene  una 
breve  storia  dell'istruzione  popolare  in  Piemonte,  l'accoglimento  che  vi  ebbe  l'Aporti ,  le  guerre  a 
cui  fu  fatto  segno,  colle  quali  si  giunse  fino  a  vietargli  la  celebrazione  della  messa. 

(•2)  Tutte  queste  disposizioni  sovrane,  che  portano  la  firma  del  Boncompaci.vi,  sono  in  data  del  4 
Ottobre  1848. 

(3)  Di  questa  introduzione,  l'Abate  Jacopo  Bernardi,  nella  memoria  sopra  citata  al  Boncompagni 
ebbe  a  dire;  «  che  è  una  prova  irrefragabile  della  dottrina  e  della  virtù  educatrice  dell'uomo  che  la 
dettava  "  . 

(4)  Fra  i  vari  discorsi  fatti  dal  Boncompagni  in  occasione  di  inaugurazioni  di  scuole  è  notabile 
quello  da  lui  pronunziato  per  l' inaugurazione  del  corso  di  letture  tecniche  normali  presso  il  Reale 
Museo  Industriale  di  Torino  il  6  Agosto  1866 ,  nel  quale  si  contiene  un  quadro  dell'avvenire ,  che 
l'Italia  poteva  aspettarsi  dall'industria  e  dal  commercio. 


320  LA    VITA    E    LE    OI'EKE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

Quando  infine  l'età  cominciò  a  rendergli  grave  il  prender  parte  attiva  alle  lotte 
politiche,  quella  parola  benevola  ed  ispii-ata,  che  si  era  prima  indirizzata  a  quelli  che 
appena  si  affacciavano  alla  vita,  cercò  di  essere  di  guida  a  quelli  che  si  preparavano 
alla  vita  pubblica.  Giil  fin  dal  1866-67  egli  aveva  fatta  in  questa  Università  la 
storia  della  tradizione  liberale  piemontese;  poscia  nel  1873  aveva  insegnato  alla  gio- 
ventù italiana  nella  Università  di  Roma  i  diritti  e  i  doveri  dei  cittadini  di  un  libero 
paese;  da  ultimo  gli  paxTO  degno  compimento  di  una  vita  spesa  tutta  a  prò  della 
sua  patria  il  raccogliersi  ad  insegnare  le  dottrine  costituzionali  alla  gioventù  subalpina 
nella  città  in  cui  aveva  avuto  i  natali  ,  e  in  cui  aveva  compiuti  i  suoi  studi.  Un 
medesimo  intento  ed  una  medesima  fede  fu  cosi  il  termine  come  era  stato  il  principio 
della  sua  vita  pubblica. 

Neil'  insegnamento  si  studiò  costantemente  di  essere  semplice  e  chiaro  ,  e  amò 
meglio  di  essere  capito,  che  di  essere  ammirato  per  la  profondità  astrusa  dei  proprii 
concetti  ;  si  diresse  a  un  tempo  alla  mente  ed  al  cuore  della  gioventù,  e  parlandole 
dei  mioi  diritti  non  dimenticò  mai  di  richiamarla  all'osservanza  dei  suoi  doveri.  Egli 
cercò  di  far  dimenticare  nell'insegnante  l'uomo  pubblico,  escluse  dal  dominio  della 
scienza  le  battaglie  della  politica  militante,  ed  evitò  perfino  di  parlare  di  se  medesimo 
anche  quando  trattavasi  di  avvenimenti  contemporanei  ,  nei  quali  aveva  avuto  gran- 
dissima parte,  solo  restringendosi  nel  cominciamento  del  corso  ad  esporre,  con  singolare 
schiettezza,  la  sua  fede  religiosa  e  politica.  Amò  la  gioventù,  come  aveva  adorata 
l' infanzia  .  ma  si  astenne  di  fronte  alla  medesima  da  qualsiasi  adulazione.  La  sua 
bontà  d'animo,  la  sua  affabilità,  il  suo  conversare  alla  buona,  senza  nuocere  alla  rive- 
renza che  i  giovani  ebbero  per  lui  ,  lo  resero  ai  medesimi  singolarmente  caro  e  lo 
trasformarono  per  tutti  in  un  consigliere  benevolo  ed  ascoltato.  Il  proposito  suo  co- 
stante nell'insegnamento  fu  quello  di  mantenere  viva  e  sana  nella  gioventù  italiana 
quella  tradizione  liberale,  che  aveva  generata  e  svolta  la  libertà  costituzionale  in  Italia. 


Ili 


La  llherfù  costituzionale,  ecco  l'altro  dei  concetti  fondamentali  del  Boncompagni.' 
che,  maturato  dapprima  nelle  solitarie  meditazioni  e  negli  amichevoli  colloquii.  con- 
fortato più  tardi  con  larghi  studi  filosofici  e  storici,  temprato  da  ultimo  e  variamente 
applicato  in  una  lunga  esperienza,  illumina  e  spiega  tutta  la  sua  vita  politica  e  par- 
lamentare. 

Quindicenne  appena,  in  mancanza  di  un  apposito  insegnamento  univei-sitario  in- 
tomo alla  costituzione  degli  Stati,  egli  già  seguiva  ansioso  le  discussioni  politiche  e  par- 
lamentari che  si  facevano  in  Francia ,  come  se  fossero  accadute  in  ca«:a  propria .  e 
ciò  in  un  tempo,  come  egli  stesso  ci  dice,  in  cui  idee  francesi  e  idee  liberali  signi- 
ficavano la  stessa  cosa.  Più  tardi  poi,  quando  venne  maturando  il  concetto  dell'unità 
ed  indipendenza  nazionale  ,  mentre  molti  fra  i  suoi  amici ,  e  fra  gli  altri  lo  stesso 
Cesare  Balbo,  credevano  che  i  pensieri  di  tutti  gli  Italiani    si    dovessero  concentrare 


COMMEMORAZIONE    DI    TtRtSEPPE    CARLE  321 

nel  porro  unum  est  necessarium ,  e  credevano  non  essere  opportuno  distrarsi  da  quello 
scopo  per  amore  della  libertà  costituzionale,  il  Boncompagni  invece,  con  un  senso  pratico 
squisito,  comprese  e  sostenne  fin  d'allora  che  la  libertà  costituzionale  doveva  prece- 
dere e  preparare  il  terreno  alla  impresa  della  unità  e  della  indipendenza.  «  Condotto, 
cosi  egli  diceva  molti  anni  dopo  alla  gioventù  Komana,  a  meditare  sul  progresso  della 
civiltà  moderna  ,  mi  era  fissato  nel  pensiero  che  nessuna  mutazione  grande  potesse 
introdursi  fra  noi,  e  neppur  quella  che  mii-ava  all'indipendenza  dallo  straniero,  senza 
portar  seco  la  libertà  costituzionale.  Scrissi  dunque  patrocinando  questa  libertà,  che  era 
per  me  la  prima  e  la  più  essenziale  di  queste  riforme   »    (1). 

Gli  eventi  gli  fecero  ragione,  non  potendo  oramai  dubitarsi  che  fu  mediante  le 
libertà  politiche  che  il  Piemon.te  potè  dare  asilo  a  tutti  i  generosi,  che  si  erano  ado- 
perati per  l'opera  comune,  e  concentrare  così  in  un  piccolo  paese  la  vita  intellettuale 
e  morale  di  una  grande  nazione. 

Intanto  fu  questa  convinzione  profonda  che  rese  il  Boncompagni  promotore  ar- 
dente delle  liberali  riforme.  Per  temperamento,  egli  non  poteva  collocarsi  fra  gli  audaci 
e  tanto  meno  fra  i  pusilli ,  non  fra  quelli  che  volevano  di  un  tratto  giungere  allo 
scopo  e  meno  ancora  fra  quelli  che  avversavano  qualsiasi  innovazione,  ma  il  suo  posto 
era  fra  quelli,  che  s'adoperavano  per  la  concordia  fra  popolo  e  Sovrano,  e  che  mira- 
vano a  vincere  le  resistenze  opposto  alle  intenzioni  liberali  del  Ke.  Anche  più  tardi 
il  Boncompagni  mal  sapeva  trovare  parole  adeguate  per  esprimere  la  gioia  e  le  spe- 
ranze, che  gli  entrarono  nel  cuore,  quando  l'ideale  vagheggiato  si  tradusse  in  realtà 
ed  il  Piemonte  ebbe  una  costituzione  preparata  dalla  tradizione  liberale,  reclamata  dal 
popolo,  concessa  e  mantenuta  dal  Principe   (2). 

Da  quel  giorno  la  vita  di  Carlo  Boncompagni  trovasi  associata  a  tutte  le  fasi 
del  risorgimento  italiano  nei  momenti  del  dolore,  e  in  quelli  del  trionfo. 

Ministro  della  Pubblica  Istruzione  nel  primo  Ministero  costituzionale  presieduto 
da  Cesare  Balbo,  riprese  il  medesimo  portafoglio  in  quel  Ministero  dal  19  Agosto  al 
10  Dicembre  1848,  di  cui  fu  anima  Pier  Luigi  Pinelli  e  sotto  il  quale  si  riuscì  a 
conservare  intatta  in  Piemonte  quella  libertà,  che  in  un  soffio  potente  di  reazione 
scompariva  dalle  altre  parti  d'Italia.  Superstite  al  suo  condiscepolo  e  collega,  sorse 
ancora  nell'  ultimo  anno  di  sua  vita  a  difenderne  la  memoria  contro  le  precipitate 
accuse  del  grande  ma  appassionato  Gioberti,  dimostrando  che  il  Pinelli  e  i  suoi  col- 
leghi non  avevano  mai  abbandonato  il  pensiero  dell'unità  e  dell'  indipendenza,  e  che 
resistendo  alla  parte  più  spinta  non  avevano  voluto  distruggere  la  libertà,  ma  difen- 
derla e   conservarla  (3). 

Dopo  il  disastro  di  Novara,  non  dubitò  di  sobbarcarsi  col  Generale  Dabormida 
al  triste  incarico  di  trattare  la  pace,  e  dimostrò  nel  Parlamento  Subalpino  la  necessità 


(1)  Prolusione  sovracitata  al  corso  di  Diritto  Costituzionale  nella  R.  Università.  Roma,  1874,  pag.  4. 

(2)  n  Per  questa  promulgazione  (dello  Statuto),  diceva  il  Boncompagni  alla  gioventù  studiosa,  una 
»  immensa  speranza  mi  entrò  nel  cuore:  ns  voi,  nrè  altri  proverà  mai  speranze  uguali  a  quelle,  che 
»  balenarono  innanzi  a  me  ed  agli  amici  miei  quando  la  nostra  patria  divenne  libera».  Pro Jwsione  cit. 

(3)  Pier  Dionigi  Pinelli  e  Vincemo  Gioberti,  discorso  letto  alla  Associazione  Costituzionale  Tori- 
nese addì  9  Aprile  1880. 

Serie  IL  Tom.  XXXIV  41 


322  LA  TITA  E  LE  OPERE  1)1  CARLO  BONCOMPAGNI 

di  accettarne  le  dure  condizioni  non   per   rinunziare    all'  impresa    nazionale .   ma    per 
aspettare  tempi  più  opportuni  al  compimento  di  essa. 

Nel  decennio  che  seguì ,  in  cui  tutti  i  liberali  rifugiatisi  in  Piemonte  s"  adope- 
ravano d'accordo  all'impresa,  che,  secondo  le  sue  stesse  parole,  i  disastri  del  1849 
avevano  turbata  ma  non  interrotta,  prese  parte  attiva  ed  operosa  alla  vita  politica  e 
parlamentare,  ora  qual  Deputato  autorevole ,  ora  qual  Presidente  della  Camei-a  im- 
parziale ed  ascoltato,  ed  ora  qual  Ministro  operoso  e  riformatore  (1).  Lieto  che 
una  politica  veramente  italiana  si  fosse  personificata  in  Camillo  Cavour,  ne  seguì  co- 
stantemente le  parti,  non  perchè  fosse  la  politica  di  un  uomo  di  genio  ,  ma  perchè 
(egli  stesso  ce  lo  dice)  la  ritenne  l'espressione  genuina  del  senno  italiano  (2).  Nel  1857 
ancorché  (sono  sue  parole)  per  indole,  per  abitudine  .  per  massima  amico  alla  vita 
modesta  e  casalinga,  ritenne  suo  debito  di  cooperare  alla  politica  liberale  e  nazionale 
iniziata  dal  Governo  del  Ke,  accettando  l'incarico  di  Ministro  Plenipotenziario  in  To- 
scana (3).  Risulta  da  documenti,  la  cui  raccolta  e  pubblicazione  è  dovuta  alla  diligenza 
di  un  nostro  collega ,  che  egli  fece  allora  quanto  era  in  lui  per  ottenere  l'alleanza 
del  Granduca  nella  guerra  d' indipendenza,  esponendogli,  con  note  energiche  ed  aliene 
da  qualsiasi  artifizio  diplomatico,  i  pericoli  a  cui  si  espongono  i  Principi  che  si  mettono 
in  opposizione  colle  aspirazioni  dei  popoli  (4).  Quando  poi  non  furono  ascoltati  i  suoi 
consigli  e  il  Principe  amò  meglio  abbandonare  il  paese,  che  stringere  l'alleanza,  egli, 
forte  della  sua  retta  coscienza,  e  non  curante  delle  insinuazioni  che  allora  si  sparsero 
contro  di  lui  e  della  politica  da  lui  rappresentata  ,  accettò  di  rimanere  in  Toscana 
qual  Commissario  straordinario  del  Ee  Vittorio  Emmanuele  li  per  la  gueira  d'indi- 
pendenza. Fu  in  quella  occasione  che  egU  pubblicò  un  notevole  opuscolo  suir//rt//« 
Centrale  inteso  a  dimostrare  sotto  il  punto  di  vista  giuridico ,  che  la  questione  del- 
l'Italia centrale  (come  allora  si  cliiamava)  non  poteva  risolversi  con  giustizia  senza 
dare  pieno  eifetto  ai  voti  delle  Assemblee,  quali  interpreti  delle  aspirazioni  dei  popoli. 


(1)  11  BoNCOMPAGNi  fu  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia  nel  1852  nel  Ministero  presieduto  prima  da 
Massimo  d'Azeglio  e  poscia  da  Cavour,  e  in  tale  qualitJi  presentò  il  disegno  di  legge  sul  matrimonio 
civile  approvato  dalla  Camera  e  respinto  dal  Senato.  In  questo  stesso  anno  tenne  contemporaneamente 
per  alcuni  mesi  il  portafoglio  della  Pubblica  Istruzione.  Cessò  di  essere  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia 
nell'Ottobre  del  1853  e  dal  finire  di  quell'anno  fino  al  1856  fu  Presidente  della  Camera. 

(2)  Prolusione  piìi  volte  citata,  pag.  7.  «  Quella  politica,  così  egli  diceva  ,  a  cui  Camillo  Cavour 
ebbe  l'onore  di  dare  il  nome,  non  fu  invenzione  sua,  ma  anzi  espressione  genuina  del  senno  italiano.  Né 
questo  giudizio  menoma  alcun  che  alla  lode  che  i  superstiti  tributarono  al  Cavour,  o  che  gli  manter- 
ranno ancora  coloro  che  questo  tempo  chiameranno  antico,  giacchi"-  ha  merito  di  verace  forza  l'uomo 
di  Stato  che  si  ispira  allo  opinioni  ragionevoli  e  giuste  della  sua  nazione,  non  colui  che  le  impone  i 
concetti  e  le  volontà  proprie   » . 

(3)  Queste  parole  sono  ricavate  da  un  indirizzo  di  congedo  diretto  dal  Boncompaqni  agli  elettori 
di  Crescenlino  nel  1857. 

(4)  Si  accenna  qui  alla  raccolta  incominciata  dal  Barone  Emmanuele  Bollati  col  titolo:  Fasti  legisla- 
tivi e  parlamentari  delle  rivoluzioni  italiane.  1  documenti  che  comprovano  gli  atti  del  Bonco.mpag.m 
in  Toscana  nelle  qualità  di  Commissario  straordinario  e  di  rappresentante  del  reggente  Principe 
Eugenio  di  Savoia-Carignano  si  trovano  nel  Voi.  11 ,  Parte  II ,  la  quale  appunto  si  riferisce  alla  To- 
scana. È  notabile,  riguardo  al  Boncompaoni  come  ambasciatore,  la  nota  21  Aprile  18.'39  da  lui  rimessa 
la  mattina  stessa  nelle  mani  del  Cav.  Lanzoni  ,  cioè  tre  giorni  prima  che  la  rivoluzione  scoppiasse. 
Tale  nota  fu  pubblicata  nel  Monitore  Toscano  del  15  Agosto  1859,  e  sarebbe  stata  pubblicata  anche 
prima  se  la  delicatezza  del  Boncompaoni  l'avesse  consentito,  ed  è  la  più  eloquente  confutazione  delle 
accuse  di  slealtà,  che  allora  si    sono  scagliate  contro  il  Boncompaoni  e  la  politica  del    paese  da  lui 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  323 

Quanto  al  modo  fermo  ed  assennato  con  cui  egli  adempiè  all'alto  ufficio  statogli  affi- 
dato, esso  è  anche  confermato  dalle  nobili  espressioni  di  riconoscenza,  con  cui  il  Governo 
provvisorio  della  Toscana  ebbe  ad  attribuirgli  la  cittadinanza,  che  già  era  appartenuta 
ai  suoi  avi  (1).  Eestituitosi  in  Piemonte,  ritornò  un'altra  volta  nell'Italia  centrale, 
quale  rappresentante  del  Principe  Eugenio  di  Savoia  acclamato  reggente  e  vi  rimase 
fino  alla  definitiva  annessione  della  medesima. 

Nel  periodo  che  sussegui  il  Boncompagni  continuò  ad  avere  una  parte  impor- 
tantissima nella  vita  politica  e  parlamentare. 

Fu  egli  infatti  che  qual  Deputato  nel  primo  Parlamento  italiano,  nell'ordine  del 
giorno  27  Marzo  1861,  diede  una  formola  precisa  a  quella  politica,  che  fu  poi  seguita 
costantemente  dal  Governo  italiano  nella  lisoluzione  della  questione  Ecclesiastica  e 
Komana.  Più  tardi  egli  ebbe  a  dire  che  quella  politica  era  stata  audace  e  prudente 
ad  un  tempo  ;  audace,  in  quanto  aveva  affermato  di  fronte  all'Eui-opa  il  diritto  de^li 
Italiani  alla  capitale  acclamata  dall'opinione  nazionale  ;  prudente ,  in  quanto  aveva 
lealmente  promesso  di  guarentire  la  libertà  morale  e  religiosa  della  Chiesa  e  l'indi- 
pendenza del  Eomano  Pontefice  (2).  Più  fortunato  di  Camillo  Cavour,  che  aveva  ini- 
ziata quella  politica  e  col  quale  era  stato  concertato  l'ordine  del  giorno  27  Marzo 
1861,  egli  ebbe  la  gioia  di  vedere  la  capitale  del   Regno    d'Italia    stabile  e  ferma 


rappresentato.  In  essa  infatti  si  fa  una  proposta  esplicita  di  alleanza  offensiva  e  difensiva  per  la  guerra 
d'indipendenza  e  si  indica  la  medesima  come  l'unico  mezzo  per  cancellare  i  dissensi  che  potevano  esser 
corsi  fra  il  Granduca  e  il  popolo  Toscano.  Sono  notevoli  fra  le  altre  le  seguenti  espressioni:  «  Una  guerra 
combattuta  sugli  stessi  campi  di  battaglia,  contro  gli  stessi  stranieri,  diviene  principio  di  una  con- 
cordia cittadina,  di  cui  si  debbono  coltivare  i  germi.  I  dissensi  fra  Principi  e  popoli  si  cancellano,  la 
concordia  si  cementa  quando  essi  si  consacrino  ad  una  stessa  causa,  e  soprattutto  quando  questa  causa 
abbia  le  sue  radici  nei  sentimenti  più  profondi  e  più  sacri  che  vivono  nel  cuore  umano,  quale  è  quello 
della  indipendenza.  La  neutralità  fra  il  Piemonte  e  l'Austria  non  potrebbe  in  alcun  modo  scampare  la 
Dinastia  ed  il  Governo  Toscano  dai  pericoli  che  si  possono  temere  in  questi  frangenti  "  .  11  testo 
intiero  della  medesima  trovasi  nei  Fasti  let/islatici  sopra  citati  nel  Voi.  II,  Parte  II,  pag.  206  in  nota. 

(1)  La  cittadinanza  Toscana  fu  conferita  al  Boncompaoni,  già  Commissario  straordinario  del  Re 
di  Sardegna,  con  decreto  14  Agosto  1859,  del  tenore  seguente:  u  11  Governo  della  Toscana,  Conside- 
rando che  il  Commendatore  Carlo  Boncompagni  venendo  in  Toscana  tornò  nella  terra  do' suoi  avi,  e 
parve  ritornasse  nella  sua  famiglia  tanto  affetto  e  tanto  senno  pose  a  rendere  efficace  la  protezione 
dell'invitto  Re  Vittorio  Eramanuelo  li  quando  la  Toscana,  rimasta  libera  dallo  straniero,  sorse  a  com- 
battere la  guerra  della  indipendenza:  Considerando  che  la  pubblica  riconoscenza  debba  essere  racco- 
mandata con  solenne  decreto  alla  memoria  dei  posteri 

Decreta  : 

Art.  1°.  Il  Commendatore  Carlo  Boncompagni  è  dichiarato  a  titolo  d'onore  naturalizzato  toscano. 
Art.  2".  Il  Ministro  di  Grazia  e  Giustizia  ò  incaricato  della  esecuzione  del  presente  decreto. 

Firmati:  Ricasoli,  Ridolfì ,  Poggi,  Busacca,  Salvagnoli,  Decavero,  ministri.  Celestino  Bianchi, 
segretario  generale  del  governo  della  Toscana  (V.  Fasti  legislativi.  Voi.  II,  Parte  2»,  pag.  204). 

(2)  Ciò  risulta  dal  notevole  discorso  del  Boncompagni  sul  trasferimento  della  capitale  e  sulla  Con- 
venzione del  15  Settembre,  da  lui  pronunziato  il  9  Novembre  1864.  Ivi,  accennando  allo  splendido 
discorso  col  quale  Cavour  aveva  sostenuto  l'ordine  del  giorno  27  Marzo  1861  ,  il  quale  era  stato  con 
lui  concertato,  ebbe  a  dire:  «  In  quel  momento  il  Conte  di  Cavour  parlò  il  linguaggio  più  audace  che 
abbia  parlato  mai  un  Ministro  degli  aflfari  esteri.  Udendolo  coloro,  che  non  conoscevano  molto  addentro 
le  condizioni  del  nostro  paese,  scambiavano  la  politica  del  Conte  di  Cavour  per  una  politica  rivolu' 
zionaria.  Ebbene,  o  signori,  io  affermo  qui  innanzi  a  voi,  innanzi  agli  stranieri,  che  potranno  occu- 
parsi di  queste  nostre  discussioni,  che  mai  il  Conte  di  Cavour  non  fece  un  atto  di  politica  così  sin- 
ceramente liberale  e  conservativo  ad  un  tempo,  come  allorquando  egli  sostenne  quell'ordine  del  giorno  «. 
Egli  continua  poscia  a  dimostrare  la  necessità  di  perseverare  in  quello  stesso  programma. 


324  I-A    VITA    E    LE    OPERE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

in  Roma,  e  di  essere  chiamato  nel  1870  a  presiedere  la  Commissione  incaricata  di 
preparare  il  diseguo  della  legge  delle  guarentigie  Pontificie,  legge  cbe  egli  riguardava 
come  r  esecuzione  leale  della  promessa  fatta  dal  Governo  e  dal  Parlamento  italiano 
nel  1861  (1).  Per  tal  modo  egli  che  aveva  formolata  la  gravissima  questione,  con- 
corse pure  alla  risoluzione  definitiva  della  medesima. 

Gli  scritti  da  lui  pubblicati  e  i  discorsi  da  lui  pronunziati  in  questo  inter- 
vallo di  tempo,  in  cui  si  venne  maturando  la  risoluzione  della  questione  romana, 
furono  principalmente  rivolti  allo  studio  della  questione  dei  rapporti  fra  la  Chiesa  e 
lo  Stato.  Seguace  di  quella  scliiera  di  grandi  pensatori  italiani,  che  credevano  di  poter 
conciliare  ed  armonizzare  fra  di  loro  la  civiltà  e  la  religione  e  spelavano  che  fosse 
serbata  all'Italia  questa  nobile  missione  (2),  egli  seppe  distinguere  nettamente  fra 
di  loro  la  questione  del  potere  temporale  dei  Papi  da  quella  della  libertà  morale  e 
religiosa  spettante  alla  Chiesa.  Quanto  al  potere  temporale  dei  Papi,  pur  professando 
di  essere  Cristiano  Cattolico,  egli  sostenne  sempre  che  esso  era  un  residuo  del  lledio 
Evo,  pregiudizievole  all'esercizio  del  potere  spirituale  e  destinato  ad  una  inevitabile 
caduta.  Ciò  egli  già  aveva  dimostrato  in  un  opuscolo  :  Sul  potere  tempornle  dei 
Papi  (3),  ciò  ribadì  in  modo  energico  e  vigoroso  nella  memoranda  seduta  del  2G 
Marzo  1861,  e  ripetè  costantemente  in  tutti  i  suoi  discorsi  sulla  questione  Komana  (4). 
Dall'altro  canto  invece,  profondamente  amico  della  libertà,  voleva  questa  per  la  Chiesa, 
come  la  voleva  per  lo  Stato.  Accettò  così  e  sostenne  in  tutte  le  sue  applicazioni  la 
formola  libera  Chiesa  in  libero  Stato,  e  cercò  di  difenderla  dalle  obbiezioni  che, 
vi  furono  mosse  con  dimostrare  che  esse,  più  che  alla  formola  in  se  stessa,  dovevano 
essere  attribuite  alla  erronea  interpretazione,  che  sovente  era  data  alla  medesima  (5). 


(1)  E  da  vedersi  in  proposito  il  discorso  del  Boncompagni  pronunziato  alla  Camera  dei  Deputati 
il  25  Gennaio  1871,  quando  era  appunto  in  discussione  la  legge  delle  guarentigie  pontificie. 

(2)  11  11  contrasto  fra  la  religione  e  la  libertà  è  uno  dei  maggiori  ostacoli  al  progresso  della  civiltà 
preeente.  Inclinai  sempre  a  credere  che  fosse  destino  della  ua/.ione  italiana  riconciliarle;  né  so  rinun- 
ziare a  quella  idea  ».  Così  il  Boncompagni  nella  Avtertenia  che  precede  il  suo  libro  :  La  Chiesa  e  lo 
Stato  in  Italia.  Firenze,  1866. 

(3)  L'opuscolo  a  cui  qui  si  accenna  porta  per  titolo  :  La  potensa  temporale  del  Papa.  Torino, 
1861.  L'epilogo  die  si  trova  in  fine  di  quel  libro  fu  poi  ritoccato  e  ripubblicato  col  titolo:  Cenni 
storici  sulla  patema  temporale  dei  Papi  e  la  libertà  della  Chiesa  ,  che  fa  parto  degli  studi  sulla  que- 
stione ecclesiastica  da  lui  pubblicati  col  titolo:  La  Chiesa  e  lo  Stalo  in  Italia.  Firenze,  1800.  "  La 
potenza  temporale  dei  Papi,  così  egli  conchiudeva  in  quel  libro,  pot'ì  riguardarsi  come  una  istituzione 
ordinata  da  Dio,  finché  si  affacciò  come  idonea  ad  assicurare  l'indipendenza  della  Cliiesa,  finché  era 
l'espressione  di  un  ossequio  e  di  una  obbedienza  spontanei.  Oggi  non  giova  più  a  questo  fine,  perchè 
mette  invece  il  Pontefice  nella  dipendenza  dei  Potentati,  che  proteggono  il  suo  Stato,  lo  rimuove  dalla 
imparzialità  che  si  addice  al  suo  ministoro  ;  mette  la  religione  e  la  Chiesa  in  cattivo  aspetto,  mostrandole 
opposte  al  progresso  della  umanità  e  della  giustizia,  e  sconvolge  i  fondamenti  dell'ordine  politico, 
mantenendo  uno  stato  ,  che  ha  le  sue  ragioni  di  essere  nel  bene  dei  governanti ,  non  in  quello  dei 
governati  ;  sconvolge  il  fondamento  dell'ordine  morale,  facendo  prevalere  l'interesse  della  Chiesa  sulla 
giustizia  che  consacra  il  dintto  d'Italia  e  di  Roma.  Perciò  la  potenza  temporale  del  Papa  deve  cessare  ». 

(4)  Tali  discorsi  furono  dal  Boncompagni  raccolti  nel  libro  più  volte  citato:  La  Chiesa  e  lo  Stato 
in  Italia.  La  pubblicazione  di  essi  era  da  lui  considerata  come  un  grande  atto  di  abnegazione,  a  cui 
si  era  deciso  appunto  perché  trattavasi  di  questione  in  cui  all'occhio  del  volgo  potevano  apparire  in 
contrasto  fra  di  loro  le  convinzioni  del  cristiano-cattolico  e  le  aspirazioni  del  cittadino. 

(n)  <i  lo  non  riguarderò  mai  come  una  applicazione  dei  principi!  attuali,  né  la  propensione  a  in- 
carcerare preti  e  vescovi,  né  l' ingerenza  dello  Stato  nelle  cose  e  noi  diritti  ecclesiastici  ;  io  voglio 
la  più  grande,  la  più  ampia  attuazione  del  principio  di  libertà;  voglio  la  libert.'i  per  la  Chiesa, 
come  la  voglio  per   tutte  le  altre  comunioni   dissidenti  ;    voglio  la  libertà  del  cattolico  come   quella 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  325 

Del  resto  la  questione  dei  rapporti  fra  Stato  e  Chiesa  fu  in  ogni  tempo  un  argo- 
mento (li  predilezione  per  il  Boncompagni  ,  e  dei  lavoi'i,  che  egli  lasciò  incompiuti, 
parecchi  volgerano  appunto  su  questo  argomento.  Aveva  fra  le  altre  cose  divisato  di 
pubblicare  una  breve  biografia  di  Ludovico  Antonio  Muratori  per  dimostrare  col- 
l'esempio  di  un  ottimo  sacerdote  che  la  più  perfetta  ortodossia  poteva  conciliarsi  colla 
convinzione  profonda  di  dover  combattere  il  potere  temporale  dei  Papi  (1). 

Dopo  il  1 8  7 1  il  Boncompagni  non  prese  più  una  parte  così  attiva  alla  vita  politica 
e  pai'lamentare,  ma  ciò  non  ostante  continuò  sempre  ad  esprimere  il  proprio  avviso, 
ora  nel  Parlamento  ed  ora  per  mezzo  della  pubblica  stampa,  nelle  questioni  più  gravi 
e  difficili,  e  di  preferenza  in  quelle  che  avevano  un  carattere  costituzionale.  Il  me- 
desimo egli  continuò  a  fare  nella  Camera  vitalizia,  alla  quale  fu  chiamato  nel  1874 
e  quale  Presidente  dell'Associazione  politica  costituzionale  in  questa  città. 

Intanto  egli  non  tralasciò  mai,  anche  in  questi  ultimi  anni,  gli  studi  politici  pro- 
priamente detti.  Memore  ancora  del  tempo  in  cui  il  nome  della  Francia  era  sinonimo  di 
libertà  e  di  progresso  gli  parve  grave  indizio  che  venisse  guastandosi  la  concordia  fra  la 
Francia  e  Fltalia,  e  credette  pregio  dell'opera  ricercare  la  causa  dei  malumori  sorti  fra 
i  due  jiaesi,  nella  parte  soprattutto  che  si  atteneva  alla  questione  Romana.  Le  conclusioni 
a  cui  pervenne  furono  da  lui  consegnati  in  due  scritti  pubblicati  l'uno  nel  1873  e  l'altro 
nel  1875  (2),  i  quali,  ancorché  siano  dettati  per  ragione  di  opportunità  e  sotto 
l'impressione  degli  avvenimenti  contemporanei,  risalgono  però  ai  principii  generali,  che 
reggono  la  vita  e  la  costituzione  degli  Stati.  Così,  ad  esempio,  nell'ultimo  di  essi,  è 
notabile,  per  imparzialità  e  per  acutezza  nell'apprezzamento  dei  fatti,  la  parte  in  cui, 
dopo  aver  instituito  un  parallelo  fra  la  monarchia  e  la  repubblica  e  dopo  aver  esposte 
le  ragioni  che  in  tesi  assoluta  gli  facevano  preferìre  la  prima,  passa  a  dare  le  ridoni 
particolai'i  che  per  la   Francia  rendevano  preferibile  il  Governo  repubblicano  (;/). 

Questa  fu  in  compendio  la  vita  politica  del  Boncompagni  ,  ed  il  giudizio  sovra 
di  essa  spetta  alla  storia. 


dell'incredulo;  voglio  la  libertà  per  la  Chiesa,  come  la  voglio  per  lo  Stato,  come  la  voglio  pel  Co- 
mune, come  la  voglio  per  la  scuola,  come  la  voglio  per  l'industria,  come  la  voglio  per  tutto  ciò  che 
rappresenta  un  grande  interesse  ed  un  grande  principio  ».  Così  il  Boncompagni  sul  fine  del  discorso 
del  9  Novembre  1864  sul  trasferimento  della  capitale  e  sulla  Convenzione  del  15  Settembre. 

(1)  Di  questo  suo  lavoro  ebbe  a  parlare  il  Boncompagni  coU'autore  di  questa  Notizia  sulla  sua  vita 
il  giorno  prima  del  suo  decesso,  mentre  con  una  mirabile  [calma  e  lucidezza  di  mente  veniva  deli- 
neando i  molteplici  lavori  già  cominciati,  e  che  avrebbe  voluto  condurre  a  termine.  La  memoria  poi 
del  Muratori,  ohe  egli  avrebbe  voluto  ripubblicare  preceduta  dalla  vita  di  lui,  ò  quella  stessa  che  fu  pub- 
blicata a  Modena  coi  tipi  di  Andrea  Rossi  in  occasione  del  11  Centenario  della  nascita  di  Ludovico 
Antonio  Muratori,  che  ebbe  luogo  il  20  Ottobre  1872.  Tale  memoria  fu  dettata  dal  Muratori  nell'atto 
di  assumere  la  difesa  dei  diritti  Estensi  sopra  Comacchio  contro  la  Corte  di  Roma.  Era  poi  anche 
suo  intendimento  di  pubblicare  su  questo  importantissimo  argomento  la  traduzione  da  lui  compiuta 
dell'opera  del  Reichel,  See  of  the  Rome  in  the  middle  ages,  la  quale  doveva  essere  preceduta  da  una 
sua  lunga  introduzione,  come  pure  uno  studio  sul  libro  del  canonico  Audisio  :  La  società  politica  e 
religiosa  rispetto  al  secolo  xix.  Firenze,  1870. 

(2)  Questi  due  lavori  portano  i  titoli  seguenti  :  Francia  e  Italia,  Lettere  politiche.  Torino ,  fratelli 
Bocca,  1873;  La  Francia  dopo  il  24  Maggio  1873.  Torino,  1875. 

(3)  11  libro  La  Francia  dopo  il  24  Maggio  1873  conclude  con  dire  :  «  La  Francia  ha  necessità  di 
un  reggimento  stabile  e  non  possono  darglielo  né  i  Napoleonidi  ,  né  i  Borboni  ;  per  questa  ragione 
deve  tendere  piuttosto  verso  la  repubblica  che  verso  la  monarchia  ». 


326  LA     VITA    K    LE    Ol'ERE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

A   noi  pelò  è  lecito  di  affermare  che   egli   dell"  uomo   politico  ebbe  la  qualità  , 
che  è  regina  e  sovrana  di  tutte,  l'integrità  e  la  fermezza  di  carattere.   Nella  sua  con- 
dotta non  fu  mai  inferiore  ad  alcuno  dei  compiti  gravissimi  che  gli  furono  affidati  . 
e  sarà  certo  grande  ventura   per   il   nostro  paese  se  in   momenti    difficili  e  pericolosi 
esso  potrà  ancora  affidarsi   alla    abnegazione  e  alla    coscienza  intemerata  di  un  altro 
uomo  della  medesima    tempra.   Come  oratore    politico ,  se    non    ebbe    l' eloquenza  che 
trascina,  ebbe  l'efficacia  di  pei-suasione  che  proviene  dalle  convinzioni  profonde,  l'ele- 
vatezza di  concetti,  che  trasporta  gli  uditori  in  una  sfera  superiore  alle  lotte  parti- 
giane, e  una  facilità  maravigliosa  per  fissare  in  un  ordine  del   giorno   l'opinione    in- 
certa e  discorde  di  un  Parlamento.   Più  che  agli  uomini  ed  agli  eventi,  si  propose  di 
servire  ai  principii    che  gli    erano  di  guida    nella   vita    pubblica:    donde  il  carattere 
pressoché  scientifico  dei  suoi  discoi-si  e  la  larga  erudizione  storica   sovra  cui  poggiano 
1  suoi  ragionamenti  e  le  sue  conclusioni.   Nell'ultimo  discorso,  che  gli  occorse  di  fare 
nel  Senato ,  egli  potè  con    ragione    pronunziare  queste  notabili    parole  :    «   dapjìoichè 
io  entrai   nella    vita    politica,   io    mi  prefissi   sempre  di    giudicare   dei   fatti  pubblici 
su  cui  dovessi  dichiarare  la  mia  sentenza,   come  se  essi  appartenessero    alla   storia  di 
un'età  abbastanza  antica,  perchè  fossero  estinte  tutte  le  passioni  dei  contemporanei  »  (1). 
Per  verità  nella  lunga  serie  de'  suoi  discorsi  si    cercherebbe   indarno  un'allusione  od 
un'  invettiva  personale.   Uso  ad  obbedire  ai  dettami  di  una  retta  coscienza  non  dubitò 
giammai  dei  motivi  che  potevano  ispii-are  gli  altri  nelle  proprie  determinazioni.   Nelle 
cil-costanze  gravi  amò  meglio  di  rinvigorire  il  Governo  col  proprio  appoggio  e  riservò 
la  propria  opposizione   ai  casi,  in   cui  egli  credesse  violato  alcuno  dei  principii  sovra 
cui  poggia  il  reggimento  pailamentare.   Comprese  che  al    Governo  si  dovevano  alter- 
nare ♦  grandi  partiti  parlamentari,  ed  ebbe  più  d'una  volta  a  dire  che  la  libertà  non  si 
impianta  in  uno  Stato  per  assicurare  ad  un  partito  il  privilegio  di  comandare.  Il  suo 
ideale  era,  che  nel  Parlamento  si  potesse  formare  una  maggioranza  concorde  nei  gi-andi 
principii,  a  cui  doveva  ispirarsi  la  patria  italiana,  e  deplorava  con  Cesare  Balbo  che 
l'Italia  non  avesse  mai  avuto  vent'anni   di  storia  compiutamente  bella,  cioè  di  vera 
concordia,  in  tutti  i  secoli  moderni.   La  profondità  delle  sue  convinzioni  valse  a  pre- 
servarlo in  ogni  tempo  dallo  sconforto  e  dallo  scoraggiamento ,  e  se   ebbe  talvolta  a 
dire  con  tristezza  che  il   Parlamento  divenuto    una    realtà  non  aveva  il  prestigio  con 
cui  si  presentava  alle  menti    quando   non  era  che  una   speranza  ,  non  perdette  però 
mai  la  sua  fiducia  negli  ordini  costituzionali.  Era  anzi  solito  a  dire  che  il  reggimento 
costituzionale    aveva   in    Italia    fatto    abbastanza  buona  prova  per   tranquillare  i    suoi 
amici  (2),  e  quindi,  anziché  smanirsi  negU  inutili  rimpianti  del  passato,  amò  meglio 
trarne  ammaestramento  per  l'avvenire,  ordinando  a  scienza  ciò,  che  egli  aveva  appreso 


(1)  Discorso  pronunziato  nel  Senato  nella  tornata  14  Gennaio  1880.  Per  dimostrare  la  sua  costanza 
in  questo  suo  punto  di  vista  non  sarà  inutile  di  citare  queste  parole  dell'avvertenza  che  precede  il 
suo  libro  La  Chiesa  e  lo  Stato  in  Italia.  •  Testimonio  di  uno  dei  fatti  più  importanti  della  storia  con- 
temporanea, della  decadenza  di  quella  sovranità  territoriale  dei  Papi,  di  cui  tutto  annuncia  la  caduta 
inevitabile,  volli  studiarla  come  si  farebbe  di  cosa  accaduta  parecchi  secoli  addietro  >>. 

(2)  Questi  concetti  fondamentali  del  Boncompaqni,  come  uomo  politico,  sono  ricavati  da  un  pro- 
gramma politico  da  lui  indirizzato  agli  elettori  di  Bettola,  allorché  anch'egli  nel  18(55  per  cause  che 
sarebbe  qui  lungo  l'annoverare,  ebbe  ad  essere  abbandonato  dai  suoi  antichi  elettori. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  327 

negli  studi  della  sua  gioventù  ed  in  una  lunga  e  meditata  esperienza  parlamentare. 
Che  se  egli  quale  uomo  politico  seppe  mantenersi  sempre  coerente  a  se  stesso,  se  potè 
apprezzare  i  fatti  contemporanei  come  se  fossero  accaduti  in  altra  età,  se  potè  pro- 
cedere tranquillo  e  fermo  nella  propria  via  senza  cercare  il  plauso  e  senza  lasciarsi 
vincere  dalle  amarezze,  ciò  si  deve  in  parte  anche  attribuire  alla  larghezza  della  sua 
coltura,  che  lo  pose  in  condizione  di  studiare  i  tempi  e  il  Governo  costituzionale  da 
un  punto  di  vista  scientifico  ed  obbiettivo. 


IV. 


Fu  uno  dei  caratteri  del  risorgimento  italiano  l'essere  stato  preceduto  da  un  grande 
e  potente  lavoro  intellettuale.  Questo  però,  a  differenza  del  lavoro  eminentemente  critico 
e  filosofico  che  precedette  la  rivoluzione  francese,  non  si  propose  unicamente  di  di- 
struggere il  passato  e  di  ridurre  l'uomo  alla  sua  nudità  primitiva,  ma  si  propose  invece 
di  riedificare  questo  passato,  per  ricavare  da  esso  un  nuovo  ideale  per  l'awenii-e.  Ciò 
accadde  in  tutte  le  regioni  d' Italia,  ma  in  modo  anche  pifi  manifesto  nel  nostro  Pie- 
monte. Questo  infatti,  che  prima  aveva  una  tradizione  più  d'armi  e  di  guerre  che  di 
lettere  e  d'arti,  creò  in  breve  tempo  una  letteratura  maschia  e  vigorosa  come  l'aspi- 
razione nazionale  di  cui  facevasi  la  interprete,  e  nutrì  nel  proprio  seno  una  pleiade 
di  illustri  storici  e  filosofi,  che  certo  costituiva  una  ricca  generazione  di  uomini  grandi 
per  il  piccolo  paese  appiè  delle  Alpi.  Vi  fu  da  una  parte  un  lavoro  storico,  ora  pa- 
ziente, particolare  e  minuto,  ora  invece  sintetico  e  complessivo,  diretto  ora  a  racco- 
gliere il  passato  glorioso  comune  a  tutte  le  regioni  d' Italia,  ed  ora  ad  illustrare  In 
origini  e  le  vicende  della  Casa  di  Savoia.  Vi  fu  dall'altra  un  lavoro  filosofico,  il  quale, 
dopo  aver  preso  le  mosse  da  altissime  questioni  metafisiche  e  psicologiche,  crasi  pro- 
posto più  tardi  di  rinnovare  una  filosofia  veramente  italiana,  ed  erasi  venuto  occu- 
pando con  amore  prima  dello  questioni  educative,  e  più  tardi  anche  delle  questioni 
giuridiche  e  politiche.  I  due  lavori  si  vennero  in  certo  modo  correggendo  e  comple- 
tando l'un  l'altro,  perchè,  mentre  la  storia  richiamava  le  menti  alle  tradizioni  glo- 
riose del  passato  e  allo  stato  l'eale  dei  fatti,  la  filosofia  si  sforzava  invece  di  descrivere 
l'ideale,  al  quale  si  doveva  intendere.  Di  qui  il  processo  lento  e  graduato  della  rivolu- 
zione italiana,  la  quale  mentre  fu  audace  nei  suoi  propositi  di  unità  e  di  indipendenza, 
fu  anche  custode  gelosa  della  religione,  della  famiglia  e  delle  altre  basi  dell'ordinamento 
sociale,  e  mentre  si  dimostrò  pertinace  nelle  proprie  aspirazioni  liberali,  si  mantenne 
tuttavia  costantemente  fedele  alla  monarchia,  e  anziché  essere  l'opera  di  una  sola  classe, 
fu  invece  il  risultato  degli  sforzi  concordi  del  patriziato  e  della  borghesia,  del  Sovrano 
e  del  popolo. 

Fu  in  questo  fermento  intellettuale  e  politico  che  ebbe  a  formarsi  ed  a  svolgersi 
la  mente  di  Carlo  Boncompagni.  Ingegno  vasto  e  comprensivo,  egli  si  studiò  di  seguire 
questo  fermento  intellettuale  in  tutte  le  sue  molteplici  manifestazioni.  Egli  tenne  dietro 
fin  dal  loro  apparire  alle  ardite  speculazioni  di  Vincenzo  Gioberti  e  alle  investigazioni 


328  l'A    VITA    E    LE    OPERE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

analitiche  e  psicologiche  di  Antonio  Rosmini .  come  pure  ebbe  una  conoscenza  pro- 
fonda delle  dottrine  del  Roma^nosi  ,  cui  giovane  ancora  cercò  di  esporre  e  di 
difendere  dalle  esagerate  accuse  .  di  cui  erano  state  1"  oggetto.  Se  non  che  le 
astratte  speculazioni  non  erano  un  campo  in  cui  l' ingegno  del  Boncompagni  potesse 
arrestarsi  a  lungo  senza  proporsi  uno  scopo  essenzialmente  pratico  e  sociale.  Quindi 
è  che  dei  varii  rami  delle  scienze  filosofiche,  egli  si  compiacque  di  preferenza  in  quello 
che  si  atteneva  alla  scienza  dell'educazione,  e  furono  soprattutto  i  libri  e  gli  scritti, 
che  egli  pubblicò  su  tale  argomento,  che  richiamarono  sopra  di  lui  gli  sguardi,  e 
furono  uno  dei  titoli  che  lo  fecero  accogliere  fin  dal  1841  a  membro  di  questa 
Accademia.  Seguì  paiimenti  con  amore  le  investigazioni  storiche  che  si  facevano  per 
opera  soprattutto  di  quegli  insigni  che  entravano  a  comporre  la  R.  Deputazione  di 
storia  patria,  alla  quale  ebbe  pure  ad  essere  ascritto  nel  1845.  Che  anzi  in  un'epoca, 
in  cui  gli  studi  del  Vesme  e  del  Fossati  e  di  altri  benemeriti  già  avevano  cercato 
di  recare  qualche  luce  in  quelle,  che  si  chiamavano  le  tenebre  del  Medio  Evo  ,  egli 
credette  pregio  dell'opera  di  ricostruire  storicamente  la  figura  pressoché  leggendaria 
di  Severino  Boezio,  studiandone  la  vita  nelle  opere  di  lui,  nelle  epistole  di  Cassiodoro 
e  negli  altri  storici  contemporanei.  Il  suo  studio  storicamente  considerato  potrà  forse 
non  essere  perfetto,  ma  certo  fu  nobile  l'intento  di  lui  coli  istituire  una  ricerca  nuova 
ed  originale  sopra  quell'illustre  cittadino  italiano,  al  quale  (per  usare  le  sue  parole) 
non  per  esagerazione  di  lode,  ma  per  stretto  rigore  di  verità  storica,  è  dovuto  il  titolo 
di  ultimo  dei  Romani  (1). 

Del  resto  egli  non  pretese  mai  al  vanto  né  di  filosofo,  né  di  storico  nel  senso 
vero  della  parola  :  la  storia  e  la  filosofia  erano  per  lui  le  due  basi  sovra  cui  dovevano 
poggiare  gli  studi  giuridici  e  sociali,  che  erano  quelli  a  cui  lo  invitava  la  propria 
vocazione. 

Le  sue  meditazioni  su  questi  argomenti  cominciarono  a  comparire  sotto  forma  di 
articoli  e  di  dissertazioni  separate  negli  Annali  di  Giurisprudenza  e  in  altri  Giornali 
e  Riviste  di  quei  tempi.  In  questi  suoi  primi  lavori  egli  ora  intende  allo  studio  dei 
rapporti  che  intercedono  fra  la  morale  ed  il  diritto,  ora  cerca  di  determinare  le  leggi 
che  governano  il  progresso  della  civiltà ,  ed  ora  si  fa  ad  esporre  le  più  importanti 
dottrine  degli  autori  contemporanei,  come  quelle  del  Romaguosi  e  quelle  di  Federico 
Carlo  Di  Savigny  fondatore  della  Scuola  storica  (2).  Era  questo  il  periodo  in  cui 
studiando  le  dottrine  altrui  egli  si  studiava  di  giungere  a  convinzioni  proprie,  le  quali 
poi  comparvero  compatte  e  coordinate  fra  di  loro  in  un'opera  di  lunga  lena  e  di 
grande  opportunità  pei  tempi ,    che   egli    non  diresse  più   al    piccolo    Piemonte ,    ma 


(1)  Le  Sotiiie  sulla  vita  di  Severino  Boetio  e  sulla  storia  dei  suoi  tempi  furono  dal  Boncompagni 
lette  aU'.Vccademia  nell'adunanza  del  3  Marzo  1848,  e  inserite  nei  volumi  delle  Memorie;  Serie  II, 
Tomo  V,  pag.  1  a  37.  Fra  i  lavori  storici  del  Boncompagni,  in  varie  biografìe  di  lui,  suole  eziandio 
essere  annoverata  una  Storia  della  letteratura  cristiana  negli  undici  primi  secoli  ;  ma  a  questo  pro- 
posito il  professore  Krmanno  Ferrerò  ha  fatto  notare  a  ragione,  che  tale  opera  è  invece  da  attribuirsi 
a  Cesare  Balbo.  Carlo  Boncompagni,  parole  dette  da  Ermanno  Ferrerò  nella  Scuola  di  storia  moderna 
deirUnivorsità  di  Torino  il  18  Dicembre  1880.  Nota  N»  8. 

(2)  Fra  i  lavori  qui  accennati  meritano  soprattutto  di  essere  ricordati  gli  articoli  da  lui  pubblicati 
negli  Annali  di  Giurisprudenza  intorno  al  diritto  e  alle  sue  reiasioni  colla  legge  morale.  Anno  III,  Tomo  VI 
pag.  06,  406,  506,  613. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  329 

all'Italia,  intitolandola:  Introduzione  alla  scienza  ilei  diritto  ad  uso  degli  Italiani. 
È  triplice  il  fondamento  sovra  cui  riposa  quest'opera,  che,  preparata  da  qualche  anno, 
non  potè  essere  pubblicata  per  cause  di  varia  natura,  che  nel  1848.  Fu  la  filosofia 
che  lo  guidò  a  distinguere  il  dominio  del  diritto  da  quello  della  morale  ,  ancorché 
fosse  sua  convinzione  profonda  che  l'ordine  giuridico  dovesse  essere  subordinato  all'or- 
dine morale.  Fu  il  meditare  sulle  storie  contemporanee  e  sulle  esigenze  della  civiltà 
contemporanea  che  lo  condusse  a  proclamare  che  i  tempi  del  dispotismo  sotto  qual- 
siasi forma  erano  finiti ,  e  che  i  Governi  che  volevano  aver  lunga  vita  dovevano  di 
necessità  fondarsi  sulla  libertà.  Fu  da  ultimo  lo  studio  delle  condizioni  peculiari  del 
nostro  paese,  che  lo  condusse  a  considerare  come  suprema  necessità  di  esso,  l'indi- 
pendenza dallo  straniero,  e  come  la  forma  di  governo,  più  acconcia  al  medesimo,  la 
monarchia  rappresentativa.  La  giustezza  dei  suoi  apprezzamenti  e  delle  sue  vedute  fu 
dimostrata  dal  fatto,  che  la  parte  del  suo  lavoro  riguardante  l'organismo  della  mo- 
narchia rappresentativa,  pubblicata  separatamente,  potè  essere  considerata  come  una 
splendida  introduzione  a  quello  Statuto,  che  largito  dal  Ke  Carlo  Alberto  doveva  poi 
trasformarsi  nella  costituzione  del  Eegno  d'Italia.  Nel  conflitto  poi,  che  allora  già 
cominciavasi  a  combattere  nella  scienza  del  diritto,  fra  la  scuola  filosofica  e  dogmatica 
da  una  parte  e  la  scuola  storica  dall'altra,  egli  tentò  fin  d'allora  quella  conciliazione, 
che  fini  più  tardi  per  apparire  come  una  necessità  ai  fautori  dell'  una  e  a  quelli 
dell'altra  (1). 

Le  cure  della  vita  pubblica,  sopravvenutegli  dappoi,  arrestarono  per  qualche  tempo 
le  sue  pubblicazioni  di  carattere  scientifico,  ma  non  le  sue  meditazioni  sull'argomento. 
Vi  fu  alcuno  che  disse,  che  nelle  prime  opere  in  cui  comincia  a  rivelarsi  un  ingegno, 
trovasi  per  l'ordinario  il  germe  di  quelle  che  verranno  dappoi.  Ciò  in  certi  confini 
può  affermarsi  anche  del  Bokcompagni  ,  perchè  nel  libro  ,  di  cui  sopra  ho  pailato  , 
trovasi  non  solo  il  metodo ,  ma  anche  il  germe  delle  dottrine  ed  idee,  che  ebbe  a 
svolgere  dappoi.  In  esso  infatti  già  si  trova  il  metodo  storico  e  filosofico  che  ebbe 
poi  a  seguire  in  tutte  le  sue  trattazioni  giuridiche  e  politiche  ;  in  esso  parimenti  già 
occorre  il  concetto  a  cui  poscia  si  ispirò  in  tutti  i  suoi  lavori  intorno  ai  rapporti  fra 
Chiesa  e  Stato,  di  conciliare  e  d'armonizzare  la  civiltà  e  la  religione  ;  in  esso  trovasi 
pure  inculcato  il  rispetto  che  devesi  alla  pubblica  opinione  e  l'obbligo  che  incombe 
a  tutti  gli  uomini  colti  ed  onesti  di  illuminarla  e  guidarla  nei  momenti  difficili  e 
pericolosi;  in  esso  per  ultimo  già  si  trovano  delineate  le  principali  basi  del  reggimento 
costituzionale,  quali  sarebbero  la  distinzione  dei  poteri  sovrani  .  il  contemperamento 
fra  la  podestà  ereditaria  del  Sovi-ano  e  la  podestà  elettiva  dei  Parlamenti,  la  respon- 
sabilità dei  Ministri ,  la  libera  professione  delle  opinioni  e  i  mezzi  per  impedirne 
gli  abusi. 

Questi  però  non  erano  che  i  germi,  che  furono  dal  Boncompagni  sviluppati  col 


(1)  «  Il  merito  e  l'utilità  della  dottrina  della  scuola  storica  consiste  nell'aver  richiamata  la  scienza 
dalla  speculazione  astratta  dei  principii  assoluti  allo  studio  positivo  ed  erudito  dei  fatti;  il  suo  difetto 
nel  non  aver  avvertito  che  siccome  i  principii  ricevono  luce  dai  fatti,  così  i  fatti  si  debbono  illustrare 
coi  principii,  dai  quali  solo  procedono  le  generose  dottrine  per  le  quali  la  scienza  è  benemerita  del- 
l'umana civiltà  •.  Introduiione  alla  sciensa  del  diritto,  pag.  520. 

Serie  II.  Tom.  XXXIV  42 


330  I-A    VITA    E    I.E    OPERE    DI    CARLO    BONCOMPAGNI 

sussidio  di  nuovi  studii  e  delFesperienza  parlamentare.  Mentre  nei  suoi  primi  lavori 
egli  aveva  di  preferenza  attinto  alle  dottrine  liberali  francesi  ,  egli  vi  aggiunse  più 
tardi  uno  studio  profondo  della  letteratura  politica  inglese.  Mentre  le  sue  indagini 
sulle  origini  delle  costituzioni  non  si  spingevano  dapprima  che  alla  Grecia  ed  a  Koma, 
egli  da  ultimo  seguì  le  investigazioni  più  recenti  sulla  organizzazione  della  società 
primitiva  presso  (quella  nube  di  popoli,  clie  un  tempo  si  comprendevano  col  nome  di  an- 
tico e  misterioso  Oriente.  Di  questi  suoi  nuovi  studi  ci  lasciò  uno  splendido  frammento 
nella  orazione  inaugurale  per  Tapertui-a  degli  studi  universitari  nel  1878-79  in  cui 
trattò  con  gi-ande  erudizione  e  con  giovanile  entusiasmo  del  dispotismo  in  Oriente 
e  (iella  libertà  in  Grecia  (1).  Infine,  se  prima  i  suoi  concetti  della  libertà  costitu- 
zionale e  dei  rapporti  che  con-evano  fra  la  civiltà  e  la  religione,  fra  la  Chiesa  e  lo 
Stato  a  lui  si  presentavano  in  una  generalità  astratta  ,  dovettero  da  lui  più  tardi 
essere  studiati  nelle  loro  applicazioni  concrete. 

Fu  con  questo  processo,  che  il  suo  volume  di  Introduzione  alla  scienza  del  diritto 
si  venne  col  tempo  trasformando  nella  scienza  del  dii-itto  costituzionale,  (juale  egli 
ebbe  ad  intenderla  e  ad  insegnarla  ne"  suoi  ultimi  anni. 

L'opera  sua  rimase  incompiuta,  ma  anche  quelle  parti  delle  sue  lezioni,  che  furono 
fatte  di  pubblica  ragione,  ci  possono  porgere  un'idea  dell'altissimo  concetto,  che  egli 
erasi  formato  della  propria  scienza. 

Esordiva  con  una  parte  filosofica  e  razionale  ,  che  semplice  in  apparenza ,  nou 
cessava  però  di  essere  profonda,  la  quale  era  diretta  a  porgere  alla  gioventù  un'idea 
chiara  e  precisa  del  diritto  e  della  costituzione ,  della  libertà  individuale  e  dell'au- 
torità sociale,  dei  dii-itti  insomma  e  dei  doveri  del  cittadino  di  un  libero  paese. 

A  questa  succedeva,  ampia  e  particolareggiata,  una  esposizione  storica  della  costi- 
tuzione degli  Stati,  quale  si  era  svolta  nelle  dottrine  degli  autori  e  quale  si  era  spie- 
gata nell'ordine  dei  fatti.  Nella  esposizione  delle  dottrine  intorno  al  reggimento  degh 
Stati  arrestavasi  di  preferenza  a  (luegli  autori ,  che  si  potevano  considerare  quali 
rappresentanti  dei  sistemi  diversi,  come  Aristotele,  San  Tommaso  d'Aquino,  Vico, 
Montesquieu,  Gian  Giacomo  Rousseau.  Pervenuto  così  ai  tempi  nostri,  poneva  particolar 
cura  nello  svolgimento  della  tradizione  liberale  piemontese,  la  quale  incominciando 
da  Alfieri  e  venendo  fino  a  Cavour  aveva  generata  e  svolta  la  Costituzione  italiana. 
Sventuratamente  questa  parte  dell'opera  sua  rimase  incompiuta,  e  le  tre  lezioni  che 
ci  rimasero,  di  cui  una  su  Vittorio  Alfieri  e  due  su  Carlo  Botta,  sono  tali  da  farci 
sentire  vivissimo  il  desiderio  di  quelle  che  le  avrebbero  seguite.  Fu.  mentre  attendeva 
a  seguire  le  traccie  di  questa  tradizione  nel  suo  corso  di  iliritto  costituzionale,  che 
egli  allai-gando  alquanto  le  proprie  ricerche  ne  ricavò  quella  Memoria  storica  su  Carlo 
Botta,  che  fu  pubblicata  negli  Atti  di  «luesta  Accademia,  notevole  lavoro  psicologico- 
storico  in  cui,  seguendo  il  Botta  nella  sua  vita  intima  e  nella  parte  che  egli  ebbe 
negli  avvenimenti  civili  e  politici  del  Piemonte,  mentre  non  dissimula  gli  cn-ori  e  le 


(1)  Il  discorso,  cui  qui  si  accenna,  si  intitola:  L'antico  dispotismo  orientale  e  la  libertà  della 
Grecia.  Fu  letto  il  4  Novembre  1878  in  occasione  del  solenne  riaprimento  degli  studi,  e  fu  pubblicato 
nell'Annuario  accademico  del  1878-79. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  331 

illusioni  del  Botta,  ne  mette  in  rilievo  le  nobili  qualità  dell'animo ,  il  disinteresse  e 
il  patriottismo   (1). 

Del  resto,  questo  genere  di  storia  biogi-afica  conveniva  miiabilmente  alle  atti- 
tudini del  BoNCOMPAGNi,  come  ebbe  anche  a  dimostrarlo  di  recente,  discorrendo  no- 
bilmente ed  affettuosamente  in  questa  Accademia  della  vita  e  delle  opere  di  Federigo 
Sclopis ,  nella  quale  occasione  ebbe  a  richiamare  certi  tratti  della  vita  giovanile  ed 
intima  di  quell'Illustre,   che  senza  di  lui  sarebbero  forse  sfuggiti  alla  storia  (2). 

Per  la  parte  del  suo  insegnamento  poi,  che  si  riferisce  alle  costituzioni  degli  Stati 
quale  si  era  svolta  nell'  ordine  dei  fatti,  era  suo  intendimento  negli  ultimi  anni  di 
allargare  le  sue  ricerche  all'antichissimo  Oriente,  per  continuarle  poi  iu  Grecia,  in  Roma, 
arrestandosi  poi  di  preferenza  alle  principali  costituzioni  moderne,  ed  era  suo  divisa- 
mente di  comunicare  all'Accademia  i  risultati  delle  proprie  investigazioni. 

Ferme  cosi  le  basi  filosofiche  e  storiche  della  propria  scienza,  faceva  infine  passaggio 
alla  interpretazione  positiva  della  Costituzione  italiana ,  valendosi  in  essa  del  sussidio 
di  una  lunga  esperienza  parlamentare,  e  delle  sue  larghe  cognizioni  intorno  alla  let- 
teratura politica  inglese  (3). 

Non  gli  bastarono  gli  anni  a  compiere  il  quadi'o,  ma  finché  gli  durò  la  vita  non 
vi  fu  anno,  in  cui  non  aggiungesse  qualche  nuovo  studio  all'opera  sua.  Fidente  nel 
progi-esso  del  sapere  umano  tenne  costantemente  dietro  ai  nuovi  studi  che  si  vennero 
facendo  intorno  alla  costituzione  degli  Stati  ;  ebbe  familiari  le  opere  recenti  del  Sumner 
Maine,  dello  Stubbs ,  del  Lorimer,  del  Lieber ,  dell'  Erskine-May,  del  Bluntschli,  e, 
senza  tuttavia  farsene  seguace,  volle  essere  informato  di  quell'indirizzo  positivo  e  spe- 
rimentale, che  tendeva  ad  introdursi  anche  negli  studi  giuridici  e  sociali. 

Questo  poi  vi  ha  di  notabile  in  tutte  le  opere  sue,  che  esse ,  per  ijuauto  si  esten- 
dano ad  argomenti  di  natura  diversa,  sono  tuttavia  percorse  da  certi  piincipii  superiori 
che  ne  costituiscono,  per  dir  così,  l'anima  e  lo  spirito  comune.  Questi  piincipii  sono 
quelli  che  costituivano  quella  fede  politica,  filosofica  e  religiosa,  a  cui  egli  si  mantenne 
costantemente  fedele,  e  che  io  non  saprei  meglio  riproduiTe  che  servendomi  delle  sue 
stesse  parole  : 

«  In  religione  sono  Cristiano  Cattolico,  ma  tengo  per  fermo  che  non  siano  parte 
di  religione  ne  le  consuetudini  per  cui  le  persone  dei  chierici  ed  i  beni  che  posseggono 
furono  immuni  dalla  legge  dello  Stato,  nò  la  sovranità  tenitoriale    del  Papa,    ne  la 


(1)  Questa  memoria  storica  su  Carlo  Botta  fu  letta  dal  Boncompagni  alla  Classe  di  scienze  morali, 
storiche,  filologiche  nelle  adunanze  del  20  Gennaio,  3  Febbraio  e  17  Marzo  18(57  e  pubblicata  negli  Atti 
accademici.  Voi.  II,  pag.  177,  259,  377. 

(2)  11  discorso  qui  accennato  fu  dettato  dal  Bo.ncompagni  dietro  incarico  dell'Accademia,  e  letto 
alla  medesima  nell'adunanza  a  Classi  unite  del  22  Maggio  1879. 

(3)  Le  parti  del  corso  del  Diritto  Costituzionale  che  furono  dal  Boncompagni  fatte  di  pubblica 
ragione  si  riducono  alle  seguenti:  1"  Tre  lezioni  intorno  alla  tradizione  liberale  piemontese,  di  cui 
la  prima  su  Vittorio  Alfieri  e  le  altre  due  su  Carlo  Botta.  -  2°  Nove  lezioni  del  corso  di  Diritto  Costi- 
tuzionale da  lui  dettate  nella  R.  Università  di  Torino  fin  dal  1866-67,  in  cui,  dopo  aver  premesse 
alcune  generali  nozioni  intorno  al  diritto  e  alle  costituzioni,  prendeva  in  esame  le  varie  dottrine  degli 
autori  intorno  alla  costituzione  degli  Stati.  -  3°  Una  prolusione  e  24  lezioni  del  corso  di  Diritto  Costi- 
tuzionale da  lui  dettate  nella  R.  Università  di  Roma  nell'anno  scolastico  1873-74.-4"  E  infine  12  le- 
zioni di  interpretazione  e  di  commento  allo  Statuto  italiano  desunte  dal  suo  insegnamento  in  questa 
Università  dal  1874  in  poi,  la  cui  pubblicazione  non  fu  intieramente  compiuta. 


332  lA  VITA  E  I.E  OPERE  DI  CARLO  BONCOMPAGNl 

sua  autorità  illimitata  sulla  Cliiesa.  In  filosofia  tengo  per  quella  libertà  del  pensiero 
umano,  di  cui  furono  iniziatori  Galileo  in  Italia,  Bacone  da  Verulamio  in  Inghilten-a, 
Cartesio  in  Francia.  Tengo  per  fermo  non  essere  logica  conseguenza  della  libertà  di 
coscienza  l'opinione  di  chi  voiTcbbe  scalzare  il  Cristianesimo,  menomando  la  fede  in  Dio. 
nella  legge  morale  e  nella  immortalità,  quella  fede,  che  le  più  nobili  tilosofie  propu- 
gnaiono  e  sovra  cui  riposa  ogni  ordine  morale  e  civile.  In  i)olitica  voglio  sopra  ogni 
cosa  la  libertà  per  tutti  ;  alla  repubblica  preferisco  la  monai'chia  ,  come  (jucUa  che 
seppe  ordinare  ad  unità  le  grandi  nazioni  dell'Europa  moderna,  e  che  credo  più  idonea 
ad  assodare  la  libertà  costituzionale.  In  Italia  non  credo  altro  reggimento  accettabile 
che  il  monarcato  costituzionale  della  Real  Casa  di  Savoia  ,  la  sola  intorno  a  cui  la 
patria  nostra  abbia  potuto  ordinarsi  ad  indipendenza,  a  libertà,  ad  unità  ». 

«  Ho  coscienza  del  diritto  che  mi  compete  di  esigere  che  le  mie  opinioni  siano 
rispettate.  Ho  coscienza  altresì  del  dovere  di  rispettare  ogni  opinione  sincera  ed  onesta, 
che  sia  contralia  a  quella  che  io  professo.  Le  opinioni  false  si  vincono  con  la  discus- 
sione, non  coi  costringimenti,  a  cui  si  debba  ricorrere  solo  quando  l'espressione  delle 
opinioni  turbi  la  costituzione  di  uno  Stato  che  si  regge  a  libertà  »   (1). 


Fin  qui.  Onorandi  Colleghi,  l' L'omo  ha  descritto  se  medesimo  colle  sue  opere,  coi 
suoi  scritti,  coi  suoi  discorsi  :  sia  lecito  ora  al  modesto  espositore  della  sua  vita  di 
riassumerne  il  quadro. 

Se  è  vero  ciò,  che  qualche  filosofo  ebbe  ad  insegnare,  che  la  vita  di  un  uomo 
equilibrato  nelle  proprie  facoltà  può  tutta  riassumersi  e  compendiarsi  in  una  idea,  che 
egli  cerca  poi  di  incarnare  colle  azioni  e  coi  fatti,  ciò  può  senza  alcun  dubbio  affer- 
marsi di  Carlo  Boncompaoxi.  Fu  l'idea  di  una  patria  italiana,  libera  ed  indijicndente, 
fedele  al  proprio  Ke  ed  alla  propria  religione ,  che  regnò  sovi'ana  in  tutte  le  azioni 
della  sua  vita  e  che  diresse  la  molteplice  operosità  di  lui.  Ispirato  dalla  medesima 
Carlo  Boncompa(;ni  si  valse  della  storia  per  ricostruire  ad  ammaestramento  dei  con- 
temporanei e  dei  posteri  alcuno  splendide  figure  di  cittadini  italiani,  quali  furono  quelle 
di  Severino  Boezio,  di  Vittorio  Alfieri,  di  Carlo  Botta,  di  Ferrante  Aporti,  di  Fellegiino 
Rossi,  di  Federigo  Sclopis  ;  si  giovò  della  filosofia  ])er  cooperare  alla  rigenerazione  del 
popolo  italiano  mediante  l'educazione  della  infanzia  e  l'istruzione  della  gioventù,  e  si 
servi  infine  delle  sue  meditazioni  giuridiche  e  jiolitiche  per  sostenere  la  vittoria  della 
libertà  sul  dispotismo,  e  per  mantenere  intcgi'a  e  trasmettere  alle  generazioni  venture 
(juella  tradizione  liberale,  che  aveva  generata  e  svolta  la  costituzione  italiana.  Fu  no- 
tabile in  lui,  più  che  la  superiorità  preponderante  di  questa  o  di  (quella  facoltà,  l'e- 
quilibrio e  l'armonia  delle  varie  facoltà  umane,  la  concordia  fra  il  pensiero  e  l'azione, 
fra  le  sue  vii'tù  civili  e  le  suo  virtù  domestiche  e  religiose.  In  qualsiasi  campo  siansi 
spiegate,  le  sue  virtù  non  furono  di  quelle  splendide  ed  appariscenti,  che  per  mostrai"si 
in  tutta  la  loro  efiicacia  abbisognano  del  plauso  e  della  ammirazione  delle  moltitudini, 
che  vivono  fra  il  frastuono  e  l'ammirazione  dei  contemporanei,  e  lasciano  i  superstiti 


(I)  Questa  professione  di  fede  del  Roncompagni  i'-  desunta  dalla  sua  prima  lezione  sulla  tradizione 
piemontese  da  lui  fatta  nel  1867  in  questa  R.  Università. 


COMMEMORAZIONE    DI    GIUSEPPE    CARLE  333 

pressoché  attoniti  e  maravigliati  ;  ma  furono  invece  di  quelle  virtù  umili  e  modeste, 
che  quasi  cercano  di  celarsi  appena  hanno  adempiuto  al  proprio  uflSzio ,  che  trovano 
la  propria  radice  nel  sentimento  profondo  del  proprio  dovere,  e  che  lasciano  dietro  di 
se  più  mesta  ricordanza  e  più  lungo  desiderio.  Nelle  proprie  azioni  non  ebbe  altra 
guida,  né  cercò  altro  compenso  che  la  testimonianza  di  una  retta  coscienza;  ma  egli 
può,  ciò  non  ostante,  essere  annoverato  fra  coloro,  che  lungo  il  corso  della  loro  vita 
videro  in  gran  parte  soddisfatte  le  proprie  aspirazioni.  Visse  il  periodo  delle  speranze 
d'Italia  e  provò  il  soddisfacimento  di  aver  cooperato  efficacemente  al  compimento  delle 
medesime  ;  accettò  con  abnegazione  i  carichi  che  gli  imponeva  la  sua  posizione  politica, 
e  non  cercò  mai  di  sottrarsi  alla  responsabilità  dei  proprii  fatti,  anche  quando  fraintesi 
poterono  momentaneamente  privarlo  del  favore  popolare  ;  non  rifiutò  gli  onori  e  gli  alti 
ufficii,  ma  tornò  sempre  ugualmente  modesto  alla  quiete  della  propria  famiglia  e  dei 
proprii  studi  ;  ebbe  amarezze  e  il  coraggio  di  sopportarle  con  rassegnazione,  ma  non 
gli  mancarono  neppure  le  sincere  gioie  e  soddisfazioni,  e  fu  nel  suo  nobile  tempera- 
mento di  saper  dimenticare  le  prime  e  di  serbare  invece  perenne  ricordanza  delle  seconde. 
Senza  odii  e  senza  rancori  ,  ebbe  una  vita  inalterabilmente  serena  ,  lunghe  e  fedeli 
amicizie  e  tutte  le  gioie  e  i  conforti  della  vita  domestica  ;  esente  da  lunghe  malattie, 
salvo  pochi  0  non  lunghi  attacchi  di  gotta,  anche  in  quell'ultimo  attacco,  che  doveva 
essergli  fatale,  non  fu  travagliato  da  lunghi  dolori  e  conservò  fino  all'ultimo  la  luci- 
dezza della  jiropria  mente,  e  quando  inopinatamente  sentì  aggravarsi  il  proprio  male 
ripetè  col  giusto,  volgendosi  alla  sua  nobile   Compagna  :   sia  fatta   la  voìontà  di  Dio. 

Il  BoNCOMPAONi  ebbe  ampia  la  fronte  :  sguardo  semplice  e  sereno  ;  portamento 
modesto  ed  incesso  alquanto  cui'vo,  non  per  l'età,  ma  piuttosto  per  l'abitudine  del 
meditare;  conversazione  afi"abile,  alla  buona,  intercalata  da  qualche  motto  festevole  ed 
arguto;  indole  conciliante  bensì,  ma  non  disgiunta  da  tenacità  e  fermezza  di  propositi 
proveniente  dalla  profondità  delle  sue  convinzioni. 

Incomparabilmente  e  sinceramente  modesto,  quasi  cercava,  sopra  tutto  negli  ultimi 
anni,  di  far  dimenticare  sé  e  i  servigi  da  lui  resi  alla  patria,  ma  all'annunzio  della 
sua  morte,  tutti  gli  ordini  di  cittadini  sentirono  la  gravissima  perdita,  che  in  lui  ebbe 
a  fare  l'Italia.  Ne  fecero  commemorazioni,  oltre  il  nostro  Presidente  che  perdeva  in 
lui  un  condiscepolo,  un  amico,  un  collega,  i  giornali  tutti  del  Eegno,  l'Accademia  dei 
Lincei,  la  R.  Deputazione  di  storia  patria,  l'Istituto  Veneto  ed  altre  Società  scienti- 
fiche a  cui  trovavasi  ascritto,  i  Professoi-i  della  nostra  e  di  altre  Università,  le  associa- 
zioni politiche ,  la  Camera  dei  Deputati  ed  il  Senato.  Parve  tuttavia,  per  comune 
consenso,  che  il  luogo  più  additato  dalle  circostanze  della  sua  vita,  per  erigergli  un 
monumento  che  ricordasse  le  sue  modeste  e  benevole  sembianze,  dovesse  essere  la  nostra 
Università.  Un  altro  monumento  egli  avrà  nella  ricordanza  e  nel  desiderio  di  tutti  noi, 
che  nei  comuni  studi  e  nella  familiare  convei-sazione  potemmo  conoscere  ed  apprezzare 
le  nobili  qualità  dell'animo  suo. 


334 


NOTA 

DEI    PRINCIPALI    SCRITTI 

DEL    BOisraoi*a:PA.G-Ni 


DelU  Scuole  Infantili.  Torino  1837. 

n  Diritto  nelle  sìie  relazioni  colla  morale  (Annali  di  Giurisprudenza).  Anno  III.  Tomo  VI,  pag.  66,  408, 
505,  613.  Torino  1840,  Tipografia  Mussano. 

l  Diritto  e  la  Scienza.  Discorso  letto  addi  16  Settembre  1843  nel  R.  Senato  di  Torino  per  l'inaugu- 
razione dell'anno  giuridico.  Torino  1844. 

Notizie  suUa  vita  di  Severino  Boezio  e  sulla  storia  de' suoi  tempi.  Lette  alla  Classe  di  Scienze  morali, 
storiche  e  filologiche  dell'Accademia  delle  Scienze  di  Torino,  nell'adunanza  del  3  Marzo  1842 
(Pubblicate  nelle  Memorie  dell'Accademia  stessa.  Serie  II.  Tomo  V,  pag.  1  a  37). 

Introduzione  alla  scienza  del  diritto  ad  uso  degli  Italiani.  Lugano  1848, 

Della  Monarchia  rappresentativa.  Torino  1848. 

Saggio  di  lezioni  per  l'infanzia.  Torino  1851. 

Considerazioni  sull'Italia  centrale.  Torino  1859. 

SuUa  potenza  temporale  dei  Papi.  Torino  1861. 

//'unità  d'Italia  e  le  elezioni.  Torino  1861. 

Commemorazione  di  Ferrante  Aporti.  Discorso  per  la  distribuzione  dei  premii  all'Istituto  Aporti- 
Boncompagni,  letto  addì  15  Luglio  1865.  Tonno,  Tipografia  6.  B.  Paravia  e  Comp. 

Inaugurazione  del  corso  di  letture  tecniche  normali  presso  il  Reale  Museo  industriale  italiano.  Discorso 
pronunciato  addi  6  Agosto  1866.  Torino  1866,  Tipografia  Letteraria. 

La  Chiesa  e  lo  Stato  in  Italia.  Firenze  1866. 

La  tradizione  liberale  piemontese.  Lezioni  preliminari  al  corso  di  diritto  costituzionale.  Torino  1867. 
Stamperìa  Reale,  pag.  196.  Contiene  una  lezione  su  Vittorìo  Alfierì  e  due  su  Carlo  Botta. 

Lezioni  di  diritto  costitttzionale.  Torino  1867 ,  Stamperia  Reale.  Contiene  nove  lezioni  intomo  alle 
dottrine  degli  autori  sulla  costituzione  degli  Stati. 

'Notizia  storica  su  Carlo  Botta.  Letta  alla  Classe  di  scienze  morali,  storiche  e  filologiche  dell'Acca- 
demia delle  Scienze  di  Torino  nelle  adunanze  del  6  Gennaio ,  3  Febbraio  e  17  Marzo  1867 
e  pubblicata  negli  Atti  dell'Accademia  stessa.  Voi.  II,  pag.  177,  257,  377. 


LA  VITA  E  LE  OPERE  DI  CARLO  B0NC0MPA6NI.  335 

Francia  e  Italia.  Lettere  politiche.  Torino-Roma-Firenze,  1873.  Fratelli  Bocca. 

Prolusione  al  corso  di  diritto  costituzionale.  Letta  addì  3  Febbraio  1873.  Roma  1874. 

Corso  di  diritto  costituzionale.  Torino  1875,  Tipografia  Baglione.  È  diviso  in  due  parti  o  volumi ,  che 
rimasero  entrambi  incompleti. 

La  Francia  dopo  il  21  Maggio  1873.  Torino  1875,  Unione  Tipografica  Editrice. 

IntrodiÀCtion  au  cours  de  droit  constitutionnel  de  Pellegrino  Rossi.  Paris,  Guillaumin  et  Comp.,  1877. 

L'antico  dispotismo  orientale  e  la  libertà  della  Grecia.  Discorso  per  il  riaprimento  degli  studi  nella 
R.  Università  di  Torino,  letto  il  4  Novembre  1878  e  pubblicato  nell'Annuario  accademico  di 
detta  Università  dell'anno  1878-79. 

Della  vita  e  delle  opere  del  conte  Federigo  Sclopis,  Discorso  letto  alla  R.  Accademia  delle  Scienze  di 
Torino  addì  22  Maggio  1879. 

Pier  Dionigi  Pinelli  e  Vincenzo  Gioberti.  Discorso  letto  alla  Associazione  Costituzionale  torinese  addi 
9  Aprile  1880.  Torino  1880.  Libreria  Casanova. 


337 


INDICE 


CIASSE  DI  SCIENZE  «ORALI,  STORICHE  E  FIIOLOGICHE 


Esposizione  critica  delle  dottrine  psicologiche  di  Alessandro  Bain; 

di  Giuseppe  Allievo pag.        3 

Dialetto  deWEUde  nelle  iscrizioni  testé  scoperte;  Memoria  di  Domenico 

Pezzi *        75 

Oli  Statuti  dell'anno  1379  di  Amedeo  VI  Conte  di  Savoia;  Memoria 

di  Cesare  Nani »      1*^1 

/  primi  Statuti  sopra  la  Camera  dei  conti  nella  Monarchia  di 

Savoia;  di  Cesare  Nani »      1^1 

Sigillographie  de  la  Savoie;  -  Première  sèrie ,  -  Sceaux  religieux ; 
dessinés  et  décrits  par  le  General  Auguste  Dufour  et  le  Professeur  Francois 
Kabut *      217 

Carlo     Bon  -  Compagni    di    Mombello  ;     Commemorazione    di    Giuseppe 

Cable *      313 


Serie  II.  Tom.  XXXIV.  ^^ 


V°    Si  stampi: 
EECOLE   RICOTTI,    Presidente 


ASCANIO    SOBKERO        / 

\     Segretarii. 
Gaspare  Gorresio   \ 


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